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Diritto internazionale e comunitario della bioetica

Diritti umani e bioetica (Sapienza - Università di Roma)

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PARTE II
PRINCIPI E ISTITUZIONI DEL
DIRITTO INTERNAZIONALE E
COMUNITARIO DELLA BIOETICA

IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE

1.La scienza moderna tra incertezze scientifiche, rischi globali e logica


precauzionale

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Caratteri più evidenti e significativi della scienza moderna:


- Straordinaria rapidità di evoluzione ed espansione a settori nuovi ( scienze
della vita1)
- Profonda interazione con la tecnologia
- Perdita di Indipendenza e Neutralità ( trasformazione ruolo della scienza )

La Scienza ha perso queste caratteristiche poiché l’applicazione dei suoi sviluppi


tecnologici incidono profondamente su quello che è l’ecosistema del pianeta,
l’ambiente e l’habitat dell’uomo.

La trasformazione del ruolo della scienza e la sua profonda interazione con la


tecnologia si basano sul principio economico, che sollecita il passaggio da una
scoperta scientifica alla sperimentazione e sviluppo tecnologico quando la ricerca è
ancora in condizioni di incertezza scientifica2.

Negli ultimi anni la consapevolezza che il progresso economico e tecnologico non


potesse essere attuato a spese dell’ambiente in cui l’uomo vive e l’inadeguatezza di
interventi di protezione ambientale hanno fatto sì che la comunità internazionale
prediligesse un approccio precauzionale e prudenziale in grado di ridurre o
eliminare alla radici il verificarsi di determinati rischi3.

In questo contesto si è sviluppata una logica precauzionale.

Questa logica successivamente ha espanso il suo campo d’intervento, da materie


per la tutela dell’ambiente alla tutela della salute dell’uomo .
Oggi con il termine precauzione possiamo definire quella linea di condotta nel
campo delle decisioni politiche e normative concernenti la gestione dell’incertezza
circa le probabilità che eventi rischiosi si verifichino.
Logica precauzionale = strumento per una giusta nuova etica della scienza .
In mancanza di una nuova etica della scienza, l’applicazione delle nuove conquiste
scientifiche potrebbe essere rifiutata o contestata ( es. OGM) .
La logica precauzionale quindi assume un ruolo centrale per il raggiungimento di
una più felice conciliazione tra il progresso tecnico scientifico ed il controllo delle
minacce associate allo sviluppo.
E’ in questa prospettiva che emerge un nuovo principio di precauzione, inteso
come “ criterio di condotta ispirata alla esigenza di tutela dell’ambiente, della
salute dell’uomo, animale e vegetale che ispira all’elaborazione ed attuazione
di misure di gestione dei rischi connessi allo sviluppo tecnico-scientifico”.
Sempre più frequentemente i governi internazionali, statali e locali si ispirano al
principio di precauzione nelle decisioni politiche e normative in materia di tutela
dell’ambiente e salute dell’uomo.

1 Biologia molecolare e genetica.


2 quando si hanno conoscenze ancora non adeguate nel settore, a livello temporale non sono stati
valutati i rischi collegati e conseguenti all’applicazione della ricerca e la probabilità che questi si
verifichino. Esempio emblematico : timori suscitati dall’emissione nell’ambiente di OGM.
3 Prospettiva energia nucleare : da importante per lo sviluppo economico e sociale dell’umanità a
potenzialmente dannosa. risoluzione Assemblea generale delle Nazione Unite vs raccomandazione
Consiglio UE .

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La Logica precauzionale investe diverse dimensioni :

● scientifica = è il criterio operativo nelle situazioni di incertezza


● filosofica = azione precauzionale e prudenziale permette applicazione del
principio di responsabilità nei confronti generazioni future
● economica = l’azione che muove lo sviluppo sostenibile
● giuridica = ispirazione per nuove garanzie di tutela
● politica= principio per le politiche pubbliche.
● etica = la logica precauzionale trova fondamento nel nuovo rapporto tra
l’uomo e l’ambiente
- salvaguardia degli ecosistemi liberi = consapevolezza del fatto che in certi
casi è necessario impedire ogni uso potenzialmente improprio delle
risorse naturali.
- Promozione di diritti della natura = tutela ambientale e l’esigenza di
consentire ai processi naturali le loro funzioni, senza limitazioni.
- debito ecologico = far derivare degli errori commessi nel passato un
obbligo di maggior cautela e responsabilità
- anticipazione preventiva = consiste nella propensione ad intraprendere
misure preventive .
- dovere di cautela = attribuzione dell’onere della prova scientifica del danno
potenzialmente derivante a carico del soggetto che svolge l’attività in
questione .

L’applicazione del principio di precauzione non rallenta o ostacola lo sviluppo


scientifico, in realtà incoraggerebbe l’incremento di attività della ricerca con il
superamento dei punti critici ed incertezze che ostacolano la ricerca , attraverso
l’applicazione del principio di prevenzione o lo sviluppo di metodi e criteri in grado di
eliminare la stessa condizione di rischio ( rischio zero) .

2. Le origini del principio di precauzione nel diritto internazionale e nel diritto


comunitario ( dimensione giuridica)

Nato in Germania nella seconda metà del XX secolo, il principio di precauzione ha


trovato, negli ultimi anni, progressivo riconoscimento attraverso una serie di atti
relativi ai più importanti settori del diritto internazionale contemporaneo: la tutela
dell’ambiente, la salvaguardia dello sviluppo sostenibile e la liberalizzazione degli
scambi commerciali.
Nel diritto internazionale, il principio di precauzione è stato invocato in un primo
momento nel campo della protezione dell’ambiente marino ed ha fatto la sua prima
apparizione nel quadro delle conferenze ministeriali per la protezione del Mare del
Nord4 a partire dal 1984. Benchè le dichiarazioni fossero giuridicamente non
vincolanti, hanno ispirato l’azione degli organi di cooperazione regionale competenti
in materia di protezione dell’ambiente marino.

Fino ad allora, gli atti internazionali consacrati alla protezione dell’ambiente erano

4 tenutesi in seno all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico


(OCDE )

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fondati sul metodo c.d. della capacità di assimilazione, secondo cui la quantità
di emissioni inquinanti era calcolata in base alla capacità di assimilare e
neutralizzare gli effetti nocivi delle emissioni in questione.
Con il progresso delle conoscenze scientifiche vennero evidenziati i limiti di tale
metodo, poiché era diventato difficile determinare con sufficiente precisione la
quantità di agenti inquinanti che l’ambiente era in grado di assimilare senza danno.
Iniziano quindi ad affermarsi approcci preventivi e prudenziali alle problematiche
ambientali, diventando un terreno fertile per la nascita del principio di precauzione.

Tappa principale dell’evoluzione del principio di precauzione, fu la decisione del


Consiglio di amministrazione del Programma delle Nazione Unite per l’ambiente
(UNEP) n. 15/27 del 1989 di superare definitivamente il metodo fondato sulla
capacità di assimilazione e di adottare il principio di precauzione a fondamento delle
politiche di prevenzione e riduzione dell’inquinamento marino.

Il principio di precauzione ha ricevuto la consacrazione univerla nel Summit per la


terra a Rio de Janeiro nel 1992, dove è stato identificato come principio su cui
fondare le politiche ambientali nazionali. Importante è il principio 15 del Summit
dove si enuncia che per adottare misure ambientali preventive e correttive non è
necessario dimostrare che certe attività danneggiano seriamente l’ambiente, ma è
invece necessario dimostrare che le attività in questione non causino danni gravi o
irreversibili per posticipare l’adozione di siffatte misure .

Nel contesto di c.d accordi ambientali multilaterali assume importanza il Protocollo


di Cartegena sulla biosicurezza che disciplina i movimenti transfrontalieri di
organismi viventi modificati prevedendo il ricorso a procedure di valutazione dei
rischi ad assicurare da un la lato la conservazione e l’uso sostenibile della diversità
biologica e dall’altra la tutela della salute umana.

Non altrettante capacità di penetrazione ha invece esercitato il principio di


precauzione degli atti relativi all’ambito della liberalizzazione degli scambi
commerciali. Vige il principio economico.
stati più prudenti = discriminatori e protezionistici.

Nel diritto comunitario, la fonte che riconosce il principio di precauzione nell’ambito


della politica comunitaria dell’ambiente sono le modifiche al Trattato di Maastrich,
seppur non definendo le caratteristiche e presupposti di applicazione di tale
principio. In assenza di una definizione espressa, gli atti comunitari hanno fatto
spesso rinvio esplicito agli strumenti internazionali.

4. Presupposti di applicazione della precauzione

Possiamo definire come presupposti all’applicazione della logica precauzionale:


- la valutazione del rischio e - l’apprezzamento del danno

Il rischio è la vera matrice della precauzione.


I metodi di valutazione ed analisi del rischio delle organizzazioni internazionali sono
fondamentali per identificare la natura ed il grado del rischio.

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La natura ed il grado del rischio( minaccia, potenziale pericolo) giustificano


l’applicazione di misure precauzionali.

Il danno affinchè sia presupposto dell’applicazione del principio di precauzione


deve possedere i seguenti caratteri :
- gravità ( di cui è un problema definirne il concetto )
- irreversibilità

Natura di ciò= per far sì che non si ostacoli lo svolgimento di attività idonee a
produrre benefici sul piano economico e sociale.
In questa ottica alla nozione di danno grave o irreversibile, apparte la nozione di
danno “ accettabile “, se comparato con i costi superiori relativi alla misura di
precauzione.
Infatti come espresso da atti internazionali, le misure precauzionali devono essere
adottate dagli Stati in relazione alle capacità di questi ultimi.

( Differenza tra principio di prevenzione e precauzione . La prevenzione si riferisce


alla necessità di agire in maniera preventiva di fronte ad un rischio conosciuto e
scientificamente dimostrabile ; la precauzione richiede interventi finalizzati ad evitare
la produzione di effetti, su uno stato insufficiente ed incerto di dati scientifici. )

5. Il principio di precauzione nelle fonti pattizie.

Il diritto di precauzione possiede un contenuto ancora troppo vago ed indeterminato


per poter essere qualificato come norma consuetudinaria di diritto internazionale.
E’ più facile riconoscergli il ruolo di criterio ispiratore di nuove norme positive di
diritto internazionale.

Questa visione è rafforzata dal fatto che suddetto principio è sovente enunciato da
convenzioni quadro, senza trovare esplicita applicazione.

Tende a trovare prevalente collocazione nel preambolo di trattati e convenzioni,


limitandosi così ad ispirare l'interpretazione e l’applicazione delle norme contenute
nel dispositivo degli accordi in questione. Figura infatti tra i “ principi fondamentali o
generali, che tra le disposizioni generali.
L’assenza di definizioni univoche fa sì che il principio in esame appaia indirizzato
semplicemente ad ispirare i comportamenti concreti delle parti contraenti .

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PARTE I
DIRITTI DELL’UOMO E BIOETICA

Il progresso tecnico scientifico nell’ambito della biologia e medicina ha sollevato


problemi etici e giuridici che sono diventati oggetto di attenzione da parte di un
pubblico sempre più vasto.

In Italia, la nascita di un interesse diffuso per la bioetica può essere ricondotta al


dibattito che ha accompagnato l’adozione della legge 19 febbraio 2004 n.40, sulla
procreazione medicalmente assistita, ed al clamore mediatico suscitato dal
referendum abrogativo di tale legge, che a sua volta ha determinato la nascita della
biopolitica.

Obiettivo Riflessione bioetica:


- Mettere in guardia contro i rischi derivanti dalle applicazioni tecnologiche del
progresso scientifico nell’ambito della medicina e biologia
- Identificare i valori e criteri universali ed oggettivi di riferimento per una
condotta sostenibile al riguardo ( funzione BIODIRITTO)

Gli sviluppi richiamati hanno portato le istituzioni intergovernative ad elaborare un

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numero considerevole di atti e documenti che si possono suddividere in 2 fasi:


- atti posti in essere fino alla fine degli anni 90; che hanno come fondamento
la tutela dei diritti fondamentali nei riguardi dell’applicazione della
biomedicina.
- atti posti in essere successivamente :a favora della ricerca e
sperimentazione e diffidenti all’introduzione di eventuali limiti etico-giuridici a
tale libertà.

Al riconoscimento di nuovi diritti non ha corrisposto la predisposizione di idonee


garanzie di tutela giurisdizionale internazionale. Anzi sembra che i nuovi strumenti
convenzionali abbiano inteso privilegiare forme di controllo meno penetranti ed
efficaci di quelle previste.
Esempio pragmatico è fornito dalla formula utilizzata per sancire il primato dell’uomo
sulla scienza e società che cambia a distanza di 8 anni tra la Convenzione di
Oviedo5 e la Dichiarazione UNESCO 6:
- Convenzione di Oviedo : primato dell’uomo sugli interessi della scienza “
the interests and welfare of the human being shall prevail over the sole
interest of society or science “
- Dichiarazione dell’UNESCO: si evidenzia il necessario bilanciamento delle
esigenze individuali con quelle collettive “ the interests and welfare of the
individual should have priority in the sole interest of society or science “

Lo sviluppo progressivo della scienza fa trasformare il suo ruolo, poiché in grado di


incidere direttamente sull’ecosistema del pianeta, habitat uomo e sull’ambiente. In
questo contesto si sviluppa una logica precauzionale, paradigma di sicurezza
ambientale , sanitaria ed alimentare.

In Italia non mancano le contraddizioni della bioetica e biopolitica che trova natura
in un bipolarismo ideologico che vede affrontarsi forze conservatrici e forze
progressiste. La Chiesa in tutto ciò ha adottato un atteggiamento à la carte
nell’accettare il pacchetto biotecnologico ( si a OGM, no a ricerca sull’embrione ).

3. I diritti fondamentali dell’uomo nel diritto internazionale contemporaneo

Nel diritto internazionale classico, ciascun stato era libero di esercitare come meglio
credeva il proprio potere di governo sulla comunità di individui stanziata sul proprio
territorio, esercitava in altre parole la proprio giurisdizione domestica senza
incontrare limitazioni internazionali di rilievo.

In seguito agli avvenimenti storici, in particolare in seguito al secondo conflitto


mondiale, il diritto internazionale ha posto una serie sempre più vasta di limitazioni
al principio della libertà dell’esercizio del potere di governo.

Le iniziative volte a promuovere il riconoscimento e la tutela dei diritti imprescindibili


dell’uomo, in quanto espressione di dignità e delle personalità umana, hanno
condotto all’adozione di numerosi accordi giuridicamente vincolanti e atti di rilievo

5 Convenzione sui diritti umani e biomedicina, 4 aprile 1997


6 Dichiarazione universale sulla bioetica e diritti umani, 19 Ottobre 2005

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politico:
● Atti di rilievo politico:
- Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, 10 dicembre 1948
Assemblea generale delle Nazioni Unite; catalogo dei valori universali,
indivisibili ed irrinunciabili dell’umanità.

● Atti giuridicamente vincolanti:


- CEDU, Convenzione per la salvaguardia dei diritti fondamentali
dell’uomo, Consiglio d'Europa firmata a Roma il 4 Novembre 1950.
- Patti sui diritti economici, sociali e culturali e sui diritti civili e politici ,
1966 Assemblea generale dell’ONU.

● CEDU

La CEDU, firmata a Roma dal Consiglio Europeo il 4 Novembre 1950, è il primo


tentativo organico di tutela, anche giurisdizionale, dei diritti dell’uomo, in grado di
trasformare gli ideali enunciati nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo in
strumenti di protezione effettivi.

Non si limita infatti ad enunciare un catalogo di diritti e delle libertà fondamentali, ma


istituisce organi ad hoc incaricati di vegliare sull’osservanza dei diritti da esse
riconosciuti, come ad esempio la Corte Europea dei diritti dell’uomo.

La 1° parte della CEDU si riconoscono quelli che sono i diritti e libertà imprescindibili
dell’uomo.
Nella 2° parte si trovano i sistemi istituzionali e procedurali intesi a salvaguardare il
rispetto delle disposizioni da essa contenute.
La CEDU attribuisce al singolo :
- titolarità del diritto
- titolarità di azione ( NOVITA’) = gli individui che non vedano garantiti i
propri diritti negli ordinamenti nazionali possono rivolgersi ad organi
giurisdizionali internazionali appositamente istituiti.

ATTENZIONE: Il sistema di protezione europeo non si sostituisce ai meccanismi


nazionale di tutela, ma interviene qualora ci sia un difetto nella loro applicazione.

