Sei sulla pagina 1di 59

ATTI INTRODUTTIVI DEL PROCESSO:

quali possono essere?


Possono essere la citazione, che è l’atto che viene adottato nel rito
ordinario, quindi normalmente cioè ordinariamente
Invece il ricorso è adottato in taluni riti speciali
La differenza tra questi due atti introduttivi sta nel fatto che:
- La citazione viene prima notificata alla controparte e poi depositata
nella cancelleria del giudice che quindi ne prende cognizione
successivamente alla controparte (può anche accadere che la
controparte ometta di depositare la citazione in cancelleria e in tal
caso il giudice non ne verrà a conoscenza)
- Il ricorso invece prima viene depositato presso la cancelleria del
giudice e poi viene notificato alla controparte (in caso di mancata
notifica alla controparte la controparte non ne verrà a conoscenza).

Esaminiamo adesso la citazione:


di cui parla l’art.167 c.p.c.
allora la domanda si propone mediante citazione a comparire ad udienza
fissa.
Il presidente del tribunale stabilisce all’inizio dell’anno giudiziario con
decreto approvato dal primo presidente della corte di appello i giorni
della settimana e le ore delle udienze destinate esclusivamente alla prima
comparizione delle parti
L’atto di citazione deve contenere:
- L’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta
- Il nome il cognome la residenza e il codice fiscale dell’attore il nome
il cognome il codice fiscale e la residenza o il domicilio o la dimora
del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano
o li assistono (se attore o convenuto è una persona giuridica,
un’associazione non riconosciuta o un comitato la citazione deve
contenere la denominazione o la ditta con l’indicazione dell’organo o
ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio)
- Poi ci deve essere l’indicazione della cosa oggetto della domanda
(CHIEDO CHE MI SIA DATO UN RISARCIMENTO PER DANNO
STRADALE)
- L’indicazione nei casi in cui la domanda è soggetta a condizioni di
procedibilità dell’assolvimento degli oneri previsti per il suo
superamento (QUINDI SE C’ERANO DELLE CONDIZIONI DI
PROCEDIBILITA’ BISOGNA INDICARE L’ASSOLVIMENTO DI QUESTI
ONERI ES: nel caso in cui non sia stata data la giusta quota di
un’eredità prima di instaurare il giudizio bisogna fare una
mediazione)
- Poi ancora vi deve essere nella citazione l’esposizione in modo
chiaro dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della
domanda
- L’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende
valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione
- Il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura
qualora questa sia stata già rilasciata
- L’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione: quindi è
l’attore nella citazione che decide quando ci sarà l’udienza di
comparizione
- L’invito al convenuto a costituirsi nel termine di 70 gg prima
dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art.166 (POI
LO VEDREMO MEGLIO) e a comparire nell’udienza indicata dinnanzi
al giudice designato ai sensi dell’art.168 bis con l’avvertimento che la
costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli
art. 38 e 167 e che la difesa tecnica mediante avvocato è
obbligatoria in tutti i giudizi dinnanzi al tribunale
L’atto di citazione è sottoscritto a norma dell’art.125, ed è consegnato
dalla parte o dal procuratore (avvocato) all’ufficiale giudiziario il quale lo
notifica alla controparte a norma degli art.137 e seguenti del c.p.c.
QUINDI L’ART.167 DEL C.P.C. VA A DISCIPLINARE L’ATTO DI CITAZIONE CHE
è APPUNTO L’ATTO INTRODUTTIVO DEL RITO ORDINARIO.

Che funzioni ha l’atto di citazione?


