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DATA DRIVEN E DIGITAL TAXATION: PRIME

SPERIMENTAZIONI E NUOVI MODELLI DI PRELIEVO

Abstract: The spread of new enabling technologies and of the tools for storing and circu-
lating big data have generated new forms of wealth. In the face of this phenomenon, the search for
new taxable cases and new taxation criteria not only cannot be arbitrary, but must reflect the
criterion of the suitability of the case and of the obliged subject in relation to economically
appreciable situations. The most significant experiences on the taxation of the big players of
the digital economy have concerned certain foreign legislations, both in advanced economic
systems and in developing countries. However, in current arrangements, the taxation of the
digital economy still appears to be a work in progress, with a series of proposals drawn up in
various areas to determine a minimum level of effective taxation, not necessarily linked to the
traditional indices of economic capacity. Recently, also the European Council confirmed the
urgency of action on web taxation on the assumption that the objectives of digital transformation
and sustainability will be the pillars of post-pandemic recovery.

Abstract: La diffusione delle nuove tecnologie abilitanti e degli strumenti di conservazio-


ne e circolazione dei big data hanno generato nuove forme di ricchezza. A fronte di questo
fenomeno, la ricerca di nuove fattispecie imponibili e di nuovi criteri di tassazione non solo non
può essere arbitraria, ma deve riflettere il criterio dell’idoneità alla contribuzione della fatti-
specie e del soggetto obbligato in funzione di situazioni economicamente apprezzabili. Le
esperienze più significative sull’assoggettamento ad imposizione dei big players dell’economia
digitale hanno interessato talune legislazioni straniere, sia nei sistemi economici avanzati che nei
paesi in via di sviluppo. Tuttavia, negli assetti attuali, la tassazione dell’economia digitale
appare ancora un cantiere aperto con una serie di proposte elaborate in vari ambiti per
determinare un livello minimo di imposizione effettiva, non necessariamente legato ai tradi-
zionali indici di capacità economica. Recentemente, anche il Consiglio europeo ha confermato
l’indifferibilità di un intervento in materia di web taxation sul presupposto che gli obiettivi
della trasformazione digitale e della sostenibilità saranno i pilastri della ripresa post pandemica.

SOMMARIO: 1. Digital economy e nuove manifestazioni di ricchezza – 2. Le fattispecie impo-


nibili del mondo digitale: big data, intelligenze artificiali e cloud – 3. Le forme di
tassazione della data economy: dalla data tax alla database tax – 4. La pianificazione
fiscale aggressiva delle multinazionali della rete – 5. Il criterio di collegamento della
“significativa presenza economica nel territorio”. Le esperienze straniere di assogget-
tamento ad imposizione dei big players dell’economia digitale – 6. I tentativi d’intro-
durre disposizioni di cautela fiscale nell’ordinamento italiano: dalla “Google tax” alla
“web tax transitoria” – 7. (Segue): dall’imposta sulle transazioni digitali all’imposta sui
servizi digitali – 8. Il pacchetto UE sull’economia digitale: la proposta di direttiva sulla
“tassazione delle società con presenza digitale significativa” – 9. (Segue): la proposta di
direttiva relativa al “sistema comune d’imposta sui servizi digitali” – 10. I due pillars
elaborati in sede OCSE e le prospettive future della web taxation.

1. - Digital economy e nuove manifestazioni di ricchezza


La storia dell’umanità ci offre spesso profondi mutamenti sotto la
spinta inarrestabile di fenomeni in larga parte dipendenti dalla conoscenza

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e dall’innovazione. A seguito di alcune grandi scoperte come il motore, il


vapore e l’elettricità, la vecchia economia feudale è andata distrutta, la-
sciando il posto all’industria manifatturiera e al mercato dei diritti pro-
prietari, mutando profondamente stili comportamentali e modelli di rego-
lazione. Anche gli ordinamenti tributari hanno via via modificato gli assetti
impositivi, sostituendo tributi applicati per lungo tempo ed aderenti alle
modalità di produzione della ricchezza (fuocatici, testatici, oneri reali,
ecc.), con altri profondamente diversi per struttura e natura (imposte sul
reddito, imposte sul valore aggiunto, ecc.). Con la fine del XX secolo e
l’inizio del nuovo millennio e con il passaggio dalla società industriale e del
terziario avanzato a quella della digital economy, le tecnologie informatiche
e telematiche appaiono sempre più diffuse e pervasive e allo stesso tempo
idonee ad esprimere nuove forme di ricchezza e ovviamente a spostarle da
un luogo all’altro con grande velocità e facilità (1). Oltre a dare luogo ad
ampie trasformazioni dei processi di produzione della ricchezza, le nuove
tecnologie, ed in particolare le reti interconnesse (internet, reti satellitari,
cloud), hanno modificato il modo di considerare e percepire il mercato
“reale”, non più apprezzato come luogo fisico di scambio di diritti pro-
prietari secondo l’interazione di forze spontanee come la domanda e l’of-
ferta, ma un luogo aperto, senza confini e sempre connesso nel quale si
può accedere facilmente e/o liberamente e scambiare informazioni di qua-
lunque tipo come anche beni e diritti di godimento, temporanei e condivisi
(c.d. sharing economy) (2).
La diffusione delle nuove tecnologie abilitanti e degli strumenti di
conservazione e circolazione dei dati (big data) genera nuove forme di

(1) Cfr. F. Gallo, Fisco ed economia digitale, in Dir. e prat. trib., 2015, 4, 604 ss.; F.
Gallo, Prospettive di tassazione dell’economia digitale, in Dir. mer. tecn., 2016, 1, 154 ss.;
C. Buccico, Problematiche e prospettive della tassazione dell’economia digitale, in Dir. proc.
trib., 2019, 3, 255 ss.; A. Di Dio, F. D’Amelio, Appropriatezza delle soluzioni proposte in
sede UE per l’individuazione e la tassazione della stabile organizzazione digitale – Consi-
derazioni preliminari, in T. Di Tanno, F. Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia
digitale, Position Paper – Fondazione Bruno Visentini, febbraio 2019, 35; P. Pistone, D.
Weber (eds.), Taxing the Digital Economy, Amsterdam, 2019; G. Corasaniti, La tassazione
della digital economy: evoluzione del dibattito internazionale e prospettive nazionali, in Dir.
e prat. trib. int., 2020, 4, 1397 ss.; L. Carpentieri, La tassazione delle imprese al tempo
dell’economia digitale, in L. Carpentieri (a cura di), Profili fiscali dell’economia digitale,
Torino, 2020, 1 ss.; M. Logozzo, Tassazione della digital economy: l’imposta sui servizi
digitali (ISD), in Riv. trim. dir. trib., 2020, 4, 805 ss.; R. Succio, Digital economy, digital
enterprise e imposizione tributaria: alcune considerazioni sistematiche, in Dir. e prat. trib.,
2020, 6, 2363 ss.
(2) Cfr. S. Dorigo, “Sharing economy” e imposta sui servizi digitali: le piattaforme per
affitti brevi, in Corr. trib., 2020, 6, 607 ss.
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ricchezza (3), velocizzando le transazioni e ampliando le modalità di utiliz-


zo delle informazioni stesse (4) e con essa della catena del valore. L’enorme
quantità di dati disponibili nell’universo digitale, processabili con algoritmi
e intelligenze artificiali delinea e consolida un nuovo modello di organiz-
zazione socio-economica denominata data economy (5). Con questa espres-
sione, si intende, infatti, l’assetto economico nel quale imprese e Pubbliche
amministrazioni mettono a valore la crescente quantità di informazioni
digitali acquisite attraverso i nuovi strumenti, sistemati e organizzati nel
cloud e con le intelligenze artificiali e blockchain anche attraverso data
scientists e warehouse managers. Appare peraltro evidente come il governo
dei dati e la rappresentazione di informazioni combinate e memorizzate
consentono di massimizzare profitti di attività economiche tradizionali e
digitali, orientando consumi o raggiungendo nuovi potenziali clienti attra-
verso le c.d. customer experiences. Ad essi si aggiunge il valore del dato in
sé, anch’esso negoziabile o semplicemente disponibile in quanto suscetti-
bile di diversi e sempre nuovi utilizzi. Secondo recenti stime dell’Unione
Europea, nel solo 2020, la data economy ha prodotto 739 miliardi di euro,
generando il 3,3% del PIL e impiegando 7,4 milioni di persone che vanno
ad aggiungersi a quanto prodotto dalla digital economy. Pur essendo in
alcuni casi sovrapponibili, ben potendo i dati essere reperiti attraverso la
rete (social, siti e altri access), la digital economy appare ancora più estesa,
comprendendo anche attività economiche digitalizzate (servizi digitali),
commercio elettronico indiretto, ecc. Secondo il report “Sizing the Digital
Economy” del Boston Consulting Group del 2020 l’impatto di internet
sull’economia dell’Unione Europea appare in sensibile crescita, anche
per effetto della diffusione della pandemia da COVID-19: nei paesi nor-
deuropei, l’economia digitale contribuisce al PIL in misura compresa tra il
5,8% e il 7,2%, la percentuale si riduce all’1,9% in Spagna e al 2,2% in
Italia. Lo stesso studio evidenzia come nei prossimi anni l’Internet econo-
my rappresenterà 80 miliardi di euro, pari al 3,3% del PIL italiano, con
una crescita annua del 13% rispetto al 2009.

(3) Cfr. A. Magliaro, S. Censi, Dall’immagine alla notorietà: la tassazione delle nuove
forme di ricchezza nell’epoca dei social, in Fisco, 2021, 20, 1921 ss.
(4) Sul tema si rinvia ad A. Uricchio, Evoluzione tecnologica e imposizione: la cosiddetta
Bit tax. Prospettive di riforma della fiscalità di internet, in Dir. inf., 2005, 753; Id., Le
frontiere dell’imposizione tra evoluzione tecnologica e nuovi assetti istituzionali, Bari, 2010,
43 ss.
(5) Cfr. S. Dorigo, The “algorithmic revolution”: fair taxation, social pact and global
governance, in M. Belov, The IT Revolution and its Impact on State, Constitutionalism and
Public Law, Oxford, 2021, 161 ss.
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A differenza delle società agricole e industriali, fortemente radicate ai


territori in forza delle strutture fisiche produttive (terre, opifici) ivi inse-
diate, l’information and data society appare insofferente ai limiti territoriali,
adoperando cloud computing e reti connesse senza confini, che esprimono
valore o movimentano ricchezze, in alcuni casi ridotte ad una dimensione
cartolare, virtuale o aleatoria (6). Come evidenziato dall’economista Jeremy
Rifkin, la rete via via rimpiazza i mercati tradizionali con gli accessi, intesi
come possibilità di usufruire di servizi, cultura, informazione, relazioni,
ricchezza e sostituisce il bene immateriale a quello materiale (7), l’uso
momentaneo all’acquisto, il rapporto fornitore di servizi-utente a quello
tradizionale compratore-venditore. Allo stesso tempo, attraverso l’utilizzo
della rete, con i social, i siti ufficiali e aziendali, oltre che attraverso altri
strumenti digitali, gli utenti offrono i propri dati che divengono valore
ovvero possono diventarlo in futuro (c.d. valore atteso) per chi ne dispone
o che ne possa disporre in futuro.
Nello stesso tempo, robotica (8) e intelligenze artificiali determinano
profondi cambiamenti nei modelli di produzione e di erogazione di servizi
(con produzioni automatizzate e interconnesse), nel ripensamento del rap-
porto uomo-macchina e macchina-macchina [c.d. industria 4.0, le cui
misure sono state, recentemente, implementate e prorogate dalla legge
di bilancio 2021 (art. 1, commi 1051 ss., l. 30 dicembre 2020, n.
178)] (9), nell’organizzazione del lavoro (10) e persino nella vita domestica
e nella quotidianità (11).

(6) Si veda al riguardo il documento OCSE del 14 marzo 2014.


(7) Sul rapporto tra information technology e dematerializzazione della ricchezza intesa
nel senso di perdita della sua tangibilità, cfr. S. Cipollina, I confini giuridici del tempo
presente. Il caso del diritto fiscale, Milano, 2006, 286; Id., Tra passato e futuro, percorsi di
diritto tributario, Bari, 2016; S. Santovito, L’impresa palindroma. Problematiche di gestione
nel contesto evolutivo digitale, Bari, 2017, 36, secondo cui “quella che si è sviluppata sotto il
nome di economia digitale è un sistema di scambi fortemente smaterializzato che genera
valore attraverso un flusso enorme di bit che viaggiano sull’infrastruttura Internet”.
(8) Cfr. M.C. Carrozza, I robot e noi, Bologna, 2017, 20.
(9) Sul tema si rinvia ad A. Uricchio, La fiscalità dell’innovazione nel modello industria
4.0, in Rass. trib., 2017, 4, 1041.
(10) Cfr. R. Staglianò, Al posto tuo – Cosı` web e robot ci stanno rubando il lavoro,
Torino, 2016; R. Harrison, J. Jaumandreu, J. Mairesse, Does Innovation Stimulate Employ-
ment? A firm-level Analisys Using Comparable Micro-data from Four European Countries, in
International Journal of Industrial Organization, 2014, V, 29 ss.; C.B. Frey, M. Osborne, The
Future of Employment: How Susceptible are Jobs to Computerisation, in Working Paper
Oxford Martin School, 2013. Sul tema, già qualche anno prima, J. Rifkin, La Fine del Lavoro,
Il Declino della Forza Lavoro Globale e l’Avvento dell’Era Post-Mercato, Milano, 1995.
(11) L’espressione industria 4.0, coniata nel 2012 da un gruppo di accademici e ma-
nager tedeschi, viene oggi “adoperata in modo corrente per designare le misure dei governi
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Internet, cloud, tecnologie di comunicazione, intelligenze artificiali e


robot, più che meri strumenti o modalità di utilizzo di strumenti (come
smartphone, tablet, computer, ecc.), esprimono appieno la loro idoneità ad
atteggiarsi come situazioni generative di manifestazioni di ricchezza sia
riconducibili alle categorie tradizionali (redditi, consumi, risparmi di spesa
ecc.) sia del tutto nuove (si pensi al valore del dominio delle informazioni,
difficilmente misurabile secondo i parametri tradizionali, ovvero a quello
delle facilities che la sharing economy comporta). Attraverso la rete, le
connessioni ubique, la tecnologia 5G e la disponibilità di un numero
praticamente infinito di identità informatiche (soprattutto con il nuovo
protocollo IPv6), gli operatori economici esercitano attività, presentano
prodotti, servizi o aziende, pongono in essere cessioni di beni e prestazioni
di servizi, fanno dialogare digitalmente impianti e persone e soprattutto
conseguono redditi con modalità sempre nuove; allo stesso tempo, gli
utenti offrono e utilizzano informazioni, esperienze, documentazioni, co-
noscenze e più in generale comunicano tra loro, consentendo ai singoli
come ai signori della rete di trarre vantaggi e utilità ovvero di conseguire
risparmi di spesa.
L’economia del terzo millennio, tecnologica, digitale e globalizzata,
determina nuovi equilibri di poteri e necessita di nuove regole da parte
degli Stati nazionali e della comunità internazionale in assenza delle quali
impone le proprie, sgretolando la sovranità statuale e indebolendo le isti-
tuzioni politiche sovranazionali (12). Allo stesso tempo, tale modello eco-

europei di sostegno dei processi di trasformazione dell’economia” nella transizione verso la


quarta rivoluzione industriale. Declinato secondo quattro principali direttrici: investimenti
innovativi: infrastrutture abilitanti; competenze e ricerca; awareness e governance, il piano è
stato adottato da molti Paesi europei (Francia e Germania in primo luogo). Anche il nostro
Paese, con piena consapevolezza del ripensamento del rapporto uomo – macchina e mac-
china – macchina, ha introdotto, attraverso un piano nazionale industria 4.0, incentivi fiscali
(detrazioni, crediti d’imposta, iper e super ammortamenti che, come noto, riconoscono un
valore fiscale superiore rispetto al costo di acquisto del bene) e misure di sostegno al venture
capital, al fine di stimolare investimenti privati in ricerca e innovazione (secondo le stime
oltre 10 miliardi di spesa privata). Cfr. L. Beltrametti, N. Guarnacci, N. Intini, C. Laforgia,
La fabbrica connessa, La manifattura italiana attraverso industria 4.0, Milano, 2017, 28,
secondo cui con la quarta rivoluzione industriale, “tutti gli elementi che abbiano a che fare
con le operazioni di manifattura (fornitori, impianti, distributori e i prodotti stessi) sono
digitalmente connessi tra loro dando origine ad una catena del valore fortemente integrata”.
(12) Cfr. U. Vincenti. Diritto senza identità, La crisi delle categorie giuridiche tradizio-
nali, Bari, 2007, 14, per il quale il diritto si atteggia sempre più come “sconfinato” anche a
causa della crisi della connessione tra confine e diritto prodotta dalla globalizzazione e dalla
nuova realtà virtuale della rete. Inoltre, in argomento, cfr. L. Carpentieri, La crisi del
binomio diritto-territorio e la tassazione delle imprese multinazionali, in Riv. dir. trib.,
2018, I, 4, 351 ss.
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nomico si alimenta di dati, acquisiti magari anche in forma gratuita, ma


adoperati a fini economici e portatori di un valore (c.d. data value) che si
ottiene dall’elaborazione degli stessi attraverso intelligenze artificiali o altri
strumenti di business intelligence.
Dinanzi a tali profonde trasformazioni, scienza giuridica (13) e ordina-
mento tributario sono troppo spesso rimasti inerti o comunque ancorati a
schemi datati, inidonei a cogliere i complessi fenomeni che la data e la
digital economy disegnano (14) o eventualmente ad intervenire solo in fase
“difensiva” di rincorsa, talvolta circoscritti ad ambiti specifici, pur se
significativi (si pensi alla disciplina della privacy e del trattamento dei dati
personali).

