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Civile Sent. Sez. L Num.

1663 Anno 2020


Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: RAIMONDI GUIDO
Data pubblicazione: 24/01/2020

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


SENTENZA

sul ricorso 11629-2019 proposto da:

FOODINHO S.R.L. quale incorporante di DIGITAL

SERVICES XXXVI ITALY S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in

persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134,

presso lo studio dell'avvocato LUIGI FIORILLO,

rappresentata e difesa dagli avvocati GIOVANNI


2019

REALMONTE, ORNELLA GIRGENTI, FIORELLA LUNARDON, PAOLO


3638

TOSI;

- ricorrente -

contro
PISANO MARCO, CANNIZZO GIUSEPPE, LAJOLO RICCARDO,

RUTA ANGELO ANDREA, GIORDANO VALERIO, tutti

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall'avvocato PATRIZIA TOTARO,

GIUSEPPE MARZIALE, SERGIO SONETTO, GIULIA DRUETTA;

- controricorrenti

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


-

avverso la sentenza n. 26/2019 della CORTE D'APPELLO

di TORINO, depositata il 04/02/2019 r.g.n. 468/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

udienza del 14/11/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO

RAIMONDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per

il rigetto del ricorso;

udito l'Avvocato PAOLO TOSI;

uditi gli Avvocati GIUSEPPE MARZIALE e GIULIA

DRUETTA.
, R.G. 11629/2019
FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato il 10 luglio 2017, Marco Pisano, Giuseppe


Cannizzo, Angelo Andrea Ruta, Riccardo Lajolo e Valerio Giordano
hanno chiesto al Tribunale di Torino l'accertamento della natura
subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la Digital Services
XXXVI Italy srl (Foodora) in liquidazione, lavoro consistente nello
svolgimento di mansioni di fattorino in forza di contratti di
collaborazione coordinata e continuativa (cd. riders), con la

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conseguente condanna della società convenuta al pagamento delle
differenze retributive maturate, da liquidarsi in separato giudizio. I
ricorrenti hanno inoltre sostenuto di essere stati illegittimamente
licenziati dalla società e hanno chiesto il ripristino del rapporto, nonché
la condanna al risarcimento del danno subito per effetto del
licenziamento, e per violazione dell'art. 2087 cod. civ. Gli stessi
ricorrenti hanno infine lamentato di aver subito un danno non
patrimoniale, da liquidarsi in separato giudizio, per violazione delle
norme poste a protezione dei dati personali.

2. Con sentenza del 7 maggio 2018, n. 778 il Tribunale di Torino ha


rigettato tutte le domande.

3. Avverso tale sentenza hanno proposto appello i lavoratori.

4. La Corte d'appello di Torino, con sentenza n. 26 depositata il 4 febbraio


2019, in parziale accoglimento dell'appello, ha negato la
configurabilità della subordinazione e ha ritenuto applicabile al rapporto
di lavoro intercorso tra le parti l'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015, come
richiesto in via subordinata dai lavoratori già in primo grado;
conseguentemente, in applicazione di tale norma ha dichiarato il diritto
degli appellanti a vedersi corrispondere quanto maturato in relazione
all'attività lavorativa prestata, sulla base della retribuzione stabilita per
i dipendenti del V livello del CCNL logistica trasporto merci, dedotto
quanto percepito; inoltre, ha condannato la società appellata al
pagamento delle differenze retributive così calcolate, oltre accessori.
Ogni altro motivo di appello, tra cui in particolare quello relativo
all'asserita illegittimità dei licenziamenti, è stato respinto, pur
osservandosi da parte della Corte di appello, su quest'ultimo punto, che
in ogni caso non vi era stata un'interruzione dei rapporti di lavoro in
essere da parte della società prima della loro scadenza naturale.

5. Per quanto qui ancora interessa, la Corte distrettuale ha ritenuto che


l'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015, nel testo applicabile ratione temporis,
individui un "terzo genere", che si viene a porre tra il rapporto di lavoro
I
subordinato cui all'art. 2094 cod. civ. e la collaborazione coordinata e
continuativa come prevista dall'art. 409, n. 3, cod. proc. civ., soluzione
voluta dal legislatore per garantire una maggiore tutela alle nuove
fattispecie di lavoro che, a seguito dell'evoluzione e della relativa
introduzione sempre più accelerata delle nuove tecnologie, si stanno
sviluppando. Il giudice di appello ha ritenuto esistenti i presupposti per
l'applicazione di questa norma, in particolare la etero-organizzazione
dell'attività di collaborazione anche con riferimento ai tempi e ai luoghi
di lavoro e il carattere continuativo della prestazione.

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6. Avverso la citata sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto
ricorso per cassazione la Foodinho s.r.I., quale incorporante della Digital
Services XXXVI Italy s.r.l. in liquidazione. Il ricorso è stato affidato a
quattro motivi, illustrati da memoria. I lavoratori hanno resistito con
controricorso.

7. Successivamente al deposito del ricorso è stato pubblicato il decreto


legge n. 101 del 2019 recante, fra l'altro, modifiche all'art. 2 d.lgs. n.
81 del 2015. Ciò ha suggerito il rinvio a nuovo ruolo della causa
originariamente fissata per l'udienza del 22 ottobre 2019, in attesa della
conversione in legge del suddetto decreto, avvenuto con legge n. 128
del 2019.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc.
civ., la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell'art.
2 del d. Igs. n. 81 del 2015 in relazione agli art. 2094 cod. civ. e 409,
n. 3, cod. proc. civ., nonché dell'art. 12 disp. prel. cod. civ.

