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PierPaolo Sannia

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All rights reserved Distributed under license Creative Commons Prima Edizione, Novembre 2011 Copertina: Murales ORGOSOLO (NU) http://www.rosmarinonews.it

EDITORIALE
Da anni parliamo della comunicazione e di una societ costruita attorno alla comunicazione.

In pochi vivono dentro la comunicazione.


Vivere dentro la comunicazione significa pensare per connessioni, imparare dai problemi, sviluppare e formalizzare il pensiero. Vivere nella comunicazione significa avere un progetto didascalico. Nel corso degli ultimi anni lo sviluppo dellinformatica e della telematica ha aperto una nuova dimensione alla comunicazione visiva e alla fruizione dei testi: quella dellinterazione cibernetica mediata da oggetti grafici. Tutto cambia: cambiano gli artifici visivi, la interazione relazionale; cambiano i tempi, gli spazi, i processi di significazione, la partecipazione, le sensazioni, le riflessioni; cambia la politica, leconomia, la progettazione, la programmazione, i linguaggi; cambiano gli stimoli percettivi, in dispositivi semiotici, gli oggetti duso; cambia infine la scrittura in un lessico fatto prevalentemente di interfacce grafiche, iconiche, da quando cursori e pulsanti hanno sostituito penne e calamai popolando ormai il nostro spazio operativo di nuove funzioni Touch Screen. Ormai siamo definitivamente nella comunicazione, dentro la florida e incessante dinamica della ipermedialit. Ma non cambiamo noi. Cambiano molto pi lentamente le nostre capacit cognitive e culturali. Apprendiamo con le vecchie metodologie, le scuole e le universit continuano ad ignorare i processi di apprendimento nuovi della societ della comunicazione. Tra la vita scolastica istituzionale, pubblica e privata, e i processi di apprendimento della societ della comunicazione c un vuoto in cui crollano quasi tutte le professioni. Il Glocal University Network ha la grande ambizione di coprire quel vuoto, di entrare nella comunicazione globale con una serie di strutture universitarie locali, organizzate in sintonia con la multimedialit della nuova didattica Liliana Montereale

PROFILO BIOGRAFICO
Laureato in Antropologia culturale ed Etnolgia allUniversit degli Studi di Sassari, Pier Paolo Sannia nato a Sassari (SS) il 17 maggio 1975 e vive tra Macomer e Pomezia (Roma) dove lavorato come ricercatore presso il Campus degli Studi e delle Universit di Pomezia Ce.A.S. (Centro Alti Studi per la Lotta al Terrorismo e alla Violenza Politica). Si occupa di studi e ricerche nel campo dellAntropologia della Comunicazione e della Sicurezza: in particolar modo della ricerca e lanalisi delle informazioni dintelligence da fonti aperte, dello studio dei fenomeni terroristici ed in generale riconducibili alle differenti forme di violenza politica.

Ricerche inedite
Analisi ed interpretazione culturale del Crimine, Pomezia (Roma), 2010.

Pubblicazioni
Tra paese e citt. Una proposta di analisi etnografica sulla comunit macomerese. In Macomer. Percorsi didattici. A cura dellAssociazione culturale Pro Loco di Macomer, 2008. Aspetti caratterizzanti del territorio: Breve analisi antropogeografica di Macomer e del suo territorio in Macomer citt giardino. Rapporto sullo stato dellambiente. Progetto cofinanziato dal Ministero dellAmbiente e della tutela del Territorio. Macomer, 2006. Altre collaborazioni Rivista scientifica Intelligence e Storia Top secret; Progetto di ricerca e formazione Glocal University Network.

