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Legislazione scolastica
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Avvertenze generali
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D.M.n. 80 21 settembre 2012
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Evoluzione storica della Scuola Italiana
Legge Casati
13 novembre 1859
Legge Copino
15 luglio 1877
Legge Orlando
8 luglio 1904
Legge Gentile
13 dicembre 1923
Legislazione Scolastica 1
Evoluzione storica della scuola italiana
1 - Legge Casati
13 novembre 1859
Evoluzione storica
2 - Legge Coppino
15 luglio 1877
3 - Legge Orlando
8 luglio 1904
4 - Legge Credaro
4 luglio 1911
5 - Legge Gentile
13 dicembre 1923
• 1 - Legge Casati
Il primo intervento dello Stato in ambito scolastico risale, nel nostro Paese, al
periodo rivoluzionario-napoleonico quando ai comuni viene attribuito il compito
di provvedere alle strutture educative. Fino a quel momento la scuola era
affidata principalmente alle cure del clero. A quel periodo risalgono anche i
primi contributi teorici che affermano alcuni dei caratteri peculiari
dell'istruzione: pubblicità, gratuità, obbligatorietà. Tuttavia la legislazione
napoleonica non diede i risultati sperati, anche a causa dell’onere troppo
gravoso imposto ai Comuni che non erano in grado di provvedere a questo
compito per obiettivi vincoli di bilancio.
Lo Statuto Albertino del 1848, da molti considerato una “Costituzione” per quei
tempi molto evoluta, non conteneva alcuna disposizione concernente la scuola e
la pubblica istruzione, nonostante la quasi contemporanea istituzione del
relativo Ministero .
Si dovette attendere il 1859 per avere la prima disciplina organica della
materia, con la c.d. legge Casati, dal nome del ministro proponente (l. 13
novembre 1859, n. 3725). Tre i modelli ai quali il legislatore si era ispirato:
quello inglese, basato sul riconoscimento di una larga libertà dei privati; quello
belga di libera concorrenza tra Stato e privati; quello prussiano che riconosceva
allo Stato la suprema direzione del settore della Pubblica Istruzione, pur
permettendo l'esistenza di strutture scolastiche private.
La legge, presto estesa a tutta l'Italia a seguito delle successive annessioni e
della conquista dello stato pontificio, affidava, dunque alla scuola, articolata in
Legislazione Scolastica 2
tre ordini - primaria, secondaria (comprendente anche quella tecnica) e
superiore (o universitaria) - il compito, una volta fatta l'Italia, di formare gli
italiani in modo che sapessero "compiere il loro dovere". La trasmissione di un
sapere consolidato aveva, in altri termini, una funzione di socializzazione
intorno a un certo nucleo di valori e insieme di selezione ai fini dei diversi ruoli
economici, professionali e sociali.
Peraltro, l’affidamento del primo grado dell’istruzione primaria ai Comuni che
"vi provvedono in proporzione delle loro facoltà e secondo i bisogni dei loro
abitanti" fa sì che l’intervento pubblico si riveli più debole proprio là dove il
bisogno è maggiore: infatti i Comuni più poveri, localizzati soprattutto nelle
regioni meridionali, appaiono da subito destinati ad essere anche quelli a più
alto tasso di analfabetismo, a causa della mancanza di risorse finanziarie da
utilizzare per il potenziamento, se non addirittura per l'istituzione, delle scuole e
per agevolarne la frequenza agli alunni provenienti da famiglie disagiate.
Totalmente assente, a livello di scuola elementare, un sistema di assistenza
scolastica, mentre per gli altri gradi di istruzione, gli artt. 365 e 366
prevedevano dei sussidi annui da attribuire agli alunni delle scuole normali più
meritevoli in sede d'esame di concorso e, a pari merito, ai più bisognosi.
All'art.367 si faceva menzione anche di convitti nazionali a spese dello Stato,
destinati ad ospitare gratuitamente e semi-gratuitamente detti alunni.
L'istruzione tecnica era interamente gratuita (art. 298), almeno fino al 1870.
• 2 - Legge Coppino
A una riforma della legge, dimostratasi del tutto inefficace per combattere la
piaga dell’analfabetismo, si arrivò con la legge 15 luglio 1877, n. 3961
(legge Coppino), che precisava l'obbligo dell'istruzione elementare inferiore e
conteneva alcune disposizioni di carattere assistenziale dirette a facilitare
l'adempimento dell'obbligo agli alunni bisognosi. L’obbligo scolastico era fino ai
nove anni e come deterrente all’evasione dall’obbligo scolastico prevedeva che
gli alunni effettuassero un esame di proscioglimento dall’obbligo e ciò costituiva
un prerequisito indispensabile per l’iscrizione alle liste elettorali e politiche.
