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LEZIONE DEL 30 MARZO 2021

- Gli argomenti della lezione:


- Unum ius, ius commune, utrumque ius
- I giuristi post-accursiani
- La scuola di Orlèans

- Unum ius
- Le Qaestiones de ius substilitatibus (XII secol.):
- 1) Una descrizione allegorica della giustizia;
- 2) La polemica del glossatore: il diritto longobardo-franco
- 3) Due possibili soluzioni:
a_ “aut unum esse ius, cum unum sit imperium”
b_ “aut si multa diversaue iura sunt, multa superesse regna”
- 4) Dall’unum imperium all’unum ius

Unum ius significa l’unico diritto. Per i glossatori l’unico diritto è il diritto romano giustinianeo,
contenuto nei libri legales.
Il concetto di unum ius è al centro di un’opera intitolata Quaestiones de iuris substilitatibus. È
un’opera talmente importante che la storiografia giuridica l’aveva attribuita a Irnerio. Questa
paternità di Irnerio è stata messa in dubbio e si ritenne che l’autore fosse il glossatore piacentino che
insegnava a Bologna, ma che per un certo periodo andò a lavorare nel sud della Francia.
Noi di fatto oggi non sappiamo chi sia l’autore di queste Quaestiones. Ciò che è certo è che
quest’opera è stata scritta tra il 1140 e il 1160.
Altra certezza è che al centro di questo saggio vi è il concetto di unum ius.
Per comprendere questo concetto è opportuno soffermarci su 4 passaggi fondamentali dell’opera:
1. il primo passaggio fa riferimento ad una descrizione allegorica della giustizia. Le
Quaestiones sono introdotte da una descrizione allegoria della giustizia. Nel senso che il
glossatore descrive questo tempio della giustizia in una fitta selva, nel quale vi è l’immagine
allegorica di una giustizia seduta sul trono con in grembo l’equità. La giustizia è circondata
da una serie di sapienti che sono intenti a cancellare dai loro libri di diritto tutte quelle
disposizioni che sono in contrasto con l’equità.
2. Il secondo passaggio segna un brusco cambio di registro. Questo perché il glossatore
interrompe improvvisamente quella amena descrizione così idilliaca ed enuncia
qualcosa/una situazione. Apre una dura polemica nei confronti di qualcosa che per il
glossatore è assolutamente inammissibile. Ovvero che si continui a studiare e praticare il
diritto longobardo-franco. La presenza dell’imperatore romano germanico conferma la
romanità dell’impero e per il glossatore è inaccettabile che si continui a studiare e applicare
il diritto longobardo-franco. Ancora nel pieno del XII secolo quel diritto longobardo-franco
ancora lo si studiava e lo si applicava (ce lo dice proprio il glossatore).
3. Il terzo passaggio è caratterizzato da un ragionamento. Di fronte questo problema ecco che
il glossatore svolge un ragionamento in cui avanza due possibili soluzioni. Ovvero:
a_“o c’è un unico diritto e allora vuol dire che c’è un unico impero” (soluzione per la quale
propenderà lo stesso glossatore);
b_ “o ci sono molti diritti e allora vuol dire che ci sono una molteplicità di regni”.
4. Idea che dall’unum imperium non può che scaturire l’unum ius. Il glossatore parte dalla
prima soluzione partendo da una realtà che per lui è inconfutabile, ovvero la realtà che il
glossatore ha davanti agli occhi che corrisponde alla realtà dell’impero romano germanico.
L’unum ius di quell’impero altro non è se non il diritto romano.
Quindi dopo aver proposto quelle due soluzioni il glossatore propende per la prima e giunge all’idea
dell’unum ius partendo dall’unum imperium.
Unum ius: diritto romano giustinianeo

- Ius commune
- “Tutti i popoli che vivono secondo un diritto, in parte usano un diritto proprio di ogni civitas, in
parte usano un diritto comune di tutti gli uomini” (Gaio. D.1,1,9,)

