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Sbobina diritto tributario internazionale 08/03

La scorsa settimana ci eravamo lasciati quasi alla fine dell'introduzione al


nostro caso di studio sulla tassazione dell'economia digitale, abbiamo visto le
sue caratteristiche essenziali e abbiamo visto come si stia provando ad
elaborare a livello internazionale una serie di iniziative per affrontare questo
tema che appare sfuggire all'applicazione delle regole tradizionali del diritto
tributario e del diritto tributario internazionale. Ci era rimasto il tema delle
iniziative unilaterali: la tassazione dell'economia digitale passa indubbiamente
dai consensi delle nazioni (Ocse e Unione Europea); si stanno moltiplicando
gli interventi normativi unilaterali da parte di singoli stati perchè i documenti
analizzati la scorsa settimana davano atto di questa tendenza ma ne davano
atto con preoccupazione. L'Unione Europea in particolare sottolineava che le
iniziative da parte di singoli stati se possono essere comprensibili perchè
mirano da parte dello stato a riappropriarsi del potere fiscale su fenomeni che
apparentemente sembrano sfuggire a questo potere, è però un fenomeno
pericoloso perchè rischia di frammentare l'unità di interventi e di vedute di
vari stati e sopratutto perchè alcuni stati si muovono in un certo senso, altri si
muovono in altro, altri non si muovono affatto; questa diversità di approccio
secondo l'Unione Europea rischia di creare ulteriori disarmonie entro le quali i
soggetti più organizzati riescono a continuare ad ottenere i vantaggi fiscali
che finora sono riusciti a realizzare.
Qualche stato si è mosso, nonostante questo, nella consapevolezza della
impasse che sta bloccando le iniziative sia a livello Ocse sia a livello
dell'Unione Europea: per esempio la Francia è stato forse il primo stato al
mondo ad introdurre una propria web tax , cioè una propria disciplina volta a
sottoporre ad imposizione i ricavi, a lordo dei costi, delle multinazionali digitali
realizzati attraverso un collegamento con il territorio francese. Questa è stata
una iniziativa che ha destato scalpore perchè proprio a fronte di questa
iniziativa della Francia gli Stati Uniti, al tempo ancora dell'amministrazione
Trump, hanno reagito con durezza (non dimentichiamoci che Google come
tutti gli altri esempi hanno al vertice come primo elemento una casa madre
che sta negli Stati Uniti, quindi il collegamento di questi fenomeni con gli Stati
Uniti è molto forte) al tentativo della Francia di introdurre una web tax dicendo
che questo danneggiava gli interessi economici degli Stati Uniti e
minacciando pesanti dazi nei confronti della Francia se avesse portato avanti
questa iniziativa. La prima slide della scorsa settimana (accordo in sede G20)
è importante proprio per questo, perchè sembra che gli Stati Uniti abbiano
finalmente abbandonato questa posizione. Tra gli altri interventi va fatta una
menzione anche all'Italia che apparentemente si è mossa con grande
anticipo , a detta di molti ha realizzato in tempi brevi quell'assetto pensato ma
non attuato dall'unione europea (due proposte di direttiva 147 e 148 del 2018
dell'Unione Europea, la 148 che prevede una soluzione transitoria, un'imposta
che grava sui ricavi riconducibili ad un certo ordinamento delle multinazionali
digitali e la 147 una soluzione a regime attraverso l'introduzione di un nuovo
criterio di collegamento della significativa presenza digitale).
L'Italia ha realizzato questo assetto a prescindere dall'esito della situazione
europea perchè da un lato con la legge di bilancio del 2018, a partire dagli
inizi del 2019, è stata introdotta una nuova fattispecie di stabile
organizzazione , la lettera F bis dell'art.172 del TUIR che afferma che esiste
nel nostro ordinamento una stabile organizzazione anche in presenza di una
significativa presenza economica di un soggetto non residente. Altra iniziativa
dell'Italia la abbiamo con la legge di bilancio 2019 con la quale è stata
introdotta una ulteriore forma di tassazione sui servizi digitali, che è
sostanzialmente la trasposizione nel nostro ordinamento della soluzione
transitoria prevista dalla proposta di direttiva 148 dell'Unione Europea; tra
l'altro l'imposta sui servizi digitali è già entrata in vigore ma il primo
versamento da parte delle multinazionali interessate deve avvenire in queste
settimane, quindi siamo proprio all'inizio dell'applicazione di questa normativa
che è unilaterale ma è largamente ricalcata sul modello europeo (infatti il
legislatore italiano ha detto che quando la direttiva entrerà in vigore l'Italia
sarà già pronta). Le reazioni dunque sono state molteplici e davanti ad un
apparente stallo sul piano nazionale si moltiplicano le iniziative unilaterali, che
però lasciano abbastanza incerto il quadro. Si è detto per esempio che
l'introduzione dell'imposta sui servizi digitali da parte dell'Italia avrebbe fatto in
modo che molti operatori scappassero dall'Italia.
