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L’ART. 171, CO. 2 C.P.C. stabilisce che: “se una delle parti sia costituita entro il termine
rispettivamente a lei assegnato, l'altra può costituirsi successivamente fino alla prima udienza,
ma restano ferme per il convenuto le decadenze di cui all'articolo 167”.
- Il CONVENUTO se non vuole incorre nella decadenza delle domande riconvenzionali, delle
eccezioni in senso stretto (oltre che delle eccezioni di incompetenza) e della chiamata di terzi,
deve costituirsi nei termini e nelle forme stabiliti dall’art. 166 e 167 c.p.c., quando l’attore non
si sia ancora costituito e quindi senza conoscere i documenti da lui offerti, articolando la sua
difesa solo sulla base della mera lettura dell’atto di citazione.
- La costituzione del convenuto salva il termine per l’ATTORE, il quale può costituirsi fino alla
prima udienza.
Se nessuna delle parti si costituisce nei termini stabiliti: il processo entra in uno stato di quiescenza
e può essere riassunto entro 1 anno dalla scadenza del termine stabilito per la costituzione del
convenuto, altrimenti si estingue (art. 171 co. 1 in relazione con art. 306 co. 1 e 2 c.p.c.).
Se il convenuto non si costituisce e il giudice rileva un vizio che importi nullità della notificazione
della citazione: fissa all’attore un termine perentorio per rinnovarla e la rinnovazione impedisce
ogni decadenza (art. 291 c.p.c.).
• IL PROCESSO CONTUMACIALE
Dichiarata la contumacia, il relativo processo si svolge secondo le regole normali non essendo data
rilevanza alla contumacia come elemento per sé determinate ai fini dell’accoglimento della domanda
dell’attore.
La parte contumace deve essere (per rafforzare garanzia del contraddittorio) informata di una serie di atti
processuali gravidi di conseguenze rilevanti, nonostante l’atteggiamento di disinteresse dimostrato per il
processo.
Le altre comparse si considerano comunicate con il deposito in cancelleria e con l’apposizione del visto
del cancelliere sull’originale, mentre gli altri atti sopra non menzionati non sono soggetti a notificazione
o comunicazione.
È salva la possibilità di costituzione tardiva quando l’altra parte si sia preventivamente costituita: la
possibilità cioè della costituzione del contumace.
- Per il convenuto restano ferme le decadenze di cui agli art. 171, co. 2 c.p.c.;
- mentre l’attore non potrà in alcun modo integrare la deduzione dei fatti costitutivi del diritto e la
formulazione delle domande contenuta nell’atto di citazione.
Il convenuto potrà richiedere la rimessione in termini se dimostrare che la nullità della citazione o della
sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita
da causa a lui non imputabile.
La rimessione in termini delle parti / del contumace è disposta dal giudice con ordinanza dopo aver
ammesso, quando occorre, la prova dell’inadempimento, sempre che ritenga verosimili i fatti allegati (art.
294 c.p.c.)
Anche al di fuori di questo caso, il convenuto potrà disconoscere nella prima udienza o nel termine
assegnatogli dal giudice istruttore, le scritture private contro di lui prodotte (art. 293 comma 3 c.p.c.).
RIPETIAMO:
• LA CONTUMACIA
La contumacia è la MANCANZA DI UNA PARTE NEL PROCESSO: si verifica quando la parte non si è
costituita.
La contumacia non rileva ai fini di emettere pronunce di merito: la costituzione delle parti non integra un
presupposto processuale: NON E’ NECESSARIO, PER AVERE PRONUNCIA SUL MERITO, CHE TUTTE LE
PARTI SI COSTITUISCANO.
Il nostro ordinamento sposa una TEORIA NEUTRALE: la contumacia non deve andare a danno della parte
contumace, né a favore della parte attorea.
L’art. 171, co. 2 c.p.c. stabilisce che il convenuto può costituirsi, ma se si costituisce all'udienza, incorre
nelle decadenze artt. 167 e 38 c.p.c.
Il co. 3 c.p.c., invece, stabilisce che la dichiarazione di contumacia avviene con ORDINANZA (vengono
rispettate le norme degli artt. 292 ss. c.p.c.).
Per avere contumacia, la causa deve essere stata ISCRITTA A RUOLO (UNA DELLE PARTI DEVE ESSERSI
COSTITUITA TEMPESTIVAMENTE).
La contumacia è diversa dall'ASSENZA: l’assenza si verifica quando la parte si sia costituita ma non
compare in udienza, o non produce attività processuale.
L'assenza non pregiudica la parte: l’eventuale assenza non comporta alcuna modificazione delle regole
ordinarie.
LE VICENDE ANOMALE DEL PROCESSO
Si chiamano “anomale” perché rappresentano degli ACCADIMENTI EVENTUALI che si possono verificare
nell’ambito di un processo.
