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Poi la citazione può essere nulla anche in relazione alla vocatio ius cioè in
caso di omissione o assoluta incertezza relativamente a:
- Giudice adito
- Alle parti del processo
- Alla data di udienza
- Quando vi è l’assegnazione di un termine a comparire inferiore a
quello legale previsto dall’art.163 bis c.p.c.
- Al mancato avvertimento di cui al numero 7 dell’art.163
La sanatoria per rinnovazione: se il convenuto non si costituisce il giudice
deve esaminare la citazione per accertare che essa non sia affetta da una
delle nullità previste.
In caso di esito positivo cioè nel caso in cui il giudice si accorga che la
citazione è effettivamente affetta da una delle nullità che abbiamo visto
deve disporre d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio
indicando all’attore l’elemento della vocatio ius da integrare.
Il giudice fissa anche la successiva udienza di comparizione
se l’attore rinnova la citazione nel termine assegnato il vizio si sana con
efficiacia retroattiva.
Se invece la rinnovazione non viene eseguita o viene eseguita oltre il
termine perentorio il giudice all’udienza successiva se il convenuto non si
è costituito ordina la cancellazione della causa dal ruolo e quindi si ha
l’estinzione immediata del processo.
Se poi l’atto rinnovato è nullo secondo l’opinione preferibile è possibile
disporre la rinnovazione.
LA COSTITUZIONE DELL’ATTORE
ART.165
L’attore entro 10 gg dalla notificazione della citazione al convenuto deve
costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore o personalmente nei casi
consentiti dalla legge depositando la nota di iscrizione a ruolo e il proprio
fascicolo contenente l’originale della citazione, la procura e i documenti
offerti in comunicazione.
Se si costituisce personalmente deve dichiarare la residenza o eleggere il
domicilio nel comune ove ha sede il tribunale o indicare l’indirizzo presso
cui ricevere le comunicazioni e notificazioni.
Se la citazione è notificata a più persone l’originale deve essere inserito
nel fascicolo entro 10 gg dall’ultima notificazione.
QUINDI:
l’attore entro 10 gg dalla notificazione al convenuto deve costituirsi in
giudizio a mezzo dell’avvocato o personalmente quando è consento,
depositando la nota di iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente
l’originale della citazione, la procura all’avvocato e i documenti offerti in
comunincazione.
Il processo una volta riassunto si estingue se nessuna delle due parti si sia
costituita oppure se nei casi previsti dalla legge il giudice ordini la
cancellazione della causa dal ruolo.
Quindi se il processo è stato riassunto ma ancora una volta nessuna delle
due parti si è costituita o ancora una volta il giudice ordina la
cancellazione della causa dal ruolo il processo si estingue.
Poi ci sono:
- Le prove critiche o presuntive o indiziarie: che utilizzano dei fatti
(fatti secondari) partendo dai quali si giunge attraverso un
ragionamento ad affermare l’esistenza o inesistenza dei fatti che
integrano la fattispecie.
FATTI NOTORI E LE MASSIME DI ESPERIENZA ART. 115
L’art.115 ci dice: fatti i salvi i casi previsti dalla legge il giudice deve
porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal
PM nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita.
Il giudice può tuttavia senza bisogno di prova porre a fondamento della
decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.
Abbiamo:
- I fatti notori: i fatti notori non sono soggetti a istruzione probaotoria.
Sono notori i fatti che rientrano nella comune esperienza, che
rientrano nel comune patrimonio di tutti i soggetti di una certa
società in un certo momento storico
- Le massime di esperienza: sono i canoni di ragionamento che il
giudice utilizza anch’essi propri di una certa società in un certo
momento storico.
VALUTAZIONE DELLE PROVE ART.116
L’art.116 ci dice che il giudice deve valutare le prove secondo il suo
prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.
Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli
danno, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha
ordinate e in generale dal contegno delle parti stesse nel processo.
L’iniziativa per l’assunzione delle prove può provenire dal giudice o dalle
parti.
