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Che cos’è la mafia?

Si potrebbe azzardare una definizione riguardo alla mafia: essa è un fenomeno

umano e complesso, che coinvolge la sfera sociale, economica e politica della storia

umana. Ma il termine “azzardare” non è qui usato a caso. Seppur di largo respiro,

questa maniera di definire la mafia è insufficiente e non rende a pieno la natura

problematica di questa realtà, che andrebbe analizzata sotto diverse prospettive.

Sicuramente in questa mia definizione emerge quella diacronica e, in secondo

luogo, quella sociale-politica, mentre non c’è traccia di altri elementi che pure la

caratterizzano e che sono emersi nell’ambito di questa ricerca. In ogni caso, va

premesso che questo studio non si prefigge di darne una definizione completa e

precisa, anche perché non ve ne sarebbe lo spazio. Semmai apre nuove possibilità

e campi alla visione d’insieme: per questa ragione si cercherà in queste pagine di

offrire le basi per capire la natura della mafia in vista delle analisi che lo studio si

prepone, cogliendo alcuni punti nodali che hanno valore per la ricerca.

Molti testi sulla mafia preferiscono cominciare a trattarne l’origine partendo dalla

parola stessa e adottando un approccio filologico: i lettori troveranno una vasta e

attenta disamina di questo tipo in La parola ‘mafia’ di Pasquale Natella1. A noi

interessa pure partire dalla parola, ma, più specificamente, dalla definizione che ne

viene data. Non solo perché la definizione ci permette di chiarire la natura del

1
La parola ‘mafia’, Pasquale Natella, Leo S. Olschki Editore, Città di Castello, 2002
fenomeno, ma anche perché rivela il retroterra culturale di chi la opera,

evidenziando la problematicità di cui si parlava poc’anzi.

La Treccani online ne registra due significati: il primo è di tipo storico, la mafia è

prima identificata con Cosa Nostra: «mafia (che dai propri affiliati è denominata

“Cosa nostra”)»2. Ma si fa anche riferimento ad un modello criminale senza

frontiere: il termine «è inoltre usato internazionalmente con riferimento a

organizzazioni che, pur non avendo alcun legame di filiazione con la mafia

siciliana, presentano tuttavia strutture e finalità consimili»3. Il secondo significato

riguarda l’idea di metodo o atteggiamento

a. Tendenza a sostituirsi alla legge con l’azione o il prestigio personale, per lo più

attraverso la formazione di consorterie, e con atteggiamenti di boriosa

insolenza: ambienti in cui regna la mafia. b. non com. Ostentazione di eleganza, di

spavalderia, spec. nella frase fam. e scherz. fare la mafia4

A questi due significati la Garzanti online aggiunge quello di prepotenza5.

Quanto ai dizionari specializzati, la definizione del Dizionario delle mafie, a cura

di Fabio Iadeluca6, alla voce “Mafia, significato” ricorre ad una serie di citazioni

piuttosto che produrre un contenuto originale. Quella del politologo Gaetano Mosca

datata 1909; quella di Sciascia data sul Corriere della Sera del 15 settembre 1982;

le dichiarazioni rese alla Commissione antimafia nel 1964 da parte del giudice del

Tribunale di Palermo, Pietro Scaglione; la sentenza del 22 dicembre del 1968 della

Corte di Assise di Catanzaro nei confronti di Angelo La Barbera e altri. Mentre le

2
Treccani.it alla voce “mafia”, consultata al link http://www.treccani.it/vocabolario/mafia/
3
Ibidem
4
Ibidem
5
Garzantilinguistica.it alla voce “mafia”, consultato al link http://www.garzantilinguistica.it/ricerca/?q=mafia
6
Dizionario delle mafie, a cura di Fabio Iadeluca, Armando Curcio Editore, Roma, 2013
sentenze pongono l’accento sulla spregiudicatezza e la capacità di infiltrazione,

Mosca mette in luce l’omertà come elemento culturale vincolante. La citazione di

Sciascia merita di essere riportata per intero: «la mafia è un’associazione per

delinquere, con fini di illecito arricchimento per i propri associati, che si pone come

intermediazione parassitaria e imposta con mezzi di violenza tra la proprietà ed il

lavoro, tra la produzione ed il consumo, tra il cittadino e lo Stato».

