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Sez. L, Sentenza n. 4725 del 1999


(ECLI:IT:CASS:1999:4725CIV)

Riferimenti normativi: Cod. Civ. art. 2267, Cod. Civ. art.


2909, Cod. Proc. Civ. art. 324, Cod. Civ. art. 2094, Cod.
Civ. art. 2257, Cod. Civ. art. 2291, Cod. Civ. art. 2697,
Cod. Civ. art. 2735

Vedi: ECLI:IT:CASS:1993:4035CIV, ECLI:IT:CASS:1997:10933CIV,


ECLI:IT:CASS:1994:3650CIV, ECLI:IT:CASS:1986:7573CIV,
ECLI:IT:CASS:1983:3948CIV

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Pasquale PONTRANDOLFI Presidente


Dott. Giuseppe IANNIRUBERTO Consigliere
Dott. Pietro CUOCO Consigliere
Dott. Giovanni MAZZARELLA Rel. Consigliere
Dott. Giuseppe CELLERINO Consigliere
ha pronunciato la seguente:

S E N T E N Z A
sui ricorsi proposti da:
LAMBERTI ALFREDO
rapp.to e difeso dagli avv.ti Nunzio Rizzo e Mario Amato, con
i quali elett.te domicilia presso lo studio dell'avv. Flaminia
Della Chiesa D'Isasca, in Roma, piazza del Paradiso, n. 55,
giusta procura speciale in calce al ricorso,
- ricorrente -
contro
LAMBERTI GIULIA
rapp.ta e difesa dall'avv. Giuseppe Spagnuolo, presso il quale
elett.te domicilia in Roma, via della Balduina, n. 66, giusta
procura speciale a margine del controricorso,
- controricorrente -
e nei confronti di
LAMBERTI UGO

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- intimato -
e da
LAMBERTI UGO
rapp.to e difeso dagli avv.ti Mario Amato e Modestino Acone,
con i quali elett.te domicilia in Roma, via Buccari, n. 03,
presso Maria Teresa Acone, come da procura segnata a margine
del ricorso, - ricorrente incidentale -
contro
LAMBERTI GIULIA
rapp.ta e difesa dall'avv. Giuseppe Spagnuolo, presso il quale
elett.te domicilia in Roma, via della Balduina, n. 66, giusta
procura speciale a margine del controricorso,
- controricorrente -
e nei confronti di
LAMBERTI ALFREDO
- intimato -
avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 01238/97
del 15.04/26.05.1997, notificata il 14 giugno 1997, R.G. n.
0099/94. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20.10.1998 dal Relatore Cons. dott. Giovanni
Mazzarella;
Udito gli avv.ti Modostino Acone per Lamberti Ugo, e, in virtù
di delega dell'avv. Nunzio Rizzo, per Lamberti Alfredo, e
Giuseppe Spagnuolo per Lamberti Giulia.
Udito il P.M., in persona del Procuratore Generale Dott. Guido
Raimondi che ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo
di entrambi i ricorsi, e rigetto nel resto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in data 22 dicembre 1987 Giulia Lamberti chiedeva
al Pretore di Salerno la condanna di Ugo e Alfredo Lamberti
al pagamento delle differenze retributive per l'attività di
commessa espletata alle dipendenze di questi ultimi per il
periodo giugno 1982 - dicembre 1987.
Il Pretore, previa ripetuta sospensione del giudizio fino
all'esito di analoga vertenza promossa dalla stessa Lamberti
Giulia contro i medesimi convenuti per il pregresso periodo
1970-1981, con sentenza del 27 ottobre 1993, rigettava la
domanda. Il Tribunale di Salerno con sentenza del 26 maggio
1997, in riforma della decisione appellata, accoglieva la
domanda e condannava gli appellati al pagamento, nei limiti
delle rispettive quote (25% per Lamberti Alfredo e 50% per
Lamberti Ugo, rimanendo a carico della stessa Lamberti Giulia
il residuo 25%, e, in ogni caso salvi gli effetti di cui
all'art. 2267 c.c., in favore dell'appellante ed originaria
ricorrente, della somma di lire 55.161.288, oltre interessi e

