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a carico di alcuni imputati, emergeva che Paolo Borsellino sarebbe stato colpevole, insieme ad altri,
dell'omicidio di tale RADOSTA Stefano;
4. lettera del 17 maggio 2000 con la quale la Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo rendeva
noto che l'omicidio del BORSELLINO si inseriva in una complessa vicenda imprenditoriale e
mafiosa nella quale il ruolo della vittima doveva essere collegato all'uccisione di Stefano
RADOSTA;
5. nota informativa del 29 settembre del 2001 con la quale la Direzione Distrettuale Antimafia
rappresenta che la documentazione processuale relativa all'omicidio del sig. Paolo BORSELLINO
non permetteva di giungere ad alcuna conclusione univoca riguardo al riconoscimento dei benefici
previsti dalla legge;
6. nota n. 25914/GAB datata 23 ottobre 2001 con la quale il Prefetto di Agrigento, nel trasmettere la
richiesta ed il decreto di archiviazione del relativo procedimento penale, esprime l'avviso che non
fosse comprovata, alla luce delle risultanze giudiziarie, la sussistenza dei presupposti per la
definitiva erogazione dell'assegno vitalizio;
7. decreto di archiviazione, emesso in data 16 febbraio 2000 dal GIP di Palermo, con il quale veniva
evidenziata l'incertezza del movente e l'equivocit degli elementi indiziari;
8. provvedimento B/835/VT del 18 marzo 2002 notificato in data 29.6.2002, con il quale il
Ministero dell'Interno, accogliendo il parere della Commissione consultiva e per le medesime
motivazioni, nega la definitiva erogazione dell'assegno vitalizio, concesso a titolo di provvisionale,
ai sensi degli artt. 5 e 7 della legge n. 302/1990, alla Sig. ra PUCCIO Vincenzina, coniuge del Sig.
BORSELLINO Paolo, non essendo risultata l'estraneit della vittima ad ambienti e rapporti
delinquenziali, requisito previsto dall'art. 1 comma 2 lett. B) della legge n. 302/90;
9. lettere nn. 2002/14643/GAB del 13 giugno 2002 e n. 2002/15890/GAB dell'8 luglio 2002 con le
quali la Prefettura di Agrigento certificava alla Presidenza della Regione Siciliana, in via
anticipatoria con la prima missiva e in via definitiva con la seconda, che il sig. BORSELLINO
Paolo non era da considerarsi vittima innocente della mafia, quale atto presupposto del diniego della
Regione Siciliana a concedere i benefici di legge a PUCCIO Vincenzina relativi all'assunzione
agevolata nei ruoli regionali;
10. lettera della DDA di Palermo n. 4286/2011 del 13 maggio 2011 con la quale viene comunicato
alla Prefettura, su richiesta di assunzione di BORSELLINO Giuseppe, che la situazione
relativamente al padre BORSELLINO Paolo non presenta novit e dunque persisteva la situazione
precedente;
11. lettera n. 25806 del 7 luglio 2011 con la quale la Prefettura conferma alla Presidenza della
Regione Siciliana che Paolo BORSELLINO non vittima innocente della mafia, ed in ragione della
quale la Regione escludeva Giuseppe BORSELLINO dai benefici di legge relativi all'assunzione
agevolata nei ruoli regionali.
Dall'esame degli atti la sig.ra PAGANO prendeva coscienza che con note del 14.10.1995 e
14.11.1996, la Prefettura di Agrigento aveva dato parere favorevole alla concessione della
provvisionale speciale elargizione, nella forma dell'assegno vitalizio previsto dall'art. 5 delle
legge n.302/1990, che veniva disposta con provvedimento ministeriale a me stessa ed ai miei figli.
Tuttavia, come dicevo, a seguito delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, tale INGA
Salvatore di Villafranca Sicula, che hanno gettato gratuita ombra e fango sulla persona di mio
contro mio marito e che i giudici, ovviamente, non hanno considerato congrue e verosimili, e che
invece sono state ingiustamente la causa delle sopraggiunte negative valutazioni della Prefettura di
Agrigento.
