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Abstract: The article deals with the issue of the nexus principle for business income taxa-
tion, with particular regard to MNEs. Having made a historical examination of the genesis of the
current residence and permanent establishment criteria, the article denounces their inability to
meet the needs posed by the globalised and digitalised economy of current times. It is then
proposed to identifiy a genuine link for corporate income taxation connected to the market
jurisdictions where business is carried out, according to a destination-based approach, with some
possible adjustments. In light of this, the proposals developed at European and global level are
critically examined, with particular reference to the Global Minimum Tax.
SOMMARIO: 1. Ginevra, 31 ottobre 1928: la Lega delle Nazioni fissa le basi per il riparto tra
Stati della potestà impositiva sulle vicende economiche con elementi transnazionali – 2.
La resistività alla prova del tempo del binomio “residenza – stabile organizzazione”
come criterio di collegamento territoriale del reddito d’impresa – 3. La necessità di
superamento del vecchio modello – 3.1. L’evoluzione del contesto economico – 3.2. La
concorrenza fiscale tra Stati e l’elusione internazionale – 3.3. L’iniquità distributiva – 4.
I criteri per l’individuazione dell’appropriato collegamento tra una vicenda economica
e la comunità dotata della potestà impositiva sui relativi proventi – 4.1. La strutturale
inadeguatezza del criterio territoriale tradizionale – 4.1.1. La stabile organizzazione –
4.1.2. La residenza – 4.2. Il genuine link appropriato per la giusta imposizione del
reddito delle multinazionali nel terzo millennio – 4.2.1. Il mercato e l’economia digitale
– 4.2.2. Il ruolo degli investimenti – 4.2.3. Il nuovo ruolo residuale del binomio
“residenza – stabile organizzazione” – 4.2.4. Considerazioni sulle proposte UE di
una Common Corporate Tax Base (CCTB) e di una Common Consolidated Corporate
Tax Base (CCCTB) – 5. Un modello di imposizione del reddito delle multinazionali
basato sul Destination-Based Asset-Coordinated approach (DBAC) – 5.1. Le componenti
positive di reddito – 5.1.1. Le modalità di imposizione – 5.1.2. Fattispecie peculiari –
5.1.2.1. Gli asset informatici – 5.1.2.2. Royalties, interessi e dividendi – 5.1.2.3. C.F.C.,
paradisi fiscali e dintorni – 5.2. Le componenti negative di reddito – 5.2.1. La riparti-
zione dei costi nella classificazione contabile per natura – 5.2.2. La ripartizione dei costi
nella classificazione contabile per destinazione – 6. La global minimum tax come
estremo (e vacuo) tentativo di salvaguardia dello status quo – 6.1. Il primo pilastro –
6.2. Il secondo pilastro – 7. Conclusioni.
(1) “Articolato”, naturalmente, secondo gli standard del tempo, che non appaiono
paragonabili agli attuali standard cui si improntano, ad esempio, i rapporti dell’OCSE, la
cui esasperata complessità viene indicata addirittura come un elemento di freno allo svilup-
po di equi rapporti fiscali internazionali. Cfr., sul tema, Y. Brauner, Lost in Construction:
What is the Direction of the Work on the Taxation of the Digital Economy, in Intertax, 2020,
48, 272; S. Marsit, The Pillar Two Initiative and Developing Countries, in A. Perdelwitz, A.
Turina, Global Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative,
Amsterdam, 2021, 366, anche con riferimento a UN Tax Committee, Tax consequences of
the Digitalized Economy. Issues of relevance for developing countries, 2020, 8.
(2) Per una dettagliata analisi della genesi e ricostruzione del contenuto di questo
rapporto cfr. S. Jogarajan, Double Taxation and the League of Nations, Cambridge – New
York, 2018, 98 ss.; 182 ss.
(3) Cfr., per un’ampia panoramica, S. Jogarajan, Double Taxation and the League of
Nations, cit., passim. Su stimolo della Camera di Commercio Internazionale, la Lega delle
Nazioni iniziò ad occuparsi del tema fin dalla Conferenza di Bruxelles del 1920 (cfr.
specificamente S. Jogarajan, The 100th Anniversary of International Institutions and Inter-
national Taxation, in Intertax, 2020, 48, 929 ss.), segnando passaggi fondamentali nel rap-
porto emesso nel 1923 da parte di quattro tra i più autorevoli economisti a livello mondiale
(“the four Economists”: Einaudi, Seligman, Bruins e Stamp), che conteneva fondamentali
affermazioni di principio ma non ancora una proposta di modello di convenzione, nonché
nel rapporto emesso dal Gruppo di Esperti nel 1925, che molta influenza nel successivo
rapporto e modello del 1927 approvato nel 1928 (S. Jogarajan, Double Taxation and the
League of Nations, cit., 95 ss).
(4) Per fare alcuni esempi, il 31 ottobre 1928, in quella che oggi è una delle principali
potenze economiche del mondo, la Cina, imperversavano ancora i signori della guerra, che
nei territori del Nord non erano ancora definitivamente capitolati di fronte alle truppe
nazionaliste del generalissimo Chiang Kai-Shek: un Dragone poverissimo si apprestava ad
essere riunificato, dopo il crollo pochi anni prima del Celeste Impero Qing, in mezzo a lotte
intestine dal sapore feudale e prima di patire nuove umilianti mutilazioni territoriali per
mano straniera. Colui che sarebbe divenuto il “quattro volte grande” Mao Tze Tung se ne
stava ancora ritirato con un manipolo di compagni nelle remote montagne rurali del sud
della Cina, dove era nato, ignoto al mondo intero. Lo stesso 31 ottobre 1928, mentre in
dottrina 519
distanza, appare agli albori del passaggio tra antico e moderno. In questo
contesto, il primo tema affrontato dal predetto rapporto della Lega delle
Nazioni era la doppia imposizione internazionale nel campo delle imposte
dirette. A tal fine veniva predisposto e allegato un modello di convenzio-
ne (5) che si metteva a disposizione degli Stati per contemperare le proprie
potestà impositive sulle vicende economiche a rilevanza transnazionale.
Si trattava di un problema rilevante da tempo, ma che iniziava nel
primo dopoguerra ad assumere particolare impellenza, poiché le bilance
commerciali dei vari Paesi avevano iniziato a muoversi in modo significa-
tivo e, con esse, le vicende economiche transfrontaliere che potevano dar
corso a una concorrenza di potestà impositive da parte degli Stati coin-
volti. Ed era evidente che l’insistenza della potestà impositiva di più Stati
su una medesima vicenda economica potesse costituire un moltiplicatore –
almeno un “duplicatore” – del carico fiscale correlabile all’operazione
stessa e, con esso, un freno allo sviluppo dei traffici internazionali (6),
Unione Sovietica e in Italia già imperversavano i primi totalitarismi, il primo nipote della
Regina Vittoria ancora regnava sul più vasto impero di tutti i tempi, che si spingeva dalle
arcane giungle del Bengala e della Malesia alle praterie sconfinate del Manitoba, dalle foreste
vergini dello Zambesi ai paradisiaci mari della Polinesia, mentre la Repubblica di Weimar
viveva la sua epoca d’oro, serena che un ex imbianchino di nome Adolf Hitler non avrebbe
più nociuto al prossimo dopo essere stato benevolmente scarcerato grazie a un’amnistia.
Grande anno fu nel mondo il 1928: quando Alexander Fleming scoprı̀ i preziosi effetti
antibiotici della penicillina, infondendo nell’umanità un ottimismo medico che soltanto un
subdolo coronavirus sarebbe stato in grado di raggelare a quasi un secolo di distanza; e
quando Walt Disney disegnò un simpatico Topolino facendolo debuttare al cinematografo
in un muto cortometraggio dedicato a un Crazy Plane. Si festeggiava anche cosı̀ la prima
ricorrenza annuale dello storico volo di Lindbergh, primo volo transatlantico senza scali, che
coprı̀ in 33 ore la tratta tra Parigi e Nuova York dando di fatto il via alla gloriosa storia
dell’aeronautica di linea. Anche le automobili correvano veloci, al punto che nella sola Italia
quasi quadruplicavano la loro diffusione passando nel corso di un decennio da una media di
una ogni mille a ben quattro ogni mille abitanti. Quell’anno 1928 grande fu anche per le
comunicazioni: si vide nel mondo il primo collegamento telefonico via etere, la prima prova
di funzionamento transatlantico di quel prototipo di televisione elettromeccanica svelata alla
Royal Institution soltanto due anni prima, mentre sarebbero occorsi ancora due anni prima
che Guglielmo Marconi inviasse con successo i celeberrimi impulsi radio a lunga distanza tra
Genova e Sidney. Questo era il mondo in cui gli esperti della Lega delle Nazioni approva-
vano il loro rapporto sulle relazioni bilaterali tra Stati in materia di fiscalità che, come si sta
per dire, costituisce a tutt’oggi l’architrave fondamentale del diritto internazionale tributario.
(5) In verità, la formulazione del modello era triplice, con differenze che tuttavia non
manifestano primario rilievo ai presenti fini. S. Jogarajan, Double Taxation and the League of
Nations, cit., 182 attesta l’assoluta prevalenza, nella discussione, del primo dei tre modelli
proposti, mentre fu il terzo modello a esercitare maggior influsso sui successivi modelli
predisposti dall’OCSE (ivi, 253).
(6) Sul tema cfr., recentemente, A. Thier, Some Observations on the Transition from
Tax Statehood to International Taxation, in M. Lang E. Reimer (a cura di), The History of
Double Taxation Conventions in the Pre-BEPS Era, Amsterdam, 2020, 3 ss.
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(7) Si vedano sul punto gli studi di S. Jogarajan, Prelude to the International Tax Treaty
Network: 1815-1914 Early Tax Treaties and the Conditions for Action, in Oxford Journal of
Legal Studies, 2011, 31, 679 ss.; A. Skaar, Permanent establishment. Erosion of a tax treaty
principle, Boston, 1991, 76-77, II ed. Amsterdam, 2021, parr. 7.3. e 7.4.
(8) Per riferimenti cfr. J.D. Kolck, Der Betriebsstättenbegriff im nationalen und im
internationalen Steuerrecht, Münster, 1974, passim; K. Kunze, Der Begriff der Betriebsstätte
und des ständiges Verterters, Mannheim, 1963, passim; M. Kobetsky, History of Tax Treaties
and the Permanent Establishment Concept, in Id. (a cura di), International taxation of
Permanent Establishments. Principles and Policy, Cambridge, New York, 2011, 106 ss.; A.
Skaar, Permanent establishment. Erosion of a tax treaty principle, op. cit., 65 ss.
(9) J. Braun, M. Zagler, An Economic Perspective on Double Tax Treaties with(in)
Developing Countries, in World Tax J., 2014, 6, 243; A. Easson, Do We still need Tax
Treaties?, in Bull. Int. Fiscal Doc., 2000, 54, 619. I precedenti trattati tra Prussia e Sassonia
e tra altre realtà della Confederazione Tedesca del Nord, infatti, meritano di essere consi-
derati piuttosto come accordi tra Stati già appartenenti a una medesima realtà sovranazio-
nale istituzionalizzata, non diversamente dalle regole stabilite all’interno delle federazioni.
dottrina 521
(10) Le parole originali del testo, redatto in magniloquenti caratteri gotici, sono le
seguenti: “Der Grund– und Gebäudebesitz und der Betrieb eines stehenden Gewerbes, sowie
das aus diesen Quellen herrührende Einkommen, sollen nur in demjenigen Staate zu den
direkten Staastssteuern herangezogen werden, in welchem der Grund– und Gebäudebestitz
liegt, oder eine Betriebsstätte zur Ausübung des Gewerbes unterhalten wird. Als Betriebsstät-
ten gelten Zweigniederlassungen, Fabrikationstätten, Riederlagen, Comptoire, Ein– oder Ver-
kaufsstellen und sonstige Geschäftseinrichtungen zur Ausübung des stehenden Gewerbes
durch den Unternehmer selbst, Geschäftsteilhaber, Prokuristen oder andere ständige Betreiber.
Befinden sich Betriebsstätten desselben gewerblichen Unternehmens in beiden Gebieten, so
soll die Heranziehung zu den direkten Staatssteuern in jedem Gebiete nur nach Maßgabe des
von den inländischen Betriebsstätten aus stattfindenden Betriebes erfolgen”.
(11) Cosı̀ l’articolo 5 del primo modello, che parlava di “income ... from any industrial,
commercial or agricultural undertaking and from any other trades or professions shall be
taxable in the State in which the permanent establishments are situated. The real centres of
management, branches, mining and oilfields, factories, workshops, agencies, warehouses, offi-
ces, depots, shall be regarded as permanent establishments ... Should the undertaking possess
permanent establishments in both Contracting States, each of the two States shall tax the
portion of the income produced in its territory. The competent administrations of the two
Contracting States shall come to an arrangement as to the basis for apportionment”. Sostan-
zialmente identica è la formulazione dell’art. 2 lett. C del secondo modello e dell’art. 3 del
terzo modello. Si specificava, al riguardo, nel commentario allegato, che “the word ‘under-
takings’must be understood in its widest sense, without making any distinction between
natural and legal persons”.
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della potestà impositiva nei casi in cui una stessa impresa possedesse
“stabili organizzazioni”, nel senso anzidetto, in entrambi gli Stati contraen-
ti, criteri che venivano rimessi ad accordi volta volta da definire dagli Stati
stessi (12), la scelta di fondo era quindi compiuta nel senso di individuare
l’appropriato criterio di collegamento territoriale del reddito d’impresa
nell’esistenza di una forma di stabilimento dell’impresa stessa nel Paese
e di riconoscere conseguentemente le potestà impositiva sul reddito pro-
dotto da quell’impresa in capo allo Stato in cui essa era stabilita.
Invero, già nel modello del 1928 erano presenti molteplici disposizioni
che operavano riferimento al solo criterio del “real center of management”,
il quale quindi sembrava in qualche misura dotato di una certa attitudine
all’autonomia all’interno della più ampia figura della stabile organizzazione
cui pure era espressamente ricondotto dalle disposizioni sopra citate in
materia di tassazione dei redditi d’impresa. Autonomia che, ai fini di
alcune categorie reddituali, come in particolare, i dividendi e i redditi di
capitale (14), poteva condurre anche a una contrapposizione con gli altri
luoghi di stabilimento dell’impresa, fissando un criterio speciale rispetto a
quello previsto in generale per i redditi d’impresa.
Accanto a ciò, era presente un criterio residuale secondo cui l’imposta
personale sul reddito complessivo avrebbe dovuto essere applicata dallo
Stato in cui il contribuente aveva il suo domicilio fiscale, definito come la
sua residenza abituale, ossia la sua dimora permanente (15). Sebbene la
formulazione fosse evidentemente riferita alle persone fisiche, fu relativa-
mente semplice coniugarla con le imprese costituite in forma societaria e
fu altrettanto relativamente semplice collegare la nozione di residenza della
società con quella di “real center of management” che già il modello cono-
sceva come forma in qualche modo speciale di “permanent establishment”.