Se la prospettiva di questo dizionario ci può sembrare molto istituzionale è anche

perché è stato «realizzato con l'apporto del Presidente del Senato, di docenti

universitari, magistrati, avvocati e appartenenti alle Forze dell'Ordine»7: ci fornisce,

quindi, un determinato tipo di visione, che mette in evidenza la posizione dello Stato

contro la mafia. Suggerisce quindi l’idea di mafia come antistato. In questo senso è

interessante citare Umberto Santino, fondatore del Centro siciliano di

documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, abile polemista e intellettuale,

che definisce quello della mafia come antistato uno vero e proprio stereotipo.

Riproposta questa terminologia durante il 150° anniversario dell’Unità d’Italia,

dove una sezione della «grande mostra di Torino […] dedicata alla mafia aveva

come titolo La violenza dell’antistato»8, Santino scrive al curatore della mostra,

Giovanni De Luna, che ammette di condividere le analisi del siciliano, ma di aver

voluto trovare in quel titolo una sorta di augurio per il futuro. Chiosa Santino: «Non

credo che ci sarà un futuro diverso se si ha del presente e del passato un’idea

scorretta e inadeguata»9.

7
Dizionario delle mafie - Presentazione del libro a cura di Fabio Iadeluca (Armando Curcio Editore), Radioradicale.it,
consultato al link http://www.radioradicale.it/scheda/395340/dizionario-delle-mafie-presentazione-del-libro-a-cura-di-
fabio-iadeluca-armando-curcio
8
Umberto Santino, La mafia al cinema, tra stereotipi e impegno civile, in Andrea Meccia, Mediamafia. Cosa Nostra fra
cinema e tv, Di Girolamo Editore, Trapani, 2014, p. 25
9
Ibidem
Il Dizionario enciclopedico di mafie e antimafia, a cura di Manuela Mareso e Livio

Pepino10, ha un’impostazione che sembra più completa e coinvolge maggiormente

aspetti trascurati fino ad adesso dagli altri testi che ho consultato 11. Alla voce

“Mafie, caratteri generali” Livio Pepino scrive:

Il termine “mafie”, infatti, è oggi più comprensivo di qualche decennio fa e sta a

designare una pluralità di organizzazioni talora eterogenee ma dotate di taluni caratteri

distintivi (stabilità della struttura associativa, esercizio di sovranità su un determinato

territorio, consenso sociale diffuso, ingente accumulazione economica, interazione con

la politica) che le accomunano in una dimensione eccedente la semplice commissione

di reati, differenziandole sia dalla criminalità organizzata tout court […] che da altri

fenomeni devianti ugualmente radicati nel territorio, come il brigantaggio12

Pepino riesce, con una definizione relativamente breve, a darci un’idea dei problemi

che ruotano attorno alla parola “mafia”. Innanzitutto, preferisce utilizzare il termine

al plurale, così com’è oramai d’uso presso moltissime realtà dell’antimafia sociale:

il che ci rimanda all’idea di metodo criminale adottato da realtà differenti. Mette,

poi, in evidenza l’eterogeneità del fenomeno andando però ad individuare alcune

caratteristiche che ne possano riassumerne la portata. Segue specificando: «Questa

complessità comporta la sopravvenuta insufficienza dell’idealtipo della mafia

siciliana (l’originale, nell’immaginario collettivo) come chiave di lettura e di

interpretazione della realtà (che è in rapido movimento e trasformazione)»13. La

mafia è quindi un sistema o un modus operandi che non deve essere strettamente

10
Manuela Mareso e Livio Pepino, Dizionario enciclopedico di mafie e antimafia, Edizioni Gruppo Abele, Torino,
2013
11
Tra i dizionari specialistici ho consultato anche Dizionario Enciclopedico delle Mafie in Italia, a cura di Claudio
Camarca, Lit Edizioni, Roma, 2013, nel quale però non è stato possibile trovare definizioni utili a questa parte della
ricerca
12
Dizionario enciclopedico di mafie e antimafia, a cura di Manuela Mareso e Livio Pepino, cit., p. 344
13
Ibidem
connesso a Cosa Nostra. Ci viene inoltre fornito un rapido – e incompleto – elenco

delle realtà mafiose italiane: «Ci sono, innanzitutto, quelle storiche del nostro

