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N. 2588/2019 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI NOLA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Nola, Prima Sezione Civile, in composizione monocratica, nella

persona del Giudice Dott. Alfonso Annunziata, ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nella causa iscritta al N.° 2588/2019 Ruolo Generale, avente ad

oggetto: appello – lesione personale da sinistro stradale

e vertente

TRA
IERVOLINO SALVATORE, rappresentato e difeso, congiuntamente e

disgiuntamente, in virtù della procura in atti, dagli Avv.ti Raffaele Iervolino e

Vincenzo Giugliano ed elettivamente domiciliato come in atti;


APPELLANTE

E
SOCIETA’ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE COOP. A R.L. (per

incorporazione della Fata Assicurazioni Danni S.p.A.), in persona del suo legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù della procura in atti,

dall’Avv. Andrea Russo ed elettivamente domiciliata come in atti;

APPELLATA

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NONCHÈ
L.I.M.A. LAVORAZIONI MANUFATTI ARMATI S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, con sede in Flumeri (AV) alla strada Consortile ASI

s,n.c.;

APPELLATA CONTUMACE

CONCLUSIONI: come da verbali di causa e comparse depositate.

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE


Va premesso che con l’atto introduttivo del presente grado di giudizio Iervolino

Salvatore, sulla base delle argomentazioni in atti, proponeva appello avverso la

Sentenza N. 4792/2018, emessa dal Giudice di Pace di Nola in data 24.09.2018 e

depositata in Cancelleria il 9.10.2018, chiedendone la riforma integrale, come meglio

precisato in atti.

Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio la Società Cattolica di

Assicurazione Coop. a r.l., che resisteva con le argomentazioni in atti e chiedeva il

rigetto dell’appello e la conferma integrale della sentenza impugnata.

Non si costituiva in giudizio, invece, la L.I.MA. Lavorazioni Manufatti Armati s.r.l.,

nonostante la regolarità della disposta rinotifica dell’atto di appello nei suoi confronti:

ne va, pertanto, dichiarata la contumacia.

Tanto premesso, deve preliminarmente rigettarsi, poiché è infondata, la sollevata

eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c.

Ebbene, secondo un consolidato nonché condivisibile orientamento della

giurisprudenza di legittimità, “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n.

83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso
che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara

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individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con

essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa

che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra

l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo

di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente

natura di revisio prioris istantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua

diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata”, con la precisazione, nella


motivazione, che l’appello non deve essere strutturato come una sentenza ovvero

contenere un progetto alternativo di decisione e che la maggiore o minore ampiezza e

specificità delle doglianze contenute nell’appello è la diretta conseguenza della

motivazione formulata dal giudice di primo grado (cfr. Cass. Civ., Sez. U, Sentenza n.

27199 del 16.11.2017; conforme Cass. Civ., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13535 del

30.05.2018).

Dunque, tali essendo i principi applicabili sul punto al caso di specie, deve

evidenziarsi che l’appello ha rispettato il disposto dell’art. 342 c.p.c. come

interpretato dalla Suprema Corte. Infatti, l’appellante ha adeguatamente

controargomentato circa le ragioni in virtù delle quali il giudice di prime cure ha

deciso di rigettare la domanda originaria.

Ciò posto, esaminando il merito del gravame, l’appello è infondato e va rigettato per

le motivazioni di seguito esposte.

Ebbene, sulla scorta delle risultanze processuali, questo Tribunale ritiene che il

giudice di primo grado abbia correttamente concluso che l’attore, oggi appellante, non

ha fornito la prova, su di lui incombente in forza del principio generale di cui all’art.

2697 c.c., dei fatti costitutivi della propria pretesa, e, in particolare, in ordine al fatto
storico, ossia al sinistro lamentato.

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Si condivide, per l’esattezza, quanto affermato dal giudice di prime cure circa la

valenza probatoria della deposizione resa in giudizio dall’unico testimone escusso,

ritenuta inattendibile a causa dell’evidente discrasia che la caratterizza: invero,

Barone Franco, escusso all’udienza del 08.11.2017 (tenutasi nel primo grado di

giudizio), circa tre anni dopo il dedotto accadimento del fatto, ha fornito una

deposizione estremamente dettagliata sulla dinamica del sinistro e sulle circostanze

immediatamente successive allo stesso, ricordando altresì le specifiche parti del corpo
in cui l’attore a seguito della caduta accusava dolori, ma non era in grado di riferire su

circostanze “neutre” e oggetto di domande non previste. Infatti, a specifica domanda,

così rispondeva: “ […] Mi trovavo sul luogo dell’incidente perché stavo aspettando

un amico. Il mio amico si chiama Franco, non ricordo il cognome; abita in San

Gennarello di Ottaviano ma non conosco il domicilio”. In tal modo, il teste, oltre ad

essere impreciso, si contraddiceva, non essendo verosimile che una persona non

ricordi neanche il cognome ed il domicilio di chi definisce suo “amico”.