Già la proposta approvata dal comitato fiscale della Lega delle Nazioni a
Londra nel marzo 1946, in quello che fu uno degli ultimi atti prima del suo
scioglimento, infatti, specificò che il domicilio fiscale di una società o di
ogni altra entità collettiva dotata o meno di personalità giuridica doveva
intendersi situato nello Stato in cui si trovava il suo centro di direzione
effettiva (16).
Correlativamente, prese il suo corpo definitivo il criterio di riparto
della potestà impositiva tra Stati nei casi in cui essi avessero “permanent
doppie imposizioni, cui si conformano molte delle circa 3.000 convenzioni bilaterali contro
le doppie imposizioni oggi in vigore: il dato è stato di recente riportato da Y. Brauner, Tax
Treaty Negotiations: Myth and Reality, SSRN, 2020.
(14) Ciò che ha fatto alcuni insigni studiosi di un “compromesso” tra criterio della
residenza e criterio della fonte: cosı̀ M.J. Graetz, Taxing International Income. Inadequate
Principles, Outdated Concepts, and Unsatisfactory Policy, in Yale Law School Faculty Scho-
larship Series, 2001, 54, 262; M.J.Graetz, M.M. O’Hear, The “Original Intent” of U.S.
International Taxation, in Duke Law Journal, 1997, 46, 1026, ora anche in M.J.Graetz,
Follow the Money, New Haven, 2016, 84.
(15) “The personal tax in the total income shall be levied by the State in which the
taxpayer has his fiscal domicile, i.e. his normal residence, the term ‘residence’ being understood
to mean a permanent home”: cosı̀ l’art. 10 del primo modello e l’art. 1 del secondo modello.
(16) “The fiscal domicile of a partnership, company and any other legal entity or de facto
body shall be the State in which its real centre of management is situated”: cfr. art. 2, c. 4 del
protocollo annesso al modello predisposto a Londra nel 1946.
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(17) Cfr. la precedente nota 12. Sul ruolo degli USA in tale progressiva traslazione
verso il criterio della residenza cfr. altresı̀ R. Mason, The transformation of International Tax,
in The American Journal of International Law, 202, 114, 399; M.J. Graetz, M.M. O’Hear,
The “Original Intent” of U.S. International Taxation, cit.
(18) “If an enterprise with its fiscal domicile in one contracting State has a permanent
establishment in the other contracting State, there shall be attributed to each permanent
establishment the net business income which it might be expected to derive, if it were an
independent enterprise engaged in the same or similar activities, under the same or similar
conditions. Such net income will, in principle, be determined on the basis of the separate
accounts pertaining to such establishment”.
(19) Cfr., sul punto, A. Skaar, Permanent establishment. Erosion of a tax treaty principle,
cit., 96 ss.; S. Jogarajan, Double Taxation and the League of Nations, cit., 253 ss. Anche l’art.
7 del modello di convenzioni contro le doppie imposizioni elaborato dall’ONU nella spe-
cifica prospettiva dei rapporti tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo non sembra
discostarsi significativamente dal binomio “residenza – stabile organizzazione”.
(20) Come propose la conferenza regionale della Lega delle Nazioni nel modello di
convenzione contro le doppie imposizioni elaborato in Messico nel 1943, dove si proponeva
all’art. 2, comma 4 del protocollo addizionale annesso al modello che “the fiscal domicile of
partnerships, companies and other legal entities or de facto bodies shall be the State under the
laws of which they were constituted”.
dottrina 525
(21) L’art. 4 di essa prevedeva, infatti, quanto segue: “Income from any industrial,
commercial or agricultural business and from any other gainful activity shall be taxable only
in the State where the business or activity is carried out”. Come specificato nel commentario,
diffuso dalla Lega delle Nazioni nel novembre 1946, il passaggio al criterio del mercato nella
bozza predisposta a Città del Messico nel 1943 era dettato dalla circostanza che “if an
enterprise were to be taxable on its profits in a foreign country only if it had a permanent
establishment in that country, some countries would lose revenue. Moreover, certain forms of
fiscal evasion might be encouraged. Indeed, some enterprises might seek to avoid taxation in a
country by carrying out their business in that country without maintaining a permanent
establishment therein or by concealing the existence of such an establishment”.
(22) Come chiarisce l’introduzione del rapporto di Londra, “the Committee is aware of
the fact that the provisions contained in the 1943 Model Conventions may appear more
attractive to some States – in Latin America, for instance – than those which it has agreed
during its present session”; tuttavia, “the membership of the Mexico City and London mee-
tings differed considerably”, cosı̀ che “it is natural that the participants in the London meeting
held, on various points, different views from those which inspired the Model Conventions
prepared in Mexico”. Sul tema cfr., diffusamente, A. Skaar, Permanent establishment. Ero-
sion of a tax treaty principle, op. cit., 88 ss.; M.B. Carroll in International Tax Law, in
International Lawyer, 1967-1968, 2, 692 ss.
(23) La motivazione formale per giustificare la contrapposizione – in realtà essenzial-
mente politica – al passaggio al criterio del mercato si imperniò sui seguenti aspetti: in primo
luogo, “the criterion of the ‘permanent establishment’more or less as defined by the Commit-
tee in its earlier work was contained in nearly all double-taxation treaties relating to business
income”; in secondo luogo, “the use of this criterion was not in itself apt to facilitate fiscal
evasion”; in terzo luogo, “the detection of enterprises concealing their business from the tax
authorities was essentially a matter for internal tax administration”; infine, “past experience
was said to show that it is extremely difficult to tax foreign enterprises efficiently and equitably
when they do not possess a permanent establishment in a country”.
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(27) Come esattamente osservato, “despite all the upheavals and all the turmoil in global
economics and politics, the fundamental concepts of international taxation adopted nearly a
century ago retain their sway. We are governing today’s 21st-century high-tech, integrated,
global economy with a 20th-century international tax system”: M.J. Graetz M.J., Bringing
International Tax Policy into the 21st Century, in Tax Notes Int., 2016, 83, 316; Id., Can a
20th Century Business Income Tax Regime Serve a 21st Century Economy?, in Australian Tax
Forum, 2015, 30, 551.
(28) I dati comparativi possono trarsi dalle analisi di A. Maddison, Contours of the
World Economy, 1–2030 AD, Oxford, 2007, 379, mentre per un sintetico affresco com-
plessivo si rinvia alla precedente nota 4.
(29) Neppure la più fervida immaginazione degli scrittori di fantascienza, ad esempio,
poteva preconizzare le modalità che avrebbe assunto l’esercizio dell’impresa: né Jules Vernes
né Karel Čapek, del resto, risultano aver mai immaginato qualcosa che lontanamente si
avvicinasse all’“internet of things”.
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(39) Cfr., per tutti, P. Barile, E. Cheli, S. Grassi, Istituzioni di diritto pubblico, Padova,
2001, 8.
(40) Riprendo l’espressione “metonimia” dai miei scritti Sovranità tributaria e nuovi
luoghi dell’economia globale, in Dir. pubbl., 2019, 170, 177; Tax Sovereignty and the Law in
the Digital and Global Economy, Oxford – New York – Torino, 2020, 21, 30; Tax Sove-
reignty Today, in Revista Técnica Tributaria, 2020, 161.
(41) Si vedano, in tal senso, le riflessioni di D. Quaglioni, La sovranità, Roma – Bari,
2004, 108 ss., specie 120.
dottrina 533
(42) Pone esattamente il tema G. Fransoni, La territorialità nel diritto tributario, Mila-
no, 2004, specie 220 ss. e 267 ss.
(43) Cfr. gli artt. 4, 5 e 7 del modello OCSE di convenzione contro le doppie impo-
sizioni, al quale si rifanno la maggior parte dei trattati bilaterali e, generalmente, anche le
discipline interne che riguardano la materia.
(44) Riprendo la formula da me coniata in Tax Sovereignty and the Law in the Digital
and Global Economy, cit., 1.
534 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(45) Sul tema, cfr. tra i molti: Y. Brauner, Taxing the Digital Economy Post-BEPS,
Seriously, in Intertax, 2018, 46, 463, il quale sottolinea, anche richiamandosi a C.I. Kingson,
The David Tillinghast Lecture: Taxing the Future, in Tax Law Rev., 1996, 51, 641, che la
digitalizzazione dell’economia evidenzia l’insufficienza degli strumenti tradizionali del diritto
internazionale tributario e che una “international tax law reform ... would be inevitable due
to the incompatibility between the international tax regime and the digital economy”; A. Báez
Moreno, Y. Brauner, Taxing the Digital Economy Post BEPS ... Seriously, in Univ. of Florida
Levin College of Law Research Paper, 2019; 16; M.P Devereux, J. Vella, Implications of
Digitalization for International Corporate Tax Reform, cit. 550; R.S. Avi-Yonah, The Struc-
ture of International Taxation: A Proposal for Simplification, cit., 1307, il quale sottolinea che
“in the modem world, where business can be conducted by communications equipment that
does not require a physical presence, the concept of a permanent establishment is obsolete and
should be replaced by a different type of threshold, such as a percentage of the sales of the
foreign entity or an absolute monetary de minimis amount”, soglia peraltro che non appare
più indispensabile da configurare oggi alla luce delle evoluzioni richieste dall’economia
digitale e permesse dall’informatizzazione dei dati.
Recentemente, il rapporto del Segretariato Generale dell’OCSE al Ministri delle Fi-
nanze del G20 e ai Governatori delle Banche Centrali, dell’Ottobre 2019, al par. 19 del-
l’Annex 1, ha confermato che “the allocation of a new taxing right to market jurisdictions
through new nexus and profit allocation rules would recognise that in today’s globalised and
increasingly digitalised economy a range of businesses can ... create meaningful value without a
traditional physical presence in the market. These features could be said to be relevant for any
business, but they are most relevant for digital centric businesses which interact remotely with
users”. A tale rapporto ha fatto seguito l’elaborazione dei due “Pilastri” per la riforma del
sistema della tassazione internazionale, che saranno esaminati nel successivo par. 6.
(46) La dottrina più evoluta ha colto questo aspetto fino dal Secolo scorso. A livello
internazionale le principali opera pionieristiche sono quelle di A. Skaar, Permanent Esta-
blishment. Erosion of a Tax Treaty Principle, cit. (1991), il quale conclude le sue ampie
riflessioni affermando (ivi, 573) che “in the author’s opinion, the future is likely to prove that
the PE principle has lost its force for new and mobile industries, whether tax treaties are
renegotiated for this purpose or not”, e di S. Picciotto, International Business Taxation. A
Study on Internationalization of Business Regulation, Cambridge, 1992, ove si muove dal-
l’assunto (ivi, 1) che la struttura del diritto internazionale tributario uscita dal compromesso
degli anni Venti “was inappropriate or ambiguous in relation to the type of investment that
came to dominate the post-1945 period”. La dottrina ha continuato a sottolineare l’inade-
guatezza del concetto di stabile organizzazione anche in tutti gli anni successivi e cfr., al
riguardo, almeno M.J. Graetz, Taxing International Income. Inadequate Principles, Outdated
Concepts, and Unsatisfactory Policy, cit., passim; W. Hellerstein, Jurisdiction to Tax Income
and Consumption in the New Economy: A Theoretical and Comparative Perspective, in
Georgia Law Rev., 2003, 38, 29 ss.; E.D. Kleinbard, Stateless Income, in Florida Tax
Rev., 2011, 11, 699; D. Shaviro, The Rising Tax-Electivity of U.S. Corporate Residence, in
dottrina 535
Tax Law Rev., 2011, 64, 377 ss.; J. Cockery, J. Forder, D. Svantesson, E. Mercuri, Taxes, the
Internet and the Digital Economy, in Revenue Law Journal, 23, 1 ss.; R.S. Avi-Yonah, The
Case for a Destination-Based Corporate Tax, in SSRN, 2015; Y. Brauner, Taxing the Digital
Economy Post-BEPS, Seriously, cit., 463, il quale esattamente osserva che “globalization at
the turn of the millennium altered business in now well-known (and profound) manners that
could not be seamlessly tackled by current, acceptable norms ... The instinctive response to
these challenges, a revision of the rules in adaptation to the new business environment by
tweaking of their application based on the principles of which these rules have been derived,
simply failed”; W. Schön, Ten Questions About Why and How to Tax the Digitalized
Economy, in Bull. Int. Tax., 2018, 280 ss. Per due recenti ricognizioni dello stato dell’arte
cfr. E. Traversa, (a cura di), Corporate Tax Residence and Mobility, Amsterdam, 2017; G.
Maisto (a cura di), New Trends in the Definition of Permanent Establishment, Amsterdam,
2019, con i saggi ivi contenuti. Nella dottrina interna, cfr. sul tema A. Fedele, Uscire dal
vicolo cieco: quali gli strumenti fiscali?, in Rass. trib., 2020, 303 ss., il quale evidenzia che “i
tradizionali criteri di territorialità, tendenzialmente utilizzati in tutte le legislazioni nazionali e
nelle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, risultano di fatto obsoleti e
inidonei a fronteggiare la progressiva sottrazione dei risultati economici dei maggiori operatori
del mercato planetario ai sistemi tributari degli Stati”; A. Purpura, Brevi riflessioni in tema di
stabile organizzazione digitale: dalla bit tax all’“utentecentrismo”?, in Dir. prat. trib., 2020,
476 ss.; S. Dorigo, Il problematico adattamento della nozione di stabile organizzazione all’e-
conomia digitale, in Corr. trib., 2019, 759 ss.; Id., La stabile organizzazione tra presente e
futuro, in Riv. dir. trib., 2021, II, 64 ss.; C. Buccico, Problematiche e prospettive della
tassazione dell’economia digitale, in Dir. proc. trib., 2019, 255 ss.; L. Carpentieri, La crisi
del binomio diritto-territorio e la tassazione delle imprese multinazionali, in Riv. dir. trib.,
2018, I, 351 ss.; V. Perrone, Nuovi criteri di collegamento e ridefinizione del concetto di
stabile organizzazione nella digital economy, in L. Del Federico (ed.), Le nuove forme di
tassazione della digital economy, Roma 2018, 63 ss.; A. Garcı́a Prats, Permanent Establish-
ment after BEPS – A more appropriate allocation of taxing rights?, in A. Vicini Ronchetti (a
cura di), Fiscalità della internazionalizzazione delle imprese, Torino, 2018, 21 ss.; L. Salvini.,
La strategia anti-BEPS nell’economia digitale: la revisione del criterio di collegamento, in Rass.
trib., 2017, 768 ss.; F. Paparella, voce Stabile organizzazione, in Diritto on line, 2016; G.
Fransoni, La stabile organizzazione: nihil sub sole novi?, in Riv. dir. trib., 2015, I, 123 ss.; Id.,
La territorialità nel diritto tributario, cit., 375 ss.; G. Corasaniti, La stabile organizzazione e
l’exit taxation, in Dir. prat. trib. int., 2014, 69 ss.; S. Cipollina, I redditi “nomadi” delle società
multinazionali nell’economia globalizzata, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2014, I, 21 ss., par. 4; G.
