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STORIA DEL DIRITTO MEDIEVALE E MODERNO

L’ETA MODERNA
1) GIUSNATURALISMO
1.1) INTRODUZIONE
Il giusnaturalismo è cronologicamente datato nel 1600 e con questo termine si
indicano una serie di dottrine/un movimento di pensiero che hanno un filo comune: la
fondazione del presupposto del diritto naturale.
Infatti, il Giusnaturalismo viene a diffondersi in più stati europei, che a loro volta
hanno caratterizzato diversamente la linea di pensiero del giusnaturalismo,
aggiungendo più sfumature ad essa.
Ogni dottrina ha degli elementi in comune con gli altri:
1) Lo Ius naturae: il diritto naturale possiamo considerarlo come un insieme di
principi fondamentali universali innati in ogni essere umano (integrità fisica,
alla vita, libertà di religione, alla proprietà privata ecc.).
Un esempio comune e ancora attuale di diritto naturale è quello della proprietà
privata sancito dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nell’articolo
17.
2) I giusnaturalisti, inoltre, pongono l'accento sul carattere razionale: un diritto
espressione di ragione. I giusnaturalisti affermano che l'uomo è un essere
razionale.
Norberto Bobbio afferma che il giusnaturalismo è dualistico: diritto naturale e
diritto positivo.
A differenza dei giuspositivisti che ritengono che esista solo il diritto positivo,
per i giusnaturalisti esiste sia il diritto positivo che il diritto naturale.
Il diritto positivo è il diritto posto in essere (realizzato) in quel determinato
ordinamento giuridico e in quel determinato periodo storico quindi, il
giusnaturalismo afferma che è un buon diritto se il diritto positivo rispetta il
diritto naturale dell'uomo.
Come siamo arrivati al giusnaturalismo?
Viene meno la concezione unitaria, di stampo medievale, che aveva i suoi due
principali riferimenti nella Chiesa, da un lato, e nell’Impero, dall’altro (da un punto di
vista religioso: crisi dell’universalismo cristiano cattolico; da un punto di vista
politico: aumenta il potere dei singoli Stati.
Le caratteristiche del giusnaturalismo sono:
1) Idea dell'esistenza di diritti soggettivi innati propri di ciascun individuo;
2) Idea di un originario stato di natura anteriore alla società politica e civile.
Lo stato di natura viene definito presociale.
3) Idea di contratto sociale che fonda lo stato e il potere legittimo.
4) Esigenza di realizzare un ri-ordinamento razionale del diritto positivo.
Il giusnaturalismo deriva dalla scuola di Salamanca, che è un altro movimento di
pensiero che si sviluppa in Spagna, in Salamanca, nel 1500, grazie anche e soprattutto
alla Siglo De Oro, periodo tra il 1500-1600 di fioritura economica spagnola grazie
alla scoperta dell'America.
I teologi di Salamanca, però, vedono ancora nel diritto naturale un diritto divino,
Grozio invece è il primo a visionare una concezione laica del diritto.
1.2) I PRINCIPALI AUTORI DEL GIUSNATURALISMO SONO:
-Ugo Grozio (1583-1645)
Il giurista Ugo Grozio viene considerato il padre del diritto internazionale e del diritto
giusnaturalismo.
Ugo Grozio è un giurista/avvocato/filosofo olandese e con esso si afferma la dottrina
del giusnaturalismo.
Con Grozio si afferma la dottrina filosofico-giuridica del GIUSNATURALISMO,
secondo la quale esiste un diritto naturale che esprime i principi universali della
razionalità umana e sul quale deve fondarsi il diritto positivo
Per Grozio, come abbiamo già detto in precedenza, il diritto naturale nasce anche se
ammettessimo che Dio non esiste: il diritto naturale si fonda sulla ragione umana →
laicizzazione del diritto naturale.
Delle sue opere più famose ricordiamo:

1) "de iure belli ac Pacis", un'opera in cui identifica una serie di principi e regole
generali fondate sulla ragione valide per tutti gli uomini e per tutti gli stati
In italiano detto “il diritto della guerra e della pace”, è l’opera di Grozio per cui
viene ricordato di più.
Possiamo riassumere in tre punti fondamentali quest’opera:
1. Pactas und serrande: bisogna rispettare i patti
2. Non rubare e restituire il maltolto.
3. Risarcimento del danno eventualmente cagionato.
Grozio teorizza lo stato di natura come uno stato di pacifica convivenza
caratterizzata da appetitus societatis
L'appetitus societatis spinge l'individuo a vivere in comunità, ma non in una
società qualsiasi, bensì razionalmente organizzata) dell'essere umano.
2) Il mare liberum è il suo primo trattato che è trattato su libertà di navigazione
che va contro a loro che avevano a quel tempo privatizzato i mari.
3) "1631 introduzione alla giurisprudenza olandese" resoconto dettagliato di
quelle che erano le norme del diritto seicentesco olandese.
L’Olanda aveva un insieme di diritti intrinseci con il diritto romano, e nello
specifico diritti locali di stampo olandese (anche consuetudini).
-Thomas Hobbes (1588-1679) (assolutismo=diritto divino)
Thomas Hobbes è stato un filosofo britannico, antesignano (anticipatore) del
Giuspositivismo, teorico dell’assolutismo e le sue opere principali sono il de cive
(contrapposizione tra stato civile e stato di natura) e il leviatano.
1) Il leviatano di Hobbes
Nel leviatano diede espressione teorica vigorosa ai fondamenti teorici
dell'assolutismo
Il leviatano era una creatura mostruosa che impersonifica lo stato (l'autorità).
Il gigante regge in una mano una spada, simbolo del potere temporale, e nell'altra il
pastorale, simbolo del potere religioso, a indicare che, secondo Hobbes, i due poteri
non vanno separati.
In questa opera, Hobbes afferma che lo stato di natura è una condizione infelice: è
caratterizzata dagli istinti primordiali, dalla violenza, dall’egoismo.
Secondo Hobbes il contratto sociale del giusnaturalismo è un patto con cui i sudditi si
assoggettano allo stato, in cui rinunciano a tutti i loro poteri (diritti) alla autorità (il
Sovrano).
Le parti del contratto sociale viene stipulato soltanto dai sudditi, non dai sudditi e dal
sovrano.
Se il Sovrano non è parte del contratto sociale, significa che non ha nessun dovere nei
confronti dei sudditi.
Quindi, nella visione di Hobbes, i diritti naturali vanno al sovrano assoluto.
Diciamo assoluto perché ab solutus, cioè, sciolto, libero da qualsiasi vincolo nei
confronti dei singoli.
Ha il potere di amministrazione della giustizia, ecc. però non ha nessun dovere nei
confronti dei sudditi.
I sudditi hanno quindi soltanto i diritti che il Sovrano concede loro.
La conseguenza giuridica di questo è che il diritto positivo si identifica con la legge
del sovrano.
Hobbes, infatti, è considerato un giusnaturalista volontarista.
Laddove la legge non proibisce una determinata azione, allora il suddito può
compierla.
Quindi per Hobbes la legge è tutto diritto positivo prodotto dal sovrano.
In questo caso l'interpretazione della legge spetta al sovrano.
Il mezzo che utilizza il sovrano per l'interpretazione sono dei magistrati nominati
appositamente da lui.
-John Locke (1632-1704) (liberalismo=sovrano limitato e no divino)
John Locke è il principale teorico del liberalismo inglese.
Si contrappone con Hobbes per le loro teorie giusnaturaliste contrastanti.
In Hobbes lo stato esce rafforzato, in Locke le teorie giusnaturaliste arrivano a
potenziare l'individuo.
Anche per Locke il potere legislativo è il potere più importante da esercitare, però la
legge per lui è un'espressione di positivizzazione del diritto naturale.
Il sovrano deve trasporre in norme giuridiche scritte valide negli ordinamenti
giuridici da riconoscere in ciascuno individuo senza distinzioni di sesso. ecc.
Per Hobbes il Sovrano poteva anche non garantire dei diritti, per Locke il Sovrano ha
dei doveri nei confronti dei sudditi quindi il contratto sociale si stipula tra sovrano e
sudditi.
Per Locke, inoltre, il potere legislativo deve essere assegnato ad un organo
rappresentativo (separazione dei poteri): non teorizza davvero la separazione dei
poteri però mette delle basi di pensiero (chi teorizza la separazione dei poteri è
Montesquieu).
Se il Sovrano viene meno nei confronti del contratto e quindi nei confronti dei suoi
doveri, allora i sudditi possono ribellarsi e questo diritto è chiamato diritto di
resistenza, chiamato da Locke "appello al cielo".
Lo Stato, quindi, diventa per Locke garantista: deve garantire tutti quei diritti naturali
fondamentali per l’uomo come l’autonomia privata.
L’ETA DELLE RIFORME: ILLUMINISMO GIURIDICO
2)ILLUMINISMO
2.1) INTRODUZIONE
L’illuminismo è una corrente di pensiero che si sviluppa nel 1700 ed affronta una
serie di problematiche relative alla stretta attualità per la società europea.
Il più importante è l’illuminismo francese al confronto dell'Inghilterra perché la
Francia affronta varie rivoluzioni.
L'Europa nel 1700 vive una situazione di crisi sotto vari profili: ad esempio la Francia
vive una situazione di crisi profonda dal punto di vista delle istituzioni politiche,
incapaci di risolvere una serie di problematiche (Luigi XVI) anzitutto di carattere
economico.
In Europa, più in generale, il sistema giuridico è un diritto incerto.
L’illuminismo critica gli aspetti di crisi dell'Europa settecentesca e gli illuministi
prescrivono una serie di riforme per uscire da questa crisi globale.
Il mezzo per uscire da questa crisi è la ragione umana.
Il diritto romano deve essere sostituito: deve essere aggiornato, scritto attraverso un
linguaggio semplice, deve essere accessibile a tutti.
Il latino non deve essere più essere linguaggio utilizzato nei testi di legge e quindi
deve esserci non etero integrità.
2.2) AUTORI
I tre pilastri dell'illuminismo sono:
1) Montesquieu
2) Voltaire
3) Rousseau

MONTESQUIEU
Fu l’autore de “L’Esprit des lois” (1748), data convenzionale di inizio
dell’illuminismo giuridico
• Le LEGGI sono i RAPPORTI NECESSARI CHE DERIVANO DALLA NATURA
DELLE COSE, determinate da variabili empirico naturalistiche, dal clima
all’economia, ai costumi, alla religione, alla forma di governo.
• Il DIRITTO NATURALE non rappresenta un modello superiore unico per il diritto
positivo, ma si adatta alle condizioni storico ambientali di ciascun popolo
RELATIVISMO GIURIDICO
Lo SPIRITO DELLA LEGGE è l’INSIEME DEI RAPPORTI TRA LEGGE E
VARIABILI.
• La principale delle variabili con cui le leggi entrano in rapporto necessario è la
FORMA DI GOVERNO.
• In relazione a ciascuna forma di governo si genera nella popolazione un sentimento
che ispira la condotta collettiva.
L’autore riprende e riformula la tripartizione aristotelica dei regimi politici
considerando tre forme di governo: le tre principali forme di governo idealizzate da
Montesquieu sono: repubblicana, monarchica, dispotica.
1. FORMA REPUBBLICANA: distinta in democratica, se il potere risiede tutto nel
popolo, e aristocratica, se risiede in una parte della popolazione (l’aristocrazia).
Carattere principale di questa forma di governo è la VIRTÙ, intesa come amore per le
leggi e per la patria e come conseguimento dell’uguaglianza (es. Venezia e Genova).
2. FORMA MONARCHICA: quando il potere è concentrato nelle mani di un
SOVRANO, che agisce con l’ausilio di LEGGI FISSE e di CORPI INTERMEDI,
come la nobiltà (canali attraverso i quali il potere scorre dall’alto verso il basso
della società).
Carattere principale di questa forma di governo è l’ONORE, inteso come fedeltà
al proprio rango, al proprio ceto (es. Inghilterra e Francia).
Le monarchie principali sono i modelli della Francia e dell’Inghilterra in
particolare nella Francia vi è il perseguimento della gloria in Inghilterra invece il
valore della libertà.
3.FORMA DISPOTICA: il tiranno agisce secondo i propri capricci, in assenza di
leggi fisse.
Principale caratteristica è la PAURA (es. Turchia)
Le forme di governo repubblicana e monarchica hanno per scopo la tutela della
libertà: la libertà non consiste nel fare tutto ciò che si vuole, ma nel «diritto di fare ciò
che le leggi consentono».
La tutela della libertà impone:
1) un certo tipo di COSTITUZIONE la quale deve garantire la SEPARAZIONE
DEI POTERI: POTERE LEGISLATIVO, ESECUTIVO e GIUDIZIARIO
devono risiedere in organi distinti.
La concentrazione di questi poteri in un’unica persona nuoce alla libertà.
Il GIUDICE dev’essere semplice BOUCHE DE LA LOI (BOCCA DELLA
LEGGE)
2) un certo tipo di LEGISLAZIONE PENALE: ovvero dev’essere assicurata la
BONTÀ DELLE LEGGI PENALI.
VOLTAIRE
• Non è un uomo di legge (solo per alcuni mesi, nel 1714, fu praticante presso un
avvocato), ma sviluppa una vivace critica ideologica nei confronti della cultura
giuridica del suo tempo.
• Nelle sue opere: denuncia delle ingiustizie e dell’oscurantismo della Francia
d’ancien régime con il costante uso di una sottile ironia
• Grande avversario dello spirito di intolleranza della Chiesa di Roma.
• Sostenitore dell’esistenza di un Dio architetto dell’universo, che si regola secondo
leggi non sempre comprensibili e favorevoli agli esseri umani.
• Contro ogni forma di ottimismo (Candido), afferma con decisione l’esistenza del
male; ma proprio per questo gli uomini dovrebbero smettere di uccidersi, torturarsi,
perseguitarsi l’un l’altro per futili ragioni politiche o religiose e cercare invece ciò
che li accomuna, mettendo in pratica la vera morale evangelica.
• Bersagli privilegiati:
1.La Chiesa (POLEMICA ANTICONFESSIONALE): critica radicale contro ogni
forma di fanatismo, di dogmatismo, di superstizione presenti nella tradizione
religiosa e nella storia dell’uomo.
2. I ceti privilegiati (POLEMICA ANTINOBILIARE E ANTIFEUDALE): attacco ai
ceti privilegiati, in nome del progresso, del liberismo economico e dell’uguaglianza
dei diritti.
3. L’ordinamento giuridico coevo, il particolarismo giuridico (POLEMICA
ANTIGIURIDICA): convinzione che esista una giustizia naturale, razionale e
universale.
Le leggi umane, invece, costituiscono un arbitrario allontanamento da questa legalità
universale e risultano sovrabbondanti, confuse e contraddittorie.
4.La forma politica della Francia di antico regime (POLEMICA
COSTITUZIONALE): il sistema politico entro cui può realizzarsi la libertà
dell’uomo è l’assolutismo illuminato (verso cui vanno le sue simpatie).
•Obiettivi:
a) La libertà (di pensiero e di espressione)
b) L’unità giuridica attraverso la legge, da costruire mediante l’abrogazione delle
leggi attuali e la loro sostituzione con un nuovo ordinamento
c) Un sistema penale più giusto: biasima l’uso della tortura quale strumento
processuale volto ad ottenere la confessione, ammettendola soltanto verso le
categorie di criminali più abiette (come i parricidi) e propone una massiccia riduzione
dei casi di applicazione della pena di morte (da sostituire con la pena dei lavori
forzati).
d) L’Uguaglianza giuridica di tutti i sudditi (eliminazione del particolarismo giuridico
soggettivo), in parte contraddetta dal suo razzismo e antisemitismo.
• Tolleranza religiosa: Traité sur la tolerance (1763), scritto in occasione dell’affaire
Calas, caso giudiziario avvenuto negli anni Sessanta del XVIII secolo a Tolosa, reso
celebre per l'intervento di Voltaire, il quale riuscì ad ottenere la revisione del
processo.
Jean Calas era un protestante di Tolosa accusato di aver ucciso suo figlio, trovato
impiccato (probabilmente si era suicidato) per evitare che si convertisse al
cattolicesimo.
Jean Calas è condannato a morte dal Parlamento di Tolosa nel 1762: giustiziato con il
supplizio della ruota e successivo strangolamento.
1765: Voltaire riesce a ottenere la revisione del processo e la proclamazione
dell’innocenza di Calas, la cui memoria viene così riabilitata.
ROUSSEAU
• Nato a Ginevra nel 1712 da una famiglia di umili origini (il padre è un orologiaio), è
autore di una serie di opere, tra cui il Contrat social (1762), un condensato di idee
politico-giuridiche di straordinario rilievo ed influenza per le dottrine politiche e
costituzionali moderne, il “manuale” di pedagogia politica e di teoria generale del
diritto adottato durante il periodo rivoluzionario.
• È invitato da Diderot a collaborare all’Encyclopédie e nel 1755 scrive la voce
Economie, che nel 1758 appare come scritto autonomo con il nome Économie
politique, nel quale già emergono i concetti fondamentali della sua opera sul contratto
sociale.
• Il passaggio dell’uomo dallo stato di natura allo stato sociale, accompagnandosi con
l’istituzione della proprietà privata, ha portato a un processo di degenerazione morale
con enormi disuguaglianze sociale.
Per uscire da questa situazione l’unica via è una rifondazione della società, un patto
che trasformi i sudditi in cittadini, gli schiavi in uomini liberi, stabilendo la cessione
di tutti i propri diritti, da parte di ciascun membro del corpo sociale, alla comunità.
• Nel Contrat social (1762) Rousseau insiste sulla necessità di un «patto» fra
governanti e governati, vincolante per i primi e garantista per i secondi, in particolare
per il rispetto dei loro diritti «innati».
A differenza di Montesquieu, dimostra propensione per la democrazia diretta, che
assicurano una maggiore partecipazione popolare, e si dimostra propenso al suffragio
universale.
La sovranità popolare (unica, inalienabile e indivisibile) appartiene al popolo e non al
sovrano.
La legge è espressione della volontà generale in senso attivo e passivo: deriva dalle
deliberazioni collettive del popolo ed ha come destinatari tutti gli individui (non deve
creare privilegi).
Tale definizione si ritrova nell’art. 6 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino dell’agosto 1789.
L’aggettivo “generale” riveste un duplice significato:
1. La legge è espressione di una volontà che è generale quanto all’origine perché
promana da tutti i membri della collettività politica;
2. La legge è espressione di una volontà che è generale quanto all’oggetto di
destinazione perché riguarda problemi dell’intera collettività.
• Problema del rapporto giudice-legge: Rousseau, a differenza di Montesquieu, si
mostra incline a concedere al giudice una certa discrezionalità che gli permetta di
supplire alle eventuali lacune normative con il lume del buon senso.
Per impedire che tale discrezionalità degeneri e si trasformi in arbitrio, secondo
Rousseau è necessario che la magistratura sia temporanea e non professionale.
L’ENCYCLOPEDIE
Denis Diderot (filosofo e scrittore) e JeanBaptiste d’Alembert (matematico)
promuovono l’Encyclopédie (Dizionario ragionato della scienza, delle arti e dei
mestieri), sintesi del pensiero settecentesco riformista nelle sue molteplici
componenti.
• Il risultato sono 17 volumi e 60.000 voci enciclopediche in lingua francese.
L’obiettivo culturale sotteso all’‘impresa’ dell’Encyclopédie è quello di disegnare una
grande mappa aggiornata della conoscenza universale dell’epoca.
Vi partecipano i maggiori esponenti dei lumi: i due curatori (Diderot e d’Alembert),
Montesquieu, Voltaire, Rousseau, Helvétius (filosofo francese), il barone d’Holbach
(filosofo tedesco naturalizzato francese) e autori minori come Louis de Jaucourt,
medico ma conoscitore anche del diritto e di altre discipline (tra i maggiori
contributori dell’opera; scrive oltre 17.000 voci, ossia circa il 25%
dell’Encyclopédie).
2.3) ILLUMINISMO ITALIANO
• Due poli: lombardo e napoletano
Principali esponenti dell’Illuminismo lombardo: Cesare Beccaria e i fratelli Verri
(Pietro e Alessandro Verri)
Principali esponenti dell’Illuminismo napoletano: Gaetano Filangieri (autore della
Scienza della legislazione – 1780- 1788), Antonio Genovesi e Francesco Mario
Pagano (autore delle Considerazioni sul processo criminale

ILLUMINISMO LOMBARDO
• Nasce a Milano l’Accademia dei Pugni intorno a Pietro (1728-1797) ed Alessandro
Verri (1741-1816), Cesare Beccaria, Alfonso Longo, Giambattista Biffi e Luigi
Lambertenghi, membri del patriziato milanese con idee riformiste.
L'Accademia dei Pugni, che si riuniva in casa di Pietro Verri in contrada del Monte
(oggi via Monte Napoleone), deve il curioso nome all'animosità delle discussioni che
vi si svolgevano che metaforicamente venivano descritte "come se si facesse a
pugni”.
L'animosità era l’espressione di contrasti di tipo ideologico, metodologico, politico
religioso e sociologico
In seno all'accademia fu fondata la rivista “Il Caffè”, pubblicato dal giugno 1764 al
maggio 1766 come foglio illuminista.
Si chiamava il caffè perché:
1) Nel 1700 si stavano diffondendo i caffè, cioè i bar e si discuteva di una serie di
cose
2) Per le proprietà risvegliative che ha questa bevanda
Questo periodico critica l'antico diritto romano, che non può più essere un diritto
applicabile a quel tempo.
Ad esempio, furono fatte diverse osservazioni sui fedi commessi: in uno scritto si
critica l’istituto dei fedi commessi e ne si chiede l'abolizione (il fedecommesso è un
istituto dell'antica Roma in virtù del quale un patrimonio di un casale nobiliare
doveva rimanere integro e trasmesso al primogenito maschio in toto.
PIETRO VERRI
• Nell’articolo intitolato «Sulla interpretazione delle leggi», pubblicato nel 1765 sul
periodico «Il Caffè», richiama il pensiero di Montesquieu, distinguendo nettamente
tra il ruolo della legge, considerata come «ordine pubblico del Sovrano che obbliga le
azioni de’ sudditi generalmente», e quello del giudice che dev’essere «servo della
legge e mero esecutore di essa letteralmente».
I giusdicenti devono diventare «servili esecutori».
ALESSANDRO VERRI
Impostazione giuridica più marcata rispetto a quella del fratello maggiore Pietro, con
il quale scrisse un ricchissimo carteggio, il più ampio e importante del Settecento.
• Nell’articolo intitolato Ragionamento sulle leggi civili, pubblicazione di carattere
giuridico apparsa su «Il Caffè» nel 1765, rilevava la mancanza di certezza del diritto
nell’ambito del coevo sistema di diritto comune, per superare la quale era necessario
«sostituire alle questioni le leggi, alla interpretazione la ininterpretabil lor chiarezza,
ai dubbi gli assiomi, alla molteplicità la concisione (…)», in nome della
semplificazione e della chiarezza legislativa (idea del superamento del vecchio diritto
comune).
CESARE BECCARIA
• Autore del breve ma famosissimo trattato “Dei delitti e delle pene” (1764),
manifesto del movimento di riforma del diritto penale settecentesco, che lo rese
celebre in tutta Europa.
L’opera, pubblicata anonima a Livorno nel 1764 (un «libricino» di 47 paragrafi come
lo definirà Manzoni), ebbe un immediato e vasto successo su scala internazionale. In
poche, fitte pagine Beccaria condensa le istanze illuministiche che reclamavano una
profonda riforma del diritto e del processo penale.
I principi sui quali si fonda Beccaria sono i seguenti:
1) Principio di presunzione di innocenza («Un uomo non si può chiamare reo
prima della sentenza del giudice», § XVI).
Il magistrato deve quindi verificare di volta in volta la conformità del fatto alle
prescrizioni legislative e deve accertare l’effettiva colpevolezza dell’imputato.
2) Concezione utilitaristica del diritto penale: la pena dev’essere volta alla difesa
della società con scopo di prevenzione generale e speciale (la PENA deve
svolgere una FUNZIONE DI DIFESA SOCIALE).
3) Principio di legalità del reato e della pena
4) Abolizione della tortura giudiziaria, delle pene inutilmente crudeli e della pena
di morte, frequentemente utilizzate nel processo penale di antico regime.
Sulla tortura giudiziaria, cui si ricorreva ampiamente nella fase istruttoria del
processo.
La tortura giudiziaria è, secondo l’Autore, più che uno strumento giudiziario
per ottenere la confessione di fatto un’afflizione irrogata all’imputato non
ancora riconosciuto responsabile dell’atto illecito e si risolve, quindi, in una
pena anticipata.
Inutilità della tortura giudiziaria: sottoposto ai tormenti chiunque confessa
qualunque cosa.
5) Principio di proporzionalità della pena, che dev’essere mite ma certa e uguale
per tutti i consociati.
Il sistema di reati dev’essere strutturato secondo la gravità del fatto in ordine al
pericolo sociale.
Le leggi penali devono essere chiare, concise, scritte in un codice snello nella
lingua nazionale.
• La codificazione è, per Beccaria, la conditio sine qua non per prevenire gli abusi
giudiziari: una legislazione chiara, certa, priva di oscurità linguistiche costituisce la
miglior tutela del cittadino contro l’arbitrio giudiziario perché la certezza del diritto
elimina l’arbitrio dei giudici, impedendo, per richiamare Montesquieu, lo
sconfinamento del potere giudiziario nel campo del potere legislativo.
• Abolizione della pena di morte, richiesta nel paragrafo XVI: le concezioni
umanitarie si sommano a quelle utilitaristiche
L’inefficacia dissuasiva della pena capitale discende dalle reiterate esibizioni del
supplizio che impressionano sul momento, ma non suscitano nessun effetto realmente
preventivo.
Al fine della prevenzione dei delitti risulta più efficace l’estensione della pena nel
tempo che non la sua intensità.
Distoglie molto di più dalla volontà di commettere reati l’idea dei lavori forzati
perpetui.
• Beccaria sviluppa tre argomenti abolizionisti riguardanti la pena di morte:
1. la pena di morte non ha fondamento giuridico perché non trova fondamento nel
contratto sociale (argomento contrattualistico di origine giusnaturalistica);
2. la pena di morte non è né utile (sicuramente meno utile della detenzione perpetua)
né necessaria salvo in due casi (anarchia; quando sia l’unico rimedio) (argomento
utilitaristico);
3. la pena di morte è inumana, viola il diritto alla vita (argomento morale).
L’ETA DELLE RIFORME
3)LE CODIFICAZIONI
3.1) LE CODIFICAZIONI
Il frutto più maturo degli anni napoleonici fu la codificazione del diritto privato,
penale e processuale.
Solo con l'impresa dei 5 codici voluti da Napoleone e varati tra il 1804 e il 1810
siamo in presenza di un tessuto legislativo disegnato al fine di coprire in modo
esclusivo tutti i principali settori dell'ordinamento tradizionalmente disciplinati dal
diritto comune e dai diritti locali.
I codici di Napoleone sono cinque:
• Codice civile (1804)
• Codice di procedura civile (1806)
• Codice di commercio (1807)
• Codice di procedura penale (1808)
• Codice penale (1810)
3.2) IL CODICE CIVILE
Tra i codici il più rilevante è il Codice civile che costituisce uno dei massimi
monumenti legislativi della Francia e dell’Europa moderna.
La sua genesi non va ricondotta soltanto né principalmente a Napoleone, il quale pure
fu determinante nell'imporre che il progetto giungesse a compimento bensì
all'indirizzo di politica del diritto che si manifestarono prima ma soprattutto dopo la
crisi di termidoro.
 L'iniziativa per la composizione di un Codice civile fu avviata nel culmine del
periodo giacobino e il progetto venne affidato ad un giurista di nome
cambaceres il quale fu autore di tre progetti:
1) Il progetto del 1793 disegnava in 719 articoli l'intero campo del diritto civile
lottando una classica tripartizione di ascendenza gaiana: persone e famiglia,
beni, contratti.
Le scelte erano coerenti con quelle liberali e permissive della rivoluzione,
abolitive della patria potestà e della patria maritale e agevolanti le procedure e i
tempi del divorzio limitative quanto alla quota disponibile nelle successioni
con equiparazione dei figli naturali e legittimi.
Tale progetto venne criticato per essere troppo giuridico e troppo poco
filosofico.
2) Nel novembre 1793 la convenzione aveva incaricato una commissione di sei
filosofi di semplificare drasticamente la struttura del codice ma accaduto
Robespierre una nuova convenzione riprese l'iniziativa è autore del testo fu
ancora Cambaceres il quale in poche settimane presentò un codice di appena
297 articoli redatto in forma di brevi aforismi; era un e esperimento di codice
di princìpi di grande interesse dal punto di vista del metodo che nei contenuti
rispecchiava ancora l'ideologia rivoluzionaria.
Al centro del suo disegno stava al singolo individuo, cioè la persona padrona di
sé stessa padrona dei propri beni padrona di disporne nel proprio interesse
libera anche dai vincoli della patria potestà.
Questa volta le critiche dell'assemblea si appuntarono sull'eccessiva sinteticità
del testo ma aldilà di questo c'era il fatto sostanziale del mutamento politico
seguito alla caduta di Robespierre che rendeva improponibile un codice
ispirato a un'ideologia ormai in crisi.
3) Il passo successivo fu compiuto due anni più tardi quando nel nuovo assetto
costituzionale dell'anno terzo la reazione anti giacobina si manifestava ormai
con forza e con essa andava crescendo la critica ad alcune scelte libertarie del
periodo rivoluzionario.
Fu sempre Cambaceres a redigere 1/3 progetto di Codice civile composto di
1104 articoli nel quale tra l'altro il divorzio veniva circoscritto, la patria potestà
tornava ad affacciarsi e connessa al potere di amministrare i beni della moglie i
diritti successori dei figli naturali erano fortemente ridotti rispetto a quelli
spettanti e legittimi.
Neppure questo progetto considerato ancora troppo vicino alle soluzioni
giacobine giunse però a buon fine.
 È caratteristico il fatto che un giurista che diverrà più tardi protagonista della
codificazione civile napoleonica, il Portalis, auspicasse nel 1797 il recupero del
diritto romano e della tradizione antica nel diritto privato respingendo l'idea
della codificazione; lo stesso redigeva in questi anni un saggio sugli usi e abusi
dello spirito filosofico nel diritto ove l'accento è posto proprio sugli abusi.
Anche Jeremy Bentham sosteneva che il legislatore doveva promuovere con i
suoi precetti l'utilità individuale e collettiva anche mediante la previsione di
incentivi e di sanzioni.
È in questo nuovo contesto che nel 1798 una nuova commissione per la
redazione del Codice civile venne nominata dal direttorio presieduta da
Jacqueminot frattanto si moltiplicavano anche i progetti privati di codice.
All'avvento del consolato nel dicembre del 1799 a Jacqueminot fu rinnovato
l'incarico dell'anno precedente e poco più tardi un progetto di 900 articoli
venne da lui presentato al Consiglio dei 500 limitato però ha il diritto di
famiglia, alle successioni e alle donazioni; le nuove tendenze post termidoriana
sono ben presenti ci sono sensibili limitazioni al divorzio nonché la
reintroduzione del testamento quale strumento che indurrebbe i figli alla virtù
secondo le idee di Bentham e l'aumento della quota disponibile nonché la
negazione della capacità d'agire per la donna ma neanche in questa occasione si
giunse all'approvazione parlamentare ma un confronto con il codice civile che
vedrà la luce quattro anni più tardi rivela che molti degli articoli del progetto vi
saranno recepiti senza variazioni.

 Fu la nuova commissione nominata dal primo console il 12 agosto 1800 a


predisporre il progetto destinato finalmente al successo.
La commissione dell’anno VIII è composta, su suggerimento di Cambaceres,
ora Secondo Console, da quattro giuristi due provenienti dalle regioni a diritto
consuetudinario e due dalle regioni meridionali a diritto scritto.
I quattro «artisans» del Codice civile (Tronchet – Bigot de Préameneu –
Maleville – Portalis) sono scelti per la loro consumata esperienza e per il loro
orientamento moderato: sono uomini diversi, accomunati pero dallo spirito di
moderazione e dalla comune tendenza liberale, doti grazie alle quali avevano
superato indenni i momenti più critici della Rivoluzione.
Presidente della commissione dell’anno VIII è Tronchet; il principale artefice
del code civil è però Portalis.