Consulenza
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1. Ieri
Descrivere e definire, dal punto di vista sociale e culturale lattuale paradigma criminale della Sardegna, diviene unopera assai complessa: lo stereotipo della criminalit sarda infatti rimasto fossilizzato in quello ch stato per alcuni secoli il fenomeno deviante per antonomasia: il banditismo e il sequestro di persona a scopo di estorsione e a questo legato. Una vera e propria etichetta che ha segnato a lungo leconomia criminale sarda. Nel sito internet del Ministero dellInterno, nella pagina della Direzione Centrale della Polizia Criminale, riportato lElenco dei Latitanti di Massima Pericolosit facenti parte del Programma Speciale di Ricerca selezionati dal gruppo integrato interforze (G.I.I.R.L.), dove al primo posto indicato il nome di Attilio Cubeddu, lultima primula del banditismo sardo; a lui sono legate molte pagine tra le pi tristi e controverse della storia criminale isolana. Cubeddu prese parte al sequestro Peruzzi (1981), ai sequestri Rangoni Machiavelli e Bauer in Emilia-Romagna (1983). Nel 1984 fu arrestato a Riccione e condannato a 30 anni di carcere. Detenuto nel carcere nuorese di Badu e Carros, nel 1997, durante un permesso concessogli per buona condotta, non fece pi rientro e si diede alla latitanza, rimanendo nel contempo coinvolto anche nel sequestro dellimprenditore Giuseppe Soffiantini e in seguito fu sospettato anche di essere coinvolto nellomicidio dellispettore dei Nocs Samuele Donatoni. Per questi reati fu condannato rispettivamente a 30 anni e allergastolo. Cubeddu anche sospettato di aver preso parte al sequestro di Silvia Melis, sequestrata nel 1997 in Ogliastra. Quello dellultima primula del banditismo sardo, certamente un curriculum criminale di primordine, ma curioso che il nome del bandito sardo sia stato iscritto in questo elenco, nellordine, prima di altrettanti illustri criminali legati ad organizzazioni mafiose: tra questi spicca quello di Messina Denaro Matteo, ovvero il capo della cupola di Cosa Nostra. Per il comune osservatore la percezione probabilmente errata che il bandito sardo risulti essere maggiormente pericoloso rispetto al boss di Cosa Nostra; altres la percezione meno grossolana al cospetto di un attento osservatore esterno, con molta probabilit, farebbe apparire la fenomenologia criminale della Sardegna, sostanzialmente riconducibile ancora una volta a quella che giornalisticamente veniva definita Anonima Sequestri (o Anonima Sarda). Potremmo quindi definire questa visione dellunico scenario criminale sardo, tanto anomala quanto anacronistica: entrambe le affermazioni potrebbero non corrispondere alla realt dei fatti e risultano essere grandemente fuorvianti. E cos, mentre attualmente ci si concentra sulla celebrazione storiografica del banditismo, ci si trova dinanzi ad un epocale cambiamento dal quale derivano i nuovi scenari criminali dellisola. Oggi constatiamo timidamente che gli scenari criminali nella Sardegna sono completamente differenti rispetto al passato e definiscono, sotto laspetto analitico, un paradigma necessariamente differente. Ci che molti antropologi, sociologi, politologi, giuristi e giornalisti non hanno realmente definito ed in parte non hanno epistemologicamente spiegato, il macro-processo evolutivo dei fenomeni criminali attualmente presenti in Sardegna; analizzando gli eventi criminali dellisola, ci si attesta spesso sulla singolarit dei medesimi, sovente tralasciando la ricerca di una regola che di questi ne governa le dinamiche. Partendo da questa prima disamina, potremmo definire quale principio dellevoluzione del paradigma criminale sardo, la legge 82/91, vera e propria linea di spartiacque tra il vecchio e i nuovi scenari criminali sardi: questa, normando anche in materia di blocco dei beni dei familiari dei rapiti, ha di fatto arginato il fenomeno del banditismo ai fini di estorsione. Partendo da tale constatazione possibile asserire che, dalla promulgazione in poi della legge 82/91, si creata una lacuna criminalmente legittimata ma socialmente non meglio individuata e riconosciuta; questa, come una sorta di zona franca criminale, ha fattualmente dato luogo ad un periodo di caos criminale, entro e attraverso il quale, un eterogeneo micro-universo di attori criminali si imposto nellisola mettendo in essere differenti attivit. questo un punto fermo sul quale marginalmente ci si sofferma, talvolta sedimentando il ragionamento teorico su quello che potrebbe essere definito il paradigma statico dellidentit criminale sarda: lerrata visione risultante da questo staticismo, che