L’iniziativa istruttoria ufficiosa può avvenire però solo nei casi previsti dalla
legge che nel processo a decisione collegiale sono:
a) Ispezione di cose o persone
b) La richiesta di informazioni alla p.a.
c) La testimonianza del relato (il testimone dice che qualcun altro sa e
il giudice sente quest’altro
d) L’esibizione in giudizio delle scritture contabili dell’imprenditore
e) Il giuramento suppletorio
LA PROVA DOCUMENTALE:
il documento è ogni oggetto da cui si può ricavare la rappresentazione di
un fatto storico , cioè di un fatto che è avvenuto nel passato.
Talvolta, la prova documentale costituisce la rappresentazione immediata
del fatto storico, altre volte costituisce la rappresentazione di una prova
del fatto storico. Quindi a volte proprio nel documento è riportato quello
che è avvenuto, altre volte il documento è la prova di un fatto storico,
quindi magari è un elemento da cui si può capire che c’è stato quel
determinato fatto storico.
Le dichiarazioni della parte a sé favorevoli non hanno valore probatorio,
quelle sfavorevoli si.
Quindi se nei documenti ci sono dichiarazioni delle parti favorevoli queste
non hanno valore probatorio, quelle sfavorevoli si.
L’efficacia probatoria del fatto narrato è diversa a seconda del contenuto
della prova documentale
Se il documento contiene la rappresentazione di una prova del fatto
storico bisogna verificare le caratteristiche e la qualificazione della prova
per vedere se essa è utilizzabile.
LA SCRITTURA PRIVATA:
La scrittura privata non è formata da un pubblico ufficiale ma
privatamente. Quindi è un documento fatto tra privati.
Il contenuto della scrittura privata è imputabile a chi l’ha sottoscritto.
i meccanismi per accertare la genuità della sottoscrizione, della firma:
1) Il riconoscimento che può essere espresso (se la parte dichiara
espressamente di riconoscere la propria sottoscrizione) tacito come
ci dice l’art.214 (colui contro il quale è prodotta una scrittura privata
se intende disconoscerla è tenuto a negare formalmente la propria
scrittura con la propria sottoscrizione)
Quindi colui contro il quale si fa valere una scrittura privata può
disconoscerla e deve negare formalmente la propria sottoscrizione. Invece
gli eredi o gli aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere
la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.
Se non la disconosce vi è un riconoscimento tacito.
La scrittura si ha per tacitamente riconosciuta anche se la parte è
contumace quindi anche se non è presente nel processo.
Ovviamente ci sono due correttivi per evitare che il contumace faccia
valere una scrittura che magari non ha mai sottoscritto:
a) L’art.293 iii comma dice che il contumace che in qualunque
momento si costituisce può disconoscere la scrittura privata.
b) Perché la scrittura privata possa essere utilizzata occorre che il
contumace abbia avuto notizia della sua produzione. Quindi bisogna
notificare, bisogna dire al contumace che è stata prodotta questa
scrittura autenticata che si afferma che è stata sottoscritta dal
contumace stesso.
La verificazione art.216:
la parte che intende avvalersi della scrittura privata disconosciuta deve
chiedere la verificazione proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e
producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione.
L’istanza per la verificazione può proporsi in via principale con citazione
quando la parte dimostra di avervi interesse, ma se il convenuto riconosce
la scrittura le spese sono poste a carico dell’attore.
QUINDI SI Può PRESENTARE UN’ISTANZA PER VERIFICARE LA SCRITTURA
PRIVATA CHE è STATA DISCONOSCIUTA.
Ma può presentarsi anche in via incidentale. La verificazione in via
incidentale non è un processo distinto da quello da cui nasce, ma
costituisce una fase processuale interna al processo originario, per la
quale è competente il giudice adito con la domanda iniziale.
Oggetto della verificazione è la provenienza della sottoscrizione. Il
processo di verificazione si svolge normalmente attraverso la consulenza
tecnica di un perito calligrafo e delle scritture di comparazione.
Se non si riesce ad accertare la genuità della sottoscrizione, la scrittura
privata non avrà alcun effetto.
Efficacia della scrittura privata art.2702 c.c.:
c’è nel parla l’art.2702 c.c. il quale dice ‘’la scrittura privata fa piena prova,
fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha
sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la
sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come
riconosciuta.
Quindi fa piena prova dell’estrinseco, cioè della provenienza dell’atto.
Invece per quanto concerne l’intrinseco se contiene dichiarazioni di
volontà (quindi impegni negoziali) la scrittura privata consente di stabilire
che la parte ha realmente assunto quell’impegno negoziale.
