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Premessa alla parte di diritto materiale

Come già accennato, con la fine del II Conflitto Mondiale si sviluppò nella comunità internazionale
una rinnovata volontà di pace e di cooperazione multilaterale, non soltanto sul piano politico1 ma
anche sul piano economico. Gli Stati, memori dell’orrore delle due guerre mondiali e consapevoli
che l’escalation di violenza tra le nazioni aveva le sue radici nei profondi squilibri e nel clima di
ostilità venutisi a creare durante il periodo conosciuto come nazionalismo economico a motivo
della crescente chiusura degli Stati2, decisero di porre le basi per un nuovo ordine economico
internazionale fondato sulla collaborazione formalizzata tra gli Stati della comunità internazionale.
L’obiettivo era quello di creare un sistema ispirato ai valori del liberismo c.d. garantito, ossia un
sistema di istituzioni e regole di matrice liberista volti ad assicurare la stabilità dello sviluppo in
materia economica e, in ultima analisi, a creare i presupposti per una perdurante pace a livello
internazionale.
Nelle intenzioni dei negoziatori, questo sistema avrebbe dovuto basarsi su una rete di
organizzazioni internazionali economiche a partecipazione tendenzialmente universale. Tale
architettura avrebbe dovuto in particolare essere composta da tre pilastri fondamentali:
(1) pilastro commerciale: l’Organizzazione internazionale del commercio (International Trade
Organization o ITO) à in base alla Carta de l’Havana negoziata durante la United Nations
Conference on Trade and Employment tenutasi nel 1947, tale Organizzazione avrebbe dovuto
avere competenze molto ampie, ma non venne in realtà mai istituita a motivo del fallimento
del progetto. Gli Stati si misero d’accordo per garantire perlomeno l’applicazione di un
nucleo di regole in materia di scambio di merci, che confluirono nel c.d. Accordo generale
sulle tariffe doganali e il commercio (General Agreement on Tariffs and Trade o GATT)
approvato nel 1947. Soltanto nel 1995 verrà poi alla luce l’Organizzazione mondiale del
commercio (OMC).
(2) pilastro monetario: Fondo monetario internazionale (FMI) àistituito durante la International
Monetary and Financial Conference of the United and Associated Nations tenutasi a Bretton
Woods (New Hampshire, USA) nel 1944;
(3) pilastro finanziario: Banca per la ricostruzione e lo sviluppo (BIRS) à anch’essa istituita
durante la Conferenza di Bretton Woods nel 1944.
Tali Organizzazioni sono preposte a dar vita e a far rispettare le regole di diritto internazionale
dell’economia in questi tre ambiti. Inoltre, la presenza di queste organizzazioni contribuisce a

1
Si veda, in questo senso, supra, cap. 1.
2
Come visto nel cap. 2, tale chiusura era stata operata attraverso, inter alia, il ritorno a misure nazionali di politica
economica di stampo protezionistico, la fine del gold standard a seguito della crisi degli anni ‘30 e le politiche di
svalutazione competitiva in ambito monetario.

1
realizzare e a garantire la liberalizzazione degli investimenti internazionali3 (per cui non esiste
un’organizzazione internazionale specifica).
Ad esempio, se una società di nazionalità svizzera dovesse decidere di aprire una succursale oltre confine, il
fatto che esistano regole internazionali a garanzia della liberalizzazione degli scambi, le permetterebbe
indirettamente di importare più facilmente un bene intermedio prodotto in tale succursale necessario ai fini
della realizzazione del prodotto finale in Svizzera. Più in generale, la Svizzera è un Paese la cui economia è
strettamente integrata nelle c.d. catene globali del valore, nel senso che non produce tutti i beni necessari alla
realizzazione dei prodotti che esporta: questo vale tanto per i prodotti di origine agricola quanto per i prodotti
manifatturieri più sofisticati. Ad esempio, il famoso cioccolato svizzero è prodotto a partire da fave di cacao
importate perlopiù da Paesi come la Costa d’Avorio, il Ghana e l’Ecuador4, Lo stesso vale per i famosi orologi
svizzeri, i cui diamanti non sono certo estratti in territorio svizzero5.
Con il tempo, l’architettura istituzionale del diritto internazionale dell’economia è divenuta sempre
più complessa. Accanto alle organizzazioni internazionali economiche a vocazione universale e
alle regole multilaterali da esse create, sono infatti progressivamente andatesi formando una serie
di organizzazioni internazionali a composizione più ristretta, spesso (anche se non esclusivamente)
di natura regionale (ossia tra Stati vicini, legati, anche storicamente, da rapporti privilegiati), e una
rete di regole non più applicabili quindi alla generalità degli Stati bensì soltanto a club di Stati.
Ad esempio, in ambito commerciale, gli Stati dell’Unione europea (UE) hanno dato vita a un’unione doganale
nonché a un mercato unico di beni, servizi, persone e capitali6. In ambito monetario, sempre nell’ambito
dell’Unione europea è stata creata l’Unione economica e monetaria (UEM) che riunisce i Paesi che hanno
aderito all’euro; alcuni Paesi asiatici hanno inoltre recentemente dato vita alla c.d. Chiang Mai Initative, una
sorta di Fondo asiatico monetario. In ambito finanziario, la BIRS è ormai affiancata da una serie di c.d. banche
regionali di sviluppo (ad es. la Banca africana di sviluppo, la Banca interamericana di sviluppo, etc.). Come
vedremo, l’area in cui il c.d. “regionalismo” (inteso tuttavia nel senso esteso di cui supra) è più spiccato è
quella del commercio internazionale.
In linea generale, l’interazione tra il livello multilaterale e il livello “regionale” di istituzioni e
regole di diritto internazionale dell’economia crea un sistema complesso in cui le regole applicabili
a uno Stato nei suoi rapporti con gli altri Stati (e quindi, l’insieme dei suoi diritti e dei suoi obblighi)
dipendono dalla rete di accordi (multilaterali e/o regionali) che ciascuno di essi avrà ratificato.

3
Si veda infra, cap. 7.
4
https://www.chocosuisse.ch/it/servizi/facts-figures-2/.
5
https://www.swissinfo.ch/eng/made-in-switzerland_are-swiss-watches-swiss-enough-/35998950.
6
V. infra.

2
CAPITOLO 3 - Il diritto del commercio internazionale
Parte 3a - Il multilateralismo: il diritto dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC)
Obiettivi
Dopo avere studiato questo capitolo dovreste essere in grado di:
§ Illustrare i punti di forza e di debolezza del sistema OMC rispetto agli accordi commerciali regionali o
preferenziali.
§ Descrivere l’architettura istituzionale dell’OMC e le sue peculiarità.
§ Individuare i principi fondamentali e le eccezioni che governano lo scambio di merci nel GATT.
§ Illustrare i principi fondamentali e le eccezioni che governano lo scambio di servizi nel GATS e
identificarne le peculiarità rispetto al GATS.
§ Spiegare perché il TRIPS è innovativo, su quali regole si basa e perché è stato tradizionalmente osteggiato
dai Paesi in via di sviluppo.

1. Nascita ed evoluzione del diritto del commercio internazionale


1.1 Il fallimento dell’ITO e il GATT 1947
Nel clima di rinnovata cooperazione internazionale caratteristico del secondo dopoguerra, gli Stati
ebbero da subito ben chiaro che uno dei pilastri fondamentali del nuovo ordine economico
internazionale sarebbe dovuto essere quello commerciale. La storia aveva infatti drammaticamente
dimostrato come le politiche di stampo protezionistico (le c.d. politiche beggar-thy-neighbour)
adottate dagli Stati durante il periodo tra le due guerre non avessero soltanto ridotto profondamente
gli scambi, ma anche creato i presupposti per un secondo conflitto mondiale.7 Sotto la leadership
conquistata dagli Stati Uniti, si iniziò a discutere della possibilità d’istituire un Organizzazione
Internazionale del Commercio (International Trade Organization o ITO), il cui obiettivo doveva
essere quello di sovraintendere alla riduzione degli ostacoli al commercio internazionale.
Durante una delle Conferenze delle Nazioni Unite sul commercio e l’occupazione (tenutasi ad
Avana nel 1947), vennero discussi gli aspetti principali per l’effettivo raggiungimento di questo
obiettivo e si cercò un compromesso tra Stati Uniti e Gran Bretagna, le cui posizioni erano
totalmente divergenti8: risultato di queste consultazioni fu la Carta d’Avana che istituiva
l’Organizzazione Internazionale del Commercio. Tale trattato, tuttavia, non entrò mai in vigore.
Allo stato dei fatti, la polarizzazione della politica internazionale e la riluttanza a delegare ad
un’Organizzazione Internazionale una funzione indicativa della sovranità statale come il commercio, ne impedì
l’adozione9.

7
HILLMAN, J.A., GUZMAN, A.T. e PAUWELYN J.H.B., International Trade Law, New York: Wolters Kluwer,
2016, p. 86.
8
COMBA, A. (a cura di), Neoliberismo internazionale e global economic governance, Torino: Giappichelli Editore,
2013, p. 26.
9
CANTONI, S. L’accordo istitutivo dell’Organizzazione mondiale del commercio. Dal GATT 1947 al GATT 1994,
in COMBA, A. (a cura di), op. cit., p. 173.

3
Nonostante l’iniziale opposizione, il progetto non naufragò: infatti, nel corso della seconda
sessione della Conferenza (Ginevra, 1947), 23 Stati rielaborarono e completarono la IV parte del
documento, che venne sottoscritto nell’ottobre del 1947, prendendo il nome di Accordo generale
sulle tariffe doganali ed il commercio (General Agreement on Tariffs and Trade o Accordo
GATT): questo Accordo registrò sin da subito importanti risultati, in particolare con riferimento
alla riduzione delle c.d. barriere tariffarie (ossia, i dazi doganali)10.
1.2 L’apice del multilateralismo: la creazione dell’Organizzazione mondiale del commercio
Man mano che però gli Stati procedevano a diminuire gli ostacoli tariffarie, si facevano strada
nuove misure potenzialmente protezionistiche, le c.d. barriere non-tariffarie (ad es. misure di
regolamentazione come gli standard nazionali eccessivamente restrittivi in materia di etichettatura
dei prodotti)11: al fine di regolamentare con successo anche questa nuovo tipo di misure, nel 1986
venne lanciato un nuovo round negoziale (l’Uruguay Round), la cui agenda molto ambiziosa
prevedeva anche la negoziazione di regole in materia di commercio di servizi e in materia di aspetti
commerciali della proprietà intellettuale. Questo incontro produsse in realtà risultati inaspettati:
sotto l’iniziale pulsione dell’Italia (rappresentata dal Ministro Ruggiero) e poi del Canada e della
Commissione Europea, venne proposto che il sistema GATT venisse inglobato da
un’Organizzazione Internazionale che potesse amministrare tutti quegli Accordi siglati
nell’ambito commerciale12. Ottenuto il consenso degli Stati Uniti, nel 1994 venne firmato
l’Accordo di Marrakech con cui venne istituita l’Organizzazione Mondiale del Commercio
(OMC), la prima vera Organizzazione Internazionale in ambito commerciale. L’Accordo di
Marrakech è entrato in vigore il 1 gennaio 1995.
La nascita dell’OMC coincide con uno sviluppo senza precedenti del diritto del commercio
internazionale a livello multilaterale. Prima del 1995, le regole multilaterali in ambito commerciale
erano quelle stabilite dal GATT 194713. L’Accordo di Marrakech dà invece vita a un vero e proprio
sistema multilaterale di regole in materia commerciale (il c.d. sistema multilaterale degli scambi),
composto da una serie di accordi di natura sostanziale e procedurale. Gli accordi della prima
tipologia disciplinano tanto il commercio di merci o beni, quanto il commercio di servizi e gli
aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale:
- Commercio di merci à L’Accordo GATT (l’accordo “base”) e altri tredici accordi
“specializzati” relativi allo scambi di beni, contenuti all’Allegato 1A dell’Accordo di
Marrakech istitutivo dell’OMC.

10
Si stima che, in media, i dazi doganali applicati all’importazione di merci siano diminuiti dal 40% al 4% dal 1947
sino ad oggi. VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy of the World Trade Organization. Text,
Cases and Materials, Cambridge: Cambridge University Press, 2017, p. 84.
11
HERDEGEN, M. Principles of, op. cit., p. 197.
12
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., pp. 86-87.
13
Negli anni di vita del GATT, gli Stati membri avevano concluso tra di loro alcuni accordi aggiuntivi (c.d. codici).
Tali accordi tuttavia non si applicavano a tutti gli Stati parte del GATT, ma solo a quelli che li avevano sottoscritti.

4
Ad es. Accordo sull’agricoltura, Accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative, Accordo
Anti-dumping, Accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi, Accordo sulle misure sanitarie e
fitosanitarie.
- Commercio di servizi à Accordo generale sugli scambi di servizi (General Agreement on
Trade in Services o Accordo GATS), contenuto all’Allegato 1B dell’Accordo di Marrakech
istitutivo dell’OMC.
- Aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale à Accordo sugli aspetti
commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (Agreement on Trade-Related Aspects of
Intellectual Property Rights o Accordo TRIPS), contenuto all’Allegato 1C dell’Accordo di
Marrakech istitutivo dell’OMC.
Gli accordi procedurali sono invece due: l’Intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la
soluzione delle controversie (Dispute Settlement Understanding – di seguito Intesa o DSU),
contenuta all’Allegato 2 dell’Accordo di Marrakech istitutivo dell’OMC, e l’Accordo per l’esame
periodico delle politiche commerciali degli Stati membri (Trade Policy Review Mechanism o
TPRM), contenuto all’Allegato 3 dell’Accordo di Marrakech istitutivo dell’OMC.
Tanto gli accordi sostanziali quanto quelli procedurali sono inoltre definiti tecnicamente accordi
commerciali multilaterali, perché hanno la caratteristica di dovere essere obbligatoriamente
accettati dagli Stati che intendono entrare a fare parte dell’Organizzazione. Si parla, in questo
senso, di logica dell’impegno globale o single undertaking: in altre parole, si tratta di accordi tra
loro indissolubilmente legati, che fanno cioè parte di un unico pacchetto negoziale.
A tali accordi si contrappongono i c.d. accordi commerciali plurilaterali che, invece, hanno la caratteristica di
vincolare soltanto quegli Stati membri che decidono di aderirvi. Essi sono aperti all’adesione di tutti gli Stati
parte dell’OMC ma, a differenza degli accordi commerciali multilaterali, pongono degli obblighi solo per quegli
Stati membri che intendano vincolarsi al loro contenuto. Si pensi, ad esempio, all’Accordo sugli Appalti pubblici
OMC (di cui fa parte anche la Svizzera), che attualmente conta 35 Stati parte (mentre gli Stati membri dell’OMC
sono 164).

L’OMC è quindi chiamata ad amministrare tutti gli accordi di diritto OMC attraverso la sua
architettura istituzionale14.
1.3 L’emergere del preferenzialismo nel diritto del commercio internazionale
Il sistema multilaterale degli scambi era stato pensato originariamente come l’assetto privilegiato
in cui regolamentare il commercio tra Stati. Tuttavia, con il passare degli anni, l’OMC ha
cominciato a vivere una fase di profonda crisi caratterizzata, da un lato, dalla difficoltà di negoziare
nuove e più avanzate regole multilaterali nell’ambito del c.d. Doha Round (il nuovo round
negoziale avviato nel 2001 per colmare le lacune ancora presenti nel diritto OMC e non ancora
concluso)15 e, dall’altro, dalla proliferazione di accordi commerciali preferenziali, conclusi da

14
Per una breve disamina dell’architettura istituzionale dell’OMC, v. infra.
15
Il fatto che dopo quasi 20 anni il negoziato sia ancora lontano dal chiudersi é esemplificativo dell’emergere di forti
contrasti tra gli Stati membri in seno all’Organizzazione. Per un’analisi, si veda VAN DE BOSSCHE, ZDOUC, op.
cit., pp. 99-111.

5
due o più Stati membri dell’OMC allo scopo di conferirsi reciprocamente benefici esclusivi
(preferenze, appunto).16
Inizialmente tali accordi erano convenzionalmente chiamati accordi “regionali” poiché venivano
primariamente conclusi tra Stati vicini geograficamente (si pensi, ad esempio, all’attuale UE, che
storicamente nacque già nel lontano 1957) – riflesso dei rapporti sovente più intensi e della
maggiore facilità di dialogo tra realtà anche culturalmente più vicine. Attualmente, l’etichetta di
“regionali” appare però impropria perché gli accordi preferenziali sono ormai conclusi anche tra
Stati non appartenenti alla stessa area geografica e tra loro profondamente diversi.
Si pensi, ad esempio, all’Accordo di libero scambio siglato dalla Svizzera con la Cina nel 201317. Per esempio,
grazie a questa Convenzione Bilaterale, l’impresa Svizzera Baumann (che detiene il 10% dei suoi affari proprio
in Cina) potrà, entro il 2028, esportare in Cina le sue molle di metallo senza dovere pagare nessun dazio18.
Alcuni accordi sono inoltre definita “mega-regionali” perché coinvolgono le maggiori potenze economiche del
pianeta appartenenti, in senso lato, alla stessa area economica. Si pensi, ad esempio, all’accordo concluso tra
l’Unione europea e il Canada o al c.d. Partenariato Trans-Pacifico (in inglese Trans-Pacific Partnership o TPP)
cui hanno preso parte dodici paesi dell'area pacifica e asiatica: Australia, Brunei, Canada, Cile, Giappone,
Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore, Stati Uniti (che dopo l’elezione di Trump hanno
abbandonato), Vietnam.
Per questo motivo, si parla più correttamente di accordi commerciali preferenziali (o di
preferenzialismo).
I motivi che hanno portato ad un progressivo allontanamento dal sistema multilaterale degli
scambi: innanzitutto, il sistema del GATT 1947 era stato anche pensato come un fronte comune
contro la minaccia socialista e comunista che, una volta dissipatasi, ha fatto nuovamente riaffiorare
la preminenza da sempre riconosciuta agli interessi nazionali e, congiuntamente, ha scalfito la
necessità per gli Stati democratici di agire in maniera armonizzata; in questo contesto sempre più
individualista, la volontà di crescere economicamente non era più conciliabile e tantomeno
perseguibile con delle negoziazioni multilaterali, che richiedevano tempo e il raggiungimento del
consensus19. D’altra parte, con l’Accordi di Marrakech il sistema ha iniziato ad interessare e ad
estendersi ad ambiti sempre più sensibili20, incentivando questa involuzione.
Si pensi al fatto che il sistema multilaterale OMC sia stato esteso alla tutela della proprietà intellettuale:
generalmente, le situazioni coperte da questa disciplina, fanno emergere l’inestinguibile trade-off che sorge tra
paesi sviluppati e meno sviluppati; la necessità, da una parte, di garantire un riconoscimento ad un risultato
manifestatosi in un paese industrializzato si può porre in contrasto, dall’altra, con quella di dovere tutelare i
paesi ancora in via di sviluppo: per esempio, il brevetto internazionalmente riconosciuto al medicinale prodotto
in uno Stato impedisce ad un altro di commerciarne uno similare e meno costoso per fare fronte ad una
situazione di difficoltà21.

16
Come vedremo, l’idea alla base del preferenzialismo é in antitesi con uno die principi cardine del diritto OMC: la
c.d. clausola della nazione piu favorita. V. infra.
17
V. https://www.seco.admin.ch/seco/it/home.
18
ECONOMIESUISSE, Dossier Politica. Strategia di politica economica esterna della Svizzera: richieste
dell’economia, www.dossierpolitik.ch, 17.01.2018, p. 3.
19
Ivi, pp. 573-575. Per una spiegazione della procedura del consensus, v. supra, cap. 2.
20
LEE, Y.S. Bilateralism Under the World Trade Organization, in Northwestern Journal of International Law and
Business, Vol. 26, n. 2, 2006, p. 360.
21
V. infra.

6
Ad oggi, in un mondo che sembra incapace di cooperare e di decidere per consensus su questioni
critiche, gli accordi preferenziali (regionali e non) proliferano22; d’altronde, questi sembrano
soddisfare necessità irrealizzabili nel contesto multilaterale e, congiuntamente, oltre a rafforzare
(oltre alla cooperazione economica) le alleanze tra Stati scelti, consentono di tutelare valori
contemporanei come il lavoro e l’ambiente23. Questo perché sempre più spesso gli accordi
preferenziali recenti (i c.d. accordi preferenziali di nuova generazione) sono, come si suol dire,
“approfonditi” (più tecnicamente in lingua inglese, “deep”) nella misura in cui contengono regole
più avanzate e/o stringenti rispetto a quelle OMC24.
Questa situazione di frammentazione, che vede la continua interazione e sovrapposizione tra accordi a due o
più parti e accordi OMC, è ben rappresentata dall’immagine della c.d. spaghetti bowl coniata da Jagdish
Bagwati25: la metafora utilizzata dall’autore appare infatti adatta a rappresentare la ‘convivenza’ di molteplici
regimi giuridici applicabili alle relazioni commerciali di ciascuno Stato con i suoi partner a seconda della
geografia degli accordi preferenziali conclusi da tale Stato parallelamente alla sua membership OMC.