Pertanto, dopo avere appreso che per la Prefettura mia suocera e i miei cognati non sarebbero
legittimati alla richiesta di revoca in autotutela degli atti aventi valenza interna a procedimenti di
interesse mio e dei miei figli, essendo parimenti desiderio mio nella qualit di moglie e dei miei
figli vedere riabilitata la figura di Paolo BORSELLINO ingiustamente offesa,
CHIEDO
la REVOCA IN AUTOTUTELA degli atti seguenti:
decreto ministeriale B/835/VT del 18 marzo 2002, con il quale stata disposta la revoca del
decreto ministeriale n.97/1283/E/B0835/VT in data 8 luglio 1997;
atto presupposto di cui alla nota prefettizia n. 25914/GAB del 23 ottobre 2001 indirizzata al
Ministero dell'Interno;
le note prefettizie indirizzate alla Presidenza della Regione Siciliana, n. 2002/14643/GAB del 13
giugno 2002, n. 2002/15890/GAB dell'8 luglio 2002 e n. 25806 del 7 luglio 2011.
Con la revoca della nota prefettizia n. 25914/GAB del 23 ottobre 2001 indirizzata al Ministero
dell'Interno chiedo parimenti che torni automaticamente ad avere effetto l'atto revocato attestante la
condizione di vittima innocente della mafia di mio marito Paolo BORSELLINO.
La revoca viene richiesta perch il giudizio della Prefettura modificativo del precedente parere di
estraneit di Paolo BORSELLINO ad ambienti mafiosi conseguente alle non aggiornate e puntuali
comunicazioni della Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, compulsata nella fase istruttoria per
avere promosso l'azione giudiziaria contro i presunti autori dell'omicidio di mio suocero
BORSELLINO Giuseppe, e precisamente a carico di RADOSTA Emanuele, SALA Calogero, nato a
Burgio il 01.02.1951, DAVILLA Mario, nato a Sciacca il 27.06.1965, e MAURELLO Giuseppe,
nato a Lucca Sicula il 21.04.1969,
accusati del reato p. e p. dagli artt. 110, 575, 577 n.3 C.P. Per avere, un concorso tra loro,
Sala Davilla e Maurello quali mandanti ed istigatori, il Radosta Emanuele quale esecutore
materiale esplodendogli contro una raffica di mitraglietta cal. 9x19 che lo attingeva in varie
parti del corpo, cagionato con premeditazione la morte di Borsellino Giuseppe, in Lucca
Sicula il 17.12.1992; nonch del reato p. e p. dall'art. 416 bis C.P. per avere promosso,
costituito e comunque fatto parte di una associazione di tipo mafioso, avente il fine di
conseguire in modo diretto od indiretto il controllo di attivit economiche, con particolare
riferimento al settore della produzione di calcestruzzi, della loro fornitura, delle opere edili,
degli appalti pubblici, della ristorazione e del controllo dei mercati agricoli, comunque al fine
di commettere pi reati contro il patrimonio e la persona, avvalendosi della forza di
intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omert che
ne deriva. Con l'aggravante dell'essere l'associazione armata e per il Sala, il Davilla ed il
Radosta di esserne i promotori. In Lucca Sicula, Burgio e Villafranca Sicula dalla primavera
del 1992 fino alla data odierna 2.
Infatti, la DDA non ha tenuto conto, nelle sue comunicazioni alla Prefettura, delle risultanze
dibattimentali e dell'esito dei giudizi penali che hanno smontato l'impianto accusatorio
2 Sentenza della Corte di Assise di Appello di Palermo, sentenza n. 35/2003, depositata il 5.03.2004
labilmente fondato sulle dichiarazioni del predetto collaboratore di giustizia INGA, ritenute
dalla Corte di Appello, come dir in prosieguo, assolutamente inattendibili. Dei predetti
imputati, quale esecutore dell'omicidio di Giuseppe BORSELLINO, con sentenza passata in
giudicato, veniva condannato soltanto RADOSTA Emanuele, essendo stato accertato essere il
detentore dell'arma del delitto. Questi, avvalsosi della normativa introdotta dall'art. 4 ter della legge
n. 144/2000, stato processato nelle forme del giudizio abbreviato.
