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Irene Kajon: La Libertà una riflessione introduttiva

Irene Kajon suddivide nella storia di filosofia tre nozioni di Libertà:

1) Libertà come autodeterminazione

Si intende la libertà come libertà di scelta, autodeterminazione, decisione


presa in modo spontaneo, non necessitato, da un essere umano. È il tipo
di libertà dei moderni che vivono come individui l’uno accanto all’altro pur
delimitando ciascuno la propria sfera d’influenza attraverso l’esaltazione
dei diritti del singolo (autodeterminazione).

L’autodeterminazione in questo caso non vuole dire che non c’è


determinazione da parte dell’uomo, ma vuol dire sfuggire alla causalità e
essere indipendenti verso l’esterno (Natura, conformismo sociale,
tradizione esistente)

Questo concetto viene espresso soprattutto in età moderna dalla


tradizione del pensiero liberale. Secondo questa idea l’individuo libero
della società moderna viene opposto al cittadino della polis, nel senso che
questa libertà diventa una protezione dall’invadenza dello Stato.

Sartre dà molta importanza a questa libertà che riesce a far fondare valori
che dovrebbero essere condivisibili. L’autore è l’erede del giusnaturalismo
moderno (= l’individuo è libero di scegliere attraverso il patto sociale di
entrare in società o meno, di sottomettersi o meno al potere politico), una
lunga tradizione di pensiero del 600.

Attraverso questa libertà si agisce dando importanza ad un certo


sentimento, in un’inclinazione, in una norma giuridica o morale in cui
l’uomo crede fermamente.

2) Libertà come autonomia

Questo tipo di libertà è presente nel pensiero democratico. La libertà è


autonomia, ovvero obbedienza a una regola che ci si è dati. Si è liberi
come cittadini dello Stato quando si collabora al punto tale che è un corpo
comune, che accetta le leggi che gli stessi cittadini creano e accettano. La
Legge viene eletta dal singolo, ma solo se si sente parte di questo corpo.
Democrazia viene definita governo del popolo riunito che comprende tutte
le società democratiche della storia, che si governano secondo questo
principio. I teorici moderni di questa Democrazia, dallo Spinoza del
Trattato Teologico-politico al Rousseau e ai loro seguaci hanno sostenuto
questo principio, anche se con l’accezione del limite di potere del sovrano.
Vi è infine da dire che il diritto in democrazia è positivo

3) Libertà come liberazione

Il terzo tipo di libertà è quello della libertà come liberazione. Non si tratta né
della prima, né della seconda libertà, essa è superiore alle due precedenti. È
una libertà riferibile all’uomo come essere morale, razionale, spirituale. Si
raggiunge la consapevolezza quando non si è nel mondo sensibile, ma si è
nel mondo delle idee. È una libertà pura priva di egoismi e di ogni legame con
il terreno. Appartiene a tutti gli esseri umani che hanno una ragione, come
succede nelle altre due. Vi è da dire però che le due precedenti hanno un
contesto temporale e di luogo. Questa concezione di libertà invece è
atemporale e universale, in quanto è etica pura. Inoltre si basa su principi
oggettivi costanti. Gli autori in cui si può riprendere questo pensiero sono:
Platone (Timeo, Repubblica), Maimonide (Guida dei Perplessi) e Levinas
(Totalità e Infinito). Questa pure etica precede sia la politica e la natura, ma
non la natura intesa come Creazione divina, bensì una natura avente
oggettività. Quest’ultimo elemento e la libertà come liberazione si connettono
strettamente, quando l’essere umano è puramente razionale e diviene libero,
moderando quindi le sue passioni. Ciò accade per un affetto più grande delle
cose terrene e dell’amore relazionale. Infatti questo amore si rivolge all’eterno
e all’Io facendo l’uomo portare verso una non chiusura. (Quale è migliore
dell’altra). Il pensiero di Kant risponde a questa domanda, parlandone nella
Critica della ragione pratica e Religione entro i limiti della sola ragione e nella
Dottrina del Diritto nella Metafisica dei Costumi. La libertà è un’adesione a
una legge che la ragione porta a scegliere, e poi a obbedire a questa legge
(Libertà di scelta, Libertà di obbedienza). A conseguenza di ciò la libertà
morale dell’uomo come essere noumenico (Oggetto trascendente e
irriconoscibile), che considera sia la libertà dell’uomo come cittadino che
come individuo. Nel regno noumenico il fine ultimo è Dio (capo santo e
legislatore del mondo delle idee), si arriva alla sua esistenza e all’esistenza
del mondo con l’adoratio e le preghiere (Opus Postumum). I tre concetti di
libertà trovano in Kant la confluenza. Si arriva a uno spirito rivolto alla santità
il quale unisce le generazioni in un Dio non conoscibile, per giungere allo
storico e all’individuale, devono essere tenute entrambe in considerazione per
comprendere l’umano nella sua interezza.
Leonardo Allodi

LIBERTA’ E PERSONA NEL PENSIERO DI ROBERT


SPAEMANN

Leonardo Allodi: Fa prima un’introduzione

Leonardo Allodi: spiega la liberta e la persona riferendosi al pensiero di


Robert Spaemann

1. Introduzione: Il circolo vizioso di una libertà che si autodetermina

La tesi di Robert Spaemann ha come concetto base il fatto che quando


l’uomo perde il senso più profondo dei concetti come natura, vita,
normalità e trascendenza (così come accade oggi), si arriva all’abolizione
dell’uomo (C.S Lewis). Solo se esiste uno scopo naturale, l’uomo agisce
per il bene e se esiste una fondamentale normalità, la democrazia può
durare a lungo. Secondo Spaemann il diritto naturale è la grande scoperta
del pensiero greco, che è l’unico che ci può far riprendere concezioni
metafisiche che la modernità ha fatto perdere. Spaemann si è interessato
ai mutamenti dei concetti del pensiero occidentale in particolare in quello
di vita, verità, telos, natura e di libertà. Il suo intento fondamentale è quello
di eliminare i pregiudizi della scienza moderna, perché quest’ultima vede
solo i fini oggettivi, e sarebbe sterile, così come è inutile la domanda:
“Qual è il fine buono della vita?”. Ora, un’idea di libertà che preclude la
risposta a questa domanda ci porterebbe a un circolo vizioso creando
l’ultimo Uomo di Nietzsche. Una libertà che non parte dalla struttura
teleologica ( il fine ultimo è Dio), che è connessa alla capacità di valutare i
nostri pensieri. Ogni essere vivente ha un proprio fine. Una lunga
tradizione filosofica mette dei criteri oggettivi che arginano quelli soggettivi
che possono distruggere le condizioni di vita della famiglia umana. Il
pensiero di Spaemann si divide in due parti: La prima dei totalitarismi è
molto sociologica, e la seconda si rifà a un nichilismo banale e pratico. (La
scelta è un atto di libertà). Spaemann esprime nei due testi due concetti:
uno è l’uomo ha necessità di essere libero, la seconda è che l’uomo ha
necessità di una dimora e di una sicurezza. Non esiste libertà senza
sicurezza, senza libertà l’uomo non è sé stesso, non è a suo agio. Per
sintetizzare i due episodi serve una definizione ovvero oikeiosis ( Per i
filosofi stoici per indicare la realizzazione e il fine ultimo degli esseri
viventi, ovvero la conoscenza del proprio Io attraverso la percezione
interna e attraverso questa si può capire la libertà)

