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Abstract: The spread of new enabling technologies and of the tools for storing and circu-
lating big data have generated new forms of wealth. In the face of this phenomenon, the search for
new taxable cases and new taxation criteria not only cannot be arbitrary, but must reflect the
criterion of the suitability of the case and of the obliged subject in relation to economically
appreciable situations. The most significant experiences on the taxation of the big players of
the digital economy have concerned certain foreign legislations, both in advanced economic
systems and in developing countries. However, in current arrangements, the taxation of the
digital economy still appears to be a work in progress, with a series of proposals drawn up in
various areas to determine a minimum level of effective taxation, not necessarily linked to the
traditional indices of economic capacity. Recently, also the European Council confirmed the
urgency of action on web taxation on the assumption that the objectives of digital transformation
and sustainability will be the pillars of post-pandemic recovery.
(1) Cfr. F. Gallo, Fisco ed economia digitale, in Dir. e prat. trib., 2015, 4, 604 ss.; F.
Gallo, Prospettive di tassazione dell’economia digitale, in Dir. mer. tecn., 2016, 1, 154 ss.;
C. Buccico, Problematiche e prospettive della tassazione dell’economia digitale, in Dir. proc.
trib., 2019, 3, 255 ss.; A. Di Dio, F. D’Amelio, Appropriatezza delle soluzioni proposte in
sede UE per l’individuazione e la tassazione della stabile organizzazione digitale – Consi-
derazioni preliminari, in T. Di Tanno, F. Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia
digitale, Position Paper – Fondazione Bruno Visentini, febbraio 2019, 35; P. Pistone, D.
Weber (eds.), Taxing the Digital Economy, Amsterdam, 2019; G. Corasaniti, La tassazione
della digital economy: evoluzione del dibattito internazionale e prospettive nazionali, in Dir.
e prat. trib. int., 2020, 4, 1397 ss.; L. Carpentieri, La tassazione delle imprese al tempo
dell’economia digitale, in L. Carpentieri (a cura di), Profili fiscali dell’economia digitale,
Torino, 2020, 1 ss.; M. Logozzo, Tassazione della digital economy: l’imposta sui servizi
digitali (ISD), in Riv. trim. dir. trib., 2020, 4, 805 ss.; R. Succio, Digital economy, digital
enterprise e imposizione tributaria: alcune considerazioni sistematiche, in Dir. e prat. trib.,
2020, 6, 2363 ss.
(2) Cfr. S. Dorigo, “Sharing economy” e imposta sui servizi digitali: le piattaforme per
affitti brevi, in Corr. trib., 2020, 6, 607 ss.
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(3) Cfr. A. Magliaro, S. Censi, Dall’immagine alla notorietà: la tassazione delle nuove
forme di ricchezza nell’epoca dei social, in Fisco, 2021, 20, 1921 ss.
(4) Sul tema si rinvia ad A. Uricchio, Evoluzione tecnologica e imposizione: la cosiddetta
Bit tax. Prospettive di riforma della fiscalità di internet, in Dir. inf., 2005, 753; Id., Le
frontiere dell’imposizione tra evoluzione tecnologica e nuovi assetti istituzionali, Bari, 2010,
43 ss.
(5) Cfr. S. Dorigo, The “algorithmic revolution”: fair taxation, social pact and global
governance, in M. Belov, The IT Revolution and its Impact on State, Constitutionalism and
Public Law, Oxford, 2021, 161 ss.
dottrina 609
(13) Cfr. A. Contaldo, F. Dainotti, Diritto e tecnologie delle reti di informazione, Napoli,
2005, 303; U. Draetta, Internet e commercio elettronico nel diritto internazionale dei privati,
Milano, 2001, 101; V. Frosini, Cibernetica, diritto e società, Milano, 1964; Id., Telematica e
informatica giuridica, in Enc. dir., vol. XLIV, Milano, 1992, 60; G. Pascuzzi, Il diritto dell’era
digitale, Tecnologie informative e regole privatistiche, Bologna, 2002.
(14) Cfr. F. Boccia, Introduction: The Digital Economy and Fiscal Policy in the Age of E-
Commerce, in F. Boccia, R. Leonardi (edited by), The Challenge of Digital Economy. Market,
Taxation and Appropriate Economic Models, Cham, 2016, 1 ss.
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(15) Osserva M. Bessone, E-economy e commercio elettronico: Quale diritto per i tempi di
Internet, in Riv. inf. e informatica, 2002, I, 43: “Come si sa operando il Global Freedom Tax
Act negli Stati Uniti (quanto meno fino al 2006) vale il principio di non tassazione delle
transazioni concluse via Internet mentre invece e già tempo in alcuni paesi del continente
europeo si progettano normative di imposizione fiscale sul commercio dei ‘prodotti distribuiti
via Internet’. E si conoscono le grandi linee della proposta di modifica della direttiva comu-
nitaria388 del 1997 che prefigura con notevole estensione di campo norme di imposizione
fiscale secondo un preciso indirizzo di politica del diritto. Molto è ancora materia di una
contrapposizione di orientamenti decisamente lontani da una possibile convergenza. Sembrano
comunque ormai tuttavia stabilite alcune grandi regole di principio della disciplina comunita-
ria, esistendo un raggiunto accordo sulla basic rule che prefigura (non nuove forme di impo-
sizione fiscale ma) un adeguamento al commercio elettronico delle forme di tassazione esi-
stenti. Altra basic rule si è concordata uniformandosi la progettata disciplina alla regola della
tassazione nel luogo e perciò ‘nello Stato’ dove si concreta il ‘consumo’ di beni e servizi. Ne
risulta prefigurato lo scenario di insieme di un regime tributario che si prefigge risultati di
‘trasparenza’ e di ‘equità’ commisurando poi gli effetti di incidenza fiscale alle necessità di
crescita di un commercio elettronico” che si vuole dichiaratamente “incentivare”.
(16) Come stabilito dalla sezione 1101 a), dell’Internet tax freedom act, “No state or
political subdivision there of shall impose any of the following taxes during the period beginning
on October 1, 1998, and ending 3 years after the date of the enactment of this Act: taxes on
Internet access, unless such taxes was generally imposed and actually enforced prior to October 1,
1998 and multiple or discriminatory taxes on electronic commerce”. Su tale moratoria, cfr. M.
Aujean, Il commercio elettronico internazionale e l’Iva, in R. Rinaldi (a cura di), La fiscalità del
commercio via Internet: attualità e prospettive, Torino, 2001, 145 per il quale essa “non
aggiunge granché, considerato che alla fin fine essa non fa altro che bloccare ugualmente la
crescita di nuove tasse locali sullo sviluppo di Internet all’interno degli Stati Uniti”.
Sempre con riguardo alla disciplina americana, osserva S. Cipollina, I confini giuridici del
tempo presente, cit., 288 che la libertà da imposte è “pro tempore e relativa, perché non
riguarda le imposte esistenti alla data di entrata in vigore della lagge. Si tratta anche di una
libertà vigilata, perché la legge prevede l’istituzione, da parte del Congresso, di una Commis-
sione consultiva incaricata di elaborare uno studio sulla fiscalità del commercio elettronico,
formulando proposte neutrali sotto il profilo tecnologico ed applicabili a tutte le forme di
remote commerce”.
(17) Si veda al riguardo la cosiddetta “dichiarazione di indipendenza del cyberspazio”,
pronunciata solennemente nel 1996 da John Perry Barlow.
(18) Tra i diversi siti di protesta può essere ricordato quello intitolato Opposite the euro
bit tax o la hyperlink ribattezzata Internet tax horror stories.
dottrina 613
(19) Cfr. P Valente, F. Roccatagliata, Internet, aspetti giuridici e fiscali del commercio
elettronico, Roma, 2001, 5, i quali osservano come “le nuove tecnologie dell’informazione
della comunicazione stanno profondamente trasformando i metodi di lavoro, l’organizza-
zione delle imprese, la formazione e le stesse relazioni interpersonali. Sul piano meramente
industriale, queste tecniche permettono di migliorare considerevolmente la produttività e la
qualità dei servizi. Sta emergendo una società in cui gestione, qualità e rapidità dell’infor-
mazione sono divenuti fattori chiavi della concorrenza, la cosiddetta società dell’informa-
zione”.
