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Capitolo II
La nuova concezione della responsabilit: dallillecito alla clausola generale
1. La crisi del paradigma tradizionale: la scoperta della responsabilit oggettiva e la
prospettazione della responsabilit come problema
La svolta susseguente allinadeguatezza della concezione della responsabilit civile
fondata sullillecito segue 2 direzioni:
Il paradigma nessuna responsabilit senza colpa viene limitato alle sole
attivit individuali, proprie della vita quotidiana mentre per le attivit di impresa
viene elaborata una responsabilit oggettiva fondata sul criterio del rischio
(dimpresa) in forza del quale limprenditore responsabile verso i terzi
danneggiati dallattivit svolta, da lui o dai suoi dipendenti, in forza del rischio
che lattivit introduce nella societ senza che sia necessario dimostrare in
concreto la sua colpa nella produzione del danno;
Lart. 2043 c.c. viene reinterpretato come una clausola generale, in forza della
quale posto il problema giuridico della tutela del danneggiato, lart. 2043 c.c.
indica come soluzione la direttiva di valore dellingiustizia del danno, che
renderebbe altres operativo il principio di solidariet sociale posto dallart. 2
Cost.
Mentre la dottrina percorreva queste 2 direzioni, la giurisprudenza restava ancorata
alla tradizionale idea di responsabilit come illecito il che porta alla pronuncia di
sentenze piuttosto confuse e contraddittorie.
2. La multi direzionalit del nuovo paradigma: la responsabilit come struttura aperta
La ricostruzione dellart. 2043 c.c. come clausola generale fu quella che ebbe
maggior successo e ci trova fondamento in 2 ragioni:
La dottrina del rischio di impresa era surrogabile con strumenti interpretativi
quali linversione dellonere della prova o la colpa presunta che perseguivano la
stessa sostanza ma senza dover abbandonare il linguaggio tradizionale;
Il paradigma della clausola generale poteva facilmente ricomprendere le ipotesi
di quei nuovi danni che si facevano strada nella societ a differenza dello
schema dellilliceit e dellantigiuridicit del danno che intervenivano solo in
ipotesi tipiche di danno pertanto Il paradigma della clausola generale
permetteva sia di superare la centralit della colpa, sia di ampliare i beni
meritevoli di tutela aquiliana infatti:
o La colpa diventava solo uno dei possibili criteri di imputazione insieme al
criterio del rischio;
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3. Dalla regolazione per fattispecie alla regolazione per clausole generali: i caratteri
alternativi del nuovo paradigma della responsabilit e le sequenze oppositive di
tradizione e innovazione
Linnovazione introdotta dalla ricostruzione dellart. 2043 c.c. come clausola generale
evidente nel momento in cui la si osserva in relazione a quella che era la
ricostruzione della responsabilit civile come illecito, infatti questultima si basava
sulla nozione di fattispecie in forza della quale al fine dellesistenza della
responsabilit civile era necessaria la presenza, nel caso concreto, di tutti gli elementi
analiticamente individuati dalla norma.
La clausola generale invece configura un problema e ne affida la risoluzione al giudice
che vi provveder attraverso una direttiva normativa generale ossia ad un valore
che altro non se non lingiustizia del danno.
Il giudice pertanto dovr stabilire di volta in volta se nel caso concreto il fatto
causativo del danno ingiusto ed riferibile a persona diversa dalla vittima, secondo
un criterio di collegamento variabile (colpa o rischio) in modo tale da obbligare,
verificati i suddetti presupposti, al risarcimento chi ha commesso il fatto.
Di fronte ad un fatto dannoso quindi non si valuta lesistenza di un diritto assoluto
soggettivo, se tale lesione sia imputabile ad una altrui condotta colposa ed illecita e se
tra queste sussista un nesso di causalit infatti occorre solo valutare se il danno
stato ingiusto alla stregua del principio di solidariet ex art. 2 Cost. e se collegabile a
persona diversa da quella che lo ha subito.
La ricostruzione dellart. 2043 c.c. come clausola generale persegue quindi 2 obiettivi:
Leliminazione della centralit della colpa come criterio di imputazione del
danno in quanto questa viene messa allo stesso livello del rischio;
Leliminazione della tipicit del danno in quanto questo era prima limitato alla
lesione dei soli diritti soggettivi mentre ora viene collegato ad un giudizio ex
post del giudice sulla base del criterio dellingiustizia che si fonda sul principio di
solidariet ex art. 2 Cost.
Ma in questo modo stata modificata la stessa funzione della responsabilit civile ed il
suo rapporto con le altre normative di diritto privato infatti, nella concezione
tradizionale la responsabilit civile aveva un carattere sanzionatorio/secondario dove
una norma attribuiva un bene ad un soggetto obbligando tutti a rispettare detta
attribuzione e la responsabilit civile interveniva successivamente al fine di sanzionare
la violazione di detta norma attributiva ed il relativo obbligo di rispetto connesso.
La nuova idea di clausola generale e di conseguente atipicit del danno invece
ridisegna la tutela aquiliana attribuendole un carattere attributivo/primario in quanto il
rimedio risarcitorio non presuppone una precedente norma attributiva divenendo cos
uno strumento per attribuire rilevanza a beni e interessi che lordinamento non ha
considerato altrove o ha considerato ad altri fini.
Alla stregua della nuova concezione il giudice deve comparare la posizione e
linteresse del danneggiato con la posizione e linteresse del danneggiante utilizzando
il metro della ingiustizia, potendo quindi accordare tutela anche a lesioni di beni ed
interessi atipici.
Tale modifica del sistema astrattamente possibile ma a tal fine sarebbe necessaria
una Grundnorm innovativa dellintero sistema giuridico e certamente questa non pu
risiedere nel solo aggettivo ingiusto dellart. 2043 c.c.
7. Varianti della clausola generale: il limite delle situazioni giuridicamente rilevanti e il
paradigma del giudizio comparativo
La ricostruzione originaria della responsabilit civile come clausola generale appariva
pi moderata infatti era cos argomentata:
La posizione del danneggiato richiama il principio di solidariet di cui
lingiustizia espressione;
Il limite della solidariet opera laddove c una qualunque forma di protezione
legislativa;
Pertanto non bisogna chiedersi se c un dovere imposto ad un soggetto verso
un altro, ma solo se la situazione del soggetto danneggiato pu essere
considerata giuridicamente rilevante e ci dipende esclusivamente dalla
qualificazione operata da una norma;
Tuttavia questa nozione di rilevanza troppo generica per cui bisogna valutarla
nel caso concreto in relazione al limite di solidariet;
A tal fine, un criterio pu essere ritrovato solo nellidoneit oggettiva della
situazione concreta ad essere ingiustamente lesa.
Si evince come questo processo risulti essere chiuso in quanto lingiustizia rimanda
alla solidariet la quale rimanda nuovamente allingiustizia infatti, laccesso alla tutela
aquiliana sembrerebbe essere presidiato da un doppio filtro:
1) Al fine della configurabilit della responsabilit civile necessaria la lesione di
una situazione giuridicamente rilevante;
2) Tuttavia non ogni lesione di una situazione giuridicamente rilevante comporta
linsorgere della responsabilit civile e al fine di operare questo discrimen
occorre un criterio ulteriore ovvero lidoneit oggettiva di una situazione
soggettiva ad essere ingiustamente lesa.
La lettura di questo criterio ambigua e difatti pu portare a 2 diverse ricostruzioni
della tutela aquiliana:
A. Lidoneit oggettiva di una situazione soggettiva ad essere ingiustamente lesa
dipenderebbe dalla valutazione del fine specifico per il quale lordinamento ha
ritenuto di concedere protezione giuridica ad una situazione.
In questo modo emergerebbe la funzione propriamente attributiva della
protezione legislativa infatti, il risarcimento per il pregiudizio subito,
comporterebbe un trasferimento di ricchezza giustificato dal fatto che un
soggetto ha subito una perdita di risorse che lordinamento gli attribuiva.
Ricostruita in questi termini giuridico-sistematici lunica distinzione possibile
quella fra:
Situazioni in cui la protezione legislativa preordinata alla funzione
attributiva;
Situazioni in cui la protezione legislativa orientata ad altri fini.
Questa ricostruzione non avrebbe nulla di diverso rispetto alla tradizionale
responsabilit per lesione dei diritti assoluti venendo infatti solo estesa oltre il
limite formale della ricorrenza di un dovere imposto a un soggetto verso laltro.
B. Lidoneit oggettiva di una situazione soggettiva ad essere ingiustamente lesa
non dipenderebbe dal fine specifico per cui lordinamento ha concesso
protezione a quella situazione infatti il sistema del doppio filtro funzionerebbe in
modo diverso:
1) Si dovrebbe valutare solo se linteresse abbia ricevuto dallordinamento
una qualsiasi forma di protezione legislativa indipendentemente dal
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Capitolo III
La terza via della responsabilit da contatto
1. La responsabilit da contatto e il suo seguito giurisprudenziale
La teoria della responsabilit da contatto sociale trae origine dallindeterminatezza
scaturente della visione dellart. 2043 c.c. come clausola generale e dalla necessit di
riconoscere tutela a fattispecie che non costituiscono lesione di diritti soggettivi
assoluti.
Tramite la responsabilit da contatto si vuole mantenere la tradizionale struttura della
responsabilit civile come illecito e dislocare tutte le nuove ipotesi di responsabilit nel
campo della responsabilit contrattuale.
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Si evince facilmente come questa dottrina risulti essere minata dalle stesse critiche
che si sono viste in merito alla responsabilit civile come illecito in quanto lintera
concezione parte integrande di questa ricostruzione della responsabilit civile
pertanto non vi alcuna distinzione tra conflitti attributivi e conflitti aquiliani e vi
lerrata concezione che gli obblighi di rispetto propri dei primi abbiano a che fare con il
divieto di comportamenti distruttivi propri dei secondi.
Nonostante ci questa ricostruzione pone laccento su un importante problema ovvero
il confine che distingue la responsabilit contrattuale dalla responsabilit aquiliana
senza considerare che tale ricostruzione ha avuto un, seppur non univoco, seguito in
alcune sentenze della Corte di Cassazione infatti:
Cass. 589/99 ha sancito la responsabilit professionale del medico dipendente
del servizio sanitario nei confronti del paziente perch la relativa obbligazione
anche se non fondata su un contratto ma sul contatto sociale, ovvero
sullaffidamento riposto dal malato nel medico, ha natura contrattuale
relativamente al suo contenuto e non alla fonte;
Cass. 1761/2001 ha sancito, in tema di incarichi conferiti da una P.A., che
questultima, ledendo laffidamento ingenerato nel privato dal rapporto
procedimentale, incorre in responsabilit da contatto amministrativo
qualificato, analoga alla responsabilit precontrattuale ex art. 1337 c.c.;
Cass. 157/2003 invoca la l. n 241/90 secondo la quale la pretesa alla regolarit
dellazione amministrativa va valutata secondo i canoni contrattuali di
correttezza e buona fede.
In tutte queste pronunce la responsabilit da contatto viene invocata in situazioni del
tutto disomogenee che non possono essere ricondotte allapplicazione analogica
dellart. 1337c.c. infatti la giurisprudenza amministrativa, che prima aveva aderito
massicciamente a questa linea argomentativa, ora comincia a limitarne la portata,
almeno per quanto riguarda la responsabilit della P.A.
Ad ogni modo relativamente allinterpretazione dellart. 2043 c.c. questa dottrina
rimane ancora importante in quanto propone la trasposizione dellobbligazione
senza dovere di prestazione, elaborata dalla dottrina tedesca e che si struttura in
questi termini:
Lart. 2043 c.c. porrebbe una responsabilit limitata alla sola lesione dei diritti
soggettivi assoluti riconducibile al modello della responsabilit del passante
per cui chiunque obbligato al risarcimento qualora leda un diritto soggettivo
che concerne quindi un pregiudizio alle cose o alle persone secondo lo
schema tradizionale del damnum corpori corpore datum;
Ogni altro danno non riconducibile a questo schema pu ricevere ristoro solo
ove ricorra un altro tipo di responsabilit ovvero la responsabilit per
violazione di obblighi la quale ricorre per la violazione di qualsiasi
obbligazione avente origine in un contratto o in ogni fatto o atto idoneo a
produrla ai sensi dell art. 1173 c.c. relativo alle fonti delle obbligazione e
dellart. 1218 c.c. relativo alla responsabilit del debitore;
Lo spazio per dar ristoro a questi danni riscontrabile nel paradigma della
responsabilit precontrattuale ex art. 1337 c.c. il quale si lascia inquadrare negli
atti o fatti idonei a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c. permettendo quindi
loperativit anche dellart. 1218 c.c. e la scelta di detto paradigma trova
fondamento in 2 motivi:
o La configurabilit unobbligazione senza prestazione che si
concretizza in un dovere di tutela dellintegrit della sfera giuridica altrui;
o La strutturale diversit degli obblighi da questa scaturente in relazione
agli obblighi di rispetto ascritti al neminem laedere in quanto questi non
gravano su chiunque ma solo su una parte contrattuale a vantaggio
dellaltra.