3 – Legge Orlando
La legge n. 407 dell’8 luglio 1904, detta legge Orlando prolunga l’obbligo
scolastico a 12 anni, con quattro di scuola elementare seguito da un biennio di
scuola media oppure da quello del corso popolare; impone ai Comuni di
assistere i più poveri istituendo refezione ed assistenza scolastica. Ciò
nonostante, l’analfabetismo non decresceva e diventa sempre più evidente
l’idea che non il Comune ma lo Stato dovessero provvedere all’istruzione ed alla
formazione del cittadino.
Legislazione Scolastica 3
4 – Legge Credaro
Con la Legge n. 487 del 4 giugno 1911, detta Legge Credaro, comincia a
trovare una prima timida concretizzazione l’idea di affidare allo Stato il compito
della gestione dell’istruzione e della formazione dei futuri cittadini. Venne
introdotto il principio che la scuola elementare è un servizio pubblico statale,
riorganizzando l’amministrazione in senso più liberale, introducendo anche gli
asili, le scuole per gli handicappati e per i carcerati.
La c.d. Riforma Gentile ( Legge 31- 12 – 1923 ) prende il nome del filosofo
al quale fu affidato l’incarico di disegnare il nuovo assetto scolastico ispirandosi
alle linee guida della filosofia neorealistica e dell’ideologia politica fascista.
3. superiore, di due.
Le scuole secondarie erano a loro volta articolate in una serie di gradi di durata
diversa, a seconda della loro tipologia; l’accesso era regolato secondo il criterio
dell’esame di ammissione e prevedeva per ogni istituto il numero chiuso. Il
sistema scolastico conservava la concezione aristocratica della cultura e
dell’educazione; la scuola superiore era destinata solo a pochi, ai migliori per
censo e per classe sociale. Solo ai diplomati al Liceo Classico era concesso
l’accesso all’università.
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6 – Carta della scuola
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La scuola nella Carta Costituzionale
Art 3
Uguaglianza dei
cittadini
Art. 38 Art. 9
Diritto degli Stato di cultura
inabili
all'istruzione
La carta
Costituzionale
Art. 30
Art.34
Dovere della
La scuola è
famiglia di istruire
aperta a tutti
i figli
Art.33
Libertà della
scuola
La legislazione scolastica italiana ha il suo fondamento, come già trattato nei capitoli
precedenti, in alcuni articoli della Costituzione dello Stato repubblicano. In particolare
gli articoli 30, 33, 34 e 38 fissano i principi secondo i quali deve orientarsi l'attività
legislativa. Principi fondamentali e inderogabili sono: la libertà di insegnamento; il
dovere dello Stato di assicurare una rete di istituzioni scolastiche di ogni tipo e grado
aperte a tutti senza distinzioni di alcun tipo; il diritto delle università, accademie e
istituzioni di alta cultura di darsi ordinamenti autonomi; il diritto dei privati di istituire
Legislazione Scolastica 6
scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato; il diritto-dovere dei genitori di
istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio; il diritto dei capaci e
meritevoli, anche se privi di mezzi economici, di raggiungere i gradi più alti degli studi,
mediante adeguate provvidenze; il diritto all'educazione e all'avviamento professionale
degli inabili e dei minorati. L'applicazione dei principi fondamentali della Costituzione
ha ispirato tutta la legislazione successiva con particolare attenzione alla scuola
obbligatoria, alla formazione degli insegnanti, alla valutazione degli alunni,
all'inserimento degli handicappati, all'istruzione professionale.
Art. 3 -
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni
personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale del Paese.
L’art.3, tra i primi della Carta, sancisce il criterio di scuola non più intesa come fine
proprio ed istituzionale dello Stato, ma come servizio pubblico, destinato a tutti.
Compito della Repubblica sarà anche quello di rimuovere gli ostacoli per consentire a
tutti l’effettiva fruizione del servizio.
Art. 9 -
Art. 30-
È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati
fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,
compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Art. 33 -
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L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per
tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri
per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la
parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico
equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per
la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi
ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
Art. 34 -
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I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più
alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie
ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
Statuendo che "la scuola é aperta a tutti", e con ciò riconoscendo in via generale
l'istruzione come diritto di tutti i cittadini, l'art. 34, primo comma, Cost. pone un
principio nel quale la basilare garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo "nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità" apprestata dall'art. 2 Cost. trova espressione
in riferimento a quella formazione sociale che é la comunità scolastica.