Gli altri imputati coinvolti dall'INGA, sono stati invece assolti in quanto la Corte di Appello ha
ritenuto siffatte propalazioni non credibili. L'INGA, operaio addetto ad un impianto di
distribuzione di carburanti in Villafranca Sicula, subiva una rapina e, nel fornire agli inquirenti utili
indicazioni per la identificazione dei malviventi, iniziava un rapporto di collaborazione con il
Comandante del Nucleo Operativo della Compagnia di Sciacca, il Capitano Russo () 3.
INGA dichiara, tra l'altro, che
era stato testimone sia di sfoghi del suo grande amico RADOSTA Stefano che con lui si era
lamentato di non avere ricevuto alcunch per la sua attivit di mediazione nell'affare che
aveva portato alla costituzione della Siciliana Calcestruzzi S.a.s., mostrando perfino timori
di essere ucciso proprio a cagione di tale sua pretesa, sia, subito dopo l'omicidio dello stesso
RADOSTA, di un incontro, davanti al distributore di benzina, fra Giuseppe BORSELLINO,
Paolo BORSELLINO, Giuseppe MAURELLO, Mario DAVILLA e Calogero SALA, nel
corso del quale costoro non solo avevano manifestato contentezza per il fatto di essersi
finalmente liberati di un soggetto che pretendeva da loro esose provvigioni, ma addirittura,
con risatine ed ammiccamenti, gli avevano fatto capire che l'omicidio era a loro ascrivibile e
che di esso Giuseppe MAURELLO era stato l'autore materiale; () era stato altres
testimone, nel periodo compreso la morte di RADOSTA Stefano e l'omicidio di Paolo
BORSELLINO, di ottimi rapporti (tutto rose e fiori) esistenti fra i BORSELLINO, il
DAVILLA e gli altri; che, fino alla morte di Paolo BORSELLINO, Emanuele RADOSTA,
divenuto nel frattempo grande amico di Mario DAVILLA, aveva solosospetti su SALA e
sullo stesso DAVILLA in ordine alla morte del padre, mentre, dopo omicidio di Paolo
BORSELLINO, era stato convinto dal DAVILLA che l'iniziativa di uccidere suo padre era
stata di Paolo BORSELLINO4.
Con sentenza di primo grado gli imputati venivano assolti. Il giudice di Appello, con sentenza n.
35/03 del 26.7.2003, divenuta irrevocabile il 21.10.04, e di cui si riportano appresso ampi e
significativi stralci, conferma l'assoluzione, osservando:
che nessuna censura merita la sentenza impugnata, apparendo le conclusioni cui sono pervenuti i primi giudici perfettamente aderenti alle risultanze processuali, pur dovendosi dare atto
che le motivazioni all'uopo addotte, a causa della loro brevit e concisione, abbisognano di
approfondimento e ampia precisazione, potendo apparire, in effetti, non perfettamente in linea
con le tracciate premesse. () In proposito giova premettere che BORSELLINO Giuseppe
venne ucciso dopo che, in seguito all'omicidio del figlio Paolo, verificatosi il 22 aprile 1992 in
Lucca Sicula, aveva iniziato delle personali indagini per scoprire gli autori di questo delitto.