4. Progresso tecno-scientifico e diritti fondamentali di nuova generazione .

Nel corso degli anni c’è stata una trasformazione del ruolo della scienza : non è più
caratterizzata da indipendenza e neutralità.
Ad una trasformazione del suo ruolo ha corrisposto un atteggiamento mutato della
società nei confronti i questa :
- Prima: illimitata fiducia nel progresso scientifico capace di assicurare un
futuro migliore
- Dopo: in seguito al suo sviluppo tecnologico è in grado infatti di incidere
profondamente sull’ecosistema del pianeta, habitat dell’uomo e ambiente

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creando paure ed incertezze.

Il progresso della tecnologia e scienza nell’ambito della medicina e biologia ha


determinato la nascita di nuovi diritti fondamentali, nuovi diritti costituiti da
richiesti di:
- sicurezza ( si traduce in una più efficace tutela della salute ed ambiente)
- riconoscimento delle diversità ( nel senso di equiparazione sostanziale degli
individui e gruppi tramite politica di riconoscimento delle differenze)

Questo progresso ha fatto sì che le Organizzazioni Internazionali adottassero


misure di accompagnamento, con l’auspicio attraverso risoluzioni che il progresso
scientifico si sviluppi nel rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo.
Sono stati emanati atti che hanno inteso adeguare il diritto internazionale alle
esigenze di tutela di nuovi diritti. Esempio:
- Convenzione di Oviedo , 4 aprile 1997 + protocolli addizionali
- Dichiarazione universale sul genoma umano e diritti dell’uomo 1997
- Dichiarazione Universale sulla bioetica e diritti umani 2005

● La Convenzione di Oviedo

La risposta alle preoccupazioni sulle incertezze e rischi collegati al progresso tecno-


scientifico ha condotto all’adozione di un numero illimitati di strumenti giuridici da
parte degli organismi internazionali.
Alcuni di questi strumenti non sono giuridicamente vincolanti:
- Dichiarazione Universale sul genoma umano e diritti dell’uomo 1997
- Dichiarazione Universale sulla bioetica e diritti dell’uomo, 2005
I soli atti internazionali dotati di carattere vincolante :
- Corpus normativo della Convenzione di Oviedo ed i suoi protocolli
addizionali.

La Convenzione di Oviedo è stata firmata dal Comitato dei ministri del


Consiglio D’Europa a Oviedo il 4 aprile 1997 ed è entrata ufficialmente in
vigore il 1 dicembre 1999.
In Italia, la Convenzione è stata ratificata il 28 Marzo 2001 n.145,ma non ha
perfezionato il processo di ratifica e non è vincolata all’osservanza delle disposizioni
convenzionali.

Obiettivo/ fine =
Stabilisce un minimo di garanzie poste a tutela della dignità e dell’integrità
dell’essere umano nei riguardi delle applicazioni della biomedicina.
La Convenzione di Oviedo è un accordo-quadro che stabilisce regole generali e
norme di principio e rimanda per taluni aspetti sensibili della materia all’adozione di
strumenti giuridici ulteriori:
- Protocollo addizionale sul divieto di clonazione dell’essere umano (1997)
- Protocollo addizionale sul trapianto degli organi e tessuti di origine umana
- Protocollo addizionale sulla ricerca biomedica (2005)
- Protocollo addizionale sui test genetici ai fini medici. ( 2008)

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- Progetti di protocollo alla protezione dell’embrione e feto umano

Sono previsti dei limiti.


● NO definizione di embrione
● NO disciplina alla sua protezione giuridica
● SI’ disposizioni relative alle ricerche scientifiche su di esso :
ART. 18 n.1 Ricerca sull’embrione in vitro: rimanda alle legislazioni nazionali la
scelta di autorizzare o meno la ricerca scientifica sugli embrioni in vitro e stabilisce
che, ove tale ricerca sia ammessa, questa deve garantire un’adeguata protezione
all’embrione medesimo
ART.18 n.2 Divieto di creare embrioni ai fini di ricerca : non si esclude l'utilizzo
dei c.d embrioni soprannumerari ( embrioni rimasti inutilizzati e crio conservati
prodotti a scopi di fecondazione assistita) .
● ART. 21 : Divieto di trarre profitto dal corpo umano al suo stato naturale,
senza precludere la possibilità di instaurare un regime normativo di tutela
brevettuale delle invenzioni biotecnologiche aventi ad oggetto sequenze
genetiche umane, (es. CASO MOORE )

Sul Genoma Umano .


Un tema che la Convenzione affronta espressamente è quello degli interventi sul
genoma umano.
Prevede dei limiti sul trattamento d’ interventi sul genoma umano poiché in seguito
ai fatti accaduti durante il 2 conflitto mondiale , vi è il timore che i progressi della
biomedicina possano essere utilizzati a scopo discriminatorio e lesivi della dignità
umana. Vi è quindi la necessità di introdurre una disciplina giuridica della
biomedicina e biotecnologie .
La Convenzione ed il primo protocollo vietano gli interventi alla modificazione del
genoma umano che non siano giustificati da ragioni preventive, diagnostiche o
terapeutiche:
- Divieto di Clonazione degli esseri umani avente come scopo la
riproduzione di esseri viventi geneticamente identici.
La Convenzione respinge ogni forma di determinismo genetico, che porti ad
identificare l’essere umano con il proprio patrimonio genetico.

Sui Sistemi di protezione


Non c’è organo ad hoc a cui si puo’ ricorrere.
Il controllo avviene mediante rapporti degli stati contraenti sulla base della richiesta
del segretario generale del Consiglio D’Europa .
Compromesso: Per i casi di violazione delle disposizioni convenzionali c’è il rinvio
agli ordinamenti nazionale: ciò permette l’accettazione senza riserve della
Convenzione oltre all’effettiva applicazione delle disposizioni.
La Corte Europea ha la competenza consultiva sull’interpretazione della
Convenzione .

7. Dal diritto internazionale della bioetica al diritto di bioetica internazionale :


La Dichiarazione dell’UNESCO sulla bioetica e diritti umani

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Gli sviluppi della riflessione bioetica hanno sollecitato, a livello globale, le esigenze
di tutele dell’essere umano in campo medico e biomedico .
Con la bioetica globale si è affiancato lo sviluppo di un diritto internazionale della
bioetica, in grado di conferire valore giuridici alle esigenze di tutela che si
manifestano nel campo della medicina.

La base di questo nuovo diritto internazionale della bioetica è stato il sistema


giuridico dei diritti fondamentali dell’uomo.

Negli ultimi anni:


DIRITTO INTERNAZIONALE DELLA BIOETICA > DIRITTO DELLA BIOETICA INT.
BIOETICA GLOBALE > GLOBALIZZAZIONE DELLA BIOETICA
In grado quindi di modellare strumenti giuridici in funzione degli interessi economici
emergenti, segna il passaggio:

● La Dichiarazione Universale sulla bioetica e diritti umani, 2005 :

Dichiarazione di principi volti a guidare gli stati dell’UNESCO a formulare la


legislazione politica e strumenti nel campo bioetico.
Atto non vincolante. Già la denominazione limita ogni riferimento ad un possibile
contenuto normativo .
Mette in discussione il primato dell’Uomo sulla scienza e società,
riconoscendo l’importanza e libertà della ricerca scientifica e benefici derivati
dai suoi sviluppi.

8. Diritto comunitario e nuovi diritti fondamentali della Carta di Nizza al Trattato di


Lisbona

Il sistema comunitario ha prodotto atti giuridici vincolanti e dotati di efficacia diretta ;


attribuendo ai cittadini europei diritto d’azione di fronte al giudice nazionale.

Nel 1999 è stata avviata l’elaborazione di una Carta dei diritti fondamentali
dell’unione Europea, adottata e proclamata il 7 dicembre 2000, in occasione del
Consiglio europeo di Nizza.

Solo il trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009,ha attribuito una


forza giuridica vincolante alla Carta .

Art. 3 = riconosce il diritto all’integrità fisica e psichica di ciascun individuo nei


confronti delle applicazioni della medicina e biologia.
Art. 21= Divieto discriminazione genetica

Spetta alla Corte di giustizia accerta se la violazione dei diritti riconosciuti dalla
Carta sia stata commessa .

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9. Bioetica, biogiuridica, biopolitica : l’esperienza italiana

La riflessione bioetica in Italia si è diffusa tardivamente rispetto al contesto


internazionale.

Il CNB ( Comitato Nazionale della Bioetica ) è stato istituito nel 1990 e la sua fase
pioneristica ha avuto come oggetto di studio una considerevole ampiezza di
argomenti ( ambiente,infanzia, etniità)

La lacuna che si può attribuire al CNB è l’aver non trattato ed espressamente


occupato dell’OGM , neppure nel suo boom mediatico. ( neutralità politica)

A livello internazionale e comunitario si andavano elaborando strumenti


giuridicamente vincolanti in materia di bioetica e ci si occupa di argomenti che in
Italia avrebbero acquisito rilevanza solo diversi anni dopo.

● VIA ITALIANA:
Questo contesto ha dato origine a quel che si potrebbe definire “ Via italiana alla
Bioetica “ con generazione di studiosi poco attenti alle tendenze evolutive del
dibattito internazionale e predisposti ad elaborare approcci dogmatici e locali alle
problematiche di origine bioetica . (APPROCCIO LOCALE E DOGMATICO , NO
ATTENZIONE AL DIBATTITO INTERNAZIONALE)

La via italiana della bioetica si sviluppa su 2 filoni:


- inizio vita = clonazione, ricerca cellule staminali, embrione
- fine vita = eutanasia , dichiarazione anticipata del trattamento, accertamento
morte

Questi 2 filoni hanno creato un bipolarismo ideologico in campo bioetico:


- cattolico ( difesa vita umana e principio di indisponibilità del corpo e vita
umana)
- laico ( principio di ricerca e dell’autodeterminazione del paziente )

La via italiana della bioetica e diritto ha attribuito alla riflessione bioetica un ruolo
estraneo :
Ruolo consultivo ⇒ Ruolo Vincolante/Autorizzativo di ricerca
scientifica

Conseguenze = snaturato dibattito etico + sturmentalizzazione competenze e


funzioni del CBN .
Esempio: Non ancora depositato lo strumento di ratifica della Convenzione di
Oviedo. ( che contiene divieto clonazione e ricerca cellule staminali ) .

Paradosso biopolitica italiana:


Progressisti= a favore della clonazione, hanno contrastato il deposito dello
strumento italiano di ratifica ed esecuzione della C. di Oviedo, ma ciò sostenuto
dalle lobbies tecnico-industriali.
Conservatori = forze politiche conservatrici, tradizionalmente vicine al libero

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mercato, hanno avversato la clonazione e ricerca in nome della difesa dell’embrione


e quindi hanno appoggiato la necessità di depositare lo strumento di ratifica ed
esecuzione della Convenzione di Oviedo.

Il problema bioetico e biogiuridico per eccellenza è la definizione dello statuto


dell’embrione.
Problema reso ancora più complesso dagli strumenti giuridici internazionali.
In seguito agli sviluppi tecno scientifici nel campo della biomedicina e medicina, gli
atti internazionali hanno utilizzato l’espressione persona umana come beneficiario di
garanzie e tutele ( esclusione dell’embrione da ambito garanzie)

In italia si è strumentalizzato il dibattito pubblico sulla clonazione e sulla ricerca in


materia di cellule staminali embrionali con 2 conseguenze :
- impedimento dell’informazione e formazione consapevole su questi temi
- ostacolo per i ricercatori nell’individuazione di soluzione scientificamente ed
eticamente neutrali .
Altro argomento che ha la via italiana ha trattato : dichiarazione anticipata di
trattamento .
Paradosso biopolitico: i cattolici principali fautori di intervento legislativo in mateia
del tratt. anticipato.
Superato il paternalismo medico ( condizione di soggezione del paziente rispetto al
medico curante ) ⇒ alleanza terapeutica.

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I COMITATI INTERNAZIONALI ED EUROPEI DI BIOETICA

❖ CIB : Il Comitato Internazionale di bioetica dell’UNESCO


❖ CIGB: IL Comitato intergovernativo di bioetica dell’UNESCO
❖ UNIACB: IL Comitato interistituzionale dell’ONU sulla bioetica
❖ CDBI.: Comitato direttivo per la bioetica del Consiglio d’Europa
❖ COMEST: La Commissione mondiale dell’UNESCO per l’etica della
conoscenza scientifica e tecnologica

1. CIB. Il Comitato internazionale di bioetica

Istituito nel 1993 dal Direttore generale dell’UNESCO quale organo sussidiario,
Il CIB ha operato fino al 1998 come comitato di esperti ad hoc, quando il Consiglio
esecutivo dell’UNESCO lo ha trasformato in comitato consultivo permanente, dotato
di un apposito statuto.

Il CIB è composto da:


- 36 esperti indipendenti, operanti nell’ambito delle scienze della vita e
umane/sociali, eletti dal Direttore generale dell’UNESCO.
Il mandato dura 4 anni ed è rinnovabile una volta sola, anche se lo statuto
del CIB prevede un rinnovo parziale (circa la metà ) ogni 2 anni.

Il CIB elegge al suo interno :


- 1 Presidente
- 4 vicepresidenti
- 1 rapporteur
Insieme formano l’Ufficio di Presidenza (c.d. Bureau), incaricato di coordinare i
lavori del Comitato.

Le funzioni Direttore generale dell’UNESCO:


- funzioni di assistenza e coordinamento del CIB
- convoca una volta all’anno, d’accordo con il Presidente del CIB, le riunioni
del Comitato, definendo l’ordine del giorno.

Compito principale del CIB:


sostenere riflessione bioetica con specifico riferimento al progresso scientifico in
campo biomedico.
Il CIB può emanare differenti atti (rapporti, studi, progetti, raccomandazioni, pareri)
volti a contribuire all’elaborazione di atti dell’UNESCO e orientare la legislazione

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degli stati membri su alcuni temi di significativo rilievo bioetico.

2. CIGB. Il Comitato intergovernativo di Bioetica

Il comitato intergovernativo di Bioetica è stato istituito ai sensi dell’art. 11 dello


statuto del CIB.

E’ composto da 36 rappresentanti degli stati membri dell’UNESCO.


E’ eletto un presidente, 4 vicepresidenti ed 1 rapporteur = Ufficio di Presidenza
E’ previsto un segretariato, composta da funzionari designati dal Direttore generale
dell’UNESCO.

Compito del CIGB:


- esaminare i pareri e le raccomandazioni del CIB
- informare il GIB ed il Direttore generale dell’UNESCO dei risultati del proprio
esame.
- può sottoporre, di propria iniziativa, agli Stati membri ed altri organi
dell’UNESCO proposte relative all’attuazione dei pareri e delle
raccomandazioni del CIB.

Il CIGB ed il CIB possono lavorare in sessione congiunta.


Esempio:
Il Programma di Bioetica, approvata nel 1993, prende in considerazione le
sollecitazioni di ordine etico, giuridico e sociali derivanti dal progresso delle scienze
della vita e della genetica, ed è stato attuato congiuntamente dal CIB e dal CIGB.

3. UNIACB: Il Comitato interistituzionale dell’ONU sulla bioetica.

Il comitato interistituzionale dell’ONU è stato fondato nel 2003.


E’ stato creato con il fine di favorire lo scambio di informazioni ed il coordinamento
tra le organizzazioni internazionali dotate di competenze correlate alle tematiche
della bioetica.

E’ composta da :
- Istituti specializzati dell’ONU ( UNESCO)
- Commissione Europea
- Consiglio d’Europa
- L’Organizzazione araba per l’educazione, scienza e cultura
- Organizzazione per la cooperazione e sviluppo

4. Il CDBI . Il comitato direttivo per la bioetica del Consiglio d’Europa

Il comitato direttivo per la bioetica del Consiglio D’Europa è un organismo di natura


intergovernativa istituito nel 1992.
Esigenza di istituire un organismo ad hoc in materia avvertita dal Consiglio
D’Europa con l’emersione delle problematiche emerse in seguito alla diffusione delle
tecniche biomediche .

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Il Consiglio Direttivo per la Bioetica trova origine nel suo comitato predecessore, il
Comitato di esperti ad hoc sui progressi delle scienze biomediche, a cui vanno
ricondotti i lavori preparatori della Convenzione di Oviedo.

CAHBI ⇒ CDBI
1985 1992

Il CDBI è composto :
- rappresentanti degli Stati membri del Consiglio D’Europa scelti tra 5 gruppi di
specialisti ( biologi, medici, giuristi, esperti di etica, esperti dei problemi delle
scienze biomediche) . Ogni paese membro può essere rappresentato da più
esperti, ma ha solo un voto .

L’Ufficio di Presidenza è composto da :


9 membri , tra cui viene eletto 1 presidente ed un Vicepresidente .

Il segretario generale del Consiglio D’Europa convoca le riunioni 2 volte all’anno.

