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PROVE NUOVE

SOMMARIO: 1. Nozione di prova nuova . 2. Le prove nuove secondo la prassi. 3. Il documento nella sistemazione del codice civile. 4. Il documento informatico in generale. 5. Il documento informatico privo di sottoscrizione. 6. Il documento informatico con firma elettronica. 7. Il documento informatico con firma digitale. 8. Fax e telex. 9. La prova da cose e persone. 10. La consulenza tecnica. 11. Le cd. prove scientifiche. 12. Le cd. prove atipiche. 13. Progresso della scienza e prova: il difficile punto di equilibrio (1).

(1) Il tema della prova ha da sempre appassionato e continua ad appassionare non solo i cultori del processo. La letteratura sullargomento , pertanto, sterminata e sarebbe fatica vana richiamarla in maniera non insoddisfacente. Mi limito, pertanto, a segnalare che sui temi generali della prova uno dei pi recenti contributi, a cui si pu attingere per ulteriori ampie informazioni, quello di Lombardi, La prova giudiziale. Contributo alla teoria del giudizio di fatto nel processo, Milano 1999. Sui problemi specifici sufficiente richiamare Comoglio, Le prove civili, 2a ed., Torino 2004, la cui trattazione impreziosita da una messe impressionante di riferimenti normativi, bibliografici e giurisprudenziali anche stranieri (della., p.54, la citazione riportata nel pgf. 13 del testo). Sul tema del documento informatico lultimo saggio che mi capitato di leggere quello della Villecco Bettelli, Lefficacia delle prove informatiche, Milano 2004 (ma sullefficacia probatoria dei documenti informatici cd. non dichiarativi doveroso segnalare, in difformit rispetto alle mie idee, almeno Graziosi, Premesse ad una teoria probatoria del documento informatico, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1998, p. 481 ss. e De Santis, Documento informatico, firma digitale e dinamiche processuali, in Riv. dir. civ. 2001, p. 247, dove ulteriori richiami). Sulla consulenza tecnica ho tenuto conto in particolare degli studi di Auletta, Il procedimento di istruzione probatoria mediante consulente tecnico, Padova 2002. Sulla prova atipica rinvio alla monografia di G.F. Ricci, Le prove atipiche, Milano 1999 e, pi di recente, a Carratta, Prova e convincimento del giudice nel processo civile, in Riv. dir. proc. 2003, p.27 ss. Il caso giurisprudenziale ricordato nel testo stato deciso da Cass. Sez. lavoro, 6 sett. 2001, n. 11445, in Giur. it. 2002, p. 465 ss., con nota di Socci; in Corr. giur. 2002, p. 336 ss. con nota di Sarzana di SantIppolito e in Riv. trim. dir. proc. civ. 2002, p. 1423 ss con nota di G.F. Ricci. Sul valore della prova immunoematologica, dopo la modificazione dellart. 269 comma 2 c.c., il mutato indirizzo giurisprudenziale pu essere ricondotto a Cass. 11 dic. 1980, n. 6400, in Giur. it. 1982, I, 1, p. 736 ss. con nota di Delitala; in Giust. civ. 1981, I, 3 ss. con nota di A. Finocchiaro; e in Foro it. 1981, I, p. 22 ss. e p. 719 ss. con nota di M. Comporti-P. Martini.

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1. Va precisato, in via preliminare, che cosa si intende per prova nuova . La prova giuridica si sa uno strumento di mediazione che consente al giudice di considerare veridica o no laffermazione di fatti rilevanti per la decisione della controversia. Ontologicamente la prova giuridica non pu che preesistere alla formazione del giudizio e, quindi, al processo. Di conseguenza, quando lart. 111, comma 4, Cost. (nella formulazione modificata nel 1999) parla di prova che si forma nel processo, usa una espressione enfatica (ed impropria), dovuta allintenzione di escludere categoricamente lingresso nel processo penale di prove raccolte e conservate prima e al di fuori del processo (in particolare, dal pubblico ministero). Il processo legale si interpone tra la prova e il giudizio nella misura in cui individua i dati probanti utilizzabili ai fini della formazione del giudizio, i metodi di acquisizione da parte del giudice e i criteri di valutazione. Di prova nuova , perci, possibile parlare a) qualora venga data rilevanza, ai fini della formazione del giudizio, a dati probanti, la cui utilizzabilit era in precedenza esclusa; b) qualora vengano accolti metodi di acquisizione dei dati probanti ulteriori e diversi rispetto a quelli in uso; c) qualora se ne muti il criterio di valutazione. Quanto al primo aspetto del problema bisogna individuare quali siano i dati probanti che il nostro ordinamento considera utilizzabili. Da questo punto di vista vi sono dati probanti che si concretano nella rappresentazione del fatto bisognoso di prova. Il riferimento pi immediato al testimone, che media rispetto al passato, rievocando dinanzi al giudice quanto ha percepito direttamente o quanto gli stato riferito (l dove consentita la testimonianza de auditu) in relazione alla vicenda che a base della controversia. Il testimone un narratore neutrale. Sotto il profilo ontologico non diversa la posizione della parte che, affermando, narra la sua vicenda. La sua una esposizione non neutrale, la cui utilizzabilit da parte del giudice ai fini della formazione del suo convincimento decisa dal singolo ordinamento. Il nostro, come noto, lammette quando la narrazione sia contra se o quando sia leffetto di una sorta di sfida della controparte e sia corroborata dal giuramento e dalla connessa sanzione penale nel caso di mendacio. Il testimone, o la parte, depositario della memoria del fatto. Perch la memoria diventi processualmente rilevante, necessario che sia esternata nel processo e la legge si preoccupa di stabilire il se, il come e il quando. Ma la narrazione pu anche essere incorporata in una cosa materiale formata prima e a prescindere dal processo attraverso un meccanismo di oggettivizzazione della memoria. La legge si preoccupa di individuare quali sono le cose idonee a conservare le tracce oggettive della memoria e quali i meccanismi idonei a produrle. Si d carico, inoltre, di stabilire in quali modi queste cose possano essere introdotte nel processo cos che il giudice possa utilizzarle. Siamo, qui, in presenza dellampia categoria dei documenti. Talora il dato probante emerge direttamente dalla cosa o dalla persona, che idonea a far conoscere i fatti di causa (come sancisce lart. 118 c.p.c.). In