Melis, Le interrelazioni tra le nozioni di residenza fiscale e stabile organizzazione: problemi
ancora aperti e possibili soluzioni, in Dir. prat. trib., 2014, 29 ss.; A. Fantozzi, La stabile
organizzazione, in Riv. dir. trib., 2013, 99 ss.; Id., Evoluzione, problemi attuali e prospettive
del diritto tributario internazionale nell’ottica italiana, in AA.VV., Dal diritto finanziario al
diritto tributario. Studi in onore di Andrea Amatucci, IV, Napoli – Bogotà, 2012, 13, 18 e 22;
Id., L’imposizione fiscale delle stabili organizzazioni: problematiche e prospettive, in Riv. dir.
trib. int., 2002, 10, 11; R. Baggio, Il principio di territorialità ed i limiti alla potestà tributaria,
Milano, 2009, 191 ss.; C. Garbarini, La disciplina fiscale del commercio elettronico, principi
ispiratori, problematiche applicative e prospettive di sviluppo, in Dir. prat. trib., 2000, I, 1205
ss. L’obsolescenza del binomio “residenza – stabile organizzazione” è in verità riconosciuto
anche dall’OCSE, che lo ha evidenziato fin dal rapporto del 5 dicembre 2005 Are the
Current Treaty Rules for Taxing Business Profits Appropriate for E-Commerce? Tuttavia, la
stessa OCSE continua a operare saldo riferimento a tale binomio nell’elaborazione delle sue
proposte, come si vedrà nel successivo par. 6.
536 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
4.1.2. - La residenza
Considerazioni opposte, ma concorrenti nella stessa direzione, valgono
per il criterio di collegamento territoriale rappresentato dalla residenza
dell’impresa, sul presupposto che essa sia strutturata in forma societaria
o comunque entificata.
In via preliminare, occorre prendere atto che il criterio della residenza
rispecchia la tradizionale impostazione vetero-capitalistica, volta a privile-
giare la remunerazione del capitale, piuttosto che l’effettivo svolgimento
dell’attività imprenditoriale (51). Invero, affermare il principio che, al netto
di alcuni aggiustamenti marginali, il reddito ricavato “worldwide” da
un’impresa sia imponibile unitariamente nel Paese in cui essa risiede, salvo
quello imputabile a eventuali strutture fisse d’affari all’estero, equivale a
individuare nell’investimento di capitale la vera vicenda economica rile-
vante per la formazione del reddito: è infatti all’originario investimento di
(50) In questo modo, appare ampiamente garantito il rispetto del principio del bene-
ficio che, insieme con il principio della capacità contributiva (cui può considerarsi affine il
concetto, generalmente utilizzato a livello internazionale, di “ability-to-pay”), costituisce il
parametro essenziale alla luce del quale valutare l’equità del sistema d’imposizione delle
multinazionali e dell’economia digitale. Cfr., sul punto, G. Bizioli, Fairness of the Taxation of
the Digital Economy, in W. Haslehner, G. Kofler, K. Pantazatou, A. Rust (a cura di), Tax
and the Digital Economy: Challenges and Proposals for Reform, Alphen aan der Rijn,
2019, 59.
(51) Sul punto cfr. C. Peters, On the Legitimacy of International Tax Law, cit., 127 ss.;
R.S. Avi-Yonah, H. Xu, Evaluating BEPS, in S.A. Rocha, A. Christians (a cura di), Tax
Sovereignty in the BEPS Era, Alphen aan der Rijn, 2017, 99, ove si osserva che la soluzione
raggiunta negli anni Venti si ispira al principio che il collegamento territoriale si radica
“where the capital invested was accumulated”.
538 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(52) R.S. Avi-Yonah, The Structure of International Taxation: A Proposal for Simplifi-
cation, cit., 1311.
(53) A tal fine, pertanto, la questione fondamentale è se individuare il criterio di
radicamento fondamentale della persona fisica in una comunità nella cittadinanza o nella
residenza, dovendosi ciò valutare anche alla luce del rispetto del principio del consenso al
contributo (si rinvia, in proposito, alle considerazioni svolte in F. Farri, Tax Sovereignty and
the Law in the Digital and Global Economy, cit., 91 ss.). Problemi si pongono, in particolare,
nel caso in cui l’ordinamento consenta a un soggetto che non paghi le imposte nel Paese di
fruire comunque di servizi pubblici finanziati dalla fiscalità generale (e, quindi, per i quali
non siano previste specifiche tasse di fruizione che chiunque possa pagare) e tale questione
viene generalmente risolta mediante la previa stipula di polizze assicurative da parte del-
l’interessato o tramite accordi di riparto di gettito tributario tra i diversi Paesi coinvolti. Ciò
avviene, ad esempio, tra gli Stati dell’Unione Europea: si consideri, in particolare, il Rego-
lamento n. 833/2004/CE, specialmente all’art. 35 in tema di sussidi per maternità o malattia,
all’art. 41, in tema di sussidi per incidenti sul lavoro e malattie professionali, e all’art. 65, in
tema di sussidi di disoccupazione. Le procedure per dar corso alla ripartizione degli oneri
dottrina 539
finanziari di tali sussidi tra i vari Stati coinvolti nelle erogazioni nei confronti di persone
collegate con più ordinamenti sono stabile dal Regolamento n. 987/2009/CE.
(54) Per considerazioni analoghe cfr. R.S. Avi-Yonah, Globalization, Tax Competition
and the Fiscal Crisis of the Welfare State, cit., 1673.
(55) Sul tema cfr., di recente, P. Baker, Some Thoughts on Jurisdiction and Nexus, in G.
Maisto (a cura di), Current Tax Treaty Issues, Amsterdam, 2020, 441 ss., il quale argomenta
in modo convincente che il criterio di collegamento rappresentato dalla residenza dovrebbe
considerarsi inadeguato per radicare il collegamento territoriale delle società ai fini dell’im-
posta sul reddito. Il punto è rilevato da A. Contrino, Il “metodo comparativo” quale stru-
mento evolutivo del diritto dei trattati fiscali: note a margine del volume “Current Tax Issues”
edito da IBFD per i cinquant’anni dell’International Tax Group, in Riv. dir. trib., 2021, V, 13.
540 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(56) Si vedano, al riguardo, Englisch J. – Becker J., Taxing Where Value is Created:
What’s “User Involvement” Got to Do With It?, in 47 Intertax, 2019, 161 ss.; S. De Jong, W.
Neuvel, Á. Uceda, Dealing with Data in a Digital Economy, in Int. Transfer Pricing J., 2018;
25, A.Y. Prussak, Source, Character and Taxable Presence in a Digital World: International
Taxation of Online Advertising, Ann Arbor, 2017, passim.
(57) Cfr., sul punto, K. Pantazatou, The taxation of the sharing economy, in W. Ha-
slehner, G. Kofler, K. Pantazatou, A. Rust (a cura di), Tax and the Digital Economy: Chal-
lenges and Proposals for Reform, cit., 215 ss.
(58) In senso analogo G. Bizioli, op. cit., 65, il quale si interroga se le informazioni o i
dati raccolti da soggetti non residenti possano considerarsi un equo criterio di collegamento
con la “user jurisdiction” e raggiunge una conclusione essenzialmente negativa.
(59) La questione è, in verità, al centro di ogni riflessione condotta sul punto dall’OC-
SE e dalla Commissione Europea, che tende a introdurre un nuovo tipo di stabile organiz-
dottrina 541
dominio del sito web, oppure per collocare una sua pubblicità sul web o su
un social network, oppure per inserirlo in posizione più favorevole su un
motore di ricerca. Al contrario, le semplice visione da parte dei residenti
del Paese di un contenuto informatico non appare sufficiente a radicare un
collegamento apprezzabile con la comunità del Paese stesso (che, del resto,
sarebbe difficilissima da valorizzare sotto il profilo economico), poiché non
è ragionevolmente dimostrabile che da esso derivi un business tra chi vede
il contenuto e l’inserzionista o il provider, allo stesso modo in cui non è
ragionevolmente sostenibile che chi vede una pubblicità compri il prodot-
to pubblicizzato (60). Analogamente, il semplice uso di un sito web nella
lingua nazionale di uno Stato non appare idoneo a stabilire un criterio di
connessione tra le attività economiche generate dal sito e lo Stato dove
quella lingua si parla, mentre può risultare un criterio collegamento idoneo
per diversi tipi di imposte come ad esempio quelle sulla pubblicità (61).
(60) Al riguardo, autorevole dottrina ha sostenuto che tale collegamento possa dirsi
sussistente anche laddove la multinazionale del web abbia una relazione qualificata con
l’utente (“sustained user relationship”, SURE) accompagnata da una qualche forma di en-
trata: J. Englisch J. Becker, D. Schanz., How Data Should (ot) be Taxed, in SSRN, 2018,
parr. 4 e 6; J. Englisch J. Becker, D. Schanz, A SURE Way of Taxing the Digital Economy, in
Tax Notes, 2019, 93, 309 ss.; J. Englisch, J. Becker J., Taxing Where Value is Created: What’s
“User Involvement” Got to Do With It?, cit. Sul tema cfr. altresı̀ A.Y. Prussak, Source,
Character and Taxable Presence in a Digital World: International Taxation of Online Adver-
tising, cit.; R.S. Avi-Yonah, R. Fishbien, The Digital Consumption Tax, in Intertax, 2020, 48,
538 ss.; A. Purpura, Brevi rilfessioni in tema di stabile organizzazione digitale: dalla bit tax
all’“utentecentrismo”?, cit., passim.
(61) In questo senso è stata anche la decisione della Corte di giustizia UE, Grande
Sezione, 3 marzo 2020, C-482/18, Google Ireland Limited v. Nemzeti Adósos Vámhivatal
Kiemelt Adós Vámigazgatósága. Al riguardo, peraltro, non può omettersi di osservare come il
tema attenesse più propriamente al diritto internazionale tributario, che non al diritto
dell’Unione Europea. Ad ogni modo, è interessante notare (Dorigo S., op. cit.) come né
nella predetta decisione, né nelle conclusioni dell’A.G. Kokott il concetto di “stabile orga-
nizzazione” sia mai stato utilizzato per supportare in modo significativo l’argomentazione.
dottrina 543
(62) M.J. Graetz, Taxing International Income. Inadequate Principles, Outdated Con-
cepts, and Unsatisfactory Policy, cit., 323: “The fragility and manipulability of the residence of
corporations suggests to me that ... international tax policy, to the extent possible, should
reduce the tax consequences of determinations of residence for corporations. There are several
policy implications that flow from this judgment. First and foremost, it implies priority of
taxation of business income at source. In the case of corporations, we probably should stop
talking as if our policy is worldwide taxation of corporate residents and as if any departure
from such policy ... is an aberration ... We should try to minimize the tax consequences that
turn on a corporation’s “residence.” This necessarily would put additional pressure on deter-
minations of source, and make the linkage of such determinations to the location of real
economic activity (the locations of sales, labor, property, and research and development), as
suggested in the previous Section, even more pressing”.
(63) Sul fatto che la relazione qualificata con l’utente (“sustained user relationship”,
SURE) possa essere considerata come un “intangible asset” cfr. J. Englisch J. Becker, D.
Schanz, How data should (not) be taxed, cit., par. 6; J. Englisch J. Becker, Taxing Where
Value is Created: What’s “User Involvement” Got to Do With It?, cit., 171; M.P: Devereux,
J. Vella, Implications of Digitalization for International Corporate Tax Reform, cit., 555; A.Y.
Prussak, Source, Character and Taxable Presence in a Digital World: International Taxation of
Online Advertising, cit., 2 il quale evidenzia che “user information and data are assets the
value of which is made possible by the efforts of the jurisdiction of the users whose data is
being undermined and exploited”.
544 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(64) Al riguardo, è possibile osservare per inciso come, potendosi risolvere – pur con le
suddette difficoltà e incertezze – la questione dell’assoggettamento a imposte sul reddito
delle vicende dell’economia digitale, non permane la necessità di affrontare mediante tributi
compensativi (cd. “equalization levies”) la percezione sociale diffusa che i giganti del web si
sottrarrebbero alle imposte sul reddito nei Paesi in cui svolgono il proprio business. Ciò
fermo restando che, naturalmente, anche le vicende economiche virtuali possono concet-
tualmente essere oggetto di tributi reali e indiretti, quali bit tax, hit tax, big data tax o
quant’altro, essendo peraltro sul punto dirimente la valutazione di opportunità di ogni
singolo Stato, anche in relazione al carattere inevitabilmente distorsivo rivestito da tali
tributi, confermato, tra gli altri, da A.P. Dourado, In Search of an International Tax System
in a Post-BEPS Tax Competition Setting, in Intertax, 2019, 47, 2 ss. e M. Devereux, J. Vella,
Taxing the Digitalised Economy: Targeted or System-Wide Reform, in Brit. Tax Rev., 2018, 4,
381. Sulle “equalization levies” cfr. anche le successive note 82 e 129. Analogamente, potrà
essere oggetto di imposizione indiretta la scelta imprenditoriale di sostituire il lavoro umano
con mezzi robotici, al fine di compensare le esternalità negative che la collettività riceve da
tale scelta imprenditoriale in termini di diminuzione nel tasso di occupazione e di contra-
zione delle imposte e dei contributi sul reddito di lavoro dipendente: si vedano, sul tema, V.
Ooi, G. Goh, Taxation of Automation and Artificial Intelligence as a Tool of Labour Policy,
in SMU Institutes Centre for AI & Data Governance Working Papers, 2019; S. Dorigo, Robot
and Taxes: Turning An Apparent Threat Into An Opportunity, in Tax Notes Int., 2018, 1079
ss.; X. Oberson, Taxing Robots?, Cheltenham, 2019, passim; Id., International – Robot
Taxes: The Rise of a New Taxpayer, in Bull. Int. Tax., 2021, 8. Simile misura, tuttavia,
dovrà necessariamente essere coordinata a livello internazionale, potendosi produrre altri-
menti un effetto boomerang, rappresentato dalla possibile fuoriuscita delle imprese più
tecnologizzate (J. Englisch, Digitalisation and the Future of National Tax Systems: Taxing
Robots?, in W. Haslehner, G. Kofler, K. Pantazatou, A. Rust (a cura di) op. cit., che
difficilmente potrebbe essere arginato tramite l’introduzione di una exit tax, che appare
problematica sotto il profilo della possibile compatibilità con i principi costituzionali dei vari
Stati oltre che con parte del diritto internazionale pattizio.
dottrina 545
(65) Come noto, lo “unitary approach” è basato sulla considerazione delle multinazio-
nali e del loro business come entità concretamente unitarie e si contrappone, in questo, al cd.