2. - Le fattispecie imponibili del mondo digitale: big data, intelligenze


artificiali e cloud
Dalla prospettiva fiscale, in una prima fase, si era ritenuto necessario
non introdurre nuovi tributi sulla rete per non ostacolarne la diffusione e
lo sviluppo (cosı̀, la comunicazione della Commissione dell’Unione Euro-
pea “un’iniziativa economia in materia di commercio elettronico”, la di-
chiarazione di Bonn del 6 luglio 1997, sottoscritta dai Ministri dei Paesi
dell’Unione Europea, e l’annuncio fatto da 132 membri del World Trade
Organization nel maggio 1998). Nello stesso senso, si era espressa anche la
Commissione con la comunicazione del 17 giugno 1998 e nella relazione di
accompagnamento alla proposta di direttiva del Consiglio del 7 giugno
2000, n. 31. Anche il Committee on fiscal affairs dell’OCSE non si è
discostato dall’idea di non istituire nuovi tributi, ritenendo opportuno
estendere, ove possibile, le regole previste per le operazioni poste in essere
attraverso gli strumenti tradizionali.
A non diverse conclusioni è giunto il dipartimento del Tesoro ameri-
cano, nel documento selected tax policy implications of global electronic
commerce (novembre del 1996), il quale ha ritenuto fondamentale non
gravare di ulteriori imposte le attività economiche poste in essere attraverso

(13) Cfr. A. Contaldo, F. Dainotti, Diritto e tecnologie delle reti di informazione, Napoli,
2005, 303; U. Draetta, Internet e commercio elettronico nel diritto internazionale dei privati,
Milano, 2001, 101; V. Frosini, Cibernetica, diritto e società, Milano, 1964; Id., Telematica e
informatica giuridica, in Enc. dir., vol. XLIV, Milano, 1992, 60; G. Pascuzzi, Il diritto dell’era
digitale, Tecnologie informative e regole privatistiche, Bologna, 2002.
(14) Cfr. F. Boccia, Introduction: The Digital Economy and Fiscal Policy in the Age of E-
Commerce, in F. Boccia, R. Leonardi (edited by), The Challenge of Digital Economy. Market,
Taxation and Appropriate Economic Models, Cham, 2016, 1 ss.
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la rete proprio per garantire la diffusione senza interferenze fiscali. Succes-


sivamente, nel 1998, sempre negli Stati Uniti, è stata adottata la legge,
meglio nota come Internet tax freedom act (15), la quale sancisce espressa-
mente la moratoria fiscale, prevedendo la libertà da imposte statali, federali
o locali, sia pure per un periodo transitorio di tre anni (poi prorogato nel
2001, con la legge denominata Internet tax non discrimination act) (16). Ri-
spetto alla scelta della moratoria fiscale, oltre alle finalità incentivanti richia-
mate, non sono apparse estranee l’asserito carattere “libertario della re-
te” (17) e il movimento di protesta del c.d. popolo della rete (18).

(15) Osserva M. Bessone, E-economy e commercio elettronico: Quale diritto per i tempi di
Internet, in Riv. inf. e informatica, 2002, I, 43: “Come si sa operando il Global Freedom Tax
Act negli Stati Uniti (quanto meno fino al 2006) vale il principio di non tassazione delle
transazioni concluse via Internet mentre invece e già tempo in alcuni paesi del continente
europeo si progettano normative di imposizione fiscale sul commercio dei ‘prodotti distribuiti
via Internet’. E si conoscono le grandi linee della proposta di modifica della direttiva comu-
nitaria388 del 1997 che prefigura con notevole estensione di campo norme di imposizione
fiscale secondo un preciso indirizzo di politica del diritto. Molto è ancora materia di una
contrapposizione di orientamenti decisamente lontani da una possibile convergenza. Sembrano
comunque ormai tuttavia stabilite alcune grandi regole di principio della disciplina comunita-
ria, esistendo un raggiunto accordo sulla basic rule che prefigura (non nuove forme di impo-
sizione fiscale ma) un adeguamento al commercio elettronico delle forme di tassazione esi-
stenti. Altra basic rule si è concordata uniformandosi la progettata disciplina alla regola della
tassazione nel luogo e perciò ‘nello Stato’ dove si concreta il ‘consumo’ di beni e servizi. Ne
risulta prefigurato lo scenario di insieme di un regime tributario che si prefigge risultati di
‘trasparenza’ e di ‘equità’ commisurando poi gli effetti di incidenza fiscale alle necessità di
crescita di un commercio elettronico” che si vuole dichiaratamente “incentivare”.
(16) Come stabilito dalla sezione 1101 a), dell’Internet tax freedom act, “No state or
political subdivision there of shall impose any of the following taxes during the period beginning
on October 1, 1998, and ending 3 years after the date of the enactment of this Act: taxes on
Internet access, unless such taxes was generally imposed and actually enforced prior to October 1,
1998 and multiple or discriminatory taxes on electronic commerce”. Su tale moratoria, cfr. M.
Aujean, Il commercio elettronico internazionale e l’Iva, in R. Rinaldi (a cura di), La fiscalità del
commercio via Internet: attualità e prospettive, Torino, 2001, 145 per il quale essa “non
aggiunge granché, considerato che alla fin fine essa non fa altro che bloccare ugualmente la
crescita di nuove tasse locali sullo sviluppo di Internet all’interno degli Stati Uniti”.
Sempre con riguardo alla disciplina americana, osserva S. Cipollina, I confini giuridici del
tempo presente, cit., 288 che la libertà da imposte è “pro tempore e relativa, perché non
riguarda le imposte esistenti alla data di entrata in vigore della lagge. Si tratta anche di una
libertà vigilata, perché la legge prevede l’istituzione, da parte del Congresso, di una Commis-
sione consultiva incaricata di elaborare uno studio sulla fiscalità del commercio elettronico,
formulando proposte neutrali sotto il profilo tecnologico ed applicabili a tutte le forme di
remote commerce”.
(17) Si veda al riguardo la cosiddetta “dichiarazione di indipendenza del cyberspazio”,
pronunciata solennemente nel 1996 da John Perry Barlow.
(18) Tra i diversi siti di protesta può essere ricordato quello intitolato Opposite the euro
bit tax o la hyperlink ribattezzata Internet tax horror stories.
dottrina 613

Successivamente e sia pure per gradi le ragioni della moratoria fiscale


sono via via venute meno; non solo Internet presenta da tempo una lar-
ghissima diffusione, ma è divenuto ambiente idoneo alla produzione di
ricchezza e di valore, generando volumi di dati e di operazioni economiche
e quindi finendo per essere sempre più utilizzato anche attraverso gli
strumenti di big data, intelligenze artificiali e del cloud.
Come evidenziato dapprima dal “rapporto sulla tecnologia, la produt-
tività e la creazione di lavoro” dell’OCSE dinanzi ad un’economia globa-
lizzata e sempre più marcatamente vocata alla produzione, distribuzione e
consumo di beni intangibili e virtuali (19), occorre chiedersi se sia il caso di
immaginare nuove forme di prelievo (20) ovvero limitarsi ad adeguare
quelle esistenti (21). Tale interrogativo sembra porsi anche con riguardo

(19) Cfr. P Valente, F. Roccatagliata, Internet, aspetti giuridici e fiscali del commercio
elettronico, Roma, 2001, 5, i quali osservano come “le nuove tecnologie dell’informazione
della comunicazione stanno profondamente trasformando i metodi di lavoro, l’organizza-
zione delle imprese, la formazione e le stesse relazioni interpersonali. Sul piano meramente
industriale, queste tecniche permettono di migliorare considerevolmente la produttività e la
qualità dei servizi. Sta emergendo una società in cui gestione, qualità e rapidità dell’infor-
mazione sono divenuti fattori chiavi della concorrenza, la cosiddetta società dell’informa-
zione”.
(20) Sul tema, cfr. ancora, S. Cipollina, I confini giuridici del tempo presente, 287, la
quale, nell’affrontare il problema di disegnare la fiscalità del mondo virtuale, segnala due
diverse posizioni, definite “revolutionary approach e status quo approach”. Secondo l’A.,
“l’approccio rivoluzionario si prefigge l’obiettivo di individuare nuove regole per un mondo
nuovo, delineando un regime fiscale ad hoc per il ciberspazio. In specie, un regime che
comprende soluzioni estreme: dalla non imposizione, alle forme impositive create ex novo”.
L’approccio tradizionale, invece, “mostra la propria intenzione di non considerare il
ciberspazio un world apart, con regole a sé, ma una propaggine del mondo fisico, sulla quale
le regole di quest’ultimo possono essere «calate» con qualche adattamento”. Sottolinea
anche le diverse prospettive da cui può essere vista la questione della fiscalità di Internet
E. Marello, Le categorie tradizionali del diritto tributario ed il commercio elettronico, in Riv.
dir. trib., 1999, I, 595, per il quale “un approccio metodologico rassicurante, perché ten-
dente a mantenere i caratteri della continuità, potrebbe consistere nel ritenere le nuove
forme informatiche irrilevanti nella evoluzione del pensiero giuridico tributario. Questa via
interpretativa è però smentita dall’evidenza dei fatti e dagli accesi dibattiti che accompa-
gnano lo sviluppo della società informatica. Le reti informatiche... non forniscono solo la
possibilità di manifestare il proprio consenso a distanza, non sono una forma più evoluta di
commercio per corrispondenza, costituiscono, invece, una realtà di dinamiche giuridiche
nuove su cui è necessario confrontarsi alla ricerca di stabili razionalizzazioni”.
(21) Sulla questione, si veda anche V. Ficari, Regime fiscale delle transazioni telematiche,
in Rass. trib., 2003, 870, per il quale “un’indagine sui profili fiscali del cosiddetto commer-
cio elettronico e, più in generale, delle operazioni economiche che avvengono per il tramite
e nel mondo del web richiede di verificare l’applicabilità delle regole e categorie giuridiche
già note all’interprete e, in ipotesi, le possibili innovazioni normative qualora il dato nor-
mativo risultasse, in tal caso, incapiente. In altri termini l’alternativa, non necessariamente
rigida alla luce dei diversi sistemi impositivi coinvolti ... è tra diritto tributario e new
economy e diritto tributario della new economy”.
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a fattispecie già colpite da prelievo che pure possono atteggiarsi diversa-


mente per effetto delle nuove tecnologie.
Non può sfuggire, infatti, che, attraverso la rete, operatori economici
esercitano attività, presentano prodotti, servizi o aziende, pongono in es-
sere cessioni di beni e prestazioni di servizi, conseguono redditi; allo stesso
tempo, va avvertito che Internet, nel consentire una più agevole acquisi-
zione e circolazione di informazioni, esperienze e conoscenze tra i diversi
soggetti utilizzatori (imprenditori, privati, pubbliche amministrazioni) e
nel favorire il dialogo e la comunicazione tra loro (si pensi al chattaggio,
alle e-mail, a facebook), consente a ciascuno di essi di trarre vantaggi e
utilità, valutabili anche sul piano economico o quanto meno di conseguire
risparmi di spesa. Attraverso l’accesso e la navigazione sulla rete, si raf-
forza e allarga la capacità di archiviare, elaborare e trasmettere dati e
informazioni, esperienze e conoscenze, anche in modo interattivo, idonee
a dare origine a manifestazioni autonome di capacità contributiva suscet-
tibili di essere sottoposte a tributi di diversa natura, già esistenti (22) o di
nuova istituzione (23).

3. - Le forme di tassazione della data economy: dalla data tax alla da-
tabase tax
La data economy pone poi un ulteriore tema, ad oggi, poco esplorato:
la generazione del dato, spesso gratuita e spontanea, diviene in capo al-

(22) In questo senso anche il Commissario Monti che, nel giugno del 1997, nel richia-
mare l’applicazione dell’iva sulle transazioni in rete, dichiarò “che non vi è nessuna esigenza
di introdurre nuove forme di tassazione...; la pressione fiscale su questo nuovo tipo si
commercio non deve essere superiore a quella del commercio tradizionale”. Cosı̀ anche la
dichiarazione di Bonn del 6 luglio 1997, con la quale i Ministri dei 29 paesi aderenti si
impegnarono a non introdurre modificazioni nelle legislazioni degli Stati di appartenenza
che potessero svantaggiare o avvantaggiare il commercio elettronico rispetto alle altre forme
di commercio.
(23) Ammette apertamente la possibile istituzione di nuovi tributi a seguito dello
sviluppo e della diffusione di Internet, G. Tremonti, La fiscalità del terzo millennio, in
Riv. dir. fin., 1998, 79. Cosı̀ anche P. Adonnino, Il commercio via Internet e la fiscalità,
cit., 30, per il quale “in considerazione della rapida evoluzione della tecnologia si auspica
anche che si sia capaci di individuare un sistema di prelievo tributario suscettibile di
adattamenti rapidi, evidenziante semplicità e chiarezza”. Di diverso avviso è, invece, B.
Westberg, Tassazione del reddito derivante dal commercio elettronico internazionale, in R.
Rinaldi (a cura di), La fiscalità del commercio via Internet: attualità e prospettive, cit., 100, per
il quale “malgrado una serie di proposte tendenti a ipotizzare l’istituzione di nuove imposte
o l’elaborazione di nuovi sistemi fiscali per il commercio elettronico, si manifesta una chiara
tendenza, fra le autorità fiscali e i ministri responsabili delle entrate nazionali, a preferire
l’applicazione di principi di tassazione internazionale già esistenti”.
dottrina 615

l’utilizzatore professionale valore che però resta in capo allo stesso senza
alcuna restituzione all’utente né all’intera collettività attraverso gli stru-
menti della fiscalità generale (24).
Considerata la capacità del dato di produrre ricchezza, spesso comun-
que misurabile ex post, in alternativa alla retribuzione degli utenti, difficile
da immaginare anche se non impossibile, possono esserci forme di tassa-
zione dell’utilizzo del dato singolo (data tax) o dell’insieme dei dati (data-
base tax) (25). Ulteriori complicazioni si pongono in relazione alla natura
c.d. “rivale” del dato potendo lo stesso essere fruito più volte anche da
terzi (c.d. riutilizzo contestuale o anche seriale). Resta poi da definire il
maggior valore che si riviene dall’elaborazione del dato rispetto al dato
grezzo, ponendosi delicate questioni, talora affrontate dalla giurisprudenza
nordamericana, in ordine alla determinazione del loro valore di mercato (si
pensi al caso dell’acquisto di Linkedin da parte di Microsoft, avvenuto nel
2016 per la cifra di 26,2 miliardi di dollari con un costo specifico per
utente attivo di 260 dollari). A ciò va aggiunto che l’elaborazione del dato
può avvenire da strutture fortemente organizzate, come i colossi della rete
o le società di big data, ma anche da singoli individui attraverso banalissimi
e diffusissimi strumenti come smartphone e tablet (i quali potrebbero
convertirsi in data workers).

(24) Cfr. F. Antonacchio, Big data al bivio tra IVA e imposta sui servizi digitali, in Fisco,
2020, 35, 3356 ss.
(25) Sul tema, cfr. www.thetimes.co.uk/article/nhs-data-is-a-such-precious-asset-it-must-
be-given-a-proper-valuation: “Several see that the adoption of digital services tax will not only
help correct current tax and accounting practices but could also be a precursor to a wider tax on
data – and in particular on an organisation’s data assets. Just as several European countries and
some Canadian provinces apply an annual wealth tax based on the market value of individual
assets above a set level, if a company’s data has an agreed value then, it is argued, governments
could exact a regular data asset tax on top of, or as part of, corporation tax. The big problem
here is of course how to value to data. Whether derived from personal information or based on
machine and IoT interactions, global bodies such as the IMF, EU and OECD are wrestling
with this. Digital information is unlike any previous resource; it is extracted, refined, valued,
bought and sold in different ways. This changes the rules for markets, and it demands new
approaches. However, if, and currently this is a big ‘if’, we can agree how to better value data
from an economic perspective, then there are significant organisational, industry and national
trade implications. These range from how companies are valued by markets to country GDP
calculations. Different sectors are trying to come up with an agreed way to value their own
specific datasets. The oil industry is beginning to align around its seismic analysis datasets; in
the automotive sector efforts are underway to find a way to value the data generated by
connected and autonomous vehicles; and the value of IoT data within smart cities is a moun-
ting area of attention. Governments are also keen to understand the value of their data assets
and are trying to establish common standards. In 2018, for example, a UK Parliament Select
Committee discussion suggested that the annual value of the aggregated NHS patient data set
could be around £10bn. Exploiting this is now part of government policy”.
616 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

Si può quindi ritenere giunto il momento di istituire ed applicare


nuove forme di prelievo (26) dirette a colpire le diverse manifestazioni di
ricchezza che la data e digital economy sono in grado di generare (27),
dando cosı̀ un nuovo assetto alla fiscalità, preferibilmente o forse necessa-
riamente condivisa sul piano internazionale ed europeo (28).
Accessi, navigazione sulla rete, intelligenze artificiali e big data archi-
viano, elaborano, trasmettono informazioni, esperienze e conoscenze pro-
dotte con modalità consapevoli e persino inconsapevoli, fanno emergere
una nuova accezione di valore che si rende suscettibile di essere sottoposto
a tributi di diversa natura anche di nuova istituzione (29) ovvero espanden-
do la sfera o le modalità applicative di quelli esistenti (si pensi alle regole di
localizzazione del reddito prodotto (30) o a quelle in materia di commercio
elettronico, diretto o indiretto) (31). È di tutta evidenza come l’enorme

(26) Cfr. A. Giovannini, Il re fisco nudo, Milano, 2016, 18, secondo cui “il nostro
sistema, finora, è rimasto sostanzialmente fermo ai modelli dell’economia della produzione
e dell’economia agricola. Anzi, per verità, non si è aggiornato alla loro evoluzione e ai loro
bisogni. La staticità degli schemi impositivi, oggi, è un male perché contribuisce ad accen-
tuare le iniquità, proprio l’equità il collante del moderno pactum societatis”.
(27) Cfr. F. Gallo, Nuove espressioni di capacità contributiva, in Rass. trib., 2015, 771
ss., che, nel fare riferimento alle nuove forme di imposizione sulla “raccolta gratuita dei dati
compiuta da imprese dell’economia digitale”, evidenzia l’importanza di “queste nuove for-
me di imposizione, non sufficientemente considerate, spesso avversate e dai più ritenute
incostituzionali per violazione del principio di capacità contributiva qualificata. In momenti,
come questi, di crisi fiscale dello Stato, esse avrebbero il vantaggio di raggiungere l’obiettivo
di concorrere ad assicurare un adeguato livello di finanziamento del welfare state e, nello
stesso tempo, di ridurre la pressione tributaria gravante cosı̀ pesantemente sul reddito e su
determinati tipi di patrimonio”.
(28) Tale esigenza è stata avvertita chiaramente dalla Commissione europea nella comu-
nicazione al Parlamento europeo, intitolata “Un’iniziativa europea in materia di commercio
elettronico”, in Riv. dir. fin., 1998, I, 280. Si veda, al riguardo, anche S. Cipollina, I confini
giuridici nel tempo presente, cit., 278, secondo cui “la soluzione condivisa e partecipata da tutti
gli Stati viene cercata direttamente in ambito internazionale, affinché l’omogeneità e la con-
gruenza tra la natura del problema e quella della relativa soluzione garantisca l’efficienza della
seconda... Questo dialogo globale si prefigge l’obiettivo di individuare principi che tutelino la
sovranità fiscale degli Stati ed assicurino la corretta ripartizione tra essi del gettito derivante dal
commercio elettronico, evitando i rischi della doppia imposizione”.
(29) Riconoscono l’opportunità di istituire nuovi tributi F. Gallo, Nuove espressioni di
capacità contributiva, cit., 780; G. Tremonti, La fiscalità del terzo millennio, in Riv. dir. fin.,
1998, 79. Il tema è stato anche da tempo affrontato dal “rapporto sulla tecnologia, la
produttività e la creazione di lavoro dell’Oecd” e poi da quello su “building the european
information society for usall”, predisposto da una commissione di esperti indipendenti della
Commissione europea.
(30) Cfr. G. Foglia, M. Poziello, Impatti della geolocalizzazione sulla base imponibile dei
digital business, in Corr. trib., 2021, 4, 371 ss.
(31) Si veda per tutti B. Westberg. Cross border taxation of e commerce, Amsterdam,
2002.
dottrina 617

quantità di ricchezza, che viene prodotta tramite i dati, impone una ri-
flessione pubblica sull’accentramento della stessa solo in capo alle aziende
della data e digital economy e sulle possibili soluzioni per redistribuirne il
valore ai singoli ed alla collettività (32).
Sotto un profilo più ampio, la ricerca di nuove fattispecie imponibili e
di nuovi criteri di tassazione, non solo non può essere arbitraria (33), ma
deve riflettere il criterio di idoneità alla contribuzione della fattispecie e del
soggetto obbligato in funzione di situazioni economicamente apprezzabi-
li (34). È di tutta evidenza che manifestazioni di ricchezza del tutto nuove
rispetto a quelle tradizionalmente assoggettate a tassazione ed offerte dalla
new economy (35) (digitale e dei dati) possono essere assunte come fatti-
specie imponibili di nuove forme di prelievo, sia pure nel rispetto dei
fondamentali principi di ragionevolezza e di giusto riparto che proprio
dal principio di capacita contributiva discendono (36).