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questi casi il dato probante costituito dalla persona o dalla cosa, che il giudice deve conoscere tramite lispezione o lesperimento, avvalendosi, ove necessario, dellausilio di un esperto (artt. 260 e 261 c.p.c.). Non sempre la percezione del dato probante sufficiente per far conoscere il fatto da provare. Se il dato probante consiste nella narrazione del fatto da parte del testimone o contenuta nel documento, si pone un problema di linguaggio, che non sempre pu essere inteso dal giudice sulla base delle sue normali conoscenze. Ci vale non solo quando la lingua adoperata non quella in uso nel Paese in cui si celebra il processo, ma anche quando si di fronte a un linguaggio tecnico o criptico, il cui significato deve essere spiegato e reso accessibile. Pu anche avvenire che il dato probante rappresenti un fatto diverso da quello rilevante per il processo, al quale si pu pervenire attraverso un ragionamento induttivo pi o meno complesso. In questo caso lordinamento d rilievo probatorio agli indizi. Per concludere, ex positivo iure sono ammessi come dati probanti di cui il giudice si pu servire per la formazione del suo convincimento: a) le narrazioni di chi ha conoscenza dei fatti rilevanti; b) i documenti rappresentativi di tali fatti o da cui possibile risalire agli stessi; c) le persone e le cose che conservano su se stesse le tracce dei fatti; d) gli indizi. 2. Per stabilire se vi e in quali dimensioni un problema di prove nuove in relazione ai dati probanti utilizzabili nel processo, bisogna esaminare le ipotesi in cui il problema si posto in concreto allattenzione dei giudici. I casi in cui i giudici si sono chiesti se taluni dati probanti siano utilizzabili, e in quale modo, possono essere cos sintetizzati: a) scritti provenienti da terzi che surrogano una dichiarazione testimoniale; b) documenti formati da pubblici ufficiali fuori dalle ipotesi in cui essi sono autorizzati a fare pubblica fede (processi verbali, certificazioni amministrative); c) atti notori; d) prove raccolte in altro processo tra le stesse parti o tra parti anche diverse; e) prove raccolte dal giudice incompetente; f) accertamenti compiuti dal consulente tecnico; g) accertamenti contenuti in una sentenza emanata a conclusione di diverso processo; h) documenti informatici; i) telex e fax; m) prove ematologiche, del DNA, ottenute attraverso luso del sonogramma o delletilometro o di altri metodi scientifici di ricerca. Se ci si riferisce al dato probante, mi sembra che un problema di prova nuova si pone soltanto con riferimento allipotesi del documento informatico, cui vanno aggiunti, per connessione, il telex e il fax. Per quanto riguarda le prove ematologiche, del DNA o ottenute attraverso luso di altri metodi scientifici di ricerca il dato probante la persona, cos che la novit non lo riguarda, ma riguarda la metodologia usata per individuarlo e per interpretarlo. Largomento va, perci, trattato in connessione con quello della consulenza tecnica. Nei casi residui ci troviamo di fronte a documenti la cui utilizzazione nel processo possibile se si ritiene che il metodo di introduzione nel processo del dato probante possa essere diverso da quello prefissato dalla legge.

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3. Il documento un contenitore che, di regola, custodisce una dichiarazione. In questo senso mezzo di conservazione di una prova, rispetto alla quale in posizione di fredda neutralit. La prova costituita, invece, dalla dichiarazione veicolata nel processo dal documento. , cos, che il legislatore pu circondare di particolare efficacia talune dichiarazioni per il fatto che sono rese e conservate nel documento da soggetto abilitato a dare pubblica fede alle stesse, in esse inclusa quella di aver formato il documento. Quando non ci sia lintervento del pubblico ufficiale nella confezione del documento, il primo problema probatorio che si pone quello dellautenticit del contenente. Risolto il quale, emerge il problema della rilevanza probatoria della dichiarazione contenutavi. Infatti, una volta assodato che il documento sia stato formato dal dichiarante, la legge gli attribuisce la paternit delle dichiarazioni rappresentate, ma non ne fissa il valore probatorio. In genere, la legge d valore probatorio alla dichiarazione della parte se contra se. Ma la legge processuale d rilievo anche al comportamento delle parti, in quanto se nel documento sono contenute dichiarazioni complesse non possibile disarticolarle, cos che devono essere valutate in maniera unitaria. Non sempre il documento rappresenta una dichiarazione. Pu riprodurre immagini (fotografie) anche in movimento (riprese cinematografiche) o suoni (o altri dati sensibili). Anche in questo caso il dato probante non il documento, ma il fatto rappresentato, il quale sar utilizzabile ai fini della prova se la parte contro cui stato prodotto non lo disconosce. Si parla, in questi casi, di documenti rappresentativi in contrapposizione ai documenti dichiarativi . Si aggiungono, per, nellelenco dei documenti rappresentativi anche quelli che contengono una dichiarazione non sottoscritta. Non condivido tale inserimento. Sono, infatti, non da ora convinto che quando si parla di prova giuridica ossia di prova indirizzata a risolvere la quaestio facti nel processo bisogna attenersi a ci che il legislatore vuole che sia prova. Allora, di fronte al documento che contiene una dichiarazione non imputabile ad un soggetto, bisogna dire: a) che non riconducibile alla scrittura privata regolata dallart. 2702 c.c.; b) che neppure riconducibile alla riproduzione, perch il fatto che riproduce in s e per s privo di rilevanza probatoria e, quindi, fuori dalla logica dellart. 2712 c.c.; c) che tanto meno copia, non essendo ricollegabile a un originale. Bisogna dire, insomma, che il documento ha una forza rappresentativa irrilevante per il diritto. Infatti, la disciplina vigente stata formulata avendo come punto di riferimento il documento (sotto)scritto e, pertanto, il documento privato si ha per formato con la sottoscrizione, che, quando non sia contestabile o contestata, lo strumento in base al quale si presume iuris et de iure che la dichiarazione contenutavi proviene dal sottoscrittore. In caso di contestazione, poi, occorre un giudizio ad hoc (di verificazione) per stabilire se la sottoscrizione sia vera o apocrifa e, prima di tale accertamento, il documento non in grado di offrire la prova (della provenienza della dichiarazione) cui idoneo. Quando il documento costituito da altro (riproduzione fotografica, cine-