1) Individuare l’oggetto del processo
2) Ha la funzione di portare la domanda giudiziale a conoscenza del
giudice e della controparte

Edictio actionis: attiene alla formulazione della domanda


Vocatio in ius: serve a portare la domanda a conoscenza degli altri
soggetti (seconda funzione)

Indicazione del giudice al quale la domanda è rivolta


L’indicazione delle parti
L’indicazione della cosa oggetto della domanda (PETITUM):
- Vi il petitum immediato  il provvedimento che si chiede al giudice
- Il petitum mediato  la situazione sostanziale dedotta in giudizio

Poi vi è la causa petendi cioè la fattispecie costitutiva del diritto cioè


perché è sorto quel diritto?
La causa petendi non costituisce elemento costitutivo dei diritti
autoindividuati (i diritti autoindividuati non hanno bisogno di una
fattispecie costitutiva per essere individuati) es di diritto autoindividuato è
la proprietà perché è indifferente se la proprietà sia stata acquistata per
usucapione, a titolo derivativo con contratto di compravendita… la
proprietà rimane sempre la stessa
La causa petendi costituisce elemento costitutivo dei diritti
eteroindividuati perché al moltriplicarsi delle fattispecie costitutive si
moltiplicano i diritti.
È un diritto eteroindividuato ad es il diritto di credito perché per il
moltiplicarsi delle fattispecie costituitive aumentano anche i diritti: se è
nato un credito per un danno autostradale poi un credito per danni
personali tutti questi sono crediti diversi

La citazione non deve indicare la causa petendi se si tratta di diritti


autoindividuati perché appunto non serve la causa petendi per indiduare
il diritto
Invece l’atto di citazione deve indicare la causa petendi se si tratta di
diritto eteroindividuato

- Indicazione dei mezzi di prova nella citazione è facoltativa perché


può essere fatta in seguito
- L’indicazione della procura a un legale
- Data dell’udienza di comparizione: è l’attore stesso che individua la
data dell’udienza. Nel determinare tale giorno l’attore deve tenere
conto dei termini stabiliti nell’art.163 bis che sono di 90 gg se la
citazione deve essere notificata in italia e di 150 la citazione deve
essere notificata all’estero.
Quindi 90 gg o 150 dal momento della notificazione al momento
della prima udienza.
Quindi quando la parte stabilisce la prima udienza di comparizione
deve calcolare un minimo di 90 gg dal momento della notificazione
all’udienza se l’atto di citazione deve essere notificato in italia e un
minimo di 150 gg se l’atto di citazione deve essere notificato
all’estero.
Il mancato rispetto di questi termini determina, come vedremo, la
nullità dell’atto introduttivo.
Inoltre, l’atto deve contenere l’invito rivolto al convenuto a
costituirsi in giudizio nel termine previsto dall’art.166 e a comparire
dinnanzi al giudice istruttore che sarà designato.

LA NULLITA’ DELL’ATTO DI CITAZIONE


L’art.164 ci dice che la citazione è nulla se è omesso o risulta
assolutamente incerto alcuni dei requisiti stabiliti nei numeri 1 e 2
dell’art.167 ( se manca l’indicazione del tribunale dinnanzi al quale la
domanda è proposta e se mancano i dati delle parti), se manca
l’indicazione della data dell’udienza di comparizione, se è stato assegnato
un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge ovvero se
manca l’avvertimento previsto dal numero 7 dell’art163: IN TUTTI QUESTI
CASI LA CITAZIONE è NULLA

Se il convenuto non si costituisce in giudizio il giudice rilevata la nullità


della citazione ne dispone d’ufficio la rinnovazione entro un termine
perentorio.
Quindi il convenuto a seguito di una citazione nulla non si costituisce in
giudizio. Allora il giudice dispone la rinnovazione della citazione entro un
termine perentorio che assegna lui.
Questa rinnovazione sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della
domanda si producono sin dal momento della prima notificazione, quindi
hanno effetto ex tunc.
Se la rinnovazione non viene eseguita il giudice ordina la cancellazione
della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell’art.307 comma
terzo.
Se il convenuto si costituisce in giudizio la sua costituzione sana i vizi della
citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al
secondo comma.
Tuttavia, se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o
la mancanza dell’avvertimento previsto dal numero 7 dell’art.163, il
giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. Quindi se il vizio
consiste nell’inosservanza dei termini a comparire o nella mancanza
dell’avvertimento il giudice fissa una nuova udienza.

