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25/11/2020

Proseguirei nella trattazione delle prove documentali e innanzitutto tornerei sulle scritture private.
Nel corso dell'analisi svolta ieri siamo partiti dalla lettera dell'art. 2702 cc:“la scrittura privata fa piena prova fino a
querela di falso della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è
prodotta ne riconosce la sottoscrizione ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”.

Dalla lettura di questa disposizione nonché del successivo art. 2703cc, in uno con gli artt 214 e 215 del codice di
procedura civile siamo arrivati a puntualizzare che: affinché possa configurarsi l'esistenza di una scrittura privata
occorre avere un documento che, a prescindere dal modo in cui è scritto, quindi se è autografo oppure una stampa, reca
una sottoscrizione, perché abbiamo detto che il documento, la scrittura che non è sottoscritta non è una scrittura privata,
è un foglio di carta, quindi è totalmente priva di qualsiasi efficacia probatoria.
Invece laddove la scrittura privata reca una sottoscrizione abbiamo precisato che la scrittura privata può intanto avere
efficacia probatoria, in quanto venga prodotta dalla controparte, quindi non può essere utilizzata dalla parte che l’ha
sottoscritta, ma soltanto dalla controparte.
Detto questo ricordiamo che se la scrittura privata reca una sottoscrizione autenticata dal notaio o da un pubblico
ufficiale autorizzato, in base alla previsione dell'art 2703cc allora la scrittura privata ha efficacia di prova piena fino a
querela di falso, quindi ha un’efficacia di prova legale fino a querela di falso. La stessa efficacia va riconosciuta alla
scrittura privata che pur recando una sottoscrizione non autenticata è stata riconosciuta espressamente o comunque non
è stata disconosciuta espressamente dalla controparte ai sensi degli artt. 214 e 215 del codice di procedura civile.
Invece abbiamo detto che se la scrittura privata reca una sottoscrizione non autenticata e viene disconosciuta in base a
quanto stabilito dal codice di procedura civile all'art 214 allora a seguito del disconoscimento immediato, la scrittura
privata è priva di qualsiasi efficacia probatoria, ma la parte che intende avvalersene ha un rimedio e cioè l’istanza di
verificazione, art. 216cpc, per il cui tramite chiedere un accertamento con autorità di cosa giudicata della veridicità e
dell'autenticità della sottoscrizione. Abbiamo poi chiarito che la scrittura privata con sottoscrizione, che è stata
verificata giudizialmente, ha efficacia di piena prova che non può essere demolita, distrutta neppure con la querela di
falso.
Naturalmente la scrittura privata secondo quanto abbiamo già chiarito ieri, svolge la propria efficacia di piena prova in
un ambito più ristretto rispetto all'atto pubblico, perché concerne unicamente la provenienza delle dichiarazioni da parte
di chi l'ha sottoscritta. Anche con riferimento alla scrittura privata vale tuttavia l’affermazione secondo cui l’efficacia di
prova legale riguarda soltanto l’estrinseco delle dichiarazioni, siano esse di volontà oppure di scienza, e non anche
l’intrinseco perché con riferimento all’intrinseco vale tutto quanto abbiamo già detto con riferimento all'atto pubblico.