2. Secondo la ricorrente, l'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 non ha


introdotto, come invece ritenuto dalla Corte d'appello, un tertium genus
di lavoro, non riconducibile né al lavoro coordinato senza
subordinazione (previsto dall'art. 409, n. 3, cod. proc. civ.) né alla
subordinazione in senso proprio (art. 2094 cod. civ.). Secondo la
ricorrente, la etero-organizzazione è già un tratto tipico della
subordinazione disciplinata nell'art. 2094 cod. civ., con la conseguenza
che l'art. 2 cit., nel porla in esponente, non aggiungerebbe nulla alla
ricostruzione della nozione sin qui compiuta dalla giurisprudenza,
presentandosi come una sorta di norma apparente, inidonea a produrre
autonomi effetti giuridici (tesi accolta dalla decisione di primo grado).

3. La Corte d'appello avrebbe inoltre commesso un altro grave errore di


diritto, laddove essa ha affermato che la etero-organizzazione
disciplinata dall'art. 2 in discorso consisterebbe nel potere di
2
determinare le modalità di esecuzione della prestazione e cioè la
possibilità di stabilire i tempi e i luoghi della prestazione. In tal modo,
secondo la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe trascurato che l'art.
2 richiede, ai fini della sua applicazione, che le modalità di esecuzione
della prestazione siano organizzate dal committente "anche con
riferimento ai tempi e al luogo di lavoro". La parola "anche" del testo
normativo dimostrerebbe che le tutele del lavoro subordinato garantite
dall'art. 2 richiedono non una semplice etero-determinazione di tempi
e luogo della prestazione, tantomeno in termini di mera "possibilità",
ma "una ingerenza più pregnante nello svolgimento della

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collaborazione, eccedente quindi tale etero-determinazione" (pag. 19
del ricorso).

4. Il motivo è infondato.

5. Il comma 1 dell'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015, sotto la rubrica


"Collaborazioni organizzate dal committente", così recita: "1. A far data
dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro
subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in
prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui
modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con
riferimento ai tempi e al luogo di lavoro."

6. Sul testo dell'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 e, più in generale, sul
lavoro attraverso piattaforme digitali, in specie sui riders, è intervenuto
il decreto legge 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con
modificazioni, nella legge 2 novembre 2019, n. 128. Le modifiche alla
disciplina in discorso non hanno carattere retroattivo, per cui alla
fattispecie in esame deve applicarsi il suddetto articolo 2 nel testo
previgente al citato recente intervento legislativo. Quest'ultimo, in
particolare, quanto al primo periodo del primo comma dell'art. 2 in
discorso, sostituisce la parola «esclusivamente» con
«prevalentemente» e sopprime le parole «anche con riferimento ai
tempi e al luogo di lavoro». Inoltre, la novella aggiunge, dopo il primo
periodo, il seguente testo: «Le disposizioni di cui al presente comma si
applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione
siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.».

7. Prima di procedere all'analisi della censura, conviene ricordare


sinteticamente il regolamento contrattuale della fattispecie, concluso
sotto forma di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, e le
modalità delle prestazioni litigiose, per come tali elementi sono stati
ricostruiti dalla Corte territoriale, che richiama la sentenza di primo
grado, e ripercorrere brevemente l'iter logico-giuridico seguito dalla

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sentenza impugnata per giungere alle conclusioni oggi criticate con il
ricorso.

8. Secondo la ricostruzione della Corte territoriale, che ha fatto propria


quella del giudice di prime cure, la prestazione lavorativa dei ricorrenti
si è svolta a grandi linee nel modo seguente: dopo avere compilato un
formulario sul sito di Foodora i controricorrenti venivano convocati in
piccoli gruppi presso l'ufficio di Torino per un primo colloquio nel quale
veniva loro spiegato che l'attività presupponeva il possesso di una
bicicletta e la disponibilità di un telefono cellulare con funzionalità

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avanzate (smartphone); in un secondo momento veniva loro proposta
la sottoscrizione di un contratto di collaborazione coordinata e
continuativa e, dietro versamento di una caparra di euro 50, venivano
loro consegnati gli indumenti di lavoro ed i dispositivi di sicurezza
(casco, maglietta, giubbotto e luci) e l'attrezzatura per il trasporto del
cibo (piastra di aggancio e box).

9. Il contratto che veniva sottoscritto, cui era allegato un foglio contenente


l'informativa sul trattamento dei dati personali e la prestazione del
consenso, aveva le seguenti caratteristiche:

si trattava di un contratto di "collaborazione coordinata e


continuativa";
era previsto che il lavoratore fosse "libero di candidarsi o non
candidarsi per una specifica corsa a seconda delle proprie
disponibilità ed esigenze di vita";
il lavoratore si impegnava ad eseguire le consegne avvalendosi di
una propria bicicletta "idonea e dotata di tutti i requisiti richiesti dalla
legge per la circolazione";
era previsto che il collaboratore avrebbe agito "in piena autonomia,
senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere
gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di
qualsiasi genere nei confronti della committente", ma era tuttavia
"fatto salvo il necessario coordinamento generale con l'attività della
stessa committente";
era prevista la possibilità di recedere liberamente dal contratto,
anche prima della scadenza concordata, con comunicazione scritta
da inviarsi a mezzo raccomandata a/r con 30 giorni di anticipo;
il lavoratore, una volta candidatosi per una corsa, si impegnava ad
effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall'orario
indicato per il ritiro del cibo, con la comminatoria a suo carico di una
penale di 15 euro;
il compenso era stabilito in euro 5,60 al lordo delle ritenute fiscali e
previdenziali per ciascuna ora di disponibilità;

