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difende;
- ricorrente -
2019 contro
nonchè contro
difende;
- resistente -
LOMBARDO;
L
FATTI DI CAUSA
1. - Vicanò Diego convenne in giudizio Cappellacci Antonio,
chiedendo - per quanto in questa sede ancora rileva - l'accertamento
della simulazione assoluta dell'atto di compravendita col quale il
convenuto in data 3/10/2002 aveva alienato a Di Cesare Sergio la
nuda proprietà di un appartamento sito in Roma (via Valerio Publicola
n. 2), immobile che lo stesso convenuto aveva precedentemente
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. - Preliminarmente, va rigettata l'eccezione con la quale il
controricorrente ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso per
difetto di interesse (assumendo che il ricorrente non avrebbe
impugnato l'affermazione della Corte territoriale - costituente ratio
decidendi autonoma, in grado di sorreggere da sola la sentenza
impugnata - circa la inesistenza della prova della conoscenza, da
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e 2729 cod. civ.»; secondo il ricorrente, la Corte territoriale non
avrebbe considerato che il Cappellacci aveva disposto dell'immobile in
favore del Di Cesare senza che si fosse formato il giudicato sulla
sentenza del Tribunale di Roma che aveva rigettato la domanda di
esecuzione in forma specifica del preliminare, proposta da esso
Vicanò.
3. - Tutti i motivi sono inammissibili, in quanto denunciano
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affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del
semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass., Sez. Un., n.
8053 del 07/04/2014).
Nella specie, non sussiste né la mancanza assoluta della
motivazione sotto l'aspetto materiale e grafico, né l'apparenza o la
manifesta illogicità della motivazione, cosicché i dedotti vizi
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1404 del 01/02/2001; Sez. 3, n. 22801 del 28/10/2014; Sez. 3,
n. 7512 del 27/03/2018).
Nella specie, i giudici di merito hanno ritenuto che gli indizi
acquisiti non fossero univoci nell'attestare la simulazione assoluta del
contratto di compravendita de quo, sottolineando, tra l'altro, come il
contratto di compravendita fosse stato stipulato dopo che il Tribunale
di Roma aveva accertato che nessun contratto preliminare era stato
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ulteriore importo a titolo contributo unificato pari a quello dovuto per
la proposizione dell'impugnazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al
pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500,00