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Sentenza n. 1232/2023 pubbl.

il 03/02/2023
RG n. 6696/2018
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N. R.G. 6696/2018

TRIBUNALE ORDINARIO di NAPOLI


QUARTA SEZIONE CIVILE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Napoli, IV Sezione Civile, nella persona della dott.ssa Valentina
Valletta, in funzione di Giudice monocratico, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al nr. 6696/2018 del Ruolo generale degli affari contenziosi,

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aventi ad oggetto “comunione e condominio, impugnazione di delibera assembleare-
spese condominiali”
TRA
ATTANASIO MASSIMO, c.f. TTNMSM66L04F839P,rapp.to e difeso, giusta
procura in calce all’atto di citazione, dall’Avv. VITAGLIANO MOCCIA
GIOVANNA ANTIDA, presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli, al
Viale Colli Aminei n.10;
VITAGLIANO MOCCIA GIOVANNA ANTIDA, c.f. VTGGNN67P41F839E,
autorappresentata e difesa ai sensi di legge;
ATTORI
E
CONDOMINIO PARTI COMUNI DI VIALE COLLI AMINEI N.32,(P.IVA
94076350639), in persona dell'amm.re p.t. Dott. De Paolis Claudio, rappresentato e
difeso, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta dall’Avv.to
Ciro Ascione, presso il cui studio elettivamente domicilia, in Napoli, alla Via Carelli
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CONVENUTO
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Conclusioni: come da note scritte del 7.11.22 e del 3.11.22
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si richiamano gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo
svolgimento del processo e ciò in ossequio al disposto contenuto al n. 4 dell’art. 132
c.p.c. così come inciso dall’art. 45, comma 17 legge 18.6.2009, n. 69.
Con atto di citazione, ritualmente notificato, gli attori indicati in epigrafe, in qualità
di comproprietari di un appartamento facente parte del supercondominio sito in
Napoli, al viale Colli Aminei n.32 is. I, espletata con verbale negativo la procedura di
mediazione obbligatoria recante n. 298/2017, convenivano in giudizio il Condominio
Parti Comuni in questione, rassegnando le seguenti conclusioni: “I – In via
preliminare sospendere provvisoriamente l’esecutività dell’impugnata delibera del
18.10.2017, per tutti i motivi di cui al presente atto: II – Dichiarate annullabile, nulla

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e/o illegittima la delibera assembleare del 18.10.2017 dal punto 1 al punto 4
dell’Ordine del giorno, per tutti i motivi di cui al presente atto; III – con vittoria di
spese e competenze professionali oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge, con
attribuzione al sottoscritto avvocato anticipatario; IV – dichiarare la sentenza
provvisoriamente esecutiva come per legge”.
A fondamento della propria domanda gli attori ponevano le seguenti questioni: I) la
non intellegibilità e comprensibilità anche lessicale del verbale assembleare del
18.10.2017; II) la non intellegibilità e la illegittimità dei bilanci approvati ai punti 1 e
2 per sussistenti errori contabili; III) la violazione degli artt. 1130 e 1130 bis c.c.; IV)
il mancato raccordo ai precedenti rendiconti; V) l’illegittima ripartizione in parti
uguali; VI) il mancato uso del conto corrente condominiale; VII) la nullità e/o
annullabilità della delibera al punto 3 dell’ordine del giorno; VIII) la nullità e/o
annullabilità della delibera assunta al punto 4 all’ordine del giorno. Formulavano
inoltre istanza di sospensione della delibera de qua sulla base di un grave e
irreparabile pregiudizio potendo l’Amministratore continuare ad esigere ed incassare
gli importi di cui al piano di riparto.
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Con comparsa tempestivamente depositata si costituiva il Condominio che, previa


puntuale contestazione dei fatti dedotti nell’atto di citazione, chiedeva il rigetto
dell’istanza di sospensione per mancanza dei requisiti del fumus boni iuris e del
periculum in mora nonché della domanda attorea perché infondata in fatto e in diritto,
con vittoria di spese e competenze di giudizio da distrarsi in favore del procuratore
dichiaratosi antistatario.
Con ordinanza depositata il 9.07.2018 era respinta l’istanza di sospensiva
dell’efficacia esecutiva della delibera avanzata dagli attori per mancanza del
periculum in mora. Concessi quindi i termini ex art. 183, comma VI c.p.c., era
disposta ed espletata CTU a cura della dott.ssa Coscia Gabriella. Quindi la causa era
rinviata per la precisazione delle conclusioni e, all’udienza dell’11.11.2022, riservata
in decisione, con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c..