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Capitolo IV
I due pregiudizi del problema dellingiustizia
1. Il pregiudizio del diritto soggettivo e le molteplici forme in cui si determina la
funzione attributiva nei sistemi giuridici moderni: dalle situazioni soggettive
simmetriche (esclusive e permanenti) alle situazioni soggettive asimmetriche
Il primo pregiudizio cui soggiace la questione dellingiustizia quello secondo cui la
funzione attributiva viene assolta solo con il diritto soggettivo ma ci non risponde al
vero in quanto questa idea nasce dalla convinzione che il sistema giuridico determini
una volta per tutte e in modo tipico le risorse da sottoporre ad appropriazione privata
ricorrendo al dispositivo correlato del diritto e dellobbligo tipico del diritto soggettivo
attribuendo al soggetto titolare del diritto un potere assoluto e gravando tutti gli altri
di un simmetrico e speculare divieto di ingerenza.
Questo paradigma vale solo per le res corporales e per i beni immateriali dove in
genere le attribuzioni sono esclusive e permanenti infatti al di fuori di questo ambito vi
una pluralit di schemi normativi che danno luogo ad attribuzioni e poteri
appropriativi diversamente strutturati.
Il sistema giuridico assolve le prestazioni attributive utilizzando 2 coordinate:
Identifica il campo di operativit della funzione attributiva effettuando una
selezione tra beni divisibili e indivisibili ovvero tra beni pubblici e privati e
ci avviene tramite il ricorso a 2 tecniche:
o La tipizzazione diretta che si serve di un concetto descrittivo in quanto
stabilisce lattribuzione agli individui di tutte le cose contraddistinte dalla
materialit, le utilit e i frutti ricavabili anche come corrispettivo dalla
concessione del godimento a terzi;
o La tipizzazione indiretta che si serve di un concetto socialmente
evolutivo ovvero il principio di patrimonialit tramite cui viene
attribuito agli individui tutto ci che nel tempo appare scambiabile sul
mercato e convertibile in moneta comprese quindi anche le res
incorporales.
Individua le forme con le quali permettere e organizzare lappropriazione privata
delle risorse ricorrendo alla qualificazione giuridica dei comportamenti
umani tramite 2 figure fondamentali ovvero:
o Il permesso che istituisce il potere di fare di un soggetto il quale pu
appropriarsi delle risorse conseguibili col suo comportamento;
o Lobbligo che pu presentarsi nella duplice veste di:
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La libert consiste nel permesso di fare e di non fare pertanto il permesso una
qualificazione giuridica insita nel principio di libert e non introdotta dalla legge infatti
gi nell800 Toullier scriveva che tutto ci che non proibito dalla legge permesso.
Partendo da questo assunto nellambito del divisibile, la libert assume il carattere di
un dispositivo giuridico appropriativo che d luogo ad unattribuzione il cui pregiudizio
pu creare un problema aquiliano pertanto:
Ogni utilit e ogni valore che possa trarsi da un qualsiasi esercizio del
permesso passibile di appropriazione ed attiva la funzione conservativa
della responsabilit;
Lo stesso permesso costituisce un quid giuridico che pu prospettarsi come
una risorsa suscettibile di appropriazione, il cui pregiudizio attiva la funzione
aquiliana.
Visto quanto sopra la sfera giuridica di un soggetto risulta quindi costituita:
Dalle autorizzazioni espresse ad un fare proprio;
Dalle pretese ad un fare altrui dovuto;
Dallagere licere.
Da questa ricostruzione della funzione attributiva discendono alcuni importanti
corollari della responsabilit civile, ovvero:
a) Il diritto soggettivo non pi lunica fonte di attribuzione delle risorse;
b) Decade lassioma secondo cui non si d attribuzione se non in forza di una
norma che la prevede;
c) Il permesso, tanto espresso che implicito, nel campo del divisibile e
delleconomicamente apprezzabile, attributivo delle utilit ricavabili dal suo
esercizio ed acquisisce esso stesso valore di risorsa giuridica;
d) La sfera giuridica va oltre la ricchezza rappresentata dalle cose attribuite e dalle
utilit derivanti dal loro uso e scambio (diritti assoluti) includendo non solo il
fare altrui dovuto (assoluto o relativo), ma anche il valore duso o di scambio
appropriabile attraverso lesercizio della propria libert, anche quando non
previsto un simmetrico obbligo altrui di astenersi da un fare analogo;
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quali non era previsto un simmetrico obbligo altrui di astenersi, erano esclusi dalla
tutela.
Successivamente nella categoria degli interessi protetti vennero inseriti i diritti di
credito e le altre situazioni giuridiche soggettive ma si mantenne comunque la
distinzione tra interessi presidiati da dispositivi volti a proteggerli e interessi non
presidiati da alcuna garanzia.
Da questa interpretazione discendeva la distinzione fra:
Danno giuridico consistente nella lesione di interessi giuridicamente protetti e
quindi foriero di tutela aquiliana;
Danno meramente patrimoniale consistente nella lesione di interessi il cui
perseguimento, seppure lecito, non giuridicamente garantito e pertanto non
attiva la tutela aquiliana.
Questa distinzione entr in crisi quando la giurisprudenza cominci a concedere tutela
a danni derivanti dalla lesione di interessi non protetti in quanto non riconducibili ai
paradigmi n del diritto soggettivo n delle altre situazioni giuridiche soggettive
pertanto anche il problema dellingiustizia si prospett come il problema del se e in
che limiti potesse insorgere responsabilit per la lesione di un interesse di mero fatto
foriero di un danno meramente patrimoniale.
Il ricorso alla categoria della situazione giuridica soggettiva, al fine di mantenere la
distinzione tra interessi protetti e interessi di fatto, risultava infatti problematica in
quanto si riteneva che al fine della sua configurabilit fosse necessario un indice
legislativo consistente nellattribuzione di poteri al titolare dellinteresse protetto o
nellaccollo di doveri ad altri soggetti in funzione dellinteresse pertanto ci portava a
2 possibili interpretazioni tra loro alternative:
O la situazione giuridica soggettiva sussisteva qualora il titolare avesse un
potere cui corrispondeva un dovere degli altri ma ci ripercorrerebbe il
paradigma simmetrico del diritto soggettivo;
O la situazione giuridica soggettiva sussisteva quando un interesse fosse
oggetto di un qualunque apprezzamento da parte dellordinamento senza che
fosse necessaria un attribuzione di un potere esclusivo ma in questo modo non
sarebbe possibile individuare una differenza tra interessi protetti e di fatto.
Proprio partendo dalla considerazione che il campo dellappropriazione non
viene definito n da una norma autorizzativa espressa n da conferimento di
un potere esclusivo, la distinzione tra interessi protetti e interessi di
mero fatto cessa di operare come un discrimen a priori e pu essere
articolata solo ex post sulla base degli interessi che si contrappongono.
In merito a questa ricostruzione possono farsi svariati esempi come nel caso di un
bene la cui conservazione dipende da un fare che rientra nel potere del proprietario
ma dal quale il proprietario limitrofo trae un utile. Se tale bene viene modificato, in
virt della dogmatica precedente, si potrebbe concludere che si in presenza di un
interesse di fatto, ma in realt tale conclusione a priori errata in quanto ci sar vero
solo se il proprietario ha apportato la modifica per perseguire il proprio utile mentre
qualora il proprietario abbia apportato la medesima modifica con lintento di nuocere il
proprietario limitrofo allora vi sar un interesse protetto che da accesso alla tutela
aquiliana.
Si evince facilmente come non possibile stabilire a priori se linteresse del
proprietario limitrofo alla conservazione del bene sia di mero fatto o protetto in quanto
ci dipende dallinteresse che gli si contrappone.
Questo stesso paradigma serve per comprendere le situazioni soggettive
asimmetriche come nel caso dellinteresse di un imprenditore alla conservazione della
propria clientela infatti tale interesse soccombe di fronte allinteresse degli altri
imprenditori di ampliare la propria clientela ma non si pu di certo dire che un tale
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interesse sia di mero fatto perch ricever tutela nel caso in cui il suo interesse venga
leso dalla concorrenza sleale.
Poich quanto sopra dipende dal modo di operare del sistema di attribuzione delle
risorse si evince come tutto questo non si pu esprimere con il rapporto
regola/eccezione perch fa parte proprio del modo di essere delle situazioni giuridiche
soggettive per cui non ha pi motivo di esistere la distinzione a priori tra interessi di
mero fatto e interessi protetti infatti si parler piuttosto di interessi apprezzati
dallordinamento, dai quali si escluderanno solo quelli conseguibili attraverso
comportamenti vietati.
Anche partendo da queste premesse rimane sempre il problema che non ogni
danno, che pur intervenga nella sfera del lecito, di per se risarcibile ma questa
differenza tra danno economico e danno giuridico si dovrebbe spiegare non
rimandando alla distinzione tra interessi protetti e interessi di mero fatto ma si
dovrebbe spiegare con la considerazione che il passaggio di un interesse dal campo
virtuale della funzione conservativa, al capo operativo del giudizio di responsabilit
civile sottost a un duplice vaglio:
Il primo vaglio dipende dal fatto che il giudizio di ingiustizia pi complicato di
quel che si ritiene perch pi complicato il modo in cui funziona il sistema
dellattribuzione giuridica delle risorse;
Il secondo vaglio dipende dal fatto che la funzione conservativa risente del
rapporto tra responsabilit e fatalit, con cui si conferisce rilevanza al posto
che un danno pu rivestire nella catena delle conseguenze dannose in quanto
questo rapporto rileva ai fini del giudizio di ingiustizia quando questa dipende
dalla intollerabilit sociale del rischio mentre sar autonomo e distinto rispetto a
quei danni, aventi carattere successivo, per i quali non possibile porsi la
domanda, nella quale si riassume il requisito dellingiustizia, se lagente
avrebbe dovuto astenersi dal provocarli.
La non sovrapponibilit del danno giuridico e del danno economico permette di
chiarire la questione del danno meramente patrimoniale, il quale quindi non designa
un presupposto negativo della responsabilit ma indica solo un possibile esito del
giudizio di responsabilit infatti non costituisce una categoria ex ante della fattispecie
aquiliana ma lesito dei giudizi ex post poich si tratta sempre di interessi che
rientrano nel campo virtuale della funzione conservativa che per, alla luce dei 2 vagli,
non ricevono tutela aquiliana.
Tutta la materia del danno meramente patrimoniale pu essere ricondotta a 3 diversi
tipi di fattispecie.
4. I c.d. danni indiretti e il mobile confine tra responsabilit e fatalit
Il primo tipo di fattispecie riguarda i c.d. danni ulteriori, a cascata o di rimbalzo e
specificamente il rapporto tra responsabilit e fatalit che pu essere compreso
ricorrendo allesempio della strage di Superga in cui per il Grande Torino.
A seguito dellincidente lA.C. Torino avanz domanda di risarcimento contro la
compagnia aerea la quale fu respinta.
Per comprendere le ragioni per cui questi danni indiretti non trovano ristoro occorre
confrontare la risarcibilit del danno subito dal creditore per non essersi potuto pi
avvalere delle prestazioni di un proprio dipendente per la sua morte o invalidit
causate da un terzo con la risarcibilit del danno subito da un imprenditore che si vede
rubare i dipendenti da un concorrente in modo sleale.
Linteresse leso nelle 2 ipotesi di pregiudizio sembra il medesimo ovvero la delusione
dellaspettativa alle prestazioni del dipendente ma a ben vedere ci che cambia il
diverso posto in cui si colloca la lesione dellinteresse ed il relativo danno infatti:
Nellipotesi di induzione allinadempimento la lesione dellinteresse alla
prestazione del debitore ci su cui deve vertere il giudizio di ingiustizia
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tutela (aquiliana o contrattuale nei confronti dei privati che lhanno provocato)
mentre appare discutibile configurare una responsabilit della P.A. per
lomissione dei controlli.
Il campo dove maggiormente si presentano queste asimmetrie soggettive
quello dei pregiudizi subiti dai risparmiatori per il mancato controllo dei
mercati finanziari da parte dellAutorit di vigilanza.
Negli anni 80, una serie di sentenze aveva negato la responsabilit della Banca
dItalia per il negligente esercizio dei poteri di controllo perch il sistema della
legge bancaria e dei controlli ignora linteresse del singolo privato, che
tutelato solo in via indiretta dalla tutela dellinteresse collettivo ma tale indirizzo
venne a modificarsi nel 2001 infatti nel caso Cultrera si ammise la
responsabilit della Consob per le inesattezze, le incompletezze e le falsit dei
dati comunicatele le quali risultavano ex actis e vista anche la mancata
esibizione delle informazioni dovute che appariva prima facie; questo
orientamento giurisprudenziale orami consolidato.
Anche nella casistica di Common Law si denotano le medesime chiusure ed in
particolare la giurisprudenza si interrogata circa la configurabilit, nelle
attivit edilizie e nella correttezza delle attivit finanziarie, di un danno
meramente patrimoniale e di una responsabilit della P.A. ma in realt ci che
occorre evidenziare, la relativit della tutela aquiliana, o meglio, la sua
asimmetria soggettiva in quanto lo stesso interesse pu essere protetto nei
confronti di un soggetto ma pu non esserlo nei confronti di un altro soggetto
infatti lasimmetria sta proprio nel confronto tra la protezione dellinteresse
privato rispetto ai comportamenti lesivi di altri privati e lobbligo della P.A. di
prevenire questi comportamenti che, se fosse stato osservato, avrebbe evitato
la lesione.
