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N.

325/2013 RG TRD
N. 64/2013 RGNR di Como
N. 6/2013 RG GIP di Como

REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione XI Penale
in funzione di Giudice del Riesame

Il Tribunale riunito di camera di consiglio nelle persone dei magistrati:

dott. ssa Mariarosa Busacca Presidente


dott. ssa Lucia Spagnuolo Vigorita Giudice
dott. ssa Valeria Conforti Giudice relatore ed estensore

nel procedimento ex art 310 c.p.p. promosso dal difensore nell'interesse


di Pinto Tito, nato a Gazzanise (CE) il 19.06.1961
attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Como
difeso di fiducia dagli avv. Christian Mazzeo e Danieli Daniela
con atto di impugnazione depositato il 1 marzo 2013 avverso l’ordinanza del 13.02.2013 emessa dal Gip
presso il Tribunale di Como;
sciogliendo la riserva assunta all’esito della udienza camerale del 22.03.2013, letti gli atti pervenuti in data
2.03.2013, e quelli acquisiti ex officio il 25.03.2013 ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
In data 7.01.2013 il Gip presso il Tribunale di Como, all’esito della convalida dell’arresto, applicava a Pinto
Tito la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di seguito riportato.
a) Reato p. e. p. dagli artt. 110 c.p. e 73 c. 1 bis D.P.R. n. 309/90, come modificato dall’art. 4 bis lett. c)
D.L. 30.12.2005 n. 272 convertito in l. 21.2.2006 n. 49 perché, senza l’autorizzazione di cui all’art.
17 del D.P.R. cit. illecitamente deteneva quantitativi di sostanza stupefacente del tipo marijuana e
cocaina, comprese nella tabella 1° di cui all’art. 14 D.P.R- c.t e più precisamente:
- due involucri di marijana del peso di grammi 2 e 6, occultati in un armadietto dell’abitazione di
via Carlo Cattaneo n. 1 in Cantù
- grammi 79 di cocaina suddivisa in quattro involucri di cellophane occultata in altro
armadietto della medesima abitazione, unitamente ad un piatto di porcellana bianca con altro
grammo di cocaina,
- quattro involucri contenenti ciascuno grammi 1 di cocaina occultati nell’abbigliamento intimo;
tutto destinato ad uso non esclusivamente personale ed a cessione per uso non terapeutico a terzi,
come desumibile dal peso complessivo e dalla varietà delle sostanze, nonché dalle circostanze dell’azione,