Il progetto segue l'iter che diverrà costante per l'approvazione dei codici
ottocenteschi: dopo essere stato sottoposto ai tribunali e agli ambienti
professionali competenti il progetto venne trasmesso in una versione riveduta
al Consiglio di Stato qui esso fu discusso analiticamente nel corso di oltre 100
sedute alla metà delle quali partecipò personalmente Napoleone che intervenne
più volte per far valere le sue vedute; sono discussioni di grande interesse
fedelmente trascritte dal segretario del Consiglio di Stato e per la genesi di
ciascuno dei codici i verbali di Locri costituiscono una vasta miniera di
informazioni: giorno dopo giorno, articolo per articolo, tutti gli aspetti rilevanti
del diritto civile vengono in discussione analizzati con lucidità dai componenti
del Consiglio di Stato che riesaminano in profondità regole romane, norme
consuetudinarie, scelte degli anni rivoluzionari e riescono a disegnare una
disciplina antica e nuova al tempo stesso con formule che coniugano il rigore
con la chiarezza espressiva.
Quindi il progetto passò al vaglio del tribunato e giunse infine al voto finale del
corpo legislativo il testo venne quindi votato a più riprese suddividendolo in
ben 36 leggi distinte la cui approvazione si concluse nel 1804 e il Codice civile
era quindi nato.
Un profilo fondamentale sul quale occorre richiamare l'attenzione riguarda il carattere
esclusivo del Codice civile, il quale risulta da due elementi distinti ma tra loro
connessi:
- Eliminazione del particolarismo giuridico oggettivo: concerne l'esclusione di ogni
altra fonte sussidiaria anteriormente in vigore disponendo quindi l’abrogazione di
tutte le altre fonti giuridiche (diritto romano – ordinanze – statuti – consuetudini
generali o locali – regolamenti) nelle materie disciplinate dal Codice civile: TUTTO
IL DIRITTO PREVIGENTE VIENE ABROGATO.
Il codice assume così la funzione unificatrice del diritto e realizza l’unicità del diritto
civile in Francia.
- Eliminazione del particolarismo giuridico soggettivo: vieta al giudice di rifiutarsi di
giudicare con il pretesto di silenzio, oscurità o difetto della legge e si afferma quindi
l’uguaglianza del cittadino di fronte alla legge, quindi l’unicità del soggetto di diritto.
 Caratteri del code civil:
• Il Codice civile francese, cardine dell’ordine giuridico borghese, rappresenta un
formidabile prodotto dell’unione del presente con il passato, della fusione delle
conquiste politiche della Rivoluzione con la tradizione giuridica precedente.
• Jean-Étienne-Marie Portalis bene lo esprime nel suo celebre Discours préliminaire:
«È importante conservare tutto ciò che non è necessario distruggere».
• Il codice ha la natura di una vera e propria costituzione fondata sui due capisaldi
della libertà e della proprietà la prima in parte dipendente dalla seconda in quanto
solo il cittadino proprietario è pienamente cittadino.
 Struttura del code civil
• Risulta essere composto da 2281 articoli suddivisi in 3 LIBRI preceduti da un
TITOLO PRELIMINARE
1) Libro I (Delle persone): che riguardano la capacità giuridica – stato civile
(istituzione di registri di nascita, matrimonio e morte, redatti e tenuti
dall’autorità pubblica e non più dalle parrocchie) – matrimonio – divorzio –
filiazione – adozione – patria potestà (dura fino alla maggiore età dei figli,
fissata a 21 ANNI).
2) • Libro II (Dei beni e delle differenti modificazioni della proprietà): proprietà e
diritti reali su beni altrui.
3) • Libro III (Delle diverse maniere di acquistare la proprietà): appropriazione e
circolazione dei beni – successioni – donazioni – obbligazioni.
Il dettato normativo si caratterizza per la straordinaria limpidezza delle proposizioni
che utilizzano con larghezza i termini e le espressioni del linguaggio comune senza
per questo smarrire la precisione tecnica che si richiede al diritto.
 Contenuti del code civil
• Art. 4 del titolo preliminare del Code civil impone al magistrato il DOVERE DI
DECIDERE IN OGNI CASO, senza poter addurre il pretesto dell’oscurità o del
silenzio della legge: anche in caso di lacuna, il giudice deve risolvere ogni
controversia operando esclusivamente all’interno del codice, che costituisce un
sistema organico e coerente di principi generali (si elimina così l’istituto del référé
legislatif, che aveva provocato una situazione di paralisi della giustizia perché i
giudici interrompevano i giudizi e il legislatore non riusciva a rispondere
tempestivamente alle richieste di soluzione di dubbi interpretativi).
 Il diritto di famiglia nel code civil
• Il codice napoleonico recupera il modello tradizionale di organizzazione familiare di
tipo patriarcale fondata su alcuni punti:
➢ Prevede una rigorosa patria potestà, esercitata dal solo padre fino al
raggiungimento della maggiore età dei figli (21 anni) e dotata di forti poteri correttivi.
➢Impone alla moglie il dovere di obbedienza verso il marito in un vincolo di
subordinazione che le consentiva una limitatissima libertà d’azione: si prevede
l’AUTORIZZAZIONE MARITALE, senza la quale la moglie non può comparire in
giudizio, né compiere validamente atti di disposizione patrimoniale.
➢Il divorzio è conservato, anche se in maniera più restrittiva rispetto al 1792.
È ammesso in tre casi:
1. adulterio (diversa disciplina a seconda che a commetterlo sia la moglie o il marito);
2. eccessi, sevizie, ingiurie gravi;
3. condanna a una pena infamante.
Il DIVORZIO PER MUTUO CONSENSO incontra invece numerose limitazioni
rispetto alla disciplina dell’istituto concepita durante gli anni rivoluzionari.
Il divorzio subiva un drastico ridimensionamento, visto ora soltanto come extrema
ratio a cui ricorrere quando l’unione matrimoniale sembrava ormai destinata al
fallimento.
L’infedeltà coniugale (adulterio) era una causa di divorzio.
Gli eccessi, le sevizie, le ingiurie gravi e la condanna a pena infamante erano le altre
possibili cause per chiedere lo scioglimento del matrimonio.
La separazione dei coniugi era comunque ammessa.
Nel 1816 il divorzio è abolito in Francia (sarà ripristinato nel 1884).
 La filiazione nel Code Napoléon
I figli naturali erano visti dal Code civil in luce negativa e sottoposti ad un regime
assai differenziato rispetto ai figli legittimi.
Ai figli naturali riconosciuti volontariamente spetta il diritto a ricevere gli alimenti
durante la vita dei genitori e sono titolari di pretese successorie alla loro morte, pur
non potendo assumere la qualità di eredi del padre.
Per quanto concerne i figli adulterini e incestuosi era vietato il riconoscimento
volontario (art. 335) e in loro favore era ammesso soltanto il diritto agli alimenti.
 L’applicazione del Code Napoléon nel Regno d’Italia
Il Codice civile francese fu «esportato» da Napoleone attraverso la sua opera di
conquista militare.
Il code civil francese, promulgato nel 1804, entrò in vigore nel Regno d’Italia,
fondato da Napoleone su buona parte della penisola italiana, nel 1806.
La disciplina in esso contenuta fu, nel complesso, accolta con favore dalla
popolazione italiana, che sperimentò per la prima volta la possibilità di richiedere,
alle condizioni previste nel codice, lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
3.3) IL CODICE DI PROCEDURA CIVILE (1806)
Segna il ritorno ad un procedimento più formale rispetto al tentativo radicalmente
della riforma del 24 ottobre 1793 in pari tempo incorporando la nuova struttura
giudiziaria introdotta dalla costituente.
Il progetto definitivo fu predisposto da una commissione nominata dal ministro abrial
dalla quale faceva parte lo stesso Peugeot che scriverà più tardi il commentario più
autorevole sul nuovo codice e questo si fondava sull'oralità per il procedimento avanti
ai giudici di pace mentre avanti al tribunale il processo era incentrato sulle prove
scritte e sullo scambio delle memorie difensive lasciando spazio alla parola solo per
le arringhe conclusionali: un processo incentrato sulla scrittura nel quale si inserivano
momenti di oralità.
3.4) CODICE DI COMMERCIO (1807)
Il progetto fu riveduto e migliorato due anni più tardi sulla scorta delle osservazioni
critiche delle corti e delle camere di commercio e segui come sempre la discussione
in Consiglio di Stato alla quale in alcune occasioni prese parte lo stesso Napoleone;
in seno al consiglio sono individuabili due distinte correnti una delle quali decisa a
limitare gli scostamenti della disciplina commercialisti fica rispetto a quella del
diritto civile e comune l'altra invece incline a favorirne la specialità sulla base della
considerazione che ciò che giova al commercio giova alla nazione nel suo insieme e
non solo al ceto mercantile e industriale.
Il codice tratta in quattro libri rispettivamente del commercio per via di terra, del
commercio marittimo, del fallimento e della giurisdizione commerciale, la quale era
affidata ai tribunali di commercio composti di mercanti e poteva tra l'altro decidere
l'arresto per debiti che invece il diritto civile aveva bandito per le obbligazioni non
commerciali.
Importante è l enumerazione tassativa degli atti di commercio: per questa via il diritto
commerciale per secoli sviluppatosi come diritto dei commercianti si trasformava in
un diritto oggettivo il diritto degli atti di commercio indipendente dallo status
personale di chi tale atti compiva.
In materia di fallimento le disposizioni furono drastiche per diretto impulso di
Napoleone che volle imporre l'arresto immediato dell'insolvenza nell'intento di
impedire i fallimenti dolosi.
Il codice per la prima volta disciplinava le società per azioni disponendo però che
ogni nuova società dovesse previamente ottenere l'autorizzazione del governo: una
conseguenza della natura giuridica originaria delle società per azioni nate a partire dal
600 come enti privilegiati ciascuna delle quali veniva autorizzata con uno specifico
provvedimento sovrano.
3.5) CODICE DI PROCEDURA PENALE (1809)
Con questo codice il processo penale venne profondamente ristrutturato.
Napoleone era avverso alla giuria penale.
Cambaceres propose l’eliminazione della giuria di accusa, e la conservazione della
giuria di giudizio, esclusa solo per alcuni casi particolari, e così fu deciso.
Nella disciplina della fase istruttoria si riaffermò risolutamente il principio della
segretezza.
Le notizie di reato e le testimonianze dovevano venir vagliate e raccolte dal giudice
istruttore su impulso del procuratore del re, senza che l’imputato potesse difendersi e
senza neppure l’obbligo di informarlo sui fatti posti alla base dell’accusa.
Invece, per la fase del dibattimento, vale il criterio della pubblicità, alla presenza del
difensore e con la possibilità del controinterrogatorio dell’imputato alla presenza dei
giurati.
Le disposizioni testimoniali raccolte per iscritto durante l’istruttoria venivano lette e
poste alla base dell’interrogatorio dell’imputato contestandogli le eventuali
discrepanze con le dichiarazioni fatte in dibattimento.
Un processo nel quale torna ad avvertirsi “il fruscio della carta più che della voce
delle parole e delle cose e rimaneva comunque il criterio fondamentale del libero
convincimento e l'inapplicabilità del verdetto i giudici.
3.6) CODICE PENALE (1810)
Resta la tripartizione tra crimini, delitti e contravvenzioni.
Le pene per i crimini includono la pena capitale, i lavori forzati, il bando, la
reclusione; tra i reati, un peso preponderante viene dato a quelli contro la sicurezza
dello Stato cui è dedicata poco meno della metà dei 484 articoli del codice.
Si reintroduce la sanzione della confisca dei beni del condannato.
Il tentativo viene punito con la stessa pena irrogata al delitto perfetto.
La recidiva è severamente colpita.
Il concorso è sanzionato con la medesima pena prevista per l’autore del reato e
persino il principio della legalità del reato viene disatteso con una disposizione
speciale che abilita il governo a disporre l'incarcerazione fino ad un anno di soggetti
ritenuti pericolosi.
Molto importante inoltre è la riforma del sistema delle pene fisse: si stabilisce un
minimo e un massimo per le singole pene stabilite dal Codice, consentendo ai giudici
un congruo margine di flessibilità.
3.7) I CODICI AUSTRIACI:IL CODICE PENALE
Negli stessi anni in cui Napoleone promuoveva la sua codificazione anche a Vienna
maturavano i nuovi codici civili austriaci in particolare nel 1803 fu approvato da
Francesco primo il figlio di Leopoldo il Codice penale.
Il fondamento della disciplina del 1803 è costituito dai due codici giuseppini il penale
del 1787 e il processuale penale del 1788 e tuttavia non mancano le innovazioni.
Anzitutto comprende sia il diritto penale sostanziale che procedurale.
Sul primo fronte è rimasta la fondamentale distinzione Giuseppina tra delitti e gravi
trasgressioni politiche, i primi costituiti dai reati classici le seconde comprendenti
l'illecito di e le contravvenzioni di minor gravità.
Nettissima è l’affermazione del principio di legalità del reato e della pena, nonché la
precisazione che solo il dolo intenzionale autorizza alla repressione penale.
Il sistema delle pene per i delitti è severo con l’ampliamento dell’inflizione della pena
di morte ciò è con la pena del carcere anche duro e durissimo che implicavano i ferri
e l'incantamento oltre alle sanzioni del bastone e della Verga.
Anche i reati religiosi sono perseguiti.
Il principio di legalità della pena sottrae al giudice il potere discrezionale di infliggere
una pena straordinaria in caso di insufficienza di prove.
Quanto alla procedura, è mantenuto intatto il sistema delle prove legali: occorrono
almeno due testimoni, ovvero la confessione del reo.
Solo la piena prova consente la condanna e al fine di ottenere la confessione è
prevista l’inflizione di mezzi brutali.
Inoltre, non è prevista la presenza del difensore e il giudice assolve al triplice compito
di sostenere l’accusa, provvedere alla difesa dell’imputato e pronunciare la sentenza:
un procedimento inquisitorio puro, nel quale i diritti dell’inquisito sono ridotti ai
minimi termini.
3.8) IL CODICE CIVILE ABGB
Il Codice civile austriaco è un testo di rilevanza europea.
Il progetto venne realizzato da un professore di nome Zeiller.
I lavori preparatori si conclusero nel 1811 con l’approvazione del testo che prese il
nome di Codice civile Generale ABGB; esso è generale nel duplice senso di
estendersi all’intero vasto insieme dei domini asburgici e di mirare ad una disciplina
che accomuna ogni uomo adottando il criterio dell’unificazione del soggetto.
Nel 1801 Francesco I nomina una commissione (Hofkammer) incaricata di
revisionare i contenuti del WGGB e di completare l’opera di codificazione.
Il personaggio più significativo presente all’interno di questa commissione è un
allievo di Martini, Franz von Zeiller, professore di diritto naturale a Vienna e relatore
ufficiale del progetto di Codice civile.
Nella Hofkammer lavorano però anche altri giuristi di elevate capacità tecniche,
come Joseph von Sonnenfels.
Il 1° giugno 1811 Francesco I sottoscrive la Patente di promulgazione del Codice
civile Generale Austriaco (Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch: ABGB), ancora
oggi in vigore, seppur con delle modifiche.
• L’aggettivo “generale” che accompagna l’intitolazione del codice ha un duplice
significato, tecnico e ideologico:
1) significato tecnico: è “generale” in quanto destinato ad essere applicato in tutti i
territori dell’impero asburgico;
2) significato ideologico: l’ABGB rappresenta uno strumento di unificazione politica
e sociale all’interno di uno Stato multietnico e culturalmente differenziato come
l’Impero asburgico; unificazione del soggetto giuridico
• La Patente di promulgazione del 1° giugno 1811 prevede l’ABOLIZIONE DI
TUTTO IL DIRITTO CIVILE PREVIGENTE (il diritto comune, le consuetudini, la
prima parte del Codice giuseppino, il Codice civile galiziano).
L’ABGB è applicato in varie parti d’Italia: 1. in Lombardia è in vigore dal 1816 al
1859; 2. in Veneto e in Friuli è in vigore dal 1816 al 1866; 3. in Trentino e nella
Venezia Giulia è in vigore dal 1816 al 1918.
• Il rapporto giudice – legge nell’ABGB: fino a che punto il giudice può spingersi
nell’interpretazione della legge?
Il problema dell’interpretazione delle norme è risolto, nell’ABGB.
In caso di LACUNA del testo normativo, l’interprete potrà ricorrere dapprima
all’ANALOGIA e successivamente, ove il dubbio persista, ai PRINCIPI DEL
DIRITTO NATURALE.
Il diritto naturale viene richiamato in un articolo ben noto che in caso di lacuna
normativa prescrive innanzitutto al giudice il ricorso all’analogia ma, in subordine,
ove neppure l’analogia soccorra, impone di decidere secondo i principi del diritto
naturale.
Il codice lasciava un certo spazio, nei sui interstizi, a normative e consuetudini
specifiche dei territori dell’Impero, tanto diversi per lingua, tradizioni, costumi.
E qui sta un’altra ragione del suo successo: come il codice francese ma in forme e
con regole molto diverse riuscì a contemperare in un felice equilibrio tradizione e
rinnovamento.
Sul terreno dei diritti reali la tradizione del diritto comune prevale: la proprietà è
ancora espressamente disciplinata nella forma del dominio diviso di origine
medievale con la menzione di un doppio possibile regime rispettivamente per il nudo
proprietario e per l’utilista e i beni immobili della categoria del dominio diviso sono
distinti in beni concessi in feudo, in locazione o in enfiteusi ciascuno con un proprio e
distinto regime giuridico.
Quanto alle obbligazioni, il Codice recepisce la regola romana che richiede la
consegna della cosa per il trasferimento della proprietà e degli altri diritti reali.
Per i mobili si procede con la trazione materiale di mano in mano mentre per gli
immobili l’atto di acquisto deve essere iscritto nei libri pubblici, e solo così diviene
opponibile ai terzi (sistema tavolare).
Il diritto delle persone e della famiglia è la sezione dell’ABGB che più direttamente
ha ricevuto l’impronta del pensiero illuministico.
Qui la distanza dal Codice Napoleone è davvero grande.
La donna può liberamente amministrare il proprio patrimonio, senza la necessità
dell’autorizzazione maritale.
L’educazione dei figli e la potestà genitoriale sono affidati a entrambi i genitori.
Il figlio naturale deve essere curato e alimentato in proporzione alle sostanze della
famiglia, ma gli illegittimi sono esclusi dalla successione.
Il matrimonio civile è mantenuto, ma esso è indissolubile per i cattolici, mentre il
divorzio è ammesso per protestanti ed ebrei.
La fortuna dell’ABGB è dimostrata dal fatto che è ancora in vigore in Austria.
 Il rapporto giudice – legge nell’ABGB
La soluzione dell’ABGB si discosta dal code Napoléon, il cui famoso articolo 4 del
titolo preliminare vieta al giudice di rifiutare di giudicare adducendo, come pretesto,
la lacunosità del codice e lo obbliga a trarre comunque dal codice la regola da
applicare al caso concreto.
Approccio più pratico e meno utopistico dei compilatori dell’ABGB rispetto alla
scelta francese.
 La famiglia nell’ABGB
Sulla scia dell’Editto matrimoniale di Giuseppe II (1783) il matrimonio è definito un
contratto civile.
La disciplina matrimoniale è un misto tra il rispetto del diritto canonico e la volontà
di affermare il diritto esclusivo dello Stato nella sua regolamentazione.
Il sacerdote celebrante è descritto come un pubblico ufficiale.
Indissolubilità del matrimonio per i cattolici: non è ammesso il divorzio, ma è
ammessa la separazione.
Il divorzio è ammesso per gli acattolici e gli ebrei.
È vietato il matrimonio tra cristiani e non cristiani (impennata conservatrice).
L’ABGB, unico fra i codici europei dell’Ottocento, non prevede l’autorizzazione
maritale.
La patria potestà cessa con il raggiungimento del 24° anno di età da parte del figlio ed
è più mite rispetto a quella prevista nel Codice civile francese (più che esercizio di un
potere si presenta come strumento volto a tutelare e a garantire le esigenze educative
dei figli).
Peraltro, ci sono scelte reazionarie:
- è prevista la possibilità di diseredare il figlio che abbia apostatato la religione
cristiana;
- i figli illegittimi sono esclusi dalla successione intestata nel patrimonio paterno;
- il §618 disciplina il FEDECOMMESSO.
 La proprietà nell’ABGB
Nella seconda parte del codice troviamo la materia della proprietà e degli altri diritti
reali, ma anche quella delle successioni, delle obbligazioni e del risarcimento del
danno.
Rispetto al codice francese manca quella nozione unitaria e assoluta di proprietà
sancita nell’articolo 544 del Codice civile francese: vi è nell’ABGB la rinuncia a
realizzare un’uguaglianza del regime giuridico sul piano sostanziale.
Teoria del dominio diviso propria del diritto romano, nella sua più avanzata
semplificazione: DOMINIO DIRETTO e DOMINIO UTILE
• Generica nozione di appartenenza (proprietà = tutto ciò che appartiene al
proprietario, tutte le cose corporali e incorporali).
La proprietà, considerata come diritto, è definita come la facoltà di disporre a
piacimento e ad esclusione di ogni altro della sostanza e degli utili di una cosa.
Per ciò che concerne il momento in cui si realizza l’effetto traslativo del diritto di
proprietà:
La proprietà e tutti i diritti reali in genere si possono acquistare soltanto con la
legittima CONSEGNA ed il conseguente ricevimento (Per i beni mobili: si richiede la
TRADITIO; per i beni immobili: sistema della INTAVOLAZIONE).
Anche il codice civile austriaco rappresenta, come il codice civile francese, un
compromesso fra tradizione giuridica del passato (ad es. le norme sulla proprietà
recepiscono la teoria medievale del dominio diviso) e innovazioni portate dal
pensiero illuministico (ad es. nel campo del diritto di famiglia: nell’ABGB la donna
può liberamente amministrare il proprio patrimonio senza la necessità
dell’autorizzazione maritale; l’educazione dei figli e la potestà genitoriale sono
affidate ad entrambi i genitori e non solo al padre).
 ABGB e Code civil: differenze
1. DIFFERENZE DI FORMA:
- Code civil: norme-comando; principi brevi e chiari, che dovevano risultare
comprensibili da parte di tutti i cittadini francesi (non solo i giuristi) → anche in
questo si vede che il codice è figlio della Rivoluzione.
- ABGB: norme più prolisse; stile di formulazione delle norme molto più
enunciativo; formulazione per principi (il codice non è redatto allo scopo di essere
compreso da parte di tutti, ma solo dagli operatori del diritto).
2. DIFFERENZE DI CONTENUTI: soprattutto nel campo del diritto di famiglia
(la donna gode di maggiore autonomia nell’ABGB; il padre è meno autoritario
nell’ABGB).
 Dal punto di vista tecnico-legislativo, il Codice civile austriaco si
differenziava dal codice francese, che era più imperativista, nel senso che le
norme erano espresse come comandi.
Il codice austriaco, invece, era molto più dottrinale, basato sulla dottrina
giuridica e riconosceva la propria impossibilità di disciplinare tutti i casi
specifici.
Era formato da principi generali, e in caso di lacune nel testo normativo,
l'interprete doveva ricorrere prima all'analogia e poi ai principi del diritto
naturale.
Nel Codice civile francese, invece, era vietata l'interpretazione per analogia
o da parte del giudice, in quanto si riteneva che tutto fosse già contemplato
nel codice stesso.
Questo era un tentativo di scoraggiare i riferimenti ai superiori per
un'interpretazione più accurata, che avrebbe comportato un allungamento
significativo dei tempi processuali.
 Il Codice civile austriaco affermava che ogni persona ha dei diritti innati,
come sosteneva il pensatore Grozio, il quale affermava che il diritto
naturale esisterebbe anche se Dio non ci fosse.
 Il codice austriaco presentava una concezione paternalistica dello Stato,
poiché era lo Stato stesso a garantire e applicare il diritto naturale.
L'obiettivo era la felicità della comunità, secondo una concezione
eudemonistica.
L’ETA DELLE NAZIONI (1815-1914)
4)LA RESTAURAZIONE
4.1) PREMESSA
Congresso di Vienna (1814-1815): si apre l’età della Restaurazione
• La Francia è riconsegnata alla monarchia borbonica.
• Il Belgio è unito all’Olanda, con cui forma il Regno dei Paesi Bassi sotto la dinastia
degli Orange.
• Al Regno di Sardegna è annesso il territorio della Repubblica di Genova sotto il
dominio di Vittorio Emanuele I di Savoia (1802-1821).
• L’Austria rinuncia al Belgio, ma ottiene la Lombardia, il Veneto, l’Istria, la
Dalmazia e le province illiriche con egemonia sul Granducato di Toscana, ove regna
Ferdinando III, fratello dell’imperatore Francesco I, sul Ducato di Modena
(Francesco IV di Austria-Este) e sul Ducato di Parma (Maria Luigia, figlia di
Francesco I e moglie separata di Napoleone).
• Gli anni della Restaurazione rappresentano, sul piano intellettuale, il trionfo e la
diffusione europea delle correnti romantiche, sorte alla fine del XVIII secolo
soprattutto in Germania e in Inghilterra.
• Sconfitto Napoleone, le monarchie europee ripristinarono in Francia una monarchia
costituzionale affidata a Luigi XVIII (1814-1824), fratello minore di Luigi XVI, che,
essendosi rifugiato in Inghilterra negli anni della Rivoluzione, conosceva bene il
modello costituzionale anglosassone.
• Nel Congresso di Vienna le grandi potenze europee fissarono il nuovo ordine
internazionale in grado di assicurare un ritorno alla tranquillità: inizia così l’età della
Restaurazione.
4.2) LA SANTA ALLEANZA
Con il Congresso di Vienna nel 1815 gli stati europei si riunirono per un patto di
restaurazione (degli stati pre napoleonici) che si fondava su due principi:
- il principio di legittimità, per il quale la sovranità dei singoli stati spettava ai sovrani
che sedevano sul trono prima della bufera rivoluzionaria francese o ai loro eredi;
- il principio della negazione del costituzionalismo rappresentativo, cioè il rifiuto di
accettare sul continente la separazione dei poteri introdotta in Francia nel 1789/1791.
Tra gli elementi più significativi dell’ordine, merita di essere menzionata la
Confederazione germanica, che venne stabilita con un testo costituzionale approvato
nel 1815.
Trentanove stati tedeschi davano vita a un organismo comune Bundestag incaricato di
decidere plenariamente a maggioranza dei due terzi le questioni più importanti
incluse quelle di guerra e di pace, mentre le decisioni ordinarie venivano assunte da u
organo ristretto in cui contavano soprattutto gli Stati e le sue decisioni vincolavano
gli Stati, non direttamente i cittadini.
Le regole della Santa Alleanza suscitarono molte reazioni forti che portarono alla
nascita di molte associazioni segrete di reazione alle decisioni del Congresso di
Vienna, tra le quali ebbe un ruolo importante la Carboneria che fece numerosi adepti
all’interno di Stati quali la Spagna e le Due Sicilie ma anche nel regno sabaudo, nel
lombardo-veneto e altrove.
L'ordine del 1815 venne derogato nell'arco di non molti anni; il tentativo reazionario
di Carlo decimo suscitò la rivolta che nel luglio 1830 portò sul trono il ramo
d’Orléans con Luigi Filippo in contrasto con l'indirizzo della Santa alleanza ma il
nuovo re riuscì a far accettare i sovrani europei il criterio del non intervento
garantendo loro il controllo del partito Bonapartista e del movimento democratico.
L'unione tra Belgio e Olanda stabilita a Vienna venne rotta nel 1831 assicurando al
Belgio la sovranità., nella costituzione belga il re manteneva comunque una
imponente somma di poteri dalla nomina e revoca dei ministri alla promulgazione
delle leggi dalla conclusione dei trattati allo scioglimento delle camere inoltre la
costituzione belga stabili che le controversie tra i privati e la pubblica
amministrazione fossero sempre di competenza della giurisdizione ordinaria la quale
tuttavia non aveva il potere di annullare un atto amministrativo impugnato da un
privato ma solo di dichiararlo eventualmente illegittimo ed era così affermato il
doppio principio della sindacabilità giurisdizionale e dell'atto amministrativo e della
giurisdizione unica.
In Italia le idee e la propaganda appassionata di Giuseppe Mazzini suscitarono
un'adesione profonda da parte di un'esigua ma ardente e ardita minoranza di giovani
disposti al sacrificio della vita per il raggiungimento dell'unità nazionale; un diverso
indirizzo fu espresso pochi anni più tardi da Vincenzo Gioberti il quale sostenne che
la via per l'unificazione della penisola non poteva che essere quella di affidare al Papa
la Presidenza di una Confederazione degli Stati italiani e con Gioberti per la prima
volta la prospettiva dell'unità nazionale divenne una posizione largamente condivisa.
Quando nel 1846 al papato fu eletto Pio nono per breve tempo sembrò che il disegno
potesse realizzarsi dopo che il nuovo pontefice ebbe promosso l'introduzione di
alcune riforme nello stato pontificio ma il grande incendio del 1848 muto non solo
l'atteggiamento di Pio ma l'intera prospettiva italiana e lo stesso Gioberti si ricredette
riconoscendo nel Piemonte il solo potere in grado di portare avanti l'unificazione
italiana.
Mentre nel campo politico si continuava in un periodo di dissesto e scontro, nel
campo legislativo si era ormai giunti alla consapevolezza della necessità della
codificazione, così nacquero nel Regno di Sicilia prima, nel Ducato di Parma, di
Toscana, nel Regno di Sardegna, nel Regno Lombardo-Veneto poi, le prime
codificazioni di stato. In Italia le idee di Giuseppe Mazzini, che nel 1832 fondava la
Giovine Italia, con l'Idea di creare un'Italia "una, indipendente, libera e repubblicana",
ebbero grande adesione tra i giovani, disposti anche al sacrificio della vita per il
raggiungimento dell'unità.
4.3) I CODICI PREUNITARI
1) IL REGNO DELLE DUE SICILIE
2)IL DUCATO DI PARMA
3)IL REGNO DI SARDEGNA
4)IL GRANDUCATO DI TOSCANA
5)IL REGNO LOMBARDO-VENETO E ALTRI STATI ITALIANI

4.4) IL REGNO DELLE DUE SICILIE


• Con legge 26 marzo 1819 il re Ferdinando I dichiarava l’abolizione dei cinque
codici francesi a partire dal 1° settembre dello stesso anno e promulgava il Codice per
lo Regno delle Due Sicilie valido per i domini al di qua e al di là del Faro (Faro di
Messina), che sarebbe entrato in vigore il 1° settembre 1819.
Il Codice è diviso in cinque parti:
1. Leggi civili
2. Leggi penali
3. Leggi della procedura ne’ giudizi civili
4. Leggi della procedura ne’ giudizi penali
5. Leggi di eccezione per gli affari di commercio
• Molte norme di questo codice si ispirano direttamente al modello napoleonico e
sono quasi una traduzione letterale del code civil.
Ci sono però alcune differenze importanti, soprattutto nel campo del diritto di
famiglia:
1. Il matrimonio civile viene cancellato e si torna al matrimonio canonico.
2. Il divorzio è abolito.
3. La patria potestà cessa al compimento dei 25 anni ma i figli possono venire
disereditati
4. le figlie legittime, nelle successioni, restano equiparate ai figli maschi
5.alla vedova si riconoscono i diritti su una quota della rendita dei beni del marito
defunto
6.per le famiglie della nobiltà si ripristina il maggiorascato di antico regime
7.si introduce il contratto di enfiteusi
8.viene negato l'arresto per debiti per i non commercianti sottoscrittori di cambiali
protestate
9.la pena capitale è irrogata con modalità di crescente ferocia per i reati più gravi
10.il tentativo è sanzionato in misura minore rispetto al reato perfetto
4.5) IL DUCATO DI PARMA
Il Codice civile di Parma del 1820 è superiore ad ogni altro Codice civile italiano.
Fu elaborato nel corso di un'intenso quinquennio di lavoro con l'intervento di una
prima commissione parmense favorevole a reintrodurre il ricorso in via sussidiaria al
diritto comune e di una seconda commissione milanese che tenne assai maggior conto
del modello francese e del modello austriaco quindi di una terza e di una quarta
commissione l'ultima delle quali presieduta da Francesco Ferrari.
Il risultato fu notevole: venne raggiunto un equilibrio tra tendenze non facilmente
conciliabili.