Questo concludre il nostro quadro iniziale, la nostra panoramica che dovrà
essere il nostro punto di riferimento costante nel corso delle lezioni perchè è
un caso di studio al quale faremo riferimento per comprendere tutti gli
elementi importanti del diritto tributario internazionale.
Oggi iniziamo con uno di questi temi classici del diritto tributario
internazionale, quello delle fattispecie con elementi di estraneità, rimanendo
fedeli al nostro metodo di lavoro. Partiamo dal caso concreto e da lì proviamo
a farci un'idea di cosa stiamo trattando.
Partiamo nuovamente dal nostro caso di studio e in queste due slide (regole
tradizionali del DTI vs sfide dell'economia digitale e seguenti) il Professore ha
riportato alcuni brani dell'Ocse relativi al progetto Beps: Ocse è
l'organizzazione per lo sviluppo economico, è un'organizzazione
internazionale dove siedono molti degli stati c.d. evoluti da un punto di vista
economico, organizzazione che da più di sessanta anni si occupa della
crescita economica finanziaria a livello globale, dedica molta attenzione al
tema della fiscalità. Il progetto BEPS (Base erosion and profit shifting) è il
progetto attraverso il quale l'Ocse non da sola ma insieme ad altri stati in via
di sviluppo ha elaborato delle linee guida per provare a portare gli stati e la
comunità internazionale nel suo complesso ad adottare delle norme uniformi
per combattere il fenomeno dell'evasione e di elusione fiscale. Il progetto
BEPS è durato dal 2013 a 2015 ed era partito con una serie di documenti che
individuavano i problemi, quindici documenti che corrispondevano ad
altrettante azioni ed ogni azione si occupava di un certo tema ritenuto
problematico. Al termine del lavoro della prima fase del BEPS nel 2015 è
stato pubblicato il final report che ha avuto ad oggetto ciascuna delle azioni,
indicando la posizione conclusiva di questa prima parte del lavoro dell'Ocse
relativamente a ciascuna delle azioni previste. Questa prima slide (regole
tradizionali del DTI vs sfide dell'economia digitale) riguarda proprio il final
report dell'action one , dell'azione uno che è quella che aveva riguardo alla
tematica della tassazione dell'economia digitale. Questo passaggio che vi ho
tratto da questo documento è interessante perchè introduce una serie di
concetti classici del diritto tributario in un'ottica problematica, cioè nell'ottica di
crisi e necessità di ripensamento di questi temi alla luce della evoluzione
dell'economia digitale.
Giuridicamete che cosa è questo final report? E' una fonte del diritto? Questo
è uno dei grandi temi che ha accompagnato i lavori del BEPS poichè erano
pensati originariamente come delle forme di soft law , di diritto non codificato,
di raccomandazione rivolte agli stati senza un valore vincolante, però sono
molto citati e quindi assuomono una autorevolezza che spesso neanche le
fonti formali hanno. Che efficacia giuridica hanno questi documenti? Ci
torneremo.
La frase iniziale di questo brano dice che l'esplosione dell'economia digitale
pone delle sfide per la tassazione internazionale; qui già si pone l'aspetto
problematico di come coinciliare le novità dell'economia digitale con le regole
esistenti. Questo brano ritorna sulle caratteristiche dell'economia digitale, per
esempio l'uso dei dati personali, lo sviluppo di modelli di business multisides,
cioè le piattaforme dove si mettono a disposizione free products, prodotti
apparentemente gratis ma dove il valore è legato al soggetto che, accedendo
a queste piattaforme, lascia i propri dati. E qui inizia la parte che ci interessa
di più, ci dice infatti alla quinta riga la difficoltà di determinare la giurisdizione
nella quale si verifica creazione del valore; in questi moelli di business
dematerializzati è difficile individare dove si colloca la creazione del valore e
quindi dove si deve collocae la potestà fiscale rispetto ai redditi che si
generano da quella creazione del valore. Continua dicendo che questa
situazione pone la questione fondamentale di come l'imprese dell'economia
digitale creano il valore e quindi generano i loro profitti e di come l'economia
digitale si rapporta con i concetti di fonte e residenza. Questo è il passaggio
fondamentale del diritto tributario internazionale, poichè si evoca il concetto di
residenza e di fonte. Due concetti sui quali il diritto tributario è nato, si è
sviluppato, dei capi saldi che oggi invece sono oggetto di ripensamento alla
luce di un contesto completamente diverso.