1.4 Verso un costituzionalismo OMC?


Chiunque potrebbe quindi legittimamente chiedersi perché studiare ancora il sistema OMC se le
relazioni economiche internazionali corrono ormai su binari preferenziali.
A questa inversione di marcia, peraltro, si è affiancato un importante stallo del sistema OMC, registratosi a
partire dal Doha Round, che ne ha quasi confermato la marginalità e l’inefficienza.
L’emergere del preferenzialismo ha in particolare contribuito secondo buona parte della dottrina a
gettare un’ombra sull’Organizzazione e a rendere progressivamente meno rilevante il suo sistema
di diritto.26 L’argomento centrale proposto sembra far leva sul fatto che tale sistema verrebbe a
essere “superato” dalla carica innovativa espressa dagli accordi preferenziali di nuova generazione,
sempre più “approfonditi” e, quindi, fonte di un numero crescente di regole più avanzate rispetto
a quelle OMC.27 D’altra parte, di fronte alla proliferazione degli accordi preferenziali, il rischio
22
In Svizzera la situazione è la seguente: https://www.ezv.admin.ch/ezv/it/home/documentazione/direttive/d-30-
accordi-di-libero-scambio--preferenze-doganali-e-origine-de.html.
23
KLOEWER, B. The Spaghetti Bowl of Preferential Trade Agreements and the Declining Relevance of the WTO,
in Denver Journal of International Law and Policy, Vol. 44, n. 3, 2016, pp. 434-437.
24
Per una disamina completa, si rinvia a H. HORN, P. C. MAVROIDIS, SAPIR, A. ‘Beyond the WTO? An Anatomy
of EU and US Preferential Trade Agreements’, in The World Economy, 2010, pp. 1565-1588.
25
BAGWATI, J. US Trade Policy; the Infatuation with FTAs, in BARFIELDE, C. (ed.), The Dangerous Obsession
with Free Trade Areas, AEI, 1995.
26
V., inter alia, R. WILKINSON, WTO: Crisis and the Governance of Global Trade, Routledge, London and New
York, 2006; I. AGUR, ‘The US Trade Deficit, the Decline of the WTO and the Rise of Regionalism’, in Global
Economy Journal, 2008, pp. 1-32; P. LOW, 2014, Preferentialism in Trade Relations: Challenges for the World Trade
Organization. ADBI Working Paper 478, Tokyo: Asian Development Bank Institute; J. PAUWELYN, W.
ALSCHNER, ‘Forget About the WTO: The Network of Relations between Preferential Trade Agreements (PTAs)
and “Double PTAs”’, in M. Elsig and A. Dür (eds.), Trade Cooperation: The Purpose, Design and Effects of
Preferential Trade Agreements, Cambridge University Press, 2015, pp. 497-532; R. MC DOUGALL, Crisis in the
WTO: Restoring the WTO Dispute Settlement Function, Centre for International Governance Innovation (CIGI) Paper
No. 194, 2018, pp. 2-4.
27
Nelle parole di Joost Pauwelyn e Wolfgang Alshner: “…the rules of tomorrow are made in deep PTAs by a limited
group of countries that are centrally placed in the network. Hence, we should expect a relatively homogenous process
of WTO-extra norm creation and diffusion.” (‘Forget about the WTO’, op. cit., p. 532). Tra gli attori maggiormente
attivi sul fronte della negoziazione di accordi preferenziali troviamo l’Unione europea: si veda, ad esempio, B. A.
MELO Araujo, The EU Deep Trade Agenda, Oxford University Press, 2016.

7
paventato a più riprese è quello di una frammentazione del diritto del commercio internazionale, a
sua volta potenzialmente foriera di un deterioramento della governance globale in materia
commerciale.28 L’attuale crisi del sistema multilaterale degli scambi, perlomeno a detta dei più,
ridurrebbe poi ulteriormente le chances che i risultati raggiunti sul fronte preferenziale vengano
“multilaterizzati” in seno all’OMC in un futuro prossimo.29
Pur tuttavia, rimane il fatto che, benché gli accordi preferenziali accordi spesso integrino e/o
superino le regole OMC, essi non sostituiscono l’OMC né potrebbero sostituirla poiché non
possono leggersi senza che ci si debba riferire al diritto OMC: si fondano sugli stessi valori e sugli
stessi principi fondamentali, riprendono il corpus di regole OMC e ne ricalcano spesso la stessa
struttura, rinviano talune volte ai precedenti giurisprudenziali OMC.30 In questo senso,
contribuiscono a propagare il diritto OMC al di là del sistema multilaterale arrivando nei fatti a
configurare quello che è stato molto opportunamente definito a “common law of international
trade”.31

28
Lo stesso Pascal Lamy, allora Segretario generale dell’OMC, nel 2007 esprimeva così la sua preoccupazione: “it
would be fair to say that proliferation [of PTAs] is breeding concern – concern about incoherence, confusion,
exponential increase of costs for business, unpredictability and even unfairness in trade relations” (discorso
pronunciato in apertura al convegno sul tema “Multilateralising Regionalism” tenutosi a Ginevra nel 2007).
29
È interessante invece notare come eminenti esperti del settore abbiamo rilevato le debolezze intrinseche a una
visione squisitamente incentrata sugli sviluppi più recenti emersi in seno al sistema commerciale multilaterale: “The
existence of international trade law does not depend upon the successes or failures of new disciplines and trade
liberalization, any more than we would, for example, assess the overall importance of tort or contract law on the basis
of controversial amendments proposed in legislation. The practice of narrowly linking the international standing and
prestige of institutions and agreements to current affairs and daily business is not accurate and short-sighted” (cfr.
T. COTTIER, ‘The Common Law of International Trade’, cit., p. 5), così che “It is only when comparing different
historical stages that we fully grasp the contemporary existence, importance, and true weight of the multilateral system
as a global public good operating every day” (ivi).
30
Nelle parole di Thomas Cottier: “The philosophical foundations of most trade agreements within and outside the
WTO belong to the same family. They are based upon the ideas of progressive liberalization of market access,
transparency, and non-discrimination emanating from the 1947 GATT. They are all committed to realizing
comparative advantages and to fostering welfare by enhancing inclusiveness and openness. They stress the
importance of protection of property rights. They seek to create level playing fields and fair conditions of competition
between foreign and domestic products. They emanate from the fundamental principles of division of labour. They
share a common understanding of tariffs, non-tariff measures, trade remedies, services, and intellectual property. The
same is true for legitimate policy goals and the definition of policy space. Provisions on exceptions to the rules and
principles expounded generally respond to similar or comparable motives and criteria based upon reason. The
principles of necessity or, inherently or explicitly, of proportionality and least restrictive measures are common to all.
They share common concepts such as ordre public, or public health, and are subject to disciplines on abuse of rights,
protection of good faith, and the exclusion of arbitrary and disguised restrictions and arbitrary discrimination.
…Finally, all these agreements are embedded in general public international law, its sources and principles, and the
law of treaties. They equally relate to other fields of international law, such as human rights protection, environmental
law, and the law relating to natural resources.” Cfr. T. COTTIER, ‘The Common Law of International Trade’, op.
cit., pp. 6-7.
31
Ivi, p. 6. In questa visione, peraltro, accordi OMC e accordi preferenziali sono legati a doppio filo in quella che
viene definita una “dialectical relationship”. Più nello specifico: “Multilateral and preferential rules are also closely
interwoven in a temporal or horizontal manner. … All these agreements, forming part of the global trading system,
thus stimulate each other and induce progress by borrowing from each other”. V. T. COTTIER, C. SIEBER-
GASSER, G. WERMELINGER, ‘The Dialectical Relationship of Preferential and Multilateral Trade Agreements’, in
M. Elsig and A. Dur (eds.), op. cit., pp. 465-496.

8
Per esempio, l’Accordo sulla Libera Circolazione delle Persone (ALCP) siglato tra Svizzera e Unione Europea
si basa sul principio di non discriminazione, consacrato dall’art. 2: “In conformità delle disposizioni degli
allegati I, II e III del presente Accordo, i cittadini di una parte contraente che soggiornano legalmente sul
territorio di un'altra parte contraente non sono oggetto, nell'applicazione di dette disposizioni, di alcuna
discriminazione fondata sulla nazionalità”. Come vedremo infra, il principio di non discriminazione è uno dei
principi cardine del sistema OMC.
In altre parole, pur non essendo più l’unica fonte di produzione di norme intese a regolare gli
scambi internazionali, l’OMC rimane la fonte principale di regole di diritto internazionale
dell’economia: come tutte le Costituzioni Nazionali, il diritto OMC permea l’intero ordinamento
e informa tutte quelle relazioni preferenziali (siano esse regionali o non) che vi si manifestano.
D’altra parte, oltre a garantire la liberalizzazione degli scambi come fondamento della libertà
economica, il diritto OMC svolge già diverse funzioni costituzionali: tutela la non discriminazione
a livello internazionale, assicura che le controversie tra Stati vengano risolte in tempi brevi,
concretizza il principio della sovranità nazionale legittimando che gli Stati possano ricorrere a
eccezioni in caso di preminenti esigenze di interesse pubblico (considerate prevalenti rispetto alle
necessità di liberalizzazione degli scambi) e prevede appositi meccanismi affinché gli accordi
OMC vengano periodicamente rivisti e modificati, se necessario32.
Il principio di non discriminazione è un classico esempio di principio “costituzionale” OMC. Ha come scopo
principale quello di assicurare la parità delle condizioni di competizione tra gli operatori33 ed opera a livello
esterno estendendo i benefici garantiti da Stato membro ad uno Stato a tutti gli altri membri, e a livello interno
attraverso la garanzia dell’applicazione del trattamento nazionale ai beni stranieri, ai servizi e ai prestatori di
servizi stranieri, etc.34. Nel primo caso, il principio di non discriminazione si concretizza nella clausola della
nazione più favorita (Most Favoured Nation o MFN), che garantisce ad uno Stato (parte dell’OMC) di essere
trattato in maniera non meno favorevole rispetto ad un altro Stato contraente35; nel secondo caso, invece, questo
principio si concretizza nel principio del trattamento nazionale (detto anche inland-parity)36, ossia nell’obbligo
che lo Stato ha di procedere nei confronti dei beni, dei servizi e dei prestatori di servizi ecc. come se fossero
beni, servizi e prestatori di servizi nazionali37. Il principio di non discriminazione trova espresso riconoscimento
in quasi tutti gli accordi OMC.

In questo senso, seppur l’OMC non ricopre più quella centralità riconosciutale in passato, il suo
diritto è sempre attuale, perché prevede e concretizza dei principi e delle regole che vengono
sistematicamente importati negli accordi preferenziali come, di fatto, avviene per la Costituzione
Nazionale e tutte le fonti inferiori che, in ultima istanza, non le possono essere contrarie.38 Infatti,

32
PETERSMANN, E.U. The WTO Constitution and Human Rights, in Journal of International Economic Law, Vol.
3, 2000, pp. 20-21.
33
COTTIER, T. What Role of Non-Discrimination and Prudential Standards in International Financial Law?, in
Journal of International Economic Law, Vol. 13, n. 3, 2010, p. 819.
34
HERDEGEN, M. Principles of International Economic Law, Oxford: Oxford University Press, 2016, p. 67.
35
LAING A.E., Equal Access/Non-Discrimination and Legitimate Discrimination in International Economic Law, in
Wisconsin International Law Journal, Vol. 14, n. 2, p. 270.
36
Ivi, p. 273.
37
HERDEGEN, M. Principles of, op. cit., pp. 68-69.
38
ESPA I., La codificazione nel diritto OMC, in Salerno F. (ed.), La codificazione nel diritto internazionale ed
europeo (Editoriale Scientifica, 2019), pp. 143-16.

9
si parla dell’OMC anche come della common law del diritto internazionale del commercio39,
proprio perché il fondamento di tutti questi accordi è da rinvenire nella sua cornice.
In questo senso, le disposizioni degli accordi preferenziali vengono solitamente analizzate alla luce del loro
raffronto con le regole OMC esistenti e suddivisi in tre tipologie:40
- Clausole OMC Plus à disposizioni che disciplinano ambiti già coperti dalle regole OMC, ma
in modo più stringente (ad es., nell’accordo tra UE e Vietnam, i dazi all’esportazione di beni
sono vietati, mentre nel GATT è previsto che gli Stati possano adoperarli).
- Clausole OMC Extra à disposizioni che disciplinano ambiti che il diritto OMC non copre
ancora (ad es. regole in materia di concorrenza).
- Clausole OMC Minus à disposizioni che sanciscono la non applicazione di diritti previsti
dagli accordi OMC (ad es., nell’accordo tra UE e gli Stati CARICOM, alcune eccezioni valide
per motivi di sicurezza alimentare in ambito GATT sono esplicitamente escluse dall’ambito di
applicazione dell’accordo).
2. Il multilateralismo: l’OMC
A motivo di quanto detto supra, il capitolo si occuperà prima del diritto OMC e poi approfondirà
il preferenzialismo.
Nel nostro corso tratteremo due esempi specifici di accordi preferenziali: segnatamente, l’Unione Europea e
gli Accordi Bilaterali CH-EU. In particolare, il primo è chiaramente un accordo preferenziale regionale tra più
parti (gli Stati membri dell’UE sono ad oggi 27 dopo la Brexit), mentre il secondo è formalmente bilaterale
perché sono protagonisti la Svizzera e l’Unione europea, che negozia per gli Stati membri.

2.1 Cenni istituzionali


2.1.1 Membership
Ad oggi, l’OMC conta ben 164 membri, ma la sua morfologia è piuttosto confusa: al suo interno
convivono infatti Stati, territori separati (come Hong Kong) e Organizzazioni come l’Unione
Europea41 (insieme a tutti e 27 gli Stati Membri). Oltre alla differente membership, la
composizione dell’OMC presenta due ulteriori peculiarità: innanzitutto, il fatto che fra gli Stati
stessi sussistano profonde differenze (i ¾ sono PVS, 1/5 sono Paesi meno avanzati (PMA) e i
restanti Paesi Sviluppati) e, in secondo luogo, che gli Stati parti dell’UE vi partecipino anche
singolarmente.
I PMA sono definiti tali sulla base di specifici indicatori individuati dalle Nazioni Unite: ad esempio, vengono
considerati indicatori come il PIL, il grado di alfabetizzazione, quello di mortalità infantile etc. Sulla base di
questi indicatori, le Nazioni Unite aggiornano di anno in anno la lista dei PMA. I PVS sono invece una categoria
di autoelezione: ad esempio, vengono ricompresi sia la Cina, sia il Senegal; questi godono comunque di speciali
privilegi nell’ambito del sistema OMC, che rispondono alla logica della disuguaglianza sostanziale (v. infra,
trattamento speciale e differenziato).
I membri si suddividono anche in membri originari e membri di nuova adesione: i primi sono
quelli che hanno sottoscritto l’Accordo di Marrakech nel 1994 (e per cui tale accordo ha prodotto

39
COTTIER, T. The Common Law, op. cit., p. 8.
40
Questa classificazione si rifà a HORN H., MAVROIDIS P. C., SAPIR A., Beyond the WTO: An Anatomy of EU
and US Preferential Trade Agreements, in The World Economy, 2010, pp. 1565-1588.
41
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., p. 114.

10
effetti all’atto della sua entrata in vigore il 1 gennaio 1995), i secondi invece sono quelli che hanno
aderito successivamente.
Ad esempio, la Cina ha impiegato 15 anni per aderire all’OMC e la Russia ben 18: la dilatazione del processo
è stata determinata dalla necessità di adattare il proprio sistema economico di impianto socialista alle norme
di ispirazione liberista dell’OMC.
Esistono anche Stati osservatori: questi nei prossimi 5 anni procederanno all’adesione.
Un esempio è il Sudan.
2.2.2 Struttura istituzionale
L’OMC è caratterizzata da una pluralità di organi, che contribuiscono a “far vivere” il suo diritto.
Tra questi devono essere ricordati:
La Conferenza ministeriale à l’organo assembleare che si riunisce una volta ogni 2 anni a livello
di capi di Stato e/o di governo
Il Consiglio generale à l’organo esecutivo che porta avanti gli affari correnti, è composto da
personale diplomatico e si riunisce anche sotto altre due vesti: in qualità di Organo di risoluzione
delle controversie (Dispute Settlement Body o DSU), ossia l’organo che approva i rapporti degli
organi contenziosi OMC (i panels e l’Organo di appello42) e l’Organo di esame delle politiche
commerciali (Trade Policy Review Body o TPRB), ossia l’organo che esamina e approva le
politiche commerciali degli Stati membri.
Il Segretario generale à rappresenta l’Organizzazione nelle sue relazioni esterne ed è a capo del
Segretariato dell’OMC.
Si sono poi una serie di Comitati specializzati competenti a discutere ed approvare deliberi su una
serie di temi specifici (ad es. il Comitato su Commercio e Ambiente o il Comitato su Commercio
e Sviluppo).
La particolarità dell’OMC è che in tutti gli organi dell’OMC tutti gli Stati sono rappresentati.
L’unica eccezione è costituita dagli organi contenziosi OMC: i panels sono infatti costituiti ad hoc
ogniqualvolta sorga una controversia tra Stati membri dell’OMC da tre giudici nominati dal Segretariato
d’intesa con le parti; l’Organo di Appello è invece un organo permanente normalmente composto da 7 giudici
nominati per un mandato della durata di 4 anni rinnovabile una volta (come si vedrà infra, tuttavia, l’Organo è
attualmente composto da un unico giudice).
2.2.3 Sistema decisionale
La particolarità dell’OMC è che all’interno di tutti gli organi sono rappresentati tutti gli Stati
Membri e tutti votano secondo il classico principio democratico uno stato – un voto, per cui
indipendentemente dalla loro importanza tutti gli Stati hanno diritto a votare e ciascun voto ha lo
stesso peso. Le decisioni sono assunte per consensus43: una delibera è quindi approvata nel
momento in cui nessuno Stato si oppone. Questo crea ovviamente delle procedure di adozione
delle decisioni molto lunghe: in questo senso, l’Organizzazione è orizzontale (garantendo la parità
formale tra i membri), ma anche “ingessata”, perché il processo per adottare le delibere è
lunghissimo.