Se nel matrimonio e respinto il modello francese alcune regole sugli impedimenti
sulla pubblicità vengono però desunte dal recentissimo codice napoletano:
- la patria potestà naturale è attribuita ad entrambi i genitori ma al solo padre spetta
la patria potestà civile sui figli, che include anche l'eventuale ordine di arresto del
figlio
- dopo aver ottenuto l'avvallo della sovrana fu decisa al termine di accese discussioni
l’equiparazione delle figlie rispetto ai maschi nella successione legittima
- fu tolto l'obbligo di dotare la figlia
-accurata fu la disciplina degli istituti del diritto agrario, dalle enfiteusi alla colonia
parziaria, dal masserizio alla mezzadria, tipici del mondo rurale padano e appenninico
- assenza di un codice di commercio (la materia commerciale è disciplinata nel
Codice civile)
Non privi di pregi sono anche il Codice di procedura civile del 1820, il Codice penale
e quello di procedura penale del 1821
• Il codice, promulgato il 10 aprile 1820, entrava in vigore il 1° luglio 1820, con
l’abrogazione, a partire da tale data, di tutte le leggi, ordinanze, consuetudini generali
o speciali, decreti, regolamenti e tutte le altre disposizioni legislative
precedentemente osservate.
Divisione in tre libri.
Conservava la maggiore età napoleonica (21 anni); manteneva l’autorizzazione
maritale (art. 54), ma in campo matrimoniale non adottava il modello francese:
restaurava il matrimonio canonico e non prevedeva il divorzio.
Considerato molto valido sotto il profilo della tecnica legislativa, influenzò sia il
Codice civile albertino che il codice Pisanelli
4.6) REGNO DI SARDEGNA
Nel Regno di Sardegna che includeva Piemonte, Savoia, Sardegna, Nizza e
genovesato virgola dopo un primo intervento legislativo di mera restaurazione presto
si tentò di dar forma ad una autonoma codificazione ma i progetti del 1820 non
giunsero a compimento e solo Genova aveva chiesto ottenuto al Congresso di Vienna
di conservare il Codice civile e il codice di commercio quest'ultimo certo più
adeguato alle necessità dei suoi traffici ritmi rispetto alle leggi sabaude.
Un codice specifico per la Sardegna venne approvato nel 1827 ad iniziativa di Carlo
Felice:è sottratta congiuntamente di diritto privato, penale, processuale e pubblico
utilizzando largamente la legislazione antica dell'isola e rinviando al diritto comune
come fonte supplettiva è dunque un testo ancora fedele all'impostazione di antico
regime.
Solo dopo l'ascesa di Carlo Alberto nel 1831 si ebbe una codificazione sabauda
autonoma: il Codice civile albertino del 1837.
Il Codice albertino era basato sul modello napoleonico e napoletano, ma irrilevanti
furono le innovazioni del legislatore sabaudo: una gran parte di esse deriva da intenti
di restaurazione dell'ordine antico ma altre segnano via nuove:
- volutamente espresso dal re è il primo articolo che designa la religione cattolica
come religione del regno
- il matrimonio riconosciuto è di diritto canonico
- il divorzio è negato ed i registri dello stato civile sono presso le parrocchie
-la patria potestà torna ad essere vitalizia restaurando la norma romana anche nei
confronti di chi già era uscito sotto l'impero del codice francese
- le figlie sono equiparate ai figli maschi nella successione legittima, ma la
controversa questione del rapporto tra dote e successione trova una soluzione diversa
perché la quota di successione che alla morte del padre spetterebbe alla figlia e
surrogata ai figli maschi sia pure con l'obbligo di una compensazione dalla quale
viene preliminarmente dedotto quanto la figlia abbia ricevuto in dote
- l'analogia è lo strumento utilizzato in caso di lacuna del codice
- migliora la materia del possesso, delle ipoteche, delle acque, specie in riguardo alla
servitù di acquedotto
- viene riconosciuta la proprietà intellettuale
- il maggiorascato venne ammesso per le famiglie della nobiltà anche se l'istituto non
ebbe successo
Il Codice rimase in vigore fino all'unità italiana. Ad esso seguirono il Codice penale
del 1839 e il Codice di commercio del 1842 con stampo napoleonico ed il Codice di
procedura criminale che, nonostante adotti i criteri dell'oralità e della pubblicità, non
introduce la giuria popolare.
4.7) GRANDUCATO DI TOSCANA
Con il ritorno della dinastia dei Lorena in Toscana i codici francesi vennero
prontamente abrogati, con la sola eccezione del Codice di commercio.
Nel campo civilistico furono mantenute le disposizioni in tema di ipoteche e quelle
sul notariato.
Il programma di codificazione civile venne intrapreso una prima volta sotto la guida
di Vittorio Fossombrone nel 1814 e una seconda volta nel 1847 con una commissione
di cui faceva parte il professore Piero capei corrispondente di Savigny ma anche
questo progetto non andò a buon fine e sino all'unità la Toscana proseguì dunque per
il diritto civile nella tradizione del diritto comune pur con talune leggi per materie
specifiche e senza più la vigenza degli statuti.
Nel settore penale solo l'impulso del granduca Leopoldo nel 1847 ebbe miglior sorte,
tanto che sulla base di progetti elaborati già da un decennio in collaborazione con una
commissione presieduta dal professor Antonio Mori, si giunse nel 1853 al varo di un
Codice penale, il migliore tra quelli penalistici del tempo, non solo con rifermento
all'Italia.
Accanto alla tradizione criminalistica Toscana e ai consigli dell'autorevole penalista
Giovanni Carmignani gli autori del codice tennero tra l'altro presente il modello
germanico anche attraverso scambi epistolari.
Nato su basi germaniche, enunciava la disciplina del principio di legalità, l'analisi
dell'azione criminosa, il dolo come regola e la colpa come eccezione ai fini
dell'imputabilità ed escludeva i reati di opinione.
La pena capitale, ancora presente nel Codice, venne abolita poco più tardi.
• Nel Granducato di Toscana sono abrogati i codici francesi (tranne il codice di
commercio).
Ci sono dei tentativi di codificazione civile ma senza esito.
Nel campo del diritto civile: sino all’unità d’Italia in Toscana continua ad essere
diritto vigente il diritto comune.
Nel campo del diritto penale: la pena di morte (abrogata dalla Leopoldina nel 1786,
era stata reintrodotta nel 1795; nel 1853 viene promulgato il Codice penale toscano,
considerato il migliore tra quelli del tempo).
Il Codice penale del 1853 prevede la pena di morte ma sarà abolita in toscana poco
più tardi.
4.8) IL REGNO LOMBARDO-VENETO E ALTRI STATI ITALIANI
Nel Regno Lombardo-Veneto, che entra a far parte dei dominî di casa d’Austria dopo
il Congresso di Vienna, gli Asburgo introducono i propri codici (il Codice civile del
1811 – l’ABGB – e il Codice penale del 1803, poi sostituito dal Codice penale del
1852), che entrano in vigore il 1° gennaio 1816.
Il ritorno degli austriaci portò in Lombardia e nel Veneto una discontinuità netta
rispetto al periodo napoleonico.
Solo il Codice di commercio francese venne mantenuto, limitatamente al commercio
terrestre.
Il Codice penale austriaco del 1803 fu tradotto ed esteso al nuovo regno.
E così pure il Codice civile del 1811.
Poco dopo la metà del secolo il lombardo-veneto recepì due nuovi codici: il novo
Codice penale austriaco del 1852 e il pregevole primo Codice di commercio tedesco
del 1861.
Nel restaurato Stato Pontificio il papa Pio VII abolì nel 1816 gli statuti municipali ed
i fedecommessi e programmò una compiuta codificazione.
Fu papa Gregorio XVI a condurre a buon fine la codificazione processualistica con
un Regolamento che nella prima parte include anche una serie di articoli di diritto
privato che però lasciano in vita al diritto comune canonico e civile.
A Modena una commissione presieduta da Vincenzo Palmieri elaborò alla metà del
secolo una compiuta codificazione ispirata alle normative del Codice estense del
1771, ai codici degli altri stati d'Italia ed in parte innovata, ad esempio in tema di
ipoteche.
4.9) IL CODICE CIVILE OLANDESE
Nel 1830 in Olanda nasce un nuovo Codice civile che, se pure basato sul modello
francese del 1804, se ne distacca tuttavia sotto diversi profili, in virtù di un attento
lavoro preparatorio facendo attenzione e fede alla tradizione del diritto comune
elaborato dalla dottrina e dalla prassi olandese nonché dalle tesi e dalle posizioni di
giuristi quale in particolare linden.
Tra gli aspetti degni di nota si possono menzionare i seguenti:
- l'attenta disciplina del possesso
-il requisito della tradizione della cosa
- la trascrizione immobiliare
- capacità di agire delle persone giuridiche
- matrimonio civile e divorzio
- inclusione in un apposito libro quinto della materia delle prove, che il modello
francese affidava al Codice di procedura civile
4.10) LA DOTTRINA GIURIDICA ITALIANA
Tra i giuristi italiani del primo 800 la personalità di spicco maggiore è quella di
Giandomenico Romagnosi piacentino, allievo del collegio alberoni gestito dai padri
di San Vincenzo fu autore in anni giovanili di un'importante saggio su la genesi del
diritto penale in cui si sviluppa la tesi secondo la quale lo scopo primo del diritto
penale è la difesa della società dal pericolo indotto da chi ha commesso o può
commettere un reato: adottando un'efficace espressione di Seneca che si richiama
Platone fu detto e spesso ripetuto che il vero scopo delle sanzioni penali non era di
punire il reo macchiatosi di un delitto bensì di distogliere dal commetterlo ogni
potenziale delinquente.
Il diritto di punire non deriva da un contratto sociale bensì da un diritto proprio è
originario della società e lo scopo della pena è anzitutto la prevenzione che opera
attraverso la controspinta criminosa in dà dal sistema delle pene.
Romagnosi svolse negli anni napoleonici un ruolo determinante nella messa a punto
dei progetti del codice penale e di procedura penale due progetti che estesero la loro
influenza ben al di là degli anni napoleonici sino alle codificazioni post elitarie e al
900; negli stessi anni creò una moderna rivista giuridica nota come il giornale di
giurisprudenza e a lungo coi però agli annali di statistica che intrecciavano in modo
nuovo l'analisi giuridica e l'analisi economica utilizzando ampiamente gli strumenti
quantitativi.
I suoi interessi scientifici spaziavano i nonni ramo del diritto pubblico e privato e la
sua trattazione sul diritto amministrativo è tra le prime dedicate a un ramo nuovo
della scienza giuridica nonché anche le consultazioni forensi ebbero ampia
circolazione.
Particolare significato allo scritto della costituzione nazionale rappresentativa
pubblicato fuori d'Italia nel 1815 e riedito nel 1848 quale parte prima della scienza
delle costituzioni: espone l'idea che ovunque in Europa si debba conseguire l'identità
tra stato e nazione nazioni intere indipendenti, padrone di tutto il loro territorio e
viventi sotto un governo temperato.
Le dottrine penalistiche ebbero in Italia una particolare fioritura, infatti, va ricordato
Tommaso nani.
È importante la scuola Toscana: a Pisa fu professore Giovanni Carmignani
riprendendo e sviluppando la tesi di Romagnosi l'autore suggellò la sua attività
scientifica con un'opera che già nel titolo mostra l'impostazione teorica che le sta a
fondamento.
Nella sua breve esistenza il fiorentino Francesco forti trattò di diritto civile con
approccio ad un tempo storico e teorico in un'opera pubblicata postuma robusta e
originale nel taglio e nell'impostazione che ebbe peso considerevole non solo in
Toscana.
Tra gli altri nomi degni dimensioni sono da rammentare il senese Pietro capei per il
diritto commerciale e il genovese Cesare Parodi e il romano Emidio Cesarini per il
penale Giuseppe Giuliani.
Una personalità di grande spicco è quella di Pellegrino Rossi, infatti, le sue tesi
sull'opportunità di adattare il Codice civile francese alle nuove esigenze
dell'economia e della società borghese ebbero vasta eco anche perché espresse dalle
prestigiose cattedre parigine alle quali Rossi era stato chiamato per primo ad
insegnare il diritto costituzionale comparato.
Notevoli furono alcuni giuristi meridionali professori ma specialmente avvocati e ad
alcuni dei quali si debbono anche numerose traduzioni di opere giuridiche straniere e
di raccolte di sentenze della Cassazione francese con annotazioni che consentivano
l'impiego nel Regno.
4.11) LA FRANCIA
Legislazione
La rivoluzione di luglio portò sul trono Luigi Filippo d'Orleans e con esso mutarono i
profili della costituzione, attenuando il carattere autocratico e aristocratico: alle due
camere fu concesso di condividere col re l'iniziativa legislativa, la camera dei
rappresentanti poté eleggere il proprio presidente, la soglia censitaria dell'elettorato
attivo e passivo venne dimezzata.
La caduta di Napoleone non determinò in Francia l'abbandono della codificazione.
Solo il divorzio fu abolito con legge nel 1816. Nel cinquantennio seguente non
mancarono innovazioni legislative di rilievo.
Dopo falliti tentativi di codificare il diritto agrario, nel 1827 venne emanato il Code
forestier che limitò i diritti d'uso e di raccolta nei boschi.
Nel diritto penale importante è l'introduzione di una nuova disciplina delle
circostanze attenuanti per fronteggiare l'eccessiva rigidità del criterio delle pene fisse.
Per evitare sentenze troppo scandalose per l'abuso di tale criterio (sanzioni
sproporzionate rispetto alla colpa) si giunse alla riforma del 1832 che attribuì alla
giuria la competenza generale a riconoscere circostanze attenuanti anche in presenza
di circostanze aggravanti.
L'effetto positivo della riforma sulla giurisprudenza penale non tardò a manifestarsi.
Vincoli sostanziali furono introdotti sugli immobili urbani con l'imposizione di oneri
di manutenzione, di rifacimento delle facciate degli stabili e di procedure di
espropriazione per grandi lavori.
Nel 1838 fu interamente riformato il libro terzo del Codice di commercio relativo al
fallimento: venne abbandonata l'eccessiva asprezza della disciplina napoleonica,
sostituita con un regime più confacente alle esigenze dei creditori.
Una legge del 1841 pose i primi limiti al lavoro minorile interdicendo il lavoro ai
minori di 8 anni e limitando a 8 ore e a 12 ore al giorno (si colga la realtà sociale
legata alla rivoluzione industriale).
Nel 1844 viene riconosciuto il diritto di brevetto a favore dell'inventore.
L'arresto per debito, che il Codice di commercio aveva mantenuto, venne
sostanzialmente mantenuto nel 1867.
Dottrina
Il principio della completezza dell'ordinamento giuridico fu teorizzato dalla scuola
dell'esegesi, che raggiunse il massimo sviluppo, in Francia, tra il 1830 ed il 1880.
Essa intese lo studio del diritto come stretto commento del codice, articolo per
articolo.
Il codice letteralmente interpretato avrebbe fornito la risposta a qualunque problema.
La causa della nascita della scuola dell'esegesi è la codificazione, che mette davanti al
giurista un corpo organico di norme sistemate con ordine logico, e ciò induce lo
studioso a non spingere la propria indagine al di là di quella che appare già una
costruzione razionale tale da rendere superflua ogni ulteriore elaborazione.
L'attività dottrinale si svolse sul Codice civile che divenne materia predominante
degli insegnamenti universitari.
Giurisprudenza
- Il giudice è considerato quale semplice bocca della legge
- Al re spetta dirimere i conflitti fra Corti di merito e Cassazione fino al 1837 quando
venne stabilito che dopo la seconda decisione della cassazione a sezioni unite la Corte
di merito dissenziente avrebbe dovuto sottomettersi
- La giurisprudenza veniva conosciuta attraverso una serie di pubblicazioni
periodiche.
- I campi in cui la Corte detto nel corso dell'Ottocento decisioni di rilievo, destinate
ad influire incisivamente sulla giurisprudenza, sono numerosi in ogni campo del
diritto. (es. ammissione per i danni causati alla ragazza madre sedotta e abbandonata,
dichiarazione della nullità della promessa di matrimonio).
5) LA SCUOLA STORICA E LA DOTTRINA GERMANICA
In Germania nasceva un indirizzo di cultura giuridica originale destinato a
influenzare la dottrina del diritto in Europa lungo l'intero secolo diciannovesimo.
Alle origini della scuola storica tedesca sta una duplice convinzione: né il diritto può
essere disegnato soltanto sulla base di ragionamenti svincolati dalla tradizione storica
nella definizione delle sue regole deve essere affidata in esclusiva all'intervento del
legislatore.
Sia le tesi tradizionali del giusnaturalismo che le codificazioni illuministiche
venivano rimesse in discussione ma in modo molto diverso da quanto sin dal 700 era
stato scritto da autori pur sensibili alla dimensione storica quale in particolare Moser.
5.1) SAVIGNY
Il vero fondatore della scuola storica fu Savigny, il quale ho ove già nel 1802 1803 e
enunciò con chiarezza nel suo corso di metodologia giuridica il programma al quale
si sarebbe attenuto per l'intera esistenza: avvalersi degli strumenti di un corretto
metodo storico per ricostruire i materiali, i contenuti del diritto che però richiedevano
l'apporto di un altrettanto rigoroso metodo scientifico fondato su categorie generali
pervenire inquadrati entro una cornice.
Il primo modello di questo nuovo approccio storico alle fonti fu dato con la
pubblicazione di un libro sul diritto del possesso il possesso del diritto romano veniva
da lui ricostruito mettendone in chiara evidenza le radici classiche cioè il principio di
base fondato sulla volontà di possedere e illuminando così con l'ausilio degli
strumenti della filologia e dell'analisi giuridica i complessi profili tecnici dell'istituto
a partire dal problema di elevare al livello di categoria giuridica quello che appare
come un semplice fatto: il possesso come fonte di altri diritti principalmente
l'usucapione e gli interdetti
Savigny identifica la scienza giuridica con la storia giuridica (importanza della storia
come elemento che caratterizza il diritto di ogni popolo). concettuale e sistematica
unitaria e coerente.
Savigny era stato chiamato a Berlino dove dal 1810 per ispirazione di Humboldt si
diede vita ad un modello di università fondato su un alto ideale di ricerca scientifica
quale base per la formazione di una nuova élite del paese affidata a professori
particolarmente qualificati; per Humboldt il compito della scuola era di dare una
formazione generale rigorosa e salta attraverso un metodo che all'università
coinvolgesse attivamente gli studenti nel lavoro intellettuale di ricerca condotto dai
professori; Savigny si dedicò a fondo a questo compito impegnativo non solo
nell'insegnamento diretto ma anche assumendo ruoli strategici in vari ruoli pubblici.
Nel 1814 Savigny fonda la “Rivista per una scienza storica del diritto”: già dal titolo
della rivista emerge l’idea di una scienza del diritto di tipo storico.
Savigny identifica la scienza giuridica con la storia giuridica (importanza della storia
come elemento che caratterizza il diritto di ogni popolo). concettuale e sistematica
unitaria e coerente.
Savigny divenne subito molto noto anche grazie al suo celeberrimo scritto “Della
vocazione del nostro tempo per la legislazione e la giurisprudenza” (1814),
considerato il manifesto della Scuola storica, in cui Savigny replica allo scritto di
Anton Thibault, dello stesso anno 1814, rifiutando l’idea di un Codice civile per la
Germania.
Anton Thibaut, nato a Berlino e professore ad Heidelberg e a Jena dal 1802, nel suo
scritto “Sulla necessità di un comune Codice civile per la Germania” (1814), aveva
propugnato l’idea di una comune codificazione tedesca sul modello dell’ALR
prussiano, dell’ABGB austriaco e del Code civil.
Il codice, secondo lui, poteva, infatti, realizzare una crescita unitaria del Paese,
poiché l’unificazione giuridica, portata dal codice, avrebbe favorito una unificazione
politica.
Secondo Savigny l’avvento di un codice in Germania nella prima metà del XIX
secolo sarebbe stato dannoso: poiché, per motivi politici, un codice unitario tedesco
non era ancora possibile, una eventuale codificazione in quel periodo storico avrebbe
finito per assumere fisionomia e contenuti dell’ABGB o del code civil (entrambi,
secondo lui, di modesta fattura).
Savigny scrive l’opera «Storia del diritto romano nel medioevo» (7 volumi usciti tra
il 1815 ed il 1831): una storia di testi virgola di autori e di opere virgola che mira a
disegnare con precisione il quadro delle fonti più che alla ricostruzione degli istituti e
delle regole giuridiche e all'individuazione dei nessi con la coeva storia politica,
sociale e religiosa: per queste indagini l'opera è piuttosto una indispensabile premessa
ma è prima d'allora tentata in questa forma.
Savigny è un romanista; lavora sulle fonti romanistiche in modo dotto, come nella
giurisprudenza elegante di stampo umanistico, ripudiando il lavoro farraginoso dei
Commentatori italiani, che giudicava negativamente, ritenendo che avessero corrotto
il diritto romano.
L’importanza del diritto romano: secondo Savigny il diritto romano, recepito in
Germania per via consuetudinaria, è parte integrante della storia del diritto tedesco,
quindi della coscienza tedesca; non è solo realtà del passato.
Il diritto romano non è soltanto diritto vigente nei paesi tedeschi, ma elemento che
collega le moderne nazioni europee.
Una delle ragioni dell'influenza e della fortuna d'iscritti di Savigny nella qualità della
sua prosa che si distacca per la sua forma letteraria limpida e tersa dallo stile
tradizionalmente breve dei trattati di diritto; ha inoltre contribuito al successo dei suoi
scritti anche la capacità dell'autore di incorporare in un disegno coerente filoni della
cultura molto lontani tra loro e talora anche opposti.
Quanto all'impostazione teorica del suo sistema l'influsso kantiano e in esso ben
chiaro infatti Savigny concepisce il diritto come il perimetro di regole entro le quali si
esplica e si sviluppa la libertà umana in tal modo distinguendo ma anche collegando
l'ambito della legalità e quello della moralità ma ciò non gli impedisce di riprendere e
di riformulare molte categorie sistematiche elaborate dai giusnaturalisti del quale
respingeva le tendenze intellettualistiche e astratte, la fonte di molti strumenti teorici
da lui utilizzati nel sistema il suo diritto romano attuale incorpora largamente i
precetti del diritto romano soprattutto del diritto classico servendosi tuttavia di una
trama concettuale che proprio il giusnaturalismo aveva elaborato e sviluppato.
5.2) LA SCUOLA STORICA: ROMANISTI E GERMANISTI
All'ombra della grande personalità di Savigny si possono identificare due filoni della
scuola storica:
1) un filone storico antiquario il quale si realizza attraverso una fioritura di studi
sulle fonti che rinnovano in profondità e dalle basi la conoscenza del passato
2) Un filone dogmatico giuridico il quale ebbe per protagonista un professore che
Savigny stesso volle il suo successore a Berlino all'atto di lasciare la cattedra
per un incarico ministeriale: Putcha il quale pubblicò un trattato sulla
consuetudine nel quale sostenne due tesi poi divenute classiche:
-la consuetudine è fonte inestimabile per la conoscenza del diritto ma non è
essa stessa fonte del diritto in grado di imporsi rispetto alla legge
-la consuetudine è comunque diritto e spetta al giudice non alle parti accertarne
l'effettiva esistenza.
Putcha si contrappone a Beseler e ai germanisti in quanto non ha fiducia nel
ruolo della legge dello Stato quale fonte privilegiata del diritto privato ma
sostiene in armonia con
Savigny la funzione fondamentale della dottrina giuridica per adesso la dottrina
ha il compito di rendere evidente il rapporto gerarchico tra le categorie
giuridiche così da mostrare l'intima coerenza delle regole di diritto positivo
anche se tale coerenza non è esplicita nelle regole stesse.
Tra gli allievi di Savigny vi erano inoltre due fratelli originari di Kassel:
-Jacob e Willem Grimm: hanno iniziato la raccolta delle fiabe popolari ascoltandone
dalla vivavoce di alcune donne del popolo, nutrici o domestiche in case borghesi e
sono figure fondamentali dell'antico Mario del germanesimo romantico.
Per Jacob la ricostruzione delle memorie storiche dei popoli germanici costituiva un
compito culturale non un programma politico e neppure un presupposto dottrinale per
costruire un nuovo diritto.
L'impostazione storico comparatistica ebbe cultori di grande valori tra gli altri un
diretto allievo di Hegel Edward Guns dedicò una vasta ricerca allo studio delle
istituzioni del diritto ereditario in prospettiva comparata non solo europea.
Ha un diverso filone della germanesimo diede l'avvio il Eichhorn che con Savigny
fondava nel 1815 la rivista il suo scopo era di analizzare le origini del diritto vigente
della Germania in particolare del diritto pubblico tracciandone la storia dal medioevo
al presente e riallacciandosi alle ricerche settecentesche pubblico dal 1808 in quattro
volumi una storia dello Stato e del diritto tedesco nel quale per la prima volta anche il
diritto privato germanico diveniva oggetto di specifico esame;il metodo era l'opposto
di quello di Grimm il quale presupponeva l'esistenza la permanenza di uno stato
quale elemento unificante del diritto germanico medievale.
La corrente germanistica assunse con bestseller un indirizzo più radicale, infatti, egli
contrapponeva a questo fine il diritto popolare della tradizione consuetudinaria
tedesca al diritto di giuristi frutto della ricezione dotta.
Di particolare prestigio furono circondati la figura scientifica e l'opera di Karl
Watcher in quanto la sua trattazione di diritto penale unisce la tradizione romanistica
e quella consuetudinaria germanica mentre l'opera del diritto privato del burden Berg
venne considerata come il miglior modello di un'esposizione a livello regionale del
sistema privatistico vigente prima dell'unificazione nazionale tedesca.
5.3) IL DIRITTO PENALE E MITTERMAIER
Mittermaier dedico la parte maggiore delle sue eccezionali capacità di lavoro alle
tematiche del diritto criminale e del processo penale infatti sin dai primi lavori egli
disegnò le linee di una politica criminale ispirata a criteri di legalità e di mitezza e
certezza delle pene infatti fu fautore delle riforme carcerarie e avversario della pena
di morte inoltre per il processo penale sostenne con passione e i diritti della difesa e i
principi della pubblicità, dell'oralità e del libero convincimento affermando tra l'altro
che le stesse prove in carenza di questo debbono considerarsi semplici indizi.
Il suo convinto sostegno all'istituto della giuria fu decisivo per la sua introduzione in
Germania alla metà del secolo.
Queste e altre tesi furono esposte e illustrate con argomentazioni certamente fini e
persuasive ma deliberatamente prive di dogmatismo dottrinale, infatti, egli preferì
fondarsi su due elementi di metodo da un altro sui dati empirici tratti dalla
giurisprudenza ed anche dalla statistica giudiziaria dall'altro su una conoscenza
perfetta delle legislazioni e delle prassi di altri paesi, infatti, in Italia compresa di cui
egli curò sempre di essere compiutamente informato.
Tra gli autori di diritto penale deve essere richiamata anche la figura di Roeder, il
quale ritenne che il compito fondamentale del sistema penale fosse quello di
promuovere attraverso la pena la redenzione morale dell'autore di un crimine e su
questa base costruì quella che venne denominata la teoria delle emenda ampiamente
nota e discussa anche fuori dalla Germania in particolare in Italia nei territori di
cultura spagnola.
5.4) IL DIRITTO PUBBLICO: VON MOHL, VON STEIN, GNEIST
-VON MOHL: è tra i fondatori del moderno giuspubblicismo e fu il primo a coniare
la formula ed uno dei più importanti teorici si identificava per lui in due elementi
complementari la separazione dei poteri e i diritti dell'uomo.
-VON STEIN: attivo nei dibattiti olitici del 48, autore di una storia dei movimenti
sociali in Francia dalla Rivoluzione in poi.
Il regime costituzionale moderno al quale dedicò un’opera importante avrebbe dovuto
a suo giudizio conferire il trollo al Parlamento.
La definizione da lui enunziata del dualismo tra legge e regolamento con la
precisazione dei limiti meramente applicativi di quest’ultima fonte, di competenza del
governo, restò un punto fermo della successiva dottrina pubblicistica.
Egli si oppose all’impostazione concettualistica dei pandettisti sottolineando che la
scienza del diritto è la scienza delle forze che producono il diritto medesimo.
Collaborò con Leopold nella composizione di una storia del diritto pubblico della
Francia, un’opera che costituì per decenni una base di riferimento per l’analisi delle
radici storiche dell’amministrazione dello Stato francese.
-GNEIST: fu deputato e più tardi giudice e presidente del tribunale amministrativo
che aveva contribuito a far nascere.
Le lunghe e approfondite ricerche giovanili di storia del diritto amministrativo inglese
ritennero importanti in quanto mettevano in rilievo profili prima non evidenti del loro
proprio diritto, lo condussero alla formulazione del principio dell’autogoverno come
criterio fondamentale per rendere compiuto ed efficace il regime costituzionale
moderno.
Esso si fondava secondo Gneist sulla separazione dei poteri mediante la sua
implementazione a livello locale: il regime inglese tradizionale che affidava ai
notabili del luogo funzioni pubbliche rilevanti avrebbe potuto a suo avviso essere
preso a modello anche in Germania.
Sostenne con vigore il principio per il quale la pubblica amministrazione è
tassativamente tenuta al rispetto del diritto vigente, un obbligo che in caso di presunta
violazione attribuisce al cittadino il potere di ricorso; e il giudizio va affidato non già
all’amministrazione stessa ma a un tribunale terzo e imparziale, che per Gneist deve
essere distinto dalla giurisdizione ordinaria.
-BLUNTSCHLI: ebbe un ruolo decisivo nel disegnare un progetto del Codice
cantonale di diritto privato che entrò in vigore nel 1854-1856 e che influenzò
notevolmente il Codice unitario federale svizzero che verrà predisposto mezzo secolo
più tardi da Huber.
Si dedicò in seguito anche al diritto internazionale pubblico con un’opera che ebbe
larga risonanza e contribuì a fondare la moderna dottrina internazionalistica, in
particolare elaborando una serie di regole destinate a introdurre una disciplina
giuridica da applicare in tema di diritto di guerra.
-AUSTIN: teorizzò nella sua opera principale una nozione rigorosamente positivistica
del diritto: il diritto consiste per lui in una serie di comandi provvisti di sanzione di
sanzione, sia nel civile che nel penale, e pertanto richiede la presenza di un’autorità in
grado di imporre l’obbedienza.
6)CODICI E LEGGI DEL SECONDO OTTOCENTO
6.1) IL QUARANTOTTO
Nel 1848 si diffonde in Europa un clima di sollevazione che aveva alla base
motivazioni comuni a tutti i paesi, ossia l'insofferenza verso i regimi a suffragio
limitato, cioè a rappresentanza politica ristretta e limitazioni sulla libertà di stampa e
opinione.
A ciò si aggiungeva in Italia il rigetto verso la potenza austriaca e l'aspirazione
ardente dell'unificazione politica.
Inoltre, la rivoluzione industriale ormai avviata provocava patologie allarmanti quali
lo sfruttamento, la disoccupazione e numerose malattie.
Per cui in Francia nel 1848 venne proclamata la Repubblica e la Costituzione istituì
l'assemblea nazionale da eleggersi a suffragio universale diretto maschile, mentre il
potere esecutivo veniva conferito ad un Presidente della Repubblica eletto a suffragio
universale, il quale poteva scegliere i ministri ed anche revocarli liberamente.
Il 1848 portò innovazioni nel campo della libertà di stampa, nel diritto di
associazione affermando l'uguaglianza dei rapporti tra padrone ed operaio.
Vennero legittimate le società e le associazioni di mutuo soccorso, propugnate in
Francia da Saint-Simon. Non a caso, il 1848 è anche l'anno in cui uscì il manifesto
del partito comunista scritto da un allievo di Hegel, Carl Marx che fondò il
socialismo scientifico.
Ma già nei mesi seguenti mutò sostanzialmente: con l'elezione di Luigi Napoleone a
Presidente della Repubblica venne istituito il Senato come seconda camera, con
senatori scelti dal Presidente al quale spettava tra l'altro in via esclusiva l'iniziativa
legislativa.
Un anno più tardi Napoleone III viene proclamato Imperatore e tale resterà fino al
1870.
In Germania l'unione doganale del 1834 contribuì allo sviluppo economico del paese
ma anche alle prospettive di unificazione.
Di conseguenza nello stato principale, la Prussia, nasce nel 1848 la Costituzione non
lontana da quella parigina. In Svizzera si ebbe una svolta in senso federale con
l'istituzione di una doppia camera, una eletta direttamente, l'altra, in rappresentanza
dei cantoni, titolare del potere legislativo federale e del potere di eleggere il governo
costituito da sette ministri che a turno dovevano esercitare la Presidenza della
Confederazione.
In Italia il malcontento cresceva: nel Regno di Napoli vigeva la Costituzione e nel
Regno di Sardegna lo Statuto Albertino, che diventerà 12 anni dopo la Costituzione
dell'Italia unita.
Solo l'Inghilterra rimarrà immune al turbine del 1848.
