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Civile Ord. Sez. 5 Num.

27035 Anno 2023


Presidente: DE MASI ORONZO
Relatore: DELL'ORFANO ANTONELLA
Data pubblicazione: 21/09/2023

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


ORDINANZA

sul ricorso n. 28618-2019 proposto da:


ASSOCIAZIONE RICREATIVA DIPENDENTI DIFESA, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
presso lo studio dell’Avvocato FRANCESCO CARDARELLI, rappresentata e
difesa dall’Avvocato ALFREDO ZAZA D’AULISIO giusta procura speciale in
calce al ricorso

- ricorrente –

contro

COMUNE DI GAETA, in persona del Sindaco pro tempore


-intimato–
avverso la sentenza n. 867/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE del LAZIO, depositata il 20/2/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/9/2023 dal Consigliere Relatore Dott.ssa ANTONELLA
DELL'ORFANO
RILEVATO CHE
l’associazione Ricreativa Dipendenti Difesa propone ricorso, affidato a

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tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la
Commissione tributaria regionale del Lazio aveva respinto l’appello avverso
la sentenza n. 1111/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Latina
in rigetto del ricorso proposto dall’associazione avverso avviso di
accertamento ICI 2008, emesso dal Comune di Gaeta;
il Comune è rimasto intimato
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di norme di diritto (art. 2, 3°
comma D.M. 11. 521/1998, art. 466, 3° comma, D.lgs n. 90/2010, artt.
1362 e 1369 c.c.., artt. 34, 36 e 39 cod. nav. e art. 3, 2° comma, D.lgs. n.
504/1992, artt. 1362 e 1369 cod. civ.) per avere la Commissione tributaria
regionale erroneamente respinto l’appello dell’associazione sul presupposto
che in forza della convenzione dell’8/05/2005, stipulata tra la ricorrente ed
il Ministero della Difesa, l’Associazione sarebbe concessionaria non delle
attività di protezione sociale, bensì dello stabilimento balneare, affermando
quanto segue:«… la Convenzione stipulata in data 8.6.2005 tra il Ministero
della Difesa e la appellante Associazione esplicitamente definisce
quest’ultima quale concessionaria dei locali demaniali denominati
“Stabilimento Balneare di Serapo”»;
1.2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di norme di diritto (art. 7,
comma 1, lett. a), D.lgs. 504/1992, art. 24 DPR n. 616/1977, art. 1 D.M.
31/12/1998, n. 521, art. 464, D.lgs. n. 90/2010 nonché art. 24 DPR n.
616/1977) e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia altresì
erroneamente ritenuto non operante l’esenzione prevista dall’art. 7 cit.

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affermando che, nella specie, «l’attività esercitata in uno stabilimento
balneare risponde visibilmente ad esigenze di carattere privato ed a finalità
ricreative»;
1.3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione di norme di diritto (art. 7,
comma 1, lett. i), D.lgs. 504/1992, art. 73 D.P.R. n. 917/1986, art. 464,
D.lgs. n. 90/2010, art. 1 D.M. 31/12/1998, n. 521) e lamenta che la

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Commissione tributaria regionale abbia altresì erroneamente escluso la
sussistenza dell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i, cit. affermando
che l’associazione non presentava «una natura del tutto priva di finalità di
lucro», percependo «utili di gestione derivanti dalle attività balneari, da
destinarsi nella misura del 5% alle attività ricreative»;
2.1. il primo motivo è infondato;
2.2. va premesso che, in materia di interpretazione del contratto, il
vaglio della corte di legittimità è limitato alla verifica del rispetto dei canoni
legali di ermeneutica, e della coerenza e logicità della motivazione addotta
dal giudice di merito, senza poter estendersi al risultato interpretativo
prescelto, in sé considerato, in quanto rientrante nell'ambito dei tipici giudizi
di fatto riservati alla valutazione discrezionale del giudice di merito, e dal
principio che quella demandata alla corte di legittimità costituisce una
verifica limitata ad escludere la sussistenza di un «vizio di attività» del
giudice di merito (sotto il suddetto duplice profilo della violazione dei
parametri legali di ermeneutica contrattuale e di motivazione illogica ed
inadeguata), consegue che sia inammissibile ogni censura alla ricostruzione
della volontà negoziale delle parti operata dal giudice di merito che si
risolva, non già nella enucleazione di un vizio di applicazione normativa o di
ragionamento, ma semplicemente in una diversa delibazione degli stessi
elementi di fatto da questi esaminati, e già ritenuti sintomatici di una
determinata volontà negoziale (Cass. n. 2465 del 10/02/2015 ed altre);
2.3. si è inoltre osservato che, per sottrarsi al sindacato di legittimità,
quella data dal giudice di merito non deve essere l'unica interpretazione
possibile del contratto, ovvero la migliore in astratto, ma una delle possibili
e plausibili interpretazioni, sicché quando di una clausola contrattuale sono