42
V. infra.
43
V. infra, cap. 2.

11
2.2.4 Sistema di soluzione delle controversie
La risoluzione di tutte le controversie che sorgono nell’ambito dell’OMC si regge sul DSU44, ossia
l’Intesa sulle regole e le procedure che governano in maniera esclusiva la soluzione delle
controversie nascenti sulla base degli accordi unitariamente amministrati dall’OMC45.
Il sistema di risoluzione delle controversie OMC ha contribuito, nel corso degli anni, affinché gli accordi OMC
venissero rispettati ed è infatti considerato il fiore all’occhiello del sistema multilaterale degli scambi. Nel
corso dei suoi quasi 25 anni di vita, sono state decisa più di 550 controversie e nella stragrande maggioranza
dei casi gli Stati soccombenti si sono rimessi alle raccomandazioni degli organi contenziosi OMC, garantendo
un elevato livello di compliance46.
2.2.4.1 Le caratteristiche peculiari del sistema
A differenza di altri meccanismi di risoluzione delle controversie tra Stati (come, ad esempio, la
Corte Internazionale di Giustizia o il Tribunale Internazionale del diritto del mare), il sistema di
giurisdizione dell’OMC è obbligatorio, esclusivo e contenzioso47. È inoltre interstatuale e
automatico.
Obbligatorio à Nel sistema OMC la giurisdizione degli organi contenziosi OMC è obbligatoria48 poiché le
parti, nel sottoscrivere l’Intesa, hanno accettato come unica la sua giurisdizione; in questo senso, nessun
accordo aggiuntivo è necessario. La controversia è obbligatoriamente sottoposta a questo sistema.
Esclusivo à Tutte le controversie che sorgono relativamente agli accordi OMC sono esclusivamente decise
dagli organi contenziosi OMC49. Questo significa che tali organi hanno competenza esclusiva solo su queste
dispute.
Sistema contenzioso à gli organi contenziosi OMC hanno come unico compito quello di chiarire il contenuto
del diritto OMC nel contesto di una causa50 e non di rilasciare opinioni come invece fanno altre Corti
Internazionali. Questo significa che non adottano pareri (con valore consultivo), ma che agiscono solo se sorge
una controversia.
Interstatuale à Il litigio deve necessariamente sorgere tra Stati membri dell’OMC.
Automatico à Le sentenze che vengono adottate non sono adottate per consensus, bensì attraverso il
consensus invertito: questo significa che una sentenza viene approvata a meno che tutti gli Stati membri si
oppongano alla sua adozione. Il meccanismo diventa automatico perché, ovviamente, lo Stato che vince la
causa non si opporrà mai all’adozione della sentenza: questo significa che è assolutamente impossibile che una
sentenza non venga adottata secondo il sistema del consensus invertito. Questo meccanismo dell’automaticità
ha garantito nel tempo un elevato grado di fiducia da parte degli Stati membri nel sistema di risoluzione delle
controversie OMC, tradizionalmente considerato proprio come ‘il fiore all’occhiello’ dell’OMC proprio a

44
https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19940094/index.html#app26ahref1
45
ODDENINO, A. La ricerca di una tutela effettiva dei valori non commerciali nelle controversie OMC, in COMBA,
A. (a cura di), Neoliberismo internazionale e global economic governance, Torino: Giappichelli Editore, 2013, p. 266.
46
FUKUNAGA, Y. Securing Compliance through the WTO Dispute Settlement System: Implementations of DSB
Recommendations, in Journal of International Economic Law, Vol. 9, n. 2, 2006, p. 395.
47
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., p. 168.
48
Art. 6.1 DSU: “A richiesta della Parte che ha sporto reclamo, si costituisce un panel al più tardi alla riunione del
DSB successiva a quella in cui la richiesta compare per la prima volta all'ordine del giorno del DSB, a meno che in
tale riunione il DSB decida all'unanimità di non costituire un panel”.
49
Art. 23.1 DSU: “Nel cercare di ottenere riparazione per una violazione di obblighi o per un altro annullamento o
pregiudizio dei benefici previsti dagli Accordi contemplati o per un impedimento al conseguimento di un obiettivo
degli Accordi contemplati, i Membri utilizzano e rispettano le norme e procedure della presente Intesa”.
50
Art. 3.2 DSU: “Il sistema di risoluzione delle controversie dell'OMC svolge un ruolo essenziale nell'assicurare
certezza e prevedibilità al sistema commerciale multilaterale”.

12
motivo della garanzia di risoluzione efficace delle dispute attraverso l’approvazione certa di una sentenza
vincolante per le parti.

2.2.4.2 Le fasi successive del sistema


Il meccanismo di soluzione delle controversie fa capo all’Organo di risoluzione delle controversie
(Dispute Settlement Body o DSB), che decide in tempistiche relativamente ristrette51 e secondo il
seguente schema:
1. Consultazioni52 à In questa fase (tipicamente conciliativa) uno Stato formula richiesta ad
un altro in relazione ad una pretesa violazione, in merito alla quale deve ricevere una
risposta entro 10 giorni.
Si tratta di una procedura avente natura eminentemente interstatuale: infatti, anche se
interessi di ONG o di individui possono essere coinvolti, la legittimazione attiva (ossia il
diritto di permettere l’apertura della procedura) spetta solo agli Stati.
2. Istituzione Panel53 à Se non viene raggiunto nessun accordo, si avvia la procedura di
risoluzione tramite la richiesta dello Stato attore di istituire un panel (composto da tecnici
con competenze specifiche su quella materia)54, che ha il dovere di decidere la controversia
in merito (fatti) e in diritto (valuta se vi sia stata o meno violazione delle regole di diritto).
La scelta (sentenza) deve essere inserita in una relazione da consegnare all’Organo di
risoluzione delle controversie, che può adottarla o meno55.
Inizialmente, per l’adozione della decisione, veniva prescritta la procedura del consensus: di fatto, però,
questo veniva raramente raggiunto, in quanto lo Stato convenuto opponeva il suo dissenso; questo
ostacolo è stato superato prescrivendo che si dovesse raggiungere l’unanimità negativa affinché una
decisione non venisse adottata. Questa nuova regola (cd consensus negativo) prescrive quindi che le
decisioni possano essere respinte dal DSB solo se tutti gli Stati Membri sono d’accordo: nei fatti,
l’unanimità non sarà più determinante per l’adozione, bensì per la non adozione della decisione56.
3. Appello à Lo Stato/i convenuto/i può proporre appello prima che l’Organo di risoluzione
delle controversie si pronunci57: l’Organo di Appello (Appellate Body o AB) decide entro
60 giorni, modificando o confermando la decisione del panel. In questo caso viene istituito
un secondo grado di giudizio: l’Organo di Appello è normalmente composto da 7 giudici
che, nominati dal DSB per consensus, vi siedono in maniera permanente (il loro mandato
dura 4 anni ed è rinnovabile una sola volta) e decidono ciascun caso in gruppi di tre giudici.
A differenza del Panel, l’Organo d’appello decide solo in diritto: questo significa che non potrà pronunciarsi
sui fatti, ma soltanto sulla regola applicabile a questi ultimi (per come sono stati definiti e classificati dal
Panel). Questo significa che l’Organo di Appello deve semplicemente statuire se vi sia stata o meno una
violazione delle regole di diritto OMC.

51
ODDENINO, A. La ricerca di una tutela, op. cit., pp. 268-270.
52
Art. 4 DSU.
53
Art. 6 DSU.
54
Art. 8 DSU.
55
Art. 16 DSU.
56
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., p. 210.
57
Art. 17 DSU.

13
La previsione di un secondo grado di giudizio è un unicum nel panorama dei tribunali
internazionali e per lungo tempo ha rappresentato uno dei maggiori punti di forza del
sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC (si pensi al fatto che, pur inizialmente
previsto come un meccanismo cui ricorrere in casi particolarmente complessi e/o
controversi, il ricorso in appello è diventato ormai una prassi per le parti della controversia
proprio a motivo dell’autorevolezza dei giudici d’appello e della loro giurisprudenza).58
L’Organo è però ad oggi “paralizzato” a seguito della mancata (ri)elezione di sei delle sette
posizioni di giudice per effetto del veto opposto dagli Stati Uniti nei confronti di ognuno
dei nominativi proposti da circa due anni a questa parte. In particolare, la vera e propria
paralisi dell’Organo d’Appello si è verificata a partire dall’11 dicembre 2019, dopo che il
10 dicembre 2019 hanno concluso il loro mandato il signor Ujal Singh Bhatia (India) and il
signor Thomas R. Graham (Stati Uniti). Se infatti l’ultimo giudice rimasto, la signora Hong
Zhao (Cina), concluderà formalmente il suo mandato a novembre 2020, non è comunque
possibile per l’organo ricevere nuovi ricorsi per mancanza del numero minimo di giudici
(3) necessari a conoscere di una disputa.
Gli Stati Uniti dell’Amministrazione Trump hanno sistematicamente bloccato la procedura di (ri)elezione non
tanto perché contrari a conferire l’incarico a questo o a quel giudice, quanto piuttosto proprio con l’intenzione
di decretarne la paralisi. Trump non ha infatti nascosto la sua profonda ostilità nei confronti dell’Organo
d’Appello: a suo dire, l’Organo avrebbe abusato del suo ruolo e dato vita a una giurisprudenza troppo
“creativa” che avrebbe finito per interpretare le regole dell’OMC contro gli interessi degli Stati Uniti
(condannando quindi gli Stati Uniti un numero eccessivo di volte). Non è ancora chiaro se questa crisi potrà
essere risolta, ma sicuramente è lecito presupporre che il blocco delle nomine dei giudici vada avanti
perlomeno sino a quando l’Amministrazione Trump sarà in carica (le prossime elezioni sono proprio questo
novembre). Ad ogni modo, al momento il meccanismo degli appelli in seno all’OMC è bloccato e alcuni Stati
membri stanno già studiando soluzioni alternative per sottoporre i report dei panels a meccanismi di revisione
formalmente differenti (ossia, non gestiti dall’Organo di Appello) ma molto simili nella sostanza (per esempio,
è stato di recente concluso un accordo tra 19 Stati membri dell’OMC, inclusi l’Unione europea, la Svizzera,
la Cina, il Canada e il Messico, al fine di sottoporre i report dei panels a un meccanismo di arbitrato
internazionale che ricalca nelle procedure il meccanismo d’appello in seno all’OMC).59
4. Esecuzione à La Parte soccombente (che si ritiene abbia violato le regole OMC) deve
provvedere all’esecuzione delle misure indicate nel rapporto (del panel o dell’Organo di
Appello)60 e modificare la sua condotta. In mancanza, la parte inadempiente può subire
l’opposizione di contromisure (che di per sé non sono legittime, ma lo diventano in quanto
reazione allo Stato inadempiente) da parte dello Stato vincente (come, ad esempio, la
sospensione di concessioni)). Tali misure di retaliation sono sempre approvate da parte del
DSB per consensus invertito e non possono quindi essere adottate unilateralmente dallo
Stato vincente61.

58
SACERDOTIn G., The WTO Dispute Settlement System in 2019: The Case Law of The Appellate Body Before Its
Demise, in Italian Yearbook of International Law 2020, forthcoming.
59
Per esempio, gli arbitri potranno essere eletti tra i precedenti giudici dell’Organo di Appello dell’OMC. ESPA I.,
The (WTO and) Appellate Body Crisis: What Ways Forward?, Italian Ministry of Foreign Affairs and US Embassy
Policy Brief, forthcoming.
60
Art. 21.1 DSU.
61
Art. 22 DSU.

14
Questa procedura subisce delle eccezioni se i convenuti sono PVS o PMA: in questo caso si concede
più tempo per conformarsi alle raccomandazioni contenute nel rapporto del panel e/o dell’Organo di
Appellato e le eventuali contromisure o misure di retaliation saranno di ridotta entità62.

2.2.5 Gli obiettivi dell’OMC


Prima di analizzare il diritto materiale OMC (ossia, l’insieme delle sue regole sostanziali), è utile
illustrare gli obiettivi alla base del mandato dell’OMC. Tali obiettivi sono desumibili se si guarda
a un estratto del preambolo dell’Accordo di Marrakech istitutivo dell’OMC:
« …riconoscendo che le loro relazioni nel campo del commercio e delle attività̀ economiche dovrebbero essere
finalizzate ad innalzare il tenore di vita, a garantire la piena occupazione e un volume sostanziale e in continua
crescita di reddito reale e di domanda effettiva, e ad espandere la produzione e il commercio di beni e servizi,
consentendo al tempo stesso un impiego ottimale delle risorse mondiali, conformemente all’obiettivo di uno sviluppo
sostenibile, che miri a tutelare e a preservare l’ambiente e a potenziare gli strumenti per perseguire tale obiettivo
in maniera compatibile con le rispettive esigenze e i rispettivi problemi, derivanti dai diversi livelli di sviluppo
economico; »
Questo considerando ci informa che, al contrario di quanto si possa pensare, il fine dell’OMC non
è il libero commercio in sé stesso. Al contrario, se si guarda agli obiettivi elencati si vede che gli
obiettivi di carattere economico sono sempre accompagnati da una funzione di sviluppo sociale:
l’innalzamento del tenore di vita, la piena occupazione, la crescita del reddito reale etc. Sempre in
questa chiave, è inoltre importante notare che il mandato dell’OMC include esplicitamente
obiettivi di tutela ambientale, esigendo che l’espansione della produzione del commercio di beni
e servizi (e quindi, si badi bene, la liberalizzazione del commercio e non il libero commercio) si
realizzi in modo compatibile all’obiettivo di uno sviluppo sostenibile. Questo considerando è
molto importante perché è stato più volte richiamato dagli organi contenziosi OMC come contesto
rilevante per corroborare un’interpretazione estensiva delle disposizioni di diritto OMC.
Per esempio, nel caso Stati Uniti – Gamberetti, l’Organo di Appello ha dichiarato che l’eccezione di cui all’art.
XX (g) per motivi di “conservazione delle risorse naturali esauribili” doveva essere interpretata nel senso di
ammettere misure rivolte alla conservazione tanto di risorse naturali non riproducibili (come le risorse
minerarie) quanto di risorse naturale riproducibili (come le tartarughe marine) alla luce dell’obiettivo di
sviluppo sostenibile menzionato nel preambolo di cui supra.

« riconoscendo altresì̀ che occorre adoperarsi concretamente affinché́ i paesi in via di sviluppo, in particolare quelli
meno avanzati, si assicurino una quota della crescita del commercio internazionale proporzionale alle necessità del
loro sviluppo economico; »

Questo considerando è pure molto importante perché pone le basi per quello che tecnicamente
viene definito “trattamento speciale e differenziato” per i PVS nell’OMC. Si tratta in sostanza di
un esplicito riconoscimento degli speciali bisogni economici dei PVS e quindi della possibilità che
a questi Paesi vengano, da un lato, concessi speciali privilegi in deroga a quanto previsto dalla
clausola della nazione più favorita63 e senza obbligo di corrispondenza (c.d. principio della non

62
Art. 24 DSU.
63
DUBOZ M.L. e HOUSER, M. L’absence d’une définition précise de la notion de pays en développement à l’OMC:
un handicap pour son fonctionnement, in Revue Monde en Développement, Vol. 3, n. 163, 2013, pp. 116-117.

15
reciprocità) e, dall’altro, garantite specifiche flessibilità (la possibilità di adattarli gli impegni
assunti dai PVS ai propri bisogni e alle proprie capacità).
Quanto al primo tipo, il trattamento speciale e differenziato si manifesta attraverso le preferenze doganali (il
cd sistema delle preferenze generalizzate)64, ossia nell’esenzione o riduzione dei dazi per i prodotti importati
da questi paesi65; quanto al secondo tipo, si pensi alle speciali flessibilità previste per i PVS nella fase di
esecuzione dei rapporti degli organi contenziosi OMC di cui supra.
«desiderando contribuire a tali obiettivi attraverso la conclusione di mutui accordi reciprocamente convenienti
finalizzati a una sostanziale riduzione delle tariffe e degli altri ostacoli agli scambi e all’eliminazione dei trattamenti
discriminatori nelle relazioni commerciali internazionali; … »

Questo considerando pone le basi per la trattazione delle regole sostanziali di diritto OMC in
materia di commercio di merci, servizi e aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale.
Esso infatti individua due principali strumenti attraverso cui realizzare i fini dell’OMC:
- la realizzazione dell’accesso al mercato, ossia la regolamentazione delle misure restrittive degli
scambi che limitano quindi le importazioni e le esportazioni;
- L’eliminazione di trattamenti discriminatori, ossia le regole che vietano la discriminazione tra
prodotti simili aventi diversa nazionalità.
3 Segue: Le regole in materia di commercio di merci poste dal GATT
L’Accordo Generale sulle Tariffe Doganali e sul Commercio (GATT) ha come obiettivo principale
la liberalizzazione del commercio internazionale di merci. Per farlo, si rifà a quelli strumenti già
menzionati nel preambolo, che in ambito GATT si declinano nel seguente modo:
1. Accesso al mercato à regolamentazione delle misure imposte alla frontiera (dette anche
border measures), che limitano le importazioni e le esportazioni
2. Eliminazione di trattamenti discriminatori à regole che vietano le discriminazioni tra
prodotti simili aventi diversa nazionalità
a. Tanto le discriminazioni tra prodotti nazionali e prodotti importati simili operate
attraverso misure interne discriminatorie (c.d. behind-the border measures), cioè
misure che non si applicano a un bene all’atto dell’attraversamento alla frontiera
bensì successivamente, una volta cioè che i beni si trovino nel territorio nazionale
(si pensi, ad es., a misure fiscali)
b. Quanto le discriminazioni tra prodotti esteri simili di diversa nazionalità operate
attraverso preferenze accordate unicamente ad alcuni Stati (si pensi, ad es., ai
rapporti privilegiati che alcuni Paesi erano soliti mantenere con le proprie ex
colonie).
Un tipico esempio è quello delle banane: l’Unione europea ha storicamente privilegiato le banane
importate dai paesi ACP (Africa, Caraibi e Pacifico, con cui aveva siglato la Convenzione di Lomé
già nel 1975) rispetto a quelle provenienti dall’America Latina a danno di imprese multinazionali

64
V. supra, cap. 2.
65
GIL-PAREJA, S., LLORCA-VIVERO, R., MARTÍNEZ SERRANO, J.A. Do nonreciprocal preferential trade
agreements increase beneficiaries’ exports?, in Journal of Development Economics, Vol. 107, 2014, p. 292.

16
molto importanti stanziate su questi territori (come la Chiquita e la Dole). Ne è nata una disputa in
sede OMC durata quasi 20 anni.
3.1 Il campo di applicazione materiale: la definizione di merce
Al fine di incentivare il commercio internazionale, nel 1983 è stata sottoscritta a Bruxelles sotto la
spinta dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane (OMD)66 la Convenzione internazionale sul
Sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci67, in cui ad ogni singola merce
viene attribuito un numero d’identificazione68: la possibilità di classificare universalmente ed
immediatamente una merce ha di fatto facilitato gli scambi e l’eventuale applicazione di
restrizioni, poiché ha uniformato le pratiche statali.
L’adozione di questa Convenzione ha soddisfatto diverse esigenze: innanzitutto, ha permesso che un oggetto
che in un Paese X venisse prima identificato come A e in un Paese Y come B, venga ora classificato in entrambi
i Paesi come A o come B; secondariamente, ha permesso di velocizzare le pratiche alle dogane: attualmente,
l’incaricato al controllo delle merci che entrano nel territorio nazionale è facilitato nella scelta del regime da
applicare, poiché indirizzato dal codice d’identificazione della merce.
Il sistema armonizzato (SA) è basato su una nomenclatura che si serve di un codice a 6 cifre: le
prime 2 corrispondono al capitolo, le seguenti 4 indicano il titolo, le ultime due il sottotitolo; queste
6 cifre devono essere obbligatoriamente riprese da tutti gli Stati parte dell’OMC, a cui ne possono
essere aggiunte in maniera facoltativa altre 4 se gli Stati intendono precisare la loro
classificazione69, arrivando ad un codice sino a 10 cifre.
In Svizzera questa Convenzione è entrata in vigore nel 1988; online70 sono consultabili tutte le Tariffe d’uso
Svizzere. Di seguito un esempio esplicativo:
18 Cacao e prodotti e base di cacao
1806, Cioccolata e altre preparazioni alimentari contenenti cacao:
1806.10 - cacao in polvere, con aggiunta di zuccheri o di altri dolcificanti:
1806.1010 - - avente tenore, in peso, di saccarosio eccedente 65%
1806.1020 - - avente tenore, in peso, di saccarosio non eccedente 65%
Legenda
18 = Capitolo
1806 = Titolo
10 = Sottotitolo
10 e 20 = Specificazioni rese dalla Svizzera (non sono obbligatorie, ma quasi tutti gli Stati sono interessati a
questo livello di dettaglio)

66
http://www.wcoomd.org/en.aspx
67
Convenzione internazionale sul Sistema armonizzato di designazione e di codificazione delle merci del 14 Giugno
1983 (RS 0.632.11).
68
ROVETTA, D. Harmonized System and Schedules of Concession, in COTTIER, T. e SCHEFER, K.N. (ed.), Elgar
Encyclopaedia of International Economic Law, Cheltenham: Edward Elgar Publishing, 2017, p. 350.
69
ZIEGLER, A.R. Droit international économique, op. cit., p. 137.
70
https://xtares.admin.ch/

17
3.2 La disciplina in materia di accesso al mercato
La realizzazione del commercio internazionale è strettamente dipendente dalla garanzia
dell’accesso al mercato nazionale di ogni singolo Stato: affinché i beni possano essere
effettivamente scambiati, è necessario che l’accesso al mercato nazionale sia prevedibile e quanto
più sicuro possibile71. Nonostante ciò, esistono tutt’ora delle restrizioni alla frontiera (c.d. border
measures) che limitano le importazioni e le esportazioni72.
L’Accordo GATT pone regole in materia di accesso al mercato distinguendo in primo luogo tra
barriere tariffarie e barriere non tariffarie (restrizioni quantitative). Come vedremo, gli obblighi
degli Stati differiscono a seconda del tipo di restrizione alla frontiera.
3.2.1 Le barriere tariffarie
Nonostante il GATT non fornisca alcuna definizione di “barriera tariffaria”, questa può essere
generalmente intesa come qualsiasi onere pecuniario applicato sui beni beni importati o esportati
in ragione dell’attraversamento della frontiera73. Sono barriere che agiscono alla frontiera sul
prezzo dei prodotti, rendendoli più cari nel momento in cui vengono importati o esportati.
3.2.1.1 La disciplina dei dazi sulle importazioni
I dazi sulle importazioni consistono in tutti gli oneri pecuniari che vengono applicati ad un bene
all’atto dell’importazione e in ragione dell’importazione. Agiscono quindi sul prezzo del prodotto
importato.
Questi si distinguono in dazi ad valorem e dazi non ad valorem: i primi consistono in una tassa, espressa in
percentuale, che viene applicata al valore del bene importato (10% sul televisore del valore di 100 chf 10). I
secondi possono essere specifici, composti, o misti: i dazi non ad valorem specifici consistono in una tariffa
applicata ad un bene in base al suo peso, alla sua lunghezza, alla sua area, al suo volume o al numero di pezzi
importati (300 chf su ogni kilogrammo di fave di cacao importate); quelli composti consistono invece
nell’imposizione di un dazio ad valorem e di un altro dazio specifico (importazione di 100 mt di seta: 10% sul
prezzo finale + 10 chf ogni 100 mt); misti sono quei dazi che possono essere sia ad valorem, sia specifici (10%
sul valore della macchina da scrivere o 10 chf per ogni macchina da scrivere importata).
Il principio base OMC è quello della graduale riduzione e del consolidamento delle tariffe
doganali (all’importazione). In altre parole, i dazi doganali non sono vietati nel GATT, bensì sono
accettati come un legittimo strumento di protezione dei mercati74 per vari motivi:
- Motivazione di carattere economico à i dazi sono le misure meno distorsive
degli scambi: sono infatti trasparenti, prevedibili quanto al loro impatto
economico e limitano gli scambi in senso non assoluto (in altre parole, rendono
i beni importati più cari ma non impediscono di per sé che l’importazione
avvenga)
- Motivazione di carattere distributivo à i dazi sono importanti fonti di reddito,
in particolare per i Paesi in via di sviluppo75.
Alla luce di queste considerazioni, il GATT prevede che gli Stati avviino negoziazioni tariffarie al
fine di addivenire alla progressiva riduzione dei dazi (art. XXVIII GATT). Gli Stati, in questo

71
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., p. 415.
72
VAN DEN BOSSCHE, P. e PRÉVOST, D. Essentials of WTO law, Cambridge: CUP, 2016, p. 49.
73
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., pp. 417 e 469.
74
Si pensi in Svizzera al settore delle materie prime: https://www.newsd.admin.ch/
75
Ivi, p. 422.