(32) Cfr. R. Succio, Digital economy, digital enterprise e imposizione tributaria: alcune
considerazioni sistematiche, cit., 2372 ss.
(33) Si veda al riguardo, Corte cost., 22 aprile 1997, n. 111, in www.giurcost.org/
decisioni/1997/0111s-97.html. In dottrina, cfr. L. Antonini, Dovere tributario, interesse fi-
scale e diritti costituzionali, Milano, 1996, che, alla luce dell’orientamento consolidato della
giurisprudenza, osserva: “l’unico elemento potenzialmente idoneo a limitare la discreziona-
lità del legislatore sembra, quindi, risiedere nella ‘assoluta arbitrarietà od irrazionalità della
misura dell’imposizione’, risultando cosı̀ stabilita una delimitazione che tende ad esaurire il
sindacato di costituzionalità all’interno dell’art. 53 Cost rispetto al quale non sembrano
trovare ingresso i profili di costituzionalità relativi al diritto di proprietà. Posta questa
premessa, rimane aperto l’ulteriore problema dello stabilire quando si possano ritenere
concretizzate le ipotesi suddette (‘assoluta arbitrarietà od irrazionalità’, rispetto alle quali
se è evidente la difficoltà di pervenire ad una definizione preventiva e sganciati dai casi
concreti, è possibile tuttavia constatare come il principale criterio seguito dalla Corte sia
stato quello inerente alla coerenza interna dei singoli tributi ovvero alla necessità che la
struttura dell’imposta risulti coerente con il proprio presupposto economico”.
(34) In dottrina, si veda, sul tema, P. Boria, Il bilanciamento di interesse fiscale e capacità
contributiva nell’apprezzamento della Corte Costituzionale, in L. Perrone, C. Berliri, Diritto
tributario e Corte Costituzionale, Napoli, 2006, 64, il quale, dopo aver segnalato l’indirizzo
auto limitativo del sindacato della Corte Costituzionale in materia tributaria a vantaggio dei
margini di apprezzamento del legislatore ordinario, evidenzia che “il bilanciamento tra i due
valori costituzionali dell’interesse fiscale e della capacità contributiva debba essere ricercato
attraverso la mediazione operata in base al criterio della coerenza interna e della razionalità
del sistema normativo”.
(35) Cfr. G. Tremonti, V. Vitaletti, La fiera delle tasse. Stati nazionali e mercato globale
nell’età del consumismo, Bologna, 1991, dove sono immaginate le conseguenze sul sistema
fiscale del futuro di fenomeni come migrazioni dei capitali, delocalizzazione produttiva e
crescita della pressione fiscale sul lavoro dipendente.
(36) Cfr. L. Ferlazzo Natoli, Tendenze della normativa tributaria verso un Fisco etico, in
Riv. dir. trib., 2003, I, 3.
618 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

4. - La pianificazione fiscale aggressiva delle multinazionali della rete


Dopo i primi interventi protesi più che altro ad affrontare le questioni
riguardanti la presenza digitale delle imprese attraverso l’adeguamento del
concetto di stabile organizzazione (37), l’OCSE ha allargato lo spettro della
propria riflessione, affrontando la questione dell’elusione e dell’evasione
fiscale internazionale delle multinazionali della rete, della pianificazione
fiscale aggressiva messa in atto dalle stesse e più in generale delle distor-
sioni prodotte dall’assenza di regole in materia di tassazione della data and
digital economy.
Nel 2015 l’OCSE ha adottato il documento “Addressing the Tax Chal-
lenges of the Digital Economy” dell’Action 1, nell’ambito del Progetto Base
Erosion and Profit Shifting (di seguito, “BEPS”), attraverso il quale veniva
affrontata la questione della tassazione dell’economia digitale e in partico-
lare delle attività cross border prodotte attraverso una stabile organizzazio-
ne (38). Centrale la questione del ripartizione del diritto/dovere di assog-
gettare ai propri tributi, con riguardo alla quale l’OCSE, nel dare avvio al
progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS), ha definito l’Action 7
(Preventing the artificial avoidance of permanent establishment status) (39),
l’Action 6 (prevent treaty abuse) (40), l’Action 15 (develope a multilateral
instrument) (41), contribuendo a definire il concetto di “stabile organizza-

(37) Cfr. P. Pistone, Permanent Establishment and the Digital Economy, in G. Maisto
(ed.), New Trends in the Definition of Permanent Establishment, Amsterdam, 2019, 199 ss.
(38) Cfr. Oecd, Tax Challenges Arising from Digitalisation – Interim Report 2018, Paris,
2018, laddove, nell’ottica di una auspicata rielaborazione del concetto di nexus e delle regole
di allocazione dei profitti, si lamenta la mancanza di un consenso globalmente condiviso su
soluzioni a lungo termine, necessario al fine di mantenere coerente il sistema di norme fiscali
internazionali, in modo da evitare le conseguenze negative che potrebbero sorgere dall’a-
dozione di misure unilaterali, in termini di rischio di doppia imposizione e complessità della
disciplina. Inoltre, sul punto, cfr. G. Natoli, Natura e consistenza della stabile organizzazione
– situazione attuale, in T. Di Tanno, F. Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia
digitale, cit., 16; T. Di Tanno, OCSE: unified approach nella tassazione delle attività digitali,
in Corr. trib., 2020, 7, 653 ss.
(39) La circolare Assonime n. 17/2016 ha esaminato le modifiche alla definizione di
stabile organizzazione contenute nell’Action 7 del Progetto BEPS, per quanto concerne la
stabile organizzazione “personale”, la nozione di “attività preparatorie e/o ausiliarie” e la c.d.
antifragmentation rule; sul punto cfr. D. Avolio, D. Sencar, Stabile organizzazione e Action 7
del Progetto BEPS dell’OCSE, in S. Mayr, B. Santacroce (a cura di), La Stabile Organizza-
zione delle Imprese Industriali e Commerciali, Milanofiori Assago, 2016, 87.
(40) Cfr. P. Valente, Contrasto al Treaty shopping: report OCSE sull’implementazione
dell’Action 6 del progetto BEPS, in Fisco, 2020, 34, 3255 ss.
(41) Cfr. R. Russo, Base erosion and profit shifitng, in F. Boccia, R. Leonardi (edited
by), The Challenge of Digital Economy. Market, Taxation and Appropriate Economic Models,
cit., 39, secondo cui “the Beps package represents the first substantial renovation of the
dottrina 619

zione virtuale” o “digitale” (42), con conseguenze sulle azioni di contrasto


ai fenomeni di evasione ed elusione della web economy (43). In particolare,
l’Action 1, citata prevede tra le misure da intraprendere l’analisi e l’iden-
tificazione dei principali punti di attrito tra le forme e le strategie della
nuova economia e le regole del diritto fiscale internazionale, sia con
riguardo all’imposizione diretta che a quella indiretta ed in particolare
con riguardo “agli evanescenti nessi territoriali della presenza digitale
delle imprese, sui modi della creazione del valore in questo specifico
ambito, sulla identificazione e classificazione del reddito derivante dai
nuovi modelli di attività e sulla riscossione dell’iva con riguardo alle
cessioni transfrontaliere di beni digitali e servizi” (44). Inoltre, sempre
nell’Action 1, viene focalizzata l’attenzione sull’innovativo concetto di
“presenza economica significativa”, ritenuta sussistente al verificarsi di
specifiche condizioni relative ai ricavi, ai fattori digitali (digital factor) e
ad altri elementi connessi al contributo degli utenti digitali (user-based
factor) (45).
Anche l’Unione Europea (46) è intervenuta più volte con specifico
riguardo al commercio elettronico con il c.d. pacchetto iva e-commer-

international tax rules in almost a century. The jury is now out and it will not take long to
recognize the important contribution of this project to a modern, fair and equitable global
economy or else the failure of national policy makers to look beyond their border and (or the
next election)”; P. Valente, BEPS Action 15: Release of Multilateral Instrument, in Intertax,
2017, 3, 219 ss.
(42) Cfr. F. Ciani, A. Lanotte, L’economia digitale e l’azione del progetto BEPS. La
stabile organizzazione «virtuale» e il commercio elettronico: introduzione del concetto di
«significativa presenza economica», in Boll. trib., 2018, 1364 ss.; S. Grilli, G. Manzi, Ambito
applicativo incerto per la positive list delle stabili organizzazioni, in Corr. trib., 2021, 4, 363
ss.; F. Paladini, Economia digitale e riflessi sulla stabile organizzazione: nascita e natura
giuridica della S.O. “virtuale”, in Fisco, 2021, 14, 1357 ss.
(43) In tema di normative di contrasto all’evasione ed elusione di matrice transnazio-
nale e politiche di implementazione della cooperazione fiscale, cfr. L. Salvini, I regimi fiscali
e la concorrenza tra imprese, in Giur. comm., 2016, 130. Sulla cooperazione internazionale e
lo scambio di informazioni tra Amministrazioni finanziarie si rimanda a P. Adonnino,
Cooperazione amministrativa e modalità di scambio di informazioni tra amministrazioni fiscali
nazionali, in Quaderni di rassegna tributaria, 1995, 2, 52; S. Dorigo, La cooperazione fiscale
internazionale, in C. Sacchetto (a cura di), Principi di diritto tributario europeo e internazio-
nale, Torino, 2011, 206 ss.; P. Mastellone, La cooperazione fiscale internazionale nello scam-
bio di informazioni, in R. Cordeiro Guerra (a cura di), Diritto tributario internazionale.
Istituzioni, Padova, 2012, 213.
(44) Cfr. S. Cipollina, Tra passato e presente. Percorsi di diritto tributario, cit., 191.
(45) Cfr. A. Di Dio, F. D’Amelio, Appropriatezza delle soluzioni proposte in sede UE per
l’individuazione e la tassazione della stabile organizzazione digitale – Considerazioni prelimi-
nari, cit., 37.
(46) Cfr. F. Boccia, The digital economy and fiscal policy in the age of e-commerce, cit., 5,
il quale si chiede “what is happening in Europe? In the past it has been silent; it has not placed
620 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

ce (47), adottato il 5 dicembre 2017, costituito innanzitutto dalla direttiva


2017/2455/UE del Consiglio e quindi dalle direttive 2006/112/CE e
2009/132/CE, in merito ad obblighi iva per prestazioni di servizi e ces-
sioni a distanza di beni e con il regolamento di esecuzione 2017/2459/
UE del Consiglio, che modifica il regolamento 2011/282/UE recante
disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112/CE. Del pacchetto
fa parte anche il regolamento 2017/2454/UE del Consiglio, che modifica
il regolamento 2010/904/UE in merito alla cooperazione amministrativa
ed alla lotta alle frodi iva.
Pur non trovando ancora pieno consenso, il confronto sembra evolve-
re verso soluzioni in grado di adeguare gli assetti normativi alle trasforma-
zioni del circuito economico prodotto dalle tecnologie digitali. Tale con-
vincimento è emerso, senza approdare a regole condivise, sia nel corso del
G7 dell’economia celebrato a Bari (11/13 maggio 2017) e sia nel corso del
G20 tenuto a Buenos Aires il 1˚ marzo 2018. È stato, infatti, ritenuto che
le specificità dell’economia digitale non consentono l’estensione delle re-
gole esistenti (c.d. status quo approach) ma richiedono nuove regole globali
che possano esprimere criteri di localizzazione dei profitti (nexus and
allocation of profits) (48), definiti, dapprima, in via sperimentale e transito-
ria e, quindi, resi stabili e definitivi.

5. - Il criterio di collegamento della “significativa presenza economica nel


territorio”. Le esperienze straniere di assoggettamento ad imposizione dei big
players dell’economia digitale
In particolare, proprio con l’Action 1 – “Addressing the Tax Challenges
of the Digital Economy” – del progetto BEPS (49), sono stati delineati i

into question the rules that have allowed multinational engaged in the digital economy to
avoid taxes and even hide their profit in tax haven”.
(47) Cfr. A. Frediani, G. Sbaraglia, E-commerce: l’evoluzione della disciplina IVA, in
Fisco, 2020, 34, 3221 ss.
(48) Cfr. P. Hongler, P. Pistone, Blueprints for a New PE Nexus to Tax Business Income
in the Era of the Digital Economy, in IBFD White Papers, 2015, 1 ss.
(49) Cfr. Final Report del Progetto BEPS, redatto nel mese di ottobre 2015, nell’ambito
dell’Action 1, 46 ss., consultabile in www.oecd.org. Sul tema, cfr. E. Traversa, M. Somare,
BEPS e country-by-country reporting: un passo in avanti verso una formula di riparto?, in Riv.
trim. dir. trib., 2015, 1, 175 ss.; R. Russo, Base erosion and profit shifting, cit., 39 ss.; H. Lee-
Makiyama, B. Verschelde, OECD BEPS: Reconciling Global Trade, Taxation Principles and
the Digital Economy, in F. Boccia, R. Leonardi (edited by), The Challenge of Digital Eco-
nomy. Market, Taxation and Appropriate Economic Models, cit., 2016, 55 ss.; M. Lang, P.
Pistone, A. Rust, J. Schuch, C. Staringer (edited by), Base Erosion and Profit Shifting (BEPS).
The proposals to revise the OECD Model Convention, Wien, 2016; P. Saint-Amans, R. Russo,
dottrina 621

caratteri tipici dell’economia digitale, individuati: nella peculiare mobilità


degli intangibles e degli utenti, unitamente alla maggiore delocalizzazione
delle funzioni operative aziendali; nella rilevanza assunta dai dati (di natura
personale e non personale) relativi ai consumatori, ai fornitori e alle singole
operazioni poste in essere; nell’effetto network, facilitato dalle interazioni e
dalle sinergie tra i diversi utenti; nella presenza dei c.d. multi-sided business
models, vale a dire nell’interazione e nella complementarietà delle attività
esercitate dagli operatori economici e dei loro prodotti; nella tendenza a
generare nuove forme di monopolio e di oligopolio tecnologico; nella
volatilità ed obsolescenza direttamente conseguente alla rapidità dell’inno-
vazione tecnologica e alla ridotta presenza di barriere all’ingresso del mer-
cato (50).
L’OCSE consiglia di operare con la massima cautela, tenendo conto
della prevalente digitalizzazione dell’intero contesto economico e della
circostanza che interventi non particolarmente meditati potrebbero rive-
larsi altamente discriminatori.
Di conseguenza, nel citato Action 1, pur menzionandosi altre soluzio-
ni, quali la “withholding tax”, relativa ai pagamenti delle transazioni digi-
tali, e la “equalization levy”, concernente la pubblicità online, si suggerisce
di introdurre un nuovo criterio di collegamento, diverso dalla stabile or-
ganizzazione, consistente nella “significativa presenza economica nel terri-
torio” (c.d. significant economic presence), riferita al fatturato e al numero
di clienti localizzati nei vari Paesi (51).