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possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito alla parte che
aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di
legittimità del fatto che sia stata privilegiata l'altra (tra le altre, Cass. n.
11193 del 17/07/2003; in termini: Cass. n. 8360 del 21 aprile 2005; Cass.
n. 15197 del 6 agosto 2004; Cass. n. 12123 del 23 maggio 2006; Cass. n.
8101 del 21 aprile 2015);
2.4. nel caso in esame la conclusione interpretativa alla quale è giunta

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la Commissione tributaria regionale (che ha ravvisato nella Convenzione
stipulata tra la ricorrente ed il Ministero della Difesa una concessione «dei
locali demaniali denominati “Stabilimento Balneare di Serapo”» richiamando
il contenuto della Convenzione, anche in merito agli «utili di gestione della
spiaggia, da destinarsi nella misura del 5% alle attività ricreative») si pone
in linea, non in contrasto, con i criteri legali di interpretazione negoziale,
laddove essa ha adeguatamente valorizzato la lettera della Convenzione, da
ritenersi del tutto coerente con lo scopo pratico e gli effetti (giuridici) da
esso perseguiti, limitandosi, al contrario, la ricorrente – peraltro senza
neppure trascrivere integralmente nel ricorso le clausole contrattuali, in
violazione del principio di specificità ex art. 366 cod. proc. civ. - ad opporre,
all’interpretazione del contratto data dai giudici del merito, la propria
soggettiva lettura di quello stesso contratto (anche sulla scorta della pretesa
carenza di legittimazione del Ministero della Difesa al rilascio, in favore
dell’Associazione ricorrente, della concessione di beni demaniali) ed è
evidente, quindi, che il motivo non può trovare accoglimento;
3.1. il secondo e terzo motivo, da esaminare congiuntamente in quanto
strettamente connessi, vanno parimenti disattesi;
3.2. parte ricorrente censura la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale per avere affermato la debenza Ici sull’immobile in oggetto,
nonostante fosse utilizzato per lo svolgimento di «attività di protezione
sociale», che sono «attività istituzionali del Ministero della Difesa»;
3.3. va richiamato quanto già recentemente affermato da questa Corte
(cfr. Cass. n. 4572 del 14/2/2023 in motiv.) sulla scorta di principi di diritto
che il Collegio condivide appieno;

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3.4. secondo quanto evidenziato da questa Corte in controversie
relative all’imposizione Ici di immobili del Ministero della Difesa (cfr. Cass.
nn. 3268/2019, 3974/2021), la disciplina Ici è riconducibile al d.lgs. n.
504/1992 e, per quanto segnatamente concerne le esenzioni di natura
soggettiva ed oggettiva qui rilevanti, all'art.7, 1° co., lett. a) d.lgs. cit., si
tratta di disposizioni tributarie speciali idonee a prevalere sulla disciplina
classificatoria degli immobili di servizio, così come anche oggi richiamata