QUERELA DI FALSO
Torniamo un momento sulla querela di falso che abbiamo detto è uno strumento per il cui tramite si può contestare la
falsità, si può contestare la falsificazione sia dell'atto pubblico sia della scrittura privata. Vi ricordate quel che è emerso
ieri è che l'atto pubblico è suscettibile di falso materiale oppure ideologico, nel senso che l'atto pubblico può essere sia
contraffatto materialmente, quindi si tratta di un atto che apparentemente è un atto pubblico ma che in verità o non è tale
perché è stato contraffatto il sigillo notarile o la firma del notaio oppure è un atto pubblico che però è stato alterato o è
stato modificato, ma l'atto pubblico può essere affetto anche da falso ideologico quando cioè il pubblico ufficiale o il
notaio hanno riportato nell'atto pubblico affermazioni o fatti diversi rispetto a quelli che le parti hanno svolto in sua
presenza. Invece la scrittura privata può essere oggetto solo di una falsificazione di tipo materiale.
Che cos'è la querela di falso? La querela di falso è un procedimento che vedremo può essere aperto sia in via incidentale
quindi nel corso del processo in cui evidentemente si vuole utilizzare il documento che si vuole aggredire, ma può
essere proposta anche in via principale.
Attraverso la querela di falso si chiede al giudice di accertare la falsità materiale o ideologica dell’atto pubblico o della
scrittura privata e l'effetto che deriva dall'accoglimento della querela di falso è quello di far venir meno l'efficacia di
piena prova che l'ordinamento stabilisce con riferimento all'atto pubblico e alla scrittura privata. Per quanto riguarda la
querela di falso proposta in via principale, intanto la querela di falso la trovate disciplinata dagli artt. 221 e seguenti
cpc., per quanto riguarda la querela di falso proposta in via principale si tratta di una domanda che si ritiene possa
essere avanzata a prescindere dalla utilizzazione del documento, cioè l'ordinamento ritiene che la sussistenza di
un'incertezza in ordine ad un certo documento quindi alla paternità del documento o all’integrità del documento o la
possibilità che in un futuro possa essere utilizzato contro un certo soggetto, fonda l'interesse ad aprire il processo a
cognizione piena. Si tratta di un processo che l'ordinamento affida alla competenza per materia del tribunale, lo
ritroveremo espressamente richiamato nell’art. 9 cpc, si tratta di una ipotesi in cui il tribunale decide in composizione
collegiale, quindi è una delle fattispecie richiamate dall’art 50bis del codice di procedura civile ed è un processo a cui
deve prendere necessariamente parte del pubblico ministero. La partecipazione del pubblico ministero si conferma che
si tratta di un processo in cui il legislatore rinviene un interesse pubblico, perché poi è questa la funzione del pubblico
ministero nel processo civile, cioè tutelare sempre l’interesse pubblico.
Con riferimento invece alle ipotesi in cui la querela di falso viene proposta in via incidentale evidentemente si fa
riferimento a casi in cui nel corso del processo si vuole utilizzare una delle parti, chiede l'acquisizione di un atto
pubblico o una scrittura privata. In questo caso la disciplina è diversa e l'apertura di questo procedimento, di questo
processo che quindi si apre parallelamente al processo originario, che è già in corso, è subordinata ad una serie di
condizioni.
Innanzitutto in base all'art. 221 cpc è necessario che la querela di falso sia proposta personalmente dalla parte oppure
da un suo procuratore speciale, si propone sempre con citazione oppure con, se mi seguite sul testo del codice piuttosto
semplice, con dichiarazione che può essere svolta in udienza e che viene riportata sul verbale dell’udienza e laddove
proposta con citazione si richiede che la parte personalmente oppure il difensore munito di procura speciale, la confermi
nella prima udienza successiva. La legge è chiara nel consentire la proponibilità di questa domanda in qualunque stato e
grado del giudizio finché la verità del documento, dice l'art. 221 cpc non sia stata accertata con sentenza passata in
giudicato.
A fronte della proposizione della querela il giudice deve procedere al cosiddetto interpello della parte che ha prodotto il
documento, quindi il giudice, art 222 cpc, si rivolge alla parte e le chiede se intende avvalersi del documento che viene
impugnato se, ci dice l'art. 222 cpc, la parte offre una risposta negativa allora il documento non è utilizzabile nella causa
e non si dà seguito alla querela di falso, mentre invece se la parte conferma di volersi avvalere del documento allora il
giudice, previa valutazione della rilevanza del documento, quindi è il giudizio di rilevanza che già conosciamo e che
sappiamo fa da filtro a tutte le richieste probatorie delle parti, il giudice autorizza la presentazione della querela nella
stessa udienza o in udienza successiva. Siccome la competenza è affidata al tribunale, si tratta di una competenza per
materia, se la domanda incidentale di querela di falso viene presentata nel corso di un processo che pende in primo
grado di fronte al giudice di pace o in appello di fronte alla Corte d’Appello allora in questo caso siccome la
competenza per materia non è derogabile, la legge stabilisce che ove le valutazioni del giudice hanno un esito positivo,
il giudice originario deve sospendere il processo in attesa che venga decisa la causa aperta con la querela di falso da
parte del tribunale. Questa previsione la ritrovate sia nell'art. 313 cpc con riferimento al processo che si svolge di fronte
al giudice di pace, sia nell’art. 355 cpc con riferimento al processo d’appello.
Quando viene proposta querela sia essa proposta in via principale quindi in via originaria oppure in via incidentale, la
parte deve proporre l'atto di citazione e indicare a pena di nullità gli elementi e le prove della falsità del documento.
Sulla querela di falso si è detto che decide sempre il collegio con sentenza, si tratta di una sentenza un pò particolare
perché già come abbiamo evidenziato parlando della istanza di verificazione, si tratta di una sentenza che ha ad oggetto,
che accerta con autorità di cosa giudicata, un mero fatto, un fatto giuridico che è la falsità del documento.
È importante ricordare anche a questo riguardo che così come abbiamo detto con riferimento all’istanza di
verificazione, questa domanda, questo accertamento è un accertamento che il giudice e parlo naturalmente delle ipotesi
in cui la querela di falso è proposta in via incidentale, non potrebbe mai svolgere incidenter tantum, quindi si tratta di un
accertamento che può essere svolto soltanto con autorità di cosa giudicata secondo le regole stabilite negli artt. 221 cpc
e seguenti. Quindi si tratta di una delle ipotesi che di solito vengono richiamate quando l'art. 34 cpc, nello stabilire la
regola generale secondo cui il giudice accerta la questione pregiudiziale senza autorità di cosa giudicata fa salve le
ipotesi in cui l'accertamento con autorità di cosa giudicata viene richiesto dalle parti oppure dalla legge. Questi sono due
casi in cui l'accertamento deve essere svolto con autorità di cosa giudicata per espressa previsione di legge. Il giudicato
che si forma sulla sentenza che accoglie la querela di falso è un giudicato che si ritiene abbia efficacia erga omnes,
questa regola viene estesa anche all’ipotesi in cui il giudicato è un giudicato invece di rigetto della querela di falso.
Quindi il giudicato che accerta la falsità o la non falsità del documento, si ritiene che sia un giudicato che ha efficacia
erga omnes, a prescindere dalle parti che hanno partecipato poi al relativo processo. Ora la disciplina che noi abbiamo
fin qui descritto di questi documenti, atto pubblico e scrittura privata, è una disciplina che ha per presupposto che si
tratti di scritture provenienti dalle parti, è possibile però che l'atto pubblico o la scrittura privata provenga da soggetti
terzi, si tratta di stabilire se possono essere utilizzati nel processo. In verità anche in questo caso corre distinguere
perché se questi documenti, queste scritture contengono dichiarazioni di scienza di terzi, abbiamo già detto più volte che
si tratta di dei documenti che sono privi di efficacia probatoria, perché la dichiarazione di scienza del terzo può essere
acquisita nelle forme rigide della testimonianza, disciplinata nel codice di procedura civile, se invece queste scritture
contengono dichiarazioni di volontà esse potranno valere nei confronti delle parti, del processo, quindi potranno provare
nei confronti delle parti del processo il contratto o il negozio che è stato posto in essere e che è rappresentato nella
scrittura fatto salvo quanto previsto nell'art. 2704 cc con riferimento al requisito della data certa. Abbiamo già visto
infatti che in base all'art. 2704 cc che è una norma che ha come scopo quello di evitare possibili collusioni a danno di
terzi “la data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo
ai terzi se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta
impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura e
riprodotto in atti pubblici o infine dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo
l’anteriorità della formazione del documento”.

SCRITTURE PRIVATE: SCRITTURE CONTABILI DELLE IMPRESE SOGGETTE A REGISTRAZIONE


Adesso sempre rimanendo sul codice civile andiamo ad esaminare una serie di ulteriori ipotesi di scritture private, vi
avevo già detto che in questa parte il codice risente un po' dell'epoca storica in cui è stato scritto, quindi si parla anche di
scritture che francamente nessuno di noi ha mai visto, quindi mi limito all'analisi delle disposizioni più importanti e in
questo senso vi chiederei subito di andare alla riprendere gli artt. 2709 e seguenti in tema di scritture contabili delle
imprese soggette a registrazione.
Il codice civile disciplina l'efficacia probatoria dei libri e delle cosiddette scritture contabili, il legislatore qui ha
effettuato una scelta fondamentale ovvero si tratta di scritture a cui viene riconosciuta un'efficacia probatoria ma si tratta
di prove soggette a libero apprezzamento del giudice quindi non si tratta di prove legali, dopodiché la disciplina è una
disciplina che contiene una distinzione molto importante nel senso che la legge stabilisce che i libri e le scritture
contabili hanno efficacia probatoria innanzitutto contro l’imprenditore, qui la legge stabilisce che i libri e le altre
scritture contabili delle imprese soggette a registrazione, con la limitazione del principio della inscindibilità, hanno
efficacia contro l’imprenditore, questo è l'art. 2709cc “i libri e le scritture contabili delle imprese soggette a
registrazione fanno prova contro l imprenditore tuttavia chi vuol trarne vantaggio non può scinderne il contenuto”.
Questo è il principio cosiddetto della inscindibilità. invece la norma successiva, l'art 2710cc, si occupa delle ipotesi
in cui i libri bollati e le scritture possono avere efficacia a favore dell'imprenditore. La norma stabilisce che “i libri
bollati e vidimati nelle forme di legge quando sono regolarmente tenuti possono fare prova tra imprenditori per i
rapporti inerenti all'esercizio dell'impresa”. Come vedete la norma contiene una limitazione molto importante perché
stabilisce che i libri bollati e vidimati possono essere utilizzati a favore dell’imprenditore solo e soltanto nelle
controversie fra imprenditori, quindi fra due o più imprenditori questo perché qui la norma attribuisce efficacia
probatoria anche in senso favorevole all’imprenditore, proprio tenendo conto della possibilità di effettuare un controllo
della corrispondenza delle scritture contabili, perché nei rapporti fra due soggetti entrambi tenuti alle scritture contabili,
soggetti all'obbligo di tenuta delle scritture contabili, se le scritture contabili sono regolarmente tenute è chiaro che c'è la
possibilità di effettuare un controllo perché con riferimento alla stessa operazione si dovrà, si potrà trovare un
riferimento naturalmente in senso opposto, nelle scritture dei due soggetti che hanno preso parte all’operazione. La
norma tiene conto della possibilità di effettuare questa verifica di corrispondenza e allo scopo di favorire, di incentivare
la tenuta regolare di questi libri, prevede che l'imprenditore che tiene regolarmente i libri li potrà utilizzare sia come
prove a proprio favore, sia per paralizzare l'efficacia probatoria delle scritture di un altro imprenditore, mentre gli
imprenditori che non assolve al suo obbligo di tenere regolarmente i propri libri, non potrà fare altrettanto, se la
controparte è un imprenditore che invece li tiene regolarmente. Questa previsione è una previsione come capite molto
importante.