In merito occorre per sottolineare un caso esemplare ovvero CAPARO vs
DICKMAN in cui la House of Lords neg tutela agli azionisti di una societ, i quali
avevano acquistato nuove azioni basandosi su unerrata relazione della societ
di revisione contabile motivando tale scelta in quanto la societ di revisione
contabile obbligata verso la societ verificata e non anche verso i suoi soci
infatti pur essendo vero che la revisione viene fatta nellinteresse dei soci questi
vengono appunto considerati uti soci e non uti singuli.
La questione delle asimmetrie soggettive quindi non attiene
necessariamente allesercizio di poteri di soggetti pubblici ma
riguarda, piuttosto, il modo in cui si articola il giudizio di ingiustizia del
danno;
Asimmetria oggettiva dove il danno appare irrisarcibile rispetto ad un certo
tipo di aggressioni ma sembra dover ricevere tutela aquiliana rispetto ad altre
aggressioni.
Questo problema non si posto tanto nel Common Law vista la tipicit dei torts
mentre nel nostro ordinamento il problema attiene proprio ai nuovi danni
toccando quindi il cuore del problema dellingiustizia ovvero del giudizio in forza
del quale un pregiudizio da qualificare o meno come ingiusto.
Al fine di comprendere il problema opportuno partire da degli esempi:
o Nel caso in cui Tizio apre un ristorante a poca distanza da un altro
ristorante sottraendogli clienti e arrecando un danno questo
normalmente ritenuto irrisarcibile ma questo stesso danno ritenuto
invece risarcibile se la perdita dei clienti fosse dipesa dal discredito fatto
da Tizio sulla cucina del concorrente e ancora, il danno tornerebbe
irrisarcibile se il discredito provenisse da un critico gastronomico sempre
che tale giudizio non sia stato il frutto della corruzione di Tizio infatti in tal
caso il danno tornerebbe ad essere risarcibile;
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La verifica della sussistenza della protezione del valore distrutto verso chi lo ha
aggredito o verso il tipo di aggressione ovvero la verifica di quello che
tradizionalmente veniva definito il carattere sine iure del danno.
Il secondo interrogativo appare evidente nella lesione di situazioni soggettive
asimmetriche come nel caso del giudizio sul danno subito da un imprenditore a
seguito della perdita di clienti, il quale dipende dal comportamento pi o meno sleale
del concorrente ma sussiste anche nelle situazioni soggettive simmetriche come nel
caso del giudizio sul danno subito dal proprietario di un fondo per liniziativa del
proprietario limitrofo infatti occorre verificare leventuale carattere emulativo della
condotta.
Si evince come il punto di vista del danneggiante, dei suoi poteri e delle modalit
del loro esercizio, condiziona il giudizio di responsabilit pi di quanto facciano le
cause di giustificazione che venivano richiamate da dottrina e giurisprudenza nella
semplicistica ricostruzione tradizionale.
Lintero ragionamento fin qui sviluppato porta a considerare 3 punti:
Sono oggetto di attribuzione, e quindi di rilevanza aquiliana, anche le situazioni
soggettive asimmetriche, cio situazioni che, a fronte del permesso di un
soggetto, non prevedono simmetrici e speculari obblighi negativi degli altri;
Gli obblighi posti a presidio delle situazioni soggettive simmetriche servono ad
organizzare lappropriazione e non ad evitare comportamenti lesivi;
Il carattere generale del permesso vale non solo per i poteri appropriativi che
concorrono a creare la sfera soggettiva lesa, ma anche per i comportamenti che
potrebbero interferire con detta sfera soggettiva e danneggiarla in quanto in
assenza di divieti espressi anche questi comportamenti si presentano come
permessi.
Dalle considerazioni di cui sopra discende che, eccezion fatta per i casi di obblighi
preposti ad evitare incidenti, nei conflitti aquiliani al potere appropriativo che assegna
la ricchezza perduta al danneggiato si contrappone il comportamento del danneggiate
anchesso espressione della sua libert pertanto i conflitti aquiliani si presentano come
conflitti tra 2 permessi che vanno risolti, di volta in volta, al fine di determinare a quali
condizioni uno dei 2 permessi deve cedere allaltro.
Lingiustizia del danno dipende quindi dalla sua inerenza alla sfera del permesso e
dalla valutazione del comportamento del danneggiante.
8. Il danno sine iure, il dispositivo delle cause di giustificazione e la categoria
dellantigiuridicit: bilateralit e unitariet del giudizio di responsabilit
Linterpretazione tradizionale dellart 2043 c.c. negava lappena vista bilateralit del
giudizio di responsabilit in quanto intendeva il danno ingiusto come danno
ingiustificato pertanto lunico limite alla risarcibilit era costituito dalla presenza di
una causa di giustificazione in capo al danneggiante il che permetteva di accostare
allatipicit degli interessi protetti dalla tutela aquiliana la tipicit delle cause di
giustificazione.
Questa ricostruzione venne presto abbandonata in quanto identificando lingiustizia
con lazione condotta sine iure, si faceva venire meno il profilo oggettivo instaurando
un momento soggettivo dove ingiustizia e illiceit coincidono.
In realt questa ricostruzione va cassata per 2 motivi:
Il profilo oggettivo, ovvero lambito del danno risarcibile, era concepito come
mero fatto, pertanto acquisivano rilevanza gli interessi materiali anche
giuridicamente non qualificati, in virt del neminem laedere ex art. 2043 c.c.
pertanto detto articolo acquisiva carattere primario il che osta con la funzione
conservativa della responsabilit civile.
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Capitolo V
La struttura duale dei conflitti aquiliani e il doppio regime della
responsabilit civile
1. Larticolazione dei conflitti aquiliani in conflitti occasionali e conflitti modali
I conflitti aquiliani in quanto conflitti tra 2 permessi si danno come conflitti
interferenziali, ossia come conflitti tra una sfera appropriativa interferita ed un
comportamento interferente, entrambi leciti e, in astratto, compatibili.
La suddetta compatibilit dipende da 2 circostanze tra loro alternative ovvero:
Lassenza di occasioni in cui i 2 permessi possono normalmente interferire come
nel caso in cui un soggetto fa jogging in quanto ci di norma non interferisce
con lincolumit degli altri passanti o delle cose;
La fisiologicit dellinterferenza la quale prevista e voluta dallordinamento
come nel caso delle ipotesi di concorrenza corretta la quale non solo
consentita ma altres voluta perch ritenuta utile.
Nel momento in cui detta astratta compatibilit viene meno si hanno dei problemi
aquiliani che danno vita alla c.d.:
Incompatibilit occasionale quando si creano delle occasioni di interferenza che
ordinariamente non ci sarebbero come nel caso in cui un soggetto fa jogging in
via Etnea durante il periodo natalizio aumentando cos il rischio di uno scontro;
Incompatibilit modale quando linterferenza ammessa dallordinamento
assume modalit bandite dallo stesso come nel caso della concorrenza sleale.
Lordinaria compatibilit di sfera interferita e potere interferente che caratterizza i
conflitti aquiliani fa si che questi non possano essere affrontati e risolti con un criterio
assoluto che correli sempre il potere di uno col divieto degli altri infatti occorrono dei
criteri di gerarchizzazione relativa atti a risolvere le 2 tipologie di incompatibilit
in maniera differente infatti:
Nellincompatibilit occasionale si pone un problema di rischio in quanto
devono coincidere tempo e luogo o in ogni caso devono esserci circostanze
concomitanti che rendono possibile linterferenza che in mancanza non
sussisterebbe.
I problemi di rischio vanno risolti con criteri di amministrazione e
distribuzione del rischio ovvero con dei parametri che, considerando il grado
di probabilit del verificarsi delle circostanze da cui dipende linterferenza,
distinguono:
29
2. La struttura duale della responsabilit civile nel passaggio dallart. 74 del Progetto
italo-francese al testo definitivo dellart. 2043: labuso del diritto, il dolo e lingiustizia
La ricostruzione dellart. 2043 c.c. come modello unitario diviso nei due paradigmi
distinti del danneggiamento colpevole e del pregiudizio abusivo va analizzato
anche in rapporto allo sviluppo storico-normativo che ha portato alla sua attuale
formulazione e per far ci opportuno partire dalla considerazione che n lart. 1382
del Cod. Nap. n lart. 1151 c.c. ab. consideravano il dolo tra i criteri di responsabilit.
I due articoli ricevettero una prima innovazione dallart. 74 del Progetto di codice
delle obbligazioni e dei contratti italo-francese il quale prevedeva 2 commi:
Qualunque fatto colposo che cagioni danno ad altri obbliga colui che lo ha
commesso a risarcire il danno;
ugualmente tenuto al risarcimento colui che ha cagionato danno ad altri
eccedendo, nellesercizio del proprio diritto, i limiti posti dalla buona fede e
dallo scopo per il quale il diritto gli fu riconosciuto.
Lart. 74 forniva quindi una ricostruzione duale della responsabilit civile
distinguendo da un lato il danneggiamento colposo e dallaltro lesercizio
disfunzionale, sproporzionato e sviato del diritto.
30
Questa impostazione duale era il risultato della critica allimpostazione tedesca infatti,
il BGB contiene tuttora una serie di disposizioni speciali ai paragrafi 823 s.s. senza che
per vi sia una teoria generale che stata invece riprodotta proprio dallart. 74 del
progetto.
Successivamente lintero Progetto italo-francese, e quindi anche lart. 74, furono
inclusi nel Progetto del IV Libro del Codice Civile relativo alle obbligazioni e ai contratti.
In realt limpostazione duale portata avanti dallart. 74 non era una novit infatti
questa era gi conosciuta dalla dottrina italiana la quale distingueva tra delitti,
commessi con dolo, e quasi-delitti, commessi con colpa senza dimenticare che labuso
del diritto era gi conosciuto anche se si identificava con lo scopo di nuocere
esaurendosi quindi nella categoria delliniuria e dei delitti.
Le discussioni in seno alla Commissione di revisione si svilupparono intorno
allopportunit di mantenere il 2 comma della art. 74 come articolazione della
responsabilit civile o di farne un principio generale del diritto privato ed alla fine
prevalse proprio questa seconda idea con lintroduzione del disposto dellart. 74
nellart. 7 delle Preleggi secondo cui Nessuno pu esercitare il proprio diritto in
contrasto con lo scopo per cui il diritto gli riconosciuto.
La formula dellart. 7 delle Preleggi fu poi soppressa in quanto ritenuta isolata e
insufficiente ma in realt ci avvenne in quanto vi era il rischio che questa
enunciazione di principio superasse il confine della buona fede e dello scopo per cui
il diritto era riconosciuto invadendo la questione politica della funzione sociale del
diritto e minando la certezza del diritto.
Quindi il riferimento alla contrariet alla buona fede e allo scopo per il quale il
diritto fu riconosciuto, fu prima tolto dallart. 74 per essere inserito nellautonomo art.
7 per poi essere decentrato nella trattazione dei singoli istituti al fine di eliminarne la
sua pericolosa indeterminatezza il che spiega sia la presenza di norme specifiche atte
a trattare labuso del diritto con la conseguente mancanza nellart. 2043 sia la
presenza nella norma generale del requisito del dolo e dellingiustizia del danno
proprio in luogo del dettame dellart. 74 cos privato dellambiguit dellabuso del
diritto.
Nella Relazione del Guardasigilli al Re non vi traccia di questo sviluppo infatti si
ritorna a quella prospettiva social-corporativa dellabuso del diritto che la
Commissione italo-francese aveva scongiurato e ci probabilmente dipeso, da un
lato, dalla circostanza che questa storia era nata dalla felice contaminazione della
dottrina italiana con quella francese e dallaltro dalla considerazione che la questione
dellabuso del diritto toccava un nervo scoperto del regime della responsabilit civile
che era meglio non approfondire.
Ad ogni modo ci che occorre sottolineare che lintroduzione del dolo e
dellingiustizia ridisegn tutto il sistema normativo della tutela aquiliana in quanto:
Formalizzava lingresso della responsabilit in un campo lasciato scoperto dalla
colpa;
Ricomprendeva le ipotesi che rientravano nel soppresso art. 74.
Questa dualit della responsabilit aquiliana non stata sempre avvertita in quanto
spesso dolo e colpa vengono considerati equivalenti in quanto entrambi elementi
soggettivi che si distinguono solamente per la diversa misura di riprovabilit della
condotta.
Questa concezione deriva dal diritto penale ma in realt la valenza del dolo
assolutamente diversa a seconda che costituisca criterio principale e generale della
responsabilit penale oppure criterio aggiuntivo e ulteriore rispetto al principio della
generale responsabilit civile per colpa infatti in questo secondo caso tale accezione
del dolo sarebbe assolutamente insensata e ridondante se non stesse ad indicare una
responsabilit per dolo anche laddove non sia possibile configurare una responsabilit
per colpa.
31
A riconferma che il dolo indentifica una responsabilit diversa rispetto a quella della
colpa basta ricordare che il c.d. abuso del diritto veniva tradotto sostanzialmente con
la voluntas nocendi, che non altro che il dolo.
Il ritorno ad una responsabilit duale come disegnata ab origine dallart. 74 altres
confermato dal requisito dellingiustizia infatti:
La sottolineatura che culpa e iniuria sono concetti distinti comporta che perch
ci sia iniuria il danno deve essere arrecato contra ius e sine iure, ovvero deve
essere ingiusto;
Il giudizio di ingiustizia deve quindi articolarsi nel rapporto tra il neminem
laedere e il principio secondo cui chi esercita un proprio diritto non lede
nessuno;
Se chi esercita un proprio diritto non lede nessuno occorre trovare allora un
limite oltre il quale lesercizio di un diritto riconosciuto dallordinamento, diventa
contra ius aprendo quindi le porte al paradigma dellabuso del diritto.