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il collaboratore doveva provvedere ad inoltrare all'INPS "domanda di
iscrizione alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della
legge 8 agosto 1995 n. 335" e la committente doveva provvedere a
versare il relativo contributo;
la committente doveva provvedere all'iscrizione del collaboratore
all'INAIL ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38; il
premio era a carico del collaboratore per un terzo e della
committente per due terzi;
- la committente - come accennato - doveva affidare al collaboratore
in comodato gratuito un casco da ciclista, un giubbotto e un bauletto

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dotato dei segni distintivi dell'azienda a fronte del versamento di una
cauzione dì euro 50.

10. Quanto alle modalità di esecuzione delle prestazioni litigiose, la


gestione del rapporto avveniva attraverso la piattaforma multimediale
"Shyftplan e un applicativo per smartphone (inizialmente "Urban Ninjia"
e successivamente "Hurrier"), per il cui uso venivano fornite da Foodora
apposite istruzioni. L'azienda pubblicava settimanalmente su Shyftplan
le fasce orarie (slot) con l'indicazione del numero di riders necessari per
coprire ciascun turno. Ciascun rider poteva dare la propria disponibilità
per le varie fasce orarie in base alle proprie esigenze personali, ma non
era obbligato a farlo. Raccolte le disponibilità, il responsabile della
"flotta" confermava tramite Shyftplan ai singoli riders l'assegnazione
del turno. Ricevuta la conferma del turno, il lavoratore doveva recarsi
all'orario di inizio di quest'ultimo in una delle tre zone di partenza
predefinite (Piazza Vittorio Veneto, Piazza Carlo Felice o Piazza Bernini),
attivare l'applicativo Hurrier inserendo le credenziali (nome
dell'utilizzatore, user name, e parola d'ordine, password) per effettuare
l'accesso (login) e avviare la geolocalizzazione (GPS). Il rider riceveva
quindi sull'applicazione la notifica dell'ordine con l'indicazione
dell'indirizzo del ristorante. Accettato l'ordine, il rider doveva recarsi
con la propria bicicletta al ristorante, prendere in consegna i prodotti,
controllarne la corrispondenza con l'ordine e comunicare tramite
l'apposito comando dell'applicazione il buon esito della verifica. A
questo punto, posizionato il cibo nel box, il rider doveva provvedere a
consegnarlo al cliente, il cui indirizzo gli era stato nel frattempo
comunicato tramite l'applicazione, e doveva quindi confermare di avere
regolarmente effettuato la consegna.
11. Non ignora la Corte il vivace dibattito dottrinale che ha
accompagnato l'entrata in vigore e i primi anni di vita dell'art. 2, comma
1, del d.lgs. n. 81 del 2015 - dibattito che non si è esaurito e che
certamente proseguirà alla luce delle novità portate dal recente
intervento legislativo che si è ricordato - e nell'ambito del quale sono
state proposte le soluzioni interpretative più varie, soluzioni che
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possono schematicamente e senza alcuna pretesa di esaustività così
evocarsi:

a) una prima via, che segue inevitabilmente il metodo qualificatorio,


preferibilmente nella sua versione tipologica, è quella di riconoscere alle
prestazioni rese dai lavoratori delle piattaforme digitali i tratti della
subordinazione, sia pure ammodernata ed evoluta;
b) una seconda immagina l'esistenza di una nuova figura intermedia tra
subordinazione e autonomia, che sarebbe caratterizzata dall'etero-
organizzazione e che troverebbe nell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81
del 2015 il paradigma legale (teoria del tertium genus o del lavoro

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etero-organizzato);
c) la terza possibilità è quella di entrare nel mondo del lavoro
autonomo, dove tuttavia i modelli interpretativi si diversificano
notevolmente essendo peraltro tutti riconducibili nell'ambito di una
nozione ampia di parasubordinazione;
d) infine, vi è l'approccio "rimediale", che rinviene in alcuni indicatori
normativi la possibilità di applicare una tutela "rafforzata" nei confronti
di alcune tipologie di lavoratori (quali quelli delle piattaforme digitali
considerati "deboli"), cui estendere le tutele dei lavoratori subordinati.

12. La via seguita dalla sentenza impugnata è quella per cui l'art. 2 del
d.lgs. n. 81 del 2015 avrebbe introdotto un tertium genus avente
caratteristiche tanto del lavoro subordinato quanto di quello autonomo,
ma contraddistinto da una propria identità, sia a livello morfologico, che
funzionale e regolamentare.