COPIE DEGLI ATTI


Andiamo adesso ad esaminare invece gli artt. 2714cc e seguenti che si occupano delle cose dette copie degli atti.
Il codice disciplina l'efficacia probatoria delle copie perché molto frequentemente nel processo non vengono prodotte le
copie autentiche degli atti pubblici o delle scritture private, ma soltanto delle copie, quindi non l'originale ma una copia.
Qual è la regola fondamentale che il legislatore ha effettuato in queste disposizioni? La regola fondamentale la
ritroviamo nell’art 2717cc ed è la regola secondo cui la copia fa fede come l'originale del documento quando è un atto
pubblico o una scrittura privata rilasciata da un pubblico funzionario depositario dell’originale oppure di una copia che
sia competente a farlo e che osservi tutte le formalità mentre invece le copie di documenti che non sono depositate
hanno solo un valore di principio di prova per iscritto.
La disciplina codicistica effettua quindi una distinzione fondamentale tra le ipotesi in cui la copia autentica venga
rilasciata da un pubblico ufficiale che sia depositario del relativo originale e l'ipotesi in cui invece la copia venga
rilasciata da un pubblico ufficiale a cui l'originale venga soltanto esibito, quindi pubblico ufficiale in questo caso non è
depositario dell’originale, non ce l'ha nel suo archivio.
In base agli artt. 2714-2715cc si ha che le copie degli atti pubblici e delle scritture private che sono depositate presso
pubblici uffici e spedite da pubblici depositari, hanno la stessa efficacia probatoria dell'originale e questo perché
evidentemente si parte dal presupposto che la parte interessata possa sempre recarsi presso il pubblico depositario e
verificare la conformità della copia rispetto all'originale. Peraltro scusate integrazione di quanto appena detto, laddove
l'originale viene perduto le copie che sono spedite nelle modalità previste negli artt. 2714 cc e 2715 cc continuano ad
avere la stessa efficacia dell’originale purché non presentino delle cancellature, delle abrasioni, delle modifiche e allora
in questo caso prevede l'art. 2716 cc che saranno soggette al libero apprezzamento da parte del giudice. Invece,
secondo caso, se l'originale dell'atto non è depositato presso il pubblico ufficiale la copia ha un’efficacia probatoria più
ristretta, perché il codice parla di un principio di prova per iscritto. Questa è espressione è un'espressione che abbiamo
già incontrato, questo principio di prova per iscritto noi l'abbiamo già ritrovato quando ci siamo occupati dei limiti della
prova testimoniale, art 2724 cc. Diciamo che non è molto chiara il significato di questa espressione certamente significa
che si tratta di una prova soggetta libero apprezzamento del giudice, questo è certo, però non sono affatto chiari i
confini fra il principio di prova per iscritto ed altre figure che in un certo senso sono limitrofe per esempio le
presunzioni, per esempio l'indizio, per esempio la cosiddetta “semiplena probatio” qui fa riferimento l'art. 2736 numero
2 del codice civile in tema di giuramento suppletorio.
In base all'art. 2719 cc “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia di quelle autentiche se la loro
conformità con l'originale è attestata da pubblico ufficiale competente oppure se non è espressamente disconosciuta”.
In questa previsione rientrano anche le cose dette fotocopie, che sono la forma, la copia più frequente, più utilizzata,
mentre si ritiene che non rientrino in questa previsione le cosiddette copie che si sono formate attraverso un processo di
stampa computerizzata. Infatti, laddove la copia esce dalla stampante di un computer in pratica non si può parlare di una
copia fotografica o di una copia fotostatica del documento e quindi si ritiene che fuoriescano da questa previsione.
Pensate ad esempio agli estratti conto che sono prodotti dalle banche, oppure in generale a tutti i documenti che sono
frutto di una elaborazione computerizzata che fuoriesce da una banca. In generale in base all'art. 2719 cc alle fotocopie
ancora più generale quindi a queste copie fotografiche o fotostatiche di atti, di scritture viene riconosciuta la stessa
efficacia probatoria delle copie autentiche, se la loro conformità con l'originale, abbiamo detto, è attestata da un
pubblico ufficiale competente oppure non è espressamente disconosciuta. Se la loro conformità all'originale è attestata
da un pubblico ufficiale che è competente allora che se si vuole contestare questa conformità l'unica possibilità è la
querela di falso stante tutto quanto abbiamo detto precedentemente. Mentre invece se la loro efficacia probatoria passa
attraverso il mancato espresso disconoscimento della parte non è molto chiaro come è possibile contestare questa
conformità perché non è assolutamente pacifico che questo disconoscimento o questo mancato disconoscimento sia lo
stesso disconoscimento di cui agli artt. 214 e 215 del codice di procedura civile quindi disconoscimento previsto con
riferimento alle scritture private. Secondo la giurisprudenza si dovrebbe applicare l'art. 215 cpc quindi vuol dire che a
carico della parte viene posto l’onere di un di un disconoscimento espresso e immediato.
Invece c'è una parte della dottrina la quale ritiene che questo disconoscimento non è affatto soggetto ai termini e alle
modalità previste per il disconoscimento della scrittura privata, infatti si ritiene che in questa ipotesi l'oggetto del
disconoscimento sia diverso rispetto all'oggetto del disconoscimento degli artt. 214 e 215 perché in questa ultima ipotesi
già sappiamo che l'oggetto del disconoscimento è la propria sottoscrizione, è la sottoscrizione della parte contro cui la
scrittura privata e prodotta mentre invece in queste particolari ipotesi l'oggetto del disconoscimento è la conformità
della copia fotostatica all'originale della scrittura. Quindi in questa ipotesi, questa parte della dottrina ritiene che questo
disconoscimento sia svincolato dalle forme e dai termini soprattutto, degli artt. 214 e 215.
Inoltre si ritiene che anche in ipotesi di disconoscimento operato in base all'art. 2719, comunque il giudice sia libero di
accertare con altri mezzi di prova la conformità della copia all'originale, cosa che invece non è prevista assolutamente
con riferimento alla scrittura privata, perché abbiamo appena detto questa mattina che se la scrittura privata viene
disconosciuta l'unica possibilità per la parte che intende utilizzarla è quella di proporre istanza di verificazione.