Lingiustizia imposta quindi il problema della responsabilit civile come una potenziale
antinomia tra il principio proibitivo ex art. 2043 c.c. e i molteplici principi permissivi
che autorizzano comportamenti pregiudizievoli per gli altri chiamando linterprete a
risolvere tale antinomia in relazione alla natura dei conflitti emergenti in concreto.
3. Il paradigma del c.d. abuso del diritto e il giudizio di ingiustizia nei conflitti modali
Il paradigma dellabuso del diritto stato per lungo tempo oggetto di forte diffidenza
come si evince dalla ricostruzione dellart. 2043 c.c. come clausola generale o dalla
teoria del contatto sociale.
Questa diffidenza ha permesso al paradigma dellabuso di diritto di operare senza che
per lo si analizzasse a fondo e ci probabilmente deriva da una sua ambiguit infatti
labuso del diritto riguarda 2 ambiti distinti ovvero:
Lambito dei rapporti tra Stato/comunit e poteri privati relativo alle finalit
social politiche in forza del quale si deve stabilire se i poteri dei privati devono
conformarsi agli orientamenti dello Stato che li ha attribuiti o se invece devono
conformarsi a extra-normative e a sopra-ordinate istanze etiche;
Lambito dei conflitti tra privati relativo allefficienza sistemica in forza del quale
occorre stabilire come si compongono i conflitti tra poteri attribuiti
dallordinamento tra loro interferenti.
Laver disarticolato il paradigma dellabuso del diritto in singoli istituti non ha fatto
altro che eliminare quella pericolosa indeterminatezza che avrebbe permesso al
paradigma dellabuso del diritto di trovare applicazione in relazione a quella che era la
funzione sociale del diritto infatti in questo modo questo paradigma viene relativizzato
e limitato alle sole ipotesi in cui viene preso in considerazione dai singoli istituti il che
ha per portato 2 conseguenze:
Labuso del diritto si disarticola in tanti problemi diversi, in relazione ai diversi
istituti, comportando quindi dei diversi modi in cui acquista rilevanza;
Labuso del diritto, essendo relativizzato al tipo di problema previsto dalla
singola norma, viene rinchiuso in una dimensione funzionale e positiva
pertanto non interpeller i fini sostantivi dello Stato o i valori etici e politici ma
guarder unicamente al sistema giuridico nel suo interno mirano allefficienza
sistemica.
Questa decostruzione normativa fa perdere allabuso del diritto la sua qualifica di
principio trasformandolo in un paradigma preposto alla soluzione di antinomie tra
principi in base a considerazioni strettamente teleologiche.
Questa relativizzazione dellabuso del diritto con la conseguente limitazione dei modi
in cui esso opera per non trova e non pu trovare applicazione nella responsabilit
civile ex art. 2043 c.c. in quanto il campo aquiliano non circoscrivibile entro conflitti
32
definiti ma si estende a qualsiasi conflitto sia riconducibile allo schema generale della
causazione di un danno infatti la responsabilit civile coincide con la generale funzione
conservativa dellordinamento dove il principio conservativo, che proibisce il danno
degli altri, deve confrontarsi con linsieme dei principi permissivi previsti
dallordinamento.
Visto quanto sopra il paradigma dellabuso del diritto riacquista, limitatamente alla
responsabilit civile, quello schema libero che il legislatore con la dislocazione ha
evitato negli altri campi ma nonostante il ritorno alla generalit, la relativizzazione
operata dal legislatore ha influito sul modo di operare dellabuso di diritto che infatti si
conforma ad una dimensione funzionale e positiva in relazione a dei criteri
desumibili dai 3 paradigmi utilizzati dal legislatore del 42 quando ha dislocato labuso
nei vari istituti pertanto:
Vi abuso del diritto qualora vi sia uno sviamento dellesercizio del diritto
verso obiettivi ad esso estranei e immeritevoli come desumibile:
o Dallart. 833 c.c. in forza del quale abusivo lesercizio di un potere
legittimo quando ci avvenga al solo fine di nuocere o recare pregiudizio
agli altri;
o Dallart. 1438 c.c. in forza del quale abusivo lesercizio di un potere
legittimo quando avvenga per conseguire vantaggi ingiusti.
Vi abuso del diritto qualora vi sia un uso sproporzionato dei poteri da
questo conferiti come si desume:
o Dallart. 1337 c.c. in forza del quale abusivo il recesso dalle trattative
attuato in modo da provocare pregiudizi a controparte che non possono
giustificarsi come inevitabile reciproco della libert di contrattare;
o Dallart. 1375 c.c. in forza del quale abusivo lesercizio di un potere
contrattuale che sovverta lequilibrio strutturato nel contratto.
Vi abuso del diritto qualora vengano esercitati in modo sleale i poteri
conferiti allinterno di procedimenti competitivi come desumibile:
o Dallart. 2598 n. 3 in forza del quale abusivo avvalersi di mezzi contrari
alla correttezza professionale nelle relazioni di concorrenza.
Considerando che la funzione dei sistemi giuridici moderni quella di garantire a tutti i
soggetti, cui sono attribuiti poteri giuridici, linsindacabile perseguimento delle loro
convenienze individuali il paradigma dellabuso di diritto consiste nelle condizioni alle
quali lutile del singolo si rende compatibile con lutile degli altri.
Riferendo queste considerazioni allo schema aquiliano, avremo che lagire interferente
non configura abuso del diritto quando:
Si agisce per il proprio utile e non per causare danni agli altri o per conseguire a
spese degli altri un vantaggio ingiusto;
Si agisce per il proprio utile ma senza arrecare agli altri pregiudizi maggiori
rispetto a quelli propriamente necessari;
Si agisce per il proprio utile ma senza insidiare gli strumenti di cui gli altri
sono dotati per perseguire lo stesso fine e senza trasgredire quei principi posti a
tutela di procedure competitive lecite.
Queste condizioni servono per garantire una pi efficiente allocazione delle
risorse, ossia che la distruzione di ricchezza non oltrepassi i limiti in cui
necessaria alla produzione di ricchezza maggiore.
Si evince facilmente come il paradigma dellabuso del diritto risponda ad una logica di
mera regolazione del traffico sociale pertanto anche nel campo aquiliano labuso
del diritto non un principio ma un paradigma preposto alla soluzione di antinomie tra
principi in base a considerazioni strettamente teleologiche.
4. Il doppio regime della responsabilit, i conflitti modali e la c.d. responsabilit da
contatto
33
Capitolo VI
Larticolazione delle sfere soggettive e i rispettivi regimi di responsabilit
1. Articolazione delle sfere interferite e delle attivit interferenti, tipi di
danneggiamento, tipi di conflitto e regimi della responsabilit
Effettuata la ricostruzione della responsabilit civile come modello duale occorre
comprendere quali siano le condizioni materiali e giuridiche sulla base delle quali un
danno debba ricondursi allo schema dei conflitti occasionali o allo schema dei conflitti
modali e conseguentemente al paradigma del danneggiamento colposo fondato sulla
tollerabilit del rischio causato dal danneggiante o del pregiudizio abusivo fondato sul
modo incongruo dellutilizzo del potere di interferenza nella sfera del danneggiato.
35
I casi di lesione della sfera patrimoniale materiale ovvero diritti reali, diritti
di godimento quando il loro pregiudizio sia mediato dal danneggiamento di una
cosa.
Relativamente alla sfera interferente occorre sottolineare come questa sia
necessariamente connotata dalla libert generale-generica in quanto ammettere
lesistenza di poteri di interferenza specifici nellambito della sfera interferita
fisica/materiale sarebbe impensabile poich significherebbe legittimare il potere di
ledere laltrui persona e le res altrui e questo come noto possibile solo qualora si
configurino delle cause di giustificazione.
Da questa concezione discendeva la vecchia dottrina dellillecito che limitava la
responsabilit alla lesione di diritti soggettivi assoluti ma, come dimostrato, lintera
operazione era erronea perch il punto focale non era lidentificazione o meno di un
diritto assoluto ma la fisicit o meno del danneggiamento infatti in questo modo non
stato pi necessario utilizzare artifizi per costruire nuovi diritti soggettivi oppure
procedere a dislocazioni in altri istituti.
3. Il paradigma del danneggiamento colposo
3.1 Limputazione del rischio e lascrizione della responsabilit
Nei conflitti occasionali al fine di risolvere lantinomia tra sfera interferita e sfera
interferente occorre ricorrere ai criteri della tollerabilit del rischio pertanto occorre
comprendere come operano detti criteri.
Nellimpostazione tradizionale si ricorre alla colpa e al giudizio sullimputazione del
danno il quale aveva una struttura unitaria mutuata dal criterio della colpa infatti:
Limputazione del danno dipendeva solo dalla riprovabilit del comportamento
che lo aveva causato;
Lunica differenza introdotta dalle fattispecie speciali, di cui agli artt. 2047
s.s., rispetto alla fattispecie generale di cui allart. 2043 c.c., era la distribuzione
dellonere della prova che, anzich gravare sul danneggiato, gravava sul
danneggiante in virt della presunzione di colpa pi o meno aggravata.
Aver reinterpretato le fattispecie speciali in termini di responsabilit oggettiva non
ha avuto leffetto di mettere in discussione questo paradigma in quanto ha soltanto
portato alla nascita di un nuovo paradigma incentrato sul rischio il che ha
sostanzialmente portato ad operare una distinzione tra responsabilit soggettiva e
responsabilit oggettiva.
A ben vedere per nellambito dei conflitti occasionali sono proprio i criteri di
amministrazione e distribuzione del rischio che guidano la risoluzione di detti
conflitti infatti il danno corporale deriva dalla congiunzione di tempo, luogo e altre
circostanze che hanno reso lagire del danneggiante, naturalmente innocuo, foriero
dellinterferenza pertanto occorre valutare:
La dimensione del rischio che si verifichino le condizioni dellinterferenza
dannosa;
Lallocazione socialmente pi razionale del rischio.
Pertanto al fine di risolvere i conflitti occasionali occorre effettuare 2 operazioni:
Limputazione del rischio tramite cui si determina se il rischio ha delle
dimensioni tali da poter essere lasciato a carico di chi lo subisce oppure tali da
essere trasferito in capo ad altri pertanto si stabilisce se il rischio tollerabile o
intollerabile e ci pu avvenire in 2 modi:
o In concreto ovvero attraverso dei criteri che determinano, di volta in
volta, le dimensioni del rischio in base alle circostanze che lo hanno
causato;
38
fatto lesivo, dalla regola di cui allart. 1223 c.c., volta a stabilire lentit del danno
risarcibile.
In una ricostruzione del genere anche chi sostiene la ferma distinzione delle 2
causalit si rende conto che non si pu non considerare il possibile concorso di fattori
eccezionali relativi al fatto dannoso internamente considerato pertanto le regole sulla
regolarit statistica o sul calcolo delle probabilit possono valere tanto per la causalit
di fatto quanto per quella giuridica.
In questo modo permangono numerose incertezze e ci trova fondamento nellerrata
identificazione dei problemi che riguardano la categoria della causalit giuridica in
quanto questi non sono interamente riconducibili alla causalit interna al fatto
dannoso e alla causalit esterna al fatto dannoso infatti:
Nella causalit interna al fatto dannoso si fanno rientrare casi che
affrontano problemi diversi infatti qualora ci si chieda ad es.:
o Se chi ha realizzato un ponteggio per restaurare il proprio edificio
responsabile del furto perpetrato ai danni del vicino nel cui appartamento
i ladri sono riusciti ad entrare grazie allimpalcatura, si pone un problema
relativo alla costruzione del rischio ed alla sua tollerabilit pertanto
occorre verificare se il soggetto viste le circostanze avrebbe dovuto
astenersi dalla condotta;
o Se chi ha colpevolmente causato il ferimento della persona deve
rispondere anche delle ferite o della morte derivate dallincidente occorso
allambulanza che la portava in ospedale, si pone un problema relativo
allimputazione di un rischio ulteriore introdotto da un evento di cui il
soggetto gi tenuto a rispondere in virt del criterio di responsabilit.
In entrambi i casi il dubbio causale dipende dal fatto di un terzo ma il modo in
cui questo si prospetta ed i quesiti che pone sono diversi infatti:
o Nel 1 caso occorre chiedersi se, viste le circostanze concrete, il
proprietario delledificio avrebbe dovuto adottare maggiori precauzioni;
o Nel 2 caso chiedersi se il conducente avrebbe dovuto astenersi dal
comportamento non ha senso infatti questi avrebbe dovuto in principio
astenersi dal ferire la vittima pertanto limputazione del danno ulteriore
non pu dipendere da un simile interrogativo soggettivo ma bens da un
interrogativo oggettivo pertanto si dovr verificare se levento dannoso
(lincidente) attuazione di un rischio eccessivo ovvero esuberante
rispetto allarea dei rischi quotidiani.
Nella causalit esterna al fatto dannoso si fanno rientrare casi che
affrontano problemi diversi infatti qualora ci si chieda ad es.:
o Se chi ha causato la morte di una persona risponde anche del danno
subito dal suo creditore per la perdita del credito, si pone un problema
relativo ai c.d. danni di rimbalzo, dove rilevano le connessioni
economiche e affettive esterne, cio che intercorrono tra la vittima
dellillecito e i terzi.