18
contesto, devono sapere cosa chiedere e cosa dare in cambio perché, essendo parti di un sistema
multilaterale, queste regole verranno poi estese a tutti in base alla clausola della nazione più
favorita76; in linea generale, le concessioni negoziate bilateralmente (e che verranno poi
multilateralizzate) devono rispondere al principio della reciprocità: devono cioè essere
mutualmente vantaggiose per ambo le parti. Un’importante eccezione è però riconosciuta ai PVS,
a cui non è richiesto lo stesso livello di impegno in base alla logica del trattamento speciale e
differenziato: essendo caratterizzati da un mercato più fragile, in questo caso la reciprocità è
relativa.
Dal 1947 ad oggi, sono stati efficacemente conclusi otto round negoziali, il nono (il Doha Round)
è ancora in corso ma è da anni in una fase di stallo, in particolare per quanto riguarda la riduzione
dei dazi doganali sui prodotti agricoli.
In linea generale, il livello medio dei dazi sui prodotti agricoli rimane sostanzialmente più alto di quello
applicato ad altri prodotti a motivo delle politiche di stampo protezionistico applicate da moltissimi Stati, in
particolare quelli industrializzati (si pensi, ad es., alla Svizzera). In particolare, è frutto del fatto che, con
l’entrata in vigore dell’Accordo OMC sull’Agricoltura, gli Stati membri abbiano acconsentito a procedere alla
c.d. tarifficazione, ossia alla conversione di tutte le barriere di accesso al mercato distorsive degli scambi di
prodotti agricoli in dazi doganali. Questo spiega inoltre perché spesso i dazi doganali applicati ai prodotti
agricoli siano specifici.
Dal 1947 ad oggi, il livello mondiale delle tariffe è stato mediamente ridotto del 40%, anche se,
come detto, permangono significative differenze tra prodotti (agricoli e non) e tra i livelli applicati
dai diversi Stati (i PVS hanno livelli mediamente molto più alti degli Stati economicamente più
avanzati).
I livelli di dazio che si sono negoziati sono quindi resi vincolanti tramite l’incorporazione nelle
c.d. liste di concessioni o liste GATT77: questo significa che gli Stati includeranno all’interno delle
loro liste di concessione (o liste GATT) livello massimali di dazio (c.d. bound rates) per ciascun
prodotto rispetto a cui abbiamo negoziato (identificato attraverso il SA). Una volta iscritti nella
lista GATT, tali impegni non possono più essere aumentati ma al massimo soltanto diminuiti
ulteriormente (principio del consolidamento).
Ad esempio, nella lista GATT dello Stato X è previsto che per l’importazione di televisioni la tariffa sia del
10% ad valorem: tale Stato potrà applicare una tariffa inferiore, ma mai superiore.
Sovente gli Stati applicano tariffe inferiori rispetto a quelle vincolanti (c.d. applied rates): la
differenza tra bound rates e applied rates è detta “acqua” (water) perché può essere “spostata” con
agilità. Questo consente agli Stati di mantenere un certo margine di manovra (water) senza
incorrere in violazioni. Gli applied rates sono accessibili consultando la cd tariffa doganale
pubblicata da ciascuno Stato.
La tariffa doganale svizzera (TARES) contiene i livelli reali di dazio su ciascun prodotto (applied rates) ed è
aggiornata sistematicamente.78 Ad esempio, si veda il confronto di cui sotto basato sull’esempio precedente:
- 18 Cacao e prodotti a base di cacao
- 1806 Cioccolata e altre preparazioni alimentari contenenti cacao:

76
V. infra.
77
https://www.wto.org/english/tratop_e/schedules_e/goods_schedules_table_e.htm
78
https://www.wto.org/english/tratop_e/schedules_e/goods_schedules_table_e.htm. La lista GATT della Svizzera,
contenente i suoi livelli massimi di dazio per ciascun prodotto (bound rates) è consultabile al link
https://www.wto.org/english/tratop_e/schedules_e/goods_schedules_table_e.htm.

19
- 1806.10 - cacao in polvere, con aggiunta di zuccheri o di altri dolcificanti:
- 1806.1010 - - avente tenore, in peso, di saccarosio eccedente 65%
● Aliquota di dazio ai sensi della lista GATT (bound rate): 75 chf per 100 kg peso
lordo
● Aliquota di dazio reale ai sensi della TARES (applied rate): 11.60 chf per 100 kg
di peso lordo
- 1806.1020 - - avente tenore, in peso, di saccarosio non eccedente 65%
● Aliquota di dazio ai sensi della lista GATT (bound rate): 53 chf per 100 kg peso
lordo
● Aliquota di dazio reale ai sensi della TARES (applied rate): 11.50 chf per 100 kg
di peso lordo
Infine, in casi limitati e previa consultazione con tutte le parti interessate, gli Stati possono
eccezionalmente richiedere di aumentare i bound rates su alcuni prodotti (deconsolidamento): a
tale richiesta fanno seguito delle negoziazioni con le parti interessate, che potranno esigere ulteriori
concessioni su altri prodotti o, in mancanza di accordo in tal senso, rimuovere a loro volta
concessioni per un ammontare di pari valore.
Si veda il caso degli Stati Uniti di Donald Trump, che hanno recentemente innalzato i livelli di dazio su prodotti
d’acciaio e di alluminio (marzo 2018) al 25%. A tale misura l’UE, Cina ed altri hanno “risposto” innalzando il
livello dei dazi applicati a una lista di prodotti americani (ad es. whiskey, Harley Davidson, ecc.).
3.2.1.2 Disciplina dei dazi sulle esportazioni
Nonostante più rari rispetto ai primi, alcuni Paesi applicano ancora i dazi sulle esportazioni, ossia
quegli oneri caricati su un prodotto all’atto dell’esportazione; tali dazi servono due principali
necessità: come quelli sulle importazioni, sono innanzitutto una fonte di guadagno per i governi
locali (si pensi, ad esempio, a quei Paesi in Via di Sviluppo che basano la propria crescita
sull’esportazioni di minerali)79 e, secondariamente, costituiscono un mezzo per promuovere e
proteggere le industrie locali80.
I dazi sulle esportazioni vengono spesso praticati anche nel campo dell’agricoltura, soprattutto quando la scarsa
quantità di un prodotto costringe i Governi a favorire, nella consumazione, la popolazione locale; ad esempio,
durante l’ultima crisi alimentare mondiale del 2008-2011, moltissimi governi hanno applicato dazi
all’esportazione di derrate alimentari di base (ad esempio, riso, grano, olio di palma) nel tentativo di rendere
meno conveniente l’esportazione di tali prodotti sui mercati internazionali e favorire invece un aumento
dell’offerta sul mercato interno onde scongiurare l’insorgenza di situazioni di insicurezza alimentare.81
Come per le tariffe doganali all’importazione, anche i dazi all’esportazione non sono vietati dal
GATT. Tuttavia, proprio per il fatto che si tratta di misure applicate meno capillarmente, gli Stati
non hanno ancora negoziato in modo sistematico livelli massimi di dazi all’esportazione nelle loro
liste GATT.

79
Si pensi, ad esempio, alla Cina.
80
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., p. 470. Sia inoltre consentito di rinviare a
ESPA, I. Export Restrictions on Critical Minerals and Metals: Testing the Adequacy of WTO Disciplines, Cambridge
University Press, 2015.
81
Ivi, pp. 15-.18.

20
Un’eccezione è costituita dalla Federazione russa, che ha inserito nella sua lista un’apposita sezione dedicata
ai dazi all’esportazione. Tale circostanza è però dovuta al fatto che la Federazione russa è uno Stato di nuova
adesione e ha negoziato tali obblighi OMC-plus nell’ambito del suo negoziato di adesione all’OMC.
3.2.1.3 La disciplina delle restrizioni quantitative
In antitesi rispetto alle barriere tariffarie, le restrizioni quantitative sono quelle misure che agiscono
(direttamente o indirettamente) sulla quantità di un bene importato o esportato. Hanno quindi un
effetto limitativo sul volume dei beni scambiati.
Tra esse è possibile distinguere le restrizioni quantitative formali (de iure), ossia quelle che agiscono
direttamente sulla quantità del bene importato o esportato, e le restrizioni quantitative de facto, ossia quelle
misure aventi lo stesso effetto limitativo delle restrizioni quantitative. Le restrizioni quantitative formali sono:
i divieti (o restrizioni) integrali, ossia limiti assoluti all’importazione o all’esportazione (ad. esempio, non è
possibile esportare riso dal paese X); le quote (o contingenti), ossia le misure che pongono limiti numerici,
basati sul volume di scambio (ad esempio, non è possibile acquistare più di 100 trattori dall’estero all’anno) o
sul valore del bene scambiato (ad esempio, non è possibile esportare trattori oltre il valore di 100’000 chf).
Esistono poi una serie di misure che non agiscono direttamente sulla quantità del bene importato o esportato
ma che comunque incidono sul volume di scambi: per esempio, i sistemi di licenze all’importazione o
all’esportazione che dovessero porre condizioni eccessivamente stringenti o discrezionali come prerequisito
per l’ottenimento della licenza a importare o esportare potrebbero avere di fatto lo stesso effetto di un divieto,
poiché potrebbero rendere addirittura impossibile l’importazione o l’esportazione (si pensi a sistemi che
sottoponessero a lungaggini amministrative l’importazione o l’esportazione di beni facilmente deperibili come
la frutta e la verdura fresche: farle giacere in dogana per giorni in attesa di autorizzazione equivarrebbe di fatto
a un divieto di importazione o esportazione perché verrebbe meno la possibilità stessa di importare o esportare
tali beni una volta avariati). Stesso discorso vale per i c.d. prezzi minimi all’importazione o all’esportazione
(ossia, la prescrizione che un dato bene non possa essere importato o esportato al di sotto di un certo prezzo):
si pensi, ad esempio, a una misura adottata dal paese Y che vieta che il riso non possa essere importato se il
suo prezzo è al di sotto di 10 chf al kilo; questo fa si che i produttori più efficienti stanziati all’estero non
riescano a penetrare il mercato interno a motivo del costo eccessivo a cui il riso importato viene venduto sul
mercato; in ultima analisi, tali produttori decideranno di non accedere al mercato del paese Y.
In antitesi rispetto a quanto accade per le barriere tariffarie, il GATT contiene un divieto assoluto
di applicare qualunque restrizioni quantitativa che limiti o vieti in qualsiasi modo l’importazione82
o l’esportazione di prodotti83, indipendentemente dalla sua forma (sono comprese misure
obbligatorie (ad esempio, imposte per legge) e non (ad esempio, prezzi minimi settati attraverso
linee guida governative), restrizioni de iure o de facto, restrizioni effettive e anche solo potenziali
(vale a dire, indipendentemente dalla dimostrazione effettiva, con dati alla mano, dell’avvenuta
riduzione del volume degli scambi)84).
All’origine di questo divieto omnicomprensivo ci sono, ancora una volta, motivazioni di carattere
economico. L’idea è che le restrizioni quantitative non siano soltanto misure maggiormente
distorsive degli scambi, nella misura in cui impongono dei vincoli non sormontabili
all’importazione o all’esportazione (si pensi, ad esempio, ai divieti integrali: non si limitano a
rendere più cari i prodotti esportati, ma eliminano all’origine la possibilità stessa di esportare), ma
anche meno trasparenti e difficili da quantificare nei loro effetti. Oltre a questo, si tratta di misure

82
ESPA, I. Quotas and Import Licensing, in COTTIER, T. e SCHEFER K.N (a cura di), Elgar Encyclopedia of
International Economic Law, 2017, p. 363.
83
ESPA, I. Export Restrictions, in COTTIER, T. e SCHEFER K.N (a cura di), Elgar Encyclopedia of International
Economic Law, 2017, p. 368.
84
Questo perché il diritto OMC tutela le opportunità competitive.

21
che creano anche potenzialmente ulteriori inefficienze: si pensi, ad esempio, ai rischi di corruzione
che potrebbero sorgere relativamente all’amministrazione di un sistema di licenze
all’importazione.85
Nonostante siano generalmente vietate, esistono diverse eccezioni all’impossibilità di istituire
restrizioni quantitative: l’art. XI:2 (a)86 prevede in particolare che, in presenza di una contigenza
critica di prodotti agricoli o altri prodotti essenziali (dovuta per esempio a calamità naturali,
siccità ecc.), le esportazioni di tali prodotti possano essere ristrette.
Si tratta di una disposizione che per decenni non ha destato particolari problemi nella misura in cui si riferisce
a situazioni di gravità eccezionale legata alla mancanza di prodotti essenziali come i prodotti agricoli. Per lungo
tempo di fatto gli Stati hanno adottato misure ascrivibili alle situazioni coperte dall’art. XI:2 (a) proprio per
giustificare restrizioni all’esportazione di derrate alimentari essenziali. Attualmente, tuttavia, l’emergenza
legata alla lotta alla pandemia da COVID-19 ha aperto nuovi scenari di applicazione di questa disposizione:
sembra infatti che prodotti come presidi sanitari e forniture mediche essenziali quali mascherine, gel
disinfettanti, guanti possano rientrare nella definizione di “prodotti essenziali” ai sensi dell’art. XI:2 (a)
giustificando quindi in principio tutta una serie di divieti e altre restrizioni quantitative (in particolare, sistemi
di licenze all’esportazione) che moltissimi Paesi del mondo stanno al momento applicando all’esportazione di
materiale sanitario nel tentativo di salvaguardare l’offerta interna.87

L’art. XII88 ammette inoltre che gli Stati possano adottare delle restrizioni quantitative ove
necessario al fine di rimediare a situazioni di squilibrio nella bilancia dei pagamenti. Un altro
esempio interessante è quello previsto all’art. XVIII:13, in base al quale i PVS sono a certe
condizioni autorizzati a procedere all’imposizione di restrizioni quantitative all’importazione per
proteggere le c.d. infant industries, ossia le industrie nascenti che potrebbero col tempo diventare
competitive sui mercati ma che sono ancora troppo deboli nel loro stadio iniziale per poter
sopravvivere ai competitors89.
3.3 L’eliminazione dei trattamenti discriminatori
L’altro strumento fondamentale attraverso cui realizzare la liberalizzazione degli scambi di merci
è l’eliminazione dei trattamenti discriminatori. Il GATT distingue in particolare tra due tipi di
trattamento discriminatorio: da un lato, la c.d. discriminazione interna, ossia la discriminazione
tra prodotti esteri e prodotti nazionali simili; dall’altro la c.d. discriminazione esterna, ossia la
85
ESPA, I. Quotas and Import Licensing, op. cit., p. 363.
86
“L’applicazione delle disposizioni del numero 1 non sarà estesa ai a. divieti o restrizioni temporanei d’esportazione,
intesi a prevenire una contingenza critica, determinata da strettezza di prodotti agricoli o di altri prodotti essenziali per
la Parte contraente esportatrice o a rimediare a uno stato siffatto;
87
ADINOLFI G., Il ruolo delle politiche commerciali a fronte della pandemia da COVID-19: brevi riflessioni alla
luce del diritto OMC, SIDIBlog, 20 aprile 2020, http://www.sidiblog.org/2020/04/20/il-ruolo-delle-politiche-
commerciali-a-fronte-della-pandemia-da-covid-19-brevi-riflessioni-alla-luce-del-diritto-omc/.
88
“Nonostante le disposizioni del numero 1 dell'articolo XI, ogni Parte contraente può, allo scopo di conservare il suo
stato finanziario rispetto all'estero e di mantenere pari la sua bilancia dei pagamenti, restringere la quantità o il valore
delle merci delle quali permette l'importazione, riservate nondimeno le disposizioni dei seguenti numeri del presente
articolo”.
89
“Ogni Parte contraente considerata nella lettera a del numero 4 del presente articolo, la quale riscontri essere
necessario un aiuto, per promuovere lo stabilimento di un ramo d’una produzione determinata onde elevare il grado
generale di vita della popolazione, senza che sia praticamente possibile istituire una misura compatibile con le altre
disposizioni del presente accordo, potrà valersi delle disposizioni e dei procedimenti previsti nella presente sezione”.

22
discriminazione tra prodotti esteri simili ma di diversa nazionalità. Il primo tipo di discriminazione
avviene attraverso misure interne, misure cioè non imposte in ragione dell’attraversamento della
frontiera di un bene ma imposte sul piano interno ai prodotti che si trovino a essere
commercializzati in un determinato paese (e quindi anche ai prodotti importati una volta che
abbiano varcato i confini nazionali: in questo senso le misure interne vengono anche dette behind-
the border measures).
Un esempio classico sono le misure interne di natura fiscale: gli Stati per esempio applicano spesso delle accise
sui prodotti alcolici o sui prodotti a base di tabacco. Tali tasse vengono applicate su tali prodotti sul piano
interno e interessano quindi tanto i prodotti nazionali quanti i prodotti importati simili.

Il secondo tipo di discriminazione può avvenire tanto a livello di barriere alla frontiera quanto a
livello di misure interne.
Un esempio di discriminazione esterna a livello di barriere alla frontiera è l’aumento dei dazi sui prodotti di
alluminio recentemente applicato da Trump. Tale misura consiste in un innalzamento dei livelli consolidati di
dazio degli Stati Uniti al 25% a tutti gli Stati ad eccezione di Messico e Canada. Un esempio di discriminazione
esterna a livello di misura esterna è un regime di tassazione tale per cui le bevande di origine nazionale come
lo shochu vengono tassate a un’aliquota inferiore rispetto alle bevande di origine occidentale (ad es. la vodka).