“independent entity approach”: cfr., ex pluribus, S. Picciotto, The Current Context and a
Little History, cit., 6. Lo “unitary approach” può essere declinato in molteplici forme (cfr.,
ancora, S. Picciotto, Unitary Alternatives and Formulary Apportionment, in S. Picciotto, (a
cura di), Taxing Multinational Enterprises as Unitary Firms. Towards Unitary Taxation of
Transnational Corporations, cit., 27 ss.): il criterio della residenza e della connessa tassazione
dell’utile mondiale (“residence-based worldwide taxation”, RBWT) è una di queste (ivi, 27),
mentre un’altra è rappresentata appunto dal “destination-based approach”. Sull’opportunità
di adottare una forma di “unitary approach” per tassare adeguatamente il reddito delle
multinazionali concorda una larga parte della dottrina, sebbene molto diversificate possono
essere le soluzioni in concreto proposte, ossia le formule di ripartizione della potestà impo-
sitiva tra i vari Stati (“formulary apportionment”): cfr., per tutti, S. Langbein, The Unitary
Method and the Myth of Arm’s Length, in Tax Notes, 1986, 17, 625 ss.; M.C. Durst, A
Practical Approach to a Transition to Formulary Apportionment, in S. Picciotto (a cura di),
Taxing Multinational Enterprises as Unitary Firms. Towards Unitary Taxation of Transna-
tional Corporations, cit., 44 ss.; R.S. Avi-Yonah, Z. Pouga Tinhaga, Formulary Apportion-
ment and International Tax Rules, ibid., 67; K. Sadiq, Unitary Taxation of the Finance Sector,
ibid., 119 ss.; F. Gallo, Prospettive di tassazione dell’economia digitale, in Dir. merc. tecn.,
2016, 157; V. Tanzi, Globalization and Taxation: A Brief Historical Survey, in Riv. dir. fin. sc.
fin., 2014, I, 3 ss.; Id., Taxation in an integrating world, Washington D.C., 1999: s. Cipol-
lina, op. cit., 36, la quale evidenzia come il principale ostacolo all’adozione di tale approccio
a livello internazionale sia il fattore politico, vista la generale opposizione dei Paesi che
vedrebbero i propri interessi fiscali pregiudicati; M. Devereux, J. Vella, Are we heading
towards a corporate tax system fit for the 21st century?, in OUCBT Working Paper, 2014, 14;
R.S. Avi-Yonah,, Unitary taxation and international tax rules, in Law & Economics Working
Papers, 2013, 83; Id., Splitting the Unsplittable: Toward a Formulary Approach to Allocating
Residuals Under Profit Split, in Michigan Law Papers, 2013, 378; C. Fuest, C. Spengel, K.
Finke, J. Heckemeyer, H. Nusser, Profit Shifting and “Aggressive” Tax Planning by Multi-
national Firms: Issues and Options for Reform, in World Tax J., 2013, 5, 307 ss.; S. Picciotto,
Towards Unitary Taxation of Transnational Corporations, in Tax Justice Network, 2012;
Kleinbard E.D., Stateless Income, in Florida tax review, 2011, 11, 699 ss.; Id., Stateless
Income and its Remedies, in T. Pogge, K. Mehta (a cura di), Global tax fairness, Oxford,
2016; R. Vann, Taxing International Business Income: Hard-Boiled Wonderland and the End
of the World, in World Tax J., 2010, 2, 291 ss.; R.S. Avi-Yonah, K.A. Clausing, M.C. Durst,,
Allocating Business Profits for Tax Purposes: A Proposal to Adopt a Formulary Profit Split, in
Univ. of Michigan Public Law Working Paper, 2009, 1; R.S. Avi-Yonah, K. Clausing, Re-
forming Corporate Taxation in a Global Economy: A Proposal to Adopt Formulary Appor-
tionment, Washington D.C., 2007; R.S. Avi-Yonah, Globalization, Tax Competition, and the
Fiscal Crisis of the Welfare State, cit.; Id., Slicing the Shadow: A Proposal for Updating U.S.
International Taxation, in Tax Notes, 1993, 56, 1511 ss.
546 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(66) Sulla non sovrapponibilità di un’imposta sul reddito determinata sulla base del
“destination-based approach” rispetto alle imposte sul consumo cfr. le successive note 99
e 100.
(67) Come nota A. Fedele, Uscire dal vicolo cieco: quali gli strumenti fiscali?, cit., invero,
la “evidente tendenza a risolvere situazioni problematiche con l’introduzione di imposte so-
stitutive” fa sı̀ che “il nostro sistema d’imposizione dei redditi”, anche di quelli delle società,
si caratterizzi “per la natura sostanzialmente ‘reale’ dell’imposizione”.
(68) La definizione è tratta da A. Fedele, Imposte reali ed imposte personali nel sistema
tributario italiano, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2002, I, 451 ss. Si rinvia al successivo par. 4.2.3.,
punto (ii) per ulteriori considerazioni sul punto.
dottrina 547
par. 5.2. risultano indispensabili nell’interesse stesso della società per con-
sentire la ripartizione della materia imponibile e, quindi, la valorizzazione
dei costi e, più in generale, delle componenti reddituali fiscalmente rile-
vanti.
L’importanza che tali Paesi manterrebbero, tuttavia, sarebbe essenzial-
mente strumentale e non dovrebbe comportare variazioni sensibili nel
livello di tassazione a seconda della collocazione della residenza o della
stabile organizzazione stessa.
Lo stesso vale per quanto attiene alla tassazione di gruppo, il cui
centro ben potrebbe essere individuato in un Paese di residenza o stabile
organizzazione.
La tassazione di gruppo, del resto, non si presta a risolvere i problemi
di erosione della base imponibile e suddivisione dei profitti che interessano
la tassazione a livello internazionale, poiché il suo carattere opzionale non
sembra suscettibile di superamento almeno fin quando si ritiene di man-
tenere tendenzialmente ferma la rilevanza giuridica dell’entificazione so-
cietaria (69): in conseguenza di ciò, non appare possibile utilizzare la tas-
sazione di gruppo come strumento generalizzato e, pertanto, essa non
rappresenta lo strumento idoneo per affrontare in maniera sistemati i
problemi della tassazione internazionale, che sono generalizzati. Anche
sul punto, pertanto, la variabile del Paese assunto come centro dell’impo-
sizione di gruppo non appare dirimente, una volta che siano definiti in
modo opportuno i criteri di consolidamento e ripartizione del gettito tra i
vari Paesi.
In secondo luogo, e sotto altro profilo, è naturale che nelle vicende
transnazionali il reddito dell’impresa perda ai fini fiscali alcune caratteri-
stiche della sua unitarietà.
È la stessa suddivisione della sovranità fra i vari Stati a richiedere una
suddivisione di ciò che li riguarda. Del resto, lo stesso modello OCSE di
convenzione contro le doppie imposizioni considera separatamente il trat-
tamento e il collegamento territoriale di una serie di singole tipologie di
componenti del reddito d’impresa. Ciò che dovrebbe mutare, invece, è il
contenuto di tali criteri di collegamento.
Infine, nella prospettiva considerata è fisiologico che il parametro di
determinazione del reddito d’impresa su scala globale e, in particolare, dei
(69) Salvo casi particolari come la C.F.C. dettati, tuttavia, da esigenze specifiche ed
eccezionali che non possono essere estese in via generalizzata. Sul tema cfr. il successivo par.
5.1.2.3.
548 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(70) S. Picciotto, Unitary Alternatives and Formulary Apportionment, cit., 33; M.C.
Durst, A Practical Approach to a Transition to Formulary Apportionment, cit., 54; R. Mur-
phy, P. Sikka, Unitary Taxation: The Tax Base and the Role of Accounting, in S. Picciotto (a
cura di), Taxing Multinational Enterprises as Unitary Firms. Towards Unitary Taxation of
Transnational Corporations, cit., 75 ss.; R. Murphy, P. Sikka, Unitary Taxation: Tax Base and
the Role of Accounting, in ICTD Working Paper, 2015, 34. Con specifico riferimento alla cd.
global minimum tax, di cui al successivo par. 6, cfr. D. Calderón Manrique, The GloBE Tax
Base: Road to the Jurisdictional Effective Tax Rate, in A. Perdelwitz, A. Turina, Global
Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative, cit., 32-36; J.
Englisch, J. Becker, International Effective Minimum Taxation – The GloBE Proposal, in
World Tax J., 2019, 11, 483 ss., par. 3.2.4.2., ove si evidenzia che “taking international
commercial accounting standards – the IFRS – as a point of departure and introducing appro-
priate adjustments might offer the best chance of success”.
(71) Al riguardo, è peraltro possibile osservare che, in termini pratici, anche in presenza
di un elevato grado di differenze tra i principi contabili applicati dai vari Stati la tecnologia a
disposizione dovrebbe consentire in modo relativamente agevole le conversioni contabili
necessarie. Cionondimeno, appare evidente che soltanto una armonizzazione della base di
calcolo della materia imponibile da ripartire tra le varie giurisdizione potrebbe risolvere in
modo definitivo la questione. Cfr., sul punto, M.C. Durst, The Tax Policy Outlook for
Developing Countries: Reflections on International Formulary Apportionment, in ICTD Wor-
king Paper, 2015,32; S. Picciotto, Unitary Alternatives and Formulary Apportionment, cit.,
33; Id., Towards Unitary Taxation: Combined Reporting and Formulary Apportionment, in T.
Pogge, K. Mehta (a cura di), op. cit. Del resto, come rilevato all’esito di approfondite
disamine comparatistiche da R.S. Avi-Yonah, N. Sartori, O. Marian, Global Perspectives
on Income Taxation Law, Oxford, 2011, 167; R.S. Avi-Yonah, Tax Convergence and Glo-
balization, in Univ. of Michigan Public Law Working Paper, 2010, 214, sebbene sussistano a
livello globale alcuni aspetti di convergenza nelle modalità di determinazione del reddito
d’impresa, essi risultano spesso superficiali e nascondono differenze profonde. Nello stesso
senso, H.J. Ault, B.J. Arnold (a cura di), Comparative Income Taxation. A Structural Ana-
lysis, Alphen aan der Rijn, 2010, rilevano fin dall’introduzione che, sebbene a livello gobale
emergano questioni simili su molti fronti in materia di imposta sul reddito delle società, “the
responses to the issues, however, vary substantially”. Tutto ciò dimostra ulteriormente l’op-
portunità che la ripartizione della materia imponibile tra Stati dovrebbe avvenire sulla base
di criteri il più possibile oggettivi, cosı̀ che solo successivamente ciascuno Stato (o gruppo di
Stati) possa poi intervenire sulla parte ad esso spettante con le misure di politica fiscale che
ritenga più opportune. A livello dogmatico cfr. J. Roin, Taxation without coordination, in
Journal of Legal Studies, 2002, 31, 61 ss.; H.D. Rosenbloom, International Tax Arbitrage and
the “International Tax System”, in Tax Law Review, 1999, 53, 137 ss.
dottrina 549
italiano attuale, fondato sul principio di derivazione dell’imponibile fiscale dal risultato
contabile (art. 83 del t.u.i.r.).
dottrina 551
(77) Sul tema, R. Szudoczky, Is the CCCTB Proposal in line with the Principle of
Subsidiarity?: Negative Opinions Submitted by National Parliaments in the “Yellow Card
Procedure”, in D. Weber (a cura di), CCCTB: Selected Issues, Alphen aan der Rijn, 2012,
115 ritiene piuttosto la questione rilevante sotto il profilo del principio di proporzionalità,
sulla base di una lettura del principio di sussidiarietà che, tuttavia, appare eccessivamente
restrittiva: la stessa autrice, del resto, non nega che “the considerations which theoretically
belong to proportionality can, in fact, be brought within the scope of subsidiarity” (ivi, 126).
(78) Cfr. il par. 5 della relazione alla proposta COM(2016)285.
(79) Cfr. Communication from the Commission to the European Parliament and the
Council, Business Taxation for the 21st Century, COM(2021) 251 del 18 maggio 2021.
dottrina 553
(80) È il caso di osservare, al riguardo, come la comunicazione Business Taxation for the
21st Century COM(2021)251 non affronti il tema della base giuridica per l’intervento in
materia da parte dell’Unione.
(81) Sulla legittimità di regimi impositivi che si traducono in ritenute sui redditi lordi
(“gross withholding taxes”) dubbi sono stati sollevati, tra gli altri, da G. Bizioli, op. cit., 65 e
G.W. Kofler, G. Mayr, C. Schlager, Taxation of the Digital Economy: “Quick Fixes” or Long-
Term Solutions?, in Eur. Taxation, 2017, 58, 529. Sulla capacità dei grandi operatori inter-
nazionali di influenzare le decisioni degli Stati cfr., per tutti, C. Crouch, The Strange Non-
Death of Neoliberalism, Cambridge 2011; in materia tributaria, F. Gallo, Il futuro non è un
vicolo cieco. Lo Stato tra globalizzazione, decentramento ed economia digitale, Palermo, 2019,
passim; L. Carpentieri, La crisi del binomio diritto-territorio e la tassazione delle imprese
multinazionali, cit., 359; A. Christians, Lux Leaks: Revealing the Rule of Law, One Plain
Brown Envelope at a Time, in Tax Notes Int., 2014, 76, 1123 ss.
554 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(82) Essendo possibile ascrivere a tale categoria anche quella Goods and Services Tax
che l’Australia propose di applicare anche a beni venduti online dal 1˚ luglio 2018, a fronte
del cui annuncio Amazon controbatté che essa non avrebbe più venduto merci in Australia.
Anche Brauner Y., Taxing the Digital Economy Post-BEPS, Seriously, cit., 464 evidenzia che,
in generale, “equalization levies ... gives one an impression of a political (retaliatory) rather
than a technically sound move”. Sul tema cfr. altresı̀ la precedente nota 64 e la successiva
nota 129. Per la cronaca, si osserva che, a fronte degli annunci, Amazon si è poi trovata
costretta ad adeguarsi al sistema di GST australiana, trovandosi a richiedere a tutti i vendi-
tori che si avvalgono della piattaforma per inviare prodotti in Australia di farli transitare
presso le strutture della controllata australiana del gruppo, cosı̀ sostanzialmente soddisfa-
cendo gli interessi impositivi statali.
(83) Cfr. R.S. Avi-Yonah, The Case for a Destination-Based Corporate Tax, cit.: “the
argument for DBCT is that the consumer base is less subject to tax competition than either the
location of property or of payroll ... the DBCT removes some of the incentives for tax avoidance
in preventing most double non-taxation. This is better than the current set of
anti-avoidance measures than tend to rapidly become obsolete”; M.P. Devereux, J. Vella,
Implications of Digitalization for International Corporate Tax Reform, cit., 552, 555.
(84) Cfr. la precedente nota 34.
(85) S. Picciotto, Unitary Alternatives and Formulary Apportionment, cit., 29, 37,
41, 42.
dottrina 555
(86) Poiché le componenti negative si collocano in Paesi a più alta fiscalità soltanto
proporzionalmente alle componenti positive che ivi parimenti si collochino, secondo quanto
più diffusamente si illustrerà nel successivo par. 5.2.