(20) Sul tema, cfr. ancora, S. Cipollina, I confini giuridici del tempo presente, 287, la
quale, nell’affrontare il problema di disegnare la fiscalità del mondo virtuale, segnala due
diverse posizioni, definite “revolutionary approach e status quo approach”. Secondo l’A.,
“l’approccio rivoluzionario si prefigge l’obiettivo di individuare nuove regole per un mondo
nuovo, delineando un regime fiscale ad hoc per il ciberspazio. In specie, un regime che
comprende soluzioni estreme: dalla non imposizione, alle forme impositive create ex novo”.
L’approccio tradizionale, invece, “mostra la propria intenzione di non considerare il
ciberspazio un world apart, con regole a sé, ma una propaggine del mondo fisico, sulla quale
le regole di quest’ultimo possono essere «calate» con qualche adattamento”. Sottolinea
anche le diverse prospettive da cui può essere vista la questione della fiscalità di Internet
E. Marello, Le categorie tradizionali del diritto tributario ed il commercio elettronico, in Riv.
dir. trib., 1999, I, 595, per il quale “un approccio metodologico rassicurante, perché ten-
dente a mantenere i caratteri della continuità, potrebbe consistere nel ritenere le nuove
forme informatiche irrilevanti nella evoluzione del pensiero giuridico tributario. Questa via
interpretativa è però smentita dall’evidenza dei fatti e dagli accesi dibattiti che accompa-
gnano lo sviluppo della società informatica. Le reti informatiche... non forniscono solo la
possibilità di manifestare il proprio consenso a distanza, non sono una forma più evoluta di
commercio per corrispondenza, costituiscono, invece, una realtà di dinamiche giuridiche
nuove su cui è necessario confrontarsi alla ricerca di stabili razionalizzazioni”.
(21) Sulla questione, si veda anche V. Ficari, Regime fiscale delle transazioni telematiche,
in Rass. trib., 2003, 870, per il quale “un’indagine sui profili fiscali del cosiddetto commer-
cio elettronico e, più in generale, delle operazioni economiche che avvengono per il tramite
e nel mondo del web richiede di verificare l’applicabilità delle regole e categorie giuridiche
già note all’interprete e, in ipotesi, le possibili innovazioni normative qualora il dato nor-
mativo risultasse, in tal caso, incapiente. In altri termini l’alternativa, non necessariamente
rigida alla luce dei diversi sistemi impositivi coinvolti ... è tra diritto tributario e new
economy e diritto tributario della new economy”.
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3. - Le forme di tassazione della data economy: dalla data tax alla da-
tabase tax
La data economy pone poi un ulteriore tema, ad oggi, poco esplorato:
la generazione del dato, spesso gratuita e spontanea, diviene in capo al-
(22) In questo senso anche il Commissario Monti che, nel giugno del 1997, nel richia-
mare l’applicazione dell’iva sulle transazioni in rete, dichiarò “che non vi è nessuna esigenza
di introdurre nuove forme di tassazione...; la pressione fiscale su questo nuovo tipo si
commercio non deve essere superiore a quella del commercio tradizionale”. Cosı̀ anche la
dichiarazione di Bonn del 6 luglio 1997, con la quale i Ministri dei 29 paesi aderenti si
impegnarono a non introdurre modificazioni nelle legislazioni degli Stati di appartenenza
che potessero svantaggiare o avvantaggiare il commercio elettronico rispetto alle altre forme
di commercio.
(23) Ammette apertamente la possibile istituzione di nuovi tributi a seguito dello
sviluppo e della diffusione di Internet, G. Tremonti, La fiscalità del terzo millennio, in
Riv. dir. fin., 1998, 79. Cosı̀ anche P. Adonnino, Il commercio via Internet e la fiscalità,
cit., 30, per il quale “in considerazione della rapida evoluzione della tecnologia si auspica
anche che si sia capaci di individuare un sistema di prelievo tributario suscettibile di
adattamenti rapidi, evidenziante semplicità e chiarezza”. Di diverso avviso è, invece, B.
Westberg, Tassazione del reddito derivante dal commercio elettronico internazionale, in R.
Rinaldi (a cura di), La fiscalità del commercio via Internet: attualità e prospettive, cit., 100, per
il quale “malgrado una serie di proposte tendenti a ipotizzare l’istituzione di nuove imposte
o l’elaborazione di nuovi sistemi fiscali per il commercio elettronico, si manifesta una chiara
tendenza, fra le autorità fiscali e i ministri responsabili delle entrate nazionali, a preferire
l’applicazione di principi di tassazione internazionale già esistenti”.
dottrina 615
l’utilizzatore professionale valore che però resta in capo allo stesso senza
alcuna restituzione all’utente né all’intera collettività attraverso gli stru-
menti della fiscalità generale (24).
Considerata la capacità del dato di produrre ricchezza, spesso comun-
que misurabile ex post, in alternativa alla retribuzione degli utenti, difficile
da immaginare anche se non impossibile, possono esserci forme di tassa-
zione dell’utilizzo del dato singolo (data tax) o dell’insieme dei dati (data-
base tax) (25). Ulteriori complicazioni si pongono in relazione alla natura
c.d. “rivale” del dato potendo lo stesso essere fruito più volte anche da
terzi (c.d. riutilizzo contestuale o anche seriale). Resta poi da definire il
maggior valore che si riviene dall’elaborazione del dato rispetto al dato
grezzo, ponendosi delicate questioni, talora affrontate dalla giurisprudenza
nordamericana, in ordine alla determinazione del loro valore di mercato (si
pensi al caso dell’acquisto di Linkedin da parte di Microsoft, avvenuto nel
2016 per la cifra di 26,2 miliardi di dollari con un costo specifico per
utente attivo di 260 dollari). A ciò va aggiunto che l’elaborazione del dato
può avvenire da strutture fortemente organizzate, come i colossi della rete
o le società di big data, ma anche da singoli individui attraverso banalissimi
e diffusissimi strumenti come smartphone e tablet (i quali potrebbero
convertirsi in data workers).
(24) Cfr. F. Antonacchio, Big data al bivio tra IVA e imposta sui servizi digitali, in Fisco,
2020, 35, 3356 ss.
(25) Sul tema, cfr. www.thetimes.co.uk/article/nhs-data-is-a-such-precious-asset-it-must-
be-given-a-proper-valuation: “Several see that the adoption of digital services tax will not only
help correct current tax and accounting practices but could also be a precursor to a wider tax on
data – and in particular on an organisation’s data assets. Just as several European countries and
some Canadian provinces apply an annual wealth tax based on the market value of individual
assets above a set level, if a company’s data has an agreed value then, it is argued, governments
could exact a regular data asset tax on top of, or as part of, corporation tax. The big problem
here is of course how to value to data. Whether derived from personal information or based on
machine and IoT interactions, global bodies such as the IMF, EU and OECD are wrestling
with this. Digital information is unlike any previous resource; it is extracted, refined, valued,
bought and sold in different ways. This changes the rules for markets, and it demands new
approaches. However, if, and currently this is a big ‘if’, we can agree how to better value data
from an economic perspective, then there are significant organisational, industry and national
trade implications. These range from how companies are valued by markets to country GDP
calculations. Different sectors are trying to come up with an agreed way to value their own
specific datasets. The oil industry is beginning to align around its seismic analysis datasets; in
the automotive sector efforts are underway to find a way to value the data generated by
connected and autonomous vehicles; and the value of IoT data within smart cities is a moun-
ting area of attention. Governments are also keen to understand the value of their data assets
and are trying to establish common standards. In 2018, for example, a UK Parliament Select
Committee discussion suggested that the annual value of the aggregated NHS patient data set
could be around £10bn. Exploiting this is now part of government policy”.
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(26) Cfr. A. Giovannini, Il re fisco nudo, Milano, 2016, 18, secondo cui “il nostro
sistema, finora, è rimasto sostanzialmente fermo ai modelli dell’economia della produzione
e dell’economia agricola. Anzi, per verità, non si è aggiornato alla loro evoluzione e ai loro
bisogni. La staticità degli schemi impositivi, oggi, è un male perché contribuisce ad accen-
tuare le iniquità, proprio l’equità il collante del moderno pactum societatis”.