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in buona sostanza riconduce ad una visione arcaica e pressoch romantica del bandito sardo, riconducibile all'atavico binomio pastore-criminale. questa una visione culturale errata, che affonda storicamente la sua logica nel determinismo geografico e culturale, fortemente improntato a definirne l'identit del pastore sardo come fosse un "animale totemico". Questo per gli analisti un fattore causale connotato da un palese disorientamento interpretativo. Citato spesso in letteratura, il pastore sardo, nell'immaginario collettivo, quale attore sociale insieme al suo "mondo", diviene spesso sinonimo di criminale. Aggiungerei erroneamente, perch questa una visione legata ad una realt pi mediatica che storica, la quale stata radicata accidentalmente nell'immaginario collettivo, divenendo perfino oggetto d'inchiesta con l'istituzione della Commissione parlamentare dinchiesta sui fenomeni di criminalit in Sardegna e presieduta da Giuseppe Medici. Una connivenza questa, definita e maturata nel paradigma monoculturale di uneconomia basata fondamentalmente sullallevamento estensivo, sovente praticato a livello nomadico e semi-nomadico; questo il contesto socioeconomico dove si sviluppata lattitudine alla gestione individuale dellazienda, e dove la famiglia di tipo matriarcale ha storicamente assunto un ruolo attivo nei processi produttivi per i quali la propensione allo sviluppo di uneconomia di sussistenza, ne ha costituito i fondamenti. I presupposti economici ed organizzativi, dettati in buona sostanza dal determinismo geografico anche e soprattutto interno alla Sardegna, hanno in effetti definito anche i presupposti affinch lindividualismo diventasse il brand distintivo della societ sarda. La cifra deterministica la si evince finanche leggendo i capolavori di due geografi ed esploratori di scuola francese: lItinraire de lile de Sardaigne del generale Alberto Della Marmora e Pastori e contadini di Sardegna di Maurice Le Lannou; dalla lettura delle due opere facilmente si comprende quanto e come la geografia della Sardegna, caratterizzata da un habitat disperso e suddiviso in qualcosa di simile ai cantoni, abbia fortemente influito sul marcato spirito individualistico dei sardi. qui che nasce tra storia e leggenda il mito di un popolo testardamente geloso, custode della propria terra e della propria identit, questultima segnatamente minacciata dagli "invasori" provenienti dal mare. Nelle alterne vicende, si sviluppata la consapevolezza di un disagio che ne ha rafforzato lo spirito difensivo ed in ci storicamente possibile inquadrarne l'ambivalente modus difensivo, attraverso l'individuazione del nemico esterno e del contendente interno. Il primo rappresentava un serio pericolo per l'intera popolazione, che andava di fatto combattuto e allontanato dalla propria terra; il secondo era colui che metteva a rischio il proprio bene e la propria attivit economica, il fondamento della quale era il pascolo da utilizzare (itinerante e successivamente stanziale) per le proprie greggi. Nel contesto delle campagne, si sviluppa storicamente il complesso scenario criminale: contenziosi iniziati per sconfinamenti di pascolo o per questioni di abigeato, hanno rappresentato (e rappresentano in parte tutt'ora) le cause che hanno originato le conflittualit interne, spesso risolte con l'utilizzo della violenza che, con la pratica della faida, conosciuto con il nome di vendetta barbaricina. Antonio Pigliaru, filosofo e giurista studi fattivamente, dal punto di vista teorico le regole di un ordinamento giuridico non scritto, che potremmo definire mimetico e contemplante la faida ed in genere la violenza quale pratica sanzionatoria punitiva nei confronti di uno o pi individui, i quali avessero minato la tranquillit sociale e gli equilibri del sistema produttivo comunitario. Pigliaru nel 1959 pubblic unopera memorabile avente per titolo La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico, rilev lesistenza di un particolare ordinamento giuridico non scritto, in grado di supplire a quello codificato dallo Stato. stato questo il momento di riflessione storicamente pi importante, nel quale si pot analizzare sotto laspetto teorico, la complessit della societ sarda, entro la quale fino ad allora - era stato possibile individuarne soltanto superficialmente, le dinamiche interne, compresi i fenomeni criminali.
