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IL CONTROLLO SOCIALE

Il controllo sociale è l'insieme degli strumenti che una società utilizza per punire coloro che
trasgrediscono e anche per disincentivare la trasgressione.
Gli strumenti esteriori sono rappresentati dalle sanzioni, ad esempio se un ladro ruba verrà
arrestato. Se un ragazzo invece a scuola imbratta le pareti, sarà sanzionato con una nota. Se
un'amica spiffera un segreto, non riceverà una vera e propria sanzione.

Le sanzioni possono essere:


1) formali (nel caso del ladro e del ragazzo che imbratta la scuola), esse sono inflitte a chi
trasgredisce una norma giuridica.
2) informali (come nel terzo esempio) in cui la sanzione non è di tipo giuridico.

Le sanzioni formali sono scritte, esplicite e sono stabilite a priori, nel senso che chi va a
rubare sa che sarà punito e incarcerato.
Le sanzioni informali non sono scritte e vengono applicate sul momento
Questi erano gli strumenti esteriori, gli strumenti interiori riguardano invece tutti quei
meccanismi con i quali si cerca di prevenire comportamenti devianti.

Le istituzioni che solitamente si assumono questo compito sono le istituzioni educative come
la famiglia e la scuola
L'intensità del controllo sociale può variare da istituzione ad istituzione. Vi sono istituzioni in
cui il controllo sociale è assoluto, sono quelle istituzioni che Goffman chiama: totali. Ad
esempio sono: ad esempio le caserme, manicomi, case di riposo, istituti penitenziari ecc. In
tutte queste istituzioni ad esempio ci sono regole rigide che vincolano le persone che spesso
sono tagliati dalla società.
Queste istituzioni hanno la caratteristica di impossessarsi della vita delle persone che
vivono per vari motivi dentro l'istituzione. Per cui sentono oppressi e deprivati.

IL CARCERE

Concentriamo l'attenzione sul carcere che ha destato l'interesse di molti intellettuali.


L'idea secondo la quale il carcere è un luogo in cui il colpevole va ad espiare la sua pena. Nel
passato il carcere aveva un altro significato e un altra valenza.
Prima del 700 chi commetteva un reato non veniva punito col carcere ma col supplizio
(ovvero la morte) e nel mentre che aspettava il supplizio, aspettava in carcere.
Queste torture avvenivano pubblicamente, per fare da monito agli altri
Le cose cambiano nel corso del 700, con l'avvento dell'illuminismo.
Gli intellettuali iniziano a pensare che la vittima debba essere punita con punizioni più
umane e meno cruente. I primi a fare un carcere del genere furono i quaccheri.
Sembrava un monastero all'interno e il detenuto, nel silenzio assoluto poteva riflettere e
pensare. Si inizia a pensare al carcere come posto in cui redimersi. Questi carceri erano
organizzati in maniera tale che i detenuti potessero essere sempre sorvegliati.
Molti psicologi e psichiatri si sono interrogati sulla funzione sociale del carcere, si chiedono
quale scopo può avere la pena inflitta.
Gli intellettuali si sono divisi in due posizioni opposte. Alcuni sostengono le teorie retributive,
altri le teorie utilitaristiche.
Retributive sostanzialmente dice che la pena è la retribuzione del danno causato. La pena
inflitta a un deviante deve essere proporzionale al danno causato dal deviante.
Secondo le teorie utilitaristiche il carcere ha una sua utilità come ad esempio la
neutralizzazione del pericolo causata dal colpevole cioè: se qualcuno commette un reato e
viene messo dentro, non potrà più commetterlo.
Prevenzione dei reati. Infine la possibilità di reintegrare nella società chi ha sbagliato. Negli
ultimi anni, con l'avvento delle democrazie le pene non possono essere crudeli ma devono
essere certe.
Oggi prevale l'idea che il carcere sia un posto per riabilitarsi e reinserirsi. Ciò prevede che il
detenuto sia collborativo. Il detenuto collaborativo gode di un regime carcerario più mite, ad
esempio si può uscire per buona condotta. Il problema è che quando il detenuto esce, la sua
fedina resta sporca e rimane come marchiato. Secondo molti il carcere deve riabilitare il
soggetto e questa è la funzione manifesta, come direbbe Merton, la funzione latente è quella
di ripristinare l'equilibrio rotto nella società.

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