La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il


requisito stabilito nel numero 3 dell’art.163 ( quindi se manca o se è
assolutamente incerta la determinazione dell’oggetto della domanda) o se
manca l’esposizione in modo chiaro e specifico dei fatti e degli elementi di
diritto costituenti le ragioni della domanda con le relative conclusioni.
Quindi se mancano questi elementi la citazione è NULLA.
Il giudice rilevata la nullità fissa all’attore un termine perentorio per
rinnovare la citazione o se il convenuto si è costituito per integrare la
domanda. Restano ferme le decadenze maturate i salvi i diritti acquisiti
anteriormente alla rinnovazione o integrazione della domanda.

Quindi la citazione è nulla se mancano i requisiti 3 e 4 in questo caso il


giudice fissa un termine perentorio per rinnovare la citazione o se il
convenuto si è già costituito per integrare la domanda. Se la domanda
viene integrata il giudice fissa una nuova udienza.

Poi la citazione può essere nulla anche in relazione alla vocatio ius cioè in
caso di omissione o assoluta incertezza relativamente a:
- Giudice adito
- Alle parti del processo
- Alla data di udienza
- Quando vi è l’assegnazione di un termine a comparire inferiore a
quello legale previsto dall’art.163 bis c.p.c.
- Al mancato avvertimento di cui al numero 7 dell’art.163
La sanatoria per rinnovazione: se il convenuto non si costituisce il giudice
deve esaminare la citazione per accertare che essa non sia affetta da una
delle nullità previste.
In caso di esito positivo cioè nel caso in cui il giudice si accorga che la
citazione è effettivamente affetta da una delle nullità che abbiamo visto
deve disporre d’ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio
indicando all’attore l’elemento della vocatio ius da integrare.
Il giudice fissa anche la successiva udienza di comparizione
se l’attore rinnova la citazione nel termine assegnato il vizio si sana con
efficiacia retroattiva.
Se invece la rinnovazione non viene eseguita o viene eseguita oltre il
termine perentorio il giudice all’udienza successiva se il convenuto non si
è costituito ordina la cancellazione della causa dal ruolo e quindi si ha
l’estinzione immediata del processo.
Se poi l’atto rinnovato è nullo secondo l’opinione preferibile è possibile
disporre la rinnovazione.

QUINDI: SE IL GIUDICE SI ACCORGE CHE IL CONVENUTO NON SI è


COSTITUITO A CASUA DELLA CITAZIONE NULLA DISPONE UN TERMINE PER
RINNOVARE LA CITAZIONE.
QUESTA VOLTA è IL GIUDICE A FISSARE L’UDIENZA DI COMPARIZIONE
POI SE LA CITAZIONE VIENE RINNOVATA I VIZI SI SANANO CON EFFICACIA
RETROATTIVA E QUINDI DA QUANDO IL VIZIO è SORTO
INVECE SE LA RINNOVAZIONE NON VIENE ESEGUITA O VIENE ESEGUITA
OLTTE IL TERMINE PERENTORIO CHE IL GIUDICE AVEVA ASSEGNATO IL
GIUDICE NELL’UDIENZA SUCCESSIVA CHE LUI HA STABILITO SE IL
CONVENUTO NON SI è COSTITUITO ORDINA LA CANCELLAZIONE DELLA
CAUSA DAL RUOLO E SI HA ESTINZIONE IMMEDIATA DEL PROCESSO.
Poi vi è la sanatoria per costituzione del convenuto: quindi i vizi relativi
alla vocatio ius sono sanati anche mediante la costituzione spontanea del
convenuto
Quindi se il convenuto non si presenta il giudice può ordinare la
rinnovazione della citazione, altrimenti se il convenuto si costituisce i vizi
sono sanabili.
La sanatoria per costituzione spontanea ha efficacia retroattiva
L’art.164 terzo comma dispone che il giudice, se il convenuto deduce
l’inosservanza dei termini a comparire (è stato assegnato un termine
inferiore a quello previsto dalla legge) o la mancanza dell’avvertimento
previsto dal numero 7 dell’art.163 deve fissare una nuova udienza di
prima comparizione nel rispetto dei termini previsti dall’art.163 per
consentire al convenuto di depositare una comparsa di costituzione 20 gg
prima dell’udienza fissata.
Quanto affermato dall’art.164 al terzo comma vale anche per la mancanza
dei requisiti stabiliti nei numeri 1 e 2 dell’art.163 e per la mancanza di
indicazione della data di udienza di comparizione