(87) R.S. Avi-Yonah, K.A. Clausing, M.C. Durst, Allocating Business Profits for Tax
Purposes: A Proposal to Adopt a Formulary Profit Split, cit., 509; M.P. Devereux, J. Vella,
Implications of Digitalization for International Corporate Tax Reform, cit., 552, 555.
(88) R.S. Avi-Yonah, K.A. Clausing, M.C. Durst, Allocating Business Profits for Tax
Purposes: A Proposal to Adopt a Formulary Profit Split, cit., 511: “an approach like that
proposed here should help governments around the world set their tax policies more indepen-
dently”; in senso analogo anche M.P. Devereux, J. Vella., Implications of Digitalization for
International Corporate Tax Reform, cit., cit., 556. Come osservato da M. De Wilde, Com-
paring Tax Policy Responses for the Digitalizing Economy: Fold or All-in, in Intertax, 2018,
46, 475, “if such a destination-based system were to be introduced by countries unilaterally or
in concert on a regional basis, for instance within the EU, the race to the bottom would be
brought to an end within the inner circle of the adopting countries as the tax system would
then operate completely neutrally on the supply side”.
(89) Sul punto cfr. S. Picciotto, Unitary Alternatives and Formulary Apportionment, cit.,
36 ss.; A. Cobham, S. Loretz, International Distribution of the Corporate Tax Base: Impli-
cations of Different Apportionment Factors under Unitary Taxation, in ICTD Working Paper,
n. 27/2014. Per un recente studio sul tema, ancorché riferito specificamente all’applicazione
del “destination-based approach” a un modello di “cash-flow tax”, cfr. S. Hebous, A. Klemm,
S. Stausholm, Revenue Implications of Destination-Based Cash-Flow Taxation, in IMF Wor-
king Paper, 2019, 7, ove si osserva che in media, a livello globale, un modello impositivo del
genere, ad aliquote invariate, produrrebbe un gettito complessivo simile a quello delle attuali
imposte sul reddito d’impresa, sebbene con diversa distribuzione, che andrebbe a privile-
giare i Paesi con deficit commerciali, in via di sviluppo o le cui economie non siano
comunque basate sul settore delle risorse naturali. In senso apparentemente contrario, W.
Hellerstein, A US Subnational Perspective on the “Logic” of Taxing Income on a “Market”
Basis, in Bull. Int. Tax., 2018, 72, 293 ss. dimostra che l’adozione di un “destination-based
approach” non comprometterebbe neppure il gettito complessivo degli Stati esportatori di
capitali, ma piuttosto lo aumenterebbe (in senso analogo cfr. R.S. Avi-Yonah, K.A. Clau-
sing, M.C. Durst, Allocating Business Profits for Tax Purposes: A Proposal to Adopt a
556 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
Formulary Profit Split, cit., 513, 534 ss.). Il vero è, come sottolineato da autorevole dottrina
(M.J. Graetz, Bringing International Tax Policy into the 21st Century, 316), che “today, of
course, virtually every country is both a capital importer and a capital exporter, which seriously
complicates its national interests”. D’altronde, come evidenziato da P. Diestsch, T. Rixen,
Redistribution, Globalization and Multi-Level Governance, in Moral Philposphy & Politics,
2014, 1, 61 ss., la concorrenza fiscale danneggia tutti gli Stati, poiché l’esacerbazione dei
conflitti sociali nei Paesi poveri è desinata a ricadere, prima o dopo, anche su quelli ricchi,
non foss’altro che nelle forme delle migrazioni.
(90) Sul tema cfr. diffusamente i nostri Tax Sovereignty and the Law in the Digital and
Global Economy, cit., 115 ss.; Sovranità tributaria e nuovi luoghi dell’economia globale, cit.,
212 ss.; Tax Sovereignty Today, cit., 167 ss.; El consenso a la imposición en la fiscalidad
global, in Themis, 2020, 76, 22 ss. Punto di riferimento sono in proposito le opere di Gallo
F., Il futuro non è un vicolo cieco, cit., passim; Id., Le ragioni del fisco, Bologna, 2007, 59, 61,
102, 107, 112, 115, 119; Id., Giustizia sociale e giustizia fiscale fra decentramento e globa-
lizzazione, in Riv. dir. trib., 2004, I, 1069, 1079; M. Luciani, Costituzione, tributi e mercato,
in Rass. trib., 2012, 831, par. 3; R.S. Avi-Yonah, The Three Goals of Taxation, in Tax L.
Rev., 2006, 60, 12, 19 ss., il quale osserva che “it is politically dangerous to rely entirely on
spending decisions for redistribution ... Experience ... has shown that the income tax can have
significant redistributive effect. And finally, the use of income and wealth taxation has impor-
tant symbolic value”; Id., Os Três Objetivos da Tributação, in Direito Tributário Atual, 2008,
7 ss.; Id., Why Tax the Rich? Efficiency, Equity, and Progressive Taxation, in 111 Yale Law
Journal, 2002, 1391 ss. Sottolineano a tal fine la perdurante centralità del ruolo fiscale degli
Stati, M.J. Graetz, Taxing International Income. Inadequate Principles, Outdated Concepts,
and Unsatisfactory Policy, cit., II, par. A; Chirstians, Putting the Reign back in Sovereign, in
Pepperdine Law Review, 2013, 40, 1403. Sul piano economico, cfr. V. Tanzi, Termites of the
State, Cambridge, 2018, 103, 153; J. Stiglitz, The Price of Inequality: How Today’s Divided
Society Endangers our Future, New York, 2012, 434.
(91) La centralità della questione è stata da tempo evidenziata da R.A. Musgrave, P.B.
Musgrave, Inter-Nation Equity, in R. Bird, J. Head (a cura di), Modern Fiscal Issues, To-
ronto, 1972, 63 ss.; R.A. Musgrave, P.B. Musgrave, Fiscal Coordination and Competition in
an International Setting, in L. Eden (a cura di), Retrospectives on Public Finance, Durham,
1991, 61 ss.; P.B. Musgrave, Sovereignty, Entitlement, and Cooperation in International
Taxation, in Brooklyn Journal Int. Law, 2001, 26, 1335 ss.; P.B. Musgrave, Combining Fiscal
Sovereignty and Coordination: National Taxation in a Globalizing World, in I. Kaul, P.
Conceicao (a cura di), The New Public Finance Responding to Global Challenges, Oxford,
2006, 167. Sul tema cfr. altresı̀ K. Vogel, World-wide vs. Source Taxation of Income. A
Review and Re-Evaluation of Arguments, in Intertax, 1988, 16, 216-229, 310-320, 393– 402;
N.H. Kaufman, Fairness and the Taxation of International Income, in Law & Pol. Intl. Bus.,
1998, 29, 145 ss.; K. Brooks, Inter-Nation Equity: The Development of an Important but
Underappreciated International Tax Value, in R. Krever, J. Head (a cura di), Tax Reform in
the 21st Century, Alphen aan der Rijn, 2009; J. Li, Improving Inter-Nation Equity through
Territorial Taxation and Tax Sparing, in A. Cockfield (a cura di), Globalization and Its Tax
Discontents: Tax Policy and International Investments, Toronto, 2010, 117 ss.; Y. Brauner, A
Framework for an Informed Study of the Realistic Role of Tax in a Development Agenda, in
dottrina 557
Uni. Brit. Colum. Law Review, 2010, 42, 275 ss.; A.C. Infanti, Internation Equity and
Human Development, in Y. Brauner, M. Stewart (a cura di), Tax, Law and Development,
Cheltenham, 2013, 209 ss.; P. Pistone, Geographical Boundaries of Tax Jurisdiction, Exclusive
Allocation of Taxing Powers in Tax Treaties and Good Tax Governance in Relations with
Developing Countries, ibid., 267 ss.; T. Pogge, K. Mehta (a cura di), Global tax fairness,
Oxford, 2016 e ivi, in particolare, i saggi di N. Shaxson, J. Christensen, Tax Competitive-
ness: A Dangerous Obsession; M.C. Durst, Self-Help and Altruism: Protecting Devolping
Countries’Tax Revenue; K. Mehta, E. Dayle Siu, Ten Ways Developing Countries can Take
Control of Their Own Tax Destinies; J. Stark, Verteilungsgerechtigkeit als Prinzip des inter-
nationalen Steuerrechts, in Steuer und Wirtschaft, 2019, 71 ss.
(92) C. Peters, On the legitimacy of international tax law, cit., 105, sottolinea che “the
factual developments in society render ... the strict analytical separation between interindivi-
dual equity and inter-nation equity ... impossible”, cosı̀ che “there is an increasing ‘blurring’ of
the equity norms”.
(93) Né assume diretta rilevanza, rispetto a quanto osservato nel testo, la circostanza
che i Paesi importatori di capitali potrebbero avere interesse nel mantenere un basso livello
d’imposizione per attrarre investimenti (T. Dagan, Tax Sovereignty in an Era of Tax Multi-
lateralism, in D. Weber, (a cura di) EU Law and the Building of Global Supranational Tax
Law, Amsterdam, 2017, 44). Premesso che la scelta se debba essere privilegiata l’economia
privata, attraendo investimenti, o l’economia pubblica, cercando di garantire il finanziamen-
to del settore pubblico, rientra pienamente nella sovranità di tali Stati e nessuno toglie a tali
Paesi la possibilità di manovrare come meglio ritengono le misure di politica fiscale sulla
quota di reddito sul quale detengono la potestà impositiva, cosı̀ come sulle altre variabili
anche non fiscali suscettibili di costituire incentivazione agli investimenti, il predetto inte-
resse risulterebbe, infatti e in definitiva, controproducente nel lungo periodo rispetto all’o-
biettivo di favorire un vero ed equilibrato sviluppo di tali Paesi, come dimostrato da K.
Mehta, E. Dayle Siu, op. cit., 341, ove si raccomanda che i Paesi in via di sviluppo non
cadano “into the trap of tax competition and tax incentives”. In questo senso, R.S. Avi-
Yonah, Globalization and Tax Competition: Implications for Developing Countries, in
AA.VV., XIII Seminario Regional de Polı´tica Fiscal: Compendio de Documentos, Santiago
del Cile, 2001, 268; Id., Bridging the North/South Divide: International Redistribution and
Tax Competition, in Mich. J. Int. Law, 2004, 26, 381 evidenzia la necessità di un coordina-
mento internazionale tra Paesi in via di sviluppo al fine di evitare una corsa alla riduzione
della tassazione di ogni natura sugli investimenti stranieri.
558 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(94) Sul tema cfr. L. Gerzova, B. Rodriguez, The Switch-Over Rule, in A. Perdelwitz, A.
Turina, Global Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative,
cit., 126-131; M. Alvarado, R. Offermanns, The Subject-to-Tax Rule, ibid., 189, 198; F. De
Lillo The implementation of Pillar Two, ibid., 403. Per alcuni possibili profili di criticità
dell’utilizzo del modello multilaterale cfr. P. Pistone, A. Turina, The Way Ahead: Policy
Consistency and Sustainability of the GloBE proposal, ibid., 432-433. Sulla possibilità, ad
ogni buon conto, di passare anche in via unilaterale al “destination-based approach” da parte
di singoli Stati cfr. R.S. Avi-Yonah, K.A. Clausing, M.C. Durst, Allocating Business Profits
for Tax Purposes: A Proposal to Adopt a Formulary Profit Split, cit., 515, 519; R.S. Avi-
Yonah, A. Kir, India’s new profit attribution proposal and the arm’s length standard, in Tax
Notes Int., 2019, 1183 ss.
(95) R.S. Avi-Yonah, K.A. Clausing, M.C. Durst, Allocating Business Profits for Tax
Purposes: A Proposal to Adopt a Formulary Profit Split, cit., 508 ss.
dottrina 559
(96) Un esempio in tal senso è fornito anche dal Capitolo IV del rapporto OCSE, Tax
Challenges Arising from Digitalisation – Report on Pillar One Blueprint, 2020, 70 ss. riferito
alla individuazione della market jurisdiction ai fini della tassazione di una parte dei redditi di
alcune multinazionali della digital economy, di cui si dirà più diffusamente nel successivo
par. 6.1.
560 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
del 1943, un criterio di questo genere non sembra porre seri problemi di
effettività applicativa.
Invero, per le componenti positive di carattere periodico (interessi,
royalties, corrispettivi periodici, ecc.) la prospettiva della pignorabilità
del credito presso il debitore da parte delle Amministrazioni finanziarie
degli Stati interessati sembra costituire mezzo adeguato a dissuadere il
creditore, ossia l’impresa multinazionale, dall’evasione. Inoltre, e ciò vale
anche per le componenti positive una tantum, appare sufficiente porre in
capo al cliente (laddove anch’esso imprenditore) o all’intermediario finan-
ziario dei pagamenti un obbligo di effettuazione di una ritenuta, nella
forma della ritenuta sul reddito lordo, cd. “gross withholding tax”, rimet-
tendo poi alla corporation la presentazione di una dichiarazione completa
in cui valorizzare anche le componenti negative, scomputando le somme
già versate mediante ritenuta e nettizzando cosı̀ il reddito imponibile (97).
(97) Simili conclusioni sono tratte altresı̀ da R.S. Avi-Yonah, Globalization, Tax Com-
petition and the Fiscal Crisis of the Welfare State, in Harv. L. Rev., 2000, 113, 1671. Sulla
funzionalità del sistema delle ritenute a raggiungere i fini indicati nel testo, ivi inclusi quelli
di compliance, cfr. di recente G. Maisto, P. Arginelli, C. Silvani, Curbing Base Erosion via
Withholding Taxes: The Case for a “Reverse Controlled Foreign Company” Approach, in Bull.
Int. Tax., 2018, 72, 578 ss.; J. Vleggeert, H. Vording, Conditional Withholding Tax: A Tax
on Tax Planning, in Bull. Int. Tax., 2017, 71, 452 ss.; M. Alvarado, R. Offermanns, op. cit.,
196-197. Nello stesso senso anche il commentario ONU del 2017 all’art. 12A del modello
ONU di convenzione contro le doppie imposizioni tra Paesi industrializzati e Paesi in via di
sviluppo, dove si osserva al par. 32 che “a withholding tax imposed on the gross amount of
payments made by residents of a country, or non-residents with a permanent establishment or
fixed base in the country, is well established as an effective method of collecting tax imposed
on non-residents”. Sotto altro profilo, sulla nettizzazione degli importi originariamente sog-
getti a ritenute confida l’OCSE per l’attuazione della STTR, di cui si dirà nel successivo par.
6.2. (cfr. OCSE, Tax Challenges Arising from Digitalisation – Report on Pillar Two Blueprint,
2020, 168). In questo modo, cioè con la nettizzazione a seguito di presentazione di una
dichiarazione nel Paese principale e di una dichiarazione in ciascun Paese dove le ritenute
sono applicate, appare possibile superare i principali elementi di criticità evidenziati da W.
