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N. 396 /2013 Reg. Gen.

TRD
N.1825 /2013 R.G.N.R. Procura di Como
N.1429 /2013 R.G. Gip di Como

REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO
sezione XII penale
in funzione di giudice del riesame

Il Tribunale riunito in camera di consiglio nella persona dei magistrati:

Dott Cesare Tacconi Presidente


Dott.ssa Caterina Ambrosino Giudice
Dott.ssa Valeria Conforti Giudice relatore ed estensore

nel procedimento ex art. 310 c.p.p. promosso dal P.M. nei confronti di
STRAMBINI Pietro, nato il 21 luglio 1939 a Como;
assistito e difeso di fiducia dagli avv.ti Maricla Vitulo e Francesco Curioni, entrambi
del foro di Como;
con atto di impugnazione depositato in data 13.03.2013 avverso l’ordinanza
pronunciata in data 7.03.2013 dal Gip del Tribunale di Como che respingeva la
richiesta di emissione della misura cautelare in carcere nei confronti di
STRAMBINI Pietro;
- letti gli atti contestualmente depositati;
sciogliendo la riserva assunta all’esito dell’udienza del 18.04.2013 ha pronunciato
la seguente

ORDINANZA
Il Gip del Tribunale di Como respingeva la richiesta di applicazione della misura
cautelare della custodia in carcere richiesta dal P.M. presso il Tribunale di Como a
carico di STRAMBINI Pietro, in relazione al reato di cui all’art. 584 in relazione
all’art. 582 c.p.p. così descritto nel capo di incolpazione:
<<perché dopo avere trascinato VILLA MASSIMO al di fuori del bar “Edera”, sito
in Binago Corso Matteotti n. 6, lo schiaffeggiava ripetutamente al volto finché il
VILLA perdeva l’equilibrio e cadeva dalla scale, sbattendo violentemente la testa
sul marciapiede: l’impatto al suo cagionava al VILLA l’immediata perdita di
coscienza, un’emorragia celebrale post- traumatica ed infine, in data 6 marzo
2013, la morte.
Aggressione avvenuta a Binago (CO) il 4 marzo 2013, decesso avvenuto in Varese
il 6 marzo 2013. Competenza ex art. 8 comma 2 cod. proc. Pen.

il Gip riteneva la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato,


richiamando in tale senso quanto dichiarato dallo stesso STRAMBINI
nell’immediatezza del fatto ai Carabinieri giunti sul posto, ai quali aveva ammesso
gli addebiti, e le dichiarazioni di tutti i quattro i testimoni oculari che
confermavano di avere assistito alla lite tra l’indagato ed il Villa.
Dava atto il Gip che i fatti erano avvenuti pochi metri fuori al Bar Binago, detto bar
“Edera”, nel quale lo STRAMBINI il giorno 4.03.2013 faceva ingresso intorno alle
ore 18.00, puntava il VILLA e lo trascinava fuori dal bar dove iniziava a prenderlo
a schiaffi. Il VILLA perdeva l’equilibrio e batteva la testa. In pochi minuti
intervenivano le forze dell’ordine e l’ambulanza, a mezzo della quale la vittima
veniva trasportato all’Ospedale di Varese con prognosi riservata per emorragia
cerebrale post traumatica; dopo due giorni il Villa decedeva.
La dinamica dell’accaduto, secondo il giudice di prime cure, veniva descritta in
questi termini in modo convergente da quattro persone (LO RUSSO Romina,
GIUDICI Laura, MISERENDINO Salvatore, MESSINA Filippo).

Ciò posto con riferimento al quadro indiziario, riteneva il Gip insussistenti non
solo le eccezionali ragioni cautelari che sole avrebbero consentito l’applicazione
della misura cautelare in carcere, attesa l’età dell’indagato (ultrasettantenne), ma
in radice qualsiasi delle esigenze di cautela paventate dal P.M.

Osservava nel dettaglio il Gip che non vi era il rischio di prevenire il ripetersi di
condotte analoghe o commesse con violenza, dal momento che il comportamento

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tenuto dall’indagato nell’immediatezza dei fatti ed anche dopo, la natura
dell’aggressione ( schiaffi a mani nude) tale da apparire espressiva di un impulso
occasionale piuttosto che di propensione alla violenza brutale, consentivano di
escludere la pericolosità dello STRAMBINI, persona priva di precedenti legati
all’uso della violenza.
Secondo il Gip, inoltre, l’avere l’indagato chiesto l’intervento delle forze dell’ordine
riferendo loro testualmente << corrette, ho ammazzato uno, gli ho dato uno
schiaffo ed è morto, vi prego aiutatemi venite subito>>, ed il comportamento dal
medesimo tenuto anche dopo il tragico evento erano elementi indicativi dello stato
di sincero sconforto e pentimento in cui si era venuto a trovare lo STRAMBINI,
una volta resosi conto della gravità delle conseguenze della sua aggressione, tali
quindi da escludere anche un attuale pericolo di fuga e di inquinamento
probatorio.

