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DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE

giovedì 17 febbraio 2022 13:06

16-02-2022

Introduzione

Parte generale: porzione storica + principi generali


Parte speciale: settori specifici

Tutela e sfruttamento: tematica importante in termini di sviluppo sostenibile. All’inizio lo sfruttamento era illimitato e quando si è cominciato a parlare di tutela
ambientale si è messo in luce la contrapposizione tra sfruttamento e tutela. Si è poi capito che ci possono essere entrambe le cose nel concetto di sviluppo
sostenibile: sfruttare in modo sostenibile per evitare il depauperamento.
L’altra contrapposizione che si faceva era quella di separare gli esseri umani dall’ambiente stesso. I discorsi sulla tutela ambientale si sosteneva che i due
fossero distinti: tutelare qualcosa di esterno agli esseri umani. In realtà la contrapposizione non ha alcun senso poiché ent rambi sono reciprocamente
influenzati. L’ambiente è essenziale per l’essere umano, per la sua salute, ma anche per il benessere, non solo la sopravvivenza dell’essere umano ma
l’ambiente è importante anche per il benessere dell’essere umano (es. dal punto di vista psichico: importanza del contatto con la natura = maggiore qualità
della vita).

La tutela ambientale è fondamentale per l’essere umano e quindi importante anche dal punto di vista dei diritti umani, forte convergenza: viaggiano nella
medesima direzione. Per tutelare la salute si deve anche tutelare l’ambiente.

Coinvolgimento di molteplici interessi: anche di tipo economico, in passato si pensava in maniera antagonistico la tutela vs. incremento economico. In realtà si
è capito che la tutela ambientale è fondamentale per lo sviluppo economico
• Una società dove non c'è salute non c’è sviluppo economico
• Distruggere le risorse = distruggere il capitale = no sviluppo
Convergenza di interessi
Anche questa idea è ricondotta allo sviluppo sostenibile, lo sviluppo economico deve avvenire in armonia con la tutela ambientale. Ciò perché nella comunità
internazionale maturata l’idea della tutela delle generazioni future: rivoluzione copernicana perché se si ragiona nel breve termine si vanno a depauperare le
risorse per avere il massimo vantaggio economico → ciò fino a pochi anni fa. Anche nel ragionamento economico si capisce che è una strategia suicida nel lungo
periodo

Ambiente non si parla di un solo interesse ma di molteplici

C’è un vantaggio nel fatto che si parli di tutela ambientale ossia che ci sono sempre maggiori mezzi per aumentare le conoscenze
Svantaggio quando il tema viene parlato dalla massa si subisce una considerevole semplificazione: trattato in maniera non competente.
Il cambiamento climatico è messo in primo piano nonostante non sia il solo problema: si cercano mezzi per risolvere un solo problema ignorando il resto (es.
macchine elettriche → produzione, smaltimento etc.; biciclette elettriche green ma bisogna contestualizzare se si aggiungono ai mezzi e quindi defe at l’obiettivo)
Utilizzo del greenwashing
• Ripiantare gli alberi riesce in maniera minore ad assorbire CO2 rispetto a evitare la deforestazione

Molto più che in altri settori del diritto internazionali, in questo settore emergono le differenze economiche in maniera di tutela (tra Stati in via di sviluppo e
Stati industrializzati). Stati in via di sviluppo (nati da decolonizzazione) nati di recente e dopo la tutela dell’ambiente dopo che i Paesi industrializzati avevano
già sfruttato in maniera incontrollata le risorse: si formano due blocchi nettamente contrapposti. Stessa dialettica delle tematiche sopra affrontate: la sintesi è
sempre lo sviluppo sostenibile

Si è capito che l’ambiente è fondamentale per granire la vita e il benessere delle persone, lo sviluppo economico quindi la mancanza della tutela può portare
a violazioni dei diritti delle persone che possono portare a migrazioni forzate le quali, con altri fattori, possono portare a conflitti. Quindi la tutela ambientale è
utile per il mantenimento della pace. Il cambiamento climatico può portare a conflitti.
Recentemente il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si occupa del traffico illecito di animali sotto protezione che possono portare a fini terroristici

Si è compreso che la tutela deve essere affrontata a livello internazionale date le interconnessioni. Solo con il diritto internazionale si può affrontare il
tema/settore.

Questo settore ha però caratteristiche peculiare rispetto al diritto internazionale generale


• Diritto giovane: arbitrariamente 1972, inizio tutela ambientale
• Diritto in forte espansione

Dal punto di vista delle fonti è principalmente pattizio, centinaia di Trattati multilaterali. Si usa principalmente il Trattato, e ci sono poche norme
consuetudinarie, perché data la giovane vita del diritto è difficile che ci siano norme consuetudinarie; è più difficile rilevare una consuetudine che consiste in
una astensione; in continua evoluzione scientifica quindi formare una norma consuetudinaria (seppur c'è ne siano, ma poche) sarebbe difficile che siano
tecniche, ciò per la specificità; il Trattato scelto perché si deve tener conto anche dell’eventuale evoluzione.
Proprio per il legame con la scienza il modo di essere dei Trattati è diverso, trovare un metodo per aggiornare le norme con l’evoluzione delle conoscenze
scientifiche (soluzioni flessibili). Si usa quindi anche in gran parte la soft law, certezza del dato scritto ma da anche la flessibilità necessaria
Si sono sviluppate delle norme particolari che hanno la scienza come contenuto, in particolare modo il principio precauzionale. Serie di regole che dicono
come comportarsi quando la certezza scientifica non c’è → queste considerazioni non valgono in generale, non serve la scienza
Legame del settore con la dimensione economica, i problemi economici sono spesso legati alla tutela ambientale. es. l'estinzione delle specie data dal valore
di tali → quindi anche le soluzioni devono essere di natura economica. Si ritrovano quindi all’interno del settore regole economico -commerciali (es. divieto di commercio di
specie protette)
Adottare misure per tutelare l’ambiente spesso ha un costo elevato quindi gli aspetti economici diventato essenziali. Motivo per cui spesso gli Stati,
nonostante la volontà di affrontare i problemi, non sono in grado di affrontarli dal punto di vista economico, quindi si devono trovare delle soluzioni per aiutare,
soprattutto i Paesi in via di sviluppo. Paesi industrializzati devono aiutare quelli in via di sviluppo

I soggetti sono
• Gli Stati: maggiori responsabili. Comunità dove appare evidente la distinzione tra i diversi gruppi di Stati
• Le organizzazioni internazionali: sono tali che possono aiutare gli Stati sia dal punto di vista economico che tecnico → hanno un ruolo chiave, maggior che
in altri ambiti internazionali, possono es. aiutare in caso manchi la scienza
• Attori non statali: imprese, stanno assumendo sempre un ruolo più di leadership, gli Stati sono troppo lenti e quindi per una tematica in così rapida
evoluzione è scontato rivolgersi a chi può dare una risposta in maniera agile e veloce; la società civile, ruoli anche nella soluzione delle controversie,
monitoraggio del rispetto delle norme etc.; le comunità locali, le quali nel settore ambientale sono cruciali, comunità che sono le più vicine all’ambiente,
sono il baluardo principale per la tutela ambientale

Soluzione delle controversie, per anni ridotta al massimo, con l’importanza cresciuta dell’ambiente nel tempo
• Si sono moltiplicati i tribunali internazionali per l’ambiente
• Aumentati i riferimenti all’ambiente nei Trattati

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• Aumentati i riferimenti all’ambiente nei Trattati
E quindi il contenzioso è aumentato
• Sviluppo di meccanismi di compliance: ai meccanismi tradizionali si sono affiancati dei meccanismi non conflittuali, dove gli Stati si rivolgono per
ottenere assistenza - meccanismi facilitativi. Hanno lo scopo di cercare di ottenere il risultato ambientale, non interessa la condanna ma il
raggiungimento dell’obiettivo sancito es. dal Trattato
• Climate litigation: insieme di ricorsi davanti ad organi da parte di individui o organizzazioni della società civile che hanno citato gli Stati per violazioni di
norme ambientali, principalmente, ma non esclusivamente, legate al cambiamento climatico

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Evoluzione storica

L'evoluzione ricalca l’evoluzione del diritto internazionale in generale. In una fase iniziale, molto lunga fino 1972, il diritto internazionale dell’ambiente al pari
di quello generale intorno al principio di sovranità: eguaglianza degli stati, che sono soggetti del diritto internazionale, sovrano-eguaglianza → diritto di utilizzo
del proprio territorio come vuole e l’unico limite che incontra è nell’ottica della coesistenza degli Stati. L’ambiente è una questione di dominio riservato/sovranità interna e
parte di quella sfera nel cui lo Stato può fare ciò che meglio crede. In virtù del principio di coesistenza vale fin tanto ch e non lede diritti e interessi degli altri Stati.
Primi casi in materia di questioni ambientali (giurisprudenza sul sito). Il caso più importante è controversia Stati Uniti -Canada relativa alla fonderia di Trail,
sentenza di tribunale arbitrale 1941 (prima sentenza). Serie di attività sul territorio Canadese provoca danni in USA, date d a fumi. Il tribunale per la prima
volta dirà che uno Stato non può inquinare un altro Stato: prima volta in cui si prende in considerazione la questione dell’inquinamento.
Nel 1957 altra sentenza arbitrale sul lago Lanoux, Francia-Spagna. Deviazione del corso di un fiume che va a danneggiare l'approvvigionamento idrico in
territorio spagnolo. La corte dirà che lo Stato non può arrecare danni al territorio a valle senza il consenso. Principio del rispetto della sovranità altrui applicato
al contesto ambientale
Caso 1893 caso delle foche dello stretto di Bering, USA-UK (Canada). Fissa la logica della coesistenza. La controversia riguarda il tentativo USA di regolare
la caccia alle foche, con riferimento a una zona di mere che va al di la delle 3 miglia nautiche dal territorio USA (non c’erano zone di influenza); la
rivendicazione degli Stati Uniti era quello di regolare ciò che andava al di la dalla giurisdizione statunitense. Il tribunale arbitrale afferma che gli USA non
hanno alcun diritto di regolare lo sfruttamento di risorse naturale in aree al di la della loro giurisdizione. Ciò conferma che in questa fase si è pienamente in
una logica di tutela ambientale basata sulla tutela degli interessi statali. Le corti dicono che un danno ambientale interessa solo dove va a incidere sulla
sovranità di uno o più Stati. Nonostante questa dichiarazione di principio la corte dirà che nonostante ciò la Corte incoraggerà le parti a cooperare affinché
regolino la caccia alle foche, nonostante si trovino in zone al di fuori delle giurisdizioni nazionali → primo tentativo di superare la logica della sovranità, anche se di
base resta ben saldo.
Anche adottati una serie di Trattati, riguardanti gli ambienti, accordi con poche parti in cui gli Stati regolano la gestione di una risorsa condivisa. Inizio di una
cooperazione ma molto “primitiva” e sempre legata ad interessi strategici degli Stati.

Seconda fase

Affondamento di una petroliera Torrey Canyon 1967 (tutta l’evoluzione storica di questo settore è scandita da gravi incidenti perché la comunità internazionale
sensibile all’emozione suscitata dagli incidenti ambientali in quanto anche la società civile ha fatto pressioni per la tutela) all’epoca il disastro ambientale più
grave mai verificato e l’aviazione UK arriverà a bombardare la nave per cercare di limitare i danni. Inaugurato il processo che porterà all'adozione dei Trattati
per la responsabilità internazionale per sversamento di idrocarburi
Nel 1972 inaugurata a Stoccolma la prima Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano (UN Conference on the Human Environment). Varie le
considerazioni da fare
• Il fattore promotore del processo: le Nazioni Unite, ruolo fondamentale delle organizzazioni internazionali, ruolo di leadership → organizzazioni
internazionali degli Stati ma con organi indipendenti: in parte dovuto dagli Stati ma anche leadership di persone indipendenti. Tutta l'evoluzione storica è dominata
dalle grandi conferenze Un sulla sostenibilità e sviluppo sostenibile. Grande cambiamento, sono nate le organizzazioni internazionali e ciò ha fatto cambiare l’assetto
delle comunità internazionale da sovranità/coesistenza a cooperazione istituzionalizzata. L'ambiente in cima all’agenda internazionale è visto come un problema che
deve essere affrontato con la cooperazione internazionale
• Getta le basi per lo sviluppo del diritto internazionale dell’ambiente: applicazione ad un settore specifico di principi generali
Cosa viene fatto a Stoccolma
• Soft law dichiarazione delle Nazioni Unite (declaration of the UN Conference on the Human Environment), conferenza dell’ambiente umano: tematica fin
prima ignorata viene affrontata da una organizzazione internazionale. Gettare i principi che esistono nel diritto internazionale in materia di ambiente. Si
vede il ruolo della soft law nel diritto internazionale: si cerca di codificare norme consuetudinarie, mettere per iscritto delle norme consuetudinarie che si
stanno formando ma non ancora compiutamente e in parte può essere di stimolo (quelli che vorrebbero diventassero i principi) → tutte e tre le dinamiche
sono presenti nella dichiarazione
• Per la prima volta creato un ente che per la prima volta ha il compito di occuparsi precisamente dell’ambiente, UNEP
La dichiarazione inizia mettendo in primo paino l’uomo, si è in pieno antropocentrismo ambiente considerato in funzione dell’uomo (solo in parte nel tempo
superato)
Principle 21, uno dei più importanti perché cambiamento radicale rispetto alla fase precedente: importante anche l'ambiente in se, non più nell’ottica di tutela
della sovranità degli Stati → ottica diversa rispetto ai casi giurisprudenziali. Non più solo in ottica di tutela delle reciproche sovranità, gli Stati pos sono fare ciò che
vogliono senza fare danno agli altri Sti o al di la delle giurisdizioni nazionali: sparicxde l’ottica che l’ambiente è import ante solo in quanto lede gli interessi di altri Stati.
Principle 24, si evidenzia il fatto che questioni ambientali devono essere affrontate con la cooperazione tra gli Stati (oggi scontata ma per l’epoca quasi
rivoluzionaria, perché scadimento della logica per cui ognuno fa ciò che vuole e stare solo attendo alle ripercussioni sul territorio altrui). Le questioni
ambientali sono gestite meglio con la cooperazione tra gli Stati
Principle 11, si dice che le politiche ambientali non devono andare ad inficiare la possibilità dei Paesi in via di sviluppo di migliorare le loro condizioni.
Si parla anche di prevenzione, fino a quel momento ci si era concentrati sulle sanzioni e ciò che succede dopo un evento ambientale, idea (non perfezionata)
che bisogna prevenire il danno ambientale.
Viene creata l’UNEP, programma ONU sull’ambiente interna alla stessa organizzazione, programma che è una delle entità più deboli, agenzia che non ha
grande autonomia, problema che avrà risvolti per molto tempo

Lentamente anche altre organizzazioni cominciano ad occuparsi di ambiente, come la World Bank (prima di Stoccolma non si occupava di ambiente), inizio di
processo che ogni organizzazione finisce di occuparsi di ambiente. Porta a vantaggi: più organizzazioni si occupano di ambienti meglio è; ma ci sono anche
svantaggi come il fatto che ci può esser il problema che più organizzazioni internazionali possano avere posizioni differenti su un medesimo argomento,
problema perchè non esiste meccanismo internazionale per coordinarle, soprattutto se un'organizzazione ha come obiettivo principale un altro tema.
Incorporare la tematica ambientale in organizzazioni con altri scopi può diluire la questione ambientale. Ci sono anche problemi di ridondanze, non è
efficiente ed anche in-economico che si occupino di ambiente molte organizzazioni internazionali. Tema che va a toccare anche un discorso sull’equità, in
concreto se la macchina internazionale sull'ambiente funziona in questo modo non si riesce a garantire l’eguaglianza tra Paesi industrializzati e in via di
sviluppo

Dopo Stoccolma adottati tutta una serie di Trattati in materia ambientale. The Vienna Convention for the protection of the Ozone Layer: si comincia ad
occuparsi di tematiche realmente globali. Tematiche che interessa contemporaneamente tutti gli Stati. Staccarsi sempre più dall’ottica miope tipica della prima
fase, ottica sovranità altrui e sovranità interna. Anche per il diritto del mare cominciano a trattarsi queste tematiche, es. Montegobay parte importante tutela
dell’ambiente marino e introduce l’idea dell’aree internazionale dei fondi marini; temi come la risorse delle risorse che sono al di la delle giurisdizioni degli
Stati, prima c’era la libertà → patrimonio comune dell’umanità, sono gestite da ente terzo (Montegobay crea autorità internazionale dei fonti marine) che le gestisce
nell’interesse di tutti.
1991 adozione del protocollo on Environmental Protection to the Antarctic Treaty, dopo la questione Antartide per la rivalsa della sovranità, introduce un
concetto nuovo: primo elemento di reale ecocentrismo, tutela dell’ambiente non per l’utilità per l’uomo. Tutela dell’ambiente antartico per il valore intrinseco,
persino estetico, in quanto tale. Esempio di ecocentrismo che non conduce a cambiamento radicale di prospettiva.

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Terza fase

Disastro di Chernobyl, momento di svolta come per Torrey Canyon risvegliando le coscienze. Nel momento dell’incedente non esisteva l’obbligo di informare
gli Stati confinati di disastri simili (dopo l'incidente si sono affrettati ad adottare un Trattato per la previsione dell’obbligo).
Le Nazioni Unite decidono di creare una Commissione on Environment and Development, che emanano rapporto “Our Common Future”/Brundtland Report:
esaminare situazione dello sviluppo e ambiente e il rapporto conterrà un passaggio chiave che avrà molte ricadute pratiche → per la prima volta definizione
dello sviluppo sostenibile (nel 1987). Lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che riesce a soddisfare i bisogni del presente s enza compromettere le abilità che anche le
generazioni future possano soddisfare i propri bisogni
Si apre così la terza fase definita dalla Conferenza di Rio del 1992 “Conference on Environment and Development". Presenza importante dello sviluppo (non
c’era nella Conferenza di Stoccolma): Paesi in via di sviluppo necessità di coordinare l’esigenza di tutela dell’ambiente con la tutela della povertà.
→ apice sviluppo diritto internazionale dell'ambiente
• Soft Law
○ Rio Declaration on Environment and Development: stesso ruolo di Stoccolma ma anche maggiore data l’evoluzione negli anni
○ Agenda 21: strumento molto pratico, viene stabilito quali possono essere le misure da adottare in concreto per il raggiungimento dello sviluppo
sostenibile, divise per argomento
○ Non-legally binding authoritative statement of principles for a global consensus on the management, conservation and sustainable development of
all types of forests: gli Stati non volevano mettersi d’accordo per le foreste, alla fine l’idea del Trattato tramonto ma condotta a creare uno
strumento non vincolante e cercato di enfatizzarlo anche nel nome del documento
• Trattati
○ UN framework convention on climate change: ancora importante oggi. La globalizzazione della tematica ambientale trova il suo apice, questione
climatica tema globale per eccellenza. All’epoca del Trattato sullo strato di ozono non tutti gli Stati erano realmente interessati dalla tematica, in
quanto non producono i gas e non soffrivano del problema. Il problema del cambiamento climatico era avvertito da tutti gli Stati, anche se in
misura diversa e anche dal punto di vista dei danni che si vengono a creare. Il problema dei cambiamenti climatici problema dell’umanità → ultimo
passaggio che perfeziona il cambiamento radicale sull’ottica della sovranità nella prima fase.
○ Convention on Biological Diversity
Per quanto riguarda le partecipazioni, già da Stoccolma si osservava la partecipazione della società civile ma in misura minore rispetto ad oggi e comunque
movimenti paralleli a quello che accadeva nei negoziati con gli Stati (si riunivano magari in luoghi diversi, non c'erano collegamenti). In maniera simile anche
a Rio, la società civile è aumentata (movimenti ambientalisti aumentati) e maturata la coscienza ambientale e molte più organizzazioni non governative che
fanno sentire la propria voce; però anche se c’è aumento della pressione resta comunque un fenomeno parallelo/separato rispetto a quello che trattano gli
Stati - maniera antagonistica

Dichiarazione di Rio
• Antropocentrismo, principle 1: “human beings are at the center of concerns for sustainable development …”
• Ribaditi i vecchi principi, già nella dichiarazione di Stoccolma: vietato inquinamento fuori giurisdizioni nazionali, principio di affrontare il problema tutela
ambientale con la cooperazione
• Nuovi principi: non solo innovazioni testuali ma permeano tutti i lavori della Conferenza stessa
○ Specifici obblighi di prevenzione e cooperazione: specificati rispetto a prima
▪ Obblighi di notifica e consultazione: che sono potenzialmente interessati da attività pericolosa (dopo Chernobyl); non solo ex post ma anche
ex ante
▪ Valutazione di impatto ambientale: oggi comunemente adottata, valutare attività pericolose e impatti → obbligo collegato con il primo
○ Precauzione: regola che Rio e successivamente daranno agli Stati in presenza di incertezza scientifica, prevenzione = obblighi con riferimento ad
attività certamente pericolosa, precauzione = limitare qualcosa per cui non c’è certezza scientifica. Elemento innovativo e rivoluzionario e troverà
applicazione anche in altri settori del diritto internazionale
○ Partecipazione: la partecipazione degli attori non statali aumenta nel corso del tempo, ma a Rio la partecipazione in se si afferma come un
principio in quanto tale, non più come qualcosa che accade solo nei fatti ma sancito a livello normativo → principio generale di partecipazione.
Partecipazione alle decisione da parte di attori non statali, in primis le organizzazioni non governative: ciò che accadeva nei fatti diventa qualcosa che gli Stati
accettano e sancisione in un principio
○ Chi inquina paga: (non rapporti interstatali: quelle regole riguardano i rapporti interstatali), come uno Stato debba regolare le attività economiche al
loro interno, attori economici privati. Gli Stati devono adottare al loro interno le misure necessarie affinché a rispondere degli eventi siano coloro
che li hanno prodotti. Prima soprattutto a livello regionale a Rio per la prima volta principio generale. Tipi di misure es:
▪ Se uno Stato stabilisce enti di assicurazione per attività pericolose
▪ Misure nazionali che prevedono responsabilità oggettiva per chi esercita attività dannosa per l’ambiente
○ Sviluppo sostenibile: da Bruntland trova esplicitazione a livello normativo a Rio. Sintesi di due forze
▪ Tutela ambientale
▪ Sviluppo economico
Sono due forze che possono essere in alcuni case contrapposte in altre non. L'equilibrio è costituito dallo sviluppo sostenibile. Ovunque negli
strumenti di soft law e i Trattati di Rio si ritrova l'equilibrio di queste due forze: Paesi industrializzati, > tutela ambientali, Paesi in via di sviluppo, >
sviluppo economico → due posizioni politiche. Lo sviluppo sostenibile chiave di volta attorno a cui ruotano tutti i discorsi sull’ambiente.