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matografica ecc.) la contestazione della parte esclude che possa costituire piena prova . La legge non disciplina un procedimento di verificazione di tali documenti. Ci significa che gli stessi sono condannati allinutilizzabilit per il solo fatto della contestazione della parte contro cui sono stati prodotti? Se cos fosse, lart. 2712 c.c. sarebbe stata una norma poco accorta, in quanto ben difficilmente tali documenti non sarebbero disconosciuti. Vero , invece, che il problema probatorio della scrittura diverso da quello che pongono le riproduzioni. Nel primo caso, senza la sottoscrizione, la scrittura non formata, nel secondo caso la riproduzione, in caso di contestazione, continua ad esistere come tale, anche se ne messa in dubbio la sua capacit rappresentativa. Ne consegue che lutilizzabilit del dato probante, in questo caso, ha bisogno di conferma aliunde e che a tal fine sono utilizzabili tutte le prove che lordinamento pone a disposizione del giudice per accertare un fatto (nel nostro caso lautenticit della riproduzione e la sua capacit rappresentativa). La copia del documento una forma particolare di riproduzione, dalla quale si differenzia per il suo oggetto. La riproduzione rappresenta un fatto o una cosa qualsiasi; la copia riproduce un originale, di regola, un documento scritto, con il quale possibile stabilire il raffronto. Di conseguenza, possibile regolare meccanismi che assicurino la fedelt della copia rispetto alloriginale. Ma quando ci avvenga, inevitabile che la copia ripeta la sua forza probatoria da quella delloriginale, cos che la parte interessata potrebbe ben riconoscere la corrispondenza fra copia e originale, ma contestare lautenticit di questultimo. Questi principi devono essere tenuti presenti quando si parla di documento informatico. Quando si cominciato a porre il problema, la questione si concentrata nella seguente alternativa: la sottoscrizione del documento ritenuto elemento strutturale del documento pubblico o della scrittura privata o soltanto il modo comune di fissare la provenienza del documento, surrogabile da modi egualmente certi? Era ed mia convinzione che la soluzione giusta fosse la prima, con la conseguenza che, ove lordinamento avesse voluto dare ingresso al documento informatico, avrebbe dovuto farlo espressamente. In questo senso si trattava di immettere nel sistema un dato probante (recte, un modo di custodia del dato probante) nuovo . Ed il legislatore stato di questo avviso. 4. La difficolt di coniugare le innovazioni tecnologiche e il processo scientifico con il linguaggio dei giuristi ben rappresentata dalla contorta vicenda che, a partire dal 1997, ha contrassegnato la disciplina del documento informatico. In base alla attuale disciplina (d.lgs. 23 gennaio 2002, n. 10 e d.P.R. 7 aprile 2003, n. 137, poi trasfusi nel d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, contenente il c.d. codice dellamministrazione digitale in vigore dal 1 gennaio 2006), e con la precisazione che nel processo viene in rilievo il prodotto cartaceo di quanto conservato in una memoria e che le considerazioni che seguono vanno riferite al prodotto e non alla memoria, possiamo individuare tre tipi di documento informatico: a) quello privo di sottoscrizione (elettronica), che valido e rilevante a tutti gli effetti di legge (art. 20, comma 1 d.lgs. n.

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82/2005); b) quello sottoscritto con firma elettronica, che, sul piano probatorio, liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualit e sicurezza (art. 21, comma 1 d.lgs. n. 82/2005); c) quello sottoscritto con firma digitale (o equipollente), che, sul piano sostanziale, soddisfa il requisito legale della forma scritta (art. 20, comma 2 d.lgs. n. 82/2005) e, sul piano probatorio, ha lefficacia prevista dallart. 2702 del codice civile (art. 21, comma 2 d.lgs. cit.). La legge (art. 25 d.lgs. n. 82/2005) continua a regolare anche un quarto tipo di documento, quello con firma autenticata. Sotto il vigore della disciplina precedente, avendo il documento con firma digitale (non autenticata) lefficacia della scrittura autenticata, si era pensato a un doppione. Tuttavia, le caratteristiche del documento informatico rendevano alquanto particolare il giudizio di falso, che la legge evocava con riferimento al documento con firma digitale. Questo giudizio, infatti, non potrebbe avere per oggetto la consistenza della cosa, che immateriale, ma labusiva creazione del documento o, eventualmente, la manipolazione del suo contenuto. Si riteneva, allora, che la differenza fra i due documenti si ponesse sul piano probatorio, perch la prova dellabuso o della manipolazione si presentava meno difficoltosa quando si era di fronte a un documento a firma digitale, perch nel caso della firma digitale autenticata bisognava contestare al pubblico ufficiale di aver commesso un falso. Di conseguenza, si concludeva nel senso che il documento a firma digitale autenticata fosse un documento ad efficacia probatoria rinforzata. Con il d.lgs. n. 82/2005 vi stata una notevole modificazione, in quanto il documento informatico a firma digitale o elettronica (semplice) non ha pi il valore di una scrittura autenticata, ma quello di documento sottoscritto, che, ove prodotto in giudizio, pu essere disconosciuto dalla controparte. Di conseguenza, la differenza con il documento informatico autenticato si pone in termini pi netti, nel senso che, ove tale ultimo documento sia prodotto in giudizio, la controparte non pu limitarsi a disconoscerlo, ma deve proporre querela di falso (in disparte ovvio la diversa rilevanza dei due documenti sul piano sostanziale). Per valutare la congruit della disciplina si deve tenere presente che, sotto il profilo concettuale, il documento informatico, essendo strumento capace di custodire una dichiarazione, non diverso dal documento scritto. La differenza strutturale, in quanto qui non si produce una cosa materiale, essendosi sostituita alla tradizionale impressione di segni grafici sul supporto cartaceo altra maniera (elettronica) di conservazione dei segni. Si tratta, allora, di vedere se tale differenza tecnica giustifichi il diverso trattamento giuridico predisposto dalla legge. 5. Il nostro legislatore aveva ed ha le mani legate dal legislatore comunitario che gli impone di riconoscere lefficacia delle firme elettroniche (direttiva 1999/93/CE, considerando n. 16). Aveva la possibilit di disegnare una disciplina nuova ed originale. Ha preferito ispirarsi a quella del codice sulla prova documentale, assumendola come modello da adattare. Ma loperazione non stata felice.

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In ci stato aiutato dalla dottrina e dalla giurisprudenza che avevano ritenuto lart. 2712 c.c. suscettibile di uninterpretazione evolutiva, utilizzandolo per regolare le registrazioni magnetofoniche, anche di telefonate registrate allinsaputa di altro interlocutore e che, in particolare, avevano ritenuto applicabile lart. 2712 c.c. al documento riproduttivo di dichiarazioni non sottoscritte. Si pi o meno cos ragionato: come la legge riconosce il valore probatorio della riproduzione della voce, espressamente contemplando le registrazioni fonografiche (e, per estensione, quelle magnetofoniche), cos pu dare rilievo alla conversione in documento scritto degli impulsi elettronici di cui si compone il documento elettronico. Dal punto di vista strutturale ci sarebbe da fare qualche osservazione, perch nel caso del documento informatico non si ha una riproduzione del fatto o della cosa (sia pure in unaccezione assai ampia), ma la sua trasformazione da dato non percepibile in dato sensibile (tanto che taluno ne parla come di una prova costituenda). Orbene, possiamo anche ammettere la legittimit dellestensione, considerando che lart. 2712 stato scritto quando non erano state ancora elaborate ed utilizzate le risorse dellelettronica; ci che non sembra possibile di ritenere che la non contestazione della scrittura riproduttiva del documento informatico non dichiarativo, che per definizione equivale a una qualsiasi scrittura priva di sottoscrizione, conferisca alla stessa il valore di prova piena del fatto o della cosa rappresentata. O meglio, quando lart. 2712 viene esteso alle ipotesi in cui riprodotta una dichiarazione, la mancata contestazione rende non contestabile la conformit della riproduzione alla dichiarazione, ma non fissa il valore probatorio della dichiarazione, che va tratto da altre disposizioni. Eppure, lart. 23, comma 1 d.lgs. n. 82/2005, modificando la precedente disciplina, si limitato a disporre che allart. 2712 del codice civile dopo le parole riproduzioni fotografiche inserita la seguente: informatiche . Ma, al riguardo, vale la pena di ripetersi. Se il documento rappresenta una dichiarazione non (informaticamente) sottoscritta di una parte processuale, la non contestazione del documento prodotto in giudizio potrebbe, probabilmente, dare vita a unipotesi di ammissione (che ho sempre distinto dalla non contestazione, collocandola nellarea delle prove). Ma, in tal caso, lefficacia probatoria del documento andrebbe ricondotta tutta quanta al comportamento processuale della parte e la disposizione sarebbe sostanzialmente inutile, cos che, per riconoscerle spazio operativo, bisogna pensare che la stessa riguardi una riproduzione di documento informatico che non abbia per oggetto una dichiarazione (ipotesi, peraltro, non facilmente verificabile). Queste osservazioni possono sembrare ovvie. Non cos. Applicando lart. 15, comma 2 d.P.R. 10 nov. 1997, n. 513, nel 2001 la giurisprudenza ha dovuto risolvere il caso di un dipendente che era stato licenziato perch, analizzando i dati desunti dallelaborato informatico di un computer centrale in funzione presso la sede della societ e munito di un sistema di autodiagnosi continua, era risultato che costui frodava il datore di lavoro. Nel risolvere il problema del valore probatorio dellelaborato, la giurisprudenza, scartando lappli-

