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DIRITTO PENALE 04/10

SCELTE DI CRIMINALIZZAZIONE DEL LEGISLATORE


Dettate da una serie di presupposti . vi è un accresciuto grado di allarme che certi comportamenti
hanno da parte della società.
Esse vengono gestite sulla base delle reali esigenze della collettività. C’è una fase storica che è
quella attuale, comunemente denominata POPULISMO PENALE. E’ una tendenza del legislatore di
introdurre ipotesi di reato alla ricerca di un diffuso consenso nella popolazione. Lo strumento
penale non è più un fattore limitato sul piano della extrema ratio , ma di recente si assiste a un
distorcimento dello strumento penale, risultato del populismo penale, che tende ad un uso
debordante del diritto penale ai fini del CONSENSO (POPULISMO PENALE). La degenerazione del
sistema va sotto il nome di giustizialismo. Ciò determina una serie di conseguenze difficili da
controllare. Il populismo penale tende a una evidente espansione di tutto il sistema penale. Si
cerca di introdurre disposizioni di carattere penale per lanciare un monito di deterrenza a tutti i
possibili trasgressori. Vi è una espansione incontrollata di tutto il sistema penale, che condiziona le
scelte di libertà del cittadino . la distorsione è tanto piu palese quanto piu si insiste sulla
legislazione COMPLEMENTARE. Oggi le norme sono disperse nella legislazione complementare e
ciò rende difficoltosa la possibilità di rintracciare le norme , con un innalzamento della possibilita’
di ERROR IURIS.
Il secondo inconveniente è che più legislazione c’è, minore sarà la capacità di dominio che puo’
avere l’interprete, perché’ è il legislatore stesso che introduce disposizioni in concorso con altre,
non dettando le cd disposizioni di coordinamento e transitorie. Il legislatore non abroga neanche
norme precedenti che sono chiaramente in conflitto con quelle successive.
Un ulteriore elemento è che la proliferazione impedisce al giudice penale di occuparsi dei fatti piu’
importanti . le risorse vengono disperse e il legislatore è chiamato a snellire la materia penale e
allo stesso tempo è chiamato alla penalizzazione dei comportamenti. Se non c’è un controllo e la
macchina giudiziaria è ingolfata dal numero eccessivo di procedimenti penali, cio’ comporta anche
una erosione del principio della riserva di legge PARLAMENTARE e un proliferare di attività
esecutiva tramite decreti legge e legislativi. Il potere esecutivo travalica le prerogative del
legislativo. L’alterazione dei rapporti sulla separazione dei poteri è una dei motivi principali della
messa in crisi del principio della STRETTA LEGALITA’. È intervenuta la riforma Cartabbia che cerca
di mettere ordine sulla materia e si muove nell’ambito di quegli istituti tra il diritto penale
sostanziale e il diritto processuale penale , modificati tramite tale riforma. Essa ha cercato di
introdurre misure per lo snellimento della materia penale e velocizzazione degli atti processuali
penali. D’altra parte la riforma in termini di scopi della pena ha dato risposte in ordine a un’altra
emergenza: qurlla carceraria. Le sanzioni penali vengono scontate nelle carceri quando la sentenza
è passata in giudicato. Il sistema carcerario prevede la pena definitiva e misure di coercizione che
riguardano la privazione della liberta’ personale in sede cautelare , sulla base di determinati
presupposti (possibile fuga del condannato..). in tal caso si tratta di persone che possono vantare
di avere a dispisizione il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva di condanna.
Bisogna essere rispettosi del principio di presunzione di non colpevolezza. Uno dei tentativi fatti è
stato quello di introdurre istituti alternativi al carcere per far scontare la pena in un modo diverso
da quello della restrizione della libertà. Il sistema penale se trattato in maniera inadeguata puo’
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subire degenerazioni . poiché la posta in gioco è molto alta, che al legislatore sia sfuggita di mano
la materia penale. È cosa molto grave.
Tutto il sistema penale si fonda su un precario equilibrio, quello del carattere di deterrenza insito
nelle sanzioni penali e dall’altro lato le garanzie che devono essere salvaguardate riguardo un
trattamento non disumano di coloro sottoposti alla pena. Tutela della collettivita’ attraverso un
sistema DISSUASIVO MA ANCHE CHE VADA A TUTELA DELLA PERSONA UMANA. Art 27 c 3 (scopi
della pena) “la responsabilità penale è PERSONALE (COMMA 1) e la pena deve tendere alla
RIEDUCAZIONE DEL CONDANNATO E COSTUI NON PUO’ ESSERE SOTTOPOSTO A TRATTAMENTI
DISUMANI” . LA pena deve tendere quindi alla rieducazione del condannato, ergo ha una funzione
rieducativa prima di tutto. La si deve applicare non per annientare l’individuo e ridurlo allo stato di
inoffensività assoluta; si deve invece ricondurre “all’ovile” l’individuo che abbia compiuto una
condotta di devianza sociale. La pena non puo’ avwre un carattere afflittivo tanto da determinare
la ricaduta del reo nel reato; non puo’ avere una funzione DESOCIALIZZANTE. Il tentativo di
marginalizzare il reo è stato un tratto che ha contraddistinto il cd diritto penale del NEMICO: esso
era srato delineato dal legislatore statunitense dopo l’attentato alle torri gemelle del 2001:
l’individuo terrorista, una volta individuato, non viene sottoposto a procedimento penale (con
relative garanzie) , ma lo si mette a disposizione della polizia giudiziaria, che mettono in situazioni
di restrizione della libertà personale di tali soggetti . il condannato deve essere sottoposto a un
programma rieducativo, anche attraverso il lavoro; è un sistema curativo della devianza SOCIALE .
INEFFETTIVITA’ DEL SISTEMA PENALE proliferazione che determina un’elefantiasi della crescita
della materia penale e quindi l’impossibilita’ di controllarla. Come si produce tale inefficacia?
Attraverso una proliferazione di disposizioni di carattere penale. Tale situazione si produce
attraverso una produzione incontrollata che va dietro tutti gli episodi di sicurezza che scaturiscono
dalla collettivita’. L’inefficienza è data anche dal fatto che le norme penali hanno tutte il carattere
della necessità ed urgenza, al contrario del carattere della stabilità ricercato nella materia penale.
Cio’ determina una sciatteria del sistema normativo , che non ha tempo di ben “confezionare” le
norme. Inoltre, tutta la legislazione penale degli ultimi anni è stata introdotta da decreti legislativi :
il legislativo si limita talvolta ad un controllo sostanzialmente privo di effettivita’. Le norme sono
scritte inoltte in modo contorto; si assiste a una descrizione debordante, nel senso di troppo
prolissa. La norma va ricostruita attraverso una esegesi, in quanto rimanda a cascata ad una serie
di altre fonti . c’è una notevole osmosi tra disposizioni di carattere penale ed extra penale. C’è
difficolta nel ricostruire la norma REALE. Se le norme penali non sono coordinate con quelle extra-
penali, o non possono essere applicate ; o interviene il legislatore introducendo norme di
coordinamento e transitorie per scogliere il contrasto ; o il tutto viene consegnato
all’interpretazione giudiziaria (come spesso accade).
I problemi seguenti hanno una ricaduta sul principio di legalità in materia penale. È il rispetto di
tale principio che veramente garantisce una applicazione equanime del sistema penale. Da
sempre, norme costituzionali riconoscono il principio di legalità come baluardo delle garanzie in
materia penale. Viene espresso tramite brocardi (nessuno può essere punito se non in forza di una
legge entrata in vigore prima del fatto commesso art 25; tale principio era già riconosciuto dal
codice penale fascista del 1930). nel regime sovietico vi era una violazione del principio di
legalità .nell’ordinamento italiano, l’art 1 e l’art 199 cp sono disposizioni che ancora prima della
costituzioni sanciscono l’intangibilità del rispetto pieno del principio di legalità in materia penale.
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Tutti i corollari del principio di legalità spiegano il significato dell’enunciazione “nessuno puo’
essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.
Le norme sono la 199 cp (che apre tutta la parte di tutte le misure amministrative di sicurezza) e
l’art 1 cp
L’altro punto di riferimento normativo è l’art 25 della costituzione; c’è una inversione cronologica
rispetto alla sistemazione delle fonti . le norme che per prime sono state introdotte sono quelle del
codice penale. Ribadisce il riconoscimento del pr di legalità.
Il riconoscimento non è scontato, in quanto in alcuni regimi autoritari (solo in quello italiano il
legislatore non ha ceduto alla tentazione di mettere a repentaglio il pr di legalità)è stato messo in
discussione. Il riconoscimento in un sistema di check and balances è circondato da altri corollari
del pr di legalità e il pr di legalità trova il suo contraltare nelle garanzie che devono essere
riconosciute all’individuo, affinché si possa legittimare l’inflizione delle sanzioni penali.
Il sistema penale deve avere un bilanciamento affinché non diventi un sistema vessatorio; una
delle principali decisioni di regimi autoritari del passato è quella di usare il sistema penale come
strumento di autoritarismo , con un conseguente sovvertimento del principio di legalità. Il
riconoscimento delle garanzie passa attraverso il riconoscimento del principio di legalità, che serve
a evitare degenerazioni del sistema penale. Quali sono le garanzie che il sistema riconosce , al fin e
di non far apparire il sistema penale come ingiustificatamente vessatorio?
Il sistema penale non si può fondare su un numero aperto di illeciti, che si fondano su clausole
evanescenti: le fonti della responsabilità penale no ruota intorno a formule evanescenti. Nel
passato vi è stato un episodio significativo: al termine del primo conflitto mondiale , Guglielmo II
era stato accusato di essere responsabile di aver scatenato una guerra nei confronti del resto
dell’Europa. All’epoca furono , in assenza di codificazione dei crimini internazionali, mosse le
seguenti accuse: di aver violato la SANTITA’ DEI TRATTATI . tale contestazione non era scritta in
alcun testo normativo e non rispettava i principi collegabili alla legalità penale: Guglielmo II non fu
mai quindi sottoposto a procedimento penale.
In quella circostanza si affermò l’inconsistenza delle accuse, mosse sulla base di “descrizioni”
troppo evanescenti. (LEX STRICTA ET SCRIPTA )
Formule vaghe (es, santità dei trattati) sono nozioni e descrizioni di fatti talmente evanescenti da
non poter essere rispettosi del pr. Di legalità.
Se la legge penale non descrive in modo dettagliato un comportamento, non entra in gioco solo la
violazione del pr di legalità , ma anche lo scardinamento di altri principi costituzionali (es. principio
di uguaglianza). Tutti hanno diritto ad essere sottoposti a una legge uguale per tutti e sulla base di
una legge che sia entrata in vigore prima dei fatti commessi. Si deve essere inoltre (PRINCIPIO DEL
GIUDICE NATURALE PRECOSTITUITO PER LEGGE) giudicati da un giudice che sia stato costituito
prima della commissione del fatto. Nell’art 24 cost vi è il riconoscimento del fatto che il giudice
deve essere costituito prima del fatto commesso. Tale principio è strettamente connesso a quello
di legalità. I tribunali ad hoc comportano una palese violazione di qualsiasi tipo di garanzia e del
rispetto del principio di legalità. Si intravedono quindi i corollari del principio di legalità:

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NESSUNO PUO’ ESSERE PUNITO SE NON IN FORZA DI UNA LEGGE (PRINCIPIO DI RISERVA DI LEGGE
 LA LEGGE E’ LA FONTE DA CUI PROMANA IL SISTEMA DELLE LEGGI PENALI. Si devono escludere
addirittura gli atti aventi forza di legge)
CHE SIA ENTRATA IN VIGORE PRIMA DEL FATTO COMMESSO vi è il pr della IRRETROATTIVITA’
DELLA LEGGE PENALE  la legge penale non dispone CHE PER L’AVVENIRE . in caso contrario, si
porrebbe il consociato nella condizione di non essere sicuro su ciò che è illecito o lecito
penalmente.
FATTO COMMESSO il diritto penale si occupa di comportamenti materiali ACCERTABILI;
principio di materialità’ e necessaria offensività del sistema penale. (COGITATIONIS POENAM
NEMO PATITUR) NELL’ART 21 DELLA COSTITUZIONE si garantisce il pr di libertà di
manifestazione del pensiero.
Le garanzie sorgono in primis dal pieno riconoscimento del pr di legalità , in tutte le sue
sfaccettature. I corollari di tale principio sono 4:
1) DETERMINATEZZA , TASSATIVITA’ , PREGNANZA E CHIAREZZA DELLA LEGGE PENALE  è
obbligo del legislatore introdurre disposizioni di carattere penale che facciano riferimento a
fatti che siano puntualmente descritti e con un livello di descrizione sufficientemente
determinato, che non lasci adito ad incertezze. Le norme devono inoltre essere applicate in
modo tassativo dal giudice . i caratteri di pregnanza e chiarezza fanno riferimento al fatto
che le norme non devono lasciare spazio a dubbi interpretativi. Es art 604 cp (è stato
dichiarato incostituzionale per la sua mancanza di pregnanza e chiarezza).
2) DIVIETO DI ANALOGIE IN MATERIA PENALE il sistema risponde a parametri di certezza;
l’art 14 delle preleggi stabilisce che le leggi penali e eccezionali non sono suscettibili di
interpretazione analogica. Clausole come patti analoghi o casi simili non hanno alcun tipo
di ingresso nel sistema penale. Nell’art 2043 cc dal punto di vista della descrizione è un non
senso dal punto di vista della legge penale, facendo riferimento a “qualsiasi fatto doloso o
colposo..”
3) IRRETROATTIVITA’ DELLA LEGGE PENALE la legge penale non dispone che per l’avvenire;
a meno che l’applicazione retroattiva non abbia a che fare con l’applicazione di una legge
PIU’ FAVOREVOLE AL REO. L’aver condannato a morte i nazisti e l’istituzione di tribunali ad
hoc rappresentava una palese violazione del principio di legalità e del principio del giudice
naturale precostituito per legge.
4) RISERVA DI LEGGE STATALE IN MATERIA PENALE “ nessuno può essere punito se non in
forza di una legge..”  la materia penale non può che trovare la sua collocazione legittima
nelle leggi. Sembrerebbe che tale tipo di riserva sia assoluta: la legge è unica fonte di
produzione e di cognizione delle norme penali. Si fa riferimento alla legge ordinaria e
costituzionale. Realisticamente, oggi non si può parlare di una riserva assoluta. La legge
penale oggi è gestita piu’ attraverso decreti legge e decreti legislativi. La crisi del pr di
legalità si fonda sulla progressiva erosione del corollario della riserva di legge statale in
materia penale.
I corollari sono tutti aspetti che sono entrati in crisi: soprattutto a causa de il ricorso
sistematico del legislatore al sistema penale come sistema di pura deterrenza . di recente la
normativa introdotta (es. normativa “SPAZZA CORROTTI”) diventa una forma di

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penalizzazione a tappeto, per rispondere alla sempre più crescente sete di giustizia. Il
sistema penale ha perduto la sua vocazione: quella di diritto che si riferisce al nocciolo duro
dei fatti che davvero costituiscono reato. Cio’ determina la paralisi del sistema. C’ è stata
una diaspora delle norme di carattere penale dal codice, in quanto oggi esse sono disperse
in maniera tale da non consentire l’agevole individuazione.
Anche il principio di separazione dei poteri passa attraverso il riconoscimento del pr di
legalità e dei suoi corollari: la separazione dei poteri consente un sistema di check and
balances . se si consente all’esecutivo di partecipare alla formazione della legge penale, ciò
determina una prevaricazione del potere esecutivo sul legislativo. non vi è più la
distinguibilita’ nitida tra poteri dello stato. Anche il potere esecutivo e giudiziario sono
divenuti indiscussi protagonisti nella formazione della legge penale.
Come opera in concreto il pr di legalità? “nessuno puo’ essere punito SE NON IN FORZA DI
UNA LEGGE..” al fine di applicare in modo democratico sanzioni privative della lib.
Personale, affinchè si abbia un sistema garantito, la fonte da cui promana la sanzione
deve essere la legge ordinaria o costituzionale. Si fa riferimento sia alle fonti di produzione
che alle fonti di COGNIZIONE (testi in cui si puo’ rintracciare la fonte da cui promana la
legge penale); se si guardasse al termine legge da un punto di vista esegetico, il significato
tecnico da dare al termine legge è indiscutibile. Per legge si intende legge costituzionale o
ordinaria. Dovremmo già escludere gli atti aventi forza di legge. Su questo punto , se si
arrivasse alla conclusione di intendere per legge solo le leggi cost e ordinarie, dovremmo
pensare che solo tali fonti siano deputate alla formazione della legge penale. Nella prassi
non è cosi, in quanto molte leggi sono state introdotte attraverso disegni di legge e disegni
legislativi. La riserva di legge, nel primo caso, sarebbe assoluta. Se osserviamo però che la
legge penale nella prassi promana da disegni di legge e disegni legislativi, ci si dovrebbe
attestare su un tipo di riserva non piu’ assoluta, ma relativa. Da tempo, il sistema stesso del
bicameralismo perfetto è entrato in crisi; si è provato a redistribuire la competenza della
produzione normativa , in funzione anche del principio della riserva del codice. Il sistema
farraginoso è ancora attuale e si sono previsti sistrmi piu’ celeri di produzione delle norme,
con la possibilità di estendere anche agli atti aventi forza di legge la possibilità di assurgere
a fonti di produzione della legge penale, dando una risposta piu’ celere alle esigenze della
comunità. Vi è uno scivolamento verso il basso del livello delle garanzie: ci sono sistemi
alternativi di normazione rispetto all’iter parlamentare; dobbiamo assestarci sulla posizione
del riconoscimento del principio della riserva di legge TENDENZIALMENTE ASSOLUTA
tendenzialmente si riserva al solo potere legislativo la possibilità di influire sulla legge
penale; si ammette però che tale possibilità sia data anche alle fonti cd equiparate alla
legge ordinaria, cioè gli atti aventi forza di legge. La garanzia della riserva di legge è data
dalla circostanza che l’esecutivo non ha alcun ingresso rispetto alla netta separazione dei
poteri : non vi è commistione dei poteri, in nome del principio del check and balances. Se
l’esecutivo ha tale ingresso, la netta separazione di poteri viene inficiata.
Sul piano sostanziale, la partecipazione dell’esecutivo alla produzione normativa crea altri
problemi: se guardiamo al meccanismo del decreto legge, esso ha una vigenza che è
temporanea e gli effetti derivanti dalla sua approvazione esplicano gli effetti
immediatamente , nel periodo di transito di 60 gg, termine entro cui bisogna procedere
alla conversione del decreto legge in legge ordinaria.

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Se non si procede alla conversione del d legge entro 60 gg, si ha un problema relativo alla
successione delle leggi penali nel tempo. Uno stesso fatto prima non costituisce reato, poi
lo diventa in modo transeunte e temporaneo a causa della vigenza di un decreto legge, poi
cessa di esserlo a causa della mancata conversione in legge. Si pone un problema di
ragionevolezza . c’è un’ulteriore prassi stigmatizzata, della riproposizione di decreti legge
invariati, senza emendamenti: se il decreto legge viene non convertito nei 60 gg e tuttavia
viene previsto di nuovo alla scadenza dei 60 gg, la corte costituzionale è intervenuta
affermando che non si può dilatare il termine della conversione, riproponendo un
medesimo decreto legge, senza emendamenti né modificazioni essenziali del decreto
legge. Tale prassi è stata stigmatizzata largamente dalla corte, essendo un attacco al
principio della riserva di legge e un aggiramento del principio di legalità.
DECRETO LEGISLATIVO anche qui vi è la partecipazione dell’esecutivo . il parlamento non
è piu’ il custode della legalità penale e vi è un cedimento del parlamento , che non fa altro
che ratificare scelte dell’esecutivo. Se pure sul piano formale si è garantito il rispetto del
principjo della riserva di legge, vi è una erosione del pr di legalità, perché non vi è piu il
monopolio del legislativo sulla normazione penale . la riserva di legge viene erosa sul piano
SOSTANZIALE. Ulteriori dubbi il rapporto tra esecutivo e legislativo nel decreto legislativo
, vi è una legge di delegazione predisposta del parlamento che individua i parametri di
riferimento e i paletti entro cui si deve muovere il legislatore delegato. Si pone un
problema di eccesso DALLA DELEGA inizialmente data dal parlamento al governo
significa che vi è stato una fuoriuscita del legislatore delegato rispetto a quanto stabilito dal
delegante. I parametri sono stati pretermessi. Tanto piu’ è ampia e generica la delega,
tanto piu’ sarà possibile da parte dell’esecutivo delegato adottare disposizioni anche oltre i
limiti della delega. Ci si muove entro una cornice indeterminata. È un tema concreto, che
non riguarda solo questioni generiche del riconoscimento del pr di legalità, ma fa
riferimento a una situazione in cui è possibile una prevaricazione dell’esecutivo rispetto al
legislativo. Anche dal punto di vista tecnico, la possibilità di erodere la riserva di legge puo’
avvenire anche con ulteriori modalità: c’è la possibilità che il potere della pubblica amm
puo’ influire sulla formazione della legge penale; dobbiamo rifarci alla gerarchia delle
fonti in che misura le fonti sub legislative possono partecipare alla formazione della
legge penale? È possibile che la attività normativa della P.A. possa partecipare alla
formazione della legge penale? Teoricamente cio’ non sarebbe possibile, non si potrebbe
pensare all’ingresso delle fonti sub legislative nella formazione della legge penale: si
parlerebbe in tal caso di RISERVA RELATIVA di legge. Tale situazione si può creare in alcune
tecniche di formazione della legge penale: è possibile che il legislatore delinei fattispecie
all’interno delle quali sono sistemati elementi normativi, per la cui specificazione o
spiegazione occorre rinviare a fonti diverse dalla legge penale , fonti esterne alla norma
penale. L’ambito di applicazione della norma è condizionata dalla spiegazione di quel
determinato elemento. Es. la normativa in materia di armi è una normazione che è
tributaria a una serie di tabelle depositate presso il ministero , una tabella che prevede
l’elenco di armi che rientrano nel novero delle armi improprie. In taluni casi, una fonte
normativa della P.A. in qualche modo puo’ avere una qualche sua efficacia in ordine alla
applicazione delle norme penali .

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Altro esempio decreto del pr del 1990 punisce spaccio e produzione di stupefacenti;
l’elenco di stupefacenti e sostanze psicotrope . per stabilire cosa si intende per sostanze
stupefacenti, bisogna rifarsi ad un elenco depositato presso il ministero.
L’ambito di applic della norma penale, dipende dalla minore o maggiore ampiezza
dell’elenco di sostanze depositato presso il ministero. Vi è un riflesso mediato della
normativa di fonte extra penale e sub legislativa rispetto all’ambito di applicazione della
norma penale.
La legge ordinaria rinvia per la specificazione di alcuni aspetti a fonti sub legislative, come
quelle che appartengono all’attività normativa della P.A. sono norme penali in bianco
prevedono che per la specificazione di alcuni elementi tecnici normativi della fattispecie, la
legge penale FACCIA RINVIO A FONTI SUB LEGISLATIVE , A FONTI NORMATIVE DELLA P.A. si
pone un profilo di possibile violazione della riserva di legge, in quanto una fonte sub
legislativa partecipa alla formazione della legge penale.
Vi è poi un’altra forma di integrazione, di etero integrazione della legge penale, quando la
norma rinvia ad una fonte esterna alla legge penale, che non è sub legislativa, ma
equiparata alla legge ordinaria. es. le norme contenute nel codice civile sono norme
equiparate alla legge ordinaria . il codice civile disciplina l’apparato normativo riguardante
sindaci, amministratori… si parla di etero integrazione, in quanto non vi è un problema di
violazione della riserva di legge. Si fa riferimento, per la spiegazione di elementi normativi
delle norme penali, ad una fonte non sub legislativa, ma equiparata.
Il problema della norma penale in bianco è che invece il rinvio avviene ad una fonte sub
legislativa: qui è possibile che si metta in crisi la riserva di legge, se tale tipo di normazione
tecnica non è ben governata. La corte cost ha chiarito che la riserva di legge non è
intaccata nel caso in cui la norma penale contiene la descrizione dell’evento punito in
modo sufficiente e il rinvio alla fonte sub legislativo ha una mera funzione di specificazione
elementi tecnici della fattispecie. Se invece la disposizione è generica nella descrizione del
comportamento punibile, e questo è invece descritto dalla fonte subordinata, cio’ non è
ammissibile e la norma sarà passibile di una questione di COSTITUZIONALITA’, perché la
descrizione del comportamento punibile è stata consegnata alla fonte subordinata.
Es. nei dpcm vi erano disposizioni che prevedevano l’applicazione di una disposizione
contenuta nel codice penale: art 650 (libro III), che riguarda le contravvenzioni, ipotesi di
reato meno gravi. La norma del dpcm fa riferimento all’inosservanza di provvedimenti
dell’autorità , provvedimenti che sono emanabili per motivi di sicurezza, sanità e ordine
pubblico si è contestata la legittimità di tali provvedimenti; ma la corte costituzionale ha
affermato che tali provvedimenti fossero legittimi , rientrando in quelli elencati dall’art 650.
FONTI EXTRA NAZIONALI
Se con “ in forza di una legge” SI INTENDE NON SOLO LEGGE ORDINARIA MA LEGGE
STATALE, è preclusa la possibilità che la materia penale sia gestita da fonti comunitarie.
Abbiamo un problema opposto: vi è un sistema sovra ordinato di norme che puo’ incidere
sulla materia penale; vi è l’impossibilità inoltre di comparazione tra fonti nazionali e fonti
comunitarie. Le fonti non sono equiparabili , perché le fonti sovranazionali hanno una
nomenclatura differente e non si puo’ individuare una corrispondenza. Allo stato attuale, vi
è un deficit di democraticità degli organi costituzionali comunitari ; non c’è neanche
corrispondenza tra organi costituzionali (l’attivita’ normativa attiene a organi , nell’ue, non

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eletti democraticamente, cioè il consiglio e la commissione europea). Se anche si facesse
un parallelo tra legge nazionale e regolamento comunitario (fermo restando che questo
non è prodotto di un dibattito parlamentare), non è stato ancora colmato il deficit di
democraticità degli organismi comunitari.
C’è un problema di cessione di porzione della sovranità statale (consacrato dall’art 11 della
costituzione italiana )alle istituzioni comunitarie. Cio’ puo’ avvenire tramite un trattato
internazionale ma tale tipo di percorso non è ancora stato intrapreso. Si pone quindi il
problema della possibile violazione della riserva di legge statale in materia penale.
Poiché le fonti nazionali sono le uniche deputate a produrre in materia penale, in che modo
la normativa sovra nazionale incide sulla produzione delle norme penali? Poiché non vi è
stata alcuna cessione da parte degli stati di porzioni di sovranità concernenti la produzione
di normativa penale , non esiste una potestà normativa in materia strettamente penale
dell’unione europea. Il primo punto da fissare è questp: poiché la sovranità non è stata
intaccata in alcun modo, rimane fermo il principio della riserva di legge statale. Questo
significa che anche allorchè bisogna rilevare degli interessi tout court sovranazionali, anche
in tal caso vige il principio di affidamento della tutela degli interessi comunitari al
legislatore nazionale. Questa conclusione non può essere messa in dubbio alla luce dello
sviluppo dei trattati dell’unione europea, pur essendoci stato un rafforzamento del diritto
di veto (e non di partecipazione) delle istituzioni della comunità europea. Non puo’
sorprendere che gli strumenti normativi

Esperienza di un sistema penale sovranazionale, quale lo statuto della corte penale


internazionale. I crimini internazionali sono il genocidio, i crimini di umanità e i crimini di
guerra. Un sistema di diritto penale sovranazionale esiste e tale sistema nasce con una
duplice vulnus dal punto di vista della irretroattività della legge penale e giudice naturale
precostituito per legge. Se esiste un tr internazionale che possa far ridurre la snovranità
statale al punto da erodere la riserva di legge statale in materia penale per il
raggiungimento di obbiettivi di carattere internazionale, tale tipo di convenzione non esiste
invece in ambito comunitario e non si puo’ riconoscere una potestà punitiva nel caso del
diritto comunitario. Molti stati non sono però partr della convenzione internazionale (es
cina) e anche l’ucraina non ne era parte, prima della annessione rafforzata attuata dalla
russia con la crimea. I rapporti che legano i rapporti di diritto penale nazionale e int si
basano sul pr di complementarietà (prevalenza della giurisdizione nalazionale; la resp
penale int scatta nel momento in cui nello stato rispetto a cui i fatti sono compiuti non si
garantiscono standard minimi di tutela dei d fondamentali. Se non cisono tali presupposti,
la resp penale internazionale non opera). Una giuris penale int esiste, e per altro era
necessario che le norme dello statuto della corte penale int trovassero attuazione
attraverso la legislazione penale nazionale. Il legislatore penale nazionale ha introdotto
incriminazioni che consentono di giudicare crimini internazionali in ambito nazionale.

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Rapporti tra legge penale nazionale e legge regionale e incidenza della consuetudine
rispetto alle fonti in materia penale
La legge regionale non è subordinata, ma è una normativa che a rigor di logica può essere
facilmente equiparata alla legge nazionale o costituzionale, venendo approvata da un
consiglio eletto democraticamente, secondo uno schema che replica le cadenze
dell’approvazione della normativa a livello nazionale. Qual è il punto di criticità ? c’è un
problema che si pone in maniera diversa: le fonti di carattere regionale replicano le fonti
nazionali, quindi non è tale il motivo di violazione della riserva di legge. Bisogna
considerare l’ambito spaziale delle leggi regionali: esse hanno una possibilità di
applicazione territorialmente delimitata alla regione rispetto alla quale il reg è stato
approvato: si pone il problema della violazione del principio di ragionevolezza (art 3): vi
puo’ essere una clamorosa disparità di trattamento derivante dalla applicazione della legge
penale regionale. È ammissibile ? in linea di massima no, perch ammettere la potestà
punitiva delle regioni significa introdurre un sistema differenziato, che determina chr
alcune disposizioni sia limitate nell’applicazioni ad un dato territorio e non ad un altro.
L’incidenza è di tipo mediato e riflesso: è possibile che le leggi regionali integrano la legge
penale nazionale, integrazione che ha degli effetti in bonam partem, cioe’ di ampliamento
della liceità dei comportamenti punibili o di riduzione. Il pr di legalità si spiega facendo
ricorso alle formule che fanno riferimento alla legge penale NAZIONALE O STATALE in
materia penale: vi è una sorta di sbarramento e di limite formale che non fa rintracciare
nessun tipo di potestà normativa delle leggi penali regionali.
Consuetudine altra fonte di carattere generale dell’ordinamento. Essa è la ripetizione
costante di un comportamento nella convinzione della sua giuridicità. Essa viene declinata
in una serie di articolazioni, a seconda degli effetti che ha rispetto alla fonte principale:
consuetudine praeter legem , contra legem , secundum legem.. in via di principio la
consuetudine non ha possibilità di ingresso nel sistema penale, in quanto il pr di legalità fa
riferimento alla lex scripta et stricta , cristallizzata in disposizioni rispetto a cui vi è un
controllo di costituzionalità sulla sua fattura. Non si puo’ concedere spazio alle
consuetudini in materia penale, contrariamwnte a voci che danno rilievo alla consuetudine
secundum legem. Cio’ riguarda quegli ordinamento giurisdizionali superiori che possono
costituire il cd stare decisis. Nel sistema leg spagnolo prevede già ora la possibilità di far
ricorso a cassazione rispetto all’applicazione del precedente. (recurso de ahamparo).di
recente, c’è una convergenza tra due sistemi : c’è una normativizzazione dei sistemi di
common law.

IRRETROATTIVITA’ DELLA LEGGE PENALE


“NESSUNO PUO’ ESSERE PUNITO SE NON IN FORZA DI UNA LEGGE ENTRATA IN VIGORE
PRIMA DEL FATTO COMMESSO” il combinato disposto non è piu’ solo tra art 25 cost e
199 cp ma anche l’art 2 del cp , che disciplina il fenomeno della successione delle leggi
penali nel tempo. Si fa riferimento quindi al principio di stretta legalità, che trova il proprio
contraltare anche nella cedu (art 7) e la disciplina delle leggi penali nel tempo, contenuta
nell’art 2 del cp. In via di premessa di ribadisce il fulcro della difesa del pr di irretroattività:
è un pr cruciale circa la difesa delle garanzie in materia penale : il sistema penale è un
sistema afflittivo, quindi la funzione di richiamo che la legge penale ha nei confronti dei

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consociati deve essere un richiamo certo, inequivoco (no adito a dubbi) e che orienti il
possibile destinatario e trasgressore, ammonendolo che se compie un certo tipo di
comportamento in un determinato periodo storico, tale violazione è minacciato dalla
possibilità di applicazione della legge penale al trasgressore. Tale sistema deve attuarsi
secondo parametri di certezza. Tempus regit factum. Qualsiasi consociato deve avere la
garanzia che potrà essere punito per quei fatti che al momento della commissione GIA’
COSTITUIVANO REATO.
AL momento della commissione dei fatti, deve esser sicuro e certo che la norma sia
applicata per i fatti compiuti dopo la sua entrata in vigore. La garanzia di ogni cittadino è
che se compie un fatto che secondo la legge posteriore costituisce reato, il cittadino ha la
garanzia che al momento della commissione dei fatti il fatto non fosse considerato e
previsto come reato. Solamente i fatti posteriori potranno essere sottoposti a
procedimento penale per quel fatto. Una cosa è una vera e propria nuova incriminazione
(introduzione di una nuova figura di reato prima non esistente, disposizione che ex novo
disciplina un fatto che prima non era previsto come reato fenomeno dell’art 25 e dell’art
2 cp la cd nuova incriminazione) . altra è l’introduzione di una nuova disp incriminatrice
che disciplina un comportamento con elementi di specificazione diversi e superiori rispetto
alla formulazione precedente. Nel primo caso vi è un vuoto normativo che viene colmato
dal leg; in tale srconda ipotesi una disp di carattere generale esiste nel sistema, e il sistema
per ulteriore specificazione e rafforzamento di tutela inteoduce una disposizione ulteriore
che richiama la disp precedente, specificandone alcuni elementi. È una norma speciale, piu’
dettagliata rispetto all’altra già presente nel sistema, da valutare come norma generale.
(fenomeno di successione).
Il cp detta la disciplina contenuta nell’art 2 cp, normativa coniugata col pr di irretroattività
della legge penale. La successione puo’ avere varie modalità, riguardando l’inserimento nel
sistema di un nuovo fatto di reato (nuova incriminazione) o riguardante fatto che cessa di
costituire reato. (abolitio criminis) . la abolitio criminis puo’ essere completa
decriminalizzazione del fenomeno (scompare dai fatti punibili quell’illecito prima previsto
come reato); c’è poi una ipotesi vicina , della cd depenalizzazione: il fatto cessa di costituire
reato, transitando dall’illecito penale a quello amministrativo: un certo fatto prima previsto
dalla legge come reato, cessa di costituire reato , non cessando di essere però un illecito,
essendolo dal punto di vista amministrativo. Vi è il fenomeno della necessità di ridurre la
materia penale, per avere un effetto deflattivo sui processi penali in corso. Il fatto viene
depenalizzato, come nel caso della legge 689 1981 che aveva previsto i criteri per
depenalizzare le cd contravvenzioni che fossero punite con la sola ammenda. (pena
pecuniaria). Si sono avuti altri interventi nel 99 ; uno molto recente ha previsto la
depenalizzazione del falso scrittura privata, l’ingiura.. che costituiscono cd illeciti civili
nascenti come ipotesi di reato. (illeciti civili da reato). Vi è poi una terza ipotesi , quella di
mera modifica di norme incriminatrici : contenuta nel cp , al c 3 art 2; oggi è scalata nel c
4.
C 1 art 2 si applica la legge penale che prevede una nuova incriminazione per i fatti
successivi all’introduzione della legge penale incriminatrice di quel fatto.

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Non puo’ retroagire una misura normativa che sia piu’ sfavorevole al reo, e la nuova
incriminazione è una normativa piu’ sfavorevole PER ANTONOMASIA, prevedendo per la
prima volta UN FATTO COME REATO.

C2 abbiamo una situazione che prevede gli effetti favorevoli al reo secondo una legge
posteriore: se un fatto cessa di essere considerato reato, per effetto di una legge
successiva, c’è una situazione di violazione del pr di uguaglianza e ragionevolezza. In questo
caso, l’abolitio criminis ha effetti retroattivi stabilendo la cessazione di punibilità per fatti
pregressi, per i quali sia addirittura stata prevista una sentenza penale irrevocabile. Se
l’abolitio criminis interviene, la pena deve cessare nella sua esecuzione. È come se il fatto
non fosse mai stato compiuto . cessano anche gli effetti penali della sentenza di condanna
(es. precedente ai fini della applicazione della 1va). Il legislatore ritiene talmente
dirompente il fenomeno della abolitio, da ritenere che questa debba travolgere pure il
giudicato, la cui intangibilità non vale piu’ , avendo efficacia preponderante la abolitio
criminis.
La abolitio criminis puo’ essere totale o parziale; è possibile che con legge posteriore il legislatore
non stabilisca la abolitio criminis totale, ma potrebbe prevedere che solo alcuni dei fatti rientranti
nella disposizione (fattispecie) vengono aboliti e altri vengono mantenuti nel sistema. Es. nel 2002
il legislatore mette mano al falso in bilancio.
Per distinguere tra abolitio criminis parziale e mera modifica della norma incriminatrice
dobbiamo far riferimento a teorie che si sono affacciate nel tempo.
Come distinguere la abolitio criminis dalla mera modifica della norma incriminatrice?
C 2 e c 4 art 2 il c 2 dell’art 2 stabilisce che quando si ha una vera e propria abolitio criminis, non
vale piu’ la irrefragabilità della cosa giudicata: il soggetto viene travolto dalla abolitio criminis e la
posizione del legislatore è talmente decisiva da far sì che il giudicato venga travolto da tale abolitio
criminis. La modifica posteriore interviene durante gradi del giudizio o quando su quel fatto già si
sia formato il giudicato. Poiché la posizione del legislatore è netta, stabilisce inequivocabilmente
che la abolitio criminis travolge il giudicato, l’esecuzione della pena cessa e vengono meno tutti gli
effetti penali della condanna. Tale conseguenza non vale nel caso di mera modifica delle norme
incriminatrici: al c 4 si stabilisce che se una legge anteriore e una successiva disciplinano il caso in
modo diverso, si applica la legge piu’ favorevole al reo: se c’è stato il giudicato, tuttavia, questo
rimane fermo e la regola che si applica è il principio del FAVOR REI, non piu’ il principio della
irretroattività della legge penale. Tale logica del favor rei fa sì che il legislatore consideri la mera
modifica come un fatto non cosi rilevante come la abolitio criminis . la scelta del legislatore è
molto piu limitata.per l’applicazione della logica del favor rei, la condizione è che la sentenza non
sia passata in giudicato, diversamente da quanto avviene nella abolitio criminis. Il legislatore fa
riferimento al plurale alle leggi posteriori, perché puo’ darsi che si ponga un problema di
successione non solo a due tempi, ma a varie forme di successioni.
NB  Un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo è quello del c 4 dell’art 2  c’è una
continuità del tipo illecito e il fatto non cessa mai di costituire reato: il legislatore si limita alla mera
modifica del trattamento sanzionatorio. Nel c 1 e 2 non si ravvisa una successione di leggi penali
nel tempo, ma una successione di LEGGI. (nel caso di nuova incriminazione e di abolitio criminis)
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Dobbiamo riguardo al fenomeno del c 4 risolvere un ulteriore quesito la disposizione non risolve
il problema dell’individuazione della legge piu’ favorevole tra tutte quelle poste in successione. Il
legislatore non fornisce criteri specifici per stabilire quando tra due leggi in successione una è piu
favorevole all’altra. Se si fa ricorso a criteri di carattere formale, si hanno ipotesi in cui la risoluzioje
del problema è inesplicabile. Bisogna enunciare un principio: nel valutare qual è la legge piu
favorevole, non bisogna solo fare una valutazione in astratto, ma guardare a ogni singolo effetto
penale che discende dalla sentenza penale di condanna, valutando rispetto a quel tipo di caso
giudiziario se in concreto l’applic della legge anteriore o di una posteriore sia piu favorevole IN
CONCRETO.
QUANDO SI tratta di stabilire tra due leggi in successione qual è quella piu favorevole al reo, il
giudice deve attuare una valutazione in concreto .
Problema ulteriore quando il giudice può stabilire tra due leggi se vi è stata abolitio criminis o
mera modifica di norme incriminatrici? SI SONO SUCCEDUTE ALMENO 3 TEORIE il giudice deve
rispondere al quesito seguente: tra leggi poste in successione, vi è stata o no continuità nella
punizione in sede penale di quel fatto oppure no? Negativamente , si puo’ assistere ak fenomeno
della abolitio; viceversa, siamo nell’ambito di applicazione del c 4.
Teoria del fatto in concreto si deve guardare alla cd mediazione del fatto concreto tra 2 leggi
poste in successione si deve fare un raffronto tra la prima legge e il fatto storico avvenuto;
procedere poi alla seconda valutazione, riprendendo il fatto e confrontandolo poi con la legge
posteriore, vedendo se vi è stata una continuità . legge anteriore e posteriore venfono
confrontate non tra di loro, ma rispetto al fatto che si è realizzato. La mediazione del fatto
concreto non puo’ mai mancare.
SCHEMA DA SEGUIRE Prima punibile—dopo punibile--- quindi SEMPRE PUNIBILE . IN MANCANZA,
CI TROVIAMO IN PRESENZA DI ABOLITIO CRIMINIS, totale o parziale a seconda che investa tutta o
una parte della classe dei fatti punibili.
Tale tesi è stata attaccata perché puo’ in determinati casi determinare la retroattività della legge
penale piu sfavorevole.
Continuità del tipo di illecito seconda tesi; affacciata nella dottrina tedesca e ripresa nel dibattito
scientiico italiano. Non prende in cons il fatto concreto ma fa un raffronto tra le due leggi poste in
successione. C’è un raffronto astratto tra fattispecie che si sussreguono nel tempo. Tale tesi quali
criteri indica ? quello della continuità del tipo di illecito, che implica di guardare alle caratteristiche
della fattispecie incriminatrice descritta, non guardando a ogni elemento ma solo alla tipologia in
termini essenziali ,alla generica figura di reato delineata. Si annovera tra gli elementi cruciali la
condotta punibile e il bene giuridico tutelato. Se rispetto ad essi vi è stata una modifica
significativa riguardo alla descrizione della condotta, vi sarebbe possibilità di dichiarare la abolitio
criminis. Se tale discontinuità non si rintraccia, le differenze di dettaglio non sono decisive e ci sarà
stata una mera modifica delle norme incriminatrici.
Tale tesi è approssimativa, non mettendo a raffronto ogni elemento strutturale della fattispecie.
Lascia discrezionalità al giudice in relazione ai parametri e criteri del bene gihridico tutelato e alla
condotta punibile.

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Terza tesi raffronto strutturale tra norme se si vuole valutare secondo criteri di certezza, il
raffronto da fare tra le 2 norme per giustapposizione deve avvenire per ogni elemento che
compone la fattispecie. Se vi è un raffronto tra le due e una permanenza costante di 8 elementi su
20 (es.) cio non puo’ far pensare ad una abolitio criminis, ma ad una mera modifica di norme
incriminatrici. Se dal raffronto vediamo che vi è non piu una convergenza anche solo parziale, ma
si tratta di due rette parallele, allora si dovrà dire che vi sia stata abolitio criminis. Guardando alle 2
fattispecie, il raffronto avviene secondo un criterio che è quello di SPECIALITA’. La specialità di una
norma puo’ essere per specificazione o specialità per aggiunta . la prima si ha quando l’elemento
strutturale della fattispecie permane nella disp nuova, ma viene descritto in modo piu dettagliata,
sicchè i casi riconducibili a quella fattispecie sono minori. Nella specificazione per aggiunta, si
aggiungono nuovi elementi strutturali nella fattispecie.
LEGGI ECCEZIONALI E TEMPORANEE questione tornata in auge per il riferimento alle norme che
prevedevano l’introduzione di fattispecie costituenti reato nei dpcm avutisi nel 2020.
Leggi penali eccezionali o provv d’urgenza non possono essere applicati analogicamente; anche in
tal caso si deve verificare la disciplina applicabile.
C 3 art 2 Successione tra 2 leggi che prevedono modificando il regime sanzionatorio, non piu’
pena detentiva ma pena pecuniaria.
Leggi eccezionali e temporanee c 5 deroga di notevole importanza, riguardo alle leggi temp e
ecc tutte le disposizioni nei comma 1 2 4 non si applicano ad esse. Le garanzie sottese nei comma
sopra detti non si hanno con riguardo a leggi eccezionali e temporanee.
C 6 Gli effetti della dic di incostituzionalità della c costituzionale seguono tale logica? Segue la
stessa disciplina della abolitio criminis.
Cosa avviene quando il leg interviene non direttamente sulla norma penale ma su leggi
extrapenali es. art 650 vi sono una serie di norme che sono piene di elementi cd normativi
della fattispecie, per la cui spiegazione occorre rimandare ad un’altra disciplina. Il leg non
interviene direttamente sulla modifica che investe la norma penale, ma guarda ad un’altra norma.
Es. concetto di cittadino extracomunitario . la norma penale passa attraverso la mediazione della
modifica della norma extrapenale; avviene che la norma penale contiene l’elemento normativo
della fattispecie; se si modifica in sede extrapenale la disciplina dell’elemento normativo, bisogna
far sì che cambi pure l’ambito di applicazione della norma penale. Si parla di successione MEDIATA
DELLE NORME PENALI .
Secondo un pr di garanzia, la disciplina dell’art 2 si estende anche al fatto che non si sia modificata
direttamente la norma penale, ma qelle extrapenali da essa richiamata.
La giuris distingue a seconda del tipo di norma extrapenale, facendo riferimento alla tesi della
incorporazione: se la norma penale incorpora o no la norma extrapenale.