18-02-2022
Quarta fase:

Con il summit del 2002 a Johannesburg, quarta fase storica, “World Summit on Sustainable Development”. Quarta fase tocca varie conferenze: Rio 2012 “Rio
+ 20”, adozione dall’assemblea generale ONU adozione nel 2015 Agenda 2030.
Si evita di aumentare la produzione normativa: Rio 1992 apice dello sviluppo storico e della produzione normativa, quello che manca sono i mezzi per
garantire l'assicurazione della validità delle norme (troppe norme problema perché non c’è un coordinamento a livello internazionale come potrebbe esserci a
livello nazionale → di rado sostituzione automatica dei Trattati tra di loro). Ciò si concentra su strumenti di soft law, a Johannesburg:
• Political Declaration
• Plan of implementation
Gli Stati spostano attenzione sull’attuazione delle norme. Lo stesso accade per Rio + 20, anche in quel caso solo uno strumento di soft law “the future we
want”, nessun Trattato.
Cosa accomuna the Plan of implementation e “the future we want” è il fatto che sono ibridi tra dichiarazioni di principio e l ’agenda 21, più lunghi dichiarazioni
di principi ma più vaghi dell’agenda 21 (per questo poco incisivi)
A livello contenutistico. Johannesburg in particolare cambiamento importate, lo sviluppo sostenibile cambia si è complicato il concetto, non più il banale
elemento di sintesi tra una dicotomia di due elementi ma diventata la sintesi di tre elementi/pilastri
• Tutela ambientale
• Sviluppo economico
• Sicurezza sociale: es. tutela diritti umani, partecipazione e il processo democratico, la pace e la sicurezza internazionale. Cosenza soltanto
relativamente di recente. Non è stata una mossa arbitraria degli Stati ma il frutto dell’analisi della realtà: non sviluppo sostenibile se non si ha anche la
tutela dei diritti umani etc. Ciò ha ripercussioni: il compito diventa gravoso per chi vuole perseguire lo sviluppo sostenibile, già era difficile tra due
elementi; anche dal punto di vista delle dinamiche istituzionali è difficile, molte organizzazioni si interessano di tutela ambientale è ciò aumenta la
complessità: oggi non solo anche lee organizzazioni economiche si occupano di ambiente ma anche di tutela dei diritti umani → tutti se ne occupano:
difficoltà di coordinamento, ridondanze, inefficienze aumentano in maniera proporzionale all'espansione del concetto
Come garantire l'attuazione di quanto è stato già adottato dal punto di vista normativo (implementation): nel diritto internazionale generale non ci sono grandi
mezzi per costringere all'attuazione delle norme (rari i casi: contromisure individuali o collettive → casi eccezionali) questa debolezza vale anche per il diritto

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mezzi per costringere all'attuazione delle norme (rari i casi: contromisure individuali o collettive → casi eccezionali) questa debolezza vale anche per il diritto
internazionale dell’ambiente. Motivo per cui idee innovative non per costringere ma per incentivare all’adempimento (incentiv i diversi che si rivolgono ad attori diversi: gli
Stati incentivati ad adottarli per deresponsabilizzazione), uno degli elementi è la green economy che si perfeziona a “Rio + 20” vista come panacea di tutti i mali: non esiste
una definizione di green economy idea non rivoluzionaria dal punto di vista sostanziale perché è ribadire lo sviluppo sosteni bile; è un po un rebranding dell’impresa:
confezionare il prodotto in modo più appetibile mettendo l’accento sulle economy, che garantisce lo sviluppo economico, in ma niera più green → criticata perché non si fa
altro che sottolineare lo sviluppo economico in settori che prima non venivano toccati: economia anche in settori green; cerc a di tranquillizzare coloro che pensano che lo
sviluppo economico porti a perdite di posti di lavoro. Paesi in via di sviluppo nell’idea di green economy via di colonizzazi one dei Paesi industrializzati, perché attraverso
tecnologie avanzate che sono solo nella disponibilità di certi paesi
→ mezzo fallimento dei due summit perché non introducono nulla di nuovo. Grande distacco tra il modo di lavorare degli Stati e la realtà: ciò si vede nella società civile e
nelle imprese, motivo per cui anche il modo di lavorare nei summit è cambiato.

L’altro modo innovativo di procedere è quello di adottare obiettivi (goals) primo tentativo nel 2000 con la UN millennium declaration - scadenze per il 2015.
Contenutisticamente passa avanti rispetto alla green economy, perché quanto meno a livello testuale ci si danno degli obiettivi quantificati. Questo modo di
procedere adottato anche successivamente nell’assemblea generale del 2015 con l’agenda sostenibile per il 2030, ci sono dei goals, aggiunti e cambiati
rispetto a quelli scadenza 2015.
Strumento di paradosso di soft law preciso, simile ad un Trattato, è una soluzione che può avere un certo successo perché per come ragionano gli Stati la
cosa determinante non è la differenza tra soft law e hard law, proprio perché non ci sono strumenti per rispetto delle norme, ma bisogna creare le condizioni
per il rispetto delle norme se ci sono gli Stati rispetteranno anche qualcosa non in uno strumento vincolante. Ciò ha portato a successi. Rapporti che
evidenziano quali sono i risultati dopo il 2015: non tutti gli obiettivi ma alcuni si, es. lotta alla povertà riduzione di più del doppio rispetto ai livelli del 1990 →
questi obiettivi apparentemente inutili possono avere un valore. Non molto diverso da quello successo per il cambiamento clim atico, l’accordo di Parigi ha portato a dei
risultati.
Schema identico per l’agenda 2030: questi obiettivi rappresentano bene anche circa l'espansione dello sviluppo sostenibile, si parla dei diritti umani, lotta alla
povertà, gender equality…

Altro metodo per cercare di perseguire l’implementation è la partecipazione, un turning point è a Johannesburg, la partecipazione degli attori non statali
diventa parte del processo principale partecipazione agli stessi tavoli delle trattative → passaggio epocale. Dinamica inevitabile: società civile vuole partecipare e si
consente di osservare i lavori, ciò diventa la norma che membri di ONG e università possono ascoltare i trattati. Creati mecc anismi per cercare di far partecipare la società
civile su pari livello dello Stato, a Johannesburg vengono create high level round -tables per le discussioni; introdotto concetto delle partnership: degli accordi fra vari
attori, che si riuniscono per cercare di ottenere dei risultati su certe tematiche ambientale (es. grossa partnership per tut ela delle montagne e questa
capitanata dalla FAO (UN) e ne fanno parte numerosi Stati, altre organizzazioni internazionali e molte organizzazioni della società civile) → non si sa la natura
delle partnership. Anche dal punto di vista pratico la società civile viene coinvolta nel processo di attuazione: non solo co nvegni, aumentando la conoscenza, ma gli Stati e
le organizzazioni danno fondi all’interno della partnership per realizzare progetti concreti. Lentamente si vede in pratica c he anche gli Stati capiscono che il loro modo di
procedere non porta a grandi risultati e la partecipazioni di organizzazioni della società civile non viene più vista come un obbligo ma anche come un'opportunità.
Evoluzione della partecipazione degli attori non statali
- Esclusi, maniera antagonistica in modo parallelo
- Più coinvolgimento ma al di fuori, le ONG forte pressione sugli Stati - attività di lobbying - per ottenere determinati obiettivi. Ruolo importante e molto
sentita dagli Stati, anche Trattato adottato dagli Stati abbandonato poi dagli stessi per pressioni dalla società civile (sullo sfruttamento delle attività
minerarie in Antartide)
- Partecipazione progressivamente avvicinata ai tavoli delle discussioni: anche prima di Johannesburg alcuni Stati consentivano alle ONG consentivano
di partecipare come delegati dello Stati, non erano li come ONG ma partecipavano come lo Stato → passaggio importante, non raro ma non obbligo,
contribuiscono a formare la volontà dello Stato dall’interno. Con Johannesburg le ONG si trovano al pari degli Stati, fuori dalle delegazioni statali e all’interno dei
negoziati facendo sentire la propria voce in maniera diretta, aggiuntiva e alternativa rispetto agli Stati → ruolo sempre crescente nella fase di formazione delle
norme. Anche per il rispetto delle norme il compito delle ONG è gradualmente cresciuto: da totalmente assente fino al punto di poter presentare cause di fronte a
Corti internazionali per la violazione delle norme, fino al momento più alto nel fatto che in alcuni meccanismi di compliancei rappresentati delle ONG siedono tra gli
esperti che giudicano gli Stati (non sono molti i casi)
Non è tutto idilliaco, ci sono dei problemi legati alla partecipazione della società civile. → Non sono comunque allo steso piano perché votano solo gli Stati, le
ONG possono solo partecipare, non decidono. Rio + 20 “the future we want” grande ipocrisia del presentare la partecipazione come totale e quindi anche di
decisione, parità di facciata ma nella realtà gli Stati possono alla fine fare come credono

24/02/2022

Documentario: l’incubo di Darwin

Problema alla base introduzione del persico del Nilo nel lago Vittoria → specie aliena invasiva. Questa operazione artificiosa ha conseguenze sulla catena
• Ambientale: cambia la flora e la fauna del lago, accade eutrofizzazione dell’acqua e di conseguenza tutto l’ecosistema del lago deperisce
• Sociale

Documentario che serve a farsi rendere conto della reale situazione dei Paesi in via di sviluppo , standard di salute, aspettativa di vita, condizioni socio-
economiche…
“guerra speranza di non morire prima”: un conflitto visto come qualcosa di positivo per non morire prima di fame

Titolo come tema che domina poi tutti i sottotemi presenti nel documentario: a livello ambientale e sociale (prevaricazione dei più deboli da parte dei più forti:
Persico e Paesi industrializzati).
• Colonialismo classico portato aventi con la forza, appropriazione delle risorse
• Indipendenze delle colonie, Paesi in via di sviluppo, ma lo sfruttamento continuato attraverso la forza economica e non più attraverso le armi;
acquistando le materie prime a prezzi ridotti sul mercato internazionale
• Neocolonialismo nuova prevaricazione andando ad estrarre le risorse in loco dietro la facciata di un’attività a favore dei locali - “you are part of the big
system”; in concreto il Paese in via di sviluppo non ha benefici, alla popolazione locale restano solamente gli “scarti” → si possono osservare le dinamiche
Paesi sviluppati e in via di sviluppo
Addirittura esportato troppo filetto ma alla popolazione locale restano comunque solo gli scarti e c’è una carestia nella zona; sul mercato internazionale la
risorsa è troppo abbondante mentre in loco c’è la carestia

Collegamento tra tematiche ambientali e sicurezza internazionale. Quando si apre una breccia in un sistema di controllo, attraverso cui possono passare
traffici illeciti, a quel punto può passare di tutto. Come il traffico delle risorse ha impatto anche sulla sicurezza interna zionale

Cosa significa sviluppo sostenibile? Il documentario lo spiega bene, equilibrio tra ambiente e sviluppo economico, qui si vede esattamente cosa non
è sostenibile: porre in essere attività economica senza valutare gli impatti ambientali di quell'attività. Ottica di lungo periodo contro quella del breve periodo:
patti ambientali di lungo termine cosa che soprattutto in passato non si aveva

Sviluppo sostenibile legato a diritti umani e sicurezza sociale: complessità maturata a Johannesburg dello sviluppo sostenibile, sviluppo sostenibile solo se
sono tutelati anche i diritti umani

Ruolo Organizzazioni internazionali, altri enti oltre agli Stati nella materia ambientale: ONG e società civile.
Problematiche, ruolo positivo solo se tengono a mente lo sviluppo sostenibile (assistenza tecnica e finanziaria), in passato organizzazioni fortemente
economiche criticate perché finanziavano infrastrutture senza valutarne l’impatto ambientale nei Paesi - non positivo che troppe organizzazioni si occupino

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 4


economiche criticate perché finanziavano infrastrutture senza valutarne l’impatto ambientale nei Paesi - non positivo che troppe organizzazioni si occupino
del tema - necessaria integrazione tra le organizzazioni stesse

Difficoltà di reperimento informazioni, grande importanza della società civile

Legame diritti umani-ambiente: non soltanto tutela ambientale impatto sui diritti umani, ma anche tutela diritti umani può portare ad un impatto positivo sulla
tutela ambientale - relazione che va da entrambe le parti. Non solato diritti umani sostanziali ma anche procedurali (diritto accesso alle informazioni: le
persone possono poi sorvegliare sulla tutela ambientale)

Società civile

Lati oscuri dell’idea di partecipazione


• Non è partecipazione reale, al pari degli Stati
Cos'è la società civile? Non esiste definizione unica sancita a livello normativo di cosa sia, possono sorgere problemi. A livello colloquiale si possono far
riferimento ai gruppi sociali stilati dall’ONU - punto di riferimento.
Definizione molto ampia e fluida, fanno parte le ONG, indigeni, sindacati, l’accademia e poi nel tempo l'elenco si è accresciuto le donne, i bambini, le persone
con disabilità… → elenco molto ampio che si può sovrapporre. La partecipazione è quindi complessa, per un discorso anche banale di numeri (es. osservare i negoziati:
troppe persone). Le regole che hanno ampliato la partecipazione si sono sviluppate quando la popolazione era inferiore e nel frattempo la società civile è diventata di
grandezze enormi.
I vari gruppi della società civile si sono formati spontaneamente e si sono nominati rappresentanti per la partecipazione, ma ciò lasciato alla libera discrezione
dei gruppi - poi problema che solo un rappresentante segue quindi in contrasto con effettiva partecipazione
• Problema di rappresentatività/deficit democratico: non ci sono regole circa la rappresentatività delle organizzazioni circa la popolazione che dovrebbero
rappresentare. Gli Stati sono il risultato del processo democratico delle popolazioni, non è così per le ONG, non mezzi per controllo.
Nel mondo delle ONG cerca di riprodursi la dinamica dei rapporti tra gli Stati industrializzati e in via di sviluppo, ci sono organizzazioni che hanno la
capacità di far sentire la propria voce in modo maggiore rispetto ad altre ONG - alcuni meccanismi pensato per il finanziamento delle piccole ma
comunque il problema persiste
• Ci possono essere dei conflitti di interessi: ci da la sicurezza che cerchino automaticamente la tutela ambientale? Problema che si è posto in passato
perché c’erano ONG che venivano finanziate dai Governi - introdotto il requisito di trasparenza sui donatori, finanziatori…
• Manca la accountability: non ci sono meccanismi che ci sono a livello statale per il controllo, sono unaccountable - non esiste un meccanismo di nomina
• Nella società civile ci sono anche le imprese: l’idea che la società civile alternativa agli Stati va reinterpretata. Le imprese sono entità che per definizione
perseguono uno scopo di lucro. Imprese che possono anche avere impatto positivo, però lo svolgono quando queste scelte ambientali convergono con
gli obiettivi di sviluppo economico. Siccome alcune sono multinazionali e hanno patrimonio maggiori rispetto ad alcuni Stati, sono diventati interlocutori
preferiti rispetto agli Stati. Imprese hanno cominciato ad assumere il ruolo di leadership politica che dovrebbe spettare agli Stati, perché sono realtà
molto più collegate alla realtà. Da antagoniste le imprese hanno assunto anche connotato positivo e hanno stretto partnership con alcune ONG

Nello stesso negoziato difficile che la stessa ONG partecipi sia con lo Stato che a titolo individuale. Nel caso in cui partecipino in astratto potrebbero prendere
posizioni diverse e non ci sono mezzi per risolvere il conflitto.
Ciò accade spesso anche per gli Stati
• In summit diversi con delegati diversi (es. Ministeri diversi per la partecipazione ai diversi summit) che possono avere posizioni differenti e in
contraddizione. Vari organi del medesimo Stato possono avere posizioni diverse → ciò accade nel diritto internazionale anche generale
• Anche in summit di grandi dimensioni può accadere che lo stesso Stato abbia posizioni diverse

Non solo partecipare per svolgere un ruolo attivo ma anche solo per seguire i negoziati più da vicino, per questo essere part e della delegazione statale può
essere un vantaggio, anche per il fatto che alcuni negoziati sono accessibili solo dalle delegazioni statali

Principi generali (sito)

Qualcosa di eterogeneo, ci si riferisce agli stessi principi del diritto internazionale generale cioè le regole generali. Regole di condotta che si possono tradurre
in concreto in un comportamento di uno Stato. In altri casi si parla di principi interpretativi, qualcosa non traducibile in regola più concreta (es. obbligo di
buona fede). In certe altri casi si parla di meri concetti e quindi difficile ricavare termini di condotta o criteri di interpretazione. Norme consuetudinarie, se c’è
l’opinio iuris, in altri casi non arrivati. Può essere però una consuetudine, se ne ricorrono i presupposti, anche un principio molto generale (es. principio di
buona fede, utilizzato anche a livello molto concreto)

Divieto di inquinamento transfrontaliero

Più consolidato nel tempo e orami norma consuetudinaria. Inizialmente si sviluppa seguendo il diritto internazionale generale e dunque ottica di coesistenza
tra varie sovranità, declinata al contesto ambientale. Corte internazionale di giustizia, caso dello stretto di Corfu (Regno Unito c. Albania), sentenza 9 aprile
1949 (merito), in ICJ Reports, 1949, p. 22: “(…) every State’s obligation not to allow knowingly its territory to be used for acts contrary to the rights of other
States”
• Questo principio declinato nel settore ambientale - caso fonderia di Trail 1941 USA-Canada “(…) under the principles of international law (…) no State
has the right to use or permit the use of its territory in such a manner as to cause injury by fumes in or to the territory of another or the property of
persons therein, when the case is of serious consequence and the injury is established by clear and convincing evidence”. Nel caso concreto il Tribunale
arbitrario dice che esiste una sovranità statale declinata al contesto ambientale
• Controversia tra Francia e Spagna relativa al lago Lanoux, sentenza arbitrale del 16 novembre 1957: “(…) there is a principle which prohibits the
upstream State from altering the waters of a river in such a fashion as seriously to prejudice the downstream State (...)” → applicata la stessa
regola/schema del caso precedente
Dichiarazione di Stoccolma sull’ambiente umano (1972), Principio 21: espanso il principio - “States have, in accordance with the Charter of the United Nations
and the principles of international law, the sovereign right to exploit their own resources pursuant to their own environment al policies, and the responsibility to
ensure that activities within their jurisdiction or control do not cause damage to the environment of other States or of areas beyond the limits of national
jurisdiction” - espansione lungo due direttrici del principio giurisprudenziale
• Stato non più responsabile per danni provocati al di la dello Stato ma anche di aree oltre il limite della sua giurisdizione
• Inoltre responsabile non più solo di ciò che accade sul proprio territorio ma anche di ciò che accade sotto la sua giurisdizione e controllo (es. navi) prima
era ignorato
→ concetto moderno
→ strumento di soft law, poi incorporato in strumenti di hard law: es. Convenzione di Montego Bay sul mare al contesto marino

25-02-2022

Principio ribadito anche in soft law dichiarazione di Rio 1992 , identico al principio 21 tranne per una parola “States have, in accordance with the Charter of
the United Nations and the principles of international law, the sovereign right to exploit their own resources pursuant to their own environmental and
developmental policies, and the responsibility to ensure that activities within their jurisdiction or control do not cause damage to the en vironment of other
States or of areas beyond the limits of national (principio 2)”. Rio 1992 accento spostato allo sviluppo sostenibile non solo ambiente

Giurisprudenza tentativi di riconoscere natura consuetudinaria del principio. Per un lungo periodo le controversie in materia ambientali erano poche, qui
ancora in quel periodo, le Corti erano timide nell’accettare l'evoluzione dei principi generali in esame. In particolare la Corte internazionale di Giustizia, corte
principale a livello mondiale che si occupa di tutte le controversie di diritto internazionale, ha approccio tradizionale e ciò si riflette anche nell'ambito
ambientale, quindi restia ad accettare i nuovi sviluppi

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 5


ambientale, quindi restia ad accettare i nuovi sviluppi
Corte internazionale di giustizia, ordinanza sulla richiesta dell’esame della situazione ai sensi del para. 63 della sentenza della Corte del 20 dicembre 1974
nel caso dei test nucleari (Nuova Zelanda c. Francia) (caso “Nuclear Test II”) (1995). Caso collegato a caso del 1974 con test nucleari della Francia in un
atollo nel Pacifico, che possono portare danni alle nazioni confinanti, mentre la Corte si occupa la Francia promette unilateralmente la cessione delle attività di
test e quindi cessa l'oggetto del contendere - non decide. Lascia aperta la questione affermando che se i test fossero ripartiti la Corte avrebbe deciso. Dopo
20 i test ripartono ma sotterranei, non più aerei. I ricorrenti invocano le norme internazionali che sostengono si sono formate nel frattempo, nel 1995 il profilo
ambientale più importante. La Corte di nuovo non deciderà perché dirà che sono test sotterranei e non più gli stessi test del 1974, poiché test diversi il caso
del 1995 non e lo stesso caso del 1974. - due profili differenti non ha giurisdizione questo perché la Francia ritira l’accettazione di giurisdizione - i ricorrenti
affermano che essendo lo stesso oggetto del 1974 quindi sarebbe interpretazione ulteriore. C’è comunque un passaggio che costituisce un segno positivo:
“[the Court’s conclusion was] without prejudice to the obligations of States to respect and protect the natural environment” ( para. 64)”; primo momento di
riconoscimento, in via indiretta, l’esistenza di obblighi in materia di tutela ambientale.

Nel 1996 momento chiave la Corte, in un'opinione si esprime sull’uso delle armi nucleari - non sentenza ma opinione comunque importante. Corte
internazionale di giustizia, parere consultivo sulla liceità dell’uso e della minaccia delle armi nucleari, 8 luglio 1996, in ICJ Reports, 1996, pp. 241-242, par. 29:
“The Court recognizes that the environment is under daily threat and that the use of nuclear weapons could constitute a catast rophe for the environment. The
Court also recognizes that the environment is not an abstraction but represents the living space, the quality of life and the very health of human beings,
including generations unborn. The existence of the general obligation of States to ensure that activities within their jurisdiction and control respect the
environment of other States or of areas beyond national control is now part of the corpus of international law relating to th e environment”. Tutela delle
generazioni future. Di fatto è la ripetizione del principio 21 della Dichiarazione di Stoccolma: la Corte dice che il principio fa parte ormai del diritto
internazionale generale dell’ambiente, si afferma la norma consuetudinaria. Ribadito in vari casi.
Costituisce caso di comprensione di come funziona l'evoluzione di una consuetudine: adottati strumenti di soft law, giurisprudenza e Trattati

Il contenuto della norma è per certi punti oscuro


• Gli Stati devono impedire un danno ambientale, ma che cos’è il danno ambientale? Non c’è una definizione, neanche dalla giurisprudenza. Nel caso
Trail danno al territorio persone o proprietà; anche in altri casi si ricollega il danno alle persone o alla proprietà. Sembra non sia considerato il danno
ambientale puro, in quanto tale, primo profilo di dubbio, non si è certi se deve produrre anche un danno ulteriore a persone o proprietà
• Entità del danno: ne giurisprudenza ne Trattati forniscono dei quantitativi precisi. La giurisprudenza usa espressioni vaghe che poi devono essere
interpretate di volta in volta: “danno grave”, “danno serio”; senza dubbio appare che non sia vietato qualunque danno ambientale, ciò che suggerisce la
giurisprudenza e i testi normativi è che ci sia un certo livello di gravità dell'inquinamento: un certo livello di inquinamento deve essere tollerato in una
società moderna come la nostra, inoltre non c’è uno standard preciso e ciò crea problemi all’interprete. Questo perché si ricorre al Trattato e non alla
norma generale che non ha standard precisi
• Se si parla di una norma che prevede obblighi erga omnes, obblighi che non sono soltanto obblighi che valgono per tutti ma obblighi che gli Stati
assumono nei confronti di tutti gli altri contemporaneamente (non obblighi bilaterali/sinallagmatici come possono essere gli obblighi di protezione dei
diplomatici, sono scomponibili di volta in volta a rapporti bilaterali anche se la norma vale per tutti). Erga omnes non si riesce necessariamente ad
individuare un altro Stato nei confronti di cui si ha l’obbligo ma si ha nei confronti di tutti (altro esempio è quello dei diritti umani, anche per violazioni
interne). Se si ammette che la protezione ambientale è obbligo erga omnes qualunque altro Stato potrebbe far valere la violazione: dal punto logico
sembra prevedere obblighi erga omnes soprattutto quando non si deve inquinare oltre il proprio territorio però non si hanno casi in cui Stati hanno
invocato la violazione di questo principio che non fossero direttamente coinvolti → aspetto sospeso della norma, non ancora sicuri che si tratti di un obbligo
erga omnes
• Quale sia la natura degli obblighi in capo allo Stato? Obblighi di condotta o di un divieto assoluto/obbligo di risultato? Se di risultato significa che nel
momento in cui si verifica l'inquinamento lo Stato risponde automaticamente; altra lettura, prevalente, obblighi di diligenza richieda allo Stato di sforzarsi
di adottare tute le misure necessarie per impedire l’inquinamento, Corte di Giustizia nel caso delle cartiere in Uruguay.
Entrambe le soluzioni nascondono pro e contro, perché a prima vista sembra che la lettura di diligenza è più debole rispetto a quella dell’obbligo di
risultato. Divieto assoluto vantaggio che lo Stato risponde automaticamente, mero obbligo di diligenza in realtà da un lato è vero che è indebolimento
perché se lo Stato è diligente non è responsabile ma grande vantaggio che implica un cambiamento di paradigma: se si concepisce come obbligo di
diligenza si adotta un metodo preventivo e tali tecniche sono ignorate dalla lettura di obbligo di risultato - lettura sulla reazione ex post una volta
avverato l’inquinamento, non efficace per l’ambiente, logica vecchia. In altre parole la visione dell’obbligo di diligenza anticipa la tutela dell’ambiente,
accento si sposta sulla prevenzione, visione adottata dalla comunità internazionale

Prevenzione

Già nella Dichiarazione di Stoccolma si parla di prevenzione relativamente all'ambiente marino “States shall take all possible steps to prevent pollution of the
seas by substances that are liable to create hazards to human health, to harm living resources and marine life, to damage ame nities (…)”. Rio 1992, obblighi
precisi. Il senso sintetizzato nella giurisprudenza caso Corte internazionale di giustizia, sentenza sul caso Gabcíkovo-Nagymaros [sistema di dighe sul
Danubio] (Ungheria c. Slovacchia) (1997), para. 140: “(…) in the field of environmental protection, vigilance and prevention are required on account of the
often irreversible character of damage to the environment and of the limitations inherent in the very mechanism of reparation of this type of damage” → spiega
la ratio del vantaggio dell’obbligo di condotta e non di risultato: riparare ex post funziona poco nel settore ambientale dove il più delle volte il danno è irreparabile e
perciò meglio la prudenza.

