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Giorgio Antei

STELE DI MARZO

Franco Maria Ricci


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Giorgio Antei

STELE DI MARZO
Fotografie di Walter Massari

Franco Maria Ricci

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“Io vi giuro, o peccatori, che nel giorno del sangue dissimile da una zucca intagliata; coboldo
e della dannazione, per voi sta preparato il castigo, centenario sgraziato e calvo o – mutando
voi che fate oggetto di culto le pietre” sguardo – totem, nume del foresto oppure uno
Libro di Enoch di quei geni di cui Esiodo dice:
“Aigles, aigles royales, avez vous donc une âme qui Essi sono, per volere del grande Zeus, demoni
s’attache à notre âme et la force d’aimer?” propizi, che stanno sulla terra, custodi dei mortali,
Lamartine (parafrasi) e osservando le sentenze della giustizia e le azioni
scellerate, vestiti di aria nebbiosa, ovunque
aggirandosi sulla terra, dispensatori di ricchezze:
19 Marzo 2020 questo privilegio regale posseggono.
Girovagando per le boscose colline che si
snodano lungo la sponda sinistra del Magra, Al viandante può anche capitare di assistere
può capitare di percorrere il sinuoso tragitto allo strano spettacolo (osservabile in marzo) di
che congiunge Licciana a Bagnone, e magari, un nibbio eretto sul sasso, che ne graffia con gli
giunti a metà strada, di imboccare la artigli la cuspide sferica, non con ferocia ma
deviazione che da Gabbiana porta a Cassolana, con piacere, come se dalla pietra traesse
un tratto ombroso e quieto di un chilometro o nutrimento e vigore, come se fra il rapace e
poco più. Chi vi si immettesse scorgerebbe a l’arenaria esistesse un’intesa segreta,
mano destra, non discosto dalla carrabile, un patteggiata al di fuori della comune realtà.
casale in pietra apparentemente disabitato che, L’amore dei rapaci per i macigni è riscontrabile
nonostante le superfetazioni, conserva ancora in altro luogo di questo scritto; per ora basti
buona parte della muratura originale. Le aggiungere che le strie sulla testa in questione
poche costruzioni si affacciano ad anfiteatro su formano una trama regolare, frutto di
una sorta di platea, sul ciglio della quale si movimenti ripetuti e ordinati.
trova una fonte convertita in abbeveratoio. A parte le strie, pietre del genere, in Lunigiana,
Forse a causa della solitudine del luogo, se ne trovano parecchie (non meno che in altre
accentuata da un silenzio quasi irreale, il regioni d’Italia). Vengono chiamate “faccioni”,
promeneur potrebbe avvertire una presenza non tanto per familiarità quanto perché,
spettrale non del tutto benevola, come se un essendo ritenute banali espressioni popolari,
occhio occulto vigilasse il suo curiosare. non hanno meritato un nome studiato e ancor
Attirato da un qualche richiamo, un uccello da meno indagini approfondite. A differenza dei
preda volteggia alto sul casale, ma il compito demoni esiodei i “faccioni” non dispensano
di sorvegliare gli estranei si direbbe non suo. ricchezze, non custodiscono i mortali e non
La casa disposta a dritta del semicerchio, quasi vestono aria nebbiosa: altro non sono che sassi
intatta, si erge su due piani ed è caratterizzata mal lavorati, poveri risultati della credulità
dalla tipica scala esterna sostenuta da un arco contadina, utili tutt’al più a cacciare il
a botte. È ad essa che il viandante dovrebbe malocchio. Ciò nonostante, nel loro schematico
volgere l’attenzione, centrandola in particolare sembiante sembrano riflettersi reminiscenze di
sul parapetto del ballatoio, più esattamente sul altre fattezze non meno scarne, incise su spesse
sasso che vi poggia sopra: un vecchio sasso lastre stondate di arenaria chiamate “stele”,
ovale di arenaria, non proprio un masso, sparse per il territorio lunigianese. Da tale
proveniente dal ruscello che corre somiglianza, si potrebbe desumere che fra gli
profondamente incassato fra erte selvatiche a uni e le altre esista una remota parentela, ossia,
poca distanza da lì. Osservandolo bene – il che che l’umile sasso del casale serbi un germe
richiederebbe di situarsi sul pianerottolo – si millenario, quello stesso che illo tempore dette
scoprirebbe che ha un davanti e un dietro, un luogo a uno dei fenomeni più interessanti della
sotto e un sopra; non solo, ma si scoprirebbe preistoria lunigianese (eventualità che
pure che la mano di uno scalpellino vi ha eleverebbe di molto lo status dei “faccioni”,
inciso dei lineamenti, o meglio, un abbozzo di rendendoli degni di figurare nei medesimi
scultura raffigurante un volto umano. musei che oggi ospitano le loro possibili
Non un bel volto, però, bensì una maschera antenate).
rozzamente ricavata da una pietra corrosa Da che mondo è mondo, i gentili hanno
dalla corrente di un affluente del Magra; ceffo scontato la difesa delle proprie credenze con il
paffuto dagli occhi tondi sporgenti, la grande sangue. A parte l’abiura, per evitarlo non è
bocca arcuata e il naso rettangolare, non rimasto loro altro rimedio che nasconderle o

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1. In un vicolo del vetusto borgo di Cervara si trova camuffarle. Astutamente, le religioni trionfanti prostrerai davanti a loro e non li servirai.
un “faccione” sui generis, insolitamente grande (ca. rifunzionalizzano il pantheon e i luoghi sacri Perché io, il Signore, sono il tuo Dio. Un Dio
70 cm di altezza per 50 di larghezza) e molto delle confessioni vinte; tuttavia, in non pochi geloso”.3 In un’altra occasione ribadisce: “Non
rovinato. Della bocca e del mento rimane ben poco, casi queste ultime risorgono irriconoscibili fatevi idoli, non erigetevi statue o stele; non
mentre del naso, smisurato, è visibile la traccia. Per
il resto, ha enormi zigomi rigonfi, occhi a mandorla
all’interno del tessuto stesso delle vincitrici. ponete nella vostra terra pietre lavorate per
infossati, ciglia sporgenti e fronte corrugata Che dire di quelle genti che, avendo ricevuto prostrarvi davanti ad esse. Io infatti sono il
sormontata da corna, queste forse aggiunte nel l’ingiunzione di distruggere le proprie Signore Dio vostro”.4 Quantunque vi fossero
tempo. Sembrerebbe la caricatura di un fauno, in immagini sacre, di fatto le distruggono e ne fedifraghi peggiori dei cultori delle pietre, si
particolare di Lupercus, invece è un esempio sotterrano i pezzi, riesumandole però sotto trattava comunque di un’usanza diabolica, per
significativo di sovrapposizione religiosa: le corna, forma di amuleti esibiti sfacciatamente con la cui ad Arles, nel 452, venne stabilito che “se
inequivocabile attributo del diavolo, sfigurano scusa della loro virtù apotropaica? nel territorio di un vescovo gli infedeli
l’immagine dell’arcaico daimon pagano,
riconducendolo nell’ambito dell’iconografia
Il potere della religione può sottomettere il accendono torce o venerano alberi, fonti o
cristiana, e in sostanza assoggettandolo; ciò pur paganesimo ma nulla può contro la pietre, e non aboliscono questa usanza, devono
consentendone, e fors’anche favorendone, l’impiego superstizione: con essa occorre patteggiare. In sapere che sono colpevoli di sacrilegio”.
magico. “Faccione” sui generis anche perché ha Lunigiana potrebbe essere accaduto qualcosa Tuttavia, due secoli dopo erano ancora
braccia e mani, in parte ancora visibili, circostanza di simile, tant’è che al cospetto di un innumerevoli i “rustici”, anche battezzati, che
che lo distingue dalle convenzionali maschere litiche, “faccione”, chiunque, e non solo i villici, “Deum verum nesciunt, ligna autem et lapides
facendone una specie di stele. penserebbe a un’immagine numinosa, venerata adorant”, e ciò, non ultimo, per la negligenza
2. Marco Battaglini, Istoria universale di tutti i perfino dagli accipitridi.1 dei vescovi.5
Concilii generali e particolari di Santa Chiesa, 1686 Attorno al casale, anteriormente circondato da Se il viandante, una volta salito sul ballatoio,
3. Esodo, 20,4 grandi castagni centenari, sorge un intrico di volgesse le spalle al sasso collocandosi di fronte
4. Levitico, 26 robinie spontanee, mentre dell’ameno all’uscio di casa, scrostato e sbarrato,
5. Gregorio Magno, Opera omnia: ad manuscriptos sottobosco si è impadronito un impenetrabile individuerebbe sul battente sinistro, a un
codices romanos, etc., ed. 1849 ammasso di rovi. L’ombrosa quiete d’un tempo metro e mezzo dal suolo, quattro fori, o
si è perduta, e scomparendo si sono zittite piuttosto depressioni, disposti a forma di croce.
quelle voci misteriose che cullavano lo In Lunigiana, le croci incise sulle porte, sugli
spuntare dei boletus edulis. Sono svaniti i stipiti o sulle stele sono piuttosto comuni e non
picchi e si sono dileguati gli allocchi; di rado vetuste (al punto da essere state
unicamente gli uccelli da preda volano nei considerate preistoriche da taluni studiosi). In
pressi, ma solo in primavera e solo in certi casi venivano tracciate come segni di
prossimità del casale. I taglialegna abusivi riconoscimento e appartenenza, in quanto,
hanno portato a termine inconsapevolmente attraverso il simbolo della croce, i focolari
un’opera iniziata in epoca paleocristiana, rustici (parlando dell’epoca paleocristiana)
quando i primi vescovi decisero di spianare il attestavano l’avvenuta conversione alla retta
cammino alla vera fede cancellando i segni dei fede. Altre volte però potevano assumere un
precedenti culti pagani, dedicati in particolare significato opposto ed indicare apostasia,
alle selve, alle fonti e alle pietre. “È troppo ovvero la rinuncia solo apparente alle credenze
doloroso – dichiararono riuniti in concilio – che pagane; paganesimo che fra gli agresti
i cristiani, condotti dalla superstizione di abitatori della Val di Magra s’identificava con
creder troppo ai cianciumi delle femminelle, l’animismo e la pratica della magia. In questo
escano dal sentiero della vera Fede, dandosi a senso, i citati fori sulla porta potrebbero
venerare arbori, et altre cose insensate: e corrispondere ai quattro chiodi con cui di tanto
perciò dichiararsi esser tutto ciò sacrilego, et in tanto veniva crocifisso un gufo (uccello
un atto empio di culto deferito al Demonio”.2 notturno perciò funereo) allo scopo di
Di fatto, onde mettere fine alla “saxarum dissuadere la morte dal varcare la soglia. Dalle
veneratio” e altre devozioni naturalistiche viscere dell’animale sacrificato venivano tratte
diffuse fra i discendenti dei Liguri-Apuani, i divinazioni ritenute efficaci per propiziare o
vescovi di Luni fecero tabula rasa dei boschi e contrastare eventi, cosa che alimentava
dei pietroni implicati. Gli dei supremi l’illusione di un futuro non tanto peggiore del
spregiano la fellonia sopra ogni cosa, anche presente. Ovviamente, la credulità allontanava
quando essa non corrisponde a vero i nuovi cristiani dal credo, risospingendoli
tradimento bensì solo a una consuetudine verso gli antichi errori. Fra questi il peggiore
eterodossa. Tuona Yahweh: “Non ti farai idolo non era la superstizione bensì l’idolatria, senza
né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo dubbio la più insidiosa delle trovate del
né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò diavolo. Appendere un gufo alla porta o
che è nelle acque sotto la terra. Non ti estrarne vaticini era una pratica insensata