RIPRODUZIONI MECCANICHE DEL DOCUMENTO


Andiamo adesso ad esaminare l'art. 2712 che si occupa delle riproduzioni meccaniche.
Ci dice la norma che “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e in
genere ogni altra rappresentazione meccanica di fatti o di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate
se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.
Ci troviamo di fronte ad una disposizione importante anche se problemi non sono pochi perché soprattutto è molto
difficile stabilire la linea di confine che passa tra questa previsione e invece la disposizione che abbiamo appena
esaminato cioè l'art. 2719 in tema di copie fotografiche delle scritture.
Certamente l'art 2712 cc pone a carico della parte contro cui vengono utilizzate queste riproduzioni un onere di
contestazione o di disconoscimento, è pacifico che questa disposizione quindi questo onere di contestazione e di
disconoscimento vale con riferimento non solo alle ipotesi espressamente richiamate nell’art 2712 cc, quindi si ritiene
che la elencazione non sia tassativa ma sia esemplificativa e quindi per esempio è pacifico che rientrano in questa
previsione anche le registrazioni digitali su per esempio CD rom oppure dvd. Detto questo ci sono però notevoli punti
oscuri anche con riferimento a questa disciplina anche in questo caso intanto non è affatto chiaro se questo
disconoscimento rientri nella previsione degli artt. 214 e 215 del codice di procedura civile, quindi non è affatto chiaro
se la parte contro cui queste riproduzioni vengono utilizzate ha l’onere di attivarsi nelle forme e nei termini stabiliti
negli artt. 214 e 215. Secondo, non è affatto chiaro se a seguito di disconoscimento la parte che intende avvalersi di
queste riproduzioni abbia l'onere, se intende utilizzarle, di proporre un'istanza di verificazione. Inoltre non è affatto
chiaro se una volta che il disconoscimento c'è stato possa comunque riconoscersi a questa riproduzione una efficacia
probatoria magari un’efficacia probatoria che passa attraverso il libero apprezzamento del giudice.

Secondo l'interpretazione preferibile anche in questo caso sarebbe opportuno tenere separate questa previsione dagli
artt. 214 e 215, anche perché, come abbiamo già osservato con riferimento all'art 2719, qui l'oggetto del
disconoscimento è molto diverso non ha ad oggetto la sottoscrizione della parte che contesta, che disconosce, ma ha ad
oggetto appunto la originalità di queste riproduzioni. Comunque in caso di contestazione è opportuno per questo
ritenere che questa riproduzione sia soggetta al libero apprezzamento del giudice, al quale deve essere aperta la
possibilità di procedere ad un accertamento incidenter tantum della veridicità, della fedeltà della riproduzione se del
caso ricorrendo ad un consulente tecnico, quindi ad un tecnico ci soffermeremo su questa figura fra poco. Questo anche
in considerazione del fatto che l'art 2712 è vero che più ci dice che in assenza di contestazioni o di disconoscimento
anzi in assenza di disconoscimento queste riproduzioni formano piena prova, ma non dice formano piena prova fino a
querela di falso e quindi si deve ritenere che si tratti di strumenti che comunque sono soggetti al libero apprezzamento
del giudice.

DOCUMENTI INFORMATICI
A integrazione di queste previsioni del codice, come vi dicevo ieri, dobbiamo dedicare diciamo un paio di minuti ai
cosiddetti documenti informatici, i documenti cosiddetti informatici, dove il documento informatico non è soltanto il
documento cartaceo che viene scannerizzato e trasmesso attraverso il computer in forma telematica, ma è un documento
che è generato e che viene conservato in forma digitale. Quindi è un documento con riferimento al quale non si ricorre
al supporto cartaceo, quindi un documento generato e conservato in via informatica. Naturalmente questo genere di
documenti pone dei problemi che sono completamente diversi rispetto a quelli posti dai documenti la cui disciplina si
rinviene nel codice civile, perché naturalmente gli strumenti per il cui tramite attribuire la paternità del documento
informatico ad una parte non possono essere quelli previsti dal codice civile con riferimento ai documenti cartacei. Così
come le problematiche legate a possibilità di alterazione, di modificazione sono completamente diverse rispetto a quelle
esaminate dal codice civile. Quindi è chiaro che queste questioni devono trovare una risposta sul piano informatico
quindi attraverso una serie di accorgimenti tecnici idonei ad assicurare da una parte la riferibilità del documento
informatico ad una certa parte e sotto un altro profilo degli strumenti che siano idonei a garantire la non possibilità di
alterazione del documento informatico. Come vi ho detto l'altra volta la disciplina del documento informatico non la
ritroviamo nei codici, nel codice civile nel codice di procedura civile, ma la ritroviamo nel codice
dell'amministrazione digitale, ovvero nel dlgs n. 82 del 2005.
Nell'art. 1 del codice dell’amministrazione digitale troviamo la definizione di documento informatico: “documento
informatico è il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente
rilevanti”.
Anche il documento informatico può essere sottoscritto ricordatevi il documento informatico è il documento che
prescinde totalmente dalla scrittura su carta, quindi anche il documento informatico naturalmente può essere
sottoscritto, ma la sottoscrizione dovrà essere una sottoscrizione in forma elettronica.
Al fine di rendere sicura la paternità del documento e al fine di garantirne l’inalterabilità il legislatore fa ricorso a delle
forme particolari di firma elettronica che evidentemente sono diversi dalla firma elettronica semplice, sono delle forme
qualificate, infatti si fa riferimento alla firma elettronica avanzata, alla firma elettronica qualificata e alla cosiddetta
firma digitale.
La firma elettronica avanzata viene definita nell’art. 3 n. 11 e nell'art. 26 di un regolamento dell'unione europea, il
regolamento n. 910 del 2014. In questa disposizione troviamo scritto che “la firma elettronica avanzata è una firma
che soddisfa una serie di requisiti: 1) è connessa unicamente al firmatario; 2) è idonea a identificare il firmatario; 3) è
creata mediante dati per la creazione di una firma elettronica che il firmatario può con un elevato livello di sicurezza
utilizzare sotto il proprio esclusivo controllo; 4) è collegata ai dati sottoscritti in modo da consentire l'identificazione di
ogni successiva modifica di dati”.
Anche la firma elettronica qualificata che è la seconda forma di firma elettronica che viene richiamata dal codice
dell'amministrazione digitale, è regolata dallo stesso regolamento europeo, il quale definisce come “una firma
elettronica avanzata creata da un dispositivo per la creazione di una firma elettronica qualificata (può essere ad
esempio una smart card, quindi sono strumenti che utilizziamo tutti noi) e che è basata su un certificato qualificato per
firme elettroniche”. Quindi è un certificato elettronico che viene rilasciato da un soggetto abilitato e che consente di
collegare in maniera univoca il documento al titolare e di confermare la sua identità.
Invece la firma digitale viene definita dallo stesso codice dell'amministrazione digitale, nell’art. 1 lettera S in cui si
legge che “la firma digitale è un particolare tipo di firma qualificata, basata su un sistema di chiavi crittografiche, una
pubblica e una privata, correlate a loro che consente al titolare di firma elettronica tramite la chiave privata e ad un
soggetto terzo tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e
l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici”.
Quindi la firma digitale non è altro che una forma particolare di firma qualificata. La firma digitale viene ricostruita
definita attraverso una serie di strumenti tecnico informatici che hanno come finalità quella di garantire ancora una volta
la riferibilità del documento informatico al suo autore oltre alla sua integrità, cioè la sua immodificabilità dopo che
questo è stato scritto e sottoscritto in maniera elettronica.
Per quanto riguarda l'efficacia probatoria, il codice dell'amministrazione digitale attribuisce decisiva rilevanza alla
circostanza che il documento informatico sia sottoscritto o meno con firma elettronica qualificata, quindi con una
modalità che ne garantisce la sicurezza nel senso poc’anzi indicato, cioè la paternità, la immodificabilità e l’integrità del
documento elettronico.
In particolare l'art. 20 del codice dell’amministrazione digitale stabilisce che “il documento informatico ha la
medesima efficacia prevista dall' art 2702 del codice civile, quando è apposta una firma digitale, altro tipo di firma
elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o comunque è formato previa identificazione informatica del
suo autore attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’agenzia per l'Italia digitale ai sensi dell'art 71 con
modalità tali da garantire la sicurezza l'integrità e immodificabilità del documento e in maniera manifesta e univoca la
riconducibilità al suo autore”.