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Erano gli anni della transizione, quelli che precedettero i Piani di Rinascita e londata industriale, nel tentativo di cambiare il destino di una terra lontana e in parte ancora sconosciuta. Quelli in cui scriveva Pigliaru erano anni importanti, durante i quali ci si apprestava a vivere non solo laffermazione dellindustria petrolchimica e delleconomia del turismo elitario qual era la nascente Costa Smeralda. Anni durante i quali il fenomeno criminale autoctono, pot fare il salto evolutivo, definendo cos la nuova fase del sistema economico criminale: quella dei sequestri di persona a scopo di estorsione nei confronti degli estranei imprenditori, i cosiddetti continentali. Fu questo un periodo in cui operativamente il fenomeno del banditismo divenne funzionale al cambiamento sociale ed economico della Sardegna. Non solo nellisola ma anche nella penisola italiana, laddove con lausilio della diaspora criminale sarda, lattivit del sequestro di persona pot allargare il proprio raggio dazione. Uno scenario da impresa criminale nel quale si configuravano sia la concorrenza, sia a tratti la cooperazione. La nota Anonima Sarda (o Anonima Sequestri) rappresent lungamente la stagione pi cruenta della criminalit sarda. Questa pur non essendo stata una vera e propria organizzazione criminale gerarchizzata in senso piramidale, a tratti assunse informalmente la configurazione del network criminale; questo, caratterizzato da moduli indipendenti, occasionalmente diveniva una complessa rete ove instaurare delle collaborazioni al fine di realizzare dei progetti criminali studiati e preparati ad hoc. La rete criminale informale era in grado di completare la filiera dellatto criminale, ovvero dallideazione del rapimento al gruppo di prelievo, passando poi ai trasferimenti, alla carcerazione, alla comunicazione e alla mediazione con familiari ed autorit, fino alla trattativa per ottenere il riscatto e la conseguente liberazione dellostaggio. Quando questo complesso meccanismo non funzionava perfettamente, accadeva che lostaggio non facesse pi ritorno alla libert. Un ruolo importante nel panorama criminale sardo, lo ebbero anche le organizzazioni eversive negli anni in cui andavano delineandosi gli scenari terroristici in tutto il territorio nazionale. La Sardegna partendo da unidea politica rivendicazionista nei confronti dello Stato italiano, non rappresent certamente uneccezione; questi movimenti eversivi iniziarono a formarsi lentamente gi negli anni 60, e analogamente altri movimenti eversivi del continente, rivendicavano loppressione capitalista tal volta con laggiunta di rivendicazioni indipendentiste. Nella seconda met degli anni 60, nellambito del programma di Gian Giacomo, il quale mirava a trasformare la Sardegna nella Cuba del Mediterraneo, si prevedeva lutilizzo della criminalit legata alle campagne: uno di questi personaggi sarebbe dovuto essere Graziano Mesina, esponente di primo piano del banditismo sardo. Tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80 la Sardegna conobbe la formazione di organizzazioni terroristiche: una di queste, Barbagia Rossa fu attiva tra il 1978 e il 1982 in Sardegna; una seconda formazione, era il M.A.S. (Movimento Armato Sardo) unorganizzazione terroristica dispirazione marxista-comunista stata attiva tra il 1983 e 1985. Artefice di numerosi omicidi ed attentati dinamitardi, il M.A.S. Non disdegn di mettere in essere i sequestri di persona, riprendendo di fatto anche lidea e il modus operandi del banditismo.. La lunga stagione del banditismo sardo che si concluse di fatto con la promulgazione e in attuazione della legge 82/91, dette inizio ad un periodo si gener quella che io definisco una lacuna criminalmente legittimata, che configurandosi come una sorta di zona franca criminale, ha di fatto provocato il caos