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dalla ricorrente Ministero (del resto, principalmente affidata a normativa
secondaria o interna);
3.5. l'art. 7, 1° co., lett. a) cit. prevede in effetti l'esenzione da Ici degli
immobili posseduti (tra gli altri) dallo Stato, ma solo se essi siano «destinati
esclusivamente ai compiti istituzionali», e quest'ultima destinazione
presuppone non qualsivoglia impiego dell'immobile per finalità latamente ed
anche indirettamente riconducibili all'oggetto istituzionale ed alla funzione
o servizio pubblico dell'ente possessore, bensì la sua utilizzazione «diretta»
ed «immediata» per l'assolvimento della finalità d'istituto, tale non
potendosi considerare l'affidamento o la concessione del bene al godimento
personale e privato di terzi a fronte del pagamento di un canone (cfr. Cass.
15025/2015; 30731/2011; 20850/2010, 14094/2010, 20577/2005 ed
altre); questa interpretazione restrittiva si impone anche in ragione del
carattere derogatorio ed eccezionale delle norme di esenzione tributaria, ed
è su tali presupposti che si è appunto affermato, nelle suddette controversie
introdotte dal Ministero della Difesa (cfr. Cass. 20041/2011; così anche
Cass. 26453/2017), che l'esenzione Ici prevista dall'art. 7, comma 1° lett.
a), d.lgs. 504/1992, per gli immobili posseduti dagli enti ivi indicati
«destinati esclusivamente ai compiti istituzionali» «spetta soltanto se
l'immobile è direttamente ed immediatamente destinato allo svolgimento
dei compiti istituzionali dell'ente e, evidentemente, tale ipotesi non ricorre
in caso di utilizzazione semplicemente indiretta a fini istituzionali, che si
verifica quando il godimento del bene stesso sia ceduto per il preminente
soddisfacimento di esigenze di carattere privato (quali quelle abitative
proprie del cessionario e della relativa famiglia) e della quale è certo sintomo
il pagamento di un canone»;

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3.6. si rammenta che la locuzione «compiti istituzionali» si riferisce a
quelle funzioni che costituiscono la ragion d'essere dell'ente e, pertanto,
possono essere svolte solo da quest'ultimo e non va confusa con il concetto
di servizio pubblico che può, invece, essere svolto anche da un privato;
3.7. in sostanza, l'esenzione dall'imposta prevista dall'articolo 7, comma
primo, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 è subordinata alla
compresenza di due requisiti, e cioè che l'immobile sia di un ente pubblico

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e che l'immobile venga impiegato direttamente dall'ente possessore per lo
svolgimento di compiti istituzionali;
3.8. con riferimento a tale disposizione, non può quindi, in primo luogo,
condividersi la tesi, sostenuta dalla ricorrente, in base alla quale —stante la
finalità dei cd. «organismi di protezione sociale» di consentire
prioritariamente al personale in servizio presso Enti e Reparti di maggiore
impegno operativo di trascorrere periodi di recupero psico-fisico in località
aventi particolari caratteristiche climatiche — detti immobili dovrebbero
essere considerati, a loro volta, come destinati a scopi istituzionali,
beneficiando in tal modo dell'esenzione dall'ICI/IMU prevista dall'art. 7 più
volte citato;
3.9. al contrario, può ritenersi che l’utilizzo della struttura immobiliare
a fini ricettivi presenti connotati di economicità, sia pure assistita da una
finalità di pubblico interesse, il cui effettivo perseguimento non rileva - di
per sè e in assenza di un'espressa disposizione normativa, essendo in
facoltà del legislatore esentare da una determinata imposizione fiscale
soggetti forniti di capacità contributiva, purché la scelta non presenti profili
di irrazionalità - ai fini dell'esenzione degli immobili in tal modo utilizzati dal
pagamento dell'ICI, il cui presupposto impositivo è il mero possesso
dell'immobile e non l’utilizzazione di questo a fini di lucro;
3.10. l'esenzione dall'Ici prevista dalla norma richiamata opera, dunque,
solo se l'immobile è direttamente e immediatamente destinato allo
svolgimento dei compiti istituzionali dell'ente pubblico, e ricorre tale
condizione qualora nell'immobile, per il quale si chiede l'esenzione
dall'imposta, si svolga direttamente l'attività istituzionale dell'ente (ad
esempio, quando nell'immobile siano ubicati la sede o gli uffici dell'ente),