APPLICAZIONE DELLA LEGGE PENALE RISPETTO ALLE PERSONE


Prima questione l’art 3 cp stabilisce la obbligatorietà della legge penale; la legge penale obbliga
cittadini stranieri e apolidi che si trovino sul territorio dello stato. È espressione del cd
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autoritarismo penale, della necessità che le disposizioni raggiungano tutti i destinatari
indistintamente. è una affermazione direttamente collegata al pr di territorialità e collegata alla
circostanza che la potestà punitiva dello stato si esercita nell’ambito della sovranità statale.
Rocco l’autorità dello stato nei confini nazionali ha a che fare con la circostanza che il braccio
armato della potestà statale si esercita nei confini nazionali ;
molte disp del codice penale sulla cooperazione giudiziaria tra stati sovrani riguardavano
l’estradizione o sistema delle rogatorie. Quest’ultimo sistema è oggi superato.
Se il pr è che tutti coloro, a prescindere dalla nazionalità che hanno, compiono un fatto nel
territorio italiano, sono sottoposti alla giurisdizione penale italiana.
Chi sono i destinatari della legge penale? Vi è un destinatario privilegiato e uno comune. Il primo è
il magistrato che deve applicare la legge penale secondo le norme vigenti; il destinatario comune è
il cittadino . tale schema è oggi entrato in crisi perché con una società piu’ articolata , oggi siamo in
presewnza di una evoluzione sociale che ha portato a una differenziazione dal punto di vista della
possibile destinazione delle norme a destinatari che appartengano a una certa etnia, aderiscano a
determinati valori.. (fenomeno del multiculturalismo).
C’è refrattarietà di tali soggetti a adeguarsi alla legge penale. Il dover conformare il
comportamento alla legge penale vigente deve cedere il passo a dogmi che per tali soggetti hanno
un’importanza inferiore rispetto ad altri principi morali o etici.
Se la legge penale si applica indistintamente a tutti, si pongono 2 profili problematici: quello
relativo alla possibilità che alcune cat di soggetti per una serie di motivi di carattewre politico o
istit possono usufruire di forme di guarentigia (esenzione dalla legge penale) ; le deroghe devono
discendere da un rigoroso rispetto del pr di legalità ed essere espressamente previste dalla legge.
Se non presidiate da regole severe, possono costituire forme di privilegio .
Altro profilo come intendere il termini persona? Viene in essere il pr della personalità della resp
penale. Dietro il termine “personale” bisogna compiere un esegesi.
Il primo profilo è quello delle immunità: esse sono cause di esenzione dalla possibile applicabilità
della legge penale a predeterminate categorie di soggetti, motivato da specifici presupposti di
legge. Soggetti che appartengono a una certa categoria non rispondono alle conseguenze derivanti
dalla applicabilità della legge penale.
Vengono in essere una serie di figure, di soggetti con rilievo sociale speciale: papa, pr, capi di stato
stranieri, corpo diplomatico di tutte le rappr diplomatiche.. essi godono della immunità. Si tratta di
cause di non punibilità motivate da ragioni di politica penale, discendenti da equilibri che
riguardano il rispetto di una serie di dettami e motivi di opportunità .
Bisogna distinguere tra immunità di carattere internazionale e di diritto pubblico interno: le imm di
carattere int sono dettate dalla necessità che lo stato italiano ai fini del mantenimento della pace
preveda guarentigie : il papa gode di immunità di carattere internazionale, in qualità di guida della
cristianità .
TrA QUELLE di diritto pubblico internazionale bisogna riconoscere quelle che riguardano i rappr
diplomatici e i capi di stato stranieri che siano in visita in italia.
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Immunità di d pubblico interno vi sono una serie di soggetti che in quanto rappr istituzionali, che
godono di immunità di d pubblico. Si richiama la figura del capo dello stato, che gode di una imm
di diritto pubblico interno, eccetto che per le ipotesi di alto tradimento e attentato alla
costituzione (esplicitamente previsti dalla costituzione). Bisogna distinguere tra immunità
funzionali ed extrafunzionali: le immunità dovrebbero esssree di carattere funzionale, limitate a
garantire l’immunità riguardo all’es. di quella funzione. L’immunità non si estende a fatti che
fuoriescono dalla funzione. I soggetti in questione sono immuni se i fatti compiuti rientrano
nell’esercizio di quella funzione. Nel caso in cui un certo appartenente alls camera o al senato,
l’immunità parlamentare consente esenzione fino alla durata del mandato, a meno che le camere
non diano autorizzazione a procedere. L’immunità è collegata all’es, delle funzioni o è collegata al
permanere della carica (imm extrafunzionale)?
O si collega l’immunità all’es. in concreto della funzione oppure si afferma che il soggetto gode di
una sorta di sospensione dall’es. della giurisdizione fino a quando dura la carica . si pone il
problema delle immunità extrafunzionali: negli ultimi anni in italia vi sono state 3 normative
introdotte che hanno riguardato l’introduzione di imm extrafunzionali, per fatti pregressi, che
potessero garantire ai funzionari di poter serenamente svolgere la propria funzione , senza doversi
difendere per fatti precedenti e estranei dall’es. della funzione. Come se il processo penale fosse
una sorta di disturbo per la continuità dell’es. della funzione. Esse prevedevano che il pcm in
posizione di primus super partes potesse usufruire della imm extrafunzionale per tutto il tempo in
cui fosse durata la sua carica, per evitare che il processo potesse interferire con la sua attività.
Legge severino 2012 aveva cercato di enunciare una serie di casi di incompatibilità e ineleggibilità;
det soggetti sottoposti a procedimento penale non potevano essere neanche eletti. Si prevedeva
sospensione del procedimento e immunità processuali per consentire alla persona di usufruire per
la durata del mandato delle proprie prerogative (fuga dal processo).
La c cost ha dichiarato incostituzionali le 3 normative, sulla base della violazione del pr di
uguaglianza, del diritto di difesa, di legalità…
La legge penale italiana si applica solo alle persone fisiche? Tale affermazione sembra confermata
dalla dizione e dalla int costante del dettato costituzionale dell’art 27. Da sempre si è inteso in
termini ristretti il termine personale come riferito alla persona fisica. Questo ha sempre fatto si
che la p giuridica non possa essere naturale destinatario delle norme penali. Cio’ è un tema
rornato in auge al termine del secondo conflitto mondiale. La legge penale si applica alle persone
fisiche o anche alle comunità cd intermedie? Lo stato puo’ essere esso stesso sottoposto a
procedimento penale? Per lungo tempo la questione è stata sopita; c’è una norma nelle leggi
preliminari, la disp XIII che prevede che il partito fascista italiano per tutte le resp ad esso
connaturate è stato sciolto ed è stato vietato per sempre in futuro la sua costituzione. Tale è una
sanzione di carattere penale, che porta a rivedere il concetto secondo cui la legge penale sia
applicabile solo alle persone fisiche.
Da sempre si ripete societas delinquere non potest : rispetto ad essi il pr di responsabilità della
legge penale non si applicherebbe. Rispetto ad essa lo stato puo’ rispondere attraverso sanzioni
penali internazionali, non attraverso sanzioni penali vere e proprie.

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Il dibattito dottrinale ha cominciato a porsi il problema, di fronte a una criminalità connessa
sempre piu e imputabile ad enti, associazioni, ecc.. se si possa continuare a esentare da resp
penale le persone giuridiche . inizia un dibattito che ha portato a una serie di valutazioni: nel 1994
con l’approv del codice penale francese il taboo fu infranto perché in francia si prevede la resp
penale delle persone giuridiche, resp diretta. Cio perché in francia non vi è stato lo sbarramento
del c 1 dell’art 27 (la responsabilità penale è personale).
Nel 1997 comincia un dibattito teso a introdurre in tutti gli stati membri dell’ue la resp delle
persone giuridiche da parte delle persone giuridiche. Il dibattito si è chiuso in italia con decreto
231 del 2001 che ha interodotto una resp non penale ma una resp AMMINISTRATIVA DA REATO
delle p giuridiche. Si è parlato anche di resp parapenale, a metà tra sanzione penale e
amministrativa. Si tende a superare tale problema dicendo che il legislatore ha introdotto un
sistema sanzionatorio nuovo che riguarda tanto le p fisiche quanto giuridiche, che sul piano
sostanziale, anche per le sanzioni amministrative, ha un carattere di afflittività non meno pesante.
Le sanzioni derivanti da tale decreto sono sanzioni molto afflittive.
Il pinto da valutare è : oggi la legge penale prevede come destinatario non solo la p fisica ma anche
giuridica .
Vi è un nuovo protagonista, che risponde di resp amministrativa di fronte al giudice penale,
attraverso una resp che è di tipo derivativo rispetto alla resp della p fisica.
La persona giuridica risponde se il fattp di reato è stato compiuto da soggetti che sono o di fascia A
o di fascia B: soggetti che rsppr il vertice societario o sogg immediatamente sottoposti in posizione
parapicale, cioè quadri, dirigenti, direttori che dipendono dal management societario. Tali soggetti
hanno un qualche collegamento con l’ente stesso.
Secondo requisito è che l’ente risponde del fstto compiuto dalla p fisica quando il fatto è stato
comoiuto nell’interesse dell’ente o a suo fsvore. Vi deve essere una convergenza di interessi.
Occorre una parziale convergenza di interessi tra il movente e l’ente che ne deve rispondere.
Infine, l’ente deve aver tratto un vantaggio economico dal fstto di reato.
Vi deve essere un principio di immedesimazione
Il successivo articolo 8 prevede che se anche la p fisica che ha compiuto il fatto non è
indentificabile o punibile, rimane ferma la resp dell’ente.
DETERMINATEZZA LEGGE PENALE E DIVIETO DI ANALOGIE
La det e tassatività della legge penale è uno dei corollari del pr di legalità perché sottesa vi è la
certezza del diritto . la det e tassatività sono requisiti fondamentali di redazione delle norme e
concreta applicazione,che deve avvenire in modo rigoroso. Se si guarda al tema, la det è un
canone che si rivolge al legislatore che deve formare le norme e predisporre l’apparato normativo.
La tassatività si rivolge invece al giudice. Le disp sulla legge in generale fanno riferimento al divieto
di analogie e pr di legalità. Il canone a cui si deve attenere il leg è quello di rifuggire da elementi
che possano dare adito a una disparità di int e di trattamento di soggetti che devono essere tutti
uguali di frontr alla legge penale. Vi è la presenza di elementi elastici , socio valutativi all’interno
del precetto penale, per la cui interpretazione è necessario fare transito. Piu’ il legislatore utilizza

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tali elementi, piu’ il margine di certezza viene meno. Si pensi a concetti quali ordine pubblico, fede
pubblica, pudore..
Det e tassatività sono necessari. Se vi è una caduta, tutto questo mette a repentaglio il pr di
legalità. Accanto a det e tassatività, occorre richiamare 2 sfaccettature: chiarezza e pregnanza
della norma penale. Chiarezza la disp normativa non deve lasciare adito a dubbi circa una int
rigorosa e costante di quella disposizione. Pregnanza riguarda l’accertamento in sede
processuale della resp sulla base del contenuto normativo del precetto penale. Gli elementi della
fattispecie devono essere accertabili nel processo penale, empiricamente. Se vi sono caratteri di
indimostrabilità, la norma sarà priva della necessaria pregnanza.
Tassatività se è una norma contiene una descrizione vaga ed elastica, da ciò si determina che la
fattispecie è applicata in modo non tassativo. Spesso alcune norme scritte con tasso di det
sufficiente, si pone un altro profilo: applicazione non tassativa di norme sufficientemente
determinate . se non possiamo negare il margine di discr del giudice, cio’ deve essere contenuto in
spazi contenuti nella precisa det della legge penale. L’int. Non puo’ essere talmente estesa da
scivolare nella analogia. Bisogna distinguere tra int estensiva ed analogica. L’int. Estensiva è
ammessa, quella analogica no. Il divieto di analogia si riferisce a un int. Analogica in malam partem
o è ammesso anche in bonam partem? Il divieto è assolutO?
In alcune circostanza vi sono casi in cui per l’argumentuum a contrario non è ammessa tanto la int.
Analogica quanto quella estensiva.
Int estensiva vs analogica l’int. Estensiva è un tipo di int che consente di fornire una chiave di
lettura di det norme leggermente o meno estesa nel dare un significato a un qualche elemento
della fattispecie piu ampio rispetto a un certo trend interpretativo. Se la norma si compone di
elementi che sono rigorosamente applicati e uno che subisce un int’ estensiva, non si ha
un’attività puramente creatrice, ma si è ampliato lo spazio applicativo di una data disposizone .
nell’int. Analogica, invece, abbiamo a che fare con una attività creatrice da parte della giuris: si
individua una lacuna e la si riempie attraverso l’attività giudiziale e il giudice tende a sostituirsi al
legislatore nel colmare le lacune. Si ha un raddoppio dell’incriminazione: una norma deputata a
regolare classsici casi, è chiamata tramite la analogia ad essere applicata a casi disomogenei . ci’
avviene tramite un collegamento definito eadem ratio, cioe’ una ratio in comune che lega due
disposizioni. Il raddoppio dell’incriminazione crea un’attività creatrice pura. In tal modo tutta una
serie di casi sono attratti nella fattispecie incriminatrice. Tale tipo di distorsione puo’ avere come
degenerazione che il divieto di analogia diventi uno strumento di persecuzione di soggetti che non
corrispondono al potere costituito. Attraverso l’analogia il leg colma delle lacune attraverso un
raddoppio della incriminazione e usando una norma deputata a risolvere dei casi sulla base del pr
della eadem ratio.
Il divieto di analogia in materia penale è assoluto o relativo? Occorre intendersi su cosa il
legislatore volesse significare facendo riferimeto alla locuzione LEGGE PENALE. Se la si interpreta
in maniera ampia, il divieto di analogia diventa assoluto, investendo norme che hanno un
significato in malam ma anche in bonam partem. Se vi è un int. Restrittiva della locuzione legge
penale, come solo riferita a norme incriminatrici,

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norme permissive rendono lecito un fatto che sarebbe penalmente illecito. Hanno finalità
contraria rispetto alle norme incriminatrici. Esse neutralizzano la applicabilità delle norme
incriminatrici, dettando una sorta di conflitto tra norme . al di la’ delle ipotesi cd nominate, cioe’ di
cause di giusitificazione espressamente previste dal codice e dalle leggi speciali, esistono almeno 3
ipotesi di giustificanti o esimenti cd non codificate: trattamento medico chirurgico con esito
infausto, info commerciali lesive dell’altrui reputazione… , attività sportiva violenta. Tali ipotesi
vengono ragruppate come cause di giustificazione non codificate, che si sono consolidate negli
anni. Si pone il problema se poter applicare a tali esimenti non codificate la stessa disciplina di
quelle codificate. Anche se non vi è la possibilità di interpetare analogicamente la disciplina delle
codificate alle codificate, si puo’ attuare una int. Estensiva delle scriminanti codificate rispetto a
quelle non codificate.
Il divieto assoluto di analogia risponde a una logica che è quella dell’innalzamento delle garanzie.
C’è un problema di fare i conti con la realtà dei fatti.
La disapplic dell’atto amm, se tale disapplicazione puo’ avere ripercussioni su un bene giuridico
tutelato, consiste in un potere riconosciuto al giudice penale.
Art 5 cp ignoranza della legge penale il dato di partenza è la rigorosità che la disciplina della
ignorantia legis aveva nel codice penale. Il diritto penale in questa fase storica è un diritto minimo
e che non necessità di intellegibilità. Il diritto penale è limitato a delitti naturali, quasi sempre
riconoscibili, vi è poco spazio dato ai delitti artificiali … il passare del tempo ha reso tale regola
inaccettabile, non congruente col pr di colpevolezza (2 e c art 27). Tale pr transita attraverso la
coscienza della illeceità del fatto. Non teneva conto della sit normativa e di parametri che portano
a giustificare il fatto che il sog non sia consapevole di alcune disp. Di carattere penale.
All’inizio degli anni 80, riguardo alla categoria delle contravvenzioni, si introduce il pr di buona
fede delle contravvenzioni. Non si puo’ non riconoscere la buona fede nel csso in cui il testo
normativo sia oscuro e difficoltoso.
N 364/1988 in una sentenza cd additiva, si stabilisce che la norma del codice penale di cui all’art
5 non è incostituzionale, ma deve essere interpetata in modo da aggiungere un ulteriore elemento
non presente nella norma: bisogna aggiungere il sintagma SEMPRE CHE L’IGNORANZA NON SIA
INEVITABILE. La corte corregge la norma aggiungendo un pezzo per renderla conforme a
costituzione.
La corte indica 3 situazioni paradigmatiche oscurità assoluta testo normativo (es. legislazione
penale in materia tributaria); impossibilità di accedere ai testi normativi; grave disorientamento
giurisprudenziale, allorchè vi siano orientamenti giurisprudenziali confliggenti. ; ipotesi in cui il
soggetto abbia voluto adempiere agli obblighi di solidarietà.
Successione mediata di leggi penali
applicazione della norma penale. Si parla di successione MEDIATA DELLE NORME PENALI .  si ha
quando il novum legislativo incide non direttamente sulla norma penale, bensì su una norma
giuridica/extragiuridica cui la fattispecie principale fa espressamente o implicitamente rinvio x
completare la fattispecie penale .

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Si pone un problema con riguardo all’applicabilità dell’art 2 cp dal momento che non è la legge
penale a mutare ma norme che integrano il precetto ovvero ne definiscono gli elementi normativi.
1 orientamento la disciplina dell’abolitio sarebbe applicabile solo in caso di norme cd
definitorie,che vengono a partecipare alla natura stessa della fattispecie; Soltanto, dunque, le
norme che in astratto integrano la fattispecie principale, partecipando alla definizione e al
completamento del precetto, sarebbero assoggettate alla regola successoria dell’art. 2 secondo
comma c.p. (prevalente e avvallato da corte di cass e sezioni unite)
2 orientamento occorre guardare al fatto che l’elemento normativo sia o meno in grado di
incidere sul disvalore espresso dalla fattispecie incriminatrice
Secondo un pr di garanzia, la disciplina dell’art 2 si estende anche al fatto che non si sia modificata
direttamente la norma penale, ma qelle extrapenali da essa richiamata.
La giuris distingue a seconda del tipo di norma extrapenale, facendo riferimento alla tesi della
incorporazione: se la norma penale incorpora o no la norma extrapenale.
RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DA REATO DELLA PERSONA GIURIDICA la legge penale si
rivolge a una serie di destinatari, normalmente il privato cittadino. Vi è un destinatario
qualificato,il giudice . di recente, la questione attinente ai destinatari delle norme penali prevede
accanto alla persona fisica possa rispondere anche la persona giuridica.
Art 27 c 1 la resp penale è personale. Cosa si intende per “personale”? l’art 27 è un caposaldo
del sistema penale e stabilisce che debba riconoscersi il pr della personalità della resp. Penale.
Bisogna dire che è vietata la resp. Per fatto altrui in materia penale. In un’accezione massima, la
resp. Penale è per fatto PROPRIO e COLPEVOLE. Per compendiare il tutto, in materia penale
ciascuno risponde per propria responsabilità personale e colpevole.
Da sempre, non potrebbe essere in nessun modo il problema essere affrontato da un altro punto
di vista, perché il sistema di sanzioni prevede privazione della lib personale, che puo’ essere
pensata solo per le persomne fisiche. Allo stato attuale dello sviluppo del sistema sanzionatorio,
esso fluttua in una situazione di osmosi tra diritto penale diritto amministrativo.
Di recente, il legislatore ha sperimentato la violazione del ne bis in idem, cioe’ il fatto che da un
medesimo illecito potessero derivare tanto sanzioni di natura penale che amministrativa.
Artt 32 e ss cp si fa riferimento alle pene accessorie. Dall’art 32 bis in poi si introducono tutta
una serie di sanzioni interdittive , impeditive della continuazione di attività e di esercizio. Qualcuno
in dottrina si era posto il problema del contrasto alla criminalità economica: qual è il costo del
brocardo societas delinquere non potest?
Il diritto penale rimane un ramo dell’ordinamento giuridico che si rivolge solo alle p fisiche; in
assenza di una previsione di rango costituzionale che svolgesse un ruolo di argumentuum a
contrario, il sistema penale francese reagiva in tutt’altro modo e prevedeva all’art 121 cp la resp
penale delle persone giuridiche.

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Due anni dopo ci fu l’adozione della convenzione pif, la quale prevedeva il rafforzamento di
strumenti al fine di garantire la protezione di interessi finanziari dell’ue, tra cui sanzioni per illeciti
delle persone giuridiche.
D lgs 231/2001 resp. Amministrativa da reato dell’ente vi è la centralità dell’art 27 della
costituzione. Non si ha intrdotto una responsabilità penale tout court, ma amministrativa. È una
resp. Derivativa rispetto a quella penale in cui incorre la p fisica per la commissione del reato.
Le norme chiave del decreto sono quelle che vanno dagli artt 5 a 8 . le disp che precedono sono
quelle in cui il decreto prevede il riconoscimento del pr di legalità che vale per la resp penale di
persone fisiche e giuridiche.
La fonte della resp. Amministrativa dell’ente è comunque la commissione di un reato. Occorre che
vi siano criteri di collegamento tra il fatto compiuto dalla p fisica e la resp. Della p giuridica: è
necessario che il fatto sia previsto come reato prima della sua commissione; che il fatto sia stato
previsto dalla legge come reato rispetto al quale scatta la resp. Dell’ente. Il novero del catalogo dei
reati è stato ampliato a dismisura . i piu significativi riguardano i reati ambientali, infortuni sui
luoghi di lavoro, reati associativi… ; non ha rilievo che la p fisica sia identificabile (ciò che rileva è
che sia stato compiuto un illecito penale).
Criteri di imputazione l’art 5 dice che l’ente risponde nel caso in cui il reato compiuto dall p fisica
sia avvenuto nell’interesse della persona giuridica; occorre una parziale convergenza di interessi.
In caso contrario, l’ente puo dimostrare di aver messo in atto tutta una serie di atti x impedire il
verificarsi del fatto;
è necessario guardare se l’ente ha tratto giovamento dal reato; l’ente risponde poi per fatto
compiuto da persone fisiche che appartengono all’ente .
se la p fisica ha agito per una finalità che converge con gli interessi dell’ente, bisogna controllare
chi tra le p fisiche ha compiuto il reato. Se la p fisica appartiene a soggetti posti nella fascia A
(fascia apicale) , l’ente risponde in tutti i casi e vi è inversione dell’onere della prova (è l’impresa
che deve dimostrare di aver attuato tutte le misure precauzionali).
L’altra ipotesi è fatto compiuto da soggetti di fascia B (soggetti sottoposti alla vigilanza e al
controllo del vertice, cioe’ soggetti para apicali); il criterio di imputazione è diverso; se l’ente
risponde quasi automaticamente nel caso di soggetti di fascia A (principio di immedesimazione), se
il fatto è compiuto da un soggetto posto in posizione para apicale, tale soggetto non ha potere di
rappresentanza ne potere gestorio. I soggetti in questione hanno un autonomia gestionale ridotta.
In tal caso l’ente risponde (e qui non vi è inversione dell’onere della prova) della sua responsabilità
qualora la pubblcia accusa dia la prova che l’ente non ha messo in condizione il vertice della
società di controllare l’operato dei suoi sottoposti. La resp, è esclusa in caso di elisione
fraudolenta: il soggetto riesce ad aggirare tutte le misure preventive di tipo precauzionale che
l’ente pone al fine di evitare quel fatto di reato.
Il decreto 231/2001 estende agli enti alcuni principi di matrice penalistica: dispone che la p
giuridica non risponde se non x un fatto costituente reato in relazione al quale la legge prevedeva
espressamente prima della commissione del fatto, la resp dell’ente (pr di legalità e
irrretroattività).

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Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione, si ricomprendono gli enti forniti di
personalità giuridica, le soc e le organizzazioni anche prive di pers giuridica. Sono esclusi stato, enti
pubblici territoriali, enti pubblici non economici e enti che svolgono funzioni di rilievo
costituzionale.
Criteri soggettivi : l’illecito presuppone la cd colpa di organizzazione dell’ente, desunta dalla
mancata o inidonea adozione ddi modelli di organizzazione e gestione del rischio-reato, la cui
rilevanza differisce a seconda della qualifica dell’autore del reato.
Nel caso in cui il reato sia commesso a vantaggio o nell’interesse dell’ente da un soggetto apicale,
opera presunzione relativa di resp: l’ente risponde a meno che non provi congiuntamente:
adozione e efficace attuazione di modelli organizzativi di gestione idonei a prevenire reati della
specie di quello verificatosi; istituzione di un organismo interno dotati di autonomi poteri di
iniziativa e di controllo, preordinata a vigilare sul funzionamento, osservanza e aggiornamento
dei suddetti modelli; fraudolente elusione dei modelli da parte degli autori del reato; assenza di
omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di controllo.
Nel caso di fatto commesso da sottoposti, coloro sottoposti alla direzione di un soggetto apicale,
non opera l’inversione dell’onere della prova : l’ente andrà incontro a sanzione solo ove il PM
dimostri che la commissione del reato è stata resa possibile da inosservanza degli obblighi di
direzione e vigilanza da parte di soggetti con poteri di gestione. L’eventualità è esclusa qualora
l’ente provi di aver adottato efficacemente un modello di organizzazione idoneo a prevenire reati
della stessa specie di quello verificatosi .
L’adozione di modelli efficaci funge da criterio di esclusione della resp dell’ente ex art 6 e 7; la
legge ha indicato le caratteristiche che un modello deve presentarsi x dirsi efficace: bisogna
individuare le attività che possono dar luogo a reati; prevedere protocolli idonei a programmare
la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire; individuare
modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire la commissione dei reati;
prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo di vigilanza; introdurre sanzioni
disciplinari x il mancato rispetto dei modelli.
Reati presupposto il pr di legalità impone che i reati in grado di determinare la resp degli enti
siano espressamente previsti . il catalogo dei cd reati presupposto (art 24 e ss), inizialmente
circoscritto ad alcuni reati della PA, è andato ampliandosi a reati economici , nonché ad altre
fattispecie offensive. Dal 2007 la resp è stata estesa ai reati colposi (es. omicidio con violazione
della normativa anti infortunistica).
Sanzionisanzioni pecuniarieapplicate secondo un sistema per quote: il numero di quote, da
cento a mille, dipende dalla gravità del fatto; l’importo è proporzionato alle condizioni
economiche;
sanzioni interdittive applicabili ove sia stato conseguito un profitto di rilevante entità dovuto
all’azione degli apici, ovvero in caso di reiterazione degli illeciti: vanno dal divieto di pubblicizzare
beni e servizi all’esclusione da contributi pubblici fino all’interdizione da attività. L’art 17
prevede l’istituto della riparazione delle conseguenze del reato che ha come effetto la non
applicazione delle sanzioni interdittive ferme restando quelle pecuniarie qualora l’ente ABBIA

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PRIMA DELL’APERTURA DEL DIBATTIMENTO RISARCITO ITNEGRALMENTE IL DANNO O ELIMINATO
LE CONSEGUENZE DANNOSE O PERICOLOSE DEL REATO O SI SIA ADOPERATO IN TAL SENSO.
Le sanzioni inter hanno normalmente durata temporanea ma si prevede la applicazione in via
definitiva qualora l’ente dimostri spiccata insensibilità alle misure interdittive temporanee . è
possibile la nomina di un commissario giudiziale, in luogo dell’applicazione delle stesse. Si cerca in
tal modo di evitare le conseguenze negative che tali sanzioni potrebbero comportare x
consumatori e lavoratori.
Pubblicazione sentenza condanna e confisca la pubblicazione funge da sanzione accessoria
facoltativa delle sanzioni interdittive; la confisca è particolarmente efficace nella lotta alla cd
criminalità di profitto.
Natura della responsabilità
Natura amministrativa fa leva sul nomen iuris , nonché sulla previsione di norme diverse dalla
legge penale (es. prescrizione o vicende modificative);
natura penale si basa su indici come collegamento della resp alla commissione di un reato;
accertamento della resp nell’ambito del processo penale; preordinazione del sistema
all’irrogazione di sanzioni afflittive; previsione di concorso formale e tentativo; applicazione di
principi penalistici;
tertium genus pur riconoscendo l’aderenza del sistema alla resp penale, circoscrive il diritto
penale alle persone fisiche e ravvisa nel d leg 23/2001 un microsistema autonomo e unitario.
La posizione della giurisprudenza non è univoca e l’individuazione della esatta natura della resp
riveste rilevanza prevalentemente teorica.

LEGGE PENALE RISPETTO ALLO SPAZIO i pr su cui si basa la disciplina sono indicati da 2 norme
cardine: artt 3 e 4 cp. L’art 3 stabilisce l’obbligatorietà della legge penale: la legge penale italiana
obbliga tutti coloro che si trovano sul territorio dello stato, cittadini, stranieri o apolidi.
Tra i vari possibili criteri il codice penale privilegia il cr di territorialità; subito dopo, si stabilisce
cosa si intenda per territorio dello stato italiano.
Premessa il contesto riguarda la difesa degli interessi statali ; comporta il riconoscimento della
sovranità altrui. Il legislatore ha dettato quasi 12 artt per la disciplina della legge penale nello
spazio. Prescindendo dalla natura, nazionalità, carstteristiche della p fisica: essa deve aver
compiuto il fatto nel territorio dove si esercita la sovranità statale. Tutto quello che avviene
all’estero non ha rilevanza. gli unici elementi di un diritto penale internazionale riguardano
l’estradizione o il mandato d’arresto.
Gli altri criteri possibili sono quelli del pr di universalità, pr bandiera e pr di responsabiltà attiva e
passiva. Hanno una vocazione di proiezione verso l’estero, che comporta la possibilità di esplicare
fuori dai confini nazionali la resp penale italiana.
Il cr di universalità considera i fatti di reato avvenuti come fatti con rilievo universale, che possono
essere perseguiti ovunque dalla legislazione penale internazionale o che sia stata introdotta dopo .
22
Nel sistema penale italiano vi sono norme che sembrano derogare al criterio di territorialità ,
essendo ispirati piu al pr di universalità piuttosto che al pr di territorialità. L’art 4 stabilisce che è
territorio dello stato quello delimitato dai confini nazionali, esclusa rep di san marino e città del
vaticano.
Alcune deroghe nascono dal fatto che la legge penale si puo’ applicare anche nel caso in cui il fatto
sia avvenuto sul mare costiero ; proiezioni possono essere rappresentate anche da natanti,
aeromobili, navi che battono bandiera italiana…
Il cr di resp attiva o passiva riguarda il fatto che non si guarda tanto al territorio, quanto alla
cittadinanza della persona attiva del reato (reo) o della vittima del reato. Secondo tale criterio, si
puo’ applicare la legge penale italiana per fatti avvenuti all’estero che pero interessano persona
con cittadinanza italiana.
Artt 8 9 e 10 delitto politico compiuto all’estero; reato comune compiuto all’estero da cittadino
o da straniero. Derogano al pr di territorialità .
Il delitto politico evoca una visione autoritaria dello stato; è un tipo di disciplina particolare che
trova il pandan nella estradizione, (consegna dell’autore di un fatto di reato) . essa incontra tra i
suoi limiti quella di non essere consentita per commissione di delitti politici, affinchè non sia uno
strumento di persecuzione degli oppositori al regime autoritario. Per i delitti politici, la
estradizione non è ammessa. Tale previsione trova una disciplina a livello di carta costituzionale. Si
impedisce l’estradizione in caso di delitti politici.
Delitto ogg politico compiuto x offendere interessi politici di stato;
sogg politici reati comuni, motivati psicologicamente da intento di natura politica. Es. battisti

§§
MATERIA REGOLATA DA PIU LEGGI PENALI concorso apparente di norme. La norma deputata
alla disciplina del concorso apparente di norme è contenuta in una disposizione chiave che è l’art
15 del cp, che va a chiudere le norme sull’applicazione della legge penale nello spazio. Il legislatore
vuole l’applicazione in concreto della legge penale. È possibile che un certo fatto sia astrattamente
riconducibile a piu’ leggi penali; il legislatore detta regole x sciogliere questo empasse
interpretativo.
Si può parlare di materia regolata da piu leggi penali nella misura in cui si debba escludere il
concorso di reati si tratta di risolvere preliminarmente il quesito : quando è che un certo fatto è
regolato da una sola legge penale (unità di reato) e quindi si applica la disciplina del concorso
apparente di norme? Lì dove finisce la disciplina del concorso apparente di norme, inizia quella del
concorso di reati: in un caso noi abbiamo un conflitto apparente di norme , cioè osservando un det
fatto storico, astrattamente x gli elementi strutturali che manifesta, quel fatto è astrattamente
riconducibile a due o piu fattispecie di reato; si tratta di stabilire se quel tipo di concorso
apparente si risolva in una apparenza effettiva ; se il concorso apparente si risolve invece in un
concorso effettivo di reati, a quel fatto si applicano piu fattispecie di reato e quindi ad un unico
soggetto deve essere più volte applicata la legge penale. (concorso di reati).

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La norma sul concorso apparente è quella di cui all’art 15; la disciplina del concorso di reati è
invece contenuta negli artt 71-84 del cp.
Quando è che si ha concorso apparente e quando concorso effettivo di norme? L’art 15 risolve
espressamente questo problema; con l’adozione del criterio di specialità, fa riferimento ai principi
generali dell’ordinamento giuridico, riguardo ad uno dei possibili criteri di interpretazione della
legge penale a fini applicativi: il brocardo lex specialis derogat generali è un principio cardine
dell’interpretazione. L’indicazione che risulta da tale art è che la legge speciale prevale su quella
generale. Dobbiamo porci i seguenti quesiti: se la legge speciale prevale su quella generale,
dobbiamo capire a quali condizioni ciò avviene e soprattutto capire quando è che si ha una legge
speciale e quali condizioni prevale su quella generale .
L’art 15 ribadisce che la legge speciale prevale sulla legge generale e quindi quando due norme
sono apparentemente riconducibili alla disciplina di uno stesso fatto, se si fa una sorta di
valutazione comparativa tra queste e si vede che una è speciale rispetto all’altra, si applica essa
rispetto a quella generale.
Anche riguardo al c 4 art 2 (successione di leggi penali nel tempo) si può richiamare il principio di
specialità: tra due leggi poste in successione, prevale quella piu’ favorevole al reo. Si valuta, per
stabilire la legge piu favorevole, quale sia tra le due la legge speciale. La legge è speciale quando
contiene ogni e ciascun elemento della legge cd generale e vi aggiunge un quid pluris non presente
in quella di carattere generale.
Viene da pensare che la norma speciale, composta da una enumerazione di elementi costitutivi
maggiori di quella generale, nella scala di gravità dei fatti, è rappresentativa di un fatto più grave
rispetto a quello descritto dalla norma di carattere generale.
Dobbiamo individuare un minimo comun denominatore che si riferisca alla struttura dei fatti messi
in comparazione; e poi ulteriori elementi presenti solo nella legge speciale , che la rendono tale
rispetto a quella generale. Es. l’ingiuria è l’offesa alla persona presente; la stessa cosa la ritroviamo
anche nell’oltraggio, che però prevede che l’offesa avvenga nei confronti di un soggetto qualificato
che rappresenta la P.A. Si circoscrive il novero delle vittime del reato.
La specialità può avvenire x aggiunta di elementi ulteriori o si può avere specialità x specificazione,
nel caso in cui rispetto a una det categoria di soggetti aggiungo degli ulteriori elementi di sua
qualificazione. (es. pubblico agente rispetto a cittadino comune). La norma di carattere generale è
solitamente contenuta in quella di carattere speciale, che contiene in sé ogni e ciascun elemento
di quella generale, aggiungendo o specificando ulteriori elementi.
È anche possibile che nel raffronto tra due norme l’elemento specializzante della fattispecie,
introdotto nella norma speciale, è un elemento specializzante degradante della fattispecie:
l’inserimento di tale elemento specializzante ulteriore rende il fatto meno grave. Es. art 575 cp 
punisce l’omicidio. Le norme successive stabiliscono che se subentrano le cd circostanze , esse
possono rendere il fatto più grave o meno grave. Vi può essere poi l’ipotesi che il fatto di omicidio
sia avvenuto nei confronti di chi abbia dato il consenso: l’art 579 (omicidio del consenziente)
contiene in sé tutti gli elementi dell’omicidio ma ve ne aggiunge uno (il consenso della persona
offesa). Tale consenso nel caso dell’omicidio consente una mera attenuazione della pena , secondo
una disposizione che è meno grave rispetto a quella di cui all’art 575.
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L’ipotesi speciale aggiunge degli ulteriori elementi che in maniera piu’ esatta corrispondono al tipo
di comportamento che si è in concreto realizzato. La norma speciale prevale su quella generale,
anche se in tal caso la norma speciale prevede un elemento degradante della fattispecie.
Abbiamo considerato l’ipotesi della applicazione del criterio di specialità in modo lineare. Vi sono
situazione che però complicano il quadro. La specialità per aggiunta e specificazione di elementi
viene nominata specialità unilaterale una norma che è speciale rispetto all’altra presenta
elementi di specificazione rispetto alla generale. In altre ipotesi, nel raffronto tra norme la
specialità deve essere ritenuta specialità bilaterale in tale ipotesi, le 2 norme presentano nel
raffronto un minimo comun denominatore e entrambe vicendevolmente presentano elementi di
specialità. Il giudice dovrà stabilire se dato un determinato caso, quel caso abbia le caratteristiche
di essere sottoposto ad una piuttosto che all’altra disposizione , a seconda che gli elementi
corrispondenti siano maggiori da una parte che dall’altra.
Nel tempo nella prassi sono state introdotte ulteriori criteri , extralegali: mentre la adozione del
principio di specialità è espressamente preveduta dall’art 15 del cp, questi ulteriori criteri (della
sussidiarietà e della consunzione) sono di pura elaborazione dottrinale e creazione
giurisprudenziale.
Sussidiarietà la norma maggiore prevale nella gerarchia delle norme perché prevede un regime
sanzionatorio piu’ elevato; vi è un problema di prevalenza di norme, per cui quella piu’ rilevante e
piu grave prevale sulle altre. È un criterio contenuto nell’art 68 del cp, che in tema di concorso
apparente tra circostanze prevede che nell’applicazione di una circostanza del reato si applichi
quella che prevede il maggior aumento o la maggiore diminuzione, che assorbe quella che prevede
aumento o diminuzione piu’ limitato.
Consunzione la norma consumante si applica in prevalenza rispetto a quella consumata, cioè
rispetto a quella che è contenuta nell’altra. È il criterio dell’assorbimento che replica alcuni
passaggi del criterio di specialità .
Clausole di sussidiarietà o prevalenza e principio di ne bis in idem sostanziale il legislatore
spesso al fine di dotare il giudice di meccanismi di risoluzione di ipotetici conflitti fra norme, detta
lui stesso clausole che servono a far risaltare il profilo del concorso apparente di norme o a fornire
criteri di risoluzioni del concorso apparente. È lo stesso legislatore che attraverso l’inserimento di
tali clausole afferma che una norma prevale rispetto alle altre, risolvendo il problema lui stesso.
Solitamente tali clausole sono dettate in tal modo : “salvo che il fatto non costituisca piu grave
reato”; “ salvo le disposizioni degli artt precedenti, si applica questo..”
Altre volte il legislatore solleva il problema del concorso senza indicare gli strumenti di risoluzione;
solleva il problema al giudice ma non dà criteri risolutivi x stabilire quale tra due leggi si debba
applicare l’una in prevalenza all’altra. Spetta all’interprete fare ricorso a tutta la serie di criteri
conosciuti, secondo i canoni indicati dalla legge penale, specialmente l’art 15.
Tutto ciò serve perché lo spettro che bisogna cercare di scongiurare è il seguente: occorre evitare
che si possa arrivare ad applicare 2 volte per lo stesso fatto la legge penale. Ci sarebbe un surplus
di sanzionarietà del fatto, arrivando a un bis in idem, eludendo il profilo relativo al concorso
apparente.

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Il bis in idem può essere sostanziale nel caso il giudice applichi piu norme che vanno a sanzionare
un medesimo fatto; può essere processuale (art 649 cpp) quando rispetto a un medesimo fatto si
procede contemporaneamente in 2 giudizi separati. Si pone il problema dell’individuazione del cd
fatto storico.

STRUTTURA DEL FATTO DI REATO


Dobbiamo focalizzarci sull’ente reato, su cosa si intende per fatto di reato. Il fatto di reato è un
fatto previsto dalla legge come reato. Dietro a questa apparente conclusione tautologica,
possiamo mettere a fuoco profili importanti, che servono per chiarire le coordinate rispetto alle
quali muoversi. Un fatto è illecito penale se è previsto dalla legge come reato. Si deve guardare alla
pena minacciata x quel fatto, da cui conseguono una serie di sanzioni penali. Nel distinguere reati
penali da illeciti amministrativi, bisogna vedere la sanzione minacciata x quel fatto. Se un certo
tipo di illecito minaccia una sanzione pecuniaria amministrativa, quell’illecito sarà appunto
amministrativo. Sarà un illecito penale qualora siano previste invece le sanzioni penali previste dal
codice. Se il legislatore minacciasse di sanzionare un certo comportamento con , ad esempio, la
detenzione , quel comportamento non potrebbe essere un fatto di reato in quanto la detenzione
di quel genere non è prevista come sanzione.
Il codice da’ indicazioni puntuali; la legge penale prevede che i reati si distinguano in DELITTI e
CONTRAVVENZIONI: contrariamente al codice francese, che prevede invece una tripartizione
(crimini, delitti, illeciti di polizia). X stabilire se un reato costituisce delitto o contravvenzione, si
deve guardare alle sanzioni minacciate: i delitti sono punibili con ergastolo, reclusione o multa; le
contravvenzioni sono punite con arresto o ammenda. Le principali sono pene detentive e
pecuniarie. L’italia rifugge completamente la pena di morte, che non è piu’ parte del sistema.
L’ergastolo prevede la privazione della libertà personale a VITA. La reclusione prevede la
restrizione della libertà personale per un limite di tempo definito . la multa è pena invece
pecuniaria.
Pene accessorie sanzioni interdittive in massima parte.
Distinguere tra delitti e contravv ha una serie di questioni e misure di disciplina : i delitti (art 42 cp)
sono punibili solo a titolo di dolo e di preterintenzione e colpa ALLORCHE’ cio’ sia espressamente
previsto . le contravvenzioni (art 42 c 4)sono punibili indifferentemente a titolo di dolo e a titolo di
colpa, a meno che il legislatore non preveda esplicitamente che un determinata conttavvenzione
sia punibile solo a titolo di dolo o solo a titolo di colpa.
Contravvenzione prevede un regime di prescrizione molto piu’ breve
Il reato è un fatto illecito espressamente preveduto dalla legge come reato; occorre che nel
precetto il reato sia indicato in modo sufficientemente tassativa e specifica . consta di tutta una
serie di elementi , sostanzialmente la limitazione del divieto .
Vi è poi una parte della norma che riguarda le sanzioni minacciate. Se guardiamo alla struttura del
fatto di reato, convenzionalmente dobbiamo far riferimento a un comportamento umano
offensivo di beni giuridici meritevoli di tutela, accompagnato da un coefficiente psicologico

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determinato; è necessario che sia poi minacciata una pena. Talvolta vi possono essere condizioni
obbiettive di punibilità o elementi riguardanti la procedibilità .
Al fine di stabilire quale è la struttura del fatto di reato, si sono adottate una serie di teorie : nei
decenni la questione ha avuto a che fare con la teoria tripartita o bipartita del reato. La teoria
tripartita prevede la scomposizione del fatto di reato in 3 elementi essenziali; essa ha avuto una
descrizione piu’ articolata, perché sovente si fa addirittura riferimento a una teoria quadripartita.
La scomposizione del fatto in 2 elementi risale alla teoria classica del diritto penale; secondo
Carrara , il reato in tale teoria deve scomporsi in 2 elementi , che facevano riferimento
all’elemento materiale e elemento psichico del reato. Piu’ modernamente, la scomposizione
secondo tale teoria viene declinata secondo una scomposizione che fa riferimento all’elemento
oggettivo e soggettivo del reato. Portatori sono stati diversi autori. È un tipo di ricostruzione chiara
.
La teoria tripartita scompone il fatto di reato in 3 elementi essenziali; il reato si compone di un
fatto tipico (il primo elemento è il fatto tipico); vi è un ulteriore elemento che invece non compare
nella teoria bipartita: è l’elemento dell’antigiuridicità; il terzo elemento è invece denominato
colpevolezza, corrispondendo all’elemento psicologico.
Come ulteriore articolazione, viene inserito un elemento nella cd teoria quadripartita: le condizioni
obbiettive di punibilità. (fatto tipico, antigiuridicità,, colpevolezza, punibilità).
Oggi potremmo scomporre il fatto di reato in 3 elementi; ciò ha un margine di superiore
rendimento riguardo al raccordo da compiere tra la descrizione del fatto di reato e il suo
accertamento in sede processuale. Tale teoria riguarda la possibilità di collegare la sussistenza di
elementi di reato , collegandoli alle cd FORMULE DI ASSOLUZIONE, che riguardano la mancata
sussistenza di questo o quell’elemento di reato. Il novero delle formule assolutorie va da quella
piu’ ampia in assoluto a quelle meno ampie (es. nel caso in cui il fatto sia stato compiuto
nell’esercizio di un diritto, viene meno la caratteristica di fatto ANTIGIURIDICO).
“il fatto non costituisce reato” il fatto tipico e’ stato compiuto, e’ antigiuridico ma difetta di
colpevolezza. L’autore non è punibile perché non ha agito con dolo o con colpa, espressamente
richiesti.
Liceità del comportamento nella teoria bipartita non si ammette l’elemento della antigiuridicità.
È posizionata all’interno dell’elemento oggettivo del reato. Quando un fatto è illecito penale?
Quando si compone tanto di elementi positivi che negativi.
Il fatto oltre che esso tipico, deve essere penalmente rilevante e offensivo di beni giuridici tutelati.
Cio’ comporta il riconoscimento di 2 principi fondalmentali il pr di materialità e di offensività.
Sono 2 principi diversi tra di loro, confusi sul piano concettuale talvolta.
Il pr di materialità riporta al minimo essenziale che occorre guardare perché un fattp sia
penalmente rilevante: cogitationis poenam nemo patitur un pensiero malevolo che non si
traduce in un comportamento esteriore e percepibile dai sensi , non è punibile. Dal punto di vista
dell’accertamento empirico, non puo’ essere punito un pensiero. Si pone una linea di
problematicità dic questioni, che riguarda la punibilità di pensieri, espressioni verbali, i cd reati di
opinione o hate crimes. Si punisce il posizionamento ideologico che si ha rispetto a determinati
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comportamenti. Parlando di materialità, si fa riferimento a comportamenti umani. (di pericoli
causati dagli animali, ad esempio, viene chiamato a rispondere l’umano). Dentro la materialità ci
sono da valutare fatti umani avvenuti in presenza della caratteristica di coscienza e volontà. Fatti
esteriorizzati, compiuti da un essere umano e materializzati con coscienza e volontà. Gli atti
avvenuti in situazione di delirio non sono penalmente rilevanti, difettando della coscienza e
volontà del comportamento umano: saranno condotte umane ma non penalmente rilevanti. (es.
episodi di sonnambulismo).
Offensività del comportamento il comportamento umano deve avere un ulteriore requsito
essere offensivo dei beni giuridici tutelati dall’ordinamento. Se il reato è un fatto umano materiale
offensivo di beni giuridici, che si realizza con dolo o colpa, bisogna stabilire quando tale fatto
umano sia offensivo di beni giuridici tutelati. Una prima indicazione ci deriva dall’art 25 della
costituzione: la norma fa riferimento al fatto commesso , riferibile ad una entità da coniugare al pr
di materialità. Cosa si intende invece x offensività? È un carattere immanente all’ente reato che
riguarda il controllo sulla necessità che i fatti siano punibili in virtù della circostanza che offendono
beni meritevoli di tutela. Il fatto offensivo è coincidente col fatto tipico? Vi è uno stacco tra fatto
tipico e offensivo: il primo corrisponde alla descrizione legislativa , ma occorre che il fatto sia
offensivo di beni giuridici tutelati. Il fatto tipico, secondo alcuni studi, contiene in sé anche la
offensività: un fatto è tipico nella misura in cui è offensivo di beni giuridici tutelati. Tale teoria nega
l’esistenza di fatti inoffensivi ma non conformi al tipo. Se un fatto è conforme al tipo, è
necessariamente offensivo. Nella tesi cd realistica del reato, vi sarebbe uno scarto e separabilità
logica tra tipicità e offensività del fatto. Esistono fatti conformi al tipo ma privi di offensività, quindi
non punibili. Il profilo di offensività non è una cosa scontata, nei reati di pericolo o puramente
formali .
Esempio attualità:
decreto legge adottato circa la punibilità del rave party e qualsiasi tipo di riunione tra 50 o piu
persone le quali possano mettere in pericolo l’ordine pubblico. Bisogna stabilire se si puo’
sottoporre al vaglio di costituzionalità delle incriminazioni con profili di offesa labili.
Corte costituzionale: ha introdotto una distinzione che riguarda il controllo di costituzionalità
rispetto alla valutazione della offensività in astratto o in concreto. Se io devo guardare a una serie
di reati come i delitti, si tratta di reati con profilo di offensività proporzionato al fatto di essere i piu
gravi dei reati. Gli artt 624 e 628 prevedono furto/rapina : la rapina avviene tramite modalità quali
non solo fatto furtivo ma anche violenza e minaccia: abbiamo un reato due volte effettivamente
offensivo. Se tali ipotesi si qualificano come delitti contro ik patrimonio, il fatto di essersi procurati
chiavi false o grimaldelli(il che fa pensare a un soggetto che puo’ compiere il furto), di per sé
costituisce una contravvenzione.
In alcuni casi, basra semplicemente il completamento di un comportamento che attenta alla messa
in pericolo di un bene. (anticipazione della soglia di punibilità)
STRUTTURA OGGETTIVA DEL FATTO DI REATO
Bisogna guardare alla condotta umana, il nesso causale e l’evento.