E ancora, il teste ha affermato: “Ricordo di aver reso testimonianza per altri incidenti

stradali, qualche altra volta”; “Ho reso testimonianza una volta se ben ricordo a Nola

e una volta a Napoli”; “Non ricordo quando ho reso testimonianza né a Nola né a

Napoli”.

Appare chiaro che il succitato testimone ha dichiarato di non ricordare, o ricordare

confusamente, le circostanze sulle quali è stato chiamato a rispondere, in totale

contraddizione con l’estrema precisione con cui, invece, ha ricordato il sinistro e le

lesioni lamentate da Salvatore Iervolino.

Per tali ragioni, questo Tribunale ritiene che la deposizione del teste Barone non possa

essere considerata attendibile e idonea a confermare la prospettazione attorea.


Inoltre,va rilevato che il testimone ha dichiarato di essere amico dell’attore, oggi

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appellante, circostanza, questa, che, sebbene non determini l’incapacità a

testimoniare, impone una rigorosa valutazione di attendibilità e credibilità del

testimone, proprio per il concreto rischio che, in ragione del rapporto di amicizia,

vengano rese dichiarazioni compiacenti volte a favorire le pretese risarcitorie altrui.

Ciò soprattutt, quando emergono discrasie come quelle sopra evidenziate.

La valutazione di inattendibilità di Franco Barone, unitamente all’assenza di altri

elementi probatori che consentano di corroborare la tesi attorea (non sono state

prodotte fotografie né sono intervenute le autorità sul luogo del sinistro), inducono il

Tribunale a non poter affermare con piena certezza che le lesioni riportate dall’allora

attore siano ascrivibili al sinistro denunciato nella citazione nel giudizio di primo

grado.

Sul punto, va ricordato che al giudice di merito spetta, ai sensi dell’ art. 116 c.p.c., il

compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le

prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive

risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità

dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei

mezzi di prova acquisiti.

Deve anche rammentarsi che l’attendibilità e la veridicità di una deposizione

testimoniale deve essere discrezionalmente valutata dal Giudice sulla scorta di

elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le

possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della

dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche

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all'eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che la

valutazione complessiva di tutti gli elementi probatori ritenuti di particolare rilevanza,

può condurre ad una valutazione di inattendibilità relativamente alle deposizioni

testimoniali rese in giudizio (cfr. Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 7763 del

30/10/2010).

Alla luce di quanto finora osservato, il fatto storico non può dirsi provato e, pertanto,

il gravame va rigettato e la sentenza impugnata integralmente confermata.

Con riferimento alle spese processuali, si osserva che la sentenza appellata deve

essere confermata anche con riguardo alle statuizioni sulle spese relative al giudizio di

primo grado (che hanno seguito la soccombenza), poiché, secondo quanto

costantemente ed opportunamente chiarito dalla Suprema Corte, non può il giudice, in

caso di rigetto del gravame, modificare le suindicate statuizioni in assenza di uno

specifico motivo di impugnazione (cfr., ex multis, Cass. Civ., Sez. Un. Sentenza n.

15559 del 17.10.2003), non ravvisabile nel caso di specie.

Le spese del giudizio di appello, per ciò che concerne le parti costituite (l’appellante e

l’appellata compagnia assicurativa), liquidate come in dispositivo, con riferimento

alle sole fasi processuali realmente svoltesi e, dunque, con l’esclusione della fase

dell’istruttoria/trattazione, seguono la regola della soccombenza e vanno poste a

carico di parte appellante.

La contumacia di L.I.MA. Lavorazioni Manufatti Armati s.r.l. esclude la necessità di

qualsivoglia statuizione sulle spese del giudizio di appello con riferimento a tale parte.

Va ritenuta assorbita ogni altra questione.

6
P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione

rigettata, così provvede:

- dichiara la contumacia di L.I.MA. Lavorazioni Manufatti Armati s.r.l., in persona

del suo legale rappresentante pro tempore;

- rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la Sentenza N. 4792/2018 del Giudice di

Pace di Nola, anche con riferimento alle statuizioni sulle spese del giudizio di primo
grado;

- condanna l’appellante Iervolino Salvatore al pagamento, in favore dell’appellata

Società Cattolica di Assicurazione Coop. A R.L., delle spese del giudizio di appello,

che si liquidano in euro 3.397,00 per soli compensi professionali, oltre spese generali,

I.V.A. e C.P.A. come per legge;

- nulla per le spese del giudizio di appello con riferimento a L.I.MA. Lavorazioni

Manufatti Armati s.r.l.

Così deciso in Nola, il 13.06.2023.

Il Giudice

Dott. Alfonso Annunziata

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