L'art. 2 poi, si raccorda e si integra con l'altra norma, pure fondamentale, di cui
all'art. 3, secondo comma, che richiede il superamento delle sperequazioni di
situazioni sia economiche che sociali suscettibili di ostacolare il pieno sviluppo delle
persone dei cittadini.
Lette alla luce di questi principi fondamentali, le successive disposizioni contenute
nell'art. 34 palesano il significato di garantire il diritto all'istruzione malgrado ogni
possibile ostacolo che di fatto impedisca il pieno sviluppo della persona.
L'effettività dell'istruzione dell'obbligo é, nel secondo comma, garantita dalla sua
gratuità; quella dell'istruzione superiore é garantita anche a chi, capace e meritevole,
sia privo di mezzi, mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze
(terzo e quarto comma).
In tali disposizioni, l'accento é essenzialmente posto sugli ostacoli di ordine
economico, giacché il Costituente era ben consapevole che é principalmente in queste
che trova radice la disuguaglianza delle posizioni di partenza e che era perciò
indispensabile dettare al riguardo espresse prescrizioni idonee a garantire l'effettività
del principio di cui al primo comma.
Ciò però non significa che l'applicazione di questo possa incontrare limiti in ostacoli di
altro ordine, la cui rimozione é postulata in via generale come compito della
Repubblica nelle disposizioni di cui agli artt. 2 e 3, secondo comma: sostenere ciò
significherebbe sottacere il fatto evidente che l'inserimento nella scuola e
l'acquisizione di una compiuta istruzione sono strumento fondamentale per quel "pieno
sviluppo della persona umana" che tali disposizioni additano come meta da
raggiungere.
In particolare, assumere che il riferimento ai "capaci e meritevoli" contenuto nel
terzo comma dell'art. 34 comporti l'esclusione dall'istruzione superiore degli
handicappati in quanto "incapaci" equivarrebbe a postulare come dato insormontabile
una disuguaglianza di fatto rispetto alla quale é invece doveroso apprestare gli
strumenti idonei a rimuoverla, tra i quali é appunto fondamentale - per quanto si é già
detto - l'effettivo inserimento di tali soggetti nella scuola.
Per costoro, d'altra parte, capacità e merito vanno valutati secondo parametri
peculiari, adeguati alle rispettive situazioni di minorazione, come le stesse circolari
ministeriali dianzi citate si sono in certa misura sforzate di prescrivere (cfr. par. 2); ed
il precludere ad essi l'inserimento negli istituti d'istruzione superiore in base ad una
presunzione di incapacità - soprattutto, senza aver preventivamente predisposto gli
strumenti (cioè le "altre provvidenze" di cui all'art. 34, quarto comma) idonei a
sopperire all'iniziale posizione di svantaggio - significherebbe non solo assumere come
insuperabili ostacoli che é invece doveroso tentare di eliminare, o almeno attenuare,
ma dare per dimostrato ciò che va invece concretamente verificato e sperimentato
onde assicurare pari opportunità a tutti, e quindi anche ai soggetti in questione.
Legislazione Scolastica 9
Inoltre, se l'obiettivo é quello di garantire per tutti il pieno sviluppo della persona e
se, dunque, compito della Repubblica é apprestare i mezzi per raggiungerlo, non v'ha
dubbio che alle condizioni di minorazione che tale sviluppo ostacolano debba prestarsi
speciale attenzione e che in quest'ottica vadano individuati i compiti della scuola quale
fondamentale istituzione deputata a tal fine.
Di ciò si é mostrato consapevole il legislatore ordinario, che non a caso nelle leggi del
1971 e 1977 dianzi citate ha al riguardo congiuntamente indicato i fini dell'"istruzione"
e della "piena formazione della personalità" (ovvero - il che é lo stesso - quelli
dell'"apprendimento" e dell'"inserimento"), inquadrando in tale contesto le specifiche
disposizioni dettate in favore dei minorati.
Che poi ai medesimi compiti sia deputata anche l'istruzione superiore é dimostrato,
prima ancora che da specifiche disposizioni in tal senso (cfr. d.P.R. 31 maggio 1974,
n. 417, artt. 1 e 2), dall'ovvia constatazione che essa stessa é strumento di piena
formazione della personalità (Corte costituzionale, sent. n. 215 dell'8 giugno 1987).
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Art. 38 -
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto
al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi, adeguati alle loro
esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento
professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o
integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.