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come tutti i rituali pagani, ma non perfida pochi gli integri. Oltre al deperimento naturale 6. Tertulliano, De Idolatria
come divinizzare un sasso. Sebbene la e ai danni accidentali, rotture e mutilazioni 7. Cfr. Paolo Lapi, “Ritrovamenti di Statue Stele a
distinzione fra superstizione e idolatria sia furono arrecate deliberatamente per ragioni Filetto all’inizio dell’800”. In “Studi Lunigianesi”,
incerta, ai tempi della cristianizzazione fu sulla spesso travisate dagli indagatori del passato. XIV-XV, Villafranca Lunigiana, 2015
seconda che corse più inchiostro. “Idolum Esemplare al rispetto è quanto scriveva don 8. A proposito del bosco di Filetto scriveva Ubaldo
aliquamdiu retro non erat – annota Tertulliano Vincenzo Natali nel 1821: “Anni sono, Formentini nel 1947: “È ora una grande selva di
– tamen idolatria agebatur, non isto nomine, scavando nel bosco nominato, ritrovaronsi castagni sfuggita al disboscamento generale subito
sed in isto opere”, ed è appunto per la sua moltissimi pezzi di macigno rappresentando dal fondo valle della Magra forse perché protetta
dall’uso immemorabile d’una sagra annuale che vi
natura equivoca e irriconoscibile che essa gl’idoli del gentilesimo, quali, è da pensare, celebravano in comune tutte le popolazioni della
alligna ovunque, oggi come ieri (“Nam et hodie che dai prodi abitanti fossero sotterra sepolti, Lunigiana. Era in passato immensamente più estesa...
extra templum et sine idolo agi potest”).6 dietro l’insigne riportata vittoria per non Un gruppo di stele è stato qui scoperto nel sottosuolo
Sempre, dappertutto, anche in Lunigiana. lasciar più memoria delle loro introdotte false della vetustissima chiesa plebana” (U. Formentini,
Deità”.7 Il bosco era quello di Filetto, del cui Le statue-stele della Val di Magra e la statuaria
21 Marzo 2020 comprensorio parrocchiale Natali era preposto; megalitica ligure, Bordighera, 1947)
A proposito di idolatria, Giorgio Manganelli la vittoria era quella mitica di Saltus Marcius, 9. Buchardus, Decretorum Libri Viginti, XX
compose anni addietro una stupefacente riportata dai liguri-apuani sulle legioni del
giaculatoria, dalla quale le stele lunigianesi console Quinto Marzio; i “pezzi di macigno”
escono tramutate in esseri animati di stampo erano chiaramente stele. Dalla frase del
inconfondibilmente umano: preposto si deduce che gli abitanti di Filetto,8 a
seguito del trionfo sui romani, per cancellare la
“Queste pietre sono capaci di ferocia e di memoria delle “false deità” imposte da costoro,
tenerezza, queste pietre sono pudiche, sono ne fecero a pezzi le effigi in forma di macigno
gelose, sono amorose, sono passionali, sono sotterrandone i resti. Tuttavia, la storia è ben
innamorative, queste pietre desiderano, diversa. Gli idoli infranti non erano romani e
sognano, temono, inseguono, uccidono; una ad interrarli non erano stati i Liguri-Apuani:
volta ogni millennio, queste pietre, al termine invece erano stele, ovvero antichissimi oggetti
di sette secoli di corteggiamento, si di culto propri della zona di Filetto, abbattute
congiungono”. controvoglia dai borghigiani recentemente
evangelizzati per ordine di questo o quel
Le lastre di arenaria, dunque, celerebbero un vescovo. In Lunigiana, ai tempi di don Natali,
cuore palpitante, in esse s’incarnerebbero allignavano ancora superstizioni e pratiche
sentimenti e pulsioni che nulla hanno a che apotropaiche millenarie (come l’impiego di
vedere con le rocce sedimentarie. feticci contro il malocchio); non solo, ma
Immaginazione poetica? Non solo. La storia sopravvivevano forme di devozione (come la
delle stele della Val di Magra, dalla loro venerazione dei castagni nella selva di Filetto)
fabbricazione, alla loro distruzione fino alla che Tertulliano e Gregorio Magno avrebbero
loro riapparizione, è densa di eventi collegati definito idolatriche. I gufi erano ancora affissi
ad aspetti religiosi, etnici e storiografici alle porte e i nibbi continuavano a volare in
piuttosto che geologici e petrografici. In tondo sui “faccioni”, ma i curati, in
principio, le stele sono macigni di arenaria confessione, non accudivano più al
sommariamente scolpiti risalenti a un’epoca “Penitenziale” di Burcardo, per cui domande
imprecisata, comunque assai remota, rinvenuti come queste non venivano più formulate: “Ti
in Val di Magra negli ultimi due secoli ed sei forse recato a pregare in posti diversi dalla
elevati, in particolare negli ultimi anni, a chiesa o da altri luoghi religiosi indicati dal tuo
vestigia di una civiltà locale dai forti connotati vescovo o dai tuoi sacerdoti, posti come fonti,
antropologici. Invero, l’interesse che li circonda pietre, alberi o crocicchi? E giunto colà, hai
è frutto in parte della convinzione che essi, pur forse acceso candele o fiaccole per devozione?
nella loro arcaica rozzezza, racchiudano in Se l’hai fatto, o l’hai permesso, tre anni di
embrione l’identità culturale della Lunigiana, penitenza nelle date stabilite”.9
una regione geografica e storica nettamente Ubaldo Mazzini intessé la sua congettura più
delimitata, ricca di consuetudini perspicace su un’iscrizione commemorativa
immemorabili. riguardante, per l’appunto, uno dei
L’importanza rivestita dalle stele in seno alle protagonisti della lotta all’idolatria, il vescovo
comunità preistoriche della Val di Magra è di Luni Leotecario o Leodegar, morto nel 752.
confermata dalla loro diffusione: non meno di Da essa risulta che l’abbattimento di stele, in
ottanta ritrovamenti, dei quali, purtroppo, quanto simboli di false deità, era ancora in