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Occorre premettere che all’ordine del giorno dell’assemblea del 18.10.2017 erano
posti i seguenti capi, oggetto di impugnativa: “1. Esame ed eventuale approvazione
del rendiconto consuntivo del periodo 1.11.2013-31.10.2012 e 31.10.2014 e
1.11.2014 – 31-10.2015; 2. Esame ed eventuale approvazione del rendiconto
consuntivo del periodo 1.11.2015-31.12.2016; 3, Dimissioni amministratore e
nomina del nuovo amministratore; 4. Esame ed approvazione del bilancio preventivo
2017”.
È opportuno altresì far precedere la disamina dell’odierna controversia da alcune
puntualizzazioni in merito alla distinzione tra vizi di nullità e di annullabilità delle
delibere condominiali, anche alla luce della recente pronuncia della Cassazione a
SS.UU. del 2021. Invero, il Supremo Collegio, nella pronuncia n. 4806/2005, aveva
enucleato il principio di diritto secondo cui “devono qualificarsi nulle le delibere
dell’assemblea condominiale prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto
impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale o al buon costume),
le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell’assemblea, le delibere
che incidono sui diritti individuali, sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà
esclusiva dei singoli condomini, le delibere comunque invalide in relazione
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all’oggetto; devono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla
regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a
quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi
formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali regolamentari, attinenti al
procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle
genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che
violino norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all’oggetto”. Nella
contrapposizione tra "vizi di sostanza", afferenti al contenuto delle deliberazioni, e
"vizi di forma", afferenti invece alle regole procedimentali, i primi, determinanti la
nullità delle deliberazioni assembleari, ricorrerebbero in presenza di un oggetto
impossibile o illecito; i "vizi di forma", determinanti invece l'annullabilità,
ricorrerebbero in caso di inosservanza delle forme prescritte dall'art. 1136 c.c. per la

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convocazione, la costituzione, la discussione e la votazione in collegio, pur sempre
nei limiti delle attribuzioni specificate dagli artt. 1120, 1121, 1129, 1132, 1135 c.c..
Dopo la riforma del condominio avvenuta con la l. n. 220/2012, è emersa la
preoccupazione del legislatore di assicurare la certezza dei rapporti giuridici, con
l’elaborazione di una disciplina normativa improntata ad un chiaro favor per la
stabilità delle deliberazioni assembleari, al fine di evitare che le stesse siano esposte
in perpetuo all'azione di nullità, proponibile senza limiti di tempo da chiunque vi
abbia interesse. L'odierno art. 1137 c.c., configura ora espressamente l'impugnazione
delle delibere condominiali come una azione di "annullamento" "contro le
deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio" così
riconducendo la categoria della “nullità” ad ipotesi residuali ed eccezionali.
Successivamente, la Cass. Civ. Sez. Un. n. 9839/2021 ha ridefinito i confini tra
“nullità” ed “annullabilità” delle delibere assembleari, enunciando il principio di
diritto secondo cui “In tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità,
deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni
dell'assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi
essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso
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giuridico - dando luogo, in questo secondo caso, ad un "difetto assoluto di


attribuzioni" - e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a "norme
imperative" o all'ordine pubblico" o al "buon costume"; al di fuori di tali ipotesi, le
deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del
regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l'azione di
annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all'art. 1137 c.c.”.
Quindi, con la sentenza 9839 del 13 aprile 2021, le Sezioni Unite della Cassazione
hanno distinto ancora più nettamente le delibere nulle e annullabili, precisando i casi
tipici della nullità, che diventano residuali «nel rispetto alla generale categoria della
annullabilità, attenendo essa a quei vizi talmente radicali da privare la deliberazione
di cittadinanza nel mondo giuridico». In particolare, i casi di nullità individuati sono
tre: 1)«mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali» (volontà della

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maggioranza; oggetto; causa; forma) tale da determinare la deficienza strutturale
della deliberazione; 2)«Impossibilità dell’oggetto, in senso materiale o in senso
giuridico», da intendersi riferito alla concreta possibilità di dare attuazione a quanto
deliberato ovvero in relazione alle attribuzioni dell’assemblea (come nel caso di una
deliberazione che incide sulla modifica di una proprietà privata); 3)«Illiceità»
(articolo 1343 c.c.), nel senso che quanto deciso risulta contrario a norme
imperative, all’ordine pubblico o al buon costume (ad esempio una deliberazione che
introduce discriminazioni tra i condòmini nell’uso delle cose comuni). «Al di fuori di
tale ipotesi deve ritenersi che ogni violazione di legge determina la mera
annullabilità della deliberazione che può essere fatta valere solo nei modi e nei
tempi di cui all’articolo 1137 Codice civile». Tenuto conto che gli attori hanno
impugnato il deliberato di cui ai punti da 1 a 4 all’ordine del giorno dell’assemblea
del 18.10.2017,la distinzione nullità/annullabilità risulta rilevante prevalentemente ai
fini dell’accertamento della decadenza dall’azione per tardività dell’impugnativa,
investendo anche la tematica della mediazione obbligatoria. Ebbene, il verbale era
trasmesso in data 13.11.2017, l’istanza formulata il 14.11.2017 ed il primo incontro
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era fissato per il 15.12.2017, poi il differito al 26.01.2018, risultando dunque