Se invece contiene dichiarazioni di scienza: se è una dichiarazione di
scienza di natura confessoria (la parte dichiara fatti a sé sfavorevoli) è
coperto a livello di prova legale anche il contenuto intrinseco (cioè il
giudice deve ritenere il contenuto della dichiarazione vero), se invece
nella scrittura privata la parte dichiara fatti a sé favorevoli rimane
accertato a livello di prova legale che la parte ha reso quella dichiarazione
ma non vi è nessuna prova della veridicità della dichiarazione.
QUINDI SE LA PARTE FA DICHIARAZIONI DI SCIENZA, CIOè DICHIARAZIONI
SU FATTI, A Sé SFAVOREVOLI ALLORA IL CONTENUTO INSTRISECO DELLA
SCRITTURA PRIVATA SI INTENDE PROVATO. SE INVECE LA PARTE FA
DICHIARAZIONI A Sé FAVOREVOLI RIMANE ACCERTATO CHE LA PARTE HA
FATTO QUELLA DICHIARAZIONE, MA NON VI è NESSUNA PROVA DELLA
VERIDICITà DELLA DICHIARAZIONE.
Querela di falso:
si può proporre la querela di falso per contestare il contenuto della
scrittura o per disconoscere una scrittura se si afferma che non la si è
sottoscritta.
Per la scrittura privata riconosciuta autenticata o verificata quando si
voglia contestare l’intrinseco non è necessaria la querela di falso, ma si
possono utilizzare gli strumenti offerti dall’ordinamento (ad es si può
utilizzare la regola dell’accordo dissimulato).
Quindi per quanto riguarda l’atto pubblico la querela di falso serve per
disconoscere l’estrinseco, mentre l’intrinseco viene disconosciuto
attraverso i normali mezzi che l’ordinamento prevede. Invece per quanto
riguarda la scrittura privata la querela di falso serve per contestare il
contenuto della scrittura quindi l’intrinseco (però se la scrittura privata è
riconosciuta autenticata o verificata si possono utilizzare i normali mezzi
offerti dall’ordinamento quindi non è necessaria la querela di falso=.
Data certa:
il riconoscimento e la verificazione della scrittura privata danno certezza
che le dichiarazioni sono fatte in una determinata data, se questa è
accertata nella scrittura.
I metodi per rendere opponibile la data contenuta nella scrittura ai terzi:
- La scrittura può essere autenticata il notaio accerta che la parte
ha sottoscritto la scrittura in un determinato giorno
- La scrittura può essere registrata si dà un doppio originale
dell’atto all’agenzia delle entrate che si tiene uno degli originali e
restituisce l’altro alla parte con l’attestazione della data della
registrazione
- Subentra un fatto che rende impossibile che la scrittura sia stata
sottoscritta dalle parti prima dell’accadimento del fatto stesso
- La scrittura può anche essere riprodotta in un atto pubblico
QUINDI PER RENDERE OPPONIBILE AI TERZI LA DATA CONTENUTA NELLA
SCRITTURA PRIVATA CI SONO VARI METODI: L’AUTENTICAZIONE, LA
REGISTRAZIONE ECC….
LA PROVA TESTIMONIALE:
è la dichiarazione di scienza effettuata da un soggetto che è terzo rispetto
alle parti in causa.
Quindi in pratica un soggetto terzo rispetto alle parti dichiara di sapere di
certi fatti.
La testimonianza viene resa in modo orale ma trascritta nel verbale e nel
contradditorio delle parti.
Il giudice deve acquisire all’atto della prova stessa gli elementi per poterne
valutare l’attendibilità.
Di regola la dichiarazione scritta proveniente dal terzo non ha efficacia
probatoria.
Si può riconoscere alla dichiarazione scritta proveniente dal terzo
un’efficacia probatoria in tutti i casi in cui la conoscenza del terzo non è
acquisibile al processo nelle forme tipiche previste dalla legge.
QUINDI
LA PROVA TESTIMONIALE è UNA DICHIARAZIONE CHE FA UN SOGGETTO
TERZO RISPETTO ALLE PARTI IN CAUSA.
QUINDI UN TERZO RISPETTO AL PROCESSO FA QUESTA DICHIARAZIONE.