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10. Si legge nella lapide sepolcrale di Leodegar pratica in epoca longobarda.10 Ammettendo voci, assumendo il rischio che queste, messe a
(chiesa di San Giorgio, Filattiera): “Gentilium varia che le statue rinvenute nel bosco di Filetto confronto, si sfidino e si disdicano.
hic idola fregit / delinquentium convertit carmina risalgano all’Eneolitico (circa 2500 a.C.), Per cominciare, “statue stele” e “museo del
fide”. Cfr. U. Mazzini, “L’epitaffio di Leodegar, ciò significherebbe che furono oggetto di Piagnaro” sono due entità distinte, che
vescovo di Luni del secolo VIII”, in “Giornale Storico
della Lunigiana”, 10, 191911. Quantunque datato,
devozione per tremila anni filati, serbando rimandano a vicende diverse nel tempo e nello
il libro di Luisa Banti (Luni, 1937) contiene più o meno inalterato il primitivo simbolismo spazio, confluite solo di recente in un solo
osservazioni meritevoli di attenzione e religioso. A sua volta, una così lunga punto. A loro volta, da tali vicende sono
approfondimento come la seguente: “Proporrei di sopravvivenza attesterebbe la profondità delle sgorgate narrazioni, descrizioni, supposizioni e
considerare questi monumenti [le stele lunigianesi] radici della pietas lunigianese, ricalcandone il riscontri scientifici inconcludenti. Sebbene
come idoli di pietra... anche lo stato frammentario in carattere precristiano (se non paganeggiante). erigere l’alta torre della verità su questa babele
cui si trovano, interpretato dal Mazzini come una Ma erano davvero rappresentazioni di potenze di voci risulti impossibile, ciò non vuol dire che
“manomissione volontaria, avvenuta da parte dei
vescovi lunensi nei primordi del Cristianesimo per
astratte divinizzate? Se anziché effigi sacre si debba tacere. Sottratte al mistero, private di
combattere il culto delle pietre” è più comprensibile se fossero state lapidi commemorative o ritratti racconti, le stele tornerebbero ad uno stato
si tratta di idoli, perché la Chiesa romana non fece in funerari, scempiarli non avrebbe avuto senso.11 meramente litico, inermi pietroni scalfiti utili
generale distruggere i sepolcri o i monumenti che li D’altronde, se si fosse trattato di semplici tutt’al più come stipiti.
ornavano”. Aggiunge più avanti la studiosa: “Il statue votive, ne avrebbe avuto ancor meno. Oltre a richiamare l’attenzione sull’arte
concilio di Nantes, nel 658, ordinò che i menhirs, Una ragione vi sarebbe stata se avessero neolitica della Val di Magra, l’auge delle
oggetto di culto, fossero interrati dentro fosse celato significati esoterici analoghi a quelli stele, congiuntamente a quella del castello
profonde e che vi fossero eretti sopra degli oratori che gli umanisti fiamminghi del Cinquecento del Piagnaro, ha contribuito a ridestare la
cristiani. Questo lo riscontriamo a Filattiera, dove la
pieve fu costruita su tre frammenti di stele. Una festa ravvisavano nelle pietre runiche (e per cogliere memoria su eventi, tradizioni e credenze
tradizionale dell’Arcipretura di Vignola (Pontremoli) i quali si recavano in pellegrinaggio ovunque risalenti ai primordi della storia di Pontremoli.
mi sembra confermare la mia ipotesi. La vigilia della si trovassero). Tuttavia, per gli evangelizzatori Così, per esempio, è stata ripescata dall’oblio
festa di S. Croce (3 maggio) il popolo accende un del primo Medio Evo una cosa era l’idolatria l’irreperibile capitale dei Liguri-Apuani – Apua
gran fuoco sul piazzale della chiesa, in memoria, un’altra la superstizione: mentre la prima –, una delle fole divulgate dalla storiografia
dicono, dell’epoca in cui il popolo, abbracciata la doveva essere debellata a qualsiasi costo, minore cinquecentesca e secentesca a partire
religione cristiana, distrusse tutti gli idoli e li gettò nel sulla seconda, essendo intrinseca all’animo dalle falsificazioni di Annio da Viterbo (1437-
fuoco. In chìesa vengono distribuiti dei fantocci di
legno, detti pipini, che dovrebbero rappresentare gli
del popolo lunigianese, si poteva indulgere. 1502).12 Umanista dalle vaste conoscenze
idoli, ed i fedeli li depongono, pregando, sull’altare di Tutto ciò spinge a credere che per i primi antiquarie, questi, fra altri travisamenti,
S. Croce, riconoscendo in questa pratica un mezzo vescovi di Luni le stele, nel loro elementare volle accreditare l’identità Pontremoli-Apua
efficace per esser guariti dai vari mali. Alcuni di antropomorfismo, fossero non inermi simboli servendosi di improbabili autorità latine;13
questi “idoli” ricordano molto le statue stele più magici bensì simulacri diabolici, ancor più lezione che per altro fu accolta con favore
recenti”. pericolosi delle raffigurazioni marmoree delle dagli storiografi dell’epoca, per poi essere
12. A mo’ d’esempio si vedano le Memorie Historiche deità romane. Per Leotecario, e ancor prima smascherata nel secolo XIX. Scrivendo nel
di Fra’ Bernardino Campi, ca. 1716, “nelle quali per Venanzio, Terenzio e Severo – avrebbe 1905, osservava Pietro Bologna che alcuni
secondo la serie delli anni, e più antichi, et autentici detto Giorgio Manganelli –, incarnavano feti eruditi pontremolesi dei secoli XVI e XVII
Historici si contengono l’origine, e successi
memorabili dell’antica città d’Apua, hoggi
di numi procreati all’inizio dei tempi quando dediti allo studio della storia del loro paese ma
Pontremoli”. il mondo, e con esso la Val di Magra, era “privi affatto di ogni critica e allucinati dalla
13. Annio da Vierbo, Antiquitatum variarum
affollato di dei; quegli stessi enti che, essendosi vanità municipale, sognarono Apua, e la sua
volumina XVII a venerando & sacrae theologiae: & proposti di creare un uomo duraturo, lo distruzione, e la edificazione di Pontremoli
praedicatorii ordinis professore Io. Annio hac serie scolpirono in pietra una e più volte senza mai sulle sue rovine... seguitando poi ad imbastire
declarata, Parigi, 1512 riuscirci, finché sconfitti abbandonarono i insieme fatti veri e tradizioni favolose, con tale
14. Pietro Bologna, “La Storia di Pontremoli”, in macigni appena abbozzati e si misero in cerca sicurezza che fa meraviglia”.14 Ciò nonostante,
“Giornale Storico e Letterario della Liguria”, 1905. di un materiale più duttile. Le stele, in questa la “frenesia per Apua” è riaffiorata in tempi
Scrive ancora il Bologna sempre nella recensione prospettiva, sarebbero dunque i relitti muti di recenti – ahimè non solo per celia15 –, sulla scia
delle Memorie e documenti per servire alla storia di una creazione tentata e fallita. dell’entusiasmo medievalista e del rinnovato
Pontremoli di Giovanni Sforza: “Sulla origine di culto delle stele.
Pontremoli si scrissero molte favole, ed anche si
fecero molte congetture più o meno erudite. Frate
19 Febbraio 2020
Annio da Viterbo che dette alla luce alcuni frammenti Le storie vanno in coppia ma raramente 20 Giugno 1960
di antichi scrittori, inventati da lui, per quanto cantano all’unisono. Più spesso cercano di A Pontremoli, nel 1960, non erano più i tempi
sembra ormai accertato ; li annotò, chiosò e sopraffarsi l’un l’altra allo scopo di affermare in cui con par unum gallinarum bonarum in
commentò largamente. Fra gli altri riporta un brano la propria singolarità. Pur mal sopportandosi, festo Nativitatis Domini si rinnovava l’enfiteusi
di Marco Catone, ov’è scritto: Macram ad cujus da sole non bastano: per fare una vera storia di un podere; tuttavia, a parte il Premio
fontes est Apua oppidum.... e quindi annota: nunc ne occorrono per lo meno due, come il dritto e Bancarella (che per altro si svolgeva senza
Pont Remuli dicitur. Molti scrittori, tra’ quali il rovescio di una medaglia. La vicenda delle clamore), la cittadina aveva ben poco da offrire.
Raffaello Maffei di Volterra, e i Sarzanesi Landinelli
e De’ Rossi abboccarono all’esca, e si fecero statue stele del museo del Piagnaro non fa Forse anche per questo i viaggiatori che vi
eccezione: la si può raccontare soltanto a più giungevano in treno, anziché affrettarsi verso il

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sostenitori di Apua, appoggiandosi anche ad una borgo, si dilungavano sulle banchine della 20 Dicembre 1959
falsa iscrizione che si diceva esistente (ma non ha stazione, per l’esattezza su quella prospiciente il Successe dunque che un cacciatore senza
mai esistito [sic]) in una torre di Pontremoli, nella primo binario. Ad attirarli era una grande scrupoli, aggirandosi in quel di Comano, sparò
quale, fra gli altri versi, si leggeva il seguente: Apua voliera ottagonale non dissimile da altre gabbie alla nostra aquila, la quale stramazzò al suolo
sum quondam Marco celebrata Catone. Cosa ne
pensassero i cronisti Pontremolesi si è già detto: essi
disposte in altre stazioni, fatta eccezione per un moribonda. Intenzionato a ricavarne un trofeo,
composero subito una leggenda, nella quale neppure particolare: vi era rinserrata un’aquila reale, l’uomo ne avvolse il corpo esanime in una rete
manca l’episodio romanzesco di una bellissima una vera chrysaetos dal piumaggio scuro, alta e da uccellagione e, raggiunta La Spezia, lo
fanciulla della famiglia Villani (fra le prime e più possente. Se ne stava impettita, scontrosa, il affidò al Custode dei musei civici, che, oltre a
illustri del luogo) che riuscì ad innamorare il becco leggermente dischiuso, gli artigli inquieti svolgere mansioni di naturalista preparatore
capitano di una legione di Goti, ivi lasciata di piantati su un finto tronco d’albero, i tondi occhi avventizio, ogni tanto imbalsamava in proprio
presidio dal Re Alarico, un certo Trepunzio; il quale fissi nel nulla. Fra coloro che non si stancavano per sbarcare il lunario. Questi però non volle
d’accordo colle più potenti famiglie della vecchia
Apua, che si erano rifugiate nei castelli dei monti
di rimirarla vi erano gli alunni pendolari delle saperne di sopprimere l’animale e, pur
vicini, riedificò Pontremoli col materiale e sulle rovine scuole superiori locali, ed è appunto ad essi che rendendosi conto della gravità delle ferite, si
di quella”. venne in mente di battezzarla “Simeone”, come dedicò a curarlo: ne ricucì lo squarcio che
15. Si veda la voce “Pontremoli” in Wikipedia. Nella l’omonimo Stilita; ciò perché erano accomunati attraversava il petto, steccò l’ala destra
pagina web del Comune si legge: “L’ipotesi che – l’aquila e l’anacoreta – dallo starsene ritti su fratturata, ne fasciò il tronco e da ultimo lo
Pontremoli corrisponda alla leggendaria Apua, un pilastro (o tronco che fosse). Somiglianza ripose in una scatola. L’aquila sopravvisse. Per
capitale dei Liguri Apuani, è assai fondata e già la bislacca, a dire il vero, perché lo Stilita era qualche giorno se ne stette acquattata
tradizione umanistica aveva avanzato questa rimasto sulla sommità della colonna tutti quegli nell’improvvisato ricovero, poi, con visibile
ipotesi”. anni sua sponte, mentre l’animale vi era stato sforzo, cominciò a muovere l’arto leso. Non
16. William Blake, “The Marriage of Heaven and collocato a viva forza. Una didascalia su passò molto che poté sbatterlo, e fu uno
Hell” (1790–1793), Proverbs of Hell, 51. cartoncino alla base della gabbia riportava brevi spettacolo confortante vederla aprire le ali fin
dati ornitologici e, appena sotto, una frase quasi a coprire tutta una parete del laboratorio
scarabocchiata da un viaggiatore anglosassone: di tassidermia. Seguì un breve svolazzo, poi
altri, sempre nel chiuso del vasto seminterrato
When thou seest an eagle, thou seest a portion che ospitava il locale. Cinque gradini
of genius; lift up thy head!16 conducevano dal laboratorio ad uno stretto
cortile, che a sua volta, superato un grande
“Alza la testa!” Era un bel dire, oh lettore! Lo cancello in ferro battuto, immetteva su strada.
spettacolo offerto dalla più libera ed aerea Contro le pareti lunghe del cortile erano
delle creature incatenata ad un ceppo di ammassati svariati reperti di provenienza
cemento era quanto di più miserevole si lunense, dominati da un bassorilievo
potesse immaginare. Eppure, fra i perditempo cinquecentesco di grandi proporzioni
che scrutavano il volatile attraverso la rete raffigurante San Giorgio e il Drago. Un giorno
metallica non circolava commiserazione, bensì l’aquila, approfittando della disattenzione
trepidazione e astiosità, quasi si fosse trattato dell’imbalsamatore, raggiunse il cortile e a
dell’incarnazione del male. Non era forse balzi s’inerpicò fin sulla cuspide del cimiero del
un’aquila reale quell’Aetos Dios caro a Zeus santo. Vi rimase a lungo, graffiando il marmo
che fu inviato a rodere il fegato a Prometeo con gli artigli, poi spiccò il volo... dando
incatenato? ragione all’aforisma di Hugo von
Solo l’appuntato Mancino, della PolFer, Hofmannsthal secondo cui “l’aquila non può
guardava l’aguglia con occhi compassionevoli, levarsi a volo da piano terra; bisogna che
e ciò non solo perché la alimentava, essendone saltelli faticosamente su una roccia o su un
ripagato con istintiva gratitudine, ma anche tronco d’albero: ma di lì si lancia alle stelle”. Il
perché ne conosceva la vicenda; vicenda che, se rapace però, incapace di levarsi oltre il
interpellato, riferiva con spiccato accento cancello, si posò sul davanzale di una finestra
romanesco. Dal suo racconto – e qui, oh del secondo piano, rientrò nello stabile e non si
paziente lettore, si voleva arrivare – emergeva sa come pervenne al vestibolo.
un contorto legame fra l’aquila ingabbiata e Non era quello uno stabile qualsiasi bensì
certi antichi macigni ammucchiati nel museo Palazzo Crozza, edificio ottocentesco
della Spezia... una connessione a prima vista apprezzato non da ultimo per l’imponente atrio
improbabile eppure significativa, o se si vuole neoclassico, sostenuto da colonne e pilastri.
allusiva, visto che potrebbe aver messo in Dopo aver svolazzato qua e là, l’aquila si
marcia la sequenza di avvenimenti che appollaiò per l’appunto sul capitello ionico del
portarono alla creazione del Museo delle statue piedritto sovrastante lo scalone e il leone
stele del Piagnaro. marmoreo che lo fiancheggiava (ex raccolta