soddisfatta la condizione di procedibilità.
Ai fini della decisione, in considerazione delle questioni poste a base della domanda,
non si può prescindere poi dalle risultanze della consulenza tecnica, per
l’espletamento della quale sono stati concessi svariati rinvii, sia per la sua
complessità che per le difficoltà negli accessi in considerazione dell’emergenza
sanitaria da Covid-19. Ed invero, emergono dalla stessa prima facie taluni vizi in
relazione ai documenti contabili analizzati.
Deve premettersi che quello che ci occupa non è il primo procedimento di
impugnativa di delibera assembleare che vede coinvolte le parti. Anche tale
circostanza rileva ai fini delle conclusioni a cui è pervenuto il consulente e non può
sottacersi, dal momento che non poche difficoltà di gestione sono collegate proprio ai

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provvedimenti di annullamento del deliberato assembleare relativo all’approvazione
dei rendiconti (anche persino in corso di CTU), che rendono sempre più complicato il
raccordo contabile, con incremento delle possibilità di incongruenze e/o
incomprensioni. In risposta ai quesiti formulati, comunque, la consulenza ha
rappresentato in più occasioni l’accertata mancanza del registro “cronologico”
contabile delle entrate. Per l’effetto, la verifica di quanto dovuto da ciascun
condomino poteva essere effettuata solo attraverso un riscontro con le ricevute di
pagamento, con ciò venendo meno a quanto stabilito dagli artt. 1130 e 1130 bisc.c.. A
tal proposito il consulente ha richiamato la Sentenza della Corte di Cassazione n.
33038/2018, alla luce della quale la oggettiva mancanza di un registro cronologico
delle entrate (e non della semplice allegazione alla convocazione, ferma la possibilità
di prendere visione ed estrarre copia dei documenti), “non permette di riscontrare le
singole posizioni debitorie e/o creditorie dei condomini, rendendo così il rendiconto
non agevolmente intellegibile”. Le maggiori criticità, pur esistenti ma in qualche
modo subite dall’attuale amministratore, sono collegate all’annullamento (a seguito
della delibera del 25/01/2012) dei bilanci relativi al periodo di gestione Ricci
(5/9/2009-27/10/2011). Tale situazione, già di per sé critica, è stata ulteriormente
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complicata per effetto della sentenza del 27.07.2021, relativa alla causa RG
19473/2014, che, a CTU quasi terminata, annullava la delibera assembleare del
29/5/2014 di approvazione dei bilanci relativi periodi 27.10.2011 – 31.10.2012 e
01.11.2012 - 31.10.2013redattidall’attuale amministratore P.T. dott. De Paolis, che
aveva in tal modo sanato la situazione pregressa, con conseguente ulteriore
aggravamento della difficoltà di agganciarsi ai precedenti documenti contabili ed in
particolare ai crediti condominiali, anche per la loro riscossione. Ad ogni buon conto,
la richiamata sentenza della Suprema Corte del 2018, sulla scorta di numerosa
giurisprudenza di merito, ha ampiamente chiarito che un rendiconto privo di una o
più delle sue parti indicate dall’art. 1130 bis c.c. non sa in grado di “soddisfare
l'interesse del condomino ad una conoscenza concreta dei reali elementi contabili
recati dal bilancio, in modo da dissipare le insufficienze, le incertezze e le carenze di