Cui, Destination– Based Cash-Flow Taxation: A Critical Appraisal, in UTLJ, 2017, 67. Le
ulteriori possibili criticità attengono alla difficoltà di valorizzare i passaggi intermedi di beni
e di individuare il luogo di conclusione degli affari. In verità, entrambi i profili appaiono
relativamente agevoli da superare. Riguardo al primo, a ogni vendita potrà corrispondere
una componente reddituale imponibile (come del resto richiesto dai principi contabili)
collegabile allo Stato dell’acquirente e il diritto per il venditore di dedursi le spese sostenute
per procurarsi e mantenere il bene venduto, ferma restando la possibilità di dettare specifici
accorgimenti per le relazioni intragruppo (come noto, ad esempio, l’art. 10 e l’art. 37,
comma 2, ultimo periodo della proposta di CCCTB considerano tali passaggi sostanzialmen-
te irrilevanti dal punto di vista impositivo). Riguardo al secondo aspetto, oltre a quanto
osservato sul piano concettuale da R.S. Avi-Yonah, Globalization, Tax Competition and the
Fiscal Crisis of the Welfare State, cit., 1672, è possibile osservare come esistano sul piano
tecnico strumenti sufficientemente sicuri per rendere possibile la geolocalizzazione: sul tema
cfr. D. Svantesson, E-commerce Tax: How the Taxman Brought Geography to the “Border-
dottrina 561
Sarebbe, in altre parole, il sistema stesso della ritenuta sul reddito lordo di
tutti i ricavi a incentivare l’impresa alla corretta e completa e dichiarazione
dei propri redditi se intende avvalersi della possibilità di dedurre i costi,
secondo quanto di dirà nel successivo par. 5.2.
In questa maniera, ogni problema di compatibilità con il principio di
capacità contributiva sarebbe scongiurato (98), posto che la tassazione del
reddito lordo mediante ritenuta sarebbe soltanto un passaggio intermedio,
secondo il modello della ritenuta d’acconto, essendo la nettizzazione ri-
messa a un comportamento dichiarativo della società la cui eventuale
omissione, peraltro contraria agli interessi della società stessa anche per
gli altri profili che si evidenzieranno nel successivo par. 5.2., non potrebbe
che essere addebitata esclusivamente a una scelta della medesima.
In questa maniera, inoltre, risulterebbe scolpita la differenza sia rispet-
to a un’imposta che assumesse come base imponibile il cd. “cash flow”,
ossia il differenziale immediato tra entrate e uscite di cassa, sia rispetto a
un’imposta sui consumi, sul modello dell’iva, poiché per definizione l’im-
less” Internet, in Revenue Law Journal, 2017, 17, 1; A. Bal, Taxing the Consumption of
Digital Goods, in S.A. Rocha, A. Christians (a cura di), Tax Sovereignty in the BEPS Era, cit.,
143 ss. Cfr. altresı̀ R.S. Avi-Yonah, The Case for a Destination-Based Corporate Tax, in
SSRN, 2015, Id., Three Steps Forward, One Step Back? Reflections on “Google Taxes” and
the Destination-Based Corporate Tax, in Nordic Tax Journal, 2016, 73 ss., ove ulteriori
specifiche repliche ai profili di criticità indicati da R. Altschuler, H. Grubert, Formula
Apportionment: Is It Better Than the Current System and Are There Better Alternatives?,
in National Tax Journal, 2010, 63, 1145 ss.; S.C. Morse, Revisiting Global Formulary Ap-
portionment, in Va. Tax Rev., 2010, 29, 593 ss. Per quanto attiene al profilo di criticità
rappresentato dall’incompatibilità di un impianto del genere con l’attuale assetto del diritto
internazionale tributario – incompatibilità che autorevole dottrina ha comunque ritenuto
superabile (R.S. Avi-Yonah R.S., Unitary Taxation and International Rules, in Law and
Economics Working Papers, 2013, 83) – è agevole replicare che la proposta in esame ha
proprio lo specifico fine di superare tale assetto che, d’altro canto, ha carattere meramente
pattizio e come tale disponibile agli Stati.
(98) Non sembra, pertanto, condivisibile l’affermazione di C. Brokelind, An Overview
of Legal Issues Arising from the Implementation in the European Union of the OECD’s Pillar
One and Pillar Two Blueprint, in Bull. Int. Tax., 2021, 75, 212 ss., secondo cui “the ability-
to-pay principle is not compatible with the destination tax principle”. In merito alla compa-
tibilità del “destination-based approach” con i principi fondamentali in materia di imposi-
zione tributaria cfr., nel contesto statunitense, US Supreme Court, Moorman Mfg. Co. v.
Bair, 437 U.S. 267 (1978), citata da M. De Wilde, C. Wisman, OECD Consultations on the
Digital Economy: “Tax Base Reallocation” and “I’ll Tax If You Don’t”?, in P. Pistone, D.
Weber (a cura di), Taxing the Digital Economy: The EU Proposals and Other Insights,
Amsterdam, 2019, 26. Sul tema cfr. altresı̀, in una prospettiva di “benefit principle”, X.
Li, A Potential Legal Rationale for Taxing Rights of Market Jurisdictions, in World Tax J.,
2021, 13, 26 ss. e, seppur con approccio particolarmente prudente, L.F. Kjærsgaard, The
Ability to Pay and Economic Allegiance: Justifying Additional Allocation of Taxing Rights to
Market States, in Intertax, 2021, 49, 636 ss.
562 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
posta non sarebbe neutrale rispetto all’impresa cedente del bene o presta-
trice del servizio, né sarebbe proporzionale al prezzo percepito (99).
Correlativamente, sarebbe escluso ogni dubbio di possibile compati-
bilità con il divieto di europeo di istituzioni imposte con effetto equiva-
lente a imposte sulla “cifra d’affari” (100), ferma restando l’evidente inido-
neità di un regime cosı̀ congegnato a compromettere le libertà fondamen-
tali europee o comunque a incidere sul funzionamento del mercato comu-
ne, trattandosi, anzi, di un sistema assolutamente neutrale e strutturalmen-
te non distorsivo rispetto al mercato stesso.
Da quanto sopra esposto, deriva che in tale schema concettuale il
contributo che gli asset danno alla formazione del reddito dell’impresa è
ordinariamente concentrato nelle giurisdizioni in cui si effettuano le ope-
razioni di business.
Ciò sul presupposto che gli asset di carattere reale – lavoratori dipen-
denti, aziende, immobili, proprietà intellettuale e altri “intangibles” – siano
direttamente funzionali al business e, pertanto, diano luogo a redditi radi-
cati nella comunità in cui il business è svolto, ossia in quelle di cui, piutto-
sto che in quella in cui il bene è prodotto o la società ha sede. Ciò vale
anche per gli asset di carattere finanziario che danno luogo a redditi
( 99 ) Che non sia necessario supporre una “Destination-Based Cash Flow Tax”
(DBCFT), simile all’iva, è confermato da R.S. Avi-Yonah, Slicing the Shadow: A Proposal
for Updating U.S. International Taxation, in Tax Notes, 1993, 56, 1511 ss.; Id., Globalization,
Tax Competition, and the Fiscal Crisis of the Welfare State, cit., 1573 ss.; R.S. Avi-Yonah,
K.A. Clausing, M.C. Durst., Allocating Business Profits for Tax Purposes: A Proposal to
Adopt a Formulary Profit Split, cit. Per ulteriori considerazioni di carattere generale sul
“destination-based approach”, valide sia per l’applicazione di esso a un sistema di “cash flow
tax” che a un sistema d’imposta sul reddito tradizionale, cfr. M.P. Devereux, S. Bond, Cash
Flow Taxes in an Open Economy, in Centre for Economic Policy Research Discussion Paper,
2002, 3401; M.P. Devereux, P. Birch Sorensen, The Corporate Income Tax: international
trends and options for fundamental reform, in European Commission Economic Paper, 2006,
264; A.J. Auerbach, M.P. Devereux, H. Simpson, Taxing Corporate Income, in J. Mirrlees (a
cura di), Dimensions of Tax Design: The Mirrlees Review, Oxford, 2010, 837 ss.; A.J.
Auerbach, A Modern Corporate Tax, in The Hamilton Project, 2010; M.P. Devereux, Issues
in the Design of Taxes on Corporate Profit, in National Tax Journal, 2012, 65, 709 ss.; A.J.
Auerbach, M.P. Devereux M.P., Consumption and Cash– Flow Taxes in an International
Setting, in Oxford University Centre for Business Taxation Working Paper Series, 2014, 12; L.
Cerioni, The new “Google Tax”: The “Beginning of the end” for Tax Residence as a Connec-
ting Factor for Tax Jurisdiction, in Eur. Taxation, 2015, 55, 186; R. Tomazela Santos, S.A.
Rocha, Tax Sovereignty and Digital Economy in Post-BEPS Times, in S.A Rocha, A. Chri-
stians (a cura di), Tax Sovereignty in the BEPS Era, cit., 42-44.
(100) Per la relativa definizione cfr. Corte di giustizia, 7 agosto 2018, C-475/17, Viking
Motors SA v. Tallinna Linn, par. 39; 3 ottobre 2006, C-475/03, Banca popolare di Cremona c.
Agenzia Entrate, par. 28, sul noto caso dell’irap italiana, con riferimento alla quale cfr., per
tutti, A. Contrino, The ECJ’s Remarkable Decision on IRAP, in Int. VAT Monitor, 2007,
6 ss.
dottrina 563
(101) Sui profili problematici della formula di ripartizione della proposta di CCCTB
cfr., tra gli altri, M. De Wilde, Tax Competition Within the European Union – Is the CCCTB
Directive a Solution?, in Erasmus Law Review, 2014, 24 ss.; Id., Tax Competition within the
European Union Revisited – Is the Relaunched CCCTB a Solution?, in Erasmus Law Review,
SSRN, 2017; Id., The CCCTB relaunch: a critical assessment and some suggestions for modi-
fication, in P. Pistone (a cura di), European tax integration: law, policy and politics, Am-
sterdam, 2018, 35 ss.; Id, On the Future of Business Income Taxation in Europe, in World
Tax J., 2020, 12; J. Hundsdoerfer, J. Wagner, How accurately does the CCCTB apportion-
ment formula allocate profits? An evaluation of the European Commission proposal, in Journal
of Business Economics, 2020, 90, 495 ss.
564 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
zione potranno essere contrastate con gli strumenti indicati nei successivi
parr. 5.1.2.3. e 5.2.1.
(102) Sul punto cfr. R.S. Avi-Yonah, The Structure of International Taxation: A Proposal
for Simplification, cit., 1307 ss.
(103) Il problema è colto altresı̀ da M.P. Devereux, J. Vella, Implications of Digitaliza-
tion for International Corporate Tax Reform, cit., 555 ss., i quali ciononostante tendono a
dottrina 565
includere l’apporto reddituale di tali asset sulla base di una definizione ampia del concetto di
“destinazione”, affermando ivi, 558 che “this issue tests the notion of ‘destination’”. Sul tema
cfr. altresı̀ U. Schreiber, L.M. Fell, International Profit Allocation, Intangibles and Sales-
Based Transactional Profit Split, in World Tax J., 2017, 9, 1 ss.
(104) Cfr., per considerazioni analoghe, R.S. Avi-Yonah, Splitting the Unsplittable:
Toward a Formulary Approach to Allocating Residuals Under Profit Split, in Michigan Law
Papers, 2013, 378.
(105) M.P. Devereux, J. Vella, Implications of Digitalization for International Corporate
Tax Reform, cit., 555, 558 e 559; G. Bizioli, op. cit., 59.
(106) Come sottolineato da S. Picciotto, The Current Context and a Little History, cit.,
566 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
18 e Id., Unitary Alternative and Formulary Apportionment, cit., 34, in tale contesto non
sembrano soddisfacenti né i criteri vigenti ispirati alle “Transfer Pricing Guidelines” del-
l’OCSE (parr. 1.67 e 6.56), né il tradizionale criterio di ripartizione della potestà impositiva
rappresentato dalla “Massachussets formula” e basato sui tre fattori dell’impiego di lavora-
tori, della presenza fisica di asset e delle vendite effettuate.
(107) V. Marotta, V. Abhishek, A. Acquisti, Online Tracking and Publishers’Revenues:
An Empirical Analysis, draft paper, May 2019.
In materia tributaria, il problema è stato opportunamente sollevato da G. Corasaniti,
La creazione di valore secondo i principi internazionali, in C. Buccico, S. Ducceschi, S.
Tramontano, L’evoluzione della fiscalità internazionale. Le venti “primavera” di Napoli, Pa-
dova, 2020, 92 ss.; Id., La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito interna-
zionale e prospettive nazionali, in Dir. prat. trib. int., 2020, 1409 ss.; A. Bal, (Mis)guided by
the value creation principle – Can new concepts solve old problems?, in Bull. Int. Tax., 2018,
72, 1 ss.
dottrina 567
guenze: (i) per un verso, che le royalties e gli interessi dovrebbero in linea
di principio essere considerati imponibili nel Paese in cui ha luogo il
business che li genera, ovvero dove si colloca il soggetto al quale il pro-
prietario concede l’utilizzo del bene o del denaro dietro pagamento della
royalty o dell’interesse: in sintesi, nel Paese del “pagatore”, per individuare
il quale può tornare in rilievo il residuale concetto di residenza o stabile
organizzazione del soggetto stesso; (ii) per altro verso, che il provento
derivante dall’asset costituito in una partecipazione societaria, ossia il di-
videndo, dovrebbe essere assoggettato a imposizione in capo al percettore
nel Paese in cui si colloca la società che lo distribuisce, ossia ancora una
volta nel Paese del “pagatore”.
(i) Quanto alla prima conclusione, la circostanza che essa si ponga in
contrasto con quanto attualmente previsto dall’attuale diritto internazio-
nale tributario (108) non deve meravigliare (109), ma piuttosto conferma la
matrice vetero-capitalistica che lo informa. La royalty, invero, è la più
tipica forma di remunerazione dell’investimento capitalistico iniziale, insie-
me al dividendo, e considerazioni analoghe possono essere svolte per gli
interessi di remunerazione del capitale prestato (110). Per converso, posso-
no apparire in tal senso quali utili punti di riferimento normative interne,
come l’art. 23, comma 1, lett. b) e comma 2, lett. c) del t.u.i.r. italiano, che
– pur riferendosi alle ipotesi in cui tali componenti non siano qualificate
come redditi d’impresa – già contemplano per una parte dei proventi
derivanti dall’impiego di capitali (111) e per le royalties criteri di collega-
mento informati al principio del Paese del “pagatore”.
(ii) Quanto alla seconda conclusione, da essa deriverebbe che, collo-
cando le residenze delle società in paradisi fiscali, l’imposizione dei divi-
dendi potrebbe essere sostanzialmente sterilizzata. Tale conclusione non
(108) Si pensi ai primi paragrafi degli articoli 11 e 12 del modello OCSE contro le
doppie imposizioni, in corrispondenza dell’originario modello della Lega delle Nazioni del
1928. Ma si pensi anche al principio generale dell’art. 1 della direttiva cd. interessi-royal-
ties n. 2003/49/CE.