Si evince come questo tipo di danno insito nella lesione della persona e
che rientra, dal punto di vista di chi agisce per il risarcimento, nellarea di
quellimponderabile che caratterizza la quotidianit in quanto lattore non
pu pensare che al proprio debitore non accadr mai nulla;
o Se chi ha causato la distruzione di una cosa risponde non solo della
perdita del suo valore di vendita e del lucro che il danneggiato avrebbe
ricavato, ma anche del fallimento conseguente alla perdita di queste
risorse, si pone un problema relativo alle carenze finanziarie che
impediscono al danneggiato di far fronte alla perdita causata dallillecito.
Effettuata questa panoramica occorre ora analizzare il 1 dei problemi visti in tema
di causalit di fatto relativo alla costruzione del rischio da sottoporre al giudizio
42
Ma durante questa operazione, una delle assi cadde nella stiva provocando una
scintilla seguita dal dirompere delle fiamme che distrussero il battello.
I proprietari chiesero il risarcimento e la Corte dAppello accolse la loro richiesta
affermando che era negligente far cadere lasse perch ci avrebbe potuto provocare
danni agli operai, al carico o alla nave. Laver causato direttamente un risultato
inaspettato (la scintilla che caus lincendio) non solleva da responsabilit chi ebbe il
comportamento negligente.
La corte al fine di riconoscere la responsabilit utilizz il criterio della direct
causation, secondo cui lautore dellillecito risponde di tutti i danni causati
direttamente e immediatamente dalla sua condotta il che quindi ha portato ad una
distinzione tra danni diretti (sempre risarcibili) e i danni indiretti (irrisarcibili).
Questa decisione stata criticata perch la norma violata dagli operai aveva solo lo
scopo di evitare il danno meccanico che sarebbe derivato alla stiva dalla caduta
dellasse e lincendio non rientrerebbe quindi tra i rischi che la norma intendeva
evitare pertanto il danno non era risarcibile.
Questo ragionamento per poco convincente in quanto sia la pronuncia della Corte
che la critica partono dallarbitrario presupposto che il comportamento degli operai
fosse illecito in quanto foriero di un rischio imprecisato, e a ben vedere imprecisabile.
Il caso si risolve invece facilmente se si parte dallevento dannoso (incendio della
nave) per poi risalire al fattore causale (vapori di benzina nella stiva + scintilla causata
dalla caduta dellasse) infatti in questo modo si circoscrive loggetto del giudizio di
colpa in quanto occorre valutare il comportamento degli operai rispetto al rischio di
contestualit di vapori + scintilla e lincidenza della sistemazione delle assi pertanto il
giudizio di imputabilit dipender:
Dalla conoscibilit della presenza di vapori nella stiva;
Dalla conoscibilit che lattrito del legno con la stiva potesse provocare una
scintilla;
Dalla conoscibilit che la scintilla desse fuoco ai vapori.
Esaminando il caso in questo modo, si pu veder bene la superficialit della pronuncia
della Corte, che ha trascurato i termini reali del giudizio di colpa. Ma si pu anche
vedere che il riferimento allo scopo della regola violata o arbitrario (perch sono
arbitrarie la determinazione della regola e del suo scopo) oppure inutile (perch
inutile interrogarsi sul rischio vietato da una regola che si ricostruita proprio in vista
del rischio di cui il danno costituisce attuazione).
Al fine di verificare la sussistenza della responsabilit occorre quindi seguire i seguenti
passaggi:
Ricostruire levento dannoso;
Ricostruirne i fattori causali;
Individuare, tra i vari fattori, quello che rientra nel controllo di un soggetto
diverso dal danneggiato;
Determinare il tipo di rischio introdotto dal danneggiante;
Effettuare il giudizio di colpa.
La causalit giuridica e linversione operata che permette di ricostruire la
responsabilit partendo dal danno sono comunque accomunate dalla necessit che vi
sia un nesso di condizionalit tra fatto lesivo e danno cosicch il primo sia condicio
sine qua non del secondo.
Questo aspetto fino a non molto tempo fa, non dava luogo a dispute ma il moltiplicarsi
dei fattori di rischio cui esposta la societ moderna, lo sviluppo delle conoscenze
scientifiche e la crescita delle istanze di protezione, conseguente al declino dellidea di
fatalit, hanno problematizzato questo aspetto della responsabilit dando vita al
capitolo della c.d. causalit incerta.
La casistica giurisprudenziale ricondotta alla causalit incerta molto varia ma
accomunata dalla difficolt, se non addirittura dallimpossibilit, di provare lesistenza
44
di un nesso di condizionalit tra lillecito e il danno il che quindi comporta dei problemi
di oneri probatori che vengono analizzati ricercando i limiti in cui la causalit si possa
presumere, cos che lonere probatorio ricada sullautore dellillecito, e possa essere
surrogata da considerazioni di ordine probabilistico (almeno dal punto di vista della
vittima).
In realt la causalit incerta pone 4 tipi di problemi distinti ovvero:
Lerrore medico che ricorre quando un intervento di routine ha delle
conseguenze insolitamente peggiorative per il paziente infatti tale risultato
sarebbe facilmente spiegabile affermando lerrore del medico ma in realt:
o La prova positiva dellesistenza dellerrore difficile;
o Non si pu escludere che il peggioramento sia dipeso da fattori esterni
eccezionali.
A queste difficolt ha risposto innanzitutto la Cass. civile del 95 secondo cui il
paziente deve dimostrare che lintervento era di facile esecuzione e che questo
ha avuto un esito peggiorativo mentre il medico deve dimostrare che
loperazione stata eseguita correttamente ma che lesito peggiorativo
dipeso da un evento imprevedibile o da una condizione pregressa del malato
non accertabile con lordinaria diligenza professionale.
Successivamente la Cass. civile del 2008 ha esteso questa impostazione a tutto
il campo della responsabilit medica pertanto il paziente danneggiato deve
solo provare laggravamento della patologia allegando linadempimento del
medico mentre questultimo deve provare o che linadempimento non c stato
o che non stato rilevante ai fini dellaggravamento della patologia.
Si evince facilmente come in questi casi ad essere incerto non se lerrore del
medico sia stato idoneo o meno a causare il danno, cio se sia stato condicio
sine qua non, ma se c stato effettivamente un errore pertanto la presunzione
di colpevolezza del medico con la conseguente inversione dellonere probatorio
non sembrano affermazioni decisive infatti il paziente non pu essere sollevato
dalla prova che il danno subito sia dipeso dalla sua stessa condotta perch
altrimenti la mera probabilit prenderebbe il posto della causalit.
Sembra preferibile pertanto ricostruire la fattispecie ricorrendo alle presunzioni
ex art. 2729 c.c. in quanto niente vieta di utilizzarle in via combinata con un
altro elemento presunto ovvero la colpa del medico.
In questo modo le presunzioni risulterebbero vincolate al disposto dellart. 2729
c.c. dovendo essere quindi gravi, precisi e concordanti il che permetterebbe al
medico di liberarsi dalla responsabilit adducendo degli indizi di segno opposto
con un esito che alla fine non risulta essere molto diverso dallinversione
dellonere probatorio.
A tal proposito opportuno citare il caso Summers v. Tice anche se la soluzione
adottata dalla corte inglese prospetta un diverso problema infatti nel decidere la
controversia in cui 2 cacciatori sparano contemporaneamente ad una
selvaggina colpendo per un gitante non vi sono dubbi circa lesistenza del
danno ma risulta problematico stabilire quale fucile ha colpito luomo.
Per il diritto italiano, entrambi i cacciatori potrebbero sottrarsi a responsabilit
in quanto ognuno potrebbe in crisi la presunzione dellattore eccependo lindizio
contrario che lo sparo dellaltro.
La Corte inglese, invece, esoner lattore dallonere di provare a quale dei 2
cacciatori appartenesse il pallino e fece gravare sui convenuti la prova
liberatoria.
Ci che pi conta che a partire da questa sentenza, negli ambienti di Common
law si sviluppato un dibattito che connette la responsabilit alla semplice
produzione del rischio e allintervento di un pregiudizio che ne attuazione
anche solo virtuale (quindi senza alcuna prova concreta) e che si sofferma sui
criteri di ripartizione dellonere risarcitorio tra gli autori virtuali del danno;
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indubbio come dedurre il nuovo schema aquiliano dalla funzione delle norme
di responsabilit oggettiva potrebbe sembrare azzardato ma in realt ci trova
fondamento nella considerazione che la causalit materiale non propria del
diritto ma stata presa in prestito dalla scienza la quale conosce anche altri
modelli causali diversi dalla condicio sine qua non inoltre il rinvio che il diritto fa
allesterno serve per adempiere alle sue funzioni infatti la prova che consente
allattore di recuperare il torto subito potrebbe essere scientificamente non
certa ma legalmente sufficiente.
Dal brocardo inglese appena citato si comprende come lordinamento giuridico
deve essere innanzitutto razionale infatti non sarebbe giustificabile che
attraverso la prova indiziaria si ammetta la responsabilit quando lintervento
del fattore causale solo ragionevole mentre si esclude quando altamente
probabile che il fattore causale sia stato introdotto dal convenuto il che,
trasposto ai casi trattati porta alla seguente domanda: come si pu riconoscere
la responsabilit del medico per un errore che si presume abbia commesso e
non riconoscere la responsabilit delle imprese per le neoplasie dei propri
dipendenti a contatto con le polveri di amianto?
La perdita di chances ovvero la perdita certa della possibilit di conseguire un
risultato positivo incerto a causa di un illecito come nel caso in cui venga
omesso un trattamento sanitario che, se eseguito, avrebbe offerto al paziente
ottime possibilit di guarire.
Il richiamo di questi problemi alla causalit incerta trova fondamento in
uninappropriata concezione causalistica delle chances infatti lattore non
chiede come risarcimento lequivalente del risultato mancato, ma chiede il
risarcimento per la perdita della chances di un risultato utile pertanto il calcolo
delle probabilit non serve a stabilire il rapporto di causalit tra lillecito e
levento lesivo, ma serve a quantificare il valore della chance perduta;
Condanna delle case produttrici di sigarette al risarcimento delle spese
sostenute dalle strutture sanitarie per curare i pazienti affetti da tumore
polmonare.
Anche in queste fattispecie non si discute sulla sequenza causale in quanto
certo, per la legge dei grandi numeri, che il fumo sia condicio sine qua non del
tumore polmonare cos come indiscutibile che il fumo condicio sine qua non
di un danno collettivo che la spesa sanitaria pubblica pertanto il calcolo
probabilistico servir solo a quantificare il danno.
SEZIONE SECONDA
IL DANNO IMMATERIALE E I CONFLITTI MODALI
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Capitolo VII
La responsabilit della P.A. e il danno da lesione dei c.d. interessi legittimi
1. Il problema della responsabilit della P.A.
La legge del 1889, che ripristinava il contenzioso amministrativo, limitava la
competenza del Consiglio di Stato allannullamento degli atti illegittimi il che per
lasciava scoperto il danno patito dal privato a seguito dellattivit illegittima della P.A.
infatti il giudice ordinario non poteva apprestare alcuna tutela in quanto:
Dipendeva dalla lesione di situazioni soggettive, gli interessi legittimi, che
restavano fuori dalla competenza del giudice civile;
Non essendoci lesione di un diritto soggettivo, non cera il requisito
dellingiustizia.
Per superare questo impasse, i giudici ordinari cominciarono a distinguere tra diritti
derivati e diritti originari e a parlare di diritti risolutivamente condizionati ma
questi escamotages lasciavano cmq aperti ampi settori dei pregiudizi provocati
dallattivit illegittima della P.A. pertanto successivamente i giudici ordinari
riconobbero che il divieto di pronunciarsi sullillegittimit degli atti amministrativi non
li privava necessariamente della giurisdizione sulle conseguenze dannose di questi atti
e, ricorrendo a vari principi come il neminem laedere, trovarono la legittimazione per
poter intervenire su questi pregiudizi.
2. I 2 pregiudizi della questione della responsabilit della P.A.: (a) il pregiudizio
giuridico-politico della ingiudicabilit del sovrano (b) il pregiudizio giuridico-dogmatico
sulle forme della funzione attributiva
Il problema della responsabilit della P.A. per la lesione degli interessi legittimi dei
privati condizionato da 2 pregiudizi storici:
a) Il pregiudizio giuridico-politico in forza del quale il sovrano
ingiudicabile ,The King can do no wrong, in quanto:
o Chi ha il potere di fare la legge non pu commettere illecito;
o Chi ha il potere di giudicare non pu essere giudicato.
Entrambi questi concetti appartengono alla nozione di stato assoluto in cui
potere legislativo, amministrativo e giudiziario sono concentrati in un unico
soggetto.
Le rivoluzioni liberali e la divisione dei poteri, anche se eliminarono lo stato
assoluto, non eliminarono questi 2 concetti dalla coscienza comune e
soprattutto dalla mente di giudici e giuristi infatti rimase inalterata lidea della
supremazia dellinteresse pubblico e lidea della dimensione autoritativa
connessa al perseguimento di questo interesse.