L'altro brano lo troviamo nella slide numero 3 (action 1- address the tax
challenges of the digital economy), tratto non dal final report ma dal rapporto
iniziale dell'azione 1 del 2013 che introduceva i problemi, che sarebbero stato
oggetto di discussione dal BEPS; la tematica è la stessa, l'obiettivo che ci si
poneva nell'action one era identificare le principali difficoltà che l'economia
digitale pone per l'applicazione delle norme fiscali esistenti e poi si dice che i
temi da esaminare includono la possibilità di una società di avere una
significativa presenza digitale nell'economia di un altro paese senza essere
assoggettata ad imposizione a causa della mancanza di un collegamento
rilevante secondo le norme di diritto internazionale vigenti. Ecco la tematica,
cioè come faccio a ritenere che uno stato possa assoggettare il reddito di
un'impresa digitale ad imposizione se le regole tradizionali in vigore del diritto
tributario internazionale non si applicano in modo semplice a questa
situazione. Qui si identifica il problema di dove collocare la potestà tributaria
rispetto a fattispecie che con i concetti tradizionali di fonte e di residenza
sembrano non stare bene.
Questi due brani sono significativi perchè mostrano con chiarezza il problema
ma mettono in evidenza una insicurezza, il problema lo abbiamo individuato
ma il tema è come si fa a regolamentarlo perchè quelle regole tradizionali
sulle quali il diritto tributario internazionale si è appoggiato per anni non
sembrano più efficienti. C'è un disallineamento tra la situazione di fatto da
regolamentare e le regole applicabili che ha consentito alle multinazionali
digitali di ottenere vantaggi fiscali enormi che oggi deve essere risolta. Alla
luce di questa fotografia torniamo al nostro schema , dobbiamo conoscerlo a
memoria poichè partiremo da qui.
Slide caso google: abbiamo una società americana Google inc. che ha
compiuto le attività di ricerca e sviluppo, che ha generato l'algoritmo che
rende il motore di ricerca veloce e completo, è la società che sta negli Stati
Uniti da cui l'intero business è reso possibile. Poi abbiamo Google Irlanda
holdings che è incorporata in Irlanda ma con sede di amministrazione alle
Bermuda che ottiene in licenza l'utilizzo pagando una royalty e collocandosi
in un paradiso fiscale dal punto di vista della tassazione dei redditi. Questa
Google Irlanda ha pochissimi dipedenti poichè di fatto non svolgeva nessuna
attività industriale in senso stretto, si limitava a prendere la licenza e poi a
darlo in liceza al livello sottostante rappresentato dall'Olanda, che prende a
sua volta in sub licenza e paga una royalty e cede in sub licenza a google
Irlanda che è molto diversa da Google Irlanda holdings poichè Google Irlanda
limited è una realtà industriale vera e propria, ha tanti dipendenti, investe in
ricerca e sviluppo quindi è società che ha una sua struttura, che giustifica
l'attività che compie che è l'attività di organizzare e gestire i motori di ricerca
di Google nei vari paesi. Ultimo step la Francia, dove abbiamo una società
locale che si limita a procacciare soggetti che vogliono fare pubblicità sul sito
di Google, questi soggetti pagano il contratto a Google Irlanda la quale a sua
volta riconoscerà un compenso per questa attibità alla società francese.
Così riassunto il nostro caso di studio , secondo noi in questo schema dove
sono gli elementi di peculiarità? Dove è che c'è qualcosa che non torna?
Pietro dice che la cosa strana è la società olandese nel mezzo alle due
irlandesi. Cosimo dice che è strana la struttura ibrida della prima società
irlandese con sede dell'aministrazione alle Bermuda e l'accordo bilaterale tra
Irlanda e Olanda al fine di non pagare le imposte.