2. Una Libertà vissuta

Spaemann nel primo capitolo dell’Autobiografia racconta della sua


giovinezza passata durante il periodo del Terzo Reich. Racconta di come
dopo la conversione la religione cristiana divenne l’obiettivo principale
della sua famiglia. Riceve dalla sua famiglia un’educazione liberale,
proviene da una famiglia cristiana. Per questo motivo chiese al padre se
fosse giusto giurare fedeltà al Fuhrer e se quella fosse volontà di Dio, il
padre affermò. Con una scappatoia riesce a evitare il giuramento (Febbre
alta). Per fuggire da quella caserma, dormì su una caserma e prese il
primo treno per andarsene.

3. Oikeiosis: Che cosa significa vivere nel proprio mondo.

Eliade racconta di un professore Theodor Mommsen che descrive l’Atene


del quinto secolo, in tutti i suoi edifici e particolarità, racconta anche la scena
dove presumibilmente Platone iniziò il dialogo del Fedro. In entrambi gli
esempi, si nota come vi sia un mondo proprio e un mondo reale, e di come sia
il giovane Spaemann e Mommsen si ritrovano. Si richiama il concetto del
“poeticamente abita l’uomo”, (Hölderlin), ovvero che l’uomo non agisce solo
per leggi e principi razionali e funzionali, ma anche secondo modelli, immagini
e simboli. Politologi come J.G March, J.P Olsen, o in Italia R. Cartocci, e
antropologi come C. Tullio-Altan, hanno esaltato la differenza tra conoscenza
concettuale e conoscenza simbolica, connettendola a quello che in sociologia
viene definito “aggregazione sociale e “integrazione sociale”. Negli anni la
visione simbolica era stata ostacolata condannandola perché ritenuta
irrazionale e insondabile. In particolare C. Tullio-Altan afferma come un
oggetto prenda senso dal suo concetto, per poi trasferirsi al soggetto che ne
fa diventare simbolo per vivere meglio moralmente nel mondo. Spaemann
come già detto viene da una famiglia religiosa, ha perso la madre all’età di
nove anni, e inoltre legge l’Apologia di Socrate e non accetta molto il fatto che
il padre diventi un sacerdote. La libertà autentica dell’uomo si sviluppa e
fiorisce all’interno del legame che sussiste tra mito, rito ed ethos (posto da
vivere ).

4. I due interessi della ragione

Perché Oikeiosis e esperienze della libertà non sono compatibili? Perché


esiste un dualismo tra naturalismo e spiritualismo. Il compito della filosofia
contemporanea è quello di comprendere la dialettica e come i due concetti si
interscambiano tra di loro. Per superare il dualismo non bisogna considerare il
concetto di naturalismo solo come un adattamento dell’essere vivente
all’ambiente. Se dovesse accadere si andrebbe nel concetto trascendentale (
non è riconducibile all’esperienza, va oltre il semplice oggetto), La
conoscenza non deve solo essere descritta, ma si devono anche capire le sue
leggi. Vi è la normativa del reale ( leggi del reale), come si dà la nozione di
persona per il concetto di libertà. Senza difesa non vi è libertà come senza
libertà l’uomo non si sente a casa propria né sta bene con sé stesso. Non c’è
un concetto di vita senza un concetto teleologico. Nasce così il movimento
autentico. L’amore, per Spaemann, in quanto “movimento attraverso cui l’altro
diventa per me reale”, è possibile proprio perché l’uomo, per dirla con
M.Scheler, “è il gesto stesso della trascendenza”.

5) Libertà e persona

Ci accorgiamo della nostra libertà quando ne siamo privati. Si parte dal


pensare soltanto alla sopravvivenza (prima natura) per poi quando entriamo in
società alla socializzazione (seconda natura). La seconda natura imprigiona la
prima. Per Platone è l’uomo che è fautore della sua libertà, per lo Stoicismo
l’unico che può arrivare alla vera libertà è il saggio attraverso la sua ragione.
Nel cristianesimo il concetto di libertà è un concetto dell’uomo e dell’Altro
trascendente a sua volta persona e creatore di ogni cosa mediante un atto
libero, non necessitato. La relazione con l’altro è un affermazione dell’Io e
dell’Altro. In questo incontro tra l’Io e l’Altro non c’è un totale assorbimento
dell’io perché ci concentriamo anche sull’altro. Nell’atto
dell’autodeterminazione dell’Io, ci sentiamo noi stessi ma nello stesso tempo
l’Altro. E inoltre non vediamo l’altro soltanto come un concetto, ma come un
individuo non egoista. Questa alternativa proposta, si gioca della riflessione
sulla propria natura, soprattutto non prendiamo decisione solamente per
motivi neurofisiologici, ma anche attraverso la ragione. Non possiamo
conoscere le cause dal loro effetto, conoscere una causa, ci priverebbe di
conoscere il carattere delle cause, solo noi possiamo creare una relazione
con una causa, e non la causa a noi. Non si può partire da opzioni immediate,
bensì si parte da scelte fondamentali. Le scelte devono essere fondate sul
senso e sull’orientamento del nostro esistere e non il contrario (le scelte si
amalgamano al nostro orientamento. Le scelte fondamentali decidono il senso
della nostra vita, non quelle superficiali. Il nostro orientamento di fondo è
involontario, perché altrimenti sarebbe infinito. Il mondo va ad amore o va ad
odio secondo Max Scheller. L’amore nello specifico si traduce in una dinamica
di riconoscere l’altro. Non si ama perché lo si vuole, ma è l’amore medesimo a
stabilire chi vogliamo amare. Per Spaemann si è liberi quando si è in relazione
all’altro e nelle dinamiche del dono. La riflessione di R. Spaemann sulla
relazione fra libertà e persona ci aiuta a comprendere come, superate le
esperienze totalitarie, s’imponga oggi la domanda su come l’ideale
dell’autenticità e della libertà abbia preso corpo nelle nostre società, quanto
cioè sia esposto a fenomeni di banalizzazione e degradazione. per difendere
la felice eccezione che restano le nostre democrazie sia necessario uno
sforzo intellettuale comune per rappresentarci «che cosa sia una buona
società e un uomo ideale compiuto».