VIENE RESA IN MODO ORALE E IL GIUDICE QUANDO VENGONO FATTE
QUESTE DICHIARAZIONI TESTIMONIALI DEVE ASSUMERE LE PROVE PER
VALUTARE SE QUELLO CHE STA DICENDO IL TESTIMONE è VERO O FALSO.
INFATTI LA DICHIARAZIONE SCRITTA PROVENIENTE DAL TERZO DI REGOLA
NON HA EFFICACIA PROBATORIA. SI Può RICONOSCERE TUTTAVIA TALE
EFFICACIA A QUESTA DICHIARAZIONE SCRITTA IN TUTTI I CASI IN CUI LA
CONOSCENZA DEL TERZO NON è ACQUISIBILE NEL PROCESSO NELLE
FORME TIPICHE PREVISTE DALLA LEGGE.
La prova testimoniale incontra dei limiti di ammisibilità in relazione in
relazione ai contratti.
L’ordinamento equipara la prova dei contratti alla prova del pagamento e
della remissione del debito.
L’esclusione della prova per testimoni nasce dal fatto che l’ordinamento
con tale esclusione vuole spingere le parti a predisporre la
documentazione della propria attività contrattuale.
QUINDI IN PRATICA NON SI Può PROVARE I CONTRATTI CON LA PROVA
TESTIMONIALE, perché L’ORDINAMENTO VUOLE CHE LE PARTI QUANDO
FANNO UN CONTRATTO SI TENGANO I DOCUMENTI PER PROVARE TALE
CONTRATTO.
La prova per testimoni non è ammessa quando il valore dell’oggetto
eccede i 2,58 euro.
Se il valore del contratto è superiore ai 2,58 non si può provare il contratto
con la prova testimoniale, a meno che l’autorità giudiziaria non consenta
che si provi il contratto con la prova testimoniale tenendo conto della
qualità della parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza
(cioè il giudice deve verificare se nell’economia di quel rapporto
contrattuale la stipulazione del contratto per abitudine diffusa avvenga in
forma scritta o orale, se l’uso è che il contratto si stipula oralmente il
giudice ammette la prova testimoniale, se invece l’uso è che il contratto si
stipula per iscritto il giudice non ammette la prova testimoniale).
I patti aggiunti o contrari:
i patti aggiunti o contrari antecedenti e contemporanei al contratto non
possono essere provati per testimoni.
L’art.2723 infatti dice qualora si alleghi che, dopo la formazione di un
documento, è stato stipulato un patto aggiunto o contrario al contenuto di
esso, l’autorità giudiziaria può consentire la prova per testimoni soltanto
se, avuto riguardo della qualità delle parti, alla natura del contratto e ad
ogni altra circostanza appare verosimile che siano state fatte aggiunte o
modificazioni verbali.
QUINDI IN PRATICA SE DOPO LA FORMAZIONE DI UN DOCUMENTO/DI UN
CONTRATTO SONO STATI FATTI DEI PATTI AGGIUNTI O CONTRARI AL
CONTENUTO DEL CONTRATTO STESSO L’AUTORITà GIUDIZIARIA
NORMALMENTE NON Può AMMETTERE LA PROVA PER TESTIMONI, A
MENO CHE AVUTO RIGUARDO DELLA QUALITA’ DELLE PARTI, ALLA
NATURA DEL CONTRATTO E AD OGNI ALTRA CIRCOSTANZA APPARE CHE
TALI PATTI SIANO STATI FATTI VERBALMENTE E NON PER ISCRITTO.
ART.2724
La prova testimoniale è ammessa in ogni caso quando vi è un principio di
prova per iscritto (cioè quando la controparte di quella che ha proposto la
domanda allega una prova scritta che fa apparire verosimile il fatto
allegato); quando il contraente è stato nell’impossibilità morale o
materiale di procurarsi una prova scritta; quando il contraente ha senza
sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova.
Contratti in forma scritta ad probationem e ad substantiam
Art.2725:
ci dice che quando secondo la legge o la volontà delle parti un contratto
deve essere provato per iscritto la prova per testimoni è ammessa
soltanto quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento
che gli forniva la prova. E la stessa regola si applica anche quando la forma
scritta è richiesta sotto pena di nullità, cioè quando è richiesta la forma
scritta ad substantiam.