(27) Cfr. F. Gallo, Nuove espressioni di capacità contributiva, in Rass. trib., 2015, 771
ss., che, nel fare riferimento alle nuove forme di imposizione sulla “raccolta gratuita dei dati
compiuta da imprese dell’economia digitale”, evidenzia l’importanza di “queste nuove for-
me di imposizione, non sufficientemente considerate, spesso avversate e dai più ritenute
incostituzionali per violazione del principio di capacità contributiva qualificata. In momenti,
come questi, di crisi fiscale dello Stato, esse avrebbero il vantaggio di raggiungere l’obiettivo
di concorrere ad assicurare un adeguato livello di finanziamento del welfare state e, nello
stesso tempo, di ridurre la pressione tributaria gravante cosı̀ pesantemente sul reddito e su
determinati tipi di patrimonio”.
(28) Tale esigenza è stata avvertita chiaramente dalla Commissione europea nella comu-
nicazione al Parlamento europeo, intitolata “Un’iniziativa europea in materia di commercio
elettronico”, in Riv. dir. fin., 1998, I, 280. Si veda, al riguardo, anche S. Cipollina, I confini
giuridici nel tempo presente, cit., 278, secondo cui “la soluzione condivisa e partecipata da tutti
gli Stati viene cercata direttamente in ambito internazionale, affinché l’omogeneità e la con-
gruenza tra la natura del problema e quella della relativa soluzione garantisca l’efficienza della
seconda... Questo dialogo globale si prefigge l’obiettivo di individuare principi che tutelino la
sovranità fiscale degli Stati ed assicurino la corretta ripartizione tra essi del gettito derivante dal
commercio elettronico, evitando i rischi della doppia imposizione”.
(29) Riconoscono l’opportunità di istituire nuovi tributi F. Gallo, Nuove espressioni di
capacità contributiva, cit., 780; G. Tremonti, La fiscalità del terzo millennio, in Riv. dir. fin.,
1998, 79. Il tema è stato anche da tempo affrontato dal “rapporto sulla tecnologia, la
produttività e la creazione di lavoro dell’Oecd” e poi da quello su “building the european
information society for usall”, predisposto da una commissione di esperti indipendenti della
Commissione europea.
(30) Cfr. G. Foglia, M. Poziello, Impatti della geolocalizzazione sulla base imponibile dei
digital business, in Corr. trib., 2021, 4, 371 ss.
(31) Si veda per tutti B. Westberg. Cross border taxation of e commerce, Amsterdam,
2002.
dottrina 617
quantità di ricchezza, che viene prodotta tramite i dati, impone una ri-
flessione pubblica sull’accentramento della stessa solo in capo alle aziende
della data e digital economy e sulle possibili soluzioni per redistribuirne il
valore ai singoli ed alla collettività (32).
Sotto un profilo più ampio, la ricerca di nuove fattispecie imponibili e
di nuovi criteri di tassazione, non solo non può essere arbitraria (33), ma
deve riflettere il criterio di idoneità alla contribuzione della fattispecie e del
soggetto obbligato in funzione di situazioni economicamente apprezzabi-
li (34). È di tutta evidenza che manifestazioni di ricchezza del tutto nuove
rispetto a quelle tradizionalmente assoggettate a tassazione ed offerte dalla
new economy (35) (digitale e dei dati) possono essere assunte come fatti-
specie imponibili di nuove forme di prelievo, sia pure nel rispetto dei
fondamentali principi di ragionevolezza e di giusto riparto che proprio
dal principio di capacita contributiva discendono (36).
(32) Cfr. R. Succio, Digital economy, digital enterprise e imposizione tributaria: alcune
considerazioni sistematiche, cit., 2372 ss.
(33) Si veda al riguardo, Corte cost., 22 aprile 1997, n. 111, in www.giurcost.org/
decisioni/1997/0111s-97.html. In dottrina, cfr. L. Antonini, Dovere tributario, interesse fi-
scale e diritti costituzionali, Milano, 1996, che, alla luce dell’orientamento consolidato della
giurisprudenza, osserva: “l’unico elemento potenzialmente idoneo a limitare la discreziona-
lità del legislatore sembra, quindi, risiedere nella ‘assoluta arbitrarietà od irrazionalità della
misura dell’imposizione’, risultando cosı̀ stabilita una delimitazione che tende ad esaurire il
sindacato di costituzionalità all’interno dell’art. 53 Cost rispetto al quale non sembrano
trovare ingresso i profili di costituzionalità relativi al diritto di proprietà. Posta questa
premessa, rimane aperto l’ulteriore problema dello stabilire quando si possano ritenere
concretizzate le ipotesi suddette (‘assoluta arbitrarietà od irrazionalità’, rispetto alle quali
se è evidente la difficoltà di pervenire ad una definizione preventiva e sganciati dai casi
concreti, è possibile tuttavia constatare come il principale criterio seguito dalla Corte sia
stato quello inerente alla coerenza interna dei singoli tributi ovvero alla necessità che la
struttura dell’imposta risulti coerente con il proprio presupposto economico”.
(34) In dottrina, si veda, sul tema, P. Boria, Il bilanciamento di interesse fiscale e capacità
contributiva nell’apprezzamento della Corte Costituzionale, in L. Perrone, C. Berliri, Diritto
tributario e Corte Costituzionale, Napoli, 2006, 64, il quale, dopo aver segnalato l’indirizzo
auto limitativo del sindacato della Corte Costituzionale in materia tributaria a vantaggio dei
margini di apprezzamento del legislatore ordinario, evidenzia che “il bilanciamento tra i due
valori costituzionali dell’interesse fiscale e della capacità contributiva debba essere ricercato
attraverso la mediazione operata in base al criterio della coerenza interna e della razionalità
del sistema normativo”.
(35) Cfr. G. Tremonti, V. Vitaletti, La fiera delle tasse. Stati nazionali e mercato globale
nell’età del consumismo, Bologna, 1991, dove sono immaginate le conseguenze sul sistema
fiscale del futuro di fenomeni come migrazioni dei capitali, delocalizzazione produttiva e
crescita della pressione fiscale sul lavoro dipendente.
(36) Cfr. L. Ferlazzo Natoli, Tendenze della normativa tributaria verso un Fisco etico, in
Riv. dir. trib., 2003, I, 3.
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(37) Cfr. P. Pistone, Permanent Establishment and the Digital Economy, in G. Maisto
(ed.), New Trends in the Definition of Permanent Establishment, Amsterdam, 2019, 199 ss.
(38) Cfr. Oecd, Tax Challenges Arising from Digitalisation – Interim Report 2018, Paris,
2018, laddove, nell’ottica di una auspicata rielaborazione del concetto di nexus e delle regole
di allocazione dei profitti, si lamenta la mancanza di un consenso globalmente condiviso su
soluzioni a lungo termine, necessario al fine di mantenere coerente il sistema di norme fiscali
internazionali, in modo da evitare le conseguenze negative che potrebbero sorgere dall’a-
dozione di misure unilaterali, in termini di rischio di doppia imposizione e complessità della
disciplina. Inoltre, sul punto, cfr. G. Natoli, Natura e consistenza della stabile organizzazione
– situazione attuale, in T. Di Tanno, F. Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia
digitale, cit., 16; T. Di Tanno, OCSE: unified approach nella tassazione delle attività digitali,
in Corr. trib., 2020, 7, 653 ss.
(39) La circolare Assonime n. 17/2016 ha esaminato le modifiche alla definizione di
stabile organizzazione contenute nell’Action 7 del Progetto BEPS, per quanto concerne la
stabile organizzazione “personale”, la nozione di “attività preparatorie e/o ausiliarie” e la c.d.
antifragmentation rule; sul punto cfr. D. Avolio, D. Sencar, Stabile organizzazione e Action 7
del Progetto BEPS dell’OCSE, in S. Mayr, B. Santacroce (a cura di), La Stabile Organizza-
zione delle Imprese Industriali e Commerciali, Milanofiori Assago, 2016, 87.
(40) Cfr. P. Valente, Contrasto al Treaty shopping: report OCSE sull’implementazione
dell’Action 6 del progetto BEPS, in Fisco, 2020, 34, 3255 ss.