La concezione di cui sopra trovava applicazione partendo dalla concezione che
linteresse generale sovraordinato rispetto agli interessi particolari dei privati
e che allo Stato compete il perseguimento dellinteresse generale pertanto lo
Stato sovraordinato rispetto ai privati ed ha su di loro un potere autoritativo.
Eventuali limitazioni di questo potere da parte della legge servono a garantire il
miglior perseguimento dellinteresse generale, senza far venire meno la loro
natura autoritativa e quindi insindacabile rispetto agli interessi particolari sicch
i limiti legali allazione amministrativa costituiscono una sorta di regolamento
interno del potere dello Stato che, per, allesterno si presenta come
incontestabile.
54
56
lonere probatorio in capo alle parti secondo i criteri indicati nellart. 1218 c.c. ovvero a
carico della Pubblica Amministrazione.
Questa stessa interpretazione della responsabilit per lesione di interessi legittimi
come responsabilit da contatto sociale qualificato stata ripresa anche nella
sentenza 4461/2005 sempre del Consiglio di Stato dove se ne ri-afferma il carattere
sui generis infatti non si esclude del tutto il carattere aquiliano della responsabilit
della P.A. ma si contamina la disciplina con regole della responsabilit contrattuale al
fine di superare i problemi sopra evidenziati.
A radicalizzare questapproccio la Cass. Civ. 157/2003 secondo cui:
Il modello della responsabilit aquiliana pi idoneo in quelle ipotesi di
violazione di un diritto soggettivo in seguito ad unattivit materiale
dellamministrazione che abbia leso linteresse al bene della vita di un
qualunque soggetto, al di fuori di un rapporto, pertanto da ci deriva
lirrisarcibilit dellinteresse legittimo quando la coincidenza dellinteresse
privato con linteresse pubblico non dipende da un rapporto;
Il contatto del cittadino con lamministrazione caratterizzato da uno specifico
dovere di comportamento nellambito di un rapporto che specifico e
differenziato;
Linizio del procedimento fa quindi divenire linteressato beneficiario di obblighi;
Linteresse al rispetto di queste regole autonomo rispetto
allinteresse al bene della vita perch si riferisce a fatti
procedimentali;
Pertanto la lesione dellinteresse legittimo in realt inadempimento delle
regole dellazione amministrativa integrando una responsabilit che molto
simile a quella contrattuale in quanto gli obblighi procedimentali sono delle vere
e proprie prestazioni da adempiere secondo il principio di correttezza e buona
fede.
Questo radicale distacco dellinteresse legittimo dal bene della vita con la sua
conseguente riduzione ad un interesse procedimentale presenta 2 inconvenienti:
Si priva di ogni limite la responsabilit della P.A. perch ad ogni norma del
procedimento amministrativo pu riconnettersi un interesse alla sua
osservanza;
Si limita il risarcimento del danno al solo interesse negativo.
Questa impostazione non viene condivisa dal Consiglio di Stato che reagisce con la
sentenza 1945/2003 affermando che non si pu convalidare che la pretesa
risarcitoria non abbia ad oggetto il pregiudizio derivante dalla violazione
dellobbligo di comportamento senza considerare la soddisfazione
dellinteresse finale infatti andrebbe risarcito proprio il pregiudizio derivante
dalla preclusione frapposta dalla P.A. alla realizzazione del bene finale
desiderato in quanto ci svuoterebbe di valore la stessa tutela risarcitoria
specie nei casi di soggetti portatori di interessi economici di rilievo.
In virt di queste considerazioni il Consiglio di Stato decide di voltar pagina e con la
sentenza 32/2005 abbandona la concezione della responsabilit della P.A. come
responsabilit da contatto affermando che le esigenze di semplificazione
probatoria possono essere soddisfatte rimanendo entro i pi sicuri e
coerenti confini della responsabilit aquiliana ma utilizzando, per la verifica
dellelemento soggettivo, le presunzioni semplici di cui agli artt. 2727 e 2729
c.c.
I TAR si adeguano alla decisione del Cons. di Stato infatti:
Il TAR Lazio nel 2007 afferma che la pretesa al risarcimento del danno ingiusto
derivante da lesione dellinteresse legittimo si fonda su una lettura dellart.
2043 che riferisce il carattere dellingiustizia al danno e non alla condotta,
cosicch il presupposto essenziale della responsabilit non la violazione delle
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70
PARTE II
I PREGIUDIZI DELLA SFERA PERSONALE E IL DANNO NON PATRIMONIALE
Introduzione
La questione del danno non patrimoniale e le contraddizioni del diritto
vivente
Nella communis opinio la responsabilit civile si riteneva deputata alla tutela del
patrimonio, come dispositivo per la riallocazione della ricchezza materiale infatti si
riteneva che il danno avesse una dimensione economicistica e ci trovava conferma
nella nozione di risarcimento centrata sulle nozioni di perdita o mancato
guadagno.
In questo quadro, lart. 2059 c.c. era considerato superfluo in quanto esclude il
risarcimento del danno non patrimoniale tranne nei casi espressamente indicati dalla
legge infatti si prestava attenzione alla norma solo per quanto eccezionalmente
ammetteva ovvero la risarcibilit del danno morale qualora lillecito civile avesse
integrato una fattispecie penale.
Questa impostazione economicistica fu messa in crisi dal c.d. danno biologico infatti
si riteneva che la lesione dellintegrit fisica e della salute davano accesso alla
responsabilit civile solo per i danni propriamente patrimoniali quali ad esempio le
spese mediche e la riduzione della capacit lavorativa mentre lidea del danno
biologico nasce proprio dalla polemica con questo modo di vedere il danno infatti a
questa tradizionale concezione sono state opposte 2 critiche, una sul piano dogmatico
e laltra sul piano dei valori, che hanno messo in luce 2 paradossi:
Il paradosso per cui il danno che d luogo a responsabilit scompare in sede di
determinazione delle sue conseguenze giuridiche infatti lordinamento non pu
affermare la tutela aquiliana in caso di lesione del diritto alla salute e poi negare
la rilevanza di questa lesione in sede di risarcimento;
Il paradosso per cui un valore personalistico e garantito dalla Costituzione
riceverebbe tutela solo per il suo aspetto materiale infatti lordinamento non
pu ridurre la tutela della persona a semplice tutela della ricchezza materiale.
In virt di queste considerazioni il danno biologico consiste nel pregiudizio
riguardante la lesione in s e per s considerata dellintegrit fisica e della
salute a prescindere da tutte le possibile ricadute economiche pertanto al
danneggiato spetta una somma di denaro che rappresenti solo questa
lesione a cui si potranno aggiungersene altre per il danno patrimoniale
consequenziale e per il danno morale in senso stretto.
La concezione del danno biologico quindi abbatte quella dimensione strettamente
patrimoniale del danno e considerando che la persona non riducibile alla sola salute
sembrerebbe inevitabile lespansione della tutela allintero danno esistenziale, cio a
71
qualunque modificazione concreta e negativa della sfera personale il che a sua volta
priverebbe di ragione la negazione di tale tutela nella responsabilit contrattuale.
La responsabilit sembrerebbe quindi essersi ridefinita passando da una responsabilit
dellavere ad una responsabilit dellessere grazie allimpulso di istanze etico sociali.
In realt possibile osservare che anche se la responsabilit si estende
ricomprendendo sempre pi ambiti della complessit sociale le analisi della
responsabilit oggettiva e dellingiustizia hanno dimostrato che la ridislocazione di
problemi sociali nel codice binario, lecito/illecito, della responsabilit dipende non
tanto da istanze etico sociali ma da parametri di razionalit economica e da sviluppi
della funzione conservativa.
Capitolo I
Linterpretazione riduzionistica dellart. 2059 e il risarcimento del danno
biologico
1. La via ordinaria al risarcimento del danno biologico
Ci sono 2 versioni attraverso cui si raggiunta la depatrimonializzazione della
responsabilit civile ovvero:
La versione ordinaria che parte da una reinterpretazione del concetto di
danno dellart. 2043 c.c. alla luce dellingiustizia;
La versione costituzionale che parte da una reinterpretazione della
fattispecie aquiliana in base allart. 32 Cost.
La versione ordinaria stata la prima ad essere elaborata dalla giurisprudenza degli
anni 80 sulla scia della scoperta del concetto di ingiustizia del danno e sulla
convinzione che essa offrisse un passe-partout per qualsiasi cambiamento in materia
aquiliana infatti la Cass. 2396/83 e 2422/84 affermavano la risarcibilit del danno
biologico attraverso linterpretazione del danno ingiusto ex art. 2043 c.c.,
presentandola come costituzionalmente dovuta senza neanche richiamare lart. 32
Cost.
Largomentazione di questa versione riassumibile in 3 fasi:
Lart. 2043 c.c. pone il principio della risarcibilit del danno ingiusto senza
specificare che il danno debba essere di natura patrimoniale pertanto fa
riferimento ad un genus caratterizzato dallingiustizia del danno e non dalla sua
patrimonialit;
Il danno biologico costituisce una species di questo genus e si affianca alla altre
species quali il danno patrimoniale e il danno non patrimoniale;
Il danno biologico risarcibile ex art. 2043 c.c. perch rientra nel genus del
danno ingiusto e non subisce i limiti dellart. 2059 c.c. in quanto diverso dalla
species del danno non patrimoniale che subisce detti limiti.
In realt questa argomentazione solo apparente in quanto non vi alcun argomento
atto a legittimare la risarcibilit del danno biologico infatti a ben vedere danno
patrimoniale e non patrimoniale non possono essere considerati species del genus
danno ingiusto perch patrimonialit e ingiustizia sono dei filtri posti dallordinamento
al fine della rilevanza aquiliana infatti:
72
La contraddizione portata avanti dalla Corte evidente infatti parte dalla teoria
generale dellillecito giuridico al fine di distinguere levento dannoso dal danno
conseguenza per poi affermare come nei casi di lesione di diritti patrimoniali non vi
responsabilit senza danno economico ovvero senza il c.d. danno-conseguenza.
In realt, tutto limpianto dogmatico che si dimostra fragile infatti debole
largomento per cui la tutela extracontrattuale dellintegrit psico-fisica trovi
fondamento nella novit dellart. 32 Cost. e nel valore da esso riconosciuto alla salute
pertanto risulta altres debole fondare su questo presupposto la rottura dello schema
tradizionale della responsabilit.
In merito basti pensare che lintegrit psico-fisica di certo non ha dovuto attendere
lart. 32 Cost. per vedersi riconosciuta come diritto inalienabile della persona e vedere
la propria lesione sanzionata dalla responsabilit civile.
In realt, la questione della risarcibilit del danno biologico non riguarda la tutela
aquiliana dei diritti della personalit, ma il modo in cui concepita la persona infatti
linterrogativo non riguarda la scontata tutela della salute ma piuttosto se la tutela
della salute possa esaurirsi col rimedio aquiliano pertanto il vero problema il
rapporto tra persona e denaro.
Pe sostenere che lart. 32 Cost. impone di rideterminare il contenuto dellart. 2043 c.c.
occorrerebbe dimostrare che lart. 32 Cost. si rivolga anche ai rapporti tra privati in un
modo tale da richiedere di superare lincommensurabilit della persona e la sua
incomparabilit al denaro e di esigere listituzione di equivalenze tra persona e denaro.
Ma che lart. 32 Cost. possa avere questo valore normativo da escludere in quanto,
al contrario, rivolto allo Stato infatti ha costituito il fondamento di molte
manifestazioni del Walfare State mentre ha poco a che vedere con lo sviluppo della
responsabilit civile.
Le ragioni per superare lincommensurabilit della persona e per istituire le
equivalenze tra persona e denaro vanno cercate altrove.
Capitolo II
La neutralizzazione costituzionale dellart. 2059 e il risarcimento del danno
esistenziale
1. La questione del danno esistenziale
A met degli anni 80 la risarcibilit del danno biologico, oltre i limiti dell'art. 2059 c.c.,
era ormai scontata solo che nessuno degli argomenti adottati era convincente per
circoscrivere la rilevanza del danno alla persona al solo danno biologico ed al contrario
tutte le impostazioni seguite per avvalorare il superamento del danno reddituale
venivano utilizzate per estendere il risarcimento al danno esistenziale infatti,
durante gli anni 90 la risarcibilit del danno esistenziale viene spiegata:
75
Capitolo III
Verso lintegrale equiparazione del danno personale al danno patrimoniale
1. La pretesa tipicit del danno non patrimoniale e i suoi 2 possibili sensi
Le sentenze 8827 e 8828 del 2003 avevano espressamente affermato il
riconoscimento della lata estensione della nozione di danno non patrimoniale per cui
non sembra proficuo ritagliare varie figure di danno etichettandole in vario modo
ovvero come danno biologico, danno esistenziale o danno morale soggettivo.
Ma sul senso di questo passaggio, la giurisprudenza successiva si divisa infatti una
parte ha trovato spunto per affermare la chiusura del danno non patrimoniale in un
regime di rigida tipicit ed unaltra ha trovato spunto per affermare una generale
risarcibilit anche del danno esistenziale.
Nella sentenze 6572/2006 le Sezioni Unite hanno affermato che il danno non
patrimoniale include sia il danno biologico che il danno morale ed esistenziale
specificando come:
Il danno biologico subordinato allesistenza di una lesione allintegrit psicofisica medicalmente accertabile;
Il danno morale ha una natura emotiva ed interiore;
Il danno esistenziale costituito da ogni pregiudizio, oggettivamente
accertabile, provocato sullaspetto areddituale del soggetto, che alteri le sue
abitudini e gli assetti relazionali della sua vita, inducendolo a scelte di vita
diverse relativamente allespressione e realizzazione della sua personalit.