criminale. Qui, un eterogeneo microcosmo di attori criminali si imposto nellisola mettendo in essere differenti attivit. qui che avviene la transizione verso i nuovi scenari criminali, quelli non ancora legittimati: dalla conclusione della stagione dei sequestri di persona in poi, si assistito allescalation di uneterogenea attivit criminale che va dagli assalti ai bancomat, passando per gli assalti ai furgoni portavalori, per arrivare infine al narcotraffico; premesso ci, il cambiamento del target rispetto al passato, potremmo definire le tre attivit miranti a colmare la lacuna scaturente dal fenomeno estorsivo derivante dal sequestro di persona. A tal proposito, una prima disamina da mettere in essere che contrariamente al passato, pur avendo ancora dei legami, non necessariamente questa tipologia di reati in maniera logica e coerente, parzialmente riconducibile alla matrice di origine agropastorale. Se questo, com dimostrato, era in parte asseribile sociologicamente e culturalmente, potremo affermare che attualmente leterogeneo universo criminale sardo ha maturato una maggiore propensione allintegrazione verso il mercato globale del crimine. Meglio definibile come mercato glocale.
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2. Oggi
Lo scenario cambiato e oggi la realt criminale della Sardegna sta lentamente attraversando un significativo momento di riassetto: il vuoto lasciato da quella che fu lAnonima Sarda, ha permesso a singoli individui o a piccolissime bande di proliferare nella caotica zona franca criminale, ma qualcosa contestualmente cambiato. Dovremo necessariamente parlare dei nuovi scenari criminali della Sardegna contemporanea, il primo dei quali quello riguardante le organizzazioni criminali mafiose. Contrariamente a quanto stato lungamente asserito, anche in terra sarda iniziano a manifestarsi attivit riconducibili ad organizzazioni criminali di tipo mafioso. Nella prima met degli anni duemila, dapprima il giornalista Indro Montanelli (2001) e successivamente il sociologo e saggista Pino Arlacchi (2006) hanno di fatto sostenuto le tesi secondo le quali nella societ sarda, per ragioni di natura strutturale e culturale, non pu esserci e quindi radicarsi il fenomeno mafioso. La smentita di queste tesi parzialmente arrivata dalle cronache dellultimo decennio. In Ogliastra, una regione della Sardegna centro-sud-orientale, stata individuata la prima associazione mafiosa nostrana, che ha visto coinvolti la zarina Maria Ausilia Piroddi, la sindacalista della CGIL che insieme al suo braccio destro Adriano Pischedda e ad altri suoi collaboratori, stata accusata dessersi messa - nel periodo di tempo compreso tra il 1996 e il 1999 - a capo di unorganizzazione criminale con finalit politiche tendenti a rafforzarne il suo ruolo in ambito locale. Del gruppo di accusati facevano parte tra laltro politici, pluripregiudicati, trafficanti darmi e droga. La pesante accusa fu quella di aver creato un clima di terrore, perpetrando a Bari Sardo una non breve sequenza di atti intimidatori ai danni di amministratori pubblici, poliziotti e farmacie. Vi furono anche due omicidi: quello delloperaio forestale Pier Paolo Demurtas e del sindacalista Franco Pintus. Il 6 giugno 2008 la sentenza: la Piroddi condannata in via definitiva a 17 anni e 3 mesi. Condanna non scontata perch deceduta nel febbraio 2011 a causa di un tumore. Pur essendo questo il primo e finora unico caso accertato di associazione mafiosa nata in Sardegna, nel corso dellultimo decennio, si potuto verificare come, contrariamente a quanto per lungo tempo si sia creduto, la Sardegna potrebbe essere meta in effetti lo di attivit poste in essere dalle organizzazioni criminali di tipo mafioso: emblematici sono i titoli dei due articoli pubblicati del giornalista Roberto Galullo de Il Sole 24 ore: La Sardegna fa gola ai Casalesi che sullisola