28
Condotta umana la condotta è quel comportamento posto in essere da un individuo offensivo di
beni giuridici descritto succintamente e paradigmaticamente dentro la fattispecie incriminatrice.
Dietro a una condotta c’è un individuo, soggetto che avendo compiuto il fatto di reato, è
responsabile di quella condotta che ha prodotto quel risultato. Bisogna fare precisazioni: il
soggetto attivo del reato puo’ essere un quisque de populo, cioè un qualunque cittadino raggiunto
dal precetto penale (e spesso il riferimento a tale soggetto è richiamato attraverso il pronome
CHIUNQUE non deve avere qualifiche soggettive particolari né avere particolari rapporti con
l’offeso). Il reato è comune quando puo’ essere compiuto da chiunque; è proprio quando si
richiede che il soggetto abbia determinate caratteristiche individuali, che si abbiano determinati
rapporti con l’offeso , o che si prendano in considerazione le cd qualifiche soggettive dell’autore
del reato. Essa è una particolare disciplina che scaturisce dal fatto che quel soggetto svolge una
determinata funzione con una rilevanza giuridica. Da questo punto di vista, importante è la
qualifica di pubblico agente .
DELEGA DI FUNZIONI  i soggetti originariamente chiamati dalla legge a svolgere una determinata
funzione, non potendo svolgere tutte le funzioni , trasferiscono il potere a un altro soggetto,
attraverso una delega. Spesso la giurisprudenza ha considerato con un certo sospetto l’istituto
della delega: si è detto che è uno strumento irrinunciabile della politica economica ed industriale:
serve x ottimizzare lo svolgimento dell’attività, x un rendimento superiore; dal punto di vista
penale serve x l’individuazione del soggetto penalmente responsabile e x la necessità di
scongiurare una verticalizzazione della responsabilità dell’ente stesso.
Il meccanismo è quello in base a cui con un atto di autonomia privata si trasferisce l’es. di una
certa funzione da un individuo a altro soggetto, con i poteri naturalistici sottostanti. Perché questo
ostracismo da parte della giurisprudenza? Si dice che se è la legge stessa a stabilire il soggetto
responsabile, come puo’ un privato derogare alla legge ? altri dicono che non è possibile che un
atto di autonomia privata possa derogare alla legge penale ; come si esce da questo enpasse? Se
l’obbiettivo è scongiurare la creazione di cd sacche di impunità (organizzazione della
irresponsabilità), la delega di funzione non deve essere vista come uno strumento di elusione della
legge, ma di ottimizzazione del lavoro: vi è una traslazione di responsabilità da un soggetto ad un
altro , non la creazione di sacche di impunibilità. Non vi è una irresponsabilità, ma solo il fatto che
la primigenia responsabilità di un soggetto è trasferita ad un altro. Non è vero che è una surrettizia
violazione del pr di inderogabilità della legge penale; consente di individuare un responsabile che
sostituisce il responsabile iniziale e ne nomina uno al posto del primo .
Il testo unico 81 del 2008 introduce una serie di nome fondamentali e regolamenta l’istituto,
stabilendo che s eun certo soggetto è resp di una certa funzione e la trasferisce ad un altro
soggetto, da quel momento in poi risponde il soggetto delegato. Si indica che x quel tipo di attvità
non è piu responsabile il soggetto A ma il soggetto B. questo tipo di disciplina è contenuto nell’art
16, che precisa un’altra cosa il trasferimento di funzione implica che il soggetto trasferisca anche
la cd POSIZIONE DI GARANZIA; il dante in carico individua l’incaricato nuovo della funzione, che lo
sostituisce in tutto e per tutto. Il nuovo garante x la tutela dei beni giuridici che possono essere
astrattamente lesi è il nuovo incaricato. Vi è traslazione della responsabilità.
L’art 16 (c 3 ) prevede che l’esonero da resp non è totale bensi parziale: l’originario garante cessa
di avere una posiziione di garanzia, ma assume una funzione inedita di SORVEGLIANZA

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dell’operato altrui .Residua una responsabilità , di controllare l’operato altrui. La delega è molto
piu modestamente una forma di esonero parziale da responsabilità. X rispondere in termine di
omissione di obblighi c’è una clausola (art 40 cpv ): non impedire un evento che si ha l’obbligo
giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. La previsione dell’art 16 dal punto di vista penalistico
è inservibile: ASSUNTE LE FUNZIONI DI SORVEGLIANTE, SI RISPONDE COME SE NON ALLO STESSO
MODO DEL GARANTE STESSO. A seguito della delega non solo risponde il delegato, ma anche il
dante in carico , in qualità di sorvegliante (la giurisprudenza equipara la posizione di sorvegliante a
quella di garante). Bisogna fare i conti con lo strumento della delega come strumento x la
dimostrazione che esistono una serie di meccanismi che individuano il soggetto attivo del reato:
soggetto inizialmente indicato come responsabile, o che lo diventa a seguito della delega di
funzioni.
§§§
Bisogna considerare che la condotta umana assume due modalità di estrinsecazione: attiva o
passiva. In un caso si ha a che fare con i reati commissivi (di condotta attiva) ; nell’altro con i reati
omissivi, che si sostanziano in una omessa realizzazione di un comportamento doveroso. I reati poi
si distinguono tra reati formali e materiali: reati di evento (che prevedono che vi sia un risultato) e
quelli che si sostanziano invece nella mera realizzazione di una condotta commissiva o omissiva.
I reati omissivi possono essere reati omissivi propri (di pura condotta omissiva)----reati omissivi
impropri (impropri o commissivi mediante omissione; sono reati dalla cui omissione deriva un
evento);
i reati commissivi possono essere di pura condotta commissiva (non c’è bisogno di un evento) e
reati commissivi d’evento (es. furto).

Art 40 (causalità attiva e omissiva ) 41 , 42, 43 (disciplina dell’elemento psicologico).


Condotta: c 1 art 42 richiede che la condotta penalmente rilevante abbia alcune proprietà che la
qualificano: deve essere stata compiuta con coscienza e volontà. La condotta cosciente e
volontaria (suitas della condotta)richiama una serie di ipotesi in cui invece coscienza e volontà
della condotta può essere conclusa. Quindi la condotta deve essere punita di coscienza e volontà,
ma nei comma successivi prevede ipotesi in cui il tipo di condotta avviene in una fascia di
incontrollabilità degli atti motori. Per coscienza si intende capacità di discernimento del soggetto,
che coinvolga il carattere di antisocialità del proprio comportamento. La volontà fa riferimento alla
capacità di autodeterminazione del soggetto.
Casi di esclusione della suitas: situazioni in cui le caratteristiche essenziali della condotta vengono
meno art 45 caso fortuito o forza maggiore. Si parlava in origine di forza qui resisti non
potest; l’art 45 fa riferimento al caso fortuito: si verifica un evento imponderabile, che fuoriesce
dal campo di prevedibilità da parte di qualsiasi autore.
La forza maggiore fa riferimento a componenti naturalistiche che fanno si che il comportamento
dell’autore sia in balia di questi fattori; l’evento si verifica in conseguenza ad un movimento
corporeo dell’autore, alla mercè di eventi naturalistici non controllabili (es. operai su impalcatura
investiti da una tromba di vento, che finiscono contro un collega di lavoro, provocando lesioni
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gravi o addirittura la morte). L’atto motorio è ontologicamente dato, ma non giuridicamente
rilevante.
Vis maior qui resisti non potest violenza fisica soverchiante: un soggetto costringe un altro
soggetto a compiere fatti che costituiscono reato. La volontà della condotta è del tutto da
escludere, perché un soggetto è sottoposto alla potenza fisica di un altro soggetto.
L’art 46 prevede una traslazione della responsabilità perché si ha a che fare col soggetto che ha
compiuto materialmente la condotta e il soggetto che l’ha costretto a commetterla. Si potrebbe
configurare un concorso di persone nel reato, ma invece la disposizione stabilisce che del fatto
risponde chi l’ha costretto a commetterlo . (vis maior assoluta).
Violenza di tipo morale si parla di vis relativa, perché essa si sostanzia in una sorta di minaccia e
un margine di scelta ancora vi è .
Art 54 c 3 (stato di necessità determinato da altrui minaccia); art 87 (stato di incapacità di intedere
e volere determinato da altrui minaccia) il soggetto è incapace di orientare il proprio
comportamento: vi è esclusione della coscienza e volontà della condotta. Il requisito richiesto
dall’art 41 primo comma viene eliso .
Fisionomia della condotta penalmente rilevante
CONDOTTA ATTIVA condotta principale ; si tratta di un movimento corporeo finalizzato ad uno
scopo; una attività motoria organizzata in modo razionale che si accompagna al cd movente
dell’azione criminosa , che deve avere det caratteristiche. Si ha a che fare con reati commissivi puri
o reati commissivi d’evento, rispetto a cui il tipo di comportamento posto in essere determina un
risultato tangibile, rispetto a cui verificare il rapporto di casualità tra antecedente ed evento.
Alcuni atteggiamenti sono privi della esteriorità che compongono l’azione positiva : le mere
intenzioni di compiere un fatto non sono valutabili dalla legge penale.
La condotta attiva può essere considerata come la piu facilmente valutabile dal terzo. Per quanto
riguarda l’omissione, si tratta di dare un significato rispetto a qualcosa che non è avvenuto nella
realtà, che non avviene attraverso il dispiegamento di una attività motoria. Nel codice rocco le
condotte omissive sono quasi eccezionalmente punite rispetto a quelle commissive. La legislazione
moderna è piena di incriminazioni x omissione.
Inizialmente si faceva riferimento al nihil facere.IL SOGGETTO VIENE INCRIMINATO PER NON AVER
FATTO NULLA. Cio’ è qualcosa di difficilmente valutabile: il non far nulla di per sé non ha alcun
significato. Si tratta di verificare secondo quali parametri si puo dare un significato a quella
condotta di omissione. X superare tale empasse di dare significato giuridico alla mera inerzia del
soggetto, si era affacciata la tesi dell’ALIUD AGERE si rimprovera il soggetto non di non aver fatto
nulla , ma x aver compiuto un’azione diversa rispetto a quella che doveva compiere. Già qui si
introducono parametri di valutazione politico sociali. Non si è piu in un’area di valutazione
puramente naturalistica. Verso la fine dell’800 una serie di riflessioni spostano la valutazione
dell’omissione verso il terreno normativo: Grispini per primo attira l’attenzione sulla necessità di
dare spiegazione normativa al comportamento omissivo: esso riguarda il mancato compimento
dell’azione DOVEROSA. La mancata attivazione determina la incriminazione del soggetto, che non

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si è attenuto al comando penale. Si incrimina tanto l’inerzia pura quanto il comportamento
DIVERSO. Si viola una disposizione che obbligava a intraprendere una certa condotta.
nella condotta attiva si viola una norma di DIVIETO: la norma è costruita in modo tale da lanciare il
seguente messaggio: NON RUBARE, NON UCCIDERE.. la violazione di quell’obbligo costituisce fatto
di reato penalmente rilevante.
Le norme che individuano i reati omissivi sono norme di COMANDO: si richiama l’art 2 della
costituzione, che indica una serie di obblighi solidaristici. Vi sono soggetti raggiunti da obblighi di
attivarsi; il mancato compimento di un’azione costituisce fatto di reato.
Di recente nella realtà contemporanea, il gap tra reati commissivi e omissivi si va gradatamente
colmando; il legislatore introduce fattispecie che si basano proprio sulla omissione di fatti
doverosi. Si pensi all’imprenditore che ormai è raggiunto da miriadi di obblighi di attivarsi (es.
mandare comunicazioni alle attività). Le incriminazioni omissive sono in forte ascesa.
Reati omissivi impropri sono reati omissivi propri quelli che il legislatore nella parte speciale del
codice delinea già come comportamenti omissivi: si usano termini e verbi coniugati in termini
negativi (omette, non osserva, non comunica, occulta..). sono reati omissivi x antonomasia.
Reato omissivo improprio il legislatore ha delineato un fatto che normalmente è punibile come
commissivo ma puo’ indifferentemente avvenire sia tramite condotta commissiva che omissiva. Es.
cagionare morte di un uomo si può cagionare sia tramite condotta commissiva (es. lanciare una
bomba) che omissiva (impedire la morte dell’uomo). Sono comportamenti coniugabili sia sul
versante della condotta commissiva che omissiva.
Reati a condotta libera e reati a condotta vincolata i primi sono tipologie di reato realizzabili
tramite una varietà di condotte, attive o omissive. Si guarda alla verificazione dell’evento risultante
dalla condotta;
reati a forma vincolata ciò che rileva è la modalità di condotta, che può realizzarsi solo ed
esclusivamente tramite modalità individuate e minuziosamente descritte dal legislatore. Es. art
624  commette furto chiunque si sia impossessata della cosa mobile altrui sottraendola a chi la
detiene col lo scopo di trarne profitto. Si delineano aree di non punibilità: se la modalità non è
quella descritta dal legislatore, quel fatto non sarà penalmente rilevante.
I reati omissivi impropri sono reati a forma libera; la descrizione del legislatore attraverso una
clausola generale (art 40 c 2) consente di punire i reati omissivi secondo il principio secondo cui
impedire un fatto che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. Vi è equivalenza
tra fare e non impedire. Si tratta di fatti che possono essere puniti anche come fatti omissivi, pur
essendo normalmente incriminati come commissivi. Anche l’elemento psicologico dei reati
omissivi impropri è piu’ complesso .
EVENTO DEL REATO risultato della condotta attiva o omissiva. L’evento del reato ha 2 accezioni:
l’evento x come descritto dagli artt 40-41-42-43 del cp puo’ essere inteso in senso naturalistico o in
senso giuridico. Nel primo caso l’evento va spiegato come una modificazione del mondo esteriore ,
come risultato tangibile della condotta. È una entità logicamente staccata dalla condotta, un
accadimento ulteriore, il risultato stesso della condotta. È concepibile x i reati che prevedono

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come conseguenza tangibile un risultato della condotta attiva o omissiva. Si puo’ agevolmente
tracciare una linea di demarcazione tra reati d’evento e reati di pura condotta (materiali e formali).
I reati di pura condotta sono privi di un evento inteso in senso naturalistico.
Evento in senso giuridico offesa al bene giuridico tutelato . si sanzionano quei comportamenti
che offendono interessi che meritavano una tutela. In senso giuridico, la distinzione tra reati
formali e materiale sfuma, fino a scomparire. Tutti i reati presentano l’evento inteso in senso
giuridico, a meno che non si voglia immaginare reati senza offesa.la distinzione tra reati formali e
materiali quindi scompare.
Reati pluri offensivi evento unico con offesa plurima ai beni giuridici. Es. rapina reato contro il
patrimonio che avviene con violenza e minacce : si offende tanto il bene patrimonio quanto la
libertà morale dei soggetti lesi.
Reati perseguibili a querela occorre una denuncia a querela del soggetto passivo del reato.
Soggetto passivo del reato è diverso da soggetto danneggiato dal reato es. soggetto passivo è
l’uomo investito, vittima dell’incidente; soggetto danneggiato sono i familiari della vittima che
subiscono le conseguenze civilistiche .
RAPPORTO DI CAUSALITA’ CONDOTTA-EVENTO bisogna individuare l’antecedente causale a cui
ricondurre un determinato evento.
È tra le operazioni piu’ complesse circa l’accertamento del fatto di reato; in correlazione con un pr
fondamentale mutuato dall’esperienza anglo americana , si richiede che la sentenza di condanna
debba superare un vaglio rigoroso; la regola di garanzia è che gli elementi x provare la resp del
soggetto devono essere provati dal giudice penale nel processo oltre ogni ragionevole dubbio. art
192 cpp il giudice quando accerta il nesso di causalità agisce attraverso una serie di indizi da
valutare secondo il suo libero convincimento che non deve sfociare nell’arbitrio . il climax di
accertamento degli elementi , dei cd indizi deve essere molto piu rigoroso nel processo penale
rispetto a quello civile. In quello penale, si occorre il superamento dell’oltre ogni ragionevole
dubbio.
Se non si riesce a raggiungere un grado di quasi certezza, ciò si sostanzia in un quadro indiziario
non stabile : si procede poi a una formula di assoluzione anche con riguardo all’accertamento del
nesso di causalità. È un tema cruciale in molti processi penali. Occorre fare una precisazione: vi
sono molti processi penali che riguardno tipi di accertamenti di resp che sono governati da una
serie di leggi scientifiche che devono spiegare scientificamente quel fenomeno, messe a
disposizione del giudice affinchè ne possa usufruire. Il giudice assume un ruolo di peritus
peritorum: deve procedere a una serie di accertamenti circa la spiegazione scientifica del
fenomeno e secondo il suo libero convincimento deve fare la sintesi che transita attraverso la sua
sensibilità, grado di conoscenza dei fatti, di cultura.. il giudice diventa un fruitore di leggi
scientifiche ma deve comunque tirare le somme e esercitare il potere discrezionale circa
l’accertamento di elementi del quadro probatorio.
Vi sono anche ipotesi in cui il tipo di accertamento sul piano del nesso di causalità (che diventa
nesso psichico es. ipotesi di istigazione o concorso morale ) qui è difficile ricorrere a leggi
scientifiche di tipo statistico x spiegare il fenomeno.

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Cio’ passa attraverso forme di accertamento complesse che riguarda tutta una serie di scienze
come psicologia, psicologia forense ecc..
1963 strage del Vajont: zona olograficamente complicata perché le rocce sono rocce con una
vita breve e soggette a distacchi e a frane. Avevano piazzata la diga a seguito di interminabili
discussioni; c’erano stati opposizioni al tipo di operazione perché si era detto che la diga sarebbe
stato pericolosa. La diga è stata poi costruita e le perplessità si erano cominciate a concretizzare
perché alcuni avevano osservato la presenza di alcune crepe nella parte sottostante del muro in
cemento. Una giornalista aveva notato e segnalato agli organi competenti alla manutenzione che
vi erano perdite che si stavano aprendo sulla strada sovrastante la diga stessa. Si dovevano
prendere precauzioni contro un eventuale cedimento. I resp della diga avevano proceduto allo
svaso, cioè all’abbassamento del livello delle acque . poiché lo svaso implica che la produzione di
energia elettrica soffre di riduzioni, si decise un invaso , cioè di riportare l’acqua ad un livello piu’
alto: cio’ porto il livello dell’acqua vicino al margine stesso della diga. Dalla montagna si stacca un
consistente parte del costone della montagna e crolla nella diga. L’invaso aveva determinato una
onda anomala e vi era stata una frana veloce. Totale 1963 morti.
Chi ne risponde? Si trattava di accertare di chi fosse la resp; il quadro indiziario è complicato dalla
circostanza che le concause erano piu di una e da attribuire a questo o a quel soggetto.
Anni 70 germania processo delle macchie blu si era visto che l’assunzione di una certa
sostanza produceva delle strane macchie sulla pelle di chi le assumeva. Si trattava di verificare se
l’assunzione di prodotti poteva avere come conseguenza l’insorgenza di macchie blu sulla pelle
Altra questione farmaco messo in circolazione negli anni 70 da assumere da parte delle donne in
gtavidanza (core erg an) aveva determinato un innalzamento di parti di bambini focomelici.
Altro esempio terremoto dell’aquila; un geologo della città osserva un pericoloso sciame sismico
ripetuto che interessava la zona dell’aquila. Cerca di avvertire la cd commissione grandi rischi della
necessità di dover prendere precauzioni, addirittura evacuare la zona, x evitare che lo sciame
potesse interessare la zona. La cd commissione mitiga la segnalazione come procurato allarme ,
che in realtà è un reato. Il geologo era stato denunciato x procurato allarme, perché non aveva
fatto altro che spaventare tutti con un pericolo immaginario.
Qual è la legge scientifica di tipo statistico a cui far riferimento? Da questa panoramica di ipotesi, si
tratta di situazioni in cui il giudice deve far ricorso a leggi di tipo scientifico/statistico o a leggi
sociali che riguardano l’osservazione di comportamenti umani che pongono un problema di
causalità psichica .
Allorché si tratta di accertare un nesso causale tra un antecedente (costituito anche da un
comportamento umano) e un susseguente (conseguenza); il giudice deve accertare il rapporto che
lega l’antecedente col conseguente oltre ogni ragionevole dubbio. Cio’ avviene attraverso
l’accertamento del nesso di causalità che comporta il ricorso a leggi scientifiche di tipo statistico; le
leggi scientifiche possono essere di diversi tipi; di tipo universale, che spiegano la verificazione del
fenomeno nella totalità dei casi; leggi scientifiche universali è difficile rintracciarle: forse ve ne è
una sola, quella di gravitazione terrestre. Anche questa in realtà può avere una qualche eccezione.

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Si potrebbe dire che la legge universale da un certo punto di vista non esiste; il giudice penale fa
riferimento a leggi scientifiche di tipo STATISTICO: il tema è qual è la percentuale di prob statistica
da raggiungere al fine di stabilire con quasi certezza il verificarsi di un fenomeno scientifico? Il tipo
di accertamento è di tipo deduttivo e a ritroso che si compie attraverso una osservazione
dell’evento che si è verificato. Bisogna dare una precisa descrizione dell’evento, da valutare in
modo minuzioso, per rintracciare le leggi scientifiche di tipo statistico che possano riportare
l’evento cosi descritto all’antecedente che puo’ essere costituito anche da condotta umana. Si
deve partire da una perfetta descrizione dell’evento.
Se tale analisi cruciale ha un certo margine di rendimento riguardo ai fatti commissivi materiali
(comportamento attivo con risultato tangibile), diventa complesso allorchè si deve far ricorso a
astrazioni mentali (processi di eliminazione mentale)che si hanno quando un certo antecedente va
collegato con qualcosa che non è entità osservabile, ma o un pericolo oppure nel caso in cui il
collegamento si pone tra un tipo di astrazione che riguarda la mancata realizzazione di una
condotta doverosa (causalità x omissione).
Nel tempo , la prima tesi a cui si fa ricorso è una sorta di tesi inappuntabile dal pinto di vista
teorico è quella della cd teoria condizionalistica , o condicio sine qua non spiega la questione
causale in termini di pura logica: sono cause di un evento tutte e ciascuna delle condizioni che lo
hanno determinato. Ogni antecedente causale di un evento è causa dell’evento. Questa tesi dal
punto di vista dell’imputatio facti assolutamente impeccabile, procede attraverso un criterio di
eliminazione mentale: ogni condizione causa dell’evento è antecedente causale. Cio’ avviene
quando Sottraendo mentalmente quell’elemento, l’evento non si sarebbe verificato o si sarebbe
verificato in un modo o in un tempo diverso.
Sembrerebbe essere una tesi inattaccabile; siamo sicuri che riguardo all’imputatio iuris tale tesi
abbia lo stesso rendimento che hanno con riguardo all’imputatio facti? Dal punto di vista
dell’imputazione, se tale teoria parifica tutti gli antecedenti causali di un evento, produce un
regresso ad infinitum di tutta la ricerca delle cause prevedendo un allargamento delle cause a
dismisura(Paradosso della madre), producendo uno stacco tra imputatio facti e imputatio iuris.
Tale teoria parificando tutti i quanti gli antecedenti causali e considerando che tutte le condizioni
senza nessun tipo di selezione costituiscono causa dell’evento, compie un’operazione in cui non si
discerne vere cause da mere occasioni che non si possono prendere in considerazione. Si allarga a
dismisura la ricerca causale di un evento. Per ovviare agli eccessi della teoria, successivamente in
germania attraverso tesi introdotte nel dibattito dai fisiologi o da filosofi, si è introdotto nella
discussione scientifica dei correttivi alla teoria condizionalistica. È stata proposta la teoria della
causalità adeguata e della causalità umana di antolisei. Si è cercato di introdurre limitazioni alla
teoria condizionalistica , x porre un valico al regresso all’infinito.
Adeguatezza è causa dell’evento tutte quelle cause che siano state adeguate e proporzionate
alla verificazione di quell’evento ; tale causa adeguata introduce elementi di caratterizzazione della
causa che deve avere una sua intrinseca qualità , cioè avere intrinseche caratteristiche che devono
accompagnare tutte le cause di un evento. Sono cause quelle che fanno si che dato quel tipo di
antecedente, immancabilmente quel tipo di causa è proporzionata a far verificare un tipo di
evento uguale a quello che in concreto si è verificato. Si è detto che è una tesi che tende a far si
che vi sia una forzata equiparazione tra reati di pericolo e reati di evento: non occore verificare il

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collegamento tra condotta e evento, ma solo verificare se la condotta contiene caratteristiche
potenziali x far verificare un determinato tipo di evento. Ciò che conta è la intrinseca attitudine
della condotta a far verificare un evento: in tal modo pero tutti i reati di evento si trasformano in
reati di pericolo, perché non si valuta una corrispondenza tra condotta ed evento verificto.
Antolisei  causalità umana osserva nel 34 le norme di cui all’artt 40 e 41 del cp. Antolisei
osserva che con riguardo a una norma chiave del sistema penale (srt 41 cpv 2) , essa stabilisce che
cio che puo entrare nella sfera di signoria del soggetto è solamente cio che puo controllare e che
quindi gli puo essere attribuito. Quindi dal punto di vista causale, l’autore risponde solo allorche
gli si attribuisce la verificazione di eventi che rientrino dentro la sua capacità umana, nella sua
sfera di dominabilità umana. Fatti che fuoriescono dal dominio umano non possono essere
imputati all’autore.
Una possibile soluzione potrebbe essere il metodo di sussunzione sotto leggi scientifiche di
copertura (leggi universali e leggi statistiche): l’azione può dirsi causa dell’evento quando secondo
la migliore scienza ed esperienza del momento storico , attraverso l’utilizzazione del metodo
scientifico, l’evento risulta oltre ogni ragionevole dubbio conseguenza certa o altamente
probabile dell’azione.
Norme esaminate artt 40 e 41 cp alcune di queste norme hanno una indicazione complessa.
L’art 40 detta al primo comma una norma tautologicastabilisce che ogni condotta umana che
possa essere attiva e passiva puo’ essere causa dell’evento; si limita a dire che è causa di un
evento realizzato qualsiasi tipo di antecedente che possa averlo determinato. Pone un problema di
accertamento della causalità in senso generalizzante;
c 2 art 40 descrive la cd causalità x omissione la norma detta la disp secondo cui non impedire
un evento che si ha l’obbligo giuridico di non impedire equivale a cagionarlo (equivalenza tra fare
e omettere). L’omettere un tipo di comportamento determinativo di un evento equivale a
cagionarlo.
Tale enunciazione sembra riferibile ai soli reati omissivi impropri: reati che contemplano la
realizzazione di un evento in senso naturalistico e non possono essere qualificati m, diversamente
da quelli propri, come reati di condotta.
Al fine di equiparare causalità omissiva a causalità commissiva sarà necessario che in campo al
soggetto agente preesista un obbligo giuridico di impedire l’evento. Obbligo definito di garanzia in
quanto teso a impedire l’offesa di beni giudici altrui
Art 41 concause introduce regole x la valutazione delle cd concause, per la selezione di tutti
gli antecedenti logici. Il secondo comma dell’art 41 risponde ad una logica di parametro normativo
di riferimento che SELEZIONA gli antecedenti causali, distinguendo tra cause vere e proprie,
occasioni o condizioni. La logica sottesa al secondo comma di tale articolo è di dare al giudice
indicazioni x procedere a selezione di antecedenti causali . “Il concorso di cause preesistenti o
simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non
esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento(1).se sussistono tuttavia delle
cause susseguenti rispetto a quelle che avevano fatto decorrere l’evento ,che sono state DA SOLE
SUFFICIENTI A DETERMINARE L’EVENTO, tali cause sono le vere cause che escludono tutte le

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altre”; “. Si introduce un principio di deroga alla teoria condizionalistica, che tende invece ad
equiparare ogni antecedente causale. C 1 art 40 e 41 fanno riferimento all’accertamento del
nesso di causalità tra condotta e evento in senso generalizzante. Fanno riferimento a un vaglio che
occorre che il giudice risolva che riguarda l’accertamento del nesso che occorre instaurare tra una
condotta come antecedente e l’evento come suo susseguente, dal punto di vista di una
riconduzione ad un collegamento indefettibile e necessario, nonché costante della sua ripetitività.
Il giudice penale non può fermarsi solo a questa questione; il compito del giudice è ben piu
penetrante, riguardo la possibilità che quel tipo di antecedente possa essere imputato nel
processo penale alla condotta. Occorrono altre verifiche.
La teoria condizionalistica non basta piu. Dovendo fare un passo ulteriore per stabilire se quel
comportamento possa avere almeno co-determinato quel tipo di evento. Il primo comma dell’art
41 detta in termini di regola generale una disciplina che fa riferimento alla teoria condizionalistica.
Tale esame primordiale non risponde a una domanda: di fronte a possibili astratti antecedenti
causali, non si possono distinguere mai e in nessun caso tra cause vere e proprie (autentiche) e le
occasioni oppure anche solo le condizioni? Non si puo’ fare una selezione? A questa domanda
risponde il c 2 dell’art 41, che stabilisce che le cause sopravvenute che siano state da sole
sufficienti a determinare l’evento sono cause di quell’evento; se un autore o piu autori hanno
posto in essere delle condotte che sono astrattamente antecedenti causali e questo tipo di
antecedente già costituisce reato, si risponde per QUEL reato, riportabile a quell’antecedente. Vi è
una selezione degli antecedenti. Il rapporto di causalità va fatto seguire dalla individuazione del
momento individualizzante esito del nesso di causalità. Gli anglosassoni distinguono tra remote
causes e proxime causes.
Si ha invece interruzione del nesso causale quando la causa sopravvenuta innesca un rischio
nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima
condotta
Non puo’ venire in rilievo un ne bis in idem sostanziale: non si può punire due volte lo stesso fatto.
Le cause antecedenti e concomitanti partecipano esse stesse alla verificazione dell’evento; vi sono
una serie di antecedenti che vanno messi in ordine, in base all’art 41. Interviene un fattore
sopravvenuto (cd cause sorpassanti)che da solo è sufficiente a determinare l’evento, anche se
questo è dipendente da un decorso causa precedente.
Si passa da un accertamento in senso generalizzante a un accertamento in senso individualizzante.
Antolisei fa riferimento al secondo comma dell’art 41 dicendo che la causalità è interrotta solo se
si sia verificato un evento eccezionale e imprevedibile.
Causalità omissiva si deve partire da un dato che è quwllo di una astrazione mentale.
L’antecedente causale è dato da un comportamento negativo. C’è un opera di astrazione mentale,
bisogna partire dalla circostanza che se quel comportamento fosse avvenuto, l’evento non si
sarebbe verificato. Nella causalità x omissione l’accertamento è duplicemente ipotwtico, perché
si ha una situazione che non è dato da un fatto positivo ma dall’assenza di una condotta che, se
compiuta, avrebbe potuto evitare la verificazione dell’evento.

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Il richiamo alla cd eliminazione mentale vale duplicemente nel caso di reato omissivo; bisogna far
riferimento a le leggi scientifiche di tipo statistico di copertura, le quali spieghino con quale
percentuale si sarebbe potuto evitare l’evento qualora fosse stata tenuta la condotta doverosa che
in realtà non è stata realizzata. Bisogna immaginarsi un esito alternativo che poteva escludere la
verificazione dell’evento. Si risponde per non aver compiuto una condotta che poteva evitare
l’evento.
Sentenza franzese ha spostato il dibattito sull’esercizio del libero convincimento del giudice.
Tale sentenza molto nota ricostruisce la questione cosi: è possibile che una legge di copertura di
tipo statistico possa spiegare che l’evento non si sarebbe verificato in presenza della condotta
doverosa non tenuta. È abbastanza tranquillizzante che la probabilità sia sempre alta,
normalmente intorno ad 1. Tuttavia, la cassazione stabilisce che è possibile che a una legge di
copertura di tipo statistico a medio o bassa frequenza segua un accertamento individualizzante in
cui si dimostra che anche la legge a media o bassa frequenza diventa decisiva x la spiegazione di
un determinato fenomeno.
Occorre una fase individualizzante in cui si deve mettere a fattor comune tutta una serie di
elementi da calare poi nel caso concreto; è possibile che una legge a medio o bassa frequenza
spieghi un determinato fenomeno; e una ad alta frequenza non lo spieghi. Il giudice deve arrivare
a una prova di credibilità razionale di spiegazione del fenomeno, pur in presenza di leggi statistiche
di media o bassa frequenza.
L’art 40 fa riferimento a soggetti che hanno obbligo giuridico di impedimento dell’evento; nel fare
riferimento a tale elemento, si circoscrive il novero dei destinatari dell’obbligo di impedimento. Se
c’è un paziente che versa in gravi condizioni, il garante di beni giuridici di quel soggetto sono
coloro che appartengono al personale sanitario. Si individuano posizioni di garanzia, situazioni
rilevanti in cui versano coloro che hanno obbligo giuridico di impedimento dell’evento. Riguardano
specifiche categorie di soggetti. Spesso esse sono collegate a reati funzionali , reati collegati
all’esercizio effettivo di quella funzione. Le posizioni si distinguono in posizioni di protezione e
posizioni di controllo; le prime hanno a che fare con una serie di soggetti chiamati a garantire
incolumità e salvataggio di soggetti non in grado di provvedere a se stessi (es. genitori rispetto ai
figli; autista dello scuolabus rispetto a soggetti minori di età). Nelle posizioni di protezione il
garante deve tutelare tali soggetti per garantirne la incolumità.
La posizione di controllo la hanno quei garanti che devono far si che si mettano in sicurezza fonti di
pericolo x la collettività esterna (es. responsabile della centrale atomica o idroelettrica;
responsabile del cantiere; caporeparto; ). Si deve evitare che dallo svolgimento di un’attività
possano partire rischi ubiquitari che colpiscano la collettività, se non ben governate.
Tra le fonti che individuano posizioni di garanzia vi è la legge; il contratto (es. bagnino che fa lavoro
stagionale o babysitter); o la precedente azione pericolosa del soggetto (teoria formale). Secondo
la teoria sostanzialistica, si prescinde da ogni fonte formale, concentrandosi sulle posizioni di
garanzia assunte in via di mero fatto, dovute ad una presa in carico del bene giuridico o a rapporti
di convivenza che fanno sorgere un vincolo di tutela per il garante. Si è sviluppata negli anni una
concezione cd mista, secondo cui , se la fonte dell’obbligo di garanzia va ravvisato anzi tutto nella
legge ovvero nel contratto, potrebbe essere considerata anche l’ipotesi della cd assunzione

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volontaria: si pensi all’esempio della baby sitter saltuaria. Il problema di tali posizioni di garanzia è
la flessibilità delle fonti , svincolata da precisi riferimenti normativi .
OFFENSIVITA’
Occorre far riferimento all’art 25 cpv, che si riferisce al fatto commesso. Rispetto a questo genere
di impostazione, il principio di offensività va tenuto distinto da quello di materialità che richiede
qualcosa di prodromico all’offesa tipica, cioè la presenza di un comportamento umano che sia
stato esteriorizzato all’esterno attraverso una condotta umana. Il pr di offensività segue quello di
materialità. Qual è il significato da attribuire al pr di offensività ? essendo il sistema penale volto
alla valorizzazione del pr di offensività, esso guarda al diritto penale del fatto (commesso, cioè
estrinsecato in un comportamento sotto gli occhi di tutti). Il diritto penale del fatto si contrappone
al diritto penale dell’autore; abbiamo delle esperienze passate che guardavano piu alla
valorizzazione dell’autore , espressione da sempre di forme di deriva che tendono a spostare il
fulcro dell’incriminazione da un fatto offensivo all’autore pericoloso . Fare ciò significa spostare
definitivamente il fulcro da fatti ad autori e consente di usare il diritto penale x strumenti di
repressione nei confronti di categorie di soggetti etichettati come tali perché presentano
caratteristiche di devianza sociale tali x cui basta che tale soggetto abbia mostrato carattere di
devianza per essere punito. Il diritto penale cosi diventa un sistema repressivo di tipo però
preventivo, in quanto non guarda alla offesa efettiva di beni giuridici. Fonda le ragioni del punire
sulla pericolosità dell’autore. Sganciando il momento consumativo del reato dal fulcro del potere
dello stato di incriminare i fatti, cio porta a introdurre misure molto anticipate che non guardano
al progredire dell’iter criminis, ma all’autore pericoloso che manifesta comportamenti di devianza
sociale. Il fulcro dell’incriminazione si modifica e deforma perché non è piu il fatto offensivo a
essere oggetto di giudizio, quanto il soggetto pericoloso. Cosi facendo, si legittimano forme di
incriminazione molto anticipate. Nel codice rocco ci si situa a metà strada, perché si cerca di
comporre una sintesi tra scuola classica e scuola positiva .
il diritto penale , guardando alla punizione di autori pericolosi , attraversa una deriva che è venuta
in rilievo anche con la vicenda di Guantanamo. Piu’ ci si allontana da una visione liberale del diritto
penale, piu esso si avvia verso una torsione che lo vede strumento di repressione specialmente nel
sistema autoritario della disobbedienza civile. Il diritto penale diventa uno strumento nelle mani
dell’autorità. Riguardo alla posizione di tutela dei diritti che il regime fascista aveva introdotto in
italia, la deriva autoritaria non è avvenuta in italia: il codice rocco manifesta una certa dose di
carattere repressivo e autoritario , ma in linea di massima se si guarda alla struttura del reato non
possiamo dire che il codice penale sia improntato al puro autoritarismo; rimane un diritto penale
orientato in senso oggettivo. Questo genere di impostazione la si ritrova anche nel raffronto col
codice penale tedesco. Il sistema penale italiano punisce la pericolosità ma sempre ricondotta ad
un substrato offensivo .
OFFENSIVITA’ DELLA CONDOTTA PENALMENTE RILEVANTE offesa ai beni giuridici tutelati.
L’offesa puo’ essere intesa in senso naturalistico oppure dal punto di vista di offesa al bene
giuridico tutelato. L’offesa puo’ essere effettiva (offesa piena al bene giuridico tutelato) oppure
potenziale; in tale secondo caso si parla di pericolo di danno.
in particolare, importante è l’art 49 del cp: il primo comma si occupa del reato putativo, il secondo
del reato impossibile . sono figure che hanno a che fare direttamente col rispetto del principio di
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offensività. l’art 49 primo comma stabilisce che se un soggetto realizza una condotta che di per sé
non è prevista dalla legge come reato nell’errata convinzione che il fatto costituisce reato, questa
sua rappresentazione errata determina la non punibilità del soggetto. Questa inclinazione mentale
di aver erroneamente supposto di aver realizzato un fatto che costituisce reato, non è punibile.
(cogitationis poenam nemo patitur). Prevale l’assenza di un quasiasi margine di offesa.
Immaginiamo un soggetto che compie un fatto nell’erronea supposizione che sia un
comportamento lesivo di beni giuridici. Si tocca in modo diretto il fatto che il codice non vuole
punire l’autore che ha una serie di atteggiamenti riprovevoli , quando la sua capacità di delinquere
non sia seguita dalla commissione di un fatto di reato che sia oggettivamente e materialmente
compiuto. La semplice punizione di comportamenti sganciati completamente da una offesa anche
solo potenziale viene rifiutata.
C 2 art 49 reato impossibile il riconoscimento del pr di offensività risulta evidente, in quanto si
parla di condotta inidonea a far verificare l’evento o a una mancanza del bene giuridico. C’è un
difetto fondamentale che non consente un giudizio di disvalore del fatto;
tale disciplina di cui all’art 49 diede adito ad una polemica tra due concezioni che si erano nel
frattempo disputate: la concezione realistica del reato, che nel valorizzare il contenuto dell’art 49 c
2 ha sostenuto che essa è norma chiave di tutto il sistema penale, dovendo essere il fatto umano
tipico necessariamente offensivo , vista la presenza dell’art 49 c2 e 115 che prevedono la non
punibilità di fatti che non prevedano l’offesa del bene giuridico tutelato. L’art 49 c 2 sarebbe
espressione del recepimento nel sistema penale del principio di offensività .
a questa tesi si contrappone una concezione che sostiene che se il fatto è tipico, è pure offensivo: il
fatto tipico deve essere necessariamente anche offensivo: non esisterebbero secondo tale
concezione fatti inoffensivi conformi al tipo . da questo punto di vista, criticando la concezione
realistica, sostiene che non vi è alcuno scarto tra tipicità e offesa e ritiene che l’art 49 del codice
penale sarebbe una sorta di doppione inutile dell’art 56, che disciplina il tentativo e dichiara non
punibile il tentativo completamente non inidoneo.
Secondo la c realistica invece, l’art 49 c 2 non è affatto un doppione inutile . l’interpretazione delle
norme deve essere sempre un int che faccia salvo il contenuto delle norme . l’art 49 c2fa
riferimento alla inidoneità dell’azione, mentre l’art 56 fa riferimento alla idoneità e non equivocità
degli atti, che sono segmenti di cui si compone l’azione. Nell’art 49 c 2 il legislatore fa riferimento
ad una valutazione compiuta ex post, guardando alla azione e al suo esaurirsi : si può dire che
l’offesa è impossibile perché si fa un giudizio diagnostico, ex post : quella condotta è una condotta
che rende impossibile, per la sua intrinseca debolezza o inidoneità o perché non esiste l’oggetto
materiale della condotta, un’offesa al bene giuridico tutelato.
Invece, il tipo di giudizio relativo al tentativo concerne l’idoneità e la non equivocità degli atti sin lì
compiuti. in questo caso vi è una valutazione ex ante di tipo prognostico, che guarda agli atti sin lì
verificatisi.
Quindi, l’offesa è un ulteriore requisito che va autonomamente accertato rispetto alla tipicità:
guardando al fatto tipico bisogna semplicemente accertare che un determinato fatto storico
corrisponda x i suoi elementi strutturali a quelli descritti nella fattispecie incriminatrice , quindi un

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tipo di esame di semplice corrispondenza tra elementi strutturali del fatto storico realizzato e della
fattispecie astratta delineata dal legislatore.
L’offensività guarda a qualcosa di ulteriore: se quel tipo di comportamento ha anche in concreto
offeso i beni giuridici tutelati, con un giudizio da sostenere autonomamente. Un fatto può essere
conforme al tipo ma totalmente inoffensivo.
Art 115siamo in tema di concorso di persone nel reato; accordo e istigazione a commettere un
delitto nel caso in cui i fatti non si traducano in comportamenti offensivi, tale comportamento
ha un margine di pericolosità sociale e viene applicata la misura di sicurezza che è quella della
libertà vigilata.
L’art 49 cpv (reato impossibile) e l’art 115 sono gli unici 2 casi del sistema penale di cd quasi
reato , che rilevano un intrinseca pericolosità dell’autore da sottoporre a misure di sicurezza. Tale
misura di sicurezza che non viene indicata espressamente , se non viene diversamente stabilito, è
quella della libertà vigilata.
Il reato impossibile è tale x inesistenza dell’oggetto o inidoneità della condotta.
Reato impossibile: per verificare se ci si trova dinanzi ad un reato impossibile occorre verificare se
il comportamento compiuto presenti le 2 caratteristiche descritte dall’art 49, che integrano quindi
il reato impossibile: cio’ si verifica quando vi è la totale inidoneità ad offendere con giudizio
diagnostico condotto ex post (all’esaurirsi dell’azione) e che quel tipo di comportamento era ab
origine inficiato dall’impossibilità di offendere per mancanza del bene giuridico.
Totale inidoneità della condotta mentre rispetto al tentativo (art 56) dobbiamo valutare che gli
atti siano idonei e diretti in modo non equivoco, nella disciplina del reato impossibile si stabilisce
che l’azione è già totalmente inidonea, cioè non ha un minimo di qualità di adeguatezza a
produrre un effetto potenzialmente lesivo del bene giuridico tutelato (es. pensi di uccidere una
persona mettendo un granello di zucchero all’interno di un caffe, senza che si sia in presenza di
malattie pregresse). L’azione è talmente innocua che quel tipo di comportamento non potrà mai
raggiungere un risultato , nemmeno in termini di messa in pericolo del bene giuridico tutelato.
Inesistenza dell’oggetto materiale della condotta es. sparare ad un cadavere. Qui l’offesa è
impossibile perché il soggetto non ha piu le caratteristiche di tutelabilità che riguardano il bene
vita . si compie un fatto corrispondente alla fattispecie dell’omicidio , ma rispetto ad un oggetto
che non esiste piu. Si sviluppa un dibattito sulla valenza dell’inesistenza dell’oggetto materiale
della condotta. Va intesa in senso assoluto o relativo? È assoluto nel senso che l’inesistenza va
valutata rispetto a fatti mai esistiti in rerum natura; è relativa nel caso in cui la sussistenza del bene
c’è ma non è nel luogo o nello spazio o nel tempo in cui la condotta viene realizzata.
Quando l’autore compie un fatto impossibile, non è punibile ma ha tuttavia manifestato
pericolosità : riemerge quella visione sincretistica che il codice penale segue tra valutazione del
fatto offensivo e pericolosità sociale dell’autore . il soggetto va sottoposto a misura di sicurezza. La
medesima previsione si ha riguardo la disciplina dell’art 115 cp.

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Perché il legislatore anticipa la soglia di punibilità? Perché si vuole introdurre una tutela rafforzata
o perché il bene giuridico tutelato non può che essere efficacemente difeso attraverso una
anticipazione della soglia di punibilità, altrimenti la tutela diventa inefficace. Si pensi a tutta quella
serie di fattispecie incriminatrici nel libro 2 del codice penale che riguardano i delitti contro la
personalità interna e internazionale dello stato; pensare di punire tali fatti come reati d’evento è
impossibile perché dal punto di vista dell’accertamento processuale dell’offesa a beni giuridici così
smaterializzati si costringe il giudice a dover accertare una sorta di probatio diabolica.
Di fronte alla fisionomia del bene, si arretra la tutela per 2 ragioni: inasprimento e impossibilità
della verificabilità empirica dell’effettiva offesa al bene giuridico tutelato.
Nei delitti di attentato l’anticipazione è ancora piu evidente rispetto al tentativo: rispetto ad esso
nell’art 56 si richiede idoneità degli atti e che siano atti diretti in modo non equivoco . ma fino a
che punto puo’ arrivare la anticipazione della soglia di punibilità? Il legislatore, x corroborare la
carica minima di offensività del comportamento ha introdotto ulteriori parametri di valutazione:
l’atto deve essere avvenuto con violenza e minaccia.
A parte questa categoria dei delitti di attentato, che da sempre presenta caratteri di
problematicità, vi sono altre forme di anticipazione, come i reati di pericolo.
Qui il legislatore anticipa nuovamente la soglia di punibilità: anche il tentativo è un reato di
pericolo concreto, esigendo che ci sia l’accertamento di una capacità effettiva di aver creato una
situazione di pericolo.
I reati di pericolo sono forme di anticipazione della soglia di punibilità che puniscono
comportamenti che non sono fatti effettivamente offensivi del bene giuridico tutelato, ma che
invece arrestano il progredire dell’iter criminis bloccandolo alla semplice messa in pericolo del
bene, cioè alla offesa potenziale del bene giuridico tutelato. Il legislatore utilizza 2 categorie di
pericolo: reati di pericolo in astratto e reati di pericolo concreto. Sono della prima specie quelli
sulla scorta dei quali la condotta del soggetto è punita perchéè ritenuta come comportamento
entrinsecamente pericoloso; questi reati di pericolo si dicono presunto perché la realizzazione
della condotta conduce ad una valutazione x cui in base a un parametro di riferimento si stabilisce
che quel tipo di condotta è una condotta presuntivamente pericolosa: è il legislatore che lo
stabilisce, secondo una sua precedente valutazione. Il pericolo è presunto perché già accertato.
Il reato di pericolo astratto è un reato di condotta pericolosa, perché presuntivamente quella
condotta viene reputata intrinsecamente come una condotta che può mettere a repentaglio il
bene giuridico tutelato.
Nei reati di pericolo concreto, essi sono reati ad evento di pericolo. Rispetto ad essi, si è in grado di
isolare logicamente una situazione pericolosa che è la conseguenza dell’azione dell’autore staccata
dall’azione in sé. Mentre nei reati ad azione pericolosa il pericolo sta dentro l’azione, essendo la
sua caratteristica essenziale, qui si deve rintracciare una conseguenza osservabile che va
logicamente staccata dalla condotta. Il giudice in concreto deve dare dimostrazione che si è
creata una situazione di pericolo, altrimenti il fatto non sarà punibile.
Nell’art 423 si stabilisce che chiunque appicca un incendio è punito; nel c 1 si crea una situazione
per cui c’è un fronte del fuoco fuori controllo e questa è gia una condotta pericolosa.

42
C 2 in tale secondo caso si deve accertare che dalla condotta incendiaria sia derivato una
situazione effettiva di pericolo per l’incolumità: l’incendio di cosa propria richiede qualcosa di piu:
il fatto di appiccare un incendio che sta dentro la propria tenuta non costituisce di per se fatto di
reato, essendo in un’area in cui è preclusa la possibilità che vi siano altri soggetti. Diventa reato se,
propragandosi il fronte del fuoco , fuoriesce dal controllo della persona e diventa qualcosa che
mette a repentaglio la incolumità altrui. In tal caso il giudice deve provare che dalla condotta di
incendio sia derivata una situazione di pericolo x la incolumità pubblica e che quindi si tratta di
reato ad evento pericoloso.
DELITTI DI SCOPO (O DELITTI OSTACOLO) forme di incriminazioni piu volte rintracciabili nella
categoria delle contravvenzioni per cui il legislatore punisce certi fatti al fine di evitare che se ne
commettano altri piu gravi. Esiste la categoria dei delitti contro il patrimonio, cioè fatti che
offendono la proprietà altrui; esiste poi la categoria delle contravvenzioni contro il patrimonio, che
tende a punire certi fatti x evitare che si realizzino i delitti contro il patrimonio. Tra essi una
categoria problematica è quella dei cd reati di sospetto, artt 707 e 708 del cp.se si è un soggetto
sospettato e si viene colti in possesso di chiavi false e grimaldelli , se non si prova la legittima
provenienza di tali strumenti, vista la precedente vita, si sospetta che quegli strumenti siano volti a
compiere delitti contro il patrimonio; il soggetto viene quindi punito già per il fatto di essersi
messo nella condizione di procurarsi quei determinati strumenti. Il legislatore fa riferimento allo
status di un soggetto, colto con una serie di caratteristiche.
All’interno del sistema si possono immaginare una serie di altre ipotesi, come l’incriminazione di
reati contro l’ordine pubbolico.
Reati a dolo specifico art 624 cp ipotesi emblematica di reato a dolo specifico : IL FURTO.
Allinterno della categoria dei reati a dolo specifico si distingue tra reati a dolo specifico di offesa
tipica e reati a dolo specifico di ulteriori offesa. Nei reati a dolo specifico vi è una anticipazione
della soglia di punibilità; il dolo specifico non solo connota una certa direzionalità della condotta
ma nel descrivere il comportamento si anticipa la soglia di punibilità perché ai fini dell’integrazione
della fattispecie incriminatrice non è necessario che si verifichi il profitto, ma il giudice deve
semplicemente provare che l’autore abbia agito a quel fine, anche se il fine in concreto non è
raggiunto. Vi è uno scollamento tra fattispecie oggettiva e soggettiva. Il profitto rispetto alla
fattispecie oggettiva non è elemento che sta nel perimetro della fattispecie, non essendo elemento
costitutivo; invece rileva sul piano della fattispecie soggettiva solo perché il giudice deve
dimostrare che il comportamento è stato realizzato per un obbiettivo finale che si trova al di fuori
del perimetro della fattispecie . si ha qui a che fare col dolo specifico di offesa, perché la finalità
dell’autore diventa elemento dell’offesa complessiva che però viene anticipata nel dolo specifico.
Tutto è punibile pure se il soggetto ha agito a quella finalità ma senza essere riuscito a raggiungere
il profitto.
Nel sequestro di persona a scopo di estorsione il dolo specifico è di ulteriore offesa perché qui la
finalizzazione della condotta a un certo risultato ha una finalità diversa; mentre nel furto il dolo
specifico è costitutivo dell’incriminazione, in questa ipotesi il fatto nel dolo specifico è un elemento
che fa spostare l’incriminazione da una ipotesi di reato ad un’altra: il dolo specifico serve x
incriminare quel fatto in maniera piu grave rispetto al fatto base. il sequestro di persona è già di
per se punibile ; se poi è avvenuto al fine di trarre un profitto (riscatto) , senza che vi sia bisogno

43
che il profitto venga in concreto conseguito, si sposta l’ipotesi dal sequestro di persona al
sequestro di persona a scopo di estorsione. Si determina un asprimento della tutela.