Quanto alla Chiesa le proposizioni di Pio IX saranno riprese nel Sillabo del 1864,
dove il Papa condanna le pretese dello Stato di ingerirsi di questioni religiosi ed
ecclesiastiche, ed esprimeva in pari tempo anche la pretesa della Chiesa di influire
direttamente sulle scelte legislative dello Stato.
La svolta del 1848 fu determinante per l'affermazione dei principi del moderno
costituzionalismo.
• 1848: anno turbolento in tutta Europa.
• I moti del 1848, detti anche Primavera dei popoli, rappresentano una serie di moti
rivoluzionari di matrice borghese che scossero tutta Europa al fine di rovesciare i
governi della Restaurazione e sostituirli con governi liberali.
• Nel febbraio 1848 viene pubblicato a Londra il «Manifesto del partito comunista»
di Karl Marx e Friedrich Engels.
• Insofferenza verso i regimi costituzionali in cui la rappresentanza politica era
ristretta a un sottile strato della popolazione, con l’esclusione della media borghesia.
Insofferenza verso la censura sulla stampa e le limitazioni alla libertà di associazione.
In Lombardia insofferenza verso la dominazione austriaca.
• Soltanto l’Inghilterra di epoca vittoriana, che stava vivendo un periodo di stabilità
politica ed economica in seguito soprattutto alle riforme del 1832 (Reform Act del
1832) che avevano favorito la classe borghese, e la Russia zarista, in cui era
praticamente assente la borghesia, non conobbero il fenomeno dei moti del 1848.
• Il resto d’Europa è toccato in misura maggiore o minore dai moti rivoluzionari.
• La prima agitazione europea si verifica in Sicilia: la rivoluzione siciliana del
gennaio 1848 porta all’indipendenza dell’isola per un periodo di 16 mesi (fino al
1849) ed al ripristino della costituzione siciliana del 1812.
• Nel febbraio 1848 Ferdinando II di Borbone promulga la Costituzione del Regno
delle Due Sicilie, che istituisce una monarchia costituzionale.
• Nel febbraio 1848 anche Leopoldo II granduca di Toscana e Carlo Alberto re di
Sardegna promettono una costituzione.
• Si tratta di tre costituzioni concesse (octroyées), ispirate alla costituzione francese
del 1814.
• 23 -24 febbraio 1848: rivolta parigina che porta all’instaurazione della Seconda
Repubblica.
Il popolo francese si riversa nelle strade parigine e il sovrano è assediato (la borghesia
da anni esigeva l’estensione del suffragio; la classe operaia reclamava condizioni di
lavoro meno aspre).
• 24 febbraio 1848: Luigi Filippo d’Orléans abdica e fugge con la moglie in
Inghilterra.
• 25 febbraio 1848: nascita della Seconda Repubblica francese sotto il governo di
Alphonse Lamartine.
• Luigi Napoleone, nipote di Napoleone, che da anni sensibilizzava l’opinione
pubblica contro la monarchia di luglio, viene eletto presidente della Repubblica.
• Colpo di stato del 2 dicembre 1851 e approvazione di una nuova costituzione: per
10 anni il governo della Repubblica francese era affidato a Luigi Napoleone.
• 1852: Luigi Napoleone è incoronato imperatore (Napoleone III) e lo sarà fino al
1870.
• La rivoluzione si propaga anche nei dominî asburgici: nel marzo 1848
l’insurrezione a Vienna determina le dimissioni del governo di Metternich.
• I moti si propagano a Budapest, a Venezia e a Milano, dove si combatte contro gli
Austriaci durante le famose «cinque giornate» (18-23 marzo 1848).
• 23 marzo 1848: il Regno di Sardegna (Carlo Alberto) dichiara guerra all’Austria; è
l’inizio della Prima Guerra di Indipendenza.
6.2) L’UNIFICAZIONE LEGISLATIVA ITALIANA
L'unificazione politica dell'Italia pose il problema del regime giuridico del nuovo
stato a causa dei tanti e diversi ordinamenti locali e regionali che si erano formati nel
corso dei secoli.
Le scelte possibili erano molto diverse: si poteva procedere all’annessione pura e
semplice delle regioni nuove estendendo ad esse il regime del Piemonte ovvero
conservare per quanto possibile le istituzioni e le leggi preunitarie o ancora progettare
strutture giuridiche pensate ad hoc.
La scelta delineata nel 1859 fu quella dell'accentramento attraverso l'istituzione del
prefetto, vero organo politico oltre che amministrativo, incaricato di controllare e se
necessario reprimere le spinte locali dissenzienti rispetto alle direttive del centro.
Le regioni storiche non ebbero alcun riconoscimento istituzionale, mentre alle
province venne riconosciuto un grado limitato di competenze sotto il controllo del
prefetto.
Nel comune il sindaco veniva nominato dal re, scelto dal governo tra i consiglieri
eletti.
Tali scelte furono giustificate da una necessità di un ordinamento nazionale saldo e
compatto per far fronte ai pericoli di disgregazione del nuovo stato che con
l'inclusione del mezzogiorno poteva subire alterazioni all'equilibrio politico.
La questione dell'unificazione legislativa venne affrontata negli stessi anni.
Nel 1859, nell'imminenza della guerra con l'Austria, il governo aveva ottenuto i pieni
poteri legislativi e il Ministro della Giustizia Urbano Rattazzi se ne era avvalso per
varare, in forza della delega ottenuta, una serie molto importante di leggi: una
revisione dei puri recenti Codici penale, di procedura penale e di procedura civile,
una nuova legge comunale e provinciale, nonché una compiuta disciplina delle
giurisdizioni e dell’ordinamento giudiziario.
Infine, con la conquista di Roma nel 1870 veniva meno, dopo molti secoli, lo Stato
Pontificio infatti Papa Pio IX condannò l’evento che fu considerato come un attacco
alla chiesa e i rapporti del nuovo stato italiano con il papato e con la chiesa furono
disciplinati dall’Italia con una legge varata nel 1871, la legge delle Guarentigie con la
quale al papa erano assicurati il libero esercizio del magistero ecclesiale e la
condizione giuridica di un capo di Stato.
6.3) IL CODICE CIVILE
Con l'unificazione d'Italia si sentì maggiormente la necessità di adottare una
legislazione uniforme per il nuovo stato.
Nel 1865 vengono approvati i 4 codici dell'Italia unita ed il più importante fra questi
fu il Codice civile.
Fu completamente rifatto ex novo ad opera di una commissione composta da giuristi
prevalentemente piemontesi.
Il primo progetto fu denominato Progetto Cassinis del 1860 cui ne seguì un secondo
l'anno seguente.
Alcune scelte di fondo furono compiute allora tra queste l'adozione del matrimonio
civile, l'esclusione del divorzio, l'introduzione del testamento olografo, l'estensione
della legittima anche ai figli naturali, la concezione agli stranieri dei diritti civili.
Nel 1862 segue un terzo progetto da parte del ministro Miglietti che poco dopo
Giuseppe Pisanelli sottopose all'esame di 5 commissioni di varie parti d'Italia e ne
nacque un nuovo progetto predisposto dallo stesso Pisanelli che lo accompagnò con
una importante relazione, il Codice Pisanelli, approvato con lo strumento della legge
delega, utilizzato d'ora in poi per approvare i testi tecnicamente complessi come i
codici.
In linea generale il Codice si basava su scelte napoleoniche.
Tra le più importanti:
-per quanto riguarda il matrimonio civile ove la scelta laica e separatista fu nettissima
e tuttavia l'adozione del principio dell'indissolubilità passata senza opposizione
secolarizzata uno dei cardini della disciplina canonistica.
-abolizione dell'obbligo di dotare le figlie
-l'eliminazione dei cosiddetti atti rispettosi in caso di matrimonio al fine di ottenere il
consenso del padre e l'assenza della diseredazione.
-si riconosce alla madre un ruolo suo proprio nell'esercizio della patria potestà sia pur
in subordine al marito mentre l'autorizzazione maritale richiesta alla donna per poter
agire negozialmente venne alla fine colta e dunque estesa anche alle parti del Regno
ove essa prima mancava
-l regime dotale ritornava costituire il regime patrimoniale ordinario tra i coniugi
secondo la tradizione italiana; Si ripristinava la figura dell'erede testamentario in
luogo del semplice legatario universale che dipendeva dai riservatari quanto
all'acquisto del possesso dei beni ereditari
- distinzione dei beni dello stato in beni demaniali e beni patrimoniali
- riconoscimento della proprietà intellettuale
- minuziosa disciplina delle servitù prediali e dei consorzi agrari
- nuova disciplina della trascrizione immobiliare
- divieto del divorzio
- innovazione della patria potestà
- obbligo di alimenti al figlio naturale
- divieto fedecommessi e diseredazione
- irrinunciabilità della quota legittima
Critiche sostanziali al Codice civile:
- diritto di famiglia troppo conservatore
- assenza della disciplina del contratto di lavoro
6.4) GLI ALTRI CODICI
1) Il Codice di procedura civile fu opera di Pisanelli che si rifece al modello francese
del 1806.
Il processo era caratterizzato da una fase che partendo dalla proposizione della
domanda fino al dibattimento era lasciata all'iniziativa delle parti, per cui il giudice
aveva limitati poteri di intervento.
I procedimenti sommari erano previsti ma non erano precisati i campi di
applicazione, per cui spesso si applicano le regole del processo formale lento e
complesso.
In materia di impugnazioni era riconosciuto il ricorso in Cassazione.
Furono introdotte novità sull'ordinamento giudiziario caratterizzato da un maggior
controllo su magistrati e riconoscendo l'istituto dei conciliatori non togati per le
controversie minori.
2)Il codice di procedura penale
Accolse la giuria popolare introdotta sei anni prima dal Rattazzi e disciplinino il
modo meno aspro la libertà provvisoria
-mantenne la rigida suddivisione tra la fase istruttoria e la fase dibattimentale
pubblica
-il risultato fu di dar vita ad un procedimento farraginoso che sollevò critiche
molteplici alle quali la risposta venne solo mezzo secolo dopo con il nuovo codice di
procedura penale del 1913
3)Il codice del commercio del 1865
-modifico solo poche norme del codice piemontese del 1842
-nel 1882 i lavori si conclusero con l'approvazione di un nuovo codice di commercio
frutto dell'attiva collaborazione di giuristi liguri veneti Lombardi napoletani e
siciliani tutto la guida diretta di Mancini
 Per la società di capitali fu abolito il requisito dell'autorizzazione governativa
ormai incompatibile con le esigenze di rapido sviluppo del capitalismo
industriale
 L'autorizzazione discrezionale del governo fu sostituita dal controllo sulla
conformità alla legge dell'atto costitutivo affidato al tribunale civile; Vennero
attentamente regolati il ruolo dell'assemblea, le responsabilità degli
amministratori, le procedure di voto.
 Furono riconosciute le società cooperative
 La cambiale ebbe riconosciuto il principio della astrattezza secondo il modello
germanico che prescindeva dalla causa dell'obbligazione ai fini
dell'esecutorietà ove il titolo fosse formalmente corretto
 Il contratto di trasporti o fu ridisegnato tenendo conto della nuova situazione
creata dal monopolio del vettore ferroviario
 I contratti di borsa furono inclusi tra i contratti commerciali
 La procedura fallimentare ricevette una disciplina nuova più severa
 L’arresto per debiti venne cancellato
 Pochi anni più tardi nel 1888 furono aboliti i tribunali di commercio e il codice
fu salutato come il più moderno in Europa anche perché esso teneva
accuratamente conto delle recenti legislazioni europee.
6.5) IL CODICE PENALE
I tentativi di codificazione unitaria anche in questa materia furono iniziati nel 1860 e
destinati a durare per oltre un quarto di secolo.
Molti esponenti della dottrina universitaria parteciparono all'elaborazione dei progetti
ma solo il progetto Zanardelli fu approvato con legge delega nel 1890.
Il codice così approvato fu denominato il Codice penale Zanardelli, il quale trattava
in tre libri rispettivamente dei reati e delle pene in generale, dei delitti, delle
contravvenzioni.
Le pene per i delitti comprendevano l'ergastolo, la reclusione, la detenzione, il
confine, la multa e l'interdizione dai pubblici uffici; per le contravvenzioni, l'arresto e
l'ammenda.
Molte e fondamentali le innovazioni rispetto al modello francese, austriaco e tedesco:
in luogo della tripartizione tra crimini, delitti e contravvenzioni il codice accoglie una
bipartizione tra delitti e contravvenzioni, rielabora la nozione di imputato recependo
l'elemento della volontà come presupposto essenziale per l'imputabilità, viene
garantito miglior equilibrio delle sanzioni, viene introdotta la nuova distinzione tra
reato tentato e reato mancato con diversa graduazione delle sanzioni tra le due
ipotesi.
6.6) IL CODICE DI PROCEDURA PENALE DEL 1913
Il Codice di procedura penale fu elaborato dapprima dal ministro Finocchiaro, per
giungere con il contributo di Ludovico Mortara nel 1913 alla sua definitiva
approvazione.
Il nuovo codice modifica la precedente disciplina introducendo maggiori motivi di
difesa nella fase istruttoria.
Contenuti: - principio di legalità - principio di irretroattività - divieto della pena di
morte - ergastolo - concorso di persone - tentativo - l'ignoranza della legge non scusa.
6.7) IL CODICE CIVILE SPAGNOLO 1888
ITER FORMATIVO:
-Primo progetto: elaborato secondo il modello francese ma non fu mai accettato a
causa della resistenza esercita da difensori delle norme locali
-Secondo progetto: da una parte giuristi fautori di codici distinti tra le varie regioni
storiche della Spagna, dall'altra i nemici della codificazione.
Terzo progetto: solo Manuel Martinez nel 1888 introduce il nuovo codice basato su
diversi istituti civilistici tipici delle diverse tradizioni regionali
Il codice viene approvato ed entra in vigore nel 1888.
L'articolo 1.1 indica nell'ordine quali fonti del diritto: legge, consuetudine, principi
generali del diritto.
La consuetudine non deve essere contraria alla legge, all'ordine pubblico, la morale e
deve esse provata.
Ma la nozione di legge è assai più complessa rispetto alle codificazioni degli altri
paesi europei e le specifiche tradizioni giuridiche delle regioni storiche della penisola
iberica hanno infatti trovato spazio nella disciplina codicistica e lo strumento adottato
per riconoscere tali tradizioni consiste nel concetto di vicinanza civile: ogni individuo
può essere soggetto al diritto comune cioè quello disciplinato dal codice o soggetto al
diritto speciale o forale cioè a norme già presenti nei territori della Spagna.
Il codice disciplinava il rapporto tra diritti locali e normativa codicistica come un
rapporto tra diritto speciale e diritto comune, infatti, in presenza di una disciplina
formale si ricorreva al codice solo in via suppletiva per colmare le eventuali lacune
del diritto locale laddove invece non vi erano normative speciali il codice aveva
diretta applicazione.
Quanto alla determinazione del diritto ai singoli individui il codice prevedeva una
disciplina complessa: L'appartenenza alla vecindad di diritto comune o a quella del
diritto forale o speciale derivava da quella del padre, ma il figlio solo dopo il
compimento del quattordicesimo anno di età poteva liberamente optare per la
normativa del luogo della sua nascita ove fosse differente da quella del padre.
Inoltre, dopo alcuni anni di residenza continua in un luogo si acquisiva la vecindad
corrispondente.
6.8) LA COSTITUZIONE, I CODICI DELLA GERMANIA UNITARIA E IL
BGB
L'assetto costituzionale mutò profondamente negli anni dell'unificazione.
Per opera di Bismark tra gli stati della Germania del nord si instaura la Costituzione
della Germania unita nel 1871.
Accanto al consiglio ove erano rappresentati gli Stati secondo il modello del 1815, un
Parlamento elettivo esercitava il potere legislativo in una serie importante di materie
delle quali si decise che la disciplina giuridica dovesse essere stabilita a livello
federale: commercio, moneta, trasporti, industria, poco più tardi anche il diritto civile,
il diritto penale, il diritto delle associazioni, la legge della sulla stampa.
Anche le competenze di bilancio e di tassazione diretta e indiretta vennero dopo
qualche resistenza concesse da Bismark al Parlamento in modo completo
comprensivo delle spese militari e le decisioni di natura esecutiva avevano potere
coercitivo diretto esercitato dal governo.
Le modifiche della costituzione di competenza del consiglio sia la Prussia che poco
dopo la Baviera ottennero un peso in termini di voto che le abilitava a bloccare
decisioni alle quali fossero contrarie.
La Costituzione era di tipo federale anche se su un modello diverso da quello
svizzero e degli Stati Uniti.
6.9) IL CODICE DI COMMERCIO DEL 1861 ADHGB
Dopo un'attenta opera di preparazione, attraverso i lavori di una Commissione riunita
a Norimberga, si giunse nel 1861 al varo del Codice di commercio tedesco; un
Codice che diversi stati germanici adottarono nel giro di un paio d'anni.
Era un Codice certamente più in linea con l'economia del tempo rispetto al modello
napoleonico in quanto si adeguava ai processi dell'industrializzazione, allo sviluppo
delle attività commerciali e del credito.
Tra l'altro si stabiliva nel Codice che i negozi unilateralmente commerciali fossero
disciplinati per entrambe le parti dal diritto commerciale e non dal diritto civile.
Su questo punto cruciale e su altri istituti la disciplina commercialistica germanica
sarà riveduta alla fine del secolo: un nuovo Codice di commercio approvato nel 1896
entrerà infatti in vigore nel 1900 con mutamenti significativi, tra i quali l'adozione di
un impianto soggettivistico che riprendeva alcune posizioni nonché l'estensione della
disciplina civilistica ai negozi unilateralmente commerciali.
6.10) IL CODICE CIVILE BGB
Solo con l'unificazione il proposito di creare un Codice civile divenne concretamente
attuale e politicamente voluto:
-Una commissione preliminare istituita nel 1873 sottopose al consiglio ottenendone
l'approvazione, un parere nel quale si stabilivano alcuni capisaldi destinati a rimanere
invariati infatti il nuovo codice avrebbe dovuto essere fondato sul diritto privato
vigente nei territori tedeschi escludendo una serie di istituti ormai obsoleti ovvero
legati alle caratteristiche dei singoli territori da disciplinare con leggi speciali., il
codice non avrebbe dovuto includere il diritto commerciale al quale era da destinare
un codice distinto e anche la procedura di elaborazione del nuovo codice civile era
chiaramente indicata
-Su questa base venne nominata nel 1874 una prima commissione di 11 membri
composta da magistrati provenienti dai diversi territori della Germania e da alcuni
professori; la commissione affidò la redazione delle diverse parti del codice a singoli
suoi componenti coadiuvati da redattori appositamente cooptati; i lavori si protrassero
per ben 13 anni e il primo progetto fu pronto nel 1887 venne trasmesso al consiglio e
poi pubblicato con i motivi nel 1888.
-Le discussioni e le critiche rivolte al progetto indussero a dar vita nel 1891 a una
seconda commissione, infatti, ne erano membri anche alcuni componenti della prima
commissione, tra i quali con funzione di relatore principale il magistrato d'appello
prussiano; la commissione lavorò per altri 5 anni e nel 1896 fu in grado di licenziare
il nuovo progetto che venne approvato nello stesso anno è posto in vigore dal 1900.
-La sistematica del BGB rispecchia la partizione dei trattati della dottrina tedesca del
tempo.
Precede una parte generale che tratta di istituti trasversali all'intero diritto privato
come la capacità delle persone fisiche e giuridiche, nel negozio giuridico, la
prescrizione una parte che mette fuori parentesi queste regole generali, le quali
debbono essere integrate di volta in volta per comprenderne la disciplina dei singoli
istituti.
Seguono i libri II-V relativi alle obbligazioni, ai diritti reali, al diritto di famiglia, alle
successioni, per un insieme di 2385 articoli.
• BGB = Bürgerliches Gesetzbuch (Codice civile)
Si tratta di un codice «dotto», scritto da giuristi e rivolto a giuristi: non aspira ad
essere capito dal cittadino comune.
Nel 1874 viene nominata la Prima Commissione (11 membri) – di cui fa parte il
pandettista Bernhard Windscheid dal 1881 al 1883 – incaricata di elaborare un
progetto di Codice civile, prendendo in esame il diritto privato vigente in Germania.
Notevole è l’influsso di Windscheid, autore del più celebre trattato di diritto privato
del tempo, sul Primo Progetto (dato alle stampe nel 1887) definito “un piccolo
Windscheid” e criticato da Anton Menger.
Nel 1891 viene nominata una Seconda Commissione
Nel 1895 la commissione pubblica un Secondo Progetto
Il Secondo Progetto, dopo alcune modificazioni marginali apportate dal Consiglio
federale, fu presentato alla Dieta del Reich come Terzo Progetto nel 1896.
Nel 1896: promulgazione del BGB
La levatura dogmatica e sistematica e la precisa terminologia lo rendono ben presto
famoso nel mondo.
La complessa «parte generale» iniziale ne accentua l’impostazione teorica (è un
codice figlio della Pandettistica).
Il BGB ha rappresentato un punto di riferimento anche per i redattori del Codice
civile italiano del 1942.
Il BGB è suddiviso in 5 libri per un totale di 2.385 articoli:
Il 1° gennaio 1900: il BGB entra in vigore
• 1. la Parte Generale ("Allgemeiner Teil"): tratta delle persone fisiche e giuridiche,
classifica gli atti giuridici e disciplina capacità giuridica, maggiore età,
emancipazione.
• 2. Diritto delle obbligazioni, che disciplina le varie forme del contratto e le altre
obbligazioni incluso la responsabilità contrattuale.
• 3. Diritto della proprietà, che descrive il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali.
• 4. Diritto di famiglia ("Familienrecht"), comprendente la disciplina il matrimonio e
le altre relazioni tra i membri della famiglia (patria potestà forte; divorzio).
• 5. Diritto delle successioni, relativo alla sorte dei diritti facenti capo ad una persona
al momento della sua morte.
-i contenuti sono prevalentemente tratti dalla disciplina del diritto romano attuale,
dunque, dalla tradizione germanica dell'Ottocento a sua volta fondata sul modello del
diritto comune rielaborato dal Savigny e dai pandettistica secolo 800; i temi e gli
istituti più legati alle innovazioni dell'economia e della società furono
deliberatamente lasciati fuori dal codice nell'intento di delineare una disciplina stabile
nel tempo ed anche politicamente neutra.
La sua «parte generale» («Allgemeiner Teil»), con una sezione apposita sul negozio
giuridico, divenne stimolo per la dottrina giuridica di tutta Europa.
Il BGB fu adottato dalla Grecia e dal Giappone (che prima aveva incaricato il giurista
francese Boissonade di redigere un progetto di codice – Code Boissonade del 1890 –
basato sul codice napoleonico) perché ritenuto il codice tecnicamente migliore nel
panorama europeo dell’epoca.
Anche Brasile e Perù recepirono il modello del BGB.
Il Codice civile peruviano del 1936 si ispira al BGB tedesco, così come al ZGB
svizzero.
Il Codice civile brasiliano del 1916 (entrato in vigore nel 1917) riflette
l’impostazione ed i contenuti del BGB tedesco: si compone di una Parte Generale
(artt. 1-179) e di una Parte Speciale (diritto di famiglia, diritti reali, diritto delle
obbligazioni, diritto delle successioni).
Il BGB restò in vigore nella Germania nazista.
La Germania nazista progettò la sostituzione del BGB, ancorato a una concezione
liberale dei rapporti tra i privati e non più adeguato a rappresentare la nuova
concezione nazista dello Stato, con un codice intitolato "Volksgesetzbuch" (“Codice
del popolo"), ma il progetto venne interrotto dalla sconfitta nazifascista e il codice
non fu mai promulgato.
Il BGB è un codice di grande livello, ma diversissimo da quello napoleonico.
Il code civil era rivolto ai cittadini francesi (imperativismo giuridico; norme
comando), il BGB si rivolge ai tecnici del diritto perché ha un linguaggio
estremamente complesso.
Oggi è ancora in vigore, sia pure con alcune modifiche in materia di diritto di
famiglia (ad es. riconoscimento dell’uguaglianza dei coniugi e pari responsabilità dei
coniugi nei confronti dei figli).
Diversamente dal codice Napoleone il BGB è un codice caratterizzato da un
linguaggio tecnico estremamente preciso, scritto per essere compreso dai giuristi più
che da cittadini digiuni di diritto.
Le caratteristiche del codice sono le seguenti:
 La disciplina della famiglia è incentrata su una patria potestà forte
 La disponibilità testamentaria e potenziata limitando la quota dei legittimari
 la normativa sul matrimonio include il divorzio
 la tradizione del diritto comune si avverte in molte disposizioni, tra le quali il
requisito della consegna della cosa per il passaggio della proprietà della
compravendita
 nei contratti e obbligazioni si considera l'individuo come libero e sovrano
senza limitazioni del genere del giusto prezzo o della lesione enorme in quanto
sia per modello l'operatore giuridico razionale
CRITICHE:
• Le maggiori critiche rivolte al BGB dopo la sua entrata in vigore, che in parte
riprendevano quelle già mosse alla corrente della Pandettistica, riguardano:
l’eccessivo formalismo e la insensibilità per i bisogni della pratica.
• Critiche in tal senso furono mosse da Otto von Gierke, Rudolf von Jhering e dalla
Scuola del socialismo giuridico.
• Otto von Gierke, in particolare, lo accusava di non rispettare le tradizioni tedesche e
di rispecchiare troppo la tradizione romanistica.
• Anton Menger, professore austriaco, esponente del socialismo giuridico, lo criticava
per la sua impostazione borghese, bollandolo come «codice del capitalismo».
-Appena entrato in vigore, il BGB risultò troppo complicato per essere capito dalla
maggior parte della popolazione, infatti, veniva usato un linguaggio troppo pieno di
tecnica e struttura con base PANDETTISTICA ecco perché risultava complicato e
con una eccessiva imposizione dottrinale.
Accanto alla sistematica del codice molte regole giuridiche nuove sono da segnalare:
-dal principio della libertà contrattuale all'azione generale per arricchimento ingiusto
-dalla disciplina dei vizi della volontà alle importantissime clausole generali che
consistono nel richiamare espressamente nel codice alcuni princìpi generali quali
correttezza, buona fede, buon costume, giusta causa, principi di ragionevolezza e di
proporzionalità ed altri.
6.11) IL CODICE CIVILE SVIZZERO ZGB
Il Codice civile della Confederazione elvetica (ZGB - Zivilgesetzbuch) è la seconda
delle codificazioni che costituiscono il prodotto della Pandettistica.
La Confederazione, nel 1848, aveva raggiunto l’integrità nazionale, configurandosi
come moderno stato federale dalle forti competenze. Le tappe dello sviluppo della
codificazione svizzera sono molto simili a quelle della codificazione tedesca
Già dalla prima metà dell’Ottocento molti cantoni svizzeri si erano dati dei codici di
diritto privato.
I codici di alcuni cantoni, come ad esempio il Canton Ticino (1837) e il Vallese
(1853), si ispirano al modello francese.
Nei cantoni di lingua tedesca invece il modello dominante è l’ABGB: così nel
cantone di Zurigo (1853-1855) e nei Grigioni (1862).
L’incarico di procedere ad una ricognizione comparata di tutti i vari diritti privati dei
diversi cantoni della Confederazione fu affidato a Eugen Huber, autore del “Diritto
privato svizzero” (3 volumi dal 1886 al 1893): nel 1892 fu poi ufficialmente
incaricato di elaborare un progetto di Codice civile.
Huber, con la sua fine sensibilità giuridica, riesce nel difficile compito di unificare in
un unico codice le notevoli diversità culturali e giuridiche esistenti tra i vari cantoni
svizzeri.
Il 10 dicembre 1907 il nuovo ZGB (Zivilgesetzbuch) veniva approvato all’unanimità
dai Consigli nazionale e federale.
Caratteri dello ZGB:
• si tratta di un codice pandettistico, come dimostra già la sistematica, ma presenta
una grande chiarezza espositiva.
• è diviso in quattro libri (I. Diritto delle persone; II. Diritto di famiglia; III. Diritto
delle successioni; IV. Diritti reali).
Lo ZGB non è, peraltro, una replica del BGB riveduta e adattata alla situazione
svizzera, bensì un codice con un’identità autonoma.
• Rispetto al BGB, lo ZGB presenta due doti importanti:
-presenta una maggiore apertura verso i problemi sociali (caratteristica di Huber);
-presenta un maggior senso della realtà (mancanza di una “Parte generale” astratta).
La Turchia ha recepito lo ZGB nel 1926.
Lo ZGB attribuisce una certa discrezionalità al giudice in caso di lacuna normativa.
L’art. 1 comma 2 stabilisce, infatti, che: «Nei casi non previsti dalla legge il giudice
decide secondo la consuetudine e, in difetto di questa, secondo la regola che egli
adotterebbe come legislatore»
La Confederazione elvetica ha raggiunto il traguardo dell'unificazione legislativa del
diritto privato attraverso un lungo cammino, percorso nell'arco di mezzo secolo.
Il primo traguardo è stato raggiunto nel 1881 con l'approvazione del codice delle
obbligazioni.
Il codice fu frutto di elaborazioni di diversi progetti.
Il primo progetto fu elaborato da Munzinger ma non ebbe seguito perché la materia
non era ancora considerata di competenza federale.
Ma solo quattro anni più tardi la conferenza generale dei Cantoni elvetici e
l'Associazione dei giuristi svizzeri si trovarono concordi nel promuovere l'avvio di
una codificazione unitaria del diritto delle obbligazioni ed incaricarono Munzinger
affinché provvedesse alla redazione di un nuovo codice.
Discusso dal Parlamento elvetico nei 2 anni seguenti, esso fu approvato nel 1881.
Il codice delle obbligazioni svizzero aveva la caratteristica fondamentale di dettare
una disciplina unitaria per le obbligazioni civili e per quelle commerciali.
Il risultato positivo conseguito nel 1881 spinse i fautori dell'unificazione legislativa
ad attivarsi per giungere al varo di un Codice civile che abbracciasse l'intero diritto
privato.
Il Bundesrat incaricò nel 1884 il prof. Eugen Huber di procedere ad una preliminare
ricognizione degli ordinamenti del diritto privato dei diversi cantoni.
La formazione del Codice civile venne condotta con estrema cura: avvocati,
magistrati, professori, esponenti delle tradizioni cantonali, politici, individui e
associazioni, gruppi sociali furono interpellati a più riprese via via che i progetti
parziali prendevano forma infatti occorreva trovare soluzioni che contemperassero sia
i contrasti tra l'indirizzo ispirato al codice napoleonico dei cantoni di lingua francese
e l'indirizzo germanizzare dei cantoni tedeschi, sia le divergenze tra le tendenze
tradizionaliste degli ambienti rurali e montanari e quelle della borghesia commerciale
e industriale favorevole ad una più moderna e dinamica disciplina dei beni e la loro
circolazione, tanto da essere considerato il migliore tra i codici privatistici dell'800
europeo.
La sua promulgazione avvenne nel 1911 e l'entrata in vigore nel 1912.
È composto da quattro libri e i suoi contenuti riguardano: le persone, la famiglia, le
successioni, i diritti reali; non vi è una parte generale e quanto alle fonti in caso di
lacuna si fa rinvio, in primo luogo, alla consuetudine e in secondo luogo alla libera
decisione del giudice.
6.12) IL CODICE DI PROCEDURA CIVILE AUSTRIACO
Tra i Codici dell'ultimo Ottocento un rilievo particolare presenta il Codice di
procedura civile austriaco approvato nel 1895 ed entrato in vigore 3 anni più tardi.
Preparato da Franz Klein, si fonda sul principio dell'oralità e attribuisce al giudice
civile una serie di poteri nella raccolta e nella libera valutazione delle prove, nonché
nella gestione del procedimento anche nell’intento di supplire alle minori possibilità
operative e difensive del litigante più debole.
6.13) IL DIRITTO INGLESE
Nel corso dell'Ottocento il diritto inglese giunse al superamento del sistema
processuale che lo aveva retto per oltre sette secoli.
Attraverso una serie di interventi normativi che si succedettero per circa mezzo
secolo:
- venne eliminata la pluralità di writs ed unificata la giurisdizione centrale adottando
una struttura nuova
Nel 1832 i nove tradizionali writs delle azioni personali vennero aboliti e sostituiti
con un unico writs of summons nel quale tuttavia l’attore doveva pur sempre inserire
il nome della forma di azione in base alla quale intendeva far valere la sua pretesa.
- la triade classificatoria delle azioni fu soppressa nel 1832: vennero eliminate le due
categorie delle azioni reali e delle azioni miste, per un complesso di 60 azioni
tradizionali, con poche eccezioni
- infine, venne la riforma conclusiva delle giurisdizioni centrali.