Il Pubblico Ministero proponeva appello ai sensi dell’art. 310 c.p.p. avverso


l’ordinanza in parola, contestando la valutazione del Gip che aveva nella specie
escluso il pericolo di reiterazione del reato.
Evidenziava il P.M. che sintomatico del grave pericolo di recidiva erano proprie le
modalità della condotta. Lo STRAMBINI non si era limitato a compiere un isolato
atto di aggressione nei riguardi di un soggetto qualunque ma, entrato nel bar,
aveva afferrato il VILLA per il giubbotto trascinandolo all’esterno del locale, dove
lo percuoteva in modo ripetuto; pur non avendo la vittima opposto alcuna
resistenza, poiché versava in condizioni evidentemente alterate e chiare al suo
aggressore (la vittima era un noto alcoolista e nell’occasione è risultato avere un
tasso alcoolemico molto elevato), lo STRAMBINI non aveva esitato ad infierire,
reiterando la condotta antigiuridica, per cui il VILLA perdeva l’equilibrio e batteva
la testa.
Per tali ragioni il Pubblico Ministero concludeva perché, in riforma dell’impugnata
ordinanza, fosse applicata a STRAMBINI Pietro la misura cautelare degli arresti
domiciliari ovvero altra misura coercitiva.

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In data 8.04.2013 la Difesa dell’indagato depositava una memoria difensiva con la
quale chiedeva il rigetto dell’appello del P.M. e la conferma dell’ordinanza del
7.03.2013.
I difensori dello STRAMBINI sollevavano in primo luogo dubbi sull’ammissibilità
dell’appello, per avere il P.M. domandato al Tribunale del Riesame l’emissione di
una misura diversa da quella richiesta in via esclusiva al Gip. Rilevava la difesa che,
in ogni caso, l’oggetto dell’impugnazione doveva essere limitato all’esame
dell’esigenza di cautela indicata nell’art. 274 lett. C) c.p.p. dal momento che le altre
esigenze, pur se paventate nell’originaria richiesta del P.M., non erano state
richiamate nell’atto di appello. Nel “merito” cautelare, i difensori dell’indagato
assumevano che la vicenda aveva i connotati della fatalità, posto che le condizioni
psicofisiche del VILLA al momento dell’occorso erano al punto alterate (tasso
alcoolemico 4g/l) da pregiudicare la capacità di mantenere autonomamente
l’equilibrio così da rovinare a terra a prescindere dal contatto fisico con lo
STRAMBINI; altrimenti detto, poteva ragionevolmente ritenersi che la sua caduta
(determinate il decesso) non fosse stata causalmente provocata da una percossa
dell’indagato. La difesa paventava dubbi sulla reale sussistenza di un grave quadro
indiziario a carico dello STRAMBINI per il contestato delitto di omicidio
preterintenzionale. Evidenziava, infine, la Difesa la mancanza del pericolo di
recidiva ipotizzato dal P.M., correttamente escluso dal Gip, trattandosi di un singolo
episodio frutto di un improvviso ed occasionale stato di ira dell’indagato
determinato da un comportamento precedente del VILLA, il quale aveva
manomesso la vettura dello STRAMBINI. Diversamente da quanto evidenziato dalla
Procura, la condotta dell’indagato non si sarebbe allora caratterizzata da un’intensa
violenza atteso che dalle prime risultanze dell’autopsia sul cadavere del VILLA (in
corso di redazione) non sono stati appurati segni di lesività esterna riferibili ad
afferramento o costrizioni.
La pericolosità dell’indagato non poteva ricavarsi, secondo la difesa, neppure dai
precedenti penali, tutti risalenti e non sintomatici di una personalità incline alla
violenza e men che meno dalle condizioni di vita dello STRAMBINI, che svolge
regolare attività lavorativa come coltivatore diretto ed ha una sua Impresa Agricola.

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All’udienza del 12 aprile 2013 celebrata in assenza del P.M., la Difesa illustrava le
ragioni poste a base della memoria depositata, insistendo per il rigetto dell’appello.

