Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Sezione V
Sentenza 17 marzo 2020, n. 1896
PRESIDENTE: SALTELLI - ESTENSORE: DI MATTEO
FATTO
1. I dottori Aldo C., Francesco Co., Giovanni F., Giuseppe Fi., Andrea P.,
Renato Pe., Raffaele R., Salvatore L. e Salvatore S., magistrati ordinari
in servizio, in qualità di vincitori di concorso, presso l'Ufficio del
Massimario e del Ruolo della Corte di cassazione, con provvedimento
del 3 aprile 2015 del Primo Presidente della Corte di cassazione, ai
sensi dell'art. 74 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito in l. 9
agosto 2013, n. 98, sono stati applicati alle Sezioni civili della Corte
con funzioni di "assistente di studio".
Hanno perciò chiesto con nota del 13 maggio 2015 il riconoscimento
dell'indennità di trasferta prevista dall'art. 3, comma 79, l. 24
dicembre 2003, n. 350 per i magistrati "che esercitano effettive
funzioni di legittimità presso la Corte di cassazione e la relativa
Procura Generale" nel caso di residenza fuori dal distretto della Corte
d'appello di Roma.
Il Ministero della Giustizia con nota 1° ottobre 2015, n. 464/M ha
respinto la domanda.
2. Gli interessati hanno impugnato innanzi al Tribunale amministrativo
regionale per il Lazio detto diniego, chiedendone l'annullamento e
instando anche per l'accertamento del diritto a percepire quella
indennità di trasferta.
A sostegno della pretesa hanno sostenuto le funzioni - di "assistenti di
studio" - essere del tutto assimilabili alle "funzioni di legittimità" svolte
dai consiglieri di ruolo della Corte di cassazione ai quali l'indennità di
trasferta è riconosciuta; in via subordinata hanno dubitato della
legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 79, l. n. 350 del 2013 per
violazione dell'art. 3 Cost. per l'irragionevole disparità di trattamento
economico che essa determinerebbe tra soggetti che si trovano a
svolgere funzioni sostanzialmente uguali (quali i magistrati che
esercitano funzioni di legittimità e assistenti di studio), ledendo così
anche l'autonomia e l'indipendenza della Magistratura (riconosciuta
anche con riferimento ai meccanismi che consentono di adeguare la
retribuzione alle condizioni lavorative).
3. Hanno resistito al ricorso il Ministero della Giustizia e il CSM che ne
hanno chiesto il rigetto.
4. Nel frattempo con decreto del Primo Presidente della Corte di
cassazione del 24 febbraio 2017, n. 463, gli stessi magistrati sono stati
applicati alle Sezioni civili e penali della Corte ai sensi dell'art. 115 r.d.
30 gennaio 1941, n. 12, Ordinamento giudiziario come riformulato
dall'art. 1, comma 1, del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito in l. 25
ottobre 2016, n. 197.
Anche la loro nuova richiesta (in data 28 febbraio 2017) di
riconoscimento dell'indennità di trasferta di cui all'art. 3, comma 79,
della l. n. 350 del 2013 è stata respinta dal Ministero della Giustizia
con nota 14 luglio 2017, n. 14390, con cui è stato ribadito che
quell'indennità è prevista solo a favore dei consiglieri di Cassazione
che esercitano stabilmente le funzioni di legittimità e non già per un
tempo limitato e in forza di provvedimenti di applicazione giustificati
da contingenti esigenze di servizio; ciò senza contare che
mancherebbe la copertura finanziaria necessaria per estendere il
beneficio economico a loro favore.
5. Tale nuovo diniego è stato impugnato dagli interessati con motivi
aggiunti, con cui è stata sostanzialmente estesa la domanda proposta
con il ricorso originario all'accertamento del loro diritto a percepire
l'indennità di trasferta anche in relazione al periodo di applicazione
alle Sezioni civili e penali della Corte, previo annullamento del
provvedimento di diniego: in sintesi essi hanno ribadito che, con
l'applicazione alle Sezioni civili e penali, ancor più che in precedenza,
l'attività da loro svolta è assimilabile alle ordinarie funzioni di
legittimità, contestando che il diniego al riconoscimento dell'indennità
di trasferta possa fondarsi sulla temporaneità delle funzioni
giurisdizionali da loro esercitate, temporaneità che introdurrebbe un
inammissibile e artificioso criterio di distinzione, costituzionalmente
illegittimo, tra magistrati che svolgono identiche funzioni.
6. L'adito tribunale con la sentenza segnata in epigrafe ha respinto il
ricorso e i motivi aggiunti, ritenendo infondate le censure sollevate.
7. Gli interessati propongono appello, reiterando sostanzialmente i
motivi di censura sollevati in primo grado.
Hanno resistito il Ministero della Giustizia ed il CSM.
8. All'esito della camera di consiglio fissata per la decisione
sull'istanza cautelare di sospensione degli effetti della sentenza
impugnata, con ordinanza 17 maggio 2019, n. 2425, è stato chiesto al
Segretario generale della Corte di cassazione il deposito di
documentazione ritenuta necessaria per la decisione.
L'incombente istruttorio è stato effettivamente adempiuto; anche gli
appellanti hanno prodotto ulteriore documentazione a supporto delle
proprie domande giudiziali.
Gli appellanti hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive
con apposita memoria difensiva ex art. 73, comma 1, c.p.a.
9. All'udienza pubblica del 5 dicembre 2019 la causa è stata trattenuta
in decisione.
DIRITTO
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l'effetto, in parziale
riforma della sentenza impugnata accoglie i motivi aggiunti proposti in
primo grado, riconoscendo il diritto dei ricorrenti a percepire
l'indennità di trasferta di cui all'art. 3, comma 79, l. 24 dicembre 2003,
n. 350 nei termini di cui in motivazione; condanna il Ministero della
Giustizia al pagamento delle somme spettanti, secondo quanto
indicato in motivazione.
Compensa per metà le spese del doppio grado del giudizio, e per
l'altra metà, le pone a carico del Ministero della Giustizia, liquidandole
in complessive euro 4.000,00 (quattromila), oltre spese ed accessori di
legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.