Obiettivo =
- esaminare i problemi etici e giuridici sollevati dal progresso delle scienze
bioetiche, con particolare riferimento alla tutela dei diritto umani
- definire una politica comune degli stati membri in materia
- elaborare strumenti giuridici appropriati

Il CDBI ha compito di elaborare i Protocolli addizionali della Convenzione di Oviedo.

6. Conferenza europea dei comitati nazionali di etica

Istituita nel 1992 dal Consiglio d’Europa .


Composta dai rappresentanti dei comitati nazionali per la bioetica.

Compito :
- promuovere la cooperazione tra gli stati membri, mediante la creazione di
una banca dati .
- assistere paesi che intendono istituire un comitato nazionale di etica

7. COMEST: Commissione mondiale dell’UNESCO per l’etica della conoscenza


scientifica e tecnologica

Compito: approfondire gli aspetti etici del progresso scientifico e tecnologico.

Composta da 18 esperti indipendenti, nominati dal Direttore generale


dell’UNESCO .

Ha contribuito alla realizzazione del Programma sull’etica della scienza e tecnologia

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IL BREVETTO BIOTECNOLOGICO

L’intensificarsi della ricerca e della sperimentazione nel settore delle biotecnologie è


stato mosso negli ultimi anni anche dal suo potenziale economico individuato .

Questa rivoluzione biotecnologica ha acceso dibattito sui risvolti etici e giuridici della
ricerca biotecnologica e dell’applicazione dei risultati da essa ottenuti.

2. Direttiva comunitaria n.98/44 sulla protezione giuridica delle invenzioni


biotecnologiche ed il suo recepimento in Italia.

Dopo diverse progetti di direttiva respinte7, il 30 luglio 1998 è entrata in vigore la


prima direttiva 98/44 sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche,
approvata dal Consiglio .

La stessa direttiva 98/44 ha incontrato una complessa fase preparatoria; infatti il


testo costituisce lo sviluppo dell’ulteriore proposta presentata dalla Commissione nel
1996.

La direttiva è stata immediatamente impugnata dal Regno dei Paesi Bassi innanzi
alla Corte di Giustizia Europea chiedendone l’annullamento, in ragione della
presunta inadeguatezza della base giuridica.
Sempre il Regno dei Paesi Bassi aveva chiesto alla Corte di pronunciarsi in via
d’urgenza, sospendendo l’esecuzione dell’atto impugnato.
Il Presidente della Corte con ordinanza nel 2000 rigetta la domanda di sospensione,
confermando il 30 luglio 2000 come termine di scadenza vincolante entro il quale
per recepire la direttiva.
Ciò nonostante alcuni paesi hanno preferito procrastinare il recepimento dell’atto ed
incorrere alla procedura di infrazione.

ITALIA
La Commissione nel 2003 aveva avviato un ricorso per inadempimento contro
l’Italia, contestando il fatto che la normativa italiana non avesse dato efficacia alla
direttiva comunitaria:
- non contemplava alcuna disposizione relativa alla possibilità di ottenere un
brevetto per un’invenzione avente ad oggetto un prodotto composto da un
materiale biologico
- non prevedeva la possibilità di brevettare un elemento isolato dal corpo
umano o altrimenti prodotto mediante un procedimento tecnico
- non prevedeva la non brevettabilità di alcuni processi specifici
- non conteneva alcuna disposizione relativa alla portata della protezione
offerta da un brevetto a un'invenzione biotecnologica.

7 a causa dell’inadeguato approfondimento degli aspetti etici connessi alla brevettabilità


della materia vivente

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La procedura contro l’Italia si è conclusa con la sentenza della Corte nel Giugno
2005, Commissione contro Italia, dove ha ritenuto fondati gli addebiti della
Commissione.
Con tale pronuncia, la Corte di Giustizia ha ricordato che ciascuno degli Stati
membri destinatari di una direttiva ha l’obbligo di adottare la piena efficacia di
una direttiva comunitaria, conformemente allo scopo che essa persegue.

Attuazione direttiva :
Il recepimento della direttiva nell’ordinamento italiano è avvenuto con il D.L 10
gennaio 2006 n.3 , convertito in legge 22 febbraio 2006 n.78 .

2. Il bilanciamento di interessi promosso dalla direttiva

La Direttiva costituisce un bilanciamento di interessi:


può essere definito un punto d’incontro tra le preoccupazioni di ordine etico e
l’esigenza di colmare il vuoto normativo esistente in materia.

Nel preambolo dell’atto comunitario sono enunciati quelli che sono i principi di
questo bilanciamento:
- Considerando 56 :
sottolinea la necessità di promuovere la giusta ed equa ripartizione dei benefici
derivanti dall’uso delle risorse genetiche, dalla ricerca biotecnologica e
all'interscambio con i PVS delle innovazioni.
- Considerando 27 :
Salvaguardia della biodiversità: nella domanda di brevetto relativo all’invenzione
avente ad oggetto materiale biologico deve essere indicato il luogo geografico
d’origine del materiale, allo scopo di evitare riduzione della diversità biologica e di
favorire la conservazione del patrimonio genetico .
- Considerando 18 :
Incoraggiare ricerche per cura e prevenzione di malattie genetiche
- Considerando 26:
Principio di libero consenso e informato, esplicita dichiarazione di volontà della
persona a cui appartiene il materiale biologico destinato a costituire l’oggetto di
un’invenzione

Non sono mancati problemi giuridici nel definire le qualità dell’oggetto brevettabile.8
Il legislatore comunitario ha ritenuto necessario adattare lo schema tradizionale del
brevetto d’invenzione alla specificità dell’invenzione biotecnologica: si riconosce al
titolare del brevetto un monopolio non eccedente il contributo conoscitivo realmente
apportato alla collettività.
La c.d. Tutela basata sugli scopi è stata adottata al fine di evitare ostacoli alla
ricerca e sperimentazione successiva, cercando di ridurre gli effetti di sbarramento .

8 Il primo inventore può rivendicare un’invenzione che copre possibili impieghi futuri di tale
sequenza o la portata del brevetto va circoscritta unicamente all’uso dichiarato nella
domanda di brevetto.

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4. I principi fondamentali della disciplina giuridica del brevetto biotecnologico

I principi fondamentali sono enunciati nell’art. 1 parte 1, che assicura la protezione


giuridica delle invenzioni biotecnologiche attraverso il diritto nazionale dei brevetti,
precisando che tale diritto dovrà essere adeguato agli obblighi di risultato sanciti
dalla direttiva.
quindi...
Non si è richiesta quindi l’introduzione di una disciplina ad hoc in sostituzione del
diritto nazionale dei brevetti, ma di armonizzare le legislazioni degli stati membri con
gli obblighi di risultato della direttiva.

L'Art 1. parte 2 regola i rapporti tra la disciplina comunitaria e la normativa prevista


dai trattati internazionali applicabili alla materia ed afferma il c.d. “ dichiarazioni di
compatibilità:
prevalenza degli obblighi derivanti agli stati membri dagli accordi internazionali
rispetto a quelli fissati dalla direttiva.

L’art. 3 stabilisce il principio di brevettabilità delle invenzioni nuove, le quali per


essere brevettate devono essere:
- suscettibili di applicazione industriali
- avere per oggetto materiale biologico o procedimento essenzialmente
biologico o procedimento microbiologico

5. Brevettabilità e tutela integrità essere umano

Alle esigenze di tutela della dignità umana e integrità dell’essere umano, si


inseriscono una serie di eccezioni al regime della brevettabilità.
L’Art. 5 permette bilanciamento tra interessi sociali economici e tecnologici
che la direttiva cerca di perseguire
ART.5 parte 1 divieto assoluto di brevettabilità del corpo umano, nei vari stadi del
suo sviluppo
Art. 5 parte 2 Lo stesso articolo però nella seconda parte afferma che un elemento
isolato del corpo umano o prodotto mediante procedimento tecnico può costituire
invenzione brevettabile.
NO BREVETTABILITà CORPO UMANO, SI’ BREVETTABILITà DI UN ELEMENTO
DEL CORPO UMANO.
Art.5 parte 3 : la funzione destinata all'applicazione industriale deve essere
concretamente illustrata nella richiesta del brevetto.

Limiti alla brevettabilità : art . 6 parte 1 vieta la brevettabilità delle invenzioni il cui
sfruttamento commerciale sia contrario all'ordine pubblico e al buon
costume( clonazione di esseri umani, ritenuti in grado di correggere o modificare
patrimonio genetico generazioni future )

6. Ambito della tutela brevettuale

Dall’articolo 8 al 14.

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Sono dotati di tutela brevettuale i materiali biologici ed i procedimenti di produzione


di materiale biologico derivanti da quelli brevettati mediante riproduzione in forma
identica o differenziata, purché dotati delle stesse proprietà.

art. 13 e 14 = deposito del materiale biologico oggetto dell’invenzione.

CAPITOLO lll
BIOTECNOLOGIE AGRO-ALIMENTARI E ORGANISMI
GENETICAMENTE MODIFICATI

A seguito dell’incertezza circa gli effetti dannosi per la salute dell’uomo,


derivanti dalla diffusione di prodotti contenenti, costituiti o ottenuti da
organismi vegetali geneticamente modificati, l’utilizzo di certi organismi nel
settore agro alimentare è disciplinato da una serie di atti che dichiarano di

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ispirarsi e fondarsi sul principio di precauzione.


Dagli Anni 90 al 2003 : tendenza del legislatore a privilegiare le esigenze di
informazione dei cittadini circa il potenziale rischio conseguente all’utilizzo
delle biotecnologie agroalimentari .
Dal 2003 ad oggi: inversione di tendenza, che privilegia gli interessi dei
produttori a scapito delle esigenze dei consumatori.

1. Le direttive comunitarie del 1990 sull’impiego confinato, l’emissione


deliberata e l’immissione in commercio di OGM .

Sulle biotecnologie agroalimentari, la normativa comunitaria risulta più


articolata di quella internazionale .
Le prime 2 significative direttive in materia sono :
- 90/219 sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente
modificati.
- 90/220 sull'emissione deliberata nell’ambiente di OGM

● Direttiva 90/219
Sull’impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati.

Con questa direttiva, le istituzioni comunitarie hanno cercato di adottare


provvedimenti per la valutazione e riduzione dei rischi potenziali derivanti da
operazioni che comportino l’utilizzo confinato di microrganismi geneticamente
modificati.
Per utilizzo confinato si intende ogni attività nelle quali i microrganismi sono
geneticamente modificati.
Sono stabilite le modalità di utilizzo di MGM ai fini di ridurre i rischi relativi al
suo consumo, definendo le classi di rischio dei MGM e le misure di
sicurezza e contenimento da adottare per ciascuna classe individuata.

● Direttiva 90/220
Sull’emissione deliberata degli OGM nell’ambiente

La direttiva istituiva 2 distinte procedure di autorizzazione :


1° procedura autorizza -> l’emissione deliberata nell’ambiente di OGM
2° procedura autorizza -> l'immissione sul mercato comune di prodotti
contenenti o costituiti da OGM

1. ITER Emissione deliberata nell’ambiente di OGM :


Prima di effettuare l’emissione nell’ambiente di OGM, il soggetto interessato
ha l’obbligo di presentare una notifica comprendente le informazioni
tecniche necessarie per valutare i rischi prevedibili, immediati e futuri per
l’ambiente e salute umana all’Autorità competente dello stato membro in cui
tale emissione deve aver luogo.

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Successivamente l’autorità competente esamina la notifica presentata,


valutando i rischi derivanti dall’emissione nell’ambiente e redige le
conclusioni per iscritto, riconoscendo la notifica conforme, o meno, alle
disposizioni della direttiva ( entro 90 giorni).
In caso affermativo, l’emissione nell’ambiente poteva essere effettuata.

2. ITER Immissione sul mercato comune di prodotti contenenti o costituiti


da OGM
La direttiva stabiliva che il consenso all’immissione sul mercato comune di
prodotti contenenti o costituiti da OGM fosse accordato solo a condizione che
l’Autorità competente nazionale avesse già autorizzato l’emissione
nell’ambiente a scopo sperimentale.
La procedura di autorizzazione di immissione di OGM nel mercato comune si
articolava in 3 fasi :
- fase d’iniziativa ed istruttoria, svolta a livello di Stato membro e di
competenza dell’Autorità nazionale : l’autorità nazionale competente
era chiamata ad esaminare la notifica ( contenti informazioni tecniche
più proposta di etichettatura ed imballaggio prodotto ) presentata dal
fabbricante o importatore ed a riconoscere tale notifica conforme, o
meno, alle disposizioni di direttiva. Se l’Autorità competente dello stato
membro non respingeva la notifica si passa alla ...
- fase di ulteriore istruttoria , svolta a livello comunitario e di
competenza della Commissione ( con possibilità di intervento di Stati
membri ) : se l’Autorità competente dello stato membro non
respingeva la notifica, la trasmetteva alla Commissione, insieme al
suo parere favorevole all’immissione in commercio. La Commissione
trasmetteva a sua volta il fascicolo agli stati membri, che potevano
esaminare la documentazione ricevuta e sollevare eventuali obiezioni
motivate ( 60 gg) . La Commissione in base alla procedura di comitato
adottava una decisione, qualora le autorità nazionali non riuscivano a
raggiungere alcuna intesa.
- fase di rilascio dell’autorizzazione, di competenza dell’autorità
nazionale che aveva ricevuto ed esaminato la notifica : L’Autorità
nazionale dà il suo consenso iscritto alla notifica in modo che il
prodotto possa essere immesso sul mercato e ne informa gli altri Stati
membri e Commissione.

Una volta autorizzato il prodotto OGM all’immissione in commercio, questo è


perseguito dal principio di mutuo riconoscimento:
il prodotto OGM una volta autorizzato poteva circolare liberamente nell’intero
territorio comunitario ed agli stati membri era vietato proibire, limitare,
impedire l’immissione sul mercato.
E’ prevista però la c.d. Clausola Salvaguardia: Se uno stato membro aveva
dei motivi validi per ritenere il prodotto autorizzato presentasse rischi per la

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salute umana e dell’ambiente aveva la facoltà di vietare o limitare


TEMPORANEAMENTE la vendita o utilizzo.

La ratio di tale disparità di trattamento tra l’emissione di OGM nell’ambiente e


l’immissione nel mercato comune di OGM può individuarsi nella più
immediata e diretta incidenza che l'utilizzo dei prodotti può produrre sulla
salute umana, rispetto alle attività di ricerca e sviluppo.

2. Rapporto tra competenze nazionali e comunitarie in materia di


commercializzazione di OGM e l’applicazione del principio di precauzione
alla luce della Sentenza Greenpeace.

La qualificazione del rapporto tra le competenze nazionali e comunitarie in


materia di autorizzazione all’immissione in commercio di prodotti contenenti o
costituiti da OGM è stata risolta con la Sentenza Greenpeace della Corte di
Giustizia del 21 marzo 2000.
Il caso portato all’attenzione della Corte concerneva l’immissione in
commercio di una varietà di granturco geneticamente modificato ZEA MAYS
prodotto dalla Novartis Seeds, autorizzata dalla Commissione n.97/98 nel
1997.
A seguito di tale decisione, il Ministero francese dell’agricoltura e pesca
aveva adottato, il 4 febbraio 1997, un decreto recante “ il consenso scritto “ .
Il 5 febbraio del 1998 il Ministero francese aveva adottato un ulteriore
decreto, che includeva, nel catalogo ufficiale delle specie e varietà vegetali,
lo Zea Mays ed aveva autorizzato la semina della varietà di granturco
geneticamente modificato.
Quest’ultimo decreto è stato oggetto di una domanda di sospensione
dell’esecuzione e di un ricorso di annullamento dall’associazione
Greenpeace France dinnanzi al Consiglio di Stato francese il 25 settembre
1998.
Greenpeace France sosteneva l’irregolarità del procedimento amministrativo
seguito dalle autorità francesi prima della trasmissione del fascicolo alla
Commissione e quindi l’illegittimità del decreto 4 febbraio 1997, sulla base
del quale il 5 febbraio 1998 era stato adottato.
Il Consiglio di Stato dopo aver rilevato l’incompletezza delle informazioni
relative ai rischi per la salute umana ( riconoscendo violazione principio
precauzione ) aveva disposto la sospensione del decreto impugnato con
decisione il 25 settembre 1998 e aveva sottoposto alla Corte di Giustizia due
quesiti pregiudiziali.
1° quesito: Consiglio di Stato chiedeva se L’autorità nazionale che aveva
trasmesso la notifica corredata del proprio parere favorevole fosse tenuta a
rilasciare il consenso scritto all’immissione in commercio, qualora la
Commissione adottasse una decisione favorevole e gli stati membri non
sollevasse obiezioni.