Andrea Lavazza

LIBERTA’ E DETERMINISMO NATURALE

1 Il determinismo. Un primo approccio

Essere determinati è una condizione che suscita diffidenza e avversione se


riferita agli esseri umani, mentre dà sicurezza se collegata al mondo naturale.
Quando entra in gioco il determinismo, pensiamo che la nostra libertà
significhi che nessuno può ostacolarci. Contrasta fortemente la nostra idea di
essere liberi. In parole semplici vorremmo che il mondo (materiale e umano)
sia nelle condizioni di permetterci il massimo della libertà, abbiamo bisogno di
comportamenti costanti e prevedibili da parte degli oggetti. In una definizione
di due secoli fa, Pierre Simon Laplace sosteneva che dobbiamo considerare
lo stato presente dell’universo, come effetto di quello che c’è stato e futuro di
quello che sarà. Per Pierre Simon Laplace, un'intelligenza che in un dato
momento conoscesse tutte le forze della natura e la situazione degli esseri
che ci vivono, può sapere cosa è accaduto e cosa accadrà. Il determinismo
naturale è pensare che l’universo agisca in modo costante, regolare, e
uniforme, secondo leggi universali e necessarie.

1.1 Il determinismo naturale

Vi sono anche altri tipi di determinismo. Il determinismo naturale è nato tra il


XVII e il XIX secolo, nell’immagine del “mondo come orologio”. Nasce dal
meccanicismo che viene visto come il fatto che ci sia un'unica materia e
un'unica casualità (Galileo Galilei, tutto è misurabile e l’universo è scritto in
lingua matematica). Anche Cartesio la pensa allo stesso modo, ma è anche
motivato da un moto. In contrapposizione vi è la dottrina aristotelica della
causa finale ( Le radici sono all’ingiù perché vi è una causa). La meccanica
quantistica ha messo tutto in discussione ( C’è l’un percento di possibilità che
qualcosa succeda). Nelle particelle subatomiche non vale un meccanismo
ferreo, non casuale. Nel livello macroscopico vale la fisica Newtoniana.
L’indeterminismo non risulta essere un alleato per la nostra libertà (libero
arbitrio), perché se non accadesse ciò che desideriamo e quindi il nostro
mondo sarebbe casuale, la nostra libertà si perderebbe. I nostri atti
diventerebbero involontari e guidati dai nostri istinti. la casualità non è
necessariamente il contrario del determinismo. Infatti la casualità può essere
solo apparente perché non riusciamo a cogliere cosa vi è sotto al fenomeno.
Può esservi una casualità nella conoscenza, mentre è più controversa la
casualità come la intendiamo tutti. A meno che non si considera una casualità
convenzionale, ovvero che se un fenomeno è troppo complicato, noi lo
consideremo casuale date tutte le sue piccole variazioni. Il determinismo
naturale rimane una teoria metafisica dimostrabile empiricamente perché
descrive la natura con teorie provvisorie e rivedibili.

1.2 Il determinismo teologico

Un altro tipo di determinismo teologico secondo cui ogni evento, soprattutto


quello dell’essere umano, sono determinati direttamente o indirettamente
dalla/dalle divinità. Assume la forma della prescienza divina ovvero quando la
divinità conosce tutte le nostre scelte (problema metafisico). Poi assume la
forma della provvidenza divina, ovvero quando un intervento soprannaturale
indirizza la nostra storia personale e universale, verso obiettivi nuovi fuori
controllo dei soggetti umani. SI presenta in tutte le religioni. Nel cristianesimo
si identifica una soluzione per la prescienza con argomenti e controargomenti.
Per Sant’Agostino nulla è in nostro potere, se non la volontà stessa, anche se
Dio ha prescienza su quello che faremo, niente esiste senza la nostra volontà.
Non nega una forma di determinismo ma preserva la volontà libera del singolo
soggetto.

1.3 Il determinismo umano

Il determinismo umano mette al centro l’uomo e i suoi meccanismi biologici,


grazie al successo della scienza e delle sue applicazioni. Claude Bernand uno
dei padri della medicina scientifica, sosteneva nell’Ottocento che gli organismi
vivente hanno una condizione di determinismo assoluto che la vita non pul
dimenticare. Viene visto l’essere umano come un prodotto di fattori interni ed
esterni. Il determinismo umano afferma che tutti i fenomeni mentali e le nostre
azioni sono prodotti causalmente dalle leggi naturali o da eventi precedenti.
Martha Farah afferma che il nostro comportamento è determinato al 100% dal
cervello e dall’interazione tra geni ed esperienza.
2. Il libero arbitrio. Un primo approccio

Una volta compreso il determinismo, si passa al libero arbitrio. Il libero arbitrio


è una forma di libertà diversa rispetto a quella politico-sociale. E’ definito in tre
condizioni: 1) Possibilità di scegliere, 2) L’autodeterminazione ( solo noi
possiamo scegliere), 3) Vi deve essere una motivazione ragionata. Il libero
arbitrio è un genere di potere o capacità di rendere le nostre decisioni
moralmente responsabili. E’ indispensabile per renderci protagonisti attivi
delle nostre decisioni e della società, lo attribuiamo a noi stessi e ai nostri
interlocutori, secondo la prospettiva ordinaria. Per la prospettiva filosofica
invece se vi è determinismo naturale, il libero arbitrio è impossibile. Vi sono
diverse concezioni:

● Incompatibilismo: In un modo deterministico il libero arbitrio è


impossibile: Se le situazioni sono fuori dal nostro controllo non c’è
libertà di scelta, o vi è determinismo o libertà.
● Libertarismo: Gli esseri umani in condizioni normali sono liberi. E visto
che determinismo e libertà sono incompatibili, il determinismo è falso,
oppure esistono elementi indeterminati nei processi delle azioni
● Compatibilismo: Libertà e determinismo coesistono, un’azione è libera
se non c’è una rottura del determinismo causale, indipendentemente
dalla nostra volontà. La volontà però è completamente determinata.
● Hard Determinist: Il mondo è deterministico, non esiste libero arbitrio

La disputa del libero arbitrio e determinismo è rimasta in stallo, e si è riaccesa


grazie alle neuroscienze.

Dal punto di vista filosofico si rischia un errore di categoria tra libertari e


compatibilisti in quanto i primi negano il determinismo e i secondi lo accettano,
ma non è ostacolo alla libertà. Grazie all’evoluzione della scienza si è portato
il determinismo nel cervello. Grazie all’evoluzione scientifica si è arrivato a
delle scoperte, come il Dna e la visione del cervello che permette di
comprendere maggiormente cosa l’individuo fa

3. Le sfide della Libertà

Nella metà degli anni Ottanta si sono fatte ricerche sullo scetticismo della
libertà legate all’avvio dell’azione. Nell’esperimento di Benjamin Libet, i
partecipanti dovevano muovere il polso quando dovevano, e ciò era
controllato da diversi esami, in più i partecipanti dovevano controllare
l’orologio e vedere in quale punto far partire il movimento. Tali studi paiono
indicare che i nostri atti, vengono causati dall’attività del cervello, la quale
entra in consapevolezza soltanto in un momento successivo. Dopo gli studi di
John-Dylan Haynes studiando l’attività del lobo frontale, il cervello decide
quale azione fare quando la consapevolezza della decisione è ancora molto
lontana. Negli studi con la risonanza magnetica possiamo controllare il perché
delle nostre azioni, come succedeva nel concetto della prescienza. Gli studi di
Libet sono criticati. Gli esperimenti indicano una forma di determinismo
assoluto? Il libero arbitrio è ben concettualizzato negli esperimenti?
Nonostante gli esperimenti di Libet e Haynes si può concordare che
prevalgono le tre condizioni viste in precedenza. Sta nascendo un modello di
neuroscienze dove prevalgono i meccanismi subpersonali.