Se noi fossimo stati dei consulenti legali di Google Inc e questo ci avesse
detto di voler fare il sito in Francia, quale cosa avremmo consigliato? Matteo
dice che la cosa che lascia perplessi dal punto di vista giuridico è lo schema a
catena, cioè questa cessione di diritti che permettono qualcosa che sarebbe
stato molto semplice....(problemi di audio). Il Professore dice che la cosa più
semplice che Google Inc creava il suo sito in Francia, pagato dall'operatore
che voleva mettere la pubblicità sul sito francese e assoggettava ad
imposizione negli Stati Uniti questo reddito. Il problema lo abbiamo visto la
scorsa volta perchè questo avrebbe comportato di tassare tutto questo reddito
in un sistema fiscale oneroso per le imprese e quindi la prima cartteristica è
che qui abbiamo uno spezzettamento di una operazione abbastanza semplice
in tanti passaggi poco necessari dal punto di vista economico con un obiettivo
fiscale.
L'altro profilo che emerge da questa situazione è la pluralità degli stati
coinvolti perchè nello schema semplice di prima sarebbero stati coinvolti al
massimo due stati, cioè Stati Uniti e Francia; qui invece abbiamo una catena
di stati coinvolti, quindi l'intervento di più giurisidizioni. Questi due elementi
che emergono con grande evidenza in questo caso di studio ci consentono di
introdurre uno dei temi classici del diritto tributario internazionale, cioè quale è
l'oggetto del diritto tributario internazionale? Quando all'esame vi chiederò
quale è l'oggetto del diritto tributario internazionale, la risposta dovrà essere:
tenendo presente questo schema, l'oggetto sono le fattispecie con elementi di
estraneità, cioè quelle fattispecie che come nel caso Google vengono a
coinvolgere una pluralità di ordinamenti statali diversi nello svolgimento di una
operazione economica.
Primo profilo del diritto tributario internazionale, cioè l'essere questa materia
relativa non a fattispecie riferite ad un solo ordinamento ma che hanno
collegamenti con più ordinamenti ( fattispecie con elementi di estraneità).
Nella visione tradizionale del fenomeno del diritto tributario internazionale,
prima della esplosione dell'economia digitale, la regola erano le fattispecie
interne e l'eccezione le fattispecie con elementi di estraneità perchè
l'economia era diversa; ora più che mai con questi modelli di business
dematerializzati, come quelli dell'economia digitale, il rapporto di forza si è
ribaltato , cioè la regola sono le fattispecie con elementi di estraneità (qualche
tipo di collegamento con altri stati c'è sempre, esempio Amazon, società in
Lussemburgo).
Nel caso Google abbiamo una pluralità di collegamenti della fattispecie con
una serie di ordinamenti: Stati Uniti dove è stato sviluppato l'algoritmo,
l'Irlanda e l'Olanda. Qui si tocca con mano che siamo in presenza di una
fattispecie che si collega con una pluralità di ordinamenti diversi. La
peculiarità del diritto tributario internazionale sta proprio in questo, cioè nel
suo oggetto: il diritto tributario internazionale ha ad oggetto le fattispecie con
elementi di estraneità, a prescindere dalle norme che sono chiamate a
regolamentare queste fattispecie, che per ironia potrebbero anche essere
tutte norme interne. Nel TUIR ci sono una serie di norme che si è dato in
modo autonomo il legislatore italiano che regolamentano fattispecie che
trovano il loro collegamento anche al di fuori del nostro territorio, quindi sono
norme interne che però si applicano a fattispecie con elementi di estraneità.
Queste norme interne sono norme di diritto tributario internazionale perchè
questo può essere anche fatto solo da norme interne, quello che conta è
l'estraneità della fattispecie, quindi conta l'elemento oggettivo. Poi è vero che
nella maggior parte dei casi la fattispecie con elementi di estraneità sarà
regolamentata da norme estranee all'ordinamento ma questo è indifferente;
quello che conta è la fattispecie in sè, non conta l'internazionalità della
disciplina che si applica a quella fattispecie.