Controversia fra Belgio e Paesi Bassi relativa alla ferrovia del Reno di ferro (Iron Rhine (“IJzeren Rijn”) Railway), sentenza del Tribunale arbitrale 24 maggio
2005: “where development may cause significant harm to the environment there is a duty to prevent, or at least mitigate, such harm ( …) This duty, in the
opinion of the Tribunal, has now become a principle of general international law (par. 59)” Riattivazione della ferrovia dopo anni di dismissione, riattivare con o
senza misure di prevenzione ambientale: progetto di natura economica per cui si deve anche considerare l’impatto ambientale; incidentalmente ribadirà che il
principio di prevenzione del danno ambientale fa parte dei principi generali e quindi norma consuetudinaria

Anche il Tribunale internazionale per la tutela del mare, conferma la natura consuetudinaria.

Cosa significa in concreto l’obbligo di diligenza? Cosa è richiesto allo Stato? Rapporto progetto di articoli della Commisione del diritto internazionale “ILC Draft
articles on Prevention of transboundary harm from hazardous activities (2001)”. Documento ricco dove, come per la responsabilità per gli Stati, la
Commissione ha creato progetto di articoli corredato da commentario dove argomenta le proprie conclusioni. La Commissione dice cosa gli Stati devono fare
per prevenire il danno
• Adottare misure legislative tese a garantire tutto ciò: comprendono sistema di autorizzazioni per le attività pericolose dei privati
• Lo Stato deve effettuare la valutazione dell’impatto ambientale delle attività pericolose: importante per disciplinare poi le attività
• Notificare a tutti gli Stati interessati dall’attività le informazioni relative a quell’attività
• Entrare in consultazione con gli Stati potenzialmente interessati dall’attività
→ obblighi importanti anche per assicurare la cooperazione degli Stati in ambito ambientale
Il progetto non unico strumento che contiene questi obblighi, anche vincolanti
• Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare
• TFUE (Trattato di Lisbona)
• Altri Trattati che sviluppano nel dettaglio alcuni degli aspetti
○ Convenzione UNECE dell'impatto ambientale in un contesto transfrontaliero
○ Convenzione UNECE su effetti transfrontalieri degli incidenti industriali

Precauzione

Distinzione con la prevenzione, quest'ultima si basa sulla certezza scientifica. Se non si ha la certezza cosa si può chiedere agli Stati? Principio
precauzionale che entra in gioco in caso di incertezza. Principio la cui natura consuetudinaria è dubbi (per tanti non ancora, quantomeno a livello globale, può

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 6


precauzionale che entra in gioco in caso di incertezza. Principio la cui natura consuetudinaria è dubbi (per tanti non ancora, quantomeno a livello globale, può
averlo a livello regionale), perché non si è formata prassi e opinio iuris in ragione del fatto che è un principio multiforme ; non si riesce nemmeno ad esprimere
con un'unica forma il principio, perché cambia a seconda del contesto - rende più difficile che si formi la prassi e l’opinio iuris.
La più classica lettura è quella di Rio 1992 principio 15, quella che si usa maggiormente: “In order to protect the environment, the precautionary approach
shall be widely applied by States according to their capabilities. Where there are threats of serious or irreversible damage, lack of full scientific certainty shall
not be used as a reason for postponing cost-effective measures to prevent environmental degradation” → incertezza non scusa per non agire: rivoluzionario
(anche per il punto di vista economico si richiede un sacrificio nonostante le incertezza). Base sulla quale adottati provved imenti sui cambiamenti climatici, non a caso a Rio
adottato quadro sui cambiamenti climatici all’epoca incertezza collegamento attività umane -cambiamento climatico o quantomeno della misura. Lettura che nasconde
debolezze:
• Si parla di approccio precauzionale e non tanto principio, secondo molti scelta voluta per sottolineare che non si era ancora pronti ad attribuirgli
significato giuridico - approccio/atteggiamento che si deve tenere; allora più difficile tradurre in una regola concreta di comportamento l’approccio
precauzionale rispetto es. alla prevenzione.
• Poi applicato dagli Stati secondo le loro capacità e non tutti in modo uguale: differenza tra Paesi in via di sviluppo e industrializzati
• Soglia in alto: quando la minaccia è di un danno serio o irreversibile non in ogni caso di potenziale rischio
• Non adottare qualunque misura ma misure ragionevoli in termini costi-effetti

Nella convenzione quadro dell'ONU sui cambiamenti climatici (1992)ù: “The Parties should take precautionary measures to anticipate, prevent or minimize
the causes of climate change and mitigate its adverse effects. Where there are threats of serious or irreversible damage, lack of full scientific certainty should
not be used as a reason for postponing such measures, taking into account that policies and measures to deal with climate change should be cost-effective
so as to ensure global benefits at the lowest possible cost”

Lettura diversa è quella che si può derivare dalla soft law Carta mondiale sulla natura 1982 par. 11: “Activities which might have an impact on nature shall be
controlled, and the best available technologies that minimize significant risks to nature or other adverse effects shall be used; in particular:
(a) Activities which are likely to cause irreversible damage to nature shall be avoided;
(b) Activities which are likely to pose a significant risk to nature shall be preceded by an exhaustive examination; their pr oponents shall demonstrate that
expected benefits outweigh potential damage to nature, and where potential adverse effects are not fully understood, the activities should not proceed; (…)”.
Non c’è la parola precauzione, non esplicitamente, definito poi a Rio; ma concettualmente applicazione del principio precauzionale secondo una lettura più
severa del principio 15 di Rio: ricerche dottrinali sostengono che la lettura costituisce di fatto l’inversione dell’onere della prova - in passato si fermavano
attività solo se era certo che erano pericolose, in caso di dubbio si poteva continuare, viene ribaltato il principio e in caso di dubbio un’attività non deve
continuare. L'applicazione di questa visione si riscontra nel regime internazionale sul dumping, immersione nel mare di sostanze pericolose, nelle prime
versioni della normativa internazionale si poteva immergere qualunque cosa perché si pensava che ci fosse capacità illimitata del mare di assorbire le
sostanze inquinanti ciò tranne una lista di sostanze che si era certi fossero dannose; dopo l'introduzione del principio internazionale è vietato immergere
qualunque cosa tranne una lista di sostanze che si è certi non sono inquinanti → ribaltamento della visione

02/03/2022

→ Caso Waddenzee C-127/02: [vedi sito per sentenza]


Caso importante perché uno dei primi che applica il principio di precauzione. Principio 14 dichiarazione di Rio 1992. La sentenza più incisiva perché porta il
principio ad essere portatore di regole giuridiche direttamente applicabili; prima gli Stati non pronti, vi erano limitazioni: soltanto in base alle capacità e
standard molto elevati (soltanto quando il danno fosse irrimediabile e grave). Questa sentenza principio di precauzione simile alla Carta della Natura del
1982: tutte le attività pericolose non possono esser poste in essere senza previa autorizzazione = inversione della prova.
Anche in caso di dubbio circa quali progetti/piani/programmi la Corte dice che nel dubbio tutti, in tutte le situazioni in cui c’è incertezza bisogna dare
precauzione alla tutela ambientale

Il principio precauzionale si trova sancito e applicato in maniera perfetta all’interno dell’Ue; lo si trova sancito in direttive e regolamenti dell’Ue e la Corte di
Giustizia ha dimostrato di volerlo applicare in molti casi ciò dimostra come ha trovato compiuta applicazione all'interno del diritto Ue

→ Ordnance Southern bluefin tuna cases [ https://www.itlos.org/en/main/cases/list-of-cases/case-no-3-4/]


Attenzione al Tribunale internazionale per la tutela del mare - istituito da Montego Bay

Possibilità per i tribunali di utilizzare il principio precauzionale. Quando vengono richieste le misure cautelari devono sussistere i requisiti della urgenza, in
questo caso non apparirebbero esserci; il fatto che il Tribunale le prescriva lo stesso si spiega alla luce del principio pre cauzionale.
L'ordinanza del Tribunale si può apprezzare alla luce di “prudence and caution”. Non utilizzo del termine precaution, natura consuetudinaria del principio
stesso difficile che si possa dire che si è affermato per certo ma vi sia un trend verso l’affermazione di questa norma consu etudinaria. Questo anche alla luce
delle decisioni in esame (tranne quella dell’Ue dove la presenza della precauzione è data per certa)

Nell giurisprudenza della Corte internazionale di giustizia molta resistenza ad accettare il principio: sia in astratto che in concreto. La corte rigetta inversione
dell’onere della prova in ragione del principio precauzionale. Solo l'opinione dissenziente afferma la necessità del principio
Corte internazionale di giustizia, ordinanza sulla richiesta dell’esame della situazione ai sensi del para. 63 della sentenza della Corte del 20 dicembre 1974
nel caso dei test nucleari (Nuova Zelanda c. Francia) (caso “Nuclear Test II”) (1995), opinione dissenziente del giudice Weer amantry: “[…] New Zealand has
placed materials before the Court to the best of its ability, but France is in possession of the actual information. The prin ciple then springs into operation to
give the Court the basic rationale for considering New Zealand’s request and not postponing the application of such means as are available to the Court to
prevent, on a provisional basis, the threatened environmental degradation, until such time as the full scientific evidence becomes available in refutation of the
New Zealand contention”

Tribunale internazionale del diritto del mare, opinione consultiva della Camera dei Fondi Marini su Responsibilities and obligations of States sponsoring
persons and entities with respect to activities in the Area, 1 febbraio 2011: “[…] the precautionary approach is also an integral part of the general obligation of
due diligence of sponsoring States […] The due diligence obligation of the sponsoring States requires them to take all appropriate measures to prevent
damage that might result from the activities of contractors that they sponsor. This obligation applies in situations where scientific evidence concerning the
scope and potential negative impact of the activity in question is insufficient but where there are plausible indications of potential risks. A sponsoring State
would not meet its obligation of due diligence if it disregarded those risks. Such disregard would amount to a failure to comply with the precautionary approach
(par. 131)
[…] the precautionary approach has been incorporated into a growing number of international treaties and other instruments, many of which reflect the
formulation of Principle 15 of the Rio Declaration. In the view of the Chamber, this has initiated a trend towards making this approach part of customary
international law. This trend is clearly reinforced by […] paragraph 164 of the ICJ Judgment in Pulp Mills on the River Urugu ay that “a precautionary approach
may be relevant in the interpretation and application of the provisions of the Statute” (i.e., the environmental bilateral tr eaty whose interpretation was the main
bone of contention between the parties). This statement may be read in light of article 31, paragraph 3(c), of the Vienna Con vention, according to which the
interpretation of a treaty should take into account not only the context but “any relevant rules of international law applicable in the relations between the
parties” (par. 135)”

In modo negativo WTO: EC Measures Concerning Meat and Meat Products (caso “ormoni”) – Report of the Appellate Body (1998) (Part I) (Part II): “[it was] less
than clear whether the precautionary principle was a principle of general or customary international law (par. 123) ”. Il divieto dell'importazione di carni con
ormoni fondato dalle istituzioni europee sul principio precauzionale - si dice che è meno che chiaro se sia = non lo è

La conclusione tutt’ora negativa, a livello globale, dell’esistenza di una norma consuetudinaria. A livello generale esiste una norma consuetudinaria a livello
europeo: sia a livello centrale che a livello nazionale in diverse normative. Uno dei fattori determinanti che rende difficile che sia una consuetudine a livello
globale è la natura multiforme, diverse letture dello stesso principio, difficile che si formi prassi e opinio iuris per far si che si formi la consuetudine. Questa
conclusione negativa, temporanea (trend), non inficia la possibilità di conclusione positiva a livello regionale

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 7


conclusione negativa, temporanea (trend), non inficia la possibilità di conclusione positiva a livello regionale

Cooperazione

Certa l'esistenza, devono cooperare in buona fede per la tutela ambientale, ribadito in molte fonti e nella giurisprudenza interazionale. Principio bene coerente
con l’evoluzione del diritto internazionale nonché con altri principi. Esempio sovranità altrui si giunge a sostenere principio di cooperazione, principio di “buon
vicinato”. Cooperare in ambito ambientale è il primo metodo per attuare la prevenzione: anche in quest’ottica in funzione pre ventiva esistenza del principio di
cooperazione.
Principio essenziale per la gestione di
• Risorse condivise
• Risorse problematiche, aree che sono comuni agli Stati: gestione delle risorse ittiche in alto mare
• Problematiche globali: es. cambiamento climatico, intrinsecamente tutti gli Stati contribuiscono e tutti ne subiscono gli effetti

Quali sono gli obblighi più specifici che si possono derivare dall'obbligo generale?
• Obbligo della gestione equa delle risorse condivise: quando due o più Stati condividono una risorsa devono gestirla in modo equo, significa gestione
ragionevole che escluda comportamenti unilaterali e tenga conto di tutti gli interessi in gioco - quali sono gli interessi e come si bilanciano lo dicono le
norme e la giurisprudenza
○ Principi UNEP sulla conservazione e l’utilizzo delle risorse naturali condivise fra due o più Stati (1978)
○ Convenzione sull’uso dei corsi d’acqua internazionali diverso dalla navigazione (1997): “Factors relevant to equitable and reasonable utilization”
Poi il bilanciamento lo farà il giudice

03/03/2022

Come delineare il concetto di gestione equa? Ruolo corpus normativo di diritto internazionale, il ruolo del giudice e il ruolo delle istituzioni (organizzazioni
internazionali o pseudo tali)
Organizzazioni internazionali tuttora prassi che vengano create organizzazioni preposte alla gestione della risorsa condivisa, anziché di volta in volta
negoziati le parti che decidono stabilmente di gestire la risorsa equamente stipulano un Trattato e creano l’organizzazione che diventa la camera di
regolazione permanente per la gestione di quegli affari.
Organizzazioni pseudo tali: a volte questi trattati creano delle vere e proprie organizzazioni internazionali a tutti gli eff etti, a volte però con i Trattati ambientali
non creazione di organizzazione stabile e separata dagli Stati ma creati meccanismi meno di una organizzazione autonoma c.d. Conferenze delle parti (che
possono esserci anche per trattati multilaterali ampi al di la della gestione delle risorse condivise). Ibrido tra organizzazione internazionale e cooperazione del
passato tra gli stati dove c’era una creazione per i singoli accordi (semplice negoziazione diplomatica), in mezzo fenomeni di cooperazione istituzionalizzata:
si riuniscono periodicamente e sono in qualche modo permanenti per alcuni aspetti (es. Segretariato che è permanete)

Il secondo obbligo che deriva dalla cooperazione è la valutazione di impatto ambientale: stretto collegamento tra cooperazione e prevenzione (cooperazione
prima regola di prevenzione: funzionale); gli obblighi più specifici sono riconducibili sia alla cooperazione che alla prevenzione: dimostra che questi principi
sono tutti tra di loro collegati. Si trova sancito in molte convenzioni
• Convenzione UNECE sulla valutazione dell’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero (Convenzione di Espoo) (1991)
Si tratta di un obbligo oramai consuetudinario. Persino la Corte internazionale di giustizia (restia a consuetudine per alcuni principo) ha sancito la natura
consuetudinaria del principio
Principio 17 di Rio 1992 “Environmental impact assessment, as a national instrument, shall be undertaken for proposed activities that are likely to have a
significant adverse impact on the environment and are subject to a decision of a competent national authority (Principio 17)”. Mentre non ci sono dubbi sulla
natura consuetudinaria delal valutazione degli impatti transfrontalieri ancora dubbi per l’obbligo per la valutazione degli impatti ambientali nazionali. Quando si
è parlato della prevenzione in ottica sempre transfrontaliera. Qualche autore ha sostenuto che il principio di prevenzione si spinga più in la: se si parla di
prevenzione e i dice che lo Stato ha l’obbligo di adottare le misure per evitare il verificarsi del danno, ciò è indipendente dalla natura transfrontaliera o meno
del danno (prevenire anche all’interno dello Stato) → non è tesi largamente condivisa, tesi su possibili eventuali sviluppi futuri

A cosa serve la valutazione di impatto ambientale? Nel raccogliere le informazioni lo Stato inizialmente le usa per decidere se effettuare l’attività ma anche
per altre funzioni
• Per permettere la partecipazione del pubblico: la società civile partecipa se si inserisce nella procedura di valutazione di impatto ambientale,
quantomeno serve a creare un documento che può poi essere trasmesso al pubblico sul quale può eseguire una valutazione
• Per permettere l’informazione degli altri Stati ed entrare in consultazione con essi potenzialmente interessati dall’attività: non solo in caso di incidente
ma anche in funzione preventiva → duplice valenza dei principi dettagliati cooperazione e prevenzione

Informazione degli altri Stati ed entrare in consultazione con essi potenzialmente interessati dall’attività
Ribaditi in strumenti di soft law convenzioni e Trattati es. Convenzione UNECE sugli effetti transfrontalieri degli incidenti industriali (1992) e Convenzione sulla
notificazione tempestiva di un incidente nucleare (1986) [dopo Chernobyl]. Obbligo consuetudinario. Ribadito anche in giurisprudenza
• Controversia tra Francia e Spagna relativa al lago Lanoux, sentenza arbitrale del 16 novembre 1957: “Consultations and negotiations between the two
States must be genuine, must comply with the rules of good faith and must not be mere formalities”
• Sentenza della Corte internazionale di giustizia nel caso della Piattaforma del Mare del Nord, 1969, par. 85: “[the Parties] are under an obligation so to
conduct themselves that the negotiations are meaningful, which will not be the case when either of them insists upon its own position
without contemplating any modification of it” Come deve essere fatta
La consultazione deve essere in buona fede, gli Stati devono essere aperti a nuove opzioni. Obbligo essenzialmente procedurale, lo Stato informato non ha
diritto di veto, rilevante perché quantomeno obbligo di non procedere all’attività prima della consultazione dell’altro Stato e rilevante in caso di eventuali danni.
Ci possono essere diritti di veto nei regimi convenzionali esempio quando si parla di trasporto di rifiuti pericolosi, esiste una Convenzione di Basilea che da
attuazione all’obbligo di notifica e consultazione, lo Stato deve chiedere il permesso.

La cooperazione essenziale per la gestione di tutta una serie di risorse. In astratto nulla vieterebbe di gestire la risorsa condivisa in modo unilaterale (ciò in
concreto) ma non dal punto di vista giuridico. Esistono altre situazioni dove la cooperazione per la gestione delle risorse è necessaria, sia giuridicamente che
concretamente
• Common properties: risorse su cui nessuno Stato ha sovranità (es. risorse ittiche in alto mare). In passato non c’erano limiti allo sfruttamento oggi tutta
una serie di limitazioni tra cui la cooperazione tra gli Stati
Specie altamente migratorie che in quanto tali non sono sotto la sovranità dei singoli Stati. Presenza di discipline specifiche convenzionali, convezione
che si coordina con tutta una serie di accordi regionali o che hanno ad oggetto singoli beni
• Interessi comuni delle comunità, es. cambianti climatici o tutela della biodiversità. I Trattati definiscono rispettivamente la tematica come di interesse
comune dell'umanità. Le risorse sono fisicamente sul territorio degli stati e non viene cancellata la sovranità statale sulla risorsa , tuttavia le risorse
interesse comune dell’umanità e quindi lo Stato deve gestirlo nell’interesse di tutti e quindi seguendo le regole convenzionali
• Patrimonio comune dell’umanità: aree che sono al di la delle sovranità degli Stati, es. area internazionale dei fondi marini, mentre sull’alto mare non c’è
la sovranità di nessun Stato e quindi tuti possono sfruttare nel rispetto della cooperazione, invece nei fondi marini le risorse non possono essere sfruttati
da tutti, esiste Autorità internazionale dei fondi marini che gestisce le risorse nell’interesse di tutti. Tutto il sistema creato anche in una logica di
redistribuzione dei benefici a favore di tutti

Principio di sviluppo sostenibile

Principio che di per se non implica una regola, quindi definito come concetto. Si possono derivare obblighi più precisi riconducibili al concetto.