The BEPS package: promise kept, in Bulletin for International Taxation, 2016, 4, 236 ss.; F.
Castro, Meccanismi di implementazione del progetto BEPS negli ordinamenti nazionali e
multilateralismo, in Dir. e prat. trib. int., 2017, 2, 342 ss.; A. De Stefano, La stabile orga-
nizzazione nel sistema dell’economia digitale, in A. Persiani (a cura di), La tassazione dell’e-
conomia digitale tra sviluppi recenti e prospettive future, Roma, 2019, 150 ss.; R. Russo, La
tassazione dell’economia digitale nel contesto internazionale: la prospettiva globale, in A.
Persiani (a cura di), La tassazione dell’economia digitale tra sviluppi recenti e prospettive
future, cit., 34 ss.; P. Pistone, Diritto tributario internazionale, II ed., Torino, 2019, 34 ss.;
C. Sciancalepore, Appunti sulla tassazione dell’economia digitale come nuova risorsa propria
europea, in Riv. dir. trib., 2019, I, 6, 686; G. Corasaniti, La tassazione della digital economy:
evoluzione del dibattito internazionale e prospettive nazionali, cit., 1402 ss.; R. Succio, Digital
economy, digital enterprise e imposizione tributaria: alcune considerazioni sistematiche, cit.,
2383 ss.
(50) Cfr. G. Sepio, M. D’Orsogna, La web tax transitoria per le multinazionali digitali (e
non solo), in Fisco, 2017, 31, 3020-3021, nt. 1; M. Greggi, La tassazione dell’economia
digitale nel contesto europeo: la proposta di direttiva sulla Digital Services Tax, in A. Persiani
(a cura di), La tassazione dell’economia digitale tra sviluppi recenti e prospettive future, cit.,
104 ss.; P. Pistone, Diritto tributario internazionale, cit., 37.
(51) Cfr. A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, in Corr.
trib., 2018, 3, 170. Per una critica al criterio di collegamento individuato dall’OCSE nel
622 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

Malgrado le proposte avanzate in sede OCSE, almeno inizialmente, sono


mancate scelte condivise nel contesto sovranazionale. Le esperienze più si-
gnificative in ordine all’assoggettamento ad imposizione dei big players del-
l’economia digitale, prima che l’ordinamento giuridico italiano, non di certo
precursore in materia, hanno interessato talune legislazioni straniere, appar-
tenenti sia a sistemi economici avanzati che a paesi in via di sviluppo (52).
Tali misure tributarie sono state adottate per assicurare parità di trat-
tamento tra contribuenti residenti e contribuenti non residenti, nell’ipotesi
in cui questi ultimi, pur in presenza di una significativa attività economica
svolta nel territorio di non residenza, non siano in possesso dei requisiti
minimi per assoggettare ad imposizione il reddito nello Stato della fonte;
in assenza di strumenti di tal sorta, sarebbe stato concreto il rischio che gli
operatori economici del mondo digitale, non tassati né nel mercato di
riferimento, né in quello di residenza, avrebbero finito per fruire di un
indebito vantaggio, anche in termini di concorrenza, nei confronti dei
contribuenti residenti che svolgono la medesima attività (53).
Tra le economie avanzate, degna di nota è l’esperienza del Regno
Unito (54), che, per fronteggiare le strategie fiscali adoperate dai colossi
della digital economy, a partire dal periodo d’imposta 2015, ha introdotto
la “Diverted Profits Tax” (55) (c.d. tassa sui profitti dirottati), tributo –
recepito anche dall’ordinamento bèlga con la “Cayman Tax” (56) – che

progetto BEPS, ritenuto non idoneo ad arginare, in maniera incisiva, la traslazione dei
profitti verso giurisdizioni fiscali privilegiate, cfr. O. Salvini, La strategia anti-BEPS nell’e-
conomia digitale: la revisione del criterio di collegamento, in Rass. trib., 2017, 3, 768 ss.
(52) Cfr. M. Palanca, P. Del Prete, G. Aglialoro, Modelli impositivi tradizionali e criteri
di determinazione della base imponibile della stabile organizzazione digitale, in T. Di Tanno,
F. Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia digitale, cit., 58-59; M. Piasente, Rea-
zioni internazionali e nazionali in tema di web e digital tax, in L. Carpentieri (a cura di),
Profili fiscali dell’economia digitale, cit., 25 ss.
(53) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali, in
Fisco, 2018, 6, 526-527; S.A. Parente, Digital reality and tax rules: from the bit tax to the web
tax, in M. Sitek, L. Tafaro, M. Indellicato (edited by), From human rights to essential rights,
Jósefów, 2018, 276.
(54) Sul tema, cfr. R. Leonardi, The Digital Economy and the Tax Regime in the UK, in
F. Boccia, R. Leonardi (edited by), The Challenge of Digital Economy. Market, Taxation and
Appropriate Economic Models, cit., 97 ss.
(55) Cfr. P. Baker, Diverted profits tax: a partial response, in British Tax Review, 2015,
167 ss.; F. Gallo, Fisco ed economia digitale, cit., 609; F. Gallo, Introduzione, in A. Persiani
(a cura di), La tassazione dell’economia digitale tra sviluppi recenti e prospettive future, cit.,
15; M. Greggi, La tassazione dell’economia digitale nel contesto europeo: la proposta di
direttiva sulla Digital Services Tax, cit., 122 ss.
(56) Cfr. F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, in Dir. e prat. trib., 2017, 4,
1644.
dottrina 623

colpisce, con l’aliquota del 25%, i redditi sottratti in maniera elusiva alla
tassazione nello Stato della fonte, in quanto dirottati dalle multinazionali
del web in Paesi caratterizzati da bassa imposizione.
Si tratta di situazioni in cui si ha ragionevole motivo di presumere che
il contribuente non residente svolga nel Regno Unito un’attività economi-
ca, evitando, in maniera artificiosa, il sorgere di una stabile organizzazione,
ovvero di soggetto residente o non residente – esercente un’attività assog-
gettata ad imposizione nel Regno Unito – che riesca ad eludere la tassa-
zione in detto Stato attraverso la stipulazione di accordi o avvalendosi di
soggetti terzi privi di sostanza economica (57).
La misura impositiva – trovando applicazione in presenza di una si-
gnificativa attività economica svolta sul territorio dello Stato, a prescindere
dalla sussistenza degli elementi idonei a configurare una stabile organizza-
zione, e previa dimostrazione del comportamento tenuto dal contribuente
non residente, finalizzato a raggirare le norme sulla stabile organizzazione
– consente di superare gli ordinari criteri di collegamento, rendendo inop-
ponibili all’amministrazione finanziaria gli accordi stipulati dai grandi
gruppi societari al fine di erodere la base imponibile nel Regno Unito (58).
Gli effetti applicativi del tributo corrispondono a quelli che consegui-
rebbero alla condotta del contribuente operante nel territorio di riferimen-
to mediante una stabile organizzazione o una società controllata: sull’ipo-
tetico reddito cosı̀ generato trova applicazione la “Diverted Profits
Tax” (59).
Si tratta di una soluzione organica, pienamente conforme agli obiettivi
del Beps Action Plan – promosso dall’OCSE durante il G20 di Mosca del
19 luglio 2013 – e ai principi della Raccomandazione C(2012) 8806 (60) –
in materia di pianificazione fiscale aggressiva (61) – adottata dalla Commis-
sione Europea il 6 dicembre 2012.

(57) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali,
cit., 526; F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, cit., 1643.
(58) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali,
cit., 526, nt. 4; F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, cit., 1643; S.A. Parente,
Digital Economy e fiscalità del mondo virtuale: dal commercio elettronico alla web taxation, in
Annali del Dipartimento Jonico, Taranto, 2019, 341.
(59) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali,
cit., 526, nt. 4.
( 6 0 ) Consultabile in http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=IT&f=-
ST%2017617%202012%20INIT.
(61) Cfr. F. Amatucci, L’adeguamento dell’ordinamento tributario nazionale alle linee
guida OCSE e dell’UE in materia di lotta alla pianificazione fiscale aggressiva, in Riv. trim. dir.
trib., 2015, 1, 3 ss.
624 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

In realtà, lo strumento impositivo, costruito intorno al concetto di


elusione fiscale come mezzo a disposizione dell’ente impositore per scon-
giurare l’aggiramento delle norme sulla stabile organizzazione, accanto a
profili di evidente vantaggio – individuati nella facoltà riconosciuta al fisco
di avvalersi di una presunzione legale relativa, consistente nel considerare
come base imponibile i profitti che sarebbero stati tassati ove le operazioni
fossero state poste in essere attraverso una stabile organizzazione, appli-
cando le norme interne eluse – presenta evidenti criticità, non essendo di
facile applicazione in ragione dell’onere gravante sull’amministrazione fi-
nanziaria di determinare, in via induttiva e indiretta, profitti dichiarati in
paesi caratterizzati da un livello di tassazione particolarmente basso (62).
L’amministrazione finanziaria si troverebbe, cosı̀, ad utilizzare le stesse
tecniche di accertamento adottate per ricostruire i redditi delle stabili
organizzazioni “occulte”, assurgendo a presupposto del tributo l’esistenza
di un “reddito senza Stato” (c.d. “Stateless income”), a prescindere dal suo
formale radicamento all’interno del territorio e dal riferimento dell’impo-
sta societaria ad un soggetto passivo residente nello Stato della fonte.
Il pregio della misura fiscale – volta a fronteggiare condotte di piani-
ficazione fiscale aggressiva e di abuso del diritto, senza condizionare in
alcun modo la concorrenza nel mercato UE, limitandosi a contrastare
pratiche di concorrenza fiscale suscettibili di provocare vantaggi per taluni
Stati membri e svantaggi per altri, con conseguente lesione dell’interesse
erariale – è quello di legittimare nuovi strumenti impositivi fondati sulla
“mera presenza” e sull’esistenza di un valido collegamento di natura eco-
nomica (c.d. “nexus”) tra attività svolta dall’impresa digitale e territorio e
sull’utilizzo del mercato locale dall’esterno. Cosı̀ facendo si assicurano ai
singoli Stati la tutela e la protezione delle proprie basi imponibili – osta-
colate da condotte abusive e artificiose – senza ledere i principi e le libertà
economiche, ivi compreso il diritto del privato ad operare liberamente sul
mercato (63).
Significativa è anche l’esperienza dello Stato di Israele, nel cui ordina-
mento sono stati introdotti meccanismi volti ad incentivare le imprese
digitali a trasferire nel Paese le attività di ricerca e sviluppo, unitamente
ai beni immateriali (64).
Tra le economie emergenti, è possibile citare l’esperienza dell’ordina-
mento giuridico indiano, che, a decorrere dal periodo d’imposta 2016, ha

(62) Cfr. F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, cit., 1644.
(63) Cfr. F. Gallo, La bit tax, contropiede vincente del fisco, cit., 1645.
(64) Cfr. A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, cit., 172.
dottrina 625

introdotto la “Equalisation Levy” (65), al precipuo scopo di porre rimedio


al mancato gettito derivante dalla pubblicità online, settore nel quale le
multinazionali del web, in assenza di un criterio di collegamento, conse-
guono ingenti profitti, completamente detassati. Tale tributo, la cui natura
sembra più simile ad un contributo che ad un’imposta, colpisce, nella
misura del 6%, i proventi della pubblicità digitale in presenza di due
presupposti: la mancanza di una stabile organizzazione sul territorio india-
no cui attribuire i predetti redditi; la significativa presenza economica,
dimostrata dal superamento, nel settore della pubblicità on-line, dell’am-
montare di fatturato previsto dalla legge (1.500 dollari) (66).
In verità, la conformazione di queste misure tributarie non può fare a
meno di sollevare problematiche di natura interpretativa ed applicativa,
giacché, le stesse, essendo disancorate da una significativa presenza fisica,
rischiano di dar vita a trattamenti discriminatori, trasformandosi in un
iniquo strumento di protezione degli operatori residenti, a scapito di quelli
non residenti.
Inoltre, come è emerso anche dal Convegno IFA, svoltosi a Madrid dal
25 al 30 settembre 2016, tutt’altro che potenziale è il rischio di dar vita a
fenomeni di doppia imposizione (67), nell’ipotesi in cui l’impresa non re-
sidente sia già sottoposta ad una tassazione congrua ed effettiva nello Stato
di residenza, non essendo affatto scontata la possibilità di godere di un
credito d’imposta per l’importo versato, a titolo di web tax, nello Stato
estero. Difatti, tali misure alternative, «comportando la tassazione di red-
diti riconducibili solo in ipotesi ad una stabile organizzazione (peraltro non

(65) Cfr. M. Agrawal, India at the Forefront in implementing BEPS-Related Measures:


Equalization Levy in line with Action 1, in International transfer pricing journal, 2016, 323
ss.; S. Wagh, The taxation of Digital Transactions in India: the new equalization levy, in
Bulletin for International Taxation, 2016, 9, 538 ss.; L. Del Federico, La tassazione nell’era
digitale. Genesi, diffusione ed evoluzione dell’equalisation levy, in Dir. e prat. trib. int., 2020,
4, 1431 ss.
(66) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali,
cit., 526; A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, cit., 172; M.K.
Singh, Taxation of digital economy: an Indian perspective, in Intertax, 2017, 467 ss.
All’esperienza dell’ordinamento giuridico indiano fa riferimento anche M. Greggi, La
tassazione dell’economia digitale nel contesto europeo: la proposta di direttiva sulla Digital
Services Tax, cit., 123-124.
(67) Sul tema, cfr. A. Fantozzi, K. Vogel, Doppia imposizione internazionale, in Dig.
disc. priv., sez. comm., Torino, 1990, V, 189 ss.; P. Tarigo, Gli elementi costitutivi della
doppia imposizione internazionale quale fattispecie dei trattati, in Rass. trib., 2009, 670 ss.;
S. Dorigo, Doppia imposizione internazionale e diritto dell’Unione Europea, in Riv. trim.
dir. trib., 2013, I, 23 ss.; S. Burelli, Doppia imposizione interna e internazionale, in www.trec-
cani.it/enciclopedia/doppia-imposizione-interna-e-internazionale-dir-trib_(Diritto-on-line)/.
626 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

esistente, né contestata), implicano che la relativa imposta dovuta non


possa essere qualificata come “imposta sul reddito”, ai fini dell’applicazio-
ne delle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni» (68).

6. - I tentativi d’introdurre disposizioni di cautela fiscale nell’ordinamen-


to italiano: dalla “Google tax” alla “web tax transitoria”
Anche nell’ordinamento giuridico italiano, per far fronte a quella che,
nel tempo, è diventata una vera e propria emergenza, sono state adottate
disposizioni di cautela fiscale (69): un primo timido tentativo è stato effet-
tuato con l’art. 1, 33˚ comma, l. 27 dicembre 2013, n. 147 (c.d. legge di
stabilità 2014), recante una primordiale versione di web tax, anche deno-
minata “Google tax”, mai resa operativa in quanto la norma fu abrogata
prima dell’entrata in vigore (70).
La misura era disciplinata dall’art. 17-bis, d.p.r. 26 ottobre 1972, n.
633, relativo al regime iva al quale assoggettare l’acquisto di spazi pub-
blicitari on-line da parte di colossi stranieri, che, pur intrattenendo rap-

(68) D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali, cit.,
527, nt. 5.
(69) Cfr. V. Scalera, Il contrasto dell’aggressive tax planning nella digital economy. Il caso
italiano, in L. Del Federico, C. Ricci (a cura di), La digital economy nel sistema tributario
italiano ed europeo, Padova, 2015, 93 ss. Sulle diverse tipologie di web tax elaborate dal-
l’ordinamento giuridico italiano, cfr. M. Angiulli, La disciplina dei fenomeni elusivi/evasivi:
dalla collaborazione tra fisco e contribuente alla cooperazione internazionale, Bari, 2018, 97
ss.; A. Uricchio, W. Spinapolice, La corsa ad ostacoli della web taxation, in Rass. trib., 2018,
3, 460 ss.; M. Greggi, La tassazione dell’economia digitale nel contesto europeo: la proposta di
direttiva sulla Digital Services Tax, cit., 124 ss.; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’eco-
nomia digitale da parte del legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, in
A. Persiani (a cura di), La tassazione dell’economia digitale tra sviluppi recenti e prospettive
future, cit., 197 ss.; G. Corasaniti, La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito
internazionale e prospettive nazionali, cit., 1415 ss.; M. Logozzo, Tassazione della digital
economy: l’imposta sui servizi digitali (ISD), cit., 805 ss.
(70) Cfr. L. Del Federico, La via italiana alla tassazione del web: un intervento poco
meditato ma dalle condivisibili finalità, in Riv. trim. dir. trib., 2014, 4, 913 ss.; G. Iaselli, A.
Tomassini, “Web-tax” in cerca d’autore, in Corr. trib., 2014, 4, 297 ss.; C. Trenta, The Italian
“Google Tax”. National Taxation and the European E-Economy, in Riv. trim. dir. trib., 2014,
4, 889 ss.; L. Quarantino, New provisions regarding the taxation of the digital economy, in
European taxation, 2014, 5, 211 ss.; P. Valentina, D. Stevanato, R. Lupi, Ulteriori riflessioni
sulla “web tax”: estendere i criteri di collegamento o il concetto di stabile organizzazione?, in
Dial. trib., 2015, 1, 121 ss.; M. Allena, The web tax and taxation of the sharing economy:
challenges for Italy, in European taxation, 2017, 7, 1 ss. Sui profili comparatistici dell’istituto,
cfr. S. Ariatti, R. Garcia, La nuova e variegata frontiera della “Google Tax”: profili compa-
ratistici, in L. Del Federico, C. Ricci (a cura di), La digital economy nel sistema tributario
italiano ed europeo, cit., 247 ss.; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’economia digitale da
parte del legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit., 198-199.
dottrina 627

porti stabili con operatori italiani, spesso fissavano la sede legale in giuri-
sdizioni fiscali privilegiate o in paradisi fiscali (71) ovvero utilizzavano ma-
novre artificiose, a carattere elusivo, finalizzate a limitare il gettito non solo
per il Paese ospitante ma anche per quello di origine (72).
Una successiva proposta di legge, presentata alla Camera dei Deputati
il 27 aprile 2015 (73), riprendendo gli studi elaborati dall’OCSE, al fine di
contrastare l’elusione fiscale delle transazioni eseguite per via telematica,
ha tentato di modificare la nozione di “stabile organizzazione” (74), di cui
all’art. 162, d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917 (t.u.i.r.), prevedendone una
“occulta” di tipo virtuale (75), ed ha promosso (senza successo) l’istituzione
della “digital tax”, consistente in una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta
in misura pari al 25%, affidata agli intermediari finanziari, sui pagamenti
effettuati da soggetti residenti in Italia al momento dell’acquisto di pro-
dotti o servizi presso un operatore digitale (c.d. e-commerce) residente
all’estero nei cui confronti fosse stata accertata l’esistenza di una stabile
organizzazione “occulta” nel territorio dello Stato; detta ritenuta non sa-
rebbe, invece, applicata agli operatori non residenti muniti di una stabile
organizzazione in Italia (76).