4. Le ricadute sul Diritto

I modelli mente/cervello reggono gli attuali sistemi penali, c’è un'idea secondo
cui la nostra mente è capace di prendere decisioni in modo parzialmente o
completamente volontario, chiamati agent causation. I sistemi penali sono di
matrice libertaria e compatibilista, Il legislatore dei sistemi occidentale prende
una posizione di verità, circa il libero arbitrio. Nella prospettiva giuridica
l’azione è basata su un continuum di libertà, agentività e responsabilità, al
livello della psicologia intenzionale. Il diritto dunque nei suoi istituti fondanti
provoca un conflitto tra pensiero scientifico e esperienza. Si cerca di trovare
proposte che siano rifondative della società. Ci sono due tipi di teoria, una è
la teoria retributiva attuale, l’altra è consequenzialismo. La concezione
retributiva afferma che si infligge una condanna alla base delle azioni che
abbiamo fatto. Nel consequenzialismo la pena è giustificata per i suoi benefici
futuro. Determinismo e giustizia penale retributiva sono in disaccordo peché
se tutte le azioni le decide il nostro cervello prima di noi, non esisterebbe il
senso di colpa e di punizioni su cui si basa il sistema giudiziario. Le ampie
ricerche di Adrian Raine dimostrano che vi sono molte differenze strutturali e
funzionali tra i cervelli dei criminali e soggetti incensurati. Cause dirette del
comportamento antisociale e aggressivo. Delle alterazioni cerebrali possono
portarci a un comportamento sbagliato. Nasce il neurodiritto. Determinare la
libertà dell’essere umano sarà fondamentale per decidere il futuro.

ANTONIO MALO

LA DIMENSIONE AFFETTIVA DELLA LIBERTA’


Introduzione
Parlando di libertà e dimensione affettiva sembra esserci un contrasto, mentre
si scoprirà che sono strettamente legate tra di loro, se si vuole vivere felici.

1. Il carattere relazionale dell’affettività umana

Se noi consideriamo gli affetti solo come sentimenti corporei


(stanchezza, disagio, energia), o passioni tradizionali ( ira, paura,
desiderio, piacere), sembra che l’affettività sia passiva. Se si osservano
sentimenti propri (estetici, morali, spirituali, ontici), o quelli che fanno
riferimento all’io (autostima) e all’altro (invidia, gelosia, perdono,
amore), i nostri sentimenti più lontani dal corpo fino ad arrivare ad
amore e odio, in cui non si può separare conoscenza e volontà
personali. Più che passività si parla di una relazione tra soggettività e
realtà. L’affettività ci porta sempre verso il bene, l’affetto è il soggetto
che si trova in una situazione (Pericolosa, piacevole, favorevole,
pericolosa). L’affettività non è passiva, ma è una relazione tra affetto e
soggettività che vista la soggettività tende verso il bene, mentre se si
guarda al mondo reale, esso appare così com’è (es. la paura non ha
solo l’oggetto, ma vi è anche il soggetto che ha paura di quella cosa).
La particolarità dell’affettività umana non è un qui ed ora come negli
animali, ma è una relazione con la storia personale di ognuno e che
dura nel tempo. L’affettività umana apre il soggetto alla relazione con
l’altro, nei suoi aspetti di vincolo-legame (re-ligo), sia di riferimento alla
realtà( Re-fero), sia di senso personale (re-cipio). La vita affettiva di una
persona non è passiva, perché ha carattere relazionale, e bisogna tener
conto degli scambi relazionali che non devono essere immediati e
isolati con la realtà come accade nell’animale, o quando si giudica una
relazione umana dalla gratificazione immediata e dalla utilità. Ad
esempio il bambino impara a sapere che cosa accade in base
all’interpretazione delle sue emozioni da parte dei genitori, e questo ha
un ruolo centrale nel suo sviluppo. Esistono delle potenzialità delle
persone, in base alle loro tendenze, come per l’istinto animale, l’uomo
tende ad avere una potenzialità con tutto il suo corpo, non è
determinata da un ambiente specifico ma ha una vera e propria
apertura verso il mondo. Ad esempio se si parla del senso della fame,
non esiste soltanto il bisogno di mangiare, ma si seguono le regole
sociali del mangiare e si tiene conto della propria cultura e della propria
razionalità. C’è una distinzione fra dinamizzazione, attualizzazione, atto,
che introduce un grande discorso anche sui bisogni primari. La
dinamizzazione è l’istinto ( Fame, paura, sete ecc.), l’attualizzazione
sono il rispetto di quelle regole sociali, l’atto è quando io compio l’azione
per soddisfare il mio bisogno. Nell’esempio della fame, il soddisfare
questo bisogno è causa di piacere, ma può essere anche rimorso e
altro, in base alla cultura. La nostra cultura fa da mediatore, tra l’istinto
e l’atto (dinamizzazione atto). La compulsione del desiderio non ci
rende liberi, perché elimina sia il nostro agire che la mediazione
culturale. Senza cultura, che ci aiuta a soddisfare questi bisogni, questi
impulsi diventano soltanto psico-fisici. La manipolazione culturale può
sia soddisfare le nostre tendenze oppure crearne di nuove, o crearle
contronatura. Questi tre atti, fanno già capire che c’è un collegamento
tra affettività e libertà. Essendo noi con potenzialità, possiamo
soddisfare il nostro bisogno in modo libero. Il desiderio partecipa alla
nostra libertà perché ci fa conoscere l’oggetto desiderato, non ci deve
far perdere di vista il fatto che la tendenza è un impulso. La tendenza è
libera, e si differenzia dall’istinto per la libertà di scelta. in più è una
libertà da, una liberazione da ciò che è incompatibile con la libertà. La
libertà si trova meglio in relazione con l’affettività. Per esempio un
neonato che sente il bisogno per la prima volta, non sa cosa lo può
appagare, perché non conosce quello che lo può soddisfare. La fame e
la sete sono qualcosa anche di psichico: l’esperienza del bisogno.
Quando c’è il bisogno del pianto, cerca la speranza che il suo bisogno
venga soddisfatto, perciò quando viene meno la speranza, viene meno
la comunicazione di quel bisogno. Nel bambino l’esperienza del
mangiare, richiede l’interpretazione di questo sentimento, e conoscere
sia il bisogno sia il rifiutare di mangiare. Avere fame e capire di avere
fame sono due cose diverse. Quando interpretiamo il nostro bisogno la
nostra cultura fa da mediatrice (maiale per i musulmani che non si può
mangiare).