nullità relativa all’edictio actionis


si ha in caso di omissione o assoluta incertezza del requisito di cui all’art.3
(l’indicazione dell’oggetto della domanda; e in caso di mancata
esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della
domanda con le relative conclusioni.
L’omessa esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda
comporta un vizio della citazione a causa della mancata individuazione del
diritto fatto valere se si tratta di diritti eteroindividuati.

Per quanto riguarda la sanatoria di questi vizi: è l’attore che deve


integrare la domanda quindi non basta che il convenuto si costituisca o
che sia rinnovata la citazione.
Fatto ciò se il convenuto è contumace il giudice dispone la rinnovazione
della citazione con gli elementi carenti della edictio actionis
Se invece il convenuto è presente l’attore deve depositare una memoria
contenente le necessarie integrazioni
Gli effetti sostanziali e processuali della domanda sanata per quanto
riguarda l’edictio actionis si producono dal momento della rinnovazione
della citazione (se il convenuto è contumace) oppure dal momento
dell’integrazione della domanda se il convenuto è costituito.
Se l’attore non rinnova o integra la citazione vi è l’estinzione del processo.
avviene ad opera del cancelliere che annota la causa nel ruolo generale
degli affari contenziosi civili.
COSTITUZIONE DEL CONVENUTO
ART.166
Il convenuto deve costituirsi a mezzo di un procuratore quindi a mezzo di
un avvocato o personalmente nei casi consentiti dalla legge almeno 70 gg
prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione
depositando la comparsa di cui all’art.167 con la copia della citazione
notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.
QUINDI:
il convenuto a mezzo del procuratore o personalmente si deve costituire
almeno 70 gg prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di
citazione (è l’attore che nell’atto di citazione fissa la prima udienza di
comparizione).
Quando il convenuto si costituisce deve depositare la comparsa di
risposta, con la copia della citazione notificata, la procura e tutti i
documenti.
Comparsa di risposta: che cos’è la comparsa di risposta?
L’art.167: nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le
sue difese prendendo posizione in modo chiaro e specifico sui fatti
proposti dall’attore a fondamento della domanda; deve indicare le proprie
generalità e il codice fiscale, i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i
documenti che offre in comunicazione e deve formulare le conclusioni.
A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali
e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Se è
omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto della domanda
ricovenzionale il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine
perentorio per integrare la domanda.
Restano però salve le decadenze maturate e i diritti acquisiti
anteriormente alla integrazione.
Se poi il convenuto intende chiamare in causa un terzo deve farne
dichiarazione nella stessa comparsa.
QUINDI IN PRATICA CHE COS’è QUESTA COMPARSA DI RISPOSTA?
Il convenuto ricevuta la citazione si deve costituire e deve fare inoltre una
comparsa di risposta, cioè una risposta che il convenuto dà alla pretesa
che l’attore ha scritto nella citazione.
Con la comparsa di risposta il convenuto presenta le proprie difese.
Le difese del convenuto si distinguono in:
- Difese in rito
- Difese in merito
Le difese in rito riguardano la correttezza dell’iter processuale
Le difese in merito riguardano invece la fondatezza della domanda. Ci
sono le difese semplici o mere difese che sono quelle con le quali il
convenuto contesta in fatto o in diritto quanto affermato dall’attore.
Le eccezioni che sono quelle con le quali il convenuto introduce in giudizio
dei nuovi fatti storici che si pongono come impeditivi modificativi o
estintivi del diritto vantato dall’attore.
Con la comparsa in risposta il convenuto può richiedere mezzi di prova e
produrre documenti. E inoltre deve a pena di decadenza inserire nella
comparsa le eccezioni in senso stretto (cioè quelle rilevabili solo dalla
parte) e deve dichiarare la volontà di chiamare in giudizio un terzo.
Inoltre, egli deve proporre le domande riconvenzionali.
La domanda riconvenzionale è quella rivolta ad una parte del processo e
quindi l’attore.
La nullità della domanda riconvenzionale può essere sanata come quella
della citazione mediante deposito di una memoria contenente gli
elementi carenti.
Se il convenuto chiama in causa un terzo deve chiedere contestualmente
al giudice di spostare la prima udienza allo scopo di consentire anche al
terzo di partecipare.
Infine, nella comparsa di risposta il convenuto deve inserire anche le sue
conclusioni ossia ciò che egli chiede al giudice.