3.3.1 Il principio del trattamento nazionale (discriminazione interna)


Il principio del trattamento nazionale garantisce l’eliminazione delle forme di discriminazione
interna. Secondo tale principio, un prodotto importato deve essere sottoposto a un trattamento non
meno favorevole di quanto previsto per il prodotto nazionale simile, tanto in termini di tassazione
(v. art. III:2), quanto in termini di regolamentazione (definite all’art. III:4 come qualunque legge,
regolamento o prescrizione concernenti la vendita, l’offerta in vendita, l’acquisto, la
somministrazione o l’impiego dei prodotti sul mercato interno).
Si pensi, ad esempio, alle pratiche di etichettatura: gli Stati potrebbero per esempio condizionare il rilascio di
determinate etichettature al rispetto di standard molto stringenti che di fatto sono o possono essere rispettati
soltanto dai produttori nazionali. Questo è per esempio spesso il caso degli standard richiesti per l’apposizione
delle c.d. eco-labels nei Paesi più avanzati: tali standard sono a volte così stringenti da risultare impossibili o
molto costosi da rispettare per i PVS. Si pensi ad esempio il caso Stati Uniti – Tonno/delfini II che ha opposto
gli Stati Uniti al Messico: oggetto della disputa era una norma USA che stabiliva che soltanto i prodotti a base
di tonno pescato secondo determinate tecniche di pesca non lesive dei delfini (e, guarda caso, utilizzate
largamente negli USA ma non in Messico, uno di maggiori paesi esportatori di tonno negli Stati) potessero
beneficiare della c.d. etichetta “dolphin-safe”.
A motivo della sua importanza per la liberalizzazione dello scambio di beni, è pacifico che tale
principio copra tanto discriminazioni de iure (ossia, basate sulla nazionalità) quanto
discriminazioni de facto (ossia, discriminazioni che si perpetuano indipendentemente dal fatto che
la misura interna non sia formalmente sulla nazionalità, a motivo del fatto che i prodotti importati
finiscono comunque per essere trattati meno favorevolmente).
Un esempio di discriminazione de iure è un sistema di vendita al dettaglio quale quello utilizzato in Corea del
Sud negli anni ’90 per la vendita di carne di manzo: quella di origine nazionale, veniva venduta nel banco della
carne, insieme a tutti gli altri tipi di carne, mentre quella di manzo doveva essere venduta in sezioni separate
dei supermercati, rendendone più difficile l’acquisto (v. caso Corea – Carne di manzo). Un esempio di
discriminazione de facto è quello oggetto del caso Giappone – Bevande alcoliche (v. infra).

23
In generale, il principio del trattamento nazionale deve essere garantito tra prodotti simili: in altre
parole, se due prodotti non sono simili, non ci potrà essere discriminazione. La similarità dei
prodotti non viene però direttamente definita nel GATT: questo implica si potrà valutare se una
discriminazione sussista o meno tra prodotti simili soltanto caso per caso.
La giurisprudenza OMC ha stabilito dei criteri giuda per decidere se i prodotti siano simili o meno;
quelli più utilizzati sono 4: i giudici hanno stabilito che si debba guardare alle caratteristiche
fisiche del prodotto, agli usi finali (cioè come il prodotto venga impiegato), alle preferenze dei
consumatori (ossia se i prodotti siano alternativi o meno in termini di esigenza: si pensi, ad
esempio, all’elettricità a carbone e a quella verde) e alla classificazione tariffaria90.
A volte l’applicazione di tali criteri porta a risultati inaspettati sul piano giuridico. Per esempio, nel caso
Giappone – Bevande alcoliche, il Giappone aveva adottato una legge sulla tassazione dei liquori in cui venivano
decise le aliquote di tassazione per tutti i prodotti alcolici commercializzati in Giappone. Il trattamento era
differenziato a seconda del tipo di bevanda e della gradazione alcoolica. Fra le altre, all’interno di questa legge,
venivano distinte le bevande appartenenti alla categoria “shochu” e le bevande appartenenti alla categoria
“vodka”: per le prime veniva individuata una gradazione minima di 25 gradi, per le seconde una gradazione
minima di 37 gradi. A motivo di questa differente categorizzazione, venivano applicate aliquote di tassazione
differenti: nel primo caso 155, 7000 Yen/litro (e 9,540 Yen per ogni grado sopra ai 25), nel secondo caso
367,3000 Yen/litro (e 9,930 Yen per ogni grado sopra i 37). Per la (allora) Comunità Europea, il Canada e gli
Stati Uniti, tale sistema di tassazione costituiva una discriminazione de facto: tassando in maniera inferiore lo
le bevande della categoria “shochu” (prodotte per la gran parte in Giappone), venivano in ultima istanza favoriti
i produttori nazionali di bevande alcoliche. Il contenzioso verteva principalmente sulla questione della
similarità tra i due prodotti: l’Organo di Appello OMC ha concluso che fossero simili, poiché soddisfacevano
i criteri di cui sopra. Nello specifico, in termini di caratteristiche fisiche, erano entrambi bianchi, distillati e
ottenuti dalla fermentazione di cereali; per quanto riguarda la classificazione tariffaria, questa (ai tempi) era la
medesima: HS 2208.60; in termini di uso finale, l’Organo di Appello accertavano che entrambi venivano bevuti
con le stesse modalità (puri o allungati con acqua); infine, anche grazie all’analisi delle interviste realizzati con
campioni statisticamente rilevanti di consumatori giapponesi, era risultato che le bevande rispondevano alle
medesima necessità e finalità. Una volta appurato che i prodotti erano simili nel senso richiesto dall’art. III
GATT, l’Organo di Appello procedeva a dichiarazione la misura giapponese equivalente a una discriminazione
de facto volta a privilegiare i produttori giapponesi di shochu rispetto ai produttori occidentali di vodka.

3.1.2 La clausola della nazione più favorita ( o c.n.p.f.)


Come spiegato supra, la discriminazione può essere anche esterna, cioè tra prodotti importati da
diversi Stati. Tale tipo di discriminazione è vietato dalla clausola della nazione più favorita. Ai
sensi di tale clausola, “tutti i vantaggi, favori, privilegi o immunità, concessi da una Parte
contraente a un prodotto originario da ogni altro Paese, o a esso destinato, saranno estesi,
immediatamente e senza condizioni, a tutti i prodotti congeneri, originari del territorio di ogni
altra Parte contraente, o a esso destinati”.
Anche in questo caso, sono coperte tanto le discriminazioni de iure, quanto le discriminazioni de
facto.
Come esempio di misura del primo tipo, si pensi a uno Stato A che impone un dazio del 10% sul cioccolato
proveniente dallo Stato B e del 15 % sul cioccolato proveniente dallo Stato C. Come esempio di misura del
secondo tipo, si pensi a uno Stato A che impone un dazio del 10% sul cioccolato prodotto con latte di mucche
pascolate per almeno 6 mesi a 1,500 metri di altitudine e del 15% sul cioccolato prodotto con altre di altre

90
La classificazione tariffaria è quella determinata dal codice HS dei prodotti (v. supra).

24
mucche. Tale misura equivale a uno discriminazione de facto nel momento in cui si accerti che, nello Stato B,
le mucche sono pascolate a un’altitudine di 2,000 metri mentre nello Stato C, il punto più alto è a 300 metri di
altitudine (questo esempio è interessante perché è in realtà ricavato dalla realtà: era infatti espressa in questi
termini la concessione tariffaria inclusa nel 1947 nella lista GATT della Germania, la quale intendeva in effetti
concedere così un trattamento privilegiato non consentito dalla clausola della nazione più favorita, alla
Svizzera)..
In sostanza, per effetto della c.n.p.f., qualunque sia il trattamento più favorevole concesso a uno
Stato partner, questo deve essere multilateralizzato, ossia deve essere esteso a tutti gli altri Stati
membri. Come detto, questo non vale soltanto per le barriere alla frontiera (si pensi ai livelli
consolidati di dazi inclusi nelle liste GATT e, ove più bassi, ai livelli di dazio effettivi (applied)
e), quanto alle misure interne. Nei fatti, qualunque strumento o politica uno Stato adotti, rientra
nel campo di applicazione della clausola della nazione più favorita.
L’inclusione della c.n.p.f. nel GATT ha permesso che “il divieto di discriminazione tra prodotti
originati o destinati in diversi Stati”91 diventasse un obbligo multilaterale incondizionato: infatti,
prima del 1947, questa clausola era parte di diversi trattati commerciali e di navigazione bilaterali
e, spesso, il suo riconoscimento dipendeva dall’approvazione di determinati benefici92.
Il contenuto dell’art. I:1 GATT è stato interpretato in maniera uniforme nel tempo: gli organi contenziosi OMC
hanno sempre concordato che qualsiasi beneficio accordato ad un Membro e non invocabile da un altro fosse
un vantaggio discriminante, e quindi vietato. Tra i casi più importanti si vedano il caso US-MFN Footwear e il
caso EEC- Imports of Beef.
Così come per il principio del trattamento nazionale, anche la c.n.p.f. vale nel caso di prodotti
simili. Anche qui, non c’è una definizione e gli organi contenziosi si sono largamente rifatti al
concetto di similarità così come sviluppato nella giurisprudenza ex art. III GATT93.
In questo contesto, l’Organo di Appello ha utilizzato la metafora della fisarmonica per far capire che il concetto
di similarità è uno di base, ma la sua interpretazione può variare a seconda del contesto: “There can be no one
precise and absolute definition of what is ‘like’. The concept of ‘likeness’ is a relative one that evokes the image
of an accordion. The accordion of ‘likeness’ stretches and squeezes in different places as different provisions
of the WTO Agreements are applied”94.
Nonostante la sua innegabile importanza, il principio della c.n.p.f. incontra diverse eccezioni,
direttamente previste nel testo GATT. Si pensi, innanzitutto, agli accordi preferenziali95: con tali
accordi, gli Stati che vi sono parte prevedono per i loro beni un trattamento più favorevole rispetto
a quello previsto in seno all’OMC in virtù’ della c.n.p.f., che però non viene esteso a tutti gli altri.
Si pensi, ad esempio, all’Unione doganale dell’UE, in virtù della quale i prodotti vengono fatti circolare
liberamente nel territorio dell’UE a dazio zero (a fronte di una tariffa doganale esterna), senza che tale
trattamento venga esteso ai prodotti provenienti dagli altri Stati membri dell’OMC (in altre parole, i dazi
applicati ai prodotti importati nel territorio dell’UE da paesi che non sono membri dell’UE rimangono quelli
previsti dalla lista GATT dell’UE o dalla sua tariffa doganale).

91
Appellate Body Report, Canada Certain Measures Affecting the Automotive Industry, (2000), 84,
WT/DS139/AB/R, WT/DS142/AB/R
92
MC RAE, D. MFN in the GATT and the WTO, in Asian Journal of WTO and International Health Law and Policy,
Vol. 7, n. 1, 2012, p. 4.
93
Sul punto si veda CHOI, W.M. ‘Like products’ in International Trade Law: Towards a Consistent GATT/WTO
Jurisprudence, Oxford: Oxford University Press, 2003.
94
OMC, Japan: Taxes on Alcoholic Beverages – Report of the Appellate Body (1996), WT/DS8/AB/R,
WT/DS10/AB/R, WT/DS11/AB/R.
95
V. supra.

25
Tali accordi sono esplicitamente ammessi in virtù di un’apposita eccezione prevista dall’artt.
XXIV, che prevede la compatibilità con il GATT di unioni doganali e zone di libero scambio96.
La ratio di questa eccezione riposa sulla coscienza che negoziare una regola implementabile da
tantissimi Stati sia difficile: secondo questa logica, delle regole che vengono inizialmente
negoziate tra un gruppo ristretto di Stati, nel tempo potrebbero essere estese a tutti gli altri. Il
preferenzialismo riposa infatti sull’idea di fare avanzare la liberalizzazione degli scambi,
perlomeno tra un club di Stati: la logica di fondo è che, sebbene questo avanzamento avvenga in
prima battuta a diverse velocità, in ultima analisi avrà come effetto quello di fare accettare a quanti
più Stati possibili regole più stringenti, rendendo quindi finalmente possibile la
multilateralizzazione delle regole più avanzate che si sono andate configurando nei vari accordi.
In questo senso, gli accordi OMC non minano il diritto OMC, al contrario lo favoriscono.
Un’altra importante eccezione è quella dei sistemi delle preferenze generalizzate: in base a tali
sistemi, gli Stati più avanzati garantiscono preferenze doganali ai PVS e/o ai Paesi meno avanzati
in base al principio della non-reciprocità97.
In Svizzera, questo principio è stato attuato attraverso la Legge Federale sulla concessione di preferenze tariffali
ai Paesi in via di Sviluppo98 e dall’Ordinanza concernente le aliquote di dazio preferenziali a favore dei Paesi
in via di Sviluppo99 .
3.4 Le eccezioni generali
Come in ogni sistema di diritto, anche il diritto OMC prevede accanto ai principi generali anche
delle eccezioni. Tali eccezioni rispondono all’esigenza degli Stati di tutelare valore e interessi
preminenti delle società (si pensi, giusto per fare un esempio, alla protezione della salute pubblica
o alla tutela della sicurezza nazionale): l’idea di fondo è che, se in alcuni casi
l’internazionalizzazione del commercio ha permesso che questi scopi potessero essere
effettivamente perseguiti, in altri lo stesso fenomeno può agire come un impedimento alla loro
completa realizzazione. Proprio per evitare che questi interessi (da sempre considerati come
superiori, come valori fondamentali) vengano limitati dalla necessità di garantire il commercio
internazionale, il GATT prevede che i suoi Membri possano legittimamente adottare delle misure
in contrasto con uno qualunque degli obblighi posti dall’Accordo (in questo senso, si parla di
eccezioni generali) e, quindi, anche con i principi fondamentali alla base dell’accesso al mercato
e dell’eliminazione dei trattamenti discriminatori100. Nel GATT, questo diritto è espressamente
garantito dall’art. XX101, che consente di opporre delle eccezioni generali alla disciplina appena

96
4: “Le Parti contraenti convengono che sia desiderabile accrescere la libertà del commercio, promovendo, con
accordi conseguiti liberamente, una più compiuta integrazione delle economie dei Paesi che a tali accordi partecipano.
Del pari, esse convengono che l'istituzione di un'unione doganale, o di un'area di libero scambio, debba tendere ad
agevolare il commercio tra territori che ne sono parte, non a porre inciampi al commercio di altre Parti rispetto a simili
territori”.
97
V. supra.
98
Legge Federale sulla concessione di preferenze tariffali ai Paesi in via di Sviluppo (Legge sulle Preferenze Tariffali;
RS 632).
99
Ordinanza concernente le aliquote di dazio preferenziali a favore dei Paesi in via di Sviluppo (Ordinanza sulle
Preferenze Tariffali; RS 632)
100
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., pp. 544-545.
101
“Sempre che l'applicazione non sia fatta in maniera da essere un mezzo di discriminazione arbitraria, o
ingiustificata, tra i Paesi che sono nelle medesime condizioni, né da essere una restrizione larvata del commercio
internazionale, nessuna disposizione del presente accordo sarà interpretata come divieto a una Parte contraente
qualsiasi di istituire o d'applicare delle misure: a. necessarie alla tutela della morale pubblica; b. necessarie alla

26
esposta quando ciò sia necessario per tutelare la morale pubblica (lett. a), per proteggere la sanità
e la vita delle persone e degli animali e la conservazione dei vegetali (lett. b), per regolamentare
l’importazione e/o esportazione dell’oro e dell’argento (lett. c), per assicurare l'applicazione di
leggi e regolamenti compatibili (lett. d), per garantire la fabbricazione di merci nelle prigioni (lett.
e), per proteggere tesori artistici, storici, o archeologici nazionali (lett. f), per conservare risorse
naturali esauribili (lett. g), per garantire l’adempimento di obblighi contratti in virtù d'una
convenzione intergovernativa (lett. h), per restringere l’esportazione di materie prime (lett. i) e,
infine, per assicurare l'acquisto o la ripartizione di prodotti che fossero localmente o generalmente
scarsi (lett. j). Si tratta di un elenco tassativo ed esaustivo: in altri termini, misure altrimenti in
contrasto con gli obblighi GATT posso essere giustificate soltanto nella misura in cui sia possibile
per uno Stato dimostrare che esse ricadono effettivamente in una delle fattispecie indicate alle
lettere a-j dell’art. XX.
A tale fine, e come accade in qualsiasi sistema di diritto, la possibilità di giustificare misure in
deroga agli obblighi GATT ai sensi delle eccezioni generali è soggetta a delle limitazioni volte a
prevenire eventuali abusi da parte degli Stati membri (in altri termini, si vuole evitare che gli Stati
possano violare il diritto OMC “troppo facilmente” adducendo pretestuosamente motivazioni di
interesse pubblico non sufficientemente fondate). In particolare, sono previste tanto condizioni
specifiche fissate per ciascuna fattispecie elencata all’art. XX e condizioni generali poste dal c.d.
chapeau, ossia la disposizione introduttiva dell’art. XX, che recita: “Sempre che l'applicazione
non sia fatta in maniera da essere un mezzo di discriminazione arbitraria, o ingiustificata, tra i
Paesi che sono nelle medesime condizioni, né da essere una restrizione larvata del commercio
internazionale, nessuna disposizione del presente accordo sarà interpretata come divieto a una
Parte contraente qualsiasi di istituire o d'applicare delle misure…”.
Le condizioni specifiche possono variare a seconda della singola lettera dell’art. XX, ma hanno
sempre ad oggetto la relazione della misura con il suo scopo dichiarato, ossia la realizzazione
dell’obiettivo riconosciuto nella specifica eccezione. Nella maggior parte dei casi, questo si

protezione della sanità e della vita delle persone e degli animali e alla conservazione dei vegetali; c. attenenti
all'importazione o all'esportazione dell'oro o dell'argento; d .necessarie ad assicurare l'applicazione delle leggi e dei
regolamenti che siano compatibili con le disposizioni del presente accordo, come, a cagione d'esempio, le leggi e i
regolamenti che attengono all'applicazione delle misure doganali, all'esercizio di monopoli in conformità del numero
4 dell'articolo II, o dell'articolo XVII, alla protezione dei brevetti, marchi di fabbrica e diritti d'autore e di riproduzione
e alle misure intese a impedire delle pratiche che possano trarre in errore; e. attenenti a merci fabbricate nelle prigioni;
f. intese alla protezione di tesori artistici, storici, o archeologici, nazionali; g. attenenti alla conservazione di risorse
naturali esauribili, qualora siano applicate insieme con delle restrizioni su la produzione o il consumo nazionali; h.
prese nell'applicazione di obblighi contratti in virtù d'una convenzione intergovernativa su un prodotto primario,
conchiusa secondo i criteri comunicati alle Parti contraenti, né da queste disapprovati, oppure comunicata alle
medesime, né da esse disapprovata; i. istituenti delle restrizioni sull'esportazione di materie prime, prodotte nell'interno
del Paese e necessarie ad assicurare le quantità occorrenti a un'industria nazionale di trasformazione, durante gli
intervalli in cui, in esecuzione di un disegno governativo di stabilizzazione, il prezzo nazionale di esse sia mantenuto
inferiore a quello mondiale, sempre che tali restrizioni non cagionino un accrescimento delle esportazioni o della
protezione accordata a siffatta industria nazionale, né siano contrarie alle disposizioni del presente accordo concernenti
la non discriminazione; j. essenziali per l'acquisto o la ripartizione di prodotti che fossero localmente o generalmente
scarsi; sempre che queste misure siano comportabili con il principio per il quale tutte le Parti contraenti hanno diritto
a un'equa porzione dell'approvvigionamento internazionale e che le misure le quali siano incompatibili con le altre
disposizioni del presente accordo vengano revocate come prima non abbiano più luogo le contingenze che le hanno
cagionate. Le Parti contraenti esamineranno non più tardi del 30 giugno 1960, se le disposizioni della presente lettera
debbano essere mantenute in vigore”.