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Fabbricotti già Gropallo).17 Nel 1960 il palazzo inizialmente il nome “statue-menhirs” sulla 17. Il leone è oggi esposto nel museo archeologico
ospitava la biblioteca e i musei civici, suddivisi scia dell’Abbé Hermet, che aveva chiamato “Ubaldo Formentini”, assieme agli altri pezzi della
in archeologico, etnografico e di storia così gli analoghi reperti francesi (adducendo raccolta Fabbricotti.
naturale. Richiamato dalle grida dei che dovevano distinguersi dalle stele perché 18. Cfr. “Les Statues-Menhirs de l’Italie (d’après les
frequentatori, accorse il Custode, che, armatosi non ne assolvevano le specifiche funzioni). travaux de M.Mazzini)”, in “La Revue Prehistorique.
di una canna, fece sloggiare il volatile. Talune caratteristiche delle statue raccolte Annales de Palethnologie”, V, 1910
Tuttavia, non ci fu modo d’indurlo a tornare dall’Abate nella regione Aveyron-Tarn-Hérault
nello scantinato, anzi ad un certo punto erano riscontrabili altresì nei reperti di
scomparve, per cui si pensò che avesse Pontevecchio (“Ces statues présentent de
imboccato il grande portone di quercia e si grandes ressemblances avec les stèles
fosse lanciato alle stelle. Solo il mattino dopo italiennes, non seulement au point de vue de
apparve chiaro che l’aquila, anziché fuggire, si l’art, mais aussi quant à destination du
era spostata nella Sala C del museo monument qui devait rester debout, droit et
archeologico, scegliendo come sostegno una isolé sur le sol”).18 Secondo Mazzini, confortato
delle stele di Pontevecchio, non una qualsiasi dal parere di Hermet, ciò consentiva di
ma precisamente la VII. stabilire la continuità di forme d’arte
manifestatesi in aree geografiche anche non
25 Aprile 2020 adiacenti. In particolare, il raffronto con i
Discostandoci per un momento dal racconto reperti francesi permetteva di rilevare la
dell’appuntato, occorre sapere che le nove persistenza d’un tipo schematico e
statue di Pontevecchio, località sperduta nel convenzionale della figura umana destinato a
comune di Fivizzano, rivestivano la massima perpetuarsi fino all’età dei metalli.
importanza per due ragioni: sia perché nel loro
genere erano i pezzi più significativi fino ad 26 Aprile 2020
allora rinvenuti in Lunigiana, sia perché il Quantunque al lettore possa sembrare
comune di La Spezia aveva sborsato una innecessario, per afferrare il senso degli eventi
somma considerevole per assicurarseli (in connessi all’evasione del nostro accipitrida e
realtà si era trattato di sole cinquecento lire, delle ripercussioni che essa ebbe sul museo del
ma agli occhi degli spezzini, alla fin fine liguri, Piagnaro, è necessario attardarsi ancor più
era parso un capitale). Un valore aggiuntivo sulle stele della Sala C. Talvolta nei dettagli si
era rappresentato dalle vicissitudini nasconde il diavolo ma più spesso vi si cela il
attraversate dalle statue nel mezzo secolo buon Dio, e nel nostro caso, in considerazione
trascorso dalla loro scoperta e, come se tutto dell’esito della storia qui riportata, è lecito
ciò non fosse bastato, nei mesi precedenti credere che certi particolari rivelino un disegno
erano state oggetto di un originale e laborioso provvidenziale. Il primo di essi riguarda
riordinamento museografico. Su di esse si precisamente il ritrovamento delle stele di
erano cimentati archeologi di chiara fama, Pontevecchio, e ciò perché la notorietà da esse
senza però giungere ad un accordo su nessuno riscossa a seguito dell’acquisizione da parte del
degli aspetti salienti. Sebbene fossero comparse Museo Civico, sommata all’interesse risvegliato
oltre mezzo secolo prima, la loro funzione e il negli archeologi, portò alla ribalta un
loro significato permanevano oscuri, per tacere fenomeno – le statue stele lunigianesi – fino ad
della datazione, in sospeso fra l’età del Rame e allora pressochè ignorato. Sebbene tardassero a
del Bronzo, ma con ipotesi che le facevano manifestarsi, le conseguenze della loro
risalire al Neolitico o discendere all’età del apparizione furono rilevanti, con riflessi di cui
Ferro. Dal punto di vista paletnologico, siamo testimoni ancor oggi. Questo, tuttavia,
all’origine celtica veniva contrapposta la ligure, non vuol dire che la storia delle statue stele
all’etrusca l’apuana, ecc. Il rinvenimento si della Val di Magra fosse cominciata nel 1905,
produsse nel 1905, ma Ubaldo Mazzini, quando nove di esse vennero scoperte piantate
valente studioso oltre che direttore della di prospetto in mezzo a un quadrato d’una
biblioteca e dei musei civici di La Spezia, poté ventina di metri quadri di terra nerissima e
esaminare il materiale solo tre anni dopo. pastosa come il burro, spessa forse venti
Intesone il valore, pubblicò un resoconto della centimetri. Quando il Mazzini redasse la citata
scoperta in una memoria intitolata “Statue- memoria, prese spunto non dal gruppo di
Menhirs della Val di Magra” (1908), seguita Pontevecchio bensì da altri quattro reperti,
da un articolo sulla parigina “Revue affiorati nel corso dei precedenti ottant’anni.
Prehistorique” (1910). Il Mazzini adottò Verso la fine dell’anno 1827, ricorda l’autore, il