Paese: la mafia siciliana o Cosa Nostra, la ‘ndrangheta calabrese e la camorra

napoletana […]. Ad esse si affiancano, sempre in Italia, alcune realtà per così dire

minori: la Sacra corona unita pugliese, detta anche quarta mafia, la Stidda siciliana

i basilischi lucani»14. E, se questo approccio ha mostrato fin qui la mafia come un

modello criminale che travalica le coordinate storiche in cui era stata confinata

secondo un certo tipo di definizioni, adesso si spende per fare le dovute distinzioni

in ambito culturale: «L’impostazione minimalista, che dipinge la mafia come un

habitus culturale legato a tradizioni locali o come il portato marginale di una

società arcaica, è stata dura a morire»15. Ma per comprendere a fondo la questione

culturale legata alla mafia dobbiamo andare alla voce “Criminalità organizzata” di

Stefano Becucci, che rovescia questo antico problema:

La forza attrattiva in termini simbolici e culturali esercitata verso le giovani generazioni,

per un verso, l’elaborato grado di strutturazione interna e la capacità di minimizzare i

colpi inferti dal law enforcement grazie alle “relazioni esterne”, per l’altro, fanno di

queste “entità” una categoria specifica che si distingue da altre associazioni criminali,

come le formazioni di gangster o le bande giovanili16

Se, dunque, la mafia è stata considerata una sottocultura o una manifestazione

folkloristica fino a tempi relativamente recenti, il problema della mafia come

cultura riemerge oggi sotto nuove vesti. Se andiamo a considerare l’accezione di

cultura in senso antropologico, sociologico e psicologico, essa è «l’insieme dei

valori, simboli, concezioni, credenze, modelli di comportamento, e anche delle

14
Ibidem
15
Ivi, p. 345
16
Ivi, p. 244
attività materiali, che caratterizzano il modo di vita di un gruppo

sociale: c. primitive, c. evolute; la c. delle popolazioni indigene dell’Australia; la

c. degli Incas»17. In un altro significato la parola assume un valore diverso, che

forse completa quello poc’anzi illustrato:

il termine stesso è passato a indicare genericamente, nella letteratura, nella pubblicistica

e nella comunicazione di questi ultimi anni, l’idealizzazione, e nello stesso tempo la

scelta consapevole, l’adozione pratica di un sistema di vita, di un costume, di un

comportamento, o, anche, l’attribuzione di un particolare valore a determinate

concezioni o realtà, l’acquisizione di una sensibilità e coscienza collettiva di fronte a

problemi umani e sociali che non possono essere ignorati o trascurati18

Il riferimento è qui a qualcosa di molto simile al lifestyle, nella più ampia accezione

che gli si possa attribuire. E questo concetto è direttamente connesso alla modernità

liquida e alla frammentazione delle ideologie del passato, alla società dei consumi

e alle scelte individuali nell’adozione di comportamenti di massa che non si

possono ridurre alla semplice moda. Gli esempi forniti sono molto interessanti: «si

parla, così, di una c. della vita ma insieme anche di una c. della morte; di una c. del

lavoro, e insieme, ma con ottica diversa, di una c. della povertà, o di una c.

dell’assenteismo; di una c. della pace, della solidarietà, dell’altruismo, del

dialogo (per es. tra le diverse religioni)»19. In senso opposto si cita: «una c. del

profitto, della tangente o addirittura della mafia»20. Gli spunti affascinanti di questa

concezione di cultura come lifestyle ci indicano un percorso d’analisi che lega il

post-ideologico alla mafia, quasi che l’essere mafiosi abbia a che fare con una scelta

di vita e di consumo e non solo alla produzione di una determinata ideologia da

17
Treccani.it alla voce “cultura”, consultata al link http://www.treccani.it/vocabolario/cultura/
18
Ibidem
19
Ibidem
20
Ibidem
parte di un sistema sociale. La definizione cerca di chiudere il cerchio chiarendo:

tutti gli esempi «possono essere classificati sotto la triplice ripartizione, che talora

viene enunciata, di una c. ideologica, una c. materiale, una c. comportamentale»21.