Nel tema delle vicende anomale del processo sono ricompresi 3 grossi temi che sono quelli:
- della sospensione;
- dell’interruzione;
- e dell’estinzione.
- SOSPENSIONE PROPRIA: caso della sospensione necessaria, regolata dall’art. 295 c.p.c.
L’art. 295 c.p.c. stabilisce che la sospensione viene disposta con ordinanza del giudice nel caso in
cui deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa.
Questa norma evoca 2 diritti che siano collegati tra loro da un nesso di pregiudizialità dipendenza.
Poniamo il caso del giudice che deve giudicare del diritto agli alimenti, il quale, per decidere, deve
accertare lo status e poniamo che sullo status sia pendente un processo: se questo accade il giudice
del processo alimentare deve sospendere il suo processo in attesa che si abbia la pronuncia del
giudice sullo status.
Peraltro, questa non è un’eventualità necessaria (nell’esempio appena fatto, si ricorre alla
sospensione al fine di garantire l’armonizzazione dei giudicati, però c’è un’altra possibilità che
realizza lo stesso risultato ed inoltre garantisce l’economia dei giudizi), perché c’è la possibilità
dell’accertamento incidentale (il meccanismo della sospensione non opera quando si è reso
possibile il cumulo, allora non c’è questa necessità: questo cumulo può essere un cumulo iniziale,
oppure può darsi che i due processi fossero pendenti davanti a due uffici giudiziari diversi e che
siano stati riuniti, oppure può darsi che fossero pendenti davanti allo stesso giudice e comunque
siano stati riuniti. In tutti questi casi, comunque si realizza il simultaneus prosessus)
Alla sospensione necessaria si farà ricorso, nell’esempio fatto, SOLO QUANDO LA CAUSA
DIPENDENTE SIA PROPOSTA DOPO LA PROPOSIZIONE DELLA CAUSA PREGIUDIZIALE (per cui, per
ragioni di economia processuale, si attende quell’esito per non compiere ulteriori attività).
Quindi:
1) Causa pregiudiziale (processo alimentare) 2) causa dipendente (status)
Quindi questo meccanismo non opera se c’è la realizzazione del simultaneus processus: quindi è il
meccanismo inverso alla realizzazione del simultaneus processus.
Tutti e due per assolvono alla stessa funzione: se si riesce a far decidere in un unico processo del
diritto pregiudiziale e del diritto dipendente, si applicherà l’art. 34 c.p.c. e si riuniranno i processi
che sono stati introdotti separatamente davanti a giudici diversi o davanti allo stesso giudice.
Abbiamo detto che se viene proposta prima la domanda che riguarda, nell’esempio, il diritto
alimentare e già pende un processo avente ad oggetto lo status, il giudice della causa sul diritto
pendente sospende il caso della decisione sullo status.
Questo però non accade nel caso inverso: cioè, se ad essere proposta per prima è la causa che ha
ad oggetto il diritto dipendente ed è già stata svolta l’istruttoria, non si ha nessuna economia
processuale ad attendere la decisione sullo status.
Tutto questo, ovviamente, sul presupposto che non siano state cumulate le due domande.
b) Peraltro, questa pregiudizialità che legittima la sospensione del processo, si può avere
anche nel caso di pregiudizialità penale: con la riforma del codice di procedura penale,
però, non è più prevista la sospensione del processo civile tutte le volte in cui nel processo
penale si stia accertando un fatto di reato, il cui accertamento possa avere un'efficacia
vincolante anche all'interno del processo civile.
Cioè, una volta bisognava sempre sospendere il processo civile, adesso invece non è più così
ed il giudicato penale, se arriva in tempo utile per essere nel processo civile, il giudice civile
ne dovrà tenere conto, altrimenti non ha alcun effetto.
Vi è però un'ECCEZIONE: questa eccezione riguarda il processo civile in cui sono fatti valere
i diritti risarcitori o restitutori.
Questo processo è sospeso in attesa del processo penale in 2 casi:
o se si è avuta costituzione di parte civile che poi è stata revocata;
o o quando la domanda in sede civile è stata proposta dopo l'emanazione di una
sentenza penale di primo grado.
à In entrambi questi casi, il giudizio civile che ha ad oggetto diritti risarcitori o restitutori
deve essere sospeso in attesa dell'esito del processo penale.
- SOSPENSIONE CONCORDATA: caso della sospensione su istanza delle parti, regolata dall’art. 296
c.p.c.
Tale articolo stabilisce che il giudice, su istanza di tutte le parti, ove sussistano giustificati motivi,
può disporre, per una sola volta, che il processo rimanda sospeso per un periodo non superiore a
3 mesi, fissando l’udienza per la prosecuzione del processo stesso.