27
traduce nel c.d. standard della necessità, che richiede che ci sia una relazione molto stretta di
causalità tra la misura restrittiva degli scambi e il suo obiettivo dichiarato.
Si pensi ad esempio al caso Comunità europea – Amianto, in cui la Francia chiedeva di giustificare il suo
divieto di impiego di fibre di amianto a motivo della loro carcinogenicità ai sensi dell’art. XX lett. b. Tale
articolo può infatti giustificare «misure necessarie per la protezione della salute e della vita delle persone,
degli animali e dei vegetali». Secondo il Canada, uno dei maggiori produttori di tali fibre ed esportatore in
Francia, l’obiettivo era introdurre una discriminazione de facto, ma l’Organo di Appello dà ragione alla Francia
perché considera la misura conforme a tutte le condizioni specifiche poste all’art. XX lett. b.: la misura è infatti
volta a tutelare la salute pubblica a motivo dei provati effetti tossici e carcinogenici legati all’esposizione alle
fibre di amianto; è inoltre necessaria alla luce del livello di protezione massimo scelto dalla Francia (la Francia
aveva infatti dichiarato di non essere disposta ad assumere alcun rischio (c.d. zero risk) per la salute pubblica).
In questo senso, l’Organo di Appello ha riconosciuto che gli organi contenziosi OMC non possono entrare nel
merito delle scelte operate dagli Stati quanto al livello di protezione da garantire all’interno del proprio
territorio in ottemperanza al loro c.d. right to regulate, possono invece soltanto valutare se la misura è
necessaria a garantire tale livello scelto di protezione. Lo standard della necessità richiede in particolare di
soppesare: (i) l’importanza dell’obiettivo da tutelare (in casu, massima, poiché si trattava di evitare un’alta
incidenza dei tumori legati all’esposizione alle fibre di amianto); (ii) il contributo materiale al raggiungimento
dell’obiettivo (in casu, anche questa condizione veniva considerata soddisfatta a motivo del fatto che la misura
adottata dalla Francia azzerava le possibilità di rischio); (iii) l’impatto sugli scambi alla luce delle alternative
ragionevolmente disponibili (in casu, l’Organo di Appello riteneva che le misure meno lesive degli scambi non
avrebbero garantito lo stesso livello di protezione). Nei casi di alcune fattispecie, sono richieste ulteriori
condizioni specifiche: si pensi, ad esempio, all’art. XX lett. g, che giustifica le «misure attinenti alla
conservazione di risorse naturali esauribili, qualora siano applicate insieme con delle restrizioni sulla
produzione o il consumo nazionali». In questo caso la misura deve riguardare la conservazione di risorse
naturali considerate “esauribili”, deve essere “attinente” alla loro conservazione (nei fatti, uno standard della
necessità un po’ attenuato, che richiede comunque che esista un nesso di causalità tra la misura e l’obiettivo di
conservazione) e debba essere applicata in congiunzione a una misura nazionale di conservazione.
L’art. XX GATT fa dipendere la legittimità di queste misure non soltanto dal rispetto delle
condizioni specifiche poste dalle singole fattispecie contemplate alle lettere a-j (c.d. primo step)
ma anche dal soddisfacimento delle condizioni generale poste dallo chapeau o disposizione
introduttiva (c.d. secondo step): tale disposizione richiede in particolare che le misure che si cerca
di giustificare non siano applicate «in maniera da essere un mezzo di discriminazione arbitraria o
ingiustificata tra Paesi che sono nelle medesime condizioni…» così da diventare una restrizione
larvata al commercio internazionale102.
Nel 1997, l’India, il Pakistan, la Tailandia e la Malesia agirono innanzi all’OMC per contestare il divieto di
importazione che gli Stati Uniti avevano posto sui gamberetti e sui prodotti a base di gamberetti non pescati
secondo modalità certificate e conformi ai requisiti americani per la tutela delle tartarughe marine in pericolo.
L’Organo di Appello OMC statuì che, nonostante la limitazione posta dagli Stati Uniti fosse giustificabile alla
luce dell’art. XX lett. g, questa non poteva essere ammessa poiché costituiva una “discriminazione arbitraria
ed ingiustificabile”, alla luce dello chapeau dell’art. XX: era infatti dichiarata arbitraria per la sua rigidità (gli
esportatori non potevano dimostrare di aver utilizzato tecniche di pesca dei gamberetti altrettanto rispettose
delle tartarughe marine e quindi accedere al mercato statunitense), e ingiustificabile perché ledeva direttamente
il potere dei governi nazionali di decidere autonomamente come i gamberetti dovessero essere pescati103. In
questo senso, la misura non differenziava il trattamento di gamberetti a seconda delle tecniche di pesca usate
nei diversi paesi risultando così una misura adottata con lo specifico intento di tutelare la produzione
statunitense di gamberetti104.

102
BARTELS, L. The Chapeau of the General Exceptions in the WTO GATT and GATS Agreement: a
Reconstruction, in American Journal of International Law, Vol. 109, 2015, p. 96.
103
Us – Shrimps, WT/DS58/23.
104
BARTELS, L. The Chapeau of, op. cit., p. 97.

28
In linea generale, può senz’altro affermarsi che l’art. XX è un articolo centrale del GATT, la cui
interpretazione ha data vita a una giurisprudenza copiosa che ha contribuito a chiarire fino a che
punto il sistema OMC può/deve rispondere a esigenze di interesse pubblico nell’ottica di
contribuire alla realizzazione di uno sviluppo sostenibile. In questa chiave, le eccezioni
maggiormente richiamate dagli Stati sono state l’art. XX lett. b e lett. g. Tali eccezioni sono state
interpretate estensivamente nel senso di garantire un certo margine di manovra agli Stati per
comprovate esigenze di tutela ambientale e di salute pubblica.
L’art. XX lett. g, in particolare, ha un forte richiamo rispetto a tutte quelle misure volte a garantire la
biodiversità e la lotta ai cambiamenti climatici. L’art. XX lett. b ha assunto recentemente una particolare
rilevanza a motivo dell’emergenza COVID-19. In altre parole, ogniqualvolta gli Stati membri dell’OMC
abbiano fatto ricorso a misure di politica commerciale in contrasto con gli obblighi GATT (si pensi, ad esempio,
ai divieti e alle altre restrizioni quantitative applicate all’esportazione di materiale sanitario) hanno
implicitamente fatto riferimento alla legittimità di tali misure perché giustificate alla luce della necessità di far
fronte a preminenti esigenza di tutela della salute pubblica ai sensi dell’art. XX lett. b. Rimane da verificare,
tuttavia, se lo standard della necessità richiesto da tale disposizione potrebbe considerarsi rispettato ove venisse
aperta una disputa dinanzi agli organi contenziosi OMC.
Rimane comunque il fatto che, se si guarda alla giurisprudenza OMC nella sua interezza, sono
comunque pochissimi i casi gli organi contenziosi OMC hanno considerato una misura in contrasto
con gli obblighi OMC giustificata ai sensi di una delle eccezioni generali. Questo perché
normalmente le misure non superano il c.d. secondo step. Finora il test dello chapeau è stato
superato soltanto in due casi: Stati Uniti – Gamberetti (Articolo 21.5) e Messico – Tonno II (Article
21.5).105
L’accordo GATT contiene anche eccezioni in materia di c.d. sicurezza nazionale. In particolare,
l’art. XXI fornisce una possibile giustificazione per gli Stati che avessero necessità di derogare
agli obblighi GATT per proteggere “interessi essenziali”, inter alia, in tempo di guerra o di grave
tensione internazionale” (dimensione c.d. interna) o in ottemperanza alle risoluzioni del Consiglio
di Sicurezza dell’ONU che dovessero prevedere l’adozione di misure commerciali (ad esempio,
misure di embargo o altre sanzioni economiche) per motivi legati alla necessità di garantire la pace
e la sicurezza internazionali (dimensione c.d. esterna).

Si tratta di un’eccezione che fino a pochi anni fa non aveva destato particolari problemi di interpretazione in
seno all’OMC poiché sussisteva una sorta di “tacito accordo” tra gli Stati membri per cui la materia oggetto
dell’art. XXI fosse troppo sensibile per rientrare nelle vere e proprie competenze dell’Organizzazione. Con
riferimento alla c.d. dimensione interna, in particolare, si tendeva perlopiù a dare per scontato che l’art. XXI
esistesse proprio per consentire un ampio margine di manovra agli Stati per adottare misure volte a tutelare
interessi essenziali di sicurezza nazionale (si pensi, per esempio, a quelle misure che gli Stati adottano a
sostegno del settore della difesa, dell’industria militare o degli armamenti: ossia, quei settori che classicamente
rientrano in quella fetta di sovranità nazionale di cui gli Stati sono sempre stati particolarmente gelosi) senza
dover sottostare alle regole dell’OMC e senza rischiare che tali misure venissero sottoposte a controllo
giurisdizionale. In tempi recenti, tuttavia, il quadro di riferimento è radicalmente mutato a seguito della
proliferazione di misure restrittive degli scambi adottate (in particolare dagli Stati Uniti dell’Amministrazione
Trump) in settori industriali strategici ma non direttamente legati alla sicurezza nazionale. L’esempio per
eccellenza (ma non è che uno di tanti ormai) è quello dei dazi applicati in violazione del principio di
consolidamento di cui supra ai prodotti a base di alluminio e di acciaio: tale innalzamento del livello dei dazi
è stato giustificato in prima battuta da Trump invocando l’art. XXI. Questo ha portato i maggiori paesi
interessati dagli effetti di questo innalzamento a ricorrere al sistema di risoluzione delle controversie dell’OMC
(attualmente, sono 8 le dispute pendenti contro gli Stati Uniti, di cui una attivata dalla Svizzera): la tesi dei

105
ESPA I., Natural Resources Management in the SDGs Era: Insights from WTO Case Law, Cambridge University
Press, forthcoming.

29
ricorrenti è che gli Stati Uniti abbiano illecitamente invocato l’eccezione in materia di sicurezza nazionale per
proteggere invece le proprie industrie nazionali di alluminio e di acciaio dalla concorrenza estera (in particolare,
quella cinese). Rimane da vedere cosa decideranno gli organi contenziosi OMC: quello che è certo, è che queste
dispute saranno un’occasione per chiarire una volta per tutte l’ambito di applicazione dell’art. XXI (cosa si
intende per “interessi strategici”? Cosa si intende per “grave tensione internazionale”?) e quindi sino a che
punto l’OMC possa esercitare un potere di controllo sulla legittimità delle misure adottate, a dire degli Stati
membri, in ottemperanza all’art. XXI.

3.5 Le pratiche di commercio sleale


In aggiunta alle eccezioni generali, il GATT prevede che gli Stati possano derogare agli obblighi
GATT anche per motivi puramente economici. In particolare, prevede la possibilità per gli Stati di
adottare c.d. strumenti di difesa commerciale (in inglese, trade remedies) per “rimediare” agli
effetti negativi subiti dalle proprie imprese a seguito di pratiche di commercio sleale a livello
internazionale: (i) pratiche di dumping, operate dalle imprese di altri Stati; (ii) sussidi (o
sovvenzioni) elargiti da governi di altri Stati a beneficio delle proprie imprese nazionali.
L’obiettivo è quello di ripristinare condizioni di parità sul mercato adottando (i) dazi antidumping
o (ii) misure compensative, ossia dazi all’importazione che di per sé non sarebbero leciti, ma che
diventano leciti nella misura in cui siano applicati in risposta alle pratiche di dumping di imprese
straniere o agli effetti pregiudizievoli (distorsivi) creati da sussidi governativi elargiti da altri Stati
a sostegno di specifiche imprese, siano temporanei e proporzionali all’entità del pregiudizio.
3.5.1 Il dumping
Il dumping106 consiste nell’introduzione di un prodotto nazionale nel mercato di un altro Stato ad
un prezzo inferiore rispetto a quello praticato a livello statale.
Un prodotto è quindi “dumped” quando il suo prezzo di esportazione è inferiore rispetto a quello praticato
normalmente a livello nazionale: ad esempio, ciò accadrebbe se una barretta Svizzera del valore di 5 chf venisse
esportata ad un prezzo di 3.
L’art. VI GATT prescrive che l’attività di dumping sia punibile solo se cagiona o rischia di
cagionare “un pregiudizio considerabile a una produzione attuale d'una Parte contraente, oppure
ritardi notevolmente l'attuazione d'una produzione nazionale”.
L’OMC non vieta il dumping in se per se poiché i prezzi dei prodotti possono essere legittimamente stabiliti
dalle imprese private, ma prevede piuttosto dei rimedi attuabili dagli Stati che lo subiscono107; infatti, se un
prodotto viene venduto ad un prezzo inferiore rispetto a quello normalmente praticato, questo può provocare
un danno alle imprese che producono prodotti similari destinati alla consumazione nella nazione che li importa.
Secondo questo disposto, quindi, uno Stato membro può richiedere che venga adottata una misura
anti-dumping se, a seguito dell’investigazione nazionale richiesta e condotta secondo le regole
posta dall’Accordo Antidumping e propriamente notificata all’OMC, viene determinato che: 1)

106
Oltre alla disciplina GATT, il dumping viene specificamente regolamentato nell’Anti-dumping Agreement
(https://www.wto.org/english/docs), Accordo concluso durante il Tokyo Round e innovato nel corso dell’Uruguay
Round che ha come scopo quello di fornire della regole più precise per applicare le misure del GATT.
107
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., p. 700.

30
esiste un margine di dumping; 2) l’impresa nazionale che fornisce prodotti similari é in sofferenza;
3) vi sia un nesso causale tra l’attività di dumping e la perdita manifestata.
Le condizioni sopra menzionate vengono così identificate: 1) la valutazione circa l’esistenza del dumping si
effettua comparando il prezzo di vendita normale del prodotto e quello praticato per la sua esportazione108: il
margine di dumping è la differenza tra i due; 2) soltanto il dumping che cagiona un danno alle industrie
nazionali è punibile attraverso delle misure anti-dumping: il danno può essere materiale109, potenziale110 oppure
si può configurare come un ritardo nella produzione nazionale; questa considerazione mette in luce come il
dumping in non sia punibile in sé, ma lo sia solo e nel momento in cui diventi pregiudizievole per le altri
parti111; 3) infine, per dimostrare che il dumping sia la causa del danno o del ritardo nella produzione nazionale
è necessario che le autorità escludano che tutti gli altri fattori che, contemporaneamente, potrebbero esserne la
causa principale in realtà non lo siano112.
Se queste condizioni vengono cumulativamente soddisfatte, lo Stato (o gli Stati) leso (lesi) può
richiedere che venga adottata una misura anti-dumping tra: 1) misure provvisorie, 2) impegni sui
prezzi, 3) misure anti-dumping definitive.
Misure provvisorie113 à Possono essere adottate soltanto se, dopo l’investigazione espletata nel rispetto delle
norme OMC, le autorità hanno constatato l’esistenza del dumping, del danno e del nesso causale tra i due
elementi; questa misura si configura come un dazio temporaneo (massimo 4 mesi o, eccezionalmente, 6) di
valore pari alla tariffa anti-dumping provvisoriamente determinata e, in ogni caso, non superiore al margine di
dumping calcolato.
Impegni sui prezzi114 à Dopo che le autorità hanno verificato l’esistenza del dumping, del danno e del nesso
causale, in alternativa alle misure compensatorie le parti possono richiedere un intervento che incida
direttamente sui prezzi praticati.
Misure definitive115 à Possono essere adottate dalle autorità del Paese importatore soltanto se, dopo
l’investigazione espletata nel rispetto delle norme OMC, le autorità hanno constatato l’esistenza del dumping,
del danno e del nesso causale tra i due elementi; questa misura si configura come un dazio (della durata variabile
tra i 12 e in ogni caso non eccedente i 18 mesi) di valore pari (o inferiore) al margine di dumping calcolato.

108
Art. 2.4, Anti-dumping Agreement: “A fair comparison shall be made between the export price and the normal
value”.
109
Art. 3.1, Anti-dumping Agreement: “A determination of injury for purposes of Article VI of GATT 1994 shall be
based on positive evidence and involve an objective examination of both (a) the volume of the dumped imports and
the effect of the dumped imports on prices in the domestic market for like products, and (b) the consequent impact of
these imports on domestic producers of such products”.
110
Art. 3.7, Anti-dumping Agreement: “determination of a threat of material injury shall be based on facts and not
merely on allegation, conjecture or remote possibility. The change in circumstances which would create a situation
in which the dumping would cause injury must be clearly foreseen and imminent”
111
Oltre a specificare che il termine “danno” ricomprenda anche il “ritardo nella produzione”, l’Anti-dumping
Agreement non prevede nulla di più.
112
Art. 3.5, Anti-dumping Agreement: “must be demonstrated that the dumped imports are, through the effects of
dumping, as set forth in paragraphs 2 and 4, causing injury within the meaning of this Agreement. The demonstration
of a causal relationship between the dumped imports and the injury to the domestic industry shall be based on an
examination of all relevant evidence before the authorities. The authorities shall also examine any known factors
other than the dumped imports which at the same time are injuring the domestic industry, and the injuries caused by
these other factors must not be attributed to the dumped imports. Factors which may be relevant in this respect include,
inter alia, the volume and prices of imports not sold at dumping prices, contraction in demand or changes in the
patterns of consumption, trade restrictive practices of and competition between the foreign and domestic producers,
developments in technology and the export performance and productivity of the domestic industry”.
113
Art. 7 Anti-dumping Agreement
114
Art. 8 Anti-dumping Agreement.
115
Art. 9 Anti-dumping Agreement.

31
3.5.2 I sussidi
Accanto alla disciplina del dumping e delle misure anti-dumping, il GATT116 regolamenta anche
la pratica dei sussidi117.
Il tema dei sussidi è molto sensibile: se da una parte possono essere evidentemente utilizzati dai governi per
perseguire e promuovere legittimi obiettivi di politica economica e sociale, dall’altra possono produrre effetti
controversi negli altri Stati, le cui industrie potrebbero subire un danno (a livello domestico e internazionale)
determinato dalla competizione sleale poiché i prodotti dell’impresa sussidiata potrebbero essere commerciati
ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato.
I sussidi possono essere definiti come quei contributi finanziari (1) versati dal Governo o da
qualsiasi altra entità pubblica, (2) che si configurano come un aiuto (3) ad un’impresa nazionale118.
L’art. 1 dell’Accordo sui sussidi e le misure compensative (Agreement on Subsidies and Countervailing
Measures o Accordo SCM) prevede una lista esaustiva di che cosa possa essere un contributo finanziario (1):
fra gli altri, sono menzionati i trasferimenti di fondi, l’esenzione dal pagamento di tasse oppure
l’approvvigionamento o di beni e servizi. È necessario che questi contributi siano altresì versati dal Governo o
da una qualsiasi altra entità pubblica (2), ossia una qualsiasi entità soggetta al controllo del Governo119. Infine,
affinché si possa effettivamente configurare un sussidio, è necessario che il contributo venga versato con lo
scopo di aiutare e sostenere la produzione di un’impresa nazionale (3), ossia il contributo deve garantire un
beneficio specifico120 indirizzato a quella entità privata (impresa, industria o aziende appartenenti a uno
specifico settore) non altrimenti ottenibile normalmente sul mercato.
Il GATT non proibisce in generale che vengano versati dei sussidi, ma prevede, nel caso in cui lo
stesso possa (o abbia già) determinato un pregiudizio in capo ad un’altra parte, che venga richiesto
di limitarlo121.
L’Accordo SCM distingue tre tipologie di sussidi: 1) i sussidi proibiti, 2) i sussidi azionabili e 3) i sussidi non
proibiti (inizialmente regolate dall’art. 8, ora abrogato).
Sussidi proibiti122 à I sussidi proibiti sono i sussidi contingenti (conosciuti anche come import-substitution
subsidies), che hanno come finalità quella di rendere preferibili i prodotti nazionali a scapito di quelli importati
(ad esempio, nel campo automobilistico venivano versati sussidi alle imprese che utilizzavano pezzi
d’assemblaggio nazionali) e i sussidi all’esportazione (ossia quelli versati per facilitare l’esportazione di un
prodotto nazionale).

116
Accanto al GATT, i sussidi e le contro-misure attuabili trovano specifica regolamentazione nell’ Agreement On
Subsidies And Countervailing Measures (https://www.wto.org/english/docs) o SMC.
117
Art. XVI GATT.
118
Art. 1 SCM Agreement.
119
WT/DS273/8, Korea – Commercial Vessel.
120
Art. 2 SCM Agreement.
121
Art. XVI:1 GATT: “Ogni volta sia accertato che un sussidio siffatto cagioni o sia per cagionare un grave pregiudizio
agli interessi di un'altra Parte contraente, la Parte, che l'accorda, esaminerà, se richiesta, con quella o con le altre Parte
contraente interessate o con le Parti contraenti, se sia possibile restringerlo”.
122
Art. 3 SCM Agreement: “3.1 Except as provided in the Agreement on Agriculture, the following subsidies, within
the meaning of Article 1, shall be prohibited: (a) subsidies contingent, in law or in fact, whether solely or as one of
several other conditions, upon export performance, including those illustrated in Annex I5; (b) subsidies contingent,
whether solely or as one of several other conditions, upon the use of domestic over imported goods. 3.2 A Member
shall neither grant nor maintain subsidies referred to in paragraph 1”.