L’appello non è fondato.

Va da subito evidenziato che non ricorre alcun profilo di inammissibilità


dell’impugnazione interposta dal P.M.

Nel caso di appello del P.M. avverso il rigetto della richiesta ex art. 291 c.p.p., il
Tribunale del riesame si trova a condividere gli stessi poteri del giudice a quo in
ordine alla richiesta di applicazione della misura cautelare, cosicché la delibazione
dell’organo di controllo investe i presupposti cautelari tutti, quali disciplinati dagli
articoli 273, 274 e 275 c.p.p. della misura.
In particolare, ha affermato la Corte di Cassazione che << l'appello del pubblico
ministero - avente ad oggetto la decisione del giudice per le indagini
preliminari di non accogliere la richiesta di misura cautelare per insussistenza
delle esigenze cautelari – ha effetto pienamente devolutivo ed attribuisce al
giudice del gravame il potere-dovere di riesaminare il fatto nella sua interezza
senza incontrare altro limite che quello segnato dall'impugnazione proposta, con il
potere di applicare la misura cautelare rispondente ai criteri di adeguatezza e di
proporzionalità fissati dall'art. 275 cod. proc. pen. (Cass. Sez. VI n.737 17.5.93,
Falzarano, RV.195635; conf. Sez. II n.239 20.5.91, Zacchetti, RV.188013 cfr Sez. 1,
Cass. Sez. 1 n. 27792 del 19/04/2006 Cc. (dep. 03/08/2006 ) Rv. 234422,Badoni
più altri )

Fermo restando tale principio, occorre rilevare che ove specifici profili cautelari
rimangano, anche successivamente all’integrazione del contraddittorio, incontestati,
in merito agli stessi può ritenersi formato il giudicato cautelare (cfr Cass. Pen., sez.
V, 27.4.2006, n. 19513, Lombardo ed altro).

Nel caso di specie, va rilevato che l’appello del Pubblico Ministero involge il solo
profilo delle esigenze cautelari e, segnatamente, l’esigenza di cautela di cui all’art.
274 lett. C) laddove la Difesa censurava, anche se non in modo particolarmente

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articolato, la valutazione del primo giudice in punto di sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza.
Orbene, quanto al presupposto di cui all’art. 273 c.p.p., il Collegio richiama
anzitutto integralmente la valutazione già sviluppata dal primo giudice, che
condivide pienamente, osservando che allo stato degli atti e, fermo restando
ulteriori sviluppi probatori anche in relazione alle risultanze dell’autopsia sul corpo
della vittima, la configurabilità del delitto di omicidio preterintenzionale - in
relazione al delitto di lesioni- a carico dello STRAMBINI si fonda su plurimi e
consistenti elementi indiziari.
La teste RUSSO Romina, barista presso il bar “Edera”, ha assistito alla lite tra
l’indagato ed il VILLA in tutto il suo sviluppo; in particolare, dopo avere riferito
dell’ingresso dello STRAMBINI mentre il VILLA si trovava nel locale già da mezzora
ha dichiarato che l’indagato si dirigeva subito verso il VILLA Massimo afferrandolo
per il giubbotto e portandolo fuori. Appena fuori il bar, sul pianerottolo, lo
STRAMBINI iniziava a gridare contro il VILLA percuotendolo con due schiaffi al
volto. Quest’ultimo non reagiva fisicamente, cercando di fornire spiegazioni; lo
STRAMBINI continuava a schiaffeggiarlo. La teste ha dichiarato che mentre era
intenta ad uscire dal bancone per avvicinarsi ai due VILLA Massimo veniva
percosso nuovamente con un altro schiaffo al volto dal suo aggressore,
indietreggiava e sulle scale perdeva l’equilibrio, cadendo e picchiando
violentemente il capo a terra.
L’accaduto cagionava alla persona offesa un’emorragia cerebrale post traumatica
con successivo decesso verificatosi dopo due giorni.
La sequenza descritta dalla teste appare del tutto verosimile dal momento che anche
l’altra testimone GIUDICI Laura, titolare del bar, pur avendo visto solo la prima
parte della discussione avvenuta tra i due ha raccontato la situazione in modo del
tutto coerente con quanto riferito da RUSSO Romina.
Del resto, lo stesso STRAMBINI nella telefonata fatta ai Carabinieri per chiedere
soccorso dichiarava di avere ucciso una persona: “gli ho dato uno schiaffo ed è
morto”, come si evince dall’annotazione di P.G. del 5.03.2013.
Riferiva, inoltre, agli operanti intervenuti sul posto di avere percosso il VILLA
perché poco prima quest’ultimo gli aveva staccato i fili elettrici della sua
autovettura, essendo solito fare scherzi di questo tipo.