Obbligo di utilizzo delle risorse in modo sostenibile/razionale


Usarle in modo che non si esauriscano nel lungo termine. Ricostruito in maniera precisa nei singoli contesti pattizi

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 8


Usarle in modo che non si esauriscano nel lungo termine. Ricostruito in maniera precisa nei singoli contesti pattizi
Esempio Convenzione di Montego Bay (1982): “The coastal State … shall ensure through proper conservation and management measures that the
maintenance of the living resources in the exclusive economic zone is not endangered by overexploitation … measures shall … be designed to maintain or
restore populations of harvested species at levels which can produce the maximum sustainable yield …” (Art. 61 sulla gestione delle risorse ittiche della zona
economica esclusiva). Tetto scientificamente preciso: termine tecnico che indica l’utilizzo max è il livello sotto il quale la risorsa riesce a rigenerarsi
automaticamente. Possibile individuare la soglia e quindi in modo concreto

Principio di integrazione
Convenzione sulla biodiversità (CBD) (1992): “Each Contracting Party shall, in accordance with its particular conditions and capabilities: (…) Integrate, as far
as possible and as appropriate, the conservation and sustainable use of biological diversity into relevant sectoral or cross-sectoral plans, programmes and
policies (art. 6 par. b)”. Visione procedurale dello sviluppo sostenibile: si deve integrare lo sviluppo sostenibile nelle decisioni. Concetto anche alla base
dell’Ue.
Principio anche in sede giudiziale. Controversia fra Belgio e Paesi Bassi relativa alla ferrovia del Reno di ferro (Iron Rhin e (“IJzeren Rijn”) Railway), sentenza
del Tribunale arbitrale 24 maggio 2005: “major adaptation and modernisation of an existing railway must today include necessary environmental protection
measures as an integral component of such a project” “The reactivation of the Iron Rhine railway cannot be viewed in isolation from the environmental
protection measures necessitated by the intended use of the railway line. These measures are to be fully integrated into the project and its costs (par. 223)”.
Nella riattivazione fare una integrazione dei valori di tutela ambientale nel progetto = aumento costi

L’integrazione anche come necessità di armonizzare diversi settori del diritto internazionale, sviluppo sostenibile = integrazione dei valori ambientali anche
per il diritto internazionale economico - integrazione normativa.
Per lungo tempo lo sviluppo del commercio si è sviluppato lontano dal concetto di ambiente e ciò può portare a contrasti (es. vietare il commercio di sostanze
dannose o di specie in pericolo). Questi due settori sono cresciuti in maniera parallela e per alcuni versi in contrasto. Nel 1994 creata organizzazione
mondiale del commercio (WTO), incorporati tutti i Trattati commerciali con delle modifiche tra cui una modifica dall'impatto rivoluzionario. Nel Preambolo
(dichiarazione di intenti) riferimento allo sviluppo sostenibile “The Parties to this Agreement,
Recognizing that their relations in the field of trade and economic endeavour should be conducted with a view to raising standards of living, ensuring full
employment and a large and steadily growing volume of real income and effective demand, and expanding the production of and trade in goods and services,
while allowing for the optimal use of the world’s resources in accordance with the objective of sustainable development, seeking both to protect and preserve
the environment and to enhance the means for doing so in a manner consistent with their respective needs and concerns at diff erent levels of economic
development” Questo riferimento ha cambiato il modo di lettura delle norme commerciali, in ragione dello sviluppo sostenibile le norme lette alla luce delle
norme internazionali in materia di ambiente
→ Altro modo di vedere l’integrazione.
Questo può avere impatto concreto molto rilevante. In uno dei casi si presenta il problema di coordinamento, per risolvere il problema necessario analizzare
eccezioni nel Trattato sul commercio GATT. Gli Stati possono adottati una serie di eccezioni alle norme commerciali fondate sull’art. 20. Tra queste eccezione
la possibilità di adottare eccezioni se sono “... relating to the conservation of exhaustible natural resources”. In una lettura economica sono per es. il petrolio e
non la biodiversità, utilizzata per delle tartarughe in via di estinzione non possibile se si fosse letto in maniera isolata. → Ciò fatto perché nel preambolo si parla
di sviluppo sostenibile

04/03/2022

Principio di equità
Diversa dalla gestione equa delle risorse. L’equità dello sviluppo sostenibile si articola in due tipi
• Intergenerazionale: si riferisce all'equità tra generazioni, ogni qual volta che negli strumenti normativi riferimento alle generazioni future (sempre più
frequente). Dal rapporto Bruntland e poi continuamente ribadito. Non è facile dare idea degli interessi e diritti delle generazioni future, perché
accompagnati da una serie di domande: quali sono i diritti? Non c’è mai un elenco di diritti? Se sono gli stessi diritti presenti, e dunque solo enfasi per
dire che appartengono anche alle generazioni future, oppure hanno diritti aggiuntivi rispetto a quelli odierni. Anche chi siano le generazioni future?
Aspetto incerto: chi dice che sono le generazioni ancora non nate, chi invece include anche i minorenni già presenti. Ammettendo che si parli di quelle
non nate dove si mette il limite temporale? → dagli strumenti normativi risposte non ci sono. Nella prassi il concetto usato sul piano processuale, diversi casi che
fanno leva sugli interessi futuri per vantare le loro pretese
○ Corte Suprema delle Filippine, caso Minors Oposa v. Secretary of the Department of Environment and Natural Resources, sentenza 30 gennaio
1993: bloccare lo sfruttamento di un area forestale, si appoggia all’idea delle generazioni future poiché vi sono fonti normative che menzionano
questi diritti. Vada quindi annullata la concessione perché contro gli interessi: il Tribunale darà risposta affermativa
Idea che può essere utile per sostenere che questi diritti siano azionabili in giudizio: di solito sempre prospettiva interstatale e di base forti dubbi che gli
individui possano invocare in giudizio uno dei principi sopradescritti, posti negli interessi degli stati; l’idea dei diritti delle generazioni utile per azionare il
giudizio perché posti nell’interesse anche delle persone singole. Negli ultimi 5 anni una esplosione di questi casi a livello di Corti interne laddove
moltissimi ricorsi per violazioni di obblighi ambientali fondati sugli interessi delle generazioni future: accettati da molte corti. Può servire a sostenere che i
privati hanno azione in giudizio per fare valere questi principi. A rafforzare questa prospettiva proposto, a Rio + 20, di creare un difensore civico per le
generazioni future: che potesse farsi portatore degli interessi/diritti delle generazioni future → proposta non passata.
Idea dei diritti delle generazioni future anche usato per aiutare a chiarire qual è l'orizzonte temporale entro il quale si applicano: come concetto che aiuta
ad interpretare tutti gli altri principi e che la prospettiva degli obblighi deve essere di lungo periodo → fattore moltiplicatore dei principi da un punto di vista
temporale
• Intragenerazionale: all’interno della medesima generazione. Equità riformulata come principio delle responsabilità comuni ma differenziale, tenendo
conto delle diversità tra i Paesi: tra industrializzati e in via di sviluppo. Idea tutti gli Stati responsabili per la tutela ambientale però sia differenziata a
seconda del tipo di Stato. Differenziare perché
○ Paesi industrializzati nel passato stati i più responsabili: ottica distributiva
○ I paesi industrializzati hanno più risorse economiche e tecnologiche: ottica pro futuro
Molta più concretezza della equità intergenerazionale: diversi modi per concretizzare questa idea apparentemente astratto. In molti Trattati gli obblighi
richiesti in ragione delle particolarità degli Stati: Convenzione sulla biodiversità (CBD) (1992): “Each Contracting Party shall, in accordance with its
particular conditions and capabilities: (…) Integrate, as far as possible and as appropriate, the conservation and sustainable use of biological diversity
into relevant sectoral or cross-sectoral plans, programmes and policies (art. 6 par. b)”. Ripercussioni pratiche importanti
In un regime come quello della riduzione dello strato dello ozono stabiliti obblighi di riduzione dell’utilizzo delle sostanze, differenziati a seconda della
tipologia di Stato, esempio diversi limiti temporali→ nel dettaglio non una formula generica
Regime sui cambiamenti climatici: es. Protocollo di Kyoto obblighi solo per i Paesi industrializzati e non quelli in via di sviluppo
Più in generale obblighi di assistenza finanziaria e tecnologica ai Paesi in via di sviluppo
Nel chiedere di ottemperare agli obblighi la Convenzione del United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) (1992): “The extent
to which developing country Parties will effectively implement their commitments under the Convention will depend on the effective implementation by
developed country Parties of their commitments under the Convention related to financial resources and transfer of technology” (art. 4.7). Il Trattato
stabilisce obblighi per tutti e obbligo parallelo di assistere i Paesi in via di sviluppo e esplicita che si può esigere il rispetto da parte dei Paesi in via di
sviluppo solo se hanno avuto assistenza
Chi sono i Paesi in via di sviluppo? Non esiste definizione univoca generalmente accettata, definizione fluida dinamica e che contiene un certo grado di
soggettività: fluida a livello temporale, ma anche processo inverso (da industrializzato a non), ma anche in un contesto storico preciso non è chiaro
perché ci possono essere dei punti di vista su differenti elementi. Ci sono dei punti di riferimento che si usano esempio si ritiene che siano Paesi ricchi i
Paesi appartenenti all’OCSE. A volte a questi Paesi interessa essere qualificati come paesi in via di sviluppo altre volte no. Alcune volte si può stilare
una lista attraverso negoziati
Sul piano generale si può usare questa equità per leggere/intepretare il principio della consultazione che deriva sia dalla prevenzione che dalla
cooperazione: quando uno Stato industrializzato entra in consultazione con un Paese in via di sviluppo, essere in buona fede significa tener conto della
debolezza della controparte → ogni vota che ci sono negoziati i Paesi in via di sviluppo usano questo principio

Principio di partecipazione

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 9


Principio di partecipazione

Ribadito dagli strumenti di soft law, e anche Trattato ad hoc: UNECE Convention on Access to Information, Public Participatio n in Decision-making and
Access to Justice in Environmental Matters (the “Aarhus Convention”) (1998).
Tre pilastri dell’idea di partecipazione: non solo partecipazione alle decisione, ma anche accesso alle informazioni e accesso alla giustizia, sempre in capo
ambientale.
Questo anche nel settore dei diritti umani: nel settore dei diritti umani sviluppata (grazie Corte EDU) un diritto delle persone all’accesso alle informazioni alla
giustizia.
Non è tuttavia semplice dire che si consuetudinaria, perché sviluppato marcatamente a livello regionale, ma rispetto al principio precauzionale comunque
riconosciuto più ampiamente
Ciò di cui si parla è a livello nazionale non internazionale. La Convenzione di Aarhus e Corte EDU parlano di diritti nei confronti delle autorità nazionali. Non
così per il sistema internazionale: non esiste un diritto per l'individuo di accesso alle Corti internazionali, almeno non in ambito generale ma possono esserci
casi specifici

Principio chi inquina paga - polluter pays

Principio che riguarda la dimensione nazionale diverso dall’inquinamento transfrontaliero. Richiede agli Stati di amministrare in modo tale che chi inquina
paghi, attraverso soluzioni giuridiche e far si che i costi non siano sopportati dalla collettività ma da chi opera un’attività pericolosa: es. responsabilità
oggettiva

→ Caso Cartiere Argentina v. Uruguay


Caso significativo
• Primo caso in cui Corte interazionale di giustizia si è occupata di ambiente e ha deciso, almeno in parte, della tutela dell’ambiente. Fondamentale le la
corte dice che c’è una violazione degli obblighi procedurali ribadendo non solo che consuetudinario ma che si articola in obblighi precisa e che uno Stato
che non li rispetta sta facendo una violazione → è sufficiente che uno Stato non rispetti gli obblighi di prevenzione e di condotta perché ci sia una violazione, ciò a
prescindere dal danno
• collegamento tra obblighi procedurali e sostanziali: non provato il collegamento tra mancata procedura e inquinamento → quindi non c’è una violazione
degli obblighi sostanziali. La sentenza viene qui criticata e mostra la faccia negativa: approccio molto tradizionale agli aspetti procedurali poiché è l’attore che deve
trovare il collegamento. Avrebbe potuto superare il problema di collegamento applicando il principio precauzionale e quindi inversione dell’onere della prova
• Il CARU uno degli esempi di cooperazione a livello internazionale su scala di accordi multilaterali ma non globali
• Difficoltà/limiti di applicare un approccio tradizionale per la risoluzione delle controversie in ambito ambientale dato dal fatto che la Corte condanna per
la sola violazione degli obblighi procedurali ma dal punto di vista ambientale il danno è spesso irreparabile

In diritto internazionale dell’ambiente si sono sviluppati meccanismi alternativi della soluzione delle controversie, per i difetti
• Ogni Tribunale può avere un approccio diverso e quindi gli Stati resti ad andare davanti ad un giudice internazionale poiché non è detto che sia
sensibile all’ambiente: quindi meglio creare strumenti ad hoc nei Trattati ambientali
• Per il settore ambientale la sanzione sotto forma di una corte che sancisce/ribadisce il diritto serve poco
Ecco perché meccanismi di “non compliance”/“compliance”: creati per moltissimi Trattati ambientali. Meccanismi di natura non conflittuale, prevedono la
creazione di un organo tecnico (di solito “compliance committee") che valuta il rispetto del Trattato ambientale a cui fa rif erimento, con una valutazione di tipo
tecnico. Dopo la valutazione da parte dell’organo non si arriva ad una condanna ma si arriva ad una assistenza nei confronti dello Stato inadempiente → ciò
che si cerca è il rispetto delle norme non la condanna. Assistenza che può essere sia economica come tecnica, materia caratte rizzata da forte difficoltà tecnica quindi può
essere che non rispettino il Trattato per una difficoltà oggettiva (quindi non ha senso aggiungere anche una sanzione giudizi ale). Celebre il caso tutela strato dello ozono
dove la Russia dopo il crollo del muro di Berlino e le difficoltà economiche è stata assistita per il rispetto del Trattato. a sottolineare la natura non conflittuale c’è il fatto che
possono essere insesscati dal Segretariato della Convenzione di riferimento, organo terzo imparziale, attraverso la ricezione delle informazioni da parte degli Stati che
aderiscono al Trattato: non avrebbero dato gli Stati il potere al Segretariato se fosse stato di tipo giudiziale e non assist enziale. Questi meccanismi possono addirittura
essere innescati dalla stessa parte inadempiente. In alcuni di questi meccanismi anche le ONG possono innescare una delle pro cedure di “non compliance”.

09/03/2022

Responsabilità

In caso di inquinamento transfrontaliero ci sono due strade percorribili, che si differenziano in base al soggetto che è resp onsabile:
• Responsabilità dello STATO: si applica il diritto internazionale (pubblico);
• Responsabilità dei PRIVATI: si applica il diritto internazionale privato.

E' difficile provare la responsabilità statale.


Partendo dalla classica responsabilità dello Stato per illecito: per fondare tale responsabilità, si applica la convenzione sull’Illecito dello Stato, che riflette in
massima parte il diritto consuetudinario. Ma ci vogliono due elementi:
- Uno soggettivo: un comportamento contrario alla norma
- Uno oggettivo: l’imputabilità allo Stato.
L’applicazione di questi criteri può portare una serie di problemi perché si creano difficoltà nell’applicare la norma generale sul diritto transfrontaliero.
Basandosi sul divieto di inquinamento transfrontaliero, sorgono aspetti dubbi e zone oscure nel contenuto stesso della norma. Non si capisce il danno né
l’entità. Ciò incide sulla possibilità di ravvisare un comportamento contrario ad una norma; inoltre, si creano problemi anche per quanto riguarda il secondo
aspetto.

Si tratta di un problema perché gli atti dei privati non sono direttamente imputabili allo Stato. Non si può attribuire un eventuale inquinamento dell’impresa
quasi fosse stato direttamente posto in essere dallo Stato. Quello che può succedere è che lo Stato può essere considerato colpevole per mancata vigilanza.
In questo secondo profilo, si può stabilire che lo Stato ha mancato di vigilare sui privati, è stato negligente, quindi rileva un comportamento diretto degli organi
statali. Il profilo di responsabilità per negligenza è importante perché oramai la giurisprudenza sembra aver capito che è più facile fondarvi la responsabilità
statale. Ma in questo caso il paese risponderebbe solo per negligenza.

Traslando in concreto la prospettiva dai principi, ci si rende conto che rilevano alcuni punti focali:
- Difficoltà di soddisfare l’onere della prova (incertezze scientifiche, nesso di causa, negligenza, colpa);
- Riparazione adeguata? La dichiarazione di un tribunale è sufficiente a salvaguardare l’ambiente? Come abbiamo visto alla luce della giurisprudenza
analizzata, può non essere soddisfacente un apporto classico in campo ambientale. In altri settori, la sentenza di un tribunale può bastare: ma in campo
ambientale no. Anche immaginando un sistema di risarcimento economico, il problema di fondo è che spesso il danno ambientale è irreparabile.
- Quantificazione del danno ambientale (danno ambientale puro?). Anche in questo caso, se tutto va bene, nel valutare in fase risarcitoria il danno
ambientale, non sempre si riesce a risarcire il danno ambientale puro, un danno all’ambiente in sé, che non sia direttamente collegato alla proprietà o
alle persone.
- Infine, c’è il problema dei danni alle aree oltre la giurisdizione e sovranità degli Stati, anche intesi come <<danni globali>> (come quelli provocati dai
cambiamenti climatici). È difficile, in questi casi, individuare gli Stati che hanno compiuto l’illecito e i paesi che sono effettivamente lesi. Potenzialmente
tutti gli Stati, in misura diversa, sono autori dell’illecito e ugualmente tutti gli Stati subiscono gli effetti negativi di questo fenomeno. Ciò rende complesso
applicare i criteri tradizionali della responsabilità dell’illecito. La prima difficoltà che si incontra è quella di sostenere cosa possono fare gli Stati diversi
dagli Stati lesi. Si tratta di una zona grigia del diritto internazionale: a fronte di obblighi erga omnes, non è chiaro cosa possano fare gli Stati diversi dagli
Stati lesi. Si dice che si possono adottare misure legittime, ma non si specifica di quali misure si tratti (contromisure?).
- Da ultimo, vanno considerate le difficoltà politiche. Anche risolvendo tutti i problemi analizzati, gli Stati sono sempre molto restii a sollevare il problema
davanti ad una Corte Internazionale. E ciò perché tendenzialmente lo Stato che oggi dovesse presentare un ricorso contro un altro Stato per

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 10


davanti ad una Corte Internazionale. E ciò perché tendenzialmente lo Stato che oggi dovesse presentare un ricorso contro un altro Stato per
inquinamento, sa che potrebbe poi trovarsi dall’altro lato. Prendiamo ad esempio Chernobyl: nessuno Stato ha sollevato il problema; anche quando
giuridicamente vi sarebbero tutte le condizioni, gli Stati sono molto restii ad agire.

L’altra strada sviluppata possibile è quella della responsabilità statale per fatto lecito. Si tratta di una responsabilità creatasi proprio nel settore ambientale. Si
ha tutta una serie di attività molto redditizie e molto rischiose per l’ambiente, che non sono vietate dal diritto internazionale. Essendo queste lecite, non vietate
dal diritto internazionale, in linea teorica non si potrebbe applicare la responsabilità per fatto illecito. Ecco che appariva chiaro che questa situazione corretta,
era comunque eticamente discutibile. Appariva eticamente complessa: era difficile accettare il fatto che qualcuno rispondesse per un’attività lecita. Allora
nacque l’idea di staccare quest’aspetto molto specifico ed elaborare parallelamente un’altra idea: per certe attività (pericolose per l’ambiente) uno Stato
avrebbe potuto rispondere anche se l’attività fosse stata lecita. Tale concezione è stata molto vagliata dalla Commissione, che infine ha adottato due testi:
- International liability for injourious consequences;
- Un testo sulla responsabilità per danno derivante da attività pericolose. Però non si è mai arrivati ad un obbligo generale: anche se esistono dei regimi
precisi per determinati settori. A livello di norma generale, però, non si è affermata una regola che prevede tale risarcimento.

Si può allora provare ad esplorare il regime di applicazione della responsabilità delle imprese. Si tratta di una responsabilità derivante dal diritto internazionale
privato: norme interne che disciplinano fattispecie con elementi di transnazionalità, tra cui le ipotesi di inquinamento per l’impresa di uno Stato, che ha effetti
aldilà del territorio dei confini di quel dato Stato.
Anche applicare questo diritto nasconde alcune insidie: possono sorgere problemi dati dal fatto che non ci sono regole uniformi: ciascuno Stato può stabilire
norme diverse. Ci sono casi in cui sono stati adottati dei trattati uniformi, ma si tratta di eccezioni.
Di regola, ciascuno Stato decide ciò che vuole in materia di diritto applicabile e giudice competente. Ciò dà dei problemi perché si può arrivare a risultati molto
differenti. Nei casi di inquinamento, sarà oggettivamente responsabile il proprietario dell’impianto. Inoltre, il problema de lle regole non uniformi si pone anche
dal punto di vista processuale e della competenza del giudice. Entrambe le soluzioni, - competenza del giudice dove si è verificato l’incidente o del giudice
dello Stato di appartenenza dell’impresa, possono avere dei pro e dei contro.
- Nel primo caso, il giudice potrebbe non essere interessato a condannare l’impresa, poiché l’impresa ha sede sul suo territorio.
- Nel secondo caso, invece, ci potrebbero essere ostacoli concreti per l’accesso alla giustizia. Se la soluzione adottata riguarda il verificarsi delle
conseguenze negative dell’atto, il giudice della stessa nazione del danneggiante, potrà essere più motivato ad arrivare ad una domanda e condanna di
risarcimento. Ma avrà bisogno della cooperazione di altri soggetti, come ad esempio lo Stato dove ha sede l’impresa, almeno sotto il profilo del
riconoscimento delle sentenze. Inoltre, un simile scenario è reso ancora più complesso dalle multinazionali e dall’esportazione del rischio.
Può apparire una soluzione che in parte risolve i problemi iniziali, ma in parte può acuirli. Ciò perché se esiste una casa madre e l’attività è stata posta in
essere solo da un filiale, allora non sempre il giudice dove ha sede la casa madre è competente per le attività delle filiali. In molti casi, si impedisce di
citare in giudizio lo Stato della casa madre e la casa madre stessa per ciò che avviene in causa dell’azione di una succursale. È un velo che protegge la
casa madre delle multinazionali. Molto spesso il giudice non può aggredire il patrimonio della casa madre: vi è un distaccamento dei patrimoni con le
filiali. Allora, citando succursale e multinazionale, si dovrà aggredire il patrimonio della seconda. Ma ciò spesso non può avvenire.
Caso scolastico, a tal proposito, è quello di Bhopal del 1984: una succursale indiana di una società che aveva sede principale negli Stati Uniti inquinava
attraverso ampie emissioni di diossina. Ma il giudice americano si chiamò fuori dicendo che era incompetente. Le Corti interne indiane arrivarono alla
condanna della società, ma la succursale non aveva patrimonio sufficiente per il risarcimento. Si giunse poi ad una soluzione extragiudiziale, ma solo per la
volontà e la buona fede della società, che si rese conto della necessità di pagare.

Alla luce di tutte le difficoltà illustrate, si è giunti alla soluzione dei “TRATTATI IBRIDI” sulla responsabilità civile in campo di diritto ambientale. Sono ibridi
perché misti, contengono regole di comportamento degli Stati dal punto di vista pubblico, ma anche aspetti di diritto internazionale privato (ad esempio sul
giudice competente), e hanno risolto molti problemi, sancendo regimi ad hoc sulla responsabilità dei privati in determinati settori. Si tratta di regimi dinamici
che si aggiornano costantemente.
- Ad esempio, uno di questi settori riguarda i danni da impianti nucleari: ci sono, in questo caso, più regimi anche per lo stesso tema (uno a livello globale,
dettato dalla Convenzione di Vienna e uno regionale).
- Altro settore è quello dei danni da trasporto di rifiuti pericolosi.
Vi è quindi l’adozione del trattato che disciplina le regole basilari, corredato da un trattato ad hoc aggiuntivo (Protocollo) che disciplina la responsabilità. È
stato anche fatto un tentativo (la Convenzione di Lugano) per disciplinare il danno ambientale necessario, ma è miseramente fallito. Gli Stati preferiscono
impegnarsi attraverso Trattati adeguatamente ritagliati su specifiche autorità pericolose. Ma la Convenzione di Lugano è molto avanzata: così tanto che non è
mai entrata in vigore. Bisogna perciò trovare un buon compromesso fra più interessi.
Tutti questi sistemi hanno tratti comuni:
- Canalizzazione della responsabilità: si attribuisce la responsabilità (che è oggettiva: potrà essere, in base ai casi, relativa od assoluta, il soggetto che
viene indicato come responsabile non può mai esimersi, ma potrà, a talune condizioni, rivalersi su ulteriori soggetti; sta alla persona responsabile
attivarsi per dimostrare la sua eventuale innocenza, rivalendosi su altre parti) a degli attori specifici; in questo caso il danneggiato non dovrà provare la
colpa. Il soggetto identificato risponderà, infatti, anche nel caso di dolo o colpa di qualcun altro.
· Tale soluzione applica uno dei principi visti a livello generale: il "polluter pays": chi si avvantaggia di un’attività remunerativa ma rischiosa per
l’ambiente, si addossa i costi di un eventuale danno. Ma vengono previsti dei massimali, che variano a seconda del trattato e dell’attività di cui si
parla. Essi sono proporzionati al rischio e ad atri parametri.
· Questa limitazione non è di solito concessa in caso di dolo o di colpa con previsione.
· La limitazione, comunque, permette effettivamente di svolgere l’attività che altrimenti risulterebbe troppo onerosa. A seconda di dove si
pone il limite può svantaggiare la vittima, andando oltre il limite stabilito. Dunque si prevede un risarcimento supplementare tramite fondo
internazionale e/o intervento Statale.
· Ci possono così essere sistemi a due livelli (come accade per gli idrocarburi) per cui risponde il privato individuato entro i limiti stabiliti ma se
il danno super tali limiti, interviene un fondo internazionale volto a sostenere la vittima. Oppure, per i danni più seri, esistono impianti a tre livelli, in
cui prima interviene il privato individuato, poi lo Stato dello stesso ed infine, se il danno supera anche il secondo limite, un fondo internazionale a
cui concorrono tutti gli Stati parte.
Tutto ciò che è scritto nel Trattato, non preclude la responsabilità di uno Stato sotto il profilo internazionale. Il protocollo alla fondazione di Basilea
prevede un fondo solo su base volontaria. Questa, a ben vedere, è una soluzione deboluccia.
- Norme uniformi sulla legge applicabile e la giurisdizione competente; sono le Convenzioni stesse che stabiliscono la legge applicabile, oltre al fatto di
essere esse stesse legge applicabile a tutti gli effetti. Di solito per integrare quanto non viene detto nel trattato, il giudice vedrà quali norme applicare per
integrare lo stesso trattato (lex fori in caso di lacune del patto).

Vengono sancite poi una pluralità di giurisdizioni competenti (giudice dello Stato in cui si è verificato il danno giudice dello Stato dove è sofferto il danno;
giudice dello Stato dove il convenuto ha residenza o sede principali degli affari). Ciò significa che il Trattato stesso fornisce queste soluzioni: il diritto
applicabile e la legge applicabile sarà la medesima a prescindere dal giudice al quale ci si rivolge. Infine, ci sono regole in materia di reciproco riconoscimento
ed esecuzione delle sentenze.