(109) Sul tema, M.J. Graetz, Technological Innovation, International Competition, and
the Challenges of International Income Taxation, in Id., Follow the Money, cit., 155 ss.
osserva che il sistema internazionale di tassazione delle royalties dovrebbe essere basato
essenzialmente sulla localizzazione dell’utilizzatore del bene, piuttosto che sul luogo dove
la proprietà intellettuale è detenuta o prodotta.
(110) R.S. Avi-Yonah, The Structure of International Taxation: A Proposal for Simplifi-
cation, cit., 1308-1309.
(111) Rispetto all’art. 19, comma 1, n. 2) del d.p.r. n. 597 del 1973, infatti, l’art. 23,
comma 1, lett. b) del d.p.r. n. 917 del 1986 (t.u.i.r.) si distingue per aver escluso l’applica-
zione del principio dello Stato del “pagatore” per quella speciale tipologia di redditi di
capitale rappresentata dagli interessi.
568 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(112) R.S. Avi-Yonah, op. ult. cit., 1309. Contro la tradizionale questione della doppia
imposizione economica, che ricorrerebbe considerando tassabili sia gli utili della società sia i
dividendi distribuiti agli azionisti, e la cui logica si pone alla base anche della direttiva cd.
“madre-figlia” n. 2011/96/UE, una parte della dottrina sostiene, in prospettiva opposta, la
necessità di abolire l’imposizione sui redditi d’impresa. Cfr., ad esempio, Y. Brauner, Cor-
porations Should Not Be Taxpayers, Especially Post-BEPS, in J. Monsenego, J. Bjuvberg (a
cura di), International Taxation in a Changing Landscape, Alphen aan der Rijn, 2019; Id.,
Should corporations be taxpayers?, in A.C. Infanti (a cura di), Controversies in Tax Law,
Londra, 2016; Id., Whither Choice of Entity?, in SSRN, 2013; G. Lideikyte Huber, Con-
ceptual Problems of the Corporate Tax, Amsterdam, 2019, par. 7.2.3.3.. Al contrario, l’op-
portunità del mantenimento dell’imposta sul reddito d’impresa è dimostrata efficacemente
da R.S. Avi-Yonah, Hanging Together: A Multilateral Approach to Taxing Multinationals, in
T. Pogge K. Mehta (a cura di), Global Tax Fairness, cit., par. III.; Id., Corporations, Society,
and the State: A Defense of the Corporate Tax, in Virginia L. Rev., 2004, 90, 1193 ss.
dottrina 569
(113) R.S. Avi-Yonah, The Structure of International Taxation: A Proposal for Simplifi-
cation, cit., 1310 e 1316.
(114) Il carattere essenzialmente “politico” della disciplina delle C.F.C. è riconosciuto
anche da R.S. Avi-Yonah, Back to the Future? The Potential Revival of Territoriality, in
Univ. of Michigan Public Law Working Paper, 2008, 114.
(115) Sul fatto che la formazione di un paradiso fiscale sia essenzialmente una questione
politica e che tali paradisi costituiscano il frutto inevitabile del “focus of the international tax
laws of wealthier countries ... on capital neutrality” cfr. A.H. Rosenzwieg, Why Are There
Tax Havens?, in Wim. & Mary L. Rev., 2010, 52, 23 ss. Sul collegamento di molti dei
570 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
paradisi fiscali con altri Stati, spesso rappresentativi dei Paesi più ricchi (si pensi al legame di
Curaçao con i Paesi Bassi o del Jersey con il Regno Unito), cfr. la precedente nota 33.
(116) R.S. Avi-Yonah, The Case for a Destination-Based Corporate Tax, in SSRN, 2015;
Id., Three Steps Forward, One Step Back? Reflections on “Google Taxes” and the Destination-
Based Corporate Tax, cit., 74.
dottrina 571
(117) Pur nella diversità dei fini e dei contenuti, già adesso è richiesto qualcosa di simile
con il Country-by-Country Reporting (CbCR), prospettato dall’Action 13 del Piano anti-
BEPS dell’OCSE e già recepito in molti Paesi. In Italia, come noto, ciò è avvenuto mediante
l’art. 1, commi 145 e 146 della legge di stabilità per il 2016, n. 208/2015.
572 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
parte dei costi al Paese estero non dichiarato). Ciò specialmente nelle
ipotesi in cui il reddito prodotto in un certo Stato estero debba conside-
rarsi marginale, secondo la prospettiva ben nota dal diritto internazionale
tributario delle deroghe previste per gli scostamenti de minimis (118).
Tuttavia, al di là di questi aspetti, il sistema configurato ha in sé gli
anticorpi per far sorgere nell’impresa stessa un interesse a dichiarare tutti i
redditi, ciò che appare la migliore garanzia di funzionamento del sistema
stesso.
Si ipotizzi, ad esempio, che il ricavato complessivo della multinazionale
Beta sia pari a 1.000 di cui 50 generato nel Paese X, dove su esso è
applicata la ritenuta del 30% (con imposta pagata di 15), e il restante
950 nel Paese della prima dichiarazione, che può individuarsi in quello
della residenza. Si ipotizzi altresı̀ che i costi complessivi di Beta siano pari a
900 e che non vi siano altre componenti positive rispetto al ricavato. Nel
caso in cui nel Paese di residenza la società non dichiari la porzione (50)
prodotta nel Paese X essa maturerà un reddito di 50, mentre nel caso in
cui dichiari il reddito prodotto nel Paese X maturerà, per effetto della
imputazione proporzionale dei costi (95% nel Paese di residenza, 5% nel
Paese X), nel Paese di residenza, un reddito di 950 – 95% x 900 = 95 e,
nel Paese X un reddito di 50 – 5% x 900 = 5. Il differenziale tra le due
ipotesi è imputabile alla doppia considerazione nei due Paesi della vicenda
transfrontaliera e deve essere sterilizzato, ai fini fiscali, mediante esenzione
o credito d’imposta. Ipotizzando che in entrambi i Paesi l’aliquota del-
l’imposta sul reddito delle società sia pari al 30%, nel primo caso la società
dovrà pagare 15 nel Paese X (ritenuta sul reddito lordo di 50) e 15 nel
Paese di residenza (ossia il 30% della differenza tra 950 e 900), mentre nel
secondo caso la società dovrà pagare 1,5 nel Paese X, previa presentazione
anche in esso di una dichiarazione per nettizzare il reddito portandolo da
50 a 5, e 28,5 nel Paese di residenza (119).
Come ben si vede, a parità di aliquota tra i sistemi l’imposizione
complessiva rimane la medesima sia che la società dichiari tutti i redditi,
sia che non li dichiari, talché nessun interesse avrà la società stessa a
(118) Cfr. da ultimo, in relazione alla proposta di global minimum tax di cui si dirà nel
successivo par. 6, D. Calderón Manrique, op. cit., 53.
(119) Pari al 30% di 1.000 – 900, con successivo scomputo di 1,5 di imposte conclu-
sivamente dovute nel Paese X, se il Paese di residenza applica il sistema del credito d’impo-
sta; e pari al 30% del differenziale tra 950 e 855, a sua volta pari alla quota di costi
imputabili al Paese di residenza, se esso adotta il sistema dell’esenzione. Sul tema, cfr.
ampiamente A. Contrino, Contributo allo studio del credito per le imposte estere, Torino,
2012, passim; Id., Il foreign tax credit, in A. Vicini Ronchetti (a cura di), Fiscalità della
internazionalizzazione delle imprese, cit., 113 ss.
dottrina 573
(120) In tal senso cfr. anche M. De Wilde, C. Wisman, OECD Consultations on the
Digital Economy: “Tax Base Reallocation” and “I’ll Tax If You Don’t”?, cit., 25.
574 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(121) Nell’esempio fatto nel testo, assumendo un’aliquota del 40% nel Paese di resi-
denza, omettendo la dichiarazione dei redditi generati nel Paese X l’imposta globale com-
plessiva sarebbe pari a 35, dichiarandoli sarebbe pari a 40 con il sistema del credito d’im-
posta o a 39,5 con il sistema dell’esenzione.
(122) Sul tema cfr. le interessanti considerazioni di C. Garbarino, The Use of Cross-
Border Corporate Profits and Losses and “Global Corporate Tax Information”: A Game
Theory Approach, in Columbia Journal Of Tax Law, 2014, 5, 133 ss.
dottrina 575
(123) Su questo aspetto, peraltro e come osservato da S. Picciotto, The Current Context
and a Little History, cit., 13, il Rapporto sulle Azioni 8-10 del piano anti-BEPS dell’OCSE
del luglio-settembre 2018 già prevedeva revisioni del capitolo VII delle “Transfer Pricing
Guidelines” (TPGs) nel senso di indicare un metodo semplificato per concentrare e allocare
i servizi centralizzati di un gruppo societario.
(124) In questa prospettiva, del resto, la regolamentazione dei prezzi di trasferimento
tra le società del medesimo gruppo localizzate in diversi Paesi non è altro che una risposta
alla necessità di regolamentare l’allocazione della potestà impositiva tra detti Paesi: cosı̀, per
tutti, M. Olbert, C. Spengel, International Taxation in the Digital Economy: Challenge
Accepted?, in World Tax J., 2017, 9, 3 ss. In questo senso, si comprende l’interesse al tema
del piano anti-BEPS dell’OCSE, che ha ad esso dedicato le proposte di cui alle Azioni 8-10,
già menzionate nella precedente nota.
dottrina 577
(128) Esse risultano ben indicate nel rapporto del Tesoro USA The Made in America
Tax Plan, aprile 2021, ove si illustrano le ragioni per cui la riforma Tax Cut and Jobs Act
(TCJA) del 2017 necessitasse di revisioni sia per quanto attiene alla GILTI, che per un
difetto di formulazione ha prodotto un effetto di aumento del profit shifting (come eviden-
ziato pressoché unanimemente dalla dottrina: D. Kamin, D. Gamage, A. Glogower, R.
Kysar, D. Shanske, R.S. Avi-Yonah, L. Batchelder, J.C. Fleming, D. Hemel, M. Kane, D.
Miller, D. Shaviro, M. Viswanathan, The Games They Will Play: Tax Games, Roadblocks
and Glitches Under the 2017 Tax Overhaul, in Minn. L. Rev., 2019, 103, 1439 ss.; K.
Clausing, Profit Shifting Before and After the Tax Cuts and Jobs Act., in National Tax Journal,
2020, 73, 1233-12; M. Herzfeld, Can GILTI + BEAT = GLOBE?, in Intertax 504, 2019, 47,
504 ss.), sia per quanto attiene alla BEAT, dimostratasi inefficace alla prova dei fatti (avendo
prodotto un gettito di neppure 1/3 rispetto all’atteso e avendo prodotto effetti distorsivi
verso alcune tipologie di imprese, come evidenziato a pag. 12 del citato rapporto del Tesoro
USA dell’aprile 2021). In questa prospettiva, gli USA sono giunti a conclusione che i propri
interessi nazionali fossero tutelati più adeguatamente con misure analoghe a quelle proposte
dall’OCSE e hanno, cosı̀, ritenuto di cogliere l’occasione per intestarsi un ruolo di guida
nella riforma dell’imposizione internazionale. Si legge, ad esempio, alle pagg. 12 e 17 del
rapport citato: “The Made in America tax plan’s proposed replacement of the ineffective
BEAT would be transformative in that regard by incentivizing other large economies to join
the United States in taking the first step to adopt strong minimum taxes on corporations and
leveling the playing field between the taxation of domestic and foreign corporations ... The
plan would also lead the world toward the creation of a modernized, stable, and coordinated
international tax regime that is premised on multilateral cooperation, thereby addressing
collective action problems among nations”. Ancor più esplicite le dichiarazioni del Presidente
del 1˚ luglio 2021, alla vigilia dell’approvazione del piano OCSE da parte del G20: “It took
American vision, as well as a commitment to closely cooperate with our partners around the
world. It’s a testament to how leadership rooted in our values can deliver important progress
for families everywhere”.
(129) “The removal of all Digital Service Taxes and other relevant similar measures”. Sul
futuro delle Digital Service Tax e, più in generale, delle equalization levy si interrogavano, già
prima degli accordi del 2021, G. Kofler, The Future of Digital Service Taxes, in EC Tax
Review, 2021, 50 ss.; L. Del Federico, La tassazione nell’era digitale. Genersi, diffusione ed
evoluzione dell’equalisation levy, in Dir. prat. trib. int., 2020, 1431 ss.; Y. Brauner, Taxing
the Digital Economy Post-BEPS, Seriously, in Intertax, 2018, 46, 464, il quale icasticamente
osservava quanto segue: “There are many good reasons not to support an equalization tax, but
the main fault of such a tax is that it avoids the core problem, being external to the income tax
system that is at the heart of the debate, and hence cannot be seriously viewed as a solution,
perhaps only a political pacifier of an arbitrary set of countries ... Inappropriate interim
measures, such as the equalization tax, are necessarily undesirable, and cannot be supported
since they do not bring us closer to a solution. Beyond the legal problems presented by the
equalization tax, that would serve solely as distractions from a consensus building effort, such a
measure can strategically only harm that effort”. Sul tema cfr. altresı̀ A. Báez Moreno, Y.
Brauner, Tax policy for the digitalized economy under Benjamin Franklin’s rule for decision-
dottrina 579
dinamento con una specifica misura fiscale americana (la “Global Intangi-
ble Low-Taxed Income”, cd. GILTI) (130), da tempo punti fermi della
politica fiscale statunitense (131). Tuttavia, al di là delle ragioni effettive
di convenienza nazionale, trattatasi pur sempre di un cambio di rotta
idoneo a sbloccare l’impasse anche a livello internazionale (132).
Sennonché, esaminata nel merito, la realtà della proposta sostenuta dal
G20, che ricalca come detto gli studi predisposti dall’OCSE, appare sen-
sibilmente diversa rispetto ai proclami e si appalesa ben lungi dal rispon-
dere in modo efficace ai bisogni di reimpostazione dei criteri di collega-
mento dell’imposizione sul reddito transnazionale che si sono sopra evi-
denziati. Ciò anche senza contare che la proposta approvata dal G20 non è
ancora definita in ogni suo dettaglio, che l’OCSE si riserva di mettere a
punto entro la fine del 2021, e che naturalmente nessuna di queste pro-
poste diverrà effettiva se non nella misura in cui approvata mediante le
procedure democratiche previste dalle Costituzioni nazionali di ciascuno
Stato coinvolto.
making, in W. Haslehner, G. Kofler, K. Pantazatou, A. Rust (a cura di), Tax and the digital
economy: challenges and proposals for reform, cit., 67 ss.; P. Pistone, Y. Brauner, Adapting
Current International Taxation to New Business Models: Two Proposals for the European
Union, in Bull. Int. Tax., 2017, 71, 12.