LA COSTITUZIONE DELL’ATTORE
ART.165
L’attore entro 10 gg dalla notificazione della citazione al convenuto deve
costituirsi in giudizio a mezzo del procuratore o personalmente nei casi
consentiti dalla legge depositando la nota di iscrizione a ruolo e il proprio
fascicolo contenente l’originale della citazione, la procura e i documenti
offerti in comunicazione.
Se si costituisce personalmente deve dichiarare la residenza o eleggere il
domicilio nel comune ove ha sede il tribunale o indicare l’indirizzo presso
cui ricevere le comunicazioni e notificazioni.
Se la citazione è notificata a più persone l’originale deve essere inserito
nel fascicolo entro 10 gg dall’ultima notificazione.
QUINDI:
l’attore entro 10 gg dalla notificazione al convenuto deve costituirsi in
giudizio a mezzo dell’avvocato o personalmente quando è consento,
depositando la nota di iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contenente
l’originale della citazione, la procura all’avvocato e i documenti offerti in
comunincazione.

Cosa succede se le parti si costituiscono in ritardo?


Art.171 del c.p.c. ci dice che se nessuna delle parti si costituisce nei
termini stabiliti (10 gg dalla notificazione per l’attore e 70 gg prima della
prima udienza di comparizione per il convenuto) si applicano le
disposizioni dell’art.307 primo e secondo comma.
Se una delle parti si è costituita entro il termine assegnato l’altra parte
può costituirsi successivamente, ma restano ferme per il convenuto le
disposizioni di cui all’art.167.
La parte che non si costituisce entro il termine di cui all’art.166 è
dichiarata contumace con ordinanza del giudice istruttore, salva la
disposizione di cui all’art.291.
Quindi la parte che non si costituisce entro i 70 gg prima dell’udienza di
comparizione fissata nell’atto di citazione è dichiarata contumace.
QUINDI RIASSUMENDO:
Se a costituirsi tardivamente è l’attore il processo prosegue se il
convenuto ne fa richiesta. Altrimenti il processo si estingue.
Se invece è il convenuto ad effettuare una costituzione tardiva come dice
il secondo comma decadrà dalla facoltà di proporre domande
riconvenzionali, di chiamare in causa terzi e di sollevare eccezioni
processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.
Se nessuno si costituisce invece si applicano le disposizioni di cui
all’art.307
Art.307 ci dice: se dopo la notificazione della citazione nessuna delle parti
si costituisce entro il termine stabilito dall’art.166 oppure se dopo la
costituzione delle stesse il giudice nei casi previsti dalla legge abbia
ordinato la cancellazione della causa dal ruolo il processo deve essere
riassunto davanti allo stesso giudice nel termine perentorio di 3 mesi che
decorrono rispettivamente dalla scadenza del termine per la costituzione
del convenuto ai sensi dell’art.166 o dalla data del provvedimento di
cancellazione; altrimenti il processo si estingue.
QUINDI il primo comma dell’art.307 che dopo la notificazione della
citazione se nessuna delle parti si costituisce entro 70 gg prima
dell’udienza di prima comparizione ovvero se le parti si costituiscono ma il
giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo il processo deve
essere riassunto nel termine perentorio di 3 mesi che decorre dalla
scadenza del termine per la costituzione del convenuto a norma
dell’art.166 quindi 70 gg prima dell’udienza di comparizione, o dalla data
del provvedimento di cancellazione altrimenti il processo si estingue.