hanno un proprio regista per le attivit usurarie e sempre del medesimo autore Lisola battuta dal vento e difesa dai balenti, che fa girare gli affari di cosche e faccendieri, pubblicato nel suo libro Vicini di Mafia. Storie di societ ed economie criminali della porta accanto. Leggendoli ci si rende conto che anche la Sardegna oramai diventata una meta dove le mafie possono curare i propri interessi, tal volta investendo di ruoli organici anche dei soggetti criminali dorigine sarda: il 15 aprile 2011, nellambito dellOperazione Serpe coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia e dai Carabinieri di Vicenza e Padova, portata alla luce lennesima attivit illegale del clan dei Casalesi che si sviluppa lungo la direttrice che dal Veneto conduce finanche nel territorio isolano. Come riporta Galullo (2011), nellordinanza di 400 pagine si legge infatti che il sodalizio ha cominciato ad attuare nei primi mesi del 2010 sistematiche attivit usurarie nel distretto veneto ma gi da tempo operava in altre regioni italiane e particolarmente nel dentro Italia e in Sardegna mantenendo oltre una decina di posizioni usurarie gestite dallassociato Nicola Pani, nato a San Gavino Monreale (Cagliari) ma residente a Guspini (Medio Campidano). questo il chiaro segnale di come la societ sarda ha anch'essa delle vulnerabilit che possono essere utilizzate
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funzionalmente dalle mafie ai fini del controllo di attivit illecite quali usura, riciclaggio, traffico di droga, etc. E di ci troviamo conferma anche in altri casi: uno di questi riguarda il latitante Giuseppe Utzeri. Ex poliziotto e uomo della scorta dellallora Ministro degli Esteri Gianni De Michelis, Utzeri considerato il re del narcotraffico sardo e vicino ad importanti esponenti di Cosa Nostra e della Ndrangheta, stato arrestato il 3 marzo 2009 a Marbella in Spagna. Il secondo scenario criminale quello riguardante luniverso-droga, attualmente descritto con sconcertante chiarezza dai media regionali e nazionali. significativo il titolo di un articolo firmato da Nadia Francalacci per il periodico Panorama: I pastori sardi come i trafficanti colombiani? Lautrice del pezzo pone giustamente un interrogativo, domandandosi tra laltro se questa non sia la conseguenza della profonda crisi in cui versa leconomia agropastorale della Sardegna: il problema delle quote-latte, la pressione fiscale e i danni di origine climatica e antropica, potrebbero indurre un indefinibile numero di pastori ad affiancare allattivit convenzionale quella di narco-coltivatore e narcotrafficante. E cos scopriamo che la Sardegna diventa un importante stazione di smistamento per il traffico di cocaina proveniente dallAmerica del Sud, passando per i porti della Nigeria, Spagna, Algeria e Marocco. Le cronache recenti raccontano inoltre della crescente tendenza a coltivare in piantagioni di cannabis, mimetizzate nelle campagne dove viene praticata la pastorizia. questo l'ennesimo segnale di come ci si trovi ad attraversare un periodo di transizione e riposizionamento dei player criminali, conseguente fine alla conclusione della lunga stagione dei sequestri di persona. Il terzo e ultimo scenario criminale potrebbe delinearsi in conseguenza dellintensificarsi dei flussi migratori regolari e soprattutto irregolari, provenienti dallarea Nordafricana e, sempre attraverso questa dallarea subsahariana: il rischio per la Sardegna - accentuato dopo linizio della Primavera Araba - potrebbe essere non tanto quello di diventare il teatro di attentati terroristici di matrice islamica, ma altres di la base logistica di organizzazioni terroristiche facenti parte delleterogenea galassia jihadista; lisola potrebbe rappresentare lottimale testa di ponte europea attraverso la quale muoversi con maggiore tranquillit verso le destinazioni dinteresse strategico.