Di tali indagini il BORSELLINO aveva riferito gli esiti alle locali forze dell'ordine nonch al
Procuratore della Repubblica di Sciacca, talora dando vita ad una vera e propria
collaborazione formale, in qualche altro caso limitandosi soltanto a fornire notizie agli
inquirenti in via del tutto informale. Ci posto, avuto riguardo alle informazioni fornite agli
inquirenti dalla vittima e ai riscontri documentali e testimoniali che ad esse sono seguite,
3 Ibidem
4 Ibidem
Mario DAVILLA e Calogero SALA, titolari della Edilsala S.r.l. i quali avevano acquistato,
insieme a GALIFI Pietro e POLIZZI Paolo, un parte dell'impianto dei BORSELLINO dando
luogo ad una nuova societ, la Siciliana Calcestruzzi S.a.s. di cui era divenuto
amministratore, quale socio accomandatario DAVILLA Mario, mentre il 50% delle quote di
spettanza della famiglia BORSELLINO erano state intestate, per ragioni di comodo, a
PUCCIO Vincenzina, moglie di Paolo BORSELLINO. Richiesto di fornire ragguagli sul
punto dagli inquirenti, Giuseppe BORSELLINO ha escluso che il boss RADOSTA abbia mai
richiesto a lui o a suo figlio Paolo, per l'opera di intermediazione svolta con DAVILLA e
SALA, somme di denaro a qualsiasi titolo (Per l'opera di intermediazione svolta, il
RADOSTA non mi richiese mai somme di denaro e mi manifest soltanto l'intenzione di
festeggiare al ristorante l'avvenuta cessione della met dell'impianto al DAVILLA e agli altri
soci) ed ha soggiunto che buoni erano stati sempre i rapporti fra suo figlio Paolo e lo
stesso RADOSTA. Poco tempo dopo la conclusione dell'affare con DAVILLA e SALA,
Stefano RADOSTA era stato per ucciso. BORSELLINO non stato in grado di fornire agli
inquirenti precise notizie sugli autori di questo omicidio ma ha comunque espresso il
convincimento che per qualche motivo, fra cui verosimilmente poteva indicarsi la
conclusione del suo affare con DAVILLA e SALA, il RADOSTA era entrato in rotta di
collisione con gli esponenti della famiglia mafiosa di Lucca Sicula (Stefano RADOSTA, si
diceva, esigeva le tangenti insieme a IMBORNONE Vincenzo. Per deve essersi reso inviso
ai capi di Lucca Sicula perch, dopo avere svolto l'attivit di mediatore nella trattativa per il
nostro impianto tra noi e D'ANNA, si dimostr soddisfatto della conclusione dell'affare con
DAVILLA Mario che tra l'altro molto legato al figlio pi piccolo del RADOSTA. Sono
comunque convinto che l'uccisione di mio figlio e del RADOSTA abbiano matrice comune e
che si tratti di gente del luogo). Al BORSELLINO, peraltro, constava personalmente che
RADOSTA Stefano aveva anche avuto una grossa discussione con CORTESE Vito in
quanto pretendeva il pagamento di una provvigione per l'attivit di intermediazione svolta a
favore del suocero dello stesso CORTESE. Costui, unitamente a tale MANISCALCO
Girolamo che il BORSELLINO riteneva essere l'esecutore materiale dell'omicidio del proprio
figlio Paolo, era un pericolosissimo esponente della famiglia mafiosa di Lucca Sicula (il
predetto MANISCALCO insieme a CORTESE VITO, Pasquale D'ANNA e CAMPISI
Giuseppe, costituiscono il gruppo di fuoco della famiglia mafiosa di Lucca Sicula...
MANISCALCO Girolamo insieme a CORTESE Vito l'uomo utilizzato da D'ANNA Siso per
compiere attentati contro le persone e danneggiamenti alle cose... Gli stessi
sono particolarmente pericolosi ed i miei soci (DAVILLA Mario e Calogero SALA, ndr) dopo
l'uccisione di mio figlio sono rimasti particolarmente preoccupati e mi hanno invitato, anche
attraverso la mediazione del commercialista TRAFFICANTE a cedere loro le restanti quote
per estromettermi dalla societ.... Ha precisato il BORSELLINO che i suoi soci, dopo
l'uccisione di suo figlio Paolo erano rimasti particolarmente impressionati temendo, a cagione
del loro rapporto societario con i BORSELLINO di potere essi stessi risultare invisi a coloro