Il processo una volta riassunto si estingue se nessuna delle due parti si sia
costituita oppure se nei casi previsti dalla legge il giudice ordini la
cancellazione della causa dal ruolo.
Quindi se il processo è stato riassunto ma ancora una volta nessuna delle
due parti si è costituita o ancora una volta il giudice ordina la
cancellazione della causa dal ruolo il processo si estingue.

EFFETTI DELLA MANCATA COSTITUZIONE:


- La parte che non si costituisce in giudizio è qualificata CONTUMACE
e ciò determina l’applicazione delle speciali norme del procedimento
in contumacia
- Se invece la parte si costituisce però poi non si presenta alle udienze
si ha l’assenza che non è la contumacia.
IL GIUDICE ISTRUTTORE
La decisione delle cause del tribunale è affidata a due organi diversi: il
giudice istruttore, che è appunto il giudice monocratico, e al collegio.
Il processo di primo grado si divide in varie fasi:
- Fase introduttiva che spetta alle parti
- Fase di trattazione che spetta ad un giudice singolo quindi al giudice
istruttore che raccoglie tutto il materiale che serve per la decisione
- E la fase di decisione
-particolari controversie sono affidate al collegio, cioè al tribunale
nella sua formazione di 3 giudici, di cui uno è il giudice istruttore.

-in tutte le altre controversie invece la decisione è affidata al giudice


istruttore, che opera come giudice monocratico con gli stessi poteri
del collegio (quindi l’istruttore può fare tutto ciò che le varie norme
consentono di fare al collegio).

Le categorie di controversie per le quali è prevista la decisione


collegiale sono elencate nell’art.50 bis c.p.c.

PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE ISTRUTTORE


Vediamo cosa può fare il giudice istruttire
ART.187
Il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione di
merito senza bisogno di assumere mezzi di prova rimette le parti davanti
al collegio.
QUINDI DIRETTAMENTE SENZA PROCEDERE ALL’ISTRUTTORIA RIMETTE LE
PARTI DAVANTI AL COLLEGIO.
Poi il giudice può rimettere la parti davanti al collegio affinchè sia decisa
separatamente una questione di merito avente carattere preliminare se
questa da sola potrebbe definire il giudizio.
Poi il giudice può provvedere analogamente quindi rimettendo le parti al
collegio se sorgono questioni attinenti alla giurisdizione o alla competenza
o ad altre questioni pregiudiziali, ma può anche decidere che tali
questioni siano decise insieme al merito quindi senza che siano rimesse al
collegio.
ATTIVITA’ ISTRUTTORIA DEL GIUDICE
C’è ne parla l’art.188 che ci dice che il giudice istruttore nel rispetto del
calendario del processo provvede all’assunzione dei mezzi di prova e
esaurita l’istruzione rimette le parti al collegio per la decisione.
Quindi il giudice provvede all’assunzione dei mezzi di prova e una volta
esaurita l’istruzione può rimettere le parti al collegio o al giudice
monocratico per la decisione.
Nello specifico l’istruzione probatoria corrisponde a quella fase del
processo nella quale si assumono le prove necessarie per provare i fatti
storici allegati che sono controversi.
Quindi l’attività istruttoria ha luogo se le parti non danno implicitamente o
esplicitamente una comune versione dei fatti allegati oppure se si tratta di
diritti indisponibili o se la causa non è documentalmente istruita.
Le prove precostituite: esistono già fuori dal processo e sono acquisite al
processo con la loro semplice produzione
Invece le prove costituenti: devono essere formate all’interno del
processo.
Le prove servono per sapere se i fatti allegati dalle parti si sono verificati
oppure no.
I mezzi di prova sono solo quelli previsti dal legislatore, quindi le prove
atipiche non possono essere usate anche se cmq il legislatore prevede
tutti i mezzi di prova astrattamente idonei: vige quindi il principio di
tipicità delle prove, ma tuttavia il principio di tipicità delle prove di fatto
non esclude strumenti probatori che potrebbero essere utilmente
utilizzati, ma esclude quei mezzi che secondo la comunis opinio non sono
attendibili.
Poi vi sono:
- Le prove dirette: il fatto storico è direttamente percepito dal giudice
(es l’ispezione)
- Le prove indirette o rappresentative: il giudice non percepisce il fatto
direttamente, ma attraverso una rappresentazione dello stesso che
può essere contenuta in un oggetto (prova documentale) o può
consistere nella narrazione di un soggetto (testimonianza o
dichiarazione).
Qui però c’è il problema dell’attendibilità