Questa interpretazione non sembra per nulla in contrasto con il disposto delle
sentenze gemelle in quanto muove semplicemente dallidea che nella lata
estensione del concetto di danno non patrimoniale continui ad essere opportuno
distinguere voci diverse oltre che per le possibili differenze probatorie anche per
verificare che danno non patrimoniale riceva ristoro in tuta la sua estensione.
Parte della Cassazione ha per visto nel riconoscimento del danno esistenziale un
fraintendimento delloperazione effettuata con le sentenze 8827 e 8828 e il
superamento dei limiti, posti da queste 2 sentenze, alla risarcibilit del danno non
patrimoniale infatti con sentenza 23918/2006 si puntualizzato che latipicit
dellillecito aquiliano limitata al risarcimento del danno patrimoniale, mentre per il
danno non patrimoniale non esiste unastratta categoria di danno esistenziale
80
risarcibile in quanto resta fermo il limite dei casi stabiliti dalla legge ex art. 2059
c.c., per tali intendendosi sia quelli espressamente previsti dalla legge sia quelli di
lesione di specifici valori della persona umana garantiti dalla costituzione.
Questa tipicit del danno non patrimoniale stata poi ribadita da altre 2 sentenze
della Cassazione ovvero la 9510/2007 e la 9514/2007 le quali hanno anche provato a
riassorbire il danno esistenziale allinterno del danno biologico per paura di
unespansione incontrollata del danno non patrimoniale.
Proprio il timore di unespansione incontrollata del danno non patrimoniale ha fatto s
che le Sezioni Unite fossero investite con lordinanza 4712/2008 circa unalternativa
tra:
Una concezione del danno non patrimoniale tipica basata sullinterpretazione
dellart. 2059 c.c. in forza della quale il risarcimento possibile solo in presenza
di unespressa previsione normativa o della lesione di un diritto
costituzionalmente garantito;
Una concezione del danno esistenziale autonoma che comprende qualunque
lesione, durevole e seria, della situazione di vita precedente, suscettibile di
risarcimento a prescindere dalla violazione di un interesse costituzionalmente
garantito.
In realt questa alternativa solo apparente infatti il requisito dellattinenza del danno
ad una situazione costituzionalmente rilevante con conseguente tipicit pu essere
inteso solo in modi infatti:
Se la tipicit riferita al fatto lesivo che ha provocato il pregiudizio si riprende
il modo di funzionamento dellart. 2059 c.c. quando viene integrato con lart.
185 c.p. infatti il danno non patrimoniale risarcibile quando il fatto che lo ha
causato integra un reato o quando ad essere leso un diritto
costituzionalmente garantito pertanto il danno non patrimoniale irrisarcibile
quando viene lesa una situazione giuridicamente protetta ma
costituzionalmente irrilevante.
In questa accezione la tipicit attiene alla natura dellinteresse la cui lesione fa
insorgere la responsabilit;
Se la tipicit riferita alle conseguenza dannose si riprende il modo di
funzionamento dellart. 2059 c.c. quando viene riferito a diritti e valori
costituzionali infatti lidea della tutela minima non ammette condizionamenti
pertanto il pregiudizio di diritti e valori costituzionali trova sempre compenso
risarcitorio poich ci che conta che sia stata deteriorata una situazione
costituzionalmente rilevante e non il tipo di fatto lesivo che lha provocata.
Il danneggiato pertanto ha diritto al risarcimento a prescindere dal fatto che
lingiustizia del fatto lesivo dipenda dalla violazione di un diritto
costituzionalmente protetto o dalla lesione di una situazione soggettiva
giuridicamente rilevante in quanto lart. 2059 c.c. non opera a monte, come
criterio di selezione di fatti lesivi suscettibili di risarcimento per il danno non
patrimoniale, ma a valle, come criterio di selezione dei danni non patrimoniali
da ammettere alla tutela risarcitoria a prescindere dal fatto lesivo.
In questa accezione la tipicit attiene alla natura dellinteresse di cui si chiede il
risarcimento e al quale commisurare lequivalenza pecuniaria.
Per comprendere come operino queste 2 accezioni della tipicit basta prendere in
considerazione il caso in cui venga deteriorata la qualit della vita a seguito della
morte di un animale infatti:
Se la tipicit riferita al fatto lesivo non vi la risarcibilit del danno
esistenziale in quanto il fatto lesivo non coinvolge una situazione soggettiva
costituzionalmente rilevante;
81
83
del valore di affezione verso le cose ovvero il c.d. pretium affectionis, che coinvolge il
rapporto sistemico tra la funzione compensativa del risarcimento e il mercato.
La funzione sistemica riconosciuta al mercato impedisce che la soggettivit del valore
attribuito dal danneggiato al bene o alla prestazione possa scalzare loggettivit del
valore commerciale infatti si persegue lobiettivo di rendere universale il valore duso
sociale e di togliere rilevanza al valore duso individuale giacch solo cos facendo i
privati possono entrare in rapporto tra loro e organizzare il ricambio sociale secondo il
principio del consenso e quindi del libero scambio pertanto lesistenza stessa di un
valore di scambio fa rimanere latente, dal punto di vista del mercato e
quindi del diritto, il valore duso individuale.
La funzione del mercato spiega perch irrisarcibile il danno non patrimoniale che
dipenda dal valore daffezione che la cosa rivestiva per il suo proprietario.
La conclusione sarebbe diversa qualora risulti che il danneggiante abbia ucciso il
cagnolino o il cavallo proprio per colpire il proprietario infatti, in questo caso non si
considera pi il valore della cosa per il benessere del proprietario ma il benessere che,
attraverso la distruzione della cosa, il danneggiante ha voluto pregiudicare.
Si evince quindi come il principio del mercato cede quando il danno alla cosa
solo uno strumento per pregiudicare la qualit della vita del
proprietario.
La disattivazione del principio mercantile pu essere rinvenuta in Cass. 7713/2000
secondo cui va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno del figlio naturale a
seguito della condotta del genitore, riconosciuto tale da una dichiarazione giudiziale, e
che per anni aveva rifiutato di corrispondergli i mezzi di sussistenza infatti in questo
caso, il principio sistemico che fa ritenere irrilevante la pena subita da chi si dovuto
sobbarcare un giudizio per far valer le proprie ragioni, cede quando le modalit di
esercizio del diritto di difesa sono uno strumento per infliggere la pena.
Allo stesso modo anche Trib. Milano 2003 secondo cui nel caso di danno ad una
propriet immobiliare causato da infiltrazioni dacqua, risarcibile il danno alla vita di
relazione subito dai proprietari, sotto il profilo del disagio di abitare infatti in questo
caso il danneggiato invocava non il valore duso individuale della casa, ma il valore
duso sociale, cio labitare rispetto allabitazione che, tra laltro, ha unattinenza
peculiare con la qualit della vita.
Ancora il limite mercantile viene disattivato quando non si versa pi nel campo del
valore di affezione della cosa e nel mero malvivere che la perdita causa ma si
sconfina in una patologia, come la sindrome depressiva, infatti in questo caso si
in presenza di un danno ulteriore che non sottost alla logica economica.
Sintetizzando possibile affermare che il risarcimento del danno non
patrimoniale per la lesione di un diritto patrimoniale si configura solo
quando:
La lesione del bene strumentale al pregiudizio della sfera personale
del proprietario;
Le condizioni di esistenza del proprietario hanno una particolare
inerenza al valore duso proprio del bene leso;
Il malvivere diventa vera e propria patologia superando lambito del
valore di affezione.
4.2 b) Il danno personale da inadempimento contrattuale
I problemi circa la risarcibilit del danno non patrimoniale scaturente da
inadempimento contrattuale derivano, prima che dallart. 2059 c.c., da altri 2 articoli
del codice civile ovvero:
Lart. 1174 c.c. che pone il limite della patrimonialit della prestazione;
90
Lart. 1223 c.c. che indica, come risarcibili, solo la perdita e il mancato
guadagno.
Pertanto il dato testuale di queste due norme sembra voler dar rilievo solo alla
dimensione economica del danno.
Questo dato testuale sarebbe superabile ma anche qualora si riuscisse in ci i
problemi circa la risarcibilit del danno non patrimoniale scaturente da inadempimento
persisterebbero in quanto se si ammettesse il risarcimento del danno non
patrimoniale, si finirebbe col dare rilievo alla sofferenza e al turbamento delle
condizioni di esistenza che linadempimento pu procurare.
Ma la pena che linadempimento pu suscitare non mai stata preclusa dalla
sconvenienza di remunerare il dolore con il denaro bens dalla sconvenienza di
mettere in mezzo il dolore nelle questioni di denaro.
Anche in questo caso lirrisarcibilit del danno da ricercare nei principi sistemici
dellordinamento infatti:
Le ragioni di scambio fissate nellequivalenza contrattuale segnano i limiti entro
cui ciascun contraente si assume i rischi del rapporto con laltro infatti il prezzo
delimita lambito di rilevanza delle aspettative contrattuali e, poich si
determina in base al valore duso sociale della prestazione, il calcolo
delle delusioni e il risarcimento di eventuali pregiudizi sono circoscritti
a quel valore;
Lordinamento, nel disciplinare il contratto, ha assunto un modello antropologico
di contraente su cui misura reazioni e rimedi infatti il rischio di
inadempimento rientra nellordinario dello scambio e per un
contraente ordinario circoscritto alla dimensione economica, in
modo che se il contraente dovesse soffrire per linadempimento,
questo significherebbe solo che quel soggetto non era adeguato ad
entrare nel mercato, cio non aveva la tempra giusta.
Visto i 2 principi sistemici possibile affermare che il danno personale da mero
inadempimento rientra tra i rischi non contabilizzati in contratto, cio tra i rischi che
lordinamento lascia a carico di chi li subisce pertanto lirrisarcibilit del danno non
patrimoniale non deriva da considerazioni che attengono allart. 2059 c.c. o al silenzio
sui valori costituzionali, ma deriva dai principi che regolano la distribuzione dei rischi
della contrattazione.
La generale irrisarcibilit del danno non patrimoniale a seguito di un inadempimento
contrattuale sembrerebbe essere messa in crisi da una giurisprudenza che ha
riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale, come danno esistenziale, per
linadempimento di obblighi contrattuali.
Tra queste ipotesi rientrano certamente i rapporti di lavoro infatti una
giurisprudenza, ormai consolidata, ammette il risarcimento del danno esistenziale che
scaturisce da mobbing o da demansionamento o da violazioni di riposi settimanali.
Per non entrare in contraddizione con questo consolidato orientamento
giurisprudenziale, la Cass. con sent. 6572/2006 ha affermato la risarcibilit del danno
esistenziale partendo dallassunto che:
La responsabilit del datore di lavoro deriva dalla violazione dellobbligo di cui
allart. 2087 c.c.;
La locuzione usata nellart. 2087 c.c. (tutela dellintegrit fisica e della
personalit morale del lavoratore) assicura laccesso alla tutela di tutti i danni
non patrimoniali pertanto per superare i limiti dellart. 2059, non necessario
verificare che linteresse leso abbia rilevanza costituzionale, perch gi
protetto da una norma del codice civile.
Anche le Sezioni Unite confermano questa tesi in quanto nella sentenza 26972/2008
affermano che la violazione dellart. 2087 consente la risarcibilit del danno
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Trib. Marsala nel 2007 ha precisato che il danno per la perdita del bagaglio non
esistenziale ma morale per la violazione del diritto ad esplicare la propria
personalit anche in vacanza, che rientra nellart. 2 Cost.;
Come anticipato in queste ipotesi, il risarcimento del danno esistenziale non
deriva dal fatto che alla vacanza viene riconosciuto un valore costituzionale,
ma dal fatto che loggetto del contratto proprio il benessere del contraente
e che la prestazione implica il coinvolgimento della persona del contraente.
possibile quindi affermare che in queste ipotesi la soglia del disagio che da accesso
al risarcimento pi bassa di quella del danno non patrimoniale extracontrattuale e
che le condizioni della tutela risarcitoria sottostanno alla disciplina generale del
contratto.
Tutto questo vale ancora di pi quando loggetto del contratto la cura medica di un
paziente, per cui linadempimento incide sulla sua integrit psico-fisica infatti n merito
basta ricordare:
Trib. Lucca 2007 secondo cui il medico risponde dei danni, ivi compreso il danno
esistenziale, che sono conseguenza immediata e diretta del suo
inadempimento;
Trib. Genova 2007 secondo cui in tema di risarcimento dei danni derivanti da
responsabilit medica, con riguardo allinvalidit permanente procurata al
paziente, si pu collegare un danno esistenziale, se c stato un pregiudizio alla
vita quotidiana del danneggiato.
Un problema di risarcimento del danno non patrimoniale nella materia
contrattuale si configura solo in 2 casi:
Quando lintegrit fisica e la personalit morale di un contraente
rimangono esterne al contratto ma lesercizio dei poteri che
scaturiscono dal contratto necessariamente influiscono su di esse;
Quando loggetto della prestazione dovuta ha a che vedere col
benessere o con la qualit della vita del contraente deluso o con la sua
stessa integrit psico-fisica o salute.