(71) Cfr. G. Marino, Paradisi e paradossi fiscali. Il rovescio del diritto tributario interna-
zionale, Milano, 2009, 1 ss.
(72) Cfr. C. Scaglioni, La fiscalità delle «multinazionali digitali»: il caso italiano, in Riv.
dir. trib. int., 2013, 2, 234.
(73) Cfr. Atto Camera n. 3076, intitolato “Modifiche al testo unico delle imposte sui
redditi, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e al
Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, per il contrasto all’e-
lusione fiscale nelle transazioni eseguite per via telematica”, consultabile in http://documen-
ti.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0034110.pdf.
(74) Cfr. C. Garbarino, Stabile organizzazione (nel diritto tributario), in Dig. disc. priv.,
sez. comm., Aggiornamento, Milanofiori Assago, 2009, 5, 663 ss.; C. Ricci, La digital eco-
nomy ed il problema della stabile organizzazione nell’esperienza italiana, in L. Del Federico,
C. Ricci (a cura di), La digital economy nel sistema tributario italiano ed europeo, cit., 57 ss.;
C. Garbarino, L’impatto del progetto BEPS sul concetto di stabile organizzazione, in Dir. e
prat. trib., 2019, I, 2, 587 ss. Sulla precedente nozione di stabile organizzazione, cfr. G.
Corasaniti, Profili fiscali del commercio, in Dir. e prat. trib., 2003, I, 4, 615; A. Lovisolo, Il
concetto di stabile organizzazione nel regime convenzionale contro la doppia imposizione, in
Dir. e prat. trib., 1983, 1128 ss.; A. Fantozzi, L’imposizione fiscale delle stabili organizzazioni:
problematiche e prospettive, in Riv. dir. trib. int., 2002, 1, 9 ss.
(75) Cfr. G. Albano, Nuovi modelli di business delle imprese multinazionali e stabile
organizzazione occulta, in Corr. trib., 2017, 6, 467 ss.
(76) Cfr. G. Sepio, M. D’Orsogna, La web tax transitoria per le multinazionali digitali (e
non solo), cit., 3021; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’economia digitale da parte del
legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit., 199 ss.
628 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

Alla proposta ha fatto seguito un disegno di legge (77) – presentato il


14 settembre 2016 sotto la denominazione “misure in materia fiscale per la
concorrenza nell’economia digitale” e rimasto lettera morta – con cui si è
prospettata l’introduzione dell’art. 162-bis all’interno del t.u.i.r. e di un
nuovo comma nell’art. 25-bis del d.p.r. n. 633 del 1972, volto ad indivi-
duare – in maniera presuntiva – l’esistenza di una stabile organizzazione
nell’ipotesi in cui, pur mancando mezzi materiali fissi, un soggetto non
residente svolga nel territorio dello Stato, in maniera continuativa, attività
digitali completamente dematerializzate (78).
Un ulteriore tassello, in tal senso, è stato apportato in sede di conver-
sione del d.l. 24 aprile 2017, n. 50 (c.d. Manovra correttiva 2017), ad
opera della l. 21 giugno 2017, n. 96, attraverso l’inserimento dell’art. 1-
bis, recante la disciplina della “procedura di cooperazione e collaborazione
rafforzata” – forma di contraddittorio opzionale, corredata da una serie di
benefici, volta ad accertare l’esistenza di una stabile organizzazione in
Italia, anche con riferimento ai precedenti periodi d’imposta – ispirata
ad un approccio prettamente collaborativo tra contribuente ed ammini-
strazione finanziaria (c.d. tax compliance), al precipuo scopo di garantire la
certezza del diritto e di incoraggiare gli investimenti in Italia, incentivando
le imprese multinazionali a dialogare con il Fisco, in modo da far emergere
basi imponibili collegate all’esistenza di una stabile organizzazione e ren-
dere il nostro paese maggiormente competitivo a livello internazionale (79).
Tale regime premiale di tipo collaborativo, volgarmente definito, in
maniera suggestiva, “web tax transitoria” (80), sulla falsariga di altri istituti

(77) Cfr. gli artt. 2 e 5 del disegno di legge (S. 2526), presentato il 14 settembre 2016,
consultabile in www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Ddliter/47258.htm.
(78) Cfr. G. Sepio, M. D’Orsogna, La web tax transitoria per le multinazionali digitali (e
non solo), cit., 3021.
(79) Cfr. G. Sepio, M. D’Orsogna, La web tax transitoria per le multinazionali digitali (e
non solo), cit., 3020-3022; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’economia digitale da parte
del legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit., 205 ss.
(80) Sul tema, cfr. D. Avolio, L. Imperato, Effetti premiali per la nuova voluntary della
stabile organizzazione, in Corr. trib., 2017, 29, 2269 ss.; M. Cerrato, La procedura di coope-
razione e collaborazione rafforzata in materia di stabile organizzazione (c.d. web tax transito-
ria), in Riv. dir. trib., 2017, 6, 751 ss.; G. Molinaro, Norma ad hoc temporanea per la
tassazione delle web company, in Corr. trib., 2017, 28, 2203 ss.; L. Rossi, G. Ficai, Web
tax: prime considerazioni, in Boll. trib., 2017, 18, 1321 ss.; S. Zucchetti, A. Tardini, O.
Lanfranchi, The italian “web tax”: the new administrative procedure for multinational enter-
prises to disclose hidden permanent establishments in Italy, in International transfer pricing
journal, 2017, 5, 1 ss.; D. De Santis, M. Mazzetti di Pietralata, Web tax e ritenuta sulle
proprietà intellettuali spingono all’emersione delle stabili organizzazioni occulte, in Fisco,
2018, 18, 1730 ss.; M. Martis, La “web tax” transitoria e la nuova imposta sulle transazioni
digitali. Linee di tendenza della “cooperative compliance”, in Riv. dir. trib. int., 2018, 3, 143
dottrina 629

già esistenti – quali il ruling internazionale, la voluntary disclosure e la


cooperative compliance (81) – consente alle multinazionali, i cui ricavi con-
solidati siano superiori ad un determinato ammontare, di dar vita ad una
compliance rafforzata, stipulando accordi preventivi con l’Agenzia delle
Entrate volti a verificare la sussistenza dei requisiti che configurano una
stabile organizzazione, a ricostruire redditi e funzioni alla stessa attribuite
ed accedere al regime dell’adempimento collaborativo, in modo da preve-
nire il sorgere di contrasti, scongiurando l’applicazione delle misure san-
zionatorie conseguenti all’accertamento di condotte illecite.

7. - (Segue): dall’imposta sulle transazioni digitali all’imposta sui servizi


digitali
Solo con la l. 27 dicembre 2017, n. 205 (c.d. legge di bilancio 2018)
(commi da 1011˚ a 1017˚ dell’art. 1) – dando seguito all’esito del vertice
informale Ecofin (acronimo riferito al Consiglio di Economia e Finanza,
una delle formazioni in cui si riunisce il Consiglio dell’Unione Europea,
composto dai Ministri delle Finanze degli Strati membri), svoltosi a Tallin
nei giorni 15 e 16 settembre 2017 (82), ed alla comunicazione della Com-
missione al Parlamento Europeo e al Consiglio del 21 settembre 2017
[COM (2017) 547 final], concernente “un sistema fiscale equo ed efficace
nell’Unione Europea per il mercato unico digitale” (83) –, è stata istituita
l’imposta sulle transazioni digitali (c.d. web tax) (84), che si applica alle

ss.; A. Gigliotti, G. Scala, L’istruttoria di cooperazione e collaborazione rafforzata per la


definizione delle SO, in Fisco, 2019, 21, 2047 ss.; A. Persiani, I tentativi di tassazione
dell’economia digitale da parte del legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi
digitali, cit., 205 ss.
(81) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali,
cit., 526; A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, cit., 174-175; C.
Romano, L. Chiodaroli, Regime di adempimento collaborativo: la risposta all’incertezza nei
rapporti tra fisco e contribuente, in Corr. trib., 2015, 20, 1540 ss.
(82) Cfr. A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, cit., 170, il
quale ricorda che, durante il vertice informale Ecofin, tra le varie proposte vi era quella di
introdurre “un’imposta sul fatturato (c.d. Equalization tax) o di modificare il concetto di
stabile organizzazione per aprire alla c.d. stabile organizzazione virtuale, basata sul numero
di clienti presenti nei vari Stati”.
(83) Cfr. C. Sciancalepore, Appunti sulla tassazione dell’economia digitale come nuova
risorsa propria europea, cit., 694 ss.
(84) Sul tema cfr. M. Antonini, E. Toschetti, Web tax e obsolescenza degli attuali sistemi
impositivi, in Corr. trib., 2017, 41, 3177 ss.; C. Attardi, Procedura di cooperazione e colla-
borazione rafforzata nel panorama dei modelli attuativi, in Fisco, 2017, 43, 4150 ss.; G.
Fransoni, Prime considerazioni sulla web tax ovvero sull’iniziativa congiunta di Francia,
Germania, Italia e Spagna di tassare le società attive nel settore della digital economy, in
Riv. dir. trib., supplemento on-line del 19 settembre 2017; E. Della Valle, La web tax italiana
630 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

prestazioni di servizi (business to business – B2B) rese mediante mezzi


elettronici, da soggetti residenti o non residenti che effettuano nel corso
dell’anno solare transazioni digitali superiori ad una determinata soglia
quantitativa – pari a 3.000 unità – in favore di soggetti residenti in Italia
che non abbiano aderito al regime forfettario e al regime fiscale di van-
taggio per l’imprenditoria giovanile ed i lavoratori in mobilità ed in favore
delle stabili organizzazioni di soggetti non residenti situate in Italia; per
espressa previsione normativa, non scontano il tributo i servizi prestati nei
confronti dei consumatori e quelli resi a favore di soggetti non residenti
privi di stabile organizzazione nel territorio italiano.
Tale strumento impositivo, i cui connotati sono più prossimi a quelli
dell’imposizione indiretta (85), piuttosto che a quelli della fiscalità diretta,
in quanto colpisce l’intero volume d’affari, rappresenta la risposta italiana
al dibattito relativo alle modalità di tassazione dell’economia digitale.
Sennonché, prima dell’entrata in vigore della misura, la l. 30 dicembre
2018, n. 145 (c.d. legge di bilancio 2019), con l’art. 1, commi 35-50, al pari
di quanto avvenuto in precedenza con la Google tax, ha abrogato l’imposta
sulle transazioni digitali, introducendo una nuova versione di web tax, che
assurge ad “imposta sui servizi digitali” (86).

e la proposta di Direttiva sull’Imposta sui servizi digitali: morte di un nascituro appena


concepito?, in Fisco, 2018, 16, 1507 ss.; D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la
tassazione dei servizi digitali, cit., 527 ss.; A. Bisioli, A. Zullo, Web tax: una lettura in chiave
comunitaria, in Corr. trib., 2018, 13, 1032 ss.; F. Ciani, A. Lanotte, Web tax. Le novità
introdotte dalla legge di stabilità 2018, in Boll. trib., 2018, 4, 254 ss.; T. Di Tanno, Cinque
(buone) ragioni per la web tax, in Dir. e prat. trib., 2018, 1, 177-178; M. Gabelli, La nuova
imposta sulle transazioni digitali, in Fiscalità & comm. int., 2018, 53 ss.; M. Greggi, La “web
tax” e le sue radici costituzionali, in Quaderni cost., 2018, 1, 211 ss.; M. Leo, La tassazione
dell’economia digitale sulle due sponde dell’Atlantico: spunti di riflessione dalla circolare
Assonime, in Fisco, 2018, 37, 3510-3511; Id., Quale tassazione per l’economia digitale, in
Fisco, 2018, 21, 2007 ss.; G. Odetto, La web tax parte dal 2019 con molti problemi aperti, in
Eutekne.info del 4 gennaio 2018; F. Telch, Imposta sulle transazioni digitali: la web tax, in
Prat. fisc. profess., 2018, 90 ss.; A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia
digitale, cit., 169 ss.; A. Uricchio, W. Spinapolice, La corsa ad ostacoli della web taxation, cit.,
460 ss.; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’economia digitale da parte del legislatore
italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit., 207 ss.; A.F. Uricchio, Manuale di
diritto tributario, Bari, 2020, 377 ss.
(85) Cfr. D. Avolio, D. Pezzella, La web tax italiana e la tassazione dei servizi digitali,
cit., 527; A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, cit., 173.
(86) Cfr. A.C. Colombo, V. Cristiano, L’imposta sui servizi digitali (c.d. web tax) con
sapore fiscale in agrodolce. Riflessioni, in Boll. trib., 2019, 3, 176 ss.; A. Della Rovere, I.
Viola, Prospettive della digital economy in ambito internazionale, europeo e nazionale, in
Fisco, 2019, 10, 947 ss.; T. Di Tanno, L’imposta sui servizi digitali si allinea alla proposta
di Direttiva UE, in Fisco, 2019, 4, 326 ss.; M. Greggi, La tassazione dell’economia digitale nel
contesto europeo: la proposta di direttiva sulla Digital Services Tax, cit., 125 ss.; D. Nucibella,
dottrina 631

Sono assoggettati a questa nuova forma di prelievo – che sconta un’a-


liquota pari al 3% – i soggetti esercenti attività di impresa, residenti o
meno nel territorio italiano, che prestano, singolarmente o a livello di
gruppo, servizi digitali e hanno un ammontare complessivo di ricavi, ovun-
que realizzati, pari o superiore a 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5
milioni conseguiti nel territorio italiano, in relazione alla prestazione di
servizi digitali.
La novella, recependo gran parte delle istanze di rinnovamento elabo-
rate in sede comunitaria, ha modificato il perimetro applicativo del tribu-
to, estendendolo ad una serie di servizi digitali: veicolazione su un’inter-
faccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale, che consente
agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di
facilitare la fornitura diretta di beni o servizi; trasmissione di dati raccolti
dagli utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale.
Anche quest’ultima configurazione assume le fattezze di un’imposta
periodica (c.d. fattispecie a struttura aperta) (87), da corrispondere per
anno solare: a ciascun periodo d’imposta corrisponde un’autonoma obbli-
gazione tributaria.

Web tax 2019, punto e a capo, in Prat. fisc. profess., 2019, 4, 65 ss.; A. Perrone, Il percorso
(incerto) della c.d. web tax italiana tra modelli internazionali ed eurounitari di tassazione della
digital economy, in Riv. telematica dir. trib., 2019, 2, 571 ss.; F. Pedrotti, Prime osservazioni
in merito all’abrogata imposta sulle transazioni digitali e all’imposta sui servizi digitali intro-
dotta dalla L. 30 dicembre 2018, n. 145, in Riv. dir. trib., 2019, I, 1, 93 ss.; A. Persiani, I
tentativi di tassazione dell’economia digitale da parte del legislatore italiano: dalla web tax
all’imposta sui servizi digitali, cit., 214 ss.; A. Tomassini, A. Di Dio, “Web tax” sui servizi
digitali: soluzione transitoria in attesa delle decisioni dell’OCSE, in Corr. trib., 2019, 4, 344
ss.; P. Valente, Tassazione delle imprese digitali: aspetti critici e prospettive future, in Fiscalità
& Commercio Internazionale, 2019, 4, 9 ss.; L. Del Federico, C. Ricci, La proposta OECD
dell’Equalisation Levy e la soluzione italiana, in L. Carpentieri (a cura di), Profili fiscali
dell’economia digitale, cit., 67 ss.; E. Della Valle, L’imposta sui servizi digitali: tanto tuonò
che piovve, in Fisco, 2020, 5, 407 ss.; M. Logozzo, Tassazione della digital economy: l’imposta
sui servizi digitali (ISD), cit., 805 ss.; D. Stevanato, Dalla Proposta di Direttiva europea sulla
digital services tax all’imposta italiana sui servizi digitali, in L. Carpentieri (a cura di), Profili
fiscali dell’economia digitale, cit., 127 ss.; S. Santoro, La “web tax”. Profili di sistema, in Dir.
prat. trib., 2020, 2, 464 ss.; G. Fransoni, Note sul presupposto dell’imposta sui servizi digitali,
in Rass. trib., 2021, 1, 13 ss.; G. Molinaro, Si definisce il quadro della tassazione italiana della
ricchezza connessa all’economia digitale, in Fisco, 2021, 6, 562 ss.; P. Pistone, Digital Services
Taxes and Tax Treaties, in G. Kofler, R. Mason, A. Rust (eds.), Liber Amicorum David
Rosenbloom, Amsterdam, in corso di pubblicazione.
(87) Sul tema, cfr. N. d’Amati, Il diritto tributario: teoria e critica, Torino, 1985, I, 87
ss.; N. d’Amati, Istituzioni di diritto tributario, Bari, 2006, 64 ss.; A.F. Uricchio, Percorsi di
diritto tributario, Bari, 2017, 104.
632 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

In questa luce, un ricavo si considera tassabile in un determinato


periodo d’imposta qualora l’utente del servizio, assoggettato ad imposizio-
ne, sia localizzato nel territorio dello Stato in detto arco temporale. A tal
fine, è necessario distinguere le tre tipologie di servizi digitali enucleate
dalla novella legislativa. Ove si tratti di pubblicità mirata agli utenti della
rete, l’utente si considera localizzato nel territorio dello Stato nel periodo
d’imposta in cui la pubblicità è visualizzata sul suo dispositivo per acce-
dere ad un’interfaccia digitale.
In caso di fornitura di servizi attraverso piattaforme digitali, l’utente si
considera localizzato nel territorio italiano se il servizio viene prestato
avvalendosi di un’interfaccia digitale multilaterale che facilita le cessioni
di beni o le prestazioni di servizi digitali direttamente tra gli utenti ovvero
se lo stesso utilizza un dispositivo nel territorio dello Stato per accedere
all’interfaccia digitale e conclude, in detto periodo d’imposta, un’opera-
zione avvalendosi di tale interfaccia; ove il servizio consegua all’utilizzo di
un’interfaccia digitale multilaterale ricompresa in una tipologia differente,
è necessario che l’utente disponga di un conto – aperto utilizzando un
dispositivo nel territorio dello Stato – che gli consenta di accedere all’in-
terfaccia digitale.
Nell’ipotesi di trasmissione di dati raccolti dagli utenti, generati attra-
verso l’utilizzo di un’interfaccia digitale, ai fini della localizzazione (88) nel
territorio italiano in un dato periodo di imposta, è necessario che i dati
siano generati dall’utente, attraverso un dispositivo localizzato nel territo-
rio dello Stato, per accedere ad un’interfaccia digitale, nel corso di tale
periodo d’imposta o di un periodo d’imposta precedente, purché i dati
siano trasmessi in detto periodo d’imposta.
Sebbene, in un primo momento, l’entrata in vigore dell’imposta sui
servizi digitali sia stata subordinata all’adozione di un apposito decreto
attuativo (mai emanato), la misura fiscale ha iniziato a produrre i suoi
effetti a decorrere dal 1˚ gennaio 2020, grazie alle modifiche apportate
dalla l. 27 dicembre 2019, n. 160 (c.d. legge di bilancio 2020), che, oltre ad
aver precisato le caratteristiche della fattispecie impositiva e previsto ap-
positi obblighi contabili, non ne ha più subordinato l’efficacia alla predi-
sposizione di una normativa di attuazione.
La legge di bilancio 2020, inoltre, ha circoscritto il perimetro applica-
tivo della misura fiscale, individuando i seguenti servizi digitali non sog-