che avevano compiuto l'omicidio, ma poi, attivando evidentemente le loro relazioni mafiose,
avevano riacquistato sicurezza, decisamente muovendosi se mai al fine di totalmente
estromettere i BORSELLINO dalla Siciliana Calcestruzzi (Dopo l'uccisione di mio figlio
Paolo, circa dieci giorni dopo, i soci della Siciliana Calcestruzzi hanno fatto una proposta a
noi di acquistare anche la nostra parte di impresa ma noi non abbiamo accettato. Devo dire
che subito dopo l'uccisione di mio figlio queste persone sembravano anch'esse impaurite ma
poi, come fossero stati rassicurati da chi conta, sono tornati tranquilli). Quanto alla causale
dell'omicidio del proprio figlio, il BORSELLINO, ha innanzitutto precisato che, poco tempo
prima di essere ucciso, Paolo gli aveva confidato che, in una occasione, trovandosi in
compagnia del suo dipendente MAURELLO, aveva avuto l'impressione di essere seguito da
un'Alfa 75 tg. PA di colore grigio a bordo della quale aveva notato Vito CORTESE insieme a
due conosciuti. Il BORSELLINO ha altres affermato di essere convinto che l'uccisione del
figlio, titolare di una impresa di movimento terra, poteva trovare spiegazione nel fatto che lo
stesso non aveva voluto sottostare al sistema locale di distribuzione dei lavori e di
elargizione di tangenti voluto dalla famiglia mafiosa di Lucca Sicula di concerto con
esponenti della amministrazione locale in seno al quale un ruolo fondamentale svolgeva quel
D'ANNA Siso, assessore comunale, che tanto interesse aveva dimostrato alla acquisizione
della Lucca Calcestruzzi S.a.s. Egli stesso - ha inoltre riferito agli inquirenti il BORSELLINO
- aveva potuto notare, dopo che sul giornale La Sicilia del 19 luglio 1992 era comparsa notizia
della sua collaborazione con la giustizia, movimenti strani che lo avevano indotto a temere
per la sua incolumit. Oltre all'arrivo di alcune telefonate mute presso la sua abitazione, aveva
avuto modo di notare la comparsa nel paese di Lucca Sicula di noti mafiosi come CAPIZZI
Mario, figlio dell'ancora pi noto Simone, il quale, al suo arrivo presso l'abitazione di
IMBORNONE Vincenzo, aveva ricevuto un caloroso saluto da parte del cognato di questi,
D'ANNA Giuseppe. () Inoltre, taluni comportamenti di DAVILLA e SALA avevano indotto
il BORSELLINO a pensare che gli stessi agissero in totale adesione agli interessi della
organizzazione mafiosa. Costoro, infatti, dopo averlo totalmente esautorato, impedendogli di
prendere cognizione delle scritture contabili, avevano improvvisamente dimostrato un'ingente
capacit fi-nanziaria acquistando quattro autocarri, un escavatore, una pala caricatrice ed una
Lancia Delta, per un valore complessivo di oltre un miliardo, probabilmente frutto di capitali
provenienti da traffici di stupefacente. Tutto ci aveva indotto, da ultimo, il BORSELLINO a
sospettare un ruolo di tali personaggi nella soppressione di suo figlio. Inoltre, non era da
escludere che nell'omicidio di Paolo avesse avuto un ruolo anche tale DI GRADO che del di
lui figlio era stato socio nella conduzione della impresa di movimento terra. Questo DI
GRADO era stato, infatti, indicato a suo fratello come l'autore materiale dell'omicidio di
Paolo. A dire del BORSELLINO, il DI GRADO si era per presentato a lui assumendo che
l'omicidio di Paolo era ascrivibile a MANISCALCO Girolamo, oltre che a Pasquale D'ANNA
e Vito CORTESE. Di contro, confidenze sulla identit degli autori dell'omicidio di Paolo
sarebbero state fatte anche a DAVILLA Mario. Costui aveva infatti riferito al BORSELLINO
di avere ricevuto la visita di CORTESE Vito dal quale aveva ricevuto mandato di fare
presente a lui (BORSELLINO) la sua totale estraneit ai fatti. II DAVILLA, nel trasmettergli
il messaggio del CORTESE, gli aveva fatto presente che a sparare a Paolo era stato Peppe DI
GRADO, nulla per chiarendogli in merito al movente 5.