32
Sussidi azionabili123 à A differenza dei primi, questi sussidi non sono proibiti di per sé, ma possono essere
soggetti ad una richiesta di limitazione se diventano pregiudizievoli: ad esempio, un sussidio non dovrebbe
causare un danno alla produzione nazionale di un altro Stato Membro.
Se una parte ritiene che un’altra stia illegittimamente sussidiando un’impresa nazionale, può
chiedere di iniziare delle consultazioni, affinché le parti possano adottare una decisione che vada
bene ad entrambe; se entro 30 giorni le parti non riescono ad identificare una volontà comune,
quella ricorrente può rivolgersi al sistema di soluzione delle controversie che costituirà un panel
che dovrà pronunciarsi entro 90 giorni, definendo se il sussidio è proibito o meno e, nel primo
caso, invitando lo Stato che lo pratica a rinunciarvi124. Lo Stato che subisce il danno può, a seguito
di un’indagine condotta dalle autorità nazionali, anche decidere di applicare unilateralmente delle
misure compensative (provvisorie, spontanee o definitive) alle importazioni sussidiate125.
Misure compensative provvisorie126 à Queste misure possono essere adottate per un periodo che non superi i
4 mesi e possono consistere sia nella richiesta di versamento di denaro o di bond per un valore pari a quello del
sussidio.
Misure compensative spontanee127 à La parte esportatrice può anche promettere unilateralmente di limitare o
eliminare il sussidio, ovvero modificare il prezzo del prodotto esportato.
Misure compensative definitive128 à La parte che ha subito un danno a causa del sussidio può, dopo che le
consultazioni non hanno prodotto i risultati sperati, agire applicando delle misure compensatorie il cui valore
non deve eccedere il livello di sussidio versato.
La disciplina dei sussidi all’Agricoltura è regolata dall’Accordo sull’Agricoltura129: questo
Accordo, che prevede una disciplina speciale per il commercio di beni agricoli, ha come scopo
principale (nel lungo termine) quello di stabilire un commercio equo e market-oriented, attraverso
la congiunta riduzione dei dazi all’importazione (e, quindi, una maggiore garanzia di accesso al
mercato), l’eliminazione dei dazi all’esportazione e, infine, la limitazione degli aiuti nazionali alle
misure cd “Green box” con un impatto minimo sul commercio130.
Nel 1990, l’elevato dispendio di soldi pubblici, la sovra-produzione e alcuni problemi relazionati con
l’ambiente, portarono la Svizzera (in linea con gli obiettivi dell’Accordo sull’Agricoltura) a cambiare la propria
politica agricola nazionale, attraverso la revisione della Costituzione a cui seguirono la consequenziale
riduzione degli aiuti e la crescente liberalizzazione del mercato agricolo nazionale131. Nonostante gli sforzi
iniziali, il generale supporto offerto dallo Stato al settore agricolo è rimasto alto: negli ultimi trent’anni, gli

123
Art. 5 SCM Agreement: “No Member should cause, through the use of any subsidy referred to in paragraphs 1 and
2 of Article 1, adverse effects to the interests of other Members, i.e.: (a) injury to the domestic industry of another
Member; (b) nullification or impairment of benefits accruing directly or indirectly to other Members under GATT
1994 in particular the benefits of concessions bound under Article II of GATT 1994; (c) serious prejudice to the
interests of another Member.13. This Article does not apply to subsidies maintained on agricultural products as
provided in Article 13 of the Agreement on Agriculture”.
124
Art. 7 SCM Agreement.
125
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., p. 854.
126
Art. 17 SCM Agreement.
127
Art. 18 SCM Agreement.
128
Art. 19 SCM Agreement.
129
https://www.wto.org/english/docs
130
CARDWELL, M. e SMITH, F. Renegotiation of the WTO Agreement on Agriculture: Accommodating the New
Big Issue, in International and Comparative Law Quarterly, Vol. 62, 2013, pp. 877-892.
131
HUBER, R. e LEHMANN, B. WTO Agreement on Agriculture: Potential consequences for agricultural production
and land-use patterns in the Swiss lowlands, in Geografisk tidskrift, 2009, p. 132.

33
aiuti si sono ridotti soltanto del 12% (dal 78% al 66%)132. D’altra parte, la Svizzera è sempre stata caratterizzata
da costi di produzione e livelli di supporto all’agricoltura (per rimanere competitiva nel mercato internazionale)
molto alti e ciò rende molto più complessa la realizzazione degli obiettivi posti dall’Accordo OMC. Una prima
dimostrazione proviene dalla sofferta modifica della Legge Federale sull’importazione e l’esportazione dei
prodotti agricoli trasformati133, comunemente conosciuta come “Legge sul cioccolato”: questa legge ha da
sempre consentito alla Confederazione di sostenere l’export di prodotti che risentono del prezzo più elevato
dei cereali e del latte Svizzero, al fine di rendere i prodotti nazionali più competitivi nel mercato internazionale;
durante la Conferenza ministeriale di Nairobi (2015), la Svizzera si è impegnata a rispettare il termine di 5 anni
per eliminare i sussidi all’esportazione che hanno da sempre caratterizzato questo settore: infatti, sulla base di
questa normativa, la Confederazione versava quasi 100 milioni di chf all’anno agli esportatori di questi prodotti
agricoli. In realtà, la revisione appena avanzata propone una soluzione che (almeno apparentemente) adempie
solo parzialmente a questo compito134: il Governo ha infatti proposto che i sussidi non vengano più versati
direttamente agli esportatori, bensì ai contadini; questa soluzione solleva però diversi dubbi (in particolare se
effettivamente anche in questo modo non si sussidi la produzione nazionale), che potranno essere sciolti solo
in futuro135.
4 Segue: Le regole in materia di commercio di servizi poste dal GATS
La crescente interdipendenza fra il commercio di merci e quello di servizi ha fatto sorgere
l’esigenza imperativa di una regolamentazione giuridica dello scambio di servizi che fosse ispirata
ai medesimi principi di liberalizzazione e che, sostanzialmente, consisteva nella graduale
estensione dei principi GATT al settore dei servizi136.
Nel corso dell’Uruguay Round (1994) è stato così concluso ed adottato il c.d. Accordo GATS
(General Agreement on Trade in Services), attraverso il quale l’economia dei servizi è stata inclusa
nel sistema di norme multilaterali a vocazione universale facenti capo all’OMC.
La necessità di regolamentare il commercio dei servizi a livello multilaterale è stata determinata dal fatto che,
da una parte, si è constatato che nei paesi economicamente più avanzati si producevano più servizi che beni e,
dall’altra, che la commercializzazione dei servizi era globalmente più vantaggiosa. Non è infatti un mistero che
i servizi siano cruciali per intere economie (si pensi, ad esempio, al settore bancario per la Svizzera).
Nonostante queste importanti premesse, bisogna dire che permangono ancora grossi ostacoli allo scambio di
servizi, dovuti al fatto che non tutti i servizi possono essere forniti a distanza, ma spesso richiedono la
compresenza del fornitore e del consumatore nello stesso posto, richiedendo quindi il movimento di persone
fisiche e/o giuridiche (si pensi, ad esempio, al servizio fornito dai parrucchieri, che non possono tagliare i
capelli a distanza). In effetti, se si guarda alle recenti statistiche, si vede che il commercio internazionale di
servizi conta ancora soltanto per il 20% del valore dell’intero commercio globale. L’avvento delle nuove
tecnologie, tuttavia, sta radicalmente mutando il panorama degli scambi di servizi, rendendo possibile la
commercializzazione di servizi prima non fornibili in modalità transfrontaliera (si pensi, ad esempio,
all’accelerazione subita a seguito della crisi COVID-19 in tutte le categorie di c.d. smart-working, dai servizi
di consulenza medica che ormai possono essere forniti a distanza attraverso la telemedicina, o alla formazione
a distanza attraverso le lezioni online o addirittura alle lauree fornite dalle università telematiche ecc.).
Durante questa negoziazione venne accettata la proposta inizialmente avanzata dagli Stati Uniti,
che proponevano di suddividere il GATS in due sezioni: la prima, che avrebbe previsto le norme
e gli obblighi di applicazione generale, vincolanti cioè per tutti i membri (artt. II – XV) e la
seconda, che avrebbe invece regolato il contenuto di quei principi generali oggetto di impegni

132
Rapporto OECD, 2007.
133
Legge Federale del 13 dicembre 1974 sull’importazione e l’esportazione dei prodotti agricoli trasformati (RS 632).
134
https://www.admin.ch/gov/it/
135
https://www.swissinfo.ch/ita/economia/agricoltura-e-libero-scambio_-legge-sul-cioccolato-come-la-svizzera-
raggira-l-omc/43237642
136
BORGHI, M. e DE ROSSA, F. Compendio, op. cit., p. 772.

34
specifici (artt. XI – XIII) a cui le parti si sarebbero vincolate su base volontaria attraverso
negoziazioni puntuali137.
4.1 Il campo di applicazione materiale: la definizione di servizio
Il GATS si applica a tutte quelle misure adottate dagli Stati Membri che incidano sullo scambio di
servizi, ossia “qualunque servizio fornito in qualsivoglia settore, eccezione fatta per i servizi forniti
nell'esercizio dei poteri governativi”138.
Per servizi forniti nell’esercizio di poteri governativi s’intendono tutti quei servizi forniti su base non
commerciale e attraverso un sistema non concorrenziale139. Nella dottrina, esistono due principali approcci al
concetto di servizi forniti nell’esercizio di poteri governativi o servizi pubblici: il primo, che basa la
classificazione sul tipo di bene fornito (il cd bene pubblico) e la seconda che, invece, la fonda sul tipo di
interesse tutelato (il cd interesse pubblico); quest’ultima risulta essere più efficiente: in questo caso, infatti, il
controllo riconosciuto all’autorità pubblica si giustifica alla luce del fatto che alcuni servizi devono essere
forniti nel rispetto del pubblico interesse, che implica garanzie come la non-discriminazione e la piena
accessibilità140. Tra questi si distinguono i servizi di interesse generale (originariamente forniti dallo Stato: si
pensi, ad esempio, a settori come la polizia, la giustizia, la sanità o l’istruzione che, in linea di principio, non
sono caratterizzati da interessi economici e commerciali) e i servizi di interesse economico generale (che,
invece, potrebbero essere oggetto di attività privata ma che, in realtà, vengono forniti dallo Stato nell’interesse
pubblico dei cittadini attraverso un regime speciale basato sui principi dell’universalità, della continuità e
dell’adeguamento costante al bisogno: fra questi, si pensi a servizi come l’elettricità, il gas, le
telecomunicazioni, l’acqua, i trasporti pubblici etc.).
È però rilevante notare che il GATS non contenga una definizione di “servizio”. Questo perché in
realtà risulta molto difficile capire cosa sia un “servizio” in concreto.
Si pensi, ad esempio, al caso di un regolamento come quello adottato in Cina nel caso Cina – Prodotti
audiovisivi. Tale regolamento imponeva ai proprietari dei cinema di sottoporre al controllo della censura
qualunque film importato. Per l’Organo di Appello, si trattava di capire su un tale regolamento dovesse essere
valutato alla luce delle regole OMC vincolanti per la Cina in materia di scambio di beni o in materia di scambio
di servizi. La Cina (che aveva assunto obblighi specifici relativamente più permissivi nell’ambito dell’Accordo
GATS) sosteneva che si trattava di una misura che incideva sullo scambio di servizi, perché riguardava le
condizioni di distribuzione di prodotti audiovisivi di intrattenimento. L’Organo di Appello, tuttavia, ha valutato
che si trattava di un caso in cui rilevava anche l’aspetto della commercializzazione di beni: questo perché i film
non si sarebbero mai potuti proiettare se non fossero state importate anche le pellicole.

In altre, parole, il confine tra bene e servizio è spesso labile perché il concetto di servizio è più un
costrutto giuridico. Diventa però importante perché, come vedremo, spesso le regole in materia di
scambio di servizi sono meno stringenti rispetto a quelle previste dal GATT.
Per convenzione quindi, e per partire da una base solida comune a tutti gli Stati membri così come
per il commercio di beni, l’OMC si rifà a un sistema di classificazione dei servizi introdotto dalle
Nazioni Unite che si chiama Central Product Classification (CPC)141. A tal fine, il Segretariato
OMC ha compilato il c.d. documento W/120, che contiene la classificazione dei servizi usata dagli

137
LOWENFELD, A.F. International Economic Law, Oxford: Oxford University Press, 2008, p. 122.
138
Art. I:3 lett. b) GATS.
139
Art. I:3 lett. c) GATS.
140
KRAJEWSKI, M. Public Services and Trade Liberalization: Mapping the Legal Framework, in Journal of
International Economic Law, Vol. 6, n. 2, 2003, pp. 343-344.
141
https://unstats.un.org/unsd/classifications/unsdclassifications/cpcv21.pdf.

35
Stati Membri per negoziare i propri impegni nelle loro liste GATS. Il documento W/120 distingue
12 settori (servizi professionali, comunicazioni, costruzioni, distribuzione, educazione, servizi
ambientali, servizi finanziari (servizi assicurativi e bancari), sanità, turismo, servizi ricreativi,
culturali e sportivi, trasporto, altri), suddividi in circa 150 sottosettori142.
Ad esempio, i sottosettori nel settore del turismo sono: hotel e ristoranti, agenzie di viaggio, servizi di guida
turistica.

Il GATS distingue inoltre quattro modalità di fornitura di servizi, effettuando una classificazione
in base alle modalità in cui il servizio viene fornito:
1. Commercio transfrontaliero à dal territorio di un Membro a quello di un altro stato
Membro;
Si pensi, ad esempio, alla creazione di una base dati in Svizzera di cui beneficia un utilizzatore
Americano (cd cross-border).
2. Consumo all’estero à forniti nel territorio di un Membro ad un consumatore di un altro
stato Membro;
Si pensi, ad esempio, al caso del turista che usufruisce di alcuni servizi forniti dalla città estera che
visita o ai trattamenti sanitari richiesti in territorio straniero.
3. Presenza commerciale à Tramite il prestatore di servizi di un Membro, attraverso la
presenza commerciale nel territorio di un qualsiasi altro Membro;
Si pensi, ad esempio, a banche o compagnie di assicurazione con filiali all’estero.
4. Presenza di persone fisiche à Da un prestatore di servizi di un Membro, attraverso la q
fisiche di un Membro nel territorio di un qualsiasi altro Membro;
Si pensi, ad esempio, all’architetto o all’ingegnere di nazionalità italiana che lavora alla costruzione di
un edificio in Svizzera.
4.2 I principi fondamentali oggetto di applicazione generale
All’interno del GATS (in opposizione al GATT) i principi fondamentali hanno un’incidenza
differente a seconda che vengano ricompresi tra gli obblighi oggetto di applicazione generale o
negli impegni specifici: nel primo caso, questi sono vincolanti per tutti gli Stati membri
relativamente a tutte le misure che abbiano un impatto sul commercio di servizi, a prescindere dal
settore e indipendentemente dalla modalità di fornitura. Si tratta del principio della clausola della
nazione più favorita e del principio di trasparenza143.
4.2.1 La clausola della nazione più favorita
L’art. II GATS stabilisce che “ciascun Membro è tenuto ad accordare ai servizi e ai prestatori di
servizi di un qualsiasi altro Membro, in via immediata e incondizionata, un trattamento non meno

142
https://www.wto.org/english/tratop_e/.../mtn_gns_w_120_e.doc.

143
MARCHETTI, J.A. e MAVROIDIS, P.C., What Are the Main Challenges for the GATS Framework? Don’t Talk
About Revolution, in European Business Organization Law Review, n. 5, 2004, pp. 516-517.

36
favorevole di quello accordato ad analoghi servizi e prestatori di servizi di qualsiasi altro paese”;
anche nel GATS, quindi, viene prescritto un divieto di discriminazioni esterne, ossia d’imporre un
trattamento diverso a seconda dell’origine del servizio o del prestatore dello stesso: questo implica,
in ultima istanza, che il livello di liberalizzazione concesso al servizio o al prestatore di servizio
proveniente da un determinato paese debba essere immediatamente e incondizionatamente esteso
a tutti gli altri servizi o prestatori di servizi similari offerti da qualsiasi altro Stato membro. Questo
disposto, in realtà, è limitato dal secondo paragrafo144 del medesimo articolo, che ammette la
possibilità per gli Stati membri di adottare una lista di esenzioni con cui prevedere che, per taluni
servizi, questa clausola non sia garantita145.
Tra l’altro, il diritto di derogare alla Clausola della Nazione più Favorita è unilaterale, nel senso che non
è soggetto all’approvazione di alcuna commissione o fornitore; allo stesso tempo, però, viene richiesto
che queste eccezioni siano specifiche, ossia consistano in misure puntuali non applicabili a tutti i settori
ma soltanto per settori o sottosettori determinati146. Nella pratica, a ciascuno Stato membro è richiesto
di compilare ex ante (ossia, al momento della sua adesione all’OMC) delle c.d. liste di esenzione (o liste
ex art. II) in cui elencare puntualmente tutte le misure che lo Stato non garantisca in regime di c.n.p.f.,
il settore o sottosettore si servizi su cui ciascuna di queste misure incide, la sua durata ecc. Attualmente,
sono circa 400 le misure che complessivamente gli Stati membri hanno elencato nelle loro rispettive
liste di esenzione. La lista di esenzione della Svizzera è consultabile sul sito dell’OMC147.
Un’altra eccezione importante è prevista dall’art. V148, che ammette la possibilità di concludere
degli accordi preferenziali con cui il commercio di servizi tra gli Stati parte viene disciplinato
diversamente, similmente a quanto avviene nell’ambito GATT con l’art. XXIV.
4.2.2 Il principio di trasparenza
L’art. III GATS prescrive che “ciascun Membro provvede a pubblicare senza indugio e comunque,
salvo per situazioni di emergenza, al più tardi entro la data della loro entrata in vigore, tutte le
misure pertinenti di applicazione generale, che riguardano o influiscono sul funzionamento del
presente Accordo”: infatti, proprio la constatazione che nella maggior parte dei casi le barriere che
limitano il commercio di servizi consistano in regolamenti, licenze o requisiti formulati a livello
nazionale149, ha reso necessario promuovere questo e rendere vincolanti per tutti il principio di
trasparenza, che garantisce in ultima istanza una progressiva e trasparente apertura di questo
settore.
4.3 I principi fondamentali oggetto di impegni specifici
Come specificato supra, si tratta di principi che sono vincolanti per gli Stati membri unicamente
nella misura in cui gli Stati si siano vincolati a rispettarli nella propria lista di impegni specifici (o
lista GATS) e possono essere differenziati per settore e per modalità di fornitura (in questo senso,
si dice solitamente che l’Accordo GATS è un accordo à géometrie variable a differenza del

144
“I Membri possono tenere in essere misure incompatibili con il paragrafo 1, purché tali misure siano elencate
nell'allegato sulle esenzioni a norma dell'articolo II, e ne soddisfino le condizioni”.
145
MCRAE, D. MFN in GATT, op. cit., p. 15.
146
LOWENFELD, A.F. International Economic, op. cit., p. 125.
147
https://www.wto.org/english/tratop_e/serv_e/serv_commitments_e.htm.
148
“Il presente Accordo non impedisce ai suoi Membri di sottoscrivere o stipulare un accordo che liberalizzi gli scambi
di servizi tra le parti contraenti (…)”.
149
LOWENFELD, A.F. International Economic, op. cit., p. 125.