Ora la scelta che il legislatore ha compiuto è stata nel senso di abbandonare, con riferimento ai documenti informatici, il
meccanismo del disconoscimento. Il legislatore qui ha adottato una sorta di presunzione, una presunzione relativa che
correla alla posizione della firma elettronica qualificata da parte del titolare, il riconoscimento, la paternità del
documento. Quindi l'utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale consente di collegare il documento
alla persona che ha apposto la firma digitale anche se è sempre offerta la possibilità di dare una prova contraria, per
questo si parla di una presunzione relativa non di una presunzione assoluta. Quindi se ricorrono i presupposto indicati
dal codice dell'amministrazione digitale, quindi la firma elettronica del documento informatico, che può essere la firma
digitale o un'altra forma di firma elettronica qualificata, il documento informatico, proprio come la scrittura privata
legalmente riconosciuta, fa piena prova in ordine alla provenienza delle dichiarazioni in esso contenute da chi l'ha
sottoscritta in forma elettronica, ma si tratta di una efficacia che può essere superata attraverso una prova contraria, che
attenzione non richiede l'esperimento della querela di falso. Quindi non c'è la necessità di esperire la querela di falso.
Dove questi presupposti non ricorrono, quindi non ricorre la firma elettronica nel senso indicato dal codice
dell'amministrazione digitale, ancora una volta in base all'art 20 del codice dell’amministrazione digitale l'efficacia
probatoria del documento informatico passa attraverso il prudente apprezzamento del giudice il quale terrà conto delle
caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità dello stesso documento.
Con riferimento al profilo della data e dell'ora di formazione del documento informatico, in base al codice
dell'amministrazione digitale sia che la data e l'ora di formazione del documento sono opponibili al terzo se sono
apposte in conformità con quanto previsto dalle linee guida contenenti le regole tecniche e di indirizzo per l'attuazione
del codice dell’amministrazione digitale adottato. Quindi si fa riferimento al procedimento di cui all’art 81 del
medesimo codice, procedimento adottato dall’agenzia per l'Italia digitale.
Non impazzite su questa disciplina io ne ho vi ho dato una spiegazione e ho dato lettura delle disposizioni perché in
questo momento storico non si può prescindere dalla conoscenza del documento informatico, ma quello che mi interessa
che ricordiate è appunto la necessità, la ratio che sta a fondamento di questa disciplina, cioè siccome parliamo di
documenti che sono generati e conservati in formato elettronico è chiaro che tutte le problematiche che noi abbiamo
visto e che sono emerse dall'analisi della disciplina dei documenti devono trovare una soluzione a livello informatico,
perché non si possono utilizzare gli strumenti classici e quindi le scelte che sono state compiute che si legano alle queste
particolari forme di firma elettronica che consentono appunto di garantire la paternità del documento quindi la
provenienza del documento da una certa parte e la sua genuinità quindi la sua immodificabilità.