§§§
RESPONSABILITA’ OGGETTIVA, CONDIZIONI OBBIETTIVE DI PUNIBILITA’; REATO PERMANENTE E
ABITUALE
Problemi di offesa li propongono altri istituti; occorre valutare la resp oggettiva anche in relazione
non solo al problema dell’esiguità del profilo riguardo alla colpevolezza ma anche rispetto al pr di
offensività.
I casi di resp oggettiva sono ancora presenti nel cp: nell’art 42 si stabilisce che alcuni fatti possono
essere posti a carico dell’agente in modo ulteriore rispetto alle ipotesi previste precedentemente
dalla stessa disposizione. (altrimenti rispetto a dolo, colpa e preterintenzione)
Art 42
C1riguarda le caratteristiche della condotta penalmente rilevante;
c2 nei delitti il titolo di imputazione è il dolo , salvo i casi di delitti preterintenzionali o colposi
espressamente previsti dalla legge;
c3si prevede ulteriore imputazione della resp; si puo’ rispondere altrimenti in ipotesi in cui si
prescinde dai titoli soggettivi di imputazione della responsabilità. Si risponde a tit di resp oggettiva
perché si risponde in modo ulteriore e diverso rispetto ai titoli soggettivi. Che significa? Si risponde
a titolo di resp ogg quando l’autore risponde sulla scorta della realizzazione di un fatto oggettivo
materiale a prescindere dalla valutazione dell’elemento psicologico del reato . se i tit di resp
oggettiva stanno sempre all’interno del pr di personalità della resp penale, con riguardo invece al
pieno dispiegamento del pr di offensività ,difetta la componente psicologica, perché se ne
prescinde. Rispetto al pr di cui all’art 27 c 1, i casi di resp oggettiva sono rispettosi del pr di
personalità della resp penale ma pongono in crisi il pr di offensività perché prevedono che si
risponda per fatto proprio ma incolpevole, senza che vi sia un accertamento dell’elemento
psicologico. Anche qui abbiamo un accertamento presuntivo della resp penale.
Ancora oggi si distingue tra forme espresse (ipotesi chiaramente riconducibili a forme di
imputazione della resp diverse da dolo colpa e preterintenzione) e occulte (ipotesi in cui tramite
l’accertamento presuntivo della fattispecie soggettiva si compie una cd “truffa delle etichette”,
perché si imputano sul piano soggettivo fatti di reato nominalmente a titolo di colpa, che celano in
realtà ipotesi di resp oggettiva).
Qual è il significato delle ipotesi della resp oggettiva da un punto di vista politico criminale? Nel
tempo il processo penale vede il passaggio dalla forma inquisitoria del processo penale (che agiva
attraverso forme di estorsione di verità processuali tramite la manipolazione di mente e corpo del
soggetto inquisito, con la confessione e la tortura)all’affermarsi del pr dell’habeas corpus
(impossibilità degli organi inquirenti di mettere le mani sul corpo dell’accusato) , con una svolta di
tipo liberale della gestione della giustizia penale. Ciò crea un ulteriore margine di difficoltà

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nell’accertamento della resp penale. In alcuni sistemi con tendenza all’autoritarismo si pone il
problema di trovare strumenti succedanei.
Il legislatore introduce meccanismi per controbilanciare tale forma di difficoltà nell’accertamento
processuale della resp penale. I casi di resp oggettiva sono situazioni in cui vi sono strumenti di
facilitazione di accertamento della resp , che avviene tramite forme di semplificazione dell’onere
probatorio. La resp oggettiva è una forma succedanea di semplificazione nell’accertamento
processuale, nel passaggio da processo inquisitorio a processo accusatorio. Tale tipo di
semplificazione Svincola il giudice dal dover provare l’elemento psicologico del reato, che è
qualcosa di molto piu arduo da provare rispetto all’elemento oggettivo. Si imputa la resp
prescindendo dall’elemento psicologico.
Oggi tale frontiera è dichiarato astrattamente incostituzionale perché confligge con la logica
dell’accezione massimale del principio dell’offensività della resp penale. Tali casi di resp oggettiva
mettono a repentaglio il principio suddetto, dal punto di vista dell’accertamento della colpevolezza
dell’autore. Quale è la fonte da cui promana i casi di resp oggettiva? L’aver posto in essere
comportamenti rischiosi che costituiscono un rischio x la convivenza sociale, da punire a
prescindere dell’elemento psicologico. Tale prospettiva non è costituzionalmente accettabile.
Tuttavia nessuno finora ha posto mano alle ipotesi di resp oggettiva, perché il c 3 dell’art 42
campeggia nel cp, secondo una certa visione autoritaria della giurisprudenza, c’è il riconoscimento
ancora attuale di tali forme di resp oggettiva (es. reato aberrante, età della persona offesa nei reati
sessuali). Il legislatore non ha espunto la norma di cui all’art 42 c 3, né è intervenuta la corte
costituzionale.
È stato introdotto un sistema piu garantista x gli elementi accessori del reato (circostanze
aggravanti), ma il paradosso è stato che non è stato altrimenti fatto con l’art 42.
Condizioni obb di punibilità: art 44 cpsono ipotesi da guardare nel capitolo della resp oggettiva;
in realtà sono da costruire come limiti edittali alla punibilità. L’art 44 dice che se per la
commissione di un fatto di reato la legge prevede la verificazione di una condizione essenziale, il
fatto è punibile solo se la condizione si verifica, a prescindere dalla volontà che aveva l’autore.
Tale parte finali fa pensare che anche tali condizioni rispondano a una logica oggettiva,
prescindente l’accertamento dell’elemento psicologico.
La condizione della punibilità è un accadimento futuro e incerto della cui esistenza dipende la
sussistenza di un fatto di reato. molte fattispecie incriminatrici condizionano la punibilità
all’avverarsi di un ulteriore elemento, che x ragioni di opportunità è necessario si verifichi perché
quel fatto possa essere punito. Es. delitti di bancarotta sono punibili a condizione che venga
emessa una sentenza dichiarativa di fallimento, che attualizza la necessità di dover tutelare
determinati interessi nella collettività dei creditori sociali ;
es. ubriachezza molesta (contravvenzione) punibile solo nel caso in cui il soggetto sia colto in
stato di ubriachezza dall’autorità. Il fatto di essere ubriaco di per sé non è punibile.
Incesto (reato contro la sanità della stirpe) reato che offende il comune senso del pudore della
collettività; è punito solo se deriva dal fatto di incesto il pubblico scandalo, cioè solo se la
collettività si accorge della relazione incestuosa. Il pubblico scandalo va correlato con l’obbiettivo
che il legislatore si pone.
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Tali condizioni di punibilità sono barriere alla punibilità del fatto, la cui mancata verificazione
impedisce la persecuzione del fatto .sono limiti edittali alla punibilità dell’autore. Sono istituti che
riverberano a favore del reo: la loro mancata verificazione impedisce la contestazione del fatto di
reato. ma la loro verificazione agevola il passaggio dalla punibilità in astratto alla cd punibilità in
concreto. Si è posto il problema della loro imputazione a titolo oggettivo.
La dottrina ha distinto 2 categorie di condizioni ob di punibilità, intrinseche (fa riferimento alle
cond ob di pun che hanno a che fare coi profili dell’offesa) e estrinseche (prescindono dall’offesa e
riguardano situazioni di opportunità che non hanno a che vedere col profilo dell’offesa).
Rimangono una categoria problematica, essendo obbiettivamente incentrata su elementi oggettivi
dell’imputazione.
Reati abituali e reati permanenti il reato è abituale (es. atti persecutori, maltrattamenti in
famiglia) quando x la punibilità di essi si richiede una ripetizione costante ed omogenea dei
comportamenti. C’ è innalzamento del limite minimo di lesività del comportamento, che se non
raggiunto rende il comportamento non punibile: il singolo episodio è ritenuto dal legislatore
qualcosa di offensivo però esiguo affinché possa assurgere al fatto rilevante. Es. la persecuzione
implica costante pressione fisica e psicologica x alterare lo stato psicofisico della vittima. Il profilo
dell’offesa rileva dal punto di vista delle necessità di raggiungere un livello di offensività che
transita attraverso la ripetizione costante di un comportamento.
Reato permanente consiste in una attività illecita che viene esercitata in un tempo prolungato e
rispetto a beni giuridici che hanno la caratteristica di poter essere compressi in un det periodo di
tempo per poi espandersi al cessare dell’attività dell’autore. Es. sequestro di persona (il bene in
questione è la libertà personale). Questo prolungamento dell’offesa nel tempo ha a che fare con il
tema del tentativo e con la punibilità di quegli atti prodromici alla commissione del reato. il
minimum che occorre aver raggiunto affinché il fatto sia punibile ? il reato permanente implica
che la continuità della condotta sia minimamente apprezzabile nel suo dispiegamento nel tempo ;
occorre guardare al raggiungimento di un certo profilo dell’offesa, che passa attraverso il
prolungamento della condotta.

ESIMENTI giustificanti; scriminanti; scusanti. Giustificanti o cause di esclusione


dell’antigiuridicità generale; scriminanti o cause di esclusione dell’antigiuridicità solo penale;
scusanti o cause di esclusione della colpevolezza.
In via di prima approssimazione, si potrebbe dire che l’emblema delle giustificanti è la difesa
legittima; emblema delle scriminanti è lo stato di necessità; emblema delle scusanti è l’errore. Non
è una divisione appagante del tutto; ma serve x capire quali sono le indicazioni di fondo che
ciascuna causa di esclusione ha. Due delle esimenti insistono sulla antigiuridicità, penale e
generale; le scusanti insistono sulla colpevolezza. Sono tutte possibili cause di esclusione della
sussistenza di alcuni elementi del fatto di reato. Sono situazioni che negano la sussistenza degli
elementi strutturali del reato.

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Se dobbiamo guardare a questi elementi come elementi di esclusione della sussistenza di alcuni
elementi strutturali di reato, d’altra parte si deve pensare che le situazioni che si riferiscono a tale
ipotesi codificate (e anche non codificate)sono situazioni che in realtà nel negare elementi
strutturali di un fatto di reato (come fatto eccezionale) e nel ripristinare la liceità del
comportamento , li porta sul binario della tollerabilità sociale. Se siamo di fronte a un omicidio
avvenuto in una situazione di difesa legittima, il fatto che quel comportamento astrattamente
riconducibile a un fatto di reato grave , sia avvenuto in difesa della propria vita o della vita altrui,
pone in una situazione di bilanciamento di interessi contrapposti . questo tipo di valutazione è
insita nel giudizio di antiguridicità sociale ; nel bilanciamento di interessi il fatto non potrà essere
considerato reato, perché sono stati salvaguardati degli interessi o superiori o equivalenti o
tollerabilmente inferiori a quelli sacrificati. Vi è anche la questione della antigiuridicità in senso
formale: se la logica dell’esclusione della antigiuridicità è quella di un contemperamento tra
interessi sovrapposti che vanno valutati, il bilanciamento tra interessi sovrapposti è un tipo di
situazione che implica che vi siano anche norme che entrano tra di loro in contrasto : una che è
quella che è stata astrattamente violata e che vietava il comportamento avvenuto; e un’altra che
dichiara che il fatto , dati determinati presupposti, è addirittura comandato , doveroso o esercizio
di una facoltà legittima. Vi è un bilanciamento tra norme deputate a salvaguardare interessi tra
loro confliggenti e che mandano messaggi tra di loro non del tutto coerenti. Vi è una antinomia
giuridica di sistema. Quali sono i gradi di incidenza che le varie forme di esclusione della
colpevolezza hanno?
Giustificanti situazioni previste in una norma presente nell’ordinamento giuridico espressione
piu’ delle volte di principi immanenti al sistema , cioè di situazioni che si possono compendiare in
brocardi che valgono per tutto l’ordinamento giuridico. Es. consenso dell’avente diritto (volenti
non fit iniuria) non si puo’ valutare in termini negativi un’offesa ad un interesse/bene la cui
disponibilità è stata concessa dal legittimo titolare. Dall’incontro tra le due norme confliggenti,
quella che prevede la giustificabilità del comportamento neutralizza gli effetti di quella che
incrimina la condotta. Nelle giustificanti questo tipo di contrasto si risolve con un giudizio di favore
da parte dell’ordinamento, il quale conclude che nella situazione data si è tutelato un interesse per
lo meno equivalente se non superiore a quello che è stato sacrificato. L’ordinamento dà un
giudizio di generale valutazione positiva del comportamento avvenuto in quella situazione: il
giudizio complessivo che si dà al fatto avvenuto in presenza di elementi strutturali di una causa di
giustidicazione è un giudizio positivo x tutto l’ordinamento giuridico, cioè SECONDO TUTTI I RAMI
DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO . le cause di giustif hanno effetto x tutto l’ordinamento giuridico,
sulla base di norme valide x tutto l’ord, escludendo l’antigiuridicità GENERALE. Il giudizio che si dà
di quel fatto è positivo da parte dell’ordinamento. Si tratta di un fatto oggettivamente lecito , non
si riferisce solo al soggetto princiale che ha compiuto il fatto , ma si estende a tutti i possibili
concorrenti :la patente di liceità riguarda il fatto compiuto , non la persona in sé. È un tipo di
esclusione che interviene PRIMA di qualsiasi valutazione della colpevolezza, già dichiarando la
mancata sussitenza del secondo elemento del reato: precede il problema dell’accertamento
dell’imputabilità come presupposto della colpevolezza, escludendo la sussistenza del reato. Se si
guarda al combinato disposto degli art 52 cp che prevede la difesa legittima e l’art 2044 del cc ,
che riguarda le possibili conseguenze che derivano dalla commissione del fatto in regime di difesa
legittima, non residua alcun tipo di responsabilità da quel fatto, in nessun luogo dell’ordinamento
giuridico. La definitiva valutazione dell’ordinamento giuridico è una positiva valutazione, x la
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salvaguardia di un interesse sovraordinato,superiore,equivalente o tollerabilmente inferiore
rispetto a quello che è stato sacrificato.
Scriminanti si ha una esclusione piu’ limitata della antigiuridicità, perché essa si riferisce
esclusivamente al settore penale; le scriminanti sono ipotesi che eliminano il carattere di
criminante : esclude semplicemente il carattere criminale e penale del comportamento, ma non
riverbera i suoi effetti in SEDE EXTRAPENALE. Il fatto che pure viene considerato dal punto di vista
della sua antigiuridicità non penalmente rilevante , non viene considerato allo stesso modo negli
altri settori: si lascia residuare un margine di illiceità in sede extrapenale. Qui non si dà nessun tipo
di valutazione positiva del comportamento : le scriminanti si basano su un giudizio di non
MERITEVOLEZZA della sanzione penale che si fonda su un mero AFFIEVOLIMENTO del carattere di
disvalore del comportamento, cui si accompagna un giudizio di umana comprensione da parte
dell’ordinamento x l’operato dell’autore che ha sempre agito in una situazione ai cd limiti della
vita . cio’ risulta dal combinato disposto dell’art 54 del cp e 2045 cc ; l’art 2045 non dichiara il
comportamento lecito dal punto di vista civile , perché invece ne fa conseguire una conseguenza in
termini di indennità che deve essere discrezionalmente valutata dal giudice , riconosciuta al
soggetto che ha subito le conseguenze della condotta necessitata. Si inquadra l’ipotesi di cui all’art
2045 come ipotesi di circostanza attenuante dell’illecito civile extracontrattuale: anziché
prevedere il totale risarcimento del danno , si prevede solo l’indennizzo, equamente apprezzato
dal giudice. La situazione necessitata comporta un affievolimento delle conseguenze che può
determinare una attenuazione della responsabilità, ma non la sua esclusione. Poiché l’art 2045
prevede una resp in sede extrapenale, si può concludere che le scriminanti limitano l’esclusione
della responsabilità AL SOLO SETTORE PENALE , escludendo solo l’antigiuridicità penale e facendo
residuare solo la resp in sede civile e in altri rami dell’ordinamento giuridico. Vi è un affievolimento
delle ragioni del punire dal punto di vista dell’esigibilità del comportamento.
Scusanti terza categoria di esimenti; non ricorre nessuno dei presupposti di riconducibilità del
fatto agli elementi delle scriminanti o giustificanti. Qui siamo su un versante diverso: esse sono
cause che escludono esclusivamente la colpevolezza, rimanendo il fatto tipico e antigiuridico. In
tale categoria si riconducono ipotesi che escludono i presupposti della colpevolezza e tutti gli
elementi strutturali del giudizio di colpevolezza : tutta la materia dell’erore, distinto in errore
inabilità ed errore motivo .
Se queste ipotesi sono delle ipotesi che escludono la resp penale esclusivamente x insussistenza
dell’ultimo elemento strutturale del fatto di reato, accedono ad una ipotesi nella quale si è già
dato un giudizio di illiceità complessiva del comportamento: quel fatto è tipico e antigiuridico.
Dopodiche, bisogna vedere se quel fatto costituisce o no reato. Non costituirà reato se è presente
una scusante. Non è punibile, usando tale categoria, perché non costituisce reato, difettando
dell’elemento psicologico del reato, cioè della colpevolezza: non si può muovere un giudizio di
rimproverabilità ad un autore che non è capace di intendere e volere. Oppure, superato tale
vaglio, trattandosi di un soggetto imputabile, il soggetto non sarà rimproverabile in concreto
perché sussistono cause di esclusione della colpevolezza (es. il soggetto versava in errore, non era
in grado di agire diversamente da come in concreto ha agito nei fatti). Le scusanti sono cause
quindi soggettive di esclusione della resp penale; se tali sono, hanno un rilievo solo con riguardo
all’autore cui si riferiscono. La causa di non imputabilità NON SI TRASMETTE AI CONCORRENTI . se
l’imputabilità è presupposto della colpevolezza, bisogna valutare la sussistwnza o meno di un
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margine di rimproverabilità del comportamento all’autore solo dopo aver preventivamente risolto
la questione circa la sua imputabilità.
Quindi: le giustificanti rendono il comportamento lecito per tutto l’ordinamento giuridico perché
sono portatrici di situazioni in cui vi è un saldo positivo che puo’ essere tratto dalla realizzazione
del fatto in quelle situazioni : il fatto è oggettivamente lecito, non c’è alcuna conseguenza in sede
extrapenale e la causa di giustific è anche trasmissibile a tutti i concorrenti.
Scriminanti escludono solo l’antigiuridicità penale del fatto , lasciano residuare una
responsabilità in sede extrapenale e sono trasmissibili ai concorrenti a seconda che prevalga o no
la componente oggettiva del loro essere invece cause miste ;
scusanti sono tutte dentro al giudizio di imputabilità, come presupposto della colpevolezza;
riguardano l’esclusione dell’elemento psicologico della colpevolezza dell’autore. Si riferiscono alla
sola esclusiione della colpevolezza dell’agente; comportano che il fatto non costituisca reato con
tutto ciò che ne consegue in termini di responsabilità in sede extrapenale. La cd formula
assolutoria ha una portata piu’ limitata . sono fatti non trasmissibili ai concorrenti, perché si
riferiscono esclusivamente al singolo autore. Sono cause soggettive di esclusione della resp penale.
La categoria che comprende tali tre cause di giustificazione è quella delle cd esimenti. Viene
escluso un qualche elemento strutturale
Se noi guardiamo alla disciplina generale delle cause di giustificazione, contenuta anche negli artt
55 e 59 cp (eccesso colposo , l’erronea supposizione dell’esistenza di cause di giustificazione),
anche queste ipotesi dobbiamo ricondurle a delle scusanti: riguardano , specialmente l’art 59, la
sfera soggettiva dell’agente. Sono norme che disciplinano il fenomeno delle cause di giustific in
termini generali che producono una conseguenza di esclusione della resp che ha a che fare con
una componentr soggettiva di rappresentazione della realtà e fuoriuscita dai limiti della necessità
dell’esercizio di una facoltà legittima.
Artt 50-54 cp si tratta della cd disciplina delle esimenti CODIFICATE; a esse si puo’ ricondurre x
effetto di analogia o interpretazione estensiva la disciplina delle non codificate: situazioni
individuate dalla prassi e dalla letteratura penalistica che riguardano trattamento medico
chirurgico, attività sportiva violenta e informazioni commerciali obbiettivamente lesive. Il codice di
procedura fa riferimento a 2 macro categorie di ipotesi di giustificanti: quando il fatto sia avvenuto
nell’esercizio di una facoltà legittima o in una situazione di necessità. Questa intera categoria che
ingloba in sé sia giustificanti che scriminanti è riportabile a 2 idee di fondo, quelle dell’es di una
facoltà legittima e della situazione di necessità. Se si va a guardare il contenuto dell’art 55 cp
(sull’eccesso colposo nelle cause di giustificazione) , anche qui la disposizione richiama il fatto che
il comportamento sia fuoriuscito dall’ambito della norma che lo legittimava o della necessità che lo
dichiarava non punibile.
In via generale, la fuoriuscita dai limiti delle cause di giustificazione può avvenire o perché si è
andati fuori dai limiti previsti dalla legge (ipotesi di legittima difesa)o perché la fuoriuscita dai limiti
è stata rispetto alla situazione di necessità.
Si fa riferimento nell’art 55 a tutti gli articoli dal 51 in poi; non viene menzionato l’art 50 sul
ocnsenso dell’avente diritto; a questo non sarebbe applicabile l’eccesso colposo secondo una

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presa di posizione di Antolisei: IL CONSENSO C’E’ O NON C’E’ E NON E’ GRADUABILE (cosa non
sempre vera). Se si guarda il consenso dell’avente diritto ma anche l’es. di un diritto e
l’adempimento di un dovere (art 51), sono ipotesi di giustificante che si rifanno all’idea dell’es. di
una facoltà legittima; mentre le altre ipotesi (difesa legittima, uso legittimo di armi e stato di
necessità) si basano invece sull’idea di necessità .
Le categorie sono riportabili o all’es. di una facoltà legittima o all’idea di necessità, che contiene in
sé pure il riferimento allo stato di necessità.
Anche il consenso dell’avente diritto si puo’ ricondurre al contemperamento tra 2 interessi
contrapposti: la salvaguardia di uno prevale in termini di offesa sulla salvezza dell’altro bene
entrato in conflitto. È una valutazione che si fa perché l’ord. Concede la non punibilità in una
situazione in cui non è possibile altrimenti con la stessa efficacia tutelare gli interessi che sono in
gioco. Cos’è che legittima invece il comportamento? Al bilanciamento di interessi qui è sottostante
un bilanciamento tra norme: in una situazione di conflitto, prevale la norma giustificante del
comportamento rispetto a quella che la vieta come fatto penalmente rilevante.
Abbiamo una norma di divieto che si contrappone a una norma di comando (se il fatto è
considerato doveroso) o una norma di facoltizzazione del comportamento (quel fatto viene
considerato non antigiuridico perché conforme ad altre disp dell’ordinamento).

CONSENSO DELL’AVENTE DIRITTO art 50 cp. Prima delle cause di giustific che si fonda sul
bilanciamento tra interessi contrapposti: chiunque lede un interesse di un soggetto che può
validamente disporne, non è punibile. La norma di per sé non dice molto sui presupposti di
validità ed efficacia del consenso dell’avente diritto. l’unica vera indicazione introdotta è che il
consenso è valido se il soggetto può validamente disporre del consenso stesso. È uno dei
presupposti affinchè il consenso dell’avente diritto possa avere efficacia di giustificante. Un’altra
indicazione espressa è quella dell’incipit della disposizione, che fa riferimento alla locuzione non è
punibile:è una locuzione anodina perché non dice quale elemento strutturale del reato viene
escluso x la presenza della causa di giustificazione; al contrario, il legislatore aveva scelto di riferirsi
a una generica categoria della non punibilità e anziché impegnarsi in formule tecniche , in termini
generici fa riferimento alla categoria onnicompresiva della non punibilità.
Casi pratici il consenso dell’avente diritto è stato accostato ad alcuni tragici fatti riguardanti i cd
trattamenti di fine vita. Ci si riferisce al caso Englaro e al caso Welby. Di recente, a tali due casi si è
aggiunta la sentenza cappato, che non riguarda la vittima dei fatti (Dj Fabo) ma l’ex parlamentare
che ha accompagnato il soggetto nel suo atto di abbandono della vita terrena.
L’art 50 del codice penale non dà indicazioni specifiche; bisogna procedere in via interpretativa. Il
consenso è espressione di una volontà da parte di un soggetto riguardo alla possibilità di disporre
liberamente della gestione di interessi che rientrano nella propria cerchia, rispetto a cui fornisce
una sorta di dichiarazione. Si è discusso a lungo quale possa essere il nucleo essenziale del
consenso come negozio giuridico; la cosa fondamentale che occorre rintracciare è che si tratta di
una manifestazione di volontà di un soggetto il quale dichiara di voler disporre in un certo modo
della titolarità e della gestione di alcuni beni che interessano la sua sfera giuridica. Il fatto che con
questa forma di manifestazione delle proprie volontà (che possono essere anche postume, in
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quanto contenute nel cd testamento biologico)si possa dare consenso alla possibile offesa di
questi beni si svolge secondo una serie di cadenze ben precise; se pure il soggetto dà il consenso
per una lesione di un bene giuridico di cui è titolare, bisogna porsi il problema della validità del
consenso stesso ; INDIVIDUARE il novero di beni rispetto a cui è possibile rendere il proprio
consenso, bisogna anche porre il problema della individuazione di beni che siano disponibili; infine
bisogna dire che anche nel caso del consenso dell’avente diritto , si ha un bilanciamento tra
interessi contrapposti per cui vi è un soggetto che dà il consenso alla possibile offesa di questi suoi
interessi perché ritiene inferiore l’offesa a quel bene che consente di perseguire un interesse che
per lui è superiore. Il consenso è quindi una situazione giustificante che si basa sempre sul
bilanciamento tra interessi contrapposti.
L’art 50 cp stabilisce che non è punibile chi offende o pone in pericolo un diritto col consenso della
persona che può validamente disporne. Il validamente disporne fa riferimento su un piano
oggettivo all’individuazione dei beni cd disponibili e sul piano soggettivo alla validità del consenso
per come espresso. Non si fa riferimento nell’articolo ai beni disponibili: x fare una distinzione, si
fa riferimento all’art 5 del cc che dà una risposta precisa sui beni che possono essere disponibili:
l’art 50 rinvia all’art 5 , che distingue tra beni disponibili e indisponibili; si stabilisce che NON SONO
DISPONIBILI i beni pubblici (non sono dei beni di cui può disporre in guisa di rappresentante un
singolo individuo); i beni statali o che appartengono alla collettività (es. ambiente, governo del
territorio…). Nel combinato disposto di art 5 cc e art 50 cp si può concludere che sono esclusi dalla
disponibilità i beni pubblici che esulano da un valido consenso da parte di un individuo e anche
quei beni cd PERSONALISSIMI, che sono pertinenti alla sfera del soggetto ma sono talmente
rilevanti (es. bene vita)per cui il singolo individuo non può liberamente disporne. Possiamo
concludere che il consenso dell’avente diritto è una causa di giustificazione che riguarda beni
disponibili , cioè beni personali, esclusi quelli personalissimi e esclusi anche i beni pubblici. Si
possono annoverare tra i beni personali disponibili il patrimonio, la libertà personale, l’integrità
fisica (senza che si determini una lesione permanente di essa).
Il consenso deve presentare ulteriori caratteristiche, che sono di essere un consenso
effettivamente prestato, che abbia raggiunto il destinatario e deve pervenire da un soggetto che
abbia in atto , nel momento in cui lo presta, la capacità di intendere e di volere. Questa è un primo
presupposto da valutare. Si pone il problema del cd consenso presumibile e del consenso
presunto. In alcune circostanze (es. chi lascia un appartamento nel periodo estivo e dice alla
portinaia che è autorizzata in caso di necessità ad entrare in casa) , non essendovi il consenso
effettivo del titolare , si ledono determinati interessi del soggetto titolare, nella presunzione che,
se fosse stato contattato , il titolare del bene avrebbe senzaltro dato il proprio consenso.
Il problema diventa acuto nella problematica del trattamento di fine vita: il soggetto, nel momento
in cui è in una fase terminale della propria vita non è più nelle condizioni di comunicare con
l’esterno (essendo le attività corticoidali non attive). Bisogna distinguere l’ipotesi di Englaro da
quella di Welby e dj fabo: in queste ultime due circostanze, pur in una circostanza di compressione
drammatica delle proprie capacità , non si era reciso definitivamente il cordone della
comunicazione : tali soggetti con l’utilizzazione di un linguaggio particolare erano in grado di
comunicare la loro volontà in modo attuale. Nel caso di eluana englaro, lo stato vegetativo in cui
era precipitata non consentiva nemmeno di comunicare con lei, tanto che quando si ricostruì a
posteriori il problema del consenso di far cessare le sofferenze derivanti dal suo stato, ci fu una
51
cruciale testimonianza di un amico , il quale dichiarò di ricordarsi che , qualche anno prima,
andando a trovare un compagno in stato vegetativo, eluana dichiarò che se si fosse trovata in una
situazione simile, avrebbe voluto che le si staccasse la spina. Si ricostruì in termini di presumibilità
che eluana avrebbe dichiarato la volontà di cessare la sua vita terrena.
Nel caso di dj fabo e welby, il consenso era stato fornito da essi, che chiesero di cessare
l’accanimento terapeutico nei loro confronti. questo tipo di possibilità nella legislazione penale
italiana trovava uno sbarramento nell’art 5 cc e 50 del cp: essi non consentono di considerare
giustificato il comportamento. Ma anzi tutto l’art 579 cp non consente tale soluzione: incrimina
l’omicidio del consenziente, stabilendo che venga punito chiunque presta la propria assistenza al
fine di far cessare le sofferenze della persona. Chiunque cagiona la morte di una persona a
qualsiasi titolo e con qualsiasi contributo col consenso di lui, non è punito come nel caso di
omicidio volontario, ma è punito con una pena diminuita, di cui al successivo articolo. Si riconosce
validità al cd elemento differenziale degradante della fattispecie: il consenso se anche validamente
prestato, essendo stato prestato su un bene indisponibile quale la vita, non consente la non
punibilità e anzi determina l’applicazione della ipotesi meno grave rispetto a quella dell’omicidio
volontario: l’ipotesi prevista dall’art 579 . il consenso, innestato su una fattispecie quale quella
dell’art 575 (omicidio volontario), semplicemente ha una efficacia di diminuzione della pena.
ESERCIZIO DI UN DIRITTO E ADEMPIMENTO DI UN DOVERE (ART 51) L’art 51 al suo interno
prevede 2 distinte cause di giustificazioni: una riferita all’esercizio di un diritto, che risulta una
giustificazione in bianco: il legislatore nel dire che il soggetto non è punibile se ha esercitato un
diritto, non si preoccupa di dire quali sono tali diritti rispetto ai quali scatta la non punibilità; x
stabilire quali siano i diritti che possono far scattare la non punibilità , essi devono essere ricostruiti
in termini sistematici facendo riferimento a tutti i diritti anche costituzionalmente garantiti , che
possono fare da riempimento all’art 51. Talvolta ciò pone seri problemi dal punto di vista di
bilanciamento dei valori costituzionali, perché in alcune circostanze piu diritti possono entrare in
collisione tra loro.
L’altra ipotesi è l’adempimento di un dovere che può avere fonte o nella legge stessa o nell’ordine
del superiore, fermo restando che tale seconda ipotesi discende in maniera automatica dalla
legge: solo nel caso in cui si sia adempiuto ad un ordine del superiore che sia stato legittimamente
dato, l’autore sarà esente da pena.
Nel caso dell’es di un diritto, possiamo fare riferimento all’esempio di un giornalista che divulga
una serie di stralci di intercettazioni telefoniche o di situazioni che sono state registrate con cd
intercettazioni ambientali, per via del fatto che venuto a conoscenza di tali informazioni vuole
divulgarle, in nome del diritto di cronaca giudiziaria.
Adempimento di un dovere un appartenente alle forze armate viene dal superiore gerarchico
chiamato insieme ad altri suoi sottoposti a portare alcune persone in un luogo appartato e di
uccidere queste persone e seppellirle in alcune fosse comuni. Nel periodo dopo l’otto settembre
43, vi furono stragi del genere nell’ambito dell’esercito italiano (es. strage di Marzabotto) in
esecuzione di un ordine proveniente dal superiore.
Sono 2 cause di giustificazione che sono 2 figure diverse fra loro;

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ART 51 “ L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o
da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità. Se un fatto costituente reato è
commesso per ordine dell'autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale [c.p. 357] che ha
dato l'ordine. Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto abbia
ritenuto di obbedire a un ordine legittimo. Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la
legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine”.
Secondo e terzo comma si riferiscono all’adempimento di un dovere; il primo comma dell’art 51 fa
riferimento invece all’es. di un diritto. all’es di un diritto si può fare riferimento non solo quando ci
si riferisca all’es. del diritto di cronaca giudiziaria, ma in molte altre circostanze. Poiché la
disposizione dell’art 51 si limita a indicare che scatta la non punibilità nel caso in cui un soggetto
abbia compiuto un fatto nell’es. di un diritto, si deve collegare tale disposizione cd in bianco a tutti
i diritti costituzionalmente garantiti e anche a qualsiasi altro diritto presente in qualsiasi luogo
dell’ordinamento giuridico. Si è in presenza di un antinomia tra norme, in quanto alcune vietano
un determinato comportamento e altre lo rendono legittimo; In presenza di un esercizio di un
diritto si è anche con riguardo ai cd offendicula, cioè alla predisposizione di quelle misure di difesa
della proprietà (es. filo spinato).
Il punto centrale è: nella logica della cause di giustificazione è necessario rintracciare le FONTI
rispetto alle quali l’es del diritto viene utilizzato e stabilire se quel tipo di comportamento in primis
ha un qualche riferimento a un interesse che possa essere ritenuto tutelato dall’ordinamento; e
poi se, in un bilanciamento di interessi tra quegli che vengono offesi dalla condotta e coloro che
vengono preservati, si possa trovare un bilanciamento per cui vi possa essere un saldo attivo che
giustifichi il comportamento, rendendolo non antigiuridico. Dobbiamo richiamare tutta una serie
di disposizioni , anche della costituzione. Nel caso dell’es. del diritto di cronaca (e in titte le forme
di manifestazione del pensiero tutelate dall’art 21) ,
nel caso degli offendicula, si puo richiamare il diritto di proprietà: pur non essendo un diritto
costituzionalmente garantito, è un bene che nel codice civile riceve una ampia copertura che dal
punto di vista cost puo’ avere una ripercussione in altri tipi di situazioni.
L’esercizio dell’attività giornalistica ritorna nel caso dell’art 51 in modo prepotente in piu di una
casistica giurisprudenziale: nella sentenza Anzalone la cassazione aveva indicato una serie di
presupposti x rendere legittima la divulgazione di notizie, di dati contenuti in articoli giornalistici
che potevano ledere la reputazione del soggetto o addirittura essere lesivi della tutela alla
riservatezza degli atti processuali nella fase delle indagini. Nel caso del diritto dell’informazione, la
sentenza Anzalone aveva chiarito che x stabilire se un certo tipo di divulgazione di una serie di fatti
si potesse oppure no, bisogna far riferimento a una serie di parametri, che vengono individuati nei
criteri della RILEVANZA PUBBLICA DELL’INFORMAZIONE: solo quando la divulgazione riguarda
notizie di interesse pubblico, questa è consentita; il criteri della CONTINENZA, nel senso che
bisogna rimanere all’interno di una proporzione tale x cui solo le cose assolutamente
indispensabili a informare il pubblico e non esclusivamente finalizzate a offendere una certa
persona possono essere consentite; il criterio della verità oggettiva, nel senso che chi divulga
informazioni deve farlo attraverso un esame preventivo rigoroso delle fonti di informazioni. Solo a
tali condizioni da sempre la giurisprudenza ammette la possibilità di divulgazione delle
informazioni di un certo tipo.

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ADEMPIMENTO DI UN DOVERE occorre guardare alle fonti da cui promana il tipo di attività
consequenziale all’esecuzione di una attività che rientra nelle attività specialmente della P.A. o di
adempimento di un dovere che può derivare da fonti statali ; bisognerà verificare se tali fonti sono
atten0dibili e ineccepibili e stabilire se quel tipo di comportamento che è stato posto in essere
abbia posto sul terreno tutta una serie di possibili limiti allo svolgimento di attività che si devono
mantenere nei limiti della legalità. Si pensi a chi debba sedare un paziente in preda a una crisi
epilettica perché gli deve praticare un tso. Si transita attraverso altre disposizioni che vietano quel
comportamento, come le disposizioni che puniscono la provocazione di lesioni o percosse , nel
caso in cui vengano provocate alle paziente escoriazioni etc. vi è antinomia giuridica tra norme che
vietano un comportamento e altre che lo rendono giuridicamente doveroso . uno stesso soggetto
viene simultaneamente raggiunto da una norma che vieta un comportamento e un altro che lo
rende doveroso .
Piu delicata diventa la questione allorchè si consideri l’adempimento di un dovere derivante da un
ordine dell’autorità. si passa ad una situazione complicata che ha riguardato molti processi
giudiziari. Dalla seconda guerra mondiale tale problema ha costituito una delle questioni piu
cruciali riguardo al settore delle giustificanti. Analoghe disposizioni al c 1 2 e 3 dell’art 51 si trovano
nello statuto della corte penale internazionale e negli statuti dei tribunali ad hoc istituzionalizzati.
In tutte tali circostanze la regola che si adotta è la seguente: se un certo soggetto ha compiuto un
fatto costituente reato x ordine del superiore, il soggetto è esonerato da responsabilità, essendo
inserito in una struttura che prevede IMMEDIATA ESECUTORIETA’ per una questione di efficienza.
La regola è quella che nel caso dell’ordine legittimo della pubblica autorità, si esclude la
punibilità. A tale regola generale se ne accompagna un’altra , che riguarda una traslazione della
resp dal sottoposto al superiore: come stabilito dal c 2 dell’art 51, se il fatto costituente reato è
commesso x ordine dell’autorità, del fatto risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato
l’ordine. Gli immediati esecutori si difesero affermando di aver eseguito un ordine del superiori.
Il c 3 dell’art 51 prevede un’eccezione alla regola generale: risponde del fatto anche chi ha
eseguito l’ordine; ma nel caso in cui abbia errato per errore di fatto nell’eseguire l’ordine, non ne
risponde. Stiamo parlando di una scusante, cioè causa di esclusione della colpevolezza.
C 4: Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun
sindacato sulla legittimità dell'ordine(4)(5).--> siamo in presenza del cd ordine vincolante.
La disposizione stabilisce quindi che: chi ha eseguito l’ordine non è punibile ; è punibile chi ha
dato l’ordine come superiore gerarchico; chi lo ha eseguito non è punibile nel caso in cui ha
erroneamente supposto di eseguire un ordine legittimo; non è punibile altresi l’autore che abbia
eseguito un ordine illegittimo che presenta ulteriore caratteristica dell’ordine vincolante, che è
quello del superiore rispetto al subordinato.
Rispetto al rapporto gerarchico che lega alcuni superiori nelle forze armate la regola è che bisogna
dare esecutorietà all’ordine; se l’ordine è illegittimo ma è vincolante, non essendo concesso alcun
sindacato sulla legittimità, colui che lo esegue sarà dichiarato non punibile. Il punto critico è di chi
è stato investito da un ordine vincolante ma anche manifestamente criminoso, come quello di
uccidere (es. militari tedeschi che uccidono civili a marzabotto): si tratta non solo di un ordine
vincolante ma anche manifestamente criminoso, perché il superiore ordina di uccidere senza
alcuna legittimazione che potrebbe derivare da operazioni di guerra .
54
L’art 51 c 4 si limita a dire che non è punibile chi ha eseguito un ordine illegittimo, ma non parla di
manifesta criminosità. Mentre in altre circostanze si stabilisce che nel caso in cui l’ordine sia
vincolante ma anche manifestamente criminoso, colui che lo riceve si deve rifiutare di eseguirlo ,
perché in tal caso nel bilanciamento tra interessi prevale la necessità di non dover eseguire
l’ordine, perché di fronte a una situazione di frizione come questa la vincolatività dell’ordine
cede alla sua intrinseca manifesta criminosità. Il destinatario di quest’ordine, a meno che non
sia esposto ad un pericolo x la incolumità propria o dei propri prossimi congiunti ( caso
erdemovic) , non lo deve eseguire.
Sulla scia del caso Erdemovic, il soggetto può essere esentato da responsabilità non in funzione
della giustificante dell’ordine del superiore quanto in virtù della scriminante dello STATO DI
NECESSITA’ . in questo caso il militare si era difeso dicendo che era stato raggiunto da un ordine
vincolante , manifestamente criminoso, ma l’ordine era anche accompagnato da una minaccia : in
caso di mancata esecuzione, il soggetto sarebbe stato messo al muro e fucilato. Subentra quindi lo
stato di necessità determinato dall’altrui minaccia, che rientra nello spettro del c 3 dell’art 54.
Quindi l’art 51 c 4 rimane una disposizione lacunosa, non prendendo in considerazione la
situazione piu critica di tutte, cioè quella dell’ordine manifestamente criminoso.

DIFESA LEGITTIMA  ART 52 regina delle cause di giustificazione.


Metropolitana di NYC , 1984 Goetz era un suprematista bianco che aveva un forte risentimento
nei confronti delle comunità afroamericane; 4 persone di colore lo circondano e gli intimano una
rapina; ancor prima che essi pronunciassero tali parole, accompagnate da un gesto simulatorio. I
soggetti non si accorgono che Goetz estrasse l’arma e esplode diversi colpi di arma da fuoco, per
cui uno degli assalitori venne ucciso e un altro leso gravemente. Il processo che ne segue aveva
come focus l’eccesso di difesa.
Art 52 Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di
difendere(1) un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale(2) di un'offesa ingiusta(3), sempre
che la difesa sia proporzionata all'offesa(4).  il legislatore interviene una prima volta con la
legge 59/2006 con l’introduzione di una ipotesi di difesa legittima domiciliare e interviene una
seconda volta con la legge 36/2019: il risultato di questa duplice interpolazione è la seguente:
vengono aggiunti c 2 3 e 4 nell’art 52.
Si ritiene che ciò sia risultato del cd diritto penale populista: si tratta di un diritto penale
demagogico che utilizza il diritto penale x rassicurare la collettività per dare un senso di maggiore
sicurezza, modificando le norme. Il legislatore interviene sull’art 52 e anche tramite una modifica
che riguarda l’art 55: il c 2 di tale articolo è stato introdotto con la legge 36/2019.
LEGITTIMA DIFESA DOMICILIARE La necessità di tutelare le persone nel proprio domicilio o negli
esercizi commerciali (primo fra tutti le gioiellerie o es commerciali con preziosi, beni di valore etc)
è determinata da sempre piu frequenti forme di aggressione. L’art 52 del cp stabilisce che vi è un
soggetto che viene ritenuto ingiusto aggressore (vi è già un giudizio negativo mosso
dall’ordinamento giuridico) e un altro che si difende legittimamente, cioè nell’ambito di un

55
perimetro indicato dalla legge, x fronteggiare tale situazione aggressiva che mette in pericolo i
beni suoi o di un’altra persona (soccorso difensivo) .
Presunzione di sussistenza di proporzione della difesa Al fine di evitare che colui che si difenda
sia sottratto a processo penale, si stabilisce che , ricorrendo determinate situazioni che intaccano
beni come domicilio privato, incolumità della persona ecc.. la prova della sussistenza della
proporzione è gia data. È cio che si prevede nel 2 e 3 comma dell’art 52, senza che debba essere
provata nel processo penale attraverso una ricostruzione.
Gli elementi costitutivi della difesa legittima sono i seguenti: vi è in atto un’ingiusta aggressione
contro un diritto proprio altrui di un soggetto che ha operato contra ius, allorché comportamento
si è sostanziato in una violazione di domicilio; già si sono messi a repentaglio una serie di beni; vi
deve essere la preventiva volontà di proseguire nell’azione offensiva, tramite l’utilizzazione di una
serie di strumenti atti a stroncare la possibile resistenza della vittima; non c’è neanche una
resipiscenza da parte dell’autore o desistenza dalla continuazione dell’azione intrapresa; i segnali
che manda l’autore non sono del tutto inequivoci ; vi è una situazione in cui non si può altrimenti
evitare il pericolo a causa di un restringimento delle alternative (necessità di difendersi); l’autore
deve agire in caso di pericolo attuale di un’offesa ingiusta e lo deve fare nell’ambito della
PROPORZIONE tra il pericolo incombente su di lui e la difesa che sta approntando.
Il soggetto è in una situazione di costrizione determinata da necessità: le opzioni riguardo ad una
salvaguardia efficace e tempestiva del bene si sono ristrette; la persona che si trova a difendersi
non ha alternative, tanto che si dice che il soggetto non ha il cd COMMODUS DISCESSUS: invece,
se si può sottrarre ad uno scontro con l’aggressore senza sottoporre se stesso ed altri ad un
pericolo potando allo stesso modo salvaguardare i beni giuridici da tutelare, deve sempre darsi alla
fuga, evitando lo scontro.
Il pericolo ATTUALE individua invece la legittimità anche dal punto di vista cronologico stabilisce
che non è esente da pena colui che versa in una situazione, ad esempio, di difesa legittima
anticipata o posticipata, essendo uscito dai cd limiti cronologici della difesa legittima. (vedi caso
Goetz).
L’art 52 introduce poi il limite della proporzione: la difesa deve essere proporzionata all’offesa.
Una equilibrata valutazione di questo requisito poteva consentire di lasciare in vita l’attuale
disposizione dell’art 52 senza dover far ricorso alle modifiche intervenute tra 2006 e 2019. Ma la
pressione dell’opinione pubblica ha fatto in modo che si intervenisse con i cd pacchetti sicurezza,
al fine di irrobustire la causa di non punibilità. La giurisprudenza aveva immaginato che la
proporzione dovesse essere riconosciuta nei casi in cui si potesse rintracciare essa attraverso un
giudizio ARTICOLATO E PROGRESSIVO: non basta che venga posto in essere un tipo di rapporto di
proporzione solo tra beni giuridici tutelati; bisogna introdurre una serie di parametri ulteriori: non
ci si può limitare ai beni contrapposti e nemmeno ai mezzi a disposizione: si pensi a chi deve
ricorrere agli unici mezzi a disposizione. Il giudizio di bilanciamento tra interessi contrapposti
nella difesa legittima va condotto non solo con riferimento ai beni o ai mezzi a disposizione
(talvolta un mezzo sproporzionato potrebbe essere considerato legittimo, in quanto l’unico a
disposizione), ma anche guardando al grado di esposizione a pericolo del bene.