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19. U. Mazzini, “Monumenti celtici in Val di Magra”, campo degli eruditi venne messo a rumore per spezzine adempivano a funzioni funerarie: le
in “Giornale Storico e Letterario della Liguria”, IX, il ritrovamento nel territorio di Zignago, presso medesime delle stele di Pontevecchio, “di cui
1908 il fiume Vara, di “un cippo di pietra arenaria rappresentavano il tipo più arcaico e
20. L’ipotesi “funeraria” di Mazzini fu avallata da scolpito in forma di una rozza figura umana, rudimentale”.20
archeologi come Arturo Issel, che nel 1908 scriveva: portante una breve scritta in caratteri etruschi
“Malgrado qualche divergenza sorta da principio arcaici, incisi dall’alto in basso, e da dritta a 28 Aprile 1960
circa il significato di siffatti cimelii [le stele della Val
di Magra”] e quantunque accanto ad alcuno di essi sinistra”. L’interesse degli eruditi era filologico, Perché il nostro rapace si era posato su una
non sia stato scoperto un sepolcro propriamente per cui si concentrarono sulla scritta, specifica stele di Pontevecchio, la settima delle
detto o qualche oggetto che possa considerarsi con trascurando ogni altro aspetto. Il Mazzini, che nove (anzi otto) infisse nel riquadro sabbioso
certezza come suppellettile sepolcrale, è ormai aveva ragguardevoli conoscenze storiche ed che, delimitato da un basso muretto, si
accolta senza contestazione dagli archeologi più etnologiche, esaminò la statua dal punto di estendeva lungo il lato sinistro della Sala C, ad
competenti l’interpretazione secondo la quale si vista iconografico, comparandola con altre tre imitazione, si sarebbe detto, di un famedio?
tratta di monumenti funerari destinati a stele rinvenute in Lunigiana a fine Ottocento. Quel mattino se lo chiesero un po’ tutti, senza
contrassegnare all’esterno l’ultima dimora di defunti,
ed anche a ricordare, il più delle volte in modo assai
Nel suo scritto, le stele di Pontevecchio per altro trovare una risposta univoca. Forse
imperfetto, che può dirsi convenzionale od anche compaiono in una lunga nota aggiunta in corso l’istinto aveva spinto il volatile sulla medesima
schematico, la figura e talvolta gli attributi dei morti di stampa, ove si legge: strada imboccata per intuito da Mazzini
che si volevano additare alla reverenza dei nell’accogliere la significazione funeraria delle
superstiti”, cfr. A. Issel, “Liguria preistorica - Note “L’aver trovato sparsi in vari punti della statue; o forse ad attirarlo era stata la loro
supplementari”, in “Atti della Società Ligure di Lunigiana parecchi di questi monumenti mi ha disposizione, modificata da poco e resa
Storia Patria”, XL, 1908. spinto a continuare nelle ricerche, che non sono particolarmente evocatrice, oppure l’aura che
21. Cfr. Istorie Romane di Dione Cassio Coccejano riuscite senza resultati; anzi, hanno dato una le avvolgeva, o l’oscurità in cui la Sala C era di
tradotte da Giovanni Viviani, Milano, 1823 messe più grande di materiale, e, per certi norma immersa. Restava il fatto che l’uccello si
rispetti, di maggiore importanza. Il era innalzato fino all’alto soffitto affrescato
conservatore di questo Museo Civico, signor G. dello scalone (di mano di Agretti, raffigurante
Podenzana, poté sapere che in una località del una fanciulla discinta contornata da un
Fivizzanese erano state recentemente scoperte corteggio di putti su uno sprazzo di cielo
alcune pietre, che da una sommaria descrizione azzurro), e lì aveva compiuto tre volute prima
mi parvero analoghe a quelle che abbiamo ora di planare verso l’ingresso del museo
studiato [nella memoria]; e recatici sul posto, le archeologico; dal che si deduceva che l’aguglia
nostre supposizioni furono pienamente era penetrata nella stanza senza quella
confermate. Un proprietario de Ponte Vecchio decisione che ci si sarebbe potuti aspettare se a
di Cecina, nel ridurre a coltivazione un poggio guidarla all’incontro della Pontevecchio VII
piantato a castagni nella località denominata i fosse stato uno slancio inequivocabile. La
Bociari, sulla destra del rio di Navola... mise prima ipotesi, indubbiamente dotta e
allo scoperto fino dal febbraio del 1905 un suggestiva, si fondava sulla premessa che le
allineamento» di stele di diversa dimensione. aquile rivestono non di rado un simbolismo
Erano ancora tutte in posto, piantate ritte funerario, legato alla morte intesa come
l’una appresso l’altra, a brevissima distanza transito verso la rigenerazione; premessa a sua
fra di loro in una fila disposta da levante a volta basata su un brano di Dione Cassio
ponente. Sopra di esse si elevava il terreno per relativo alle cerimonie funebri svoltesi in onore
un’altezza di due metri.”19 dell’imperatore Augusto nel 14 d.C.:

Per Mazzini non sussistevano dubbi: si trattava “I centurioni di poi, secondo l’avviso del
di cippi funerari collocati su tombe ad Senato, prese delle faci, accesero il rogo: e
inumazione, coperti a loro volta con uno spesso mentre questo incendiavasi un’aquila fatta
strato di terra; convinzione, però, priva del uscire da esso spiegò in alto il suo volo, quasi
conforto di suppellettili funebri o di avanzi di che portasse in cielo l’anima d’Augusto.” 21
ossa umane o di ceneri… Niente salvo una
remota somiglianza con altri due cippi, l’uno Emergendo dalla pira che lo avvolgeva
aniconico l’altro vagamente antropomorfo, l’uccello volò via strappando al fuoco lo spirito
rinvenuti a La Spezia nel 1886 durante lo di Cesare, affinché si reincarnasse. Sul piano
scavo di uno dei bacini dell’arsenale militare a simbolico, il nesso fra l’aquila, la fenice e le
ben dodici metri di profondità. Assieme alle stele non poteva essere più evidente: non erano
due lastre di arenaria (poi scomparse) furono forse queste ultime segni di morte e di rinascita,
riesumati “avanzi scheletrici umani”, a fenici di arenaria atte a rappresentare ed
conferma, secondo Mazzini, che le due stele auspicare la perpetuazione del ciclo naturale?

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22. U. Formentini, “Le statue stele della Val di Magra In merito non vi potevano essere dubbi, uccello”. Anche Formentini avrebbe desiderato
e la statuaria megalitica ligure”, in “Rivista di Studi com’era indubbio che l’accipitride si era posato ricevere in dono postumo le ali, o quanto meno
Liguri”, 14, 1948 sulla Pontevecchio VII perché vi aveva essere premiato con l’inveramento della sua
riconosciuto qualcosa di familiare. (Quindici supposizione secondo cui le stele lunigianesi
23. Schema simile al “tipo schematico e anni dopo, quando giunse a Pontremoli per avrebbero avuto origini preellenicche,
convenzionale della figura umana” formulato da inaugurare il museo del Piagnaro, Giovanni sull’impronta dei kolossos micenei rinvenuti a
Ubaldo Mazzini, con la differenza che questi non Spadolini, fiammante ministro dei Beni Dendra nel 1931:
ipotizzò l’impiego di maschere e ornamenti mobili.U. Culturali, chiese notizie dell’uccello, echi del
Formentini, op. cit. quale erano giunti nella capitale; al che – “È possibile che l’idea, l’iniziazione rituale e la
guarda caso! – gli fu risposto: “Dove sia nessun formula artistica delle statue liguri siano un
lo sa”). Come si vedrà nel prosieguo del messaggio venuto alle prode del Mediterraneo
racconto dell’Appuntato, fu appunto questa la occidentale, in Italia, in Francia, dal mondo
spiegazione data dal Professore. preellenico?.” 22

29 Aprile 1960 Le due stele di Dendra, sommariamente


Quando l’aquila serrò gli artigli sulla sommità antropomorfizzate, erano state interpretate da
convessa della Pontevecchio VII, scalfendola in Axel Persson, lo scopritore, come cenotafi di
modo tale che otto strie sono tuttora visibili, Achei morti in spedizioni lontane, destinati ad
ambedue le idee fondanti della teoria attirare e sostenere le loro anime, quasi fossero
mazziniana delle stele – l’origine celtica e la duplicati. Forse l’essenza delle stele della Val di
funzione funeraria – erano state impugnate da Magra (e dell’Aveyron e del Tarn, etc.) era
numerosi esperti nella materia. In primis vi si proprio l’idea di substitutum, tentennava
era opposto Ubaldo Formentini, il medievalista Formentini. Pur appartenendo ad una fulgida
e storico dell’arte che nel 1923, deceduto civilizzazione, sebbene sul suo declino, i colossi
all’improvviso Ubaldo Mazzini, gli subentrò di Dendra altro non erano che pietre squadrate
nella direzione della biblioteca e musei con minimi richiami antropomorfi. E se tale
spezzini. Dotato di vaste conoscenze, fine rusticità avesse sottinteso l’uso di elementi
intelletto e tenace spirito critico, costui, pur mobili appesi ai macigni quali attributi
non essendo archeologo, aveva a sua volta ornamentali e simbolici? “Quando l’arte
elaborato una propria teoria. Ad essa si deve s’impadronisce dell’idolo magico, traduce plus
forzosamente far riferimento alla luce dei minus nella pietra i suoi complementi
riflessi che potrebbe avere avuto sulla scelta liturgici”, di rado “l’artefice riesce a comporre
dell’accipitride e, di rimando, sul racconto tutti gli elementi in armonia con la figura
dell’appuntato, tanto più che la finestra umana, talora un solo oggetto gli basta a
attraverso la quale l’aquila si era introdotta nel significazione del tutto”. Inoltre, meditava
palazzo dava sulla Sala F. Per trentacinque Formentini tornando su una congettura che gli
anni, le cogitazioni di Formentini si erano era cara, “le stele primitive aniconiche
svolte proprio all’interno della Sala F, una poterono portare una maschera fittile o lignea,
stanza ombrosa, le pareti ricoperte di scaffali o permanentemente, o in occasione di date
contenenti incunaboli e cinquecentine e, su cerimonie”. L’impiego di maschere in seno alla
leggii ad essi addossati, sette smisurati corali società protoligure sembrava confermato dalle
miniati dalle solidissime legature. Oltre ad una stele di Pontevecchio, i cui lineamenti, lungi
grande scrivania, la Sala F conteneva una dal basarsi sull’osservazione diretta delle forme
poltrona Frau di cuoio verde, ed era appunto umane, riflettevano uno schema ricevuto per
adagiato su di essa che lo studioso amava tradizione.23 Suffragate da copiosa erudizione,
riflettere. Immobilizzato su una poltrona le ipotesi di Formentini intendevano sciogliere
identica, ma ubicata nell’abitazione privata al un interrogativo centrale, già alluso sopra:
terzo piano del medesimo stabile, Formentini
trascorse poi gli ultimi mesi di vita, alternando “Si domanda se primariamente... l’intera area
l’ascolto della radio a stentate conversazioni delle statue liguri non sia stata investita
con colleghi in visita, oppure citando la congiuntamente da un influsso estraneo che
Periegesi (aveva una memoria prodigiosa) abbia portato da lungi l’idea religiosa e
laddove si dice che “Cicno, un musico, regnò artistica in esse contenuta.”
sui Liguri al di là dell’Eridano, oltre la terra
dei Celti, e dicono che, dopo morto, per volere Il sillogismo con cui si propose di risolvere il
di Apollo egli fosse stato trasformato in quesito era logicamente impeccabile: essendo