ORDINE DI ESIBIZIONE DEI DOCUMENTI


Detto questo e tornando alle prove andiamo adesso ad analizzare invece l'ordine di esibizione dei documenti, giusto per
completare la disciplina delle prove documentali.
L’ordine di esibizione, in tanto le disposizioni che disciplinano questo istituto sono gli artt. 210 e seguenti cpc.
Noi abbiamo finora dato per scontato che la parte per provare i fatti a sé favorevoli ricorra a prove documentali e
abbiamo dato per scontato che la parte si trovi nella disponibilità dei documenti e quindi abbiamo ricostruito la
disciplina di produzione e poi l'efficacia probatoria dei diversi documenti. Però non è detto che la parte abbia nella
propria disponibilità il documento che intende utilizzare e che contiene la prova del fatto a sé favorevole e allora
l'ordinamento si pone il problema di mettere a disposizione delle parti, degli strumenti processuali per il cui tramite
riuscire ad acquisire e quindi poi a produrre in giudizio i documenti appunto per il cui tramite possono provare i fatti a
sé favorevoli. Questo strumento che è disciplinato appunto nelle disposizioni di cui agli artt. 210 e seguenti del codice
di procedura civile è il cosiddetto ordine di esibizione che il giudice può rivolgere alla controparte se è la controparte ad
avere nelle sue mani il documento oppure soggetti terzi, quindi soggetti diversi dalle parti del processo. La ricostruzione
di questa disciplina è una ricostruzione piuttosto complessa, le scelte che noi ritroviamo nell'ambito del codice di
procedura civile innanzitutto sono scelte molto diverse rispetto a quelle adottate in altri ordinamenti e in particolare
negli ordinamenti di matrice anglosassone, quindi negli ordinamenti di common law. Intanto quello che appare chiaro
dalla disciplina contenuta in queste disposizioni è che l'ordine di esibizione è un ordine che il giudice può emanare solo
su istanza di parte, quindi non è un potere istruttorio d'ufficio, ma è un potere che è riservato alle parti. Questo lo dice
espressamente l'art 210 in cui si dice che “il giudice istruttore su istanza di parte può ordinare all'altra parte o ad un
terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo”. In base
all’impostazione, a questo punto maggioritaria, l'ordine di esibizione può avere ad oggetto qualsiasi documento che
possa aiutare a trovare un fatto giuridicamente rilevante, quindi si tratta di un istituto, l'ordine di esibizione, che mira
dare attuazione ad un interesse meramente processuale.
Quindi si tratta di un istituto che si correla alla disciplina delle prove documentali. L'art. 210 prevede che questo ordine
di esibizione su istanza di parte il giudice istruttore lo possa emanare negli stessi limiti entro i quali può essere ordinata
a norma dell'art. 118 l'ispezione di cose in possesso di una parte o di un terzo. C'è un rinvio alla disciplina relativa
all’ispezione per quanto riguarda i limiti di ammissibilità. Intanto questo potere si ritiene da parte della giurisprudenza,
possa avere ad oggetto un qualsiasi documento, ma secondo la giurisprudenza deve trattarsi di un documento
suscettibile di essere conservato nel fascicolo processuale.
Quindi si dà per presupposto che si tratti di un documento che deve essere cartaceo, sì ma non solo, può essere anche un
documento di altro genere, quindi può essere anche un' altra cosa mobile, però si tratta di un documento, di una cosa
mobile che deve essere suscettibile di conservazione nel fascicolo processuale quindi, se si tratta di una cosa che
diciamo non è suscettibile per la sua conformazione materiale di essere conservata nel fascicolo processuale, l'unica
possibilità è quella che venga disposta una ispezione e sull'ispezione torniamo successivamente. Questo documento,
questa cosa in generale, deve essere nel possesso della controparte oppure nel possesso di terzi. In virtù del richiamo
alle limitazioni dell’ispezione si deve ritenere che l'ordine di esibizione non può essere ammesso allorquando possa
provocare un grave danno alla parte o al terzo, oppure quando l'ordine di esibizione li costringerebbe a violare un
segreto professionale, un segreto d'ufficio oppure un segreto di Stato, secondo quanto previsto negli artt. 200 e 202 del
codice di procedura penale.
Inoltre si deve ritenere, ancora una volta in virtù del richiamo ai limiti della ispezione, che si deve trattare di un
documento o di una cosa indispensabili per la prova del fatto, cioè deve ricorrere una situazione per cui si deve trattare
di una cosa di un documento senza i quali la prova di quel fatto non potrebbe essere data, quindi deve trattarsi, deve
emergere che si tratta dell'unico strumento per il cui tramite provare un certo fatto. C'è un ulteriore considerazione che
viene generalmente svolta, cioè si ritiene che questo ordine di esibizione non possa essere emanato dal giudice laddove
emerga che la parte, in verità, ha una possibilità ulteriore cioè ha la possibilità di procurarsi la cosa o il documento
ricorrendo ad un'altra fonte, per esempio si tratta di un documento la cui copia è depositata presso un pubblico
depositario, un pubblico ufficiale, e quindi la parte ha la possibilità di rivolgersi al pubblico depositario e chiedere la
copia del documento. Sono presupposto estremamente severi e questo spiega il motivo per cui si tratta di un istituto che
non viene utilizzato così spesso nell’ambito dei nostri uffici giudiziari.
La parte ha molta difficoltà ad ottenere l’accoglimento della richiesta di ordine di esibizione anche perché in base
all'art. 94 delle disposizioni di attuazione oltre alle condizioni previste ai limiti di ammissibilità che abbiamo appena
richiamato si prevede che la parte nel momento in cui formula la propria istanza di ordine di esibizione al giudice deve
dare la prova non soltanto dell’esistenza della cosa o del documento di cui si richiede l'esibizione, ma deve provare
anche che questa cosa o questo documento si trovano nella disponibilità della controparte o del terzo, quindi del
destinatario dell'ordine di esibizione. Infatti nel nostro ordinamento l'ordine di esibizione non può essere emanato a
scopo esplorativo, cioè il giudice non può ordinare alla controparte o ad un terzo di esibire tutta quanta la
documentazione relativa a un certo affare, ad un certo rapporto giuridico, l'oggetto dell'ordine esibizione può essere
soltanto una cosa o un documento che è individuato, che è ben chiaro e il cui contenuto deve essere noto alla parte che
chiede l'ordine di esibizione. Infatti l'art 94 delle disposizioni di attuazione prevede che la parte istante deve dare delle
specifiche indicazioni del documento, quindi deve sapere che cosa c'è scritto in quel documento, naturalmente questo
limite vi consente di toccare con mano la differenza che passa fra l'istituto disciplinato in queste disposizioni del codice
di procedura civile e gli ordini di esibizione che invece vengono emanati per esempio nei processi americani in cui è
possibile per il giudice dare un ordine ad una delle parti di esibizione di tutta la documentazione per andare alla ricerca
degli elementi di prova che poi sono interessanti, sono rilevanti per la controversia pendente. Quindi il famoso ordine di
esibizione americano non è assolutamente paragonabile all’ordine di esibizione di cui agli artt. 210 e seguenti.
L'art. 210 prevede poi che nell’ordinare l'esibizione il giudice dà i provvedimenti opportuni circa il tempo, il luogo e il
modo dell’esibizione, che in base al successivo art. 212 può anche avvenire attraverso l'esibizione non del documento
originale ma di una copia fotostatica o di un estratto autentico del documento.
In base all'art. 95 delle disposizioni di attuazione, l'ordinanza che contiene l'ordine di esibizione se è rivolta ad una
parte contumace o ad un terzo, deve contenere anche l'indicazione del termine per la notificazione della stessa e della
parte tenuta a provvedervi. Se l'ordine di esibizione comporta una spesa, se l'esibizione stessa comporta una spesa
questa, ci dice l'art 210, poi deve essere anticipata dalla parte istante. In base all'art. 212, se l'ordine di esibizione ha ad
oggetto dei libri di commercio oppure dei registri ed è finalizzata ad estrarne alcune partite evidentemente legate a un
certo rapporto giuridico allora il giudice può anche nominare un notaio o quando corre un esperto affinché lo assista.
Ci sono soltanto pochissime ipotesi in cui l'ordine di esibizione può essere disposto d'ufficio dal giudice, si tratta
dell’esibizione dei libri e delle scritture contabili delle imprese, che può essere disposta dal giudice d'ufficio in deroga a
quanto previsto come regola generale dall'art. 214. Nel caso in cui l'ordine di esibizione sia rivolto non alla controparte
ma ad un terzo, il codice prevede che il giudice deve cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse della
giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo e quindi prima di ordinare l'esibizione può anche disporre che il terzo
venga citato in giudizio, per evidentemente attivare il contraddittorio, quindi per sentirlo. Inoltre il terzo può in base
all'art. 211 del codice di procedura civile fare opposizione contro l'ordinanza di esibizione intervenendo nel giudizio
prima della scadenza del termine che gli è stato assegnato. Che cosa succede se la parte o il terzo non ottemperano
all'ordine del giudice? In verità nel codice di procedura civile noi non troviamo la risposta a questa domanda, quindi il
nostro legislatore non ha disciplinato espressamente le conseguenze che derivano dalla mancata ottemperanza all'ordine
di esibizione del giudice. La giurisprudenza dovendo colmare questa lacuna normativa ha ritenuto che al fine di non
vanificare il diritto alla prova della parte istante, perché si tratta di un istituto che abbiamo detto, mira soddisfare il
diritto alla prova, si correla al diritto alla prova soprattutto nei casi in cui si tratta di una prova indispensabile, quindi è
l'unica prova abbiamo detto, è l'unica possibilità di riuscire a provare l'esistenza di un certo fatto, ritiene che si possa
fare applicazione delle disposizioni dettate con riferimento alla ispezione. Quindi ritiene che se l'ordine è rivolto a un
soggetto terzo, quindi è il terzo a non ottemperare all'ordine del giudice, il giudice laddove il terzo non ho tempo possa
imporgli una sanzione pecuniaria, mentre invece se a rendersi non ottemperante è la controparte allora si ritiene che il
giudice possa trarre dal rifiuto della parte argomenti di prova, quindi si richiama l'art 116 secondo comma.
Secondo l'impostazione tradizionale, soltanto in alcune ipotesi è possibile riconoscere al provvedimento di esibizione
una forza coercitiva. Sono le ipotesi in cui è possibile configurare in capo alla parte istante, l'esistenza di un diritto
sostanziale sul documento, quindi sul piano sostanziale, la parte ha un diritto sul documento per esempio sono ipotesi
specifiche pensate al caso in cui il socio di una società intende far acquisire come prove alcune scritture contabili della
società, perché in questa particolare ipotesi si ritiene che la parte istante che chiede l'esibizione possa ottenere una
particolare misura cautelare che è il sequestro giudiziario di libri e documenti, art. 670 n. 2 del codice di procedura
civile, è una misura cautelare. Laddove il sequestro giudiziario di documenti venga disposto il documento viene
materialmente preso e viene affidato ad un custode che viene designato dal giudice, dopodiché una volta risolta la
questione relativa all'esistenza del diritto sostanziale di esibizione allora, se la domanda viene ritenuta fondata sarà il
custode, il terzo custode che consegnerà materialmente il documento. Questa soluzione, questa interpretazione, è un
istituto su cui torneremo nel secondo semestre quando andremo ad analizzare appunto il sequestro giudiziario di libri e
di documenti, è una soluzione che a detta della migliore dottrina non può essere ritenuta soddisfacente e questo perché
seguendo questa interpretazione la conclusione a cui si perviene è che il diritto all’esibizione viene soddisfatto soltanto
laddove c'è un diritto sostanziale della parte sul documento e laddove si tratta di evitare che il documento possa essere
oggetto di distruzione, deterioramento o perdita. Il sequestro giudiziario infatti è una misura cautelare quindi come
vedremo il suo presupposto non è soltanto la probabile esistenza del diritto, ma il suo presupposto, il presupposto di
ogni misura cautelare è anche l'esistenza di un “periculum in mora” ovvero di un pregiudizio che si vuole evitare.
Quindi soltanto in presenza di questo pregiudizio si riuscirebbe a garantire il diritto della parte di avere il documento.
Quindi è un'interpretazione che di fatto riesce a garantire il diritto alla esibizione soltanto laddove c'è un diritto
sostanziale della parte sul documento, sono ipotesi particolari e laddove c'è un pericolo di distruzione e deterioramento
del documento stesso. A questa che è l'interpretazione corrente si contrappone un’interpretazione da parte di una
dottrina il cui scopo è quello di risolvere la contraddizione che emerge da questa interpretazione e quindi si ritiene
innanzitutto che nell'ambito del processo a cognizione piena laddove la parte destinataria dell’ordine di esibizione del
giudice si rende inadempiente, se l'ordine era rivolto alla controparte, si ritiene che si applica l'art 116 secondo comma,
quindi il giudice possa trarre argomenti di prova ma si ritiene che debba trattarsi di un argomento di prova, debba essere
ritenuto un argomento di prova questo dotato di una particolare inferenza probatoria e quindi il giudice possa ritenere
ammessi i fatti rappresentati nel documento che non è stato esibito. Quindi si propone un’applicazione, di estendere a
questo rifiuto di esibizione, quanto previsto dall' art. 232 del codice di procedura civile, con riferimento all’ipotesi della
mancata presentazione o della mancata risposta senza giustificato motivo all’interrogatorio formale. Mentre laddove
l'ordine è rivolto al terzo si ritiene che questo rifiuto se non è giustificato possa consentire l'esecuzione coattiva
attraverso l'applicazione in via analogica dell'art. 255, che prevede l’accompagnamento coattivo del testimone che si
rifiuta di presentarsi.
In secondo luogo si ripensi ritiene che nei casi in cui effettivamente viene disposto il sequestro giudiziario dei libri o dei
documenti quindi nell’ipotesi di cui all'art. 670 numero 2 del codice di procedura civile, il custode a cui vengono
consegnati libri ed i documenti che sono stati sequestrati, abbia come unico compito quello di conservare i documenti,
quindi evitare che vengano distrutti, dispersi, che vengano alterati, ma non possa essere il destinatario dell’ordine del
giudice, quindi si ritiene che debba comunque essere applicata la disciplina prevista per l'ordine di esibizione. Quindi
nel caso in cui i libri ed i documenti fossero originariamente nella disponibilità della controparte il custode li debba
consegnare al giudice solo previo consenso della parte a cui sono stati sequestrati dopodiché se questa parte il consenso
non lo presta si ritiene che la conseguenza sia quella detta prima quindi che il giudice in base all'art. 118 possa trarre
argomenti di prova ma argomenti di prova che gli consentono di ritenere ammessi i fatti rappresentati nel documento.
Mentre invece se i documenti originariamente appartenevano, erano nella disponibilità di un soggetto terzo, si ritiene
che il custode li debba consegnare al giudice solo previo consenso del terzo e laddove questo consenso non venga
prestato si apra la possibilità di disporre l'esecuzione coattiva su ordine del giudice in applicazione analogica di quanto
previsto nell'art. 255 del codice di procedura civile con riferimento all'accompagnamento coattivo del testimone.