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2° Questito : obblighi discendenti in capo alle autorità francesi dalla decisione


comunitaria di autorizzazione all’immissione in commercio dello Zea Mays.
Pronuncia Corte di Giustizia :
1° quesito: Se L’Autorità nazionale competente ha trasmesso alla
Commissione la notifica con parere favorevole, E’ TENUTA a rilasciare il
proprio consenso scritto all’immissione in commercio del prodotto contenente
OGM. Ma all’autorità nazionale competente è riconosciuta la facoltà di
negare il consenso scritto solo a condizione che “ lo stato di notifica “ venisse
a conoscenza, tra il momento di trasmissione del fascicolo e quello del
definitivo consenso, di nuove informazioni da cui potesse evincersi la
pericolosità del prodotto notificato sotto il profilo della salute ed ambiente
( principio di precauzione ) .
2° quesito:Se l’autorità competente della notifitica non avesse validamente
trasmesso alla Commissione il fascicolo con parere favorevole, il giudice
nazionale era tenuto ad adire la Corte di giustizia in via pregiudiziale,
esponendo i motivi d’invalidità ritenuti fondati.

3. Il regolamento n. 258/97 sui Novel foods e la problematica


dell’etichettatura dei prodotti ed ingredienti alimentari derivati di OGM

● Regolamento n.258/97
Sui Novel foods
All’espansione nel campo di utilizzo di prodotti OGM negli anni è avvenuta
una graduale transizione della disciplina comunitaria a seguito delle
sollecitazione di ordine etico .
In questo contesto si colloca l'adozione del regolamento 258/97 del
Parlamento europeo e del Consiglio , sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti
( Novel foods) , che si occupa di introdurre requisiti specifici in materia di
etichettatura degli alimenti contenenti o costituiti da OGM .
Lo strumento regolamentare ha permesso una più efficace tutela della salute
umana, poiché prevede:
- la valutazione dell innocuità dei nuovi prodotti e dei nuovi ingredienti
alimentari, preliminare alla loro immissione in commercio, avviene
sulla base di una procedura unica disciplinata a livello comunitario.
- attribuisce al consumatore una facoltà di scelta informata di prodotti
alimentari: più garanzie in materia di etichettatura ed imballaggio dei
prodotti adottando misure relative all’etichettatura.

Il campo di applicazione del regolamento: nuovi prodotti e nuovi


ingredienti alimentari, esclusi additivi alimentari, aromi e solventi.

Ai fini dell’immissione in commercio dei prodotti o ingredienti alimentari


oggetto del regolamento 258/97 sono previste due procedure:
- procedura standard : si applica per l’autorizzazione in commercio di

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nuovi prodotti o ingredienti contenenti o costituiti da OGM .


- procedura semplificata : si applica per l’immissione di nuovi prodotti o
ingredienti ottenuti a partire da OGM
Procedura standard :
● Il soggetto responsabile ( richiedente ) è tenuto a presentare una
domanda all’autorità competente dello stato membro sul cui territorio il
nuovo prodotto o ingrediente è destinato ad essere commercializzato
per la prima volta e, contemporaneamente, a trasmettere copia di tale
domanda alla Commissione.
La domanda contiene le informazioni necessarie a provare che il
prodotto soddisfi i requisiti generali stabiliti dal regolamento in esame.
● L’autorità competente nazionale effettua una VALUTAZIONE INIZIALE
della domanda presentata, entro 3 mesi dal suo ricevimento, e
stabilisce se il prodotto o ingrediente alimentare debba o meno
formare oggetto di una VALUTAZIONE COMPLEMENTARE.
● In entrambe le ipotesi, l’autorità competente è tenuta ad inviare la
relazione della valutazione effettuata alla Commissione, che provvede
a trasmettere tale relazione agli altri stati membri affinchè questi si
pronunciano entro il termine di 60 giorni. Qualora non sia sollevata
nessuna obiezione da parte della Commissione o Stati membri,
l’autorità nazionale competente informa il richiedente che può
procedere all’immissione sul mercato del nuovo prodotto o ingrediente
alimentare.
Procedura Semplificata:
● Il richiedente può semplicemente notificare alla Commissione
l’avvenuta immissione in commercio, a condizione che i prodotti o gli
ingrediente rispondano al c.d. principio di sostanziale equivalenza nei
confronti dei prodotti o ingredienti convenzionali.
E’ possibile ricorrere a tale procedura a condizione che siano disponibili dati
scientifici universalmente riconosciuti. ( polemiche Caso montesano)

Misure relative all’etichettatura.


Grazie al regolamento 258/97 sono introdotte una serie di requisiti specifici
supplementari.
Il consumatore deve essere informato circa le caratteristiche o le proprietà
alimentari che rendano il nuovo prodotto o ingrediente non più equivalente ad
un prodotto o ingrediente alimentare esistente ( c.d. prodotto convenzionale).
Non sussiste il principio di equivalenza quando il nuovo alimento , sulla base
di una valutazione scientifica basata sull’analisi appropriata dei dati esistenti,
non ha le stesse caratteristiche e proprietà del prodotto convenzionale
tradizionale.

Il regolamento 258/97 prevede la clausola di salvaguardia:


uno stato membro può temporaneamente limitare o vietare la

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commercializzazione di nuovi prodotti/ ingredienti ottenuti o costituiti da


OGM, se abbia fondate ragioni di ritenere l’utilizzo del nuovo prodotto sollevi
rischi per la salute pubblica e l’ambiente.

Per completare il quadro sull’etichettatura:


Regolamento 1139/98
Sull’etichettatura di alcuni prodotti alimentari derivati da OGM .
I prodotti e gli ingredienti derivati dagli OGM dovevano soddisfare i requisiti
specifici supplementari di etichettatura prescritti dal suddetto regolamento.
Il regolamento è stato poi modificato dal regolamento 49/2000 che stabilisce
l’esenzione dall’obbligo di etichettature per i prodotti derivati in tutto o in parte
da granturco e soia geneticamente modificati in cui la presenza di
materiale transgenico sia contenuta al di sotto di una soglia minimis ( 1%) .
Regolamento 50/2000 introduce obbligo di etichettatura dei prodotti ed
ingredienti alimentari contenenti additivi e aromi geneticamente modifica e
derivati da OGM.

4. Il principio di sostanziale equivalenza e la sentenza Montesano

Contesto: l’immissione in commercio di una varietà di granturco


geneticamente modificato ZEA MAYS prodotto dalla Novartis Seeds,
autorizzata dalla Commissione n.97/98 nel 1997.

La causa della Montesano, era volta a verificare se il governo italiano avesse


o meno il diritto di vietare la commercializzazione e l’utilizzo dei prodotti
alimentari derivanti da varietà di granturco geneticamente modificato ( zea
mays) immersi sul mercato in base alla procedura semplificata dal
regolamento 258/97 ( guarda oggetto di applicazione per qst procedura).

Infatti il Presidente del consiglio dei ministri, il 4 Agosto 2000, adotta, sulla
base della clausola di salvaguardia prevista dalla normativa comunitaria, un
decreto recante la sospensione cautelativa della commercializzazione ed
utilizzazione sul territorio italiano dei prodotti derivanti dal granturco
geneticamente modificato: ( PRINCIPIO DI PRECAUZIONE)
per il Governo italiano il ricorso ad una procedura semplificata per
l’immissione in commercio dello Zea Mays ha determinato una incompleta
valutazione dei rischi derivanti dall’immissione in commercio dei prodotti in
questione ed inoltre c’è stata una carenza degli elementi informativi più volte
sollecitate dall’Italia. E’ stato così invocato il principio di precauzione : poichè
non era avvenuta una completa valutazione dei rischi derivanti dall’utilizzo
del prodotto.

Il provvedimento ha suscitato la reazione della Montesano Agricoltura S.P.A.


e di altre società produttrici del granturco geneticamente modificato che

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hanno presentato ricorso innanzi al TAR del Lazio allo scopo di ottenere
l'annullamento del decreto.

Sentenza TAR:
Considerati i rischi potenziali per la la salute e l’ambiente e tenuto conto della
mancata comunicazione delle informazioni più volte richieste dal governo, il
Tar ha ritenuto legittimo e giustificato il decreto in causa e ha sospeso il
procedimento attivato dalla Montesano, sottoponendo alla Corte di Giustizia
2 quesiti pregiudiziali ai fini della risoluzione della controversia (vertono
essenzialmente sull’interpretazione del concetto di equivalenza sostanziale ):

1° quesito : prodotti ottenuti a partire da OGM contenenti residui di proteine


transgeniche considerati sostanzialmente equivalenti?
2° quesito: in caso di risposta negativa alla prima questione, quali
conseguenze derivino al potere decisionale gli stati membri.
3° quesito: se la procedura semplificata implichi o meno il consenso tacito
della Commissione all’immissione in commercio, con conseguenza che in
caso di risposta affermativa, lo stato membro dovrebbe previamente mettere
in discussione la legittimità di tale consenso
4° quesito: il giudice comunitario ritenga legittimo il ricorso alla procedura
semplificata in relazione ai principi di precauzione, proporzionalità e
ragionevolezza.

Conclusioni Avvocato Generale 13 marzo 2003:


1° quesito: i prodotti e ingredienti alimentari ottenuti a partire da OGM, ma
che non contengono più tali organismi a causa dei procedimenti di
trasformazioni subiti, possono considerarsi equivalenti ai prodotti
convenzionali nonostante l'eventuale presenza di proteine transgeniche, a
condizione che tali residui non determinino rischi per la salute del
consumatore.
2° quesito: Non è sufficiente censurare l’applicazione della procedura
semplificata per presunta carenza della sostanziale equivalenza tra prodotti,
solo se a seguito di nuove informazioni, emergano rischi, la cui fondatezza
deve essere accertata, il ricorso alla clausola di salvaguardia può essere
giustificato .
3° quesito: La Commissione non adotta alcuna decisione tacita .

La Sentenza della Corte di giustizia pronunciata il 3 settembre 2003 ha fatto


proprie le conclusioni dell’Avvocato generale.
Si tratta di un orientamento volto ad escludere ogni applicazione
potenzialmente abusiva del principio di precauzione.

5. Il libro verde sui principi generali della legislazione alimentare del 1997 e il
Libro bianco sulla sicurezza alimentare del 2000: l’approccio dai campi alla

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tavola.

Negli anni 90 crebbe la necessità di potenziare e migliorare i controlli


sull’immissione in commercio dei prodotti derivati da OGM ( in seguito anche
alle situazioni di crisi alimentare umana e animale venutasi a creare, es
zoonosi ). Ciò ha portato all’introduzione di significative modificazioni sulla
disciplina relativa agli alimenti e mangimi derivati da OGM .

● Libro verde sui principi generali della legislazione alimentare


1997

La Commissione esaminò quella che era la normativa comunitaria vigente in


materia alimentare ed arrivò alla conclusione che questa fosse complessa e
frammentaria. Non c’era una codificazione dei principi e criteri fondamentali
e necessari per garantire la sicurezza dei prodotti alimentari .
La Commissione rispondendo a questa esigenza di colmare questa lacuna:
- identificò gli aspetti fondamentali e le questioni più importanti in campo
alimentare
- riesaminò la legislazione in materia per garantire alto livello di tutela
del consumatore.

Il libro verde auspicava l’adozione di mezzi idonei a fronteggiare i pericoli


gravi ed immediati per la salute umana e si interrogava sull'opportunità di
introdurre su scala comunitaria un obbligo generale di sicurezza ed integrità
dei prodotti alimentari.
Il libro verde evidenzia la necessità di :
- assicurare l’attuazione corretta e tempestiva della normativa
comunitaria nell’intero territorio della Comunità, anche mediante il
ricorso a misure sanzionatorie effettive .
- rafforzare la cooperazione amministrativa e scientifica tra gli stati
membri, allo scopo di individuare le cause delle malattie di origine
alimentare ed il tempestivo ritiro dal mercato di prodotti non sicuri.
- garantire che i prodotti alimentari importati siano conformi alle norme
applicate alla produzione comunitaria

● Libro bianco Sulla sicurezza alimentare, 2000


Obiettivo della Commissione assicurare gli standard più elevati possibili in
materia di sicurezza alimentare.

Al conseguimento di tale obiettivo, strumentale è la definizione di un sistema


di monitoraggio dei sistemi produttivi, a partire dalla lavorazione delle materie
prime alla raffinazione conclusiva degli alimenti ( c.d. dai campi alla tavola).

Il libro Bianco ha individuato criteri guida e principi fondamentali in materia di

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sicurezza alimentare quali:


- principio di rintracciabilità dei percorsi dei mangimi e ingredienti
alimentari lungo l’intera catena di produzione
- principio trasparenza dei processi decisionali riguardanti il settore
agro-alimentare
- principio di precauzione nella gestione dei rischi
(Sulla base dell’ultimo principio la Commissione ha proposto il
coordinamento dei sistemi di raccolta e di analisi di informazioni di carattere
scientifico in grado di assicurare la necessaria attività di consulenza in favore
delle istituzioni comunitarie. ruolo attribuito all’Autorità alimentare europea).

Allegato al Libro Bianco vi il “ Piano d’azione per la sicurezza alimentare


“ , corpus normativo che prevedeva l’adozione di oltre 80 atti normativi,
completati dall’introduzione di un efficace sistema di controlli e meccanismo
di supervisione e monitoraggio di ogni fase di produzione alimentare, entro il
2003.

Autorità europea per la sicurezza degli alimenti


Il libro bianco ha previsto l'istituzione di un’Autorità alimentare indipendente
che garantisca il più alto livello di sicurezza in campo alimentare ed accresca
la fiducia dei consumatori.

Organo di tutela superpartes dotato delle più elevate competenze scientifiche


Compiti:
- raccogliere ed analizzare informazioni tecniche
- fornire consulenza scientifica e tecnica in materia di nutrizione umana
- orientare in modo trasparente processi decisionali in materia
- poteri di controllo e sorveglianza ( ruolo specifico nell’ambito del
sistema di allarme rapido e gestione crisi in materia di sicurezza
alimentare)

Istituita con regolamento del Parlamento europeo e Consiglio n .178/2002:


Tale regolamento fornisce definizione di alimento : qualsiasi
prodotto/sostanza, trasformato e non, destinato al consumo umano.
Il regolamento individua 3 principi fondamentali della legislazione alimentare
comunitari a scopo di conseguire l’obiettivo generale di tutelare la salute
umana:
- analisi del rischio ( strumento di nuova concezione) ; prevede 3 fasi
valutazione del rischio ( in base alle informazioni tecniche e
scientifiche raccolte ) , gestione del rischio ( individua alternative
d’intervento che possano escludere pericoli per l’uomo) e
comunicazione del rischio ( scambio di informazioni).
- principio di precauzione: il regolamento opera una vera e propria
codificazione del principio di precauzione” anche se vi è una

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situazione di incertezza possono essere adottati misure provvisorie di


gestione del rischio, qualora venga individuata la possibilità di effetti
dannosi per la salute “
- principio di trasparenza : i cittadini europei devono essere informati sul
potenziale rischio per la salute umana

7. La nuova disciplina comunitaria dell’emissione deliberata e l’immissione in


commercio di OGM : Direttiva n.2001/18

● Direttiva 2001/18 ( abroga e sostituisce direttiva 90/220)


Nuova disciplina sull emissione ed immissione in commercio di OGM
Campo di applicazione della direttiva : prodotti costituiti, contenenti e
ottenuti a partire da OGM ( escluse sostanze e composti medicinali per l’uso
umano)
Rispetto alla direttiva 220/90, richiesta un livello di coerenza diverso e più
elevato per la non applicabilità in materia di garanzie relative alla
commercializzazione di OGM.
La direttiva assume il valore di una normativa quadro che lascia spazio a
discipline derogatorie nel rispetto di taluni principi.

Uguale Disciplina relativa all’etichettatura dei prodotti contenenti o


derivati da OGM :
- Obbligo di etichettatura di tipo affermativo per il prodotto autorizzato
- Obbligo di indicare la presenza OGM qualora i prodotti non siano
equivalenti a quelli tradizionali
- Si può ricorrere a misure di etichettature di tipo negativo
- Esenzione dell’obbligo di etichettatura affermativa ai prodotti ottenuti
da OGM che non contengono tracce di OGM

Misure introdotte dalla direttiva 18/2001 :


Novità Principio trasparenza :
La direttiva introduce obblighi di informazione e consultazione del pubblico in
merito alle procedure di autorizzazione relative alle domande di emissione
deliberata ed immissione in commercio di OGM.
In riferimento alle domande di commercializzazione, la Commissione è
tenuta a comunicare al pubblico le sintesi di notifica ricevute e la relazione di
valutazione elaborate dalle autorità nazionali competenti .