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La spinta è stata quella di prevedere però ipotesi cd speciali di difesa legittima, rispetto a cui i
parametri finora considerati non sono validi . quando si tratta di difendere il proprio domicilio, vi è
sempre una proporzione; ciò è collegato al fatto che il soggetto è stato aggredito del proprio
domicilio e deve difendere la propria o l’altrui incolumità o i beni propri o altrui quando non vi è
desistenza.
Tale dirompente modifica altera e non poco il concetto di proporzione nella difesa legittima.
Il legislatore interviene nel 2019 introducendo una serie di specificazioni per cui afferma che ci ha
agito in una situazione di eccesso (art 55), indotto dall’attività aggressiva di determinati soggetti,
non è punibile.
ECCESSO COLPOSO art 55 cp
“Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono
colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla
necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla
legge come delitto colposo.
((Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 52, la punibilità è esclusa se chi
ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle
condizioni di cui all'articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave turbamento,
derivante dalla situazione di pericolo in atto))”.
Eccesso colposo fuoriuscita della condotta del soggetto perché si trascende dai limiti indicati
dalla legge; perché la attività è trasmodante dall’ordine ricevuto; perché la azione è avvenuta in
una situazione in cui si è andati oltre il limite della necessità.
La fuoriuscita dai limiti della necessità può derivare da un tipo di reazione di tipo intensivo o
estensivo.
Intensivo tutte le volte che il soggetto usa mezzi eccessivi rispetto alla necessità di fronteggiare
la situazione di pericolo. Es. contadino che spara a due ragazzi che sono entrati nel terreno per
rubare la frutta.
Estensivo l’eccesso è tale quando la reazione reattiva fuoriesce dai limiti cronologici della
necessità di difendersi, data dal perdurare dell’attualità del pericolo. Quando il pericolo non è
ancora insorto o è cessato, si ha difesa legittima anticipata (es. caso Goetz) o posticipata.
Modifica 2019 dà una qualificazione alla reazione reattiva in termini di formazione anomala
della volontà del soggetto che si difende (reagente). Qui il problema fuoriesce da una valutazione
oggettiva: il processo di formazione della volontà del soggetto che si è difeso dipende dalla
necessità di difendersi. Nel paragrafo 33 del codice penale tedesco si stabilisce che quando il
soggetto ha agito in una situazione di stress causato da un ingiusto aggressore, questo è scusabile,
perché la formazione della sua volontà è avvenuto in un modo alterato.
Il legislatore italiano ha combinato artt 55 (eccesso colposo) e 59 (erronea supposizione di
circostanze) del codice penale. Si deve però distinguere le due ipotesi: nel caso dell’art 55 infatti i
requisiti materiali e oggettivi di sussistenza della difesa legittima in parte esistono ma se ne
trasmodano i limiti (eccesso intensivo o estensivo).
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USO LEGITTIMO DELLE ARMI causa di giustificazione presente solo nel codice penale italiano.
Negli altri sistemi penali moderni possiamo trovare una norma simile solo in una normazione
britannica, che prevede disposizioni speciali riguardo a una legge speciale sulla gestione del
traffico (traffic act); la legislazione speciale britannica prevede la possibile utilizzazione dei mezzi di
coazione fisica o di armi da parte dei rappresentanti delle forze dell’ordine . l’art 53 del cp è stato
durante la repubblica democratica modificato, perché inizialmente la norma suonava così:
“ Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti(1), non è punibile il pubblico ufficiale
che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio(2), fa uso ovvero ordina di far uso delle armi
o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una
violenza o di vincere una resistenza(3) all'Autorità.”. una legge del 75 aggiunge un ulteriore
disposizione: “e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio,
sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e
sequestro di persona”.
Cornice della disposizione: si tratta di un’ipotesi accessoria rispetto agli artt 51 e 52. Inoltre, si
tratta di una giustificante cd propria: al fine di riuscire ad applicare l’ipotesi giustificante, questa
deve essere applicata solo ed esclusivamente ai pubblici ufficiali, cioè a determinate categorie di
soggetti rappresentanti della forza pubblica, che devono dare immediata esecutorietà all’azione
della P.A.
Altri requisiti sono relativi al fatto che l’uso delle armi è consentito a tali soggetti qualificati a
condizione che tutto ciò avvenga in una situazione di cd riferimento all’attività funzionale, cioè
allorché tale tipo di intervento di coazione avvenga x il raggiungimento di uno scopo quale quello
di adempiere a un proprio dovere d’ufficio.
Altra questione riguarda il riferimento alla necessità: ci si riferisce a difesa legittima, uso legittimo
delle armi e stato di necessità : uno dei presupposti x dichiarare giustificabile il comportamento è
che l’autore abbia commesso il fatto costretto dalla necessità. Essa è quella situazione di
restringimento delle opzioni a disposizioni del soggetto al fine di tutelare i beni giuridici che
interessano la sua sfera o quella di altri. Il legislatore fa sì che l’intervento avvenga in una
situazione di costrizione che non consenta all’autore delle possibili azioni diversive e alternative.
Con riguardo all’art 53, si fa riferimento a una situazione in cui il soggetto deve respingere una
violenza o vincere una resistenza ; si interpreta questo duplice riferimento al fatto che è legittimo il
comportamento del pubblico agente che adempie al dovere d’ufficio e che ha subito una
aggressione : il riferimento alla violenza e alla resistenza significa che è legittimato ad agire il
pubblico agente in quanto siano in atto le azioni preparatorie o immediatamente esecutive di due
reati quali violenza e resistenza a pubblico ufficiale (reati di privati alla pubblica amministrazione).
Tutto ciò è giustificato dalla necessità di ripristinare l’ordine pubblico in adempimento del proprio
dovere.
Il mancato riferimento al concetto della proporzione, che differenza tale ipotesi dalla legittima
difesa, lo rinveniamo che La norma non indica il fatto che il pubblico ufficiale deve anzi tutto usare
mezzi di coazione fisica e, come extrema ratio, l’arma: dalla lettura della norma, sembra esservi
un’inversione : l’arma sembra essere mezzo ortodosso, che ha priorità rispetto ai mezzi di
coazione fisica.

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Il legislatore della repubblica interviene successivamente con la legge reale del 1975 (anni di
piombo) rendendo ancora più autoritaria la norma: la prima parte dell’art 53 stabilisce che “non è
punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio(2), fa uso ovvero
ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla
necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza(3) all'Autorità e comunque di
impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio,
disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona(4)”. La
norma sembra legittimare l’uso di armi anche rispetto ad attività prodromiche e strumentali alla
commissione di un reato.
Sarebbe infine lecito l’uso di armi per fronteggiare condotte passive (quali la fuga).
TALE NORMA (ART 53)O È INUTILE O INCOSTITUZIONALE, facendo riferimento alla necessità di
usare le armi per respingere una violenza o vincere una resistenza o ai fini di adempiere un
dovere di ufficio (senza alcun riferimento alla proporzionalità).
Perché il legislatore ha ritenuto di dover introdurre questa ipotesi residuale e speciale rispetto
alla difesa legittima , riguardo ai pubblici agenti, potendo già far riferimento alla difesa legittima ?il
legislatore ha introdotto una ipotesi speciale perché tale ipotesi rispetto alla difesa legittima si
svincola dal requisito della PROPORZIONE tra difesa e offesa. Il riferimento alla proporzione
nell’art 53 manca. Secondo una parte della giurisprudenza, si deve in via implicita ricavare un
principio di proporzionalità, per allineare tale ipotesi a quella di cui all’art 52, facendo si che anche
nel caso di uso legittimo di armi si proceda alla verifica della proporzione tra difesa e offesa. Se si
introduce tale elemento implicito , non si fa altro che introdurre una ipotesi che è duplicazione
forse anche inutile della difesa legittima. Lo scopo del legislatore era solo di dotare i
rappresentanti della forza pubblica di strumenti di reazione piu incisivi e di piu ampia applicazione
rispetto a quelli a disposizione dei comuni cittadini.
Quindi o la norma è incostituzionale, prevedendo una disparità di trattamento tra i rappr della
forza pubblica e i comuni cittadini; oppure lo si riconduce a una interpretazione cost orientata ,
introducendo un elemento implicito di proporzione, che però il legislatore non ha previsto.
La sproporzione in tali casi è molto piu difficile da accertare.
La norma 53, quindi, collocata tra difesa legittima e stato di necessità , rientra in una seconda
categoria di esimenti (assieme allo stato di necessità e alla difesa legittima) , facendo
esplicitamente riferimento a uno stato di costrizione dettato dalla necessità che ha indotto la
condotta necessitata. Diviene una scriminante propria.
STATO DI NECESSITA’ art 54 cp. È una ipotesi generale di scriminante , che va poi raccordata con
le cd speciali, che all’interno della parte speciale del codice il legislatore ha previsto riguardo ai
reati contro l’amministrazione della giustizia (art 884 cp) così come nei reati contro la personalità
interne e internazionale dello stato (assistenza a banda armata o associazione sovversiva, di cui
artt 307 e 418 cp). Si basa sul concetto di necessità , al pari della difesa legittima e dell’uso
legittimo delle armi. Tuttavia, questa ipotesi si richiama alle scriminanti: in tale circostanza, pur
stretto dalla necessità, l’autore non realizza una condotta necessitata che costituisce un saldo
attivo rispetto alle conseguenze del suo agire, come nel causo della difesa legittima; qui c’è
un’offesa che si indirizza VERSO UN TERZO INNOCENTE DEL TUTTO ESTRANEO alla fonte del
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pericolo. Qui si fonda la differenza tra difesa legittima e stato di necessità: la difesa legittima è una
situazione dualistica , in quanto vede un ingiusto aggressore fronteggiato da un difensore legittimo
; nello stato di necessità vi è una situazione di necessità creata ad esempio da una fonte
naturalistica (es. naufragio ) . l’autore non dirige la propria condotta nei confronti di un ingiusto
aggressore, come nella difesa legittima; scarica gli effetti nocivi della sua condotta nei confronti di
un terzo estraneo. In tal caso vi è una struttura triangolare: si pensi a un tifoso che, dovendo
scappare dalle minacce dei tifosi della squadra avversaria, spintona accidentalmente un anziano
che perde l’equilibrio, provocandosi una seria lesione. c’è una condotta minacciosa di determinati
individui su un soggetto che è costretto a compiere la condotta necessitata, che a cascata provoca
conseguenze nocive nei confronti di un terzo totalmente estraneo alla fonte di pericolo.
Tale circostanza differenzia in tutto e per tutto stato di necessità da difesa legittima; un saldo
attivo in una situazione come quella dello stato di necessità non si può avere perché comunque gli
effetti della condotta necessitata si scaricano nei confronti di un soggetto estraneo alla fonte di
pericolo. Vi solo un giudizio di umana comprensione verso chi si trova in stato di necessità
(inesigibilità del comportamento). Ecco perché l’art 2045 cc prevede la possibilità di garantire un
equo indennizzo a dei soggetti che sono soggetti che subiscono le conseguenze nocive della
condotta. Lo stato di necessità limita la esclusione della antigiuridicità alla sola antigiuridicità
penale, lasciando impregiudicata la possibilità che quel tipo di conseguenza possa essere
sanzionata in altri luoghi dell’ordinamento giuridico. Permane una componente di illiceità
extrapenale.
L’art 54 cp individua 2 ipotesi di stato di necessità: determinato da fattori naturali (necessities by
circmustances); o ipotesi in cui lo stato necessità sia determinato non già da fattori naturali, ma
dalla minaccia altrui, come nell’esempio di chi, inseguito da aggressori, ruba biciclette (ipotesi cd
duress).
Nell’art 54 del cp vi è una disposizione, il c 3, che riguarda l’ipotesi dello stato di necessità
determinato dall’altrui minaccia: questa ipotesi viene considerata in altri ordinamenti addirittura
come diversa dallo stato di necessità tradizionale: nel codice penale tedesco si distingue tra stato
di necessità giustificante e scusante. L’ipotesi italiana è un ibrido, quindi ricostruibile nell’ambito
delle scriminanti. La disicplina di tale comma prevede una traslazione della responsabilità: del fatto
rispondono i soggetti che hanno minacciato l’autore immediato. Il minacciante risponde in luogo
del minacciato.
L’art 54 fa riferimento diversamente dall’art 52 al fatto che il pericolo da fronteggiare non sia
altrimenti inevitabile espressamente il legislatore richiama l’attenzione sul fatto che
l’inevitabilità altrimenti del pericolo è uno dei requisiti fondamentali x rendere scriminabile il
comportamento .

§§§
COLPEVOLEZZA
Occorre una rivisitazione del concetto di colpevolezza, che venga contrassegnata dal riferimento
che tale tipo di nozione ha con gli scopi della pena.

60
Concezione psicologica della colpevolezza tale tipo di concezione limita il giudizio
semplicemente ad una valutazione della complessivo atteggiamento psicologico del soggetto
rispetto alla commissione del fatto. Dà una spiegazione del raccordo che occorre compiere tra
fatto compiuto e atteggiamento psicologico dell’autore che ha accompagnato la realizzazione del
fatto; in una valutazione che risulta di tipo statico si tratta di compiere una valutazione di
riconducibilità del comportamento psicologico del soggetto rispetto al fatto compiuto. In sostanza
una valutazione circa la piu’ o meno esatta aderenza del fatto all’atteggiamento psicologico
dell’autore. Tale giudizio di aderenza tende a sfumare allorché il fatto è colposo, perché
l’imputazione x colpa prescinde da una componente volontaristica e imputa il fatto x
antidoverosità del comportamento che è stato di violazione di regole cautelari .
La concezione psicologica fa riferimento ad una appartenenza psichica del fatto compiuto
all’autore, nel senso di atteggiamento psicologico dell’autore. Non vi è un profilo di
rimproverabilità che viene mosso, l’imputabilità è visto come un elemento che sta tutto all’interno
e non è presupposto della colpevolezza; occorre semplicemente valutare le forme della
colpevolezza stessa (dolo, colpa, preterintenzione).
Concezione normativa fonda il rilievo di responsabilità sul giudizio di rimproverabilità
individuale circa l’atteggiamento antidoveroso dell’agente rispetto alle norme dell’ordinamento e
lo collega al profilo della colpevolezza come fulcro della personalità della responsabilità penale; la
nozione di colpevolezza risulta una nozione graduabile, molto piu’ articolata e che non può
prescindere dal considerare che la imputabilità è presupposto della colpevolezza: un giudizio di
rimproverabilità all’autore può essere mosso in quanto quel soggetto era nella condizione
psicologica di valutare l’antidoverosità del suo comportamento.
In tal modo si collega il c 1 con il c 3 dell’art 27 della costituzione la colpevolezza diventa
fondamento e limite della pena, nel senso che la pena va commisurata al quantum di
rimproverabilità dell’autore e la colpevolezza è anche il limite esterno invalicabile x la
commisurazione della pena: essa diventata giusta nel momento in cui si riesce a perequarla
nell’ambito del giudizio di colpevolezza, cioè del quantum di rimproverabilità dell’autore. In tale
concezione quindi il soggetto deve saper cogliere l’essenza del rimprovero che gli viene mosso. Si è
rimproverabili in quanto dotati della sufficiente capacità di intendere e volere.
Nozione di colpevolezza rimprovero che ha a che fare con la individuazione di un atteggiamento
antidoveroso della volontà che sia stato un comportamento volontario, determinato ed esigibile
(tipo di comportamento che era possibile motivare). La nozione viene quindi riferita a un
atteggiamento antidoveroso della volontà che sia determinato ed esigibile da parte di un certo
individuo.
Del giudizio di colpevolezza nella letteratura se ne danno una serie di concezioni anche dal punto
di vista della collocazione del giudizio di colpevolezza all’interno dello scibile umano: si può
ricostruire il concetto in termini individual garantistici, in termini puramente psicologici, clinico
valutativi, etc… le possibili spiegazioni scientifiche del pr di colpevolezza possono essere le più
varie.
La prima cosa che occorre mettere a fuoco, poiché la colpevolezza si basa su un giudizio di
rimproverabilità individuale dell’autore (un soggetto è rimproverabile in quanto capace di

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intendere e di volere), collocando la imputabilità come presupposto della colpevolezza,
dobbiamo tenere conto della circostanza che esistono alcune norme del codice penale che
sembrerebbero in controtendenza: perché fanno riferimento , quando parlano della imputabilità ,
al reato. se si è accertata la colpevolezza prescindendo dalla imputabilità , che tipo di colpevolezza
si è accertata, se non si ha preventivamente accertato la capacità di intendere e volere del
soggetto? Si sta punendo un autore prescindendo dalla sua capacità di intendere e di volere.
L’IMPUTABILITA’ VA ACCERTATA ANCOR PRIMA CHE SI POSSA PROCEDERE A UN GIUDIZIO DI
COLPEVOLEZZA
ART 85 CP fa poi riferimento a una endiadi che si riferisce alla capacità di intendere e di volere: i
due concetti ,poiché sono tra loro uniti da una congiunzione, si riferiscono a una coppia
concettuale che deve essere autonomamente accertata. Occorre che il giudizio sia complessivo
sulla compresenza dell’una e dell’altra componente. Anche qui studi scientifici distinguono tra una
concezione patologica, sociale, clinica della capacità di intendere e volere .. la definizione del
codice del 1930, superata dall’evoluzione della psicologia sociale e del profondo, fa riferimento a
un concetto obsoleto: è una nozione sintetica che faceva riferimento alle caratteristiche che il
comportamento umano deve avere al fine di riconoscere, da un lato, quella capacità di
discernimento (capacità di intendere), cioè capacità del soggetto di distinguere tra lecito e illecito;
dall’altro, la capacità di volere, consistente nella capacità di autodeterminazione del soggetto, a
potersi liberamente condurre nonostante i condizionamenti sul piano sociale.
Da tempo si ragiona sulla questione della immaturità, riguardo ai cd soggetti infra diciottenni
rispetto ad essi, si può muovere un giudizio di rimproverabilità ma di tipo relativo , attraverso una
cd presunzione relativa. Sul piano di accertamento della imputabilità riguardo alla minore età , il
legislatore ha stabilito che il soggetto infra quattordicenne è un soggetto rispetto a cui non si può
muovere alcun giudizio di imputabilità , in quanto sussiste una presunzione di tipo ASSOLUTO
(anche se va rivisitata).
Nella fascia dell’infra ventunenne, invece, il soggetto viene dichiarato capace di intendere e di
volere , ma sussiste anche qui un problema di non sviluppo completo della sua maturità. Vi è una
larga fascia di opinione che ritiene che il quadro normativo del codice rocco ha un certo grado di
obsolescenza , tradendo un certo ritardo dal punto di vista delle acquisizioni della scienza.
CAUSE DI ESCLUSIONE DELLA IMPUTABILITA’ il quadro presenta una serie di disposizion
iespressione del tipo di mentalità e delle conoscenze dell’epoca; il legislatore è intervenuto in
modo settoriale, non attraverso una modifica sistematica. Le cause di esclusione della imputabilità
vengono ancora oggi concentrate nel vizio di mente; nell’ubriachezza (rispetto alla quale
aggiungere, oggi, la dipendenza da sostanze stupefacenti); nel sordomutismo (oggi si tende a
parlare di sordità, in quanto il mutismo è una CONSEGUENZA della sordità); nella minore età.
Essendo la imputabilità presupposto della colpevolezza, da un punto di vista dogmatico le cause di
esclusione della imputabilità diventano esse stesse cause di esclusione della colpevolezza in senso
lato. Ci si riferisce infatti a cause di esclusione della colpevolezza in senso lato; o a scusanti,
essendo ipotesi che escludono la sussistenza dell’elemento psicologico del reato. la formula
assolutoria è quella che il soggetto non è imputabile, oppure rispetto al quale il fatto non
costituisce reato.

62
Vi sono una serie di casi giudiziari in cui è emerso un ulteriore problema collegato a tale tema: la
questione della commissione del fatto di reato da parte di un soggetto affetto da disturbi
transitori della personalità, cd borderline sono soggetti in una situazione di limbo , dotati di
caratteristiche di un soggetto chiaramente dotato di capacità di intendere e volere, ma che in
momenti di cd raptus , hanno reazioni di tipo emozionale abnormi che influiscono sulla
commissione del fatto di reato. in tali soggetti può anche verificarsi la seguente situazione: il
soggetto ha sempre manifestato un comportamento conforme alle aspettative della comunità,
diventando tuttavia patologico in un solo episodio . il disturbo è appunto transitorio, non
strutturato.
Esvicenda di Cogne. L’imputata Franzoni sembra essere stata motivata a uccidere suo figlio in
quanto ossessionata da un po’ di tempo dal fatto che il bambino presentasse una fronte molto
grossa; si era convinta che fosse idrocefalo . lo colpisce in fronte uccidendolo.
Il primo difensore della imputata aveva impostato la linea difensiva sulla questione della
incapacità di intendere e di volere , in relazione al disturbo transitorio della personalità,
relazionato a quella patologia che l’imputata aveva maturato verso la caratteristica somatica del
figlio.
L’imputata si avvia verso il rito abbreviato , che prevede una diminuzione di pena. Fatta questa
scelta, i giudici hanno ritenuto che la responsabile del reato fosse proprio la Franzoni; riconosciuta
responsabile del fatto, viene condannata a 30 anni (non potendo applicare l’ergastolo in quanto
era stato scelto il rito abbreviato).
La vicenda dimostra come in talune situazioni sia difficile individuare con certezza la capacità di
intendere e volere, dal punto di vista del vizio di mente. Il codice distingue tra vizio parziale e vizio
totale di mente (artt 88 e 89 cp).
Il legislatore del 30 sembra aver utilizzato una misura totalmente quantitativa: si chiede quale sia il
quantum di incapacità di intendere e di volere. Se è totalizzante, si ha vizio totale; se è parziale, si
ha vizio parziale.
Dall’art 90 in poi , si rinvengono le disposizioni relative all’altra grande causa di esclusione
dell’imputabilità: l’ubriachezza: rispetto ad essa il legislatore fa riferimento a ipotesi che
determinano conseguenze tutte diverse l’una dall’altra si distingue tra ubriachezza totalmente
incolpevole (ubriachezza accidentale); colpevole (ubriachezza colposa); abituale; preordinata.
A seconda del tipo di situazione in cui versa il soggetto , ne discende o una esclusione totale della
capacità di intendere e volere o ipotesi in cui (ubriachezza preordinata), non solo non viene
esclusa la capacità di intendere e volere ma si ha anche un aumento di pena. Il meccanismo messo
in campo è il seguente se ci si è messi volontariamente in una situazione in incapacità di
intendere e di volere, cioè se ci si è ubriacati al fine di vincere i freni inibitori e commettere un
reato, il legislatore utilizza l’istituto della cd ACTIO LIBERA IN CAUSA il momento di
accertamento della capacità di intendere e di volere non è quello del tempus regit actum, cioè
quello del tempo di commissione del fatto di reato, in quanto in quel momento si è in una
situazione di intossicazione da sostanze alcoliche; si fa invece retroagire il giudizio di imputabilità
al momento in cui il soggetto si è in modo preordinato messo in una situazione di ubriachezza , al
fine di commettere il reato.
63
L’actio libera in causa è una sorta di fictio iuris, per cui l’accertamento della capacità di intendere e
di volere non è valutato al momento della commissione del fatto, ma al momento in cui ci si è
posti al fine di commettere il reato.
Ubriachezza accidentale (derivata da caso fortuito o forza maggiore) art 91 cp. Si fa l’esempio di
chi , lavorando in un’industria che produce alcolici, abbia accidentalmente inalato sostanze che
alterano la sua capacità di intendere e volere. C 2 semi-imputabilità.
Art 92cp ubriachezza colposa ovvero preordinata si applica , nel caso di ubriachezza
preordinata, un aumento di pena, essendovi una circostanza aggravante dovuta al fatto di aver
agito al fine di commettere il fatto costituente reato. (la regola generale dell’actio libera in causa si
rinviene nell’art 87 cp).
Art 93cp equiparabilità dell’incapacità di intendere di volere determinata non da
ubriachezza ,bensì dalla assunzione di sostanze stupefacenti .
Art 94 cp ubriachezza abituale. Equiparata alla preordinata, in quanto prevede un aumento di
pena.
Art 96 cpesclusione della imputabilità x sordomutismo.
Art 90 CRISI DEL SISTEMA DELLA IMPUTABILITA’ e della capacità di intendere e volere del
soggetto. Si stabilisce con una sorta di presunzione assoluta che IN NESSUN CASO gli stati emotivi
e passionali possono costituire una causa di non imputabilità del soggetto che significato ha questa
norma? Fa da pendant col’art 220 che prevede l’impossibilità di procedere a perizia sulla
personalità del soggetto nel processo penale.
Si è invece dimostrato che tali situazioni andrebbero approfondite. (si è degenerato verso una
dichiarazione di semi imputabilità)
§§§
FORME DELLA COLPEVOLEZZA DOLO,COLPA, PRETERINTENZIONE
Alcune disposizioni del codice penale fanno riferimento all’ente reato al pieno dei suoi elementi
nel trattare dell’imputabilità in caso di accertamento presuntivo della pericolosità di un soggetto.
Vi sono alcune norme particolari, in particolare l’art 204 (pericolosità sociale presunta)e art 222 cp
(ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario) la prima è stata abrogata perché abrogate le
presunzioni di pericolosità sociali; il codice rocco prevedeva accertamento presuntivo della
pericolosità sociale, che sconta il fatto che attraverso il sistema delle presunzioni si applica
automaticamente la responsabilità sulla scorsa di parametri indimostrabili.
Il problema della imputabilità è da accertare una volta che sia accertato il fatto nei suoi elementi. Il
giudizio di colpevolezza è giudizio di rimproverabilità x il comportamento anti doveroso della
volontà.
Vi è un raccordo da compiere tra dispiegamento del pr di personalità della responsabilità penale e
la colpevolezza come elemento essenziale.
Se la finalità della pena è di irrogare una sanzione , tutto ciò deve transitare attraverso una piena
consapevolezza del soggetto , il quale può essere risocializzato in quanto consapevole del

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significato del precetto che gli viene rivolto e in grado di ricevere la pena come giusto castigo che
gli viene inflitto. Se non vi è raccordo tra colpevolezza e funzioni della pena, si valuterebbe la
colpevolezza come elemento statico. Se si ricostruisce la funzione del giudizio di colpevolezza , si
deve riferire ad un soggetto che sia conscio del contenuto essenziale delle norme che gli vengono
rivolte.
Non vi può essere un accertamento presuntivo della colpevolezza. Alcune disposizioni (artt 42 e
43) permettono di irrogare una sanzione sulla scorsa della semplice realizzazione del fatto
materiale: porre altrimenti a carico un certo fatto a un autore significa addossargli la responsabilità
x la mera realizzazione del fatto materiale, senza alcuna considerazione della coscienza che il
soggetto ha avuto nella realizzazione del fatto. Ciò si scontra col combinato disposto di comma 1 e
3 dell’art 27 della costituzione. Occorre dire che l’art 42 che concerne ipotesi di resp oggettiva è
tacciabile di incostituzionalità x violazione del principio di colpevolezza; conseguenzialmente, tutti
gli istituti che erano previsti come rispondenti alla logica del versari in re illicita, dovrebbero essere
rivisti dal punto di vista di una conversione in senso costituzionalmente orientato, o rivisti ai fini di
renderli conformi a costituzione.
Molti istituti sono stati riconvertiti a logica di responsabilità colpevole (es. ricostruzione dell’illecito
preterintenzionale; reato aberrante..)
Alcune sentenze aprono il varco per una penetrazione del pr di colpevolezza e da qui in poi il
legislatore si è adeguato in parte ( es. sentenza 364 1988).
Anche rispetto ai reati aggravati dall’evento (che sono reati che prevedono aumento di pena
rispetto al fatto base perché si è realizzato un evento più grave rispetto a quello voluto e
rappresentato dall’autore ; si distinguono in ipotesi in cui l’evento piu’ grave deve essere
NECESSARIAMENTE non voluto; e ipotesi in cui è indifferente che l’evento piu’ grave sia o meno
voluto) , che rispondevano alla logica di resp oggettiva, essi sono stati riportati dell’alveo del
principio di colpevolezza.
La resp oggettiva implica la possibilità che l’autore possa rispondere del reato senza che occorra
l’accertamento dell’elemento psicologico.
Artt 42 e 43 cp l’art 42 oltre a prevedere ipotesi di resp oggettiva, stabilisce da una parte che la
condotta deve essere cosciente e volontaria .
Il codice penale prevede criteri di imputazione distinti; i reati si distinguono in delitti e
contravvenzioni, che hanno pene tipicamente diverse espressamente previste dal codice. I criteri
di imputazione non possono non essere diversi; in caso di delitto, la partecipazione soggettiva
richiesta per la configurabilità del delitto deve essere necessariamente piu’ netta : normalmente, si
stabilisce che il reo risponda x i delitti a titolo di dolo. Se una disposizione incriminatrice costituisce
un delitto, l’elemento psicologico convenzionale che occorre considerare, se non altrimenti
previsto, è il dolo. La possibilità che si risponda diversamente, è che vi sia una previsione
ESPRESSA; per avere un imputazione x titoli soggettivi piu’ sfumati, occorre che il legislatore abbia
preso una posizione espressa sul punto. In mancanza, si può punire solo a titolo di dolo.

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Rispetto alla preterintenzione, la punibilità espressa è molto semplice da ricavare. Taluno
riconduce la categoria degli illeciti aggravati dall’evento nel titolo di imputazione della
preterintenzione.
Una imputazione per delitto preterintenzionale è quella dell’omicidio; è l’unica previsione
espressa. Altre ipotesi di imputazione per delitto preterintenzionale è quello dell’aborto
preterintenzionale, prevista da una legge speciale.
Rispetto ai delitti colposi, è necessario che vi sia previsione espressa della punibilità x colpa.
Invece, le contravvenzioni come ipotesi di reato meno gravi, prevedono un criterio di
INDIFFERENZA circa la sussistenza dell'elemento psicologico del reato: è previsto che
l’accertamento porti a un esito che indifferente ammetta la sussistenza del dolo, o per lo meno
della colpa. Occorre che essi comunque vengano accertati nelle contravvenzioni, a meno che il
legislatore non abbia indicato lui stesso titoli soggettivi di imputazione della responsabilità ( cd
contravvenzioni ontologicamente dolose o ontologicamente colpose il legislatore stesso
stabilisce attraverso minuta descrizione che quel tipo di contravvenzione, in deroga della regola
generale, è punita solamente per dolo o solamente per colpa). È necessario che venga accertata
per lo meno la colpa.

DOLO come forma della colpevolezza ne costituisce la figura più emblematica, nella quale il
grado di colpevolezza manifestato dall’autore sembra raggiungere la sua acme. Potremmo già con
approssimazione dire che il fatto doloso ha la caratteristica di essere una ipotesi di atteggiamento
psicologico dell’autore -nella commissione del fatto di reato- che esprime una maggiore aderenza
tra l’atteggiamento psicologico del soggetto e la realizzazione del fatto: vi è una notevole
compenetrazione tra la realizzazione del fatto oggettivo e l'elemento psicologico, che viene
espresso in termini manifestamente massimi nel dolo.
In una icastica definizione si definisce il fatto doloso come fatto che non si doveva volere e il fatto
colposo come fatto che non si doveva produrre; da ciò se ne ricava che vi è una componente
volontaria riguardo alla realizzazione del fatto che accompagna fin dall’inizio l’autore colposo.
L’ipotesi colposa fa invece riferimento a una situazione in cui, in conseguenza alla violazione di una
regola cautelare, si è prodotto un evento che il soggetto non voleva. Se si guarda alla definizione
che il codice dà all’art 43 cp, tutto sembra ruotare intorno al concetto di INTENZIONE. Il termine
stesso è il prisma rispetto a cui perequare l’atteggiamento psicologico dell’autore del fatto. In
termini simmetrici , la legge prende in considerazione l’atteggiamento psicologico del soggetto in
termini di intenzione.
Bisogna intendersi sul significato semantico da dare al termine intenzione; guardando all’art 43:
“Il delitto:
è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato
dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente
preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione(1);

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è preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento
dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente(2);
è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si
verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline(3).”
Se si fa riferimento al termine intenzione, sembrerebbe che dal punto di vista del fatto doloso
parrebbe di poter dire che l’ipotesi paradigmatica del reato doloso è quella del dolo intenzionale;
si vedrà che nella definizione del dolo generico (ipotesi in cui il fatto è imputato a titolo di volontà
e rappresentazione di ogni e ciascun elemento della fattispecie di reato), nella possibilità di dare
una graduazione dell’intensità delle forme di dolo, il dolo intenzionale è quello più grave di tutti,
anche ai fini della commisurazione della pena. (art 133 cp). L’ipotesi intenzionale dovrebbe essere
quella principale e poi a scalare tutte le altre.
Il far riferimento al concetto di intenzione ruota tutto intorno alla questione attinente all’elemento
differenziale tra dolo e colpa, che si situa intorno alla volontà; intenzione, quindi, come
COMPONENTE VOLITIVA della realizzazione del fatto, presente nel dolo e assente nel fatto
colposo.
Noi possiamo dare del dolo una serie di ricostruzioni che prendano in considerazione uno o più
suoi elementi essenziali; si sono susseguite nel tempo teorie orientativamente individuabili in 3
filoni argomentativi diversi:
1) teoria dell’intenzione sembra aver trovato un preciso referente normativo nell’art 43; la
componente principale del fatto doloso sarebbe la componente puramente volitiva . si
riesce anche sul piano naturalistico a distinguere nettamente l ’imputazione dolosa da
quella colposa. Tale visione tuttavia è un po’ ristretta, perché dei vari aspetti del
comportamento doloso prende in considerazione solo la componente volitiva, offuscando
quella RAPPRESENTATIVA , che dovrebbe costituire invece la premessa dello svolgimento
dell’azione da parte del soggetto. Una componente volitiva si può rintracciare solo in
quanto a monte l’autore sia partito con un quadro rappresentativo che sia piuttosto netto
e certo. L’orientamento della condotta dell’autore si deve poter muovere nell’ambito di
variabili che sono date dal contesto in cui l’autore agisce. Tutto ciò si può avere solo se la
componente volontà venga preceduta da una esatta rappresentazione di tutte le possibili
evenienze che si possono verificare nella realizzazione del fatto.
2) teoria della rappresentazione tale teoria, contrapposta alla prima, afferma che ciò che è
necessario guardare è la esatta rappresentazione di tutti e ciascuno degli elementi che
compongono il fatto. Se pure tale teoria è stata sostenuta con forza, diventa difficile
distinguere tra di loro ipotesi come dolo eventuale e colpa con previsione dell’evento : vi
sono ipotesi in cui anche nel reato colposo è presente la piena rappresentazione della
previsione dell’evento . (art 61 c 3). Non si può quindi pensare di rinvenire nella sola
rappresentazione il discrimine tra fatto doloso e fatto colposo.
3) teoria della volontà tesi sincretistica. Fa riferimento alla circostanza che il fatto è
doloso perché è tanto di effettiva rappresentazione quanto di volontà dell’evento. Si
continua a riferirsi al termine evento, ma in tali circostanze il termine evento è usato in
termini sinonimici del reato. l’evento è approdo finale della realizzazione di tutti gli
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elementi costitutivi del reato. il fatto è doloso quando la volontà e rappresentazione
dell’evento investe ogni e ciascun elemento costitutivo della fattispecie. Ove dovessero
difettare gli elementi della volontà e della rappresentazione anche solo rispetto a uno degli
elementi costitutivi del reato, il fatto non si potrà più definire come doloso.

Bisogna fare una precisazione: occorre guardare a ciascun elemento che compone la
fattispecie per stabilire se quello debba essere coperto tanto da volontà quanto da
rappresentazione: se si vuole essere precisi circa alla sussistenza delle componenti di
volontà e rappresentazione , ci si accorge che sul piano gnoseologico alcune componenti
possono essere tanto di rappr quanto di volontà; altre solo di rappresentazione.
Es presupposti della condotta: già ci sono. Rispetto ad essi non si può andare a
scandagliare se il soggetto li abbia voluti oppure no, perché esistono prima ancora che la
condotta inizi . rispetto ad essi non si può pensare di individuare una componente volitiva.
Rispetto ad essi si verifica se vi è o meno una piena componente RAPPRESENTATIVA.

Rispetto all’oggetto del dolo, si deve far ricadere sotto forma di volontà e rappresentazione
i presupposti della condotta, gli elementi costitutivi del fatto, la condotta, l’evento…
rispetto a questo quadro di entità rispetto a cui accertare la sussistenza di volontà e
rappresentazione, si deve far rientrare o meno anche L’OFFESA? Questo è un problema che
da sempre affanna i cultori del diritto penale. Se ci si orienta verso una concezione che
vede l’offesa come un carattere immanente del sistema penale (art 25 cpv), è ovvio che
anche essa debba essere oggetto di volontà e rappresentazione.
Rispetto all’offensività, si rintraccia tale elemento tanto in un’accezione puramente
giuridica (offesa al bene giuridico tutelato) , quanto anche in senso naturalistico.
Dopo una lunga diatriba, oggi si ritiene che nel fuoco del dolo debba rientrarci anche l’offesa. Non
è richiesto che tale vaglio faccia riferimento a un’offesa in senso tecnico: occorrerà valutare tale
elemento nella cd sfera parallela laica, stabilendo che quel tipo di valutazione non la si richiede in
termini tecnici, ma si richiederà al quisque de populo solo la consapevolezza di un certo grado di
dannosità sociale che è scaturito nella sua sfera laica. Antolisei aveva parlato di consapevolezza del
carattere dannoso del comportamento.
Guardando poi all’oggetto del dolo, bisogna procedere con una netta distinzione tra fattispecie di
reato: si deve poter distinguere tra fatti commissivi e fatti omissivi: si potrebbe addirittura
distinguere all’interno della categoria dei fatti commissivi, tra fatti commissivi propri ed impropri ;
omissivi puri e impropri.
Se sul piano commissivo il dolo deve investire ogni e ciascuno elemento della fattispecie , nella
declinazione da condurre rispetto al fatto omissivo bisogna distinguere tra omissione pura e
impropria. Nel caso di reati omissivi puri il dolo nel suo oggetto si articola nella rappresentazione
della esistenza di un obbligo giuridico di attivarsi e nella volontà di non eseguire tale obbligo; nei
reati omissivi impropri la situazione è piu articolata: a tutti gli elementi dell’omissione pura si deve
aggiungere IL MANCATO IMPEDIMENTO DELL’EVENTO che in concreto si verifica.
ACCERTAMENTO DOLO bisogna verificare come la sussistenza di tale elemento psicologico
possa essere accertata in sede penale. L’accertamento dell’atteggiamento psicologico del reato è

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un tipo di accertamento non agevole perché occorre scandagliare l’interna corporis dell’autore.
Dobbiamo passare attraverso criteri di accertamento difficoltosi. Si pensi a una serie di vicende,
come quella della morte accidentale di un tifoso di una squadra di calcio, che dormiva nel sedile
posteriore di una autovettura, ad opera di un poliziotto in borghese, richiamato da schiamazzi e
preso da un eccesso di scrupolo.
Dalla ricostruzione degli elementi fattuali , si riesce a comprendere in che termini il
comportamento dell’autore può rientrare nell’ambito di comportamento doloso oppure no. La
giurisprudenza ricostruisce la cd teoria dei FACTA CONCLUDENTIA si accerta la sussistenza del
dolo dall’analisi per deduzione dei connotati con cui oggettivamente si è realizzato il fatto. Dagli
elementi oggettivi di cui si compone il fatto si parte per desumerne dal fatto noto il fatto ignoto
(elemento psicologico del reato). si accerta il dolo perché dalla sussistenza di alcuni elementi
oggettivi attraverso un processo deduttivo se ne desume la sussistenza del dolo.
Esempio individuo si mette alla guida di un suv e sulla via nomentana supera una serie di
semafori rossi fino all’incrocio tra via nomentana e viale regina margherita, travolgendo due
giovani che transitano nell’incrocio. Si desume la componente psicologica dell’autore
desumendola dall’esame dei facta concludentia, cioè dagli elementi oggettivi della fattispecie.
Esistono fattispecie speciali di reati in cui tramite l’accorciamento dell’iter probatorio,
l’accertamento della sussistenza del dolo tende a essere semplificato attraverso forme di
presunzione dell’accertamento del dolo: c’è una semplificazione eccessiva rispetto all’obbligo
motivazionale che il giudice deve seguire in ordine al libero convincimento che si è formato.
Tali meccanismi di semplificazione probatoria sono stati spiegati con formule tipo quella del dolus
in re ipsa , cioè dell’accertamento della sussistenza del dolo di fattispecie attraverso l’analisi non di
come la volontà del soggetto si è dispiegata, quanto piuttosto valutando x parametri medi
oggettivamente la fattispecie realizzata e desumendone automaticamente la fattispecie di reato.
Le aree di accertamento del dolus in re ipsa e di sostituzione dell’imputazione soggettiva per colpa
con quella per dolo si notano nella giurisprudenza con particolare riguardo ai settori dei reati
contro l’onore (diffamazione a mezzo stampo con mass media); di diversi reati contro
l’amministrazione della giustizia (calunnia e autocalunnia); dei reati di bancarotta (procedure
concorsuali di fallimento); di altre fattispecie come quelle del falso.
Meccanismi di accorciamento dell’accertamento del dolo di fattispecie il dolo nei falsi si desume
automaticamente dalla realizzazione della condotta di falsità ; se si ha falsificato un documento, se
ne desume automaticamente la volontà di falsificarlo. L’accertamento del dolo avviene in virtù
dell’accertamento della sussistenza della componente oggettiva del fatto. (dolus in re ipsa).
Nella diffamazione, l’autore della diffamazione sovente si fida di alcune fonti non particolarmente
qualificate e con negligenza e imperizia non controlla in modo adeguato le fonti informative,
pubblicando un pezzo giornalistico lesivo dell’altrui reputazione. Non esistendo l’ipotesi della
diffamazione colposa, per non lasciare impunito il fatto , si riconverte l’imputazione ad
imputazione dolosa.
L’accertamento presuntivo del dolo può assumere due vesti: Vi sono una serie di strumenti di
accertamento processuale che nascondono una presunzione assoluta del dolo oppure che

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tendono a imputare in maniera ancora più sfumata a titolo di dolo (specialmente eventuale)
situazioni che dovrebbero essere imputate a titolo di colpa. Ciò avviene soprattutto nel caso in cui
il fatto sia punito espressamente solo a titolo di dolo e non a titolo di colpa. Questo serve a far sì
che il vuoto normativo venga riempito con una presunzione dell’accertamento del dolo. Ciò
avviene per mancanza della previsione espressa dell’imputabilità a titolo colposo ; oppure allorché
si voglia punire a per un titolo di responsabilità piu grave fatti che potrebbero essere invece
imputati a titolo di colpa.

FORME DI DOLO serie di coppie concettuali che qualificano il fatto doloso. la prima distinzione è
tra dolo generico e dolo specifico. Il dolo è generico quando si richiede volontà e rappresentazione
di ogni e ciascun elemento della fattispecie, ulteriormente distinguibile secondo le sue ulteriori
figure (dolo eventuale, diretto , intenzionale) secondo il grado di intensità; il dolo è specifico
allorché l’autore ha agito con una particolare finalità che sta fuori dal perimetro della fattispecie.
Es il profitto nel delitto di furto (624 cp) prevede che il fatto sia punibile allorché l’autore abbia
agito al fine di procurarsi il profitto. È un tipo di figura rispetto a cui rintracciare una forma di
anticipazione della soglia di punibilità: l’elemento rispetto a cui accertare la finalità della condotta
non è necessario si realizzi ai fini del perfezionamento del reato.
Sul grado di intensità del dolo distinguiamo nel genus del dolo generico tra dolo eventuale, dolo
diretto e dolo intenzionale. Nel climax dell’intensità del dolo dobbiamo considerare anche il dolo
di premeditazione; tuttavia la premeditazione non è una particolare figura del dolo generico,
quanto tecnicamente una circostanza aggravante speciale del SOLO delitto di omicidio: si ha
allorché vi sia uno spazio temporale significativo tra il momento di ideazione del fatto e il
momento della sua realizzazione e dall’altra parte che l’autore abbia agito anche aggirando le
possibili barriere che potrebbe aver frapposto proprio la vittima del reato, quindi allorché in tale
lasso di tempo vi sia un consolidamento del proposito criminoso, frutto di una maturata
riflessione. All’inizio si faceva riferimento a una figura un po’ retrograda, facendo riferimento al
brocardo frigido pacatoque animo. L’autore realizza un piano operativo x rendere più agevole la
verificazione dell’evento.
Bisogna distinguere poi tra dolo eventuale, diretto e intenzionale; fermo restando che
problematica è la posizione del dolo eventuale, perché pone problemi di distinzione con la figura
limitrofa della colpa con previsione dell’evento (colpa cosciente). Il dolo è eventuale allorché
l’autore del fatto ha sul piano rappresentativo dato come molto probabile la verificazione
dell’evento – se pur non certa- , allo stesso modo decide di compiere il fatto accettando il rischio
della verificazione dell’evento come conseguenza della sua azione/omissione ; a ciò occorre
aggiungere che l’autore agisce volendo a tutti i costi realizzare il fatto , nonostante il fatto
dell’elevata probabilità della sua verificazione, compiendo una sorta di valutazione di costi e
benefici , per cui preferisce comunque realizzare il fatto , che per lui ha una appetibilità maggiore
rispetto a chi vuole invece azionare i freni inibitori. Accetta di assumere su di sé tutti gli effetti
collaterali che possono derivare dalla commissione del fatto del reato, perché ha il desiderio come
interesse preponderante di ottenere a tutti i costi l’obbiettivo, anche in dispregio della tutela
dell’interesse che sta x sacrificare.

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Nel dolo diretto già sul piano rappresentativo l’autore dà per certo la verificazione dell’evento e
nonostante ciò prosegue nell’azione realizzando il fatto. L’evento che si verifica tuttavia non è lo
scopo principale della sua azione, ma una ineluttabile conseguenza di certa verificazione, che ad
avviso dell’autore è importante x il raggiungimento di uno scopo che non è quello dell’evento
del reato. es. soggetto che mette una bomba sotto il palco di una piazza dove si svolge un comizio ,
x uccidere un politico. Nel porre una bomba realizza pure una strage , che dal suo punto di vista
non è l’obbiettivo che si pone. La strage non corrisponde all’obbiettivo che l’autore si pone, ma è il
transito necessario attraverso cui deve passare x ottenere il suo obbiettivo.
Dolo intenzionale l’attività dell’autore è finalizzata al raggiungimento dello scopo che è
esattamente l’obbiettivo dell’azione. Se a ciò si accompagna la predisposizione di un piano, se si
tratta di dolo omicidiario, scatta pure la circostanza aggravante della premeditazione.
Occorre distinguere pure tra dolo di proposito e dolo di impeto; si ha dolo di proposito quando un
soggetto delibera la realizzazione di un certo fatto e tra essa e la commissione del fatto sussiste un
certo lasso di tempo;
È di impeto (soprattutto nei fatti uni sussistenti, che si realizzano in un unico atto) quando tra
deliberazione e commissione non vi è alcuno spazio temporale, in quanto tutto avviene in un
istante.

DOLO GENERALE o dolus subsequens si ha allorché l’autore comincia ad agire con una certa
coordinata soggettiva e poi prosegue la propria azione con un atteggiamento doloso non
esattamente corrispondente al dolo iniziale. nel cd dolo colpito in itinere da errore, l’autore
compie una prima azione e nella convinzione di aver già determinato l’evento, realizza una
seconda tranche di condotta, che determina oggettivamente l’evento, senza piu’ che il soggetto sia
sorretto dal dolo, essendo convinto che la sua finalità (es . omicidio) si sia già precedentemente
realizzata.
Se al termine della prima condotta il soggetto è nel dubbio che l’evento morte si sia verificato, nel
dubbio realizza un ulteriore tranche di condotta (seppellimento) , nel dubbio che se la morte è già
intervenuta, la seconda condotta serva solo a occultare un cadavere esistente, o dare il cd colpo di
grazia.
L’errore della giurisprudenza è pensare che in tal caso la condotta sia unica ed unitaria. Si applica il
dolo antecedente che va a coprire il dolo subsequens.
Si avverano alcuni accadimenti che fanno sì che il proposito criminoso possa in qualche misura
mutare e che l’autore possa modificare il proprio comportamento in itinere. Nel dolus generalis si
vede come la giurisprudenza utilizza meccanismi di presunzione : il dolo iniziale tende a coprire
anche le fasi successive, in cui tale componente psicologica della condotta non è piu’ rintracciabile.
È come se si estendesse la caratteristica del dolus generalis , partendo dal dolo iniziale e facendo
sì di coprire tutte le fasi successive della condotta che dal punto di vista psicologico non sono
invece caratterizzate da quel dolo iniziale. IL DOLO INIZIALE VA A COPRIRE L’ULTERIORE FORMA DI
DOLUS SUBSEQUENS CHE RIGUARDA LA PARTE DI CONCATENAZIONALE CAUSALE AVVENUTA
DOPO L’INSORGENZA DELL’ERRORE.