13. La conseguenza più significativa dell'inquadramento proposto dalla


Corte torinese è rappresentata dall'applicazione delle tutele del lavoro
subordinato al rapporto di collaborazione dei riders. Anche in questo
caso, però, la Corte territoriale non ritiene praticabile un'estensione
generalizzata dello statuto della subordinazione, ma opta per
un'applicazione selettiva delle disposizioni per essa approntate, limitata
alle norme riguardanti la sicurezza e l'igiene, la retribuzione diretta e
differita (quindi relativa all'inquadramento professionale), i limiti di
orario, le ferie e la previdenza ma non le norme sul licenziamento.

14. Contro la sentenza della Corte torinese i lavoratori non hanno proposto
ricorso incidentale, non insistendo così sulla loro originaria tesi
principale, tendente al riconoscimento nella fattispecie litigiosa di veri
e propri rapporti di lavoro subordinato.

15. Venendo ora all'esame del motivo, sotto il primo profilo la doglianza
censura radicalmente l'applicazione alla fattispecie litigiosa dell'art. 2,
comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015 giacché si tratterebbe di norma
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"apparente", incapace come tale di produrre effetti nell'ordinamento
giuridico.

16. Non ritiene la Corte di poter accogliere tale radicale tesi.

17. Come è stato osservato, i concetti giuridici, in specie se direttamente


promananti dalle norme, sono convenzionali, per cui se il legislatore ne
introduce di nuovi l'interprete non può che aggiornare l'esegesi a partire
da essi, sforzandosi di dare alle norme un senso, al pari di quanto l'art.
1367 cod. civ. prescrive per il contratto, stabilendo che, nel dubbio, il

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contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui
possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne
avrebbero alcuno.

18. La norma introdotta nell'ordinamento nel 2015 va contestualizzata.


Essa si inserisce in una serie di interventi normativi con i quali il
legislatore ha cercato di far fronte, approntando discipline il più
possibile adeguate, alle profonde e rapide trasformazioni conosciute
negli ultimi decenni nel mondo del lavoro, anche per effetto delle
innovazioni tecnologiche, trasformazioni che hanno inciso
profondamente sui tradizionali rapporti economici.

19. In attuazione della delega di cui alla legge n. 183 del 2014, cui sono
seguiti i decreti delegati dei quali fa parte il d.lgs. n. 81 del 2015, e che
vanno sotto il nome di Jobs Act, il legislatore delegato, nel citato d.lgs.,
dopo aver indicato nel lavoro subordinato a tempo indeterminato il
modello di riferimento nella gestione dei rapporti di lavoro, ha infatti
affrontato il tema del lavoro "flessibile" inteso come tale in relazione
alla durata della prestazione (part-time e lavoro intermittente o a
chiamata), alla durata del vincolo contrattuale (lavoro a termine), alla
presenza di un intermediario (lavoro in somministrazione), al contenuto
anche formativo dell'obbligo contrattuale (apprendistato), nonché
all'assenza di un vincolo contrattuale (lavoro accessorio). Per quanto
attiene allo svolgimento del rapporto, il legislatore delegato ha poi
introdotto un ulteriore incentivo indiretto alle assunzioni, innovando
profondamente la disciplina delle mansioni attraverso l'art.3 d.lgs. n.81
del 2015, con la riformulazione dell'art. 2103 cod. civ.

20. La finalità complessiva degli interventi del Jobs Act, costituita


dall'auspicato incremento dell'occupazione, perseguita attraverso la
promozione del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato,
è stata attuata anche attraverso l'esonero contributivo previsto dalla
legge di stabilità, la quale ha previsto questa agevolazione per un
triennio nel caso di assunzioni effettuate nel 2015 e l'esonero
contributivo del 40% per un biennio per le assunzioni effettuate nel
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2016; il legislatore delegato del 2015 è dunque intervenuto in tutte le
fasi del rapporto di lavoro con l'intento di incentivare le assunzioni in
via diretta ed indiretta.

21. Anche l'abolizione dei contratti di lavoro a progetto, la stabilizzazione


dei collaboratori coordinati e continuativi anche a progetto e di persone
titolari di partite IVA e la disciplina delle collaborazioni organizzate dal
committente si collocano dunque nella medesima prospettiva.

22. In effetti, le previsioni dell'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 vanno lette

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unitamente all'art.52 dello stesso decreto, norma che ha abrogato le
disposizioni relative al contratto di lavoro a progetto previsto dagli artt.
da 61 a 69-bis del d.lgs. n.276 del 2003 (disposizioni che continuano
ad applicarsi per la regolazione dei contratti in atto al 25 giugno 2015,
data di entrata in vigore del decreto), facendo salve le previsioni di cui
all'art. 409 cod. proc. civ. Quindi dal 25 giugno 2015 non è più
consentito stipulare nuovi contratti di lavoro a progetto e quelli esistenti
cessano alla scadenza, mentre possono essere stipulati contratti di
collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell'art. 409, n. 3 cod.
proc. civ. sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato.

23. È venuta meno, perciò, una normativa che, avendo previsto dei vincoli
e delle sanzioni, comportava delle garanzie per il lavoratore, mentre è
stata ripristinata una tipologia contrattuale più ampia che, come tale,
comporta il rischio di abusi. Pertanto, il legislatore, in una prospettiva
anti-elusiva, ha inteso limitare le possibili conseguenze negative,
prevedendo comunque l'applicazione della disciplina del rapporto di
lavoro subordinato a forme di collaborazione, continuativa e personale,
realizzate con l'ingerenza funzionale dell'organizzazione predisposta
unilateralmente da chi commissiona la prestazione. Quindi, dal 10
gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato
tutte le volte in cui la prestazione del collaboratore abbia carattere
esclusivamente personale e sia svolta in maniera continuativa nel
tempo e le modalità di esecuzione della prestazione, anche in relazione
ai tempi e al luogo di lavoro, siano organizzate dal committente.