2. Natura e cultura nell’affettività

Per Aristotele nel De Anima, la passione ha cambiamenti sia emotivi


che fisiologici (es. rabbia come afflusso di sangue maggiore, e
sensazione di rabbia). Le nostre passioni sono indipendenti dalla razza
e dalla cultura. E’ stata fatta una ricerca in cui è stato dimostrato che
anche se a persone di nazioni diverse venivano mostrate dei bisogni,
indicavano allo stesso modo la parte del corpo da colorare. Le emozioni
non sono dei cambiamenti del nostro corpo, perché altrimenti sarebbe
solo fisiologico. Le passioni riusciamo a capirle quando le interpretiamo.
L’interpretazione delle nostre emozioni sono il risultato della relazione
tra affettività e emotività. L’interpretazione dell’affettività, richiede la
libertà della persona che può decidere cosa e cosa non fare. Le
Emozioni e la loro espressioni sono sia culturali che naturali.
L’emozione dunque deriva dall’interpretazione dell’altro. Nel corso
dell’evoluzione umana l’interpretazione ci porta, all'accettazione, al
rifiuto, alla denominazione, alla valutazione dell'emozione secondo le
culture e le epoche storiche (i giapponesi non mostrano spesso le
emozioni, in occidente sono quasi senza inibizioni). Il giudicare le
emozioni dipende anche dal concetto di uomo che si ha (es. illuminismo
le vedeva male perché opposte alla ragione, il romanticismo le vedeva
bene come base del suo pensiero). La nostra cultura influenza il nostro
modo di rispondere alle azioni della vita perché hanno sia carattere
soggettivo che biografico. Le emozioni legate ala nostra vita ci dicono a
che punto siamo, e quanto ci manca per realizzare i nostri sogni (
Tristezza meta mancata, gioia meta raggiunta). Quando la situazione è
giudicata in base a ciò che si vuole, l’affetto ha bisogno di
interpretazione per scoprirne le cause, che quando si cresce possono
sovrapporsi e moltiplicarsi.

3. Educazione dell’affettività: dalla libertà da alla libertà per.

Oltre al giudizio dell’altro, quando accettiamo o rifiutiamo questo


giudizio, è come se stessimo agendo in base al nostro rifiuto e alla
nostra accettazione. E’ la motivazione che ci porta ad accettare o
rifiutare l’affettività. La volontà è guidata dalle motivazioni, si stabilisce
un circuito tra volontario e involontario ovvero tra i sensi e i gusti, e il
corpo (Ricoeur). Questo circolo fra volontario e involontario è mediato
dalla ragione. Le motivazioni nascono dalle emozioni, ma da sole non
possono dare un giudizio razionale, perché oltre ad essere dinamico
tiene conto della del progetto personale che ti fa voler essere in un
modo determinato. L’emozione una volta interiorizzata attraverso la
ragione, essa diventa un evento per noi. Senza questo processo,
l’emozione sarebbe solo un momento puro e insensato. Vi sono due tipi
di giudizio: Uno razionale e uno emozionale: quello razionale è guidato
dal nostro giudizio personale, mentre quello emozionale non ha una
mediazione razionale, come ad esempio la paura. Quando la paura
diventa comportamento, se non ben affrontata diventa ansia o fobia. Nei
primati e negli esseri più evoluti è il sistema limbico che regola le
emozioni che è collegato alla corteccia prefrontale che hanno un ruolo
fondamentale per le decisioni emotive. Questo secondo circolo
cerebrale, fa sì che dal sistema sensoriale, attraverso la ragione si
passi all’amigdala, che fa collegare quello stimolo alla mia paura. Per
essere decisi il nostro pensiero deve mettersi tra emozione e azione.
Per rendere l’affettività libera, si deve tener conto di un giudizio
personale che tenga conto dell’oggettività della situazione. Il giudizio e
la sua accettazione all’inizio sono estrinseci (dette da genitori e
famiglia), poi una volta avuta la ragione, il soggetto deve essere
educato alla ragione. Quando non riusciamo a capire la situazione in cui
ci troviamo ci blocchiamo. Se vi è puro affetto manca il senso. Oltre al
puro sentimento ci deve essere la valutazione della situazione. La
dimensione affettiva è libera ma ha anche un tempo. Il fidanzamento
nell’ultimo periodo è stato visto come un'esperienza usa e getta.

4. La verità degli affetti

La verità profonda degli affetti non consiste nel sentirli ma nel


riconoscere il valore etico, relazionale, e esistenziale. L’affettività deve
essere misurata alla situazione: Un affettività troppo grande rischia di
comportare disagio e sofferenza. L’affettività deve essere messa in
relazione con il bene e questa reazione deve essere sviluppata già da
bambini. La caratteristica della maturità affettiva è l’equilibrio, si tratta di
provare il giusto equilibrio per le giuste cose. Il terzo valore è la
relazione con l’altro, dove l’affettività gioca un ruolo importante. La
relazione porta al bene. La famiglia è il primo luogo dove si impara
l’affettività

5. La dimensione Oblativa dell’affettività

L’affettività non è una relazione solo con la famiglia, invece è donare se


stessi e all’altro. L'affettività matura è la base di buoni legami, che sono
necessari a maturare l’affettività. Questo circolo virtuoso porta a
rafforzare sia legami orizzontali ( amici, coniugi ecc) sia a rafforzare i
verticali ( Genitori, transgenerazionali). Per una buona relazione non
devono esserci cose negativi. La relazione affettiva nasce da qualcosa
di buono, e questo porta a creare relazioni di gioia. All’interno delle
relazioni orizzontali c’è parità sia nel potere, responsabilità e rispetto,
Quando in una relazione c’è sia il lato affettivo che etico, si può parlare
di vero legame. All’interno delle relazioni vi è un’alternanza di
dipendenza e autonomia, e vi è uguaglianza, e attraverso esse vi è la
preparazione per entrare in società. La struttura della libertà nella
dimensione affettiva è formata da 3 elementi: dipendenza, autonomia e
donarsi. Nei fratelli vi è differenza caratteriale anche se si parte da una
stessa famiglia, negli amici vi è una scelta per interessi simili. nei
coniugi si scelgono perché si è innamorati, convinti che ameranno il
partner per sempre. All’interno delle relazioni che abbiamo, si vanno a
creare diversi sentimenti come ad esempio: dipendenza, autonomia,
solidarietà, cura ed altro. Uno dei più grandi rischi è la dipendenza
affettiva, che porta a un rapporto disfunzionale e a una degenerazione
di sé. La dipendenza affettiva generalmente la ha chi ha avuto
un’infanzia difficile, o chi è cresciuto troppo in fretta, portando a sentirsi
vittima dell’altro. La relazione deve essere riconosciuta in giusta misura
con rispetto per sé e per gli altri.

6. Conclusioni

La dimensione affettiva è il primo passo per arrivare alla libertà.

LIBERTA’ E RESISTENZA AL MALE. ETICA E TESTIMONIANZA.