A pagina 37 della riportata sentenza d'Appello i giudici del Collegio giudicante spiegano con ancor
pi incisivit la totale e manifesta inattendibilit dell'INGA, cos esprimendosi:
Nelle pagine da 29 a 44 della impugnata sentenza i primi giudici hanno operato un analitico
resoconto delle dichiarazioni dibattimentali di INGA Salvatore (alle quali pu in questa sede
farsi integrale rinvio), pervenendo quindi, in altra parte della sentenza, ad un giudizio di
intrinseca attendibilit delle stesse, clamorosamente contraddetto per, pi avanti, da
una valutazione di insufficienza probatoria di tali dichiarazioni perch non confortate
da elementi di riscontro esterno (vds pagg. 103 e ss della impugnata sentenza). In realt,
ben maggiore approfondimento avrebbe meritato l'esame complessivo della credibilit
di INGA Salvatore, sulla quale questa Corte ritiene, invece, al di l dei mancati riscontri
esterni, di dovere esprimere forti perplessit, sia perch il racconto del citato teste , in
buona parte, fondato su mere deduzioni e non gi su fatti dallo stesso percepiti, sia perch
manifesto risultato il contrasto esistente fra le dichiarazioni del medesimo INGA e
quelle, pur giudicate pienamente credibili dalla prima Corte, rese da BORSELLINO
Giuseppe agli organi inquirenti prima della sua uccisione 6.
Estremamente importante ai fini della presente istanza appare quanto osservato in sentenza dal
giudice di Appello, e cio che il giudizio di 'intrinseca attendibilit' sbrigativamente formulato dai
5 Ibidem
6 Ibidem
primi giudici in ordine all'intero racconto di INGA, appare non tenere minimamente conto
dell'effettivo contesto emerso dalle indagini svolte dagli inquirenti ancora prima della uccisione del
BORSELLINO e di altre emergenze processuali di segno opposto 7. Scrive il giudice in sentenza:
che quel che emerge dalla istruttoria dibattimentale l'esistenza di buoni rapporti fra
Emanuele RADOSTA ed il DAVILLA gi antecedenti l'omicidio di Stefano RADOSTA, ed in
gran parte determinati, peraltro, dal fatto che l'abitazione dei RADOSTA era assai vicina
all'area di servizio ed all'ufficio della impresa di calcestruzzi nei cui pressi da sempre i
RADOSTA erano soliti bazzicare ma costui (l'INGA), per rendersi maggiormente
credibile agli occhi degli inquirenti, ha inteso vestire, con la non veritiera indicazione
di circostanze da lui direttamente percepite, fatti di cui era venuto probabilmente a
conoscenza per via indiretta o da lui semplicemente dedotti, quali il presunto ruolo del
DAVILLA e del SALA nell'omicidio di Borsellino. () Quel che pi non convince nelle
dichiarazioni di INGA per che tale soggetto, modesto operaio addetto ad una stazione di
rifornimento di carburante, sia stato sempre presente nel momento in cui avevano luogo
importanti incontri nel corso dei quali persone, ai cui colloqui egli non aveva alcun titolo per
assistere, trattavano delicatissimi argomenti. Cos, non appare affatto credibile che INGA,
come sostiene, abbia potuto partecipare alle accese discussioni nel corso delle quali
RADOSTA Stefano avrebbe reclamato il pagamento della provvigione per attivit di
intermediazione svolta, n, tantomeno, che, dopo la morte del RADOSTA, i soci della
Calcestruzzi abbiano potuto parlare in sua presenza dell'eventuale ruolo da loro avuto in