Resta irrisolto il profilo del danno ambientale puro: si parla di Trattati, le regole adottate richiedono un collegamento con uno degli stati parte. La Convenzione
si applica ai danni causati nel territorio degli Stati parte, nel mare territoriale degli Stati parte, nella ZEE di uno Stato parte. C’è la necessità di un
collegamento dello Stato, che si assottiglia sempre di più man mano che si va verso il largo. Per ciò che riguarda i danni subiti fuori, ci sono soltanto alcuni
danni rimborsabili: si tratta dei costi delle misure preventive adottate per limitare il danno ambientale.
10/03/2022

Definizione danno ambientale: limiti territoriali dato dal fatto che siamo in presenza di un Trattato che stabilisce degli obblighi, quindi coperti solo danni che
hanno un qualche collegamento con uno Stato che aderisce al trattato

Problema definizione danno ambientale non si sofferma solo al problema territoriale ma anche trovare dei parametri per stabilire il quantum del risarcimento.
Danno ambientale coperto dai Trattati di solito definito in modo ristretto. Inclusi:
• Danni alle persone
• Danni alla proprietà/cose

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 11


• Danni alla proprietà/cose
• Danno ambientale quantificabile con
○ Lucro cessante derivante da un interesse economico nell’utilizzo del bene ambientale: es. depauperamento dello stock di pesci, se zona attività di
pesca il danno ambientale si può risarcire quanto i pescatori perdono in termini di mancato guadagno
○ Costo delle misure preventive
○ Costo delle misure di ripristino: paradosso che se parametrato al costo di ripristino, ma se distrutto tutto = un danno non ripristinabile = non
risarcibile
▪ “Ragionevoli” ed effettivamente adottate: non parametro astratto che può servire a quantificare il danno ambientale per quanto sarebbe
costato effettivamente necessario, ma quelle effettivamente sostenute
Danno ambientale definito in modo ristretto, anche per la difficoltà per quantificare il danno ambientale puro che non si possa agganciare ad altri
elementi economici. Sono stati fatti dei tentativi di espansione della risarcibilità, non legati a parametri economici
○ Convenzione sulla protezione dell’ambiente marino e della regione costiera del Mediterraneo: risarcibile il costo delle attività e degli studi anche
per valutare il danno; si quantifica il danno attraverso una compensazione per equivalente (se non c’è lucro cessante, si può immaginare
compensazione per equivalente: altro ecosistema dove si hanno i parametri e traslazione)
○ US Oil Pollution Act (1990): risarcibili i costi del ripristino, sostituzione, delle risorse perse → quanto costerebbe il ripristino
○ “Metodologia di valutazione contingente” (contingent valuation methodology): metodo di natura sociologica, si fa una indagine e si chiede alla
popolazione del territorio dove si è verificato il danno e quanto sarebbe disposta a pagare per il ripristino, da un valore percepito del danno anche
in assenza di attività economiche che darebbero un lucro cessante
○ Direttiva Ue “riparazione complementare”: qualsiasi misura di riparazione intrapresa in relazione a risorse e o servizi naturali per compensare il
mancato ripristino completo delle risorse e/o dei servizi naturali: astratto qualsiasi costo di qualunque misura per ripristinare l’ambiente stesso
○ UN Compensation Commission istituita per gestire le richieste di risarcimento per i danni dell'invasione dell’Iraq nel Kuwait (prima guerra del
golfo), danneggiati le risorse petrolifere, necessità di quantificare il danno e laddove mancavano i parametri approccio progressista nel
valutare/quantificare il danno ambientale puro; adottata la pratica della “habitat equivalency analysis”: danni quantificabili per casi di ecosistemi
equivalenti/paragonabili

La regolamentazione di attività umane pericolose e sostanze pericolose per l’ambiente:


Il movimento transfrontaliero di rifiuti pericolosi

Evoluzione

Radici storiche: fine anni ‘70-’80


Si ha incremento significativo e improvviso della produzione di rifiuti pericolosi. Maggiori responsabili Usa, poi Ue, Est Europa e infine resto del mondo.
La grande produzione porta immediatamente ad un inasprimento della normativa, le nuove tecnologie fanno si che vengano prodotti nuovi rifiuti e quindi il
problema della gestione dei rifiuti. La reazione immediata è quello di inasprire la normativa: es. standard elevati per la loro gestione. Le conseguenze
dell'inasprimento portano ad un conseguente aumento dei costi, il quale ha come conseguenza il raggiro della normativa spostando la produzione dove la
normativa non è stringente e quindi i costi diminuiranno di conseguenza
• Chiusura impianti
• Aumento dei prezzi
• Paradosso della formazione della società civile: si forma coscienza ambientalista che va a fomentare il processo di esportazione - “not in my backyard
syndrome”, incoraggiando l'esportazione circa il 10% attraversa lamento un confine, nei paesi OCSE il 25%; esportazione lungo il “path of least
resistance”: Paesi in via di sviluppo perché costi più basi, misure più stringenti, corruzione, assenza coscienza società civile anche perché poco
sviluppata

Casi di traffico illecito


Eventi catastrofici che spingono comunità internazionale ad intervenire
• Caso Seveso (1976), primo caso di problema relativo al movimento di rifiuti. Fuoriuscita di diossina da impianto di una società Svizzera con sede a
Meda (Monza). Le attività di bonifica portano a mettere il terreno contaminato in una serie di fusti che spariscono nel nulla. La società civile si pone il
problema di cosa succede/come regolare il trasporto di queste sostanze pericolose
Caso “Khian Sea” (1986): nave che nel 1986 con carico etichettato come materiale da edilizia parte da Philadelphia, si dirige verso Panama, si scopra tramite
indagine che in realtà sostanze pericolose che si tratta terreno contaminato da diossina, Panama rigetta quindi il carico. La Khian Sea tenta quindi di
scaricare in vari paesi: Bermuda, Honduras, Repubblica Domenicana, Bahamas, Haiti, Guinea-Bissau, Filippine; venendo rigettata finché il carico non
sparisce.
Caso “Karin B” (1987): parte dall’Italia una nave trasportando 3800 tonnellate di rifiuti tossici, trovato campo dove vengono scaricati i fusti tossici, finché le
autorità non si accorgono di quanto successo, incidente diplomatico = Italia costretta a riportarsi indietro i rifiuti
Caso “Lynx” (1987): carico di rifiuti tossici dall’Italia, peregrinazione tentando scarico a Gibuti, Puerto Cabello dove i ri fiuti abbandonati in terreno privato
scatenando caso diplomatico, prova a scaricare in Siria e a questo punto trasferiti su un'altra nave che ritorna in Italia, a Marina di Carrara dove cerca di
attraccare la società civile protesta e costringe la Zanoobia a risalpare e se ne perdono le tracce
Fa capire che è il momento di regolare il sistema

Reazione internazionale
Norme nazionali dei Paesi in via di sviluppo
La comunità internazionale, dato che non è semplice adottare un Trattato per la sua lentezza, si comincia con uno strumento di soft law, consente di testare
alcune norme e permette di affrontare un problema nuovo senza vincoli stringenti. L’UNEP si fa carico di sviluppare il diritt o internazionale dell’ambiente e
stabilire le problematiche più importanti sui quali si devono concentrare gli Stati, nel Montevideo Programme for the Develop ment and Periodic Review of
Environmental Law (1981), una delle problematiche deve essere la lotta al traffico illecito dei rifiuti pericolosi
Anche le organizzazioni regionali
• OCSE decisione/raccomandazione C(83) 180, 1984
• CEE Direttiva 84/631, 1984
Vengono sviluppati i primi principi: come l’accordo con lo Stato ricevente
Sempre sotto la spina dell’UNEP adottate delle linee guida del Cairo, che sono strumento esclusivamente dedicato al tema della gestione eco-compatibile dei
rifiuti pericolosi (1987)
Interviene poi l'assemblea generale dell’UN con due risoluzioni (1987-1988) dove dirà che è arrivato il momento di negoziazione di un accordo internazionale
Consiglio dei Ministri dell’OUA (organizzazione unione africana) adottata risoluzione che vieta l’importazione di rifiuti per icolosi, 1988
Marzo 1989 negoziati della Convenzione di Basilea

Convenzione di Basilea 1989 - Esercizio


Valore di tutti gli atti: non succede mai che gli Stati arrivino a concludere un Trattato da 0, ma aiuto anche attraverso gli strumenti di soft law enorme punto di
partenza .

17/03/2022

Convenzione di Basilea

Negoziati della Convenzione di Basilea


Paesi in via di sviluppo v. industrializzati
• In via di sviluppo: priorità di bandire tutte le esportazioni da paesi industrializzati, mai efficace se non con gli Stati esportatori nonostante una possibile
normativa interna stringente.
• Paesi industrializzati: proponevano una regolamentazione dei movimenti, accettavano una limitazione di questi movimenti transfrontalieri ma non un

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 12


• Paesi industrializzati: proponevano una regolamentazione dei movimenti, accettavano una limitazione di questi movimenti transfrontalieri ma non un
divieto assoluto. Alla fine posizione che ha prevalso
Trattato che regola e non vieta il trasporto. La Convenzione obiettivo di permettere le spedizioni solamente a determinate condizioni, che devono comunque
essere l’estrema ratio
• Riducendo i rischi
• Creando una procedura di controllo
• Garantendo la gestione ecocompatibile dei rifiuti
Se sistema per il quale si garantisce che i rifiuti saranno sempre gestiti ecosostenibilmente non vi è la necessità di un divieto assoluto

Principi base della Convenzione, basati su prevenzione e cooperazione


• Riduzione al minimo della produzione dei rifiuti pericolosi: manca un criterio quantitativo preciso, uno perché si è nel 89 e quindi non si era abituati a
soluzioni severe, e perché Trattato nasceva principalmente per combattere il fenomeno del traffico illecito (non problema dei rifiuti pericolosi in quanto
tali)
• Principio di autosufficienza: non espressamente chiamato così, ma implicito
○ Principio di prossimità: i rifiuti smaltiti il più vicino possibile alla fonte generatrice
○ Obbligo di dotarsi degli impianti necessari per lo smaltimento interno, ciò da parte di tutti gli Stati
○ Riduzione al minimo del movimento transfrontaliero
Formule tendenziali senza limiti quantitativi predeterminati
• Sistema secondo il quale lo spostamento transfrontaliero è l’estrema ratio? Serie di limiti alle esportazioni e alle importazioni. I rifiuti si possono
movimentare solo se lo Stato esportatore non è in grado di smaltirli in modo corretto, eccezione a meno che i rifiuti non richiesi come materiale destinato
al riciclaggio o al recupero dallo Stato importatore (vantaggio). In aggiunta sono esportabili se lo Stato importatore è in grado di smaltirli
○ Obbligo per lo Stato esportatore: ogni Stato parte deve adottare le misure necessarie per non permettere l'esportazione se ha ragione di credere
che i rifiuti non verrano gestiti in modo corretto
○ Obbligo per lo Stato importatore: impedire l’importazione se ha ragione di credere che i rifiuti non verranno gestiti in modo corretto al suo interno.
Entrambi gli obblighi moltiplicano la tutela. Gli Stati esportatori posizione negativa v. gli Stati importatori che sono visti come vittime: mentre i realtà
anche scenario dove incentivato all’import perché operazione economicamente vantaggiosa.
In caso di dubbio di “environmentally sound manner” cosa succede, non ragione di credere? Nel dubbio si esporta/importa, [permette
l’importazione/esportazione se ha ragione di credere… avrebbe invertito], quindi solo se lo Stato riceve informazioni si blocca l’import/export.
• Se non è stata proibita l’importazione da un singolo Stato o da un gruppo di Stati. La Convenzione aggancia le scelte di ciascuno Stato all'attività degli
Stati esportatori: non può esportare se lo Stato ha vietato
• E’ vietata l’esportazione verso l’Antartide
• Vietato il commercio (rifiuti sono un bene e rientrano nelle norme internazionali sul commercio) con Stati non contraenti, salvo che sia in vigore un
Trattato speciale (tra Stati aderenti e non) ex. art. 11 compatibile con la Convenzione: questo per evitare il free riding ossia gli Stati commerciano con
altri Stati che non devono rispettare la Convenzione

18/03/2022

Principio della notifica preventiva e del consenso preventivo informato (art. 6), norme dettagliate che prevede la notifica da parte del “notifies” (Stato di
esportazione, oppure “generator” o “exporter” che comunque sotto la supervisione dello Stato) a tutti gli “States concerned” (Stati potenzialmente interessati
da attività pericolosa)
• Stato importatore (parte del Trattato)
• Stato di transito (parte o non parte del Trattato)
Disciplina tutti gli aspetti della notifica compreso il contenuto che è descritto in allegato separato
Notifica prodromica ad ottenere il consenso della controparte: Stato che vuole esportare rifiuti e poi le sostanze entrano nel territorio dello Stato B, non si
chiede semplicemente di negoziare la consultazione ma serve il consenso
• Dello Stato importatore: condizione per la partenza della spedizione
• Dello Stato di transito (parte): entro 60 gg condizione per la partenza della spedizione, termine posto perché almeno lo Stato di esportazione se riceve il
diniego può trovare una rotta alternativa
• Dello Stato di transito non parte del Trattato, disciplina non chiara (art. 7): si dice che si applica una determinata disposizione ma quella disposizione
parla della notifica, scelta voluta per lasciare la Convenzione ambigua perché non si era d'accordo per i diritti dello Stato di transito non parte → punto
oscuro
La ratio dietro il lasciare in sospeso questo punto è che i Trattati non creano diritti e obblighi per Stati terzi. Argomentazione legittima ma anche
superabile: avrebbe potuto dire che era necessario il consenso senza creare diritti e obblighi per gli Stati transito non parte.
Conferma dell’esistenza del contratto di smaltimento: contratto può essere tra privati, ma sotto la supervisione degli Stati di riferimento
Partenza della spedizione: “Movement Document” applicato in un allegato
Lo smaltitore, che può essere anche l'esportatore, informa che ha ricevuto i rifiuti
Lo smaltitore informa del completamento delle operazioni di smaltimento

Obbligo digestione corretta dal punto di vista ambientale dei rifiuti stessi. I rifiuti esportati devono essere gestiti in maniera corretta dal punto di vista
ambientale, sempre e comunque. Obbligo che spetta allo Stato in cui i rifiuti sono stati prodotti: idea che una volta che i rifiuti arrivati nel territorio dello Stato
di destinazione tutto ricaduto sotto la sua responsabilità, non c’è necessariamente questo passaggio per la Convenzione, va indirettamente ad incentivare la
diminuzione della produzione e dello spostamento (art. 4 para. 10). Principio corredato da un meccanismo secondo cui se la spedizione non va a buon fine,
per qualunque motivo, lo Stato esportatore deve riprendersi i rifiuti, se non riesce a trovare soluzione alternativa (art. 8) → Caso rarissimo di responsabilità per
fatto lecito: segue alla lettere la Convenzione ciò non di meno se qualcosa va storto deve riprendersi i rifiuti, ripristino della situazione ex ante. Per disincentivare
comportamenti come quello di lasciare la responsabilità ad altri Stati
Convenzione penalizzazione per chi produce i rifiuti: la produzione è il problema a monte

In caso di traffico illecito (violazione di qualsiasi norma del Trattato) lo Stato di esportazione o importazione sono responsabili della gestione corretta
alternativa o della re-importazione a seconda dei casi (art. 9) a seconda dei soggetti che hanno integrato la fattispecie illecita (Stato-produttore, Stato
importatore-smaltitore). Sarebbe troppo dare la responsabilità allo Stato esportatore per privati sotto la giurisdizione dello Stato importatore

Definizione di environmentally sound management (art. 2 para. 8): “Environmentally sound management of hazardous wastes or other wastes” means taking
all practicable steps to ensure that hazardous wastes or other wastes are managed in a manner which will protect human health and the environment against
the adverse effects which may result from such wastes" → vuol dire gestione corretta. Punto di debolezza della Convenzione risolto in parte dal fatto che sviluppati
criteri tecnici per ogni tipo di rifiuti, attraverso guide lines; debolezza nel fatto che la Convenzione non ha a livello tes tuale richiamato le guide lines

Definizione dei rifiuti pericolosi coperti dalla Convenzione


Rifiuti: “substance or object which are disposed of or are intended to be disposed of or are required to be disposed of by th e provision of national law” (art. 2
para. 1)
Pericolosi (art. 1)
• Hanno una certa provenienza (“waste streams”) elencati in un allegato (es. rifiuti ospedalieri o rifiuti della produzione di solventi)
oppure/in alternativa
• Rifiuti che contengono determinate sostanze (“wastes having as constituents") in allegato (es. mercurio, zinco)
e contemporaneamente
• Hanno determinate caratteristiche pericolose in allegato (es. esplosivi, velenosi, infettivi, corrosivi)
Elenchi più precisi dove sono elencati in concreto
• Sono coperti anche i rifiuti che sono definiti come pericolosi definiti tali dalle legislazioni nazionali

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 13


• Sono coperti anche i rifiuti che sono definiti come pericolosi definiti tali dalle legislazioni nazionali
Sono esclusi
• I rifiuti radioattivi, coperti dagli strumenti della IAEA: strumenti più specifici
• Derivanti da “normal operation of a ship” coperti da Convenzione MARPOL

L’art. 11 e gli accordi speciali e regionali: norma di coordinamento, salvi gli accordi più specifici a patto che le normative siano compatibili con le
“environmentally sound management” della Convezione di Basilea. se vago il concetto “environmentally sound management” vaga anche la possibilità di
contrasto
• Convenzione di Bamako
• Accordo regionale centro americano
• Convenzione di Waiganai
• Protocollo Mediterraneo
• Protocollo ROPME
• Normativa comunitaria

La normativa espansa perché il bando dei Paesi in via di sviluppo: divieto di esportazione. Riproposto dopo l’adozione del Trattato adottato nel 1995 ma
entrato in vigore nel 2019. Anche il divieto per gli Stati parte inclusi in allegato di esportare i rifiuti pericolosi verso gli Stati esclusi dalla lista. L’allegato 7: gli
Stati parte del OCSE, Ue e Lichtenstein → non possono esportare nei Paesi in via di sviluppo (tutti gli altri).
• Qualche Paese in via di sviluppo ha vissuto alterne fortune e quindi avrebbe potuto essere un business: il commercio all’interno di Stati non Annex VII è
possibile è può essere che alcuni producano tanti rifiuti
• Soluzione migliore per garantire che i Paesi in vias di sviluppo non abbiano problemi: se la ratio è garantire che i Paesi in via di sviluppo non vengano
inondati da rifiuti che non riescono a gestire, non può essere ottimale; perché gli Stati non possono esportare verso Stati esclusi dall'allegato 7 ma tra
quelli esclusi si possono scambiare i rifiuti → non sembra essere la soluzione migliore dal punto di vista ambientale

Aspetti positivi, questioni in sospeso e profili di attualità


• Convenzione funziona nel regolare il cuore del problema: creato sistema che funziona e che ha ridotto il traffico illecito
• Il bando è entrato in vigore con i suoi pregi e difetti: nell'ottica dello sviluppo del diritto internazionale, entrata in vigore proposta rigorosa → successo
• Creato un sistema efficace di assistenza tecnica: la Convenzione crea un sitema quasi istituzionale, Conferenza delle parti, Segretariato, organi tecnici e
obblighi di cooperazione tecnica (grandi successi: centri regionali per corsi di formazione su temi tecnici…), assistenza finanziaria…
• La Convenzione nasceva per occuparsi solo del traffico illecito, la produzione e lo smaltimento corollari, rotta della convenzione cambiata e la
Conferenza delle parti si è concentrata sulla gestione corretta dei rifiuti e sulla riduzione della produzione (priorità deve essere riduzione quantitativa
tramite innovazione tecnologica) → ci si dovrà concentrare nei prossimi anni
Problemi
• Rifiuti elettronici o e-wastes: possibile esportazione di materiali riutilizzabili nei Paesi in via di sviluppo, ma in certi casi esportazioni mezzo per ottenere
materie prime a basso costo, ma in alcuni casi smaltimento incontrollato. Linee guide nel 2019 per porre rimedio al problema
• “dismantling of ships”, lo smaltimento delle navi: rientrano o no nell’ambito di applicazione della Convezione?; Rientravano in normative specifiche in
tema di navigazione, problema conflitti; problema in termine di salute dei lavoratori, smaltiti nel sud-est asiatico in maniera incontrollata. Adottata
Convenzione apposita sotto IMO “Hong Kong Convention for safe and environmentally sound recycling of ships” 2009
• Inquinamento da plastica: azione della società civile, non di per se rifiuto pericoloso. Plastic Waste Amendment, Plastic Waste Partnership. Proposta
Trattato, l’UNEA nell’ultimo mese ha deciso di iniziare un negoziato sulla plastica

• Migliorare meccanismo delle limitazioni all’import e export


○ Mancano parametri oggettivi per “environmentally sound management”
○ Manca controllo a livello centrale: più che creare nuova organizzazione internazionale si crea para-organizzazione (cooperazione
istituzionalizzata) crea Segretariato all’interno dell’UNEP. Soluzione comunicare ogni movimento transfrontaliero al Segretariato in modo da tener
monitorati i movimenti (“electronic approaches to notifications”)
• Mancano norme efficaci per la supervisione dell’applicazione della Convenzione, anche se istituito meccanismo di compliance: adesso molto controllo
molto generale, meccanismo non conflittuale di compliance
○ Protocollo sulla responsabilità non ancora entrato in vigore: responsabilità oggettiva del “notifier”
• Il rapporto con la disciplina degli scambi commerciali: la Convenzione contiene una serie di norme che limitano il commercio internazionale di
beni/merci. Le norme sul commercio internazionale richiedono libero commercio, non accettano automaticamente la legittimità delle limitazioni →
potenziale contrasto: problema in realtà mai presentato, problema che si può superare agevolmente perché comunque la Convenzione è un Trattato adottato da più
parti

Campo di applicazione spaziale della Convenzione


• Definizione del movimento transfrontaliero: movimento che parte da un area sotto la giurisdizione di uno Stato, che va verso o attraversa area altro
Stato, o va verso o attraverso area non sotto giurisdizione di altro Stato a patto che almeno due Stati siano coinvolti nel movimento
• Aree marine: area sotto la giurisdizione di uno Stato _____________: su ci lo Stato esercita giurisdizione amministrativa per le materie di protezione
della salute umana o la protezione dell’ambiente
Via mare: Convenzione di Montego Bay, gli Stati hanno responsabilità in materia di protezione della salute umana o dell'ambiente nelle seguenti zone
• Acque interne
• Mare territoriale (estende responsabilità)
• Zona economica esclusiva (non ha sovranità ma giurisdizione in materia di protezione dell’ambiente)
Considerato movimento transfrontaliero e quindi si applica la Convenzione

Cambiamenti climatici

Problema

Questione scientifica
Problema alla base del cambiamento climatico è l’effetto serra: termoregolazione normale della Terra, incamerazione di acqua. Sole scalda la
superfice terrestre = innalzamento temperatura = dispersione incremento della capacità termica attraverso gli strati superiori dell’atm osfera. Effetto serra: una
serie di gas creano una specie di “cappa” che fa si che non tutto il calore di possa disperdere verso gli strati superiori dell’atmosfera = innalzamento
complessivo della temperatura superiore in caso di assenza dei gas.
La produzione di gas ad effetto serra (come CO2) fenomeno anche naturale, assorbimento di alcuni gas tramite le correnti mari ne, presenza di determinati
batteri negli oceani, tramite la vegetazione e la fotosintesi clorofilliana, ma anche emissioni in atmosfera di questi gas: rilascia in atmosfera i gas (morte o
incendio della piana). Tutti fenomeni che avvengo naturalmente in cui si inserisce l'attività umana: percentuale sufficiente a destabilizzare l’equilibrio =
riscaldamento

Più che di riscaldamento è più utile riferirsi al cambiamento climatico, alternazione complessiva del clima
• Average increase in temperature già attualmente 1.2° e previsione innalzamento fino a 3° per la fine del secolo. Il cambiamento climatico produce anche
crollo delle temperature stesse (es. Texas 2021, estremi abbassamenti)
• Riduzione delle piogge medie complessive e aumento aridità, siccità e desertificazione, soprattutto in zone già prone ma non solo. Ma anche incremento
di eventi estremi legati alle precipitazioni. L’acqua sottoforma di vapore acqueo non ricade più in maniera costante e in misura ridotta, resta sospesa in
atmosfera per periodo più lungo con conseguente rilascio improvviso di quantità insolita
• Scioglimento dei ghiacci e delle nevi (soprattutto ai poli) (in certe zone riduzione già nell’ordine dei 2/3)