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l’area di diffusione delle stele in massima parte 30 Aprile 1960 24. U. Formentini, op. cit.
litoranea ed insulare (midi francese, Corsica, L’idea di un museo di antichità lunigianesi in 25. Ibidem
Lunigiana); essendo di conseguenza centri quel di Pontremoli fu concepita a La Spezia,
marittimi i fuochi primari della più precisamente in Corso Cavour 251, piano
manifestazione, “l’ipotesi da noi formulata terra rialzato, Sala A, ovvero nella stanza
d’un apporto del Mediterraneo orientale d’angolo che fungeva da gabinetto di
acquista un fumus bonis juris”. Più paletnologia oltre che da ufficio del Professore
esplicitamente, Formentini riteneva accertato (appellativo riservato dai subalterni al
che, sulla fine dell’Eneolitico o agli inizi del responsabile del museo archeologico, Romolo
Bronzo, le vecchie popolazioni della Val di Formentini; il titolo di Direttore spettava alla
Magra avessero ricevuto dal mare il simbolo memoria di Ubaldo, suo padre). La Sala A era
antropomorfo e l’idea espressi nelle stele, illuminata da due grandi finestre, l’una esposta
trasferendoli, già nella prima età del Bronzo, a levante, su corso Cavour, l’altra a
nell’interno della valle; ciò seguendo “una via mezzogiorno, sull’angusta via Curtatone (non
preistorica, non priva di testimonianze più di sei metri di larghezza marciapiedi
letterarie, che, per duplice tratto venendo da compresi, tant’è che dai poggioli del caseggiato
Lucca e da Luni, si unificava nella valle antistante si godeva della veduta di buona
dell’Aulella, dirigendosi per il passo del parte del museo). Le pareti restanti erano
Bratello alla valle occidentale del Po”. Sempre occupate pressoché interamente da due stipi in
nei riguardi delle stele lunigianesi, il nostro legno chiaro costituiti da 150 cassetti ciascuno.
studioso si fece anticipatore di non poche Oltre agli stipi (ov’era serbata buona parte dei
acquisizioni teoriche e metodologiche frammenti fittili della raccolta Fabbricotti), il
successive, come, per esempio, la suddivisione mobilio comprendeva un grande tavolo
delle stele in gruppi (“Le stele della Val di ingombro fino all’inverosimile di minuti reperti
Magra si distinguono a grandi tratti in due neolitici e una scrivania zeppa di libri. C’erano
gruppi, aventi forse una diversa significazione Lévi-Bruhl, Malinowski, Propp, Frobenius,
culturale, sebbene senza dubbio geneticamente Jung, e c’erano ovviamente Eliade, Kerenyi e
uniti: a) del Bronzo, b) del Ferro inoltrato...”), de Martino (c’era pure Il giovane Hegel di
poi ripresa da Augusto Ambrosi. A partire da Lukács, ancora odoroso di stampa). Ma ciò che
detta suddivisione, Formentini propose una attraeva maggiormente l’attenzione, dato il
seconda fondamentale distinzione fra i contesto, erano i primi due volumi de L’uomo
Protoliguri del fondo valle, artefici delle stele senza qualità e Il giovane Holden (o per
del primo gruppo, e i Novi ligures, ovvero gli meglio dire, Vita da uomo , edizione Casini,
Apuani, sopraggiunti ad età del Ferro avanzata con il ritratto di Roulin in copertina). Altre
e stanziatisi sulle montagne: pacifici e costituiti presenze erano costituite dal pulviscolo che
forse in matriarcato i primi, non così i secondi, danzando nell’aria rallegrava la stanza nelle
notoriamente bellicosi e androcentrici. giornate di sole e dal gatto nero, che se ne
Differenze di fondo, che per altro non appropriava dal sabato pomeriggio al lunedì
impedirono che le due etnie addivenissero a un mattina.
accordo, secondo il quale i nuovi arrivati,
“preso possesso della vetusta istituzione Era il 1960. Nell’ultimo anno e mezzo il Museo
religiosa rappresentata dalle statue stele”, archeologico era stato oggetto di notevoli
riconobbero nei primitivi abitatori e artefici i riforme, fra cui l’annessione di una nuova Sala
depositari d’un potere di natura religiosa e (aimè cupa nonostante i lampi bianchi dei
magica.24 frammenti lapidari affissi alle pareti), la
Ma quale il significato, quale la funzione delle risistemazione della sezione numismatica e il
statue stele? Non lapidi funerarie o restauro di un grande mosaico marmoreo
commemorative, non cippi di confine, non ovale, raffigurante una nereide in groppa a un
simulacri di divinità, non espressioni votive, mostro marino. Ritrovamento fra i più
bensì petrei sostituti di re e sacerdoti, duplicati apprezzati degli scavi lunensi, l’opera era stata
predisposti in funzione del prolungamento in mostra a villa Colombarotto, a Carrara,
della regalità terrena oltre la morte, per far sì finché la collezione Fabbricotti non fu
che, protraendosi senza termine di tempo la acquisita dal Museo, nel 1938. Quivi era
vita dei sovrani defunti, essi potessero giunta integra, ancora saldata al supporto
continuare ad “ispirare, tutelare, reggere sub originale, tale com’era stata scoperta a fine
sole le azioni umane”.25 Ottocento; ciò nonostante, nel 1960, non la era

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26. Cfr. Manoscritto Fabbricotti: “La testa e il corpo più: la parte inferiore della figura, all’incirca richiamato all’inizio della guerra e, dopo aver
sono appena abbozzati e al posto degli occhi, della un terzo del mosaico, era stata impietosamente prestato servizio nella difesa antiaerea del
bocca e del naso, stanno segni infantilmente rimpiazzata con grigio cemento. Fra i lavori di golfo, in quel momento lasciava Valona a
scolpiti”, in E. Dolci, Splendida Civitas, Sarzana, rimodernamento, particolarmente impegnativa bordo di una nave ospedale. Poiché la sua
1988
era stata la ricollocazione della sezione famiglia era sfollata nell’entroterra parecchi
megalitica, progettata dal Professore sulla base mesi prima, la notte fra martedì 13 e mercoledì
di un originale impianto scenografico, onde 14 aprile 1943 l’ex convento era vuoto... se si
renderla suggestiva ed evocatrice (impianto poi eccettua Leonetto, il benamato cane da
adottato da altri musei). Le stele di guardia. Nei quattro giorni successivi la città
Pontevecchio, per esempio, ora sembravano seppellì i morti, curò i feriti e fece un primo
emergere, allineate e ordinate per altezza, da bilancio delle distruzioni subite; poi, quand’era
una spessa coltre sabbiosa (in mancanza di da poco trascorsa la mezzanotte di domenica
muschio e suolo ferace), una selva di arenaria 18, patì un secondo bombardamento, molto
che ricordava il vecchio cimitero ebreo di più funesto e disastroso del primo. Le bombe
Praga. In effetti, anche le lapidi piovvero sul centro storico già martoriato,
quattrocentesche del sepolcreto praghese frammiste a spezzoni incendiari che causarono
avevano la forma squadrata, stondata sulla decine di conflagrazioni. L’ex convento di
sommità, tipica delle stele lunigianesi più Santa Chiara fu ridotto in macerie e Leonetto,
rozze; quantunque, a differenza di queste, non atterrito ma non per questo meno compreso nel
mostrassero alcun segno antropomorfo, bensì ruolo di fedele guardiano, dovette essere
solo un nome inciso. I lavori erano stati abbattuto dai pompieri, a cui non aveva inteso
eseguiti in economia, impiegando mano consentire l’accesso alle rovine in fiamme.
d’opera improvvisata e materiali raccogliticci, Risultò distrutta anche l’abitazione del Custode
limitatezza che si rifletteva qua e là. A coloro e con essa quella del Direttore del museo
che avevano conosciuto l’anteriore sede archeologico, da poco riubicato nei locali
museale, le ragioni per cui il Direttore si era dell’antico cenobio. Si salvò parte dell’abside
opposto al riadeguamento apparivano chiare: ed alcuni dei pezzi esposti al suo interno come
la sua annuenza avrebbe potuto essere un tronco di Apollo di epoca augustea e un bel
interpretata come arrendevolezza, cioè, come fregio anch’esso marmoreo a forma di grifo;
accettazione definitiva degli spazi assegnati per contro non si salvò il mosaico della
provvisoriamente al Museo nel dopoguerra; Nereide, che saltò letteralmente in mille pezzi
quelle accomodature avrebbero rivestito il (dei quali molti si persero irrimediabilmente;
significato di una resa, in particolare per lui, il cosa che per altro non ne impedì il menzionato
Direttore, che si era sempre battuto affinché le restauro). Le statue stele, già vittime nei secoli
raccolte archeologiche fossero conservate in bui del flagello della persecuzione religiosa, si
locali adeguati; lui, che l’aveva spuntata, ritrovarono sepolte per la seconda volta sotto
ottenendo la sede agognata; lui, che sopraffatto uno strato non di humus ma di macerie, grazie
da eventi imprevedibili aveva visto infrangersi al quale, va detto, sopravvissero una volta
in quattro giorni il sogno di una vita. Ciò nel ancora. Non che uscissero totalmente indenni:
1943, a poche settimane dall’inaugurazione si perse un piccolo cippo o erma di calcare,
del nuovo museo. forse di remota origine etrusca, che “con poca
diversità di linee – osservava Carlo Andrea
19 Aprile 1943 Fabbricotti nel 1931 – rammenta i menhirs
Le squadriglie inglesi giunsero a ondate dopo scoperti in Lunigiana”.26
mezzanotte e, forse deliberatamente, anziché
colpire obbiettivi militari riversarono il loro 19 Ottobre 1939
carico sull’abitato, mietendo vittime civili e Nel corso dei precedenti settant’anni il Museo
danneggiando gravemente il centro storico. Fra aveva vagato da una sede di fortuna all’altra,
gli edifici colpiti vi fu l’ex convento delle finché nel 1939 gli era stata assegnata una
Clarisse, un grande fabbricato su tre piani, sito collocazione definitiva, invero invidiabile, per
al di sotto del castello di San Giorgio, eretto l’appunto all’interno del complesso di Santa
alla fine del Cinquecento e ingrandito nel corso Chiara. Poco prima, come già si è accennato, il
dei secoli. Una bomba sfondò il tetto, un’altra Direttore aveva acquisito per conto del comune
sconvolse il cortile, crollarono alcune pareti della Spezia la collezione Fabbricotti, costituita
interne, ma nell’insieme lo stabile resse. interamente da materiale archeologico
Nessuno morì: il Custode (avventizio) era stato proveniente dall’area di Luni. Ciò aveva reso