Torniamo ancora al caso Google, qui c'è una fattispecie con elementi di
estraneità perchè vi sono più ordinamenti ma che trova la sua disciplina
concreta in fonti di tipo diverso: gli Stati Uniti assoggetteranno ad imposizione
secondo le proprie regole interne il reddito di Google Inc che è dato dai
dividendi, Google Irlanda applicherà le proprie regole interne in tema di
residenza e quindi riterrà che questa società è fiscalmente residente nelle
Bermuda, Google Francia farà la stessa cosa. Quindi una parte della
disciplina fiscale di questa fattispecie trova la sua fonte in norme interne ad un
singolo stato ma poi ce ne è una parte che riguarda norme internazionali:
pensiamo Google Irlanda nel passaggio attraverso Google Olanda, si avrà
l'applicazione di norme internazionali (es. convenzione contro la doppia
imposizione). Nell'esempio Google, chiara fattispecie con elementi di
estraneità, convivono sia fonti interne al singolo ordinamento sia fonti
internazionali.
Domanda di Sara: agli Stati Uniti che si oppongono a queste web tax, alla loro
amministrazione finanziaria va bene che i redditi arrivino alle Bermuda?
Perchè negli Stati Uniti arriva poco.
Risposta: Gli Stati Uniti tendono a difendere le proprie imprese ovunque esse
si trovino, è una scelta politica anche se non se ne ha un vantaggio
economico. Infatti con la riforma Trump del 2017 erano state introdotte una
serie di misure volte a consentire il ritorno di questi capitali sparsi per il mondo
e quindi la tassazione negli Stati Uniti ma con un vantaggio fiscale: chi
rientrava negli Stati Uniti lo faceva avendo la certezza di pagare poco o
niente. Anche qui difesa delle aziende americane.
Slide "L'oggetto del DTI: le fattispecie con elementi di estraneità"
Le fattispecie con elementi di estraneità sono fattispecie che sono
problematiche per tutti gli operatori che si collocano nell'ambito del dti e questi
problemi sono diventati esplosivi negli ultimi anni perchè in passato i casi di
fattispecie con elementi di estraneità erano pochi quindi anche il loro peso
nelle scelte dei sistemi fiscali dei vari paesi era un peso relativo. Oggi invece
con l'avvento dell'economia digitale il panorama è cambiato, le fattispecie con
elementi di estraneità sono la regola e quindi regolamentare queste
fattispecie è diventato sempre più importante per tutti i soggetti.
Esempio, poniamoci nell'ottica degli stati: è chiaro che se una fattispecie è
tutta interna al territorio di uno stato, quello stato sa bene che nessun altro
stato potrà vantare una pretesa su quella stessa fattispecie. Se invece siamo
in presenza di una fattispecie con elementi di estraneità (connessione con
almeno due ordinamenti) vuol dire che ci sarà la tendenza di ciascuno degli
stati coinvolti a voler attrarre quella fattispecie sotto le proprie norme fiscali
per poter avere il relativo gettito. Questo comporta che rispetto ad una
fattispecie con elementi di estraneità si abbia il rischio di concorrente pretesa
fiscale da parte di più stati e quindi il fenomeno della doppia o plurima
imposizione. Quindi le fattispecie con elementi di estraneità pongono il tema
dell'esercizio della potestà impositiva da parte dei vari stati che in qualche
modo sono collegati a quella fattispecie.
Dall'altra parte, dal punto di vista delle imprese in particolare le multinazionali,
è ovvio che le fattispecie con elementi di estraneità possono costituire ad un
tempo una grande opportunità ma anche un grande svantaggio: svantaggio
per quelle imprese il cui business non può essere facilmente spostato. Se io
sono un'impresa italiana che per avere il costo della mano d'opera più basso
vado in Romania, è chiaro che sono in presenza di una fattispecie con
elementi di estraneità e il rischio è quello della doppia imposizione, rischio che
l'imprenditore italiano ha difficoltà a risolvere perchè il mio business non si
può facilmente spostare (devo vendere gli immobili, licenziare i dipendenti
ecc, costi non sostenibili). Quindi per gli operatori che si occupano di un
business tradizionale il tema delle fattispecie con elementi di estraneità è il
tema della doppia imposizione, è un rischio che mi porto dietro quando ho un
business transnazionale: ricordiamo le tabelline che abbiamo visto la scorsa
settimana con il tax rate medio a livello dell'Unione Europea tra le imprese
tradizionali e le imprese della nuova economia, c'è una differenza in più tra
quelle imprese che svolgevano il lavoro solo a livello di un solo stato e quelle
a livello transnazionale perchè... (non si sente).