Poi ci sono:
- Le prove critiche o presuntive o indiziarie: che utilizzano dei fatti
(fatti secondari) partendo dai quali si giunge attraverso un
ragionamento ad affermare l’esistenza o inesistenza dei fatti che
integrano la fattispecie.
FATTI NOTORI E LE MASSIME DI ESPERIENZA ART. 115
L’art.115 ci dice: fatti i salvi i casi previsti dalla legge il giudice deve
porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal
PM nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita.
Il giudice può tuttavia senza bisogno di prova porre a fondamento della
decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.
Abbiamo:
- I fatti notori: i fatti notori non sono soggetti a istruzione probaotoria.
Sono notori i fatti che rientrano nella comune esperienza, che
rientrano nel comune patrimonio di tutti i soggetti di una certa
società in un certo momento storico
- Le massime di esperienza: sono i canoni di ragionamento che il
giudice utilizza anch’essi propri di una certa società in un certo
momento storico.
VALUTAZIONE DELLE PROVE ART.116
L’art.116 ci dice che il giudice deve valutare le prove secondo il suo
prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti.
Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le parti gli
danno, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha
ordinate e in generale dal contegno delle parti stesse nel processo.

QUINDI IL GIUDICE VALUTA LE PROVE SECONDO IL SUO PRUDENTE


APPREZZAMENTO, SALVOO CHE LA LEGGE DISPONGA DIVERSAMENTE. E
POI IL GIUDICE Può DESUMERE ARGOMENTI DI PROVA DALLE RISPOSTE
CHE LE PARTI GLI DANNO, DAL LORO RIFIUTO INGIUSTIFICATO A
CONSENTIRE LE ISPEZIONI CHE EGLI GLI HA ORDINATO E IN GENERALE
DAL CONTEGNO DELLE PARTI NEL PROCESSO.

In contrapposizione alle prove liberamente valutabili, cioè quelle che il


giudice valuta in base al suo modesto apprezzamento ci sono le prove
legali, per le quali la valutazione è fatta a priori dalla legge.
Quindi il giudice non valuta secondo il suo modesto apprezzamento
l’attendibilità delle prove ma è la legge a stabilire i criteri in base ai quali
valutare l’attendibilità o meno della prova.
Argomenti di prova: accanto alle prove in senso proprio il nostro
ordinamento conosce anche delle prove minori, cd. Argomenti di prova
che possono essere desunti dalle risposte date dalle parti durante
l’interrogatorio libero, dal rifiuto ingiustificato delle parti a consentire
l’ispezione disposta dal giudice e in generale dal contegno della parti
stesse nel giudizio.
Nel caso in cui il processo si estingua prima di giungere ad una sentenza di
merito se la domanda viene riproposta le prove raccolte nel processo
estinto sono valutate dal giudice come argomenti di prova.
L’argomento di prova però da solo non è idoneo a far ritenere esistente un
certo fatto, ma può essere usato come strumento per valutare
l’attendibilità della prova e integrare i mezzi di prova in senso proprio.