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cabilit dellart. 2719, ha richiamato lart. 2712 c.c. e, di fronte alla contestazione del dipendente, ha ritenuto che tale riproduzione potesse fornire elementi probatori liberamente apprezzabili e convergenti con altri elementi acquisiti al processo. Ora, se il datore di lavoro, invece di essere una importante societ a diffusione nazionale, fosse stato un modesto imprenditore eventualmente abituato a tenere la sue scritture ancora con i tradizionali strumenti cartacei e se egli avesse prodotto tali scritture nel processo a supporto delle ragioni che lo avevano indotto al licenziamento, mi chiedo quale sarebbe stato latteggiamento dei giudici in ordine ai problemi probatori. Penso che gli stessi avrebbero chiesto una prova aliunde del fatto addebitato al dipendente. Ma se cos , evidente che a indurre nellaltro caso i giudici a un diverso atteggiamento siano state non la natura del documento, ma altre ragioni (la dimensione dellimpresa, la sua organizzazione, la spersonalizzazione dei rapporti, lattendibilit dei riscontri, ecc.). In conclusione, come si detto, nel caso del documento informatico semplice linserimento nellart. 2712 c.c. serve a poco o nulla o, forse, servito a tacitare il legislatore comunitario. 6. Il documento informatico privo di sottoscrizione pu acquistare valore probatorio soltanto se nel processo si instaurato il contraddittorio e, quindi, non utilizzabile nei processi a contraddittorio differito (es., nel procedimento monitorio). Il documento informatico con firma elettronica, invece, ha valore probatorio in s e per s ( liberamente valutabile , dice la legge), cos che pu essere probabilmente utilizzabile come prova scritta del credito posta a base di una richiesta di decreto ingiuntivo. Il d.lgs. non ripete la disposizione contenuta nellart. 10 comma 1 d.P.R. n. 445/2000, secondo cui esso soddisfaceva il requisito legale della forma scritta . Pertanto, non sembra riproponibile la questione sorta per il passato, quando, mettendo a raffronto tale disposizione con il successivo art. 11, secondo il quale sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge soltanto i contratti contenuti in documenti informatici muniti di firma elettronica qualificata, si riteneva che lart. 10, comma 2 avesse modellato una figura intermedia, utilizzabile per le dichiarazioni unilaterali, fuori dalla materia contrattuale, l dove prevista come necessaria la forma scritta. Oramai, gli unici documenti informatici che soddisfano il requisito legale della forma scritta sono quelli muniti di firma digitale o di firma equivalente. Sul piano probatorio, il documento informatico con firma elettronica (semplice) liberamente valutabile, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualit e sicurezza (art. 21, comma 1 d.lgs. n. 82/2005). Esso, quindi, non ha il valore di una scrittura privata autenticata. da chiedersi se siano richiamabili le disposizioni sul disconoscimento e sul riconoscimento espresso o tacito e, prima ancora, se sia richiamabile la disciplina dellart. 2702 c.c., il quale, non dimentichiamolo, nel caso di riconoscimento o di autenticazione si limita a dare come pienamente provata la provenienza delle dichiara-

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zioni dal suo autore, salvo a valutare la rilevanza probatoria delle dichiarazioni sulla base di altre norme e principi. Lart. 20, comma 1 cit., invece, stabilisce che il giudice pu liberamente valutare il documento nel suo contenuto. La diversa formulazione delle due disposizioni autorizza una diversa ipotesi interpretativa. Il documento informatico con firma elettronica semplice prescinde totalmente dal riconoscimento o dal disconoscimento della sottoscrizione, che, ai fini probatori, del tutto irrilevante. Il giudice, infatti, tenuto a un previo riscontro della sua utilizzabilit sulla base delle sue (del documento) caratteristiche oggettive di qualit o di sicurezza . Il riconoscimento, che dovrebbe essere soltanto quello espresso, non essendo per le dette ragioni richiamabili gli artt. 214 ss. c.p.c., nulla aggiunge o toglie al valore probatorio del documento, che era e resta liberamente valutabile per ci che riguarda il contenuto delle dichiarazioni (al pi, pu mettere in moto un meccanismo di ammissione). Il disconoscimento, invece, si risolve in una contestazione della provenienza o della conformazione del documento, che si assume sia stato abusivamente formato o alterato. Questa contestazione d vita a un vero e proprio incidente probatorio nel corso del quale il giudice deve verificare se le caratteristiche oggettive di qualit e sicurezza, sulla cui base il documento pu essere ritenuto utilizzabile, siano contrastate dagli elementi probatori offerti dalla parte interessata. In altri termini, il documento informatico va preliminarmente valutato dal giudice, il quale deve dufficio accertare se il procedimento di formazione abbia offerto sufficienti garanzie di qualit e di sicurezza; se il riscontro positivo, il giudice pu assumerne il contenuto come base per la formazione del suo convincimento giudiziale; se la parte contro cui il documento prodotto, assume che lo stesso stato formato abusivamente o stato in qualche modo alterato, deve allegare e provare labuso; tutto ci avviene nellambito di un incidente probatorio che ha per oggetto lutilizzabilit della prova. Siamo, insomma, di fronte a una prova documentale di nuovo genere e non riducibile a quella disciplinata nel codice civile. Come ho gi anticipato, la preoccupazione di costruire un sistema atto a dare valore a uno strumento di conservazione della dichiarazione diverso dal documento scritto ha prodotto un singolare scambio tra contenitore e contenuto, cos che una volta accertata la genuinit del primo si finito col ritenere genuino anche il secondo, senza considerare che questo documento non , come invece la riproduzione, rappresentativo di un fatto o di una cosa, ma di una dichiarazione o di dichiarazioni di soggetti privati, il cui valore probatorio non ricavabile dalla struttura dello strumento con cui essa viene conservata, ma da circostanze e valutazioni diverse. Il sistema non omogeneo e abbiamo da porci una domanda destinata a non avere soddisfacente risposta. Infatti, non facilmente spiegabile perch il documento con sottoscrizione elettronica, semplicemente ritenuto utilizzabile dal giudice sulla base della sua consistenza obiettiva, a prescindere dal riconoscimento della provenienza da chi si assume esserne autore, faccia prova del suo contenuto, l dove la scrittura privata autenticata o riconosciuta fa prova della sola provenienza delle dichiarazioni.