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chiarezza”. Prova ne è che la stessa difficoltà nella ricostruzione è rappresentata
anche dal consulente. Pertanto, devono condividersi pienamente le considerazioni
espresse nella parte motiva dell’allegata sentenza n. 8180/2018 di questo Tribunale,
nella persona della dott.ssa Margarita.
Sebbene tale questione risulti dirimente ed assorbente rispetto alle altre
considerazioni formulate dagli attori, si ritengono comunque opportune alcune
precisazioni riguardo ad altre contestazioni sollevate dagli stessi. In particolare, il
comma 8 dell’art 1129 c.c. obbliga l’amministratore a far transitare le somme
ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi
titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o
bancario, intestato al condominio ma non vi è divieto di raccogliere le quote in
contanti per poi trasferirle sul conto. Inoltre, la consulenza ha precisato (pag. 28),
circa “l’erronea indicazione di quote insolute per un ammontare di € 650,00”
rilevando che, “benché non sia presente un registro delle entrate, i bonifici risultano
contabilizzati ed imputati rispettivamente per le quote ordinarie degli anni 2011,
2012, 2013 e 2014”. Ad ogni buon conto, proprio la mancanza del registro di
contabilità ha reso meno intellegibili i rendiconti, per l’effetto la domanda di
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annullamento di cui ai punti 1 e 2 all’ordine del giorno dell’impugnata delibera non
può che essere accolta.
Riguardo all’impugnativa di cui al punto 3 dell’ordine del giorno, con riferimento alla
nomina dell’amministratore, pur non sussistendo alcun obbligo, laddove l’assemblea
decida di riconfermare quello uscente (al di là delle locuzioni adottate), di prendere in
considerazione altre offerte e premesso che, come ribadito anche dalla Suprema Corte
nella sentenza n. 4844 del 24 Febbraio 2017, basta essere proprietari di un immobile
all'interno del Condominio per acquisire la qualità di condomino e nulla rileva il
certificato di residenza, la nomina dell’amministratore condominiale, senza analitica
specifica del compenso è nulla (in tal senso anche Massa Sent. 6.11.2017 e Milano
Sent. N. 4294 3.11.2016) in quanto in violazione dell’art. 1129, comma 14, c.c.,
anche laddove inserito a preventivo nel suo totale, che ha imposto in capo al

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professionista esigenze di trasparenza e formalità. Infatti, un corrispettivo inserito
unicamente a bilancio preventivo, non rappresenta un’assunzione di obbligo
negoziale, ma una mera stima delle spese future e, come tale, soggetto a variazioni in
sede di consuntivo. La nomina dell’amministratore senza specifica del compenso è
nulla senza possibilità alcuna di sanatoria, tanto che una successiva delibera
conforme al dettato normativo dell’art. 1129 II e XIV co. c.c., si porrebbe come atto
autonomo che spiega i propri effetti dal momento della sua assunzione, impedendo,
così, di ritenere in giudizio cessata la materia del contendere. Potrebbe ritenersi
valida la nomina se il verbale dell’assemblea richiami in allegato il preventivo fatto
pervenire dall’amministratore in cui compaiono tutti gli estremi (generalità, sede,
orari di apertura degli uffici) richiesti dalla legge. L’articolo 1129 c.c. specifica che
l’indicazione del compenso deve essere effettuata sia «all’atto dell’accettazione
della nomina che del suo rinnovo». Per il Tribunale di Udine (sent. n. 1353/2018)
«l’articolo 1129, comma 14 del codice civile non lascia spazio ad ulteriori
interpretazioni», essendo irrilevante che il compenso sia rimasto invariato rispetto
alle gestioni degli anni pregressi e che l’assemblea sia già al corrente del suo
compenso. Pertanto, anche tale domanda dovrà essere accolta.
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Quanto alle spese ordinarie e straordinarie relative alle parti comuni, riguardo
all’impugnativa del punto 4 all’ordine del giorno, anche la CTU ha confermato che le
stesse non risultano ripartite in base ai millesimi, bensì in parti uguali tra i 140
condomini, rilevando anche per alcuni condomini differenze cospicue rispetto agli
altri, probabilmente per crediti indicati nello stato patrimoniale dell’ex
amministratore Gatti, che risulta privo del relativo piano di riparto. Ebbene, a tal
proposito, è opinione costante della giurisprudenza che le tabelle millesimali non
siano obbligatorie: i condomini, infatti, possono gestire in via di fatto la ripartizione
delle spese condominiali (Cass. sent. n.12471/2012). In quanto strumento di supporto
nel calcolo degli oneri spettanti a ciascun condomino, esse
esistono indipendentemente dal regolamento condominiale che può anche non
averle allegate. Neanche è necessaria l’approvazione formale di una tabella scritta,