24. Il legislatore, d'un canto consapevole della complessità e varietà delle


nuove forme di lavoro e della difficoltà di ricondurle ad unità tipologica,
e, d'altro canto, conscio degli esiti talvolta incerti e variabili delle
controversie qualificatorie ai sensi dell'art. 2094 cod. civ., si è limitato
a valorizzare taluni indici fattuali ritenuti significativi (personalità,
continuità, etero-organizzazione) e sufficienti a giustificare
l'applicazione della disciplina dettata per il rapporto di lavoro
subordinato, esonerando da ogni ulteriore indagine il giudice che ravvisi
la concorrenza di tali elementi nella fattispecie concreta e senza che
8
questi possa trarre, nell'apprezzamento di essi, un diverso
convincimento nel giudizio qualificatorio di sintesi.

25. In una prospettiva così delimitata non ha decisivo senso interrogarsi sul
se tali forme di collaborazione, così connotate e di volta in volta offerte
dalla realtà economica in rapida e costante evoluzione, siano collocabili
nel campo della subordinazione ovvero dell'autonomia, perché ciò che
conta è che per esse, in una terra di mezzo dai confini !abili,
l'ordinamento ha statuito espressamente l'applicazione delle norme sul
lavoro subordinato, disegnando una norma di disciplina.

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26. Tanto si spiega in una ottica sia di prevenzione sia "rimediale". Nel
primo senso il legislatore, onde scoraggiare l'abuso di schermi
contrattuali che a ciò si potrebbero prestare, ha selezionato taluni
elementi ritenuti sintomatici ed idonei a svelare possibili fenomeni
elusivi delle tutele previste per i lavoratori. In ogni caso ha, poi, stabilito
che quando l'etero-organizzazione, accompagnata dalla personalità e
dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il
collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una
protezione equivalente e, quindi, il rimedio dell'applicazione integrale
della disciplina del lavoro subordinato.

27. Si tratta di una scelta di politica legislativa volta ad assicurare al


lavoratore la stessa protezione di cui gode il lavoro subordinato, in
coerenza con l'approccio generale della riforma, al fine di tutelare
prestatori evidentemente ritenuti in condizione di "debolezza"
economica, operanti in una "zona grigia" tra autonomia e
subordinazione, ma considerati meritevoli comunque di una tutela
omogenea. L'intento protettivo del legislatore appare confermato dalla
recente novella cui si è fatto cenno, la quale va certamente nel senso
di rendere più facile l'applicazione della disciplina del lavoro
subordinato, stabilendo la sufficienza - per l'applicabilità della norma -
di prestazioni "prevalentemente" e non più "esclusivamente" personali,
menzionando esplicitamente il lavoro svolto attraverso piattaforme
digitali e, quanto all'elemento della "etero-organizzazione", eliminando
le parole "anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro", così
mostrando chiaramente l'intento di incoraggiare interpretazioni non
restrittive di tale nozione.

28. Il secondo profilo della doglianza in esame invita proprio questa Corte,
invece, a adottare un'interpretazione restrittiva della norma in discorso.

29. Secondo la ricorrente, come si è detto, la Corte territoriale, affermando


che la etero-organizzazione disciplinata dall'art. 2 consisterebbe nel
potere di determinare le modalità di esecuzione della prestazione e cioè
9
la possibilità di stabilire i tempi e i luoghi di lavoro, avrebbe trascurato
che l'art. 2 richiede, ai fini della sua applicazione, che le modalità di
esecuzione della prestazione siano organizzate dal committente "anche
con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro". La parola "anche" del
testo normativo dimostrerebbe che le tutele del lavoro subordinato
garantite dall'art. 2 richiedono non una semplice etero-determinazione
di tempi e luogo della prestazione, tantomeno in termini di mera
"possibilità", ma "una ingerenza più pregnante nello svolgimento della
collaborazione, eccedente quindi tale etero-determinazione".

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30. Anche tale censura non può essere condivisa.

31. La norma introduce, a riguardo delle prestazioni di lavoro


esclusivamente personali e continuative, la nozione di etero-
organizzazione, "anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro".

32. Una volta ricondotta la etero-organizzazione ad elemento di un rapporto


di collaborazione funzionale con l'organizzazione del committente, così
che le prestazioni del lavoratore possano, secondo la modulazione
unilateralmente disposta dal primo, opportunamente inserirsi ed
integrarsi con la sua organizzazione di impresa, si mette in evidenza
(nell'ipotesi dell'art. 2 d.lgs. n. 81 del 2015) la differenza rispetto ad un
coordinamento stabilito di comune accordo dalle parti che, invece, nella
norma in esame, è imposto dall'esterno, appunto etero-organizzato.

33. Tali differenze illustrano un regime di autonomia ben diverso,


significativamente ridotto nella fattispecie dell'art. 2 d.lgs. n. 81 del
2015: integro nella fase genetica dell'accordo (per la rilevata facoltà del
lavoratore ad obbligarsi o meno alla prestazione), ma non nella fase
funzionale, di esecuzione del rapporto, relativamente alle modalità di
prestazione, determinate in modo sostanziale da una piattaforma
multimediale e da un applicativo per smartphone.