Questa la reale portata del principio sancito dalle Sez. Unite nel 2008 secondo cui il
danno non patrimoniale pu derivare anche dallinadempimento di unobbligazione
contrattuale ed risarcibile:
Nei casi stabiliti dalla legge;
Quando linadempimento ha leso in modo grave un diritto della persona tutelato
dalla Costituzione.
4.3 c) Il danno personale delle vittime secondarie
Lultimo luogo di criticit della rilevanza del danno personale costituito dal limite del
relativo risarcimento dal punto di vista dei soggetti legittimati a richiederlo infatti, il
riconoscimento del danno esistenziale come autonomo titolo di risarcimento ha tolto
ogni limite alla cerchia delle vittime secondarie legittimate a richiedere il risarcimento
iure proprio del danno non patrimoniale.
In particolare il problema si era posto per la convivente ed in merito la Cass. pen. del
94 aveva rilevato che, ai fini della legittimazione del convivente della vittima a
richiedere il risarcimento, viene in considerazione non il rapporto interno tra i
conviventi ma laggressione che questo rapporto ha subito a seguito dellopera del
terzo mentre giuridicamente irrilevante che il rapporto interno non sia disciplinato
dalla legge infatti laggressione da parte del terzo legittima il convivente a costituirsi
parte civile perch stato leso nel proprio diritto di libert alla continuazione del
rapporto che si qualifica come un diritto assoluto e tutelabile erga omnes ex art. 2
Cost.
93
La Cass. civ. 2988/94 ha confermato la risarcibilit del danno non patrimoniale patito
dalla convivente ma motivandolo in maniera diversa infatti sancisce che, nellambito
della famiglia di fatto, la morte del convivente provocata da fatto ingiusto altrui fa
nascere nel partner il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059
c.c. per un patema danimo analogo a quello che si pu generare nellambito della
famiglia legittima.
Questa stessa linea stata in parte ripresa anche dalla Cass. 15760/2006 che parte
dalla considerazione che il danno morale per natura e per essenza lesione
dellintegrit morale e prosegue dicendo che il danno ingiusto subito dai parenti per la
morte del congiunto deve essere collocato allinterno dellart. 2059 c.c. e non potr
essere limitato alla sola famiglia legittima ma deve essere estesa anche quando a
richiedere il risarcimento siano i nuovi parenti di una situazione di vita in comune.
La motivazione addotta al fine di giustificare la risarcibilit del danno non patrimoniale
ha una notevole rilevanza in quanto il richiamo allart. 2 Cost. aprirebbe il risarcimento
del danno non patrimoniale a tutti coloro che in fatto deducono un deterioramento
serio e sicuro delle condizioni di vita a seguito del danno subito dalla vittima primaria.
Partendo proprio da questa considerazione gi la Corte dAppello di Genova nell84
aveva affermato che il danno non patrimoniale da omicidio colposo, legittima alla
riparazione i fratelli del defunto e, iure hereditatis, i nipoti mentre Trib. Locri nell87
precisava che il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla
morte non va riconosciuto ai congiunti prossimi della vittima solo in base al
rapporto di stretta parentela, ma anche per le condizioni personali e per ogni altra
circostanza del caso concreto pertanto il semplice stato di nipote (ex fratre o ex
sorore), anche se fa supporre un dato emotivo, non sufficiente per fare una
valutazione apprezzabile della sofferenza in sede giudiziaria essendo la condizione di
congiunto prossimo solo uno dei requisiti da soddisfare per accertare leffettiva
sofferenza.
Infine la Cass. 14019/2005 ha ammesso il risarcimento del danno ai nipoti per la morte
del nonno dopo aver premesso che, nel caso di morte di un familiare il risarcimento
del danno non patrimoniale ammissibile per i congiunti non conviventi
qualora sussista un legame basato su una frequentazione in atto e sulla
consapevolezza della presenza in vita di una persona cara.
A ben vedere il riferimento alla Costituzione costituiva solo un espediente retorico
mentre il riferimento a un legame basato su una frequentazione in atto e sulla
consapevolezza della presenza in vita di una persona cara non pone alcun argine alla
dilatazione dei soggetti che possono chiedere il risarcimento.
In passato simili questioni venivano risolte distinguendo tra danni diretti e danni
indiretti ossia ricorrendo ad un lessico della causalit che evocava una sorta di
confine tra danno e disgrazia.
Le sentenze gemelle hanno ripreso, in un certo senso, questa distinzione solo che,
se vero che il parlare di danno riflesso o di rimbalzo non coglie nel segno, anche
vero che inadeguato parlare di un evento plurioffensivo infatti la lesione
contestuale e immediata per tutti i soggetti titolari degli interessi incisi e proporre di
considerare la lesione delle posizioni giuridiche protette selezionando quelle risarcibili
in base ai criteri della causalit giuridica ex art. 1223 c.c. appare parimenti
inopportuno in quanto:
La morte o linvalidit della vittima primaria non stanno sullo stesso piano del
pregiudizio subito dalle vittime secondarie;
Selezionare causalmente, tra le vittime secondarie, quelle da ammettere alla
tutela risarcitoria appare assolutamente arbitrario.
Oltretutto il lessico della causalit perde ogni capacit persuasiva quando 2 pregiudizi
si pongono nello stesso ordine di derivazione causale dallillecito ma sembrano da
trattare in modo diverso.
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In molte decisioni si sottolinea la necessit che il danno esistenziale sia oggetto di una
specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio e vada
dimostrato con tutti i mezzi di prova consentiti dallordinamento ma in realt il
problema non attiene alla necessit o alla modalit della prova quanto piuttosto al
cosa si deve provare.
A ben vedere molte delle difficolt verso il risarcimento del danno esistenziale subito
dalle vittime secondarie derivano dalla confusione di 2 concetti diversi ovvero:
Il deterioramento del modus vivendi essenziale per lespressione e lo sviluppo
della persona in quanto partendo da questa accezione vi il rischio di
unincontrollabile estensione dei soggetti legittimati a richiedere il risarcimento;
Limpraticabilit di scelte di vita consolidate in quanto partendo da questa
accezione al contrario il parametro risulterebbe troppo restrittivo qualora si
discuta circa il risarcimento del danno non patrimoniale subito dalla vittima
primaria.
La distinzione in 2 concetti di danno mostra 2 diversi tipi di problema che dipendono
dal soggetto che faccia valere il pregiudizio:
Quando a richiedere il risarcimento la vittima primaria, il danno
esistenziale non altro che la proiezione operativa della lesione
dellintegrit psico-fisica ovvero rappresenta il valore duso dellintegrit
perduta che prima veniva chiamato danno biologico e si diceva fosse in re ipsa.
Il danno che giustifica la pretesa risarcitoria consiste nella perdita
dellintegrit psico-fisica mentre laggettivo esistenziale si riferisce
al parametro secondo cui determinare il quantum della perdita
pertanto in questo caso il danno esistenziale va sempre risarcito
perch un pregiudizio indipendentemente dallentit e gravit;
Quando a richiedere il risarcimento siano le vittime secondarie, il danno
esistenziale un pregiudizio del tutto autonomo infatti necessario
stabilire sia lan che il quantum poich dal punto di vista giuridico il danno
esistenziale costituisce proprio la ragione giuridica, il titolo che
legittima a richiedere il risarcimento e va valutato secondo un
differente parametro che distingue tra ci che ha a che fare col diritto
e ci che affidato ad altri sistemi della societ come il conforto di amici
e parenti.
Il danno esistenziale patito dalla vittime secondarie va risarcito solo se si
oltrepassa la soglia che determina la rilevanza giuridica la quale non attiene
alla gravit del deterioramento delle condizioni di vita o alla sofferenza patita
ma dipende da una giustificazione giuridica.
Come noto il risarcimento consiste in un trasferimento di ricchezza che viene
predisposto dallordinamento solo qualora lo ritenga giustificato.
Nel campo della responsabilit civile, vige il principio che il danno come mero fatto
non giustifica il trasferimento di ricchezza in quanto occorre che il danno sia
ingiustificato.
Quando il danno riguarda la sfera soggettiva della vittima primaria, lingiustificabilit
viene individuata nellingiustizia, ossia nella conclusione che lagente avrebbe
dovuto astenersi dal comportamento che ha provocato il danno. Nei conflitti
occasionali, dove di norma si situano le ipotesi di danno alla persona, un pregiudizio,
per essere qualificato come ingiusto, deve essere il frutto di un rischio intollerabile che
viene ritenuto tale anche in virt della gravit del danno pertanto la scarsa gravit del
danno pu concorrere ad escluderne la risarcibilit in quanto il rischio che ne causa
risulti tollerabile.
Quando il danno riguarda la sfera soggettiva di vittime secondarie, la
giustificazione del trasferimento di ricchezza e, quindi, la selezione tra
danno ingiustificabile e danno da lasciare a carico di chi lo ha subito saranno
individuate interrogandosi sulle condizioni minime alle quali lordinamento
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Capitolo IV
Levoluzione del danno alla persona tra rottura del diritto vivente e
continuit del sistema giuridico
1. La funzione complementare dellart. 2059 ed il carattere residuale del danno non
patrimoniale
Al fine di comprendere la portata normativa dellart. 2059 c.c. occorre ripercorrere la
storia che port alla sua introduzione nel codice del 1942.
Lart. 1151 cod. civ. ab. riproduceva lart. 1382 del Code Napoleon pertanto dottrina e
giurisprudenza riprendevano e ribadivano le stesse elaborazioni dottrinali e
giurisprudenziali francesi, in base alle quali con lespressione danno morale si
intendeva un danno che andasse dalla lesione dellonore e della reputazione
(conseguenze non economiche della lesione allintegrit fisica) alle condizioni di
disagio, fastidio, sofferenza.
La categoria del danno morale ammesso al risarcimento equivaleva al danno non
economico ossia a tutto il pregiudizio che non attiene al patrimonio.
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connotato oggettivo del danno del quale andava constatata la presenza o lassenza
nel caso concreto ma bens come unoperazione del diritto che dipendeva da una
scelta riguardante il rapporto tra diritto e morale pertanto vi erano dei valori
convertibili in denaro e valori per i quali ci non era accettabile.
Il criterio della patrimonialit non si rinveniva in natura ma era qualcosa di
artificiale istituito socialmente e socialmente governabile consistendo quindi in un
dispositivo socialmente evolutivo.
Il carattere socialmente evolutivo della patrimonialit utilizzato dallordinamento al
fine di distinguere tra ci che giuridicamente rilevante e ci che di competenza di
altri sistemi sociali sia per la funzione attributiva/appropriativa sia per la funzione
traslativa come desumibile:
Dallart. 814 c.c. secondo cui sono beni le energie naturali che hanno valore
economico;
Dallart. 2585 c.c. secondo cui le nuove invenzioni conferiscono diritti
allinventore se hanno attitudine allutilizzazione economica;
Dallart. 1174 c.c. secondo cui pu essere dedotta in obbligazione qualunque
prestazione suscettibile di valutazione economica.
In queste funzioni fondamentali il principio di patrimonialit ha il compito di
selezionare ci di cui si occuper il sistema giuridico secondo il criterio della
scambiabilit infatti rientra tra i beni giuridici e pu essere scambiata
qualunque risorsa che pu tramutarsi in valore di scambio.
Il transito dai sistemi sociali al dominio del diritto avviene quindi attraverso il mercato
infatti diviene giuridicamente rilevante quel quid che concepito per il mercato e che
dal mercato ritenuto concepibile come suo oggetto.
Rispetto alla funzione conservativa il principio di patrimonialit deve essere
rappresentato ad un ulteriore livello di astrazione infatti, la scambiabilit
non altro che la conseguenza della convertibilit in denaro.
Il limite della patrimonialit (cio la possibilit di convertire il danno in denaro)
esprime il limite intrinseco del sistema giuridico moderno infatti il diritto privato pu
occuparsi solo di ci che pu sottoporre ai suoi out-puts i quali hanno carattere
monetario pertanto il diritto privato pu sottoporre ai suoi out-puts monetari solo ci
che pu essere convertito in denaro.
Il dispositivo aquiliano diviene quindi una tautologia dove il danno risarcibile
e quindi convertibile in denaro, solo quel danno convertibile in denaro, e
quindi risarcibile.
A rendere produttiva questa tautologia limmaginazione sociale relativa
alla patrimonialit ovvero la convertibilit in denaro dei pregiudizi.
Da questo punto di vista, il senso dellart. 2059 c.c. era quello di sottrarre a questo
dispositivo dellimmaginazione sociale i casi stabiliti dalla legge infatti al di fuori di
questi casi, limmaginazione sociale era deputata a governare il transito dei beni e dei
valori dai sistemi sociali al dominio del diritto ovvero a regolare laccesso alla tutela
risarcitoria.
3. e lesaurimento della sua capacit selettiva
La patrimonialit rappresenta quindi un significato sociale infatti a parte
per i casi stabiliti dalla legge, la societ che stabilisce, di volta in volta, la
convertibilit in denaro di qualcosa pertanto il confine tra patrimonialit e
non patrimonialit pu modificarsi nel tempo o anche svanire.
In questultima ipotesi il denaro diventa un medium generale delle interazioni sociali
veicolando verso il sistema giuridico e i suoi rimedi molte delle situazioni che prima
erano distribuite in altri sistemi sociali ed esattamente questo quello che avvenuto
quando stato equiparato il danno personale al danno patrimoniale.
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