(88) Cfr. G. Foglia, M. Poziello, Impatti della geolocalizzazione sulla base imponibile dei
digital business, cit., 371 ss.
dottrina 633

getti a tassazione: fornitura diretta di beni e servizi resa nell’ambito di un


servizio di intermediazione digitale; fornitura di beni e servizi ordinati
attraverso il sito web dello stesso fornitore; messa a disposizione di un’in-
terfaccia digitale finalizzata a fornire servizi di comunicazione, contenuti
digitali, servizi a pagamento, servizi bancari e finanziari; attività svolte
nell’ambito delle piattaforme telematiche per lo scambio di energia elet-
trica, gas, certificati ambientali e carburanti.
Il pregio del recente intervento legislativo – seguito da una consulta-
zione pubblica avviata il 16 dicembre 2020 dall’Agenzia delle Entrate (89),
da un provvedimento del Direttore della stessa amministrazione (90) e da
una successiva circolare (91) – risiede nella predisposizione di una clausola
di salvaguardia con cui, al fine di evitare profili di doppia imposizione, è
stata prevista l’abrogazione della misura tributaria qualora, in futuro, siano
introdotte, tramite accordi internazionali, disposizioni in materia di tassa-
zione dell’economia digitale (92).
In sede di prima applicazione, l’art. 2, d.l. 15 gennaio 2021, n. 3,
successivamente abrogato dalla l. 26 febbraio 2021, n. 21, in relazione
all’imposta sui servizi digitali relativa all’anno 2020, aveva posticipato di
trenta giorni sia il termine di versamento (fissato al 16 marzo 2021) che il
termine per la presentazione della dichiarazione (portato al 30 aprile
2021) (93). Per effetto delle modifiche introdotte dal d.l. 22 marzo 2021,
n. 41, il primo termine è stato spostato al 16 maggio e il secondo al 30
giugno dell’anno solare successivo a quello di realizzazione dei ricavi im-
ponibili (94).

(89) Cfr. la Consultazione pubblica sullo schema di provvedimento relativo all’imposta


sui servizi digitali, in www.agenziaentrate.gov.it/portale/consultazione-pubblica-imposta-sui-
servizi-digitali.
(90) Cfr. il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, 15 gennaio 2021,
prot. n. 13185, in www.agenziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/3103823/Provvedi-
mento+Imposta+Servizi+Digitali+RU+13185.pdf/674a24ad-9a66-bff2-2872-b08e4e978043
(su cui, cfr. G. Molinaro, Si definisce il quadro della tassazione italiana della ricchezza
connessa all’economia digitale, cit., 568 ss.).
(91) Cfr. la circolare dell’Agenzia delle Entrate, 23 marzo 2021, n. 3/E, in www.agen-
ziaentrate.gov.it/portale/documents/20143/0/Circolare_3_23.03.2021+%282%29.pdf/
d55787f9-bbed-5285-ad18-058032f6a23a (per un primo commento, cfr. E. Della Valle, Im-
posta sui servizi digitali: si parte?, in Fisco, 2021, 18, 1715 ss.; M. Santocchini, F. Franconi, I
servizi di intermediazione soggetti ad imposta sui servizi digitali, in Fisco, 2021, 19, 1843 ss.).
(92) Sulle prospettive de iure condendo, cfr. A. Carinci, La fiscalità dell’economia digi-
tale: dalla web tax alla (auspicabile) presa d’atto di valori da tassare, in Fisco, 2019, 47-48,
4507 ss.
(93) Cfr. C. Bartelli, Web tax rinviata dal 16 febbraio al 16 marzo, in www.italiaoggi.it/
news/web-tax-rinviata-dal-16-febbraio-al-16-marzo-202101151040035135.
(94) Cfr. E. Della Valle, Imposta sui servizi digitali: si parte?, cit., 1715.
634 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

8. - Il pacchetto UE sull’economia digitale: la proposta di direttiva sulla


“tassazione delle società con presenza digitale significativa”
Nel contesto unionale, la comunicazione della Commissione europea
del 21 settembre 2017, riguardante “Un sistema fiscale equo ed efficace
nell’Unione Europea per il mercato unico digitale” (95), affronta le que-
stioni attinenti alle sfide fiscali poste dalla digitalizzazione dell’economia
globale (96) evidenziando la necessità di un sistema di tassazione equo,
efficace ed adeguato (97). Nello stesso senso, il Consiglio europeo, nelle
conclusioni del 19 ottobre 2017, esprime interesse per idonee proposte da
parte della Commissione. Anche il Consiglio ECOFIN, nelle conclusioni
del 5 dicembre 2017, ha manifestato apprezzamento per le proposte della
Commissione, tenuto conto delle riflessioni dell’OCSE, centrali nella sfida
della tassazione dell’economia digitale, con particolare riferimento alla
definizione di stabile organizzazione, alle norme sui prezzi di trasferimento
e sull’attribuzione degli utili (98). Il Consiglio ECOFIN ha altresı̀ invitato la
Commissione europea ad approfondire possibili misure a carattere tempo-

(95) COM (2017) 547 final, nella quale si propongono, tra l’altro, alcune opzioni di
tassazione sia nel breve che nel lungo periodo. Nell’immediato si suggerisce di intervenire
adottando una tassa sul fatturato delle imprese digitalizzate, una ritenuta sulle transazioni
digitali (soluzione, come visto, accolta dal legislatore italiano con la legge di bilancio 2018),
una tassa sui ricavi provenienti dalla fornitura di servizi digitali o di pubblicità on-line. In un
orizzonte temporale più ampio si intende intervenire sulla nozione di stabile organizzazione
e sulle regole di attribuzione dei profitti delle imprese della digital economy. Sul tema, cfr. T.
Di Tanno, La web tax europea: una misura innovativa ed emergenziale, in Corr. trib., 2018,
20, 1531 ss.; M. Nieminen, The Scope of the Commission’s Digital Tax Proposals, in Bulletin
for International Taxation, 2018, 664 ss.; F. Telch, Ocse, Usa e Ue a confronto sulla fiscalità
diretta dei gruppi di imprese, in Prat. fisc. profess., 2018, 46, 31 ss.; A. Tomassini, A. Sandalo,
L’iniziativa della Commissione UE sulla tassazione dell’economia digitale, in Corr. trib., 2018,
18, 1395 ss.; F. Van Horzen, A. Van Esdonk, Proposed 3% Digital Services Tax, in Interna-
tional Transfer Pricing Journal, 2018, 267 ss.; A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’eco-
nomia digitale da parte del legislatore italiano: dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit.,
215; J.F. Pinto Nogueira, The Compatibility of EU Digital Services Tax with EU and WTO
Law: Requiem Aeternam Donate Nascenti Tributo, in International Tax Studies, 2019, 1, 3
ss.; A.F. Uricchio, Manuale di diritto tributario, cit., 375 ss.
(96) Sul tema della fiscalità nella digital economy, si veda A. Uricchio, Le frontiere
dell’imposizione tra evoluzione tecnologica e nuovi assetti istituzionali, cit., 30 ss.; L. Del
Federico, C. Ricci (a cura di), La digital economy nel sistema tributario italiano ed europeo,
cit., 7; P. Pistone, Y. Brauner, Adopting Current International Taxation to New Business
Models: Two Proposals for the European Union, in Bulletin for International Taxation, 2017,
681 ss.; A. Tomassini, L’incerta corsa alla tassazione dell’economia digitale, cit., 169 ss.
(97) Sul tema, vedi F. Tesauro, N. Canessa, Economia digitale. Aspetti civilistici e fiscali,
Milano, 2002; V. Mastroiacovo, Il controllo, l’accertamento e la riscossione dei crediti tributari
derivanti da transazioni telematiche, in Riv. dir. trib., 2003, IV, 23.
(98) Cfr. L.A. Sheppard, Digital Permanent Establishment and Digital Equalization
Taxes, in Tax Notes International, 2018, 1, 9 ss.; A. Purpura, Tassazione dell’economia
dottrina 635

raneo ed in particolare un contributo sulle entrate digitali nell’Unione


Europea (equalization levy). Il 21 marzo 2018 la Commissione ha, quindi,
presentato un pacchetto di misure per la tassazione equa dell’economia
digitale, composto da una comunicazione, una raccomandazione e due
proposte di direttive (99). La raccomandazione propone agli Stati membri
di adeguare le convenzioni in materia di doppia imposizione concluse con
giurisdizioni terze al fine di estendere il concetto di stabile organizzazione
alla “presenza digitale significativa” (100), per mezzo della quale una società
esercita in tutto o in parte la sua attività.
In tale ottica, si sono voluti evitare approcci unilaterali e diversificati
da parte dei singoli Stati membri, che, oltre a frammentare il mercato
creando distorsioni e ostacoli fiscali nel contesto unionale, potrebbero
rivelarsi del tutto inefficaci (101).
Il “considerando” n. 8 della proposta di direttiva COM (2018) 147
final sulla “stabile organizzazione digitale” (102), nell’enunciarne i princi-

digitale tra lo stallo della comunità internazionale e la necessità di un’armonizzazione fiscale


europea, in Dir. e prat. trib., 2019, 5, 1929 ss.
(99) Le proposte di direttive, rispettivamente, in materia di “significativa presenza
digitale” COM (2018) 147 final e “imposta sui servizi digitali” COM (2018) 148 final,
costituiscono attuazione dell’Action 1 del progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting),
pur se non pienamente allineate alle conclusioni dell’Action 1. Nell’ambito del progetto
BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) è stato perseguito l’intento di ricondurre la potestà
impositiva al luogo ove si manifesta la sostanza economica dell’operazione. Sul punto, cfr. P.
Braumann, M. Tumpel, The tie breaker for dual resident companies, the holding period for
intercompany dividends and the modifications to article 13 of the OECD Model, in M. Lang,
P. Pistone, A. Rust, J. Schuch, C. Staringer (a cura di), Base Erosion and Profit Shifting
(BEPS). The proposals to revise the OECD Model Convention, Linde, 2016, 303; D. Pelle-
grini, Annotazioni a margine di una sentenza di merito in tema di esterovestizione societaria:
la nozione di residenza fiscale delle società tra episodi giurisprudenziali interni e direttrici
evolutive BEPS, in Dir. e prat. trib., 2017, 3, 1148.
(100) Vedasi la deliberazione della Corte dei Conti – Sezione di controllo sulla gestione
delle Amministrazioni dello Stato del 24 maggio 2018, n. 8/2018/G, sull’“E-commerce e il
sistema fiscale”. La Corte osserva come si imponga prioritariamente la questione dell’indi-
viduazione delle funzioni che contribuiscono alla creazione del valore per il gruppo nel suo
complesso e, quindi, “di quale parte di reddito possa ritenersi generata in un determinato
Paese”.
(101) Cfr. T. Di Tanno, La problematica tassazione delle attività digitali – Cenni intro-
duttivi, in T. Di Tanno, F. Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia digitale, cit., 5.
(102) Cfr. Y. Brauner, P. Pistone, Some Comments on the Attribution of Profits to the
Digital Permanent Establishment, in Bulletin for International Taxation, 2018, 4, 3 ss.; G.
Corasaniti, La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito internazionale e
prospettive nazionali, cit., 1418 ss.; M. Di Siena, L. Longobardi, T. Ventrella, Appropriatezza
delle soluzioni proposte in sede UE per l’individuazione e la tassazione della stabile organiz-
zazione digitale – Profili identificativi della stabile organizzazione digitale, in T. Di Tanno, F.
Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia digitale, cit., 40-41, che considerano quella
tracciata dalla Proposta di Direttiva del Consiglio COM (2018) 147 final la soluzione ideale,
636 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

pali obiettivi, si sofferma sull’esigenza di migliorare la resilienza del mer-


cato interno nel suo complesso, in modo da fornire una risposta, quanto
più efficace, alle sfide della tassazione dell’economia digitale, caratterizzata
da una dimensione transfrontaliera, attraverso la predisposizione di misure
armonizzate in grado di garantire un adeguato prelievo fiscale nel luogo in
cui le imprese digitali operano e realizzano risultati imponibili (103).
Nella proposta di direttiva in materia, l’art. 4 contiene la definizione di
una simile e nuova ipotesi di stabile organizzazione, che viene tipizzata al
ricorrere di un’attività di fornitura di servizi digitali, tramite un’interfaccia
digitale, svolta in uno Stato membro, purché nel singolo periodo d’impo-
sta essa raggiunga, nel complesso dei servizi forniti anche da parte di
imprese associate a tale entità, limiti dimensionali alternativi, puntualmen-
te indicati (104) e basati sui parametri dei ricavi, del numero di utenti e del
numero di contratti.

in quanto «tradizionale, efficace e contraddistinta da un notevole livello di analiticità nel-


l’individuazione della ricchezza da assoggettare ad imposizione»: tradizionale, in quanto
«quello della stabile organizzazione costituisce uno degli istituti fondamentali del diritto
tributario internazionale su cui l’elaborazione dottrinale internazionale si è esercitata per più
tempo»; efficace, giacché «le modalità di tassazione del reddito prodotto da soggetti esteri in
un determinato ambito territoriale per il tramite di una presenza fissa (tale è il nucleo
sostanziale della nozione di stabile organizzazione) rispondono ormai a logiche interiorizzate
dal sistema e mirano ad ancorare l’imposizione non a fenomeni contingenti ma ad una
ipotesi di partecipazione al processo produttivo (e quindi di produzione del reddito) con-
notata da stabilità, effettività ed attualità e comunque tale da presupporre il principio di
territorialità (vale a dire la tassazione nello Stato della presunta fonte del reddito) che, in
interazione con il criterio della residenza, definisce il perimetro entro cui da tempo si
esercita la riflessione di quanti si dedicano all’analisi delle tematiche di diritto tributario
internazionale»; analitica, poiché «l’imposizione per il tramite della stabile organizzazione
implica una individuazione puntuale del reddito dalla stessa prodotto in un determinato
ambito territoriale previa contrapposizione di componenti positivi e negativi di reddito e ciò
secondo la logica che presiede alla determinazione analitica del reddito d’impresa sulla base
delle risultanze contabili». Inoltre, cfr. T. Di Tanno, F. Marchetti, Considerazioni conclusive,
in T. Di Tanno, F. Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia digitale, cit., 87-88.
(103) Cfr. F. Pinto, Le Proposte di Direttiva in tema di tassazione dell’economia digitale
(stabile organizzazione in forma di “significativa presenza digitale” e “Interim Web Tax”), in T.
Di Tanno, F. Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia digitale, cit., 26. Sui limiti di
operatività della disciplina sulla “stabile organizzazione digitale”, contenuta nella proposta
di Direttiva COM (2018) 147 final, cfr. L. Acciari, C. Pisani, Limiti di operatività esterna
della disciplina sulla stabile organizzazione digitale proposta dall’UE, in T. Di Tanno, F.
Marchetti (a cura di), La tassazione dell’economia digitale, cit., 60 ss.
(104) La parte dei ricavi totali ottenuti dall’utenza situata nello Stato membro consi-
derato deve superare i 7 mln di euro; il numero di clienti, fruitori di servizi digitali, situati
nello Stato membro deve ammontare a più di 100 mila soggetti; il numero di contratti
commerciali conclusi per la fornitura dei predetti servizi da parte di utenti situati nello
Stato membro in questione deve essere maggiore di 3 mila. È di tutta evidenza che lo
dottrina 637