Paola Ricci Sindoni

1. Genealogia del totalitarismo e della violenza

Alla fine del ‘900 inizia una crisi, come già annunciata da Nietzsche, Spengler,
Jasper e altri, che ha avuto il suo picco con l’inizio della seconda guerra
mondiale, Anche l’illuminismo ha subito una dura lacerazione. La libertà
scoperta da Kierkegaard non è una possibilità ma qualcosa che nasce in
potenza. durante questo periodo vi è solo un pensiero egoista tralasciando il
pensiero dell’altro. I filosofi ebrei si chiedono se la libertà deve essere
capovolta per arrivare a degli effetti positivi nella nostra vita. Questo
capovolgimento deve essere sostenuto da eventi concreti. Basta guardare alla
seconda guerra mondiale. Secondo Levinas l’oppressore va avanti senza
guardare cosa accade. L’oppresso combatte per la propria libertà perché la
desidera. la libertà non può essere solamente causa di volontà, ma deve
essere un processo di liberazione. Quando ci sono due libertà che hanno due
forze contrapposte si crea la guerra, e le due libertà sono limitate l’una
dall’altra (guerra). Occorre rivedere la struttura della libertà, affinché ci sia
possibilità di autodeterminazione disse Kant e l'ideologia illuminista.

2. Un processo di Liberazione.

La libertà deve essere diversa da quella che si è tramandata. Vi deve essere


una regola esterna che non deve essere un imperativo categorico, ma deve
essere scritta contro la tirannide. Il compito della filosofia è quello di dividere
la libertà dall’arbitrio.

3. Imparare la libertà

La libertà può essere legata a un comando? Se si quale? La risposta è che


per lungo tempo l’umano ha fatto riferimento alla sapienza greca quando si
dovrebbe vedere la sapienza ebraica (che vede l’altro). Nella sapienza
ebraica la libertà è una libertà che va imparata, seguendo la Torah. Si scopre
l’altro, ed è una vita all’interno della Torah. La libertà non può essere fuori
dalla Torah.

4. Alla prova del male.

Nell’esperienza dei lager, l’unica libertà che era presente era quella della
parola, che erano capaci ad usare. Queste parole servivano per non
dimenticare i momenti e ricordarli. Per contrastare il male si usa la scrittura
che ci riporta al Talmud come hanno dimostrato scrittori come Primo Levi. Per
non impazzire si ritagliavano tempo per loro dimenticando però l’altro. La
libertà non era solo sfuggire alla libertà ma anche entrare dentro. Nei lager la
libertà che faticosamente si è conquistata è sparita. L’obiettivo è sempre il
bene. Quando la Kruger venne salvata da una ufficiale delle SS capì che il
bene arriva spontaneamente e che il male ha una dimensione ottusa. Il filo
spinato per alcuni non rappresentava un vero e proprio limite, perché erano
convinti che lo fosse per le persone che erano “libere”.

5. La libertà come resistenza.

Nei campi vi è una didattica alla sopraffazione, riducendo i prigionieri tra la vita
e la morte, senza essere né l’uno né l’altro. Nei lager iniziava quella che era
una spersonalizzazione delle persone che le portava a non ribellarsi e a non
essere più sé stesse. Le persone sopravvissute sono viste come eroi. Non
tutto funzionò in quella dinamica. All’interno dei lager c’è chi è riuscito a dire di
no e a sopravvivere e ha avuto lo slancio eroico che fosse più forte della
morte. All’interno dei lager le donne incinte decisero comunque di partorire pur
certe della loro morte e quella dei bambini, come atto di pura libertà. Un
esempio è Adam Czerniakow, presidente dello Judenrat che si suicidò invece
di uccidere dei bambini. Il messaggio dello stato di Israele dove erano
sopravvissuti si stava trasformando in un luogo incerto a causa delle continue
guerre. Fackenheim sottolinea la sopravvivenza dei prigionieri. L’esperienza di
Auschwitz. La voce di quella resistenza è utile per non ripeterla nella storia. La
relazione fiduciaria lega una persona all’altra e visto il pericolo corso nei lager
fa capire il senso di quello che si è passato all’interno di essi (Ricoeur). In
conclusione niente andrà perduto e quando arriva il male il nostro pensiero ci
aiuta a riprenderci la nostra libertà.

ECONOMIA E LIBERTA’

Angel Rodigruez Luno.


1. Introduzione: libertà, economia ed etica

Nella filosofia l’economia significa libertà. Per Robbins l’economia è la scienza


che studia la relazione tra mezzi scarsi e scopi per obiettivi alternativi.
L’economia è la capacità di avere dei fini, fare una progettazione, e infine
usare al meglio i mezzi scarsi messi a disposizione. Ciò che suscita il dibattito
è la libertà economica, di come l'economia può essere decisa dalla singola
persona o dallo stato. Il mercato è cresciuto a dismisura, a causa dello stato,
e ha inoltre invaso la libertà economica del cittadino. L’etica e la politica
valutano le finalità degli attori economici tenendo conto del bene comune. Vi
sono anche regole sulla giustizia, che sono negative perché dicono cosa non
possono fare gli attori economici. Le leggi economiche sono fondate su regole
interne, che stabiliscono se un determinato comporta ci porta da una parte o
dall’altra.

2. L’illusione dell’espansione creditizia.

L'interventenzionismo dello stato eccessivo sull’economia, presuppone


postulati teorici che molti economisti ritengono sbagliati. Come dice la legge di
Say, il motore dell’economia è la produzione non la domanda. L’offerta non
crea la domanda, bensì si bilanciano, perché il compratore è anche il
venditore, Say sostiene che non ci potrà mai essere una super produzione di
beni e servizi. Keynes al contrario di Say pensava, che il motore di tutto fosse
il consumo e che le crisi fossero provocate da un sottoconsumo. Questa teoria
è ad oggi dominante. Le crisi si producono perché non c’è equilibrio tra
risparmio e investimenti. Per Keynes bisogna sostenere la domanda, quindi
creare nel settore pubblico un deficit per creare una domanda aggregata e
evitare il sottoconsumo e avere la piena occupazione. L’espansione creditizia
ha fatto sì che aumentasse l’offerta monetaria senza un aumento del
risparmio. Così si crea un fondo monetario fittizio. L’espansione creditizia ha
regole precise. In sintesi per Keynes spendere di più e risparmiare di meno ci
fa diventare più ricchi. L’effetto dell’aumento degli investimenti porta a un
boom economico fittizio senza una riduzione dei consumi, porta a un euforia.
Tuttavia come ha dimostrato Jesùs Huerte de Soto, questo processo scatena
dei processi microeconomici che portano alla crisi. Non è vero che l’intervento
monetario massiccio dell’offerta monetaria e del credito non fondata sul
risparmio, porta a un miglioramento economico. Quindi dovremmo
promuovere un’espansione creditizia e un interventismo statale ancora più
forti. Anche se ammettessimo che l’intervento statale e lo Stato del benessere
che esso persegue comportassero una minore efficienza economica e costi
molto elevati, esistono importanti ragioni di natura etica, fondate sul bene
comune e sulla giustizia sociale, che costringono a seguire questa via.