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7. Le ultime considerazioni trovano puntuale conferma nella disciplina del documento informatico sottoscritto con firma digitale o con altro tipo di firma elettronica avanzata, che ha lefficacia prevista dallart. 2702 del codice civile (art. 21, comma 2 cit.) e, quindi, fa inoltre piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi lha sottoscritto . Si possono fare due considerazioni: da un lato, confermato che il documento con firma elettronica semplice estraneo al meccanismo del riconoscimento-disconoscimento di cui allart. 2702 c.c.; dallaltro lato, evidente il tentativo di omologare il documento informatico con firma digitale o equipollente alla scrittura privata. Il tentativo avrebbe meritato una pi approfondita disciplina. Infatti, non chiaro quale sia il senso da attribuire allultima parte del comma 2 cit., dove si legge che lutilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che sia data prova contraria . Questa disposizione va collegata allart. 2702 c.c., secondo cui: a) se la parte riconosce o non disconosce tempestivamente la scrittura, questultima fa piena prova fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni da chi lha sottoscritta; b) in caso contrario, la parte che vuole utilizzare il documento affatto privo allo stato di efficacia probatoria deve chiederne la verificazione. E da porsi, pertanto, una prima domanda. Il richiamo allart. 2702 c.c. include anche il richiamo agli artt. 214 ss. c.p.c.? Direi di s, posto che lart. 2702 fa riferimento al riconoscimento legale della sottoscrizione (e una delle maniere per pervenirvi appunto quella fissata dagli art. 214 ss.). Pertanto, la parte interessata deve proporre giudizio di verificazione, al cui interno gioca il comma 2 dellart. 20 cit., nel senso che tale disposizione ribalta gli oneri probatori, ponendo una presunzione iuris tantum di riconducibilit al titolare del dispositivo di utilizzazione della firma elettronica. da concludere, allora, che quando sussiste un interesse sostanziale ad accertare giudizialmente la provenienza del documento informatico, possibile dare vita a un peculiare procedimento di verificazione, che non riguarda lautenticit della sottoscrizione, ma laccertamento della provenienza, da intendersi come imputazione dellattivit di confezione del documento a prescindere da chi abbia materialmente compiuto loperazione. I modi in cui si potr procedere a tale accertamento non sono definibili a priori: potr darsi rilievo agli indizi, alle prove testimoniali, ma soprattutto si sentir probabilmente la voce dellesperto che potr procedere alle opportune verificazioni sul computer utilizzato per la formazione del documento ed eventualmente su quello che lha ricevuto. Fermo restando che, come si visto, lonere della prova della non riconducibilit al titolare del dispositivo di firma ricade non su chi ha chiesto la verificazione, ma su chi vi si oppone. Il richiamo allart. 2702 c.c., infine, rende anche possibile il ricorso alla querela di falso, che si potr avere sia quando la scrittura informatica sia stata riconosciuta sia quando si sia in presenza di scrittura informatica autenticata, adattando listituto alla diversa consistenza del documento informatico, in

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quanto lipotesi a cui fare riferimento non sar mai quella della falsit formale, ma esclusivamente quella del falso materiale (a cui ricondurrei lipotesi dellabuso, ossia della scrittura formata invito domino, anche se bisogna poi fare i conti con la tutela dellaffidamento dei terzi). Proprio il riferimento alla querela di falso, rende, poi, possibile di richiamare gli artt. 221 ss. c.p.c., che, salvi i necessari adattamenti, dovrebbero essere applicabili anche quando la querela di falso riguarda il documento informatico. 8. Tra i nuovi documenti si includono il fax e il telex. Il primo consiste nella trasmissione a distanza del fac-simile (di qui il termine) di un documento originale, che rimane sempre in possesso del trasmittente. Il secondo (in esteso teleprinterexchange) consiste nello scambio diretto e temporaneo di comunicazioni telegrafiche utilizzando il collegamento alla rete telegrafica pubblica a commutazione automatica , effettuato per mezzo di apparati telescriventi a disposizione esclusiva dellutente per attivit di sua pertinenza. Lutente compone e imposta il messaggio da trasmettere e la telescrivente, nel momento in cui fa partire il messaggio, rilascia alloperatore unattestazione (o una copia) di quanto trasmesso. evidente che, in entrambi i casi, non ci troviamo di fronte alla formazione di documenti di nuovo tipo. Siamo, invece, di fronte a casi, entrati nelluso comune, di trasmissione a distanza di documenti formati altrove non ignota al codice, che, fermo alle tecniche degli anni quaranta, si limitato a disciplinare il telegramma (artt. 2705-6). A mio avviso, la disciplina del telegramma non riguarda una prova documentale diversa, ma regola in modo specifico un caso particolare di efficacia probatoria di copia di atti e documenti. Infatti, siamo fuori dallipotesi della riproduzione, che ha per oggetto la rappresentazione di fatti o cose in genere, l dove, come ho gi sottolineato, la copia, di regola, ha per oggetto un originale contenente una dichiarazione incorporata in altro documento (di regola un originale). Anche per il fax, quindi, richiamabile la disciplina delle copie fotografiche di scritture, presupponendo esso lesistenza delloriginale che viene trasmesso e del quale si forma la copia per via elettronica. Qualche dubbio pone il telex, posto che loriginale composto e impostato nello stesso momento in cui viene trasmesso. Ma, dovendo applicare una disposizione in via analogica e in mancanza di disciplina espressa, mi sembra che sia pi vicina lipotesi regolata dallart. 2719 che non quella di cui allart. 2712. Infatti, anche nel caso del telex lutente rimane pur sempre in possesso di una copia (che poi una sorta di originale) del messaggio trasmesso, che pu costituire base per il raffronto. Al contrario, lanalogia con lart. 2712 imporrebbe di estendere la disposizione alla riproduzione non di fatti o cose, ma di dichiarazioni incartate nel documento originale, che ipotesi palesemente fuori dallambito operativo della disposizione. 9. Il codice di rito ben sa che la cosa o la persona possono costituire un dato probante e ce lo dice nellart. 118. In questi casi la rilevazione e lintroduzione del dato nel processo avvengono attraverso lispezione o lesperimento,