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 14


• Scioglimento dei ghiacci e delle nevi (soprattutto ai poli) (in certe zone riduzione già nell’ordine dei 2/3)

Conseguenze dei fenomeni


• Riduzione delle riserve di acqua dolce, potabile e per agricoltura
• Innalzamento dei mari con conseguente erosione e immersione di isole e coste
• Danni economici da fenomeni metereologici estremi: riduzione PIL complessivo, in particolare in zone già vulnerabili
• Esasperazione delle difficoltà delle popolazioni più vulnerabili
○ Impatto conclamato sulla sicurezza internazionale: es. Sudan lotta per le scarse risorse del territorio, zona arida esasperata ulteriormente dai
cambiamenti climatici
▪ UNSC “Climate and Security”, 2021
▪ “environmentally induced migration”
○ Impatto culturale e psicologico: intere comunità stravolte

20/03/2022

Come combattere “effetto serra”


• Ridurre le emissioni di gas, che non è solo l’anidride carbonica, anche altri gas che hanno un potere clima alterante anche più potente della CO2, tanto
è vero che sorta di conversione tra i vari gas e CO2 equivalente. Tutto il regime è in termini di CO2 equivalente.
• L'abbattimento dei gas serra non è l’unico ma anche aumentando gli assorbitori: elementi naturali che assorbono la CO2, come le foreste
• Misure di adattamento agli impatti negativi dei cambiamenti climatici ormai inevitabili: nonostante si fermassero tutte le emissioni gli effetti negativi ci
sarebbero comunque, quindi componete anche ex post per adattamento
→ rinvio “Intergovernmental panel on climate change” per aspetto scientifico

Difficoltà nella gestione del problema


• Problemi scientifici: anni ‘80 difficoltà sottoforma di dubbio circa il collegamento tra i cambiamenti climatici e l'attività umana, problema naturale; primo
problema scientifico superare i dubbi, soltanto negli ultimissimi anni dissipati. Tutta la normativa sviluppata sulla scorta dei principio precauzionale,
perché cerano forti dubbi, agire su questo principio comporta enormi implicazioni economiche
• Implicazioni economiche
• Agire su tutti i settori, impossibile pensare a qualcosa che non abbia impatto ambientale, rimettere mano all’intero assetto della società. Sfida complessa
dal punto di vista pratico e giuridico, perché affrontare tutti i settori e in un'ottica integrata, considerare tutte le relazioni
• Complessità politiche: sul piano internazionale, mettere mano ai cambiamenti climatici significa toccare nodi sensibili di molti Stati

Diritto internazionale reazione


• 1988 Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC): organizzazione scientifica internazionale (collegata all’UNEP e WMO), contesto che potesse
essere neutrale, che rappresenta tutti gli scienziati che rappresentano le varie posizioni sul tema
• Assemblea generale ONU con due risoluzioni 1988 e 1989 e definisce “climate change is a common concern of mankind” dando alla comunità
internazionale il compito di sviluppare un Trattato, mandato politico per affrontare il problema, evidenziato il ruolo di leadership dell’ONU
• 1992 alla Convenzione Rio, Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici
Modo standard di agire per le grandi problematiche: adozione strumento di soft law, e poi adozione di una Convenzione Quadro. Convenzione Quadro
sancisce dei principi base e creare la struttura istituzionale per poter successivamente sviluppare la normativa; soluzione che adottano quando avvertita la
necessità di adottare un Trattato, già delineate linee essenziali, ma magari non completamente convinti su alcuni aspetti di dettaglio della normativa (in
questo caso non accordo sui limiti quantitativi esatti di impegno).Poi definiti i target precisi
• Protocollo di Kyoto 1997: contiene target precisi in termini di riduzione
• Accordo di Parigi 2015
Entrambi in collegamento con la Convenzione Quadro nonostante siano Trattati autonomi. La Convenzione Quadro non strumento di soft law, resta
comunque un Trattato nonostante obblighi generali.

Interessi e attori coinvolti


• Partecipazione globale: primo strumento realmente globale, tutti gli Stati hanno un interesse sulla tematica
○ Geograficamente
○ Dal punto di vista degli interessi
• Complessità politiche e alleanze
○ Paesi sviluppati v. Paesi in via di sviluppo (G 77) (G 77 + Cina): principio delle “responsabilità comuni ma differenziate”
○ Altre alleanze trasversali
▪ Istituzionalizzate (Ue: soggetto anche a se stante, ruolo dominante e importante)
▪ Alleanze su specifici problemi: vanno a rompere schema precedente
□ Adattamento e “strong commitments” (alliance of small island developing States - AOSIS - e Stati africani): misure severe, che si
concentrino sull’adattamento per i fenomeni inevitabili. Sottogruppo dei paesi in via di sviluppo, non necessariamento stesse posizioni
del G 77 (restii ad adottare misure, perché al primo posto sviluppo economico), qui posizione opposta, rivendicazione di misure severe
di misure ambientali → ciò perché colpiti maggiormente
□ Sviluppo economico (grandi paesi in via di sviluppo: come India, Cina e Brasile): spingono per consentire lo sviluppo economico il più
possibile, limitare in misura ridotta l’adozione di misure dal punto di vista ambientale. Meno soggetti agli effetti negativi e sviluppo
economico veloce e repentino
Alleanze che attraversano i gruppi
 Conteggio dei “sinks” (foreste) (Canada, Brasile, Malesia): propensi ad accettare che la presenza di foreste all'interno dell o stato
venga conteggiata nel calcolo del rispetto degli obblighi in materia ambientale = meno riduzione delle emissione
 Risorse petrolifere (OPEC/Usa): Stati che vorrebbero evitare che venissero toccate le risorse petrolifere, limitato l’uso deg li
idrocarburi, alleanza che accorpa paesi esportatori del petrolio e importanti importatori
Prima del 1992

Evoluzione

Convenzione Quadro dell’ONU (UNFCCC)


Convenzione quadro: quadro generale di riferimento per sviluppi ulteriori attraverso l’adozione di Protocolli
• Principi guida (Preambolo, non crea obblighi ma per interpretazione, e art. 3)
○ Atmosfera “common concern of humankind”
○ Principio di cooperazione
○ Equità
▪ Responsabilità comuni ma differenziate: > oneri per Paesi industrializzati
▪ Generazioni future
○ Principio/approccio precauzionale: all’epoca incertezza scientifica, secondo lettura art. 15 Dichiarazione di Rio
○ Sviluppo sostenibile: equilibrio tra sviluppo economico e tutela ambientale
• Creazione della struttura
○ COP: conferenza delle parti di cui fanno parte tutti gli Stati parte, si riunisce ogni anno
○ Segretariato: organo permanente, in seno alle Nazioni Unite, uno dei Segretariati più importanti, posizione di neutralità con compiti pseudo
amministrativi, es. ricevono info su applicazioni del Trattato

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 15



amministrativi, es. ricevono info su applicazioni del Trattato
○ Organi sussidiari
• Meccanismo finanziario Global Environmental Facility: entità operativa che gestisce i fondi creati per finanziare progetti di lotta ai cambiamenti climatici

Obblighi
• Obblighi generali per tutti gli Stati: inventariare emissione, programmi di riduzione, sviluppo tecnologie, programmi educazione, adattamento…
• Obbligo generale di stabilizzazione delle emissioni a livelli 1990 entro il 2000: obbligo soltanto per i Pesi elencati in Annex I (Paesi più sviluppati: OCSE
+ Paesi con economie in transizione (EIT), pesi che derivano dallo smembramento URSS, a metà tra i gruppi)
• Obblighi per i Paesi elencati nell’Annex II (solo Paesi sviluppati) di fornire assistenza finanziaria e tecnologica ai Paesi in via di sviluppo
○ Il rispetto degli obblighi di Paesi in via di sviluppo dipende dal finanziamento da parte dei Paesi sviluppati → responsabilità comuni ma differenziate
→ gradualità da obblighi più onerosi a meno per Paesi in via di sviluppo e Paesi sviluppati

Protocollo di Kyoto

Adottato il Protocollo: tradurre in concreto obblighi generali stabiliti nella Convenzione quadro, entrato in vigore nel 2005 con sistema di entrata in vigore
peculiare: c.d. regola 55+55, ratifica di 55 Stati che rappresentassero almeno il 55% delle emissioni (di solito limite di ratifica), 8 anni per entrare in vigore
• 190 Stati parte + Ue rappresentanti il 63,7% delle emissioni: no Usa, il Canada ha denunciato nel 2012
Nel 2012 il Protocollo rinnovato, inizialmente prevista validità fino al 2012, con emendamento entrato in vigore nel 2020 per commitment 2013-2020.
Commitment period oggi gli Stati parte non hanno obblighi, anche se ancora in vigore, oggi Accordo di Parigi

Obblighi per tutte le parti


• Formulare programmi nazionali per migliorare fattori locali di emissioni
• Formulare programmi per adozione misure di mitigazione cambiamenti climatici e adattamento
• Cooperare trasferimento tecnologie
• ….
Obblighi di finanziamento e assistenza ai pesi in via di sviluppo solo per Paesi più sviluppati
Obblighi di riduzione per i Paesi Annex I
• Obblighi di riduzione delle emissioni predeterminati quantitativamente
○ Target collettivo (5%) + Target individuale per Paese (con riferimenti temporali)
▪ Flessibilità sull’anno base per Paesi EIT: scegliere come anno base il 1990 svantaggioso per Paesi in transizione
○ Meccanismi di flessibilità per raggiungere gli obbiettivi di riduzione: innovazione, anziché stabilire solo obbligo di tagliare emissioni ma sistema per
cui possono raggiungere obiettivi richiesti non soltanto con il taglio ma anche con altri meccanismi per ridurre
• Stati per raggiungere obiettivi adottino politiche/misure particolari: contrasto tra Paesi Ue e altri paesi sviluppati, Ue volevano che nel Trattato elencati in
modo tassativo i modi nei quali raggiungi gli obiettivi prefissati (es. riduzione trasporto su strada), altri Paesi elenco non tassativo ma solo
esemplificativo

Target riduzione delle emissioni


Target collettivo: Stati ridurre le emissioni complessive del gas di almeno il 5% sotto il livello 1990, raggiunto con target individuale
Target individuale: garantire che le loro emissione gas effetto serra non superino their assigned amounts (Annex B, indicata percentuale rispetto al 1990, gli
Stati garantire che le loro misure non superino l’ammontare loro attribuito: ridurre dell’8% rispetto 1990 se 92, alcuni stat i rimangono uguali, alcuni Stai
potrebbero persino aumentare). Creato obiettivo collettivo non interessa come raggiunto, se si riesce ad ottenere la riduzione complessiva semplicemente
tagliando il gas in un solo Stato va bene lo stesso. Target collettivo con i Target individuali si raggiunge quello collettivo. Numeri parzialmente effetto del
negoziato politico, ma anche un ragionamento scientifico per cui alcuni Stati che emettevano pochissimo e dunque si può permettere di aumentare.
Finestra temporale per gli obblighi: commitment periodo 2008-2012, poi rinnovato
Non solo anidride carbonica, ma riferiti elenco di gas CO2 o gas equivalenti inclusi in Allegato A (es. metano), che hanno diverso effetto clima alterante.
Nel primo commitment period gli Stati ricevono degli assigned amounts (AAUU), sono uguali alla percentuale gas effetto serra indicata in Annex B, rispetto ai
livello 1990, questo moltiplicato per 5 (anni di commitment)
Tutto espresso in tonnellate di CO2 o equivalenti

Flessibilità Paesi EIT, diverso anno base rispetto 1990, precedente, perché Paesi sorti dall’ex URSS che conoscono a cavallo 1990 profonda crisi economica
e calo produzione; questo per quantità assegnata ragionevole

Meccanismi di flessibilità
• Flessibilità in senso lato
○ Uso di sinks, conteggio
○ Possibilità di banking degli Assigned amounts non emessi da un commitment period all’altro
○ Concludere accordi in modo che gli Stati possano ridistribuirsi gli oneri a patto di avere lo stesso risultato finale - “Burden Sharing Agreements" o
“Bubbles”
▪ Ue Burden Sharing Agreements: decisione Consiglio dei ministri 1998 e Joint Ratification 2002
• Flessibilità in senso stretto
○ Emission trading: vedere e comprare gli assigned amounts, costo rimesso al mercato, incentivo per gli Stati per essere virtuosi
Realizzazione progetti all’estero per diminuzione e si ricevono assigned amounts
○ Joint implementation
○ Clean Development Mechanism

Sinks
Apparso chiaro pro e contro
• Premiare stati
• Eccessivamente premiale permettere di fare quello che vogliono rispetto ai sinks
Sinks sono conteggiati, ma si calcolano soltanto i cambiamenti in termini di riduzione delle emissioni che siano il risultato di una attività umana: ottenere
certificati solo se si dimostra che la foresta progetto di attività umana, quindi es. progetti di riforestazione. Ricompensat o con certificati “removal units” ogni
certificato 1 tonnellata. agli assigned amount si aggiungono i certificati perché si sono fatti progetti di riforestazione.

Burden sharing agreements


Gli Stati possono decidere di accordarsi e ottenere congiuntamente il risultato richiesto dal Protocollo di Kyoto, ciascuna parte responsabile per il proprio
livello di impegno. Stessa cosa nel quadro di un'organizzazione internazionale, come fatto nell’ambito Ue, si può redistribuire onere ma nel caso in cui
organizzazione in se non fa rispettare quanto stabilito dal Protocollo sarà responsabile lo Stato in solido con l’organizzazione

24/03/2022

Joint Implementation
Meccanismo non è un accordo a proprio, ma si basa su progetti specifici. Coinvolti solo Paesi con obblighi di riduzione. Lo Stato A, che ha obblighi di
riduzione, può realizzare all'estero, in uno Stato B con obblighi di riduzione, un progetto concreto (es. conversione carbone-solare). Questa operazione
comporta l’abbattimento di un tot. di emissioni, il meccanismo permette allo Stato A che ha realizzato il progetto di vedersi aggiunte il tot. di emissioni che
corrisponde alla quantità che ha ridotto nello Stato B. Per garantire che sia mantenuto l’equilibrio si toglie i crediti allo Stato B, anch’esso con obblighi di
riduzione → somma sempre invariata. Garantisce che in atmosfera non vengano emessi più gas. Vantaggi
• Anche tra i Paesi industrializzati diversità di sviluppo e quindi aiuti e cooperazione, sprovvisto di particolari tecnologie che ha lo Stato A. Lo Stato B può

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 16


• Anche tra i Paesi industrializzati diversità di sviluppo e quindi aiuti e cooperazione, sprovvisto di particolari tecnologie che ha lo Stato A. Lo Stato B può
essere anche uno Stato EIT
• Lo Stato A ha il vantaggio di poter commerciare i crediti aggiuntivi, e inoltre può convenire sempre dal punto di vista economico perché può essere che il
costo sia inferiore
• Lo Stato B sviluppo a costo 0, incentivare l'assistenza economica e tecnologica.
Altri attori coinvolti nel processo sono le imprese, meccanismo che automaticamente crea l’incentivo diverso dalla sola enunciazione all’interno del Trattato,
imprese private incentivo di trasferimento conoscenze, know how, tecnologie…
Le riduzioni che vengono generate dai joint implementation si chiamano “emission reduction units”.
Evitare che si basino solo su questo meccanismo
• Riduzioni devono essere additional: otterrebbe riduzione ulteriore con un progetto rispetto allo scenario “business ad usual”
• Dal punto di vista del Paese investitore le azioni devono essere “supplemental to domestic action"
• Non utilizzare per realizzare progetti di energia nucleare: la tecnologia di prodizione energetica nucleare è la più pulita in assoluta per emissioni ma tutti
altri problemi ambientali, la joint implementation avrebbe incentivato l’uso sproporzionato di energia nucleare. Ancor più perché all’estero i rischi.

Clean development mechanism


Stato A con obblighi di riduzione, Stato B senza obblighi di riduzione (Paese in via di sviluppo). Più vantaggioso verso Strati in via di sviluppo tra cui
tecnologie. Aumento emissioni di quanto si riduce nello Stato B. Mentre nella joint implementation matematico in questo caso problema che non sono obblighi
più a somma 0, perché allo Stato A viene aggiunto mentre lo Stato B non aveva obblighi.
Unico meccanismo che permette di coinvolgere Paesi in via di sviluppo
Le riduzioni generano delle “certified emission reductions". Parte dei CERs (2%) (hanno valore economico) finiscono nei fondi di finanziamento creati dal
regime internazionale per assistere nei cambiamenti climatici (Adaptation fund)
Limiti
• Come per joint implementation
• Tetto massimo, pari all’1% delle emissioni nel “base year”, per ogni anno del commitment period: per evitare aumento sproporzionato delle emissioni

Emission Trading
Scambio/compravendita dei crediti, che riguarda tutti i crediti accumulati in ragione dei meccanismi di flessibilità. Possono scambiare soltanto gli Stati che
hanno obblighi di riduzione. Si presentava un dubbio circa l'introduzione di limiti all’uso
• Perché in parte l’abuso soffriva medesime critiche joint implementation e clean development mechanism, solo comprato per Paesi più forti
economicamente: deve quindi essere supplemental to domestic action.
• Stati dotati di grande quantità di crediti che non gli servivano, Paesi in EIT (soprattutto Russia): tetto alla vendita di mantenere almeno il 90 % dei AAUs
(tetto all’overselling) → anche limite di acquisto

Meccanismo finanziario
Obbligo dei Paesi sviluppati (Annex II) do assistenza finanziaria
Creazione di un sistema di fondi multipli con diversi obiettivi e create entità/istituzioni che gestiscono i fondi e li elargiscono sulla base della domanda
• Global environment Facility: Banca mondiale e UNEP per tutto
• Green Climate fund: esclusivamente cambiamenti climatici
Creato meccanismo di compliance
• Compliance Committee: supervisiona il rispetto del Trattato, peculiare perché diviso in due
○ Facilitative branch: funzione assistenziale non conflittuale, gruppo di tecnici che da raccomandazioni in materia finanziaria o tecnica → come tutti i
meccanismi di compliance
○ Enforcement branch: meccanismo più sanzionatorio. Comporto da esperti che rappresentano un equa distribuzione tra le parto (in via di sviluppo e
industrializzati). Decisioni prese con doppia maggioranza di entrambi i gruppi. Meccanismo attivabile su istanza di entrambe le parti, anche quella
in violazione, oppure anche dal “expert review team”. Contraddittorio “quasi giudiziale”: Stato sotto osservazione possibilità di portare le prove, se
però si ravvisa una violazione possono essere comminate delle sanzioni, più che altro nella perdita di alcuni privilegi. Sanzioni:
▪ Se violati obblighi di reporting lo Stato perde i privilegi dei meccanismi di flessibilità
▪ Se uno Stato supera il suo AA ha 100 gg per porre rimedio, altrimenti nel secondo commitment period
□ Riduzione degli AAUU nel secondo commitment period pari al superamento rispetto ai livelli imposti nel primo commitment period
□ Più ulteriore riduzione del 30% (calcolato sul superamento)
□ Non potrà usare l'emission trading
Possibile appello alla COP/MOP (elemento politico): gli Stati possono poi decidere diversamente
• COP: supervisiona su tutto il processo, ne fanno parte gli Stati

L'evoluzione del regime


Rinnovo di Kyoto: the Doha Amendment esteso Trattato 2013-2020.
Cambiate percentuali di riduzione individuale (Ue -20%). Riduzione collettiva arrivata al 18% rispetto ai livelli 1990.
• Possibilità di banking degli Assigned amounts non usati nel primo commitment period
Indotto un nuovo gas nell’Allegato A.
Assenze importanti
• Canada (denuncia del Protocollo in quanto tale)
• Giappone e Russia (dichiarazione di non assunzione impegni oltre 2013)
Ma anche nuovi Stati assumendo obblighi (es. Kazakistan)

Accordo di Parigi

In vigore dal 2016


Accordo parallelo a Kyoto che si inquadra all’interno della Convenzione Quadro.
Stabilisce obiettivo complessivo di mantenere l'aumento di temperatura ben al di sotto di + 2°C e sforzarsi di mantenerlo sotto il + 1,5°C. Tutto molto più vago
rispetto a Kyoto come anche orizzonte temporale “pre-industrial levels”
Incerto anche dal momento a partire dal quale scattano gli obblighi
• Obblighi a partire dal 2020 (interpretano il Trattato alla luce della Dichiarazione adottata al termine della COP), anche perché fine secondo commitment
Kyoto, anche se in realtà nel testo dell’accordo non c’è menzione del 2020 come anno inizio
• Art. 4: le parti cercare di arrivare al picco delle emissioni il prima possibile, per poi rapidamente abbassare le proprie emissioni → terminologia generica e
non chiaro orizzonte temporale
Obiettivo complessivo raggiunto attraverso “nationally determined contributions”: ciascuno Stato impegna ad inviare al Segretariato gli impegni, il proprio
contributo all’accordo, ma questi sono livelli decisi nazionalmente; il Protocollo crea solo obbligo procedurale non quantum. L'accordo prevede Transparency
framework: organi Trattato tengano monitorati il rispetto dei NDC
Positivo. Rotto tabù: misure da adottare anche da parte dei Paesi in via di sviluppo, grande contributo alla lotta al cambiamento climatico. Accordo vago
legato al fattore che ci siano anche i Paesi in via di sviluppo. I Paesi accettano di partecipare ma richiamato il discorso che i PAesi sviluppati devono essere
leader: responsabilità comuni ma differenziate
Accordo forte che richiedesse Stati azione forte e decisiva, ciò retorico alla luce del contenuto

Problemi
• Effetti molto seri già visibili
• Emissioni complessivamente aumentate a livello globale
• La efficacia reale dell’accordo di Parigi è ancora da verificare

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• La efficacia reale dell’accordo di Parigi è ancora da verificare

Motivi di ottimismo
• Il ricorso al Trattato va considerato un aspetto positivo in se: trattati in stallo per anni
• Kyoto “spillover effect”: nonostante oggi scarsa efficacia, ha messo in modo meccanismi virtuosi che vanno al di la dello strumento (es. flessibilità)
• I 37 Paesi con obblighi di riduzione ai sensi del Protocollo di Kyoto hanno ridotto le emissioni del 22% rispetto ai livelli 1990, ben al di la di quello che
chiedeva Kyoto in entrambi i commitment periods
• Potenziali effetti politici positivi di Parigi
○ Partecipazione globale (anche Usa)
○ Il principio di responsabilità comune ma differenziate rivisto? Apertura da parte dei Paesi in via di sviluppo assunzione di obblighi di riduzione
• Riferimenti ai diritti umani: consapevolezza nuova di collegamento con lotta ai cambiamenti climatici e diritti umani; presentare casi davanti a Corti
interne basate sull’impatto dei cambianti climatici sui diritti umani → ciò grazie a questo riferimento
• Recupero delle idee dei meccanismi di flessibilità di Kyoto: serie di norme generiche che richiamano l’idea dei meccanismi, Trattati non collegati in
maniera automatica ma chiaro che si attinga dalla normativa di Kyoto.
○ In particolare elementi di novità art. 5 par. 2 meccanismo nuovo: “redd” (reducing emission from deforestation and forest degradation) basato su
progetti in Paesi in via di sviluppo, progetti basati sulle foreste, come riforestazione; idea che uno Stato (sia stesso che altro) che effettua questi
progetti si recuperano dei crediti commisurati a quanto si abbatte grazie a questi progetti
Negli anni concetto REDD sperimentato portando danni enormi dal punto di vista dei diritti umani, popolazioni spostate, oppure introduzione
specie non endemiche che poi portano alla distruzione dell’ecosistema, REDD + chiarito che i progetti realizzati tenendo presente il potenziale
impatto sulle popolazioni locali e sull’ambiente endemico della zona in cui si vuole effettuare
• In ragione della crisi economica alcuni Paesi già raggiunto il picco e le emissioni stanno calando (es. Cina
• Efficacia in alcuni sistemi regionali (Ue)
Anche se il Trattato ha elementi di debolezza questi potrebbero essere i suoi punti di forse, se realmente l’accordo spingerà molte parti alla ratifica vista la
vaghezza, potrà portare comunque gli Stati ad impegnarsi → sembra già che stia funzionando
• Dopo accordi di Parigi sviluppati casi a livello nazionale che parlano di cambiamenti climatici, lanciando fenomeno, negli ultimi 5 anni, di climate litigation
○ Progetti Università, come Columbia, della raccolta dei casi sui cambiamenti climatici svolti nelle Corti nazionali

→ Caso Urgenda

25/03/2022

Protezione della biodiversità

Importante dal punto di vista giuridico e anche biodiversità in sé


Uso della definizione Convenzione sulla biodiversità che dà all'art. 2 la definizione di biological diversity; si parla di diversità di tutti gli organismi viventi
terrestri, acquatiche etc…, this includes diversity within species, between species and of ecosystems.
La diversità in sé è un valore perché più biodiversità si ha, più specie ed ecosistemi si hanno più si avrà possibilità di utilizzare, anche in un'ottica
antropocentrica, la biodiversità. Se es. si avesse una sola cultura che fornisce un alimento ciò sarebbe dannoso perché impedirebbe di ottenere una serie di
sostanze nutritive fondamentali ( → datteri). Avere più opzioni e perché la biodiversità si adatta ai vari ecosistemi, cambiamenti del clima, all’interazione con gli altri
elementi dei sistemi, e anche questo adattamento crea ulteriore ricchezza/varietà, che permette di sfruttare la varietà a van taggio. es. Se l’unica pianta soggetta a malattia
l’essere umano sarebbe in difficoltà.