(41) Cfr. R. Russo, Base erosion and profit shifitng, in F. Boccia, R. Leonardi (edited
by), The Challenge of Digital Economy. Market, Taxation and Appropriate Economic Models,
cit., 39, secondo cui “the Beps package represents the first substantial renovation of the
dottrina 619
international tax rules in almost a century. The jury is now out and it will not take long to
recognize the important contribution of this project to a modern, fair and equitable global
economy or else the failure of national policy makers to look beyond their border and (or the
next election)”; P. Valente, BEPS Action 15: Release of Multilateral Instrument, in Intertax,
2017, 3, 219 ss.
(42) Cfr. F. Ciani, A. Lanotte, L’economia digitale e l’azione del progetto BEPS. La
stabile organizzazione «virtuale» e il commercio elettronico: introduzione del concetto di
«significativa presenza economica», in Boll. trib., 2018, 1364 ss.; S. Grilli, G. Manzi, Ambito
applicativo incerto per la positive list delle stabili organizzazioni, in Corr. trib., 2021, 4, 363
ss.; F. Paladini, Economia digitale e riflessi sulla stabile organizzazione: nascita e natura
giuridica della S.O. “virtuale”, in Fisco, 2021, 14, 1357 ss.
(43) In tema di normative di contrasto all’evasione ed elusione di matrice transnazio-
nale e politiche di implementazione della cooperazione fiscale, cfr. L. Salvini, I regimi fiscali
e la concorrenza tra imprese, in Giur. comm., 2016, 130. Sulla cooperazione internazionale e
lo scambio di informazioni tra Amministrazioni finanziarie si rimanda a P. Adonnino,
Cooperazione amministrativa e modalità di scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali
nazionali, in Quaderni di rassegna tributaria, 1995, 2, 52; S. Dorigo, La cooperazione fiscale
internazionale, in C. Sacchetto (a cura di), Principi di diritto tributario europeo e internazio-
nale, Torino, 2011, 206 ss.; P. Mastellone, La cooperazione fiscale internazionale nello scam-
bio di informazioni, in R. Cordeiro Guerra (a cura di), Diritto tributario internazionale.
Istituzioni, Padova, 2012, 213.
(44) Cfr. S. Cipollina, Tra passato e presente. Percorsi di diritto tributario, cit., 191.
(45) Cfr. A. Di Dio, F. D’Amelio, Appropriatezza delle soluzioni proposte in sede UE per
l’individuazione e la tassazione della stabile organizzazione digitale – Considerazioni prelimi-
nari, cit., 37.
(46) Cfr. F. Boccia, The digital economy and fiscal policy in the age of e-commerce, cit., 5,
il quale si chiede “what is happening in Europe? In the past it has been silent; it has not placed
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into question the rules that have allowed multinational engaged in the digital economy to
avoid taxes and even hide their profit in tax haven”.
(47) Cfr. A. Frediani, G. Sbaraglia, E-commerce: l’evoluzione della disciplina IVA, in
Fisco, 2020, 34, 3221 ss.
(48) Cfr. P. Hongler, P. Pistone, Blueprints for a New PE Nexus to Tax Business Income
in the Era of the Digital Economy, in IBFD White Papers, 2015, 1 ss.
(49) Cfr. Final Report del Progetto BEPS, redatto nel mese di ottobre 2015, nell’ambito
dell’Action 1, 46 ss., consultabile in www.oecd.org. Sul tema, cfr. E. Traversa, M. Somare,
BEPS e country-by-country reporting: un passo in avanti verso una formula di riparto?, in Riv.
trim. dir. trib., 2015, 1, 175 ss.; R. Russo, Base erosion and profit shifting, cit., 39 ss.; H. Lee-
Makiyama, B. Verschelde, OECD BEPS: Reconciling Global Trade, Taxation Principles and
the Digital Economy, in F. Boccia, R. Leonardi (edited by), The Challenge of Digital Eco-
nomy. Market, Taxation and Appropriate Economic Models, cit., 2016, 55 ss.; M. Lang, P.
Pistone, A. Rust, J. Schuch, C. Staringer (edited by), Base Erosion and Profit Shifting (BEPS).
The proposals to revise the OECD Model Convention, Wien, 2016; P. Saint-Amans, R. Russo,
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The BEPS package: promise kept, in Bulletin for International Taxation, 2016, 4, 236 ss.; F.
Castro, Meccanismi di implementazione del progetto BEPS negli ordinamenti nazionali e
multilateralismo, in Dir. e prat. trib. int., 2017, 2, 342 ss.; A. De Stefano, La stabile orga-
nizzazione nel sistema dell’economia digitale, in A. Persiani (a cura di), La tassazione dell’e-
conomia digitale tra sviluppi recenti e prospettive future, Roma, 2019, 150 ss.; R. Russo, La
tassazione dell’economia digitale nel contesto internazionale: la prospettiva globale, in A.
Persiani (a cura di), La tassazione dell’economia digitale tra sviluppi recenti e prospettive
future, cit., 34 ss.; P. Pistone, Diritto tributario internazionale, II ed., Torino, 2019, 34 ss.;
C. Sciancalepore, Appunti sulla tassazione dell’economia digitale come nuova risorsa propria
europea, in Riv. dir. trib., 2019, I, 6, 686; G. Corasaniti, La tassazione della digital economy:
evoluzione del dibattito internazionale e prospettive nazionali, cit., 1402 ss.; R. Succio, Digital
economy, digital enterprise e imposizione tributaria: alcune considerazioni sistematiche, cit.,
2383 ss.
(50) Cfr. G. Sepio, M. D’Orsogna, La web tax transitoria per le multinazionali digitali (e
non solo), in Fisco, 2017, 31, 3020-3021, nt. 1; M. Greggi, La tassazione dell’economia
digitale nel contesto europeo: la proposta di direttiva sulla Digital Services Tax, in A. Persiani
(a cura di), La tassazione dell’economia digitale tra sviluppi recenti e prospettive future, cit.,
104 ss.; P. Pistone, Diritto tributario internazionale, cit., 37.
(51) Cfr. A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, in Corr.
trib., 2018, 3, 170. Per una critica al criterio di collegamento individuato dall’OCSE nel
622 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021
progetto BEPS, ritenuto non idoneo ad arginare, in maniera incisiva, la traslazione dei
profitti verso giurisdizioni fiscali privilegiate, cfr. O. Salvini, La strategia anti-BEPS nell’e-
conomia digitale: la revisione del criterio di collegamento, in Rass. trib., 2017, 3, 768 ss.
(52) Cfr. M. Palanca, P. Del Prete, G. Aglialoro, Modelli impositivi tradizionali e criteri
di determinazione della base imponibile della stabile organizzazione digitale, in T. Di Tanno,
F. Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia digitale, cit., 58-59; M. Piasente, Rea-
zioni internazionali e nazionali in tema di web e digital tax, in L. Carpentieri (a cura di),
Profili fiscali dell’economia digitale, cit., 25 ss.
(53) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali, in
Fisco, 2018, 6, 526-527; S.A. Parente, Digital reality and tax rules: from the bit tax to the web
tax, in M. Sitek, L. Tafaro, M. Indellicato (edited by), From human rights to essential rights,
Jósefów, 2018, 276.
(54) Sul tema, cfr. R. Leonardi, The Digital Economy and the Tax Regime in the UK, in
F. Boccia, R. Leonardi (edited by), The Challenge of Digital Economy. Market, Taxation and
Appropriate Economic Models, cit., 97 ss.
(55) Cfr. P. Baker, Diverted profits tax: a partial response, in British Tax Review, 2015,
167 ss.; F. Gallo, Fisco ed economia digitale, cit., 609; F. Gallo, Introduzione, in A. Persiani
(a cura di), La tassazione dell’economia digitale tra sviluppi recenti e prospettive future, cit.,
15; M. Greggi, La tassazione dell’economia digitale nel contesto europeo: la proposta di
direttiva sulla Digital Services Tax, cit., 122 ss.