La procedura:
il testimone si presenta spontaneamente o viene invitato a presenziare
all’udienza dalla parte o dall’avvocato della parte.
Se la parte non fa intimare i testimoni e questi non compaiono il giudice
dichiara la decadenza della prova testimoniale. QUINDI SE LA PARTE NON
DICE AI TESTIMONI VENITE A TESTIMONIARE E I TESTIMONI QUINDI NON
SI PRESENTANO IN GIUDIZIO IL GIUDICE DICE CHE LA PROVA
TESTIMONIALE è DECADUTA E QUINDI NON SI Può PIU FARE
L’assunzione dei testimoni avviene previo loro giuramento (quindi i
testimoni prima devono giurare), dopodichè il testimone dichiara le
proprie generalità e i propri rapporti con le parti, e viene interrogato sui
capitoli di prova che il giudice ha ammesso. Quindi giura, dichiara le
proprie generalità e i propri rapporti con le parti, e poi viene interrogato
da giudice sui capitoli di prova.
La facoltà di astensione art.249: si applicano all’audizione dei testimoni gli
artt.200 201 e 202 del codice di procedura penale relative alla facoltà di
astensione dei testimoni.
L’intimazione dei testimoni: abbiamo già visto che se la parte non fa
intimare i testimoni, quindi non invita i testimoni a presenziare
all’udienza, e questi non compaiono si ha la decadenza della prova
testimoniale.
Vediamo nello specifico come avviene questa intimazione:
art.250 l’ufficiale giudiziario su richiesta della parte interessata intima i
testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo nel giorno
e nell’ora fissati indicando il giudice che assume la prova e la causa nella
quale devono essere sentiti.
L’intimazione se non è eseguita in mani proprie del destinatario o
mediante servizio postale è effettuata in busta chiusa o sigillata.
L’intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti a comparire
in udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l’invio di copia
dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o
mediante posta elettronica certificata o a mezzo di teelfax
Il difensore che ha spedito l’atto da notificare con lettera raccomandata
deposita nella cancelleria del giudice una copia dell’atto inviato
attestandone la conformità all’originale e l’avviso di ricevimento.
ART.252: Il giudice istruttore richiede al testimone il nome, il cognome,
l’età e la professione e lo invita a dichiarare se ha rapporti di parentela,
affinità, affiliazione o dipendenza con alcuna delle parti oppure interesse
nella causa. Le parti possono fare osservazioni sull’attendibilità del
testimone e questi deve fornire in proposito i necessari chiarimenti.
Art.253 ci dice che il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti
intorno ai quali è chiamato a deporre, cioè appunto sui capitoli di prova;
può altresì rivolgergli di ufficio o su istanza di parte tutte le domande che
ritiene utili a chiarire i fatti medesimi.
È vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare direttamente i
testimoni.
Art.257:
se il testimone si riferisce per la conoscenza dei fatti ad altre persona il
giudice istruttore può disporre d’ufficio che esse siano chiamate a
deporre.
Quindi se il testimone dice ‘’ questa cosa la sa quest’altra persona, il
giudice può disporre d’ufficio che sia chiamata quest’altra persona a
testimoniare.
LA CONFESSIONE
ART.2730 DEL C.C.
La confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad
essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte.
Se colui che fa valere il diritto in giudizio dichiara l’esistenza di un fatto
costitutivo o l’inesistenza di un’eccezione, la dichiarazione è a lui
favorevole quindi non integra una confessione. QUINDI è OVVIO CHE SE
L’ATTORE CHE FA VALERE IL DIRITTO IN GIUDIZIO DICHIARA CHE IL FATTO
COSTITUITIVO SUI CUI SI BASA IL SUO DIRITTO ESISTE O CHE NON
SUSSISTE L’ECCEZIONE CHE NEGHEREBBE IL SUO DIRITTO è OVVIO CHE
STA CONFESSANDO COSE CHE SONO A SUO FAVORE. E QUINDI NON
INTEGRA UNA CONFESSIONE DATO CHE LA CONFESSIONE HA EFFICACIA
SOLO SE LA PARTE DICHIARA FATTI A Sé SFAVOREVOLI.
Costituisce una confessione invece se dichiara l’inesistenza di un fatto
costitutivo o l’esistenza di un’eccezione.