Novità procedurale all’autorizzazione dell’immissione dei prodotti


rispetto alla 90/220 :
Fase iniziale: gli stati dispongono di 105 giorni ( 60 prima) per raggiungere
compromesso in merito alla domanda di commercializzazione di OGM
Fase conclusiva: trasferimento del baricentro decisionale dalla Commissione
agli stati membri riuniti in sede di Consiglio, nonché la partecipazione del

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Parlamento Europeo
L’autorizzazione ha la durata di max 10 anni , 9 mesi prima della scadenza
deve presentare nuova notifica.

Nuove disposizioni applicabili in materia di sospensione e revoca delle


autorizzazioni concesse :
obbligo posto a carico delle autorità nazionali competenti di trasmettere alla
Commissione il fascicolo notificato anche in caso di valutazione negativa
della domanda di autorizzazione.

Novità procedura di monitoraggio:


obbligo di notificare delle nuove informazioni concernenti i rischi della salute
umana e ambiente SOLO nei confronti dello stato che ha approvato
l’immissione in commercio, la valutazione dei nuovi rischi può sfociare nella
modifica o revoca all’autorizzazione.

Clausola salvaguardia :
gli stati possono ricorrere solo a condizione che dispongano di una nuova
valutazione delle informazioni esistenti basate su nuove conoscenze
scientifiche.

8. I regolamenti n.1829/2003 sugli alimenti e mangimi geneticamente


modificati e n.1830/2003 sulla tracciabilità degli OGM

● Regolamento 1829/2003 ( abroga modifica reg. 258/97)


Sugli alimenti e mangimi geneticamente modificati

Il regolamento si preoccupa di rendere più snella e trasparente la procedura


di autorizzazione all’immissione in commercio e per la vigilanza degli alimenti
e mangimi costituiti/contenenti ottenuti a partire da OGM.

La principale modifica introdotta in quest’ottica, consiste nella esclusione di


tali prodotti dalla applicazione della c.d. procedura semplificata,
disciplinata dal regolamento 258/97, maturato anche a luce del caso
Monsanto, secondo cui l’equivalenza sostanziale non si identifica con il
processo di valutazione della sicurezza degli alimenti geneticamente
modificati, ma ne costituisce solo un elemento cardine.

Altra modifica del regolamento : estende l’obbligo di etichettatura positiva a


tutti gli alimenti e mangimi costituiti/contenenti ed ottenuti da OGM .

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Novità nel processo di autorizzazione all’immissione in commercio di


alimenti e mangimi geneticamente modificati ( previsto un previo parere
ulteriore dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare ):
- Il richiedente interessato ad ottenere l’autorizzazione all’immissione in
commercio è tenuto a presentare una domanda all’Autorità
competente nazioanle, che la trasmette all’Autorità europea per la
sicurezza alimentare.
- L’Autorità europea effettua la valutazione ed adotta parere entro 6
mesi dal ricevimento della domanda.
- Parere dell’Autorità è trasmesso al richiedente, alla Commissione e
agli Stati membri ed è reso pubblico affinchè i cittadini entro 30 gg
possano presentare osservazioni.
- Entro 3 mesi dal ricevimento di parere dell’Autorità europea la
commissione elabora la decisione da adottare in merito alla domanda
- Decisione definitiva della Commissione adottata secondo la Procedura
del Comitato previsto dal regolamento.

Novità materia di etichettatura, Abrogazione reg. 258/97 + 18/2001


Obbligo di etichettatura a tutti gli alimenti e mangimi costituiti da OGM, ad
eccezione di quelli contenenti materiale geneticamente modificato in
proporzione non superiore allo 0,9% .

● Regolamento 1830/2003
Sulla tracciabilità ed etichettatura dei prodotti contenenti e costituiti da
OGM ed alimenti e mangimi ottenuti a partire da OGM

Principio di questo regolamento : uniformare il quadro normativo in materia di


tracciabilità ed etichettatura dei prodotti contenenti derivati da OGM

La direttiva 18/2001 non forniva alcuna definizione specifica circa gli obiettivi
di tracciabilità riferita agli OGM.
Per colmare tali lacune, il regolamento 1830/2003 introduce disposizioni ad
HOC sulla tracciabilità volte a favorire monitoraggio mirato degli effetti
ambientali successivamente all’immissione in commercio di prodotti OGM:
Il regolamento pone a carico di ciascun operatore l’obbligo di trasmettere
per iscritto, all’operatore collocato nella fase di catena di produzione e
distribuzione immediatamente successiva, informazioni specifiche relative
agli OGM in quanto tali ed ai prodotti contenenti OGM e derivati da OGM .

11. Regolamento 1946/2003 sui movimenti transfrontalieri di OGM e il


protocollo di sicurezza di Cartagena sulla biosicurezza

● Regolamento 1946/2003

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Sui movimenti transfrontalieri di OGM

Il regolamento 1946/2003 è volto a fornire attuazione alla disposizioni


previste dal Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza.
Il regolamento si limita a prevedere una serie di obblighi non contemplati dal
diritto comunitario per le esportazioni di OGM dall’unione europa verso i
paesi terzi, autorizzando l’Unione ad applicare le disposizioni del diritto
comunitario alle importazioni di OGM verso il proprio territorio ed ai
movimenti transfrontalieri di OGM che hanno luogo nel mercato interno.
Aspetto centrale della disciplina è costituito dalla distinzione di procedura :
- l’esportazione di OGM destinati all’emissione deliberata nell’ambiente
e l’esportazione di OGM destinati direttamente ocome alimenti,
mangimi o successive lavorazioni.
1° procedura riguarda l’obbligo dell’esportatore di notificare per iscritto,
all’autorità competente del Paese importatore, il movimento transfrontaliero
di OGM destinato all’emissione deliberata nell’ambiente, prima che abbia
luogo. L’esportatore ha l'obbligo di conservare la notifica e lettere di ricevuta
e di inviare copia di tali documenti all’autorità nazionale competente del
proprio stato membro ed alla Commissione.

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Capitolo ll
EMBRIONE E CELLULE STAMINALI EMBRIONALI

1. Clonazione e statuto dell’embrione

La tecnica di clonazione che permette la riproduzione artificiale di un


elemento biologico ( gene,cellula,organismo) ha costituito la problematica di
bioetica di maggior rilievo.

La distinzione tra clonazione riproduttiva, riproduzione di entità biologiche


geneticamente identiche tra loro,vive o morte, a scopi diversi da quelli
scientifici, e la clonazione terapeutica, riproduzione artificiale di cellule
staminali embrionali, ha portato l’opinione pubblica a manifestare diffuso
favore nei confronti della sperimentazione su cellule staminali embrionali
prodotte mediante clonazione ( terapeutica ) in vista dello sviluppo di nuove
terapie.
Si è aperto così il dibattito tra i sostenitori della libertà di ricerca e di
sperimentazione dell’embrione ed i sostenitori dell’intangibilità delle cellule
staminali embrionali.

Il favore nei confronti della clonazione terapeutica non sembra essere venuto
meno neppure in considerazione dei divieti assoluti di clonazione, come
quello sancito dal Protocollo addizionale della Convenzione di Oviedo, che
sono stati immediatamente risultato di una interpretazione restrittiva del
divieto ricondotto alla sola clonazione riproduttiva.
Anche gli strumenti di diritto internazionale, dai primi anni 2000, hanno
sostenuto con l’avallo normativo questa interpretazione, vietando
espressamente solo la clonazione riproduttiva.

Alla problematica della clonazione umana, si è gradualmente associata


quella costituita dalla fecondazione artificiale, poiché il divieto di creare ed
utilizzare embrioni a scopo di ricerca può essere facilmente eluso mediante
l’utilizzo degli embrioni prodotti per finalità di procreazione medicalmente
assistita, ma rimasti inutilizzati e crio-conservati (c.d. embrioni
soprannumerari) .
CASO ITALIANO:
Le disposizioni della legge 40/2004 vietano la clonazione, sperimentazione
sull’embrione e la crioconservazione degli embrioni medesimi e stabiliscono il
numero massimo di embrioni da produrre a scopo procreativo. La disposizione
obbligava ad un unico e contemporaneo impianto degli embrioni prodotti ( la ratio
era intensa proprio a limitare al minimo la disponibilità di eventuali embrioni

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soprannumerari ed il loro successivo utilizzo a scopo di ricerca) è stata giudicata


costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n.151 del
2009. Anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo si è pronunciata sulla legge
40/2004 . Con sentenza del 28 agosto 2013, la Corte Europea ha non solo ritenuto
contrario all’art.8 della CEDU il divieto di accesso alla diagnosi pre-impianto da
parte delle coppie portatrici sane di malattie genetiche, ma ha anche evidenziato
l’incoerenza del sistema legislativo italiano, che. agli stessi soggetti, vieta la
diagnosi embrionale pre-impianto e permette l’aborto terapeutico .

1. La ricerca sugli embrioni nella normativa internazionale e comunitaria

Il Consiglio D’Europa è stata la prima organizzazione internazionale a disciplinare la


materia in maniera sistematica e coerente:

● La Convenzione Di Oviedo sulla Biomedicina:


No definizione di embrione
NO disciplina alla sua protezione giuridica
Sì disposizioni relative alle ricerche scientifiche su di esso:

ART.18 n.2 Divieto di creare embrioni ai fini di ricerca : non si esclude l'utilizzo
dei c.d embrioni soprannumerari ( embrioni rimasti inutilizzati e crio conservati
prodotti a scopi di fecondazione assistita) .
ART. 18 n.1 Ricerca sull’embrione in vitro: rimanda alle legislazioni nazionali la
scelta di autorizzare o meno la ricerca scientifica sugli embrioni in vitro e stabilisce
che, ove tale ricerca sia ammessa, questa deve garantire un’adeguata protezione
all’embrione medesimo.

● Protocollo addizionale di divieto di clonazione umana 1997

● Direttiva comunitaria 98/44


Sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche:
Vieta la brevettabilità delle invenzioni biotecnologiche il cui sfruttamento
commerciale sia contrario all’ordine pubblico o al buon costume.
Non vieta la ricerca o la sperimentazione sull’embrione, ma solo la brevettabilità
delle invenzioni derivanti da tali attività, anche se in assenza del vantaggio di
privativa brevettuale, è meno probabile che la ricerca e sperimentazione trovino
necessari fondi .

● Risoluzione del Parlamento europeo del 7 settembre 2000


- Definisce la clonazione come “ la creazione di embrioni umani con lo stesso
patrimonio genetico di un altro essere umano, vivente o morto, in qualsiasi stadio
del suo sviluppo, senza distinzione possibile per quanto riguarda il metodo seguito.”

La risoluzione parlamentare del 2000 definisce il termine clonazione ai fini di


disapprovare con fermezza l’utilizzo di strategia semantica, intesa ad indebolire il
significato morale della clonazione umana allo scopo di alimentare le pressioni per
favorire ulteriori sviluppi della produzione ed utilizzo di embrioni.

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-Invita gli Stati membri ad introdurre normative che vietassero “ tutte le forme di
ricerca su qualsiasi tipo di clonazione umana sul loro territorio e prevedendo anche
sanzioni penali per la loro violazione”.

● Risoluzione ONU 8 marzo 2005:

Proibite tutte le forme di clonazione umana, in quanto sono incompatibili con la


dignità umana e protezione della vita umana.

2. Finanziamento delle ricerche sulle cellule staminali embrionali nel VI e VII


Programma-quadro comunitari di ricerca scientifica.

● VI programma quadro di ricerca scientifica e tecnologica dell’Unione


Europea, per il periodo dal 2002 al 2006 .
Disciplina il finanziamento della ricerca sulle cellule staminali embrionali.
Erano escluse dall’ammissibilità al finanziamenti previsti dal Programma medesimo :
- attività di ricerca finalizzate alla clonazione umana a fini riproduttivi
- attività di ricerca finalizzate a modificare il patrimonio genetico degli esseri
umani
- attività di ricerca volta alla creazione ed utilizzo di embrioni umani a fini di
ricerca

Contestualmente viene approvata una moratoria volta ad escludere dal


finanziamento comunitario, fino al 3 dicembre 2003, anche le ricerche che
utilizzassero embrioni umani e cellule staminali embrionali, con l’eccezione delle
ricerche che utilizzassero linee cellulari prodotte o stoccate prima dell’approvazione
del VI programma quadro.
L’ammissibilità al finanziamento comunitario delle ricerche che utilizzano cellule
staminali embrionali prodotte o stoccate entro i termini detti, rispondeva all’esigenza
di salvaguardare l’attività di strutture di ricerca di quei paesi che, avendo sostenuto
in passato i maggiori investimenti finanziari, scientifici e tecnologici, disponevano di
maggior numero di linee di cellule.

● VII programma.quadro di ricerca scientifica e tecnologico dell’UE per il


periodo 2003-2007

Fermo il divieto di creare embrioni umani a scopo di ricerca, ha previsto


espressamente il finanziamento comunitario delle ricerche che utilizzano cellule
staminali embrionali.

3. Commercio transfrontaliero delle linee di cellule staminali embrionali


L’importazione di cellule staminali embrionali può costituire uno escamotage per
aggirare eventuali limiti e divieti posti a tutela dell’embrione dagli Stati che
mantengono atteggiamenti restrittivi o ambigui in materia.

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Italia: ordinanze ministeriali che vietano l’importazione e l’esportazione di gameti ed


embrioni umani.
Direttiva 23/2004 disciplina espressamente l’importazione e esportazione di cellule
da e verso Paesi non comunitari . Il protocollo di Cartagena potrebbe essere
utilizzata per regolare una nuova modalità di commercio a livello internazionale.

4. Lo statuto dell’embrione nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE

La causa Brustle vs Greenpeace era stata avviata nel contesto di un procedimento


promosso da Greeenpeace e volto all’annullamento del brevetto tedesco detenuto
dal sig. Brustle, riguardante cellule progenitrici neurali e procedimenti per la loro
produzione a partire da cellule staminali embrionali, nonché alla loro utilizzazione a
fini terapeutici.
Era stato chiesto l’annullamento poiché secondo la direttiva 98/44 “ sono escluse
dalla brevettabilità le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario all’ordine
pubblico ed al buon costume ...le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali e
commerciali. Il giudice ha chiesto inoltre di definire la nozione di embrione alla
Corte.

La Corte di giustizia ha ribadito che:


- lo sfruttamento del materiale biologico di origine umana deve avvenire nel rispetto
dei diritti fondamentali e dignità umana.

- costituisce un embrione umano:


1. qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione
2. qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di
una cellula umana matura
3. qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso la partenogenesi, sia
stato indotto a dividersi e svilupparsi.
Spetta invece al giudice nazionale, in considerazione degli sviluppi della scienza,
stabilire se una cellula staminale ricavata da un embrione umano nello stadio di
blastocisti costituisca un embrione umano.

E’ evidente che aver ricompreso nella nozione di embrione umano tutti gli stadi di
sviluppo della vita umana a partire dalla fecondazione fa sì che la sentenza in
esame si presti ad essere invocata ed utilizzata ben al di là della sua reale portata
( estratto dal contesto) .

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PARTE IV

RICERCA BIOMEDICA E
BIOMEDICINA

CAPITOLO I
SPERIMENTAZIONE CLINICA DEI MEDICINALI E COMITATI ETICI

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Il consenso informato costituisce lo strumento tradizionale i tutela della dignità e


dei diritti fondamentali dell’uomo in campo medico e biomedico.
Il consenso informato è stato recepito da atti internazionali dotati di efficacia
giuridica vincolante. Elaborato per la prima volta a partire dal Codice di Norimberga
del 1947.

1. La sperimentazione clinica dei medicinali

La sperimentazione clinica dei medicinali è il settore della ricerca biologica e medica


che suscita maggiori timori dal punto di vista della salvaguardia del diritto
fondamentale di tutela dell’integrità psico-fisica, dove quindi è particolarmente
avvertita l’esigenza di nuove ed efficaci forme di tutela .

Il consenso informato costituisce quindi uno strumento/ funzione di garanzia etica e


giuridica anche nel quadro della sperimentazione clinica dei farmaci, purché
riconducibile ad un processo di informazione trasparente ed in grado di creare le
condizioni per un’effettiva autonomia di giudizio.

Lo strumento del consenso libero e informato può costituire una forma imperfetta di
tutela dei soggetti coinvolti negli studi clinici.
Il consenso libero ed informato, come strumento di tutela, può venir meno a causa
della situazione di conflitto in cui può trovarsi il medico- sperimentatore, il quale può
far leva sulla condizione di dipendenza psicologica in cui versa il paziente per
ottenere il consenso a partecipare ad uno studio clinico o ancor peggio, sulla base
di scopi economici, può manipolare i risultati ottenuti in favore del trattamento
preferito.

Nel momento in cui la sperimentazione clinica dei farmaci assume finalità di


interesse generale, si rafforza l’esigenza di assicurare una forma di ulteriore di
garanzia dell’eticità e della legittimità della sperimentazione, che tenga conto non
solo del consenso fornito dal soggetto coinvolto, ma anche della validità degli
obiettivi e competenza dello sperimentatore, del rispetto degli standard procedurali
sanciti dal c.d. norme di buona pratica clinica .