(56) Cfr. F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, in Dir. e prat. trib., 2017, 4,
1644.
dottrina 623
colpisce, con l’aliquota del 25%, i redditi sottratti in maniera elusiva alla
tassazione nello Stato della fonte, in quanto dirottati dalle multinazionali
del web in Paesi caratterizzati da bassa imposizione.
Si tratta di situazioni in cui si ha ragionevole motivo di presumere che
il contribuente non residente svolga nel Regno Unito un’attività economi-
ca, evitando, in maniera artificiosa, il sorgere di una stabile organizzazione,
ovvero di soggetto residente o non residente – esercente un’attività assog-
gettata ad imposizione nel Regno Unito – che riesca ad eludere la tassa-
zione in detto Stato attraverso la stipulazione di accordi o avvalendosi di
soggetti terzi privi di sostanza economica (57).
La misura impositiva – trovando applicazione in presenza di una si-
gnificativa attività economica svolta sul territorio dello Stato, a prescindere
dalla sussistenza degli elementi idonei a configurare una stabile organizza-
zione, e previa dimostrazione del comportamento tenuto dal contribuente
non residente, finalizzato a raggirare le norme sulla stabile organizzazione
– consente di superare gli ordinari criteri di collegamento, rendendo inop-
ponibili all’amministrazione finanziaria gli accordi stipulati dai grandi
gruppi societari al fine di erodere la base imponibile nel Regno Unito (58).
Gli effetti applicativi del tributo corrispondono a quelli che consegui-
rebbero alla condotta del contribuente operante nel territorio di riferimen-
to mediante una stabile organizzazione o una società controllata: sull’ipo-
tetico reddito cosı̀ generato trova applicazione la “Diverted Profits
Tax” (59).
Si tratta di una soluzione organica, pienamente conforme agli obiettivi
del Beps Action Plan – promosso dall’OCSE durante il G20 di Mosca del
19 luglio 2013 – e ai principi della Raccomandazione C(2012) 8806 (60) –
in materia di pianificazione fiscale aggressiva (61) – adottata dalla Commis-
sione Europea il 6 dicembre 2012.
(57) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali,
cit., 526; F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, cit., 1643.
(58) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali,
cit., 526, nt. 4; F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, cit., 1643; S.A. Parente,
Digital Economy e fiscalità del mondo virtuale: dal commercio elettronico alla web taxation, in
Annali del Dipartimento Jonico, Taranto, 2019, 341.
(59) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali,
cit., 526, nt. 4.
( 6 0 ) Consultabile in http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=IT&f=-
ST%2017617%202012%20INIT.
(61) Cfr. F. Amatucci, L’adeguamento dell’ordinamento tributario nazionale alle linee
guida OCSE e dell’UE in materia di lotta alla pianificazione fiscale aggressiva, in Riv. trim. dir.
trib., 2015, 1, 3 ss.
624 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021
(62) Cfr. F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, cit., 1644.
(63) Cfr. F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, cit., 1645.
(64) Cfr. A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, cit., 172.
dottrina 625
(68) D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali, cit.,
527, nt. 5.
(69) Cfr. V. Scalera, Il contrasto dell’aggressive tax planning nella digital economy. Il caso
italiano, in L. Del Federico, C. Ricci (a cura di), La digital economy nel sistema tributario
italiano ed europeo, Padova, 2015, 93 ss. Sulle diverse tipologie di web tax elaborate dal-
l’ordinamento giuridico italiano, cfr. M. Angiulli, La disciplina dei fenomeni elusivi/evasivi:
dalla collaborazione tra fisco e contribuente alla cooperazione internazionale, Bari, 2018, 97
ss.; A. Uricchio, W. Spinapolice, La corsa ad ostacoli della web taxation, in Rass. trib., 2018,
3, 460 ss.; M. Greggi, La tassazione dell’economia digitale nel contesto europeo: la proposta di
direttiva sulla Digital Services Tax, cit., 124 ss.; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’eco-
nomia digitale da parte del legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, in
A. Persiani (a cura di), La tassazione dell’economia digitale tra sviluppi recenti e prospettive
future, cit., 197 ss.; G. Corasaniti, La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito
internazionale e prospettive nazionali, cit., 1415 ss.; M. Logozzo, Tassazione della digital
economy: l’imposta sui servizi digitali (ISD), cit., 805 ss.
(70) Cfr. L. Del Federico, La via italiana alla tassazione del web: un intervento poco
meditato ma dalle condivisibili finalità, in Riv. trim. dir. trib., 2014, 4, 913 ss.; G. Iaselli, A.
Tomassini, “Web-tax” in cerca d’autore, in Corr. trib., 2014, 4, 297 ss.; C. Trenta, The Italian
“Google Tax”. National Taxation and the European E-Economy, in Riv. trim. dir. trib., 2014,
4, 889 ss.; L. Quarantino, New provisions regarding the taxation of the digital economy, in
European taxation, 2014, 5, 211 ss.; P. Valentina, D. Stevanato, R. Lupi, Ulteriori riflessioni
sulla “web tax”: estendere i criteri di collegamento o il concetto di stabile organizzazione?, in
Dial. trib., 2015, 1, 121 ss.; M. Allena, The web tax and taxation of the sharing economy:
challenges for Italy, in European taxation, 2017, 7, 1 ss. Sui profili comparatistici dell’istituto,
cfr. S. Ariatti, R. Garcia, La nuova e variegata frontiera della “Google Tax”: profili compa-
ratistici, in L. Del Federico, C. Ricci (a cura di), La digital economy nel sistema tributario
italiano ed europeo, cit., 247 ss.; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’economia digitale da
parte del legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit., 198-199.
dottrina 627
porti stabili con operatori italiani, spesso fissavano la sede legale in giuri-
sdizioni fiscali privilegiate o in paradisi fiscali (71) ovvero utilizzavano ma-
novre artificiose, a carattere elusivo, finalizzate a limitare il gettito non solo
per il Paese ospitante ma anche per quello di origine (72).
Una successiva proposta di legge, presentata alla Camera dei Deputati
il 27 aprile 2015 (73), riprendendo gli studi elaborati dall’OCSE, al fine di
contrastare l’elusione fiscale delle transazioni eseguite per via telematica,
ha tentato di modificare la nozione di “stabile organizzazione” (74), di cui
all’art. 162, d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 (t.u.i.r.), prevedendone una
“occulta” di tipo virtuale (75), ed ha promosso (senza successo) l’istituzione
della “digital tax”, consistente in una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta
in misura pari al 25%, affidata agli intermediari finanziari, sui pagamenti
effettuati da soggetti residenti in Italia al momento dell’acquisto di pro-
dotti o servizi presso un operatore digitale (c.d. e-commerce) residente
all’estero nei cui confronti fosse stata accertata l’esistenza di una stabile
organizzazione “occulta” nel territorio dello Stato; detta ritenuta non sa-
rebbe, invece, applicata agli operatori non residenti muniti di una stabile
organizzazione in Italia (76).
(71) Cfr. G. Marino, Paradisi e paradossi fiscali. Il rovescio del diritto tributario interna-
zionale, Milano, 2009, 1 ss.
(72) Cfr. C. Scaglioni, La fiscalità delle «multinazionali digitali»: il caso italiano, in Riv.
dir. trib. int., 2013, 2, 234.
(73) Cfr. Atto Camera n. 3076, intitolato “Modifiche al testo unico delle imposte sui
redditi, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e al
Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, per il contrasto all’e-
lusione fiscale nelle transazioni eseguite per via telematica”, consultabile in http://documen-
ti.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0034110.pdf.
(74) Cfr. C. Garbarino, Stabile organizzazione (nel diritto tributario), in Dig. disc. priv.,
sez. comm., Aggiornamento, Milanofiori Assago, 2009, 5, 663 ss.; C. Ricci, La digital eco-
nomy ed il problema della stabile organizzazione nell’esperienza italiana, in L. Del Federico,
C. Ricci (a cura di), La digital economy nel sistema tributario italiano ed europeo, cit., 57 ss.;
C. Garbarino, L’impatto del progetto BEPS sul concetto di stabile organizzazione, in Dir. e
prat. trib., 2019, I, 2, 587 ss. Sulla precedente nozione di stabile organizzazione, cfr. G.