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del tutto inadeguati i piccoli locali disponibili a lapidea; nel modo in cui guardava davanti a sé, 27. Al di sopra dell’antica cava marmorea dei
Palazzo Crozza, per cui, nonostante la con sguardo fisso ma non torvo, vi era qualcosa Fantiscritti, sulle pendici del monte Sagro, fu
riluttanza del Comune, era stato gioco forza di pacato e, per così dire, di compiaciuto, che rinvenuta secoli addietro “un’edicola di tre piccole
reperire una nuova sede. Il trasferimento della nulla aveva in comune con i modi aggressivi figure (Giove in mezzo a Bacco e a Ercole) scolpite in
altissima parete verticale di marmo bianco, dinanzi
raccolta lunense da villa Colombarotto all’ex dell’Aetos Dios del mito. Strappato alla morte a uno spazioso bacino scavato nel seno della stessa
convento di Santa Chiara vide impegnata per da mani pietose, nel volatile rinato si stavano montagna sotto il pico orientale del Sagro” (E.
mesi una squadra di avventizi sorvegliati dal ridestando le radici del codice che aveva Repetti, Dizionario Geografico Fisico Storico della
Custode (un personaggio strampalato, indotto la sua stirpe ad annidare sulle vette Toscana, I, 1833). Sul culto delle montagne sono
testimone e compartecipe, sempre nell’ombra, della Lunigiana, fra marmo e rupi corsi se non fiumi almeno rivoli d’inchiostro, a
del riscatto delle stele lunigianesi, sedimentarie. All’occhio perspicace non cominciare da Tito Livio, che riferì come i Liguri “in
imbalsamatore provetto, esperto formatore di sfuggiva che fra l’aquila e il macigno era summo sacratum vertice Peninum montani
appellant”. Dal canto suo, Formentini sostiene che i
stampi e calchi e, come si vedrà, causante avvenuta una sorta di agnizione, la scoperta di Liguri consideravano le zone montuose e boscose a
indiretto della creazione del museo una attrazione ancestrale, risalente ai tempi in cavallo fra due tribù proprietà del dio eponimo
pontremolese). Noto per il carattere burbero, il cui – come si sarebbe espresso Manganelli – Pennino, nume delle alte vette apenniniche. Tutto ciò
Direttore seguì, quasi sempre scontento, tutti i ogni sette anni le rocce apuane e gli accipitridi per dire che il Custode non sbagliava nell’attribuire
passaggi del trasloco, sovrintendendo ai lavori si accoppiavano dando origine a lastre di all’aquila il desiderio di rendere omaggio al monte
di riadeguamento architettonico e curando arenaria pronte ad essere incise. Anche senza Sagro o all’Orsaro.
personalmente l’allestimento. Il cuore della spingersi così lontano, saltava comunque agli
raccolta era costituito dai reperti lunensi, occhi la concupiscenza della scena: come
esposti in parte nei porticati del chiostro e in definire altrimenti quel modo di abbrancarsi
parte nelle sale adiacenti, mentre alla Nereide, alla pietra e scalfirla carezzevolmente?
come si è detto, venne riservata l’abside. Per Graffiare con soavità! Il paradosso fu
quel che riguarda le stele, all’epoca una interpretato dal Custode come ansia di libertà:
ventina, furono collocate in una scura galleria ormai guarita e restituita ai propri istinti,
che dall’ingresso conduceva alla vecchia l’aquila bramava di lanciarsi alle stelle, ossia di
chiesa, appese alle pareti o adagiate sul tornare a volare sulle cime a cui era devota,
pavimento. Fra l’inaugurazione e la l’Orsaro piuttosto che il monte Sagro.27 Ben
devastazione del Museo trascorsero poche diverso il parere del Professore: secondo lui,
settimane, non sufficienti a far sì che il suo quell’uccellaccio si affilava le grinfie sulla
ricordo si stampasse nella mente degli spezzini; pietra per poi piantarle sul cuoio capelluto di
abbastanza però per causare al Direttore (e qualche malcapitato e, en passant,
perché no al Custode) una ferita non danneggiare un reperto fra i più importanti
rimarginabile. Ciò che restò dei locali venne della raccolta archeologica. Così importante
protetto con teli cerati militari e transennato. Il che per proteggerlo ne era stato tratto un calco
recupero iniziò dopo la Liberazione e, in in gesso, con l’idea di esporlo in luogo
mancanza di meglio, la raccolta tornò a dell’originale, anzi, per lo stesso motivo erano
Palazzo Crozza, stante la promessa di una state eseguite copie dell’intera serie. Di tale
sistemazione definitiva in un luogo adeguato; compito era stato incaricato il Custode, che
promessa destinata ad essere esaudita quando l’aveva svolto con l’abituale solerzia. Non solo
la città, distrutta per tre quarti dai solerzia, ma anche passione: infatti una
bombardamenti, fosse stata almeno in parte frequentazione più che ventennale delle stele
ricostruita. Anche al Direttore e al Custode aveva acceso in lui un peculiare “complesso di
furono promesse nuove abitazioni, ma non Pigmalione”... a dire il vero capito da pochi.
vissero abbastanza per riceverle (nel frattempo Comunque sia, poco prima di morire il
vennero alloggiati al terzo piano del Palazzo, Direttore aveva acconsentito ai calchi, convinto
nelle stanze adibite a deposito di fondi librari da una copia a formato ridotto della
ottocenteschi, in particolare opere scientifiche e Pontevecchio VII plasmata a mano libera. La
cronache di viaggiatori). U del viso, lo scudo delle braccia, le tonde
prominenze del seno, la testura stessa della
29 Aprile 1960 pietra – si era espresso lo studioso – tutto era
Per quanto possa sembrare strano, nel modo in così somigliante che la statuetta avrebbe
cui l’aquila graffiava la stele scavando solchi potuto ingannare un esperto. L’insolito elogio
profondi al suono stridente ma non scomposto portò il Custode a calcolare il guadagno che
degli artigli; nel modo in cui sollevava ora avrebbe comportato vendere le miniature ai
l’una ora l’altra zampa serrando e disserrando visitatori del museo, calcolo che, per più di una
le grinfie, quasi spremendo la superficie ragione, si risolse ben presto in un fiasco. Per

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contro i calchi ebbero la meritata riuscita, tanto “In principio era la donna, e la donna era
più che, oltre a ingannare gli esperti, furono l’oggetto del desiderio, e l’oggetto del desiderio
mallevadori dell’idea del Museo del Piagnaro. era una statua stele. Le statue stele della
Lunigiana erano in origine tutte femminili,
A parte il Custode, coloro che nel corso dei furono anzi scolpite per “consolare”, per
tempi hanno sorpreso un’aquila nel sonno sono sedurre il morto in modo che non tornasse nel
pochissimi; ciò, fra l’altro, perché gli accipitridi mondo dei vivi. Attraverso un esame delle stele
sono vigili al punto da non chiudere occhio. europee, da Lepenski Vir sul Danubio al fiume
Neppure il Custode quella notte dormì. Anziché Magra, ho cercato di individuare i motivi
coricarsi, se ne stette seduto in un angolo della fondamentali di questo grande fenomeno. Ed in
Sala C sorvegliando il rapace, ma non per esse appare evidente come il segno della vulva
rintuzzarne eventuali sortite, bensì per vegliare e i solchi paralleli (forma simbolica del sesso
sulla sua fragile salute, esattamente come i femminile che nelle nostre statue stele si è
pellerossa erano soliti vegliare sui parti delle trasformato nel famoso collare) costituiscono
cerve. L’uomo e l’animale trascorsero ore una presenza costante. Tutta l’arte preistorica
rimirandosi sottecchi, finchè quest’ultimo è dedicata a due temi fondamentali, la caccia e
collocò il capo sotto l’ala sana e si addormentò. la sessualità, ma sempre in funzione del culto
Inutile dire che quella notte il Custode toccò il dei morti. Il significato delle stele lunigianesi
cielo con un dito. Il mattino successivo, però, va rapportato alla loro funzione funeraria,
tutto precipitò: il Professore ingiunse al ampiamente accettata. Tutte le stele della Val
dipendente di disfarsi ad ogni costo del rapace, di Magra, almeno sino all’età del Ferro
anche sacrificandolo. Di fatto furono chiamati i inoltrata, sono rappresentazioni di immagini
pompieri, che accorsero a sirene spiegate, femminili. Lo sono anche quelle che, in epoca
insaccati in scafandri simili a quelli dei successiva, vengono trasformate in guerrieri,
palombari. La sorte dell’aquila sarebbe stata con l’incisione di un pugnale al posto della
segnata se, in attesa dell’epilogo, Ambrosi – vagina. Immagini, simboli femminili che, nelle
aggiungendosi al coro – non si fosse chiesto ad intenzioni dei nostri progenitori, avrebbero
alta voce per quale mai ragione l’accipitride dovuto esercitare una seduzione verso il
avesse scelto proprio la Pontevecchio VII. Il defunto, di cui si temeva con sacro terrore il
Professore, che tale ragione credeva di ritorno nel mondo dei vivi finché le membra
conoscerla, l’enunciò con tale fervore che gli non fossero dissolte”.
sbollì l’ira e quasi s’intenerì. Di conseguenza la
vita dell’animale venne risparmiata... sebbene Parole testuali, anche se, oh lettore!,
in seguito non gli sarebbero state risparmiate né pronunciate possibilmente in un momento più
sofferenze né umiliazioni. tardo. Fra i libri accatastati sul tavolo della
Sala A, quel 30 aprile 1960, mancava Marjia
30 Aprile 1960 Gimbutas – i cui Balts, di fatto, apparvero solo
Invariabilmente, a questo punto del racconto tre anni dopo –, e il Professore non si sarebbe
l’Appuntato esclamava sogghignando: “La espresso così enfaticamente se non fosse stato a
statua era femmina, per questo l’uccello la conoscenza delle teorie dell’archeologa lituana.
scelse!”. C’era del vero. Quel mattino il Quantunque non coincidesse sempre con le
Professore dette ad Ambrosi una spiegazione idee di Formentini, Augusto Cesare Ambrosi –
centrata appunto sul ruolo primario della detto “Ambrosi” – soleva assecondarlo. Così,
donna in seno alle comunità arcaiche della Val per esempio, annuiva quando lo udiva
di Magra, primato che si ripercuoteva sulla affermare che le stele rappresentavano divinità
scultura megalitica. L’accipitride s’era posato femminili ignude, quasi certamente aspetti
sulla Pontevecchio VII non per caso, ma particolari della Gran Madre mediterranea
guidato da un istinto per così dire religioso: nella sua simbologia agricola, e che il pugnale
lungi dal sceglierla, era stato scelto per ribadire delle stele era un vomere di aratro. Oltre che
alla Stele, in quanto rappresentazione della bibliotecario soprannumerario e museografo
Gran Madre, la soggezione delle aquile reali alla vocazionale, Ambrosi era studioso di
dea della natura. Simbolo di rigenerazione, la dialettologia e tradizioni popolari lunigianesi
Gran Madre era la somma di morte e vita, (in transito verso l’archeologia), campi nei
eterna fenice risorgente dalle ceneri sotto forma quali aveva già pubblicato i primi contributi.
di Aetos Dios. Le parole del Professore furono Era appena tornato dalla Cervara, paese non
queste: lontano da Pontremoli, dove si era recato per