I due judicature acts abolirono tutte le residue forme di azioni, stabilendo che per il
futuro sia le cause di common law che quelle di equity avrebbero dovuto essere
amministrate all'interno di una medesima Corte di giustizia, la High Court of Justice,
alla quale venivano trasferite le competenze delle tre Corti di Common law della
Corte di Equity ed anche quelle delle Corti dell'Ammiragliato.
Al di sopra stava la Corte di appello, che insieme con l'Alta Corte di giustizia costituì
la Supreme Court of Judicature.
Un ulteriore ultimo appello fu reso possibile mantenendo i poteri giudiziari della
Camera dei Lords presso la quale alcuni casi continuarono ad essere inviati sino al
Novecento.
Le riforme subirono la spinta di alcuni intellettuali britannici e della letteratura prima
e dalle esigenze dell'economia industriale poi.
6.13) LEGISLAZIONE E SOCIETA
Il secondo Ottocento ha conosciuto in Europa trasformazioni sociali, economiche e
dei costumi che si sono naturalmente riflesse sul diritto.
1) Famiglia
Un primo settore di innovazioni legislative riguarda la famiglia.
-Divorzio: dapprima la Restaurazione in Francia abolì il divorzio ammesso nel
codice napoleonico per poi reintegrarlo ma limitato alle sole cause specifiche
(stupro, sevizie...)
-Tutela della donna: venne riconosciuta alla mogli una modesta capacità di agire,
l'usufrutto su una quota dei beni del marito defunto, la moglie separata non era
più soggetta alla potestà maritale, alla donna lavoratrice fu concesso di disporre
del proprio salario.
La posizione dei figli illegittimi: sacrificata nel codice napoleonico solo nel 1914
fu riformato l'art. 340 inserendo lo strumento per il riconoscimento dei figli
naturali.
2) Industria e commercio
Gli sviluppi dell'industrializzazione e dei trasporti nel secondo 800 ebbero riflessi
importanti sulla disciplina giuridica dell'economia.
-Compagnie anonime per azioni: a seguito dell'industrializzazione ed alla
creazione delle nuova rete ferroviaria viene abolita l'autorizzazione governativa
ed introdotta l'omologazione dell'atto costitutivo societario di competenza del
giudice (il giudice era chiamato solo per accertare la regolarità formale dell'atto)
al fine di reperire rapidamente i capitali
-Società per azioni: vengono disciplinati e regolamentati gli organi delle società
per azioni al fine di incoraggiare gli investimenti
-Società a responsabilità limitata
-Contratto di trasporto: interventi normativi in materia di contratto di trasporto a
causa dell'industrializzazione e per la creazione della nuova rete ferroviaria nuovi
istituti nei codici commerciali recenti tipo vendita all'asta di merci all'ingrosso, i
magazzini generali, pegno commerciale, assegni, ipoteca navale
-Fallimento: venne introdotta una normativa attenuata relativamente alle
conseguenze civili e penali a carico dei responsabili di piccoli fallimenti e
favoriva il concordato purché richiesto anticipatamente dal debitore insolvente.
-Assicurazione: la materia è disciplinata solo in pochi articoli del codice
3) Lavoro
Inghilterra
In Gran Bretagna, dove agli inizi del secolo si verificarono forme di lotta che
comprendevano anche la distruzione delle macchine (vedi luddismo), il diritto di
coalizione dei lavoratori fu riconosciuto nel 1859 a seguito di lotte generalizzate che
iniziarono con uno sciopero di nove mesi degli edili.
Ai diseredati sì e alle classi più povere furono dedicate le riforme del Poor Law con
l'istituzione di case di lavoro nelle quali in un latenti potessero trovare
un'occupazione pura condizioni volutamente meno favorevoli rispetto a chi aveva il
suo lavoro al di fuori di e se per evitare quello che oggi chiameremmo l'azzardo
morale.
Nel frattempo, nascevano i sindacati operai originariamente privi di personalità
giuridica e perciò non abilitati ad agire in giudizio sino a che nel 1871 una legge
nominata trade Union Act li riconobbe come leciti purché il loro statuto fosse stato
approvato dall'autorità di governo centrale o locale ma restava fermo il disfavore
della legge per le trade unions industriali considerate nocive per lo sviluppo del
commercio.
La rottura del contratto di lavoro da parte dell’operaio venne depenalizzata nel 1875:
da allora all'approccio criminalistica nei confronti del lavoratore subentrò un
approccio contrattualistico anche se l'esame della giurisprudenza coeva ha mostrato
che questa svolta normativa non migliorò la tutela dei lavoratori.
Francia
In Francia il delitto di coalizione che puniva le associazioni operaie in base al Codice
penale napoleonico fu abolito nel 1864 autorizzando le sole coalizioni dette
passeggere mentre la libertà di associazione sindacale fu riconosciuta
legislativamente vent'anni dopo con la legge del 1884.
Alla fine del secolo la Chiesa di Roma prese posizione nei confronti della questione
operaia con l’Enciclica Rerum novarum (1891) di Leone XIII.
Con l'enciclica si chiedeva l'intervento legislativo e doveroso dello stato al fine di
tutelare i lavoratori attraverso un contratto che disciplinasse il contraente debole,
l'operaio.
Si respingeva con decisione la dottrina del socialismo ribadendo che la proprietà
privata è parte del diritto naturale, si respingeva anche lo strumento dello sciopero ma
si richiedeva che il contratto di lavoro venisse disciplinato legislativamente per
tutelare il contraente debole e si dichiarava che il salario doveva comunque essere
tale da consentire il soddisfacimento delle esigenze fondamentali di vita del
lavoratore ed infine si auspicava la formazione di associazioni cristiane a tutela dei
lavoratori.
Germania
-La legge sull’assicurazione contro le malattie (1883) sanciva l’obbligo di assicurare i
lavoratori con contributi prelevati per i 2/3 sul salario e per 1/3 a carico del datore di
lavoro lasciando l'opzione per una delle molte casse già esistenti a ciò deputate
-Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (1884): obbligatorio a carico
dell'impresa sotto il controllo dell'amministrazione statale
-Assicurazione di invalidità e vecchiaia (1889) e che provvedeva alle necessità della
vecchiaia al compimento dei settant’anni con reversibilità nei confronti della vedova;
il carico era suddiviso per metà tra il lavoratore e il suo datore di lavoro con
un'integrazione statale.
Nel 1891 fu introdotto con legge il principio della progressività delle imposte.
Italia
Provvedimenti rilevanti:
- Cassa nazionale di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
- cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia e l'invalidità degli operai
- cassa di maternità
- mutualità scolastica
- lavoro delle mezze forze

Giustizia amministrativa, Ombudsman, diritti elettorali


Tra gli aspetti più significativi del diritto dell'Ottocento vi è la progressiva
affermazione della tutela giurisdizionale dei privati nei confronti della pubblica
amministrazione.
-In Francia la critica corrosiva di Alexis aveva condannato la disciplina della giustizia
amministrativa introdotta da Napoleone in quanto il cittadino che avesse da far valere
le sue ragioni nei confronti dell'amministrazione si trovava di fronte la stessa
amministrazione attiva.
Venne riconosciuta l'efficacia esecutiva delle sue pronunce riformando così il criterio
restrittivo adottato nel 1800 che le subordinava al placet del governo e veniva inoltre
ammesso il ricorso per eccesso di potere nei confronti di un atto amministrativo con
la possibilità di annullare l'atto medesimo: un avanzamento fondamentale verso la
sindacabilità giurisdizionale agli atti amministrativi.
Il Compito di dirimere i conflitti tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione
amministrativa fu sottratto al Consiglio di Stato ed affidato ad una Corte
appositamente istituita.
-In Germania si istituì nel 1875 i primi tribunali amministrativi affidando alla loro
giurisdizione solo il giudizio di legittimità relativo agli atti di imperio della pubblica
amministrazione e a quelli di gestione dei servizi pubblici; Gli atti di natura
contrattuale di gestione dei beni pubblici erano affidati alla giurisdizione ordinaria.
-In Italia il Piemonte sabaudo aveva introdotto nel 1842 il contenzioso
amministrativo con efficacia direttamente esecutiva e urbano Rattazzi era riuscito ad
inserire anche l'attribuzione al Consiglio di Stato della giurisdizione riguardo alla
lesione di diritti da parte della pubblica amministrazione nei casi in cui questa aveva
operato come soggetto di diritto pubblico mentre per gli altri casi operava la
giurisdizione ordinaria secondo un modello prossimo a quello del Belgio che era
particolarmente interessante per la scelta di attribuire alla giurisdizione ordinaria
anche un'ampia serie di controversie con la pubblica amministrazione.
Silvio spaventa si batte per introdurre una tutela giurisdizionale anche per gli interessi
legittimi accanto a quella dei diritti soggettivi e nel 1889 questa tutela venne attribuita
al Consiglio di Stato istituendo un'apposita sezione giurisdizionale di giudicasse in
appello rispetto alle pronunce della giunta provinciale amministrativa presieduta dal
prefetto.
Al giudice di Stato spettavano competenze di mera legittimità con eccezione di
alcune materie specifiche per le quali il giudizio si estendeva anche al merito dei
provvedimenti amministrativi.
-Il diritto inglese applicava invece un criterio del tutto differente infatti i reclami
contro un atto amministrativo si rivolgevano nei confronti del singolo funzionario che
gli aveva adottati considerato personalmente il responsabile salvo poi il suo diritto a
rivalersi nei confronti dell'amministrazione e pertanto la giurisdizione ordinaria era
competente a giudicare tali reclami; tuttavia vi furono strumenti specifici con i quali
era possibile ricorrere contro provvedimenti delle giurisdizioni inferiori ed anche
contro atti dell'amministrazione dei quali peraltro era pacifica la nullità se compiuti
da una Corte inferiore o da un ufficiale privo dei poteri necessari.
Strumenti quali il mandato, la prohibition e l'insulto non emanati da una Corte
Suprema imponevano ad una Corte inferiore o hanno ufficiale di compiere un atto di
astenersi dal compierlo.
Il writ certiorari era un comando di una Corte superiore allo scopo di costringere ed
in seguito continuo a rappresentare uno strumento giuridico fondamentale nel
controllo degli atti giurisdizionali e amministrativi sul quale la tensione anche politica
relativa alla possibilità di sindacare si accese in diverse occasioni.
-una funzione in parte analoga venne riservata in Svezia ad un'istituzione che avesse
il compito di assicurare che le leggi deliberate dal Parlamento venissero osservate
puntualmente.
Il primo Ombudsman di nomina parlamentare fu nominato nel 1810 sulla base di una
legge dell'anno precedente; a lui poteva ricorrere qualunque soggetto che ritenesse di
essere stato trattato ingiustamente da un pubblico ufficiale originariamente anche nei
confronti dei ministri e delle autorità monetarie e di bilancio.
-I diritti di voto per le elezioni politiche in una larga parte d’Europa rimasero
nell’Ottocento legati alle condizioni di censo dei cittadini di sesso maschile, infatti, le
caratteristiche e anche le patologie del suffragio ristretto sono descritte da un grande
letterato di nome Trollope.
Ma in alcuni paesi si affermò il suffragio universale maschile, infatti, così in Francia
nel 1848 con disciplina mantenuta in vigore e l'Inghilterra procedette ad un
progressivo abbassamento dei requisiti di censo con corrispondente ampliamento del
numero degli elettori sino al raggiungimento del suffragio universale mentre l'Italia
estese il voto da poche migliaia di elettori a circa due milioni.
L'estensione del suffragio universale delle donne avvenne in Francia solo nel 1900 e
in Italia nel 1946.
7)LE PROFESSIONI LEGALI
7.1) MAGISTRATURA
1)Francia
I rapporti tra magistratura e politica: la vita politica condizionò le vicende della
magistratura mantenendo vivo il principio dell'inamovibilità dei giudici ma la nomina
e la progressione a magistrato erano determinate su discrezione del ministro della
giustizia.
Solo nel 1883 venne istituito il CSM Consiglio Superiore della Magistratura (1883)
composto da magistrati di Cassazione per le proposte di avanzamento nella carriera
che tuttavia rimanevano di pertinenza del ministro della Giustizia., al ministro
spettava anche il potere discrezionale di dare seguito ai provvedimenti disciplinari nei
confronti dei magistrati per i quali la competenza era attribuita alla Cassazione.
L’ingresso nella magistratura richiedeva solo la licenza in diritto e due anni di
tirocinio presso i tribunali in veste di avvocato.
La scelta spettava al ministro, sulla base di terne proposte dal procuratore generale
del distretto.
Solo nel 1906 il principio del concorso come via di acceso alla magistratura venne
recepito in via generale con pochi poteri di controllo riservati al ministero della
giustizia.
Quanto al ruolo della giurisprudenza basterà sottolineare come la funzione riduttiva
che si era voluta assegnare ai giudici nella prima età delle codificazioni abbia col
tempo ceduto il campo ad interventi incisivi compiuti in presenza di fattori nuovi o di
nuove sensibilità.

2)Italia
Dopo l’unità adottò per la magistratura lo stesso criterio scelto per la codificazione e
per l’amministrazione: la Legge sull’ordinamento giudiziario (1865) fu utilizzata per
la gestione della Magistratura estendendo così il modello piemontese ispirato al
modello francese.
L’ingresso alla magistratura avveniva per tappe con un primo concorso, seguito da un
anno di uditorato, da un secondo esame per la nomina di pretore e da un terzo esame
per diventare aggiunto giudiziario.
La nomina della commissione spettava al ministro per la giustizia.
Dopo il 1860 si ebbe un vasto reclutamento di nuovi giudici insieme con
l’Epurazione dei giudici degli stati preunitari: si ebbe un vasto reclutamento di nuovi
giudici e un allontanamento dalla carica (epurazione) di molti giudici considerati
ostili al nuovo ordine che prevedeva una centralizzazione nella carriera dei magistrati
come già prevedeva lo statuto Albertino che aveva previsto che i giudici nominati dal
re sono inamovibili per tre anni di esercizio.
L’Inamovibilità dei giudici: conferma il ruolo decisionale e gestionale del governo.
3)Germania
L’accesso alla magistratura: la legge del 1877(Legge federale sull’ordinamento
giudiziario) stabiliva che per diventare giudici bisognava aver studiato per tre anni
presso l'università e solo dopo aver superato un esame di stato si acquistava la
qualifica di referendario: successivamente era previsto un tirocinio retribuito di tre
anni presso tribunali e presso studi professionali di avvocato al termine dei quali si
doveva affrontare un secondo esame di stato che prevede 9 prove scritte.
Chi lo supera consegue la qualifica di assessore ed è giurista completa.
L'assunzione alla magistratura avviene sulla base dei posti disponibili di regola
seguendo la graduatoria di merito con la quale si conclude il secondo esame di Stato
ma il secondo esame di Stato apre contemporaneamente anche la via all'esercizio
dell'avvocatura per coloro che non siano stati assunti nella magistratura e per coloro
che non intendano diventare giudici pur essendo collocati in posizione elevata nella
graduatoria per l'assessorato.
La formazione comune in Germania non è solo la formazione universitaria ma anche
quella pratica che dura un intero triennio e che impone tanto ai futuri giudici quanto
ai futuri avvocati un tirocinio presso entrambi i rami del mondo forense.
4)Inghilterra
L'avvocatura ha mantenuto il suo carattere bifronte con le funzioni attribuite ai
solleciti nella rappresentanza delle parti e le funzioni di difesa appannaggio della
ristretta categoria dei barristers operanti presso le quattro storiche ins of court di
Londra: i giudici delle corti centrali hanno continuato ad essere scelti dal re tra i
barrister di grande prestigio ovvero un piccolo gruppo di giuristi di alto profilo
universalmente rispettati e generosamente retribuiti.
7.2) AVVOCATURA
1)Francia
La Restaurazione stabilì un dualismo tra due professioni forensi destinato a durare
per un secolo:
-gli avoues esercitavano la funzione tradizionale dei procuratori rappresentando la
parte in giudizio e venivano riconosciuti come una professione distinta con il diritto
di disegnare il successore.
L’intreccio delle funzioni di difesa e di rappresentanza fu intricato da chiedere
l'organizzazione degli ordini.
Per gli avvocati, l'organizzazione degli ordini fu disciplinata secondo il modello
tipico di quello di Parigi ma in ciascun ordine il consiglio di disciplina virgola che
aveva il potere di ammettere ed escludere i propri membri venne strutturato
chiamando a farne parte gli avvocati con maggiore anzianità e attribuendoli il
compito di eleggere il presidente dell'ordine, due funzioni che la legge napoleonica
aveva invece attribuito al procuratore generale.
Il ruolo dello Stato nel governo dell'avvocatura si può misurare da alcuni elementi
significativi:
-è indicativo il fatto che le riforme le normative di governo degli ordini sono state
costantemente disposte attraverso lo strumento legislativo o regolamentare, non con
regolamentazioni autonome
-sulle decisioni di ammissione o di espulsione da parte dei consigli di disciplina la
magistratura mantenne il potere di intervenire in appello
-i vincoli alla libertà di opinione e di condotta politica dell'avvocatura vennero nel
tempo superato in concomitanza con il ruolo sempre crescente esercitato dagli
avvocati nelle funzioni parlamentari e ministeriali
-mentre nella formula del giuramento all'atto dell'ingresso nella professione si esigeva
anche l'impegno di essere fedeli al re questo riferimento fu eliminato nel 1848 e
venne poi sostituito con la menzione delle autorità dello Stato francese sino a
giungere alla formula attuale che semplicemente vincola l’avvocato ad esercitare la
difesa con dignità, coscienza, indipendenza, probità e umanità
2)Germania
Vigeva il binomio tra avvocati e procuratori in Prussia di Federico II dove i
commissari di giustizia svolgevano le due funzioni di difesa in veste di funzionari
scelti e nominati dal governo.
Vigeva il numero chiuso per i difensori e le tariffe stabilite dallo Stato.
Gli avvocati avevano uno Status impiegatizio, infatti, dovevano obbedienza al
governo e non godevano né di autonomia né di indipendenza.
Si formarono in Prussia i Consigli onorari nati per iniziativa spontanea degli avvocati
e dotati di funzioni disciplinari e regolamentari per poi giungere alla creazione
dell'Associazione nazionale dell’avvocatura (1871) ed il numero chiuso fu totalmente
abbandonato.
Gli avvocati ottennero la Liberalizzazione dell’esercizio della professione forense
(1878), l’unificazione voi delle funzioni di difesa e di quelle di rappresentanza, la
libertà di associazione.
Il controllo delle delibere dei consigli dell'ordine degli avvocati spettava ancora alla
magistratura e l'accesso alla professione era disciplinato nella forma di un doppio
esame di Stato e di un tirocinio giudiziario e professionale organizzato dopo
l'università.
3)Inghilterra
Dualismo tra solicitors e barristers
4)Italia
a) Nella Restaurazione il regime dell'avvocatura risulta differenziato nei diversi stati.
Esiste sempre il binomio avvocati e procuratori ad eccezione del Lombardo-Veneto
dove il Regolamento processuale austriaco del 1815 unificò le due categorie.
Le due funzioni di avvocato e di procuratore nel Regno delle due Sicilie potevano
venir cumulate mentre in Toscana e procuratori erano abilitati anche alla difesa.
b) Unità
Dopo l'Unità nazionale si mantiene la distinzione tra avvocati e procuratori, ma è
consentito il cumulo delle funzioni ed era ammessa inoltre l'iscrizione contestuale ad
entrambi gli ordini.
Organi degli ordini: ciascuno dei due organi eleggeva i propri Consigli, i quali a loro
volta eleggevano il presidente e i membri del Consiglio di disciplina.
Le deliberazioni disciplinari erano impugnabili davanti alla locale Corte di Appello.
7.3) NOTARIATO
La terza classica professione mantenne in Europa molti dei caratteri tradizionali che
si erano cristallizzati in modo differenziato nei diversi paesi:
-In Francia erano stati l’Assemblea costituente prima, l'intervento napoleonico più
tardi, ad unificare sul territorio la figura del notaio pubblico; per accedere alla
professione si richiedevano sei anni di apprendistato mentre la disciplina interna era
affidata all'autogoverno delle camere notarili e solo le sanzioni più gravi erano di
competenza del tribunale.
-La Germania mantenne una pluralità di figure professionali che risaliva al dualismo
medievale tra notai imperiali e notai ecclesiastici.
-Nell'Italia della restaurazione diversi stati mantennero l'impostazione tradizionale del
notariato pubblico che aveva ricevuto riconoscimento e disciplina legislativa negli
anni napoleonici.
L'unificazione normativa avvenne per tappe dopo il 1860 e a partire da quell'anno si
richiese per l'accesso al notariato la laurea in giurisprudenza frattanto una linea
adottata dal notariato con determinazione portò alla contrazione dell'organico che dai
7000 notai degli anni postunitari ridusse i notai almeno di 5000.
8) LA DOTTRINA GIURIDICA TRA I DUE SECOLI
8.1) LA PANDETTISTICA: WINDSCHEID
Dalla scuola storica dei primi dell’Ottocento, si sviluppa nella seconda parte del
secolo una nuova dottrina tedesca, che prende il nome di Pandettistica.
Definizione di Pandettistica: elaborazione rigorosa del sistema di diritto privato
fondata sul diritto romano attuale.
La scuola pandettistica assume due dogmi fondamentali:
1) la sacralità della proprietà privata;
2) la signoria della volontà dell'individuo
I membri di questa scuola, nell'applicare le tesi della Scuola Storica, decisero di
costruire il proprio sistema assumendo come materiale giuridico e sistematico quello
contenuto nel Corpus iuris Civilis di Giustiniano.
La riscoperta della fonte romanistica avvenne solo in parte per adesione alla
tradizione culturale germanica, ma in maggior misura perché il materiale della
compilazione romanistica nella sua ricchezza e completezza espositiva costituiva il
miglior testo possibile per attuare i propri esercizi sistematici.
Ciò che interessava questi giuristi fu, infatti, il sistema in sé e la possibilità che il
metodo concettuale dischiudeva verso una giurisprudenza costruttiva, tesa a generare
nuovi concetti, e quindi nuove regole, da concetti precedentemente inseriti nel
sistema (c.d. piramide sistematica).
In sintesi, in questa situazione ciò che si chiedeva allo studioso era avere una ferrea
padronanza della logica.
Sul pensiero di Savigny si fonda la corrente di pensiero scientifico che prende il
nome di Pandettistica, i cui esponenti sono:
1. Putcha (allievo di Savigny);
2. Brinz (autore di un fortunato manuale di Pandette);
3. Bernhard Windscheid (m. 1892).
L’idea di fondo della PANDETTISTICA è che l’ordinamento giuridico costituisca un
sistema completo, chiuso. Le eventuali lacune delle leggi non sono altro che lacune
del sistema, il quale ha sempre, nelle sue strutture logiche, i mezzi per colmarle.
Il giurista deve soltanto trovare la soluzione già presente nel sistema.
• La più grande creazione della Pandettistica è la teoria del negozio giuridico (non
presente nel diritto romano ma elaborata dai Pandettisti).
• In Germania la PANDETTISTICA ha preparato il BGB (approvato nel 1896 ed
entrato in vigore nel 1900), ha preparato l’unificazione del diritto privato mediante
l’elaborazione del BGB, il cui ordine della materia segue, in massima parte, il sistema
generale costruito da WINDSCHEID.
Da qui il famoso detto per cui il BGB altro non è che le “Pandette” di Windscheid
ridotte in paragrafi di legge.
Bernard Windscheid (1817-1892)
È il maggiore esponente della Pandettistica.
Nasce a Düsseldorf nel 1817.
Nel 1847 diventa professore a Basilea.
Scrive un manuale di diritto dal titolo «Pandette», edito più volte a partire dal 1862,
che compendia tutto il lavoro della Pandettistica.
Il metodo da lui seguito coniuga il rigore filologico e storico con l’intento
chiarificatore ai fini dell’applicazione pratica: il metodo consiste dunque nel fondare
le argomentazioni su una impalcatura concettuale che si richiama direttamente ai testi
romani.
Nel 1881 è chiamato a far parte della commissione incaricata di elaborare il Codice
civile.
Joseph Unger (1828-1913)
Contribuì con tesi innovatrici tra le quali la validità del contratto a favore di un terzo
e riflessioni sulla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
Jhering
Professore in varie università tedesche e all’università di Vienna.
Scrive alcune opere importanti: La lotta per il diritto (1872), ove sostiene la tesi che,
per affermarsi, il diritto abbia bisogno di energie e di battaglie dei soggetti coinvolti,
dirette a farlo trionfare, e Serio e faceto nella giurisprudenza (1884).
Ne Lo spirito del diritto romano (1852), opera giovanile ma non meno importante,
mostra ciò che di permanentemente valido si può trarre dal pensiero dei grandi
giuristi dell’antica Roma.
Nel periodo della maturità prende le distanze dai pandettisti, in primis Windscheid
(che pure era uno dei suoi migliori amici).
Il diritto, secondo Jhering, non è una mera trama di categorie e di concetti, ma uno
strumento che permette di raggiungere risultati concreti nella vita di relazione.
L’individuo, così come lo Stato e le istituzioni pubbliche, lo usa per raggiungere
determinate finalità.
Ciò che conta nel diritto è dunque lo scopo: Lo scopo nel diritto (1877-1883), 2
volumi, è il titolo della sua opera della piena maturità.
La sua critica alla «giurisprudenza dei concetti» (Pandettistica) ha influenzato
profondamente le dottrine giuridiche del Novecento, ed in particolare l’indirizzo che
Philip Heck chiamerà «giurisprudenza degli interessi».
Otto von Gierke (1841-1921)
Professore a Heidelberg e a Berlino, è uno dei massimi giuristi dell’Ottocento.
Scrive un’immane opera sull’evoluzione del diritto delle associazioni dal mondo
antico al medioevo, fino alle dottrine giusnaturalistiche del Seicento.
La critica al BGB si basa sul rilievo che in esso la fedeltà al modello romanistico,
tipica della Pandettistica, non valorizza i profili essenziali dell’idea associativa.
Secondo Gierke occorre invece evidenziare il compito sociale del diritto: questa tesi
viene illustrata soprattutto nel suo Trattato di diritto privato, rimasto incompiuto.
L’idea associativa è, per questo autore, estremamente importante e comporta, nel
campo del diritto privato, una serie di conseguenze come, ad esempio, una disciplina
del rapporto di lavoro fondata sul concetto che lavoratori e datore di lavoro formano
una vera e propria comunità con diritti e doveri reciproci.
8.2) IL DIRITTO PUBBLICO
Le basi per l'elaborazione delle moderne dottrine di diritto pubblico sono state poste
nel secondo '800 principalmente da tre professori universitari tedeschi.
1)Carl Friedrich Gerber (1823-1891)
-Aveva scritto un opera di diritto privato che aveva l’ambizione di superare il
contrasto tra i romanisti e i germanisti incentrando l’intero sistema concettuale del
diritto privato sulla nozione di volontà della persona
-Estese al diritto pubblico la sua impostazione dapprima ponendo in rilievo il ruolo
dell’individuo e del popolo nella formazione della volontà dello Stato adottando poi
nel suo testo di diritto pubblico la concezione dello Stato come persona giuridica alla
quale egli poteva così attribuire una volontà che si manifesta attraverso lo Stato
medesimo.
-Enunciava una dottrina oggettiva sullo Stato che non necessita di un rapporto diretto
con la società civile: lo stato ha in sé stesso la propria fonte autoritativa
-Nasce la concezione statualistica del diritto pubblico che dominerà la scienza
giuridica non solo tedesca sino al pieno Novecento
2)) Paul Laband (1838-1918)
-Formulò nel 1870 la distinzione tra leggi in senso formale e leggi in senso materiale
sottolineando il carattere di provvedimenti specifici e politicamente orientati,
sprovvisti di generalità e astrattezza, che sono propri delle prime, quali appunto le
leggi annuali sul bilancio.
-Il compito del giurista consiste nell’elaborare i dati normativi esistenti secondo
rigorose categorie dogmatiche che rispondano alle regole della logica mentre i
presupposti e i dati storici e sociologici non hanno né debbono avere alcun spazio in
questa attività di concettualizzazione.
3)Jellinek
-A lui si deve la formula che assegna al diritto la funzione di garantire il minimo etico
in tal modo distinguendo ma non separando la sfera del diritto rispetto alla sfera della
morale.
-Nella monografia sui diritti pubblici soggettivi elaborò alcune tesi divenute
dominanti nella dottrina giuspubblicista: i rapporti tra stato e individuo vengono
classificati in quattro distinte categorie o status a seconda che siano in questione la
subordinazione del cittadino rispetto allo Stato rispetto allo Stato come nel rapporto
con la polizia ovvero i diritti di libertà ovvero le pretese avanzate dal cittadino verso
la pubblica amministrazione o infine la partecipazione attiva del cittadino alla vita
politica.
-La concezione che include nel diritto pubblico, con funzione normativa, anche
elementi fattuali non legislativi differenzia il pensiero di Jellinek rispetto
all’impostazione di Gerber e di Laband.
4)Dicey
Sintetizza in tre fondamentali principi la costituzione inglese:
1) .la sovranità del Parlamento (nessuna autorità può esserci al di sopra di questa è
sovrana)
2) .la supremazia del diritto (impone al governo il rispetto delle libertà personali)
3) .la costituzione convenzionale (il rispetto di prassi non formalizzate né di testi né
in decisione giudiziarie)
L’aspetto più significativo della costituzione britannica consiste dal fatto che non è
consegnata in un testo solenne e che si è formata attraverso decisioni giudiziali e con
l’approvazione di singole leggi di portata specifica e circoscritta.
8.3) ORLANDO
Vittorio Emanuele Orlando, giurista palermitano, ebbe il merito di fondare la
moderna scienza del diritto pubblico in Italia nel penultimo decennio del XIX secolo.
Professore, deputato e più volte ministro, Orlando svolse, dalla fine del XIX secolo
all’avvento del fascismo, importanti funzioni politiche nazionali e internazionali.
Alla base del suo pensiero c’è la nozione giuridica di Stato, che Orlando trae dalla
giuspubblicista tedesca.
Lo Stato era un’entità naturale, autonoma dalla politica cui veniva affidata la
funzione di consolidare l’identità della recente Unità nazionale.
I diritti fondamentali dei cittadini venivano quindi configurati, secondo Orlando,
come “autolimitazioni” della sovranità dello Stato, concessioni dello Stato.
Sostenne, inoltre, la compatibilità tra parlamentarismo e Stato di diritto: egli fu un
sostenitore del sistema parlamentare anche se sostenne che la sovranità del
parlamento era comunque circoscritta dalle regole dello Stato di diritto.
In questa prospettiva, secondo la costituzione palermitana i membri del parlamento
non rappresentavano soltanto i loro elettori bensì l’intera comunità nazionale inclusi i
ceti in cui non spettava il diritto di voto; il che consentiva tra l’altro di giustificare
l’opposizione nei confronti del suffragio universale considerato prematuro per
l’Italia.
Ribadì in più occasioni la supremazia del diritto rispetto alla legge asserendo che è la
legge a dover essere inquadrata nel sistema e nelle categorie del diritto e non
viceversa.
8.4) SANTI ROMANO
Allievo di Orlando fu un altro giurista siciliano, Santi Romano, professore
universitario a Pisa e Milano nonché presidente del Consiglio di Stato, studioso di
diritto costituzionale e diritto amministrativo tra i maggiori dell’Italia unita.
Anch’egli attinse alle dottrine dei maggiori giuspubblicisti tedeschi e su queste basi
sviluppò dottrine e teorie originali.
Lo scritto più famoso di Santi Romano è L’ordinamento giuridico (1917).
Secondo Romano l’elemento giuridico caratterizza ogni istituzione, intendo con
questo termine, ogni ente/struttura organizzato (“Ubi societas ibi ius”).
Lo Stato è, per Romano, la massima tra le istituzioni, ma non la sola: anche le chiese,
le organizzazioni private, anche addirittura le organizzazioni criminali possiedono il
carattere della giuridicità in quanto impongono ai propri membri una serie di
comportamenti.
8.5) IL DIRITTO AMMINISTRATIVO
La scienza del diritto amministrativo acquistò piena autonomia alla fine del XIX
secolo.
Otto Mayer, professore a Lipsia e a Strasburgo, è considerato il fondatore della
moderna dottrina giuridica del diritto amministrativo, non solo per la Germania.
Elaborò le categorie concettuali entro le quali inquadrare le svariate attività e
funzioni della pubblica amministrazione.