Corasaniti, Profili fiscali del commercio, in Dir. e prat. trib., 2003, I, 4, 615; A. Lovisolo, Il
concetto di stabile organizzazione nel regime convenzionale contro la doppia imposizione, in
Dir. e prat. trib., 1983, 1128 ss.; A. Fantozzi, L’imposizione fiscale delle stabili organizzazioni:
problematiche e prospettive, in Riv. dir. trib. int., 2002, 1, 9 ss.
(75) Cfr. G. Albano, Nuovi modelli di business delle imprese multinazionali e stabile
organizzazione occulta, in Corr. trib., 2017, 6, 467 ss.
(76) Cfr. G. Sepio, M. D’Orsogna, La web tax transitoria per le multinazionali digitali (e
non solo), cit., 3021; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’economia digitale da parte del
legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit., 199 ss.
628 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021
(77) Cfr. gli artt. 2 e 5 del disegno di legge (S. 2526), presentato il 14 settembre 2016,
consultabile in www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/47258.htm.
(78) Cfr. G. Sepio, M. D’Orsogna, La web tax transitoria per le multinazionali digitali (e
non solo), cit., 3021.
(79) Cfr. G. Sepio, M. D’Orsogna, La web tax transitoria per le multinazionali digitali (e
non solo), cit., 3020-3022; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’economia digitale da parte
del legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit., 205 ss.
(80) Sul tema, cfr. D. Avolio, L. Imperato, Effetti premiali per la nuova voluntary della
stabile organizzazione, in Corr. trib., 2017, 29, 2269 ss.; M. Cerrato, La procedura di coope-
razione e collaborazione rafforzata in materia di stabile organizzazione (c.d. web tax transito-
ria), in Riv. dir. trib., 2017, 6, 751 ss.; G. Molinaro, Norma ad hoc temporanea per la
tassazione delle web company, in Corr. trib., 2017, 28, 2203 ss.; L. Rossi, G. Ficai, Web
tax: prime considerazioni, in Boll. trib., 2017, 18, 1321 ss.; S. Zucchetti, A. Tardini, O.
Lanfranchi, The italian “web tax”: the new administrative procedure for multinational enter-
prises to disclose hidden permanent establishments in Italy, in International transfer pricing
journal, 2017, 5, 1 ss.; D. De Santis, M. Mazzetti di Pietralata, Web tax e ritenuta sulle
proprietà intellettuali spingono all’emersione delle stabili organizzazioni occulte, in Fisco,
2018, 18, 1730 ss.; M. Martis, La “web tax” transitoria e la nuova imposta sulle transazioni
digitali. Linee di tendenza della “cooperative compliance”, in Riv. dir. trib. int., 2018, 3, 143
dottrina 629
Web tax 2019, punto e a capo, in Prat. fisc. profess., 2019, 4, 65 ss.; A. Perrone, Il percorso
(incerto) della c.d. web tax italiana tra modelli internazionali ed eurounitari di tassazione della
digital economy, in Riv. telematica dir. trib., 2019, 2, 571 ss.; F. Pedrotti, Prime osservazioni
in merito all’abrogata imposta sulle transazioni digitali e all’imposta sui servizi digitali intro-
dotta dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, in Riv. dir. trib., 2019, I, 1, 93 ss.; A. Persiani, I
tentativi di tassazione dell’economia digitale da parte del legislatore italiano: dalla web tax
all’imposta sui servizi digitali, cit., 214 ss.; A. Tomassini, A. Di Dio, “Web tax” sui servizi
digitali: soluzione transitoria in attesa delle decisioni dell’OCSE, in Corr. trib., 2019, 4, 344
ss.; P. Valente, Tassazione delle imprese digitali: aspetti critici e prospettive future, in Fiscalità
& Commercio Internazionale, 2019, 4, 9 ss.; L. Del Federico, C. Ricci, La proposta OECD
dell’Equalisation Levy e la soluzione italiana, in L. Carpentieri (a cura di), Profili fiscali
dell’economia digitale, cit., 67 ss.; E. Della Valle, L’imposta sui servizi digitali: tanto tuonò
che piovve, in Fisco, 2020, 5, 407 ss.; M. Logozzo, Tassazione della digital economy: l’imposta
sui servizi digitali (ISD), cit., 805 ss.; D. Stevanato, Dalla Proposta di Direttiva europea sulla
digital services tax all’imposta italiana sui servizi digitali, in L. Carpentieri (a cura di), Profili
fiscali dell’economia digitale, cit., 127 ss.; S. Santoro, La “web tax”. Profili di sistema, in Dir.
prat. trib., 2020, 2, 464 ss.; G. Fransoni, Note sul presupposto dell’imposta sui servizi digitali,
in Rass. trib., 2021, 1, 13 ss.; G. Molinaro, Si definisce il quadro della tassazione italiana della
ricchezza connessa all’economia digitale, in Fisco, 2021, 6, 562 ss.; P. Pistone, Digital Services
Taxes and Tax Treaties, in G. Kofler, R. Mason, A. Rust (eds.), Liber Amicorum David
Rosenbloom, Amsterdam, in corso di pubblicazione.
(87) Sul tema, cfr. N. d’Amati, Il diritto tributario: teoria e critica, Torino, 1985, I, 87
ss.; N. d’Amati, Istituzioni di diritto tributario, Bari, 2006, 64 ss.; A.F. Uricchio, Percorsi di
diritto tributario, Bari, 2017, 104.
632 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021
(88) Cfr. G. Foglia, M. Poziello, Impatti della geolocalizzazione sulla base imponibile dei
digital business, cit., 371 ss.
dottrina 633
(95) COM (2017) 547 final, nella quale si propongono, tra l’altro, alcune opzioni di
tassazione sia nel breve che nel lungo periodo. Nell’immediato si suggerisce di intervenire
adottando una tassa sul fatturato delle imprese digitalizzate, una ritenuta sulle transazioni
digitali (soluzione, come visto, accolta dal legislatore italiano con la legge di bilancio 2018),
una tassa sui ricavi provenienti dalla fornitura di servizi digitali o di pubblicità on-line. In un
orizzonte temporale più ampio si intende intervenire sulla nozione di stabile organizzazione
e sulle regole di attribuzione dei profitti delle imprese della digital economy. Sul tema, cfr. T.
Di Tanno, La web tax europea: una misura innovativa ed emergenziale, in Corr. trib., 2018,
20, 1531 ss.; M. Nieminen, The Scope of the Commission’s Digital Tax Proposals, in Bulletin
for International Taxation, 2018, 664 ss.; F. Telch, Ocse, Usa e Ue a confronto sulla fiscalità
diretta dei gruppi di imprese, in Prat. fisc. profess., 2018, 46, 31 ss.; A. Tomassini, A. Sandalo,
L’iniziativa della Commissione UE sulla tassazione dell’economia digitale, in Corr. trib., 2018,
18, 1395 ss.; F. Van Horzen, A. Van Esdonk, Proposed 3% Digital Services Tax, in Interna-
tional Transfer Pricing Journal, 2018, 267 ss.; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’eco-
nomia digitale da parte del legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit.,
215; J.F. Pinto Nogueira, The Compatibility of EU Digital Services Tax with EU and WTO
Law: Requiem Aeternam Donate Nascenti Tributo, in International Tax Studies, 2019, 1, 3
ss.; A.F. Uricchio, Manuale di diritto tributario, cit., 375 ss.
(96) Sul tema della fiscalità nella digital economy, si veda A. Uricchio, Le frontiere
dell’imposizione tra evoluzione tecnologica e nuovi assetti istituzionali, cit., 30 ss.; L. Del
Federico, C. Ricci (a cura di), La digital economy nel sistema tributario italiano ed europeo,
cit., 7; P. Pistone, Y. Brauner, Adopting Current International Taxation to New Business
Models: Two Proposals for the European Union, in Bulletin for International Taxation, 2017,
681 ss.; A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, cit., 169 ss.
(97) Sul tema, vedi F. Tesauro, N. Canessa, Economia digitale. Aspetti civilistici e fiscali,
Milano, 2002; V. Mastroiacovo, Il controllo, l’accertamento e la riscossione dei crediti tributari
derivanti da transazioni telematiche, in Riv. dir. trib., 2003, IV, 23.