Ius commune si può definire come una sorta di evoluzione del unum ius.
Il concetto del ius commune fa riferimento alla chiara presa di coscienza di quella che è la realtà
politica che i glossatori hanno davanti a loro. Si tratta di quella realtà che fa capo all’impronta
romano germanico che a partire dall’XI e poi dal XII secolo è un grande trasformazione; perché
abbiamo visto che nell’orbita dell’impero romano germanico vanno ad affermarsi comuni
(avanzano pretesa di autonomia) e nuovi regni (i quali avanzano con quelle dottrine anti - imperiali
una forte pretesa di sovranità e indipendenza).
Ciò che si impone all’attenzione dei glossatori è soprattutto quella pretesa di autonomia avanzata
dai comuni medievali.
Questa pretesa di autonomia suona ai glossatori quasi come una sfida. Infatti inizialmente i
glossatori hanno un atteggiamento di assoluta chiusura nei confronti dei comuni medievali. Questo
perché per i glossatori solo l’imperatore poteva legiferare.
Poi però iniziano a capire che la realtà dei comuni medievali è una realtà ineluibile. Una realtà con
la quale in un modo o nell’altro devono venire a patti. Quindi il problema che si pone come
fondamentale è quello di conciliare quell’unum ius con la normativa statutaria (con quella
legislazione posta dai comuni medievali).
La soluzione a questo proposito viene proprio dal concetto di ius commune. Questa è
un’espressione che non è stata coniata dai glossatori, ma questa espressione i glossatori la trovano
glossando un frammento del giureconsulto Gaio contenuto nel primo libro del Digesto.
In questo frammento gaio dice che tutti i popoli che vivono secondo un diritto, in parte usano un
diritto proprio di ogni civitas, in parte usano un diritto comune di tutti gli uomini. Facendo l’esigesi
di queste parole, i glossatori si rendono conto che la soluzione dei loro problemi è contenuta in
questo frammento.
Parlando di questo diritto comune di tutti gli uomini, per i glossatori è il diritto romano
giustinianeo.
Proprio sulla base di questo frammento i glossatori mettono a fuoco quello che è un vero e proprio
sistema normativo costituito dal ius commune e dal ius proprium.

- Ius commune
- Per i glossatori è il diritto romano dell’impero universale, l’unità da cui deriva la molteplicità degli
iura propria, un prius logico, l’unica sorgente da cui derivano gli iura propria ( i diritti particolari)
- Il contrasto vivissimo fra i glossatori e i reggitori del comune medievale

Quindi definiscono questo sistema di diritto comune.


E nell’ambito di questo sistema i glossatori assegnano allo ius commune una posizione di assoluta
dominanza nei confronti dello ius proprium (degli iuris propria e quindi nei confronti degli statuti).
Lo ius commune è inteso dai glossatori come diritto sempre dominante nei confronti dei iura
propria perchè come l’impero romano germanico è quell’ordinamento che da la vita ai comuni
medievali, i quali fuori dall’orbita dell’impero romano germanico non avrebbero alcuna possibilità
di avverare la propria esistenza, così allo stesso modo lo ius commune rappresenta quell’unica
sorgente dai quali derivano gli iura propria come tanti fiumi.
Questo modo di vedere le cose è assolutamente contestato dai reggitori del comune medievale, i
quali non sono assolutamente d’accordo con questa immagine, con l’idea che quindi il ius commune
è sempre dominante mentre il ius proprio è secondario. Questo perché i reggitori comunali dicono
che i loro giudici sono tenuti ad attuare come prima normativa lo statuto.
È appunto un contrasto vivissimo quello che vi è tra i reggitori comunali e i glossatori.