La dichiarazione complessa:
si ha quando colui che dichiara fatti a sé sfavorevoli aggiunge anche la
dichiarazione di fatti a sé favorevoli. QUINDI IN PRATICA è LA
CONFESSIONE IN CUI LA PARTE DICHIARA SIA FATTI A Sé SFAVOREVOLI E
SIA FATTI A Sé FAVOREVOLI.
Se la controparte contesta la veridicità delle circostanze aggiunte, cioè dei
fatti favorevoli al confidente, tutte le dichiarazioni diventano prova
liberamente valutabile e il giudice non può scinderne il contenuto, cioè
non può accettare certe parti e rifiutarne altre.
Quindi se tizio fa una dichiarazione complessa e quindi fa una
dichiarazione sia di fatti a sé sfavorevoli e sia di fatti a sé favorevoli e l’altra
parte contesta le dichiarazioni favorevoli al confidente, tutte le
dichiarazioni (sia le dichiarazioni favorevoli che quelle sfavorevoli)
diventano prova liberamente valutabile e il giudice non può scinderne il
contenuto, cioè non può accettare certe parti e rifiutarne altre.
Se la controparte invece non contesta i fatti aggiunti favorevoli la
dichiarazione complessa ha efficacia di prova legale nella sua globalità.
Quindi se la controparte non contesta la dichiarazione complessa questa
ha efficacia di prova legale sia per i fatti favorevoli che per quelli
sfavorevoli.
La revoca della confessione:
art.2732 la confessione non può essere revocata se non si prova che è
stata determinata da errore di fatto o da violenza. QUINDI NON SI Può
REVOCARE LA CONFESSIOEN A MENO CHE NON SI PROVI CHE LA
CONFESSIONE è STATA FATTA perché C’è STATO UN ERRORE DI FATTO O
VIOLENZA.
Errore di fatto: occorre dimostrare che quando è stata resa la confessione
la volontà di chi l’ha resa era diretta a dichiarare certi fatti ma poi ne sono
stati dichiarati altri. QUINDI IN PRATICA IL SOGGETTO HA DETTO UN
QUALCOSA DI DIVERSO DA QUELLO CHE VOLEVA DIRE.
La confessione giudiziale:
invece la confessione giudiziale cos’è?
È giudiziale la confessione resa in giudizio. Essa costituisce piena prova
contro colui che l’ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non
disponibili. In caso di litisconsorzio necessario la confessione resa da
alcuni litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice.
QUINDI LA CONFESSIONE GIUDIZIALE è LA CONFESSIONE RESA IN
GIUDIZIO.
HA EFFICACIA PROBATORIA QUINDI IL GIUDICE LA DEVE RITENERE
ATTENDIBILE.
La confessione stragiudiziale:
art.2735 c.c.
la confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi l’ha rappresenta ha la
stessa efficacia probatoria di quella giudiziale. Se è fatta a un terzo o se è
contenuta in un testamento è liberamente apprezzata dal giudice.
La confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni se verte su un
oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge.
La confessione stragiudiziale è una prova che a sua volta deve essere
provata perché la dichiarazione confessoria avviene fuori dal processo e
quindi deve essere dimostrato al giudice. Se al contrario la confessione è
giudiziale il giudice la percepisce con i suoi sensi.
QUINDI la confessione può essere resa nel giudizio stesso (e in tal caso
non bisogna provare che c’è stata la confessione perché la confessione
avviene in giudizio quindi davanti al giudice) oppure può essere resa fuori
dal giudizio e in questo caso la confessione deve essere dimostrata al
giudice.
Inoltre, la confessione può anche essere contenuta in un documento e in
tal caso la confessione si considera provata attraverso la produzione o
l’esibizione del documento.
La confessione stragiudiziale ha la stessa efficacia probatoria di quella
giudiziale. Se però è fatta ad un terzo o è contenuta in un testamento è
liberamente apprezzata dal giudice, quindi non è considerata come piena
prova ma come prova liberamente valutabile dal giudice.
Inoltre non può essere provata per testimoni se verte su un oggetto sul
quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge.