Per le multinazionali digitali il cui business è immateriale e quindi può essere
spostato da un ordinamento ad un altro senza fatica e senza spese, è ovvio
che le fattispecie con elementi di estraneità diventano un'opportunità perchè
ho la possibilità di collocare una parte della mia attività di impresa in
ordinamenti dove non c'è tassazione e quindi dove non solo non vi è la
doppia imposizione ma ottengo anche un vantaggio fiscale. Mentre la doppia
imposizione è sempre stata la tematica principale del diritto tributario
internazionale tradizionale, oggi le problematiche del dti dell'economia digitale
ruotano prevalentemente attorno al tema della non doppia imposizione.
Concentriamoci sulla possibilità che le multinazionali digitali di scegliere dove
collocare pezzetti del proprio business in funzione del vantaggio fiscale che
ne possono derivare.
Torniamo al caso Google: nell'esempio che abbiamo fatto abbiamo detto che
la Francia, anello terminale della catena, è uno stato nel quale gli effetti del
business di Google si vedono maggiormente perchè in Francia abbiamo il sito
locale, quindi accessibile e comprensibile agli utenti francesi, abbiamo
imprese che pagano Google per poter farsi pubblicità; nonostante questo in
Francia vengono assoggettati ad imposizione pochi ricavi. Dunque cosa
impedisce alla Francia di introdurre una legge fiscale attraverso la quale si
assoggettino a imposizione tutti gli utili che Google ottiene attraverso il sito
francese?
Questa domanda ci consente di introdurre l'argomento riguardante la potestà
impositiva ultraterritoriale, cioè una volta che abbiamo visto che oggetto del
dti sono le fattispecie con elementi di estraneità, si tratta di capire se esistano
allo stato attuale per il dti dei limiti per uno stato nell'assoggettare alle proprie
regole fiscali le fattispecie con elementi di estraneità ( esempio Google
Francia).
Tema fondamentale della nostra materia, che si comprende soltanto se si
colloca anche in un'ottica di evoluzione temporale perchè in una fase
originaria del diritto tributario prevaleva la concezione del tributo come
manifestazione del potere sovrano dello stato; in questa concezione originaria
il tributo si applica perchè il sovrano decide di applicarlo, quindi non c'è
bisogno di una giustificazione. In questo contesto è chiaro che lo stato,
rappresentato dal sovrano, è libero di assoggettare le proprie leggi anche a
fattispecie estranee, non c'è bisogno che questa manifesti un qualche tipo di
collegamento con l'ordinamento. Il problema sarà poi come attuare la norma
tributaria, ma non ci sono dei limiti imposti al sovrano, piena libertà dello stato.
Il discorso è cambiato con i sistemi costituzionali moderni quando il tributo ha
cambiato la sua giustificazione, quindi non è più tributo come espressione
della sovranità ma tributo come strumento per ripartire le spese pubbliche tra i
consociati: questo vuol dire che tra la norma che istituisce quel tributo e la
fattispecie a cui quel tributo si applica deve sussistere un legame. Si supera la
concezione tradizionale e si afferma il principio per cui le norme tributarie di
uno stato si applicano soltanto a quelle fattispecie che hanno un collegamento
con l'ordinamento. Questo profilo è rafforzato dal principio di capacità
contributiva quando nella Costituzione italiana si dice che il pagamento delle
imposte è giustificato dalla capacità contributiva si sta affermando proprio il
principio che tra fattispecie e norma dello stato che si vuole applicare a quella
fattispecie deve esserci un collegamento. Questo lo si comprende guardando
la funzione solidaristica del tributo: siccome il tributo è manifestazione di
solidarietà (art.2) è chiaro che a quel tributo saranno assoggettati i soggetti
oppure le situazioni di fatto che partecipano di quella struttura sociale entro la
quale si esprime il principio di solidarietà.
Quandi ci ponevamo la domanda sulla Francia, può farlo? Sì, se sussiste un
collegamento di quella fattispecie con l'ordinamento francese. Quindi il tema
si sposta su quali sono i criteri di collegamento che possono giustificare
l'applicazione delle norme tributarie del singolo stato ad una certa fattispecie.
Dire che le norme fiscali di uno stato si applicano ad una fattispecie che deve
avere un certo tipo di collegamento con l'ordinamento dello stato è dire tutto
ma anche dire niente perchè chi è che decide questi criteri di collegamento?
Non si sa se è il singolo stato a deciderli oppure se il dti allo stato attuale
ponga dei limiti nella individuazione dei criteri di collegamento rilevanti.