L’ambito di applicazione di questa norma è rappresentato dal caso in cui pendano delle trattative
tra le parti per chiudere transattivamente la controversia: per cui le parti chiedono al giudice,
appunto, di sospendere il processo perché ci sono accordi in corso tra di loro.
- SOSPENSIONE IMPROPRIA: accade che su un processo in corso si inneschi un altro processo che
ha ad oggetto una questione relativa alla domanda oggetto del primo processo, che deve essere,
quindi, sospeso.
Le questioni che determinano la sospensione impropria sono questioni che non potrebbero essere
oggetto di un autonomo processo.
I casi che determinano la sospensione impropria sono:
o il regolamento di competenza (art. 40 co. 1 c.p.c.);
o il regolamento di giurisdizione (art. 367, co. 1 c.p.c.): il legislatore rimette alla valutazione
del giudice la possibilità di sospendere il processo;
o la ricusazione (art. 52 c.p.c.);
o la querela di falso (art. 313 c.p.c.);
o quando nell’ambito del processo viene sollevata la questione di legittimità costituzionale
della norma applicabile;
o la pregiudizialità comunitaria: cioè quando nell’ambito di un processo nasce la necessità di
interpretare una norma o un atto dell’Unione Europea.
Si parla di sospensione impropria perché, in questi casi, è lo stesso processo che continua in
un’altra sede, in relazione ad una questione di fatto o di diritto che è rilevante per la decisione di
quello che è l’UNICO OGGETTO del processo e della controversia rappresentata dalla situazione
giuridica sostanziale, questione che deve essere decisa, però, da un giudice diverso rispetto a quel
giudice che, invece, è investito dalla causa.
2. SOSPENSIONE GIUDIZIALE: l’effetto sospensivo si produce solo a seguito del provvedimento del
giudice e questo è il caso tipico di cui all’art. 295 c.p.c. – sospensione propria.
La sospensione viene disposta con un provvedimento che ha la forma dell’ORDINANZA: ordinanza che è
impugnabile con il regolamento di competenza (art. 42 c.p.c. – regolamento necessario di competenza).
Ci sono però atti che possono essere compiuti durante la sospensione del giudizio, anche se in realtà non
si tratta di atti del procedimento stesso, e sono:
- formulare istanza per ottenere il provvedimento cautelare: in questo caso avremo un
procedimento cautelare che si può instaurare malgrado la sospensione del procedimento in corso
(giudizio diverso);
- atti urgenti dello stesso processo: con riferimento agli atti urgenti il legislatore si riferisce, per
esempio, agli atti di istruzione probatoria, che appaiono come urgenti, e di cui il giudice può
autorizzarne il compimento.
E’ l’art. 297 c.p.c. che ce lo dice e stabilisce che “se col provvedimento di sospensione non è stata fissata
l'udienza in cui il processo deve proseguire, le parti devono chiederne la fissazione entro il termine
perentorio di tre mesi dalla cessazione della causa di sospensione”.
Quindi, il codice disciplina le modalità con le quali il processo esce da quello stato di acquiescenza nel
quale si trova a seguito del provvedimento che ne ha disposto la sospensione.
Se non viene riassunto nel termine previsto, il processo si estingue.
• L’INTERRUZIONE DEL PROCESSO
L’interruzione SERVE A GARANTIRE L’EFFETTIVITA’ DEL CONTRADDITTORIO.
Gli eventi rilevanti dell’interruzione sono indicati nell’art. 299 c.p.c. e sono:
- la morte o la perdita della capacità di una delle parti;
- la morte o la perdita della capacità del rappresentante legale di una delle parti;
- la cessazione della rappresentanza legale di una delle parti.
Attraverso questo istituto si evita che le parti che hanno in astratto la possibilità compiere atti nel
processo, si trovino nella situazione di non poter in concreto compiere questi atti del processo.
à Capacità: capacità processuale (art. 75 c.p.c.: capacità di essere parte del processo: legittimazione
formale).
Alla disciplina dell’interruzione sono dedicati gli artt. dal 299 al 305 c.p.c. ed il legislatore prende in
considerazione le diverse fattispecie, a seconda del momento processuale in cui le stesse si possono
verificare, dando una DISCIPLINA DIVERSA.
B) Nell’art. 300 c.p.c. il legislatore prende in considerazione gli eventi interruttivi che si possono
verificare nel lasso temporale che va DALLA COSTITUZIONE DELLA PARTE IN GIUDIZIO,
ALL’UDIENZA DI DISCUSSIONE.