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tenuto conto delle particolari modalità di confezionamento ed occultamento dello stupefacente, e del
contestuale rinvenimento della strumentazione necessaria per il taglio ed il confezionamento di dosi
singole, quali una carta fedeltà del supermercato “Il Gigante” rinvenuta insieme allo stupefacente ed un
coltello da cucina custodito sull’autovettura. In Cantù, il 4.1.2013,
con recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale ai sensi dell’art. 99 comma 2 nn. 1 e 2, comma 3 e
comma 4 c.p.
L’appellante risultava indagato in stato di libertà anche per violazione della normativa di cui all’art. 4 l. n.
110/75 in relazione al coltello di cui al capo di imputazione ora descritto, nonché per illecita detenzione
presso la propria abitazione di 7 cartucce per arma da sparo.
Il Giudice riteneva la sussistenza di un grave quadro indiziario a carico del Pinto, posto che quest’ultimo
veniva trovato in possesso di sostanze stupefacenti di diversa natura, occultate in modo accorto sia sulla
propria persona che nella sua abitazione, già divisa in quattro dosi confezionate; inoltre, durante la
perquisizione assumeva un comportamento fortemente indiziario della finalità di spaccio poiché tentava di
distruggere una scheda telefonica al medesimo consegnato dalla convivente al presumibile fine di non
consentire agli operanti la ricostruzione dell’effettiva entità dell’attività di spaccio. Considerava, dunque, alla
luce di tali elementi complessivamente intesi non verosimile la versione dei fatti resa dall’indagato, il quale
sosteneva l’ esclusiva destinazione dello stupefacente a suo uso personale.
Ravvisava il Gip la sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all'art. 274 lett. C c.p.p, come evidenziata dal
PM, nonché quella di cui all’art. 274 lett. A) in ragione dei presumibili ulteriori accertamenti investigativi
riguardanti l’esame del traffico telefonico del prevenuto.
Con provvedimento qui impugnato il Gip, su parere negativo del pubblico ministero, respingeva l'istanza
della difesa volta ad ottenere in principalità la revoca della misura carceraria ed in subordine la sostituzione
con una misura meno afflittiva.
In particolare, il Gip evidenziava che il complesso indiziario in base al quale era stata adottata la misura
custodiale in atto non aveva subito alcuna modifica visto il breve tempo trascorso dall’arresto; riteneva che
anche valutando gli argomenti svolti dalla difesa non poteva ritenersi plausibile l’uso personale avuto
riguardo alle modalità di conservazione dello stupefacente, al rilevante quantitativo trovato nella
disponibilità del prevenuto, soggetto pluripregiudicato che non aveva dimostrato alcun reale ravvedimento.
Rilevava, infine, l’omessa produzione di qualsivoglia dichiarazione di disponibilità ad ospitare il prevenuto da
parte del congiunto.
Con atto di appello il difensore chiedeva l’annullamento dell’ordinanza in parola.
Contestava la difesa la “laconica” motivazione con la quale il giudice aveva respinto la prospettazione
difensiva in ordine alla detenzione della sostanza stupefacente ad uso esclusivamente personale, richiamando
una recente pronunzia della Corte di Cassazione, sez. VI, 9 novembre 2011, n. 40668, relativa ai parametri
utili al fine di apprezzare la destinazione all’uso non esclusivamente personale delle sostanze stupefacenti.
Rilevava come non fosse univoco il dato della materiale disponibilità della sostanza in capo all’indagato -
elemento in ogni caso che la difesa reputava non dirimente- anche perché, sempre a dire della difesa, la
stessa veniva rinvenuta in un appartamento del quale non aveva la disponibilità né l’indagato né tantomeno
la sua convivente. Riteneva che tale circostanza unita all’esito negativo della perquisizione personale non era
stata adeguatamente apprezzata dal Gip.

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Osservava, inoltre, che i precedenti specifici del Pinto richiamati dal giudice erano risalenti sicché sugli stessi
non poteva validamente fondarsi una prognosi negativa sul futuro comportamento dell’indagato. Riteneva
infine non concreto né il pericolo di fuga né quello di inquinamento probatorio. Concludeva domandando la
riforma dell’impugnato provvedimento con la revoca della custodia cautelare in carcere ovvero la modifica
con la misura dell’obbligo di presentazione alla P.G. ed in subordine con gli arresti domiciliari, da eseguirsi in
Cantù presso la compagna ovvero presso l’abitazione del fratello Gaetano Pinto.
Occorre dare atto che in pari data al provvedimento gravato veniva emesso il decreto che dispone il giudizio
immediato in relazione al delitto per cui è in atto la custodia in carcere e per quelli sopra indicati (violazione
art. 4 l. n. 110 del 1975 e art. 697 c.p.p.)
All’udienza del 20 marzo 2013 il difensore si riportava all’atto di appello, facendo presente di avere
domandato il rito abbreviato.
Reputa il collegio che il provvedimento vada confermato integralmente.
In merito alla gravità indiziaria evidenzia il Tribunale che la finalità della detenzione dello stupefacente
rinvenuto nella sicura disponibilità dell’imputato a fini non esclusivamente personali, bensì per evidente
finalità di illecita cessione a terzi si desume da plurimi e significativi elementi, tutti già evidenziati
nell’ordinanza impugnata, nonché prima ancora nel provvedimento impositivo della custodia cautelare e da
ultimo evidentemente recepiti nel decreto che dispone il giudizio immediato.
Il dato ponderale complessivo è di per sé rilevante, essendo costituito da più di 80 gr di stupefacente,
differente per natura e qualità (marijuana e cocaina). La sostanza è stata rinvenuta in un luogo che è nella
sicura disponibilità del Pinto, vale a dire nell’ abitazione sita in Cantù, via Carlo Cattaneo n.1, indicato dallo
stesso appellante come sua dimora nell’interrogatorio reso in sede di convalida (cfr verbale di udienza di
convalida acquisito ex officio in data 25.03.2013), già suddiviso in confezioni di cellophan ed occultato in
diverse parti dell’appartamento. Due involucri di marijuana, uno da 2 e l’altro da 6 gr nascosti in un un
armadietto; 79 gr di cocaina, a sua volta ripartita in quattro confezioni in pellicola ed un altro grammo in un
piatto di porcellana, oltre infine ad altri quattro grammi sempre di cocaina confezionata e nascosta
nell’abbigliamento intimo del Pinto. Un ulteriore dato significativo si evince poi dai successivi accertamenti
effettuati sulla sostanza, menzionati nell’impugnata ordinanza e ricavabili dal decreto che ha disposto il
giudizio immediato nel quale si legge che la marijuana aveva un principio attivo pari a 8,3 % sufficiente per il
confezionamento di 28 dosi singole, mentre la cocaina aveva un principio attivo di 40,7 % in grado di
realizzare 204 dosi singole (relazione tecnica del 23 gennaio 2014 menzionata tra le fonti di prova nel decreto
che dispone il giudizio agli atti).
L’indagato in sede di interrogatorio ha reso una versione della vicenda alquanto bizzarra; anche se il Pinto, il
quale si rammenta è soggetto pluripregiudicato e privo di documentata attività lavorativa, avesse
effettivamente sottratto lo stupefacente ad altri spacciatori che la stavano cedendo in un suo terreno boscato,
piuttosto che acquistarlo da terzi, non è verosimile che quel quantitativo così confezionato e nascosto fosse
destinato a suo esclusivo uso personale, anche considerando credibile che egli sia un tossicodipendente,
come ha ribadito anche dinanzi al Collegio.
Ciò detto, ritiene il Tribunale in merito alle esigenze cautelari che pur essendo ad oggi venuto meno un reale
pericolo di inquinamento probatorio, in quanto gli elementi di prova su cui si fonderà il giudizio risultano
tutti enucleati e fissati, anche considerando la scelta operata dall’imputato per il rito abbreviato, sussista

