Sei sulla pagina 1di 6

Civile Ord. Sez. 5 Num.

36241 Anno 2022


Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 12/12/2022

Tarsu Tia Tares

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


Accertamento

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2245/2019 R.G. proposto da
Raggruppamento Temporaneo di Imprese Equitalia Sud S.p.a.,
Riscossione EPE, GE.SE.T. Italia S.p.a. e Ottogas S.r.l., con domicilio
eletto in Roma, via Giovanni Bettolo n. 52, presso lo studio
dell’avvocato Leopoldo Brindisi, rappresentato e difeso dall’avvocato
Maria Voccia De Felice;
– ricorrente –
contro
P.A. Parziale Antonio & Figli S.r.l., in persona del suo legale
rappresentante p.t., con domicilio eletto in Roma, via Lungotevere
Flaminio n. 44, presso lo studio dell’avvocato Marta Lettieri,
rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Vitobello;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5489/01/18, depositata il 5 giugno 2018, della
Commissione tributaria regionale della Campania;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 16
novembre 2022, dal Consigliere dott. Liberato Paolitto.

Rilevato che:
1. – con sentenza n. 5489/01/18, depositata il 5 giugno 2018, la

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto l’appello
proposto dalla S.r.l. P.A. Parziale Antonio & Figli, così pronunciando in
riforma della decisione di prime cure che aveva parzialmente accolto,
- quanto alle sanzioni ed agli interessi applicati, - l’impugnazione di due
avvisi di accertamento emessi in relazione alla maggiore imposta
(TARSU) dovuta dalla contribuente per gli anni dal 2010 al 2013;
1.1 - il giudice del gravame ha considerato che:
- se non poteva revocarsi in dubbio, a seguito di un sopralluogo
eseguito il 6 agosto 2015, la maggiore estensione della superficie
occupata dalla contribuente, e ciò non di meno, non v’era prova del
periodo cui effettivamente ascrivere le variazioni (in aumento) della
superficie (così) rilevata a fini impositivi;
- il sopralluogo in questione, peraltro, aveva fatto seguito a
pregresso accertamento eseguito sui luoghi in data 28 marzo 2011 e
(anche qui), - secondo le stesse allegazioni di parte ed i rilievi svolti
dal giudice di prime cure, - non v’era alcuna evidenza dell’erroneità dei
dati in quell’occasione accertati;
- inoltre la contribuente «per tutti gli anni in esame ha
regolarmente pagato la TARSU nella misura richiesta (come risultante
dalla documentazione prodotta già in primo grado), per cui si è in
presenza di rapporti definiti e la successiva imposizione di un diverso e
maggiore tributo violerebbe i principi dell'affidamento e della buona
fede»;

2
2. – il Raggruppamento Temporaneo di Imprese Equitalia Sud
S.p.a., Riscossione EPE, GE.SE.T. Italia S.p.a. e Ottogas S.r.l. ricorre
per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;
- P.A. Parziale Antonio & Figli S.r.l. resiste con controricorso.
Considerato che:
1. – il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 3, cod.

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del
d.lgs. n. 507 del 1993, artt. 70, 71, c. 1, e 73, assumendo la ricorrente
che la gravata sentenza aveva illegittimamente pretermesso la
considerazione della naturale retroattività degli avvisi di accertamento
emessi ai sensi della l. n. 296 del 2006, art. 1, c. 161, della stessa
prova offerta da essa esponente (già nel primo grado di giudizio) in
ordine alla infedeltà della dichiarazione resa dalla contribuente e che,
così pronunciando, aveva invertito l’onere della prova rilevante nella
fattispecie, di fatto «esonerando la contribuente dalla responsabilità
per la mancata rettifica delle superfici iscritte a ruolo»;
- col secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, c.
1, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione della l. n. 449 del 1997, art. 24, c. 38, deducendo, in
sintesi, che nella fattispecie, - ove i «riscontri del 2011» non avevano
dato luogo a «formali provvedimenti di accertamento a fini TARSU», -
nemmeno ricorrevano i presupposti per escludere l’applicazione di
sanzioni ed interessi (art. 24, c. 38, cit.), atteso che, per l’appunto, nel
2015 non erano stati corretti precedenti errori di accertamento delle
superfici tassabili;
2. – il ricorso è inammissibile;
3. – come reso esplicito dai relativi contenuti decisori, sopra
ripercorsi, la gravata pronuncia ha fondato il suo decisum su di un
duplice presupposto, l’uno correlato ad un accertamento in fatto, - che
ha avuto ad oggetto, con riferimento ai periodi di imposta dal 2010 al