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rivalutazione monetaria; spese del grado per metà compensate e


per metà a carico degli appellati.
Osservava il Tribunale: non sussiste il giudicato formatosi
sul periodo precedente a quello oggetto dell'attuale giudizio
con la sentenza di questa Corte in data 03 novembre 1972, n.
4035/93;
trattasi invero di fatti relativi a periodi cronologicamente
diversi, per i quali l'accertamento dei fatti, ancorché
su analoghe vicende e medesimi documenti, per l'uno non
esclude un diverso accertamento per l'altro; Lamberti Ugo
e Alfredo non avevano impugnato la sentenza pretorile in
ordine alla negata sussistenza del giudicato; importanti
elementi documentali, ove combinati con ulteriori accertamenti
agli atti, pur se limitati, ma non necessariamente, a quelli
acquisiti nel giudizio in corso, deponevano per la sussistenza
del rapporto di lavoro subordinato in qualità di commessa
della Lamberti Giulia con la ditta commerciale facente capo ad
essa stessa (25%), allo zio Lamberti Ugo (50%) e al fratello
Lamberti Alfredo (25%), il primo e il terzo quali eredi
dell'originario socio e padre Lamberti Pietro;
importante a tal fine era la pacifica circostanza della
erogazione di somma fissa mensile di lire duecentomila,
detratte poi dalle richieste azionate, e che i convenuti
imputavano a ripartizione di utili; in proposito non risultava
la detta ripartizione anche per gli altri soci, gli utili per
alcuni anni erano finanche insussistenti, la somma era stata
percepita mensilmente dalla Lamberti Giulia anche prima della
morte del padre e quindi in periodo antecedente all'assunzione
della qualità di socia; il potere direttivo risulta esercitato
dal socio di maggioranza (Lamberti Ugo), senza che la pacifica
circostanza della malattia infartuale, che lo aveva colpito
nel 1981, avesse decisiva rilevanza in senso contrario, tenuto
conto che dal complesso istruttorio agli atti risultava una
continuità del citato potere; le vicende del rapporto non
erano affatto mutate nel periodo di custodia giudiziaria.
Ricorrono per cassazione Ugo e Alfredo Lamberti con distinti
ricorsi, percorrendo entrambi le linee di due motivi di
censura. Resiste con controricorso Lamberti Giulia.
Motivi della decisione
Va preliminarmente disposta la riunione dei giudizi,
trattandosi di ricorsi proposti avverso la medesima sentenza
in epigrafe del Tribunale di Salerno.
Con il primo motivo di ricorso Lamberti Ugo denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e
324 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria

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motivazione su di un punto decisivo della controversia, a


sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.: la decisione pretorile
sul giudicato non poteva essere appellata dal Lamberti
Ugo perché vittorioso in primo grado, e la stessa Lamberti
Giulia aveva chiesto l'utilizzazione di atti e prove del
primo giudizio, denunziando, pertanto, che nessuna novità
era intervenuta nelle vicende del rapporto per il periodo
successivo;
l'efficacia di cosa giudicata copre con la pronunzia finale
gli accertamenti che si presentino come necessaria premessa o
presupposto logico necessario della decisione; il Tribunale ha
disatteso l'eccezione di giudicato nonostante l'assenza di un
fatto nuovo, e finanche in presenza di affermata immutabilità
della situazione di fatto, essendo quest'ultima espressamente
denunziata come inalterata dalla stessa ricorrente; la
sentenza impugnata non spiega neanche le ragioni del radicale
mutamento della decisione in rapporto a quella del periodo
immediatamente pregresso.
Con il primo motivo di ricorso Lamberti Alfredo denunzia
violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 c.c., nonché
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un
punto decisivo della controversia, a sensi dell'art. 360,
nn. 3 e 5, c.p.c.: il Lamberto Alfredo non aveva possibilità
di impugnazione, e quindi anche contro la tesi pretorile
sulla eccezione di giudicato, essendo risultato vincitore
nella decisione di primo grado; il giudicato estende i suoi
effetti a tutte le situazioni, anche implicite, e a tutti
gli accertamenti che si ricollegano in modo inscindibile
alla decisione; la sentenza omette di motivare chiaramente la
opposta precedente decisione nonostante l'esame delle medesime
circostanze di fatto.
I motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto propongono la
medesima questione di diritto, sono infondati.
Premessa, invero, l'assoluta irrilevanza della omessa
specifica impugnazione della sentenza pretorile in punto
insussistenza del giudicato da parte degli odierni ricorrenti,
a ciò non abilitati perché completamente vittoriosi in quel
grado del giudizio, questa Corte, recentemente, (Cass. SS.UU.
07.11.1997, n. 10933), in thema, ha affermato, ribadendo
precedenti statuizioni, il principio (nella diversa materia
delle obbligazioni contributive in favore dell'Inps) che
"il venire a giuridica esistenza del rapporto contributivo
presuppone che siano definiti e certi tutti i suoi elementi,
onde la diversità dei periodi, pur nella identità dei termini
di riferimento e di connotazione del rapporto, basta a