questa vicenda. Appare, in altri termini, davvero inverosimile che persone della esperienza dei
DAVILLA e del SALA (e degli stessi BORSELLINO e MAURELLO), alla presenza di INGA
(che sapevano, peraltro, legatissimo a RADOSTA Stefano), abbiano potuto, con
ammiccamenti e sorrisi, rendere edotto lo stesso del loro eventuale coinvolgimento
nell'omicidio in questione. Nello stesso modo non appare per nulla convincente che INGA,
pur chiamato dal giovane RADO-STA (cui sarebbe stato legatissimo, tanto da essere stato
dallo stesso richiesto di aiuto nella esecuzione dell'omicidio del BORSELLINO) a riferirgli
quanto a sua conoscenza dell'omicidio del padre si sia limitato a confidargli che quest'ultimo
era creditore dei soci della Siciliana Calcestruzzi per l'attivit di intermediazione svolta,
tacendogli del tutto quanto appreso sulla effettiva responsabilit di tali persone nel delitto in
questione. () Inoltre, la premessa da cui parte INGA che RADOSTA Stefano sarebbe stato
ucciso da MAURELLO Giuseppe - su mandato dei soci della Siciliana Calcestruzzi S.a.s.,
in quanto intenzionati a sbarazzarsi di un soggetto che pretendeva da loro la corresponsione di
una consistente somma di denaro a titolo di provvigione - appare porsi in manifesto contrasto
logico con altre ben pi pregnanti emergenze processuali dalle quali lecito desumere, al
contrario, che l'omicidio del citato esponente mafioso, esperto nel settore delle
intermediazioni mobiliari ed immobiliari, avvenne in realt per essersi costui posto in rotta di
collisione con taluni esponenti della, famiglia mafiosa di Lucca Sicula, come chiaramente si
evince dalle ben pi convincenti dichiarazioni rese sul punto agli inquirenti da BORSELLINO
Giuseppe. A maggior ragione, non si comprende il motivo per cui il BORSELLINO, alla
morte del figlio, abbia pensato di rivolgersi agli inquirenti, riferendo loro le proprie
cognizioni di piccolo imprenditore, sottoposto ai soprusi ed ai condizionamenti mafiosi, se,
come si sostiene, si reputava cos forte da farsi giustizia da s. Ben pi aderente alla realt
processuale ed alla logica appare, pertanto, l'assunto del BORSELLINO che, come in
precedenza evidenziato, ha espresso il convincimento che Stefano RADOSTA era
stato ucciso in quanto venuto in contrasto con esponenti della famiglia mafiosa di Lucca
Sicula che gli imputavano la violazione di regole della organizzazione mafiosa ed, in
particolare, la indebita pretesa di pagamento di una provvigione per l'attivit di mediazione
svolta a favore del suocero di CORTESE Vito, mafioso di quel centro. In ogni caso,
manifestamente non in linea con le emergenze processuali, con il comportamento tenuto
7 Ibidem
dopo l'uccisione del figlio, improntato ad una attiva collaborazione con le forze
dell'ordine e la magistratura, ed in palese contrasto con l'intero contesto ambientale in
precedenza delineato, il ruolo che, a dire di INGA, avrebbero avuto i BORSELLINO
nell'omicidio di RADOSTA Stefano, ruolo che i primi giudici hanno in qualche modo
avvalorato, con argomentazioni che questa Corte non pu per in alcun modo
condividere8.
Quanto sopra mette una pietra tombale sull'attendibilit di INGA dimostrando, viceversa, di dare un
assoluto credito alle dichiarazioni di mio suocero allorch, rivoltosi allo Stato per avere giustizia,
cominci un rapporto di collaborazione con gli inquirenti.