3. Interventismo ed etica

Nell’ambito del libero mercato gli attori economici ragionano secondo i propri
interessi e la logica del profitto. Vedono solo il loro benessere economico,
senza considerare quello del popolo e non creando una società giusta. Perciò
per garantire uguaglianza lo Stato dovrebbe proteggere economicamente
chiunque attraverso opere pubbliche. Se la spesa è giusta e si deve fare, vi
deve essere un sistema finanziario che regga la spesa effettuata. In altre
parole , spetta indiscutibilmente allo Stato stabilire e far rispettare ciò che
“l’economia sociale di mercato” chiama la “costituzione economica”. Lo stato
deve essere forte per poter controllare il proprio apparato economico. Le
strutture private non devono sprecare soldi pubblici. Il bene comune è frutto
della collaborazione sociale. Le persone oneste agiscono sia per il proprio
bene e anche per il bene comune. Tutte le attività che svolgiamo tranne quelle
che vanno contro la giustizia sono per il bene comune. Se il proprio interesse
e il bene comune fossero incompatibili o contrari, la vita sociale non sarebbe
proprio possibile. Noi svolgiamo delle attività sia per noi stessi che per le
persone che non sono in grado di provvedere a sé stesse. La divisione del
lavoro ha consentito un forte aumento della popolazione. La collaborazione
sociale si svolge mediante il lavoro onesto e ben fatto in modo spontaneo.
Qualsiasi lavoro onesto è di per sé aperto al bene comune. La collaborazione
sociale è opera di tutti e le opere pubbliche non devono essere sfruttate
perché si aumenta così il debito. I processi economici di un paese non
possono essere regolati dall’alto, perché ogni cittadino deve svolgere il proprio
ruolo. Vi sono due concezioni sul bene comune. La prima è che i singoli
devono fare la loro parte per il bene di tutti. La seconda è che poche persone
elette possano regolare il bene comune. Vi sono tre ragioni per cui è corretta
la prima concezione riprendendo i concetti di R. Termes. La prima è che lo
stato nasconde la propria insostenibilità economica e sociale. La seconda è
che l’interventismo statale nuoce alla mente dei cittadini. Anche gli effetti
sociali sono negativi, provvedimenti per aumentare il lavoro non dà gli effetti
sperati, i disoccupati aumentano, e chi è emarginato rimane emarginato. Tutto
questo va solo contro il bene comune. La terza ragione è che con iniziative
private si potrebbe ottenere migliore risultati, una maggiore protezione sociale,
con costi più contenuti.

4. Una considerazione finale

Abbiamo sempre più diritti e meno libertà perché ci affidiamo al benessere e


abbiamo venduto la nostra libertà alla politica e allo stato.

LIBERTA’, CULTURA E TRADIZIONI

Francesco Russo
1. Una falsa idea di libertà

Il testo Gaudium et Spes è un invito a analizzare il nostro tempo e a renderci


conto di come ci relazioniamo con gli altri. Vi è un contrasto nel testo tra la
libertà e la schiavitù. Tra le varie cause vi è l’idea comune di una falsa libertà
presa da due fonti. Da una parte è una libertà astratta e l’illusione di una
libertà illimitata (fare come ci pare e piace). La libertà invece deve essere
messa a confronto tra cultura e società.

2. Libertà e circostanze

José Ortega y Gasset afferma: “Io sono io e la mia circostanza, e se non salvo
quest’ultima, non salvo neanche me stesso”. Salvare in questo caso vuol dire
cercare il senso di ciò che ci circonda. Secondo Ortega l’io deve essere
contestualizzato. Sono presenti dei sociologi che confermano questa tesi. Il
primo è David Le Breton, che ha studiato il fenomeno dei tatuaggi e del
piercing. Tali pratiche si associano come fossero piccoli riti di iniziazione, è
un’accettazione della sfida con la società, che lo rende sia diverso da tutti gli
altri sia alla pari con chi ha compiuto questi riti. Il secondo autore è Marino
Niola che nel saggio: “Huomo Dieteticus, viaggio nelle tribù alimentari” parla
delle tribù alimentari. Si concentra sulle mode alimentari senza alcuna
prescrizione. A causa di quest’ultima c’è un vero e proprio regime alimentare
, che è paradossale se si considera la società come fondata sulla libera
scelta. Secondo entrambi gli autori queste azioni ci permettono di entrare in
gruppi sicuri. L’io e le circostanze sono inseparabili e ci permettono di vivere
liberi. perché danno consistenza e significato alle mie scelte libere. MacIntyre
osserva che noi siamo co-autori della narrazione della nostra vita, perché
siamo protagonisti della nostra ma attori secondari in quella degli altri. Ciò è
collegato a una tradizione. Luigi Pareyson afferma che il nostro agire libero è
una relazione tra creatività e recettività, possiamo inventare ricevendo dagli
altri. Inserirsi nella tradizione vuol dire: conservarla, interpretarla e
preservarla. Oltre alle riflessioni di Gadamer, si affianca Tommaso D’Aquino
che afferma che senza passato prenderemmo scelte sconsiderate e
avventate.

3. Natura e cultura: continuità senza contrapposizione.

Cultura deriva dal latino colere che vuol dire coltivare, che rinvia al concetto di
natura stimato dai romani. Cicerone definisce la filosofia come cultura animi,
ovvero l’animo umano è un campo da coltivare dal quale si deve sradicare le
preoccupazioni e le paure. Gadamer con il termine Bildung, esprime il
concetto di riproduzione e di modello e inoltre coltivazione delle nostre
disposizioni naturali. Riprende le affermazioni di Hegel, basate su pregiudizi
classicisti e di universalità, ogni individuo fa riferimento alla sua cultura. Nella
persona ben formata e colta, infatti, affiorano con chiarezza i lineamenti propri
del singolo e quelli essenziali dell’essere umano. Hannah Arendt afferma che
dobbiamo ai latini l’idea di cultura. ci sono due elementi fondamentali: il
trasformare la natura in un luogo adatto per il popolo, e il prendersi cura dei
monumenti del passato. Arendt si sofferma sul lato oggettivo della cultura, su
entrambe le prospettive, ovvero sia per l’esistenza del singolo sia come
patrimonio comune di un popolo, sia sulla dimensione culturale che si da alla
dotazione naturale trasformato e incrementato dalla libertà dell’individuo. In
conclusione, nell’essere umano natura e cultura sono in continuità, giacché la
seconda è la trasformazione o la personalizzazione della prima grazie alla
libertà e la libertà d’altronde propria della natura umana.

4. Il rifiuto della natura umana.


Qualcuno rileva che l’egemonia eurocentrica che fa prevalere la prospettiva
occidentale sulle altre civiltà. Come affermano Rousseau e Kant e altri filosofi
del ‘600 e ‘700. La rivendicazione e il riconoscimento delle altre civiltà e
culture ci impone di abbandonare l’idea di universalità umana. In altri termini,
parlare di natura umana significa riconoscere che l’individuo è così per
nascita, che sin dalla nascita è riconoscibile come essere umano e ha diritto a
essere trattato come tale. Ma per riconoscere nei miei simili degli esseri umani
devo inevitabilmente devo essermi fatto un’idea della persona umana, di quel
che essa è, quindi della sua natura. L’umano è legato all’idea della
trascendenza.