CONTRASTO TRA GLOSSATORI E REGGITORI COMUNALI:


-Ad esempio i glossatori dicono che tutti i rapporti giuridici sono disciplinati nell’ambito dello ius
commune. Invece i reggitori dicono che in realtà loro stessi sono costretti a legiferare in merito a
tutta una serie di rapporti che non sono disciplinati nell’ambito dello ius commune.
-I glossatori dicono che il diritto dominante è lo ius commune è che quindi il diritto sussidiario è lo
statuto. I reggitori comunali dicono l’esatto contrario: il giudice è tenuto ad attuare lo statuto, solo
nel caso in cui lo statuto non disciplini il caso in questione allora si procederà per ius commune.
-Ancora i glossatori dicono che il ius commune è una normativa intoccabile è immutabile. Invece i
reggitori affermano che il diritto è qualcosa che muta di continuo nel corso del tempo.
-I glossatori dicono che lo statuto deve essere sempre interpretato secondo il diritto romano.
Invece gli statutari replicano dicendo che lo statuto non deve essere interpretato secondo il diritto
romano, ma deve essere interpretato così com’è (quindi alla lettera). E se non si capisce il
significato delle parole occorre chinare i revisori dello statuto.
-Ancora i glossatori difendono il ius commune ritradendo o una normativa predominante in qunto è
una normativa Santa. Invece i reggitori replicano affermando che lo statuto è una normativa ancora
più Santa.
Questa contrapposizione sarà superata soltanto dalla scienza giuridica agli inizi del ‘300 con
l’affermarsi della scuola del commento.
A quel punto vedremo che i maestri commentatori che seguono i giuristi glossatori, riconosceranno
la priorità dello statuto sul diritto romano.

- Utrumque ius
- L’indissolubile coordinanza fra i due ordinamenti universali (Chiesa e impero) e i loro diritti
(diritto romano e diritto canonico)

Utrumque ius significa letteralmente “l’uno e l’altro diritto” dove si fa riferimento al diritto romano
e al diritto canonico.
Il concetto di utrumque ius di lega al concetto di ius commune in considerazione del fatto che il ius
commune comprende non solo il diritto romano giustinianeo ma anche il diritto canonico.
Dunque l’uno e l’altro diritto, il diritto romano e il diritto canonico, che sono per i glossatori due
diritti universali perché sono legati a due ordinamenti che sono universali: Chiesa e impero.
Due diritti che sono certamente distinti perché riguardano due sfere diverse. Il diritto canonico
riguarda la sfera spirituale mentre quello romano riguarda la sfera temporale però sono
indissolubilmente congiunti l’uno all’altro in quanto entrambi derivano da Dio.
- I giuristi post – accursiani:
- Un’età – ponte (1250-1300)
- Alberto da Gandino, un giurista pratico: il Tractatus de malefiicis e le Quaestiones statutorum
- Guglielmo Durante e lo Speculum iudiciale
- Rolandino da’ Passeggieri e la materia notorile: Summa artis notariae

I giuristi post - accursiani sono quelli che vengono dopo Accursio. E noi sappiamo che Accursio è
colui con il quale si conclude la scuola bolognese (Glossa Magna:lettura esegetica che accompagna
tutto il CI con la quale si conclude la scuola bolognese).
I giuristi che vengono dopo il 1250 che si inquadrano nel periodo che Cavanna definisce “età ponte”
non possono essere considerati glossatori ma neanche commentatori. Pertanto questi sono i
cosiddetti giuristi post - accursiani che si inquadrano in questa età ponte.
Essi hanno una precisa identità. Nel senso che studiano sempre il testo del CI, ma si preoccupano di
studiare il rapporto tra ius commune e ius proprio. Poi si dedicano anche a studiare materie che non
erano state prese in particolare considerazione fino a quel momento (es. materia criminale, notarile
e processuale)

ALBERTO DA GANDINO:
Lo possiamo considerare un giurista pratico. Originario di Crema (quindi Lombardo) fu pratico
perché non insegnò mai in alcuna università ma operò come giudice in alcune città dell’Italia
centrale. Poi lo vediamo anche come podestà nella città di Fermo (Marche).
Lo vediamo autore di opere riguardanti il rapporto tra ius commune e statuto con le “Quaestiones
statutorum”, ma in particolare ricordiamo l’opera “Tractatus de maleficiis” riguardante la materia
criminale.

GUGLIELMO DURANTE:
Fa una trattazione sulla materia processuale. Autore dello Speculum iudiciale (opera dedicata al
processo romano canonico).