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la riproduzione e la copia o attraverso la consulenza tecnica. Pu darsi che il dato sia di immediata percezione e che offra una rappresentazione del fatto da provare che non ha bisogno (della mediazione) di particolare elaborazione concettuale e pu al contrario avvenire che il dato si ponga come una sorta di indizio dal quale si risale al fatto bisognoso di prova attraverso luso di particolari nozioni tecniche e/o scientifiche. Il secondo caso quello che di regola giustifica il ricorso al consulente tecnico e che ha indotto il legislatore a collocare la sua attivit in una sorta di anticamera dellistruzione probatoria. Non casuale che ispezione, esperimenti e consulenza tecnica (anzi, consulente tecnico) siano disciplinati nel codice di rito, e non anche nel codice civile. Il dato probante (ossia la persona o la cosa) non aveva bisogno di disciplina, essendo un dato esistente in natura da apprendere e interpretare, l dove era al contrario necessario regolarne il procedimento di acquisizione per ovvie esigenze di garanzia. Ispezioni, esperimenti e consulenze, insomma, non sono prova, ma procedimenti legalizzati di acquisizione di prova, desumibile aliunde. Si discute del valore probatorio degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico. Ma se il giudice pu affidargli indagini, autorizzarlo a domandare chiarimenti alle parti, ad assumere informazioni da terzi e ad eseguire piante, calchi e rilievi (art. 194 c.p.c.), evidente che si tratta di attivit che tendono a estrarre dalle cose o dalle persone i fatti da provare e di cui il consulente deve relazionare, inserendo le sue osservazioni nel processo verbale, se le indagini avvengono in presenza del giudice, o, altrimenti, in apposita relazione scritta (art. 195). Insomma, il consulente colui che fornito delle nozioni tecniche e scientifiche che gli consentono di ispezionare, in luogo del giudice, che di quelle nozioni privo, persone e cose, per cogliere i dati, non percepibili con i sensi comuni o, anche quando siano percepibili dai sensi comuni, che hanno bisogno di chiavi di lettura particolari. Pu avvenire che lattivit di consulenza si risolva nella percezione del dato e, allora, come se il giudice avesse visto attraverso gli occhi del consulente; pi spesso, per, il consulente deve porre i dati acquisiti a base di un ragionamento inferenziale, che non diverso dal ragionamento presuntivo. In questi casi, non il giudice in prima persona ad operare la deduzione, ma il giudice che ragiona tramite il consulente. ovvio che, mentre nel primo caso, laccertamento del consulente sindacabile soltanto in termini di correttezza del metodo e di fedelt nella ricerca (per cui predicabile come esatto o sbagliato, vero o falso), nel secondo caso il ventaglio delle occasioni di controllo pi ampio, perch si spinge a sindacare la correttezza e lunivocit della deduzione. sulla base di queste premesse minime che bisogna valutare alcune massime giurisprudenziali, come quella secondo cui la consulenza tecnica, disponibile dufficio, non pu essere utilizzata come mezzo per sopperire a un difetto di prova della parte; o come laltra secondo cui non sono ammissibili consulenze di tipo esplorativo; o come quella secondo cui limpiego del consulente frutto di una scelta discrezionale non sindacabile. Di sicuro, la valutazione del giudice che ammette la consulenza non di

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semplice rilevanza. Il ricorso al consulente deve essere necessario (art. 61) cos come lispezione deve essere indispensabile (art. 118). Ci vuol dire, a mio avviso, che il ricorso alla consulenza uno strumento sussidiario di accertamento, al quale si fa ricorso quando il fatto non pu essere provato diversamente, e che, stante il divieto di scienza privata, il giudice non deve andare di sua iniziativa alla ricerca dei dati probanti, ma che questi gli debbono essere forniti dalle parti. In altri termini, queste ultime non solo devono indicare le persone o le cose da cui possano essere ricavati i fatti da provare, ma devono fornire elementi sufficienti perch il giudice possa disporre una indagine mirata , e non un semplice tentativo. Ma quando tali elementi siano acquisiti agli atti, il giudice tenuto a disporre lindagine attraverso il consulente, cos che viziata la decisione sia quando, essendo agli atti tutti i presupposti della consulenza, il giudice non labbia disposta e abbia, poi, rigettato la domanda per mancato assolvimento dellonere probatorio sia quando non abbia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di consulenza fatta dalla parte. In particolare, non pu essere approvata la prassi secondo cui non assolve allonere della prova la parte che si limita ai fini probatori a richiedere la nomina di un consulente tecnico quando la prova del fatto non pu essere fornita diversamente e quando agli atti esiste una sufficiente indicazione delle cose e/o delle persone da cui possono essere tratti i fatti da provare. 10. Nel nostro sistema il consulente considerato come una sorta di braccio del giudice, della cui attivit reso partecipe. Pertanto, nei limiti in cui il giudice pu svolgere attivit istruttorie ufficiose, lo stesso si pu fare affiancare o sostituire dal consulente. Nel sistema anglosassone, nel quale accentuata la posizione di terziet del giudice anche per ci che riguarda lindagine istruttoria, il consulente un testimone esperto indicato dalle parti. Potremmo dire che nel nostro diritto la consulenza un metodo di assunzione e, talora, di valutazione (sia pure non conclusiva) della prova, mentre nel sistema anglosassone il consulente il testimone della sua attivit di indagine. Ne consegue che da noi lattendibilit del consulente avallata dalla nomina giudiziale, l dove nel mondo anglosassone la sua attendibilit deve essere valutata in concreto. Sarebbe inutile ed anche ozioso chiedersi quale sia il sistema migliore. Le norme processuali non sono il prodotto del caso, ma il frutto di un processo di sedimentazione tale che, quando si vuole cambiarle per imitare altri sistemi, si rischia di creare problemi nuovi, piuttosto che risolvere quelli esistenti. Rimanendo nella logica del nostro sistema, il vero problema quello di una disciplina che fa eccessivo affidamento sulla discrezionalit del giudice nella scelta del consulente tecnico. Allo stato, la nomina avviene sulla base di una fiducia del magistrato che trova fondamento in non sindacabili ragioni e che prescinde da qualsiasi apporto delle parti. Se ci non sempre o spesso non garantisce una scelta oculata, pu anche essere causa di ulteriori disfunzioni, potendo creare un reciproco condizionamento tra giudice e consulente, nel senso che luno finisce con laccettare acriticamente le conclusioni del consulente di cui si fida e il se-