5. Cultura ed Humanitas nella società del consumo e del divertimento

Hannah Arendt afferma che c’è una differenza tra società e cultura. La società
tende a omologare e massificare, la cultura tende a singolarizzare e
individualizzare. Nella società di massa e globalizzata c’è il pericolo che la
cultura si trasformi in una semplice merce sociale. L’industria prende la cultura
e la trasforma in divertimento. I mass media,trasformano attraverso un
processo di elaborazione tutto in divertimento. La cultura è preservata nel suo
ruolo quando non è per meri fini di autocompiacimento. Per Steiner
l’assimilazione della cultura, e farsi trasformare da essa, richiede “il sudore
dell’anima”. Esigono impegno, sacrificio, condivisione: l’edificazione, e la
coltivazione dell’humanitas in noi non avvengono in modo scontato e
meramente spontaneo. Esse richiedono la familiarità con la verità e con la
bellezza, non nel loro versante teorico ma incarnate negli altri che svolgono la
funzione di modelli.

6. Modelli, valori, virtù.

I modelli sono importanti nelle tradizioni. Per Max Scheler la tradizione agisce
per modelli in modo irriflesso (spontaneo). Si può credere volutamente in un
modello. L’influsso dei modelli va incontro alla tradizione ed è involontario. La
tradizione non è soltanto sui libri e ascoltando una lezione, ma è anche
esperienza come sottolineato da Pareyson, MacIntyre e Steiner. La
degradazione dell’altro e il suo renderlo un oggetto porta un offuscamento
della moralità. Ci raggruppiamo in gruppi sociali e tendiamo a non riconoscere
quelli degli altri. La libertà non è di per sé garanzia verso la libertà, n’è
l’etichetta di un prodotto culturale. In conclusione per essere liberi bisogna
agire in tutti i contesti della nostra vita.
LIBERTA’ E AUTOREALIZZAZIONE: IL PENSIERO DI ARNE
NAESS

Luca Valera
1. Ecologia e Antropologia

Sono nate nuove forme di pensiero che mettono in relazione l’uomo con
l’ambiente. La prospettiva ecologica non è solo lo studio dell’ecosistema, ma
riprende anche prospettive antropologiche e cosmologiche. Esistono due
visioni ecologiste, il biocentrismo e l’antropocentrismo, che illustrano due idee
diverse sulla libertà. Una intende l’autoconservazione (biocentrismo), l’altra
intende la logica di dominio che l’uomo deve necessariamente rispettare
(antropocentrismo). Vi sono due tipi di uomo: uno naturale e uno innaturale. Il
primo è un animale che vive all’interno del sistema naturale, il secondo non è
parte della natura e quindi si sente il padrone di tutto. Dato ciò l’uomo è in una
schiavitù post-moderna. Arne Naess è il padre dell’ecologia profonda, e ha
riflettuto sull’idea di libertà facendo riferimento a Spinoza e alle filosofie
orientali.

2. Il ritorno della natura: Ecologia e Kata Physin

La questione fondamentale è se l’uomo può abitare la terra assieme agli altri


esseri viventi. Si è passata alla domanda specifica del chi è l’uomo alla
domanda specifica di dov’è l’uomo. Per Arne Naess la massima dell’ecologia
è “tutto è collegato”. La critica di Naess è l’ignorare la natura che ci circonda.
Per comprendere a pieno l’umano bisogna guardare la natura. Naess si rifà
anche alla tradizione aristotelica, che afferma che ci sia una natura umana
che condiziona l’uomo. L’uomo è naturale ed è naturale per l’uomo
comportarsi in quella maniera. Una terminologia appropriata è Kata Physin,
che vuol dire vivere secondo natura.

3. Natura e auto-realizzazione

Ogni essere vivente ha la propria realizzazione che dipende dalla sua forma di
vita. Per Naess il principio regolatore è l’autorealizzazione. E’ necessario
conoscere il comportamento degli esseri viventi per comprendere le
potenzialità di queste forme di vita. Antropogenica non significa
antropocentrismo, in quanto l’uomo può conoscere ciò che gli sta intorno. Per
auto-realizzarsi con sé stessi anche l’altro si deve realizzare e deve essere in
contatto con l’altro. L’uomo secondo la prospettiva Sartriana si porta
all’autodistruzione perché vediamo l’altro come ostacolo alla nostra libertà. La
libertà umana in Naess è utile affinché l’uomo si realizzi.

4. Alcune considerazioni non conclusive: in cerca di una “teoria della


libertà” ( E di un’antropologia adeguata).

Il pensiero di Naess si avvicina a quello di Spinoza in quanto l’uomo è libero


quanto più si avvicina alla natura. La libertà dell’uomo porta l’uomo ad essere
padrone delle proprie azioni (causa sui). La libertà non è soltanto causa,
perché sennò l’uomo sarebbe perfetto e l’unico perfetto è Dio. L’uomo per
essere parte di Dio deve avvicinarsi alla natura. Se l’uomo vedesse solo la
natura, perderebbe la sua identità. Il tentativo di Naess di basarsi sul principio
di autorealizzazione è riuscito soltanto a metà in quanto questa teoria si fonda
su basi fragili

L’IDEA DI LIBERTA’ NELLE TEORIE PSICOLOGICHE. UNA


PANORAMICA SINTETICA.

Wenceslao Vial

1. Nelle teorie psicoterapeutiche

Come primo binomio discordante vi è il binomio spinti/attratti. Per alcuni


l’uomo è spinto da impulsi inconsci. Per altri c’è qualcosa che attira. Per il
primo indirizzo corrispondono le teorie psicoanalitiche o psicodinamiche. Per
Freud l’uomo è mosso da volontà di piacere. L’io cerca il piacere e evita il
dispiacere, mosso dalla libido. Adler introduce il pensiero di superare il
complesso di inferiorità e la voglia di essere importante. Jung introduce il
pensiero sempre interno a noi pieno di pulsioni. L’altra teoria di Frankl che
sono più correnti umanistiche con la sua logoterapia.Esiste una volontà di
senso. Le più importanti scuole sono la gestalt, il cognitivismo, e il
comportamentismo (direttive).

L’ultimo binomio è nature e nurture che comprende il primo i fattori ereditari, la


seconda i rapporti interpersonali e le esperienze di vita. Si spiega il primo nel
libro di Julien Offroy e De la Mettrie. La seconda si spiega col
comportamentismo. Contro vi è il cognitivismo. Nasce il
cognitivismo-comportamentale da due correnti opposte. Diversi autori parlano
della libertà in modo diverso, (Nietzsche, Frankl). Secondo Martin e Mihaly,
hanno evidenziato 4 tratti per riconoscere un malato mentale: Il benessere
soggettivo, l’ottimismo e l’autodeterminazione,

2. In alcuni dei principali autori

La scuola di Rogers si basa sull’esperienza. Buhler parla di importanza della


libertà e dell’importanza della autonomia nel bambino

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