Qui le fattispecie divergono ed in esse di dice che:
- Se il fenomeno interruttivo riguarda un soggetto che si è costituito attraverso un
rappresentante tecnico (quindi un avvocato): l’interruzione non si verifica
automaticamente ma occorre che il difensore dichiari in udienza l’evento interruttivo,
oppure notifichi all’altra parte una tale dichiarazione;
- Se invece la parte sta in giudizio personalmente e quindi non attraverso il difensore
tecnico, l’interruzione avviene automaticamente;
- Se l’evento interruttivo riguarda la parte che è stata dichiarata contumace, cioè che non si
è costituita in giudizio: il processo è interrotto dal momento in cui il fatto interruttivo è
documentato dall’altra parte o è notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario, nella
relazione di notificazione di uno dei provvedimenti che, ai sensi dell’art. 292 c.p.c., devono
essere notificati al contumace.
La ripresa del processo può avvenire in 2 modi, disciplinati dagli artt. 302 e 303 c.p.c., e cioè può avvenire:
A) Per PROSECUZIONE: in questo caso l’iniziativa è presa dalla parte in relazione alla quale si è
verificato l’evento interruttivo;
B) Oppure può avvenire per RIASSUNZIONE: quando l’iniziativa è invece presa dalla controparte che
deve notificare un atto di riassunzione, il quale contiene in questo caso la vocatio in ius del
soggetto che avrebbe potuto proseguire spontaneamente il processo.
L’art. 305 c.p.c. dice che il processo deve essere proseguito o riassunto entro il termine perentorio di 3
mesi dall’interruzione, altrimenti si estingue.
A) ESTINZIONE DEL PROCESSO PER RINUNCIA AGLI ATTI DEL GIUDIZIO – ART. 306
C.P.C.:
L’art. 306 c.p.c. è una norma che già conosciamo, perché l’abbiamo evocata quando abbiamo
evocato l’interesse ad agire, come norma dalla quale si può evincere anche l’interesse a
contraddire.
Questa norma fa, appunto, riferimento alla necessità che la rinuncia venga accettata dalle parti
che potrebbero avere interesse alla prosecuzione del giudizio.
L’art. 310 stabilisce che l’estinzione non estingue l’azione, che quindi potrà essere riproposta: cioè
l’attore può formulare una nuova domanda.
à Quindi la domanda resta riproponibile: a seguito dell'estinzione del processo, non si estingue
l'azione (quindi, salvo i termini di prescrizione e di decadenza, l'azione può essere riproposta).
L’estinzione sarà una PRONUNCIA DI RITO, allora la parte costituita, quindi il convenuto, potrebbe
avere interesse ad ottenere una sentenza sul merito che faccia stato in merito all’inesistenza del
diritto, perché solo quel giudicato lo preserva dalla possibilità che, in un ulteriore giudizio, venga
formulata la stessa domanda.
Il processo che si conclude con un’estinzione non estingue anche l’azione e quindi l’attore può
formulare una nuova domanda: allora, affinché la parte costituita si possa dire che abbia interesse
alla prosecuzione OCCORRE PERO’ CHE QUESTA PARTE SI SIA DIFESA SOLO NEL MERITO (si deve
essere difesa solo nel merito perché se si è difesa anche in rito, il processo potrebbe concludersi
con una sentenza di rito che accoglie l’eccezione formulata dal convenuto, senza che il giudice
scenda a decidere nel merito. Allora, significa che il convenuto ha scelto di assumersi il rischio
processuale che il processo si concluda con una sentenza di rito).
Nel caso di litisconsorzio necessario occorrerà che tutti i litisconsorti rinuncino agli atti del
giudizio, mentre ciò non è necessario riguardo al litisconsorzio facoltativo (per cui si avrà
un’estinzione parziale con riferimento ad alcune delle cause connesse).
Nel caso dell’intervento di terzi, anche qui, solo nel caso di intervento adesivo dipendente, non
sarà necessaria la dichiarazione di rinuncia agli atti del giudizio, perché gli altri terzi formulano a
loro volta delle domande.
E anche in questi casi in cui nel processo civile si ha l’intervento del PM, bisogna distinguere:
- se il PM ha a sua volta la legittimazione ad agire: perché, in questo caso, allora sarà
necessaria anche la sua dichiarazione di rinuncia;
- dai casi in cui, invece, il PM è solo soggetto interveniente: nei quali non sarà allora richiesta
la rinuncia.
B) ESTINZIONE DEL PROCESSO PER INATTIVITA’ DELLE PARTI – ART. 307 C.P.C.
Con riferimento, invece, all’altra fattispecie che può determinare l’estinzione del processo, è quella
determinata dall’ESTINZIONE PER INATTIVITA’.
Allora, la ratio di questa norma è diversa a seconda della fattispecie presa in considerazione, cioè:
- l’inattività semplice è sanzionata con l’estinzione perché il legislatore ha fatto una scelta a
favore dell’impulso di parte, come determinante per far progredire il processo;