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ma non nel caso in cui il bene sia utilizzato per attività di carattere privato,
poste in essere da soggetti estranei all'ente, e costituenti un mero effetto o
una mera conseguenza dell'attività svolta dall'ente medesimo;
3.11. è questa seconda ipotesi che ricorre nel caso dedotto in giudizio,
poiché risulta pacificamente in atti che gli immobili oggetto della
concessione da parte del Ministero della Difesa sono stati utilizzati per
attività ricettiva (stabilimento balneare) a pagamento, quindi a carattere

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economico (con riguardo agli «utili di gestione derivanti dalle attività
balneari»), in favore dei dipendenti del medesimo e dai loro familiari quale
sede di un «organismo di particolare protezione sociale» ai sensi dell’art. 2
DM n. 521/1998 e dell’art. 465 DPR n. 90/2010 (« 2. In relazione alle
specifiche funzioni ed alla natura delle attività da svolgere, gli organismi
operanti nell'ambito delle Forze armate sono classificati in: ... d) organismi
di particolare protezione sociale: soggiorni marini e montani. Hanno la
finalità di consentire prioritariamente al personale in servizio presso enti o
reparti di maggiore impegno operativo, di trascorrere periodi di riposo e di
recupero psico-fisico in località aventi peculiari caratteristiche climatiche ed
ambientali, anche in strutture appartenenti ad enti pubblici operanti
nell'ambito dell'Amministrazione della difesa»);
3.12. non ricorre pertanto nel caso di specie, proprio sulla base
dell'accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito, quella situazione
di diretta e immediata destinazione del bene ai compiti istituzionali dell'ente,
richiesta dall'art. 7, comma 1, lett. a) del d. lgs. 1992/504 per l'esenzione
degli immobili dell'Ici, considerato che il Ministero della Difesa svolge, per
legge (art. 15 D.Lgs. n. 66/2010), le funzioni preposte alla difesa e alla
sicurezza militare dello Stato, amministrando la politica militare italiana in
qualità di massima istituzione disciplinare militare, disponendone la
partecipazione a missioni di pace, ad azioni di intervento con organismi
internazionali del settore, attività di pianificazione generale e operativa delle
forze armate e interforze, nonché la gestione dell'area industriale di
interesse della difesa;
3.13. a seguire, va altresì evidenziato che in tema di ICI l'esenzione di
cui all'art. 7, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992 spetta soltanto

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se l'immobile viene impiegato direttamente dall'ente possessore per lo
svolgimento di compiti istituzionali, sicché l'utilizzazione, come nel caso in
esame, in virtù di accordi contrattuali, da parte di un soggetto diverso (nella
specie, un'associazione ricreativa) da quello a cui spetta l'esenzione, anche
se senza scopo di lucro e con destinazione di pubblico interesse, esclude
l'agevolazione, essendo necessario che il bene, oltre ad essere utilizzato, sia
anche posseduto dall'ente che ne fruisce, in ragione di un diritto di proprietà

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o di altro diritto reale (cfr. Cass. n. 19773 del 23/07/2019; Cass. n.
14912 del 20/07/2016);
3.14. anche con riferimento all’esenzione di cui all'art. 7, comma 1, lett.
i), del d.lgs. n. 504 del 1992, peraltro, questa Corte (cfr. Cass. n. 34772 del
25/11/2022) ha ribadito che essa spetta soltanto se l'immobile sia utilizzato
per lo svolgimento, con modalità non commerciali, delle attività previste
dalla norma (nel caso in esame da escludere stante la prevista destinazione
di «una quota degli utili di gestione della spiaggia, nella percentuale del 5%
e comunque non inferiore ad euro 2.500, ad attività ricreative»);
4. in conclusione, il ricorso va integralmente respinto;
5. nulla sulle spese stante la mancata costituzione del Comune, rimasto
intimato
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell'art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello
stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da

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