A cosa serve la biodiversità? La biodiversità fornisce → Convenzione dice sia marina che terrestre
• Alimenti
• Materie prime: es. denti patella materiale molto più resistente del kevlar, denti così resistenti dato dal modo attraverso il quale crescono, con delle fibre
che si sovrappongono con un certo orientamento nello spazio → già si stanno sviluppando i primi materiali che applicano loi stesso schema con il quale si
sovrappongo queste fibre = maggiore resistenza
• Importanza dal punto di vista estetico, dal punto di vista culturale e psicologico
• Informazioni genetiche che comportano la possibilità di sfruttamento per la brevettazione di farmaci
Lumaca di mare nelle Filippine che secerne una sostanza altamente tossica, con la quale si difende dai predatori, da questa tossina sviluppato farmaco
potentissimo analgesico, che non ha però le indicazioni degli oppiacei
• Servizi ecosistemici: es. le torbiere, le paludi, le zone umide, che al di la del valore intrinseco svolgono una funzione scoperta solo di recente come ad
es. il filtraggio dell'acqua; la stessa biodiversità svolge funzioni fondamentali per la tutela ambientale in generale e per produrre una serie di servizi
ecosistemici

Attori, obbiettivi e interessi coinvolti


Conservazione o sfruttamento della biodiversità? Equilibrio tra i due fattori, se si conserva e basta non si hanno i benefici mentre se si sfrutta soltanto si porta
al depauperamento → trovare il giusto punto di equilibrio = sviluppo sostenibile o detto sfruttamento/uso sostenibile
Attori coinvolti nel processo? Di chi si deve tenere conto? Interessi che hanno animato il dibattito sulla biodiversità. Trovare equilibrio tra gli interessi
• Popolazioni locali: la prima linea sia perché sono coloro che trovandosi nei territori dove c’è la biodiversità sono coloro che la conservano ma anche
perché possono trasferire le conoscenze che possono servire per poi lo sfruttamento. Utili per la conservazione e considerare il loro interesse perché
danno apporto fondamentale al processo.
Non solo dinamica tra gli Stati ma all’interno del Paese in via di sviluppo il vero detentore delle conoscenze e protettore della biodiversità sono le
popolazioni locali. Soprattutto in passato gli Stati cedevano molto facilmente le risorse a scapito degli interessi delle popolazioni, il paese in se non fa
sempre per forza gli interessi delle popolazioni e quid ni devono avere rilevanza autonoma
• Imprese: principalmente dei Paesi industrializzati, che si devono cercare di limitare ma sono anche quelle che hanno le tecnologie per poi sfruttare le
risorse
• Ong: ruolo di sorveglianza
• Stati: soprattutto quelli in via di sviluppo hanno la maggior parte delle risorse, e perché in assenza di regolamentazione c’era iol fenomeno della
“biopiracy” da parte dei Paesi industrializzati. Si deve però anche permettere l’accesso alle risorse da parte dei paesi industrializzati per lo sfruttamento

Convenzione sulla biodiversità


Tre sotto obiettivi, art. 1
• Conservazione della biodiversità
• Uso sostenibili delle sue componenti
• Equa distribuzione dei benefici che derivano dallo sfruttamento: a favore di tutti gli interessi

Visone sulla gestione della biodiversità dal punto di vista giuridico frutto di un lungo percorso. Oggi consapevolezza comune di un approccio integrato
(ecostoitstemico): considerare la biodiversità nel suo insieme, considerare tutte le specie, le loro relazioni e anche le relazioni con gli ecosistemi → non si può
considerare un singolo aspetto considerare tutta la catena e tutte le interazioni.
Conclusione al termine di una fase in cui c’è stato un approccio frammentario, la normativa sviluppata in maniera frammentaria. Una serie di Trattati dedicati a
singole specie oppure Trattati dedicati a singole attività umane/minacce per la biodiversità e una serie di accordi su particolari ecosistemi/aree. Produzione di
una grande quantità di Trattati tutti su questioni specifiche e quindi no approccio ecosistemico. Tutti i Trattati frammentari sono rimasti in vita. Questa
articolazione frammentaria si riproduce anche sul piano regionale → complica ulteriormente il processo di coordinamento. Nella maggior parte dei casi non creano
problemi ma in molti casi si possono anche creare difficoltà

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 18


Trattati sulle specie

Tutela balene

→ Caso caccia balene

Convenzione caccia alle balene non obiettivo ultimo quello della conservazione in se stessa delle balene ma le regolamentazione della caccia. Così come
molti altri Trattati. Anche se poi nel tempo poi sono stati interpretati alla luce dell'evoluzione del diritto internazionale per cui una convezione che nasce per la
caccia assunto anche connotati per la conservazione; la Commissione baleniera adatta l'evoluzione normativa alla evoluzione sociale

Progressiva evoluzione

Convenzione sulle specie migratorie


Comincia a contenere tutta una specie di soluzione mutuata anche in altri strumenti. Non si occupa di una singola specie ma di una pluralità che sono
migratorie.
Stati parte e Stati tra cui passano le specie migratorie, molte degli ultimi non sono parte del Trattato e ciò è un problema. Per superare in parte il difetto la
Convenzione crea un sistema per cui si possano coinvolgere anche i range States benché non parte alla Convenzione
Connotati tipici degli strumenti più moderni
• Conservazione e uso sostenibile degli animali migratori e dei loro habitat e anche i corridoi per la migrazione: ci si avvicina un po di più all’approccio
ecosistemico, tutela anche degli ecosistemi. Considera le interazioni
• Serie di liste
○ Allegato 1 dove sono elencate le specie migratorie minacciate di estinzione: per queste richieste misure particolarmente stringenti
○ Allegato 2 specie che gioverebbero dalla collaborazione tra gli Stati, che migliorerebbe lo stato di conservazione anche se non sono ancora
minacciate di estinzione: per queste specie gli Stati possono concludere degli accordi più specifici, tra di loro ma anche tra Stati parte e Stati non
parte (coinvolgimento dei range States) → Framework Convention.
▪ Gorilla Agreement
▪ Atlantic Turtles: si parla di memorandum of understanding, non Trattato vincolante ma strumento non vincolante

Flora in sé stessa

Flora in sé stessa: laddove possibile nella biodiversità in generale ma in quanto tale pochissimo perché 40 anni che si parla di uno strumento per la tutela
foreste che però non è mai stato adottato.
International Tropical Timber Agreement, sotto l’international tropical timber organisation. Non obbliga alla tutela ma regola il commercio → lacuna pesante che
tutt’ora persiste la tutela alla flora in sé stessa

Trattati per specifiche attività che minacciano la biodiversità

Convenzione sul commercio internazionale per le specie minacciate di estinzione (CITES)


La Cites adotta soluzione simile alla Convenzione sulle specie migratorie, basato sugli allegati
• Allegato 1: lista specie minacciate di estinzione e ne proibisce il commercio salvo in casi eccezionali. Il commercio oltre frontiera vietato, è possibile
l’esportazione e l'importazione per es. per fini scientifici, in casi eccezionali e non per commercio. Lo si può fare nei casi eccezionali previsti soltanto
previso permesso di importazione e di esportazioni emanati dalle autorità degli Stati in questione
• Allegato 2: lista di specie non già minacciate di estinzione ma potrebbero diventarlo se non si regola il loro commercio. Commercio possibile a patto che
non vada ad incidere sulla loro sopravvivenza, autorizzabile soltanto con il permesso dello Stato di esportazione
• Allegato 3: specie che sono inserite nell’allegato anche su richiesta di singole parti, mentre per gli altri allegati su decisione della Conferenza delle parti,
collaborazione degli altri Stati parti per regolare il commercio di quella specie perché c’è un rischio di danno in assenza di cooperazione. Copertura
interazionale alle misure adottate dal singolo Stato, il commercio di quelle specie solo con il consenso dello Stato che ha chiesto l'inserimento
Tutte le Conferenze delle parti ruotano sulla decisione di includere o meno determinate specie negli allegati
• Ci sono specie il cui status non è messo in discussione: sempre stato in Allegato 1, es. gorilla
• Ci sono specie il cui status è più controverso: es. elefante africano, non solo continuo spostamento da un allegato ad un altro, in ragione di
rivendicazioni economiche degli Stati in via di sviluppo. Cites regola il commercio non solo della specie in se ma anche di tutti gli elementi naturali che
derivano dalla specie, es. elefante non solo commercio elefante ma anche dell’avorio. I Paesi in via di sviluppo vorrebbero commerciare l’avorio.
• Per la stessa specie si può avere delle popolazioni di una specie che appartengono ad un allegato e popolazioni della medesima specie in un diverso
allegato: es. popolazioni di elefante africano della Namibia che sono nell’allegato 2, mentre le popolazioni del Kenya non lo so e sono magari in allegato
1 → la differenza in termini di conservazione di una specie, diffusa in un continente, può essere molto diversa, anche in base alla quantità

Trattati per la tutela di diverse aree

Convenzione di Ramsar sulle zone umide di importanza internazionale (1971)


Ruota attorno obiettivo di garantire “the wise use of wetlands” → sinonimi di sostenibilità
Ciascuno Stato parte proponga di iscrivere alcune zone umide presenti sul territorio in una lista internazionale. Nel momento della proposizione agli organi
per l’iscrizione e questa viene accettata lo Stato si impegna a proteggerla e lo fa nell’interesse di tutte le altre parti aderenti al Trattato.

Schema utilizzato dalla ben più nota Convenzione Unesco di Parigi del 1972 sul patrimonio culturale e naturale, non patrimonio comune dell'umanità perché
lo schema stesso della Convenzione di Ramsar, Stati propongono l’iscrizione dei siti e una volta accettati ci si impegna a tutelarli, non patrimonio comune
dell’umanità
• Area internazionale dei fondi marini patrimonio comune dell’umanità diverso da ciò di cui si sta parlando perché si parla di un area che non è sotto la
sovranità o giurisdizione di nessuno Stato, mentre quando uno Stato propone l’iscrizione non rinuncia alla sovranità sul territorio. Manca poi una
gestione collettiva e la distribuzione dei benefici
Forse si può parlare interesse comune dell’umanità, senza rinunciare alla sovranità sul medesimo

Criteri secondo i quali per cui si possono iscrivere i siti alla lista, ci sono criteri culturali e naturali, e si tratta di siti assolutamente eccezionali, in certi casi ci
può essere una combinazione dei diversi criteri

Perché incentivato all’iscrizione?


Incentivo turistico, lo Stato deriva un enorme vantaggio dal punto di vista di marketing. Quando uno Stato gestisce male il sito possibilità di iscrivere il sito ad
una lista di siti in pericolo: diventa elemento di pessima pubblicità per lo Stato → elemento più forte per avere il rispetto

30/03/2022

→ Caso Serengeti
• In gioco l’applicazione pratica del concetto di sostenibilità: le popolazioni locali rivendicano la necessità di migliorare la propria situazione, l'autorità
politica deve trovare equilibrio tra sostenibilità e miglioramento vita. Ci sono tantissime alternative più sostenibili rispetto alla creazione di una strada che
passi per il parco distruggendo aree protette.
• ONG, davanti a corte internazionale per lamentarsi di ciò che succede, senza un collegamento diretto, le ONG possono agire per interessi diffusi di

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 19


• ONG, davanti a corte internazionale per lamentarsi di ciò che succede, senza un collegamento diretto, le ONG possono agire per interessi diffusi di
qualsiasi Stato membro. Sottolinea la natura erga omnes degli obblighi di tutela ambientale contenuti nella organizzazione. Obblighi assunti nei confronti
di tutti giacche ogni persona fisica o giuridica può invocarli in giudizio
• Caso in cui si vede impatto pratico dei Trattati internazionali, spesso tacciati di essere solo astratti, soprattutto Convenzione Unesco applicazione non
diretta perché il sistema di controllo della Convenzione Unesco non prevede ____________________________________________ , continuo richiamo
dalla Corte alla Convenzione nonostante non possa farlo direttamente. Citati anche altri strumenti internazionali, anch’essi usati indirettamente perché
non è di competenza/giurisdizione della Corte, ma solo utili per interpretare il Trattato della comunità dell’East Africa
• _______
• _______

L’articolata complessità della normativa in materia di biodiversità va replicata a livello regionale, varie convenzioni (livello europeo, africano…)

Convenzione biodiversità

Convenzione sulla biodiversità firma a Nairobi con 196 Stati. Sancisce un cambiamento di prospettiva: da approccio frammentario a più ecosistematico, che
prende in considerazione la tutela della biodiversità in quanto tale.
Preambolo:
• Ribadisce che gli stati hanno diritti sovrani sulle proprie risorse ma la conservazione è una preoccupazione comune dell’umanità → equilibrio salvaguardia
sovranità ma non considerare dominio riservato, tutela nell’interesse comune (caso Serengeti).
• Valore intrinseco della biodiversità ma anche valore economico.
• Riconosciuto quanto sia importante il ruolo delle popolazioni locali: sono in prima linea e poi i loro interessi prima dato che servono per la propria
esistenza. Necessità di distribuire in maniera equa i benefici che si traggono dallo sfruttamento alle comunità, ma bisogna tenere in conto necessità dei
Paesi in via di sviluppo. Benefit sharing in particolare con i Paesi in via di sviluppo.

Obiettivi della Convenzione


• Conservazione
• Uso sostenibile
• Equitable sharing che deriva dallo sfruttamento della biodiversità
Ci sono anche riferimenti ai principi generali per es. prevenzione, riferimento al principio dell’approccio precauzionale.
Art. 3 riprodotto il principio 21 della Dichiarazione di Stoccolma = divieto di inquinamento transfrontaliero
Art. 4 tutti gli obblighi della Convenzione sono da applicare alle componenti della biodiversità che sono all’interno del suo territorio e giurisdizione (scontato)
un po meno scontato è il punto B obblighi anche per tutti processi che si svolgano sotto giurisdizione e controllo indipendentemente da dove si producano poi
gli effetti

Obblighi
Obblighi generali
• Di cooperazione
• Adozione incentivi: non solo normative che limitano attività con conseguenti sanzioni, ma sforzarsi di adottare normative per incentivare
• Ricerca
• Educazione
• Scambio informazioni
Obblighi più specifici
• Adottare strategie, piani e programmi nazionali per la conservazione della biodiversità: meccanismo virtuoso per poi adottare le azioni
• Integrare la tutela della biodiversità in tutti gli altri settori, piani, politiche e programmi dello Stato
• Identificare e monitorare le componenti importanti della biodiversità
• Identificare e monitorare le attività potenzialmente dannose
○ Regolare le attività in questione
○ Ridurre il loro impatto sulla biodiversità, anche attraverso procedura di impatto ambientale specifica sulla biodiversità, che comprende obbligo di
notifica e consultazione con gli altri Stati “potentially affected”
In generale la Convenzione dice che la priorità è la conservazione in-situs. Tutela habitat e ecosistemi
• Obbligo istituzione aree protette + “buffer zones”
• Obbligo di regolare e gestire biodiversità in modo da garantire uso sostenibile anche fuori aree protette
• Promozione protezione ecosistemi in quanto tali (approccio ecosistemico): habitat, popolazione le loro interazioni.
Grande evoluzione per approccio alle aree protette, fino a qualche anno fa area vergine no presenza umana e tendenzialmente obblighi di esaurivano nella
creazione e mantenimento area. Nel tempo le aree protette cose eterogenee, ancora oggi aree perfettamente selvagge ma sono mi noranza, oggi presenza
dell’uomo possibile sostenibile con l’habitat in quanto si parla delle popolazioni locali → gradazione delle aree protette. MA anche arre cuscinetto, area protetta e
intorno buffer zones dove si possono avere attività umani ma limitate e a di la le attività umane sono consentite.
Uno dei fenomeni più recenti sulla gestione delle are protette è quello della gestione transfrontaliera. Arre protette intern azionali che collegano quelle
nazionali. Vantaggio seguono un approccio ecosistemico: tutelato in toto l’ecosistema. Creando cooperazione tra gli Stati ma anche cooperazioni tra le aree e
enti locali (es. a livello montano, convenzione per la protezione delle alpi, convenzione quadro, che interessa Stati dell’arco alpino → articolatissimo sistema per
la tutela dell’ecosistema) Ultimamente anche cooperazione di tipo decentrato, la cooperazione non tra i Governi ma tra gli en ti locali (es. espace Mont-Blanc: non vero e
proprio Trattato, no soggetti internazionali, ma accordi diversi) Es. area del Great Limpopo (Sud Africa, Mozambico, Zimbabwe ) quadro giuridico molto articolato in cui
presenti tutti gli elementi: creazione Trattato internazionale, congiunge singole aree protette, cooperazione anche tra gli e nti locali

31/03/2022

La Convenzione richiede di adottare una serie di misure anche per tutelare e gestire specie particolari
• Minacciate di estinzione, adozione misure particolari per tutelare. Qualcosa di diverso dalla Cites, che regola solo il commercio, mentre qui la
Convenzione tutela le specie in quanto tali, si parla di obblighi di proteggere queste specie minacciate di estinzione in modo generale
• Si richiede di adottare misure per controllare l'impatto delle specie aliene invasive: non soltanto per la fauna ma anche per la flora, utilizzate per sfruttare
es. il taglio del legame e magari crescono in fretta e dominano ecosistema ma se sono specie che vengono importate/non endemiche rischiano di
distruggere l'ecosistema stesso (es. eucalipto, palma da olio) → di per se riforestazione incentivata ma se non regolato il rischio è che per combattere i
cambiamenti climatici = danno importate sulla biodiversità

Conservazione ex situs complementare a quella in situs (art. 9): es. conservazione delle piante negli orti botanici, o banche dei semi delle piante. Molto utili
nel caso in cui una determinante pianta si estingua nel suo ambiente naturale

Alcune questioni specifiche importanti


• Organismi viventi modificati: tema nuovo al momento della Convezione e non si conosceva (ancora oggi) il rischio dell’utilizzo. Utilizzato per particolari
motivi: estetici, creazione per l’alimentazione…. Non ancora conosciuti pienamente gli impatti della piantumazione di questi vegetali nell’ambiente
naturale e se ciò possa portare effetti negativi all’ecosistema.
Obbligo di regolare e gestire i rischio legati agli organismi viventi modificanti risultanti dalle biotecnologie
Protocollo aggiuntivo di Cartagena sulla biosicurezza, assomiglia alla Convenzione di Basilea crea meccanismo per trasporto transfrontaliero degli OGM
centrale principio precauzionale
• Access and Benefit Sharing: accesso per lo sfruttamento e conseguente redistribuzione benefici conseguente allo sfruttamento. Regole di massima
insufficienti, successivamente adottato Protocollo che ha integrato le norme, di Nagoya.

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insufficienti, successivamente adottato Protocollo che ha integrato le norme, di Nagoya.
Risorse genetiche, ciò che riguarda lo sfruttamento dati genetici relativi alla biodiversità, interessi in gioco diversi. Risorse genetiche presenti nella
maggior parte dei casi nei territorio. Redistribuzione benefici
○ Paesi industrializzati (le imprese) interesse ad avere accesso alla risorsa in territorio altrui, in grado di sviluppare la ricerca sulle medesime risorse
(es. si può produrre un farmaco) = vantaggio economico → primi beneficiari dei risultati economici dovrebbero essere i Paesi industrializzati e le loro
imprese
○ Paese in via di sviluppo (sul cui territorio la risorsa) va premiato il titolare della risorsa
○ Comunità indigena benefici in quanto sul proprio territorio
○ Umanità intera (es. se sviluppato un farmaco innovativo dovrebbe andare a vantaggio di tutti)
Prima della convenzione sulla biodiversità, si parlava di “biopiracy”, in assenza di regolamentazione i Paesi industrializzati prelevavano le risorse
ignorando gli interessi altrui, sviluppando poi la ricerca da cui poi il vantaggio economico solo per i Paesi industrializzati. Si sosteneva che i dati genetici
e le informazioni genetiche legate alla biodiversità fossero patrimonio comune dell’umanità: il materiale sovranità dello Stato ma non l’informazione
genetica che se ne può estrarre, patrimonio di tutti → i Paesi industrializzati dicevano che tutti possono sfruttarle. Idea proposta in maniera errata perché
suonava bene per i loro interessi. Il patrimonio dell’umanità è il contrario, qualcosa che non si può sfruttare liberamente.
La Convezione con il suo Protocollo ha fatto chiarezza e creato dinamica che porta benefici a tutti CBD + Nagoya
○ Sovranità dello Stato sulle risorse, anche per il patrimonio genetico: non appropriazione libera dall’esterno
○ Facilitare l’accesso alle proprie risorse: sfruttamento regolamentato e sostenibile. Non significa obbligo incondizionato di accesso ma di
facilitazione ad una serie di condizioni
○ Accesso possibile solo procedura dettagliata costituita da due elementi
▪ PIC (prior informed consent): chiedere il consenso
▪ MAT (mutually agreed terms): contratto, le parti devono stipulare un contratto nel quale sia disciplinata tutta l’operazione
○ Ricerca e sfruttamento della risorsa che porterà i vantaggi economici e quindi benefit sharing (primo di tutti a favore del Paese su cui sono le
risorse). Per la redistribuzione sta alle parti deciderlo, nel MAT, non solo in natura monetaria ma le parti sono libere di regolare da se (es. gli
scienziati dei Paesi in via di sviluppo partecipano allo sviluppo del farmaco, acquisendo expertise). Tenuti presente anche gli interessi delle
popolazioni locali, ciò può avvenire negli stessi termini, può avvenire sia dai Paesi in via di sviluppo ma anche le popolazioni locali che possono
stipulare direttamente dei contratti con lo sfruttatore straniero (aspetti formali seguono l'ordinamento della comunità locale)
○ Vantaggio indiretto della comunità internazionale: creazione fondo internazionale stabilendo che ci sono situazioni in cui il meccanismo non
funziona bene perché si basa su scenario ideale in cui due Stati, ma situazioni molteplici (es. risorse non sotto la giurisdizione di alcun Stato,
regime giuridico non preciso es. informazioni prima ma sfruttamento dopo la Convenzione). Chi sfrutta la risorsa ha l'obbligo di donare arte dei
benefici ad un fondo internazionale che poi ridistribuirà
La Convenzione e il Protocollo quando parlano dei diritti popolazioni indigeni riconoscono l'obbligo di benefit sharing quando proprietà delle risorse, non
definiscono il concetto di proprietà delle risorse perché: 1. questione dibattuta, 2. sembrato che fosse una questione principalmente di diritti umani e non
quindi da risolvere in uno strumento legato essenzialmente all'ambiente. Dice soltanto che il sistema si applica alle popolazioni con la proprietà delle
risorse, demandando al tema diritti umani quando hanno la proprietà.