3
2013, le rilevate variazioni della superficie imponibile ai fini TARSU (a
seguito di sopralluogo eseguito nel 2015), - l’altro diversamente
fondato sulla lettura di dati normativi di fattispecie che (in tesi)
giustificavano tanto la definitività dei rapporti tributari quanto la tutela
dell'affidamento del contribuente;
- e l’accertamento in fatto si è risolto, come anticipato, nel rilevare

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


il difetto di prova quanto all’ascrivibilità delle variazioni accertate ai
periodi di imposta in contestazione;
– come, poi, statuito dalla Corte, la sentenza che, dopo aver aderito
ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una
seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui
la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di
contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso
di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi, né
contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero
obiter dictum, insuscettibile di trasformarsi nel giudicato; così che detta
pronuncia deve ritenersi fondata su due distinte rationes decidendi,
ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il
conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di
inammissibilità del ricorso (Cass., 18 aprile 2019, n. 10815; Cass., 12
marzo 2010, n. 6045; Cass., 7 novembre 2005, n. 21490);
3.1 – orbene, se i due motivi di ricorso indubbiamente intercettano
la ratio decidendi di natura interpretativa, a diversa conclusione deve
pervenirsi quanto all’accertamento in fatto che non è stato censurato
alla stregua dell’unico parametro di sindacato che è consentito nel
giudizio di legittimità (ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, cod. proc. civ.)
e, dunque, dietro deduzione dell’omesso esame di fatti decisivi per il
giudizio, oggetto di discussione tra le parti;
3.2 – né il giudice del gravame ha alterato il riparto degli oneri
probatori nella fattispecie rilevante, atteso che, - diversamente da

4
quanto emerge dal precedente della Corte evocato dalla ricorrente
(Cass., 30 novembre 2009, n. 25124), - nel caso che ne occupa il
giudice del merito non ha messo in discussione né le modalità di
svolgimento dell’accertamento operato dall’amministrazione (col
ridetto sopralluogo del 6 agosto 2015) né le relative emergenze
istruttorie ma ne ha escluso la concludenza dimostrativa con

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


riferimento ai periodi di imposta in contestazione che risultavano tutti
(ben) antecedenti al detto accertamento istruttorio;
- viene, così, in rilievo l’onere della prova della pretesa impositiva
che, - con riferimento alla datazione delle variazioni (in tesi)
legittimanti una maggiore imposta, - indubbiamente gravava
sull’amministrazione, atteso che, secondo un consolidato orientamento
della Corte, la pretesa impositiva risultante dall'atto impugnato
delimita (per petitum e causa petendi) l’oggetto del giudizio tributario,
che ha natura impugnatoria e rispetto al quale l'Ufficio assume la veste
di attore in senso sostanziale (cfr., ex plurimis, Cass., 27 giugno 2019,
n. 17231; Cass., 2 luglio 2014, n. 15026, in motivazione; Cass., 28
giugno 2012, n. 10806; Cass., 29 ottobre 2008, n. 25909), in quanto
tale onerato della prova dei fatti costitutivi della pretesa (cfr. Cass. Sez.
U., 17 agosto 1990, n. 8351 cui adde, ex plurimis, Cass., 12 giugno
2020, n. 11319; Cass., 24 gennaio 2018, n. 1728; Cass., 23 maggio
2012, n. 8136; Cass., 11 giugno 2009, n. 13509; Cass., 24 luglio 2002,
n. 10802);
4. - le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui
confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il
versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari
a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.p.r. n. 115 del
2002, art. 13, c. 1 quater).

5
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente
al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio
di legittimità liquidate in € 6.000,00 per compensi professionali ed €
200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella
misura del 15% ed altri accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della
l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso
principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se
dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 novembre

Potrebbero piacerti anche