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far configurare quali diversi i rapporti contributivi ad


essi afferenti, dal che segue, a sua volta, che il giudice
del primo giudizio non può stabilire, con efficacia di
giudicato, che le norme sottoposte al suo esame debbano essere
interpretate nel senso che anche per il futuro l'obbligo
contributivo si atteggia in un determinato modo, giacché
per questa parte egli giudicherebbe di un rapporto del
quale non si sono ancora realizzati tutti i presupposti,
e pertanto in assenza di un interesse delle parti alla
relativa pronunzia, configurandosi quindi una tale decisione,
per questo aspetto, quale meramente interpretativa della
astratta volontà di legge e non, come è invece coessenziale
al giudicato, come affermazione della volontà di legge nel
caso concreto". Tale principio, che è pienamente condiviso
da questo Collegio, appare ben più pregnante nel caso di
specie, ove solo si rilevi (conferma a posteriori) che il
giudice di appello nel presente giudizio, nel pervenire
ad opposta conclusione dalla precedente statuizione - in
rapporto alla quale non ben si comprende l'asserito obbligo
di specifica motivazione sul costruendo contrasto - ha pur
tenuto conto dei diversi elementi, a suo dire, significativi
del nuovo assunto, in parte, già sussistenti, ma non esaminati
affatto dal giudice del precedente giudizio, e in parte
desunti dal nuovo complesso istruttorio, "formatosi nella
pienezza del contraddittorio", al suo esame, ed alcuni di essi
riferibili al diverso periodo in discussione (la continuata
corresponsione di una somma mensile fissa alla appellante,
l'esercizio dell'affermato potere direttivo del Lamberti Ugo
nel periodo successivo alla malattia infartuale, le denunzie
dei redditi del 1983, e quant'altro richiamato in sentenza e
riferibile ad epoca successiva al 1982). Val quanto dire che
la pur introdotta immutabilità della situazione, espressamente
denunziata come inalterata, in realtà, oltre che riconducibile
al periodo successivo a quello della precedente statuizione
passata in giudicato, è anche riferibile ad elementi, valutati
dal giudice e assunti a supporto della decisione, trascurati
nella prima vertenza, o finanche successivi al periodo ad essa
interessato.
Con il secondo motivo di ricorso Lamberti Ugo denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e segg.,
2257, 2291, 2697 e 2735 c.c., nonché omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della
controversia, a sensi dell'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.: la
stessa eccezionalità del rapporto di subordinazione tra il
socio e la società a carattere personale impone la prova

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rigorosa dell'assunto, con particolare riferimento alla


soggezione della Lamberti Giulia alle disposizioni e direttive
del Lamberti Ugo; la sentenza in proposito si affida a
circostanze irrilevanti o finanche di smentita; l'erogazione
della somma fissa mensile prima della morte di Lamberti
Pietro costituiva un compenso per la collaborazione al
padre affectionis vel benevolentiae causa, e successivamente
compenso per la collaborazione della gestione collettiva
dell'impresa, che non è inconciliabile con la natura
non dipendente dell'attività; la rappresentanza e/o
amministrazione della società riconosciuta a Lamberti Ugo
in sede di condanna di esso quale imprenditore è estranea e
irrilevante ai fini del potere gerarchico esercitato sulla
socia Lamberti Giulia, e non conferma affatto l'esercizio
del potere di controllo da casa a seguito dell'infarto; la
dichiarazione di Lamberti Giulia del novembre 1983 all'Ufficio
Annona assume valore di confessione stragiudiziale, per
nulla contrastata dalle deduzioni argomentative apparenti;
il sequestro giudiziario concesso ad Ugo e Alfredo Lamberti
nella divisione ereditaria aveva lo scopo di comprimere il
comportamento padronale della Lamberti Giulia che non dava
"conto della gestione, ponendo in atto comportamenti diretti
ad estromettere (gli altri soci) dall'azienda", e quindi
dimostrava esattamente l'opposto dello svolgimento in guisa
subordinata del rapporto di lavoro.
Con il secondo motivo di ricorso Lamberti Alfredo denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt. 2094, 2257, 2291,
nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
di un punto decisivo della controversia, a sensi dell'art.
360, nn. 3 e 5, c.p.c.: la erogazione di un compenso fisso
mensile era irrilevante perché facilmente ascrivibile ad
utili, cosi come era irrilevante la presenza o meno di
Lamberti Ugo nell'esercizio senza la contemporanea sussistenza
di quella che il detto Lamberti impartisse disposizioni e
direttive alla Lamberti Giulia; Ugo e Giulia Lamberti erano
soci ed avevano conseguentemente titolo a trattenersi in
azienda e a svolgere un'attività, donde il salto logico nella
consequenziale incidenza di detta circostanza sulla decisione
conclusiva; nulla si riferisce nella sentenza alla posizione
di Lamberti Alfredo, mai presente nell'esercizio; i criteri
distintivi caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato,
come dettati via via nell'ampia casistica della S.C., fra
i quali la recente rivalutazione della volontà negoziale
delle parti, non risultano correttamente analizzati nella
motivazione della sentenza impugnata.