Conclusioni
Se non si prende realisticamente atto dellevoluzione del paradigma criminale della Sardegna, il rischio che si potrebbe correre quello di trovarsi dinanzi ad uno sconvolgente scenario entro il quale potrebbe a sua volta generarsi un pericoloso sincretismo tra i differenti fenomeni criminali qui descritti. La conseguenza nel medio e lungo periodo - potrebbe di fatto vedere lisola aggredita dalle pi efferate organizzazioni criminali operanti su scala nazionale ma soprattutto internazionale. Un prezzo altissimo che ne il popolo sardo, ne lItalia e lEuropa possono permettersi di pagare, soprattutto in un momento delicato sotto laspetto economico, ma anche di riassetto geopolitico e geostrategico. Occorre tener ben impresso nelle nostre menti che il paradigma criminale della Sardegna oramai mutato e quello che per molto tempo stato il simbolo criminale - il banditismo cos come lo abbiamo conosciuto - stato consegnato alla Storia. Sembrer paradossale, ma questo vuoto di legittimit criminale venutosi a creare, potrebbe esporre nellimmediato futuro lintero territorio regionale alle insidie delle maggiori organizzazioni criminali attive a livello nazionale e internazionale. Nellimmaginario collettivo il connubio mondo-criminale mondopastorale non sar pi predominante. Sar soltanto il mero ricordo per una societ che vive in un mondo glocale.
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Bibliografia
A.A., I veleni dellOgliastra: sentenza storica Piroddi condannata per mafia, in LUnione 2008. A.A., Sardegna laboratorio politico, in Gnosis n.2, 2005. Aresu A., Sardegna, il nuovo approdo, in Limes n.4, 2007. Arlacchi P., Perch non c la Mafia in Sardegna. Le radici di un anarchia ordinata, AM&D Edizioni, Cagliari, 2007. Bellu G.M., Sindacalista o criminale? Alla sbarra la mafiosa sarda, in La Repubblica, 20 maggio 2000. Delogu A., Individuo e comunit nel mondo barbaricino in Antonio Pigliaru e Michelangelo Pira, in Questioni morali, collana Quaderni di Bioetica, Macro Edizioni, 1998. Francalacci N., I pastori sardi come i trafficanti colombiani?, in Panorama, 8 giugno 2012. Galullo R., Vicini di mafia. Storie di societ ed economie criminali della porta accanto, Il Sole 24 Ore, 2011. Montanelli I., Perch in Sardegna non c la mafia, in Il Corriere della Sera,1 giugno 2001. Rovelli P., C un fenomeno mafioso in Sardegna?, in Sardegna Economica 1/2008. Sarda, 7 giugno

Sitografia
http://archiviostorico.corriere.it/2001/giugno/01/Perche_Sardegna_non_mafia_co_0_0106016322.shtml http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2011/04/la-sardegna-fa-gola-ai-casalesi-che-sullisola-hanno-unproprio-regista-per-le-attivit%C3%A0-usurarie.html http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/ministero/dipartimenti/dip_pubblica_ sicurezza/direzione_centrale_della_polizia_criminale/scheda_16056.html http://www.unionesarda.it/Articoli/Articolo/27199

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REDAZIONE:
Coordinatore Scientifico: Liliana Montereale Coordinatore di Redazione: Natalia Fiorini Progetto Grafico ed Impaginazione: Valerio Nacci Segreteria di Redazione: Olga di Crescenzo

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