La nozione di “presenza digitale significativa” costituisce un’ipotesi


integrativa rispetto alla casistica già prevista e disciplinata dalle vigenti
disposizioni domestiche ed europee in tema di stabile organizzazione ai
fini della tassazione dei redditi societari (105).
La determinazione degli utili attribuibili alla “presenza digitale signi-
ficativa” è declinata secondo l’Authorized OECD approach (106) e si basa su
un’analisi funzionale, tenendo conto delle attività economicamente rilevan-
ti (relative a dati o utenti), svolte dall’impresa attraverso l’utilizzo di un’in-
terfaccia digitale (107), pertinenti lo sviluppo, il potenziamento, il manteni-
mento, la protezione e lo sfruttamento delle attività immateriali dell’im-
presa, ivi compresa la raccolta, l’archiviazione, il trattamento, l’analisi, la
diffusione e la vendita dei dati degli utenti e dei contenuti generati dagli
stessi, nonché la vendita di spazi pubblicitari online, la messa a disposi-
zione sul mercato digitale di contenuti creati da terzi e la fornitura di
qualsiasi altro servizio digitale (108).
Il modo di intendere la stabile organizzazione “digitale” tiene conto
dell’interazione di tre fattori presenti nelle imprese della digital economy: la
scale without mass, ossia la possibilità di ampliare la propria presenza
economica in altre giurisdizioni superando i confini spaziali e prescinden-
do dalla presenza fisica sul loro territorio (109); l’importanza che gli asset
intangibili e le proprietà intellettuali rivestono per il valore delle imprese
della web economy (110); il particolare contributo che i dati e la partecipa-

schema di Direttiva abbia ad oggetto le grandi imprese multinazionali operanti nella web
economy.
(105) Viene cosı̀ proposto un criterio di attribuzione (e di distribuzione) dei poteri
impositivi che tipizza un collegamento basato sulla localizzazione di dati e sulla partecipa-
zione dei clienti, elementi fonte di valore per le imprese dell’economia digitale.
(106) Cfr. S. Zucchetti, A. Tardini, O. Lanfranchi, The italian “web tax”: the new
administrative procedure for multinational enterprises to disclose hidden permanent establish-
ment in Italy, cit., 1 ss.
(107) Cfr. M. Palanca, P. Del Prete, G. Aglialoro, Modelli impositivi tradizionali e criteri
di determinazione della base imponibile della stabile organizzazione digitale, cit., 54.
(108) Cfr. F. Pinto, Le Proposte di Direttiva in tema di tassazione dell’economia digitale
(stabile organizzazione in forma di “significativa presenza digitale” e “Interim Web Tax”),
cit., 29.
(109) Il che comporta difficoltà nell’identificare il soggetto passivo d’imposta, attesa la
rilevanza, nelle discipline fiscali internazionali, della presenza fisica sul territorio geografico
ove viene esercitata la sovranità dello Stato affinché possa configurarsi il potere impositivo
sulle imprese non residenti. Ciò che rende sfuggente la ricchezza prodotta dall’economia
digitale, dematerializzata e destrutturata per eccellenza, è proprio la difficoltà di adeguarvi le
tradizionali regole impositive, gli schemi e meccanismi di prelievo “statici”, ispirati a logiche
di fisicità e rivolte ad entità materiali e tangibili.
(110) Com’è evidente, gli asset intangibili, per la intrinseca volatilità, sono più agevol-
638 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

zione degli utenti hanno nella creazione del valore dell’impresa e nella
massimizzazione del profitto (111). È proprio il diverso modo di creazione
di ricchezza, fondato sul valore dei dati e della partecipazione dell’utenza,
che consente di attribuire rilevanza al mercato di destinazione dei servizi
digitali nella generazione di profitti e quindi di legittimare l’“impronta
digitale” di un’impresa in una giurisdizione, attingendo a tali indicatori
di attività economica (112). Nella proposta di direttiva, viene comunque
escluso che la vendita di beni o servizi meramente “agevolata” dall’utilizzo
di internet o da una rete elettronica possa essere considerata servizio
digitale (113). In merito al luogo (114) in cui si considera situato l’utente,
deve aversi riguardo al luogo in cui è posto il dispositivo per accedere

mente localizzabili a seconda della convenienza ritraibile dalle regole sottese ai differenti
sistemi tributari dei vari Stati, consentendo di beneficiare di vantaggi fiscali indebiti, a
mezzo di una pianificazione fiscale aggressiva che utilizzi “abusivamente” i disallineamenti
delle legislazioni, le disarmonie delle fonti pattizie, i limiti ordinamentali (e, non da ultimo,
le misure di favore concesse per effetto di una consapevole e dannosa concorrenza fiscale
perpetrata da alcune giurisdizioni per l’attrazione di capitali stranieri). Cfr. S. Bianco, I
danni della concorrenza fiscale in Europa, in Rass. trib., 2015, 1, 119 ss.; F. Amatucci,
L’adeguamento dell’ordinamento tributario nazionale alle linee guida dell’OCSE e dell’UE
in materia di lotta alla pianificazione fiscale aggressiva, cit., 3 ss.
(111) La partecipazione dell’utente/consumatore, passiva o addirittura attiva, di inten-
sità più o meno maggiore, rende il destinatario dei servizi digitali esso stesso input del
processo di creazione del valore, alla stregua di un fattore produttivo. In argomento, cfr.
M. Versiglioni, “Liquinomics” e “Iva a doppia aliquota”: un discorso sulla «creazione di
valore», in Riv. telematica dir. trib., 2020, 1, 87 ss.; R. Succio, Digital economy, digital
enterprise e imposizione tributaria: alcune considerazioni sistematiche, cit., 2382 ss.
(112) Va tenuto conto che, come spiegato nella relazione annessa alla proposta di
direttiva, i criteri devono adeguarsi ai vari tipi di modelli di impresa digitale, che sono
molto eterogenei tra loro.
(113) L’art. 3 della proposta di direttiva definisce “servizi digitali”: i servizi forniti
attraverso internet o una rete elettronica, la cui natura rende la prestazione essenzialmente
automatizzata e richiede un intervento umano minimo, impossibili da garantire in assenza
della tecnologia dell’informazione. Segue un’elencazione dettagliata dei servizi in questione.
La predetta elencazione dei servizi digitali, a parere di chi scrive, non può che avere valore
tassativo, salva interpretazione estensiva. Sulla differenza tra analogia ed interpretazione
estensiva si rimanda a V. Velluzzi, La distinzione tra analogia giuridica e interpretazione
estensiva, in AA.VV., Interpretazione giuridica e retorica forense, Milano, 2006, 133 ss.,
nonché F.V. Albertini, L. Cominelli, V. Velluzzi, (a cura di), Fisco, efficienza ed equità, Pisa,
2015; cfr. altresı̀ G. Marongiu, A. Marcheselli, Lezioni di diritto tributario, Torino, 2013; F.
Tesauro, Istituzioni di diritto tributario. Vol. I: parte generale, Milano, 2017.
(114) Il problema della delocalizzazione e della immaterialità di Internet, assieme alle
altre caratteristiche della globalità, immediatezza ed automaticità, lo rendono diverso da
qualsiasi altro mezzo di comunicazione. I bit, codici binari attraverso cui il world wide web
opera, sono basati su dati della fisica, senza alcun riferimento geografico e territoriale. In
punto di caratteristiche tecniche di Internet rilevanti giuridicamente e nozione di commercio
elettronico, si rinvia a U. Draetta, Internet e commercio elettronico nel diritto internazionale
dei privati, cit., 27 ss.
dottrina 639

all’interfaccia digitale per mezzo della quale sono forniti i servizi digita-
li (115). L’art. 5 della proposta di direttiva disciplina il trattamento da
riservare agli utili attribuibili alla presenza digitale significativa, attratti
“unicamente al regime di imposta sulle società” dello Stato in cui sussiste
una tale ipotesi di stabile organizzazione. Viene cosı̀ esclusa qualsiasi po-
testà impositiva concorrente e fattispecie di doppia imposizione, sotto il
profilo dell’imposizione diretta sul reddito della società. Il comma 2 del-
l’art. 5 specifica, anche a scopo antielusivo (116), che sono da considerarsi
utili attribuibili alla presenza digitale significativa o in relazione ad essa
quelli che la stessa avrebbe ottenuto qualora fosse stata un’impresa auto-
noma, avente ad oggetto attività identiche o analoghe, svolte per mezzo di
un’interfaccia digitale ed in condizioni similari, con particolare riguardo
alle relazioni con altre parti dell’impresa (117). Affinché la presenza digitale
significativa di un’impresa possa essere tassata in un’altra giurisdizione in
conformità del relativo diritto interno, è necessario stabilire i principi di
attribuzione degli utili a tale presenza digitale significativa. In tale ottica,
secondo la proposta, occorre affidarsi agli attuali principi per l’attribuzio-
ne degli utili ed all’analisi funzionale delle attività espletate, degli impegni
finanziari e dei rischi assunti da una presenza digitale significativa (118).

(115) Dovrebbe aversi riguardo, quindi, all’indirizzo IP del dispositivo informatico.


(116) In materia di imposizione diretta, le conclusioni della celeberrima sentenza resa
dalla Corte di Giustizia sul leading case Halifax (CGE, 21 febbraio 2006, causa C-255/02)
sull’abuso del diritto in materia di iva sono state applicate nella pronuncia CGE, 12 settem-
bre 2006, causa C-196/04, Cadbury-Schweppes. La decisione è stata commentata ex multis
da P. Piantavigna, Abuso del diritto fiscale nell’ordinamento europeo, Torino, 2011, 75 ss.; S.
Dorigo, Residenza fiscale delle società e libertà di stabilimento nell’Unione Europea, Padova,
2012, 159 ss.; E. Della Valle, Tassazione degli utili della società controllata e rispetto del
diritto di stabilimento, in Corr. trib., 2006, 3347; G.T.K. Meussen, Cadbury Schweppes: the
ECJ significantly limits the application of CFC rules in the Member States, in European
taxation, 2007, 13 ss.; M. Beghin, La sentenza Cadbury-Schweppes e il ‘malleabile’ principio
della libertà di stabilimento, in Rass. trib., 2007, 983; S. Cipollina, CFC legislation e abuso
della libertà di stabilimento: il caso Cadbury-Schweppes, in Riv. dir. fin., 2007, 3; S. Vrellis,
“Abus” et “fraude” dans la jurisprudence de la Cour de Justice des Communautès Europèennes,
in Liber Amicorum H. Gaudemet-Tallon, Paris, 2008, 638 ss. Vedasi, altresı̀, G. Maisto, La
Corte di Cassazione si pronuncia sulla compatibilità della disciplina italiana sulle Cfc con il
diritto dell’Unione europea e le convenzioni per evitare le doppie imposizioni (commento a
Cass. 16 dicembre 2015, n. 25281), in Riv. dir. trib. on-line del 23 febbraio 2016.
(117) La disposizione normativa specifica di tener conto, nel giudizio di comparazione
con un’impresa separata e indipendente, delle funzioni esercitate, degli attivi utilizzati e dei
rischi assunti.
(118) Va inoltre rimarcato che una parte significativa del valore di un’impresa digitale è
creata nel luogo in cui si trovano gli utenti e in cui sono raccolti e trattati i dati relativi a
costoro, ed in definitiva nel luogo in cui sono forniti i servizi digitali.
640 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

L’idea di fondo è che nei modelli d’impresa digitale, al fine di con-


sentire un’equa attribuzione degli utili alla presenza digitale significativa,
dovrebbe comunque consentirsi al soggetto passivo di utilizzare fattori e
metodi alternativi di ripartizione fondati sui risultati dell’analisi funzionale,
purché appropriati, conformi ai principi accettati a livello internazionale
ed osservanti una stretta correlazione con la creazione di valore.

9. - (Segue): la proposta di direttiva relativa al “sistema comune d’impo-


sta sui servizi digitali”
Accanto alla proposta di direttiva COM (2018) 147 final sulla “tassa-
zione delle società che hanno una presenza digitale significativa”, la Com-
missione europea ha presentato, in pari data, un’ulteriore proposta di
direttiva (119) avente ad oggetto l’istituzione di una web tax europea, de-
nominata “imposta sui servizi digitali” (ISD) (120), inizialmente munita di
carattere temporaneo e successivamente applicabile a regime (con l’aliquo-
ta del 3%) ai ricavi annuali lordi, al netto dell’iva e di altri tributi analoghi,
derivanti da alcune specifiche attività digitali, caratterizzate da un più
significativo contributo degli utenti alla creazione di valore per l’impresa
digitale: si tratta dei “servizi digitali” definiti dall’art. 3, par. 1, della

(119) Si tratta, in particolare, della “proposta di direttiva del Consiglio relativa al


sistema comune d’imposta sui servizi digitali applicabile ai ricavi derivanti dalla fornitura
di taluni servizi digitali” COM/2018/148 final – 2018/073 (CNS), consultabile in https://
eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX%3A52018PC0148. Sul tema, cfr. T.
Di Tanno, La web tax europea: una misura innovativa ed emergenziale, cit., 1531 ss.; M.
Leo, La tassazione dell’economia digitale sulle due sponde dell’Atlantico: spunti di riflessione
dalla circolare Assonime, cit., 3509-3510; M. Nieminen, The Scope of the Commission’s
Digital Tax Proposals, cit., 664 ss.; F. Telch, Ocse, Usa e Ue a confronto sulla fiscalità diretta
dei gruppi di imprese, cit., 31 ss.; A. Tomassini, A. Sandalo, L’iniziativa della Commissione
UE sulla tassazione dell’economia digitale, cit., 1395 ss.; F. Van Horzen, A. Van Esdonk,
Proposed 3% Digital Services Tax, cit., 267 ss.; M. Greggi, La tassazione dell’economia
digitale nel contesto europeo: la proposta di direttiva sulla Digital Services Tax, cit., 99 ss.;
A. Persiani, I tentativi di tassazione dell’economia digitale da parte del legislatore italiano:
dalla web tax all’imposta sui servizi digitali, cit., 215; J.F. Pinto Nogueira, The Compatibility
of EU Digital Services Tax with EU and WTO Law: Requiem Aeternam Donate Nascenti
Tributo, cit., 3 ss.; G. Corasaniti, La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito
internazionale e prospettive nazionali, cit., 1411 ss.; R. Succio, Digital economy, digital
enterprise e imposizione tributaria: alcune considerazioni sistematiche, cit., 2391 ss.; A.F.
Uricchio, Manuale di diritto tributario, cit., 375 ss.
(120) Cfr. A. Uricchio, W. Spinapolice, La corsa ad ostacoli della web taxation, cit., 457
ss.; A. Perrone, L’equa tassazione delle multinazionali in Europa: imposizione sul digitale o
regole comuni per determinare gli imponibili?, in Riv. trim. dir. trib., 2019, 1, 63 ss.; C.
Sciancalepore, Web tax e risorse proprie europee. Un connubio perfetto?, in Riv. telematica
dir. trib., 2019, 2, 576 ss.
dottrina 641

proposta di direttiva (vendita di spazi pubblicitari on-line; cessione di dati


generati dalle informazioni fornite dagli utenti; attività di intermediazione
digitale che consentono agli utenti di interagire tra loro, attraverso inter-
facce digitali multilaterali, per facilitare la vendita di beni e servizi).
In tal modo, il nuovo tributo europeo, a differenza della prima versio-
ne di web tax domestica, potrebbe realmente colpire solo specifiche tran-
sazioni digitali delle grandi multinazionali del web (121), assoggettando a
tassazione gli imponibili che sfuggono ai sistemi fiscali dei singoli Stati
membri e fornendo risposta a tre interrogativi di fondo: chi tassare, cosa
tassare e dove tassare (122).
Come emerge dalle prime bozze sul regime di tassazione europea del
settore digitale, una simile misura fiscale avrebbe l’ulteriore pregio di fare
affluire introiti direttamente al bilancio comunitario, rappresentando una
prima soluzione – finalizzata ad assicurare la stabilità finanziaria – all’au-
spicata riforma del sistema di finanziamento dell’Unione Europea (123).
Nell’ottica della proposta di direttiva, l’imposta sui servizi digitali
verrebbe riscossa dagli Stati membri in cui si trovano gli utenti e si appli-
cherebbe alle società (124) con ricavi annui complessivi, a livello mondiale,

(121) Cfr. E. Della Valle, La web tax italiana e la proposta di Direttiva sull’Imposta sui
servizi digitali: morte di un nascituro appena concepito?, cit., 1513.
(122) Cfr. C. Sciancalepore, Web tax e risorse proprie europee. Un connubio perfetto?,
cit., 576; C. Sciancalepore, Appunti sulla tassazione dell’economia digitale come nuova risorsa
propria europea, cit., 686. In argomento, cfr. anche I. Vacca, Web tax: il vero interrogativo
non è “cosa tassare” ma “chi può tassare”, in Assonime position paper, 2018, 1, 3 ss.
(123) Cfr. C. Sciancalepore, Web tax e risorse proprie europee. Un connubio perfetto?,
cit., 576-577, il quale richiama la Comunicazione della Commissione Europea del 21 marzo
2018 – COM (2018)146 final, intitolata “È giunto il momento di istituire norme fiscali
moderne, eque ed efficaci per l’economia digitale”, consultabile in https://eur-lex.europa.eu/
resource.html?uri=cellar:2bafa0d9-2dde-11e8-b5fe-01aa75ed71a1.0014.02/DOC_1&for-
mat=PDF. L’A. ricorda che il bilancio europeo è attualmente alimentato principalmente
«dalla c.d. risorsa basata sul Reddito Nazionale Lordo (RNL) ottenuta tramite l’imposizione
di un’aliquota uniforme all’ammontare del RNL e dalla c.d. risorsa iva determinata tramite
l’applicazione di un’aliquota standard applicata alla base imponibile armonizzata statistica-
mente (e non partendo dalle dichiarazioni tributarie) dell’iva di ogni Stato membro»; il
sistema delle risorse proprie è poi «completato da quelle tradizionali che riguardano emi-
nentemente i dazi doganali». Sul tema, cfr. M. Aulenta, Tax expenditures nelle imposte
erariali, in A.F. Uricchio, M. Aulenta, G. Selicato, La dimensione promozionale del fisco,
Bari, 2015, 81; C. Sciancalepore, Appunti sulla tassazione dell’economia digitale come nuova
risorsa propria europea, cit., 687 ss.
(124) In particolare, l’art. 4 della proposta di direttiva considera soggetti passivi del-
l’imposta sui servizi digitali le entità con ricavi superiori alle soglie citate e l’art. 2 intende
per entità «qualsiasi persona giuridica o istituto giuridico che svolge la propria attività
attraverso una società o una struttura trasparente ai fini fiscali», escludendo, dunque, dal
novero dei soggetti passivi le persone fisiche.
642 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

superiori a 750 milioni di euro e, a livello europeo, superiori a 50 milioni


di euro, in modo da esonerare le società di modeste dimensioni dal paga-
mento del tributo (piccole/medie imprese e start up, in relazione alle quali
il peso del tributo e gli oneri di compliance potrebbero generare effetti
destabilizzanti) (125).
Dunque, la soggettività passiva del tributo europeo, individuata nei
fornitori dei servizi imponibili, prescinderebbe dallo stabilimento dell’im-
presa digitale in uno Stato membro UE, essendo ancorata al mero supe-
ramento dei due parametri relativi all’ammontare dei ricavi lordi (mondiali
e comunitari) conseguiti nell’esercizio finanziario, entrambi indici espres-
sivi di capacità contributiva.
La prima soglia, riferita all’importo totale annuo dei ricavi su scala
mondiale, si spiega in quanto solo le imprese di grandi dimensioni deten-
gono posizioni consolidate di mercato che consentono di sfruttare le po-
tenzialità della rete, attraverso l’utilizzo dei big data, e di fondare i propri
modelli imprenditoriali sulla partecipazione degli utenti per trarre benefici
sul piano economico.
Per effetto di tali modelli di organizzazione, caratterizzati dalla capa-
cità di attrarre un elevato numero di utenti, si genera un divario tra il
luogo in cui avviene la tassazione e quello in cui viene creato il valore.
La seconda soglia, relativa all’importo totale annuo dei ricavi a livello
europeo, ha la funzione di circoscrivere l’ambito di applicazione dell’im-
posta sui servizi digitali alle ipotesi caratterizzate da un’impronta digitale
significativa in ambito UE.
Il luogo d’imposizione individuato dall’art. 5 della proposta di diretti-
va coincide con il territorio dello Stato membro nel quale gli utenti del
servizio imponibile si trovano nel corso del periodo d’imposta: esso non è
il luogo in cui viene effettuato il pagamento dei servizi imponibili, ma
quello che corrisponde all’indirizzo IP del dispositivo utilizzato per la
connessione, salva l’individuazione di un metodo di localizzazione più
accurato.
La ratio di questa scelta discende dalla necessità di introdurre un
criterio di allocazione dei poteri impositivi munito di razionalità: il valore
va tassato nel luogo di origine, ossia nello Stato in cui si trovano gli utenti,
dato che è la loro partecipazione che genera valore per l’impresa digi-
tale (126).