34. Ciò posto, se è vero che la congiunzione «anche» potrebbe alludere alla
necessità che l'etero-organizzazione coinvolga tempi e modi della
prestazione, non ritiene tuttavia la Corte che dalla presenza nel testo
di tale congiunzione si debba far discendere tale inevitabile
conseguenza.

35. Il riferimento ai tempi e al luogo di lavoro esprime solo una possibile


estrinsecazione del potere di etero-organizzazione, con la parola
"anche" che assume valore esemplificativo. In tal senso sembra deporre
la successiva soppressione dell'inciso ad opera della novella cui si è
fatto più volte cenno. Del resto è stato condivisibilmente rilevato che le
modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa
lo
sono, nell'attualità della rivoluzione informatica, sempre meno
significative anche al fine di rappresentare un reale fattore discretivo
tra l'area della autonomia e quella della subordinazione.

36. Parimenti si deve ritenere che possa essere ravvisata etero-


organizzazione rilevante ai fini dell'applicazione della disciplina della
subordinazione anche quando il committente si limiti a determinare
unilateralmente il quando e il dove della prestazione personale e
continuativa .

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37. Il motivo in esame non critica dunque efficacemente le pertinenti
statuizioni della sentenza impugnata.

38. Detto questo, non ritiene la Corte che sia necessario inquadrare la
fattispecie litigiosa, come invece ha fatto la Corte di appello di Torino,
in un tertium genus, intermedio tra autonomia e subordinazione, con la
conseguente esigenza di selezionare la disciplina applicabile.

39. Più semplicemente, al verificarsi delle caratteristiche delle


collaborazioni individuate dall'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81 del
2015, la legge ricollega imperativamente l'applicazione della disciplina
della subordinazione. Si tratta, come detto, di una norma di disciplina,
che non crea una nuova fattispecie.

40. Del resto, la norma non contiene alcun criterio idoneo a selezionare la
disciplina applicabile, che non potrebbe essere affidata ex post alla
variabile interpretazione dei singoli giudici. In passato, quando il
legislatore ha voluto assimilare o equiparare situazioni diverse al lavoro
subordinato, ha precisato quali parti della disciplina della
subordinazione dovevano trovare applicazione. In effetti, la tecnica
dell'assimilazione o dell'equiparazione è stata più volte utilizzata dal
legislatore, ad esempio con l'art.2 del R.D. n. 1955 del 1923, con l'art.2
legge n.370 del 1934, e con l'art.1, comma 1, legge n. 1204 del 1971,
con cui il legislatore aveva disposto l'applicazione al socio di cooperativa
di alcuni istituti dettati per il lavoratore subordinato, nonché con l'art.
2 c.1 d.lgs. n. 626 del 1994 e l'art. 2, comma 1 lett. a), del d.lgs. n.81
del 2008 in tema di estensione delle norme a tutela della salute e della
sicurezza, e con l'art.64 del d.lgs. n. 151 del 2001, come
successivamente modificato, che ha disposto l'applicazione alle
lavoratrici iscritte alla Gestione Separata dell'INPS alcune tutele
previste per le lavoratrici subordinate.

41. Non possono escludersi situazioni in cui l'applicazione integrale della


disciplina della subordinazione sia ontologicamente incompatibile con le
fattispecie da regolare, che per definizione non sono comprese
n
nell'ambito dell'art. 2094 cod. civ., ma si tratta di questione non
rilevante nel caso sottoposto all'esame di questa Corte.

42. All'opposto non può neanche escludersi che, a fronte di specifica


domanda della parte interessata fondata sul parametro normativo
dell'art. 2094 cod. civ., il giudice accerti in concreto la sussistenza di
una vera e propria subordinazione (nella specie esclusa da entrambi i
gradi di merito con statuizione non impugnata dai lavoratori), rispetto
alla quale non si porrebbe neanche un problema di disciplina
incompatibile; è noto quanto le controversie qualificatorie siano

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influenzate in modo decisivo dalle modalità effettive di svolgimento del
rapporto, da come le stesse siano introdotte in giudizio, dai risultati
dell'istruttoria espletata, dall'apprezzamento di tale materiale
effettuato dai giudici del merito, dal convincimento ingenerato in questi
circa la sufficienza degli elementi sintomatici riscontrati, tali da ritenere
provata la subordinazione; il tutto con esiti talvolta difformi anche
rispetto a prestazioni lavorative tipologicamente assimilabili, senza che
su tali accertamenti di fatto possa estendersi il sindacato di legittimità.

43. Del resto la norma in scrutinio non vuole, e non potrebbe neanche,
introdurre alcuna limitazione rispetto al potere del giudice di qualificare
la fattispecie riguardo all'effettivo tipo contrattuale che emerge dalla
concreta attuazione della relazione negoziale, e, pertanto, non viene
meno la possibilità per lo stesso di accertare l'esistenza di un rapporto
di lavoro subordinato, secondo i criteri elaborati dalla giurisprudenza in
materia, trattandosi di un potere costituzionalmente necessario, alla
luce della regola di effettività della tutela (cfr. Corte cost. n. 115 del
1994) e funzionale, peraltro, a finalità di contrasto all'uso abusivo di
schermi contrattuali perseguite dal legislatore anche con la disposizione
esaminata (analogamente v. Cass. n. 2884 del 2012, sull'art. 86,
comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, in tema di associazione in
partecipazione).