(98) Cfr. L.A. Sheppard, Digital Permanent Establishment and Digital Equalization
Taxes, in Tax Notes International, 2018, 1, 9 ss.; A. Purpura, Tassazione dell’economia
dottrina 635
schema di Direttiva abbia ad oggetto le grandi imprese multinazionali operanti nella web
economy.
(105) Viene cosı̀ proposto un criterio di attribuzione (e di distribuzione) dei poteri
impositivi che tipizza un collegamento basato sulla localizzazione di dati e sulla partecipa-
zione dei clienti, elementi fonte di valore per le imprese dell’economia digitale.
(106) Cfr. S. Zucchetti, A. Tardini, O. Lanfranchi, The italian “web tax”: the new
administrative procedure for multinational enterprises to disclose hidden permanent establish-
ment in Italy, cit., 1 ss.
(107) Cfr. M. Palanca, P. Del Prete, G. Aglialoro, Modelli impositivi tradizionali e criteri
di determinazione della base imponibile della stabile organizzazione digitale, cit., 54.
(108) Cfr. F. Pinto, Le Proposte di Direttiva in tema di tassazione dell’economia digitale
(stabile organizzazione in forma di “significativa presenza digitale” e “Interim Web Tax”),
cit., 29.
(109) Il che comporta difficoltà nell’identificare il soggetto passivo d’imposta, attesa la
rilevanza, nelle discipline fiscali internazionali, della presenza fisica sul territorio geografico
ove viene esercitata la sovranità dello Stato affinché possa configurarsi il potere impositivo
sulle imprese non residenti. Ciò che rende sfuggente la ricchezza prodotta dall’economia
digitale, dematerializzata e destrutturata per eccellenza, è proprio la difficoltà di adeguarvi le
tradizionali regole impositive, gli schemi e meccanismi di prelievo “statici”, ispirati a logiche
di fisicità e rivolte ad entità materiali e tangibili.
(110) Com’è evidente, gli asset intangibili, per la intrinseca volatilità, sono più agevol-
638 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021
zione degli utenti hanno nella creazione del valore dell’impresa e nella
massimizzazione del profitto (111). È proprio il diverso modo di creazione
di ricchezza, fondato sul valore dei dati e della partecipazione dell’utenza,
che consente di attribuire rilevanza al mercato di destinazione dei servizi
digitali nella generazione di profitti e quindi di legittimare l’“impronta
digitale” di un’impresa in una giurisdizione, attingendo a tali indicatori
di attività economica (112). Nella proposta di direttiva, viene comunque
escluso che la vendita di beni o servizi meramente “agevolata” dall’utilizzo
di internet o da una rete elettronica possa essere considerata servizio
digitale (113). In merito al luogo (114) in cui si considera situato l’utente,
deve aversi riguardo al luogo in cui è posto il dispositivo per accedere
mente localizzabili a seconda della convenienza ritraibile dalle regole sottese ai differenti
sistemi tributari dei vari Stati, consentendo di beneficiare di vantaggi fiscali indebiti, a
mezzo di una pianificazione fiscale aggressiva che utilizzi “abusivamente” i disallineamenti
delle legislazioni, le disarmonie delle fonti pattizie, i limiti ordinamentali (e, non da ultimo,
le misure di favore concesse per effetto di una consapevole e dannosa concorrenza fiscale
perpetrata da alcune giurisdizioni per l’attrazione di capitali stranieri). Cfr. S. Bianco, I
danni della concorrenza fiscale in Europa, in Rass. trib., 2015, 1, 119 ss.; F. Amatucci,
L’adeguamento dell’ordinamento tributario nazionale alle linee guida dell’OCSE e dell’UE
in materia di lotta alla pianificazione fiscale aggressiva, cit., 3 ss.
(111) La partecipazione dell’utente/consumatore, passiva o addirittura attiva, di inten-
sità più o meno maggiore, rende il destinatario dei servizi digitali esso stesso input del
processo di creazione del valore, alla stregua di un fattore produttivo. In argomento, cfr.
M. Versiglioni, “Liquinomics” e “Iva a doppia aliquota”: un discorso sulla «creazione di
valore», in Riv. telematica dir. trib., 2020, 1, 87 ss.; R. Succio, Digital economy, digital
enterprise e imposizione tributaria: alcune considerazioni sistematiche, cit., 2382 ss.
(112) Va tenuto conto che, come spiegato nella relazione annessa alla proposta di
direttiva, i criteri devono adeguarsi ai vari tipi di modelli di impresa digitale, che sono
molto eterogenei tra loro.
(113) L’art. 3 della proposta di direttiva definisce “servizi digitali”: i servizi forniti
attraverso internet o una rete elettronica, la cui natura rende la prestazione essenzialmente
automatizzata e richiede un intervento umano minimo, impossibili da garantire in assenza
della tecnologia dell’informazione. Segue un’elencazione dettagliata dei servizi in questione.
La predetta elencazione dei servizi digitali, a parere di chi scrive, non può che avere valore
tassativo, salva interpretazione estensiva. Sulla differenza tra analogia ed interpretazione
estensiva si rimanda a V. Velluzzi, La distinzione tra analogia giuridica e interpretazione
estensiva, in AA.VV., Interpretazione giuridica e retorica forense, Milano, 2006, 133 ss.,
nonché F.V. Albertini, L. Cominelli, V. Velluzzi, (a cura di), Fisco, efficienza ed equità, Pisa,
2015; cfr. altresı̀ G. Marongiu, A. Marcheselli, Lezioni di diritto tributario, Torino, 2013; F.
Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Vol. I: parte generale, Milano, 2017.
(114) Il problema della delocalizzazione e della immaterialità di Internet, assieme alle
altre caratteristiche della globalità, immediatezza ed automaticità, lo rendono diverso da
qualsiasi altro mezzo di comunicazione. I bit, codici binari attraverso cui il world wide web
opera, sono basati su dati della fisica, senza alcun riferimento geografico e territoriale. In
punto di caratteristiche tecniche di Internet rilevanti giuridicamente e nozione di commercio
elettronico, si rinvia a U. Draetta, Internet e commercio elettronico nel diritto internazionale
dei privati, cit., 27 ss.
dottrina 639
all’interfaccia digitale per mezzo della quale sono forniti i servizi digita-
li (115). L’art. 5 della proposta di direttiva disciplina il trattamento da
riservare agli utili attribuibili alla presenza digitale significativa, attratti
“unicamente al regime di imposta sulle società” dello Stato in cui sussiste
una tale ipotesi di stabile organizzazione. Viene cosı̀ esclusa qualsiasi po-
testà impositiva concorrente e fattispecie di doppia imposizione, sotto il
profilo dell’imposizione diretta sul reddito della società. Il comma 2 del-
l’art. 5 specifica, anche a scopo antielusivo (116), che sono da considerarsi
utili attribuibili alla presenza digitale significativa o in relazione ad essa
quelli che la stessa avrebbe ottenuto qualora fosse stata un’impresa auto-
noma, avente ad oggetto attività identiche o analoghe, svolte per mezzo di
un’interfaccia digitale ed in condizioni similari, con particolare riguardo
alle relazioni con altre parti dell’impresa (117). Affinché la presenza digitale
significativa di un’impresa possa essere tassata in un’altra giurisdizione in
conformità del relativo diritto interno, è necessario stabilire i principi di
attribuzione degli utili a tale presenza digitale significativa. In tale ottica,
secondo la proposta, occorre affidarsi agli attuali principi per l’attribuzio-
ne degli utili ed all’analisi funzionale delle attività espletate, degli impegni
finanziari e dei rischi assunti da una presenza digitale significativa (118).
(121) Cfr. E. Della Valle, La web tax italiana e la proposta di Direttiva sull’Imposta sui
servizi digitali: morte di un nascituro appena concepito?, cit., 1513.
(122) Cfr. C. Sciancalepore, Web tax e risorse proprie europee. Un connubio perfetto?,
cit., 576; C. Sciancalepore, Appunti sulla tassazione dell’economia digitale come nuova risorsa
propria europea, cit., 686. In argomento, cfr. anche I. Vacca, Web tax: il vero interrogativo
non è “cosa tassare” ma “chi può tassare”, in Assonime position paper, 2018, 1, 3 ss.