Su questo tema si torna a quello che abbiamo accennato all'inizio, in
particolare ai concetti di fonte e di residenza del brano del BEPS perchè sono
questi i concetti tradizionali che sono in discussione e che consentono di
delimitare l'esercizio della potestà fiscale da parte di uno stato su una
fattispecie con elementi di estraneità. Per quanto riguarda i criteri di
collegamento bisogna fare una precisazione storica perchè questo tema ha
subito una serie di evoluzioni nel corso del tempo in concomitanza con
l'evoluzione economica: in una prima fase il criterio di collegamento rilevante
era dato dal principio di territorialità, per cui di regola uno stato era libero di
esercitare la propria potestà fiscale su quelle fattispecie che si collocassero
all'interno del proprio territorio. Si giustificava in un'economia poco mobile. Il
principio di territorialità così inteso è entrato in crisi a partire dagli anni 60 del
secolo scorso con l'avvento della globalizzazione, quando l'economia diventa
più mobile. Si inizia dunque ad introdurre dei criteri di collegamento di tipo
soggettivo, cioè che prescindono dal territorio e che si collegano al soggetto,
cioè dove il soggetto svolge quella attività (principio dell'economic allegiance).
Prima dunque vi era il criterio di territoralità, cioè dove si colloca la fonte,
adesso invece ci sono i criteri di tipo soggettivo che sono essenzialmente
due:
1) residenza, guarda al dato sostanziale, dove si trova l'individuo o l'impresa;
2) cittadinanza, criterio soggettivo a cui fanno riferimento pochi stati (es. Stati
Uniti, il cittadino ovunque risieda nel mondo deve pagare le imposte agli Stati
Uniti in quanto cittadino, hanno l'idea che il proprio cittadino deve essere
difeso in qualsiasi stato si trovi).
Storicamente abbiamo l'emersione delle due grande fattispecie della fonte e
della residenza. In realtà questa dicotomia tra residenza e fonte negli
ordinamenti attuali non è più vera e propria perchè non si hanno più stati che
si basano esclusivamente sulla residenza o sulla fonte ma si ha una sorta di
unione tra questi due criteri che deriva dall'esigenza del singolo stato di
estendere il più possibile l'ambito di applicazione delle proprie norme fiscali:
per cui le norme fiscali si applicheranno al residente sui redditi ovunque
prodotti, al non residente per i redditi aventi la fonte nel territorio dello stato.
Quindi fonte e residenza tendono a convivere perchè in questo modo al
singolo stato conviene.
Questo assetto, che a tanti è parso un approdo definitivo del dti, è in realtà poi
entrato in crisi per due ragioni:
1) dematerializzazione della ricchezza, profilo che mette in crisi l'assetto
tradizionale perchè la ricchezza, in particolar modo nei redditi di capitale, nel
momento in cui può essere spostata sia in modo fisico che in modo
telematico, tende ad essere collocata in quegli ordinamenti dove la tassazione
è più bassa. Questo non accade per il reddito di lavoro dipendente o il reddito
fondiario perchè non li posso spostare.
2) avvento dell'economia digitale, il carattere fondamentale dell'economia
digitale è che ha ad oggetto beni che il più delle volte non sono beni tangibili,
sono beni immateriali e transazioni nelle quali non corre denaro.
Questa situazione rende difficile individuare dove si colloca il soggetto che
produce la ricchezza e quindi quali norme applicare.
Tornando al caso Google, dove stanno i soggetti? Dove è la fonte della
ricchezza? Quale è lo stato che avrebbe diritto ad assoggettare ad
imposizione i redditi?
Pietro dice gli Stati Uniti perchè lì è stato sviluppato l'algoritmo, Francesco la
Francia. Precisazione del Professore perchè in realtà la società francese si
limita soltanto a procacciare i clienti, chi gestisce il sito è la società irlandese
Google Irlanda limited. Il grosso che rappresenta la ricchezza di queste
multinazionali non sta nelle pubblicità ma nei dati, che possono essere grezzi
o profilati (già elaborato e contiene indicazione sulle preferenze del soggetto).
Perchè la Francia quindi non introduce delle norme? Perchè siamo di fronte
ad un fenomeno che non si sa bene dove si colleghi, dove sia il collegamento
rilevante, quello dal quale deriva il grosso dei redditi che poi devono essere
assoggettati ad imposizione e questo crea un problema rispetto ai criteri
tradizionali di residenza e fonte.

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