Non va trascurato, scrive ancora il giudice di Appello,
che, a seguito della uccisione del proprio figlio, il BORSELLINO, animato da una forte
volont di vendetta, aveva intrapreso con gli inquirenti un rapporto di collaborazione che, a
prescindere dalla precisa cognizione che tale imprenditore, che non faceva parte di Cosa
Nostra, poteva avere degli organigrammi della organizzazione mafiosa, era comunque
potenzialmente produttivo di danni per la consorteria, se non altro perch il dichiarante era
inserito in settori produttivi, quello della produzione del calcestruzzo e degli appalti pubblici,
che sono notoriamente condizionati in Sicilia dalla presenza mafiosa. D'altra parte, appare
sufficiente esaminare i verbali delle dichiarazioni rese dal BORSELLINO per rendersi conto
che negli stessi sono contenuti, oltre che informazioni sull'illecito sistema di distribuzione
degli appalti in Lucca Sicula e comuni viciniori, i nominativi di esponenti mafiosi di
particolare rilievo la cui appartenenza a Cosa Nostra nel 1992 non era affatto nota alle forze
dell'ordine n comunque era stata ancora accertata giudizialmente. Non va poi trascurato di
considerare che, a dire dello stesso BORSELLINO, i mandanti dell'omicidio del figlio
andavano ricercati fra coloro che nella zona di Lucca Sicula controllavano il settore degli
appalti pubblici ed a cui aveva dato fastidio il tentativo di quest'ultimo di sottrarsi al
pagamento delle tangenti (vds. pagg. 60 e ss della impugnata sentenza). N va omesso ancora
di precisare che, sempre a dire del BORSELLINO, i mafiosi di Lucca Sicula non avevano
affatto gradito la mancata acquisizione della impresa di calcestruzzi dei BORSELLINO, pur
oberata di debiti, ed il fatto che fosse stata costituita una nuova societ di cui erano entrati a
far parte, soggetti come il SALA e il DAVILLA, provenienti da Burgio e pertanto estranei
all'ambiente locale. Lo stesso BORSELLINO, peraltro, subito dopo l'uccisione del proprio
figlio, aveva avuto modo di rendersi conto che il DAVILLA ed il SALA erano rimasti molto
preoccupati di quanto verificatosi, temendo evidentemente di potere fare la medesima fine,
salvo poi tornare tranquilli, avendo, nel frattempo, evidentemente, ricevuto rassicurazioni da
chi conta, in altre parole dai loro mafiosi di riferimento. Ed era stato a partire da questo
momento che DAVILLA e SALA avevano posto in essere atti diretti in modo univoco a
convincere il BORSELLINO, evidentemente ritenuto non pi affidabile e comunque non in
grado di operare investimenti nella nuova societ, ad abbandonare ogni interesse per la stessa,
all'uopo utilizzando frasi dirette a fargli capire, nel suo stesso interesse, che la sua presenza
non era gradita alla gente che conta 9.
Dal complesso delle articolate considerazioni del giudice di Appello, per ampi stralci riportati nella
presente istanza a sottolineare la ormai, da circa un decennio, acclarata infondatezza dello
schema accusatorio cos come l'assoluta inattendibilit dell'INGA, emerge di tutta evidenza, e
viene creduta e ribadita dal giudice, l'assoluta estraneit dei Borsellino padre e figlio rispetto
al contesto mafioso locale. Del resto, se cos non fosse stato, non sarebbero stati uccisi, non
sarebbe mai accaduto nulla di quanto invece ha avuto luogo se si fossero prestati a mettere la
8 Ibidem
9 Ibidem
Allegati:
Allegato A: Sentenza della Corte di Assise di Appello di Palermo n. 35/2003, depositata il
5.03.2004.
Allegato B: Sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 4652/05 depositata l'8 febbraio 2005.
Allegato C: Carta di identit di Puccio Vincenzina
Allegato D: Nota della Prefettura di Agrigento prot. 88-1182/Gab del 30 settembre 1998 con cui
essa comunica riesame della posizione di BORSELLINO Paolo.
Allegato E: Nota della Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Palermo n.64/98 del
25 marzo 1998 in risposta a note Prefettura nn. 88-3289/Gab e 88-2694/Gab del 15 dicembre 1997
che indicava BORSELLINO Paolo e Giuseppe non qualificabili come vittime innocenti della mafia.
Allegato F: Nota della Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Palermo n. 740/00 a
conferma della nota del 25 marzo 1998.
Allegato G: Nota della Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Palermo n.
2413/2001 in cui la DDA afferma di non poter pervenire ad alcuna conclusione univoca al fine del
riconoscimento dei benefici di legge.
Allegato H: Nota del Ministero dell'Interno n. VT B/835/VT con cui viene revocato l'assegno
vitalizio alla sig.ra PUCCIO Vincenzina.
Allegato I: Nota del Ministero dell'Interno n. 97/1283/E/B/0835/VT con cui viene concesso
l'assegno vitalizio a PUCCIO Vincenzina, BORSELLINO Giuseppe e Calogero.
Allegato L: Lettera della Prefettura di Agrigento n. 0016689 del 17 aprile 2013 con cui essa nega la
titolarit dell'azione a PAGANO Calogera e figli.