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Le modalità e le circostanze della condotta dimostrano allora che STRAMBINI
Pietro ha aggredito fisicamente il VILLA, con volontà di procuragli lesioni e che
tale condotta ha causalmente determinato il decesso della persona offesa, benché il
tragico evento letale non fosse certamente voluto dall’indagato; l’involontarietà si
ricava chiaramente dal contegno che lo STRAMBINI ha assunto dopo avere visto il
VILLA a terra come percepito dal teste MISERNDINO Salvatore, il quale dichiarava
di avere visto lo STRAMBINI allargare le braccia quasi in segno di disperazione e
dal Carabiniere che riceveva la telefonata dell’indagato riferendo che gli <<
sembrava molto scosso , faceva fatica a parlare riferiva: correte, ho ammazzato un
uomo, gli ho dato uno schiaffo ed è morto, vi prego aiutatemi venite subito>>.
In ordine alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra la condotta dello
STRAMBINI e la morte del VILLA va solo aggiunto che la condizione psicofisica in
cui presumibilmente versava la persona offesa al momento dell’aggressione (elevato
tasso alcoolemico risultante dalla cartella clinica in atti) non ritiene il Collegio, nei
limiti delle attuali emergenze probatorie, che possa avere eliso il nesso eziologico tra
l’azione violenta dello STRAMBINI, concretizzatasi in schiaffi tali per cui il VILLA
perdeva l’equilibrio e batteva la testa a terra ed il decesso dello stesso, potendo al
più rappresentare un concausa ex art. 41 c.p.

Tanto premesso sulla gravità indiziaria, difetta a parere del Tribunale l’esigenza
cautelare paventata dal P.M. a sostegno dello svolto appello.

Non si ravvisa l’ipotizzato pericolo di recidivanza, dal momento che la vicenda, nei
termini in cui si è delineata, non appare espressione di un indole dell’indagato,
uomo di oltre 70 anni, proclive alla violenza quanto piuttosto il frutto di una spinta
di rabbia episodica alla cui origine è verosimilmente lo scherzo che il Villa gli
aveva fatto appena prima.
Anche la natura dell’aggressione recata alla vittima dall’indagato non rimanda ad
una personalità stabilmente orientata all’aggressività. La condotta si è realizzata
senza armi, a mani nude con degli schiaffi, anche se ripetuti, cosicché la
circostanza che lo STRAMBINI abbia continuato nelle percosse pur in mancanza di
qualsiasi reazione fisica del VILLA (si richiamano in proposito le sit rese da LO
RUSSO Romina il 4.03.2013) va letta nel contesto complessivo in cui si è sviluppata

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l’intera vicenda, tenendo altresì in debita considerazione il comportamento tenuto
dallo STRAMBINI subito dopo il fatto ed anche successivamente, nei termini che si
sono già ampiamente richiamati.
L’indagato ha ammesso i fatti senza alcuna esitazione, chiamando egli stesso i
Carabinieri e manifestando nel contempo tanto alle persone partecipi all’accaduto
quanto alle forze dell’ordine intervenute in loco una genuina costernazione ( sincera
proprio in quanto mostrata nell’immediatezza del fatto) non appena egli ha
percepito l’estrema gravità di ciò che era scaturito dalla sua condotta.
Indici di pericolosità dell’indagato non emergono neppure dal casellario giudiziale,
posto che lo STRAMBINI ha risalenti precedenti non legati all’uso della violenza
( due condanne sono per reati depenalizzati ed una per violazione della normativa
urbanistico - edilizia).
In conclusione, il Tribunale, per tutte le ragioni illustrate, condivide le valutazione
svolte dal primo giudice in ordine alla mancanza di un’ attuale a concreta esigenza
di difesa sociale nel caso che ci occupa.
L’ordinanza impugnata deve pertanto essere confermata.
Non conseguono statuizioni sulle spese trattandosi di impugnazione promossa dalla
parte pubblica.

PQM

Respinge l’appello e conferma l’ordinanza pronunciata in data 7.03.2013 dal Gip


del Tribunale di Como.
Manda la Cancelleria per gli adempimenti e le comunicazioni di rito.
Milano, 12.04.2013
Il Giudice estensore Il Presidente

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