44. Il secondo ed il terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente,


stante la loro stretta connessione.

45. Con il secondo motivo, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 cod.
proc. civ., la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione
degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., in
correlazione con l'art. 111 della Costituzione. La motivazione sarebbe
caratterizzata da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili.
La sentenza sarebbe giunta alla sussunzione della fattispecie concreta
nell'art. 2 dopo aver descritto le modalità di espletamento della
prestazione da parte degli appellanti in termini tali (libertà di dare la
disponibilità ai turni, libertà di non presentarsi all'inizio del turno senza
12
previa comunicazione e senza sanzione) da escludere alla radice l'etero-
organizzazione, come poi delineata e assunta a base della sussunzione.

46. Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3,
cod. proc. civ., la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa
applicazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 in relazione al requisito
della etero-organizzazione. L'errore che nel secondo motivo si
rifletterebbe sulla motivazione è qui denunciato direttamente come di
errore di sussunzione e dunque come violazione di legge.

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47. In realtà con il secondo motivo, pur se esso viene presentato come
error in judicando, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.,
si deduce un vizio di nullità della sentenza, rilevante ai sensi dell'art.
360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014),
dolendosi la ricorrente di un contrasto irriducibile tra affermazioni della
sentenza impugnata che sarebbero tra loro inconciliabili, in particolare
in relazione a due dati funzionali all'accertamento della etero-
determinazione dei tempi e dei luoghi di lavoro dalla sentenza ritenuti
decisivi, cioè, da una parte il "fattore tempo", in particolare con riguardo
alla circostanza che, secondo la Corte di appello "Gli appellanti ...
lavoravano sulla base di una "turnistica" stabilita dall'appellata" e,
d'altra parte, al fattore "luogo della prestazione", giacché la stessa
sentenza riconosce che i lavoratori dovevano recarsi all'orario di inizio
del turno in una delle tre zone di partenza definite (Piazza Vittorio
Veneto, Piazza Carlo Felice o Piazza Bernini).

48. Sotto il primo profilo si fa valere che la stessa sentenza impugnata


aveva riconosciuto che, pur trattandosi di fasce orarie predeterminate
dalla società, questa non aveva il potere di imporre ai lavoratori di
lavorare nei turni in questione o di non revocare la disponibilità data,
oltre al fatto che si ammette nella sentenza della Corte territoriale che
i lavoratori erano liberi di dare la propria disponibilità per i vari turni
offerti dall'azienda, e che la stessa Corte aveva pure accertato
l'insussistenza di un potere gerarchico disciplinare da parte della società
nei confronti degli appellanti, giacché quest'ultima non aveva mai
adottato sanzioni disciplinari a danno dei lavoratori anche se questi
dopo aver dato la loro disponibilità la revocavano (funzione swap) o non
si presentavano a rendere la prestazione (no show).

49. Sotto il secondo profilo, la ricorrente fa valere che la possibilità per il


lavoratore di recarsi in una qualsiasi delle tre piazze indicate
evidenziava che la scelta del luogo non era imposta dalla società.

50. Come si è notato, gli stessi elementi vengono valorizzati come vizio di
sussunzione nella fattispecie disciplinata dall'art. 2, comma 1, d.lgs. n.
13
81 come interpretato dalla Corte di appello, e quindi come violazione di
legge.

51. A parere della Corte le critiche mosse con le due doglianze in esame
non valgono a censurare efficacemente la sentenza impugnata, che ha
individuato l'organizzazione impressa ai tempi e al luogo di lavoro come
significativa di una specificazione ulteriore dell'obbligo di
coordinamento delle prestazioni, con l'imposizione di vincoli spaziali e
temporali emergenti dalla ricostruzione del regolamento contrattuale e
delle modalità di esecuzione delle prestazioni. In particolare, sotto il

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primo profilo, valorizzando l'impegno del lavoratore, una volta
candidatosi per la corsa, ad effettuare la consegna tassativamente
entro 30 minuti dall'orario indicato per il ritiro del cibo, sotto
comminatoria di una penale. Sotto il secondo profilo, dando peso alle
modalità di esecuzione della prestazione, in particolare:
- all'obbligo per ciascun rider di recarsi all'orario di inizio del turno in
una delle zone di partenza predefinite e di attivare l'applicativo Hurrier,
inserendo le credenziali e avviando la geolocalizzazione;
- all'obbligo, ricevuta sulla applicazione la notifica dell'ordine con
indicazione dell'indirizzo del ristorante, di recarsi ivi con la propria
bicicletta, prendere in consegna i prodotti, controllarne la
corrispondenza con l'ordine e comunicare tramite apposito comando
della applicazione il buon esito dell'operazione;
- all'obbligo di consegna del cibo al cliente, del cui indirizzo il rider ha
ricevuto comunicazione sempre tramite l'applicazione, e di conferma
della regolare consegna.

52. Gli elementi posti in rilievo dalla ricorrente, se confermano l'autonomia


del lavoratore nella fase genetica del rapporto, per la rilevata mera
facoltà dello stesso ad obbligarsi alla prestazione, non valgono a
revocare in dubbio il requisito della etero-organizzazione nella fase
funzionale di esecuzione del rapporto, determinante per la sua
riconduzione alla fattispecie astratta di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. n.
81 del 2015.