(130) “Consideration will be given to the conditions under which the US GILTI regime
will co-exist with the GloBE rules [ossia con il secondo pilastro della proposta OCSE, di cui
si dirà nel successivo par. 6.2.], to ensure a level playing field”.
(131) Il 26 luglio 2019, a fronte dell’approvazione da parte di uno Stato straniero di una
Digital Service Tax destinata a colpire imprese residenti negli Stati Uniti, il Presidente degli
Stati Uniti emetteva il seguente tweet prospettante rappresaglie fiscali: “France just put a
digital tax on our great American technology companies. If anybody taxes them, it should be
their home Country, the USA. We will announce a substantial reciprocal action on Macron’s
foolishness shortly. I’ve always said American wine is better than French wine!”. In prece-
denza, secondo l’aneddoto riportato da M.J. Graetz, Bringing International Tax Policy into
the 21st Century, in Tax Notes Int., 2016, 83, 316, i negoziatori statunitensi in sede OCSE
hanno affermato di sentirsi, durante le trattative per il MLI, “like everyone in the room
wanted the U.S. to pay for all the drinks”. Sulla sostanziale irrazionalità di questo punto della
politica fiscale statunitense contro l’imposizione all’estero di Digital Service Tax cfr. R.S. Avi
Yonah, The New International Tax Framework: Evolution or Revolution?, in Insights, 2021,
25, 11, 4 (“the critique that DSTs are discriminatory towards U.S. Big Tech is baseless, or
perhaps even ironic”); T.A. Kaye, U.S. Tax Sovereignty and the BEPS Project, in S.A. Rocha,
A. Christians (a cura di), Tax Sovereignty in the BEPS Era, Alphen aan der Rijn, 2017, 279
ss. Sul punto, A.P. Dourado, Digital Taxation Opens the Pandora Box: The OECD Interim
Report and the European Commission Proposals, in 46 Intertax, 2018, 565 sottolineava che
“these unilateral measures are legitimate and have the positive effect of exerting pressure on
international coordination” e non può negarsi, alla luce degli eventi del 2021, che tale
previsione fosse prossima al vero.
(132) Come esattamente rilevato da L. Carpentieri, La proposta fiscale dell’Amministra-
zione Biden e l’ambizione di cambiare le regole del gioco: sarà davvero il tramonto del profit
shifting delle multinazionali?, in Riv. telem. dir. trib., 2021, 594 ss.
580 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(133) Cfr. sul tema M.J. Graetz, A Major Simplification of the OECD’s Pillar 1 Pro-
posal, in Tax Notes Federal, 2021, 213 ss.; J. Li, The Legal Challenges of Creating a Global
Tax Regime with the OECD Pillar One Blueprint, in Bull. Int. Tax., 2021, 75, 84 ss.; J.
Martin, Leaked copy of US proposal for Pillar One and Pillar Two multinational group tax
reforms available, in MNE Tax, 12 aprile 2021; S. Chatel J. Li, Repurposing Pillar One into
an Incremental Global Tax for Sustainability: A Collective Response to a Global Crisis, in
Bull. Int. Tax., 2021, 75, 230 ss.; P. Pistone, J. Nogueira, B. Andrade, A. Turina, The OECD
Public Consultation Document “Secretariat Proposal for a ‘Unified Approach’ under Pillar
One”: An Assessment, in Bull. Int. Tax., 2020, 74, 14 ss.; A.P. Dourado, The OECD Report
on Pillar One Blueprint and Article 12B in the UN Report, in Intertax, 2021, 49, 3 ss.; A.W.
Oguttu, A Critique from a Developing Country Perspective of the Proposal to Tax the Digital
Economy, in World Tax J., 2020, 12, 799 ss.; V. Chand, A. Turina, L. Ballivet, Profit
Allocation within MNEs in the Light on the Ongoing Digital Debate on Pillar I – A “2020
Compromise”? From Using a Facts and Circumstances Analysis or Allocation Keys to Prede-
termined Allocation Approaches, in World Tax J., 2020, 12, 565 ss.; C. Elliffe, International
Tax Frameworks: Assessing the 2020s Compromise from the Perspective of Taxing the Digital
Economy in the Great Lockdown, in Bull. Int. Tax., 2020, 74, 532 ss.; S. Greil, T. Eisgruber,
Taxing the Digital Economy: A Case Study on the Unified Approach, in Intertax, 2021, 49,
53 ss.
(134) OCSE/G20, Addressing the tax challenges arising from the digitalization of the
dottrina 581
economy, luglio 2021, pag. 12. Per questa via, Y. Brauner, Lost in Construction: What Is the
Direction of the Work on the Taxation of the Digital Economy, cit., 272, evidenzia che
“absent a clear new allocation norm it is doubtful that the less powerful economies would
benefit from the reform”. Sul tema cfr. altresı̀ M. Herzfeld, Selling a digital Brooklyn Bridge,
Tax Notes Federal, 2020, 169, 1230 ss.
(135) OCSE, Tax Challenges Arising from Digitalisation – Report on Pillar One Blue-
print, 2020, 123. Secondo alcune letture, il numero sarebbe addirittura limitato a un centi-
naio: cfr. BEPS Monitoring Group (coordinato da Picciotto S.), Statement on a Two-Pillar
Solution to Address the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy, luglio
2021. Ciò senza considerare che, come esattamente ricordato, “the OECD’s reports of 2015
and 2018 under Action 1 of the BEPS project (OECD 2015, OECD 2018) showed cogently
that digitalisation has affected the whole economy and any solution should not be ring-fenced”,
per cui pensare di affrontare le sfide della digitalizzazione dell’economia limitando l’appli-
cazione delle misure a soltanto alcune delle multinazionali operative sul web appare strategia
inadeguata alla radice (A. Cobham, T. Faccio, J. Garcia-Bernardo, P. Janskyı̀, J.M. Kadet, S.
Picciotto, A Practical Proposal to End Corporate Tax Abuse: METR, a Minimum Effective
Tax Rate for Multinationals, Oxford University Working Paper, 2021).
(136) Come pudicamente si esprime OCSE, Tax Challenges Arising from Digitalisation
– Report on Pillar One Blueprint, cit., 199, “the development of the implementation frame-
work for Pillar One is at an earlier stage than other work streams”.
(137) “No one seems happy with the OECD’s pillar 1 ... Its promise of certain outcomes is
a chimera”: cosı̀ Graetz M.J., A Major Simplification of the OECD’s Pillar 1 Proposal, cit.
224. In senso analogo R.S. Avi Yonah, The New International Tax Framework: Evolution or
Revolution?, cit., 4: “it is doubtful that the Pillar One proposal will succeed as the July
statement envisages because countries are unlikely to give up on an established tax instru-
ment”.
582 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
(138) A costo di creare quelli che parte della dottrina ha espressivamente definito dei
veri e propri mostri: cfr. M. De Wilde, On the OECD’s ‘Unified Approach’ as Frankenstein’s
Monster and a Dented Shape Sorter, in Intertax, 2020, 48, 9 ss.; M. De Wilde, C. Wisman,
OECD Consultations on the Digital Economy: “Tax Base Reallocation” and “I’ll Tax If You
Don’t”?, cit., 23 ss.
(139) Sul tema cfr., per tutti, P. Pistone, J. Nogueira, B. Andrade, A. Turina, The
OECD Public Consultation Document “Global Anti-Base Erosion (GloBE) Proposal – Pillar
Two”: An Assessment, in Bull. Int. Tax., 2020, 74, 62 ss.; Devereux M., The OECD Global
Anti Base Erosion (Globe), Oxford, 2020; A.P. Dourado, The Global Anti-Base Erosion
Proposal (GloBE) in Pillar II, in Intertax, 2020, 48, 152 ss.; U. Schreiber, Remarks on the
Future Prospects of the OECD/G20 Programme of Work – Profit Allocation (Pillar One) and
Minimum Taxation (Pillar Two), in Bull. Int. Tax., 2020, 74, 338 ss.; K. Ming Ho, C. Turley,
Globe – Overriding the value creation principle as lodestone of international tax rules?, in
Intertax, 12, 2019, 47, 1070 ss.
dottrina 583
the OECD Pillar One and Pillar Two Allocations to Developing Countries, in Bull. Int. Tax.,
2021, 75, 8.
(144) V. Agianni, R. Offermanns, M. Schellekens, op. cit., 55; T. Morales, O. Popa, The
Undertaxed Payments Rule, in A. Perdelwitz, A. Turina, op. cit., 135-136; B. Andrade
Rodrı́guez, L. Nouel, Interaction of Pillar Two with Tax Treaties, ibid., 247; R.S. Avi Yonah,
The New International Tax Framework: Evolution or Revolution?, cit., 4 (“the Pillar Two
proposal is quite complex and possibly flawed since it accords primacy to the country of
residence”).
(145) V. Agianni, R. Offermanns, M. Schellekens, op. cit., 74-75.
(146) V. Agianni, R. Offermanns, M. Schellekens, op. cit., 67.
(147) T. Morales, O. Popa, op. cit., 137-138.
(148) T. Morales, O. Popa, op. cit., 136, 165. Si conferma, cosı̀, che in definitiva anche
la UTPR finisce per privilegiare i Paesi di residenza: T. Morales, O. Popa, op. cit., 136; B.
Andrade Rodrı́guez, L. Nouel, op. cit., 247.
(149) Sul tema cfr., specificamente, A. Dolezel, C. Höchtl, Paragr. 14KStG, Bestriebs-
stätten und Subject-to-Tax Klauseln nach Pillar Two der OECD, in Steuer und Wirtschaft
International, 2019, 29, 589 ss.
(150) M. Alvarado, R. Offermanns, op. cit., 167, 169, specie nota 8, 198; B. Andrade
Rodrı́guez, L. Nouel, op. cit., 248; J.F. Pinto Nogueira, A. Turina, Pillar Two and EU Law,
in A. Perdelwitz, A. Turina, op. cit., 283 nota 3; F. De Lillo, The implementation of Pillar
Two, ibid., 412: P. Pistone, A. Turina, The Way Ahead: Policy Consistency and Sustainability
of the GloBE proposal, ibid., 420, 421 note 24 e 25; P. Pistone, Diritto tributario interna-
zionale, Torino, 2021, 40.
dottrina 585
(151) A cominciare da quella relativa all’essere l’operazione avvenuta tra parti correlate.
Cfr., sul tema, M. Alvarado, R. Offermanns, op. cit., 178 ss.; B. Andrade Rodrı́guez, L.
Nouel, op. cit., 248.
(152) P. Pistone, A. Turina, op. ult. cit., 421; J. Englisch, J. Becker, International
Effective Minimum Taxation – The GloBE proposal, cit., par. 4.
(153) Come sintetizzato da R.S. Avi-Yonah, The New International Tax Framework:
Evolution or Revolution?, cit., 5: “Pillars One and Two ... both build on the past. In fact, the
Single Tax Principle can be traced back to the origins of the international tax regime in the
early 20th century”. A.P. Dourado, The OECD Unified Approach and the New International
Tax System: A Half-Way Solution, in Intertax, 48, 3 ss. definisce il sistema delineato dai due
Pilastri, e successivamente approvato con alcune modifiche da G7 e G20, come una riforma
lasciata a metà. Più in generale in tema BEPS cfr. A. Contrino, Brevi osservazioni sulla
(in)efficacia delle attuali azioni di contrasto alle politiche fiscali di delocalizzazione del reddi-
to, in Bocconi Legal Papers, 2016, 8; Id., BEPS: Is International Tax Planning Over?, in Tax
Notes Int., 2014, 841 ss.
(154) Come osservato da M.J. Graetz, Bringing International Tax Policy into the 21st
Century, cit., 315, “tax avoidance by multinational companies has come to be seen by the
public in the U.S. and throughout Europe as a prime symptom of the unfairness of today’s
global and technologically sophisticated economy. As one key Australian tax official has put it,
multinational tax avoidance has become a topic of barbeque conversations. It is perceived as an
important symptom of a global economy gone wrong”. Sul tema cfr., ampiamente, C. Peters,
On the Legitimacy of International Tax Law, cit., il quale evidenzia che la percezione sociale
dell’inadeguatezza dell’attuale sistema di imposizione delle multinazionali, per esempio in
materia di doppia non imposizione, è una delle principali dimostrazioni della necessità di
accrescere il livello di legittimazione del sistema del diritto internazionale tributario nel suo
complesso.
586 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2022
7. - Conclusioni
Giungono momenti, nella storia, in cui il cambiamento dello status quo
risulta inevitabile, per ragioni assiologiche, per ragioni sociali, per ragioni
economiche, per ragioni politiche.
Per la tassazione del reddito transnazionale, quel momento sembra
davvero esser giunto.
A quasi cento anni dalla sua ideazione, in questo ambito il binomio
“residenza – stabile organizzazione” non risponde più in modo adeguato
ai valori di equità distributiva internazionale, privilegiando in modo eccessivo
i Paesi più ricchi a danno dei Paesi in via di sviluppo; dando vita ad ampie
sacche di elusione da parte delle multinazionali, non risponde più in modo
adeguato alla percezione di giustizia fiscale che le moderne società hanno
acquisito; dando vita a pianificazioni fiscali aggressive da parte delle imprese,
non risponde più in modo adeguato alle esigenze di gettito degli Stati; dando
vita a una concorrenza fiscale spietata tra Stati, non risponde più in modo
adeguato alle esigenze di tutela della sovranità popolare degli Stati stessi.
In altre parole, il binomio “residenza – stabile organizzazione” è ormai
giunto al tramonto, come al tramonto sono giunte innumerevoli realtà che
in quello stesso 1928 furono ideate o si realizzavano, dai cortometraggi
muti agli imperi coloniali.
Il fatto che tale binomio sia giunto al tramonto non vuol dire, natural-
mente, che esso sia destinato alla scomparsa: salvi casi eccezionali, il diritto,
come la storia, è fatto di stratificazioni, non di improvvise cesure. Anche dopo
il tramonto, questo binomio potrà continuare ad avere una forma di rilievo in
materia di imposizione del reddito transnazionale, ad esempio nel senso indi-
cato di centro di concentrazione degli adempimenti strumentali o di criterio
residuale: ma si tratterà, come avviene per una “luna” sorta dopo il tramonto,
di una luce riflessa, mentre il “sole” cui guardare come allo “zenit” dei criteri
di collegamento del reddito transnazionale si dirigerà verso nuovi orizzonti,
come in particolare quelli della destinazione e del mercato sopra tratteggiati.
In questi passaggi di svolta della storia del diritto e, nel caso di specie,
del diritto internazionale tributario, fondamentale è il ruolo di guida che i
giuristi possono e devono svolgere sulle istituzioni. Più che l’economista o
il tecnico, è il giurista “l’ultimo anello di una catena bimillenaria di tradi-
zioni culturali, quale percettore di valori universali e altresı` capace di tradurli
in regole, il personaggio cui può essere confidato l’ufficio impegnativissimo di
tessere quella rete di cui abbiamo bisogno” (155). Ciò in quanto, “nel pro-
FRANCESCO FARRI