● NORME DI BUONA PRATICA CLINICA

Le c.d. Norme di buona pratica clinica ( GOOD CLINICAL PRACTICE) sono regole
positive che codificano i requisiti soggettivi ed oggettivi in base ai quali
programmare, eseguire e documentare le sperimentazioni cliniche dei medicinali,
elaborate sulla base di una serie di documenti di natura deontologica volti ad
orientare la ricerca e sperimentazione sugli esseri umani secondo principi, finalità e
criteri etici.

Le principali funzioni delle Norme di buona condotta clinica sono:


- Salvaguardare i diritti dei soggetti coinvolti negli studi clinici in particolare
diritti alla tutela della salute e della riservatezza delle informazioni personali.
- Stabilire le procedure formali per la documentazione degli studi clinici.

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A tal fine, le norme pongono particolare enfasi sulla necessità di ottenere il valido
consenso informato dei soggetti coinvolti nella sperimentazione, inteso come :
“ libera manifestazione di volontà di partecipazione ad uno studio clinico del
soggetto interessato, il quale deve informato in modo chiaro e comprensibile sugli
scopi della sperimentazione, sui benefici prevedibili ed i rischi connessi, sulla facoltà
di recedere dallo studio senza giustificazione alcuna e sulla possibilità di rinnovare o
meno il consenso con riferimento a nuovi dati e fatti che possano emergere nel
corso dello studio e che lo sperimentatore ha l’obbligo di portare a conoscenza del
medesimo “.

Le Norme di buona condotta clinica inoltre richiedono che il soggetto interessato


disponga del tempo necessario per comprendere appieno le informazioni fornite
dallo sperimentatore e che la decisione di partecipare o meno allo studio sia
espressa in forma scritta e registrata in modo idoneo.

● COMITATI ETICI

La pubblica garanzia dell’osservanza delle modalità stabilite per ottenere e


documentare il consenso libero e informato viene invece fornita dai Comitati Etici
(CE) , organismi indipendenti incaricati di assicurare la tutela dei diritti, sicurezza e
benessere dei soggetti coinvolti negli studi clinici.

2. Il dibattito sui comitati etici in Italia e le proposte del Comitato Nazionale per la
Bioetica.

Il parere adottato il 27 febbraio del 1992 dal Comitato Nazionale per la Bioetica
(CNB) va ricordato tra i principali contributi all’evoluzione e all’adattamento del
fenomeno dei comitati etici alla realtà italiana.

Per favorire la diffusione dei comitati etici nella misura e secondo la finalità ritenute
più appropriate dal CNB, il parere in esame formulava proposte relative alle regole
di struttura ed alle modalità di funzionamento dei CE .

Il parere procedeva anzitutto all’esame della natura giuridica dei CE, ricondotti alla
categoria delle associazioni non riconosciute di cui gli att.36-38 codice civile.
Inoltre si preoccupava di valutare se la previsione legislativa di pareri obbligatori
nell’ambito delle procedure di autorizzazione delle sperimentazioni mediche
determinava di per sè l’istituzione ope legis dei CE.

Il Comitato Nazionale per la Bioetica, chiarità la non necessità dell'istituzione ope


legis dei CE, rivolgeva la propria attenzione alle modalità di esercizio della funzione
consultiva dei comitati etici, individuando le ipotesi in cui il parere obbligatorio ma
non vincolante dei CE potessere essere utilmente acquisito.
Secondo il CNB, la competenza dei CE regionali avrebbe potuto estendersi all’intera
produzione legislativa e amministrativa delle regioni in materia di ricerca e
sperimentazione sanitaria. I CE locali o periferici invece avrebbero potuto esprimere
pareri sulla condotta, trattamento e sperimentazione medica all’interno delle

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strutture sanitarie .

3. I comitati etici tra regole di GCP , disciplina comunitaria e normativa italiana di


attuazione :
● DIRETTIVA N.91/ 507 ed il D.M 27/aprile 1992

Il decreto ministeriale 27 aprile 1992 dà attuazione alla direttiva della Commissione


n.91/507, ed influisce sulla struttura dei CE e le funzioni da essi esercitati in Italia .

Direttiva 91/507
La direttiva della Commissione 91/507 sanciva a tutti gli stati membri della Comunità
europea l’obbligo di eseguire la sperimentazione dei farmaci destinati alla
commercializzazione conformemente alle norme di BUONA CONDOTTA CLINICA:
stabiliva infatti che tutte le fasi di studi clinici dovessero essere predisposte, attuate
e descritte secondo i principi della buona prassi clinica .

LIMITE e OBBLIGHI DIRETTIVA:


si limitava ad operare un mero rinvio alle norme di GCP, ponendo a carico dei
soggetti interessati all’esecuzione della sperimentazione.
- l'obbligo di ottenere e documentare il consenso informato dei soggetti
coinvolti nello studio clinico.
- l'obbligo di ottenere, prima dell’avvio della sperimentazione stessa, il parere
scritto di un comitato etico sulla documentazione e le relative procedure.

Sebbeno operasse come strumento di rinvio, la direttiva 91/507 ha comunque


costituito un risultato di significativo rilievo poiché in precedenza le regole destinate
ad assicurare le sperimentazione dei medicinali nella Comunità Europea erano
contenute esclusivamente in atti non vincolanti.

D.M 27 Aprile 1992


Il decreto riportava per esteso i principi della buona prassi clinica.
La disciplina introdotta poneva a carico dello sponsor della ricerca9 e dello
sperimentatore10 :
- obbligo di richiedere il parere del comitato etico11 competente riguardo
all’adeguatezza sia del protocollo di studio che dei materiali e metodi
impiegati per ottenere e documentare il consenso informato .
- obbligo di tener conto delle raccomandazioni espresse al riguardo, in forma
scritta ed entro limiti di tempo ragionevoli, dal comitato etico.

Altre disposizioni specifiche erano destinate a disciplinare:


- la responsabilità dei soggetti proponenti lo studio

9 persona o organizzazione responsabile di intraprendere, gestire e finanziare uno


studio clinico
10 la persona responsabile dell’attuazione pratica dello studio clinico e dell'integrità,
della salute e benessere dei soggetti coinvolti
11 struttura indipendente incaricata di assicurare la sicurezza,integrità e
salvaguardia dei diritti dei soggetti partecipanti allo studio clinico, fornendo al
riguardo una pubblica garanzia)

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- la gestione dei dati raccolti


- le procedure in grado di assicurare la conformità dello studio condotto alle
norme di GCP

Il decreto ha attribuito ai CE la competenza necessaria per valutare nel merito il


protocollo di studio , ma anche di adottare pareri obbligatori e vincolanti per lo
sperimentatore.
A carico dei CE e loro membri forma di responsabilità giuridicamente rilevante.

1997 Nuovo parere CBN = necessità di assicurare l’indipendenza sostanziale dei


CR, evitando istituzione di rapporti gerarchici tra gli stessi di mantenere distinti òe
funzioni dei comitati incaricati di valutare la sperimentazione dei farmaci da quelle
dei comitati incaricati di valutare le prestazioni di natura sanitaria. Sconsigliava di
attribuire aiCE la competenza per adottare pareri muniti di efficacia vincolante .

● Linee Guida dell’UE sulla sperimentazione clinica dei farmaci del 1996
e il DM 15 luglio 1997 .

Il Decreto Ministeriale 15 Luglio 1997 recepisce le Linee- Guida di buona pratica


clinica per l’esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali, adottate
dall’Unione Europea nel 1996 e detta la disciplina di base per l'attività dei comitati
etici relativa alla sperimentazione dei farmaci.

Linee Guide dell’Unione Europea


A differenza della direttiva 91/507 che operava un mero rinvio ai principi delle regole
di buona pratica clinica (GPC) , le Linee-Guide dell’Unione Europea riformulano per
intero norme di buona pratica clinica destinate ad informare il processo di
sperimentazione dei farmaci in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, anche al
fine di individuare uno standard comune con altri Paesi ed Organizzazioni
Internazionali.

Le linee-guida sono volte ad assicurare il primato degli interessi dei soggetti


coinvolti nella sperimentazione rispetto agli interessi della scienza e della medicina,
secondo il modello ormai consolidato nel quadro della buona pratica clinica.

Il decreto ministeriale 15 Luglio 1997 ( FUNZIONI CE)


Assegna ai CE indipendenti per la valutazione della sperimentazione dei farmaci,
istituiti secondo le indicazioni e nel rispetto dei requisiti minimi fissati dalle Linee-
guida comunitarie, il compito di :
- approvare i protocolli sperimentali e i documenti connessi all’esecuzione
degli studi clinici
- assicurare la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti
coinvolti nella sperimentazione
Sancito dal art.3 comma 4 : Divieto assoluto di condurre sperimentazioni cliniche
senza l’approvazione del competente comitato etico.
L’esame delle domande di approvazione delle sperimentazioni proposte deve
essere condotto dai comitati etici secondo le modalità stabilite dalle Linee-guida di
GCP .

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Le linee-guida stabiliscono che i comitati si pronuncino in tempi ragionevoli ed in


forma scritta sulla validità scientifica dello studio clinico proposto, motivando la
propria decisione relativa all’approvazione o alla mancata approvazione del
protocollo di studio, del modulo di consenso informato, del dossier dello
sperimentatore e di ogni altro documento ritenuto necessario.
I comitati etici sono tenuti altresì a riesaminare ogni studio in corso ad intervalli
ritenuti appropriati, comunque almeno una volta l’anno, e ad autorizzare
formalmente ogni emendamento o modifica apportata al protocollo di studio.

● 6. I decreti ministeriali 18 e 19 marzo 1998 ( integrazione D.M 17 luglio


1997) ( l D. M 12 maggio 2006)

La disciplina introdotta dal decreto ministeriale 17 Luglio 1997 è stata integrata e


completata dal D.M 18 marzo 1998.
Tale decreto dettava le disposizioni intese a regolare l’attività dei comitati etici
incaricati di valutare le sperimentazioni cliniche dei medicinali e, ove previsto, le
prestazioni di natura sanitaria.

Le linee-guida ministeriali disciplinavano le funzioni dei CE in considerazione delle


competenze ad essi assegnate dall’ulteriore D.M. 18 marzo 1998, relativo alle
modalità per l’esenzione dagli accertamenti sui medicinali utilizzati nelle
sperimentazioni cliniche.

Il decreto ha disposto che il proponente la sperimentazione dei medicinali, per i quali


sono disponibili dati sufficienti sulla qualità e sulla sicurezza d’impiego nell’uomo,
possa richiedere alla struttura sanitaria interessata dalla sperimentazione
l’esenzione dagli accertamenti previsti dalla normativa applicabile ai medicinali di
nuova istituzione. ( semplificazione e decentramento delle procedure relative alla
realizzazione delle sperimentazioni cliniche medicinali) .
L’esistenza dei requisiti prescritti è accertata dal comitato etico locale mediante un
c.d. giudizio di notorietà valido per un triennio.( abrogato) .

Nel caso in cui le sperimentazioni le cui implicazioni di sanità pubblica rivestano


particolari aspetti problematici o di emergenza, o nel caso il proponente della
sperimentazione ritenesse illegittima o errata la decisione del CE locale che dispone
di sottoporre il medicinale agli accertamenti previsti per i farmaci di nuova
istituzione, l'esenzione da tali accertamenti può essere comunque concessa,sulla
base della verifica dei requisiti richiesti dal secondo D.M. 18 marzo 1998, dal
Comitato etico nazionale per le sperimentazioni cliniche dei farmaci .

7. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n.2001/20 concernente


l’applicazione della GCP nell’esecuzione della sperimentazione clinica dei
medicinali, Il D. lgs 24 giugno 2004 , n 211 e il D.M 12 maggio 2006

● Direttiva del Parlamento europeo e Consiglio n.2001/20

La direttiva 2001/20 sancisce il rilievo giuridico delle norme di buona pratica


clinica e attribuisce formalmente ad essere efficacia vincolante.

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La disciplina è volta ad armonizzare le diverse procedure nazionali di autorizzazione


delle sperimentazioni, allo scopo di ridurre i tempi relativi e di introdurre meccanismi
chiari e trasparenti.
La direttiva adotta un modello basato su regimi di notifica e sull’adozione di pareri
non vincolanti, ha ritenuto di non far proprio il modello fondato su l'esplicita
autorizzazione preventiva degli studi clinici su cui si incardinava la normativa
italiana.

L’armonizzazione delle procedure nazionali relative all’esecuzione delle


sperimentazioni risponde all’esigenza di scoraggiare la concentrazione delle
sperimentazioni nei Paesi membri ove tale procedure siano più rapire o permissive.

Novità: La direttiva attribuisce alla Commissione la competenza necessaria per


adottare e rivedere, allo scopo di tener conto del progresso scientifico, i principi di
buona pratica clinica e le linee guida conformi a tali principi.
Sviluppo significativo poichè permette la formulazione delle norme di GCP
applicabili in ambito comunitario da parte di organismi dotati di una legittimazione
politica e istituzionale.

Tra le modifiche più rilevanti:


- modalità di concessione o di revoca del consenso informato
- diritto di tutti i soggetti coinvolti nella sperimentazione di rivolgersi ad una
persona indipendente dal ricercatore per ottenere informazioni
supplementari sullo svolgimento della sperimentazione stessa ( c.d. punto di
riferimento)
- semplificazione della procedura di autorizzazione dell’avvio della
sperimentazione

Rispetto alla vigente normativa italiana, il parere dei CE assume un’importanza


minore nell’ambito della procedura di autorizzazione delle sperimentazioni, che la
direttiva riconduce al meccanismo del silenzio.assenso delle autorità competenti
designato dagli Stati membri:
L’atto comunitario pone a carico dello sponsor l’obbligo di presentare, prima
dell’avvio di qualsiasi sperimentazione, una domanda di autorizzazione nella forma
prescritta all’autorità competente dello Stato membro nel quale intende svolgere la
sperimentazione.
Parallelamente, lo sponsor ha l’obbligo di rivolgersi al comitato etico competente,
affinchè quest’ultimo esprima il proprio parere al riguardo.
Il parere favorevole del comitato non autorizza l’esecuzione della sperimentazione,
che potrà essere avviata solo qualora le autorità nazionali competenti non
comunichino allo sponsor obiezione. Facendo così venir meno la partecipazione dei
comitati etici alla fase di valutazione della eticità e della legittimità della
sperimentazione clinica dei medicinali.
( Esigenza di modificare la normativa italiana, per adattarla alla direttiva)

La direttiva presta particolare attenzione al problema della sicurezza clinica,


all’osservanza delle norme di buona pratica clinica ed al controllo degli eventi e
reazioni avversi seri derivanti dalla sperimentazione :

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1. Sicurezza clinica: allo scopo di assicurare ai soggetti coinvolti nello studio


clinico la più ampia protezione possibile, la direttiva si rifà alle procedure di
farmacovigilanza più idonee a garantire l’immediata cessazione di qualsiasi
sperimentazione che presenti un grado accettabile di rischio. quindi qualora
vengano a mancare le condizioni di sicurezza indicate nella domanda di
autorizzazione o qualora si rendano disponibili nuove informazioni che
sollevino dubbi sul piano scientifico della sicurezza, lo Stato membro potrà,
in caso di pericolo immediato, sospendere o vietare la continuazione della
sperimentazione, informando senza indugio delle decisione adottate e dei
relativi motivi lo sponsor, il comitato etico, le autorità competenti degli altri
paesi membri, la Commissione .
2. Osservanza delle norme di buona pratica clinica: i controlli sono effettuati da
ispettori designati dagli Stati membri. I risultati di tali sperimentazione
confluiscono nella relazione che viene messa a disposizione dello sponsor, e
può essere comunicata alle autorità degli stati membri.
3. Controllo eventi e reazioni avversi : la direttiva stabilisce che il ricercatore
notifichi immediatamente allo sponsor , ogni evento avverso serio occorso
durante lo studio clinico.

La direttiva è stata percepita in Italia mediante il D.lgs 24 giugno 2003 n 221 .


Il D. M 12 maggio 2006 aporta l'aggiornamento dei requisiti minimi per l’istituzione,
l'organizzazione ed il funzionamento dei comitati etici, adozione demandata dal
D.lgs .