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I due motivi, anch'essi da trattarsi congiuntamente per


connessione e quasi totale sovrapposizione, sono, invece,
fondati e vanno accolti.
Va premesso il principio generale, e comunque neanche
contestato, secondo cui "nelle società di persone, che non
siano enti giuridici distinti dai singoli soci, un rapporto
di lavoro subordinato fra la società ed uno dei soci (che,
assumendo la veste di dipendente, non perde peraltro i
diritti connessi alla qualità di socio) è configurabile, in
via eccezionale, nella sola ipotesi in cui il socio presti
la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico
di un altro socio, munito di supremazia, e sempre che la
suddetta prestazione non integri un conferimento previsto dal
contratto sociale" (Cass. 03.04.1994, n. 0 3650, confermativa
di Cass.16.12.1986, n. 0 7573, e Cass. 09.06.1983, n. 0 3948),
e che, proprio
l'eccezionalità della configurazione in questione, esige
una prova rigorosa della sottoposizione del lavoratore "al
controllo gerarchico di un altro socio".
Orbene, la sentenza impugnata, non può essere assolta
dalla censura contro di essa proposta, in questa sede, in
punto riconoscimento dell'affermata subordinazione della
Lamberti Giulia al socio (di maggioranza) Lamberti Ugo, con
la estensione delle conseguenze anche all'altro socio (di
minoranza) Lamberti Alfredo, che la sentenza dimostra di
conoscere solo nella fase della condanna pro quota.
Una prima carenza quanto mai rilevante ai fini di una
netta distinzione fra attività di natura subordinata
(eccezionale) ed un certo interessamento (normale) alla
gestione dell'esercizio riconnesso alla sola posizione
di socio si rinviene nella omessa individuazione della
concreta attività svolta dalla Lamberti Giulia nell'ambito
dell'esercizio, che si identifica solo nella (mera petizione
di principio) della qualifica che si assume da essa rivestita,
una prima volta, di commessa e, una seconda, di capocommessa,
quest'ultima, fra l'altro, finanche sospetta per una possibile
(anche se remota) confusione dell'attività, al limite,
se superficialmente valutata, tra potere gestionale e
attività subordinata. Una tale carenza non può non inficiare,
in toto e con evidenti risvolti, come si vedrà, sulle
altre argomentazioni, l'intera motivazione sottesa alla
configurazione della natura subordinata dell'attività svolta
dalla Lamberti, nella misura in cui si parte da un dato certo,
quello, peraltro contraddittorio, della qualifica, che assume
per dimostrata una posizione lavorativa già appartenente alla

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connotazione subordinata del rapporto, che invece è tutta da