ROLANDINO DE’ PASSAGGERI:


Autore di una trattazione a tutto campo che riguarda la materia notarile. La trattazione è nominata
Summa artis notariae.

- La scuola di Orlèans (XIII sec.)


- Un analisi esegetica più esaustiva volta alla ricerca della ratio della norma
- Jacques de Revigny, vescovo a Verdun
- Pierre de Belleperche, vescovo a Auxerre

Orléans è una cittadina non lontana da Parigi. Nel 1200 ad Orléans nasce e si afferma una scuola in
cui si studia il diritto della Chiesa, il diritto canonico.
In questa scuola vediamo che i maestri sono degli ecclesiastici e gli scolari sono anche loro degli
ecclesiastici.
Vediamo che nel 1235 il pontefice Gregorio IX consente che in questa scuola si possa insegnare
anche il diritto romano e non soltanto il diritto canonico.
Pertanto questa scuola diventa molto importante/formativa. Di fatto chi usciva da questa scuola di
Orléans era poi in grado di accedere agli alti gradi della chiesa, di fare quindi carriera improntar
nell’ambito della chiesa ma anche al servizio del re di Francia.
Vediamo che i maestri orleanesi procedono svolgendo quella che è un’analisi esegetica. Ovvero di
fatto anche questi maestri impegnano lo strumento della glossa, fanno quelle cose che facevano i
maestri bolognesi.
Però vediamo che questa analisi esegetica è molto più esaustiva/approfondita. Questo perché è si
un’analisi esegetica ma è volta alla ricerca della ratio della norma. Quindi la preoccupazione dei
maestri orleanesi risiede nella ricerca dello spirito/ragione d’essere di quella norma.
Questo è un punto molto importante perché questa analisi di conseguenza ebbe degli esiti
estremamente creativi. Ciò fu dato dal fatto che i maestri orleanesi una volta che hanno individuato
la ratio della norma la estrapolano, la tirano fuori, e la applicano a dei casi che non sono disciplinati
nell’ambito del Corpus Iuris ma che presentano forti analogie con casi che sono disciplinati nel CI.
In questo modo i maestri orleanesi giungono ad inventare delle norme nuove.
Quindi a dar vita a delle nuove disposizioni.
Esempio: nel CI mancava una norma che prevedesse l’obbligo da parte del marito di mantenere la
moglie. Dunque per configurare quest’obbligo che non c’era nel CI, i maestri orleanesi ragionano
sulla ratio di una norma presente nel CI che prevede che nel caso in cui la moglie muore, il marito
le deve dare un’adeguata sepoltura. Pertanto se il marito deve un’adeguata sepoltura alla moglie in
caso di morte, allora ne consegue che il marito deve dare di più alla moglie in vita. In questa
maniera desumono quell’obbligo rivolto al marito di dare gli alimenti alla moglie in vita.

-JACQUES REVIGNY (vescovo a Verdun) e PIERRE BELLEPERCHE (vescovo a Auxerre) sono


due ecclesiastici che oltre ad insegnare furono anche due vescovi. Tutte e due autori di importanti
letture al codice.

- La scuola di Orlèans:
- I maestri orleanesi: giuristi – filosofi
- Le sottigliezze filosofiche del pensiero aristoterico (Tommaso d’Aquino)

Questi maestri orleanesi li possiamo considerare come dei giuristi - filosofi. Questo perché vediamo
che i loro ragionamenti sono sempre molto filosofeggianti e vediamo che conoscono le sottigliezze
del pensiero aristotelico.
La cosa si spiega dal fatto che a quel tempo chi insegnava il pensiero di Aristotele a Parigi era
Tommaso d’Aquino.
I maestri orleanesi erano in contatto con quest’ultimo e da ciò ne consegue la loro conoscenza.
Quindi la loro conoscenza del pensiero aristotelico è conseguenza dei rapporti stretti con i frati
domenicani, tra cui c’era Tommaso d’Aquino che insegnava filosofia all’Università di Parigi.

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