In Italia anche per il diritto amministrativo Vittorio Emanuele Orlando rivestì il ruolo
di fondatore, con il suo vasto Trattato di diritto amministrativo (10 volumi) del 1897,
che costituì da allora, per quasi un secolo, il principale strumento per ogni ricerca
sulla materia.
Oreste Ranelletti, professore a Napoli, Pavia e Milano, sviluppò nei suoi scritti una
serie di teorie volte a liberare lo Stato da una serie di vincoli derivanti da
un’estensione delle norme privatistiche.
Otto Mayer studioso del diritto amministrativo francese, egli indirizzò i suoi
contributi dottrinali ad un preciso obiettivo: volle disegnare le categorie sistematiche
e concettuali atte ad inquadrare le svariate attività e funzioni della pubblica
amministrazione con criteri rigorosamente giuridici.
L'attività dell'amministrazione pubblica poteva in tal modo venire giuridicamente
analizzata e anche monitorata con maggiore certezza (Trattato di Diritto
Amministrativo).
In contrasto con le posizioni di Laband, critiche nei confronti di un'autonoma
configurazione dottrinale del diritto amministrativo, Mayer ne sostenne con forti
argomenti la specificità.
In Italia Orlando rivestì un ruolo di fondatore.
La tutela del cittadino esigeva la sindacabilità degli atti amministrativi, perché il
rapporto tra Stato e cittadino era da ritenersi un rapporto tra due soggetti.
Federico Cammeo sviluppò una concezione del diritto amministrativo che intendeva
precisare i modi ed i limiti di discrezionalità della pubblica amministrazione a tutela
delle libertà dei singoli.
Oreste Ranelletti sviluppò una serie di teorizzazioni volte a liberare lo Stato da una
serie di vincoli e di pastoie derivanti da un'estensione diretta delle norme di origine
privatistica.
8.6) IL DIRITTO PENALE
Le dottrine penalistiche ebbero sviluppi importanti nel secondo Ottocento.
-In Germania: Karl Binding (1841-1920) Teoria normativa del diritto penale (la
violazione di un precetto della legge che vieta un determinato comportamento non
necessariamente comporta una condanna penale).
L'elemento intenzionale non è esplicitato nella norma che punisce il danneggiamento
di cosa altrui.
Si oppone all'inescusabilità dell’ignoranza del precetto penale non generalizzabile ed
offre una trattazione sistematica innovativa della parte speciale.
-In Italia alla scuola classica degli allievi di Francesco Carrara si contrappose,
nell'ultima parte dell'Ottocento, un diverso orientamento che prese il nome di Scuola
positiva.
Fondatore di questo nuovo indirizzo fu Cesare Lombroso (1835-1909)
L’uomo delinquente (1876): gli autori dei reati più gravi sono individui predisposti al
delitto perché affetti da tare fisiche congenite.
Enrico Ferri (1856-1929) Sociologia criminale (1884): i condizionamenti sociali
quale causa primaria della delinquenza.
Le due scuole si confrontarono per decenni, non solo in Italia, dove tuttavia la Scuola
Classica, rappresentata da giuristi quali Enrico Pessina e Vincenzo Manzini, ebbe la
meglio quanto meno in università.
Dalla tesi della Scuola classica si distaccava in Germania Franz von List: l'elemento
clinico-psichico e il fattore ambientale-sociale sono entrambi essenziali nel crimine;
distingue tre categorie di rei, il delinquente occasionale, rieducabile e inemendabile;
le pene devono essere calibrate diversamente per ciascuna di queste categorie. In
Italia fu profonda l'influenza del pensiero di Vincenzo Manzini: Trattato di diritto
penale (1908): lo Stato garante delle esigenze di sicurezza sociale e dell’individuo.
L'impostazione tecnico-giuridica è propria anche di Arturo Rocco, assertore della
necessità di elaborare nel campo penalistico "un complesso di principi giuridici
sistematicamente ordinati".
Si deve ricordare Tommaso Nani, professore a Pavia, ma soprattutto la Scuola
toscana: a Pisa insegnò, a partire dal 1790, Giovanni Carmignani (1768-1847),
letterato oltre che giurista; Francesco Forti, magistrato fiorentino, ma va ricordato
soprattutto il lucchese Francesco Carrara (1805-1888), avvocato di fama e professore
a Pisa, che diede origine alla Scuola classica, oltre a contribuire alla preparazione del
Codice penale per il Canton Ticino del 1873.
In Italia si fronteggiano due scuole:
1. la Scuola classica di Francesco Carrara ed Enrico Pessina, erede della tradizione
liberale e illuministica di Beccaria, Filangieri e Romagnosi
La Scuola classica difendeva la libertà contro l’arbitrio punitivo, le garanzie di
legalità e la certezza del diritto e lottava per l’abolizione della pena di morte, per
riformare il processo penale in senso accusatorio e per migliorare le condizioni di
vita dei detenuti.
2.la Scuola positiva di Cesare Lombroso, Enrico Ferri e Raffaele Garofalo.
La Scuola positiva si batteva invece per la sicurezza e la difesa sociale, rovesciando il
garantismo illuministico: il delinquente era un essere antropologicamente diverso,
inferiore (il delitto è sintomo di anormalità), che doveva essere eliminato dal corpo
sociale in quanto irrecuperabile.
Le due scuole si contrappongono in merito alla definizione di scopi e limiti del diritto
penale.
In un primo tempo prevalse la Scuola classica, che influenzò, grazie al prestigio di
Francesco Carrara, l’elaborazione del Codice penale Zanardelli del 1889, un ottimo
codice di impianto liberale.
Il banditismo e il sovversivismo anarchico di fine secolo determinarono però una
massiccia legislazione poliziesca che, insieme al fascino di nuove scienze come
l’antropologia e la sociologia criminale, la medicina legale e la psicologia forense,
diedero grande spinta alla Scuola positiva, il cui fondatore fu Cesare Lombroso
(1835- 1909). Lombroso, medico e professore a Pavia e a Torino, espose nell’opera
L’uomo delinquente (1876) una teoria criminologica fondata sull’assunto che gli
autori dei reati più gravi sono individui predisposti al delitto perché affetti da tare
fisiche congenite.
Tra i seguaci di Lombroso Enrico Ferri, avvocato e uomo politico di idee socialiste
autore dell’opera Sociologia criminale (1884), e Raffaele Garofalo, magistrato
coinvolto nella prima fase di preparazione del Codice penale del 1889, crearono un
indirizzo diverso, che poneva l’accento sui condizionamenti sociali quale causa
primaria della delinquenza.
Questi autori insistevano soprattutto sulla denuncia delle discriminazioni sociali,
quindi del fattore ambientale-sociale, quali moventi della criminalità e sul ruolo
importante che doveva essere attribuito alla prevenzione per diminuire il numero dei
reati.
Vincenzo Manzini, penalista e professore universitario, autore del noto Trattato di
diritto penale (iniziato nel 1908 e riedito più volte sino agli Ottanta del Novecento),
respingendo le tesi della Scuola positiva, sottolineò l’importanza della legislazione
statale come unico strumento efficace per garantire la sicurezza sociale e individuale.
Manzini fu uno dei maggiori esponenti dell’indirizzo tecnico-giuridico, insieme ad
Arturo Rocco (fratello del ministro della giustizia Alfredo Rocco), il principale
artefice del Codice penale del 1930 (Codice Rocco).
Figura di primo piano della scienza criminalistica italiana, Manzini fornì un
contributo decisivo al consolidamento dell’indirizzo tecnico-giuridico, proposto
quale superamento della dicotomia ottocentesca tra Scuola classica e positiva.
Manzini rifiuta ogni forma di riflessione filosofica intorno al diritto, che, lungi
dall’essere di ausilio al giurista, lo allontana da quella base di dati certi e precisi, che
dev’essere il fondamento dell’indagine della scienza del diritto (Trattato di diritto
penale).
La legislazione penale statale è vista come l’unico strumento efficace in grado di
garantire la sicurezza sociale e individuale.
Questa concezione lo porta però a rinunciare a porsi il problema dei limiti del diritto
penale e di quali devono essere le sue garanzie, con esiti dottrinali contraddittori: si
pensi solo al fatto che Manzini, che in gioventù avversava la pena di morte, in età
matura finisce per sostenerla con decisione.
Importante contributo di Manzini all’elaborazione del Codice penale e del codice di
procedura penale del 1930.
8.7) CIVILISTI, COMMERCIALISTI, PROCESSUALISTI
-In Italia l’indirizzo dominante del pensiero giuridico civilistico fu quello nato dal
ricco patrimonio di concerti giuridici elaborato dai pandettisti della scuola
germanica:
1) Vittorio Scialoja
2) Emanuele Gianturco
• La dottrina civilistica italiana ebbe un ruolo di primo piano nell’ambito della
scienza giuridica italiana ottocentesca: inizialmente influenzata dalla Scuola
dell’Esegesi francese, verso la fine del XIX secolo si ispirò al metodo storico
sistematico della Pandettistica, con cui entrò in contatto grazie alla traduzione dal
tedesco all’italiano dei principali manuali tedeschi degli anni Settanta e Ottanta.
Nella prima metà dell’Ottocento il modello dominante in Italia fu quello dei
commentari degli esponenti della Scuola dell’Esegesi.
Nella seconda metà dell’Ottocento l’indirizzo dominante divenne quello della
Pandettistica tedesca.
Grande civilista di questo periodo fu Vittorio Scialoja, un romanista che tradusse gli
otto volumi dell’opera di Savigny Sistema del diritto romano attuale e contribuì a
diffondere, sulla scia della Pandettistica, alcune idee chiave che si contrapponevano
all’identificazione positivistica del diritto con la legge
Non mancarono, peraltro, delle voci dissonanti rispetto ai dogmi della Pandettistica:
Emanuele Gianturco (1857- 1907) sul finire dell’Ottocento criticò l’ipocrisia di una
concezione della libertà contrattuale apparentemente ignara della miserevole
condizione di braccianti e operai (gli strati più bassi della società).
-Nel diritto commerciale si affermò, alla fine del XIX secolo, il pensiero di Cesare
Vivante (1855-1944), che per quarant’anni dominò la scena del diritto commerciale
italiano.
Avvocato e professore in diverse Università (Parma, Bologna, Roma), Vivante si
occupò in un primo tempo di un tema all’epoca di grande attualità, quello delle
assicurazioni, scrivendo un’opera in tre volumi, intitolata Contratto di assicurazione.
Vivante sin dal 1888 propugnò l’unificazione del diritto delle obbligazioni,
suggerendo di superare la dicotomia tra il Codice civile ed il codice di commercio.
Aspre critiche di Vivante al codice di commercio del 1882 (Codice Mancini).
Dal 1893 Vivante iniziò la pubblicazione del Trattato di diritto commerciale, che
restò il testo più autorevole in materia per diversi decenni (nel 1922 uscì la quinta
edizione) in quanto rappresentò la prima ampia esposizione del diritto commerciale
italiano.
Nel suo Trattato di diritto commerciale Vivante espresse la fondamentale concezione
secondo la quale la costruzione giuridica del diritto commerciale deve tenere in
massimo conto la realtà, basarsi sul «diritto che viene su dalle cose», ossia sulle
esigenze dell’economia.
Vivante ebbe una grande abilità nel coniugare, nella materia commercialistica, teoria
e prassi.
Nel suo Trattato di diritto commerciale propugnava l’idea di un codice unico per il
diritto civile e il diritto commerciale.
In Germania
Levin Goldschmidt (1828-1897) e Heinrich Thöl (1806-1884): influenzano i Codici
del 1861 e del 1900.
Josef Kohler (1849-1919) padre della proprietà intellettuale e concorrenza.
- Dottrine processualistiche:
In Germania
Oscar Bülow (1837-1907): enunciò una teoria che concepiva il processo civile come
rapporto giuridico triangolare tra le due parti in lite e il giudice nel quale le parti
hanno il diritto di ottenere dal giudice, con la sentenza, il riconoscimento del proprio
diritto; un rapporto di natura pubblicistica che s’innesta nello schema dei diritti
pubblici soggettivi.
Adolf Wach (1843-1926): studia il processo esecutivo italiano dell’età comunale e il
rapporto di diritto pubblico proprio del processo civile comporta l’accertamento di
uno status con l’azione di accertamento. Sottolinea l’importanza dell’oralità nel
processo in contrapposizione con tradizione della forma scritta propria del processo
romano-canonico del diritto comune.
In Italia si affermò il pensiero di Ludovico Mortara (1855-1936), avvocato
mantovano e professore universitario, nonché magistrato di Cassazione.
Scrisse un ampio Commentario al Codice di procedura civile (5 volumi pubblicati tra
il 1899 ed il 1909), in cui manifesta una concezione pubblicistica del processo civile.
All’inizio del Novecento si mise in luce Giuseppe Chiovenda (1872-1937),
professore e maestro di molti processualisti civili successivi. Suggerì l’importanza,
nel processo civile, dei principi dell’oralità, della concentrazione e
dell’immediatezza, considerati presupposti indispensabili per un processo che
assicuri l’accertamento corretto dei fatti e l’attuazione della giustizia nel caso
concreto.
Tali principi ispirarono il progetto di riforma del Codice di procedura civile, che
Chiovenda presentò nel 1919, che tuttavia non ebbe seguito.
8.8) ROMANISTI, MEDIEVISTI, ECCLESIATICISTI
- I romanisti
Lo studio del diritto romano proseguì nel secondo Ottocento e nel Novecento lungo
la direttrice indicata dalla Scuola storica (filone di studi storici inaugurato da
Savigny), con risultati sempre più esaurienti e analitici.
Si segnala la riscoperta delle Istituzioni di Gaio nel 1816 e la predisposizione, da
parte di Otto Lenel, di strumenti di lavoro per meglio comprendere i testi romanistici.
Teodoro Mommsen (1817-1903) predispose l’edizione del Digesto e del Codice
teodosiano [Codex theodosianus: una raccolta ufficiale di costituzioni imperiali
voluta dall‘imperatore romano d‘Oriente Teodosio II (408-450) ed entrata in vigore
nell’Impero romano d’Oriente e d’Occidente nel 439 d.C.], sulla quale gli studiosi
lavorano ancora oggi, oltre a produrre fondamentali opere sulla storia, il diritto
pubblico ed il diritto penale della Roma antica.
In Inghilterra
Henry Sumner Maine (1822-1888): delinea un ciclo storico costante presso le società
primitive
In Spagna si studia l’evoluzione del diritto nella penisola iberica
In Italia Vittorio Scialoja (1856-1933) Pietro Bonfante (1864-1932) Contardo Ferrini
(1859-1902) Silvio Perozzi (1857-1931)
-Medievisti:
In Germania 1) Otto von Gierke, Georg Waitz, Julius Ficker, Henrich Brunner,
Konrad Maurer, Ernst Mayer, Felix Liebermann, Josef Kohler, Adolf Wach, Max
Conrat-Cohn, Hermann Fitting, Emil Seckel, Levin Goldschmidt 2) Monumenta
Germaniae Historica In Francia Fustel de Coulanges, Jacques Flach, Paul Viollet In
Italia Antonio Pertile (1830-1895) Francesco Schupfer (1833-1925) Nino Tamassia
(1860-1931) Arrigo Solmi (1873-1944) Federico Patetta (1867-1945) Francesco
Brandileone (1858-1929)
In Inghilterra Frederic Maitland (1850-1906)
-Ecclesiastici:
In Germania Johann Friedrich von Schulte, Paul Hinschius, Rudolf Sohm
In Italia Francesco Ruffini (1863-1934)
8.9) TEORICI E SOCIOLOGI DEL DIRITTO
Verso la fine dell'Ottocento la reazione all'atteggiamento di esclusivo aggancio al
dato legislativo si fece sentire in modo crescente.
Un ruolo significativo fu svolto in Francia dal civilista Marcel Planiol autore di un
innovatore trattato di diritto civile nel quale veniva valorizzato il ruolo della
giurisprudenza che considerava una vera fonte del diritto: attraverso le pronunce dei
giudici, condivise da altri giudici e perciò consolidate, la giurisprudenza è da ritenere
la creatrice di segmenti fondamentali della consuetudine.
Altre voci originali debbono essere menzionate per la Francia come Émile Durkheim
che si pose la domanda stimolante di come sia possibile che, pur diventando più
autonomo, l'individuo dipenda sempre più strettamente dalla società e rispose
indicando nel diritto la struttura che assicura ad un tempo la solidarietà e la tutela
dell'individuo, nelle diverse forme che il diritto può assumere quanto alla sanzione e
quanto alla incentivazione dei diversi comportamenti.
Leon Duguit si fece sostenitore di una concezione del diritto pubblico risolutamente
realista respingendo come metafisiche sia la tesi della sovranità statale senza limiti
sia quella dello Stato come persona giuridica e considerò invece lo stato autorità
semplicemente come un gruppo di individui incaricati di svolgere funzioni specifiche
al servizio e sotto il controllo dei cittadini; in tal senso diede forte rilievo alle finalità
di carattere sociale e disegnò le linee delle trasformazioni auspicabili sia nel diritto
privato che nel diritto pubblico.
Tra i giuristi che operarono tra i due secoli, Raymond Saleilles, si segnala per una
serie di caratteristiche che rendono assai peculiare la sua figura nel panorama della
cultura giuridica francese europea fu infatti colui che più di ogni altro si aprì alla
conoscenza della cultura giuridica dell’Europa del tempo e soprattutto della
Germania e tradusse in francese e studiò i progetti del codice civile tedesco
accompagnando lo studio con ricerche originali e innovative sul diritto delle
obbligazioni in cui tra l'altro sostenne la tesi sino all'ora respinta dai più dalla
responsabilità oggettiva come presupposto per il risarcimento degli infortuni sul
lavoro.
Nel campo penale lascia un segno durevole con l'opera in cui sostenne il principio
della individualizzazione della pena, una tesi fondata sull'esigenza di commisurare la
condanna penale alla personalità e alla situazione individuale del reo; manifestò
inoltre un atteggiamento tutt'altro che incline alla mera esegesi infatti pur non
rinnegando affatto l'esigenza della codificazione non solo si batté per una riforma che
correggesse i tratti ormai obsoleti il codice Napoleone ma rivendico la libertà di
movimento del giurista pur nel rispetto del principio di legalità.
Il ripensamento più approfondito e innovatore del sistema delle fonti del diritto
venne da un altro giurista francese Francois Geny il quale nel suo metodo di
interpretazione argomento con lucidità e dottrina all'insufficienza dell'impostazione
tradizionale che pretendeva di risolvere ogni questione di diritto mediante il ricorso
alle tecniche dell'esegesi dei testi legislativi a cominciare dal codice civile
ipotizzando una sorta di volontà implicita della legge anche per fattispecie e per
situazioni nuove e comunque estranee alle previsioni del legislatore.
Egli sottolinea come le inevitabili lacune che ogni testo legislativo lascia scoperte
dovessero venire colmate attraverso il ricorso a un duplice canale anzitutto attraverso
tu a fonte consuetudinaria presente in ogni ordinamento ed ineliminabile
manifestazione di vita della società; in secondo luogo attraverso la libera ricerca
scientifica cioè attingendo con l'analisi dottrinale tanto al mondo delle informazioni
sui fatti sociali quanto alla sfera delle idee e dei valori di giustizia; questa
impostazione viene ulteriormente approfondita nell'opera scienza e tecnica nel diritto
privato distinta da ciò che è invece semplicemente costruito attraverso la
formalizzazione tecnica dell'attività legislativa nella stessa consuetudine, delle regole
date infatti in tal modo veniva denunciato con efficacia il rischio di ridurre il compito
dell'interprete e del giudice a un mero feticismo della legge.
Il rispetto della legge si deve accompagnare secondo Geny con la consapevolezza
che i mutamenti sociali e i valori della giustizia non possono essere estranei al lavoro
del giurista, nel suo necessario compito di interprete e di operatore, infatti, un ruolo
non meramente ricognitivo ma anche creativo.
In Germania e in Austria si svilupparono nei primi anni del 900 linee di pensiero
differenziate tra loro ma convergenti nel contestare l'impostazione logico sistematica
della pandettistica e della giurisprudenza dei concetti.
Ferdinand Tonnies elaborò una rappresentazione dei rapporti tra uomini che
distingueva tra le due forme della comunità e della società: da queste due forme
derivano due gruppi di istituti giuridici da una parte il diritto familiare e i diritti reali
mentre dall'altra i diritti individuali e le obbligazioni.
Al centro del pensiero di Eugen Ehrlich sta la tesi secondo la quale il diritto alla sua
base fondamentale non già nella legislazione e neppure nella giurisprudenza bensì
nell'ordinamento interno delle comunità umane, infatti, le norme che in tal modo si
formano spontaneamente costituiscono diritto indipendentemente dalla presenza di
strumenti di sanzione che ne garantiscano il rispetto.
Solo un sottile strato di norme di decisione approda allo strumento legislativo che
pertanto non deve essere sopravvalutato invece è compito essenziale della scienza del
diritto studiare il diritto vivente, il diritto che si rivela nei fatti e questo il compito di
una disciplina nuova alla quale egli per primo diede il nome di sociologia del diritto.
Contemporaneamente nasceva in Germania un vivace movimento di idee che venne
caratterizzato come il movimento per il diritto libero, infatti, punto centrale della
critica era la pretesa del legislatore di coprire l'intero campo del diritto privato
colmando con l'ausilio delle categorie logiche sistematiche ogni possibile lacuna.
8.10) IL POSITIVISMO GIURIDICO: APOGEO E CRISI
Col termine positivismo giuridico o giuspositivismo si intende quella dottrina di
filosofi del diritto, la quale considera come unico possibile diritto il diritto positivo,
prodotto dal legislatore.
La dottrina del giuspositivismo si presenta in opposizione a quella del
giusnaturalismo, tanto che Bobbio le ha chiamate "i due fratelli nemici".
La differenza consiste nel fatto che:
- il giuspositivismo è una concezione monista del diritto (riconosce un solo diritto),
che ritiene che il diritto positivo sia l'unico diritto degno di questo nome;
-il giusnaturalismo è una concezione dualista: sostiene, cioè, l'esistenza di due ordini
di diritto:
1.un diritto naturale: insieme di principi eterni e universali;
2.un diritto positivo che si trova in relazione subordinata: prodotto storico che
promana dalla volontà del legislatore.
Per i giusnaturalisti il diritto positivo, per essere valido, dev'essere giusto e quindi
conforme ai principi del diritto naturale:
- critica le tendenze meramente esegetiche
- metodo scientifico fondato sui dati sperimentali elaborati secondo categorie e leggi
dotate di interna coerenza.
- lo Stato come persona giuridica: è teorizzata la supremazia della legge, la quale è
una norma generale e astratta alla quale si fa ricorso per dirimere le controversie.
Non si tratta di un diritto giurisprudenziale: anzi, è un procedimento rigido in forza
del quale il giudice, che è la bocca della legge (Montesquieu), si limita ad applicare
la legge.
- oggetto di scienza è ciò che muove dai dati offerti dalla realtà del diritto.
- REAZIONE (Rudolf Stammler, Heinrich Rickert, Emil Lask): nel diritto
intervengono come componenti ineliminabili non solo i dati positivi ma anche
elementi che appartengono al pensiero e alla volontà.
Il positivismo giuridico ebbe larga diffusione in Europa nella fine dell’Ottocento, ma
anche negli inizi del Novecento esso occupò una fetta importante della cultura
giuridica.
9) IL NOVECENTO
DIRITTO E LEGISLAZIONE TRA LE DUE GUERRE
9.1) INTRODUZIONE
Il periodo compreso tra il 1865 e la Prima Guerra Mondiale è stato definito un
«cinquantennio senza riforme».
Molti progetti di legge, ma poche riforme concretamente attuate.
La «Grande guerra» (1914-1918) ha determinato importanti cambiamenti anche in
campo giuridico, trasformando l’intera società civile: le donne sono entrate a far
parte del mondo del lavoro ed un’intensa legislazione speciale e d’emergenza ha
affiancato la normativa codicistica, iniziando a segnarne la crisi.
Attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914: scoppia la Prima Guerra Mondiale.
Periodo bellico: si sviluppa una legislazione di emergenza per far fronte alle
situazioni particolari createsi durante gli anni del primo conflitto mondiale.
Ad esempio, viene modificato l’istituto dell’assenza al fine di non lasciare in sospeso
per un arco temporale troppo lungo la situazione personale e patrimoniale delle
vedove dei numerosi militari dispersi in guerra.
Periodo bellico: le donne amministrano di fatto la vita familiare ed entrano in
maniera massiccia nel mondo del lavoro.
L. 17 luglio 1919 n. 1176: abrogazione dell’AUTORIZZAZIONE MARITALE
Furono introdotti dei limiti al diritto di proprietà fondiaria nelle zone di guerra
limitando al sesto grado di parentela la successione legittima e chiamando in causa lo
Stato in caso di successioni vacanti; fu modificato l'istituto dell'assenza allo scopo di
non lasciare in sospeso per lungo tempo la condizione patrimoniale e personale delle
vedove e dei familiari di militari dispersi in guerra; venne abolito l'istituto
dell'autorizzazione maritale per le donne.
Il diritto della chiesa cattolica aveva mantenuto le fonti tradizionali del Corpus iuris
canonici integrate con la normativa del Concilio di Trento e con quella del Concilio
vaticano del 1870.
Solo con l'ascesa al pontificato di Pio X nel 1904 si ha l'avvio ad una nuova iniziativa
di codificazione il Codex Iuris Canonici del 1917.
Con questo strumento, per la prima volta nella sua storia, la Chiesa riuniva tutte o
solo le leggi da osservare in quanto vigenti e rimase in vigore sino al 1983. (È da
sottolineare che nonostante l'entrata in vigore del Codex Iuris Canonici il diritto
divino aveva un maggior peso rispetto alla gerarchia normativa così anche la
consuetudine aveva la sua importanza persino prevaleva là dove fosse contraria al
Codice stesso se la consuetudine era operante da più di cent'anni e se il vescovo
locale ne riteneva utile l'osservanza.)
9.2) LE COSTITUZIONI DI WEIMAR E VIENNA
La costituzione di Weimar (1919) è un documento innovativo, che resta in vigore per
14 anni fino all’avvento del nazismo (1933):
- Prevede un Parlamento eletto a suffragio universale (Bundestag), dal quale dipende,
attraverso il voto di fiducia, il governo guidato dal cancelliere;
Al presidente della repubblica erano anche riconosciuti poteri eccezionali per casi di
emergenza.
Inoltre, a fianco della struttura statale erano previste le regioni (Lander),
rappresentate in una apposita camera rese meno diseguali con il ridimensionamento
della Prussia.
La costituzione dedicava tutta la seconda parte al riconoscimento dei diritti
fondamentali: diritti alla libertà personale e di espressione, libertà religiosa e di
associazione (con conseguenza riconoscimento dei partiti). Inoltre, nella stessa
figuravano principi di equità e giustizia sociale sui quali si fronteggiavano posizioni
diverse fra studiosi antipositivisti, che richiamavano la tradizione storica e il diritto
naturale come superiori alla stessa costituzione, e positivisti che invece difendevano
la legittimità della costituzione, che aveva ben rotto l'ordinamento del 1871, e
riconosciuta tra l'altro come effettiva dai cittadini.
Venne introdotta la Corte di giustizia con la funzione di arbitro per risolvere le
controversie fra Stato e regioni.
- Importante fu anche la Costituzione austriaca del 1920 elaborata grazie all'aiuto del
giurista di Vienna Hans Kelsen. Le peculiarità che presenta la costituzione di Vienna
sono:
1. il diritto internazionale come parte del diritto costituzionale
2. istituzione di una Corte di giustizia costituzionale che delibera sull'abrogazione di
leggi giudicate incostituzionali.
Istituisce, per la prima volta, una Corte di giustizia costituzionale abilitata a
deliberare l’abrogazione di leggi giudicate in contrasto con la Costituzione (art. 140).
9.3) IL DIRITTO DEL FASCISMO E I NUOVI CODICI
L'avvento del fascismo in Italia portò alla trasformazione dell'ordinamento
costituzionale anche se lo Statuto Albertino del 1848 rimase formalmente in vigore.
Col fascismo in Italia si instaurò un regime autocratico dove le libertà di stampa e di
associazione erano represse.
• L’evento sconvolgente rappresentato dalla Prima Guerra Mondiale costituisce la
spinta più forte all’avvio dell’opera di revisione del Codice civile del 1865, la cui
disciplina risultava ormai obsoleta e non al passo con i tempi.
• LA LEGISLAZIONE SPECIALE DEGLI ANNI DI GUERRA AVEVA IN PIÙ
OCCASIONI TOCCATO PROFONDAMENTE IL DIRITTO PRIVATO (SI PENSI
ALL’ABOLIZIONE DELL’AUTORIZZAZIONE MARITALE CON LA LEGGE N.
1176 DEL 17 LUGLIO 1919).
Il fascismo consentì il riconoscimento di un solo sindacato e di una sola associazione
padronale (L.563 del 1926) imponendo loro l'adesione al regime, la nomina e la
revoca dei ministri al re, al governo il potere di emanare norme giuridiche con valore
di legge e nel 1926, in luogo del sindaco, un podestà scelto dal governo.
• Le «leggi fascistissime» del 1925 e 1926 distruggono nei fatti il sistema politico
liberale, imponendo partito e sindacato unico, vietando sciopero e serrata
(penalmente sanzionati) ed eliminando le libertà politiche.
• 1926: viene istituito il «Tribunale speciale per la difesa dello Stato», destinato
sostanzialmente a reprimere il dissenso politico.
1926: a capo delle amministrazioni comunali subentra, al posto del sindaco, un
podestà, di nomina governativa (viene così eliminato il diritto di voto).
Trasformazioni in ambito universitario: nel 1931, su proposta di Giovanni Gentile,
viene imposto ai docenti il giuramento «di esercitare l’ufficio di insegnante e
adempiere tutti i doveri accademici col proposito di formare cittadini operosi, probi e
devoti alla patria e al regime fascista».
Francesco Ruffini, storico del diritto, coraggiosamente rifiuta.
• 1926: con l’avvio del corporativismo, il regime fascista pretende di inserirsi,
tramite le corporazioni, nell’attività produttiva, per fissarne rigidamente le regole al
fine di favorire l’economia «nazionale».
Sono vietati lo sciopero e la serrata, viene cancellata la libertà sindacale: è ammessa
una sola rappresentanza per lavoratori e datori di lavoro, quella delle corporazioni
fasciste, mentre gli altri sindacati, che pure sono lasciati in vita, sono di fatto tollerati
come associazioni ormai prive di potere; la soluzione delle controversie è demandata
ad appositi arbitri.
• Le corporazioni assumono anche un rilievo politico: nel 1928 il Consiglio nazionale
delle corporazioni, composto da rappresentanti degli imprenditori e dei lavoratori,
diventa l’organo di riferimento per l’attività produttiva.
Tra il 1926 ed il 1928 sono completamente trasformate le amministrazioni locali, che
da elettive diventano amministrazioni nominate dall’alto: le elezioni amministrative
sono abolite; il Comune è ora retto da un podestà (1926) e la Provincia da un preside
di nomina governativa (1928).
• Entrambe le cariche (podestà e preside) sono coadiuvate da assessori, anch’essi
nominati dal governo.
Nei vari settori della politica, il sistema elettivo, di impianto liberale, che consentiva
una diretta partecipazione del cittadino alla vita della comunità, viene sostituito da
scelte operate dall’alto.
L’unico partito ammesso viene a identificarsi con l’intera Nazione: premessa di ogni
regime totalitario. Questa operazione si perfeziona nel 1928, quando il Gran
Consiglio del Fascismo, organo del partito fascista dal 1922, diventa organo dello
Stato per espressa disposizione legislativa (legge 9 dicembre 1928)
• Nel 1927 la Carta del Lavoro scritta da Italo Balbo istituì le linee guida
dell'ordinamento corporativo; traccia le linee fondamentali dell’ordinamento
corporativo e può essere considerata il manifesto del fascismo in materia socio-
economica.
Si tratta di un documento complesso, che rappresenta un netto superamento delle
concezioni liberali in tema di rapporti di lavoro.
Prevede, infatti, un penetrante intervento dello Stato nei rapporti di lavoro.
• 1929: il fascismo riuscì a sanare il conflitto fra Stato e Chiesa, mettendo fine alla
«questione romana» aperta nel 1870, con i Patti lateranensi del 1929, con cui lo Stato
italiano riconosceva effetti civili al sacramento del matrimonio disciplinato dal diritto
canonico (art. 34).
I Patti lateranensi conferivano una posizione privilegiata alla Chiesa cattolica,
attribuendole una serie di privilegi: oltre che in materia di matrimonio, anche in
materia di insegnamento religioso e con la repressione del delitto di «vilipendio della
religione», intesa come religione cattolica, riconosciuta come «religione dello Stato»
(art. 1).