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essendo i condomini liberi di stabilire un criterio di ripartizione, purché nel rispetto
dell’eventuale regolamento condominiale e della legge (art. 1123 c.c.) dovendo in
particolare tener conto della differenza tra parti comuni, utilizzate in misura
diversa e da cui solo alcuni condomini traggono utilità. Con riferimento alle parti
comuni, la legge detta il criterio della proporzionalità al valore della proprietà di
ciascuno. La Cassazione (1548/16) ha anche stabilito peraltro che, ove manchino le
tabelle, spetta al Giudice stabilire i criteri di ripartizione delle spese condominiali,
seguendo le norme di legge in materia, non potendo il singolo condomino sottrarsi
dal pagamento della rispettiva quota per assenza delle stesse. Quindi, nel caso
agisca presso un Tribunale spetterà al giudice stabilire se la pretesa avanzata dal
Condominio sia conforme ai criteri di ripartizione, determinati in base ai valori delle
singole quote di proprietà. La Cassazione (Cass. ord. n. 4259/2018 del 21.02.2018)
ha precisato inoltre che, salvo casi specifici, espressamente indicati dal legislatore,
le spese necessarie alla conservazione ed al godimento delle parti comuni
dell’edificio, così come quelle per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e
per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, devono essere ripartite tra
condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo
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diverso accordo. Poiché poi non tutte le cose comuni sono in concreto destinate a
servire tutti i condomini in uguale misura, la legge prevede anche il riparto in
proporzione all’uso che ciascuno può farne ovvero se un edifico è dotato di più
scale, cortili, lastrici, opere ed impianti destinati a servirne solo una parte, le spese
sono poste a carico di chi ne trae utilità.
Sebbene la ripartizione in parti uguali non possa essere ritenuta soddisfacente, la
consulenza a pag. 19 precisa al riguardo che con delibera assembleare del 20/9/2018,
riprodotta in stralcio, “è stato deliberato di procedere al conguaglio delle spese per i
lavori straordinario, all’esito dell’approvazione delle tabelle millesimali”. Ebbene,
come parte convenuta ha indicato nelle note istruttorie del 14/04/2022 e ribadito nella
comparsa conclusionale, il Condominio nell’assemblea del 21/03/2022 ha approvato
le tabelle millesimali con possibilità di suddivisione in base ai millesimi attribuiti a

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ciascun condomino, previo conguaglio. Le sentenze richiamate (la N.9664/2007 resa
dal Tribunale di Napoli, la numero 6909/2021 resa dal Tribunale di Napoli e la
N.4532 del 2019 resa dalla Corte d’Appello di Napoli), che giustamente hanno
statuito l’illegittimità della ripartizione in parti uguali, sono precedenti a tale data. Pur
dovendo dunque ritenersi superata la questione non può non rilevarsi tuttavia che
resta l’illegittimità dell’approvazione del riparto di un preventivo che non tiene
conto dei criteri previsti dalla legge. Per l’effetto la domanda attorea dovrà trovare
accoglimento.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo secondo i
parametri di cui al D.M. 55/14 come modificati dal D.M. 147/22 tenuto conto delle
spese di mediazione, del valore della causa e dell’attività svolta (scaglione di
riferimento indeterminabile – complessità bassa), valori minimi per le quattro fasi
(fase di studio, introduttiva, istruttoria e decisionale) ) stante la mancanza di questioni
giuridiche numerose e complesse con distrazione in favore del procuratore
dichiaratosi antistatario.
Le spese di CTU sono poste definitivamente a carico di parte convenuta.
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P.Q.M.
Il Tribunale, in persona del sottoscritto Giudice monocratico, definitivamente
pronunciando sulla controversia proposta da ATTANASIO MASSIMO e
VITAGLIANO MOCCIA GIOVANNA ANTIDA nei confronti di
CONDOMINIO PARTI COMUNI DI VIALE COLLI AMINEI N.32, così
provvede:
- accoglie la domanda proposta dagli attori e per l’effetto annulla la delibera
assembleare del 18.10.2017 dal punto 1 al punto 4 dell’Ordine del giorno, per
i motivi di cui in premessa;
- condanna il CONDOMINIO PARTI COMUNI DI VIALE COLLI AMINEI
N.32in persona dell’amm.re pt. alla rifusione delle spese di lite in favore degli
attori , liquidate in € 48,80 per spese di mediazione, €3809,00 per compensi

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professionali, 518,00 per spese, oltre al 15% a titolo di rimborso forfettario per
spese generali ed oltre Iva e Cpa come per legge, da distrarsi in favore del
procuratore dichiaratosi antistatario Avv.to Giovanna Antida Vitagliano
Moccia .
Pone definitivamente a carico di parte convenuta le spese di CTU come da
decreto di liquidazione in atti.
Così deciso in Napoli, il 2.02.23
IL GIUDICE UNICO
DOTT.SSA VALENTINA VALLETTA

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