Ancora una volta viene ribadito il concetto che la scuola è aperta a tutti evidenziando
questa volta non già gli svantaggiati socialmente ma fisicamente.
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Ulteriori riforme dopo la Costituzione
L. n. 1859
Ulteriori riforme
31 dicembre 1962
L.n. 444
18 aprile 1968
L. n.820
24 settembre 1971
Decreti Delegati
L.n.
31 maggio 1974
L.n.148
5 giugno 1990
TESTO UNICO
L.n.126
20 aprile 1993
Legislazione Scolastica 12
L’ordinamento scolastico, successivamente all’entrata in vigore dell’ordinamento
costituzionale, si è innanzi tutto caratterizzato, nel senso dello sviluppo della
formazione professionale e dell’accentuazione dei profili ugualitari nella formazione
scolastica.
Rappresentano infatti risposta alle esigenze del mondo produttivo, nel corso degli anni
cinquanta, oltre che le numerose iniziative extrascolastiche del Ministero del Lavoro,
l’istituzione degli istituti professionali, della durata di due o tre anni, non abilitanti alla
prosecuzione degli studi.
Costituisce invece espressione delle tendenze egualitarie, la soppressione delle scuole
di avviamento professionale e la discriminazione riconnessa alla impossibilità di
accedere dalle stesse a più elevati livelli di istruzione, a favore dell’istituzione della
scuola media unica, caratterizzata dal fatto di consentire a tutti la prosecuzione
degli studi, oltreché per essere gratuita e obbligatoria (L. 31.12.1962, n. 1859).
La scuola media statale, istituita nel 1962, ha ribadito l’obbligatorietà della
istruzione secondaria fino al quattordicesimo anno di età, in un corso di studi unico,
conferente pari opportunità.
Contestualmente è stato abolito il diversificato, sia nei contenuti sia nei possibili
sviluppi, sistema preesistente di scuole inferiori, articolato in ginnasio, istituto
magistrale, scuole di avviamento professionale, come prefigurato dalla riforma Gentile
(TU 5.2.1928, n. 577).
È invece del 1968 l’istituzione della scuola materna. La scuola materna statale si
rivolge ai bambini in età prescolastica con finalità di integrazione e sviluppo della
personalità infantile. L’apertura del sistema scolastico nei confronti della popolazione
in età scolare si accentua nel corso degli anni sessanta che, in particolare, vedono
l’apertura della ammissione all’università dei diplomati agli istituti tecnici e degli
istituti secondari in genere, prima sostanzialmente riservata agli studenti provenienti
da liceo (L. 21.7.1961, n. 685 e L. 11.12.1969, n. 910).
La Legge n.820 del 24 settembre 1971 istituisce la scuola “a tempo pieno “,
riduce a 25 il numero massimo di alunni per classi, avvia la sperimentazione di attività
integrative che affiancano le materie curriculari richiedendo un impegno temporale più
lungo ed il coinvolgimento di tutti i docenti in lavori integrati e pluridisciplinari.
Sono invece i c.d. decreti delegati (31 maggio 1974, nn. da 416 a 420) che aprono
gli organi di governo delle scuole, nuovi od esistenti, alla partecipazione di
rappresentanti di tutte le componenti della scuola (corpo docente, personale ATA,
studenti e genitori). Ampliamento partecipativo che non solo si muove nel senso della
distribuzione del potere decisionale dal centro (stato) alle periferie (enti locali ed
istituzioni scolastiche e loro componenti) ma anche nel senso della valorizzazione della
componente tecnica scolastica nella gestione della scuola stessa, anche a fini della
promozione di attività di sperimentazione.
Del 1990 (L. 5.6.1990, n. 148) inoltre è la riforma della scuola elementare che dà
attuazione alla tanto attesa riforma dell’ordinamento di tale ordine. La scuola
elementare concorre alla prima formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi
sanciti dal dettato costituzionale e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità
Legislazione Scolastica 13
sociali, individuali e culturali : si propone, in altre parole, lo scopo dello sviluppo della
personalità del fanciullo promuovendone la prima alfabetizzazione culturale.
Nella rinnovata scuola elementare trova posto anche l’insegnamento della lingua
straniera in linea con l’intento della continuità educativa con la scuola media.
Nell’intento del legislatore del 1991 (L. 10.4.1991, n. 121, poi modificata con legge 20
aprile 1993, n. 126) la complessa disciplina del tema in esame, retto da un numero
innumerevole di fonti normative, formatesi per successiva stratificazione, avrebbe
dovuto trovare – ed ha poi trovato seppure per un breve periodo di tempo –
sistematicità all’interno di un Testo unico in materia.