37
GATT). I principi oggetto di impegni specifici attraverso la lista GATS sono il principio del
trattamento nazionale e quello dell’accesso al mercato.
4.3.1 Il principio del trattamento nazionale
L’art. XVII prescrive infatti che “ciascun Membro accorda ai servizi e ai prestatori di servizi di un
altro Membro un trattamento non meno favorevole di quello accordato ad analoghi servizi e
fornitori di servizi nazionali”. In questo senso, il suo contenuto è molto simile a quello del principio
del trattamento nazionale in ambito GATT, ma la differenza è che nel GATS esso vale soltanto
limitatamente a quei settori e/o sottosettori e relativamente a quelle specifiche modalità di fornitura
rispetto a cui lo Stato membro si sia espressamente vincolato nella sua lista degli impegni
specifici150.
4.3.2 L’accesso al mercato
Contrariamente a quanto avviene per il commercio di merci, nel commercio di servizi non esistono
barriere tariffarie (sarebbe infatti molto difficile imporle dal momento che, da un lato, spesso non
è il servizio a varcare la frontiera ma il prestatore del servizio o addirittura il consumatore e che,
dall’altro, il valore della prestazione è solo raramente conosciuto a priori: si pensi, ad esempio, a
una consulenza giuridica fornita in modalità 4 il cui valore sarà noto solo quando, rientrato a casa
nel suo Stato di appartenenza, l’avvocato manderà la parcella al suo cliente situato in un altro Stato
membro). Le restrizioni al commercio di servizi avvengono invece attraverso misure interne di
regolamentazione che possono tradursi tanto in restrizioni quantitative, espresse numericamente
o attraverso criteri specifici, quanto attraverso restrizioni qualitative. Le prime possono essere
tanto misure discriminatorie (rivolte cioè unicamente ai servizi o ai prestatori di servizi esteri),
quanto misure non discriminatorie (rivolte cioè ai servizi o ai prestatori di servizi esteri e
nazionali); le seconde sono invece sempre discriminatorie.
Un esempio classico di misure di regolamentazione discriminatorie che si traducono in restrizioni quantitative
sono le normative che limitano il numero di prestatori di servizi che possono essere attivi sul mercato ponendo
il requisito della nazionalità per i prestatori di servizi (ad esempio, le licenze per l’apertura di farmacie possono
essere rilasciate soltanto ai cittadini nazionali). Sono infatti rivolte a impedire che determinate attività (in questo
caso, l’attività di farmacista) possano essere svolte da prestatori di servizi esteri e si traducono in una restrizione
quantitativa (una c.d. zero quota) per tali prestatori, anche se non espressa in termini formalmente numerici.
Un esempio classico di misure di regolamentazione non discriminatorie che si traducono in restrizioni
quantitative sono le normative che sottopongono a un sistema di licenze l’apertura di ristoranti sulla base delle
esigenze di mercato (c.d. economic needs test). Qui la licenza può essere ottenuta tanto da prestatori di servizi
nazionali quanto da prestatori di servizi esteri (non è quindi una misura discriminatoria), ma il fatto che il
numero di ristoranti non possa superare un certo limite calcolato sulla base delle esigenze di mercato (ad
esempio, non più di 100 ristoranti per milione di abitanti) si traduce in una restrizione quantitative formale.
Infine, le restrizioni qualitative sono quelle poste da normative che impongono delle restrizioni sul tipo di
soggetti che possono fornire determinati servizi sul territorio nazionale (normalmente, gli Stati impongono per
esempio un requisito di partecipazione nazionale minima). In questo senso, si tratta sempre di misure
discriminatorie perché volte a limitare la presenza di fornitori esteri sul territorio nazionale.
●Anche qui, si guarda alla lista di impegni à per settore e modalità
Tutte le tipologie di misure interne di regolamentazione atte a costituire barriere all’accesso al
mercato sono tassativamente indicate all’art. XVI GATS. In virtù di tale articolo, gli Stati Membri,
in tutti quei settori in cui si vogliono aprire al mercato, si adoperano per garantire un accesso che,

150
LOWENFELD, A.F. International Economic, op. cit., p. 127.

38
oltre ad essere il medesimo per ciascun concorrente ai sensi della c.n.p.f.151, non venga
assoggettato ad alcuna delle restrizioni disciplinate dal GATS152, sia essa di tipo quantitativo (lett.
a-d) o qualitativo (lett. e-f) (art. XVI:2). Anche qui, gli impegni degli Stati membri variano a
seconda dei settori o dei sottosettori e a seconda della singola modalità di fornitura.
Ad esempio, nella sua lista d’impegni, la Svizzera si è ripromessa che la liberalizzazione dei servizi di
consulenza di diritto internazionale debba avvenire senza che sia opposta alcun tipo di restrizione; al contrario,
per la prestazione di servizi di architettura o d’ingegneria nel Cantone di Lucerna è richiesta una pratica
preventiva di tre anni. La lista GATS della Svizzera è consultabile al sito dell’OMC153.
4.3.3 La lista degli impegni specifici
La lista d’impegni consiste in un elenco in cui i servizi e i sotto-settori vengono classificati secondo
il documento W/120 e in cui per ognuno gli Stati indicano se e in che misura (tanto in termini di
settori e/o sottosettori quanto in termini di modalità di fornitura) viene garantito l’accesso al
mercato e il rispetto del trattamento nazionale. In essa, è contenuta una prima parte generale in cui
vengono elencati gli impegni c.d. “orizzontali”, ossia quelli che valgono per i tutti i settori specifici
che vengono poi elencati nella seconda parte (questo è fatto praticamente per evitare ripetizioni
ricorrenti che allungherebbero il contenuto della lista); e una seconda parte, in cui gli Stati
dettagliano il livello di impegni per i singoli settori e/o sottosettori che vogliano anche solo
parzialmente liberalizzare e per singole modalità di fornitura, individuate attraverso un numero da
1 a 4 (1à commercio transfrontaliero; 2 à consumo all’estero; 3 à presenza commerciale; 4 à
movimento di persone). È frequente che gli impegni varino a seconda della modalità di fornitura
(gli Stati tendono per esempio a liberalizzare maggiormente in modalità 3 perché possono
“controllare” le filiali e le succursali di società estere una volta che siano stanziate sul loro stesso
territorio e perché tali filiali e succursali creano posti di lavoro, mentre tendono a essere più
restrittivi con riferimento alla modalità 4, perché è quella più difficile da controllare e quella che
“sottrae” posti di lavoro ai prestatori di servizi nazionali)
In Svizzera, ad esempio, per l’attività di medico, dentista o veterinario viene garantito sia l’accesso al mercato,
sia il rispetto del trattamento nazionale con l’eccezione, in quest’ultimo caso, di non potere praticare in maniera
indipendente la professione in mancanza della cittadinanza Svizzera.
4.3 Le eccezioni
Similmente al GATT, anche il GATT contiene, all’art. XIV154 le “eccezioni generali” che
permettono agli Stati membri di deviare, nel rispetto di certe condizioni, agli obblighi e agli

151
Art. XVI:1: “Per quanto concerne l'accesso al mercato attraverso le modalità di fornitura definite all'articolo I,
ciascun Membro accorderà ai servizi e ai prestatori di servizi di un altro Membro un trattamento non meno favorevole
di quello previsto a norma dei termini, delle limitazioni e delle condizioni concordate e specificate nel suo Elenco”.
152
HERDEGEN, M. Principles of, op. cit., p. 266.
153
https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/Aussenwirtschaftspolitik_Wirtschaftliche_Zusammenarbeit/Wirtschaftsb
eziehungen/Internationaler_Handel_mit_Dienstleistungen/GATS_Allgemein.html.
154
“Fermo restando l'obbligo di non applicare i provvedimenti in maniera da causare discriminazioni arbitrarie o
ingiustificate tra paesi dove vigono condizioni analoghe, ovvero restrizioni dissimulate agli scambi di servizi, nulla di
quanto contenuto nel presente Accordo è inteso ad impedire l'adozione o l'applicazione da parte dei Membri di misure:
a) necessarie a salvaguardare la morale pubblica o a mantenere l'ordine pubblico; b) necessarie ai fini della tutela della
vita o della salute delle persone, e del mondo animale o vegetale; c) necessarie per garantire l'osservanza di leggi e
regolamenti che non siano incompatibili con le disposizioni del presente articolo, ivi compresi quelli relativi: i) alla
prevenzione di pratiche ingannevoli e fraudolente o al trattamento degli effetti di un'inadempienza rispetto a contratti
di servizi; ii) alla tutela della vita privata di persone fisiche in relazione all'elaborazione e alla diffusione di dati

39
impegni sottoscritti attraverso l’Accordo: similarmente al primo, viene prevista la possibilità di
opporre delle eccezioni quando è necessario tutelare la morale pubblica e l’ordine pubblico (lett.
a), per proteggere la sanità e la vita delle persone e degli animali e la conservazione dei vegetali
(lett. b), per assicurare l'applicazione di leggi e regolamenti compatibili (lett. c), anche se in
contrasto con gli artt. XVII e II.
Come nel caso delle eccezioni generali GATT, anche qui è innanzitutto necessario che la misura eccettuativa
rientri in una delle categorie sopra-menzionate e rispetti le condizioni specifiche ivi previste e, in secondo
luogo, che questa non sia opposta in maniera da creare discriminazioni arbitrarie e non giustificabili o da
restringere ingiustamente il commercio dei servizi in ottemperanza allo chapeau155.
5. Segue: Le regole in materia di proprietà intellettuale poste dal TRIPS
L’inesistenza di una protezione, la protezione insufficiente o, in altri casi, eccessiva dei diritti della
proprietà intellettuale, ha da sempre interferito con la progressiva liberalizzazione del commercio
internazionale; il riconoscimento di questo problema ha portato gli Stati, durante l’Uruguay
Round, ad adottare l’Accordo sugli aspetti commerciali della proprietà intellettuale (Agreement on
Trade-related Aspects of Intellectual Property Rights o TRIPS) che, insieme al GATS, ne
costituisce il fulcro innovativo), che ha per oggetto la tutela dei diritti di proprietà intellettuale156
e, segnatamente, la protezione dei diritti d’autore, dei marchi, delle indicazioni geografiche e
denominazioni d’origine, dei disegni industriali, dei brevetti e dei segreti d’affari o fabbricazione
con lo scopo di garantire la liberalizzazione degli scambi relativi alle creazioni intellettuali157.
Il TRIPS, come espressamente menzionato nel suo preambolo, ha come obiettivo principale quello di “ridurre
le distorsioni e gli impedimenti nel commercio internazionale (e) tenendo conto della necessità di promuovere
una protezione sufficiente ed efficace dei diritti di proprietà intellettuale nonché di fare in modo che le misure
e le procedure intese a tutelare i diritti di proprietà intellettuale non diventino esse stesse ostacoli ai legittimi
scambi”158. Gli obiettivi del TRIPS sono spesso in contrasto fra di loro: se, da una parte, l’assenza di tutela
potrebbe comportare che i beni esportati vengano copiati e sostituiti da altri non originali, dall’altra
l’imposizione di tutele eccessive potrebbe limitare il commercio di beni e di servizi159. Questo impasse è accolto
dallo stesso art. 7 TRIPS, che statuisce: “La protezione e il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale
dovrebbero contribuire alla promozione dell'innovazione tecnologica nonché al trasferimento e alla diffusione
di tecnologia, a reciproco vantaggio dei produttori e degli utilizzatori di conoscenze tecnologiche e in modo da
favorire il benessere sociale ed economico, nonché l'equilibrio tra diritti e obblighi”.

personali nonché alla protezione della riservatezza di registri e documenti contabili di persone fisiche; iii) alla
sicurezza; d) incompatibili con l'articolo XVII, purché il trattamento differenziato sia finalizzato a garantire
l'imposizione o la riscossione equa o efficace di imposte dirette per quanto concerne i servizi o i prestatori di servizi
di altri Membri; e) incompatibili con l'articolo II, purché il trattamento differenziato risulti da un accordo contro la
doppia imposizione o da disposizioni contro la doppia imposizione contenute in altri accordi o convenzioni
internazionali dai quali il Membro sia vincolato”.
155
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., pp. 615-616.
156
COTTIER, T., PANNATIER, S. e WAGNER, M. Les accords du GATT/OMC et la construction. Aspects tarifaires
et non tarifaires et règles relatives à la protection de la propriété intellectuelle et à la libéralisation de service, in
Baurecht, 1995, p. 29.
157
BORGHI, M. e DE ROSSA, F. Compendio, op. cit., p. 802.
158
https://www.admin.ch/opc/it/classified-compilation/19940094/index.html#app25ahref2
159
COTTIER, T. The Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights, in P.F.J. MACRORY,
A.E. APPLETON e M.G. PLUMMER, The World Trade Organization: Legal, Economic and Political Analysis, 2005,
p. 1054.

40
5.1 I principi fondamentali di applicazione generale
La prima parte del TRIPS contiene i principi generali applicabili a tutti i diritti della proprietà
intellettuale disciplinati dall’Accordo. Si tratta dei “soliti noti”: il principio del trattamento
nazionale e la clausola della nazione più favorita.
5.1.1 Il principio del trattamento nazionale
Il divieto di discriminazioni interne in materia di diritti sulla proprietà intellettuale è sancito
dall’art. III, il quale stabilisce che “ciascun Membro accorda ai cittadini degli altri Membri un
trattamento non meno favorevole di quello da esso accordato ai propri cittadini in materia di
protezione della proprietà intellettuale”: da notare che, se il contenuto del principio è identico, a
differenza del GATT e del GATS, in ambito TRIPS tale principio si applica direttamente ai
cittadini (e, quindi, non più ai prodotti o ai servizi similari), poiché i diritti tutelati non sono
tangibili (infatti, pur essendo concretizzati in o da un prodotto, questi devono essere riconosciuti
in capo all’inventore dello stesso)160, seppur entro certi limiti161.
5.1.2 La clausola della nazione più favorita
L’art. IV TRIPS prevede che “tutti i vantaggi, benefici, privilegi o immunità accordati da un
Membro ai cittadini di qualsiasi altro paese sono immediatamente e senza condizioni estesi ai
cittadini di tutti gli altri Membri”; anche in questo contesto, quindi, è sancito l’obbligo, per gli
Stati membri, di applicare immediatamente ed incondizionatamente la medesima disciplina in
materia di protezione dei diritti di proprietà intellettuale a tutti i cittadini degli Stati Membri,
indipendentemente dalla loro origine. Anche in questo caso, quindi, il diritto a non essere
discriminato è riconosciuto direttamente al cittadino.
Nonostante la sua centrale importanza162, il campo di applicazione di questo principio è
significativamente diminuito da tutte le eccezioni previste alla lettere seguenti, ossia attraverso
“accordi internazionali in materia di assistenza giudiziaria o applicazione della legge di carattere
generale” (lett. a), “la Convenzione di Berna (1971) o della Convenzione di Roma” in forza delle
quali il trattamento applicato è quello “concesso ad un altro Paese” (lett. b), per i “diritti degli
artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione”
non contemplati dall’Accordo (lett. c) e, infine, tramite “accordi internazionali relativi alla
protezione della proprietà intellettuale entrati in vigore prima dell'entrata in vigore dell'Accordo
OMC” (lett. d).

160
VAN DEN BOSSCHE, P. e ZDOUC, W. The Law and Policy, op. cit., p. 1010.
161
Art. III:2: “(…) fatte salve le deroghe già previste, rispettivamente, nella Convenzione di Parigi (1967), nella
Convenzione di Berna (1971), nella Convenzione di Roma o nel Trattato sulla proprietà intellettuale in materia di
semiconduttori. Per quanto riguarda gli artisti interpreti o esecutori, i produttori di fonogrammi e gli organismi di
radiodiffusione, l'obbligo in questione si applica soltanto in relazione ai diritti contemplati dal presente Accordo. I
Membri che facciano uso delle facoltà di cui all'articolo 6 della Convenzione di Berna (1971) o all'articolo 16,
paragrafo 1, lettera b) della Convenzione di Roma ne informano conformemente a dette disposizioni il Consiglio
TRIPS”.
162
Sul punto si veda US-Section 211.

41
5.2 Obblighi relativi all’implementazione dei diritti di proprietà intellettuale
Il TRIPS contiene inoltre una serie di obblighi in capo agli Stati relativi alla protezione di tutti i
diritti di proprietà intellettuale coperti dall’Accordo.
L’art. I:1 prevede che le Parti debbano dare attuazione a questi obblighi nella loro legislazione nazionale
attraverso le modalità che ritengono più opportune; viene peraltro precisato che le stesse “hanno la facoltà, ma
non l'obbligo, di attuare nelle loro legislazioni una protezione più ampia di quanto richiesto dal presente
Accordo”: il TRIPS stabilisce quindi un livello minimo di tutela dei diritti della proprietà Intellettuale, che può
essere innalzato unilateralmente e volontariamente dai singoli Stati.
Il TRIPS pone in particolare tanto standard minimi di tutela sostanziale, specifici per ciascuna
tipologia di diritto di proprietà intellettuale e corredati da specifiche eccezioni, quanto standard
minimi di tutela amministrativa e processuale, i quali sono invece generali nel senso che valgono
per ciascuna categoria coperta.
Un esempio standard minimo di tutela sostanziale è quello relativo alla protezione dei brevetti, che ai sensi
dell’Accordo TRIPS deve essere garantita a tutte le invenzioni nuove suscettibili di applicazione industriale
per almeno 20 anni (standard minimo, che gli Stati possano se credono estendere sul piano nazionale) a partire
dal momento in cui viene presentata la domanda di brevetto. Tale standard minimo specifico per i brevetti è
inoltre soggetto ad eccezioni specifiche (che valgono cioè anch’esse solo per i brevetti): ad esempio, ai sensi
dell’art. 31 bis, i PVS possano utilizzare licenze obbligatorie per importare farmaci essenziali (usati per la cura
di malattie come l’HIV, la malaria ecc.) generici a determinate condizioni per motivi preminenti di salute
pubblica. Per standard minimi di tutela amministrativa e processuale si intendono invece gli strumenti di
esecuzione di fronte a violazioni dei diritti di proprietà intellettuale sul piano nazionale. Ciascuno Stato ha
l’obbligo di istituire procedure giudiziarie, amministrative e doganali contro le violazioni dei diritti di proprietà
intellettuale (non necessariamente specifiche) e di procedere all’applicazione di misure correttive come le
misure cautelari e le barriere alla frontiera al fine di prevenire violazioni di tali diritti (si pensi, ad esempio, alla
confisca o alla distruzione dei prodotti contraffatti, alle sanzioni penali, alla sospensione dell’immissione dei
beni nei mercati d’importazione).
5.3 L’opposizione tra i Paesi Sviluppati e quelli in Via di Sviluppo
L’impossibilità di attuare in maniera eguale e con la stessa prontezza le norme previste dal TRIPS
da parte dei Membri economicamente avanzati e dei Paesi in Via di Sviluppo è stata direttamente
accolta dall’Accordo che, all’art. 66:1 che prevede per gli Stati membri meno avanzati Membri la
possibilità di “non applicare le disposizioni del presente Accordo, salvo gli articoli 3, 4 e 5, per un
periodo di dieci anni dalla data di applicazione quale definita all'articolo 65, paragrafo 1”. Al
paragrafo 2, peraltro, viene sollecitato che i Paesi più avanzati aiutino i primi nella predisposizione
di infrastrutture che possano accogliere questa esigenza163. Tale periodo transitorio è stato esteso
sino al 2033. Un’ulteriore disposizione che abbraccia il concetto di trattamento speciale e
differenziato è quella per cui, se uno Stato membro in via di sviluppo non era ancora dotato di una
legislazione nazionale di tutela dei brevetti al 1 gennaio 1995 (data di entrata in vigore del TRIPS),
allora beneficiava di un periodo di grazia di 10 anni (aveva cioè un periodo transitorio di 10 anni
in cui potere procedere all’adozione di tale legislazione).
Nonostante tutte queste flessibilità, l’adozione del TRIPS non è avvenuta senza l’opposizione dei PVS, che vi
intravedevano un ulteriore limite alla loro possibilità di crescita164. Si pensi al recente caso che vede opporsi la

163
“I paesi industrializzati Membri offrono incentivi alle imprese e istituzioni dei loro territori per promuovere e
incoraggiare trasferimenti di tecnologia verso i paesi meno avanzati Membri in modo da consentir loro di crearsi una
base tecnologica solida ed efficiente”.
164
BORGHI, M. e DE ROSSA, F. Compendio, op. cit., p. 802.

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multinazionale Svizzera Novartis e l’India165: nel 2005 l’India ha adottato una nuova legge sui brevetti166
(essendo ormai espirato il termine concesso per l’adattamento agli obblighi TRIPS in materia di protezione dei
brevetti), con la quale ha stabilito che il rinnovo di questi ultimi potesse avvenire soltanto se lo Stato (o
l’azienda) che lo richiede abbia effettivamente apportato delle modifiche sostanziali al prodotto. In casu, la
società Svizzera chiede il rinnovo del brevetto (detto anche brevetto Zimmermann, dal suo inventore) sul
Glivec (un medicinale antitumorale), che le viene però negato dall’ufficio dei brevetti indiano, che ne lamenta
la non innovazione. In particolare, la Sezione 3d richiedeva per l’innovazione di questi brevetti che venisse
modificata la formula chimica. Novartis, che prima di questa data non aveva potuto brevettare la propria
invenzione in India (e, quindi, ne enfatizza l’innovazione in tal senso), agisce innanzi alla Corte Suprema
Indiana, che afferma la decisione presa dall’ufficio locale e quindi legittima, in ultima istanza, la produzione
di un generico con gli stessi principi attivi del Glivec da parte di un’azienda locale. Questo caso è emblematico,
in quanto rappresenta perfettamente la tensione che si può creare tra la necessità di tutelare i diritti della
proprietà intellettuale (e quindi di evitare che vengano legalmente commercializzate delle copie di prodotti già
brevettati come il Glivec) e la necessità di garantire un’equa tutela dei diritti fondamentali (nel caso specifico,
quello alla salute: legalizzare la commercializzazione di un generico indiano abbatte i costi e permette, quindi,
in ultima istanza, anche alle persone meno abbienti di potersene approvvigionare)167.

165
JUNOD, V. Que penser de l’arrêt Novartis c. Union of India ?, in Zeitschrift für Immaterialgüter, 2013, pp. 390-
394.
166
VAWDA, A.Y. After the Novartis Judgment – ‘Evergreening’ will never be the same again, in Law, Democracy
and Development, Vol. 18, 2014, pp. 306-307.
167
ZOEE LYNN, T. Finding the patent balance: the Novartis Glivec case and the TRIPS compliance of India’s Section
3 (D) efficacy standard, in Georgetown Journal of International Law, Vol. 44, n. 4, 2013, p. 18.

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