dimostrare.
Ma c'è di più. Le due argomentazioni utilizzate dal giudice
di appello, a ben vedere, non sono, neanche in via normale,
idonee alla conclusiva configurazione del rivendicato rapporto
subordinato. Assume primieramente il giudice di appello
l'essenzialità delle modalità di percepimento (fissità e
continuità) delle duecentomila lire mensili da parte della
Lamberti, somma della quale esclude decisamente la opposta
imputazione ad utili per la quota sociale dell'attività
commerciale. Sul punto sembra proprio già, evidentemente,
incidere la immotivata premessa dell'attività di commessa
o di capocommessa, impedendo la valutazione di elementi
sui quali eventualmente fondare una diversa ipotesi: fra i
tanti, l'attribuzione della somma già nel periodo antecedente
al decesso del padre (a seguito del quale la ripartizione
fra i germani Ugo e Giulia del 50% per cento della quota
ereditata), e cioè in epoca in cui l'attività della Lamberti
era pacificamente fornita (vedi i termini temporali della
prospettazione delle domande) affectionis vel benevontiae
causa, e quindi con immotivato mutamento del titolo di
erogazione; il mancato adeguamento negli anni (tanti)
della medesima somma; il silenzio assoluto sul momento di
manifestazione (anche con comportamenti concreti) della
volontà negoziale e sulla opposta imputazione dell'erogazione
a titolo di compenso per l'attività gestionale o comunque
per un controllo diretto e continuativo di essa, l'una e
l'altro che si assumono supportati dalla documentazione
esaminata. Per contro, si argomenta sulla imputazione al
Lamberti Ugo, socio di maggioranza, non solo di un potere
gestionale dell'attività commerciale, ma anche di una puntuale
e continuativa emanazione di direttive specifiche alla
Lamberti, senza che di esse vi fosse traccia nella motivazione
della sentenza, e ciò evidentemente sul presupposto che esse
non potevano che riguardare l'attività della ricorrente, come
si è detto, solo assiomaticamente premessa, di commessa o
capocommessa. Ed allora, non solo non risulta evidenziata
l'attività in concreto svolta dalla Lamberti Giulia, ma,
e corrispondentemente, non risultano neanche, in quali
termini, o direzioni, o scopi, fossero state emanate le
pretese direttive sull'attività lavorativa di essa da parte
dello zio Ugo, e, se esse appartenevano anche all'area della
organizzazione, e via via della direzione e del controllo
dell'attività della lavoratrice, con l'esercizio pieno del
potere gerarchico e disciplinare. Gli elementi di supporto

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della posizione datoriale del Lamberti Ugo in rapporto

alla nipote sono individuati dal giudice di appello in


una "inevitabile" sottomissione del socio di minoranza
a quello di maggioranza (50% per Ugo, e 25% ciascuno per
Giulia e Alfredo), nella "probabilità" che le medesime
direttive fossero impartite da casa nel periodo di malattia,
tanto che nel medesimo periodo il Lamberti Ugo era stato
condannato per "reato commesso da imprenditore" e continuava
a "definirsi amministratore della s.d.f. ed a firmare la
relativa dichiarazione dei redditi" e assegni di conto
corrente, e infine nelle relazioni di esso con le banche e
con il commercialista. Da tali elementi, che pur appartengono
evidentemente all'area della mera gestione, o rappresentanza
o amministrazione dell'attività commerciale, la sentenza
impugnata immotivatamente perviene alla riconducibilità al
Lamberti Ugo di quei poteri (anche) organizzativi e direttivi
dell'attività della Lamberti Giulia, e disciplinari nei suoi
confronti, essenziali alla natura subordinata del rapporto di
lavoro dedotto in giudizio.
Deve rilevarsi, in conclusione, che il giudice di appello
non ha fornito adeguati elementi per la decisione sulla
natura subordinata dell'attività della ricorrente in luogo
di un possibile (generale o particolare) impegno gestionale
riconducibile alla titolarità di una quota sociale, nonché
per la stessa configurazione del potere direttivo del Lamberti
Ugo - e non anche del Lamberti Alfredo, la cui estraneità
sul punto sembra pacifica - in rapporto ad un (logicamente
giustificabile) impegno gestionale ad esso riconnesso per
la sua posizione di socio di maggioranza: il che, oltre a,
evidentemente e contraddittoriamente, confliggere con la (pur
premessa) eccezionalità della configurazione del rapporto
di lavoro subordinato del socio, dalla quale scaturisce
la necessità di un accertamento decisamente rigoroso, cui
sono estranee deduzioni e presunzioni di sorta, impedisce
anche, ovviamente, il controllo in questa sede della logicità
e razionalità delle argomentazioni sottese alla decisione
impugnata.
I ricorsi, pertanto, vanno accolti per quanto di ragione, la
sentenza va cassata, e rimessa ad altro giudice di merito, che
si designa nel Tribunale di Nocera Inferiore, che provvederà,
nei limiti sopra indicati, al riesame nel merito della causa e
alla regolazione delle spese del giudizio di cassazione.

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P. Q. M.
la C O R T E riunisce i ricorsi, e li accoglie per quanto
di ragione, cassa la sentenza impugnata, e rinvia anche per
le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Nocera
Inferiore. Così deciso in Roma, il 20 ottobre 1998.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 1999

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