Del resto nel settore scolastico vi era già stato un testo unico a conclusione della
iforma Gentile, promulgato con Rd.5.2.1928, n. 507.
Il testo unico in questione è stato emanato dal Governo con D.lgs. 16 aprile 1994,
n. 297.
Tale testo unico, tuttavia, seppure costituisce ad oggi il corpo normativo di
riferimento, è stato immediatamente integrato da numerose successive disposizioni ed
interessato dal processo di riforma introdotto dal L. 59/97, fra l’altro in materia di
autonomia.
Rispetto a tali disposizioni e riforme il Testo Unico, non ha trovato, tuttavia, in più casi
possibilità di coordinamento od integrazione, talché più disposizioni da ultimo
succedutesi si sovrappongono, in termini integrativi o abrogativi, con il testo unico in
questione.
L’esame del TU del 1994 costituisce, tuttavia, il primo necessario passo per l’approccio
al diritto scolastico. Al riguardo giova evidenziare che la struttura - si badi bene intesa
unicamente come organizzazione dei temi normati - del Testo unico in esame risente
evidentemente dello spirito delle riforme dei primi anni settanta e preannuncia la
nuova centralità che avrebbero dovuto assumere nella organizzazione e gestione della
scuola le regioni, gli enti locali e le scuole stesse, in luogo della struttura statale
centrale.
Il processo Autonomistico
Legislazione Scolastica 14
L. 59/1997
Gli anni ’90 rappresentano la grande stagione delle riforme della Pubblica
Amministrazione a cominciare dalla L. 241/90 sul procedimento amministrativo, più
conosciuta come Legge sulla trasparenza.
Ma la svolta epocale per tutta la P.A. è rappresentata dalla Legge 15.03.1997, n. 59:
Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali,
per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa,
conosciuta come Legge Bassanini. L’art.21 della L. n.59/97 ( vedi allegato), riguarda
l'autonomia delle istituzioni scolastiche che contiene deleghe al Governo per
l’emanazione di norme secondarie.
Legislazione Scolastica 15
Autonomia Didattica ( art. 4 )
Legislazione Scolastica 16
Il Piano è il progetto di studio e di formazione, curricolare ed extracurricolare, che
ogni scuola propone e si impegna a predisporre in favore della collettività scolastica.
Il Piano è reso pubblico e consegnato agli alunni e alle famiglie all’atto dell’iscrizione.
A questo riguardo, tuttavia, va precisato che il Piano dell’offerta formativa elaborato
dai singoli istituti deve tenere conto delle indicazioni generali elaborate dal Ministero.
In effetti, sono e restano stabiliti dal Ministro della Pubblica Istruzione gli obiettivi
generali e specifici del processo formativo e le discipline e le attività costituenti la
quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale, nonché l’orario
obbligatorio annuale complessivo, gli standard relativi alla qualità del servizio; gli
indirizzi generali circa la valutazione degli alunni, il riconoscimento dei crediti e dei
debiti formativi (D.M. 22 maggio 2007 n. 42 e D.M. 3 ottobre 2007 n. 80) (articolo 8
del Regolamento).
Conseguentemente le istituzioni scolastiche determinano, nel Piano dell’offerta
formativa il curricolo obbligatorio, in modo da integrare quanto già indicato a livello
nazionale ed eventualmente ampliando il piano dell’offerta formativa (art. 8 del
regolamento).
Il Piano dell’offerta formativa comprende due parti:
la prima centrata sulla costruzione dei curricoli (vedi art. 8 del Regolamento
8 marzo 1999, n. 275);
una seconda riservata ai criteri di organizzazione ed erogazione del servizio
di insegnamento.
Il Piano dell’offerta formativa descrive così l’intera realtà didattica della scuola, sia
in termini di organizzazione e regole della didattica, che di corsi di studio attivati,
che di curricoli.
Il regolamento 275/’99 chiarisce, poi che, all’interno dell’Autonomia didattica è
compresa la regolamentazione dei tempi di insegnamento e delle attività scolastiche,
con possibilità di individuare forme di flessibilità, fra cui l’articolazione modulare del
monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività; la definizione di unità di
insegnamento non coincidenti con l'unità oraria della lezione, l’attivazione di percorsi
didattici individualizzati o per gruppi, l’aggregazione di discipline in aree e ambiti
disciplinari.
Legislazione Scolastica 17
organizzazione flessibile dell’orario complessivo del curricolo;
diversificazione delle modalità di impiego dei docenti.
Autonomia amministrativo-contabile
Legislazione Scolastica 18