Una particolare forma di ordine di esibizione è poi prevista nell'art. 213 cpc il quale stabilisce che, si occupa della
richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione. Questa norma prevede che “fuori dei casi previsti negli artt
210 e 211, il giudice può richiedere d'ufficio alla pubblica amministrazione le informazioni scritte relative ad atti e
documenti dell'amministrazione stessa che è necessario acquisire al processo”.
La pubblica amministrazione intanto che in base all'art. 96 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura
civile, risponde alla richiesta del giudice non consegnando un documento, ma con una nota contenenti le informazioni
richieste, nota che, dice il codice, deve essere inserito nel fascicolo d'ufficio. Anche in riferimento a questa particolare
ipotesi vedete che non è prevista la disciplina legata alla ipotesi in cui l’amministrazione non collabori spontaneamente,
non risponda alla richiesta del giudice. Si ritiene che si tratti innanzitutto di una ipotesi molto particolare, perché si
ritiene che siamo di fronte ad un mezzo di prova che è a metà strada tra la prova documentale e la prova costituenda, tra
la prova precostituita e la prova cosiddetta costituenda. Allora intanto notiamo che la richiesta di informazioni alla
pubblica amministrazione non è subordinata ad un’istanza di parte, quindi è una richiesta che il giudice può disporre
d'ufficio. Non è però molto chiaro che cosa con la conformazione di questo mezzo di prova disponibile d'ufficio del
giudice cioè non è affatto chiaro né in giurisprudenza ma neppure in dottrina quanto questa previsione si colleghi o si
sovrapponga all'ordine di esibizione ed anche i rapporti fra la richiesta di informazioni dell'art 213 e l’istituto
dell’accesso ai documenti amministrativi disciplinato dalla legge sul procedimento amministrativo cioè la l. n. 241 del
1990. Secondo l'impostazione maggioritaria nella giurisprudenza e nella dottrina, il giudice può disporre d'ufficio la
richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, soltanto dove non possa trovare applicazione l'ordine di
esibizione, cioè l’inciso iniziale, fuori dei casi previsti negli artt. 210 e 211, sta ad indicare che l'istituto della richiesta di
informazioni alla pubblica amministrazione si aggiunge all’istituto della esibizione, cioè entra in gioco in tutti i casi in
cui non è possibile per la parte interessata reperire autonomamente questo documento perché ad esempio la pubblica
amministrazione si rifiuta in maniera legittima di rispondere alla informazione che la parte ha richiesta.
Naturalmente questo pone una necessità di coordinarsi con l'istituto dell'accesso al procedimento amministrativo, però
laddove l'amministrazione legittimamente rifiuta l'accesso alla parte allora entra in gioco la possibilità per il giudice di
disporre la richiesta di informazioni. Invece secondo un impostazione minoritaria le due possibilità, all'ordine di
esibizione e la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione, sono semplicemente un’alternativa quindi il
documento potrebbe essere ottenuto sia attraverso l'ordine di esibizione, sia attraverso la richiesta di informazioni alla
pubblica amministrazione, quindi sarebbe uno strumento che viene a sommarsi all’ordine di esibizione. Quindi se il
documento è nelle mani della pubblica amministrazione questo documento potrebbe essere acquisito dal processo sia
passando attraverso l'ordine di esibizione richiesto dalla parte interessata ai sensi degli artt. 210-211 sia attraverso la
richiesta d'ufficio da parte del giudice ai sensi dell'art. 213. Naturalmente questi atti e questi documenti oggetto di
questa richiesta sono atti e documenti che riguardano l'attività istituzionale della pubblica amministrazione, quindi si fa
riferimento sostanzialmente a provvedimenti amministrativi. Secondo l'impostazione prevalente si ritiene che il giudice
non possa incaricare l'amministrazione di svolgere indagini, quello che può fare il giudice è chiedere
all'amministrazione il risultato di indagini che l'amministrazione autonomamente ha già compiuto. Per esempio pensate
all’acquisizione dei verbali di accertamento dei sinistri stradali. Né si ritiene che il giudice posta rivolgersi alla pubblica
amministrazione a scopi meramente esplorativi, questo è già emerso con riferimento, questo limite già emerso con
riferimento all'ordine di esibizione e vedremo che esiste in generale anche per la cosiddetta ispezione. Taluno in dottrina
proprio facendo leva sulla circostanza che anche le amministrazioni possono essere destinatarie dell’ordine di esibizione
di cui all'art. 210, ritiene che questo provvedimento riguardi non tanto l'acquisizione di un atto o di un documento
specifico perché se si tratta di un atto o di un documento specifico l'istituto processuale dovrebbe essere quello
dell’ordine di esibizione su istanza di parte, ma più genericamente attraverso l'art 213, il giudice può rivolgersi
all'amministrazione per avere informazioni e notizie circa la documentazione di cui la pubblica amministrazione
dispone. Quindi gli si riconosce da parte di questa dottrina anche una finalità in un certo senso esplorativa, perché si
ritiene che questa richiesta di informazioni non sia volta necessariamente all'acquisizione di una certa prova di un certo
documento al processo. Secondo questa impostazione si potrebbe riconoscere alla richiesta di informazioni una finalità
anche solo esplorativa, naturalmente siccome stiamo parlando di una richiesta che ha ad oggetto atti e documenti
amministrativi si può anche ritenere che in questo caso non sia comunque in debito una utilizzazione da parte del
giudice di una richiesta esplorativa da parte del giudice, perché si ritiene che anche in questo senso non si possa ritenere
da parte del giudice uso improprio del proprio sapere privato. Quindi sarebbe uno strumento che non sarebbe comunque
idoneo a pregiudicare la terzietà, imparzialità del giudice considerato la natura dei documenti che sono oggetto di questa
richiesta, si tratta appunto di atti, di documenti, di provvedimenti amministrativi.