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toccare con mano certe antiche sculture, o Secondo Mancino, seguì una telefonata a Luigi 28. Carlo Caselli, La Lunigiana ignota, 1933
meglio maschere litiche, incastonate nelle case Serni, sindaco di Pontremoli, il quale, dopo 29. Manfredo Giuliani era stato membro della
del borgo, di cui a suo tempo aveva parlato aver lungamente titubato, si espresse più o spezzina Accademia Cappellini fin dalla fondazione,
Carlo Caselli.28 Credendole capaci di far meno così: era inimmaginabile che il comune nel 1919, quando si chiamava Società Lunigianese;
recedere il malocchio, i borghigiani le assumesse i costi dell’alimentazione di un anzi, ad essere precisi aveva pubblicato un saggio sui
trattavano con familiarità, come d’altronde animale carnivoro e vorace come quello, e men confini geografici della Lunigiana sul primo numero
spettava a dei feticci scaturiti dalla credulità che meno restaurasse le rovine del Castello delle “Memorie”.
rusticana. Tuttavia, se non fosse stato distratto onde piazzarvi una voliera; tuttavia, nel caso in 30. Il museo delle statue stele di Pontremoli venne
dall’inopinata apparizione del rapace, il futuro cui il Museo avesse assunto i costi, il consiglio inaugurato nel 1975 presso il castello del Piagnaro.
fondatore del Museo delle Statue Stele di comunale sarebbe stato disposto a discuterne. Oggi porta il nome di Augusto Cesare Ambrosi, vero
Pontremoli avrebbe sicuramente formulato un La seconda, anzi, la terza alzata d’ingegno di eroe eponimo che con la sua caparbietà dette vita e
nome ad una raccolta che in Italia ha pochi
giudizio diverso. Ambrosi si produsse in quel preciso momento,
confronti. In proposito, si veda la testimonianza di
Ormai rabbonito, il Professore sedeva alla causando uno sconcerto analogo a quello del Enrico Ferri, già pretore e poi sindaco di Pontremoli:
scrivania masticando la vecchia Savinelli famoso giudizio di Salomone: il Museo – “Arrivarono un giorno a Pontremoli, diversi anni fa,
quando Ambrosi prese a dire che poiché i bei suggerì a Formentini che aveva la cornetta come se venissero dal nulla, le statue stele in pietra
tempi di Giovanni Cappellini, di Ubaldo all’orecchio – avrebbe potuto risarcire i vera, con le loro sembianze abbozzate, con una
Mazzini e del compianto Ubaldo Formentini pontremolesi consegnando loro i calchi delle particolare sensualità, quasi fosse una sfida del
erano tramontati, e poiché con le loro figure se statue stele di Pontevecchio, nove in tutto (che tempo e dello spazio… Ero, allora, un giovane
ne era andata l’epoca in cui tutti gli scavi e i erano costati circa 97 mila lire cada uno, mano pretore e l’idea di accogliere clandestinamente, le
statue di 2000 anni avanti Cristo, mi eccitava e mi
ritrovamenti e gli studi facevano capo al d’opera esclusa). Detto fatto. Dopo aver suscitava molta curiosità. “Dove le mettiamo?”, ci
Museo, era giunto il momento di creare centri declamato un ritornello del Ferrari chiedemmo nello stesso istante Ambrosi ed io, in un
di ricerca periferici, non per disperdere gli sicuramente grato all’udito di Serni certo senso divertiti per la situazione ma frenetici per
sforzi ma per riaffermare l’unità etnica e (“O lunigiana, fertile,/ Vasto tirreno lido,/ trovare una soluzione. I locali del castello destinati
geografica della Lunigiana. Disse anche che i Monti, ove pone l’aquila/ Fra nevi e marmi il al futuro museo non erano ancora pronti ed Ambrosi
comuni di Pontremoli, Filattiera, Mulazzo e nido!” ) il Professore aggiunse un argomento temeva che le sue “creature” potessero venire
Villafranca da una parte, di Fivizzano e Casola che sciolse i dubbi del sindaco. Infatti, quando danneggiate o addirittura rubate. Mi rivolsi allora
all’Arma dei Carabinieri di Pontremoli, il cui
dall’altra, erano sí intenzionati a confluire nella questi gli chiese per quale mai ragione i Comandante, Walfredo Manca, mi aiutò a risolvere il
provincia della Spezia, ma ciò non implicava pontremolesi avrebbero dovuto rallegrarsi nel problema ricoverando le statue stele in alcuni locali
affatto che gli studiosi locali, dopo la morte del vedersi consegnare nove falsi macigni, ben protetti della Caserma dei Carabinieri. Si può
Direttore, intendessero seguitare ad accettare il Formentini, di ragioni, ne fornì due: dire che il loro primo, improvvisato museo sia stato
primato del Museo. “Non parlo per me”, quello” (E. Ferri, Almanacco Pontremolese, 2008).
concluse Ambrosi. “Per chi dunque?, ribattè il “1. Altro che macigni! Le stele sono i Grazie ad Ambrosi, e ancor più grazie al Custode, i
Professore, non sei tu, forse, il vessillifero di monumenti più importanti della preistoria nove calchi delle stele di Pontevecchio, su cui
s’impernia il racconto qui riferito, figurano accanto
Pontremoli capitale dei liguri apuani?”. Senza della Lunigiana, e se un domani deciderai di
ai pezzi originali, inserite in un allestimento di
riprendere fiato, proseguì: “Hai forse esporne i calchi in un museo confacente (che notevole effetto.
dimenticato che la Lunigiana, in termini io, o Luigi!, situerei nel Castello) 2. Pontremoli
archeologici ed etnografici, è un’invenzione riprenderà a spandere luce sulla valle del
spezzina, scaturita dalla mente di Ubaldo Magra come tre millenni orsono, allorquando
Mazzini come Pallade dalla testa di Zeus? O altro era il suo toponimico e altro pareva il suo
parli per Manfredo Giuliani, ignorando che ha destino.” 30
condiviso l’intensa se pur oscura vita culturale
della Spezia dall’ultima glaciazione in qua? 20 Giugno 1960
Altro che secessionista!”.29 “E sapete cosa fece il sindaco?”, soleva
Purtroppo il racconto dell’appuntato sorvola chiedere maliziosamente l’appuntato
sui particolari della conversazione e non spiega additando la gabbia: “Si rivolse ipso facto
come, ad un certo punto, spuntasse l’idea di all’amico capostazione e gli promise di
offrire l’accipitride al comune di Pontremoli in regalargli l’aquila se le FFSS avessero assunto Colophon
qualità di trofeo vivente: un dono da parte del l’onere di mantenerla in vita rinserrata in Progetto grafico
Museo civico della Spezia a ricordo dei tempi questa stessa voliera”. E lui, Mancino, era Laura Casalis
eroici dei liguri-apuani, con dedica tratta da presente quando dal treno discese il Custode Revisione testo
Giosuè Carducci: con una grossa cesta di vimini intrecciata con Stella Pecoraro
le sue mani, e lo vide armeggiare incupito
La fotografia di pagina 15 si deve a Massimo Listri
Rauco di gioia: ardeagli nel grifagno finché l’aquila non fu ingabbiata. E lo vedeva
Occhio l’amor de le apuane cime ancora adesso, ogni qual volta arrivava dalla Stampa
Natie, libere: ardea, nobile augello, Spezia a visitare l’animale. Con gli occhi lucidi, Bandecchi e Vivaldi, Pontedera
In tra i folgori a vol tendere su’ nembi. oh lettore! ©2021 Franco Maria Ricci

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