Diritti umani: la protezione dell’ambiente attraverso la tutela dei diritti umani

Human rights approach

Introduzione
Vicinanza tra la tutela dell’ambiente e la tutela dei diritti umani, vicinanza sempre più intima finché i settori non si sovrappongono, ma in realtà alle volte
possono divergere e perseguire obiettivi diversi → possibili sinergie e potenziali conflitti
• Sinergie quando nella tutela dei diritti umani si tutela l’ambiente: es. se si riduce l’inquinamento si compiono degli atti che tutelano l’ambiente e
contemporaneamente il diritto alla vita e alla salute
• Conflitti: per perseguire un obiettivo si va a deterioramento di un altro settore (es. creazione area protetta sfratto forzato delle popolazioni indigene,
espropriare e un bene necessario per la tutela dell'ambiente incidere sul diritto alla proprietà privata)
Vantaggi e svantaggi di uno “human rights approach” nella tutela ambiente
• Svantaggio quando ci sono conflitti a scapito dell’ambiente se “human right approach”
• Anche quando ci sono delle sinergie ci possono essere dei vantaggi e svantaggi
○ Tutela dell’ambiente solo se questo ha una ricaduta sui diritti umani, non tutela dell’ambiente in quanto tale = forte compressione.
○ Questo fatto che la tutela dipenda dalla dimostrazione dei diritti umani significa anche adottare un approccio ex post e quindi non approccio
preventivo: danno solo se porta danni ai diritti umani
○ Il settore dei diritti umani ha meccanismi di controllo anche attivabili dagli individui, nel sistema delle tutela internazionale dell’ambiente assoluta
rarità (limite del diritto internazionale dell'ambiente e quindi superato dai trattati diritti umani → Caso serengeti eccezione per cui una ONG può attivare
un meccanismo di controllo). Nonostante si possa agire in giudizio ciò non è illimitata ma limitata dalla prospettiva dei diritti umani, non il danno all’ambiente in
se stesso ma sempre ritrovare una violazione dei diritti umani legata al danno ambientale. Quando possibile fare anche per quei casi che non sarebbero un
problema dal punto di vista delle norme internazionali ambientali ma rilevanti nella prospettiva dei diritti umani.
○ E’ sempre uno svantaggio usare i diritti umani per la tutela dell'ambiente quando i due settori perseguono obiettivi diversi
○ Ci si limita al caso concreto
○ Caso Urgenda (caso nazionale) buon esempio di usare “human rights approach”, l'organizzazione Urgenda mirava a sentenza che parlasse di
cambiamenti climatici ma difficoltà d arrivare ad una conclusione se si basasse solo su normativa dei cambiamenti climatici (ottica interstatale)
difficoltà che individuo possa invocare Trattato in se; l'organizzazione Urgenda utilizza l’impatto che i cambiamenti climatici hanno sui diritti umani
utilizzando la CEDU, fondamento giuridico più accettabile per la Corte. Anche davanti ad una Corte nazionale da più chance di presentare un
ricorso individuale
L’idea di un diritto all'ambiente sano come un diritto umano si sviluppata già tempo fa
• Riconoscimento diretto di un diritto autonomo ad hoc
• La tutela dell’ambiente fatta rientrare indirettamente in una serie di diritti umani preesistenti, grazie all'interpretazione estensiva delle Corti e dei
meccanismi di controllo

Riconoscimento ambiente sano

Riconoscimento di un diritto autonomo a un ambiente sano


Ancora non riconosciuto a livello globale. Riferimenti a livello regionale
• Carta dei diritti fondamentali Ue: alto livello di protezione ambientale con principio di integrazione (art. 37)
• Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli (diritti collettivi in senso proprio: spettano non all’individuo ma ai popoli, tra cui rientrano anche quelli
indigeni): right to a general satisfactory environment (art. 24))
• Contesto interamericano, Protocollo di San Salvador: diritto di vivere in un ambiente sano (art. 11)
Non solo sul piano sostanziale, cioè diritto a vivere in un ambiente sano/soddisfacente, ma anche un aspetto procedurale importante dei diritti umani relativi
all’ambiente. Tutta una serie di natura procedurale diritti umani che hanno funzione di protezione ambientale
• Convenzione di Aarhus (1998): accesso informazioni, partecipazione del pubblico e accesso alla giustizia in campo ambientale → diritti umani
procedurali che sono fondamentali in ambito ambientale. Garantire tutela ambiente per i diritti umani non soltanto ambiente sano ma anche sfaccettature del
processo democratico in ambito ambientale.

01/04/2022

Riconoscimento indiretto del diritto a un ambiente sano tramite interpretazione estensiva di altri diritti

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 21


Riconoscimento indiretto del diritto a un ambiente sano tramite interpretazione estensiva di altri diritti
Diritti economici, sociali e culturali
• International covenant on economic, social and cultural rights (1966):
○ art. 11 standard adeguato di vita
○ art. 12 diritto alla salute
Disposizioni interpretate dagli organi di controllo in senso di includere il diritto all’ambiente, addirittura il Comitato che si occupa di valutare il rispetto del
Trattato in un suo commento è giunto che si riesce ad estrapolare dalla combinazione dei due articoli il diritto to Water dal Human rights council
• European social charter (1996): art 11 godere del più altro livello di salute
Diritti preesistenti includenti in essi il diritto all’ambiente, anche se non enunciato in modo esplicito

Tutela indiretta dell’ambiente nella CEDU


Ragionamento anche per i diritti civili e politici, in particolare la CEDU si ritiene tradizionalmente contenga diritti civil i e politici non contiene un diritto
all’ambiente in quanto tale, ma la Corte EDU (organo oggi principale, prima anche Commisione) ha estrapolato il diritto all’a mbiente da lati diritti inclusi nella
Convenzione stessa.
C’è stata una evoluzione della giurisprudenza nel corso degli anni

Diritto alla vita (art. 2). Da certa giurisprudenza obbligo dello Stato di proteggere la vita in caso di attività umane pericolose, per l’essere umano ma anche per
l’ambiente. Caso Oneryildiz v. Turchia (2004) mala gestione discarica di rifiuti dalla quale deriva una esplosione che porta alla distruzione di una serie di
abitazioni e la morte di alcuni occupanti → condannata per negligenza violazione art. 2. La mala gestione dell’impianto problema ambientale, crea un danno sia
ambientale sia alle persone, le vittime fano ricorso e quindi condannato sia per lesione diritti umani che per lesione ambien te
Gli Stati non solo obblighi negativi ma anche positivi
• Negativi obblighi di astensione
• Positivi: obblighi di fare per creare le condizioni per impedire la violazione
La Corte sottolinea il fatto che lo Stato deve gestire correttamente i rifiuti con sistema che prevenga il riproporsi della s ituazione.
Caso di disastri naturali. Caso Budayeva et al v Russia (2008): lamentata morte derivanti da inondazioni derivanti da piogge torrenziali in una determinata
area russa, caso catastrofico non imputabile allo Stato, ma lo Stato deve adottare delle misure per far si che non si abbiano conseguenze disastrose come
nel caso in esame: la Russia non aveva valutato misure di prevenzione. Anche nel tema dei cambiamenti climatici: gli Stati devono adattarsi al cambiamento
climatico

Divieto di tortura, trattamenti e pene inumani e degradanti (art. 3). Caso Florea v. Romania (2010), in cui la Corte riconosce la sussistenza violazione art. 3
per i danni ala salute che un detenuto ha ricevuto durante la detenzione, soggetto a fumo passivo dai compagni di cella cosa che ha comportato danni
talmente gravi da produrre violazione art. 3. Apertura potenziale verso la possibilità che un domani si possa invocare art. 3 per un danno di tipo atmosferico
(es. fumi tossici).
L’art. 3 articolo che la Corte applica solo in casi molto rigorosi, perché dire che ha commesso violazione significa attribuire uno stigma grave allo Stato, non si
era mai avvicinata idea violazione art. 3 per negligenza, prima solo comportamenti attivi da parte dei funzionari dello Stato

Tutela vita privata e familiare (art. 8), articolo principale per tutelare un ambiente sano.
Il principio è necessario che il problema ambientale abbia un impatto anche dal punto di vista dell’ingerenza dei diritti tutelati dalla CEDU: la tutela
dell’ambiente in se, per il valore intrinseco, in principio non è rilevante
• Kyrtatos v. Greece: ricorrente sostiene che il danno ad un area protetta comporterebbe violazione della CEDU, la Corte ritiene inammissibile perché non
riesce a provare la sofferenza del danno da parte per il ricorrente
Se non dimostra caso inammissibile: limite. Approccio che sta cambiando
L’inquinamento e degrado ambientale possono interferire nella vita privata e familiare, che è un concetto intenso in senso ampio, rientrano: la salute, relazioni
interpersonali e sociali, benessere e qualità della vita e la casa. L’art. 8 comprende anche questi aspetti che hanno comunque dei legami con l’ambiente.
L’art. 8 appartiene ad una categoria di diritti umani particolare. I diritti umani non sono tutti assoluti, perché si possono comprimere attraverso una serie di
meccanismi
• Riserve
• Derogati: in casi eccezionali quando minaccia per la vita stessa della nazione (es. catastrofe naturale, conflitto bellico). Deroghe entro certi limiti
• Limitazioni: si trovano nel testo dei Trattati sui diritti umani accompagnando il diritto stesso, limiti che si possono porre. Tipicamente diritti all’individuo
conferiti in quanto parte di una collettività (come art. 8: che significa anche diritto alla privacy). L’art. 8 stesso che impone come si possa limitare (diritto
alla privacy limitato per tutelare diritti altri individui, quindi indagini penali con intercettazioni, seppur con delle salvaguardie ma non assoluto)
Art. 8 “ Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che,
in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla
prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”. Confini stabiliti dalla legge, essere
necessarie in una società democratica e adottate in funzione di un obiettivo tassativamente elencato nella norma.
Idea necessario bilanciamento tra gli interessi individuo e della società.
Uno Stato può limitare il diritto alla vita privata e familiare in funzione di preservazione il benessere economico del Paese.

La giurisprudenza rilevante: aspetti sostanziali


- Lopez Ostra v. Spain (1994): la ricorrente vive vicino all'impianto per rifiuti pericoli che emette fumi pericolosi, inquinamento danno alla casa della
ricorrente. La ricorrente chiede di adottare misure di riduzione o alternative ma lo Stato non fa nulla. Rivolge alla Corte EDU che ammette: un
inquinamento grave e severo può andare ad incidere sul benessere dell’individuo, può impedire di godere della propria proprietà e dunque viola l’art. 8
→ sinergia: meccanismo diritti umani per arrivare condanna Stato negligente nel controllo inquinamento. La ricorrente non ha dovuto dimostrare un danno alla
salute, ma si parla soltanto di well being, sul benessere anche se non incide sulla salute della persona
- Di Sarno et al. v. Italy (2012): u ricorrenti abitano o lavorano a Somma Vesuviana dove, a causa del perdurare di uno “stato di emergenza” dal 1994 al
2009 in relazione allo smaltimento dei rifiuti, questi accumulati nelle strade e quindi danno alla salute e al well being. Ricorso interno.
La Corte
○ Rigetto l’argomento dello Stato che si tratta di “forza maggiore”, materialmente impossibile evitare il danno
○ Rigetta l'argomento dello Stato che il ricorrente avrebbe potuto chieder un risarcimento dei danno: la Corte dice che se si vuole rispettare l’art. 8 ci
sono obblighi positivi e quindi tutelare la vita privata e familiare e quindi togliere i rifiuti dalle strade. Obbligo positivo di creare un sistema efficace
di raccolta di rifiuti

Aspetti procedurali
- Guerra et al. v. Italy (1998): ricetti abitavano a Manfredonia vicino impianto chimico molto pericoloso in cui già nel 1976 già verificati incidenti molti gravi
con inquinamento da arsenico.
Lamentano che lo Stato
○ Non ha adottato misure agguerrite per ridurre il livello di inquinamento. Inoltre non adottate misure per prevenire ulteriori incidenti → piano
sostanziale
○ Violato art. 8 perché non adeguatamente informato dei rischi e delle procedure in caso di incidente → piano procedurale
La Corte accogli le domande e dichiara la violazione perché lo Stato ha l’obbligo di dare informazioni ambientali necessarie → aspetto procedurale.
Convenzione di Aarhus: diritto di accesso informazioni in campo ambientale → non richiamata la Convenzione

Giurisprudenza ormai consolidata per l’obbligo di informazione

- Giacomelli v. Italy (2006): ricorrente abita a 30 m da un impianto di stoccaggio e smaltimento di rifiuti tossici e lamenta inquinamento proveniente
dall’impianto che indice sul suo diritto ex art. 8

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 22


dall’impianto che indice sul suo diritto ex art. 8
Accogli la domanda: l'Italia non ha stabilito il giusto equilibrio fra diritto individua e gli altri interessi legittimi della collettività → diritti non assoluti: nemmeno
però assoluta la possibilità di prevaricare il diritto, necessario il bilanciamento. In particolare: l'impianto è operativo dal 1982 ma lo stato ha richiesto la via per le sue
operazioni solo nel 1996. Non ha mai fatto la valutazione di impatto ambientale: il bilanciamento degli interessi non c’è più, uno dei primi obblighi in chiave
preventiva → obbligo estratto da un diritto umano

Evoluzione verso la considerazione dell’ambiente in sé?


Revisione dei principi di partenza. Tendenza che sembra dare peso alla tutela ambientale a prescindere dalla tutela dei diritti umani
- Tatar v. Romania (2009): ricorrenti vivono vicino a miniera con utilizzo di sostanze pericolose. Nel 2000 incidente che provoca rilascio di sostanze che
contamina una falda acquifera. Lo Stato non fa nulla. I ricorrenti lamentano danni alla salute, famiglia in cui il bambino soffre di asma e i ricorrenti
sostengono che il danno alla salute e l'inasprirsi della salute deriva dall'emissione delle sostanze. Il problema è che non riescono a dimostrare il nesso
di causa tra asma e contatto con sostanza pericolosa (cianuro). I ricorrenti non riescono a dimostrare che dal danno all’ambiente anche danno al
ricorrente, non fondare su una violazione dei diritti umani
La Corte accoglie il ricorso sulla base del principio precauzionale e quindi anche se i ricorrenti non riescono a dimostrare il nesso di causa, alla luce del
principio precauzionale, dato che il danno c’è stato, c’è un inversione dell’onere di prova
Direzione che considera l'ambiente in se al di la di quanto sia importante per l’essere umano.
- Mangouras v. Spain (2010): capitano della nave Prestige, che affonda e provoca lo sversamento di petrolio provocando danni enormi ed estesi arrivano
a danneggiare anche le coste francesi. Il capitano sottoposto ad azione penale e il giudice spagnolo stabilisce che può essere rilasciato su cauzione ma
fissa la cauzione a 3.000.000 di euro. Tra i diritti violati perché la CEDU in se prevede tra i vari diritti il diritto all’equo processo, al cui interno c’è il diritto
ad essere liberato su cauzione; nella giurisprudenza della CEDU lo ha interpretato che la somma deve essere ragionevole.
Il ricorrente lamenta che la cauzione è fissata ad una cifra troppo alta.
→ prospettiva diritti umani
La Corte:
• Nell'interpretare la norma è necessario prendere in considerazione la preoccupazione di tutelare l'ambiente
• E’ ragionevole che la Spagna considerare anche la gravità dell'incidente e dell’inquinamento dell'ambiente marino: la misura è proporzionata agli
interessi tutelati = non c’è violazione
Valore ambiente in se a tal punto di andare a scapito dell'individuo in una logica di “human rights approach”.

Popoli indigeni

Tutela dell'ambiente e diritti umani con particolare riferimento ai popoli indigeni


Esiste un particolare legame con l'ambiente dei popoli indigeni: la loro esistenza dipende dal legame con l’ambiente, senza di esse privazione della cultura,
mezzi di sostentamento e in definitiva l'esistenza stessa. Legame riconosciuto a livello globale attraverso diversi strumenti
• Strumenti ad hoc
Obbligo di proteggere l’ambiente in cui tali vivono = la loro esistenza. Convenzione per i popoli indigeni e tribali dell’ILO: obbliga ad adottare misure
speciali per proteggere e salvaguardare l’ambiente in cui le popolazioni vivono (art. 4). Valutare l'impatto ambientale e prendere le misure per
proteggere e preservare l’ambiente (art. 7). La Convenzione elenca tutta una serie di diritti per i popoli indigeni non solo in riguardo all'ambiente
Dichiarazioni UN per i popoli indigeni: strumento non vincolante, risoluzione assemblea generale, ma importante perché adottata all’ONU. Art. 29 diritto
conservazione e protezione degli ambienti in cui vivono
• Strumenti generali.
Patto sui diritti politici e civili dei popoli
○ Autodeterminazione dei popoli (art. 1)
○ Diritti di persone che appartengono a minoranze di godere di una serie di caratteristiche, tra cui godere della propria cultura (art. 27)
Giurisprudenza ricavare obblighi per gli Stati parti di preservare l’ambiente in cui le popolazioni indigene vivono

Caso Angela Poma Poma v. Peru (2009). Il Peru devia le acque di un fiume e scava pozzi privando di acqua il territorio degli indigeni Aymara. Incidere sul
godimento della cultura e del modo di vivere della popolazione.
Il Comitato dirà: la cultura (art. 27) può consistere in uno stile di vita che è intimamente legato con il territorio e le sue risorse, può includere tutte le attività
tradizionali, e dunque quando il patto dice che è tutelato il diritto di godere della proprie cultura e comprende il diritto all’accesso all'ambiente perché ciò è
parte della loro cultura, e quindi potenziale violazione art. 27. Lo Stato non può negare la sopravvivenza stessa della cultura indegna che è legata alle risorse,
ciò va a minacciare l’esistenza stessa della comunità. Ciò non significa che lo Stato non possa fare niente, ci deve essere un bilanciamento tra diversi
interessi, lo Stato deve
• I membri della comunità in questione devono poter partecipare alle decisioni che li riguardano, non significa una mera consultazione, ma ottener il free,
prior and informed consent
• Permettere che continuino a beneficiare del proprio sistema economico tradizionale
• Effettuare degli studi da cui derivino gli impatti: valutazione degli impatti ambientali
• Adottare misure che minimizzino le conseguenze negative sulle popolazioni
• Se dall'attività comunque risulta un danno si deve riparare
→ collegamento CBD + Nagoya

Altri strumenti universali


Sulla base dei quali leva per fondare un diritto all'ambiente delle popolazioni indigene
• Convenzione contro la discriminazione razziale (1965): il meccanismo di controllo nell'interpretare il Trattato si è anche espresso dei diritti dei popoli
indigeni. Dal principio di non discriminazione deriva il fatto che gli indigeni hanno il diritto di proprietà, sviluppo e controllo sulle loro risorse e territorio
• Patto diritto economici, sociali e culturali: art. 15 diritto di partecipare alla vita culturale dello Stato. Diritto di beneficiare del frutto, dal punto di vista
economico, degli indigeni. Interpretato dalla norma che il diritto lo hanno anche i popoli indigeni: hanno il diritto di beneficiare delle loro traditional
knowledge. → richiamo a Nagoya: popoli hanno diritto di proprietà sulle risorse ai sensi degli strumenti sui diritti umani

06/04/2022

Relazione fra i popoli indigeni e ambiente a livello regionale: il sistema interamericano


La giurisprudenza ha favorito lo sviluppo dei diritto, facendo leva sul diritto alla proprietà, nella American Convention on Human Rights art. 21 →
interpretazione estensiva. Approccio innovativo va anche in un'altra direzione, il diritto alla proprietà nasce come diritto individuale, giurisprudenza esteso anche nella
dimensione collettiva

- Caso Awas: la Corte della Convenzione interpreta in maniera estensiva, per includervi la proprietà collettiva sulla terra, violata in caso di concessioni per
lo sfruttamento delle risorse forestali in territorio indigeno. Secondo la Corte l’art. 21 protegge il diritto nel quadro della proprietà collettiva della terra. La
Corte sottolinea come alla base della protezione ci sia il legame intimo tra la popolazione e la terra: base essenziale della loro cultura, vita spirituale,
integrità e della loro sopravvivenza dal punto di vista economico.
Lo Stato ha violato i diritti in questione nel concedere a terzi lo sfruttamento della terra e delle risorse, che invece deve essere delimitata e si deve
attribuire alla popolazione indigena il titolo di proprietà

→ Caso più rilevante popolo Saramaka v. Suriname

- Caso Xàkmok Kasek: ipotesi potenziali sinergie e conflitti tra i due settori del diritto internazionale. Espropriazioni e spostamenti forzati posti jin essere
dal Paraguay anche per creare aree protette.
La Corte

DIRITTO INTERNAZIONALE DELL'AMBIENTE Pagina 23


La Corte
○ Violato il diritto di proprietà: oramai consolidata l’interpretazione, anche diritto di proprietà collettiva sulla terra e relative risorse. Violato anche in
ragione che incide anche sul mantenimento dell’identità culturale della popolazione indigena
○ Violato il diritto alla vita: → toccati dei diritti molto importanti e sensibili
Toccare dei diritti fondamentali: spostare forzatamente va a violare il diritto ad un'esistenza dignitosa e quindi viola il l’art. 4
○ Violato il diritto a un trattamento umano: in ragione del fatto che estrarre forzatamente dal loro contesto culturale e forzarli all’assimilazione alla
maggioranza = livello di sofferenza fisico e mentale and moral integrity respected. Stigma molto grave quello di trattamento inumano per lo Stato:
la Corte deve esserne convinta data la gravità
○ Violato il divieto di discriminazione: questi comportamenti costituiscono un trattamento discriminatorio. Gravità ulteriormente esacerbata da un
argomento della Corte (unico caso in cui avvenuto ciò): spostare popolazioni dalla terra è un trattamento discriminatorio e il principio di non
discriminazione è una norma imperativa di jus cogens. Spostare una popolazione indigena significa violare lo jus cogens → violazione più grave a
livello internazionale

Sistema africano
Ruota attorno alla African Charter on Human and Peoples’ Rights (Banjul, 1981)
Diritti collettivi in senso pieno (sostanziale e procedurale): è il Trattato che prevede i diritti collettivi in questione non attraverso interpretazioni estensive. Piena
capacità di farli agire davanti alla Corte o alla Commissione
- Caso Ogoni: popolazione che vive in zona della Nigeria dove ci sono giacimenti petroliferi sfruttati, creando danni significativi al territorio. I ricorrenti,
delle Ong, lamentano una serie di violazioni in ragione dello sfruttamento.
Violazioni
○ Divieto di discriminazione
○ Diritto alla vita e all’integrità della persona: livello di inquinamento talmente alto da definire un incubo per la vita e tale da mettere in pericolo
l'esistenza stessa della popolazione
○ Diritto alla salute e diritto collettivo a un ambiente sano: rare ipotesi in cui si parla al diritto all'ambiente in senso sostanziale e in quanto tale.
Obblighi che derivano
▪ Prevenire l'inquinamento e il degrado ecologico
▪ Promozione della conservazione e dello sviluppo sostenibile delle risorse
▪ Monitorare dal punto di vista scientifico gli impatti delle attività
▪ Informare le comunità in questione
▪ Consentire la partecipazione da parte delle comunità alle decisioni che le riguardano in tema di attività potenzialmente pericolose
○ Diritto collettivo a gestire le risorse naturali: in caso di spossessamento si prevede una compensazione, benefit sharing
○ Diritto al cibo: in ragione del fatto che l'inquinamento ha comportato l'impossibilità di approvvigionamento di risorse. Non diritto espressamente
contenuto nella Carta ma derivato dal combinato disposto dal diritto alla vita e diritto allo sviluppo
- Caso Endorois v. Kenya: trasferimento forzato di una popolazione per far posto ad un area protetta. C’è il trasferimento forzato per anche la costituzione
di un area protetta, ma anche sfruttamento di miniere, e senza partecipazione e senza previsto meccanismo di compensazione
Commissione conclude per la violazione di una serie di diritti nella Carta
○ Diritto di proprietà e il diritto collettivo sulle risorse naturali
La Commissione africana attinge esplicitamente alla giurisprudenza Saramaka → interessante perché questi strumenti sui diritti umani comunicano tra loro
tramite la giurisprudenza relativa, questo vale in tutte le direzioni: globali attingono a regionali e viceversa, anche sistemi regionali attingono tra di loro in un'ottica di
reciproca contaminazione. Questo per quanto riguarda le limitazioni ai popoli indigeni: lo Stato autorizzato ad adottare misure restrittive ma soltanto le least
restrictive measure possibile.
○ Diritto allo sviluppo: incluso il diritto a partecipare allo sviluppo economico che significa benefit sharing → medesime conclusioni del contesto CBD +
Nagoya
○ Libertà di religione e diritto di partecipare alla vita culturale della comunità: visto che il legame con la terra per le popolazioni ha anche valenza
culturale/spirituale

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