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condo indirizza le conclusioni nella direzione che egli intuisce poter essere gradita al giudice. Una riforma urgente dovrebbe essere non solo nel senso di dettare regole per liscrizione nellalbo dei consulenti di persone davvero esperte nei singoli settori delle conoscenze tecniche e scientifiche, ma anche nel senso di dare alle parti la possibilit di interloquire attivamente sulla nomina, facendo conoscere le ragioni per le quali una determinata scelta possa non essere idonea od opportuna. Laltro problema riguarda lindividuazione delle nozioni tecniche o scientifiche che consentano di rilevare dati probanti e/o di dedurre dai dati probanti i fatti da provare. Per intenderci, opportuno esemplificare. Per stabilire se un soggetto (nella specie, un tesserato sportivo) abbia assunto sostanze vietate (ossia se si sia dopato), il sistema normale a nostra disposizione quello dellanalisi di un campione di urina e/o di sangue dellatleta; si tratta di una sorta di ispezione della persona condotta attraverso lutilizzazione di metodi di indagine particolari. Ci premesso, la ricerca deve: a) garantire che il campione da analizzare sia quello proveniente dalla persona indagata; b) conoscere il dato probante (nel caso, la traccia della sostanza proibita) di cui si va alla ricerca; c) avere un metodo di ricerca che dia un risultato certo. Si spiega, in tal modo, perch avviene che determinate situazioni oggi rilevabili e che possono dar luogo allapplicazione di sanzioni, non lo siano state per il passato. Ci avviene, perch per il passato taluni dati non erano ricercati, non essendo ancora chiara la loro rilevanza, e perch non erano state messe a punto metodologie di ricerca attendibili. Di ci si deve tenere conto quando si dispone nel processo unindagine, affidandola allesperto. Il rischio ulteriore sta nel sempre maggiore distacco tra le conoscenze comuni del giudice e quelle specifiche del consulente, tale che diventa difficile, se non impossibile al primo di svolgere il controllo da peritus peritorum che il presupposto, a met strada tra lillusione e lipocrisia, della disciplina positiva dellistituto. Laccertamento e la eventuale valutazione del consulente finiscono per tale strada col risolversi a posteriori in una sorta di prova legale, giacch il giudice non ha gli strumenti per poter sindacare loperato del consulente. Esistono rimedi? Si pu limitare il pericolo per tre vie: a) curando la specializzazione del giudice e perseguendo soluzioni ordinamentali per le quali le controversie che comportano conoscenze specialistiche siano affidate ai giudici che ne hanno dimestichezza; b) costruendo un sistema rigoroso, nel quale sia garantita uneffettiva partecipazione in contraddittorio delle parti, per lindividuazione dellesperto scelto da albi nei quali non sia iscritto chiunque, dotato di un titolo abilitativo, abbia fatto domanda; c) dando spazio alle osservazioni dei consulenti di parte, che quello dufficio deve essere obbligato a prendere in considerazione e a contrastare motivatamente. Ma il pericolo non pu essere eliminato, soprattutto nel nostro Paese nel quale, per molte ragioni che non possibile qui investigare, difficile organizzare il lavoro degli uffici giudiziari tenendo conto, nellaffidamento degli incarichi, delle specifiche competenze dei giudici (soluzione che nei numerosi piccoli tribunali esistenti

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dovrebbe passare inevitabilmente per il potere del capo dellufficio di assegnare ad personam la controversia). Diffido, poi, della presunzione del giudice superesperto, quale spesso viene in rilievo nel campo dellaccertamento della colpa professionale, e soprattutto di quella medica. Mi capitato, ad esempio, di conoscere di un caso nel quale il primo consulente aveva ritenuto di accertare una responsabilit medica (recte, di trarre dai dati oggettivi esistenti, trattandosi di un parto dal quale era nato un bambino handicappato e poi morto, le conclusioni in ordine allo svolgimento del parto e alle responsabilit del medico). Affermata la responsabilit da parte del primo giudice, il medico aveva proposto appello e, avvalendosi dellapporto del proprio consulente, aveva chiesto che si procedesse a rinnovazione della consulenza. La Corte aveva acceduto alla richiesta, nominando un diverso consulente, che era pervenuto a conclusioni del tutto opposte rispetto al primo. Di qui la richiesta dellattore originario di procedere a nuovo controllo peritale, ammesso dalla Corte con la nomina di un terzo consulente e conclusosi con la conferma della seconda perizia. A questo punto la Corte, dichiarandosi non convinta delloperato del secondo e del terzo consulente, ha ribadito la decisione del primo giudice sostanzialmente ripetendo le valutazioni del perito originario. Nulla di straordinario o di eccezionale, ci sarebbe da chiosare, posto che il giudice ha il compito istituzionale di sindacare loperato del consulente e non di accettarlo supinamente. Non cos, ove si ponga mente al fatto che, in questo come in molti altri casi simili, il dato probante assai poco rappresentativo, cos che prevale la catena inferenziale che porta alle conclusioni. Non mi sembra, allora, che il ragionamento dellesperto (e del giudice con lui) debba essere diverso da quello che lart. 2729 c.c. pone a base del ragionamento presuntivo e che pretende la gravit, precisione e concordanza degli indizi o, come si conclusivamente stabilito, lunivocit anche dellunico indizio di cui si a disposizione, da valutare, nel nostro caso, sulla base di criteri tecnici e/o scientifici, e non con un ragionamento di tipo intuitivo, che si impone non per la forza delle argomentazioni, ma per la sola autorit della fonte. 11. Il discorso finora svolto ha perseguito un chiaro obiettivo, che quello di dimostrare che le prove ematologiche, del DNA, attraverso letilometro, il sonogramma e altro metodo scientifico di ricerca non sono prove nuove , giacch il dato probante resta pur sempre la persona o la cosa, che lart. 118 rende utilizzabile a fini probatori, ma sono metodi di ricerca sulla o dalla persona o cosa per estrarre i fatti rilevanti e bisognosi di prova. Ed apprezzabile che il legislatore si sia ben guardato dallindividuare quali sono i metodi di ricerca utilizzabili, che seguono il progresso della scienza. Nellammettere il ricorso a tali metodi bene altres che i giudici siano prudenti. I rischi della c.d. junk science costituiscono fonte di esercitazione presso i giuristi del mondo anglosassone, nel quale, per il diverso approccio allutilizzazione dellexpert witness, il giudice spesso chiamato a distinguere

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lesperto serio dal ciarlatano prezzolato. Questi rischi sono meno evidenti nel nostro sistema, nel quale il ricorso al consulente filtrato da una preventiva valutazione del giudice. Cos, riguardando la vicenda con locchio dello storico, da apprezzare che soltanto a partire dagli anni ottanta i giudici abbiano ammesso che la prova del DNA utilizzabile non solo per escludere la genitura, ma anche per affermarla positivamente. Le incertezze della giurisprudenza erano provocate, a mio parere, non da una timidezza in ordine allammissibilit di una prova nuova (che tale non era), ma dal bisogno di essere sicuri dellaffidabilit di un metodo di ricerca, che, cos come stato ammesso, non lascia spazio a libere valutazioni in un settore, quello della filiazione, in cui non bisogna fare errori e creare illusioni o dar vita a delusioni, che possano segnare in maniera irreversibile la vita di un individuo. 12. Tra le prove nuove si annoverano quelle che rientrano tra i tipi conosciuti dalla legge, ma che trovano ingresso nel processo attraverso una via di acquisizione diversa da quella legale. Ci si chiede, ad esempio, se possa una testimonianza essere sostituita da una dichiarazione scritta del testimone, cos come ammette lart. 819-ter, oppure se possano essere utilizzate le prove raccolte dinanzi al giudice incompetente o in altro processo tra le stesse o tra parti diverse o gli accertamenti fissati in una sentenza resa in un diverso processo. facile sottolineare che qui non si tratta di prove nuove , ma di modalit di assunzione non previste dalla legge. Il discorso si potrebbe chiudere a questo punto, perch sarebbe troppo facile osservare che se la legge ha previsto un modello di acquisizione, questo un modello esclusivo, che non prevede alternative. Ed tale vuoi perch lunico che garantisce la percezione diretta della prova da parte del giudice, vuoi perch il modello che offre alle parti la possibilit di esercitare in maniera adeguata il diritto di difesa. Luso del condizionale nasce dalla prassi, talora avallata dalla dottrina, secondo la quale non possono essere disperse a cuor leggero prove che possono contribuire alla formazione del convincimento giudiziale. Ma la prassi ha anche altre giustificazioni. In un recente convegno organizzato dal CSM per mettere a confronto esperienze e prassi giudiziarie tra vari paesi europei, mi capitato di sentire che i giudici francesi fanno ricorso alla testimonianza scritta, perch spesso il testimone non si presenta a rendere la dichiarazione per cui sembra di capire per quei giudici lo scritto meglio che niente ( un po il ragionamento sottostante al nostro art. 819-ter). E lo studioso che valuta criticamente queste prassi ritenuto fuori dalla realt, perch non si rende conto che, nellepoca convulsa in cui viviamo, non possibile pretendere dal cittadino autenticamente disinteressato di perdere il suo tempo, mettendo nel conto anche la possibilit di rinvii, per rendere testimonianza. Latteggiamento comune quello della fuga. Rifuggo da astrazioni e d atto che il problema reale. Finora non abbiamo fatto molto per risolverlo e cos ci siamo affidati ad una oscillante giurisprudenza che a volte sbarra la strada a tali prove, pi spesso d ad esse ricono-