CAPITOLO II

TEST GENETICI, BIOMETRIA, BIOBANCHE

I test genetici

I test genetici sono analisi di Dna, Rna, cromosomi, proteine,


metaboliti o altro materiale biologico, che vengono effettuate di
solito a scopo clinico.
Servono soprattutto per evidenziare mutazioni e patologie
ereditabili. Possono essere fatti su individui adulti, sul feto, e su resti
organici.
Tra quelli più richiesti ci sono gli accertamenti pre concepimento,
che vengono effettuati sui genitori. Sono utili quando è necessario
prevenire la nascita di individui con geni recessivi portatori di una
malattia, come la talassemia. O le analisi citogenetiche, che servono
a individuare anomalie cromosomiche, effettuate in gravidanza entro

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il quarto mese. E anche la ricerca di mutazioni del gene Cftr in


neonati con infezioni polmonari ricorrenti e sospetta fibrosi cistica.

I test genetici permettono quindi di identificare in modo inequivoco


l’identità genetica di ciascun individuo e di sviluppare tecniche
diagnostiche differenti da quelle tradizionali.

I test genetici sollevano complessi problemi giuridici in ordine alla


raccolta, al trattamento ed all’utilizzo dei dati personali da essi
ottenuti, trattandosi di informazioni connesse con l’identità
individuale, familiare e della discendenza. “ da evidenziare accanto
nuova categoria dei dati sensibilissimi” .

Allo scopo di evitare che le informazioni genetiche vengano raccolte, comunicate e


percepite in modo illegittimo o distorisivo, è quindi necessario adottare procedure,
strumenti e garanzie di natura sanitaria e di valore giuridico .
Innanzitutto è necessario tutelare l’autonomia dei soggetti coinvolti nei test genetici
mediante il ricorso alla manifestazione esplicita, libera e consapevole del consenso
informato.
A ciò si accompagna l’esigenza di garantire ai soggetti interessati una vera e propria
consulenza genetica che permetta di fare ricorso all’assitenza di diverse figure
professionali nella raccolta, valutazione e comunicazione delle informazioni
ottenute.

Aspetto problematico dei test genetici:


garanzie giuridiche idonee a contemperare diritti individuali e interessi collettivi:
- diritto della riservatezza dei soggetti direttamente coinvolti nei test genetici
- adozione di idonee misure di prevenzione o di precauzione, qualora sussista
il rischio di gravi malattie geneticamente trasmissibili
- individuazione di meccanismi e modalità in grado di ripartire i benefici
economici eventualmente derivanti dall’utilizzo delle informazioni genetiche.

1.La tutela delle informazioni genetiche


Le misure adottate i n tema di protezione giuridica delle informazioni genetiche

Convenzione di Oviedo:
Si tratta delle disposizioni relative al consenso, alla vita privata, al diritto di
informazione, al genoma umano ed alla ricerca scientifica che riconoscono il diritto
individuale al rispetto della vita privata in materia di informazioni relative allo stato di
salute, nonché il diritto di conoscere o ignorare tali informazioni e stabiliscono il
divieto di ogni forma di discriminazione in ragione del patrimonio genetico.
- Divieto di condurre analisi predittive di patologie genetiche o analisi che
permettano di identificare un soggetto come portatore di un gene
responsabile di una malattia, se non per fini medici o di ricerca medica e con

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riserva di una “ consulenza genetica appropriata”

Convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato


dei dati di carattere personale 1985
Accorda una speciale protezione ai dati sensibili dell’uso discriminatorio e autorizza
il trattamento di tali dati soltanto in presenza di idonee garanzie predisposte da
ordinamenti interni.

Protocollo addizionale sui test genetici 2008


- il divieto di discriminazione sulla base di caratteristiche genetiche
- divieto di trattamento delle informazioni raccolte a a scopi diversi da quelli
medici
- diritto alla consulenza genetica appropriata
- principio consenso libero ed informato alla ricerca medica e ai test genetici

Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti dell’uomo:


diritto alla riservatezza dei risultati dei test genetici
diritti alla tutela dei soggetti coinvolti
diritto di conoscere o di ignorare il risultato dei test genetici

2. Le Biobanche e il mercato comune di cellule e tessuti umani

Il tema di raccolta, conservazione e utilizzo di cellule e tessuti umani ha acquistato


una crescente rilevanza in anni recenti, parallelamente alla diffusione del fenomeno
di raccolta e della conservazione delle cellule staminali cordonali ( le cellule
staminali contenute nel sangue del cordone ombelicale e raccolte al momento del
parto) , cui il pubblico guarda con favore in considerazione delle applicazioni
tarapeutiche attese.
A differenza di quanto accade per le cellule staminali embrionali, l’utilizzazione di
cellule staminali cordonali ha costituito un tema bio politicamente corretto.

Disciplina giuridica nazionale e comunitaria della raccolta,conservazione ed utilizzo


delle cellule staminali cordonali

Ambito nazionale
● Ordinanza SIRCHIA dell’11 gennaio 2002
● Ordinanza TURCO (del Ministro della salute del 4 Maggio 2007 )
● Ordinanza SACCONI ( 26 febbraio 2008)
Ambito comunitario
● Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n.2004/23 del 31 marzo
2004
Sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione,
l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e
la distribuzione di tessuti e cellule umani. Recepita con D.LGS n 191 il 6 novembre
2007

Premessa incertezza scientifica: Difficoltà di conservare inalterate nel tempo la

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potenzialità delle cellule staminali contenute del sangue cordonale:


1. Ordinanza Sirchia 2002: affermava che l’impiego di cellule staminali da
cordone ombelicale in campo terapeutico è ancora in fase di studio e
sperimentazione clinica
2. Ordinanza Turco 2007: evidenzia questa incertezza scientifica nel suo
preambolo( nell’uso autologo cioè a beneficio della stessa persona da cui le
cellule sono prelevate contrapposto alla certezza del c.d. uso allogenico ;
trapianto di cellule staminali prelevate da una persona ed applicate ad
un’altra )
3. Livello internazionale: emergono evidenze scientifiche che fanno apparire
possibile l’utilizzazione delle cellule staminali cordonali per scopi terapautici
innovati.

Donazione della conservazione autologa e allogenica a scopi solidaristici


1. Ordinanza Sirchia: consentiva espressamente la conservazione ad uso
autologo delle cellule staminali derivanti dal sangue cordonale, nonché la
conservazione di tali cellule a beneficio di consanguinei affetti da patologie
sensibili.
2. Ordinanza Turco: autorizza la conservazione allogenica per fini solidaristici e
la conservazione autologa rinviando espressamente a futuri provvedimenti
legislativi .Per la prima volta si afferma espressamente la possibilità per le
donne di conservare il proprio cordone per uso autologo.

Titolarità Sangue cordonale?


Ordinanza Turco: si limita a rinviare alla legge recante nuova disciplina delle attività
trasfusionali e della produzione nazionale degli emoderivati, che attribuisce alla
donna il ruolo di donatore del sangue cordonale, previa espressione del consenso
informato ed accertamento dell’idoneità fisica.
Dna del cordone ombelicale appartiene al bambino.?

Carenze nel recepimento della Direttiva 2004/23 del Dlgs. 191/2007


La normativa italiana si applica sia al sangue ed agli emoderivati ( ambito escluso
dalla direttiva) che alle cellule cordonali ed assoggetta queste ultime al principio di
donazione libera, volontarie e gratuita valido per il sangue. ( previste donazioni
indennizzate della direttiva)
La direttiva comunitaria si muove verso la creazione di un mercato comune dei
tessuti e cellule umani: infatti prevede la possibilità di accordare “indennità” per la
donazione di cellule e tessuti, riparatrici anche degli inconvenienti sofferti dai
donatori.
Il decreto ha ribadito la volontarietà e la gratuità della donazione, introducendo
sanzioni penali per l’attività di raccolta, conservazione e distribuzione di cellule
umane svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni.

Biobanche pubbliche e private


Ordinanza Turco:
Autorizzava la conservazione delle cellule staminali cordonali esclusivamente
presso le strutture pubbliche autorizzate su base regionale.
Vietava espressamente l’istituzione di banche per la conservazione di sangue da

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cordone ombelicale presso strutture sanitarie private .


Ratio: non mercificare , ricavare profitto da corpo umano + L’autorizzazione della
conservazione autologa del sangue presso strutture private provocherebbe la
riduzione della conservazione allogenica a scopo solidaristico promossa e realizzata
dalle strutture pubbliche.
Critiche: affettiva capacità delle biobanche pubbliche esistenti di soddisfare la
domanda di raccolta e conservazione del sangue cordonale?

Direttiva comunitaria :
La direttiva individua nelle banche di tessuti o unità di ospedale o UN ALTRO
ORGANISMO i soggetti legittimati alla conservazione, lavorazione e distribuzione di
cellule umane, attribuendo agli Stati membri il compito di garantire che tali istituti
siano accreditati, designati o autorizzati ai fini dello svolgimento delle attività
predette dalle autorità nazionali competenti o siano titolari di una licenza.
La direttiva quindi comprende tra gli istituti anche le biobanche private.
ATTENZIONE: il monopolio pubblico in materia può rivelarsi incompatibile con le
norme comunitarie sulla concorrenza, la libera prestazione dei servizi e il mercato
interno ed espone il Governo al rischio di una procedura di infrazione dinanzi alla
Corte di giustizia.

Modifica rapporto tra strutture pubbliche e private:


Legge 31 2008 che converte il c.d. Decreto milleproroghe, prevedeva istituzione di
una rete nazionale di biobanche private e pubbliche per la conservazione del
sangue cordonale.

Ordinanza Sacconi 2009:


Azzera quanto contenuto nel decreto milleproroghe e ribadisce il quadro regolatorio
precedente contenuto nell’Ordinanza Turco sia per quanto riguarda le conservazioni
allogeniche che per quanto riguarda il divieto di istituire biobanche private .

Decreto Ministeriale 18 novembre 2009


Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone
ombelicale per uso autologo” :
- Autorizza la conservazione autologa solo nel caso di patologie di una
documentazione rilasciata da medico specialista
- consente l’esportazione del sangue cordonale per uso personale ai fini della
sua conservazione presso biobanche operanti all’estero
- conferma divieto di istituire biobanche private
Si consente ai cittadini italiani di fare all’estero ciò che viene negato in Italia .

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CAPITOLO III
XENOTRAPIANTI

Negli ultimi anni si è sviluppato un dibattito circa gli xenotrapianti, ovvero


l’utilizzo di animali transgenici, clonati o in altro modo geneticamente
modificati quali fonti alternative di organi, tessuti e cellule destinati
all’impianto nell’uomo a scopo terapeutico.

Ancora vi è un livello di conoscenza scientifica non sufficiente per


determinare conclusioni certe sulla relativa efficacia terapeutica del materiale
biologico trapiantato nel soggetto ricevente, sul rischio di trasmissione di
agenti patogeni dell’animale all’uomo. Questa Incertezza scientifica che
avvolge questo ambito può solo essere risolta attraverso il potenziamento
della ricerca di base.

In attesa di tale sviluppi, appare comunque evidente l’importanza di


elaborare norme giuridiche ed altri strumenti regolatori in grado non soltanto
di prevenire i rischi, ma anche di individuare le forme più idonee di
validazione della ricerca di base e degli studi in materia nonché di
salvaguardare il benessere degli animali utilizzati nelle sperimentazioni.

Principali aspetti problematici degli xenotrapiantati:


1. Lo strumento del consenso informato si dimostra del tutto inadeguato
come tutela in considerazione delle difficoltà di valutare ex ante gli
eventuali eventi avversi per i soggetti riceventi, ma anche della

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necessità di monitorare in itinere lo stato di salute di questi soggetti,


allo scopo di evitare e prevenire la possibile diffusione di xenozoonosi.
I meccanismi pubblici di sorveglianza e valutazione di lungo periodo
delle condizioni dei soggetti riceventi, oltre al dispendio economico,
potrebbero condurre a forme di restrizione della libertà personale di
tali soggetti e anche dei terzi con cui i soggetti riceventi entrino in
contatto.
2. La disciplina dei controlli di qualità dei tessuti, cellule e degli organi
animali destinati a scopi sperimentali
Necessità di armonizzare le legislazioni interne mediante un’efficace azione
di cooperazione internazionale .

2. Le raccomandazioni dell’Assemblea parlamentare e del Comitato dei


Ministri del Consiglio D’Europa e la moratoria degli xenotrapianti

Tra i principali risultati della cooperazione internazionale si collocano le 2


raccomandazioni del consiglio D’Europa, che riflettono l’evoluzione
dell’approccio assunto in materia :

● Raccomandazione R 15 del Comitato dei Ministri, 1997


La raccomandazione invita gli Stati membri a disciplinare taluni aspetti degli
xenotrapianti, quali la ricerca di base e la sperimentazione clinica, la
sorveglianza di lungo periodo dei soggetti riceventi e le condizioni di
trattamento degli animali allevati a fine di espianto.

Raccomandazione 1399 dell’Assemblea parlamentare, 1999


Ispirata al principio di precauzione che ha caratterizzato la fine degli anni 90,
invitava il comitato dei ministri ad adoperarsi affinchè gli Stati membri
adottassero una moratoria giuridicamente vincolante degli xenotrapianti, in
attesa che il progresso delle conoscenze scientifiche consentisse di
documentare con maggiore affidabilità i rischi per la salute umana .
Il Comitato dei ministri ha provveduto ad istituire un Gruppo di lavoro sugli
xenotrapianti, incaricato tra l’altro di elaborare le linee-guida destinate a
fornire gli orientamenti per lo sviluppo della sperimentazione in merito .

● Raccomandazione 10 del 2003


Il consiglio dei ministri ha rovesciato la posizione del Consiglio D’Europa,
avallando in sostanza gli xenotrapianti e raccomandando gli stati di introdurre
nelle legislazioni nazionali misure volte a minimizzare i rischi di trasmissione
di malattie xenozoonotiche.

3. Xenotrapianti e disciplina della sperimentazione animale

Si è sviluppata inoltra la necessità di tutelare gli animali allevati con esclusiva

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destinazione agli espianti e in particolare degli animali ai quali siano stati


alterati o soppressi determinati geni ( animali transgenici) .
Obiettivo è ridurre al minimo le sofferenze degli animali utilizzati a fini di
ricerca scientifica è stato fatto proprio anche dalla disciplina internazionale e
comunitaria vigente in materia di sperimentazione animale:

- Convenzione del Consiglio D’Europa sulla protezione degli animali


vertebrati utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici 1986
- Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n.2010/63 ,
protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali e scientifici ,
salvaguardia DEL BENESSERE DEGLI ANIMALI in quanto senzienti.

La direttiva e la convenzione legittimano l'impiego di animali a fini


sperimentali esclusivamente per gli scopi da esse previsti e presso i
laboratori.
La loro tutela è assicurata dall’obbligo, posto a carico dei ricercatori, di
eseguire le esperimentazioni utilizzando metodi anestetici o analgesici atti a
limitare o eliminare il dolore, la sofferenza , l'angoscia o la produzione di
danni durevoli a carico degli animali stessi.

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Capitolo IV
LE DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO

Le dichiarazioni anticipate di trattamento sono oggetto di problemi bioetici e


biogiuridici tra i più rilevanti.
Le dichiarazioni anticipate di trattamento sono delle dichiarazioni con cui è
possibile manifestare la volontà individuale di rifiutare ex ante la ( o di
rinunciare in itinere alla ) somministrazione di terapie specifiche rispetto ad
una determinata patologia, come anche di terapie di sostegno delle funzioni
vitali, con particolare riferimento ai pazienti in “ stato vegetativo” .

Definizione di DAT Comitato Nazionale per la Biotica:


Documento con il quale, una persona, dotata di piena capacità, e timorosa
che una futura perdita di coscienza possa impedire di difendere in prima
persona i suoi diritti fondamentali di paziente, esprime la sua volontà circa i
trattamenti cui desidererebbe o meno sottoporsi nel caso in cui, nel decorso
della malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di
esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato”

Lo stato vegetativo (SV) è definito come la condizione clinica di totale


perdita dell’autocoscienza e della consapevolezza dell’ambiente circostante,
accompagnata dall’alternarsi di fasi di sonno-veglia e dalla conservazione più
o meno completa delle funzioni ipotalamiche e troncoencefaliche autonome.

Esistono orientamenti differenti circa la distinzione dello SV


1. Lo SV si distingue in :
- SV persistente : se si protrae oltre un mese dal suo primo apparire, in
seguito a trauma cerebrale o ad altra causa non traumatica.
- SV permanente : condizione clinica irreversibile della prognosi medica
( da almeno un anno)
2. Secondo altro orientamento:
- Sv persistente deriva dalla diagnosi delle effettive condizioni cliniche
- SV permanente consiste in un mero giudizio prognostico privo di
riscontri clinici, il paziente potrebbe superare fase di incoscienza

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Accertamento morte : criterio della morte cerebrale, coincidente con la


cessazione delle funzioni dell’encefalo , ha sostituito il criterio della morte
cardio-circolatoria.