La codificazione del fascismo raggiunse il suo importante risultato nel 1930 con
l'approvazione dei due codici penalistici: il Codice penale e il codice di procedura
penale.
Il Codice penale (detto «Codice Rocco» per il contributo di Arturo Rocco, professore
di diritto penale, fratello del ministro della Giustizia Alfredo Rocco, noto professore
di diritto commerciale): pur conservando il principio di legalità ha un’impostazione
nel complesso repressiva ed autoritaria, criminalizza lo sciopero e introduce la
categoria dei delitti contro l’economia pubblica.
Il Codice penale era formato da tre libri e precisamente:
1. primo libro. Dei reati in generale
2. secondo libro. Dei delitti in particolare
3. terzo libro. Delle contravvenzioni in particolare
Il codice di procedura penale promosso da Alfredo Rocco: il progetto preliminare del
codice di procedura penale è redatto da Vincenzo Manzini, autore del noto Trattato di
diritto penale del 1930.
Nel complesso questo codice si adegua all’impostazione del Codice penale dello
stesso anno, risultando un codice di ispirazione autoritaria (esclusione del difensore
dalla fase istruttoria del processo, pur presentando elementi anche del sistema
accusatorio a seconda delle fasi del processo).
Dopo specifici cambiamenti derivanti dalla legislazione e dalle pronunce della Corte
costituzionale, nel 1989 è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale
basato sul sistema accusatorio.
La sua struttura:
Primo libro. Disposizioni generali
Secondo libro. Dell'istruzione
Terzo libro. Del giudizio
Quarto libro. Dell'esecuzione
Quinto libro. Dei rapporti giurisdizionali con autorità straniere
Il Codice di procedura civile del 1940 (entrato in vigore, con il Codice civile,
nell’aprile 1942): conclude una stagione ventennale di progetti di riforma del codice
del 1865 (nei primi decenni del Novecento si succedono i progetti di riforma del
processo civile elaborati da Chiovenda, Mortara e Carnelutti, tra loro molto diversi).
Alla definizione del Codice di procedura civile del 1940, che introduce la figura del
giudice istruttore, contribuì Piero Calamandrei.
È un codice tuttora vigente, benché modificato in diversi punti.
Le novità sono:
• istituisce il giudice istruttore
• amplia i poteri del giudice
• vieta di impugnare i provvedimenti interlocutori
• limita la facoltà di portare nuove prove nel corso del processo
• al pubblico ministero viene affidata la funzione di tutela dell'interesse pubblico nel
processo civile.
• 1930: è pubblicato il progetto preliminare del libro I del codice (persone e
famiglia), cui collaborarono insigni giuristi, come Pietro Bonfante (professore di
diritto romano), che si occupò della parte sulla patria potestà (forte impronta
autoritaria conforme alla morale fascista). Padre = capo della famiglia; Moglie →
dovere di obbedienza verso il marito. La posizione di squilibrio fra i coniugi in Italia
sarà superata solo con la riforma del diritto di famiglia del 1975.
• 1939: entra in vigore il libro I del Codice civile (persone e famiglia).
• 1940: entra in vigore il libro II del Codice civile.
• 1939: discussione sulla codificazione commerciale; grazie soprattutto all’intervento
del civilista Filippo Vassalli si opta per la soluzione unitaria, decidendo di fondere in
un unico codice i due rami del diritto privato, quindi di unificare il diritto delle
obbligazioni civili e commerciali (la materia commercialistica viene ripartita tra il
libro IV [principi generali, contratti civili e commerciali] e il libro V [impresa,
società, contratto di lavoro]).
9.4) CODICE CIVILE ITALIANO DEL 1942
Il Codice civile del 1942 è il risultato dell’opera di giuristi di matrice universitaria: la
sua architettura complessiva risulta più armonica rispetto a quella del codice
Pisanelli.
La promulgazione del Codice civile nella sua integrità avviene in una data simbolica
(21 aprile 1942) che rievoca la data della leggendaria fondazione di Roma.
Il primo protagonista della sua preparazione fu Scialoja Vittorio che, favorevole ad
una normazione unitaria del diritto civile italiano e francese, pose le basi ad un
progetto per la materia delle obbligazioni con innovazioni in tema di contratti. Il
progetto non ebbe seguito.
Il Codice civile fu il risultato dell'opera di giuristi in materia universitaria e dopo la
fase finale dei lavori preparatori il codice era così strutturato:
Primo libro. Delle persone e della famiglia (introduzione dell'istituto dell'affiliazione)
Secondo libro. Delle successioni per causa di morte e delle donazioni (migliorata la
posizione successoria del coniuge superstite)
Terzo libro. Della proprietà (nuovi limiti per la tutela degli interessi pubblici)
Quarto libro. Delle obbligazioni (la formazione di questo libro è avvenuta in più
fasi: si partì dal progetto italo-francese per giungere nel 1940 ad un progetto
ministeriale limitato alle sole obbligazioni civili sostituito successivamente da un
nuovo Progetto nel quale era inclusa la materia delle obbligazioni commerciali. Solo
successivamente per iniziativa di Filippo Vassalli con il supporto del ministro della
Giustizia Dino Grandi si decise di fondere in un unico Codice i due rami del diritto
privato.)
Quinto libro. Del lavoro (la disciplina delle società viene staccata dalla materia delle
obbligazioni, viene riconosciuta l'assemblea degli obbligazionisti, le assemblee
speciali e modificato il regime di responsabilità degli amministratori)
Sesto libro. Della tutela dei diritti
9.5) NAZISMO E DIRITTO
Quando nel 1934 Hitler divenne Presidente della repubblica il suo potere divenne
assoluto.
La sua ideologia si fondava sul mito della superiorità fisica e morale degli ariani di
stirpe germanica rispetto alle altre etnie del continente-pianeta. La sua ideologia
razzista legittimava i tedeschi all'assoggettamento militare e civile gli altri popoli ed
addebitava agli ebrei la responsabilità collettiva di gran parte dei mali del paese e del
pianeta.
In ambito del diritto Hitler obbligò la stampa di adeguarsi all'ideologia del regime;
emanò leggi che vietavano agli ebrei l'esercizio delle professioni e del commercio e
il matrimonio con i cristiani, la frequentazione di scuole ed università.
La cittadinanza tedesca era negata a chi non fosse di sangue germanico.
Nel diritto penale fu espressamente negato il principio di legalità perché era ritenuto
reato qualsiasi fatto contrario al sano sentimento del popolo.
Nel 1939 Hitler ordinò di eliminare gli ammalati di mente e i bambini malformati: un
ordine che solo il vescovo di Munster denunciò apertamente.
L'ideologia della razza ariana pura di Hitler giunse all'apice quando lo stesso fuhrer
ordinò l'eliminazione fisica degli ebrei a livello mondiale e nei campi di
concentramento furono sterminati a milioni. Solo nel 1945 la sconfitta militare pose
fine al nazismo.
9.6) IL DIRITTO DELLL’UNIONE SOVIETICA
Il regime instaurato da Vladimir Lenin è nato da una costola del movimento
socialista di derivazione marxista che in Russia era attivo dalla fine dell'Ottocento e
che già aveva determinato nel 1905 uno sbocco rivoluzionario che peraltro falli
subitissimo.
La grave crisi economica e sociale indotta dalla prima guerra portò nel 1917
dapprima alla svolta di febbraio e quindi nell'ottobre dello stesso anno alla presa del
potere da parte di bolscevichi sotto la guida di Lenin.
Non sorprende di rilevare che il diritto fu uno strumento essenziale del regime
comunista: in effetti i due princìpi fondamentali che il regime dichiarò di perseguire
sono di natura essenzialmente giuridica, il primo sul terreno della costituzione, il
secondo su quello dell'economia e dell'ordine sociale e familiare.
La dittatura del proletariato si tradusse attraverso l'istituzione di un Consiglio dei
commissari del popolo composto da 15 membri tutti appartenenti al partito è dotato
del potere legislativo.
La proprietà fondiaria fu abolita nel 1918 senza alcuna indennità di espropriazione
per i possidenti; lo stato fu costituito proprietario del suolo con la concessione in
usufrutto ai contadini coltivatori, assegnatari all’interno del comune rurale delle
singole parcelle di terra distribuite per famiglie sotto la guida di un capo, a sua volta
sottoposto al controllo dei Consigli di partito.
Con l'avvento di Stalin al potere si accentuò ulteriormente il controllo dello Stato
sull'economia, attraverso misure coattive di incentivazione dei kolchoz aziende
agricole gestite collettivamente con l'obbligo di fornire le quote di prodotti fissate dal
centro ricevendone dallo stato un compenso di molto inferiore al loro valore tale.
Lo strumento principale del governo era in effetti costituito dalla politica
criminalistica.
Il Codice penale del 1922 negava il principio di legalità in quanto qualificava come
reato tutto ciò che fosse ritenuto offensivo del regime sovietico e dell'ordine
giuridico instaurato dal governo degli operai e contadini.
Le infrazioni di natura economica erano colpite da gravi pene in larga misura
discrezionalmente irrogate da corti composte da giudici solo nominalmente elettivi in
realtà designati dal partito.
9.7) LA DOTTRINA GIURIDICA
Tra gli studiosi di rilievo che hanno caratterizzato la prima metà del Novecento un
posto speciale spetta:
In Germania a MAX WEBER (storico del diritto che divide la sociologia del diritto
dalla dottrina del diritto, in quanto la prima studia i comportamenti giuridici reali -il
diritto del suo essere, mentre la seconda studia la corretta intelligenza delle norme
legislative- il diritto del suo dover essere.
A Vienna HANS KELSEN (qualifica le norme giuridiche come giudizi ipotetici con i
quali a determinati comportamenti debbono seguire determinate sanzioni volute dallo
Stato; elabora la teoria della struttura a gradini per cui la validità di una norma
giuridica dipende da una norma di livello superiore.
Fa del diritto una teoria positivistica la teoria pura del diritto perché fondata sulla
normatività del diritto.)
In Germania nel periodo nazista CARL SCHMITT (ha elaborato alcune tesi sul
diritto internazionale e sulla costituzione tedesca; espresse critiche sul concetto di
Stato di diritto)
In Italia a COSTANTINO MORTATI (considerava lo Stato come una rete di poteri
pubblici e privati tenuta insieme dalla Costituzione)
In Francia a LOUIS JOSSERAND (si batté per l'ammissione di una responsabilità
per rischio; teorizzò la tesi dell'abuso del diritto; introdusse l'elemento psicologico
nella valutazione giudiziale dell'esercizio dei diritti soggettivi) e RIPERT GEORGES
(ha introdotto regole snelle e più efficaci nel diritto delle obbligazioni)
Negli Stati Uniti a OLIVER HOLMES WENDELL (giudice della Corte Suprema ha
espresso l'idea che il diritto non è frutto della logica ma dell'esperienza) e POUND
ROSCOE (professore ad Harvard ha teorizzato il carattere empirico della
giurisprudenza).
9.8) PATTI DI PACE E VENTI DI GUERRA
Con l'esperienza della guerra, nel 1919 venne firmata tra gli Stati, vincitori e non, il
patto che portò alla formazione della Società delle Nazioni che aveva come primaria
finalità la prevenzione di ulteriori conflitti. Per cui gli Stati si impegnavano a
sottoporre ad arbitri internazionali le loro eventuali controversie e difendere
dall'aggressione gli Stati che fosse oggetto di attacco da parte di altri stati.
Questa esperienza non ebbe esito positivo.
Miglior sorte ebbe l'istituzione della Corte permanente di giustizia internazionale,
alla quale gli Stati potevano volontariamente ricorrere per risolvere controversie di
natura internazionale.
Essa si trasformò successivamente in Corte internazionale di Giustizia tuttora
operante.
Nel 1928 un trattato bilaterale fu firmato a Parigi tra il ministro degli esteri francese
Briand e il segretario di stato americano Frank Kellogg con il quale si ripudiava la
guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: ben 63 stati
aderirono al Trattato nel decennio seguente. Ma anche questo tentativo fu ben presto
violato e fu considerato un vano sforzo di pace.
10)I DIRITTI DEL SECONDO NOVECENTO
10.1) DALLO STATO LEGISLATIVO ALLO STATO COSTITUZIONALE
Il secondo Novecento è stato caratterizzato dalla crisi del modello Stato-legislatore,
come fonte esclusiva del diritto tanto che a questo modello del legislatore
onnipotente si è sostituito il modello di un ordine giuridico a più livelli: all'interno
dello Stato si articola il livello legislativo e quello costituzionale ma prevede, verso il
basso, il livello regionale e verso l'alto il livello europeo.
Nel secondo Novecento viene riconosciuto anche il livello municipale creando una
dinamica giuridica complessa ed attribuendo alla giurisdizione una funzione
fondamentale di equilibrio tra legge, diritti e giustizia.
10.2) LE NUOVE COSTITUZIONI: ITALIA, GERMANIA, FRANCIA E
SPAGNA
1)ITALIA
La fine del fascismo e il ritorno della democrazia contribuiscono alla nascita di un
nuovo ordinamento costituzionale.
L’Assemblea costituente nel 1947 ha approvato la Costituzione che entra in vigore
nel 1948.
Il regime politico è di tipo parlamentare e il Governo entra in funzione dopo aver
ottenuto la fiducia delle due camere e deve dimettersi in caso di voto di sfiducia.
Sia la Camera che il Senato sono organi elettivi i cui membri vengono scelti a
suffragio universale maschile e femminile.
Nella Costituzione vengono ben analizzate le libertà, la tutela della famiglia, il
principio della distinzione tra Stato e Chiesa -come ordinamenti indipendenti e
sovrani-, la libertà dell'impresa e dell'economia, la funzione sociale della proprietà
nel pieno riconoscimento del diritto del lavoro ed allo sciopero.
La struttura istituzionale all'interno dello Stato subì un profondo mutamento: alle
regioni furono attribuite oltre alle funzioni amministrative anche quelle legislative in
materie specifiche; vennero istituite cinque regioni a statuto speciale dotate di
autonomie maggiori e ampie prerogative fiscali.
Viene infine istituita la Corte costituzionale a garanzia del rispetto della Costituzione
ed abilitata a decidere sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello stato e tra quelli
fra stato e regioni.
2)GERMANIA
Dopo il conflitto la Germania venne suddivisa in due stati distinti: a oriente la
Repubblica democratica tedesca sotto il dominio sovietico e nell'occidente la
Repubblica federale tedesca.
La Costituzione del 1949, costruita sulla base di quella di Weimar, è la dichiarazione
di una Repubblica in uno Stato democratico e sociale; garantisce la stabilità del
Governo con il meccanismo della sfiducia costruttiva; enuncia il diritto alla
resistenza contro la tirannia; vieta i partiti con finalità in contrasto con la democrazia;
limita i poteri del presidente accentuando quelli del cancelliere.
La funzione giurisdizionale è nelle mani di due Corti centrali: il Tribunale federale
supremo (per la giurisdizione amministrativa, di finanze e lavoro) e la Corte
costituzionale competente per le questioni di interpretazione della costituzione sui
diritti ed obblighi sugli organi costituzionali, reclami anche individuali sulla pretesa
lesione di un diritto fondamentale.
La costituzione economica federale è orientata al liberalismo economico e al
mercato.
Con la caduta del muro di Berlino e la fine del dominio sovietico la riunificazione
della Germania si ebbe nel 1991.
3)FRANCIA
La nuova costituzione entra in vigore nel 1946 fondata sul modello della Repubblica
parlamentare. Elemento di spicco della Costituzione è il grande potere attribuito al
Presidente.
Egli è eletto a suffragio universale (a differenza di Italia, Germania e Spagna), sceglie
il primo ministro, presiede il Consiglio dei ministri, può scegliere l'Assemblea
nazionale, rappresenta il paese ai vertici europei. Il Parlamento detiene il potere
legislativo ma la Costituzione stabilisce tassativamente i settori che debbono essere
disciplinati con la Legge.
Il regime parlamentare si fonda su un meccanismo elettorale a due turni che ha
determinano un bipolarismo in contrasto con la frammentazione politica del decennio
postbellico.
4)SPAGNA
La travagliata storia politica della Spagna nel secolo XX si è riflessa anche nelle sue
costituzioni.
Dopo la parentesi autoritaria degli anni di dominio di primo de Rivera il ritorno alla
democrazia repubblicana aveva prodotto nel 1931 una costituzione che sanciva un
regime di tipo parlamentare: essa includeva l'indicazione delle materie di competenza
esclusiva dello Stato e di quelle per le quali la legislazione spettava allo stato ma
l'esecuzione poteva essere affidata alle regioni autonome; la competenza legislativa di
queste era ammessa ma soltanto per le materie residuali.
La Repubblica entrò in crisi con lo scoppio di una sanguinosa guerra civile iniziata
nel 1936 terminata nel 1939 con la vittoria armata e con l'avvento al potere del
generale Franco, infatti, si è belli instaurazione di un regime autoritario del quale è
chiara espressione la legge sulle Cortés del 1942: il potere legislativo spetta un
organismo selezionato e di fatto dominato dal capo dello Stato che è al contempo
titolare del pieno potere di governo.
Il ritorno della Spagna alla democrazia dopo la morte di Franco nel 1975 ha trovato
nella costituzione del 1978 un assetto coerente con i canoni della democrazia e con la
tradizione spagnola di autonomia delle diverse parti della penisola.
Nell'architettura della costituzione del 1978 la seconda camera rappresenta appunto le
autonomie locali.
Il governo è di tipo parlamentare e richiede la fiducia della prima camera mentre la
legislazione statale e di pertinenza del Congresso e le leggi relative ai diritti
fondamentali e all'organizzazione dello Stato e delle autonomie locali richiedono la
maggioranza assoluta dei voti.
Le Comunità autonome comprendono più province limitrofe e rappresentano le
regioni storiche, tra le quali Castiglia, Catalogna, Aragona, Paesi baschi, Andalusia.
La costituzione stabilisce una serie di 22 materie che sono di competenza delle
regioni dall'agricoltura all'ambiente, dalla pesca all'artigianato e ai monumenti; non si
tratta peraltro di competenze esclusive ma concorrenti con quelle dello Stato il quale
possiede invece competenza esclusiva in 32 materie fondamentali tra le quali vi sono
anche il diritto civile, il penale e il processuale e tuttavia per il diritto civile le
comunità autonome mantengono le loro peculiarità storiche; Si tratta soprattutto di
consuetudini e regole nel campo del diritto di famiglia virgola di successione è di
proprietà.
La tutela dei principi e delle regole costituzionali è affidata a un tribunale
costituzionale che, oltre a decidere sulle controversie tra stato e regioni autonome
vaglia la conformità delle leggi rispetto alla costituzione: su richiesta del governo,
delle camere, delle comunità autonome ma anche sul ricorso presentato dai singoli
soggetti che si ritengono lesi.
10.3) I NUOVI CODICI
Pur in una situazione di crisi, la forma Codice appare tuttora ben viva. Importanti
Codici nuovi non sono mancati: basti pensare al Codice di diritto canonico del 1983,
al nuovo Codice civile dei Paesi Bassi del 1992, al Codice di procedura penale
italiano del 1988.
Il nuovo Codice di diritto canonico presenta caratteri peculiari rispetto alla
codificazione del 1917.
La disciplina della Chiesa, contenuta nel Codice del 1983, deriva dai supremi precetti
delle Scritture, ma è anche organicamente connessa con le innovazioni dottrinali,
pastorali e liturgiche del Concilio Vaticano II, che porta al superamento delle
divisioni secolari tra cristiani orientali e occidentali, protestanti e cattolici. E così
pure l'apertura verso i non cristiani.
Naturalmente vi sono elementi fondamentali di continuità rispetto alla tradizione
canonistica.
Siamo di fronte a una disciplina sufficientemente elastica, aperta verso l'alto alle
normative superiori della Scrittura e dei concili, verso il basso alle tradizioni religiose
locali che non siano non in contrasto con i principi di fondo.
Molto rilevante anche sul terreno del diritto e poi la svolta impressa più di recente dal
papa Giovanni Paolo II con il riconoscimento di omissioni ed errori compiuti in
passato dalla Chiesa.
In Italia la maggiore innovazione in forma di Codice si è avuta con il nuovo Codice
di procedura penale entrato in vigore nel 1989.
Il Codice ha introdotto cospicui elementi nuovi, ha largamente adottato il modello
accusatorio, stabilendo il principio che la prova si forma nel dibattimento, mentre ciò
che lo precede sono le indagini preliminari affidate ad un distinto giudice, la Corte
costituzionale ha attenuato sostanzialmente l'impianto accusatorio del Codice.
10.4) PERSONE E FAMIGLIA
Nella seconda metà del Novecento i mutamenti della società sono stati rapidi e
profondi: nel costume, nelle ideologie, nell'economia, nella politica, nelle ricadute
sociali dello straordinario sviluppo delle scienze.
Il diritto non poteva rimanere estraneo a queste trasformazioni.
Un ambito nel quale le innovazioni legislative sono state di molto rilevanti riguarda il
diritto delle persone e della famiglia.
- La condizione di minorità della donna sia nel diritto pubblico che nel diritto privato
è stata smantellata nel corso del Novecento;
- diritto di voto e ammissione a suffragio universale per le donne;
- viene ammessa pienamente la capacità di agire della moglie;
- l'esercizio della patria potestà è stato ormai attribuito congiuntamente ai due
coniugi;
- introduzione del divorzio;
- depenalizzazione dell'adulterio;
- legislazione sull'aborto (alla base di queste normazioni sta la rivendicazione
dell'autonomia della donna nella decisione relativa ad una gravidanza);
- l'autonomia della donna è stata inoltre riconosciuta nelle sue scelte di lavoro e
nell'esercizio delle professioni.
Tutto ciò si lega al tema dell'emancipazione femminile.
Un altro indirizzo fondamentale affermatosi nei recenti decenni riguarda la tutela dei
figli, in particolare dei minori.
- nelle procedure di divorzio, la tutela dell'interesse dei figli è assurta in primo piano;
- quanto alla figliazione naturale, la tendenza alla piena equiparazione con i figli
legittimi ai fini successori si è fortemente consolidata; d’altra parte, anche la
posizione del coniuge sopravvissuto è stata rafforzata, assicurando una quota
importante della successione legittima;
- si sono ampliate le possibilità di adozione favorendo l'aspirazione di genitori ancora
relativamente giovani; - si è aggiunta in anni più recenti al nuova disciplina
dell'affiliazione;
- l'adozione e l'affiliazione sono finalizzate, ad un tempo, al soddisfacimento
dell'aspirazione ad avere figli da parte di coppie sterili ed al vantaggio affettivo e
educativo che costituisce per un minore privo di famiglia la presenza di genitori
adottivi.
Settori e rapporti nei quali gli interventi normativi sono ancor più recenti riguardano:
- unioni di fatto;
- procreazione assistita;
- unioni tra omosessuali.
10.5) DIRITTO DELL’ECONOMIA, DEL LAVORO E DELL’AMBIENTE
Il diritto dell'economia ha conosciuto nel secondo Novecento riforme incisive.
L'esigenza di garantire la concorrenza e di impedire il formarsi di cartelli si impose in
Germania sin dall'immediato dopoguerra e portò nel 1957 all'approvazione di
un'organica legge sulla concorrenza.
La disciplina introdotta dalla Comunità del carbone e dell'acciaio nel 1951 venne
ripresa dal Trattato istitutivo della Comunità europea del 1957 con esplicite norme a
tutela della concorrenza e contro gli abusi di posizione dominante, sino al compiuto
regolamento del 1990 che impose vincoli rigorosi su questo fronte.
In Italia si giunse nello stesso anno all'approvazione della legge sulla concorrenza che
istituì l'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Sulle società commerciali i numerosi interventi normativi a livello nazionale ed a
livello europeo hanno riguardato:
- la trasparenza dei bilanci;
- la trasparenza delle informazioni;
- l'apertura a forme di governo societario differenziate.
Il diritto del lavoro si è sensibilmente trasformato nel corso del secondo
cinquantennio del secolo.
In Italia ed in altri paesi europei la contrattazione collettiva ha costituito la base per il
rinnovo dei contratti individuali nei diversi comparti dell'economia.
In Italia nel 1970 lo statuto dei lavoratori ha garantito ai lavoratori delle imprese con
più di 15 dipendenti una serie di prerogative, mentre ai datori di lavoro ha imposto
una serie di procedure non derogabili:
- la reintegrazione nel posto di lavoro è obbligatoria se l'azione intrapresa dal
lavoratore contro il licenziamento è accolta dal giudice;
- le assunzioni devono avvenire rispettando le graduatorie stabilite dall'ufficio di
collocamento;
- il lavoratore ha diritto a conservare la mansione superiore affidatagli.
L'orario di lavoro è diminuito ovunque ed è ammessa ormai ovunque la piena
legittimità del diritto di sciopero (in Italia una legge del 1990 ha imposto alcuni limiti
per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
Ad una fase di crescente rigidità nella normativa a tutela della stabilità nel posto di
lavoro è subentrata, negli anni Ottanta, una fase di progressiva liberalizzazione e
flessibilità, con linee di politica economica orientate al liberismo, alla limitazione del
ruolo dello stato nell'economia, all'attenuazione della progressività delle imposte.
Nei decenni del secondo Novecento nasce un nuovo filone normativo: leggi che
tutelano i consumatori, promuovono la trasparenza dei prodotti, autorizzano la
promozione di azioni collettive, sanzionano la pubblicità ingannevole e le clausole
vessatorie.
A ciò si aggiunge l'attenzione sempre più crescente del legislatore per la tutela
dell'ambiente contro l'inquinamento idrico, atmosferico, acustico, contro li scempi di
opere pubbliche e di costruzioni private incurante dell'impatto ambientale (trattato di
Maastricht del 1992).
10.6) ELEMENTI DI CRISI DEL SISTEMA
Le principali costituzioni europee della seconda metà del Novecento hanno introdotto
importanti innovazioni rispetto ai modelli costituzionali dell'Ottocento:
- si è dilatato il ventaglio dei diritti fondamentali enunciati a livello costituzionale;
- interventi normativi riguardanti la previdenza, la sanità, i diritti di sciopero, la
condizione femminile, ecc.;
- si è accentuata la spinta verso il potenziamento delle autonomie locali, in particolare
a livello regionale;
- lo stato ha perduto ormai quel monopolio della funzione legislativa che esercitava
da due secoli;
- si è rafforzato il ruolo della costituzione nei confronti della legge;
- le Corti costituzionali sono divenute le vere custodi delle costituzioni: con le loro
pronunce, leggi discordanti vengono abrogate, i precetti costituzionali vengono resi
operanti. Sono inoltre garanti dell'equilibrio dei poteri.
Questa accentuata funzione del livello costituzionale e della sua giurisdizione si è
manifestata in parallelo con due altri fenomeni tra loro connessi: la dilatazione della
legislazione ordinaria e la crisi delle codificazioni.
Le leggi si sono in effetti moltiplicate ovunque e l'effetto di questa selva di norme è
duplice: diventa arduo accertare quale sia la disciplina positiva; entra in crisi il
modello delle codificazioni.
Da tutto ciò è derivata, quasi ovunque, una drammatica crisi di certezza sulla reale
configurazione del diritto in vigore e sui suoi contenuti (una crisi che trova un
precedente paragonabile nella crisi del diritto comune di fine Settecento, che portò
alle moderne codificazioni).
11) PROFILI DELLA NUOVA CULTURA GIURIDICA
11.1) COMPARAZIONE, STORIA, SOCIOLOGIA DEL DIRITTO
Nel secondo Novecento la dottrina giuridica dei diversi Paesi europei ha conosciuto
sviluppi imponenti.
Una svolta fondamentale consiste nella crisi del formalismo positivistico. I testi di
diritto privato, penale, pubblico, processuale, internazionale hanno naturalmente
continuato a tenere in assoluta considerazione il dato normativo nazionale.
Ma la dottrina si è dotata di strumenti ulteriori: la comparazione, la storia, l'economia,
le indagini statistiche, ecc.
E lo sviluppo impetuoso del diritto comunitario ha a sua volta imposto alla dottrina
un approccio diverso, fondato su più livelli normativi.
Le indagini sui diritti stranieri assumono sviluppi rigorosi: basti portare l'esempio del
civilista Gino Gorla che, per la prima volta, condusse un'analisi sulle differenze di
impostazione concettuale tra la causa del contratto e la considerazione propria del
sistema di common law.
Storia e sociologia sono considerati strumenti essenziali per la comprensione dei
caratteri di fondo di un ordinamento e anche per la valutazione dei ruoli del giudice.
Quanto alle ricerche propriamente storico-giuridiche, intorno alla metà del Novecento
si è imposta in Italia l'attenzione per il fenomeno grandioso del diritto comune
classico (Francesco Calasso dà un impulso decisivo a questo indirizzo).
Per il diritto canonico dell'età classica sono fondamentali le indagini di Stephan
Kuttner.
Tra i romanisti l'opera di Franz Wieacker si è estesa dal diritto antico alla storia del
diritto privato europeo. In anni recenti in Italia, in Germania e altrove le indagini si
sono svolte in prevalenza al diritto dell'età moderna e contemporanea.
La sociologia del diritto ha a sua volta conosciuto nel secondo Novecento sviluppi
importanti.
Le indagini empiriche si sono moltiplicate: sulla giustizia, sulla criminalità, sulla
famiglia, sulle società commerciali, sulle procedure amministrative.
11.2) FILOSOFIE E TEORIE DEL DIRITTO
Il positivismo ha costituito anche nella seconda metà del Novecento la corrente
dominante del pensiero giuridico.
L'impostazione qualificabile come "idealista" ha ceduto sempre di più terreno nei
confronti dell'impostazione "positivistica", che concepisce il diritto come un
fenomeno ancorato a norme effettivamente esistenti e verificabili nella realtà:
- normativismo positivistico, cioè norme consistenti in comandi coniugati a
meccanismi di sanzione;
- realismo positivistico, fa riferimento all'efficacia delle regole osservate ed applicate
sulla base delle decisione giurisprudenziali.
Un ruolo fondamentale hanno assunto nel secondo Novecento alcune correnti del
pensiero giuridico degli stati uniti.
Carattere comune a molti di questi indirizzi può ritenersi il superamento della
prospettiva strettamente tecnico-giuridica in favore di un approccio interdisciplinare.
Si sono in particolare indagati in essi che collegano il diritto con altri campi della
cultura e della conoscenza
11.2.1) IL REALISMO GIURIDICO
L'indirizzo di pensiero qualificabile come realismo giuridico ha avuto sviluppi di
rilievo sia negli Stati Uniti che in Europa in particolare nei paesi scandinavi; in
Svezia l'iniziatore è stato Axel per il quale anche nel mondo del diritto l'unica realtà
conoscibile è la realtà empirica ossia la realtà dei fatti.
Karl l'esponente più noto della scuola intitola la sua opera principale appunto al fatto,
infatti, anche l'obbligatorietà di una norma non è riconducibile né alla sua radice etica
né alla volontà dello Stato ma al fatto che essa viene concretamente osservata e
obbedita.
Il diritto può qualificarsi come la regola della forza in quanto la presenza della
sanzione non è un semplice rafforzamento della norma ma costituisce l'essenza della
sua giuridicità.
A loro volta per il giurista svedese le regole di comportamento che evidenziano la
forza vincolante delle norme giuridiche dipendono solo in parte dall'esistenza di
sanzioni: in realtà ciò che le rende vincolanti è una predisposizione soggettiva
all'obbedienza ossia un elemento psicologico oggettivamente riscontrabile nella realtà
senza il quale la effettiva vincolatività della norma svanirebbe.
La rilevanza dell'elemento soggettivo distingue il realismo di matrice scandinava da
quello statunitense infatti Frank componente della commissione sulla borsa
americana e poi giudice federale ha posto le decisioni dei giudici al centro della realtà
del diritto sottolineando inoltre come ogni pretesa di ricondurre le decisioni
all'accertamento e alla qualificazione oggettiva dei fatti le norme risulti illusoria: i
fatti posti alla base delle decisioni giudiziali sono spesso opinabili sulla base di
testimonianze inevitabilmente discordanti come oscillanti e incerte sono le stesse
regole legali la cui interpretazione dipende in una certa misura dall'ideologia dei
giudici.
11.2.2) HART, DWORKIN
L'inglese Hart applicato al diritto ai criteri logici dell'analisi del linguaggio facendo
proprio alcune tesi del moderno giusnaturalismo e altre tesi sviluppate dalla scuola
del realismo giuridico, infatti, egli ha distinto due categorie di norme: le norme
primarie che impongono obblighi e le norme secondarie che attribuiscono
competenze e poteri.