Qual è l'efficacia probatoria delle informazioni che si possono trarre dalle informazioni date dalla pubblica
amministrazione?
Dipende naturalmente dal tipo di attività a cui si fa riferimento, cioè dal tipo di attività che è precedente agli atti e ai
provvedimenti che vengono richiesti alla pubblica amministrazione. Generalmente si ritiene che questi atti, questi
provvedimenti non abbiano efficacia di prova legale perché generalmente gli atti amministrativi non sono atti pubblici
anche se naturalmente si tratta di atti, che proprio nella parte in cui provengono dalla pubblica amministrazione sono
dotati di un grado di attendibilità particolarmente elevato. Comunque non trattandosi di prova legale anche se si tratta di
documenti che sono particolarmente attendibili lasciano lo spazio per una prova contraria e questo senza la necessità di
passare attraverso la querela di falso evidentemente.
Invece con riferimento al problema del rapporto con l'istituto dell'accesso ai documenti amministrativi disciplinato dalla
legge sul procedimento amministrativo, l. n 241 del 1990, si sottolinea attraverso l’istituto dell’accesso agli atti
amministrativi, che alla parte è garantito il diritto di accedere e farsi rilasciare copia di un documento amministrativo
mentre invece nel caso di richiesta di informazioni ai sensi dell'art. 213 del codice di procedura civile, si è detto che
l'amministrazione non invia al giudice un documento o un atto specifico, ma una nota contenente le informazioni
richieste. L'unica eccezione a quanto vi ho detto sono le ipotesi in cui il giudice si rivolge all’amministrazione per
ottenere dei particolari atti, che sono formati da funzionari, i quali in base ad espressa previsione di legge hanno la
qualifica di pubblico ufficiale e questi atti vengono redatti nell'esercizio delle competenze che la legge affida a questi
particolari funzionari, che sono pubblici ufficiali. Abbiamo già richiamato in un'altra delle lezioni dedicato alle prove ad
esempio i verbali che sono redatti non so, dagli ispettori del lavoro, oppure dagli ispettori di certi enti previdenziali o
assistenziali. Allora in questa particolare ipotesi ma ci torniamo in un altro momento, si può riconoscere a questi atti
l'efficacia di prova legale stante la previsione dell'art. 2700 del codice di procedura, ma si tratta di ipotesi peculiari, che
per adesso accantoniamo, per adesso soprassediamo.

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