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ancora una attuale e specifica pericolosità del Pinto, e dunque un elevato pericolo di reiterazione di reati della
medesima specie di quelli per cui vi è la misura.
Valutato che si tratta di un soggetto pluripregiudicato, anche per reati della stessa indole, esiste un concreto
ed attuale pericolo che l’applicazione di una misura meno afflittiva di quella in atto, quale anche quella degli
arresti domiciliari, per i margini di libertà ad essa connaturali, non consenta di salvaguardare in modo
adeguato il serio pericolo che il Pinto possa continuare nell’attività illecita di cessione di sostanze
stupefacenti.
Va poi aggiunto che è stata domandata l’esecuzione degli arresti domiciliari alternativamente o nella
medesima abitazione utilizzata per la detenzione illecita e l’occultamento dello stupefacente o comunque
nello stesso territorio in cui ha già commesso il reato di evasione ed ove è presumibile che l’imputato, il
quale è persona priva di documentata attività lavorativa e con diversi precedenti penali contro il patrimonio
e di altra natura (Pinto annovera dal 1978 al 2008, sostanzialmente senza soluzione di continuità, e volendo
indicare solo i reati più allarmanti: 15 condanne per furto, 11 per violazione della disciplina sulle armi, 6 per
ricettazione, 2 per resistenza a pubblico ufficiale, 2 per rapina, 1 per violenza privata, 1 per minaccia, 5 per
evasione, 2 per violazione della disciplina sugli stupefacenti) svolga in modo stabile l’attività di spaccio per il
proprio sostentamento.
Allo stato attuale, inoltre, non risultando documentato che il Pinto abbia intrapreso programmi terapeutici
(per il momento solo dichiarati) tali da condurre ad una disintossicazione dal consumo della sostanza non
può effettuarsi alcuna prognosi positiva in ordine al rispetto delle prescrizioni imposte dall’autorità
giudiziaria in caso di misure più lievi rispetto a quella in atto, apparendo al contrario altamente probabile
una violazione delle prescrizioni e una reiterazione di analoghe attività anche al fine di assecondare la
propria dipendenza.

P.Q.M.

Conferma la impugnata ordinanza


Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito
Milano 22.03.2013

Il Giudice Estensore Il Presidente

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