Terapie di sostegno delle funzioni vitali


Esistono orientamenti contrapposti circa le terapie di sostegno delle funzioni
vitali:
1. L’alimentazione e l’idratazione costituiscono una fondamentale
prestazione assistenziale.
Considerata l’incertezza delle conoscenze relative alla durata dello SV
ed alla effettiva capacità di percezione del dolore da parte dei pazienti
che versano in questo stato, l’interruzione delle terapie di sostegno
delle funzioni vitali costituirebbe un vero e proprio omicidio.
2. Le terapie di sostegno alle funzioni vitali costituirebbero un
trattamento sproporzionato rispetto alle condizioni del paziente (
accanimento terapeutico) . l’interruzione delle terapie di sostegno
costituirebbero un atto doveroso qualora i pazienti non abbiano
significative probabilità di uscire dallo SV permanente o un atto dovuto
qualora abbiano previamente espresso la volontà di non accettare
condizione di SV permanente.

2. Forma ed efficacia delle dichiarazioni anticipate di trattamento

Le disposizioni rilevanti in materia


● Convenzione di Oviedo sulla biomedicina,
che riconduce le DAT all’ambito del consenso informato.
All’art. 9 si limita a stabilire che i desideri dei pazienti siano tenuti in conto.

Nessuna disposizione pattizia concerne l’eventuale rifiuto delle cure o delle


terapie di sostegno.

● Dichiarazione di Amsterdam sulla promozione dei diritti dei pazienti in


Europa, 1994
Riconduce il tema delle DAT al quadro generale del consenso del paziente
introducendo novità:
Presensuzione del consenso del paziente nel caso di un intervento medico
urgente, a meno che non sia evidente una precedente espressione di volontà
che il consenso sarebbe stato negato
Presunzione del consenso del rappresentante legale nel aso di un intervento
medico urgente, non esiste la possibilità di ottenere in tempo il consenso del
rappresentante .

● Raccomandazione dell’Assemblea parlamentare 779 del 1976

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Il prolungamento della vita non deve essere considerato in sè il fine esclusivo


dell’attività medica, che deve mirare ad alleviare le sofferenze.
Su queste basi, la raccomandazione invitava gli Stati membri del Consiglio
D’Europa ad isitutire organismi nazionali incaricati di elaborare le regole
etiche relative al trattamento dei morenti e di situazione dei medici che
rinunciassero ad adottare misure di prolungamento della vita dei pazienti,
con particolare riferimento alle ipotesi di arresto irreversibile delle funzioni
celebrali.
● Raccomandazione parlamentare 1418 del 1999
- Invita gli stati membri ad adottare misure volte a tutelare il diritto di
autodeterminazione del paziente, con particolare riferimento alle DAT.
- Sollecita gli stati membri ad individuare i criteri in base ai quali definire
la validità formale delle DAT e dei poteri del rappresentante legale del
paziente.
- La raccomandazione ribadiva la condanna all'eutanasia . La volontà di
morire non autorizza il diritto di morire per mano altrui. Guarda caso
pretty

Caso pretty 2002:


Paziente afflitta da una grave patologia degenerativa lamentava la violazione
del diritto alla vita ( CEDU) da parte delle autorità britanniche, che rifiutavano
di autorizzare il suicidio assistito da essa richiesto.
La Corte Europea ha respinto la tesi della parte attrice, affermando che a
differenza di altri diritto umani, il diritto alla vita può essere esercitato solo in
senso positivo ( DIRITTO DI VIVERE) e non anche in senso negativo
( DIRITTO DI MORIRE ) .

● Raccomandazione 11 del 2009


Il comitato dei ministri ha rimesso agli Stati membri la facoltà di attribuire
efficacia vincolante alle DAT

3. ITALIA: LEGGE 22 dicembre 2017, n. 219


Norme in materia di consenso informato e di disposizioni
anticipate di trattamento

La legge approvata al Senato il 14 dicembre 2017, è stata pubblicata


in Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio 2018 ed è entrata in vigore il 31
gennaio 2018.

Ancora manca un Registro nazionale per i biotestamenti e non


tutte le Regioni sono dotate del Fse, cartella sanitaria

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elettronica. Al momento quindi l’autenticazione delle Dat, che


possono essere redatte in forme differenti, può cambiare sia da
città a città che da Regione a Regione.

Art. 1.

(Consenso informato)

1. La presente legge, nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 2, 13 e 32


della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e
all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento
sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e
informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente
previsti dalla legge.

2. È promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e


medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano
l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia
professionale e la responsabilità del medico. Contribuiscono alla relazione di
cura, in base alle rispettive competenze, gli esercenti una professione
sanitaria che compongono l’équipe sanitaria. In tale relazione sono coinvolti,
se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell’unione civile o il
convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo.

3. Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di


essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo
alla diagnosi, alla prognosi, ai benefìci e ai rischi degli accertamenti
diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili
alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario
e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in
tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una
persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua
vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e
l’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e
nel fascicolo sanitario elettronico.

4. Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni
alle condizioni del paziente, è documentato in forma scritta o attraverso
videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le
consentano di comunicare. Il consenso informato, in qualunque forma
espresso, è inserito nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

5. Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, con


le stesse forme di cui al comma 4, qualsiasi accertamento diagnostico o
trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del

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trattamento stesso. Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento, con


le stesse forme di cui al comma 4, il consenso prestato, anche quando la
revoca comporti l’interruzione del trattamento. Ai fini della presente legge,
sono considerati trattamenti sanitari la nutrizione artificiale e l’idratazione
artificiale, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti
mediante dispositivi medici. Qualora il paziente esprima la rinuncia o il rifiuto
di trattamenti sanitari necessari alla propria sopravvivenza, il medico
prospetta al paziente e, se questi acconsente, ai suoi familiari, le
conseguenze di tale decisione e le possibili alternative e promuove ogni
azione di sostegno al paziente medesimo, anche avvalendosi dei servizi di
assistenza psicologica. Ferma restando la possibilità per il paziente di
modificare la propria volontà, l’accettazione, la revoca e il rifiuto sono
annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.

6. Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il


trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è
esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere
trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o
alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non
ha obblighi professionali.

7. Nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti


dell’équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà
del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di
recepirla.

8. Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di


cura.

9. Ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità


organizzative la piena e corretta attuazione dei princìpi di cui alla presente
legge, assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata
formazione del personale.

10. La formazione iniziale e continua dei medici e degli altri esercenti le


professioni sanitarie comprende la formazione in materia di relazione e di
comunicazione con il paziente, di terapia del dolore e di cure palliative.

11. È fatta salva l’applicazione delle norme speciali che disciplinano


l’acquisizione del consenso informato per determinati atti o trattamenti
sanitari.

Art. 2.

(Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e dignità


nella fase finale della vita)

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1. Il medico, avvalendosi di mezzi appropriati allo stato del paziente, deve


adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto o di revoca
del consenso al trattamento sanitario indicato dal medico. A tal fine, è sempre
garantita un’appropriata terapia del dolore, con il coinvolgimento del medico
di medicina generale e l’erogazione delle cure palliative di cui alla legge 15
marzo 2010, n. 38.

2. Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza


di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella
somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati.
In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può
ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la
terapia del dolore, con il consenso del paziente.

3. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa


sono motivati e sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario
elettronico.

Art. 3.

(Minori e incapaci)

1. La persona minore di età o incapace ha diritto alla valorizzazione delle


proprie capacità di comprensione e di decisione, nel rispetto dei diritti di cui
all’articolo 1, comma 1. Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla
propria salute in modo consono alle sue capacità per essere messa nelle
condizioni di esprimere la sua volontà.

2. Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o


rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo
conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo
grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e
della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità.

3. Il consenso informato della persona interdetta ai sensi dell’articolo 414 del


codice civile è espresso o rifiutato dal tutore, sentito l’interdetto ove possibile,
avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita della
persona nel pieno rispetto della sua dignità.

4. Il consenso informato della persona inabilitata è espresso dalla medesima


persona inabilitata. Nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di
sostegno la cui nomina preveda l’assistenza necessaria o la rappresentanza
esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato
anche dall’amministratore di sostegno ovvero solo da quest’ultimo, tenendo
conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di
intendere e di volere.

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5. Nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o


inabilitata oppure l’amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni
anticipate di trattamento (DAT) di cui all’articolo 4, o il rappresentante legale
della persona minore rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che
queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice
tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei
soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del
rappresentante legale della struttura sanitaria.

Art. 4.

(Disposizioni anticipate di trattamento)

1. Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione


di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito
adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può,
attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti
sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o
scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. Indica altresì una persona
di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e la
rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie.

2. Il fiduciario deve essere una persona maggiorenne e capace di intendere e


di volere. L’accettazione della nomina da parte del fiduciario avviene
attraverso la sottoscrizione delle DAT o con atto successivo, che è allegato
alle DAT. Al fiduciario è rilasciata una copia delle DAT. Il fiduciario può
rinunciare alla nomina con atto scritto, che è comunicato al disponente.

3. L’incarico del fiduciario può essere revocato dal disponente in qualsiasi


momento, con le stesse modalità previste per la nomina e senza obbligo di
motivazione.

4. Nel caso in cui le DAT non contengano l’indicazione del fiduciario o questi
vi abbia rinunciato o sia deceduto o sia divenuto incapace, le DAT
mantengono efficacia in merito alle volontà del disponente. In caso di
necessità, il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di
sostegno, ai sensi del capo I del titolo XII del libro I del codice civile.

5. Fermo restando quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 1, il medico è


tenuto al rispetto delle DAT, le quali possono essere disattese, in tutto o in
parte, dal medico stesso, in accordo con il fiduciario, qualora esse appaiano
palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica attuale
del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della
sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle
condizioni di vita. Nel caso di conflitto tra il fiduciario e il medico, si procede
ai sensi del comma 5 dell’articolo 3.

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6. Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata
autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal
disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza del
disponente medesimo, che provvede all’annotazione in apposito registro, ove
istituito, oppure presso le strutture sanitarie, qualora ricorrano i presupposti di
cui al comma 7. Sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo
e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Nel caso in cui le
condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere
espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla
persona con disabilità di comunicare. Con le medesime forme esse sono
rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. Nei casi in cui ragioni di
emergenza e urgenza impedissero di procedere alla revoca delle DAT con le
forme previste dai periodi precedenti, queste possono essere revocate con
dichiarazione verbale raccolta o videoregistrata da un medico, con
l’assistenza di due testimoni.

7. Le regioni che adottano modalità telematiche di gestione della cartella


clinica o il fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di
gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale possono,
con proprio atto, regolamentare la raccolta di copia delle DAT, compresa
l’indicazione del fiduciario, e il loro inserimento nella banca dati, lasciando
comunque al firmatario la libertà di scegliere se darne copia o indicare dove
esse siano reperibili.

8. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il
Ministero della salute, le regioni e le aziende sanitarie provvedono a
informare della possibilità di redigere le DAT in base alla presente legge,
anche attraverso i rispettivi siti internet.

Art. 5.

(Pianificazione condivisa delle cure)

1. Nella relazione tra paziente e medico di cui all’articolo 1, comma 2, rispetto


all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o
caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta, può essere
realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico,
alla quale il medico e l’équipe sanitaria sono tenuti ad attenersi qualora il
paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio
consenso o in una condizione di incapacità.

2. Il paziente e, con il suo consenso, i suoi familiari o la parte dell’unione


civile o il convivente ovvero una persona di sua fiducia sono adeguatamente
informati, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, in particolare sul possibile
evolversi della patologia in atto, su quanto il paziente può realisticamente
attendersi in termini di qualità della vita, sulle possibilità cliniche di intervenire
e sulle cure palliative.

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3. Il paziente esprime il proprio consenso rispetto a quanto proposto dal


medico ai sensi del comma 2 e i propri intendimenti per il futuro, compresa
l’eventuale indicazione di un fiduciario.

4. Il consenso del paziente e l’eventuale indicazione di un fiduciario, di cui al


comma 3, sono espressi in forma scritta ovvero, nel caso in cui le condizioni
fisiche del paziente non lo consentano, attraverso videoregistrazione o
dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare, e sono
inseriti nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico. La
pianificazione delle cure può essere aggiornata al progressivo evolversi della
malattia, su richiesta del paziente o su suggerimento del medico.

5. Per quanto riguarda gli aspetti non espressamente disciplinati dal presente
articolo si applicano le disposizioni dell’articolo 4.

Art. 6.

(Norma transitoria)

1. Ai documenti atti ad esprimere le volontà del disponente in merito ai


trattamenti sanitari, depositati presso il comune di residenza o presso un
notaio prima della data di entrata in vigore della presente legge, si applicano
le disposizioni della medesima legge.

Art. 7.

(Clausola di invarianza finanziaria)

1. Le amministrazioni pubbliche interessate provvedono all’attuazione delle


disposizioni della presente legge nell’ambito delle risorse umane, strumentali
e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 8.

(Relazione alle Camere)

1. Il Ministro della salute trasmette alle Camere, entro il 30 aprile di ogni


anno, a decorrere dall’anno successivo a quello in corso alla data di entrata
in vigore della presente legge, una relazione sull’applicazione della legge
stessa. Le regioni sono tenute a fornire le informazioni necessarie entro il
mese di febbraio di ciascun anno, sulla base di questionari predisposti dal
Ministero della salute.

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Caso Quinlan 1976


per la prima volta autorizzazione dell’interruzione delle terapie di sostegno delle funzioni
vitali di una paziente in stato vegetativo permanente, sulla base esclusiva della richiesta dei
genitori della paziente medesima. A seguito del rifiuto dei medici di interrompere le terapie di
sostegno, i giudici del NEW Jersey cui si erano rivolti i genitori della Quinlan, hanno stabilito
che il diritto di rifiutare i trattamenti terapautici rientra nel più ampio diritto alla privacy , che
esclude l’ingerenza di Terzi .
Pertanto non essendo più la Quinlan capace di esprimere la propria volontà, il tribunale ha
ritenuto che il diritto a rifiutare i trattamenti terapeutici poteva essere legittimamente esercitto
dai genitori, in quando portatori di un giudizio sostitutivo ( subtitute judgemente) in linea con
il sistema dei valori della paziente, in mancanza di una DAT

Caso Cruzan 1990


Missouri.La Corte ha autorizzato l’interruzione dell’alimentazione e dell’idratazione di una
paziente in SV permanente, richiesta dai genitori della paziente sulla scorta di testimonianza
ritenute convincenti nel corso del giudizio.
La Corte però ha negato che l’esercizio del diritto di autodeterminazione potesse ricondursi
al substitute judgement affermatosi nel caso Quinlan, in mancanza di Dat.
Necessità di dimostrare, sulla base di prove chiare e convincenti. la volontà del paziente

Caso Schiavo 2005


Florida. La Corte d’appello ha accolto la richiesta del rappresentante legale di una paziente
in SV permanente di interrompere l’alimentazione e idratazione della paziente medesima,
pur in assenza di DAT e contrariamente alla volontà dei genitori della diretta interessata.

Caso Bland - regno Unito


Best interest del paziente . House of Lords le terapie di sostegno ai pazienti in SV
permanente sono trattamenti teraputici, la cui somministrazione deve essere valutata dal
medico curante. Non è tenuto a praticare le terapie in parola se non producono alcun
benificio.
Il medico ha l’obbligo di sospendere i trattamenti in questione quand'anche il paziente non
abbia precedentemento espresso alcuna opinione o volontà in merito, può somministrare
sostanze che hanno effetto di accelerare il decesso del paziente

Caso Englaro 2007


Si ricollega alla sentenza Cruzan.
Il procedimento arrivò fino alla Corte di cassazione, che nel marzo 2006 respinse le
richieste della famiglia Englaro per un vizio del procedimento
A seguito di un nuovo ricorso del padre, la Corte di Cassazione rinviò il caso «ad una
diversa sezione della Corte d'Appello di Milano». La sentenza, depositata il 16 ottobre
2007, stabilì due presupposti necessari per poter autorizzare l'interruzione
dell'alimentazione artificiale:
- quando la condizione di SV sia irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico,
secondo gli standard scientifici internazionali, che lasci supporre la benchè minima
possibilità di un qualche recupero della coscienza e di ritorno alla percezione di
mondo esterno
- se sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova
chiari, della voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni o

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dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, prima di cadere in
stati di incoscienza.
- Ove l’uno o l’altro presupposto non sussista, il giudice deve negare l’autorizzazione,
dovendo allore essere data incondizionata prevalenza al diritto alla vita.
Con il decreto del 9 luglio 2008, la Corte d'Appello civile di Milano autorizzò Beppino
Englaro, in qualità di tutore, ad interrompere il trattamento di idratazione ed alimentazione
forzata che manteneva in vita Eluana per «mancanza della benché minima possibilità di un
qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo
esterno».

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