(125) Cfr. E. Della Valle, La web tax italiana e la proposta di Direttiva sull’Imposta sui
servizi digitali: morte di un nascituro appena concepito?, cit., 1511.
(126) Cfr. E. Della Valle, La web tax italiana e la proposta di Direttiva sull’Imposta sui
dottrina 643

Per scongiurare eventuali casi di doppia imposizione, il considerando


n. 27 della proposta di direttiva, qualora i ricavi assoggettati all’imposta sui
servizi digitali siano anche tassati ai fini delle imposte sul reddito, impone
agli Stati membri di consentire la deducibilità del primo tributo (come
costo) dall’imponibile del secondo, a prescindere dalla circostanza che le
due imposte siano versate nello stesso o in diversi Stati membri (127).

10. - I due pillars elaborati in sede OCSE e le prospettive future del-


la web taxation
Nel vigente sistema normativo, la tassazione dell’economia digitale
appare ancora un cantiere aperto, con una serie di proposte elaborate in
più ambiti – da ultimo, nel G7 dei Ministri delle Finanze, svoltosi a
Chantilly il 17 e 18 luglio 2019 e nel G20 di Riyadh, tenutosi il 21 e 22
novembre 2020 –, al fine di determinare un livello minimo di imposizione
effettiva, non necessariamente legato ai tradizionali indici di capacità eco-
nomica, per aprire la strada all’istituzione dei c.d. “non tributi” (128).
Peraltro, già nel febbraio 2019, l’OCSE, in un proprio rapporto de-
nominato “Addressing the Tax Challenges of the Digitalisation of the Eco-
nomy” (129), ha ribadito l’importanza di revisionare i criteri di collegamen-
to esistenti, focalizzando l’attenzione su tre modelli: la partecipazione del-
l’utente (c.d. “user partecipation”); l’attribuzione residuale degli utili (c.d.
“residual allocation of profits”); la presenza economica significativa (c.d.
“significant economic presence”) (130).
Mediante i primi due modelli, è riconosciuto il contributo dell’utente
alla creazione del valore nell’economia digitale (131), superando alcuni po-

servizi digitali: morte di un nascituro appena concepito?, cit., 1512; G. Fransoni, Web tax:
miti, retorica e realtà, in Riv. dir. trib., supplemento on-line del 5 aprile 2015.
(127) Cfr. E. Della Valle, La web tax italiana e la proposta di Direttiva sull’Imposta sui
servizi digitali: morte di un nascituro appena concepito?, cit., 1513.
(128) Cfr. C. Sciancalepore, Web tax e risorse proprie europee. Un connubio perfetto?,
cit., 578. Inoltre, sul tema, cfr. L. Carpentieri, La sovranità tributaria alla prova dell’Unione
europea e delle spinte federaliste interne, in A. Papa (a cura di), Le regioni nella multilevel
governance europea. Sussidiarietà, partecipazione, prossimità, Torino, 2016, 233 ss.
(129) Cfr. Oecd/G20, Base Erosion and Profit Shifting Project, Public consultation
document. Addressing the Tax Challenges of the Digitalisation of the Economy, 13 February
2019 – 6 March 2019, Paris, 2019, consultabile in https://www.oecd.org/tax/beps/public-
consultation-document-addressing-the-tax-challenges-of-the-digitalisation-of-the-economy.pdf.
Sul tema, cfr. P. Pistone, J. Nogueira, B. Andrade, The 2019 OECD Proposals for Addressing
the Tax Challenges of the Digitalization of the Economy: an Assessment, in International Tax
Studies, 2019, 2.
(130) Cfr. P. Pistone, Diritto tributario internazionale, cit., 37.
(131) Sul tema, cfr. F.A. Cimino, L’internet delle cose, la creazione del valore ed il
644 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

stulati dell’arm’s lenght principle (ALP) (132), e sono delineate le regole


relative all’attribuzione residuale degli utili (133). Il terzo modello, invece,
ricollega la potestà impositiva di una giurisdizione fiscale all’esistenza, nel
suo territorio, di una presenza economica significativa dell’impresa multi-
nazionale operante sul piano virtuale.
In tale contesto, durante il vertice dei Ministri delle Finanze che si è svolto
a Fukuoka (Giappone) l’8 e il 9 giugno 2019, in anticipazione del G20 di
Osaka del 28 e 29 giugno 2019, è emersa la volontà di condividere un modello
di tassazione dell’economia digitale, da adottare in tempi celeri, riprendendo i
due pilastri elaborati in sede OCSE il 28 e 29 maggio 2019 (134).
Il c.d. “Pillar One” (135), denominato “Unified Approach” (rectius, “Ap-
proccio unificato sul trattamento fiscale dell’economia digitale”), esplica una
funzione “riallocativa”, essendo volto a revisionare i criteri di collegamento e
di allocazione dei redditi, attraverso una modifica delle disposizioni sul
trasferimento degli utili infragruppo, anche in deroga all’arm’s lenght princi-
ple, e la predisposizione di nuove “nexus rules”, fondate sui concetti di
“partecipazione dell’utente”, “significativa presenza digitale ed economica”,
“approccio basato sulla distribuzione”, in modo da riconoscere potestà
impositiva alle giurisdizioni nel cui territorio sono localizzati i consumatori
e gli utilizzatori dei modelli di business digitalizzato (136).

Transfer Pricing: criticità e prospettive dei metodi utilizzati per l’applicazione del principio di
libera concorrenza, in Dir. e prat. trib. int., 2020, 4, 1393 ss.; M. Versiglioni, “Liquinomics” e
“Iva a doppia aliquota”: un discorso sulla «creazione di valore», cit., 87 ss.
(132) In argomento, cfr. A. Perrone, Tax competition e giustizia sociale nell’Unione
Europea, Milano, 2019, 42 ss.
(133) Cfr. P. Pistone, Diritto tributario internazionale, cit., 37-38.
(134) Cfr. C. Sciancalepore, Appunti sulla tassazione dell’economia digitale, cit., 687; G.
Corasaniti, La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito internazionale e
prospettive nazionali, cit., 1423-1424; G. Molinaro, Si definisce il quadro della tassazione
italiana della ricchezza connessa all’economia digitale, cit., 563-564.
(135) Cfr. Oecd/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, Programme of Work to
Devolop a Consensus Solution to the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the
Economy. Oecd/G20, Inclusive Framework on BEPS, Paris, 2019, consultabile in www.oec-
d.org/tax/beps/programme-of-work-to-develop-a-consensus-solution-to-the-tax-challenges-ari-
sing-from-the-digitalisation-of-the-economy.pdf, 9 ss. In argomento, cfr. T. Rosembuj, Digital
taxation: pillar one and two of the OECD, in A. Persiani (a cura di), La tassazione dell’eco-
nomia digitale tra sviluppi recenti e prospettive future, cit., 47 ss.; T. Di Tanno, OCSE: unified
approach nella tassazione delle attività digitali, cit., 657 ss.; P. Pistone, J. Nogueira, B.
Andrade, A. Turina, The OECD Public Consultation Document “Secretariat Proposal for a
‘Unified Approach’ under Pillar One”: An Assessment, in Bulletin for International Taxation,
2020, 1, 14 ss.
(136) Cfr. G. Corasaniti, La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito
internazionale e prospettive nazionali, cit., p. 1424.
dottrina 645

La proposta di “new taxing rights”, a cui è seguita una successiva


consultazione pubblica (137), attraverso l’adozione di scelte condivise, mira
a superare il criterio della stabile organizzazione, risalente agli inizi del XX
secolo, e a redistribuire le potestà impositive tra gli Stati, assoggettando a
tassazione, all’interno di un dato territorio, gli utili conseguiti dalle imprese
multinazionali (con ricavi superiori ad un determinato ammontare) in esso
operanti, anche in mancanza di una presenza fisica.
Il c.d. “Pillar Two” (138), denominato “Global Anti-Base Erosion Pro-
posal” (GloBE), per converso, tende a predisporre un sistema per assog-
gettare le multinazionali del web ad un livello minimo di tassazione glo-
bale, apportando modifiche alla normativa domestica ed alle disposizioni
dei trattati contro le doppie imposizioni, in modo da approntare strumenti
capaci di contrastare l’erosione delle basi imponibili e il trasferimento di
utili verso giurisdizioni a bassa (o nulla) fiscalità.
A tal fine, anche per il tramite di una consultazione pubblica (139),
sono state elaborate una serie di misure: l’adozione di una “income inclu-
sion rule” (140), disposizione di diritto interno che consentirebbe agli Stati
di assoggettare ad imposizione i redditi prodotti dalle stabili organizzazioni

(137) Cfr. Public consultation document, Secretariat Proposal for a “Unified Approach”
under Pillar One, 9 October 2019-12 November 2019, Paris, 2019, consultabile in www.oec-
d.org/tax/beps/public-consultation-document-secretariat-proposal-unified-approach-pillar-
one.pdf.
(138) Cfr. Oecd/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, Programme of Work to
Devolop a Consensus Solution to the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the
Economy. Oecd/G20, Inclusive Framework on BEPS, cit., 23 ss. In argomento, cfr. T.
Rosembuj, Digital taxation: pillar one and two of the OECD, cit., 85 ss.; M. Lane, GloBe:
learning the lessons of the past, in Lexology, 12 novembre 2019, consultabile in www.lexo-
logy.com; L. Parada, The GloBe puzzle: a debate way beyond use of financial accounts, in
MNE Tax – Multinational Group Tax & Transfer Pricing News, 18 novembre 2019, con-
sultabile in www.mnetax.com; P. Pistone, J. Nogueira, B. Andrade, A. Turina, The OECD
Public Consultation Document “Global Anti-Base Erosion (GloBE) Proposal – Pillar Two”:
An Assessment, in Bulletin for International Taxation, 2020, 2, 62 ss.; F. De Lillo, Introdu-
cing Pillar Two: Towards a Global Minimum Effective Tax Rate, in A. Perdelwitz, A. Turina,
Global Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative, Amster-
dam, 2021, 3 ss.; P. Pistone, A. Turina, The Way Ahead: Policy Consistency and Sustaina-
bility of the GLoBE Proposal, in A. Perdelwitz, A. Turina, Global Minimum Taxation? An
Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative, cit., 415 ss.
(139) Cfr. Public consultation document, Global Anti-Base Erosion Proposal (“GloBE”)
– Pillar Two, 8 November 2019-2 December 2019, Paris, 2019, consultabile in www.oec-
d.org/tax/beps/public-consultation-document-global-anti-base-erosion-proposal-pillar-
two.pdf.pdf.
(140) Cfr. V. Agianni, R. Offermanns, M. Schellekens, The Income Inclusion Rule, in A.
Perdelwitz, A. Turina, Global Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base
Erosion Initiative, cit., 55 ss.
646 diritto e pratica tributaria internazionale n. 2/2021

o dalle società estere controllate, in mancanza di una tassazione minima


effettiva nello Stato in cui tali redditi sono stati conseguiti; la predisposi-
zione di una “undertaxed payments rule” (141), norma domestica con cui si
verrebbe ad attribuire potestà impositiva allo Stato della fonte, per il
tramite di ritenute o precludendo deduzioni, con riferimento ai pagamenti
nei confronti di parti correlate, non assoggettati ad un livello minimo di
tassazione effettiva nello Stato di residenza del percettore; l’inserimento di
una “switch-over rule” (142), all’interno delle convenzioni contro le doppie
imposizioni, con cui si consentirebbe ad uno Stato di fruire del metodo del
credito d’imposta, in luogo di quello dell’esenzione, adottato in preceden-
za, ove i redditi prodotti da una stabile organizzazione o derivanti da un
asset immobiliare non siano assoggettati ad un livello minimo di tassazione
nello Stato della fonte; la previsione di una “subject to tax rule” (143), volta
a consentire o precludere l’applicazione delle disposizioni più favorevoli
previste dai trattati contro la doppia imposizione, a seconda che una
componente di reddito sia o meno assoggettata ad un livello minimo di
tassazione (144).
Malgrado le perplessità sollevate da alcuni Stati, che si sono risolte in
condotte di ostruzionismo (145), in considerazione della ratio perseguita, si

(141) Cfr. T. Morales, O. Popa, The Undertaxed Payments Rule, in A. Perdelwitz, A.


Turina, Global Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative,
cit., 133 ss.
(142) Cfr. L. Gerzova, B. Rodriguez, The Switch-Over Rule, in A. Perdelwitz, A. Turina,
Global Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative, cit.,
99 ss.
(143) Cfr. M. Alvarado, R. Offermanns, The Subject-to-Tax Rule, in A. Perdelwitz, A.
Turina, Global Minimum Taxation? An Analysis of the Global Anti-Base Erosion Initiative,
cit., 167 ss.
(144) Cfr. G. Corasaniti, La tassazione della digital economy: evoluzione del dibattito
internazionale e prospettive nazionali, cit., 1425-1426.
(145) È il caso degli Stati Uniti d’America, la cui amministrazione governativa, durante
la presidenza Trump, in un recente report (Office of the United States Trade Representative
Executive Office of the President, Section 301 Investigation – Report on Italy’s Digital
Services Tax, January 6, 2021, consultabile al link: https://ustr.gov/sites/default/files/enfor-
cement/301Investigations/Report%20on%20Italy%E2%80%99s%20Digital%20Service-
s%20Tax.pdf), ha mosso alcune critiche all’imposta sui servizi digitali italiana, ritenendola
una forma di prelievo irragionevole e discriminatoria nei confronti delle imprese digitali
statunitensi, oltre che in contrasto con i principi di diritto tributario internazionale, in
ragione della tipologia di servizi che scontano l’imposizione e del riferimento all’ammontare
dei ricavi, piuttosto che al reddito. Da ultimo, con l’avvento della nuova amministrazione
statunitense, sembrano essere venuti meno gran parte dei veti sollevati in precedenza. Sul
punto, cfr. M. Rizzi, Web tax, gli Usa avviano indagine sull’Italia, in ItaliaOggi, 4 giugno
2020, 31; M. Rizzi, Webtax, gli Usa contro tutti. Ocse: rischio di misure unilaterali e caos
impositivo, in ItaliaOggi, 19 giugno 2020, 31; F. Fubini, Ecco la lettera Usa ai governi
dottrina 647

auspica che le proposte avanzate dall’OCSE (146) possano essere imple-


mentate e ricevere attuazione quanto prima, attraverso un accordo multi-
laterale sulla tassazione delle multinazionali digitali, come, peraltro, recen-
temente ribadito nel vertice G20 di Riyadh del 21 e 22 novembre
2020 (147) e nell’incontro tra i Ministri delle Finanze e i Governatori delle
Banche Centrali dei Paesi G20, che si è svolto, in modalità virtuale, con
base a Roma, il 26 febbraio 2021, sotto la guida della presidenza italiana
del G20 (148).
Anche il Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2021 ha confermato
l’indifferibilità di un intervento in materia di web taxation, da condividere
in sede OCSE, sul presupposto che gli obiettivi della trasformazione digitale
e della sostenibilità saranno i pilastri della ripresa post pandemica (149).

ANTONIO FELICE URICCHIO


SALVATORE ANTONELLO PARENTE (*)

europei: «Guerra sulla web tax». Rottura vicina, in www.corriere.it/esteri/premium/20_giu-


gno_20/ecco-lettera-usa-governi-europei-guerra-web-tax-rottura-vicina-bc7558ee-b337-11ea-
8839-7948b9cad8fb_preview.shtml?reason=unauthenticated&cat=2&cid=271524241&pid-
s=PO&credits=1&origin=https%3A%2F%2Fwww.corriere.it%2Festeri%2Fpre-
mium%2F20_giugno_20%2Fecco-lettera-usa-governi-europei-guerra-web-tax-rottura-vicina-
bc7558ee-b337-11ea-8839-7948b9cad8fb.shtml.
(146) Oecd, Statement by the OECD/G20 Inclusive Framework on BEPS on the Two-
Pillar Approach to Address the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Econo-
my, Paris, January 2020, consultabile in www.oecd.org/tax/beps/statement-by-the-oecd-g20-
inclusive-framework-onbeps-january-2020.pdf; Oecd, OECD Secretary-General Tax Report to
G20 Finance Ministers and Central Bank Governors, Paris, July 2020, consultabile in
www.oecd.org/tax/oecd-secretary-general-tax-report-g20-finance-ministers-july-2020.pdf.
(147) Cfr. Leaders’Declaration G20 Riyadh Summit November 21-22, 2020, in www.i-
lo.org/wcmsp5/groups/public/@dgreports/@dcomm/documents/meetingdocument/
wcms_761761.pdf.
(148) Cfr. www.g20.org/it/prima-riunione-ministri-finanze-e-governatori-banche-centrali-
g20.html.
(149) Cfr. N. Bilotta, Il Consiglio Europeo tra vaccini e digitale, in www.ispionline.it/it/
pubblicazione/il-consiglio-europeo-tra-vaccini-e-digitale-29735; F. Meta, Digital tax, trattativa
Ocse e proposta autonoma: la Ue lavora su un doppio binario, in www.corrierecomunicazio-
ni.it/digital-economy/digital-tax-la-ue-lavora-su-un-doppio-binario-ecco-le-novita/; F. Meta,
Web tax e sovranità digitale, il Consiglio Ue: “Pilastri della ripresa europea”, in www.corrie-
recomunicazioni.it/digital-economy/digital-tax-e-sovranita-digitale-il-consiglio-ue-pilastri-della-
ripresa-europea/.
(*) I parr. 1, 2, 3, 4 e 8 sono di Antonio Felice Uricchio. I parr. 5, 6, 7, 9 e 10 sono di
Salvatore Antonello Parente.

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