71
È una finzione inaccettabile perché vi sono in tal caso due azioni distinte che hanno subito netta
cesura dall’errore, che è essenziale .
DOLO ALTERNATIVO si ha allorquando il soggetto si rappresenti e voglia indifferentemente che,
al momento della commissione del fatto, si verifichi l’uno o l’altro degli elementi causalmente
ricollegabili alla sua condotta, rispondendo per quello effettivamente realizzato.
es. lancio sassi cavalcavia chi si appresta su un cavalcavia e lancia un sasso nella parte
sottostante della via di transito, teoricamente potrebbe avere delle coordinate psicologiche che
sono obbiettivi che si pone alternativamente, la cui verificazione è una incompatibile all’altra
(vuole interrompere il servizio pubblico in forma di protesta; danneggiare l’automobile; ledere o
addirittura uccider un individuo). Gli eventi che si pone come rappresentazione iniziale sono
risultati x lui indifferenti che si verifichino. Qual è l’atteggiamento psicologico dell’autore nella
condotta? Chi versa in dolo alternativo, non essendo del tutto certo della verificazione di una o
l’altra alternativa, agisce allo stesso modo avendo come rappresentazione che il suo
comportamento possa far verificare l’uno o l’altro evento. Viene riportato all’ambito del dolo
diretto per ragioni di deterrenza: nel caso in cui l’evento morte non si verifichi, volendo punire il
tentativo di omicidio, ciò è contestabile se l’atteggiamento sia almeno di dolo diretto. La
giurisprudenza dice che il dolo del delitto tentato è perlomeno dolo diretto: nel caso del dolo
alternativo, essendo tale dolo sub specie del dolo eventuale e non diretto, non si potrebbe punire
a titolo di delitto tentato: per questo il dolo alternativo viene riportato alla categoria del dolo
DIRETTO, non EVENTUALE.
§§§
DOLO EVENTUALE E COLPA CON PREVISIONE DELL’EVENTO (art 61 n 3) al contrario delle altre
ipotesi di dolo, il dolo eventuale non è riconducibile ad alcuna disposizione del codice. L’ipotesi
paradigmatica di dolo è infatti quella del dolo intenzionale.
Il dolo eventuale è un istituto che ha avuto uno sviluppo di tipo giurisprudenziale; essendo
sviluppatasi nella prassi, è una figura che crea problematiche. È comparso in una serie di casi
giudiziari molto importanti, come il caso Lucidi relativo alla uccisione di due ragazzi su un
motorino ; l’autore del fatto era al volante sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e stava avendo
un alterco violento con la propria fidanzata, anch’essa dentro il suv.
Un’altra vicenda molto importante riguardo al dolo eventuale è quella della ThyssenKrupp,
riguardante la contestazione x omicidio volontario all’amministratore delegato della
ThyssenKrupp, messo sotto processo x omicidio volontario sotto forma di dolo eventuale ,
diversamente da altri componenti che invece dovevano rispondere di omicidio colposo aggravato
dalla previsione dell’evento. La procura di torino aveva in tal modo ricostruito i fatti: poiché
l’amministratore delegato incarna la politica dell’impresa , la quale ha nei decenni avuto una linea
di spregio verso la salvaguardia dei lavoratori sul luogo di lavoro , quest’ultimo risponde di
omicidio volontario x aver mostrato disprezzo per la salvaguardia dei diritti dei lavoratori, essendo
x lui l’obbiettivo principale quello di realizzare profitti.
Crollo del ponte di Genova vi è una volontaria assunzione di un rischio x il raggiungimento di
uno scopo che è quello di minimizzare i costi x la manutenzione e ottenere la massimizzazione
degli introiti.
72
In tutti tali casi la giurisprudenza assume un atteggiamento rigoroso: transita nel terreno del dolo
eventuale, per ragioni legate a pura deterrenza del messaggio normativo penale. Si contesta il
reato più grave perché ciò consente emissione di misure cautelari , pene più severe e una serie di
conseguenze notevoli. La giurisprudenza manipola anche le norme: tende a far avere un effetto
espansivo del dolo eventuale rispetto alla colpa con previsione.
La primordiale e più abusata definizione del dolo eventuale fa aggancio al cd concetto di
ACCETTAZIONE DEL RISCHIO: versa in dolo eventuale chi accetta il rischio della verificazione
dell’evento ; l’accettazione del rischio o l’accettazione dell’evento?
La tendenza alla normativizzazione del dolo porta a un riconoscimento espansivo del dolo
eventuale, perché si tende a svilire la componente puramente volontaria, esaltando la
componente puramente rappresentativa.
Si può far riferimento alla cd prima formula di Frank, risoluzione adottata dalla giurisprudenza con
particolare riferimento a una sentenza delle sezioni unite , che ha risolto il problema della
distinzione del dolo nella ricettazione rispetto alla colpa nell’incauto acquisto, allorché non si
abbia la certezza circa la provenienza illecita del bene acquisito. rispetto all’utilizzazione della
formula di Frank si sostiene che si ha dolo eventuale allorché l’autore agisce in maniera tale da
assumere un atteggiamento per cui vuole a tutti i costi condurre avanti la sua condotta , e lo fa e lo
avrebbe allo stesso modo fatto anche nel caso in cui fosse stato certo della verificazione
dell’evento . tutto questo, solo a livello potenziale e non effettivo.
Tale tesi non è convincente in quanto è la riproposizione in termini ipotetici del dolo diretto: il dolo
diretto si distingue dal dolo eventuale perché l’autore agisce con la certezza o la altissima
probabilità di verificazione dell’evento.
Il dolo eventuale, secondo la ricostruzione del manuale, si ha allorché l’autore abbia agito non con
la certezza (e neanche con l’alta probabilità), ma solo con la probabilità della verificazione
dell’evento e a tutti i costi ha voluto proseguire nell’azione assumendo su di sé il rischio della
verificazione dell’evento (e non solo del rischio) , a seguito di un bilanciamento costi/benefici. Si
accetta la verificazione dell’evento come prezzo da pagare x la realizzazione del fatto , che ha una
maggiore consistenza sul piano del desiderio del perseguimento di un certo obbiettivo.
Nella colpa con previsione dell’evento , l’autore agisce in assenza totale di una qualsivoglia
componente volitiva. Qui anzi c’è il rifiuto della verificazione dell’evento, una sorta di delibera in
negativo che l’autore fa, fin dall’inizio. Rifiutando l’evento è convinto che l’evento non si
verificherà, essendo convinto di poter dominare gli eventi in maniera tale da poter schivarne la
verificazione. Se lo figura come una astratta mera POSSIBILITA’, non probabilità .
Si distingue peraltro tra colpa con previsione dell’evento, colpa cosciente e colpa incosciente. Sia
nella definizione dell’art 43 che nell’art 61 n 3 rispetto alla circostanza aggravante comune dei
delitti colposi, si usa sempre il termine colpa con previsione dell’evento. Dal punto di vista
normativo, si ha a che fare da una parte con la colpa con previsione e dall’altra parte con la colpa
incosciente, nella quale non c’è previsione dell’evento .
La colpa cosciente non compare nell’art 43 né nell’art 61. Si può distinguere sul piano nozionale
tra colpa cosciente e colpa con la previsione dell’evento, perché quest’ultima si ha quando l’autore

73
ha una situazione e in cui è cosciente di violare la regola cautelare, anzi la viola, con la
consapevolezza che tale violazione può comportare la realizzazione dell’evento previsto. Nel
violare la regola cautelare, l’autore sta in una posizione soggettiva più grave, agendo con la
volontaria violazione della regola cautelare, avendo oltre tutto la consapevolezza che l’evento si
possa verificare.
Nella colpa cosciente l’autore agisce con la consapevolezza della violazione della regola cautelare
allo stesso modo della colpa con previsione dell’evento, ma non ha nessuna contezza circa la
verificazione del fatto.
Nella colpa incosciente l’autore agisce senza avere consapevolezza neanche della violazione della
regola cautelare, tanto meno della conseguenza del suo comportamento , cioè la verificazione
dell’evento.
COLPA (art 43 cp) “il delitto è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se
preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o
imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”.
certamente, ciò che caratterizza il comportamento colposo è l’assenza di volontà dell’evento. Il
rimprovero mosso all’autore colposo dipende dalla circostanza di non aver conformato il proprio
comportamento ad una attività che fosse rispettosa di un generale principio di diligenza oggettiva.
Siamo tutti raggiunti da una serie di prescrizioni , disposizioni del sistema che ci obbligano a tenere
un certo tipo di comportamento conforme alle aspettative della società e a una serie di regole
cautelari indicate dal legislatore x lo svolgimento di determinate attività, che siano attività
socialmente utili e che abbiano un tasso di intrinseca rischiosità. Si può fare una distinzione tra
colpa comune e colpa speciale; la colpa comune si ha allorché il soggetto ha violato una regola
cautelare che riguarda disposizioni rispetto alle quali il fatto già di per sé costituisce reato . si tratta
di comportamenti totalmente illeciti. Si pensi a chi butta una serie di mozziconi di sigaretta ,
provocando un incendio.
Nell’ipotesi della colpa speciale invece, l’attività che viene considerata è un’attività di base lecita
(es. trattamento medico chirurgico) . in tali attività, sin dall’inizio si compie un contro
bilanciamento tra interessi contrapposti.
Si pensi alla vicenda dell’Ilva di Taranto: occorre salvaguardare la produzione industriale; il
legislatore consente determinate attività a condizione che queste ultime si svolgano all’interno del
perimetro del rischio consentito. Si devono predisporre cautele preventive che facciano diminuire
il tasso di rischiosità che deriva in modo connaturata dall’esercizio di quella attività. Se non si
rispettano tali regole cautelari, vi è un primo momento di rimproverabilità x fatto omissivo : il
rimprovero x negligenza del comportamento.
Nella violazione della regola cautelare si rintraccia il tipo di criterio di rimproverabilità mosso a chi
svolge la propria attività in modo non rispettoso delle regole cautelari. Si ha una situazione di
rappresentazione falsata rispetto alle conseguenze dell’agire dell’autore; vi è un momento di
negligenza 1che è dato dal momento omissivo della colpa . i due criteri di rimproverabilità
immediata che si muovono all’autore colposo sono quelli di aver violato la prevedibilità e la
evitabilità dell’evento: l’autore non si è posto nella condizione di prevedere ciò che era possibile
prevedere e no ha evitato ciò che era possibile evitare.
74
Le regole cautelari possono essere regole cautelari rigide o elastiche; si distingue anche tra proprie
ed improprie. A seconda che la regola cautelare imponga che ci si comporti in un determinato
modo (senza alcuno spazio di discrezionalità lasciato all’autore circa la conformità del suo
comportamento es. autore che è obbligato nei centri urbani a non superare i 50 km/h)-; o che,
come nel caso delle regole elastiche, si riferiscono a una situazione in cui un certo margine di
discrezionalità in ordine al rispetto della regola cautelare c’è. La regola cautelare non è espressa in
termini fissi ma termini che fanno riferimento a un comportamento che in concreto può essere di
rispetto alla regola cautelare oppure no, a seconda delle circostanze del caso concreto.
All’autore colposo si muove come rimprovero di essere stato nella condizione di prevedere ciò che
doveva prevedere e non averlo preveduto (ipotetica possibilità di prevedere ed evitare l’evento);
dobbiamo introdurre un’ulteriore distinzione: la colpa può essere generica o specifica. È generica
quando l’autore ha violato la regola cautelare x negligenza, imprudenza o imperizia , che sono
regole di tipo sociale. Ciò che si rimprovera in termini di prevedibilità e evitabilità è di non aver
osservato delle regole sociali di comportamento diffuse nello svolgimento delle attività, le quali
sono regole non scritte. Sarà difficile rintracciare una regola cautelare rigida, perché nella sua
descrizione dovrà essere conformata in modo molto dettagliato dal legislatore.
Negligenza si fa riferimento al comportamento di chi dovrebbe attivarsi x rispettare la regola
cautelare e invece rimane totalmente passivo ed inerte; fa in modo che le cose vadano in un certo
senso e non si preoccupa di evitare la verificazione dell’evento.
Imprudenza consiste nell’aver assunto un rischio sproporzionato , sottovalutando conseguenze
che potrebbero derivare dalla violazione delle regole cautelari. Es. colui che aumenta la velocità in
presenza di dossi, o quando entra in un centro abitato..
Imperizia il legislatore richiede x lo svolgimento di attività tecniche e professionali un livello di
professionalità tale x cui , se non lo si rispetta, si assume un rischio sproporzionato. Il soggetto
svolge l’attività senza la dovuta cautela. Vi sono una serie di attività che possono essere compiuti
da soggetti con la giusta competenza tecnica. In tale tipo di colpa generica si iscrive la colpa x
assunzione , figura rispetto alla quale il titolare della funzione delega ad altro soggetto (senza
adeguatezza professionale) lo svolgimento di funzioni. Si pone un problema di incompetenza
rispetto a chi ha fornito la delega; e , dall’altro lato, si pone un problema con riguardo alla
incompetenza del soggetto delegato. Ne risponde chi ha posto il soggetto in tale situazione.
Emergono in questa situazione altre figure: culpa in eligendo, che fa riferimento alla mal
utilizzazione delle proprie prerogative nella scelta di un soggetto che doveva svolgere determinate
attività; lo scrutinio circa le competenze del soggetto scelto si basa su una scelta imperita o di pura
convenienza.
La culpa è poi in vigilando in quanto il soggetto delegante deve esercitare una attività di vigilanza
sull’attività altrui; nel caso in cui venga omesso, si ha violato una regola precauzionale. Si deve
richiamare da questo punto di vista la resp x i reati di stampa: la questione è disciplinata dall’art 57
cp, che riguarda i reati di stampa (periodica o quotidiana). La norma era inizialmente una ipotesi
di versari in re illicita , in palese violazione dell’art 27. Nel 1958 se ne è modificato il contenuto. Si
introduce una culpa in vigilando: il direttore responsabile, oggi, risponde del pezzo giornalistico

75
offensivo nella misura in cui non abbiano esercitato un controllo doveroso sulle attività di
pubblicazione che a lui pertiene.
Colpa specifica riguarda la violazione di regole cautelari scritte, che trovano referente scritto in
varie fonti dell’ordinamento. La fonte principale è la legge, che impone all’autore di svolgere le
proprie attività in modo conforme a regole preventivamente fissate x lo svolgimento di
determinate attività. L’art 43 scende nel grado delle fonti fino agli atti della pubblica
amministrazione, fonti molto subordinate rispetto alla legge.
ACCERTAMENTO COLPA il meccanismo di contestazione del fatto colposo procede per parametri
standardizzati : fa riferimento allo scostamento del comportamento rispetto a quello descritto
dalla regola cautelare. Il margine di discostamento di quel comportamento costituisce anche il
grado della colpa: tanto piu’ è elevato lo scostamento, tanto maggiore sarà il grado di colpa
rimproverato. Bisogna conformare il proprio comportamento al cd agente modello. Il giudice
confronta il comportamento dell’autore concreto con quello del cd agente modello. La
individuazione dell’agente modello determina la cd misura doppia della colpa: la colpa va
accertata prima sul piano di misura oggettiva, cioè occorre verificare se dato un agente modello,
l’autore ha tenuto un comportamento che si è discostato da quello atteso. Questa è un parametro
oggettivo di contestazione, perché vale per tutti. Vi è poi una seconda misura: la misura è questa
volta soggettiva, perché si deve verificare nel caso concreto se prendendo l’autore del fstto
concreto, si possa dire che rispetto a quel soggetto, esso è dotato di maggiori o minori capacità di
dominio degli eventi. Si ricollega il tema a quello del cd circolo sociale di appartenenza: non si
possono confrontare le capacità professionali di un soggetto nel saturare un ferita con quelle di un
medico di pronto soccorso.
Principio di affidamento nel valutare il comportamento dell’autore, soprattutto nella attività
sanitaria in equipe, tale principio fa riferimento alla circostanza che un autore può fare
affidamento nel fatto che gli altri fruitori del servizio (o che partecipano all’attività)siano rispettosi
a loro volta della regola cautelare, secondo parametri di buona fede.
Es. circolazione stradale il soggetto deve poter confidare sul fatto che a loro volta tutti i fruitori
della circolazione stradale siano rispettosi delle regole cautelari.
§§
PRETERINTENZIONE il delitto è preterintenzionale o oltre l’intenzione quando l’evento che si
verifica è frutto di discrasia tra voluto e realizzato. A tale categoria appartengono in cd delitti
aggravati dall’evento, che sarebbero però da ricondurre all’art 59 c 1.
Storicamente, l’ipotesi di preterintenzione era ricostruibile non tanto come ipotesi intermedia tra
dolo e colpa, quanto invece come ipotesi di dolo misto a resp oggettiva.
L’imputazione deve essere cosi costruita: vi è una parte del comportamento coperta da
componente doloso, da cui però scaturisce una conseguenza non voluta dall’autore, nemmeno a
titolo di dolo eventuale. Le uniche due figure presenti nel sistema sono l’omicidio
preterintenzionale e l’aborto preterintenzionale. Si era discusso della possibile introduzione delle
lesioni preterintenzionali, ma le uniche ipotesi rimangono queste due.

76
Art 584 “chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli artt 581 e 582,
cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da 10 a 18 anni.”
Si rintracciano due momenti: quello che riguarda il compimento di atti assorbibili nel reato di
omicidio; si verifica poi un accadimento diverso e piu’ grave rispetto a quello voluto dal soggetto.
la giurisprudenza afferma che essendosi il soggetto posto contro le norme dell’ord giuridico, tutti i
rischi ubiquitari che partono dal compimento di tale azione li si addossano anche nel caso in cui si
verifichi un evento diverso e piu’ grave rispetto a quello che il soggetto voleva realizzare.
L’imputazione per il fatto piu grave avviene a titolo di responsabilità oggettiva.
Oggi tale retaggio deve essere superato: l’art 584 deve essere letto in chiave costituzionalmente
orientato, prevedendo un coefficiente minimo di imputabilità x colpa anche per l’evento piu grave
(preterintenzione come dolo misto a colpa). Ciò rende tutte le ipotesi conformi a costituzione. Se
all’interno dell’art 42 il legislatore stabilisce che nei delitti l’imputazione è normalmente x dolo
(per colpa e preterintenzione nei casi stabiliti), e altrimenti può essere imputato a titolo odi resp
oggettiva, vuol dire che la resp oggettiva è ALTRO sia rispetto al dolo che rispetto alla colpa e alla
preterintenzione.
Anche i delitti aggravati dall’evento potrebbero essere quindi ricondotti nell’ambito della
preterintenzione, ma alla condizione di prevedere un coefficiente minimo di imputabilità x colpa:
se cosi non fosse, sarebbe più agevole ricondurre tale categoria nelle circostanze aggravanti .
ELEMENTO SOGGETTIVO CONTRAVVENZIONI ART 42 C 4stabilisce che x le contravvenzioni
l’autore risponde dell’azione o omissione del colpevole indifferentemente a titolo di dolo o di
colpa. Vi sono ipotesi (falso in bilancio)di contravvenzioni strutturalmente dolose: vi sono ipotesi
contravvenzionali deputate dal legislatore ad essere punite solo ed esclusivamente a titolo di colpa
o a titolo di dolo. Vi sono una serie di indicazioni all’interno della disp che escludono che si possa
applicare la regola generale, che è quella dell’indifferenza.
§§§
ERRORE causa di esclusione della colpevolezza; esclude che vi sia quella volontà e
rappresentazione alla base del dolo. Dobbiamo focalizzare l’attenzione sul fatto che l’errore è
l’altra faccia della medaglia rispetto all’atteggiamento doloso. Dove c’è errore, non c’è dolo. La
volontà non è indirizzata in modo conforme alla volontà del soggetto e alla realizzazione della
fattispecie. Sulla questione attinente al processo di formazione della volontà si snoda il tema
dell’errore. C’è una divergenza tra voluto e realizzato . se dal punto di vista generale si può dare
come definizione che l’errore è il rovescio del dolo e vi è una errata formazione della volontà del
soggetto che versa in errore, occorre riuscire a comprendere come l’errore possa assumere a
seconda del momento e dell’oggetto rispetto a cui c’è l’errata rappresentazione una fisionomia
diversa: si può già distinguere tra errore motivo ed errore inabilità. Sul piano della
conseguenzialità logica il primo profilo da considerare è dell’errore motivo: esso riguarda la fase
della formazione e rappresentazione della realtà circostante rispetto alla quale l’autore opera.
L’errore inabilità riguarda invece l’errore che cade sui mezzi di esecuzione del reato, quindi una
fase successiva rispetto a quella dell’errore motivo, che riguarda la fase prodromica. Occorre però
che si mettano a fuoco altri profili. Occorre verificare il rapporto tra il contenuto dell’art 5 cp e l’art
47 cp (1 2 e 3 comma), disposizione che disciplina l’errore.
77
Sul piano nomenclatorio il codice fa riferimento alla ignoranza della legge penale riguardo all’art 5
e all’errore riguardo all’art 47, quindi anche sul piano concettuale bisogna stabilire che differenza
intercorre tra ignoranza , dubbio e errore vero e proprio. Bisogna partire da una analisi sullo stato
mentale in cui versa l’autore al momento della commissione del fatto. Si può distinguere tra
errore, ignoranza e dubbio , anche sul piano pre penalistico a seconda della fonte dell’errore, del
tipo di percorso mentale che l’autore ha compiuto nel bagaglio formativo che ha accompagnato la
sua volontà .
l’ignoranza è una situazione di tabula rasa che l’autore ha rispetto alla conoscenza di determinati
fenomeni o del contenuto delle norme indirizzategli dall’ordinamento giuridico (il soggetto non fa
alcun tipo di valutazione sul significato del suo agire essendo in una situazione di deficit
cognitivo) ; la coordinata soggettiva è quella di non avere cognizione di quello che può essere il
significato della sua condotta.
Il dubbio ha a che far con una situazione in cui il soggetto è rimasto in uno stato mentale x cui non
è ancora certo circa le conseguenze del suo agire, non avendo sciolto le riserve circa le possibili
conseguenze del proprio agire.
L’errore,invece, è uno stato mentale definitivo, che ha già superato il profilo del dubbio , perché è
uno stato soggettivo irreversibile di errata rappresentazione della realtà. L’autore ha una
valutazione del fatto difforme da quella che dovrebbe avere.
Si parla di falsa rappresentazione del reale, nel senso che la rappresentazione che l’autore si è
dato lo ha portato in una situazione mentale che non è la esatta rappresentazione del reale. A
quali condizioni si può riconoscere una qualche valenza di esclusione della responsabilità? L’errore
x valere , non deve essere determinato da una situazione di colpa: pur potendosi escludere il fatto
doloso, se la caduta di errore è determinata da una noncuranza del soggetto a lui addebitale, se il
fatto è previsto dalla legge come delitto colposo, il soggetto risponde x colpa.
Spesso la caduta in errore è il risultato di un comportamento negligente di chi non si attiva al fine
di avere un bagaglio informativo esaustivo per prendere le scelte giuste. Tale tipo di situazione si
crea nel momento in cui l’autore viola una serie di obblighi di solidarietà incorre attraverso una
inerzia colposa.
Importante è valutare la inesigibilità dal punto di vista soggettivo il comportamento conforme alla
fattispecie. Tutto può essere imputato a titolo di errore quando l’autore ha la possibilità di
valutare la realtà circostante ; laddove il comportamento sia inesigibile, si avrà un errore
incolpevole, perché chiunque sarebbe incorso in quella situazione.
La corte cost riguardo all’art 5 ha valutato come ignoranza inevitabile (inesigibile) il fatto che una
serie di disposizioni abbia una tale oscurità da non consentire ad alcun soggetto di inestricarsi .
Ciò che si rimprovera all’autore è che si trovi in una situazione di possibilità di acquisizione di dati
necessari e che non lo faccia; o l’errore è incolpevole (non determinato da colpa), oppure l’errore
è colposo .
Quando è che si applica l’art 5 del cp alle condizioni e secondo i parametri dati dalla corte nella
sentenza 364/88 e quando invece si applica l’art 47?

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Art 5  error iuris. Stabilisce che l’autore non può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge
penale a meno che non si tratti di una ignoranza inevitabile.
Art 47 l’errore sul fatto che costituisce reato esclude la punibilità.
L’errore sul fatto che costituisce un determinato reato, non esclude la punibilità per un reato
diverso.
L’errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità , quando ha cagionato un
errore sul fatto che costituisce il reato.

La esatta perimetrazione della norma si fa raffrontandola all’art 5. Tutto ciò che rientra nell’errore
iuris sarà scusabile solo alle condizioni fissate dalla corte costituzionale (errore inevitabile).
Errore sul precetto/sul fatto l’art 5 e l’art 47 seguono una cadenza che fa riferimento alla
distinzione tra errore sul precetto (ha ad oggetto la norma) e errore sul fatto (ha ad oggetto la
realtà circostante). Altri codici fanno riferimento a errore di diritto/di fatto: si guarda alla fonte da
cui promana l’errore.
Bisogna però distinguere tra errore sul precetto/sul fatto, a seconda della fonte da cui promana
l’errore. L’errore sul fatto può derivare sia da una errore di fatto che di diritto.
Es. soggetto che erra sul concetto di altruità: erra su una norma extrapenale. L’errore su norme
extrapenali in cosa si risolve? Si può risolvere tanto in un errore sul fatto quanto su un errore sul
precetto. Se l’errore su una norma extrepenale si risolve in un errore sul fatto, si rinvia all’art 47.
Se si risolve in un errore sul precetto, si applica l’art 5.
Errore sul precetto/fatto occorre guardare ai risultati ultimi del processo formativo; se un
soggetto che ha ben presente qual è il significato delle disposizioni normative realizza un fatto
convinto di aver compiuto un fatto diverso rispetto a quello previsto dalla legge, si tratta di un
errore sul fatto. Compie un fatto nell’erronea convinzione che si tratti di un comportamento
diverso rispetto a quello previsto dalla legge come reato. il fatto sarà scusabile , salvo il caso in cui
sia imputabile a titolo di colpa e che l’ordinamento ne preveda la fattispecie colposa.
nel caso in cui si compia il fatto nella convinzione di realizzare un fatto identico a quello previsto
dalla legge penale, pensando che tale fatto non costituisca illecito , si erra sul precetto e non si è
dunque scusabili.
Occorre guardare allo stato mentale finale dell’autore che realizza il fatto; se lo stato finale
dell’errata rappresentazione è un errore sul fatto, l’autore sarà scusato. Se è errore sul precetto,
l’errore non sarà scusato. Si ha errore sul fatto quando l’autore è convinto di aver compiuto un
fatto diverso a quello vietato; è sul precetto quando l’autore compie un fatto identico rispetto a
quello vietato, nella errata convinzione che non costituisca reato .
Cpv art 47 “l’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per
un reato diverso “. fa riferimento a una situazione che si può riportare al rapporto che sussiste tra
omicidio volontario e omicidio del consenziente il consenso non scrimina incidendo su un bene
indisponibile; tuttavia, consente una degradazione dell’illecito perché il consenso è un elemento

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differenziale della fattispecie, che va modificare il titolo della resp da omicidio comune a omicidio
del consenziente. È un elemento specializzante degradante della fattispecie non viene esclusa la
punibilità x un altro titolo di reato. se si è compiuto un omicidio comune nell’erronea convinzione
che vi fosse il consenso, si risponde per il reato meno grave. (vi è errore su un elemento
specializzante della fattispecie).
Siamo sempre nella disciplina dell’errore motivo, che cade sulla fasa rappresentativa della volontà
del soggetto. Il quadro di riferimento dell’autore del reato non corrisponde alla realtà e lo guida
verso un esito non rispondente a realtà.
Art 48 cp REITA’ MEDIATA abbiamo in tal caso un decipiens e un deceptus; un soggetto che
induce in errore e un soggetto che viene invece indotto in errore. Essendo l’errore determinato da
una condotta decettiva di un terzo, il dolo di fattispecie non possiamo ritenerlo sussistente in capo
al deceptus, quanto in campo al decipiens: a rispondere della fattispecie di reato dolosa non sarà il
deceptus ma il decipiens. Nel caso in cui l’errore sia determinato da colpa, anche qui potrà essere
configurata una responsabilità del deceptus.
Errore su norma extrapenaleart 47 c 3 sussiste dal momento in cui l’errore non incida sul
precetto penale ma su una norma extrapenale richiamata in via diretta o indiretta dalla fattispecie
penale. Tale errore avrà efficacia scusante solo nell’ipotesi in cui sia idoneo a incidere sulla
percezione del fatto costituente reato.
Dobbiamo verificare se il soggetto voleva porre in essere un fatto identico o diverso da quello
sanzionato.
La giurisprudenza distingue tra norme extrapenali integrative del precetto (Quando la norma
extrapenale concorre effettivamente con la norma incriminatrice alla definizione del singolo tipo di
illecito , integrandone la descrizione legale mediante aggiunta di elementi essenziali) il regime di
eventuale errore dovrebbe essere quello di cui all’art 5, e non di cui all’art 47 .
Altra ipotesi è di norme extrapenali non integratrici del precetto ma incidenti sul mero fatto
l’eventuale errore su norma extrapenale dovrebbe essere ricondotto alla disciplina di cui all’art 47.
Tale scelta della giurisprudenza è volto a ridurre quanto piu’ possibile il campo applicativo dell’art
47.
La dottrina afferma che , anche con riferimento alla norma extrapenale, bisogna guardare se
effettivamente il soggetto voleva porre in essere un fatto identico o diverso da quello sanzionato.
Bisogna guardare agli effetti psicologici ultimi.
Es. soggetto che va in un bosco ritiene che la legna che va a prendere sia una res nullius; la
normativa civilistica ci dice che quella res non è nullius e può quindi essere oggetto di furto. Qui
l’errore non attiene alla nozione di furto (il soggetto ben sa cosa è furto). Ciò che il soggetto non sa
è la riconducibilità dell’oggetto di apprensione alla categoria delle res nullius o meno.
Reati propri esclusivi/ non esclusivi Che succede se l’errore incide su un elemento specializzante
che poi determina il reato proprio? Se l’errore cade su elemento specializzante, non verrà
contestato reato proprio ma il reato comune. Differente è l’ipotesi dei reati propri esclusivi, in
quanto se il soggetto ritiene non sussista la qualifica soggettiva che determina il reato proprio (es.

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reato di incesto, se il soggetto ritiene di non essere legato a un legame di parentela), non potrà
rispondere della fattispecie di incesto.
Norma penale in bianco è difficile sostenere che il precetto della norma penale in bianco non sia
integrato da norma extrapenale solo nel caso in cui l’errore cada su elemento costitutivo del
fatto e il soggetto voglia un fatto diverso da quello descritto, potrà essere scusato.
Reati omissivi propri prevedono un obbligo di azione positiva da parte del soggetto prescritto
dal legislatore (es omissione di soccorso). Bisogna differenziare l’ipotesi in cui vi sia un errore sulla
situazione di fatto (vedo un soggetto sul ciglio della strada e , pur essendo consapevole
dell’obbligo di attivarsi, non ritengo che il soggetto sia in pericolo di vita)  l’errore inciderà sul
fatto e non vi è possibilità di un rimprovero.
Diversa è la situazione in cui io ritenga di non dovermi attivare  non vi è un errore sul fatto,
perché in tal caso si è mal interpretata la normativa sulla omissione di soccorso. Si tratta di un
errore sul precetto e quindi il soggetto non potrà essere scusato
Reati omissivi impropri reati che traggono la propria origine dal combinato disposto delle
fattispecie di parte speciale con l’art 40 c 2 : x l’integrazione di tale fattispecie, è richiesta la
sussistenza di una posizione di garanzia, consistente nel potere /dovere di impedire un
determinato evento in capo a un det soggetto. es. babysitter che omette di curare il bambino
perché ritiene di non avere il dovere di impedirne le lesioni in tal caso si ha un errore sul
precetto, da ricondurre nell’art 5 cp (quindi non scusabile). Si avrà invece errore sul fatto
nell’ipotesi di un padre che non cura il figlio perché lo ritiene sano.

ERRONEA SUPPOSIZIONE DI GIUSTIFICANTI E SCRIMINANTI art 59 c 4. Si parla di esimenti


putative: il soggetto ha ritenuto erroneamente esistente l’esimente in questione e ha
erroneamente supposto di agire in ragione di tale esimente.
Es. legittima difesa putativa si agisce ritenendo che vi siano gli estremi della legittima difesa. Il
legislatore ci dice che il soggetto è caduto in errore ; sotto il profilo soggettivo, dovremo ritenere
non colpevole il soggetto: quelle che erano cause di esclusione della tipicità o antigiuridicità del
fatto, se assumono la veste di esimenti putative, andranno a incidere non sull’elemento oggettivo
del fatto, bensì su quello soggettivo. L’assenza di un rimprovero sarà correlata alla erronea
supposizione degli elementi da parte del soggetto agente. Se l’erronea supposizione da parte del
soggetto sia correlata a profili di colpa, il reato potrà essere eventualmente contestato al soggetto.
Non dobbiamo confondere l’erronea supposizione con l’eccesso colposo l’esimente putativa
opera laddove non vi siano gli estremi per la operatività della esimente, ma vi sia una erronea
supposizione della sussistenza degli estremi della stessa. Differentemente, nell’eccesso colposo gli
estremi dell’esimente ci sono, ma vengono TRAVALICATI (es. x un errore nell’esecuzione della mia
azione difensiva eccedo il limite della proporzione). L’eccesso colposo opera laddove vi siano gli
estremi dell’esimente; l’esimente putativa opera laddove gli estremi non vi siano ma siano
erroneamente supposti.
Può accadere che i due istituti operino congiuntamente, che per esempio si invochi l’eccesso
colposo di legittima difesa putativa : ciò determina che il soggetto ha erroneamente ritenuto
81
esistenti i presupposti della legittima difesa e pone in essere la condotta difensiva eccedendo
colposamente gli estremi dell’esimente.

§§
ERRORE INABILITA’ non attiene alla fase di formazione della volontà del soggetto agente, ma
incide su quella che è la fase operativa della condotta.
Parliamo di aberratio; due sono le ipotesi di aberratio codificate (artt 82 e 83). Vi è una terza
ipotesi di natura dottrinaria , che raramente si riscontra nel penale.
Aberratio ictus (monolesiva) art 82 va a disciplinare l’ipotesi di offesa cagionata nei confronti
di una persona diversa rispetto alla destinataria effettiva della condotta che il soggetto agente
voleva porre in essere con dolo.
Il legislatore prevede che l’errore nella esecuzione di questa azione criminosa non determini la
scusabilità del soggetto, fatta salva l’applicazione dell’art 60. L’art 60 disciplina l’error in persona:
in questo caso il soggetto agente vuole effettivamente colpire l’individuo verso cui materialmente
si dirige l’azione , che per un errore di rappresentazione viene scambiato con la persona che
andava offesa.
Nel caso dell’art 82, il soggetto agente vuole colpire il soggetto A, ma in ragione di un imprevisto
nella azione esecutiva, colpisco il soggetto B. non si parla solo di errore nei mezzi di esecuzione,
ma anche di “altra causa” la disciplina è suscettibile quindi di interpretazioni estensive.
Si ha quindi dolo di porre in essere l’azione criminosa nei confronti di A, colpendo tuttavia il
soggetto B, nei confronti di cui non si aveva il dolo. È evidente che ci sia una fictio, in quanto si
attua una sorta di traslatio doli, venendo il soggetto agente punito come se abbia voluto colpire il
soggetto B. questa possibilità di traslare il dolo ha portato a conseguenze eccessive anche in
ambito giurisprudenziale.
Ad oggi, se riteniamo che l’istituto in questione abbia funzione dichiarativa, dobbiamo accertare il
dolo solo con riferimento al soggetto volutamente destinatario della condotta e traslarlo
automaticamente nei confronti del soggetto effettivamente colpito; se riteniamo che l’istituto
abbia funzione costitutiva, x non ledere il principio di colpevolezza , dobbiamo accertare non solo
il dolo con riferimento alla condotta posta in essere nei confronti del soggetto A, ma anche la
prevedibilità della evoluzione dell’azione criminosa in questione, e quindi la sussistenza
quantomeno di un profilo di colpevolezza del soggetto. Non si potrebbe parlare di aberratio, ma di
una condotta dolosa (seppur di dolo eventuale) in concorso con quella afferente il soggetto A.
Può anche darsi che con la propria condotta il soggetto agente leda il soggetto B ma nella propria
azione vada a incidere sul bene giuridico tutelato in capo al soggetto A (plurilesiva). si ha lesione
sia della vittima designata che non designata. È una ipotesi speciale di concorso formale , perché il
legislatore prevede che si applichi la pena prevista x il fatto piu grave aumentata fino alla metà.
Abbiamo una vis attractiva del dolo dell’evento voluto rispetto a quello non voluto, che viene
coperto fittiziamente da dolo. Si ritiene sussistente un dolo che in realtà non c’è. È una particolare

82
ipotesi di concorso formale, il cui trattamento sanzionatorio è però differente: nel concorso
formale fra reati si ha una possibilità di aumento fino al triplo, mentre qui fino alla metà.
Si tratta comunque di un istituto anacronistico e che pone questioni di legittimità costituzionale. Si
auspica in futuro la abrogazione della norma e la riconduzione della fattispecie ai principi già
esistenti; in mancanza dell’art 82, la fattispecie monolesiva verrebbe inquadrata come delitto
tentato in concorso formale con un delitto colposo ; la fattispecie plurilesiva, invece, come ipotesi
di concorso formale di reati.

Art 83 ABERRATIO DELICTI  vi è una clausola di sussidiarietà dell’istituto in questione rispetto
a quello precedente; se ci sono i presupposti per l’operatività dell’aberratio ictus, non opera
l’aberratio delicti. In tal caso abbiamo il verificarsi di un evento differente rispetto a quello voluto.
Abbiamo in sostanza un mutamento del titolo di reato. sarà necessaria la sussistenza del dolo con
riferimento all’evento voluto, ma il soggetto risponderà a titolo di colpa con riferimento
all’evento effettivamente realizzato, se previsto come delitto colposo.
Oggi, l’accertamento della colpa deve avvenire in concreto. Può avvenire che si determini non solo
l’evento voluto, ma anche non voluto (aberratio delicti plurilesiva). Si applicano le regole del
concorso di reati.
X distinguere ab ictus da delicti, si può guardare al bene giuridico tutelato dalla norma: se i beni
giuridici coinvolti risultano omogenei , si verte in tema di ab ictus; diversamente, si applicherà la
disciplina ex art 83.
Peculiare ipotesi è quella di cui all’art 586, morte o lesioni come conseguenza di altro delitto. Il
legislatore ha ritenuto di fare un richiamo all’art 83, prevedendo l’aumento di pena per l’ipotesi in
questione.
Aberratio causaematrice dottrinaria; vi è una erronea prefigurazione del decorso causale, del
tutto irrilevante nei reati cd a forma libera. Con riferimento ai reati a forma vincolata (es. reato di
pandemia), invece, l’aberratio causae può avere rilievo .
§§
TENTATIVO
cosa sono le forme di manifestazione del reato? il reato è un ente che si compone di elementi
costitutivi che compongono un illecito che per le sue caratteristiche di gravità determina la
applicazione delle pene corrispondenti. di fronte a tale tipo di struttura di illecito, dobbiamo
affrontare un tema che riguarda non tanto gli elementi indefettibili del fatto di reato, ma istituti di
tipo eventuale cui si ricorre quando il reato si è manifestato.
Se il reato presenta ulteriori caratteristiche si vogliono prendere in considerazione x individuare
una sanzione che sia la piu’ completa e precisa, si richiama l’istituto delle circostanze del reato, che
sono elementi accessori che servono x individuare con una certa precisione quella pena
esattamente corrispondente al disvalore che risulta dalla realizzazione del fatto. Servono solo per
la dosimetria della pena, cioè escursione in alto o in basso della pena.

83
Altra forma è il concorso di reati situazione in cui attraverso piu condotte sono attribuiti a uno o
piu soggetti una pluralità di reati.
Ultima forma di manifestazione è il concorso di persone: il reato è normalmente punibile come
fatto monosoggettivo, cioè compiuto da un’unica persona. Del reato compiuto rispondono una
pluralità di agenti.
Le norme che disciplinano tali istituti sono clausole di diritto generale che riguardano
l’applicazione di questa serie di regole sulla possibilità che la disciplina del reato consumato
monosoggettivo possa essere attribuito a una pluralità di agenti e esteso a campi in cui non
sarebbe altrimenti applicabile.
L’art 56 è una norma estensiva dell’incriminazione perché dal combinato disposto dell’ipotesi di
reato speciale con l’art 56 ne deriva che si possa arretrare la soglia di punibilità , per cui il fatto non
viene piu’ punito come consumato bensì come tentato. L’art 110 è una clausola di estensione
dell’incriminazione perché consente di applicare, tramite il combinato disposto di artt 110 e
fattispecie di reato speciale, si può imputare la commissione del fatto ad una pluralità di agenti.
Spesso vi può essere una sorta di interferenza tra le forme di manifestazione del reato.

Art 56 UNICA disposizione che il codice dedica a questa forma di manifestazione del reato; il
tentativo è tutto disciplinato da tale disposizione, norma molto complessa con 4 commi dove
vengono disciplinati gli elementi costitutivi del tentativo e due ulteriori istituti: la desistenza
volontaria e il recesso attivo (comma 3 e 4). Il tentativo è una forma di anticipazione della soglia di
punibilità che richiama una dicotomia: delitto tentato vs delitto consumato. Dobbiamo dare una
spiegazione della possibilità di incriminare fatti o atti che si svolgono per un certo iter criminis.
Dobbiamo stabilire in quale segmento interviene la punibilità del tentativo e da quale momento in
poi si passa alla punibilità della consumazione. Il legislatore sulla scorta di una valutazione
discrezionale ha inoltre stabilito che trattandosi di una forma di anticipazione della soglia di
punibilità, il tentativo è concepito solo per le ipotesi piu gravi di reati, cioè i delitti. Anticipare nelle
contravvenzioni la soglia di punibilità non è concepibile. Le contravvenzioni non sono ritenute
tipologie di reati che sono assunte ad un livello di gravità tale da consentire la anticipazione a
livello di tentativo (si punirebbe il tentativo del tentativo).
Il legislatore limita la possibilità di anticipare il tentativo esclusivamente ai delitti. A quali
condizioni si può anticipare la soglia di punibilità rispetto al fatto consumato? Il tentativo diventa
un metro di giudizio complessivo circa il grado di civiltà di una società riguardo all’utilizzazione
dello strumento penale. Consentire l’anticipazione della soglia di punibilità a condizioni rigorose
significa dare dimostrazione del livello di garanzie raggiunto da un certo sistema.
La questione attinente al momento a quo da cui si inizia a punire per tentativo è un nodo
pressoché inestricabile. Al di là della convinzione nel voler anticipare la soglia della punibilità, le
modalità rispetto a cui riuscire a calibrare tale anticipazione della soglia di punibilità è un problema
annoso non ancora risolto. Il codice zanardelli aveva adottato la teoria dell’inizio dell’esecuzione
(commencement dell’esecution): questa teorica faceva riferimento al fatto che si potesse punire x
tentativo quando l’autore si fosse apprestato all’inizio dell’esecuzione di fattispecie di parte
speciale che vuole realizzare; si fa riferimento alla distinzione tra atti meramente preparatori e atti
84
esecutivi: in tal caso il soggetto aveva abbandonato gli atti preparatori e si era apprestato su quelli
esecutivi. Tale scelta guarda fotograficamente allo sviluppo dell’iter criminis: l’attività si può
scandire in una serie di atti, di movimenti corporei di cui si compone l’azione nel suo complesso.
Rispetto all’omicidio, gli atti sono di procurarsi l’arma, fare in modo di avere i proiettili per l’arma
da fuoco, di recarsi nel luogo di commissione… l’attività criminosa si dipana in un iter criminis che
va dalla mera ideazione del fatto (percorso mentale che si realizza) prosegue con la sua
programmazione (si stende un programma di realizzazione del fatto con passaggi razionali),
procurazione degli strumenti per la realizzazione del fatto di reato : si considera fino a qua
ideazione e programmazione , senza che si siano già iniziati a compiere gli atti esecutivi. È qui che
la scuola classica aveva trovato la possibilità di riuscire a stabilire da quale momento in poi punire
a titolo di delitto tentato. Gli atti di preparazione non sono atti con significato univoco: essersi
procurati dei proiettili può avere plausibili spiegazioni è può non necessariamente sfociare nella
commissione del fatto. Fino a tale momento, essendoci varie spiegazioni plausibili al
comportamento del soggetto, si deve concludere che gli atti siano tutti atti preparatori.
Secondo una certa interpretazione dell’epoca, per l’inizio dell’esecuzione occorre far riferimento al
fatto che già si siano iniziati ad integrare alcuni degli elementi costitutivi della fattispecie
incriminatrice. Riuscire a individuare l’inizio dell’esecuzione dell’omicidio vuol dire far riferimento
a un comportamento che assume caratteristiche inequivocabili (aver estratto la pistola e preso la
mira).
Pagliaro distingue tra perfezionamento e consumazione. Il primo si ha quando si è integrato
ogni e ciascuno elemento costitutivo del fatto di reato. la consumazione si ha all’esaurirsi della
condotta, quando la carica offensiva di essa ha sviluppato tutto il suo potenziale (es. 44 coltellate
a cesare). Tale distinzione è relativa perché sarebbe inutile introdurre altre forme di distinzione.
Fatto tentato/consumato dopo l’approvazione del codice zanardelli e prima del codice rocco
(regime fascista) , c’era stato un tentativo di omicidio nei confronti del capo del governo. Mussolini
diede ordine di rivedere la disciplina del tentativo, troppo blanda e liberale. Il legislatore quindi
individua 2 elementi costitutivi positivi e 2 negativi: introduce il concetto della idoneità degli atti,
che fa riferimento alla potenzialità che gli atti compiuti siano adeguati secondo un giudizio di
prognosi postuma alla consumazione del fatto di reato; l’elemento caratterizzante e superante
della teoria di inizio dell’esecuzione però era quello della non equivocità degli atti:
nell’avanzamento dell’iter criminis gli atti sin lì compiuti devono essere inequivocabilmente l’inizio
di esecuzione di un determinato reato. nel tentativo l’elemento psicologico è per lo meno il dolo
diretto, se non intenzionale: vi deve essere la prova sicura della direzione degli atti. Si esclude il
dolo eventuale, da sempre ritenuto incompatibile col tentativo. Si richiede la direzione inequivoca
degli atti.
Mentre i delitti di attentato sono attività dirette alla realizzazione di un fatto anche con violenza, il
tentativo richiede che la direzione sia inequivoca , non una direzione qualsiasi. Gli altri 2 elementi
son elementi negativi: il fatto che l’azione non si compia e che l’evento non si verifichi: si fa
riferimento al delitto cd mancato , che si distingue dal tentativo totalmente inidoneo, che il codice
disciplina nell’art 49. L’azione non si compie vuol dire che il tentativo è incompiuto (si applica la
desistenza volontaria), perché l’autore non ha portato a compimento la sua condotta nell’iter

85
criminis. Se invece l’evento non si verifica, si fa riferimento a un tentativo compiuto, senza che
l’evento però si verifichi (rispetto ad esso si pone la disciplina del recesso attivo).
Il tentativo non si applica a contravvenzioni, a reati di pericolo (esso stesso è reato di pericolo), a
delitti colposi e a titolo di dolo eventuale. Non è punibile neanche rispetto ai delitti di attentato, in
cui la soglia di punibilità è ancora più anticipata rispetto a quella del tentativo. Il tentativo è infatti
reato di pericolo in concreto; non è ammissibile nei reati di sospetto, a dolo specifico ecc.
L’azione non si compie quando il soggetto ha compiuto una serie di atti idonei e non equivoci ,
quindi punibili a titolo di tentativo, senza però esaurire l’azione. Se l’interruzione dal compimento
dell’attività è volontaria, attraverso la teoria del ponte d’oro il legislatore concede l’esonero da
responsabilità. Vi è un atto di resipiscenza da parte dell’autore, che non rilascia l’azione e quindi
non fa innescare il decorso causale da cui si verificherebbe l’evento. Se tale tipo di blocco è
volontario, si determina la non punibilità dell’autore (desistenza volontaria).
Se si prosegue nell’iter criminis e l’azione viene esaurita completamente (es. avveleno una persona
con un quantitativo sufficiente ad ucciderla), l’azione è completata ed è iniziato già il decorso
causale. Se si interviene successivamente per cercare di impedire l’evento, quando è già attivato il
decorso causale, ciò non consente la piena non punibilità ma l’applicazione della pena prevista x il
delitto tentato, diminuita di un tot. (recesso attivo) per far si che si neutralizzino le conseguenze
derivanti dall’azione, si deve compiere una controazione.
Tale distinzione tra desistenza volontaria e recesso attivo non è attuata dal codice penale tedesco.
Per esso il recesso toutcourt non è diversificato dalla desistenza.
Tentativo nei reati omissivi è pacifica la ammissibilità del tentativo rispetto ai reati omissivi
impropri: se si realizza una condotta omissiva di mancato impedimento dell’evento e al fine di
schivare la verificazione dell’evento compio una condotta attiva, realizzo il tentativo del reato
omissivo improprio e anche la controazione.
La cosa diventa problematica nei reati omissivi propri, o di pura condotta omissiva. Se ci si trova in
una situazione in cui il termine entro cui compiere l’azione doverosa non è spirato, non si può
essere incriminati. Se il termini spira invece, il fatto si trasforma direttamente in fatto consumato.
Una certa parte della dottrina aveva sostenuto la configurabilità del tentativo anche x i reati
omissivi propri, sostenendo la seguente tesi: vi potrebbe essere un soggetto che è ancora nella
possibilità di compiere l’azione doverosa, ma si pone nell’impossibilità materiale di adempiere
l’obbligo: es pubblico ufficiale che avrebbe dovuto firmare un’autorizzazione, ma entro il termine
in cui deve farlo si trova sulla scaletta di un aereo e ha appena intascato una mazzetta per non
firmare l’autorizzazione. Il soggetto volontariamente si è posto in una situazione materiale tale da
rendere impossibile la realizzazione della condotta doverosa.
Quindi il tentativo va escluso: 1) nei delitti colposi, perché tale criterio di imputazione è
incompatibile con concettualmente col delitto tentato, con riguardo in particolare alla non
equivocità della direzione degli atti che non può prescindere da una componente volontaristica
quale quella del dolo; 2) nei delitti unisussistenti, poiché consumandosi con un solo atto, non
lasciano spazio alla configurabilità del tentativo; 3) con riferimento al delitto preterintenzionale ,
mancando la volontà di realizzare l’evento con riferimento all’unica ipotesi espressa del codice; 4)
nei reati di pericolo e di attentato, perché si tratta di affermare il pericolo del pericolo , cosa
86
logicamente impossibile; 5) nei reati omissivi propri, in quanto privi di evento naturalistico e
caratterizzati dalla semplice realizzazione della condotta.
INTERFERENZA TRA FORME DI MANIFESTAZIONE DEL REATO, allorché la disciplina del tentativo si
interseca con quella delle circostanze; si distingue tra delitto tentato CIRCOSTANZIATO e delitto
CIRCOSTANZIATO tentato.
Talvolta il tentativo può essere circostanziato, nel senso che si tratta di un fatto che non è stato
portato a consumazione e che presenta caratteristiche tali x cui c’è la possibilità di contestare pure
delle circostanze. Si distingue tra ipotesi in cui il tentativo è già realizzato ed è il tentativo di un
delitto che presenta pure delle circostanze che si sono realizzate (delitto tentato circostanziato) e
ipotesi in cui l’avanzamento dell’iter criminis fa sì che ad essere tentata è stata la circostanza che
bisogna applicare alla disciplina del tentativo.(delitto circostanziato tentato) Questa ipotesi
riguarda la realizzazione solo parziale della circostanza, quindi in tale situazione bisogna stabilire
se riconoscere oppure no la circostanza, perché si ha solo il tentativo della circostanza.
§§§
Le circostanze del reato (artt 59-70 cp) ritagliano un istituto che serve a far sì che vi sia un margine
di concretizzazione della applicazione delle disp incriminatrici con le relative pene al caso
concreto. In tale processo di concretizzazione si deve tenere conto di ogni carattere del fatto
concreto. Sono ulteriori elementi che servono a rendere la pena la più aderente possibile al fatto
verificatosi. Il primo elemento da considerare è che le circostanze del reato sono elementi
accessori, che vanno distinte dagli elementi costitutivi. Qual è il margine da individuare circa la
distinzione tra elementi costitutivi e circostanze? Come si distinguono le circostanze in senso
tecnico rispetto ai cd criteri commisurativi della pena di cui all’art 133 cp (circostanze improprie)?
Mentre le circ proprie consentono le cd escursioni extra edittali (diminuire o aumentare la pena
oltre al cornice edittale della pena), quelle improprie consentono di individuare la sanzione
all’interno della cornice edittale di pena. Gli indici commisurativi di cui all’art 133 richiamano il
potere discrezionale del giudice , vincolato dalle cornici edittali di pena, già a monte individuate. Le
circostanze proprie invece hanno un’ulteriore funzione, perché la discrezionalità in tal caso non è
una discrezionalità giudiziale, ma legale: l’escursione extraedittale consente al giudice di andare
oltre le cornici di pena . vi è uno spettro di maggiore ampiezza delle cornici edittali di pena, in
quanto il giudice è in grado di scendere/salire oltre il massimo legale. Il tema del rapporto tra
circostanze proprie/improprie rimanda alla questione se un certo elemento debba essere
considerato costitutivo o accessorio.
Un certo contenuto di disvalore non può essere valutato piu’ volte, o si avrebbe una violazione del
ne bis in idem sostanziale. Ciò riguarda i rapporti che intercorrono tra criteri commisurativi della
pena e le circostanze attenuanti generiche, escluse dal codice rocco del 1930. (art 62 bis cp)
Circostanze aggravanti/attenuanti le prime servono per aumentare la pena; le secondo per
diminuire il disvalore del fatto.
Circostanze comuni/speciali le circ comuni sono contenute negli artt 61 e 62 che descrivono
situazioni standard e sono applicabili a tutti i reati possibili. Sono speciali le circostanze quelle che
riguardano o una figura di reato o alcune figure in maniera specifica.