53. Come si osservava, se l'elemento del coordinamento dell'attività del


collaboratore con l'organizzazione dell'impresa è comune a tutte le
collaborazioni coordinate e continuative, secondo la dizione dell'art.
409, comma 3, cod. proc. civ., nel testo risultante dalla modifica di cui
all'art. 15, comma 1, lett. a) della legge n. 81 del 2017, nelle
collaborazioni non attratte nella disciplina dell'art. 2, comma 1, d.lgs.
n. 81 del 2015 le modalità di coordinamento sono stabilite di comune
accordo tra le parti, mentre nel caso preso in considerazione da
quest'ultima disposizione tali modalità sono imposte dal committente,

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il che integra per l'appunto la etero-organizzazione che dà luogo
all'applicazione della disciplina del lavoro subordinato.

54. La Corte territoriale ha individuato gli aspetti logistici e temporali


dell'etero-organizzazione, facendo leva sulla dimensione funzionale del
rapporto, e dandone conto con una motivazione coerente, esente dal
"contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" denunciato dalla
ricorrente.

55. Non sussistono dunque né il vizio di motivazione inferiore al "minimo

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costituzionale" (Cass., SU, n. 8053 del 2014, cit.) né quello di
sussunzione risolventesi in violazione di legge.

56. A conclusione della disamina dei primi tre motivi di ricorso deve
osservarsi che, pur non avendo questo Collegio condiviso l'opinione
della Corte territoriale quanto alla riconduzione dell'ipotesi prevista
dall'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015 a un tertium genus,
intermedio tra la subordinazione ed il lavoro autonomo, e alla necessità
di selezionare le norme sulla subordinazione da applicare, il dispositivo
della sentenza impugnata deve considerarsi, per quanto detto,
conforme a diritto, per cui la stessa sentenza non è soggetta a
cassazione e la sua motivazione deve intendersi corretta in conformità
alla presente decisione, ai sensi dell'art. 384, ultimo comma, cod. proc.
civ., come richiesto dall'Ufficio del Procuratore Generale.

57. Non vi sono censure relative alle altre condizioni richieste per
l'applicabilità dell'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015, cioè il
carattere esclusivamente personale della prestazione e il suo
svolgimento in maniera continuativa nel tempo.

58. A conclusione del ricorso, la ricorrente prospetta poi, come quarto


motivo, una questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 in discorso
se interpretato come norma di fattispecie, come norma cioè idonea a
produrre effetti giuridici e a dar vita a un terzo genere di rapporto
lavorativo, a metà tra la subordinazione e la collaborazione coordinata
e continuativa. Sotto un primo profilo la ricorrente osserva che la delega
contenuta nella I. n. 183 del 2014 avrebbe autorizzato il legislatore
delegato a riordinare le tipologie contrattuali esistenti, ma non a
crearne di nuove. Se interpretato nei termini tracciati dalla Corte
d'appello di Torino, l'art. 2 si porrebbe dunque in contrasto con l'art. 76
Cost., in quanto esso violerebbe i limiti posti dal legislatore delegante.
Inoltre, sotto un secondo profilo, tale lettura renderebbe l'art. 2
irragionevole e dunque in contrasto con l'art. 3 Cost., equiparando ì
riders ai fattorini contemplati dalla contrattazione collettiva, a
prescindere dalla effettiva equiparabilità delle mansioni svolte.
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59. Sotto il primo profilo, la questione sollevata non ha più ragione di
essere, avendo questa Corte ritenuto l'art. 2, comma 1, D.Igs. n. 81 del
2015 norma di disciplina e non norma di fattispecie, dovendosi
escludere che essa abbia dato vita ad un tertium genus, intermedio tra
la subordinazione ed il lavoro autonomo, per cui non può parlarsi di
eccesso di delega, ben potendo inquadrarsi la norma in discorso nel
complessivo riordino e riassetto normativo delle tipologie contrattuali
esistenti voluto dal legislatore delegante.

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60. Sotto il secondo aspetto, il Collegio non ravvisa alcun profilo di
irragionevolezza nella scelta del legislatore delegato di equiparare,
quanto alla disciplina applicabile, i soggetti di cui all'art. 2, comma 1,
d. Igs. n. 81 del 2015 ai lavoratori subordinati, nell'ottica della tutela di
una posizione lavorativa più debole, per l'evidente asimmetria tra
committente e lavoratore, con esigenza di un regime di tutela più forte,
in funzione equilibratrice.

61. Le questioni di costituzionalità sollevate devono dunque ritenersi


manifestamente infondate.

62. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso è quindi


complessivamente da rigettare.

63. L'assoluta novità della questione giustifica la compensazione delle


spese del giudizio di legittimità, ai sensi dell'art. 92, comma 2, cod.
proc. civ, come modificato dall'art. 13, comma 1, del decreto-legge n.
132/2014, convertito, con modificazioni, nella legge n. 162 del 2014.

64. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, deve
darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della società ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma
del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.


Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis
dello stesso art. 13, se dovuto.
16
Così deciso in Roma, il 14 novembre 2019

Il Consigliere est. 9. Preside


L4
4<1.i7do Raimondi
-
e, t • rì
Vincenzo Di Cerbo

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