La ricognizione delle norme effettivamente valide presuppone la presenza di
un'ulteriore norma di riconoscimento che permette di identificarle.
L'approccio positivistico e realistico di Hart si coniuga con la convinzione che
debbono comunque sussistere ai fini della validità delle norme alcuni requisiti minimi
di protezione delle persone e delle cose senza i quali un ordinamento giuridico non
sarebbe in grado di sopravvivere che si identificano con precetti etici, ad esempio
l'autoconservazione e la protezione della proprietà.
Quanto alla teoria dell'interpretazione Hart discute le posizioni contrapposte dei
formalisti e degli scettici.
Per Hart esiste in ogni forma un nucleo certo e univoco ma anche un alone periferico
nel quale regna la penombra che l'interprete può dissipare con gli strumenti
dell'analisi del linguaggio anche se più tardi questa teoria mista è stata da Hart stesso
rimessa in discussione.
11.2.3) TEORIE DELLA GIUSTIZIA: RAWLS
Alla giustizia dedicato un'opera importante largamente discussa l'americano Rawls:
nel tentativo di stabilire una linea di caratterizzazione della giustizia sociale che lasci
congruo spazio alla libertà individuale, egli ha immaginato che la scelta di un
individuo il quale in ipotesi non abbia nozioni del proprio radicamento sociale
dovrebbe essere orientata a privilegiare la normativa o una decisione che lasci
all'altro il massimo di libertà compatibile con la propria libertà: un'impostazione che
richiama la tesi espressa da Kant nella sua definizione della libertà; questo parametro
dovrebbe ispirare anche la legislazione negli interventi redistributivi sempre più
numerosi e frequenti nel mondo contemporaneo volti a conseguire i risultati conformi
all'equità.
11.2.4) ERMENEUTICA, ANALISI DEL LINGUAGGIO, TEORIE
DELL’ARGOMETAZIONE
La rilevanza indiscutibile del testo nel lavoro del giurista teorico e pratico e spiega
l'interesse che presentano per la riflessione sul diritto le teorie sull’ermeneutica.
Le tesi del filosofo Hans sostengono che l'interpretazione di un testo costituisce un
processo nel quale la direzione dell'analisi ermeneutica e in qualche misura tracciata
già in una fase iniziale di precomprensione il testo medesimo ove giocano un ruolo
alle convinzioni dell'interprete e il contesto in cui egli opera; E sottolineando la
circolarità del processo interpretativo per la quale il senso di una sua parte risulta dal
rapporto tra il testo specifico e il contesto con cui esso è inserito.
La natura creativa non semplicemente ricognitiva del ragionamento del giudice è
stata posta in rilievo da esser: il giudice nell'interpretare la norma per applicarla al
caso concreto non solo può ma deve ispirarsi alle sollecitazioni del suo tempo e del
contesto in cui opera così da applicare in modo finalizzato ma al contempo
razionalmente argomentato la norma positiva.
In Italia fu Norberto Bobbio ad affrontare per primo la tematica dell'analisi del
linguaggio giuridico in un saggio del 1950 nel quale ha inteso identificare un ruolo
scientifico della dottrina perseguibile attraverso gli strumenti di una rigorosa analisi
del discorso del legislatore., un'impostazione più tardi arricchita e in parte corretta
attraverso il riconoscimento il carattere non meramente descrittivo bensì
inevitabilmente prescrittivo della dottrina giuridica.
11.3) ANALISI ECONOMICA DEL DIRITTO
I nessi che legano il diritto all'economia sono al centro di un nuovo indirizzo di
ricerca noto come analisi economica del diritto.
Questo approccio è egualmente applicabile riguardo a norme già esistenti e riguardo a
possibili riforme legislative ma vale altresì per valutare l'effetto di decisioni
giurisprudenziali; per questa via non solo sia potuto valutare l'impatto della legge
sull'economia privata e pubblica ma si è ragionato sui modi con i quali la regola è
destinata ad incidere nel concreto della vita sociale orientando le scelte dei singoli e
dei gruppi.
La doppia premessa di questo indirizzo di pensiero è che gli individui siano
massimizza datori razionali e che le regole giuridiche siano in grado di modificare i
comportamenti individuali e collettivi perché i soggetti risponderanno razionalmente
agli incentivi e ai disincentivi creati da vincoli esterni.
A partire dal primi anni 70 Posner il professore a Chicago e poi giudice federale ha
sistematicamente applicato l'analisi economica ai più diversi campi del diritto
mostrando come i diritti di famiglia delle successioni, il sistema penale, il processo in
ogni altro campo del diritto presentino sostrati di natura economica che debbono
essere messi in rilievo.
Il criterio della massimizzazione della ricchezza viene assunto come parametro di
giudizio non solo dell'efficienza di un sistema giuridico ma anche della sua
conformità alla giustizia.
11.4) ALTRE CORRENTI E SCUOLE
L'indirizzo denominato studio critico del diritto sviluppato soprattutto ad Harvard si
caratterizza per un approccio valutativo non convenzionale riguardo ai contenuti, ai
valori e agli interessi sottesi alle norme e alle decisioni.
Alcuni giuristi si sono in effetti resi conto delle molteplici correlazioni tra il mondo
del diritto e quello delle opere letterarie infatti in primo luogo molte tendenze e molte
esigenze vive nella società sono espresse con evidenza insuperata proprio negli scritti
di letteratura sia con riferimento al passato che con riferimento al presente e al futuro;
in secondo luogo le tecniche espositive e argomentative dei giuristi non si
distinguono da quelle della retorica messe a punto dai pensatori antichi e moderni e
applicate in testi di natura poetica o religiosa; in terzo luogo le opere letterarie hanno
posto ai giuristi e al diritto a una serie di problemi specifici variamente affrontati nel
corso del tempo dalla libertà di stampa alla diffamazione, dal diritto alla privacy ai
confini del buon costume.
Norberto Bobbio ha sottolineato al riguardo del concetto di diritto naturale come da
un lato ma anche al sostantivo uno degli attributi fondamentali del diritto, l'efficacia
virgola in quanto le sue norme non sono comunque giuridicamente sanzionabili e
come dall'altro lato, l'aggettivo rinvii ad uno dei termini più polivalenti della storia
perché nel corso del tempo si sono considerate conformi alla natura regole e
consuetudini completamente diverse quando non addirittura opposte.
11.5) NUOVI DIRITTI E NUOVI SOGGETTI
Un settore nel quale si è sviluppata negli anni recenti la riflessione dei giuristi in
stretta connessione con l'evoluzione normativa interna internazionale riguarda la
nozione e la tutela dei diritti fondamentali, infatti, l'età contemporanea è stata
qualificata da Norberto Bobbio come l'età dei diritti.
Una prima generazione è quella classica dei diritti di libertà esplicitata nella
dichiarazione francese del 1789: la libertà personale, di espressione, di riunione,
contro gli arbitri del potere politico e di governo; si tratta di libertà negative.
In anni più recenti i diritti della donna hanno formato l'oggetto di un ramo specifico
di elaborazione dottrinale fiorito in particolare negli Stati Uniti con la formula di
Gender and Law.
Una seconda generazione di diritti concerne la rappresentanza politica dei singoli e
dell'intera popolazione attraverso il suffragio universale, la protezione dei lavoratori,
le assicurazioni sociali, la previdenza, il diritto di sciopero, il diritto alla salute,
conseguiti in occidente nel corso di circa un secolo dalla fine dell’Ottocento in poi si
tratta di libertà positive.
Una terza generazione di diritti che si è fatta strada nel corso degli ultimi decenni
riguardo a un ventaglio di condizioni di aspetti della vita che meritano protezione e
che spesso possono riuscire ad ottenerla solo con nuovi strumenti giuridici di natura
collettiva infatti si tratta di regole per la tutela del contraente debole nei confronti dei
potentati economici attraverso le azioni di classe; sono i diritti dell'individuo e delle
collettività allo sviluppo dell'economia e sono le esigenze di difesa dell'ambiente
contro i guasti e i rischi di degrado irreversibile causati dall'uomo.
Una quarta generazione di diritti identificata dalla recente dottrina concerne una serie
di nuovi soggetti vi sono infatti i diritti del fanciullo, quelli del portatore di handicap
fisici, quelli del minorato mentale e quelli dell'embrione.
11.6) IL RUOLO DEI GIURISTI
La sempre maggiore complessità dei processi di produzione, la moltiplicazione
dell'economia dei servizi e la forza di penetrazione delle nuove tecnologie hanno
indotto alcuni giuristi attenti a questi nuovi sviluppi a ritenere che il diritto stia ormai
smarrendo l'unità di metodo ed anche l'autonomia concettuale che in passato lo
caratterizzavano i giuristi infatti stanno diventando cinghia di trasmissione di
interessi economici potenti e vi è chi ha descritto questo processo in atto come il
giurista perduto.
Oggi il diritto sarebbe una proiezione delle forze strapotenti della tecnica alle quali è
impossibile opporsi e ciò tanto nella forma formazione delle leggi quanto nella prassi
contrattuale tanto nella giurisprudenza quanto nelle dottrine.
La crisi della certezza del diritto a d'altra parte trovato un correttivo nel ruolo delle
corti costituzionali nonché della Corte di giustizia europea infatti va inoltre
sottolineato che sia le corti costituzionali nazionali sia ancor più le corti europee di
Lussemburgo e di Strasburgo hanno non di rado fondato le loro decisioni
richiamandosi a principi generali ricavabili dalle costituzioni anche se talora non
espressamente menzionati testo costituzionale dai trattati: principi quali la
ragionevolezza, la buona fede, l'equità o l'abuso del diritto.
Il dibattito sul significato sul peso dei principi costituisce uno dei temi di fondo del
pensiero giuridico contemporaneo.
12) IL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA
12.1) GENESI
Nella seconda metà del Novecento si è sviluppato in Europa un processo di unione
economica e politica che costituisce l'elemento più significativo della storia recente
del nostro continente.
Questo processo si è realizzato in larga misura con gli strumenti del diritto: sia con
regole tradizionali, sia con strumenti originali e con regole nuove.
L'idea di una confederazione europea è enunciata a più riprese:
- nel Cinquecento con i progetti politici di Enrico IV;
- nel Settecento nell'opera di Bernardin de Saint Pierre;
- nel 1787 attraverso il modello della Federazione americana;
- attraverso gli scritti di Victor Hugo;
- nell'Ottocento attraverso alcuni protagonisti del Risorgimento italiano.
La Santa Alleanza operò in tale contesto a partire dal 1815 sino al 1848.
E più tardi il "concerto" delle grandi potenze suggerì appunto l'immagine di una
confederazione di stati in divenire.
Lo scoppio della prima guerra mondiale e gli eventi successivi mostrarono ad
evidenza la stridente disarmonia del "concerto" e la sua fragilità.
Tra le due guerre il tentativo più ambizioso di creare un nuovo ordine internazionale
fu quello della Società delle Nazioni.
Negli anni della seconda guerra vide la luce il primo disegno coerente di una futura
federazione europea. Esso venne formulato con rigore concettuale nel Manifesto di
Ventotene del 1941, redatto da Altiero Spinelli.
Egli ricollegò le cause che avevano condotto l'Europa ad una cronica instabilità,
provocata dalla struttura dello stato moderno come sovrano, cioè nella concezione
che ogni stato possa disporre in totale autonomia di un proprio esercito atto a
condurre la guerra contro gli altri stati.
Il rimedio strutturale a questo stato di cose è allora uno solo: trasferire la sovranità ad
un livello superiore a quello degli altri stati.
Negli anni immediatamente seguenti alla conclusione della seconda guerra mondiale
un complesso di elementi operò sinergicamente in favore dell'integrazione politica
europea.
La svolta che condusse il disegno dal mondo delle idee a quello della realtà effettiva
avvenne nel 1950, quando il ministro francese Robert Schumann propose che la
gestione del carbone e dell'acciaio venisse affidata ad un'autorità sovranazionale,
indipendente da Francia e Germania.
L'idea di base era venuta da un altro francese Jean Monnet, il quale si era convinto
che alla federazione europea non si sarebbe giunti se non attraverso un processo
graduale che creasse dei modelli di unione incentrati su singoli obiettivi concreti
(ovviamente anche il cancelliere Konrad Adenauer era d'accordo).
Vide la luce così la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA), approvata
con il trattato dell'8 aprile 1951 al quale aderirono Francia, Germania, Italia, Belgio,
Olanda e Lussemburgo: nasceva l'Europa dei Sei.
L'Alta Autorità è nominata dai governi nazionali, ma opera in modo totalmente
indipendente da questi. Un'assemblea svolge compiti di controllo.
La Corte di giustizia risolve le controversie legate alla materia del trattato.
Frattanto la situazione internazionale ed il rischio incombente di dominio
rappresentato dall'Impero sovietico imponevano di includere la Repubblica federale
tedesca nell'organizzazione della difesa euro-americana.
Fu allora che nacque in Francia, per iniziativa di René Pleven, l'idea di dar vita ad
una difesa europea, che consentisse il riarmo della Germania occidentale, da
realizzarsi però entro una struttura militare e politica non più nazionale ma comune.
Il progetto di una "Comunità europea di difesa" i tradusse nel 1952 in un trattato che
includeva il mandato conferito ad una futura Assembla parlamentare europea di
elaborare un progetto "a struttura federale o confederale" per i paesi della CED.
12.2). LA FORMAZIONE DELLA COMUNITA EUROPEA
Un gruppo di riflessione, nominato dai governi dei Sei a Messina nel 1955, prospettò
qualche mese più tardi un doppio obiettivo: la creazione di un'autorità europea per
l'energia atomica e l'avvio di un mercato comune europeo.
I governi accettarono queste indicazioni e promossero la redazione di un progetto
organico.
Si giunse così alla firma dei due Trattati di Roma del 25 marzo 1957, che istituivano
l’EURATOM e la Comunità economica europea (Cee).
L'impalcatura della Cee è fondata su quattro istituzioni:
- la Commissione, con funzione di iniziativa legislativa, di strumento di governo e di
guardiano dei trattati;
- Consiglio dei ministri, con funzione legislativa;
- assemblea parlamentare con funzione di approvazione delle leggi comunitarie e
deliberazione a maggioranza qualificata della censura nei confronti della
commissione;
- Corte di Giustizia, che esercita la funzione di giurisdizione nell'ambito delle
competenze comunitarie quando venga imputato ad uno Stato di avere mancato ad un
obbligo imposto dal trattato o agli organi comunitari di aver assunto nei loro
confronti decisioni viziate da incompetenza, illegittimità, eccesso di potere.
L'attività legislativa della Cee venne ripartita in due categorie:
- regolamenti, immediatamente esecutivi ed applicabili entro l'intera comunità;
- direttive, vincola gli stati quanto al risultato da raggiungere, ma ne affidano la forma
e gli strumenti necessari alle legislazioni nazionali;
- vi sono poi le decisioni di competenza sia del Consiglio che della Commissione, che
hanno il carattere di provvedimenti immediatamente obbligatori per i destinatari, da
loro impugnabili davanti alla Corte di giustizia.
Con questi strumenti si è sviluppato un imponete complesso di norme comuni, che
hanno progressivamente portato all'abbattimento delle barriere doganali interne e
all'instaurazione di una vera concorrenza tra Paesi della Cee.
Un sostegno fondamentale è venuto inoltre dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia, in quanto alcune sentenze hanno in effetti costituito vere pietre miliari nella
formazione del diritto europeo della Cee.
12.3) L’EVOLUZIONE ISTITUZIONALE DELL’UNIONE EUROPEA
Una fase nuova si aprì con l'iniziativa di attuare la norma del trattato di Roma che
prevedeva di arrivare alla elezione a suffragio universale della Assemblea
parlamentare europea.
Ciò fu deliberato nel 1976 e condusse tre anni più tardi alla prima elezione di quello
che da allora si chiama Parlamento europeo.
I primi risultati si videro a partire dal 1979 nel più incisivo controllo effettuato dal
neoeletto Parlamento europeo sul bilancio comunitario, ma si ebbero soprattutto con
l'approvazione di un ambizioso progetto di riforma delle istituzioni comunitarie che
venne votato a larga maggioranza dal Parlamento europeo nel febbraio 1984.
Il Progetto disegnava una riforma che avrebbe attribuito alla Commissione le funzioni
di governo comunitario quanto all'unione economica ed al Parlamento ed al Consiglio
le funzioni legislative secondo un chiaro schema bicamerale; ma la maggioranza dei
governi nazionali non ritenne di dar corso al progetto. Due anni più tardi venne
approvato l'Atto unico del 29 dicembre 1986.
L'Atto estendeva le competenze della Cee alla coesione economica e sociale tra le
regioni, alla ricerca e allo sviluppo tecnologico, all'ambiente e alla cooperazione nella
politica estera.
L'obiettivo fondamentale del nuovo trattato era però un altro: con esso fu deciso di
portare a compimento l'integrazione economica europea iniziata nel 1957,
realizzando in forma compiuta le quattro libertà che ne costituiscono l'essenza, cioè la
libera circolazione delle merci, delle persone, dei capitali, dei servizi.
A questo scopo l'Atto introduceva importanti innovazioni istituzionali:
- regolare convocazione del Consiglio europeo;
- deliberava che ai pareri richiesti al Parlamento europeo si sostituisse una ben più
impegnativa procedura di "cooperazione";
- l'armonizzazione delle legislazioni nazionali.
Se nella prima fase del mercato comune il modello dell'armonizzazione e
dell'uniformità legislativa era stato ben presente, in questa seconda fase si affermò il
diverso modello della "concorrenza tra norme" dei diversi Paesi, un modello
concepito come strumento di crescita economica.
A loro volta, le forze economiche dei dodici paesi della Comunità diedero un impulso
decisivo orientando le proprie scelte nella direzione del mercato unico.
Tuttavia, un ostacolo, non ancora affrontato, si frapponeva.
Occorreva questo fine, completare l'unione economica con l'unione monetaria a
livello europeo.
Da queste premesse nacque, nel 1992, il Trattato di Maastricht, che ha creato l'Unione
europea.
Al centro di esso stava il progetto di creare una moneta unica, istituendo una Banca
centrale europea.
Si stabilì che la moneta europea, battezzata euro, sarebbe decollata sette anni più
tardi, alla fine del 1999.
Il Trattato di Maastricht ha innovato anche su altre fonti: - il capitolo sulla
"coesione" assicura interventi e investimenti dell'Unione a sostegno delle regioni
meno sviluppate;
- vengono garantiti requisiti comuni sulle condizioni di lavoro e di tutela dei
lavoratori;
- la solidarietà promuove forme di protezione e di tutela dei territori poveri e delle
collettività economicamente arretrate dell'Unione;
- tutela del paesaggio contro i pericoli dell'inquinamento e della devastazione del
territorio;
- tecnologie e ricerca;
- sanità pubblica;
- industria.
Si tratta di competenze concorrenti, le sole competenze esclusive dell'Unione
riguardano la politica sulla concorrenza per il mercato unico e la politica monetaria.
Inoltre, il Trattato ha esteso le competenze dell'Unione europea alla politica estera e
di sicurezza ed agli affari interim e di giustizia.
Tra i principi generali accolti nel trattato, due in particolare sono da sottolineare: il
concetto di cittadinanza europea ed il principio di sussidiarietà, diritto che non
intende sostituire i diritti nazionali o locali, se non dove ciò risulti necessario alle
finalità dell'unione.
Infine, il trattato di Maastricht ha introdotto una serie di riforme istituzionali:
- vengono accresciuti i poteri del Parlamento;
- aumentano le materie per le quali è possibile decidere a maggioranza qualificata in
seno al Consiglio dei ministri.
Nel decennio seguito al trattato di Maastricht si sono succedute a breve distanza
diversi interventi di modifica dei trattati europei.
Nel 1994 sono entrati a far parte dell'Unione europea anche l'Austria, la Finlandia e al
Svezia: era ormai l'Europa dei Quindici.
Il Trattato di Amsterdam del 1997 ha innovato su più fronti:
- il ruolo del Parlamento europeo è stato ulteriormente potenziato;
- la procedura legislativa si è resa meno farraginosa;
- il presidente della Commissione acquista maggior peso, diventa una sorta di primo
ministro;
- le materie per le quali si è ammessa la decisione a maggioranza qualificata sono
aumentate (per quanto riguarda il Consiglio dei ministri);
- viene introdotta la clausola di salvaguardia per bloccare una decisione;
- viene introdotta la cooperazione forzata, che permette di portare avanti iniziative
non condivise da tutti;
- si precisa in modo più analitico il principio di sussidiarietà;
- viene sancito l'impegno a promuovere il rispetto dei diritti fondamentali.
12.4) DALLA CONVENZIONE EUROPEA AL TRATTATO DI LISBONA
Dal 2005 l'Unione comprende ormai venticinque Stati membri con una popolazione
complessiva di oltre 450 milioni di cittadini, ai quali si sono ormai aggiunte anche la
Romania e la Bulgaria.
Il Consiglio europeo di Nizza ha inoltre varato la Carta dei diritti dell'Unione, un
documento che enuncia una serie di diritti fondamentali, comuni all'intera Unione.
Scopo della Carta è di definire con chiarezza il perimetro dei valori e dei principi
fondamentali nei quali l'Unione riconosce la sua identità ed ai quali ispira la sua
azione.
Tali principi sono raggruppati in 54 articoli e sono: il principio di dignità, di libertà,
di uguaglianza, di solidarietà, di cittadinanza, di giustizia.
La presenza di una Carta dei diritti, congiunta con la disciplina della cittadinanza
europea, attribuisce di per sé all'Unione alcuni caratteri propri di una moderna
costituzione.
Nel corso del ventennio dal 1984 in poi, una serie ininterrotta di riforme realizza delle
modifiche incisive dei trattati comunitari.
Queste riforme hanno dilatato le competenze e le funzioni dell'Unione e modificato le
regole istituzionali. Con il vertice di Laeken del 2001, il Consiglio stabilì di affidare
ad una Convenzione il compito di ridisegnare nel loro complesso le funzioni e le
istituzioni dell'Unione in un quadro finalmente organico e adeguato. Dopo un anno e
mezzo di lavoro della Convenzione, venne approvato nel 2003 un progetto di
"Trattato che costituisce la Costituzione dell'Unione europea".
Il progetto venne sottoscritto all'unanimità dal Consiglio europeo di Roma il 29
ottobre 2004 e sottoposto alle ratifiche nazionali.
Il Trattato costituzionale ha l'ambizione di dare un assetto istituzionale e funzionale
adeguato ad una realtà tuttora in divenire, quale è quella dell'Unione. Innovazioni
contenute:
- nuovo modo di voto entro il consiglio;
- creazione di un ministro degli esteri dell'Unione;
- avvio di una politica di sicurezza comune e di una difesa europea;
- maggiore tutela del principio di sussidiarietà. Nonostante queste innovazioni, il
Trattato costituzionale non ha corrisposto se non in misura limitata alle attese. 18
Paesi su 27 hanno ratificato il Trattato costituzionale
Ma il no dei referendum di Francia e di Olanda ha reso poco probabile che il testo
possa entrare in vigore nella forma in cui è stato sottoscritto dai governi.
Vivo è stato negli ultimi anni il dibattito sull'opportunità che l'Unione Europea si doti
di un Codice civile unico.
Ma prevalente è stata la tesi che debba essere mantenuto un ampio margine di
autonomia, mantenendo le diverse tradizioni nazionali.
Pur con questi limiti, l'Unione europea costituisce l'evento storico più importante ed
innovativo che l'Europa abbia conosciuto nel corso del Novecento, suscitando
concreti propositi di imitazione da parte di Africa, America ed Asia.
12.5) NASCITA E STRUTTURA DELL’ONU
La tragedia della prima guerra mondiale aveva suscitato l'iniziativa della creazione
della Società delle Nazioni, per proteggere in avvenire gli stati da aggressioni
reciproche e tutelare la nazione eventualmente aggredita.
Il fallimento di questo tentativo è sfociato nella nuova tragedia della seconda guerra
mondiale.
Ma l'esigenza di dar vita ad uno strumento nuovo per la gestione delle crisi tra stati si
impose molto presto.
Nel 1941 Roosevelt e Churchill sottoscrissero la Carta atlantica, con la quale si
proclamava il diritto dei popoli a non subire mutamenti territoriali senza il loro
consenso, alla libera scelta della forma di governo, alla libertà di commercio.
Le violazioni di questi diritti avrebbero dovuto essere contrastate anche con la forza
dagli stati che si fossero dichiarati pronti a sostenere tali principi, dando vita ad un
sistema di sicurezza collettiva.
Poco più tardi 26 stati approvarono una dichiarazione predisposta da Roosevelt e da
Churchill a nome delle "Nazioni Unite".
Nel 1943 un direttorio costituito da Stati Uniti, Inghilterra, Unione Sovietica e Cina
istituirono un'organizzazione internazionale generale garante della pace, fondata sul
principio dell'uguaglianza sovrana tra gli Stati che vi aderissero.
Nel 1944 a Washington venne messo a punto un Progetto di Carta delle Nazioni Unite
prefigurante molto da vicino quella che diventerà poco dopo la Carta dell'ONU.
Nel 1945 al termine della conferenza tenuta a San Francisco il progetto venne
approvato da ben 50 Stati.
Era nata l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
La finalità dell'ONU è di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, sviluppando
tra le nazioni relazioni amichevoli.
Le controversie internazionali devono essere risolte con mezzi pacifici.
L'ONU è un'organizzazione di Stati, che oggi conta 192 membri; gli Stati membri
dell'ONU hanno parità giuridica, indipendentemente dalle dimensioni, dalla
popolazione e dalla potenza.
L'organo deliberante principale è il Consiglio di Sicurezza, composto da 15 membri,
dei quali 5 permanenti e 10 non permanenti, eletti ogni 2 anni dall'Assemblea
generale (l’eguaglianza, dunque, non vale per i 5 membri permanenti, i quali hanno
inoltre il privilegio esclusivo di esercitare il potere di veto).
Di grande rilievo è il principio del "dominio riservato": l'ONU non è autorizzata ad
intervenire in questioni che appartengono essenzialmente alla competenza interna di
uno Stato; solo grazie a questa condizione è stato possibile includere nell'ONU Stati
così profondamente diversi.
Un aspetto della Carta che va sottolineato è l'attenta considerazione della realtà dei
rapporti internazionali, allor che vi erano ancora vasti territori coloniali o
semicoloniali.
La prospettiva era che venisse superata la condizione di dipendenza di Stati da altri
Stati. Via via che la decolonizzazione è stata realizzata, i popoli soggetti ad altri stati
hanno fatto il loro ingresso nell'ONU.
Un ulteriore profilo della Carta riguarda gli accordi regionali, cioè la compatibilità,
entro l'ONU, di organizzazioni tra gruppi di Stati per il mantenimento della pace e
della sicurezza a livello regionale (ad es. l'Alleanza atlantica).
Come garantire il rispetto della pace e la risposta alle aggressioni compiute da stati,
dunque con la guerra, se non si dispone della forza?
Tutti i membri dell'ONU si devono impegnare a mettere a disposizione del Consiglio
di sicurezza le forze armate necessarie.
Si prefigura la creazione di una forza armata sovranazionale per il mantenimento
della pace.
Questa parte della Carta sinora non è mai stata applicata.
L'Assemblea generale dell'ONU, oltre ad avere un compito di valutazione entro il
perimetro delle competenze proprie dell'ONU, assolve ad una serie di specifiche
funzioni adottando le delibere più importanti con una maggioranza di 2/3.
Ma le decisioni fondamentali sono di pertinenza esclusiva del Consiglio di sicurezza.
Organo delle Nazioni Unite è il Segretario generale, che svolge le funzioni
amministrative.
Il Consiglio economico e sociale ha tra i suoi compiti l'elaborazione di proposte e di
raccomandazioni riguardanti questioni internazionali.
È infine organo delle Nazioni Unite la Corte Internazionale di Giustizia, competente a
dirimere le controversie tra Stati ed a redigere pareri su questioni giuridiche ad esse
sottoposte dall'ONU
12.6) DIRITTO DELL’ECONOMIA E GLOBALIZZAZIONE
Gli sviluppi dell'economia di scambio, nel corso degli ultimi decenni, mostrano
l'emersione di un mercato ormai senza confini.
Un primo spetto della globalizzazione del diritto dell'economia è dunque costituito
dai modelli contrattuali di stampo americano.
La fonte essenziale di questi modelli è la consuetudine: sono nate e si sono sviluppate
forme contrattuali affermate anche in Europa, come il franchising, il leasing, il
factoring, ecc.
Le differenze di normazione tra i diversi stati del mondo hanno una forte rilevanza
nelle decisioni di investimento del mercato.
Le esigenze imposte dall'economia degli scambi e della produzione hanno promosso
la creazione di strumenti atti a risolvere in modo celere ed efficace le controversie
economiche di natura internazionale.
12.7) LA TUTELA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI UMANI
Sul fronte del diritto internazionale, le interrelazioni tra gli stati, comprendono ormai
l'intero pianeta. Nella vicenda storica della decolonizzazione, l'ONU ha svolto un
ruolo primario.
Nel 1960 la "Dichiarazione sull'indipendenza ai paesi e popoli coloniali" ha
chiaramente affermato che la subordinazione di un popolo ad una potenza straniera
costituisce violazione dei diritti fondamentali della persona umana.
Un aspetto fondamentale dell'evoluzione del diritto dopo la seconda guerra mondiale
è costituito dalla tutela dei diritti umani a livello internazionale.
Si è visto come la categoria dei diritti fondamentali si sia progressivamente dilatata e
sia tuttora in forte evoluzione.
Il punto di avvio si è avuto nell'immediato dopoguerra.
La Dichiarazione enuncia in 30 brevi articoli una serie di diritti fondamentali: libertà,
dignità, eguaglianza, nazionalità, privacy, libertà di culto, diritto all'informazione, al
lavoro, alla sicurezza sociale, all'asilo politico, ecc.
La Dichiarazione è annessa alla Carta dell'Onu.
Va sottolineata soprattutto l'importanza della dichiarazione nel contesto delle
relazioni internazionali: ognuno degli Stati che nel tempo sono entrati nell'ONU ha
con ciò stesso accettato l'idea che i diritti dell'uomo fanno parte del patto stipulato
con l'ingresso nelle Nazioni Unite.
La Convenzione europea sui diritti dell'uomo firmata a Roma il 4 novembre 1950
designava un sistema di istituzioni per la tutela di questi diritti, in un seguito
completato con diversi protocolli aggiuntivi.
Nel 1959 nasceva così la Corte europea dei diritti dell'uomo, con sede a Strasburgo.
Molto significativi sono i due patti delle Nazioni Unite sui diritti umani del 1966.
Essi riguardano i diritti economici, sociali, culturali, civili, politici e sono ormai parte
del diritto internazionale.
Infine, si è andata affermando l'idea che tra i diritti fondamentali dell'uomo alla pace.
In anni a noi molto vicini hanno visto la luce alcune Corti internazionali dirette a fare
giustizia laddove i crimini compiuti entro uno Stato siano di tale entità da configurati
come crimini contro l'umanità (2002: entra in funzione la Corte penale internazionale
per i reati gravissimi come il genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di
guerra).
Queste Corti di recente istituzione sono nate dall'esigenza di offrire una risposta
all'orrore che suscita la visione della sofferenza di popoli lontani.
12.8) CONCLUSIONE
1. Se per globalizzazione del diritto si intende l'estensione di un insieme di norme
giuridiche al di là dei confini politici e geografici in cui esse sono sorte sino ad
abbracciare l'intera comunità internazionale o quantomeno quelle regioni del pianeta
che intrattengono tra loro rapporti economici e politici il fenomeno non può certo
dirsi nuovo infatti in particolare le regole comuni relative alle cambi e alla disciplina
giuridica del commercio internazionale hanno tradizioni molto risalenti di estensione
nello spazio; tuttavia il fenomeno della globalizzazione ha assunto in tempi recenti
alcuni caratteri indubbiamente nuovi e diversi inoltre alcune istituzioni sovranazionali
ed extranazionali hanno ormai assunto ruoli incisivi nei loro rapporti con gli Stati e
con l'individuo.
Le interconnessioni di questi processi con il mondo del diritto sono innegabili e
profonde.
2.L'unità del genere umano è prefigurata già nella cultura antica greca e romana,
infatti, è presente in alcuni giuristi dell'età classica ed è indicata quali supremo
obiettivo di età di fede nei Vangeli.
3.Si spiega allora come questa sproporzione tra la globalizzazione e la e le sovranità
nazionali si è sempre più spesso oggetto di critiche e di tentativi di superamento in
due direzioni: con interventi dall'esterno nei confronti ed entro i confini di altri Stati
nonché con la messa in opera ancora embrionale di strutture sovranazionali.

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