87
Circostanze nominate/innominate le prime hanno a che fare con una enumerazione tassativa
(artt 61 e 62). Il legislatore le descrive in modo puntuale. Le circ innominate sono quelle (art 62
bis) non descritte specificamente ma si riferiscono ad ulteriori criteri da prendere in
considerazione in via residuale nel caso in cui la situazione che si trova a giudicare non possa
rientrare nelle cd circostanze nominate.
Bisogna valutare il margine di applicazione delle circ generiche. Le circ attenuanti generiche si
possono ricavare in via residuale . nel tempo la prassi giurisprudenziale che si è creata sul punto
riguarda lo stato di incensuratezza del reo, ipotesi non presa in considerazione né dalle circ
attenuanti comuni né ricavabili dai criteri commisurativi della pena; altro ambito applicativo
individuato è quello della età delle persone responsabili, specialmente con riguardo alla maggiore
età appena conseguita, quindi in un margine dei cd infraventunenni. Un’altra forma è la cd
collaborazione con l’autorità giudiziaria.
Elementi costitutivi/circostanziali è un tema che è un nodo in tutta la disciplina delle circostanze
del reato. i tentativi fatti in passato di riuscire a rintracciare parametri che possano in modo
indubitabile stabilire se un elemento sia un elemento costitutivo o circostanziale sono tra i piu
complessi della scienza penalistica. Al di là di alcune ricostruzioni sul piano funzionale, non vi sono
criteri affidabili, compresi quelli ontologici. La strada x individuare criteri di distinzione tra elementi
costitutivi e circostanze passa per la via del criterio formale. Occorre che nei limiti delle indicazioni
del legislatore, si possa desumere dal tenore delle disposizioni una serie di indicazioni x dirimere la
questione se un certo elemento vada individuato come elemento costitutivo o circostanza.
Occorre che vi sia se non proprio un riferimento espresso, termini riconducibili comunque alle
circostanze. Quando la legge fa riferimento al tema “La pena è aumentata”, è evidente che fa
riferimento a cir1costanze aggravanti.
Concorse di circostanze si ha quando ad uno stesso fatto sono applicabili non una sola circ
aggravante o una sola attenuante, ma piu circostanze. Le circ possono essere omogenee se
ricorrono tutte circ aggravanti o tutte circ attenuanti. In tal caso gli artt 63 64 65 66 del cp
prevedono tutta una serie di regole da seguire da parte del giudice che deve stabilire la pena
prevista per il fatto base e procedere ai relativi aumenti o diminuzioni. Nel caso del concorso
omogeneo si procede agli aumenti di pena con la valutazione da fare in base a criteri di priorità. Gli
aumenti o le diminuzioni hanno un tetto massimo da non poter superare. L’art 68 consente di
risolvere il tema del concorso omogeneo: stabilisce che quando una circ aggravante contiene in sé
un’altra aggravante, si applica la circ aggravante che prevede un aumento di pena maggiore.
A che serve stabilire se un certo elemento va considerato come costitutivo piuttosto che come
circostanza? Qui soccorre una norma cardine del sistema penale, quella dell’art 69 del cp: riguarda
il giudizio di bilanciamento tra circ eterogenee. Se finora si è fatto riferimento al concorso
omogeneo tra circostanze, in tal caso sono compresenti circostanze di segno diverso: alcune
prevedono possibilità di aumentare la pena e altre di diminuirla. Abbiamo una situazione in cui ci
sono circostanze di segno diverso: il cd peso tra circostanze non è dato da un elemento di tipo
numerico: il giudice deve far riferimento al peso specifico di ciascuna circostanza sul fatto
avvenuto. È possibile che le attenuanti vengano dichiarate equivalenti alle aggravanti o addirittura
prevalenti. Il legislatore dà al giudice la discrezionalità in ordine al quantum di disvalore di ciascuna
circostanza. Dopodiché il giudice stabilisce se data una serie di circostanze, prevalgono alcune

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piuttosto di altre. Il tipo di criterio preso in riferimento non si basa su un calcolo aritmetico; il
criterio seguito è del giudizio di bilanciamento: il giudice può procedere ad un bilanciamento
attraverso il peso specifico di ciascuna circostanza. il giudice mette a raffronto le circostanze, ne
pesa il significato specifico e stabilisce tre possibili soluzioni: o si dichiarano prevalenti le circ
aggravanti ( si farà riferimento a tutti gli aumenti di pena previsti per tutte le circ aggravanti
prevalenti) ; o si prosegue a un giudizio di equivalenza e si torna alla pena prevista per il fatto base,
senza tenere conto di nessuna delle circostanze; oppure prevalgono le circ attenuanti e si procede
quindi alle diminuzioni di pena previste per le attenuanti, non tenendo conto di quelle aggravanti.
Se un certo elemento non è solo un elemento circostanziale ma una ipotesi autonoma del reato, il
tipo di pena prevista per quell’ipotesi non è bilanciabile.
C’è un altro tema, del cd criterio di imputazione delle circostanze, di cui all’art 59 cp: Tale norma
prevede l’erronea supposizione di circostanze del reato. tale articolo fa riferimento sia alle
circostanze di esclusione della pena (ultimo comma) che alle circostanze in senso tecnico. Rispetto
a questa disciplina, il codice rocco prevedeva solo il c 1 dell’art 59, che rispondeva alla logica della
resp oggettiva (le circ erano imputate in modo oggettivo). Dopo la nota sentenza della corte, n
364/88 , che faceva riferimento a un coefficiente psicologico minimo, il legislatore provvede a
rendere conforme a quella indicazione della corte costituzionale il contenuto dell’art 59. Il
legislatore interviene nel 1990 e con la legge 19 rivisita la disciplina delle circostanze, modificando
l’art 59 c 1, comma diviso in due: riguardo alle circ aggravanti si prevede che queste possano
essere imputate solo quando vi sia un minimo coefficiente di colpevolezza, riverberando queste in
malam partem; lascia inalterata la disciplina della imputazione oggettiva delle circ attenuanti, che
riverberano in favore del reo. Ancora oggi le circ attenuanti si applicano oggettivamente, per la
loro stessa esistenza. Il legislatore ha individuato 3 situazioni: le circ aggravanti si imputano
quando ignorate con colpa, ritenute inesistenti per errore, o conosciute.

Circ a effetto speciale circostanze disciplinate nell’art 63 del cp , che inizialmente il legislatore
aveva tenuto fuori dal possibile giudizio di bilanciamento. Essendo ritenute talmente importanti
quanto a loro disvalore, si applicavano tout court. Sono quelle che prevedono aumento o
diminuzione superiore a 1/3 rispetto al fatto base. quando gli aumenti o diminuzioni sono
superiori a 1/3, siamo in tale ambito .
Le circ autonome prevedono una pena di specie diversa rispetto a quella prevista per il fatto base
(es. circ aggravanti dell’omicidio); le circ indipendenti sono quelle che prevedono un
aumento/diminuzione non multiplo della pena base. ridisegnano la cornice edittale di pena. Dopo
il 1974, con la miniriforma del codice penale, il legislatore ha previsto che anche le circ a effetto
speciale (autonome o indipendenti) sono sottoponibili a giudizio di bilanciamento.
CIRCOSTANZE DEL REATO spesso nel codice penale si trovano l’uso del termine circostanze in
senso a tecnico; circostanze sono quegli elementi ulteriori , che stanno “intorno” ad uno istituto o
a un concetto essenziale. Si può ritenere che la circostanza è ulteriore elemento di
caratterizzazione di elementi strutturali di un fatto principale cui accedono (tanto che si trova
anche la nozione di elementi accessori) al fine di specificarne le caratteristiche.

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Le circostanze sono elementi accessori, hanno funzione poliedrica ; quando parliamo di
circostanze del reato, dobbiamo intendere le circostanze in senso tecnico, che hanno la finalità di
consentire di mettere a disposizione del giudice ulteriori elementi di valutazione ai fini di una piu’
precisa irrogazione della sanzione penale. Le circostanze in senso tecnico servono per
ulteriormente caratterizzare il fatto al fine di incidere sulla dosimetria della pena, x consentire le
cd escursioni extraedittali: la possibilità data al giudice di diminuire o aumentare la pena rispetto
alla cornice edittale della pena.
La prima distinzione da porre è tra circostanze proprie, cioè elementi accessori del reato che non
servono per la sussistenza del fatto incriminato, ma incidono sulla dosimetria della pena; e
circostanze improprie, cioè fattori di commisurazione della pena che si sostanziano in 2 perni quali
gravità del reato e capacità a delinquere, contenuti nell’art 133, che più modestamente
consentono al giudice di esercitare il potere commisurativo all’interno della cornice edittale della
pena.
Spesso il legislatore usa il termine circostanze anche x quelle di esclusione della pena. Per
circostanza addirittura si può intendere “causa”, riferendosi a una serie di istituti di esclusione
della punibilità.
Per cogliere sul piano previsionale la differenza, si può guardare al disposto degli artt 118 e 119 del
cp; sono 2 norme che si riferiscono indistintamente alle circostanze, ma da un lato fanno
riferimento alle circostanze di esclusione della pena; dall’altro alle circostanze che influiscono sulla
commisurazione della pena. Il 118 cp fa riferimento tanto alle circostanze proprie (artt 59 e 70 cp)
quanto a quelle improprie (133 cp), che sono fattori commisurativi della pena ENTRO LA CORNICE
EDITTALE.
L’art 119 fa riferimento al termine circostanze, ma in realtà ci si riferisce alle CAUSE di esclusione
della punibilità, usando i 2 termini in modo scambievole.
Quindi, dobbiamo dire che il legislatore usa il termine circostanza ad indicare:
a) circostanze proprie, che consentono la escursione extraedittale oltre la cornice edittale di
pena prevista dalla singola fattispecie incriminatrice (artt 59-70 cp);
b) circostanze improprie, cioè i fattori commisurativi della pena (art 133 cp), che si
riferiscono in senso oggettivo o soggettivo alla gravità del reato o alla capacità a
delinquere;
c) un sinonimo di causa, perché fa riferimento alle “circostanze di esclusione della pena” (vedi
art 119).
CIRCOSTANZE PROPRIE essendo una forma di manifestazione del reato (fanno riferimento a
elementi accessori che non sono necessari ai fini della configurabilità del fatto di reato), esse
sono caratteristiche peculiari che vanno ulteriormente a specificare il fatto di reato. sono
necessarie x la esatta commisurabilità in sede sanzionatoria di quel fatto. Sono strumenti che
consentono al giudice una maggiore individualizzazione della risposta sanzionatoria rispetto al
fatto avvenuto. Rendendo la pena più aderente alle caratteristiche del fatto compiuto,
consentono anche una maggiore proporzione sul grado di commisurabilità del fatto in
relazione agli scopi della pena. Se l’elemento accessorio non ha influenza ai fini della

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configurabilità del fatto di reato, ha funzione rilevante ai fini della individuazione della
sanzione corrispondente al disvalore complessivo del fatto, compresi gli elementi accessori.

Se il giudice ritiene che non vi possa essere alcun comportamento riconducibile a circostanze
attenuanti ovvero aggravanti, può valutare il comportamento ai sensi dell’art 133, cioè come
fattore commisurativo della pena.
QUESITO Nella valutazione che il giudice deve compiere tra elemento costitutivo e elemento
circostanziale, quali strumenti ermeneutici ha a disposizione il giudice x stabilire se si è dinnanzi a
elemento costitutivo o circostanziale del reato?
Nel tempo sono stati indicati una serie di criteri; uno di questi è di natura ontologica: si guarda
all’essenza dell’elemento e alla finalità (intersecazione con criterio funzionale), prendendo in
considerazione o la descrizione del fatto nella sua essenza o prendendo in considerazione anche lo
scopo finale che quel tipo di elemento ha rispetto alla commisurazione della pena. Secondo il
criterio funzionale, è elemento costitutivo del reato quell’elemento la cui funzione è di essere
rappresentativo del disvalore del fatto nei suoi termini essenziali ; l’elemento è accidentale
quando la sua funzione è di incidere solo sulla commisurazione giudiziale della pena.
I criteri che si sono susseguiti hanno un elevato tasso di mancanza di precisione, lasciando
insoddisfatto l’interprete, non essendo risolutivi del dilemma. Non riescono a dare criteri risolutivi
decisivi. Sono criteri orientativi, ma non risolutivi.
L’unico criterio risolutivo è quello di tipo formale, che è un criterio quasi tautologico ma con il
pregio di avere un certo grado di stabilità perché non danno adito ad alcun tipo di interpretazione
plausibile alternativa. Il legislatore dà indicazioni formali utili: quando vuole intendere circostanza
in senso tecnico, fa riferimento a elementi accidentali che servono esclusivamente all’aumento o
alla diminuzione della pena e usa termini formali corrispondenti: o locuzioni corrispondenti alla
funzione che il legislatore vuole dare a quell’elemento.
Es se nella rubrica il legislatore usa il termine circostanza, attenuante, aggravante etc… sono
tutta una serie di termini che sono un sinonimo sicuro del fatto che la legge in quella situazione
vuole fare riferimento alla circostanza in senso tecnico. Il criterio da privilegiare è quindi il criterio
formale.
Gli altri potrebbero essere criteri ulteriori, che servono x corroborare la scelta iniziale; oppure,
criteri da utilizzare allorché non si riesca a risolvere il problema dal punto di vista formale. Se uno
guarda alle disposizioni incriminatrici che fanno riferimento alle circostanze, quasi sempre il
legislatore fa riferimento alla funzione che la norma ha, alle caratteristiche la norma presenta..
Le circostanze si distinguono tra proprie e improprie; circostanze aggravanti (fanno aumentare la
pena) e attenuanti (fanno diminuire la pena); circostanze comuni (si riferiscono a tutti i tipi di
reato) e circostanze speciali (si riferiscono a determinate fattispecie).
Circostanze omogenee tutte dello stesso sogno (es. tutte circostanze attenuanti, volte alla
diminuzione di pena).

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Concorso tra circostanze eterogenee un fatto è circostanziato dalla compresenza tanto di
attenuanti quanto di aggravanti, che si fronteggiano fra di loro.
L’art 69 prende in considerazione proprio il concorso tra circostanze eterogenee. Se il legislatore
prevede un certo fatto e un fatto simile con un minimo comun denominatore a cui aggiunge
ulteriori elementi, stabilire se tali elementi sono circostanziali del fatto base o se delineano una
nuova figura di reato, implica che l’aumento di pena stabilito dal giudice x quel reato è
sottoponibile oppure no al bilanciamento ai sensi dell’art 69.
Es. artt 640 e 640 bis cp truffa e truffa aggravata
C 2 art 640 circostanza aggravante speciale (si riferisce solo al reato di truffa).
Circostanze autonome, indipendenti, a effetto comune/ effetto speciale espressione di
disvalori complessivi del fatto completamente autonomi.
Autonome sono quelle che prevedono una specie di pena diversa rispetto a quella prevista xx il
fatto base;
indipendenti l’aumento di pena è completamente sganciato dalla cornice edittale del fatto base,
non è un multiplo della pena base. (es. pena x la frutta e fino a 3 anni; pena x ipotesi di cui art 640
bis è sette anni).
Circostanze a effetto comune l’aumento di pena è contenuto all’interno massimo di 1/3 rispetto
alla pena base; sono aumenti di pena limitati. Se non diversamente stabilito,
l’aumento/diminuzione di pena è sempre contenuto all’interno di tale limite.
Quando il legislatore utilizza aumenti di pena superiore a 1/3, avremo circostanze a effetto
speciale.
Tutte queste circostanze, essendo espressione di disvalori autonomi, erano quasi equiparati agli
elementi costitutivi perché il legislatore le aveva sottratte sulla scorta del combinato disposto di
art 63 c 3 e dell’art 69 cp, a giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee. Le trattava quindi
alla stregua di elementi essenziali.
Con la cd mini riforma del codice penale, il legislatore ha previsto che ANCHE le circostanze
indipendenti, autonome e a effetto speciale possono essere sottoposte a bilanciamento tra
circostanze eterogenee.
Oggi, sulla scorta della riforma, tutte le circostanze sono sottoponibili a giudizio di bilanciamento ai
sensi dell’art 69 cp.
CRITERI DI IMPUTAZIONE
Tutti gli elementi costitutivi essenziali del reato dovrebbero essere coperti da una copertura di tipo
soggettivo (dolo , colpa o preterintenzione quando prevista). L’elemento accessorio non fa parte
degli elementi costitutivi e non ha necessità di essere coperto dall’elemento soggettivo. Le
circostanze di tipo oggettivo sono imputate in un certo modo a prescindere da una copertura di
tipo psicologico. Tale schema di imputazione delle circostanze è stato quello seguito dal legislatore
del 30, enunciata nell’art 59 cp  mentre x gli elementi essenziali del reato i criteri di imputazione

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sono quelli di cui agli artt 42 e 43 , l’art 59 stabiliva che gli elementi accessori si imputavano
oggettivamente , x la loro semplice esistenza.
Poiché nella sentenza 364/88 il legislatore aveva stabilito che x gli elementi piu’ significativi della
fattispecie occorresse comunque un coefficiente minimo di colpevolezza (e gli elementi significativi
sono solo quegli costitutivi della fattispecie), 2 anni dopo con una legge del 90 il legislatore
interviene sui criteri di imputazione delle circostanze, stabilendo – in virtù di una sorta di
continuum- una differenziazione dei criteri di imputazione delle circostanze, lasciando
impregiudicata le previsione di imputabilità oggettiva x le circostanze attenuanti, proprio perché
riverberano a favore del reo , quindi possono prescindere da una valutazione di tipo psicologico; si
allinea il criterio di imputazione delle circostanze aggravanti a quello degli elementi costitutivi
essenziali del reato, x il reverbero negativo che esse hanno riguardo alla posizione del reo: solo le
circostanze aggravanti hanno un criterio di imputazione parificato a quello degli elementi
essenziali del reato. le attenuanti rimangono imputate a titolo oggettivo, essendo più favorevoli
al reo. Le circostanze aggravanti, dopo la riforma del 90, sono imputate solo a 3 condizioni:
1) se conosciute; 2) ignorate x colpa; 3)ritenute inesistenti x errore determinato da
colpa.
Le circostanze si possono quindi distinguere tra circostanze attenuanti ed aggravanti, nel senso che
queste ultime sono deputate a aggravare la pena prevista per il fatto base (cd escursione
extraedittale, cioè superamento del limite edittale sulla pena massima). Le circostanze attenuanti
sono invece quelle in cui vi è un abbassamento sotto il minimo legale della pena prevista dalla
cornice edittale di pena.
Se si guarda alle disposizioni (artt 61 e 62), si nota che la disciplina tende a prevedere in misura
maggiore le circostanze aggravanti comuni rispetto a quelle attenuanti. È intervenuto di recente
anche il legislatore, che ha introdotto una serie di circostanze aggravanti ulteriori: dopo l’art 61 n
11, progressivamente sono stati introdotte ipotesi di ulteriori ipotesi di circostanze aggravanti
comuni (11 bis, ter, quater,quinques..). ci sono attualmente 18 circostanze aggravanti comuni,
rispetto alle 6 attenuanti.
Un’altra distinzione da fare è tra circostanze comuni e circostanze speciali: le disposizioni di cui
all’art 61 e 62, sono circostanze attenuanti e aggravanti comuni, che si applicano indistintamente a
tutte le ipotesi di reato. le circostanze speciali sono quelle che si applicano solo o ad un
reato o a una classe limitata di fattispecie di reato (es. circostanze aggravanti dell’omicidio, che si
riferiscono solo a quella ipotesi di reato). le cir speciali si trovano o nel medesimo testo della
disposizione che al primo comma prevede la ipotesi di base (es. omissione di concorso , nella cui
stessa disposizione sono sistemate circostanze aggravanti speciali).
Le circostanze speciali di determinati fatti di reato sono contenuti o nei commi successivi o in
disposizioni successive a quella che prevede l’ipotesi di base (es. art 575 prevede l’omicidio; art
576 e 77 prevedono ipotesi speciali di aggravanti di quel delitto).
Un’altra distinzione importante è tra circostanze a effetto comune e a effetto speciale. Per le
prime, se non diversamente previsto, indistintamente l’aumento o la diminuzione di pena è
contenuta nei limiti di 1/3 rispetto alla pena prevista x il fatto base ; nelle circ a effetto speciale, si
prevedono ipotesi di aumenti e diminuzioni superiori al terzo. Queste hanno in sé un contenuto
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complessivo di disvalore AUTONOMO rispetto al fatto base: prevedono una sorta di riscrittura
della cornice edittale di pena, con aumenti che sono significativi rispetto al fatto base.
Rispetto a tali ipotesi, nel 1930 esse sono state sottratte al giudizio di bilanciamento tra
circostanze eterogenee (art 69) , perché ritenute circostanze aventi una loro caratterizzazione
autonoma.
Hanno un regime che nel 1974 è stato riformato.
Circostanze autonome prevedono che si applichi una pena di specie diversa rispetto a quella
prevista x il fatto base (es. pena prevista per il fatto base dell’omicidio, che si tramuta in caso di
sussistenza di aggravanti in ergastolo.)
Circo indipendenti prevedono aumenti di pena consistenti che non costituiscono un multiplo
della pena base, ma ridisegnano una nuova cornice edittale di pena.
CONCORSO OMOGENEO gli artt 63 e ss prevedono tutti gli aumenti e le diminuzioni di pena
concernenti la disciplina del concorso omogeneo di circostanze, e stabiliscono quali sono quelle
che vanno calcolate per prime rispetto al fatto base ; vi è un limite estremo di aumento , rispetto a
cui non si può scendere e neanche salire.
Art 68 disciplina del concorso apparente tra circostanze omogenee. È una disposizione che
parzialmente riproduce l’art 15. L’art 68 prevede che la circostanza che prevede un aumento o una
diminuzione maggiore rispetto ad un’altra con cui concorre fa sì che quella con minore aumento o
diminuzione venga assorbita (assorbimento secondo un criterio di sussidiarietà).
Concorso tra circostanze eterogenee compresenza di circostanze aggravanti e attenuanti;
ammettiamo che un fatto sia avvenuto con determinate caratteristiche: es. omicidio rispetto a cui
si contesta la minorata difesa della vittima, ma essendo l’autore un soggetto incensurato, gli si
possono applicare le circostanze attenuanti generiche. L’art 69 prevede che si possano prendere
contemporaneamente in considerazione tanto gli aumenti quanto le diminuzioni previste da
ciascuna circostanza. Nel concorso tra circostanze omogenee si prendono in considerazione tutte e
ciascuna delle circostanze x procedere ad aumenti e diminuzioni fino a raggiungere il tetto
massimo.
L’art 69 invece introduce un meccanismo automatizzato che prevede tre esiti possibili dal giudizio
di bilanciamento tra circostanze eterogenee:
1 )si guarda a tutto il novero delle circo aggravanti e dall’altra parte attenuanti che ricorrono
nel caso di specie: subentra qui un potere discrezionale del giudice del tutto opinabile, per
cui il giudice guarda al peso specifico che ogni circostanza ha rispetto a quel determinato
fatto . il giudice stabilisce il peso di ciascuna circostanza, sicché non è pensabile un
raffronto di tipo aritmetico. È possibile che un’unica circostanza attenuante possa
prevalere su tante circostanze aggravanti.
2) Se nella valutazione delle circ eterogenee, guardando al peso nel complesso delle
circostanze, si stabilisce che c’è una prevalenza delle circ attenuanti, si azzera la
compresenza delle circ aggravanti e si applicano solo le diminuzione x le circ attenuanti.
Si torna a una situazione del tipo di quella di concorso tra circo omogenee.

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3) La terza possibilità è che dal giudizio di bilanciamento si tragga una valutazione di
equivalenza delle circostanze eterogenee: le circostanze aggravanti e attenuanti sono
equivalenti e si annullano vicendevolmente. Si torna alla applicazione della pena
prevista x il fatto base, come se il fatto non fosse più circostanziato. È un giudizio
discutibile, perché si concede al giudice di azzerare la compresenza di circostanze
eterogenee.
L’art 69 consente un margine ampio di discrezione di valutazione delle circostanze, che
rende il sistema cavilloso. Dal giudizio di bilanciamento che consente la valutazione in
termini di prevalenza di una o dell’altra categoria di circostanze, ne discende che quelle
soccombenti non sono più considerabili. Tale disciplina andrebbe superata

Circostanze attenuanti generiche nel 1944 il legislatore reintroduce tale istituto. Sono
presenti nell’art 62 bis. Vi è la possibilità x il giudice di individuare ulteriori circostanze
attenuanti rispetto a quelle già previste nel sistema e oltre a tutti i fattori commisurativi
della pena (art 133 ) tale circostanze fungono da categoria residuale che nella concreta
esperienza giudiziale si può individuare come ulteriore fattore di diminuzione della
pena. L’essenza è da individuare in un rapporto di spazio autonomo di ulteriori fattori
di spazi di diminuzioni della pena oltre a quelli previsti.
Si pone un problema di difetto di determinatezza, essendo circostanze innominante.
Riguardo ad esse, il problema è stato irrisolto nel senso che, essendo circostanze che
riverberano i propri effetti in bonam partem, il fatto che siano innominate è giustificato
dal fatto che ciò abbia effetti in bonam partem rispetto all’applicazione della pena in
concreto.
Bisogna pensare che non siano ipotesi riconducibili alle circostanze proprie di cui all’art
133; allorché si prendono in considerazioni fattori che possono riguardare la gravità del
reato e la capacità di delinquere del soggetto, non si possono tali fattori rivalutare nel
novero delle circostanze attenuanti generiche.
Si devono trovare ipotesi che siano ulteriori rispetto alle disposizioni 133 e 62.
Esempi di casi in cui si applicano tali circostanze: autore infraventunenne; stato di incensuratezza;
collaborazione processuale; comportamento successivo al reato…
Talvolta, quando il giudice si trova dinanzi a soggetti cd borderline, concede le attenuanti
generiche, come fossero uno strumento di diminuzione di pena che può esercitare come
succedaneo rispetto a ipotesi in cui non si può rintracciare possibilità di diminuzione di pena.
RECIDIVA circostanza rilevante per gli effetti che ha sulla pena; disciplinata dall’art 99 cp; in esso
si disciplinano diversi tipi di recidiva, che hanno diversi effetti sulla pena. La particolarità della
recidiva è di incidere sulla pena. Dal codice rocco in poi ci sono state due riforme rilevanti in tema
di recidiva: del 1974, che ha previsto che la recidiva è facoltativa ; del 2005, che ha chiarito la
natura dei reati che determinano la possibilità della contestazione della recidiva. Prima del 2005, si
faceva riferimento a un precedente reato, con la riforma del reato si è previsto che deve trattarsi
di delitto non colposo.
La facoltatività della recidiva è un’altra particolarità; si prevede che se ci sono gli estremi per la
contestazione della recidiva, il pm ha l’obbligo di contestarla, ma il giudice dovrà valutarne i

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presupposti. Quando c’è la circostanza, di solito il giudice deve accertare che vi sia la circostanza e
aumentare la pena.
Nel caso di recidiva, abbiamo tre momenti fondamentali: contestazione da parte del pm;
valutazione da parte del giudice sulla sussistenza in concreto della recidiva; applicazione ,
operando gli aumenti di pena previsti.
Contestazione il pm deve spiegare all’indagato la contestazione mossa; deve indicare , se ritiene
che il soggetto sia recidivo, la contestazione con recidiva, indicando anche quale tipo di recidiva
ritiene sussistente (es. recidiva infra quinquennale). Vige un principio fondamentale, che è ormai
sancito anche dalla cedu , che prevede debba esserci una correlazione tra accusa e sentenza;
l’indagato deve sapere perfettamente il rimprovero contestato x potersi difendere.
Valutazione il giudice valuta se nel caso specifico ci sono effettivamente i presupposti per la
recidiva; da quando vige la facoltatività della recidiva, si richiede un accertamento preciso sulla
persona del colpevole. Si richiede di fare un approfondimento in concreto sulla personalità del
soggetto;
applicazione se dopo la contestazione il giudice ritiene che l’imputato sia meritevole di aumento
di pena x la recidiva, applicherà l’aumento di pena previsto x la recidiva.
Una parte della dottrina ha ritenuto che riguardasse i termini di commisurazione della pena e non
fosse una circostanza aggravante. Tuttavia, sfogliando il codice, si vede che la recidiva è qualificata
dal legislatore come circostanza: pertanto si ritiene che di circostanza si tratti.
È una circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole: guarda allo status del colpevole,
perché si tratta di un soggetto che commette un reato dopo essere stato precedentemente
condannato per un altro reato; dal 2005 in poi si deve trattare di delitti non colposi .
“chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere
sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo”
recidiva semplice.
In tutti gli altri casi, l’aumento è superiore a un terzo; per questo motivo la recidiva è considerata
una aggravante ad effetto speciale, comportando l’aumento di pena superiore ad un terzo. Incide
quindi sul tempo di maturazione della prescrizione (che è più lungo), ai sensi dell’art 157 cp. Se si
deve calcolare la prescrizione, non si fa riferimento solo al range edittale previsto, ma si deve
aggiungere la recidiva .
Deve esserci quindi un precedente delitto non colposo; è sufficiente che sia stato commesso un
delitto non colposo o deve essere accertato? Se è necessario che sia stato accertato, dobbiamo
immaginare che ci sia quanto meno una sentenza di condanna. Se non è necessario un
accertamento, è sufficiente che vi sia una indagine.
La giurisprudenza è unanime nel ritenere che non solo è necessario l’accertamento ma è
necessario anche che si tratti di una condanna divenuta definitiva.
Si ritiene che la recidiva abbia come ratio il fatto che un soggetto è rimasto insensibile al
precedente rimprovero dell’ordinamento la precedente condanna che gli è stata inflitta non ha

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sortito l’effetto di fargli tenere un comportamento conforme; la sua condotta manifesta una
maggiore pericolosità del soggetto , perché la pena precedentemente comminata non è servita.
La recidiva incide sotto un profilo di colpevolezza e di maggiore propensione al delitto del
soggetto; incide quindi sia sulla funzione retributiva e rieducativa della pena , nonché sotto il
profilo della funzione special preventiva della pena.
Tra le varie funzioni possibili della pena, ha assunto maggiore rilievo nel tempo una funzione
piuttosto che un’altra. X molto tempo si è ritenuto che la vera funzione fosse quella retributiva,
secondo cui la sanzione è il pagamento che si deve x aver violato le regole dell’ordinamento; non si
può pensare però che l’unica ragione x cui si infligge una sanzione sia questa. La funzione della
pena è anche quella di prevenire i reati, minacciando di infliggere una sanzione in caso di
violazione delle regole dell’ordinamento. La funzione preventiva è duplice: general preventiva,
rivolgendosi a tutti i consociati indistintamente; special preventiva, guardando al singolo soggetto
nei confronti del quale è stata già comminata una sanzione.
L’ultima funzione della pena è quella rieducativa, perché lo stato deve rieducare il cittadino
condannato, inducendolo a non sbagliare più . la pena, anche la più grave, anche infra muraria ,
non è una punizione: il soggetto deve essere rieducato .
Se un soggetto che ha subito una condanna non ha dimostrato di aver concepito la pena né come
prevenzione né come retribuzione, qualcosa non ha funzionato; di qui la recidiva, che prevede un
aggravamento della pena, nel tentativo di evitare che il soggetto delinqua ancora.
Presupposti recidiva preesistente condanna (cioè sentenza passata in giudicato) x un delitto non
colposo; che il soggetto abbia commesso un altro delitto non colposo, di qualsiasi tipo: con
l’introduzione della facoltatività della recidiva è necessario verificare che il soggetto abbia espresso
col secondo reato una maggiore capacità di allontanarsi dalle regole dell’ordinamento e quindi
una maggiore pericolosità.
In assenza di linee guida x accertare tale maggiore pericolosità del soggetto, esse sono state
elaborate dalla giurisprudenza, che parla di una relazione qualificata tra il precedente reato e il
nuovo : tale relazione deve tenere conto di elementi (come la natura dei reati commessi , ma
anche un maggiore coinvolgimento dal punto di vista soggettivo del soggetto nel commettere il
reato; il tipo di devianza che il soggetto ha posto in essere; la distanza temporale tra i fatti).
Recidiva semplice un soggetto che ha commesso un delitto non colposo per il quale sia stato già
condannato ne commette un altro ; in questo caso la pena è aumentata fino ad un terzo .
Il c 2 fa riferimento alla recidiva aggravata vi possono essere varie forme di recidiva aggravata:
specifica, infra quinquennale e vera.
Aumento di pena la pena può essere aumentata fino alla metà. Se ricorre una solo delle forme,
il giudice può applicare FINO alla metà. Il c 3 però ci dice che se ricorre più di queste circostanze
aggravanti (es. recidiva specifica infra quinquennale) l’aumento è FISSO e il giudice non può fare
altrimenti, non c’è discrezionalità.
Recidiva specifica si ha quando il diritto non colposo è della stessa indole (es. serie di furti).

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Recidiva infra quinquennale si ha quando il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei
cinque anni dalla condanna precedente.
Recidiva vera si ha quando il nuovo delitto non colposo è stato commesso mentre il soggetto sta
espiando la pena . ciò che avviene piu’ spesso è che il soggetto, ai domiciliari, continua a spacciare
la droga nel caso in cui sia sottoposto a detenzione domiciliare.
Esiste anche la recidiva finta, prevista sempre dal c3 si prevede quando il soggetto commette un
nuovo fatto non colposo dopo essersi sottratto volontariamente alla esecuzione della pena (es.
latitante) anche in tal caso ci sarà una recidiva aggravata .
C 4 recidiva reiterata il soggetto è stato già dichiarato recidivo (quindi ha già commesso un
reato, è stato condannato, ne commette un altro e viene dichiarato recidivo) e commette
successivamente un altro reato. se il giudice ritiene che ci sia la recidiva, si tratterà di una recidiva
reiterata . la recidiva reiterata cambia l’aumento di pena a seconda che la precedente recidiva
fosse recidiva semplice ( e in tal caso l’aumento di pena è della metà e si ha recidiva reiterata
semplice) o che il soggetto fosse un recidivo aggravato ( in tal caso l’aumento di pena è di 2/3 e si
ha recidiva reiterata aggravata).
X il recidivo reiterato sono esclusi tutta una serie di benefici è escluso il patteggiamento
allargato; nella fase di esecuzione della pena è escluso dalla semilibertà , dai permessi premio,
detenzione domiciliare ecc..
Sul trattamento piu’ severo una parte della dottrina ha evidenziato l’assenza di criteri di
ragionevolezza: il recidivo reiterato, nella maggior parte dei casi, corrisponde alla figura del piccolo
spacciatore, che vive spesso ai margini della società. È un trattamento sanzionatorio cosi grave e
severo che non rispecchia la gravità del reato posto in essere, ma guarda a criminalità di basso
rango.
C 5 particolare qualificazione di recidiva che guarda al tipo di reato posto in essere; ci dice che
se si tratta di uno dei reati di cui all’art 407 c 2 lettera a, l’aumento di pena per la recidiva è
obbligatorio; nei casi della recidiva aggravata, con riguardo a tali reati, l’aumento non può essere
inferiore a 1/3 della pena da infliggere x il nuovo reato.
Tale comma ha suscitato problemi il legislatore ci dice che questa recidiva è obbligatoria,
contrariamente a quanto detto finora. Si ritiene che il legislatore abbia preveduto tale recidiva
obbligatoria x superare la facoltatività della recidiva x reati particolarmente gravi. Tuttavia, è stata
sollevata una questione di legittimità costituzionale con riferimento a tale comma, in ragione di
una serie di violazioni costituzionali, tra cui quello della ragionevolezza e proporzionalità della
pena.
Sentenza 185/2015 la corte cost ha stabilito l’illegittimità costituzionale di tale tipo di
obbligatorietà. Nessun tipo di recidiva è infatti obbligatoria . l’obbligatorietà sta nella
contestazione; anche quando si tratta di recidiva legata a tali reati, non può essere
automaticamente aumentata la pena x la recidiva.
L’unica forma di obbligatorietà riguarda il quantum della recidiva, cioè di quanto il giudice deve
aumentare la pena nel caso in cui ritenga che la recidiva sussista.

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La recidiva è appunto una circostanza soggettiva, inerente alla persona del colpevole: NON PUO’
ESSERE COMUNICATA, AI SENSI DELL’ART 118 DEL CP, AI CONCORRENTI NEL REATO.
§§
CONCORSO DI REATI ulteriore forma di manifestazione del reato. tale forma di manifestazione
prevede la seguente situazione: quando ad un soggetto o a piu soggetti possa essere attribuita la
responsabilità per una pluralità di fatti, si applica la disciplina della pena prevista x ciascun reato,
perché un soggetto deve rispondere di una pluralità di reati.
Ciò può avvenire con 2 possibilità: si può avere il concorso FORMALE di reati, quando con un’unica
azione o omissione l’autore realizza piu’ fatti di reato (si deve ulteriormente distinguere tra
concorso formale omogeneo, allorché con una unica azione od omissione si viola piu’ volte la
medesima disposizione di legge; concorso eterogeneo, quando con una unica azione o omissione
si violano piu’ disposizioni di legge): tale situazione che prevede un regime sanzionatorio piu’
mitigato x i responsabili, è da distinguere dal concorso MATERIALE di reati si ha quando con una
PLURALITA’ di azioni od omissioni viene violata piu’ volte la medesima disposizione (concorso
materiale omogeneo) di legge o diverse disposizioni di leggi (concorso materiale eterogeneo).
Nel concorso formale, si parte da un base naturalistica che è quella della unità d’azione: vi è
un’unica condotta che ha determinato la plurima violazione di legge. Es automobilista che
travolge una serie di ciclisti, determinando con una unica azione la morte di piu’ ciclisti. (o morte di
alcuni e lesione di altri, avendosi in tal caso concorso formale eterogeneo).
La prima questione è la seguente: quando è che si ha il contesto dell’unità d’azione naturalistica?
Da qui si parte x stabilire se si è in presenza di un unico tipo di condotta o in presenza di piu
condotte. Da ciò si fa discendere la questione relativa al diverso regime sanzionatorio previsto x
concorso formale o materiale.
Disciplina sanzionatoria per punire il concorso di reati:
1) si può adottare (come nel codice civile tedesco) il criterio dell’assorbimento si applica la
pena prevista, tra tutte quelle in concorso, che prevede la sanzione più grave: le altre
vengono assorbite nella punizione di quel fatto piu grave.
2) Cumulo giuridico prevede la pena prevista x il fatto piu grave , con una serie di aumenti
per gli atti fatti, che nel caso di specie del codice penale italiano , è del tetto massimo del
triplo rispetto alla pena prevista dal fatto base dell’ipotesi piu grave.
3) Cumulo materiale prevede applicazione di una disciplina definita tot capita tot poenae
Si prevede l’aumento aritmetico delle sanzioni delle pene previste x ciascun reato
compiuto.
La disciplina del concorso di reati è vista con molto disfavore dal legislatore, come molte
delle forme di manifestazione del reato. il fatto che un autore abbia piu’ volte assunto un
atteggiamento di sfida e violazione alle regole di convivenza è visto come un fatto di
notevole gravità e lo si capisce dalla valutazione del codice rocco della cd reiterazione
criminosa. Nel caso del criterio dell’assorbimento , la sua applicazione sembra non essere
concepibile, in quanto si prevede una disciplina eccessivamente mite.

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La situazione del concorso formale è diversa da quella del concorso materiale, essendovi
un’unica azione. La valutazione inizialmente data dal codice rocco era piu’ mite: si valutava
l’unico atto di ribellione all’ordinamento come una situazione meno grave del concorso
materiale. Aveva previsto per tale tipo di concorso il cumulo giuridico. Poi, il legislatore del
30 aveva fatto un altro tipo di valutazione, distinguendo in termini di gravità tra concorso
formale omogeneo ed eterogeneo. Si prevede un regime sanzionatorio meno grave per
quello omogeneo rispetto a quello eterogeneo.
Dopo la riforma del 74 si interviene i nuovo e si rivede il quadro sanzionatorio: si prevede
che x il concorso formale di reati si applichi il cumulo giuridico in tutti i casi e lo stesso
cumulo giuridico (art 81 ) lo si prevede anche x la continuazione di reati (serie di fatti che
rispondono ad un medesimo disegno criminoso), cioè per il reato continuato (omogeneo
ed eterogeneo).
Tutta la disciplina del reato continuato (c 2 art 81) è totalmente allineata alla disciplina
sanzionatoria del concorso formale.
Il cumulo giuridico oggi si applica tanto al concorso formale (omogeneo ed eterogeneo) quanto
alla continuazione di reati (omogenea ed eterogenea), che è una fetta consistente del concorso
MATERIALE di reati.
Ai fini della configurabilità del concorso materiale rispetto a quello formale, bisogna stabilire
quando è che si ha unità di azione.
Nel caso in cui si risolva tale problema preliminare, bisogna stabilire, nel caso di concorso
materiale, se la pluralità di condotte sia o no riconducibile alla continuazione di reati, perché in tal
caso si ritorna alla disciplina del cumulo giuridico.
L’unico elemento distintivo tra continuazione di reati e concorso materiale di reati, dopo la riforma
del 74, è l’individuazione del MEDESIMO DISEGNO CRIMINOSO, che diventa l’elemento essenziale
x stabilire il diverso trattamento sanzionatorio.
Per quanto concerne il concetto di unità di azione, è un concetto di difficile collocazione. In genere
si fa riferimento alla cd contestualità di azione: se anche si prendono in considerazione piu’ atti di
un determinato comportamento, se essi sono sul piano logico e conseguenziale contenuti in uno
spazio logico unitario , siamo dentro l’unità di azione. Es rapina qualora si siano compiuti atti di
violenza, di minaccia, sottrazione del bene… se si iscrivono tali fatti in una azione continua,
collegata teleologicamente alla realizzazione di un piano, si è dentro sempre al concorso formale.
Se tale situazione non si ha, a causa del frazionamento della azione causale , si è in una situazione
di concorso materiale. La disciplina da applicare sarà quella del cumulo materiale.
Per stabilire invece se vi è una pluralità di reati (o un reato unico) all’interno del concorso formale,
si guarda alla pluralità di soggetti offesi: se si è di fronte a una azione unitaria, ma si ha offeso beni
giuridici appartenenti a piu’ soggetti passivi, non sussisterà un unico reato, ma un concorso di
reati, perché l’offesa avviene nei confronti di piu’ soggetti passivi.
Si potranno distinguere tre situazioni:

100
1) C’è una pluralità di atti riconducibili ad un unico reato (es. 44 coltellate a cesare) siamo
fuori dalla disciplina del concorso di reati .
2) C’è una unità contestuale di azione (concorso formale) che offende gli interessi di piu
soggetti passivi c’è una unità di azione che ha determinato una pluralità di offese a
soggetti diversi . puo’ essere concorso formale omogeneo o eterogeneo.
3) C’ è una pluralità di condotte che determinano la violazione della stessa disposizione di
legge o di piu disposizioni; tali condotte non sono riconducibili a una azione contestuale . si
è nel campo del concorso materiale.
Reato continuato abbiamo una pluralità di condotte; l’art 81 enfatizza la pluralità di
condotte facendo riferimento a condotte che possono essere realizzate anche a distanza di
tempo una dall’altra. Es. coerede che ammazza a distanza di anni tutti gli altri coeredi. Tali
condotte possono essere legate dal vincolo della continuazione.
Pur essendo ontologicamente una ipotesi di concorso materiale di reati, il reato continuato
viene equiparato alla disciplina del concorso formale, ritenendo che il medesimo disegno
criminoso che sussiste nel reato continuato sia da ricondurre all’unico proposito criminoso
che guida la realizzazione della azione/omissione del concorso formale.
Nel reato continuato abbiamo una pluralità di azioni/omissioni che di per sé costituiscono
autonome ipotesi di reato; nel reato cd ABITUALE, invece, il singolo episodio non costituisce di per
sé reato, diventando tale solo abbinato alla ripetizione di tutti gli altri. Per raggiungere la soglia
minima di offensività, il legislatore vuole che vi sia una reiterazione delle condotte . (es. stalking).
Esisterebbe secondo alcuni il reato eventualmente abituale, rispetto a cui i fatti di per sé
costituiscono tutti reati, ma sono tutti da mettere insieme in una sorta di abitualità. (ricostruzione
un po’ fantasiosa e discutibile).
La continuazione di reati è strutturalmente una ipotesi di concorso materiale di reati,
sostanziandosi in una serie di azioni o omissioni , avvenute anche in tempi diversi, ma collegate tra
di loro da un unico disegno criminoso.
Con una sorta di fictio iuris, la legge penale considera come unico reato una pluralità di fatti quali
quelli della continuazione di reati . ma dal punto di vista strutturale, rimane una ipotesi di
concorso materiale di reati. Viene considerata una ipotesi di unico reato x una serie di motivi.
Di recente una visione unitaria verso il reato continuato è stata superata dalla recente disciplina
che riguarda la prescrizione del reato; la disciplina recente prende in considerazione la questione
concernente la prescrizione non dalla cessazione della continuazione ma dalla prescrizione che
riguarda tutti i reati avvinti dal medesimo disegno criminoso. Si nota un certo trend che fa pensare
che la continuazione di reati sia una ipotesi di pluralità di reati.
Dopo la riforma del 74, la continuazione di reati si qualifica per un elemento essenziale: l’unicità
del disegno criminoso. È un elemento cruciale x stabilire se una ipotesi di concorso materiale di
reati si può ricondurre o meno alla disciplina della continuazione di reati. Non c’è bisogno che vi
sia un criterio intellettualistico, come una parte della dottrina ha sostenuto.
Secondo un’accezione teleologica, maggioritaria in dottrina e accolta dalla giurisprudenza, la
continuazione rileva come iniziale programmazione di compiere una pluralità di reati preordinati
ab initio alla realizzazione di un fine prefissato.
101
Solitamente, la reiterazione criminosa è trattata in modo piu’ severo; gli altri istituti che fanno
riferimento alla ripetizione di fatti criminosi, essi vengono trattati in modo esponenzialmente piu’
severo (es. recidiva). Sembra che la legge penale entri quindi in una sorta di contraddizione. Il
giudice si trova dinanzi a una situazione x cui la reiterazione del reato può comportare da un lato
l’aumento e dall’altro la diminuzione di pena.