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scimento, talora depotenziandone il valore e facendole degradare al rango di indizi. Pi produttivo mi sembra latteggiamento di chi cerca di fissare alcune regole, quali ad esempio quelle che rendono possibile lutilizzazione di tali prove quando lassunzione diretta sarebbe impossibile o troppo difficile o eccessivamente dispendiosa e che ne fissano un valore probatorio minore, nel senso che il giudice le pu porre a base del suo convincimento a condizione che i dati forniti siano univoci e non siano in contrasto con quelli emergenti dalle prove raccolte nel processo e in contraddittorio delle parti. Pi che ad una prova inferior, penso ad una prova utilizzabile in via sussidiaria, e cio in mancanza di altre prove e in mancanza di elementi che la contrastino. Per quanto riguarda i documenti redatti da pubblico ufficiale fuori dalla sua competenza di certificatore, mi sentirei di caldeggiare la soluzione per la quale la competenza del pubblico ufficiale il presupposto della fede privilegiata, cos che quando essa manchi il documento non ha efficacia pienprobante. Ci non comporta, per, che sia affatto privo di forza probatoria. Anzi, a mio avviso, il giudice pu correttamente farne oggetto di libera valutazione al fine della formazione del suo convincimento. Un posto a parte merita latto notorio. La partecipazione allatto del pubblico ufficiale mira a dare certezza che un determinato soggetto si presentato a lui e ha reso una dichiarazione, ma non potenzia il valore probatorio della dichiarazione. Questultima resta dichiarazione di un soggetto estraneo al processo che dovr essere valutata di per s e indipendentemente dal fatto che sia stata raccolta nellatto. 13. Il rapido esame che ho svolto sulle prove nuove mi induce a qualche riflessione ulteriore. La maniera tradizionale di concepire la scrittura ben ne coglieva limportanza, perch la sottoscrizione non solo confermativa dellimpegno a far propria la dichiarazione, ma si pone come elemento di chiusura di un testo consapevolmente cristallizzato ed eventualmente destinato allutilizzazione nel mondo esterno. Lo scolpire nel bronzo o nel marmo, ricordiamolo, era il modo con cui, secondo la tradizione, gli antichi hanno consegnato al futuro le leggi e i comandamenti anche per fissarne in maniera definitiva la consistenza. La scienza ha portato a smaterializzare la scrittura e a togliere sostanza al segno grafico, cos che vi sono altri e diversi metodi per cogliere lespressione del pensiero e per conservarla. La disciplina sulle riproduzioni e quella sul documento informatico hanno seguito questa evoluzione, cercando di dettare regole probatorie appropriate. Di conseguenza, quando leggiamo nellart. 210 c.p.c. che negli stessi limiti entro i quali pu essere ordinata a norma dellart. 118 lispezione di cose in possesso della parte o di un terzo, il giudice istruttore, su istanza di parte, pu ordinare allaltra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria lacquisizione al processo , saremmo portati a ritenere che la disposizione sia utilizzabile anche per ottenere lesibizione di

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riproduzioni (penso in particolare a quelle magnetofoniche e, quindi, alle intercettazioni) o di documenti informatici (attraverso lacquisizione della memoria). Il limite fissato dallart. 118 quello del danno grave per la parte o il terzo o quello determinato dallesistenza di un segreto tutelato per legge. E una volta ammessa la possibilit di acquisizione per ordine del giudice, si potrebbe anche ammettere la produzione ad opera della parte della riproduzione o del documento informatico, di cui sia venuta in possesso senza grave danno dellaltra parte o del terzo e senza che ci comporti violazione di segreti protetti. Del resto, lart. 2712 cos come il d.P.R. n. 445/2000 danno rilievo alla contestazione che ha per oggetto il documento, non il suo possesso. In proposito, mi sembra degno di attenzione il rilievo che nellepoca attuale, in cui i rapporti giuridici (nazionali e internazionali) esigono una tutela sempre pi rapida e nel contempo si accresce la domanda di unefficace repressione di illeciti, a fronte di una criminalit tecnologicamente sempre pi esperta, il sacrificio di prove rilevanti (e molto spesso decisive), per effetto di regole di inutilizzabilit o di esclusione non codificate da norme processuali, ma implicitamente desumibili da altre fonti (ad es., dalle garanzie fondamentali dellindividuo), si avverte come un prezzo socialmente troppo elevato, perch lo si possa imporre con efficacia generale, in virt di semplici deduzioni ermeneutiche . Il nostro codice cd. della privacy (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) intervenuto fissando regole di esclusione, che eliminano o riducono la possibilit di prassi lesive delle garanzie fondamentali dellindividuo; ma si tratta di una normativa assai complessa, ed il cui esame non rientra nei limiti di questo scritto. Basta sottolineare che gli artt. 210 e 118 c.p.c. devono fare i conti anche con le richiamate regole di esclusione. Tuttavia, le innovazioni scientifiche nel campo della trasmissione a distanza delle dichiarazioni con la conseguenziale possibilit di intrecciare relazioni e dare impulso a contrattazioni, transazioni commerciali, spostamenti di ricchezza ecc. ci pongono di fronte a nuovi problemi, per i quali non sempre facile rinunciare allutilizzazione di prove rilevanti per il rispetto delle garanzie della persona. Al diritto spetta di fissare ragionevoli punti di equilibrio, che non sono eterni, ma collegati alle esigenze che la storia propone. In conclusione, c stata unepoca, ai primordi, in cui si aveva soltanto il giudizio. Le conquiste della civilt ci hanno portato a ritenere che non ci pu essere giudizio senza processo e, quindi, senza prova acquisita nel processo attraverso strumenti ogni giorno di pi razionali e rispettosi delle esigenze della difesa. Il processo divenuto un valore a s stante, da difendere con ogni energia. Nel farlo non dobbiamo, per, cadere nelleccesso opposto e avallare che, per un suo culto eccessivo, si finisca con lavere una prevalenza del processo sul giudizio o addirittura un processo incapace di pervenire al giudizio. Lattuale esperienza del nostro processo penale significativa.

GIOVANNI VERDE

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