(123) Cfr. C. Sciancalepore, Web tax e risorse proprie europee. Un connubio perfetto?,
cit., 576-577, il quale richiama la Comunicazione della Commissione Europea del 21 marzo
2018 – COM (2018)146 final, intitolata “È giunto il momento di istituire norme fiscali
moderne, eque ed efficaci per l’economia digitale”, consultabile in https://eur-lex.europa.eu/
resource.html?uri=cellar:2bafa0d9-2dde-11e8-b5fe-01aa75ed71a1.0014.02/DOC_1&for-
mat=PDF. L’A. ricorda che il bilancio europeo è attualmente alimentato principalmente
«dalla c.d. risorsa basata sul Reddito Nazionale Lordo (RNL) ottenuta tramite l’imposizione
di un’aliquota uniforme all’ammontare del RNL e dalla c.d. risorsa iva determinata tramite
l’applicazione di un’aliquota standard applicata alla base imponibile armonizzata statistica-
mente (e non partendo dalle dichiarazioni tributarie) dell’iva di ogni Stato membro»; il
sistema delle risorse proprie è poi «completato da quelle tradizionali che riguardano emi-
nentemente i dazi doganali». Sul tema, cfr. M. Aulenta, Tax expenditures nelle imposte
erariali, in A.F. Uricchio, M. Aulenta, G. Selicato, La dimensione promozionale del fisco,
Bari, 2015, 81; C. Sciancalepore, Appunti sulla tassazione dell’economia digitale come nuova
risorsa propria europea, cit., 687 ss.
(124) In particolare, l’art. 4 della proposta di direttiva considera soggetti passivi del-
l’imposta sui servizi digitali le entità con ricavi superiori alle soglie citate e l’art. 2 intende
per entità «qualsiasi persona giuridica o istituto giuridico che svolge la propria attività
attraverso una società o una struttura trasparente ai fini fiscali», escludendo, dunque, dal
novero dei soggetti passivi le persone fisiche.
642 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021
(125) Cfr. E. Della Valle, La web tax italiana e la proposta di Direttiva sull’Imposta sui
servizi digitali: morte di un nascituro appena concepito?, cit., 1511.
(126) Cfr. E. Della Valle, La web tax italiana e la proposta di Direttiva sull’Imposta sui
dottrina 643
servizi digitali: morte di un nascituro appena concepito?, cit., 1512; G. Fransoni, Web tax:
miti, retorica e realtà, in Riv. dir. trib., supplemento on-line del 5 aprile 2015.
(127) Cfr. E. Della Valle, La web tax italiana e la proposta di Direttiva sull’Imposta sui
servizi digitali: morte di un nascituro appena concepito?, cit., 1513.
(128) Cfr. C. Sciancalepore, Web tax e risorse proprie europee. Un connubio perfetto?,
cit., 578. Inoltre, sul tema, cfr. L. Carpentieri, La sovranità tributaria alla prova dell’Unione
europea e delle spinte federaliste interne, in A. Papa (a cura di), Le regioni nella multilevel
governance europea. Sussidiarietà, partecipazione, prossimità, Torino, 2016, 233 ss.
(129) Cfr. Oecd/G20, Base Erosion and Profit Shifting Project, Public consultation
document. Addressing the Tax Challenges of the Digitalisation of the Economy, 13 February
2019 – 6 March 2019, Paris, 2019, consultabile in https://www.oecd.org/tax/beps/public-
consultation-document-addressing-the-tax-challenges-of-the-digitalisation-of-the-economy.pdf.
Sul tema, cfr. P. Pistone, J. Nogueira, B. Andrade, The 2019 OECD Proposals for Addressing
the Tax Challenges of the Digitalization of the Economy: an Assessment, in International Tax
Studies, 2019, 2.
(130) Cfr. P. Pistone, Diritto tributario internazionale, cit., 37.
(131) Sul tema, cfr. F.A. Cimino, L’internet delle cose, la creazione del valore ed il
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Transfer Pricing: criticità e prospettive dei metodi utilizzati per l’applicazione del principio di
libera concorrenza, in Dir. e prat. trib. int., 2020, 4, 1393 ss.; M. Versiglioni, “Liquinomics” e
“Iva a doppia aliquota”: un discorso sulla «creazione di valore», cit., 87 ss.
(132) In argomento, cfr. A. Perrone, Tax competition e giustizia sociale nell’Unione
Europea, Milano, 2019, 42 ss.
(133) Cfr. P. Pistone, Diritto tributario internazionale, cit., 37-38.
(134) Cfr. C. Sciancalepore, Appunti sulla tassazione dell’economia digitale, cit., 687; G.
Corasaniti, La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito internazionale e
prospettive nazionali, cit., 1423-1424; G. Molinaro, Si definisce il quadro della tassazione
italiana della ricchezza connessa all’economia digitale, cit., 563-564.
(135) Cfr. Oecd/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, Programme of Work to
Devolop a Consensus Solution to the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the
Economy. Oecd/G20, Inclusive Framework on BEPS, Paris, 2019, consultabile in www.oec-
d.org/tax/beps/programme-of-work-to-develop-a-consensus-solution-to-the-tax-challenges-ari-
sing-from-the-digitalisation-of-the-economy.pdf, 9 ss. In argomento, cfr. T. Rosembuj, Digital
taxation: pillar one and two of the OECD, in A. Persiani (a cura di), La tassazione dell’eco-
nomia digitale tra sviluppi recenti e prospettive future, cit., 47 ss.; T. Di Tanno, OCSE: unified
approach nella tassazione delle attività digitali, cit., 657 ss.; P. Pistone, J. Nogueira, B.
Andrade, A. Turina, The OECD Public Consultation Document “Secretariat Proposal for a
‘Unified Approach’ under Pillar One”: An Assessment, in Bulletin for International Taxation,
2020, 1, 14 ss.
(136) Cfr. G. Corasaniti, La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito
internazionale e prospettive nazionali, cit., p. 1424.
dottrina 645
(137) Cfr. Public consultation document, Secretariat Proposal for a “Unified Approach”
under Pillar One, 9 October 2019-12 November 2019, Paris, 2019, consultabile in www.oec-
d.org/tax/beps/public-consultation-document-secretariat-proposal-unified-approach-pillar-
one.pdf.
(138) Cfr. Oecd/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, Programme of Work to
Devolop a Consensus Solution to the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the
Economy. Oecd/G20, Inclusive Framework on BEPS, cit., 23 ss. In argomento, cfr. T.
Rosembuj, Digital taxation: pillar one and two of the OECD, cit., 85 ss.; M. Lane, GloBe:
learning the lessons of the past, in Lexology, 12 novembre 2019, consultabile in www.lexo-
logy.com; L. Parada, The GloBe puzzle: a debate way beyond use of financial accounts, in
MNE Tax – Multinational Group Tax & Transfer Pricing News, 18 novembre 2019, con-
sultabile in www.mnetax.com; P. Pistone, J. Nogueira, B. Andrade, A. Turina, The OECD
Public Consultation Document “Global Anti-Base Erosion (GloBE) Proposal – Pillar Two”:
An Assessment, in Bulletin for International Taxation, 2020, 2, 62 ss.; F. De Lillo, Introdu-
cing Pillar Two: Towards a Global Minimum Effective Tax Rate, in A. Perdelwitz, A. Turina,
Global Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative, Amster-
dam, 2021, 3 ss.; P. Pistone, A. Turina, The Way Ahead: Policy Consistency and Sustaina-
bility of the GLoBE Proposal, in A. Perdelwitz, A. Turina, Global Minimum Taxation? An
Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative, cit., 415 ss.
(139) Cfr. Public consultation document, Global Anti-Base Erosion Proposal (“GloBE”)
– Pillar Two, 8 November 2019-2 December 2019, Paris, 2019, consultabile in www.oec-
d.org/tax/beps/public-consultation-document-global-anti-base-erosion-proposal-pillar-
two.pdf.pdf.
(140) Cfr. V. Agianni, R. Offermanns, M. Schellekens, The Income Inclusion Rule, in A.
Perdelwitz, A. Turina, Global Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base
Erosion Initiative, cit., 55 ss.
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