Non potendoci addentrare in questo terreno scosceso, ci basti recepire la doppia

valenza del termine “cultura” e registrare che la mafia ha qualcosa a che vedere con

essa: non è quindi né confinata ad un determinato ambito storico e geografico, come

dicevamo prima, e neppure incapace di produrre una cultura propria, sia essa

puramente ideologica come post-ideologica. Chiarire poi se essa sia una cultura o

una sottocultura è probabilmente al di là delle nostre competenze, specie se alla

seconda parola si voglia attribuire un valore spregiativo. Certo è, invece, che se la

subcultura è un «insieme di elementi culturali che caratterizza e differenzia rispetto

alla società globale di riferimento un dato gruppo o segmento sociale»22, le realtà

mafiose potrebbero in qualche modo rientrarvi.

A questo proposito, lo storico palermitano Giuseppe Carlo Marino usa in un testo

la parola “cultura” in relazione a Cosa Nostra in due modi differenti: nel primo

mette il termine tra virgolette, nel secondo no. Nel primo caso, descrivendo un

«fenomeno eminentemente siciliano, forse struggentemente e scandalosamente

siciliano, diverso da quelli per la cui definizione se ne è ripreso il nome in altre parti

del mondo»23, fa riferimento a «specifiche ascendenze di tradizione e di “cultura”

ritrovabili nelle sue ulteriori filiazioni, tra le quali la principale è stata quella

americana che assunto forme moderne e di devastante vitalità». In un altro

segmento allude al sostrato omertoso della società siciliana: la mafia è

un’esperienza «drammatica, di astuzie e di violenze, che ha sempre riannodato

21
Ibidem
22
Ivi alla voce “subcultura”, consultata al link http://www.treccani.it/enciclopedia/subcultura/
23
Giuseppe Carlo Marino, Prefazione, in Roberto Olla, Padrini. Alla ricerca del DNA di Cosa Nostra, Mondadori,
Milano, 2003, p. VIII
verso l’alto, verso le supreme sedi del dominio, una cultura diffusa che è stata la

naturale alleata delle endemiche tendenze all’illegalità di una società povera

costretta a subire le regole e i vincoli imposti dai parassiti, dagli sfruttatori, da tutti

i complici dei ricchi e dei potenti»24.

Ma, per quanto questo punto possa apparire controverso, anche di fronte a pareri

autorevoli, molti indizi ci consentono di seguire la direzione fin qui tracciata dalla

nostra analisi e utilizzare senza vergogna la parola “cultura” a pieno titolo, allo

stesso modo in cui è utilizzata “ideologia”. A questo punto possiamo affermare che

la mafia sia anche un sistema culturale, che fa riferimento, quindi, ad un sistema

simbolico e ad una propria mitologia, la quale merita di essere studiata con la stessa

tenacia con la quale vengono studiati gli effetti reali del fenomeno. La cultura

mafiosa, sia come prodotto autoctono che come risultato di processi esterni alle

organizzazioni, influenza l’immaginario collettivo non solo dei comuni cittadini ma

degli stessi mafiosi25. Quindi, si deve scoraggiare quella tendenza ancora radicata,

che non vuole spiegare attraverso l’analisi anche culturale le mafie:

Dopo aver a lungo prestato attenzione ai fattori e alle cause di ordine culturale del

fenomeno mafioso – generalmente ma non necessariamente a seguito del lavoro sul

campo degli antropologi stranieri giunti in Sicilia nel corso degli anni Settanta –, gli

studiosi della mafia hanno così progressivamente spostato il loro interesse verso

l’elaborazione di modelli esplicativi alternativi a quelli di tipo culturale, accusati di

essere vittime o complici di ideologie difensive e giustificazioniste o, nella migliore

delle ipotesi, di essere privi di reale capacità esplicativa26

24
Ibidem, p. IX
25
Tim Adler, Hollywood and the Mob. Movies, Mafia, Sex and Death, Paperback, 2008
26
La voce del padrino, Marco Santoro, ombre corte, Verona, 2007, p. 23
L’iscrizione delle mafie all’interno di un corso e di una memoria storica ne fanno delle

organizzazioni criminali del tutto differenti rispetto alle altre. Ed è proprio facendo

un’analisi su queste componenti che possiamo comprendere a pieno il fenomeno27. È in

quest’area che dobbiamo trovare un terreno di lavoro proficuo per poterne dare una

definizione quanto mai completa. Le mafie sono, sì, un fenomeno storico e sociale, ma

anche un centro di produzione ideologico, che elabora un proprio discorso in rapporto

con altri centri di potere. Quindi, capire che cosa sono oggi le mafie significa analizzare

la produzione culturale su di esse e da esse creata.

27
Ivi, p. 16

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