Art.228 c.c. ci dice che la confessione stragiudiziale è spontanea o
provocata mediante interrogatorio formale. QUINDI Può ESSERE CHE LA
PARTE SPONTANEAMENTE VOGLIA RENDERE QUESTA CONFESSIONE
OPPURE SIA IL GIUDICE A PROVOCARLA MEDIANTE INTERROGATORIO
FORMALE
L’art.229 dice che la confessione spontanea può essere contenuta in
qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente.
Le dichiarazioni fatte dal rappresentante della parte non sono confessioni
perché quest’ultimo non ha il potere di disporre del diritto oggetto del
processo. QUINDI L’AVVOCATO NON Può FARE CONFESSIONI SU DIRITTI LA
CUI DISPONIBILITA’ C’è L’HA LA PARTE
GIURAMENTO
Il giuramento si distingue in 3 tipi:
1) Giuramento decisorio
2) Giuramento suppletorio
3) Giuramento estimatorio
I MEZZI DI IMPUGNAZIONE
Una volta che è stata emessa la sentenza nel processo ordinario questa
sentenza poi può essere impugnata finché appunto non passa in giudicato
con i mezzi di impugnazione ordinaria, poi quando passa in giudicato può
essere impugnata soltanto con i mezzi di impugnazione straordinaria.
La necessità di ricorrere ai mezzi di impugnazione cessa quando la
sentenza impugnata non ha mai prodotto oppure non produce più un
giudicato sostanziale.
Ciò può accadere in due situazioni:
- Inesistenza della sentenza: il vizio della sentenza porta all’inesistenza
della stessa.
La parte, se è ancora possibile, può far valere l’inesistenza della
sentenza attraverso i mezzi di impugnazione oppure in un separato
processo riproponendo la domanda.
Oggetto di impugnazione:
oggetto di impugnazione sono le sentenze.
Non sono oggetto di impugnazione gli altri provvedimenti del giudice, in
particolare le ordinanze perché? Perché ai sensi dell’art.177 le ordinanze
cmq motivate non possono mai pregiudicare la decisione della causa e
quindi salvo quanto disposto dal seguente comma le ordinanze possono
essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate.
QUINDI LE ORDINANZE NON POSSONO ESSERE OGGETTO DI
IMPUGNAZIONE perché LE ORDINANZE NON PREGIUDICANO LA
DECISIONE DELLA CAUSA E QUINDI POSSONO ESSERE SEMPRE
MODIFICATE O REVOCATE DAL GIUDICE CHE LE HA PRONUNCIATE.
Non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate
invece le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti, in materia della
quale esse possono disporre; esse tuttavia sono revocabili dal giudice
istruttore o dal collegio quando vi è accordo delle parti.
E non sono modificabili né revocabili le ordinanze dichiarate
espressamente non impugnabili dalla lege nonché le ordinanze per le
quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo.
LE SENTENZE
Le sentenze definitive di rito
Art.279 ii comma
Ci dice che il collegio pronuncia sentenza
- Quando definisce il giudizio decidendo questioni di giurisdizione
- Quando definisce il giudizio decidendo questioni pregiudiziali
attinenti al processo o questioni preliminari di merito
Gli esiti dei due processi vanno però coordinati perché la pronuncia
che emette il giudice di appello ha potenzialmente lo stesso oggetto
della sentenza definitiva emessa dal giudice del primo grado.
La coordinazione delle due pronunce avviene attraverso l’art.336 II
comma c.p.c. (effetto espansivo esterno).
QUINDI SE IL CONVENUTO APPELLA SUBITO LA QUESTIONE
PREGIUDIZIALE CHE è STATA DECISA CON SENTENZA NON
DEFINITIVA, VI SONO DUE PROCESSI:
- VI è IL PROCESSO NORMALE, CIOè QUELLO CHE ERA STATO
INSTAURATO ORIGINARIAMENTE CHE DECIDERà DI TUTTO Ciò CHE è
STATO DOMANDATO DALL’ATTORE OPPURE ANCHE DAL CONVENUTO
CON DOMANDA RICONVENZIONALE ECC
TRANNE CHE DELLA QUESTIONE CHE è STATA DECISA CON SENTENZA
NON DEFINITIVA
- E POI VI SARà UN SECONDO PROCESSO DI APPELLO AVENTE AD
OGGETTO SOLTANTO LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE CHE è STATA
DECISA CON SENTENZA NON DEFINITIVA