Dal 1988, il giudice di esecuzione, riguardo al riconoscimento del concorso formale del reato
continuato, può ricalcolare la pena applicando il cumulo giuridico delle pene riconoscendo in fase
esecutiva la sussistenza del concorso formale tra vari episodi criminosi che siano intervenuti prima
e dopo il giudicato, o che siano passati in giudicato in tempi diversi. Se il giudice di cognizione non
ha lui escluso espressamente la sussistenza del reato continuato o del concorso formale, per il
calcolo delle pene può intervenire il giudice di esecuzione, che ricalcola la pena.
Istituti che vanno in deroga rispetto alla disciplina del concorso, sono quelle ipotesi in cui
(tralasciando l’ipotesi di concorso apparente e effettivo di norme), vi sono istituti in cui
apparentemente è presente la pluralità di reati e che invece sono trattati dalla legge come unico
reato.
Uno di questi istituti è il cd reato abituale, rispetto al quale più episodi criminosi che astrattamente
potrebbero autonomamente costituire ipotesi di reato, sono collocati in un contesto piu ampio : le
condotte sono valutate come se fossero episodi di un'unica figura di reato: si richiede la plurima
integrazione degli elementi costitutivi della fattispecie affinché il fatto possa costituire reato. non
basta un unico episodio, occorre la reiterazione del comportamento per raggiungere la soglia
minima di penale rilevanza dei fatti. (es , maltrattamenti in famiglia, in cui le condotte
autonomamente integrerebbero gli estremi del reato di lesioni; atti persecutori, indicato nel gergo
come stalking).ciò che qualifica tale reato è che prevede una disciplina in deroga al concorso di
reati. I fatti vengono assorbiti nel reato abituale come episodi che servono x il raggiungimento di
quel minimum di soglia di penale rilevanza dei fatti. Si applicherà la pena previsa x quell’unico
reato.
Art 84 cp REATO COMPLESSO. Il reato è complesso quando fatti che di per sé costituiscono reati
sono trattati dalla legge come elementi costitutivi o circostanze aggravanti di un altro reato.
Es rapina (art 628 cp) è un reato complesso in quanto consta del reato di violenza o minaccia,
che di per sé costituiscono fatti di reato , e del furto.
Es. Furto con scasso lo scasso di per sé costituisce reato di danneggiamento, ma diventa
circostanza aggravante dell’ipotesi di furto. +
ANTEFATTO E POSTFATTO NON PUNIBILI istituti di pura creazione dottrinale ; mentre nel reato
complesso avevamo il referente dell’art 84, qui l’elaborazione rispetto a tali istituti è puramente
teorica.
L’antefatto non punibile è quella situazione astrattamente riconducibile a un fatto costituente
reato che nello sviluppo della condotta venga assorbito nella commissione del reato successivo.
(es. falsa scrittura privata, oggi depenalizzato. Veniva assorbito nell’uso di atto falso).

102
Postfatto non punibile situazione in cui un certo tipo di fatto successivo viene assorbito dentro
al fatto principale, di cui costituisce uno sbocco , in quanto strumentale al conseguimento dello
scopo che si ha di mira con il reato principale.
La logica è di evitare la disciplina del concorso, trattandosi di comportamenti riconducibili ad una
certa unitarietà
PROGRESIONE CRIMINOSA si ha progressione criminosa quando un soggetto nell’iter criminis
modifica il proprio proposito criminoso; inizia a compiere un certo tipo di reato , durante l’iter
criminis modifica tale proposito criminoso, dirigendo la condotta alla realizzazione di un fatto
diverso rispetto a quello inizialmente integrato. Tale modifica non può far pensare di piu’ episodi
criminosi riconducibili a più fattispecie di reato : l’ipotesi finale si realizza come consumazione
dell’ultimo proposito criminoso che supera i precedenti e assorbe in sé il disvalore prodotto dalle
tranche precedenti .
REATO PROGRESSIVO in questo caso l’unità della figura di reato contestato all’autore è data
dalla seguente circostanza: x realizzare un fatto più grave si deve necessariamente transitare per
un fatto meno grave. Al fine di realizzare alcune tipologie di reato è ineluttabile che si debba
passare x il cd reato di passaggio. Es.  x realizzare la cd devastazione (distruzione di coltivazioni)
bisogna necessariamente passare x l’invasione di terreno . se dalla invasione non si realizza la
devastazione, si risponde solo di invasione. Il disvalore riconducibile all’invasione lo si sconta
all’interno del piu grave reato di devastazione.

§§
CONCORSO DI PERSONE si ha allorché un certo fatto di reato sia riconducibile alla condotta di
una pluralità di agenti. Bisogna distinguere tra
Concorso eventuale di persone nel reato se l’ipotesi di fattispecie speciale è coniugata dal
legislatore come fattispecie monosoggettiva (es “chiunque cagiona la morte di un uomo”) significa
che il comportamento può essere riconducibile a un unico soggetto. Ciò non esclude che nel caso
in cui quella stessa ipotesi fosse realizzata col concorso di piu soggetto, quel fatto può essere
punibile anche attraverso la disciplina di concorso di persone nel reato. nel capo di imputazione
compare tanto 575 quanto gli artt 110 e ss; il giudice applica il combinato disposto della disciplina
del concorso di persone con la disciplina fattispecie speciale . la norme dell’art 110 diventa una
forma di manifestazione del reato che ha come finalità l’estensione dell’incriminazione a tutti i
concorrenti, anche nel caso in cui il contributo da ciascuno fornito è di per sé atipico rispetto al
fatto che viene contestato. È possibile che nella cd esecuzione frazionata del reato non ci sia
nemmeno un autore principale, nel senso che la integrazione della fattispecie avviene attraverso
contributi frazionati che rimangono tutti atipici rispetto al fatto; solo dalla loro sommatoria fanno
in modo di essere integrativi della fattispecie incriminatrici. (es. rapina)

Reato plurisoggettivo necessario è la stessa fattispecie incriminatrice a richiedere come


elemento costitutivo essenziale del fatto di reato la pluralità di agenti. Ciò si ha in tutta una serie di
reati che hanno struttura endemicamente plurisoggettiva: es artt 416 e 416 bis (reati associativi)

103
il legislatore stabilisce già nella fattispecie di parte speciale che sono punibili per associazione per
delinquere tre o piu’ soggetti che si siano organizzati nel mettere a punto una consorteria
criminale è la fattispecie a richiedere la plurisoggettività.
Cosa distingue i reati associativi dal mero concorso di persone nel reato? nel concorso di persone,
il sodalizio tra correi si realizza in modo accidentale ed occasionale ; nel reato associativo invece, si
registra un accordo criminoso permanente o comunque stabile diretto all’attuazione di un piu
vasto programma
Stesso discorso per i reati cd bilaterali, come la rissa, in cui uno o piu soggetti si fronteggiano tra di
loro, senza che vi sia un pactum sceleris. Sono piu soggetti che si fronteggiano tra di loro. Reati
bilaterali sono anche tutte le forme di corruzione, in quanto nella vicenda vi è tanto un corrotto
quanto un corruttore.
Esistono ipotesi in cui si richiede una pluralità di agenti come elemento costitutivo del reato (reati
a concorso necessario) , mentre vi è la diversa ipotesi in cui un fatto normalmente monosoggettivo
può essere imputato a una pluralità di agenti solo facendo ricorso alla disciplina del concorso
eventuale, cioè allorché la pluralità di agenti è ottenuta solo attraverso il ricorso alle norme di cui
agli artt 110 e ss.
Il legislatore italiano sceglie il criterio della trattazione cd monolitica del concorso di persone nel
reato: emblematico di tale tipo di idea è l’articolo 110, che come norma generica e indeterminata
stabilisce una identica pena per coloro che incorrono in uno stesso reato. è una norma
tautologica : chiunque concorre nello stesso fatto di reato risponde con la stessa pena con tutti gli
altri concorrenti. A seconda del tipo di contributo e a prescindere da esso, di base l’art 110
prevede identica pena per tutti coloro che sono concorsi, senza differenziare tra i vari concorrenti.
Il codice penale tedesco invece, adotta il cd criterio differenziato, in base a cui vi è una descrizione
differenziata dei vari contributi dati, secondo un criterio di maggiore rispetto del pr della
personalità della responsabilità penale.
In italia la situazione è molto piu severa: vi è unificazione dei titoli di responsabilità tra tutti i
concorrenti. Tutti coloro che sono concorsi nel reato rispondono allo stesso modo. nel sistema
tedesco vi sarà un autore principale, piu coautori .. la differenziazione avviene riconoscendo fin
dall’inizio che vi è una tipizzazione differenziata delle varie ipotesi di contributi.
Il legislatore ha attuato una interferenza tra concorso di persone e circostanze del reato: in via
generale prevedendo la regola di cui all’art 110, secondo cui tutti i concorrenti rispondo allo stesso
modo; per la gradazione delle responsabilità, poi, si afferma che si può graduare la pena in
concreto riconoscendo che per taluno dei concorrenti possa applicarsi la disciplina delle
circostanze. Tutte le norme successive al 110 descrivono la disciplina delle circostanze applicabili
alla disciplina del concorso di persone nel reato.
È difficile distinguere tra autore principali e i cd contributi che accedono a quello principale. Ciò
porta a ritenere che si debba privilegiare il superamento del criterio dell’accessorietà tramite
l’adozione del cd criterio della fattispecie plurisoggettiva eventuale, che ha un rendimento
maggiore tenendo anche conto del fatto che tale tipo di criterio è l’unico che può essere applicato
in caso di esecuzione frazionata del delitto, dove non si può isolare la condotta che sia quella

104
dell’autore principale. Dalla ricostruzione dei vari contributi si isola una ipotetica condotta (che
rimane astratta) che corrislponde solo essa alla fattispecie di reato speciale.
Tutto ciò porta a stabilire che 4 sono gli elementi costitutivi del concorso di persone nel reato: la
pluralità di agenti, che deve essere accertata in termini astratti, anche tenendo conto in concreto
di soggetti che possono essere non imputabili o non punibili; l’aver dato un contributo causale alla
verificazione dell’evento; che sia stato realizzato un fatto tipico almeno a titolo di tentativo; che
ciascuno sia consapevole di concorrere con altri alla realizzazione del fatto.
Non attaglia nell’ordinamento italiano la teoria cd dell’accessorietà (estrema o limitata) che fa
riferimento alla circostanza che si possano individuare alcuni soggetti che sono autori o coautori
principali, cui gli altri contributi accedono in termini di agevolazione o di sostegno all’ altrui
contributo.
Se nella teoria dell’accessorietà si individue un autore principale, è però necessario che questo
abbia realizzato tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di reato che si contesta alla pluralità di
agenti: occorre che l’autore o alcuni autori principali abbiano realizzato il fatto tipico; gli altri
accedono con un contributo che è atipico , divenendo punibile perché agganciato alla disciplina del
concorso.
La accessorietà può essere estrema quando si guarda solamente al fatto illecito compiuto
dall’autore o dagli autori principali; è limitata nel caso in cui gli autori principali abbiano compiuto
un fatto non solo tipico ma anche antigiuridico, cui gli altri accedono.
La disciplina italiana invece, non può far enucleare la figura di un autore principale: a prescindere
dal fatto che il contributo sia stato piu’ o meno decisivo, tutti rispondono allo stesso modo. si
tende a omogenizzare i contributi.
Fattispecie plurisoggettiva eventuale occorre sul piano teorico ricostruire i vari segmenti dei
contributi dei concorrenti, dalla cui somma si ricava una fattispecie plurisoggettiva eventuale di
tipo astratto che si compara con le fattispecie di parte speciale. Non si può disquisire di autori
principali o coautori. Una volta ricostruito il fatto in concorso, la disciplina consente la
differenziazione dei vari contributi con il ricorso alla disciplina delle circostanze. Sotto alla soglia
della minima soglia del contributo concorsuale (art 114) siamo fuori dalla tipicità della punibilità
del fatto.
Tale tipo di ricostruzione avviene attraverso il combinato disposto delle fattispecie di parte
speciale e dell’articolo 110, che diventa clausola ad estensione della incriminazione x tutti i fatti
che siano rimasti atipici rispetto alla integrazione della fattispecie di parte speciale.
Si tratta di ipotesi di concorso eventuale di persone nel reato perché quel che avviene è che c’è un
fatto che viene punito in modo monosoggettivo dalla legge penale ; siamo in presenza però di una
applicazione di una normativa per cui un fatto normalmente descritto come monosoggettivo può
essere eventualmente punito in termini di plurisoggettività in virtù del raccordo compiuto tra la
fattispecie di parte speciale e la clausola di cui all’art 110 del cp.
La situazione va tenuta distinta dai reati a struttura di concorso necessario in cui invece è proprio
la fattispecie di parte speciale a richiedere in qualità di elemento costitutivo della fattispecie che il
fatto sia compiuto da una pluralità di agenti. Tipico esempio, i reati associativi, in cui
105
espressamente si richiede la pluralità di agenti come elemento costitutivo essenziale della
fattispecie di parte speciale.
Tale problema interseca una questione che è quella riguardante la possibilità che vi sia
applicazione della disciplina dell’applicazione del concorso di persone anche ai reati plurisoggettivi.
Tale possibilità va sotto il nome di concorso eventuale o esterno nei reati associativi: un fatto
descritto come plurisoggettivo dalla fattispecie speciale, secondo una data ricostruzione sarebbe
ulteriormente estensibile a altri compartecipi, che pur non potendo essere considerati partecipi
dell’azione ,collaborano saltuariamente con l’associazione dall’esterno. Non sono veri e propri
partecipi , ma si tratta di concorrenti esterni. Essi vengono coinvolti nella imputazione del reato
associativo non in virtù della contestazione diretta della fattispecie di parte speciale, ma
transitando di nuovo dall’art 110. (es. killer assoldato dalla associazione di stampo mafioso che
viene chiamato a intervenire saltuariamente ).
Questa nuova impostazione riguarda oggi la possibilità di contestare l’associazione di stampo
mafioso a soggetti che pur esterni alla associazione, sono coinvolti nella contestazione del reato.
Gli elementi costitutivi del concorso di persone nel reato sono sostanzialmente 4:
1) pluralità di agenti  a prescindere dalle concrete vicende della punibilità di ciascun
concorrente);
2) realizzazione del fatto tipico almeno a titolo di tentativofondamentale l’art 115 del cp
stabilisce che se un soggetto istiga un altro soggetto alla commissione di un fatto ma il fatto
non viene realizzato, quel tipo di comportamento rimane non punibile;
3) il fatto che ciascuno abbia dato un proprio contributo causale alla realizzazione del fatto
il contributo può essere di 2 tipi: materiale o morale; da un certo punto di vista si
distingue tra contributo materiale o meramente morale. Si ha contributo materiale quando
il soggetto da una sua condotta attiva o omissiva fornisce il suo contributo alla realizzazione
del fatto. Es. Il contributo materiale lo dà chi mette a disposizione armi, come coloro che
contribuiscono materialmente alla commissione del fatto producendo attività di minaccia
nei confronti di tutti coloro che cercano di opporsi alla realizzazione del fatto. Il contributo
è morale quando la condotta che viene imputata al concorrente riguarda l’aver dato un
contributo negativo alla realizzazione del fatto (aver concorso x omissione) , l’aver
semplicemente istigato (facendo insorgere ex novo il proposito criminoso prima
inesistente) oppure aver rafforzato il proposito criminoso di un soggetto che già era
omnimodo facturus, cioè un soggetto che era già deciso a compiere il fatto. Se si guarda al
contributo morale, bisogna compiere una valutazione delicata: mentre il contributo
materiale si sostanzia in una condotta spesso di tipo positivo, il contributo morale è più
invisibile, perché bisogna compiere dal punto di vista della eziologia di ciò che è avvenuto
una ricostruzione diversa: in termini della cd causalità psichica, valutando che un certo
stimolo alla commissione del fatto è avvenuto attraverso un giro di parole, suggerimento,
consiglio dato … bisogna riuscire a dimostrare che il fatto materiale dei concorrenti è la
traduzione del consiglio e dell’incitamento che precedentemente hanno rivolto altri
soggetti. Vi deve essere un accertamento ex ante che riesca a stabilire se quel tipo di
contributo ha avuto un effetto, guardando al comportamento del soggetto che ha tradotto

106
la sollecitazione in atti materiali concreti. Si può poi distinguere tra contributo positivo e
negativo .
4) che ciascuno sia consapevole di concorrere con altri alla realizzazione del fatto.

LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI E ATTENUANTI DEL CONCORSO (ART 112,114 E 118 CP) E LE CAUSE
DI ESCLUSIONE DELLAPUNIBILITÀ (ART 119 CP)
la teoria della pari responsabilità è temperata dalla previsione di fattispecie circostanziali che
determinano una differenziazione in concreto della pena da infliggere a ciascun concorrente. le
circostanze agìgravanti ad effetto comune obbligatorie sono previste dall’art 112 cp e riguardano il
numero dei concorrenti che deve essere pari o superiore a 5 salvo che la legge disponga
altrimenti; la promozione o organizzazione dell’evento oppure la direzione dell’attività criminale;
la determinazione a commettere il reato di un sottoposto da parte di chi esercita il potere di
direzione o vigilanza e infine la determinazione al reato di un minore di 18 anni o una persona in
stato di infermità o deficienza psichica. Seguono le circostanze ad effetto speciale del 2° comma
(strumentalizzazione del non imputabile o del non punibile) e 3° comma (fatti commessi dal
genitore esercente la potestà). L’ultimo comma dell’art 112 prevede che gli aggravamenti di pena
si applicano anche se uno dei partecipi non è imputabile o punibile, si evince che il concorso
sussiste indipendentemente dalla punibilità o meno di tutti i concorrenti. Le circostanze attenuanti
facoltative sono previste dall’art 114 cp ma non operano ove risulti integrata almeno una delle
fattispecie di cui all’art 112.
Quanto al contributo di minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato non è
di facile individuazione perché certe volte si risolve nella partecipazione non necessaria ma
meramente agevolatrice altre nel contributo marginale, manca una previsione speciale in singole
fattispecie incriminatrici. L’altra attenuante a carattere prettamente soggettivo riguarda chi è
stato determinato a commettere il reato da persona che esercita sul soggetto un autorità,
direzione o vigilanza oppure il minore di anni 18 o la persona in stato di infermità o deficienza
psichica, è una disposizione complementare dell’art 112 n 4 ma in giurisprudenza si esclude tra
queste ogni rapporto di automatica inclusione dal momento che l’aggravante trova ragion d’essere
nella volontà di inasprire il trattamento sanzionatorio senza che ne derivi una presunzione assoluta
di ridotta capacità del minore.
Sulla base dell’art 118 cp non si comunicano ai concorrenti le aggravanti o attenuanti
strettamente personali riguardanti i motivi a delinquere, l’intensità del dolo e il grado della colpa e
quelle inerenti alla persona del colpevole: ad eccezione di queste la regola è quella
dell’applicabilità a tutti i concorrenti sia delle circostanze attenuanti sia delle aggravanti oggettive
e soggettive. Una giurisprudenza più rispettosa del principio di colpevolezza ritiene estendibili le
circostanze aggravanti soggettive diverse da quelle inerenti alla persona del colpevole solo quando
abbiano in qualche modo agevolato la consumazione del reato. Sono previste circostanze che non
rientrano nell’art 118 in quanto intervenendo post delictum esulano a priori dal regime giuridico
del concorso di persone nel reato (art62 n 6 cp). Quanto alle cause di esclusione della pena esse si
comunicano o meno ai concorrenti a seconda che abbiamo rispettivamente natura oggettiva
(esimenti) o soggettiva in virtù della previsione dell’art 119 cp.

107
.
La giurisprudenza ritiene che non sussistono ragioni ostative alla configurabilità della fattispecie
circostanziali di cui all’art 112 con con riguardo ai reati a concorso necessario allorchè il disvalore
con esse sanzionato risulti integrato e nei limiti di una compatibilità strutturale con i reati di parte
speciale. la cassazione ha ritenuto applicabile l’art 112 n2 al reato di violenza sessuale di gruppo.
In relazione alla circostanza aggravante de numero di concorrenti pari o superiore a 5 la
giurisprudenza di legittimità si è pronunciata a favore della sussistenza della fattispecie anche nelle
ipotesi di corruzione mentre l’orientamento prevalente ne esclude l’applicabilità al reato
associativo.
Il contributo minimo capace di prevedere una diminuzione di pena ai sensi dell’art 114 1 comma
cp è solo un contributo agevolatore e non anche causalmente efficiente; secondo un consolidato
orientamento giurisprudenziale la circostanza attenuante del contributo minimo è configurabile
solo quando la condotta del correo abbia inciso sull’offesa realizzata in maniera tanto marginale da
poter essere omessa senza rilevanti conseguenze pratiche dalla serie causale dell’evento. Si ritiene
incompatibile l’attenuante in esame con il contributo omissivo in quanto non facere è
ontologicamente antitetico ai requisiti necessari per il suo riconoscimento.
ravvedimento del concorrente anche in tal caso, per far sì che il soggetto possa non essere
punito come concorrente, è necessario che l’autore abbia realizzato un fatto che sia la contro
azione e che elimina totalmente gli effetti del contributo inizialmente dato alla realizzazione del
fatto.
COOPERAZIONE NEL DELITTO COLPOSO ART 113 CP. È una situazione complicata e molto
delicata; bisogna distinguere intanto tra 2 situazioni: quella effettivamente riconducibile alla
disposizione 113, che fa riferimento alla cooperazione nel delitto colposo dalla situazione diversa
del concorso colposo di cause indipendenti.
Es. se una serie di giovani si trovano in una stessa autovettura e ce n’è uno che istiga l’altro a
violare le regole di prudenza delle regole della strada, e tutto ciò avviene in un ambito di
contestualità e consapevolezza reciproca dei rispettivi contributi, si riferisce alla situazione della
cooperazione nel delitto colposo: c’è la consapevolezza da parte di tutti i concorrenti di violare la
regola cautelare , la cui violazione porta alla realizzazione del fatto.
Se si fa riferimento a due soggetti che si trovano in due autoveicoli distinti, x cui ognuno
indipendentemente dall’altro in modo contestuale viola la regola cautelare, senza alcuna
consapevolezza della violazione altrui , si sta valutando due condotte indipendenti l’una rispetto
all’altra che hanno concorso alla realizzazione dell’evento. (concorso colposo di cause
indipendenti). Ognuno ha dato fuori da ogni tipo di consapevolezza dell’operato altrui un
contributo alla realizzazione del fatto di reato. (es. due soggetti che si scontrano , perché un corre
a velocità eccessiva e l’altro sorpassa la carreggiata).
Nella cooperazione nel delitto colposo, la violazione della regola cautelare avviene in maniera tale
x cui tutti i soggetti non vogliono la verificazione dell’evento, però c’è consapevolezza dei
concorrenti nella violazione della regola cautelare posta a presidio della realizzazione di un
comportamento rischioso. Tale fase di consapevolezza reciproca manca nel concorso indipendente

108
di cause. Nell’art 113 il legislatore fa riferimento al termine della cooperazione, che sul piano
semantico si distingue dal concorso.
In dottrina e giurisprudenza c’è stato dibattito in ordine alla configurabilità del concorso colposo
nel reato doloso altrui e del concorso doloso nel fatto colposo altrui.
Concorso doloso nel fatto colposo altrui è lo sfruttamento da parte di soggetti dell’errore
dell’altro. Es. banda di criminali che vogliono compiere un furto all’interno di un museo , che
approfittano dell’errore compiuto dal custode nel non chiudere il cancello.
Concorso colposo nel fatto doloso altrui qui si deve immaginare che un certo comportamento
non volontario si è andato ad innestare, agevolandone la realizzazione, sul fatto doloso degli altri
concorrenti. Tale situazione è presa in considerazione nel dibattito giurisprudenziale.
Si distingue dalle ipotesi di cui agli artt 116 e 117: l’art 116 prevede che se alcuni dei concorrenti
non avevano voluto il fatto che si è nel concreto realizzato, rispondono allo stesso modo del fatto
compiuto (reato diverso voluto da uno dei concorrenti). È in buona sostanza l’applicazione della
disciplina dell’aberratio al concorso di persone nel reato. si risponde di eventuali reati realizzati
che non rientravano nell’accordo criminoso iniziale . si fa riferimento a ipotesi molto gravi
riconducibili alla cd banda della Magliana, la quale era solita compiere una serie di rapine con un
certo marchio di fabbrica, per alimentare il core business della banda e per il ricircolo del denaro
nell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti condizionanti l’attività sociale a Roma. Quando
entravano nelle ville, si lasciavano andare a violenze nei confronti di persone che si trovavano nella
villa, come violenze sessuali. Tutti i concorrenti che non avevano voluto questo ulteriore reato, ne
rispondono ? l’art 116 dava inizialmente indicazioni severe: erano ipotesi di cd concorso anomalo
in cui trovava applicazione il criterio del versari in re illicita applicato al concorso di persone nel
reato. se ci si è accordati inizialmente per la realizzazione di determinati reati, anche se poi se ne
realizzano altri, si risponde di qualsiasi comportamento che in concreto discende da quello iniziale.
In tale ipotesi di variante individuale al piano comune Si è realizzato un reato diverso (aberratio
delicti) da quello inizialmente concordato; oppure si è realizzato sia il reato inizialmente
concordato, più altri che fuoriescono dall’accordo iniziale. C’è però la possibilità di applicare un
attenuante x in concorrenti che in concreto non abbiano voluto l’evento che si verifica. Tale
previsione di cui all’art 116 è stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza 42/1965 , la quale
stabilisce: posso imputare il fatto a titolo di concorso nel reato non a titolo di resp oggettiva, ma
solo nel caso in cui la realizzazione del fatto diverso e piu grave sia uno sviluppo prevedibile del
piano iniziale. La prevedibilità va valutata in concreto, tenendo cioè conto di ogni elemento che
occorre considerare ai fini di stabilire tale collegamento.
Art 117 concorso nel reato proprio (mutamento del titolo del reato x taluno dei concorrenti)
fa riferimento al mutamento del titolo di reato quando il soggetto concorre alla commissione di un
fatto che è previsto dalla legge come reato proprio , cioè ha concorso alla realizzazione di un fatto
assieme ad un soggetto che è qualificato. Se il soggetto è qualificato, la qualifica soggettiva
consente l’applicazione della disciplina del reato proprio. Tutti coloro sprovvisti di qualifica
soggettiva rispondono per aver concorso alla realizzazione del fatto di reato con il soggetto
qualificato. Si parla di intraneus per quanto riguarda il soggetto che riveste la qualifica soggettiva e
di extraneus nel caso in cui chi concorre sia sprovvisto della qualifica. Secondo un certo
orientamento, il fatto che tale sia una ipotesi di concorso anomalo dipende dal fatto che
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l’extraneus risponde anche qualora non sia a conoscenza della qualifica soggettiva dell’intraneus.
In una interpretazione costituzionalmente orientata si è giunti alla conclusione secondo cui è
necessaria almeno la rappresentabilità o conoscibilità della qualifica soggettiva da parte
dell’extraneus. È prevista una diminuzione di pena per colo sprovvisti della qualifica. Ma non è
un’attenuante obbligatoria. Quando il legislatore parla di mutamento del titolo di reato fa
riferimento a quella categoria dei reati propri non esclusivi, rispetto ai quali si dà la possibilità che
vi sia esatta corrispondenza tra ipotesi del reato comune e quella del reato corrispondente
qualificato. L’art 117 non si applica invece ai reati propri esclusivi, rispetto a cui non c’è
corrispondenza tra reato proprio che richiede la qualifica e reato comune.
Reato associativo i reati plurisoggettivi di maggiore interesse e piu vasta applicazione sono
senz’altro i reati associativi, diretti a sanzionare la creazione di un organismo destinato alla
sistematica commissione di delitti: la condotta tipica consiste nella predisposizione delle condizioni
e dei mezzi necessari per la migliore attuazione del programma di reati avuto di mira dagli affiliati;
si tratti di reati mezzo ovvero ostativi a tutela dell’ordine pubblico, in quanto tendenti ad evitare la
commissione di ulteriori reati che non è necessario si realizzino affinché scatti l’incriminazione.
Nel concorso di persone il sodalizio tra correi si realizza in via occasionale e accidentale x il
compimento di uno o piu reati determinati; nel reato associativo invece, si registra un accordo
criminoso PERMANENTE O STABILE. Deve escludersi quindi la sussistenza di reato associativo
quando siano stati predisposti complessi accorgimenti al solo fine di perseguire uno scopo
criminoso preventivamente individuato e non di realizzare una struttura stabile, funzionalmente
destinata alla commissione di una serie indeterminata di delitti.
Concorso esterno con cinque sentenze delle sezioni unite la cassazione ha seppure con
ondeggiamenti interpretativi significativi ammesso la possibilità che vi possano essere dei
concorrenti esterni al reato associativo; si parte dal presupposto che vi sia la possibilità di
distinguere da una parte i partecipi del reato associativo e dall’altra concorrenti eventuali esterni
al reato associativo stesso.
Sentenza Demitry fa riferimento alla rilevanza del contributo del concorrente esterno nelle cd
fase di fibrillazione dell’attività del consorzio criminale, in cui tali soggetti intervengono a risolvere
problemi contingenti; non sono partecipi dell’associazione ma intervengono in momenti di crisi.
Nel processo Andreotti si erano individuati addirittura soggetti che corrispondevano a figure (es.
politico) , distinguendo tra una messa a disposizione vincolante e non vincolante: vincolante nel
caso in cui il soggetto si dichiari sin dall’inizio a disposizione per la risoluzione di qualsiasi problema
contingente.
Processo a Mannino noto politico di origini siciliane. Rispetto a tali sentenze (mannino 1,
mannino bis) la cassazione ha cercato di mettere a punto tutti i criteri discretivi tra colui che
partecipa all’associazione e chi ne rimane esterno, enfatizzando ad esempio il criterio
dell’affiliazione (finchè non si è affiliati, non si è partecipi); si è posto poi il problema se si possa
punire di per sé la mera affiliazione cui non faccia seguito alcun tipo di contributo.
La sentenza mannino bis ha fatto riferimento al contributo del concorrente esterno dicendo che
questo deve dare una sorta di contributo causale alla vita dell’associazione. Con tale sentenza si
afferma che x la configurabilità del concorso esterno nel delitto associativo non si richiede in capo

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al concorrente il dolo specifico del partecipe ma quello generico, consistente nella coscienza e
volontà di dare il proprio contributo al conseguimento degli scopi dell’asociazione.
Sentenza carnevale il ruolo del partecipe nel reato associativo è caratterizzato dall’affectio
societatis; il concorrente esterno sarebbe quello che presta un contributo necessario al
mantenimento e rafforzamento della associazione, purchè non meramente agevolatore, sorretto
non da dolo diretto ma addirittura specifico. Nell’associazione mafiosa, assume la qualifica di
concorrente esterno colui che pur privo dell’affectio societatis, fornisce un concreto, specifico e
volontario contributo, che ha una EFFETTIVA RILEVANZA CAUSALE ai fini della conservazione o del
mantenimento dell’associazione.
Occorre con un giudizio ex post dimostrare che il contributo del concorrente esterno ha avuto una
efficienza causale reale, ovvero sia stato condizione necessaria x la concreta realizzazione del fatto
crriminoso collettivo. Deve esservi un giudizio effettuato ex post , alla stregua dei comuni canoni di
certezza processuale. Sul piano soggettivo occorre dimostrare invece che il soggetto sia
consapevole dei metodi e fini dell’associazione mafiosa e dell’efficacia causale della sua attività di
sostegno.

RIFORMA CARTABIA
La storia della pena è oggetto di continue riforme. La disciplina della pena carceraria non ha pace.
Questo continuo modificare è il segno indiscutibile di una inquietudine che accompagna il tema
della pena carceraria sin dalla sua nascita. Il carcere divenne la pena x eccellenza nella seconda
metà del 700. Ai primi dell’800 si parlava di sovraffollamento carcerario e del problema del
recidismo. Si ebbe fin da subito una consapevolezza che il carcere produce criminalità: nello stesso
tempo non si riesce a rifrancarsi dal carcere.
Codice del 30 il carcere ha un ruolo centrale , è la pena x eccellenza. L’autoritarismo fa sì che la
pena sia una pena inflessibile. Nel codice rocco il diritto penale si fermava con una sentenza di
condanna; dopo essa, c’era il diritto dell’amministrazione penitenziaria. Il codice penale rinunciava
a vedere cosa c’era dopo. Tale scelta è estremamente significativa: il diritto penale lascia nelle
mani dell’amministrazione ciò che realmente è la pena.
Nel 1947, con la costituzione, si ebbe la grande svolta con l’affermazione della idea educativa di cui
all’art 27 c 3. Grande svolta questa: ma il cammino di questa idea è un cammino difficile e lungo. In
assemblea costituente l’idea rieducativa incontra ostacoli : in assemblea sedevano alcuni grandi
penalisti: Giovanni Leone, Giuseppe Belchione, aldo Moro..
La funzione rieducativa si deve a Giorgio Lapira e Lelio Basso, cattolico e marxista ferventi. Il c 3
dell’art 27 è risultato di una sintesi di grande interesse storico, tra il personalismo cristiano
cattolico (che voleva al centro del sistema la persona) e dall’altra parte il solidarismo marxista.
L’affermazione dell’idea rieducativa ha un significato dal punto di vista politico criminale, per le
premesse che pone al legislatore penale. Rieducazione sta a significare una consapevolezza che
assume lo stato, che il crimine non è un prodotto esclusivo dell’individuo, ma trova le sue radici
anche nella società. Se è cosi, la società ha il dovere di non abbandonare a se stesso il reo, ma
impegnare lo stato nel sostenere il soggetto, che non è l’unica causa del crimine. C’è una svolta
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radicale rispetto al codice del 30, che concepiva la pena esclusivamente come un castigo,
accompgnato da disinteresse per l’esecuzione della pena.
Cammino difficile dunque, che riesce a sfondare in costituzione con l’art 27 c 3. È un cammino
anche lungo, perché l’idea della rieducazione si presentò sin da subito carica di ambiguità: tale
ambiguità deve confrontarsi con un’altra realtà: quella di una istintiva identificazione della pena
col castigo. La rieducazione deve confrontarsi con una intrinseca ambiguità . ciò spiega la ragione x
cui ci vollero quasi 30 anni affinchè l’idea rieducativa penetrasse nel nostro ordinamento in forma
rieducativa: bisogna aspettare il 1975, data di entrata in vigore del nuovo ordinamento
penitenziario.
Il significato esatto di rieducazione non è di immediata chiarezza: rieducazione può essere intesa in
una sua accezione spiritualistica, nel senso di una redenzione morale del reo attraverso
l’esperienza del dolore. può essere anche intesa in una accezione quasi opposta, di tipo scientista:
come processo di trasformazione della personalità del condannato, indotta attraverso strumenti
forniti dalle scienze, della psiche e di tipo più neurologico. Sono 2 accezioni intrinsecamente
illiberali e come tali rifiutate da un ordinamento laico come il nostro. Rifiutate queste due
accezioni, rimane una concezione più laica, che ha fatto fatica ad affermarsi: la rieducazione è
intesa come offerta da parte dell’ordinamento di condizioni obbiettive che consentano uno
spontaneo ripensamento critico del reato da parte del reo e quindi la maturazione di un processo
di auto responsabilizzazione del reo dinanzi alla vittima e alla società. Ricorrono elementi
caratterizzanti : offerta; ripensamento spontaneo (non imposto); auto responsabilizzazione (il
soggetto dovrebbe alla fine di questo processo rieducativo ritrovare in sé un senso di
responsabilità verso la vittima e verso la società). È una concezione della rieducazione compatibile
con l’impostazione liberal democratica del nostro ordinamento. Ma è una nozione indeterminata:
l’idea rieducativa incontra anche un’altra difficoltà: siamo tutti consapevoli che c’è una tendenziale
incompatibilità tra l’obbiettivo rieducativo e lo stato detentivo. Rieducazione significa processo di
auto responsabilizzazione; il carcere è il contrario , perché deresponsabilizza , producendo un
processo che viene chiamato di infantilizzazione del condannato, il quale perde l’energia di
governare responsabilmente il suo comportamento. Queste caratteristiche della rieducazione
sono all’origine di una certa insoddisfazione che continua ad alleggiare intorno a questo concetto:
certamente il concetto non deve essere considerato un mito, cioè qualcosa di irraggiungibile; la
rieducazione rimane un’idea propulsiva, politicamente irrinunciabile nel nostro ordinamento.
Tuttavia, questo alone di indeterminatezza che aleggia intorno all’idea di rieducazione fa sì che
tale idea diventi una sorta di strumento retorico: uno strumento di persuasione , più che di
indicazione di una direzione empiricamente verificabile .
Sul piano legislativo non c’è dubbio che la rieducazione ha costituito il viatico di molte riforme che
si sono succedute negli ultimi decenni, che non sono ancora oggi riuscite a conferire una organicità
razionale al sistema sanzionatorio; ciò nondimeno, la rieducazione è stato il motore delle riforme,
anche se non siamo a un risultato definitivo e soddisfacente. È stato un motore anche x la corte
costituzionale, che ha utilizzato la rieducazione come un grimaldello per compiere un’opera di
correzione della legislazione. La rieducazione ha operato anche sul piano esecutivo della pena
carceraria e sul piano dell’amministrazione penitenziaria, anche se su questo piano la formazione
degli operatori penitenziari è sempre stata improntata a ideale rieducativo. Si è cercato di far
penetrare l’idea rieducativa nella formazione del personale penitenziario. Sul piano esecutivo e
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dell’amministrazione la rieducazione si scontra con un perenne ostacolo: la mancanza di mezzi
adeguati e di personale adeguato.
L’idea rieducativa si afferma con un cammino lungo e difficile, ma è presente nel nostro sistema.
Nella evoluzione legislativa , durante la riforma del 1975, si ha una dirompente affermazione
dell’idea rieducativa. È la più significativa riforma di attuazione della costituzione.
3 punti significativi la riforma del 75 è una riforma che ha riempito il tempo vuoto della
detenzione la caratteristica della detenzione è di svuotare il tempo del condannato; la riforma
penitenziaria ha riempito parte di questo tempo, con i cd elementi del trattamento penitenziario:
lavoro , ricreazione, religione etc, nel rispetto dei diritti dei detenuti.
Col secondo punto , la riforma del 75 ha aperto parzialmente le porte del carcere, con le misure
alternative al carcere: affidamento in prova, semilibertà, lavoro all’esterno… queste misure
alternative che costituiscono il fiore all’occhiello della riforma penitenziaria , aprono il carcere ma
lo presuppongono, presupponendo che vi sia una condanna al carcere andata in esecuzione.
Terzo punto è la giurisdizionalizzazione della esecuzione carceraria la riforma del 75 afferma che
l’esecuzione della pena è questione di diritto penale ma è oggetto della sorveglianza da parte di un
giudice (magistratura di sorveglianza), non della pubblica amministrazione penitenziaria. I compiti
del giudice di sorveglianza sono 2: sorvegliare il rispetto dei diritti fondamentali dei detenuti e
esercitare una giurisdizione che potremmo definire della rieducazione: dirigere con le garanzie
della giurisdizione i trattamenti rieducativi, sia intra moenia (dentro il carcere), che fuori,
attraverso le misure alternative.
La situazione si complica quasi subito dopo la riforma del 75, perché comincia ad affermarsi quella
iattura che accompagnerà da allora in poi il mondo carcerario: il sovraffollamento carcerario. La
parola d’ordine x il legislatore diventa la riduzione del carcere, per far fronte al sovraffollamento.
Nel frattempo, viene cambiata la disciplina dell’amnistia: quella amnistia che era una costante del
nostro ordinamento , viene sterilizzata attraverso una riforma che la rende particolarmente
difficile, confermando che l’amnistia è invisa ormai alla popolazione.
Ciò accresce il sovraffollamento: davanti a tale incombenza, l’obbiettivo del legislatore tende a
modificarsi; non è più tanto la rieducazione, ma il decongestionamento carcerario. La rieducazione
diventa l’argomento retorico per giustificare provvedimenti che sono nella sostanza reale delle
cose diretti a garantire la deflazione.
La politica sanzionatoria italiana si trova a un bivio: davanti alla esigenza di decongestionamento,
una strada è quella di rimanere ancorati allo strumento delle misure alternative , nate nel 75 , che
sono misure concepite come misure della esecuzione della pena, che presuppongono il carcere.
L’altra strada potrebbe essere quella di inventare nuove tipologie di pena, rompendo il cd
monopolio della pena carceraria , arricchendo il catalogo delle pene. Il legislatore sceglie la prima
soluzione, di potenziare le misure alternative, rimanendo “nel vecchio” . questa linea di politica
legislativa finisce per creare una sorta di ibrido: le misure alternative che nascono agganciate al
carcere si tenta di sganciarle il piu’ possibile dal carcere. Oltre a tale ibridismo, si creano fenomeni
ulteriori: la funzione delle misure alternative subisce una sorta di distorsione le misure
alternative nascono nel 75 quali strumenti della rieducazione extra moenia. Ora diventano

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strumenti di mera deflazione carceraria, impoverendosi la loro funzione. La conseguenza ulteriore
è che l’applicazione delle misure alternative cresce , essendoci bisogno di liberare carceri. Si
produce un fenomeno che dall’opinione pubblica e non solo viene chiamato INDULGENZIALISMO .
Il legislatore ha certo privilegiato la prima strada, ma non ha trascurato la seconda strada, quella
più radicale, di prevedere fin dall’origine pene diverse dal carcere. Pene che vengono irrogate dal
giudice di cognizione, nel momento stesso della condanna e con una operazione che è più diretta e
più semplice. Tale seconda strada a sua volta si bipartisce in 2 possibili soluzioni: quella radicale di
aggiungere nuove sanzioni non detentive al catalogo delle pene previste dal nostro codice ,
arricchendolo e consentendo al legislatore di formulare la norma incriminatrice utilizzando la
nuova sanzione. Questo tentativo viene fatto dal legislatore, con una legge del 2014 che propone
di battere questa strada; il tentativo abortisce perché ad un certo punto il legislatore ci ripensa e
teme di introdurre una innovazione troppo radicale.
Rimane comunque la possibilità che si prevedano sanzioni non carcerarie al posto del carcere;
questa sostituzione non deve avvenire attraverso la previsione di una sanzione originariamente
nuova e non carceraria, ma in fase di cognizione, al momento del giudice di condanna. Si dice al
giudice che nello stesso momento in cui condanna alla reclusione, deve sostituirla con un’altra
sanzione, senza coinvolgere la magistratura di sorveglianza. Questo meccanismo sostitutivo
presuppone che siano individuate condizioni, limiti e le sanzioni sostitutive. Ma presuppone
soprattutto il conferimento di un potere discrezionale al giudice della cognizione, investito
discrezionalmente del compito di sostituire la pena detentiva carceraria con una non carceraria. Il
legislatore non trova di meglio che indicare come criterio di esercizio di tale potere discrezionale il
principio della finalità rieducativa, che ricompare sulla scena, al centro del meccanismo sostitutivo,
che è di grande rilevanza per l’economia del sistema. L’origine è sempre la deflazione. Questa
operazione di sostituzione è un’operazione encomiabile e positiva, in quanto limita il ricorso al
carcere. È anche vero che qualche anomalia nel sistema viene introdotta: mentre il magistrato di
sorveglianza ha una forma mentis ispirata alla rieducazione, il giudice della cognizione è molto più
ancorato al fatto che all’autore: ha come obbiettivo essenziale l’accertamento del fatto e della
responsabilità.
La strada di sostituzione viene percorsa 2 volte dal legislatore: nel 1981 , tentativo che fallisce
completamente perché le pene sostitutive allora previste sono poco appetibili, sia dall’imputato
che dal giudice stesso, che trova più conveniente applicare la sospensione condizionale .
Il tentativo è ora ripreso con la riforma Cartabia: è molto più coraggioso, perché mentre la legge
dell’81 prevedeva la possibilità di sostituzione fino a 2 anni di reclusione, la riforma cartabia lo
prevede fino a 4 anni ; il secondo punto di novità è che , avendo elevato fino a 4 anni la soglia di
sostituibilità, si ha previsto una pluralità di sanzioni sostitutive: si prevede la semilibertà ; la
detenzione domiciliare; lavoro di pubblicità utilità; pena pecuniaria. Sono sanzioni di una certa
consistenza afflittiva.
L’entrata in vigore della riforma è stata rinviata fino al 31 dicembre prossimo. Qualche
disorganicità è rimasta: la sospensione condizionale continua a essere in vigore; la riforma non ha
ben disciplinato il rapporto tra sanzioni sostitutive e affidamento in prova al servizio sociale
previsto dalla riforma del 75: potrà accadere che l’imputato non abbia alcun interesse a chiedere

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la sostituzione della pena con semilibertà o detenzione domiciliare. Potrebbe preferire
l’applicazione della pena per poi chiedere l’affidamento in prova, che comporta completa libertà.
Fiore all’occhiello della riforma Cartabia previsione della cd giustizia riparativa: riparativa è
inteso in un’accezione consolidata , totalmente diversa da quella economica patrimonialista: non
risarcimento del danno , ma riparativa inteso in un’accezione più larga, che può comprendere il
risarcimento del danno ma in primis riparazione della ferita inferta alla vittima e alla società dal
reo. Una riparazione potrebbe essere anche solo la presentazione delle scuse da parte del reo nei
confronti della vittima . la riparazione avviene attraverso un processo di avvicinamento tra vittima
e reo, che si svolge materialmente intorno a un tavolo dove i due soggetti ricuciono i loro rapporto
attraverso la mediazione di un mediatore che non è un giudice, ma un civile estraneo
all’amministrazione giudiziaria. Tale previsione dovrebbe prendere il posto della pena. Avviene su
un piano prevalentemente psicologico, quasi emotivo. È una grossa novità anche se nel nostro
ordinamento un seme di giustizia riparativa già esisteva, in aree periferiche dell’ordinamento e in
termini contenuti: esisteva e esiste nella competenza del giudice di pace e nell’ordinamento
minorile. Da queste presenza circoscritte, la giustizia riparativa è stata fatta oggetto di una
disciplina analitica, resa di applicazione generalizzata. Essa è base della riforma Cartabia,
applicabile a qualunque reato, in qualunque stato e grado del procedimento. Ha potenziale
ampiezza applicativa molto larga; la giustizia riparativa non può ad oggi che coesistere con la
giustizia punitiva: non è possibile immaginare l’abbandono radicale della giustizia punitiva per
privilegiare esclusivamente quella riparativa. Questo stare insieme prende il nome di principio di
complementarietà: la giustizia riparativa è complementare a quella punitiva. Ciò significa che il
paradigma di riferimento è pur sempre quello punitivo. Lo sfondo è quello della giustizia punitiva,
su cui si può inserire la giustizia riparativa. Si inserisce la giustizia riparativa solo ed esclusivamente
in presenza del consenso delle due parti, che è imprescindibile. Le due parti debbono consentire
ad aprire lo scenario della giustizia riparativa. La giustizia riparativa si innesta nel paradigma
tradizionale della punitiva; la legge ha disciplinato il punto più delicato di questa innovazione, che
è proprio l’innesto, la parentesi che si apre su iniziativa delle parti , libere di poter decidere
l’ingresso nella giustizia riparativa; e si chiude con una relazione che il mediatore fa al giudice,
relazione che potrà dire che la conciliazione non ha avuto successo o che le parti invece si sono
riconciliate. A questo punto si pone il problema più delicato , che è la valutazione che il giudice
deve fare di questo esito positivo ai fini della giustizia punitiva. La legge su questo punto è
decisamente molto cauta, prevedendo possibili effetti limitati : in certe condizioni circoscritte si
può arrivare anche ad una estinzione del reato, ma si tratta di ipotesi circoscritte. La giustizia
riparativa è dunque un cammino iniziato, che potrebbe svilupparsi ulteriormente o abortire se non
dovesse trovare una rispondenza nella prassi applicativa.
L’evoluzione della pena è quindi un cantiere sempre aperto.

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