L’iniziativa per l’assunzione delle prove può provenire dal giudice o dalle
parti.
L’iniziativa istruttoria ufficiosa può avvenire però solo nei casi previsti dalla
legge che nel processo a decisione collegiale sono:
a) Ispezione di cose o persone
b) La richiesta di informazioni alla p.a.
c) La testimonianza del relato (il testimone dice che qualcun altro sa e
il giudice sente quest’altro
d) L’esibizione in giudizio delle scritture contabili dell’imprenditore
e) Il giuramento suppletorio

Nei processi a decisione monocratica il giudice istruttore ha gli stessi


poteri con la differenza che, per quanto riguarda la testimonianza
del relato, non è necessario che la notizia di un terzo che è a
conoscenza dei fatti provenga da un terzo, ma è sufficiente che
provenga da un qualunque atto allegato al giudizio.

Quindi quand’è che l’iniziativa istruttoria può provenire dal giudice?


Quando nei casi che abbiamo visto.
Nei processi a decisione monocratica per quanto riguarda la
testimonianza del relato non è necessario che la notizia di un terzo
provenga da un testimone ma è sufficiente che provenga da un
qualunque atto allegato in giudizio.
Il giudice può utilizzare i propri poteri istruttori solo per provare i
fatti allegati dalle parti.
Non ha il potere di allegare fatti in giudizio.

Quando invece l’iniziativa istruttoria proviene dalla parte essa può


sia allegare il fatto e sia richiedere l’istruzione del fatto allegato.

Giudizio di ammisisbilità e rilevanza della prova:


ciascun mezzo è soggetto ad un giudizio di ammissibilità e rilevanza
il giudizio di ammissibilità riguarda i limiti che l’ordinamento pone
all’utilizzazione di determinati mezzi di prova, i limiti riguardano sia il fatto
da provare e sia lo strumento probatorio.
Il giudizio di rilevanza viene effettuato sulla base della ricostruzione della
fattispecie. Dato che la ricostruzione della fattispecie avviene in maniera
definitiva solo al momento della decisione, quando il giudizio di rilevanza
è anticipato rispetto alla decisione, esso è fondato su una valutazione
ipotetica, perciò niente esclude che al momento della decisione la
valutazione di rilevanza sia diversamente operata.
Inoltre, mentre il giudizio di ammissibilità riguarda talvolta il mezzo di
prova e talvolta il fatto oggetto della prova.
Il giudizio di rilevanza riguarda sempre e solo il fatto oggetto della prova.
Il giudizio di ammissibilità e rilevanza è effettuato in momenti diversi a
seconda che si tratti di prove precostituite o di prove costituende.
Prove precostituite: sono soggette al giudizio solo al momento della
decisione
Prove precostituite: il giudice anticipa ipoteticamente il giudizio di
ammissibilità e rilevanza che poi effettuerà definitivamente in sede di
decisione.
Modalità di assunzione delle prove art.202:
quando dispone mezzi di prova il giudice istruttore se non può assumerli
nella stessa udienza stabilisce il tempo, il luogo e il modo dell’assunzione.
Se questa non si esaurisce nell’udienza fissata il giudice ne differisce la
prosecuzione ad un giorno prossimo.
QUINDI IL GIUDICE QUANDO DISPONE L’ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA
O LI ASSUME NELLA STESSA UDIENZA IN CUI HA DISPOSTO L’ASSUNZIONE
DEI MEZZI DI PROVA OPPURE STABILISCE IL TEMPO, IL LUOGO E IL MODO
IN CUI DEVONO ESSERE ASSUNTI.
E SE L’ASSUNZIONE NON SI ESAURISCE IN UNA SOLA UDIENZA FISSATA
APPOSITAMENTE PER L’ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA IL GIUDICE NE
DIFFERISCE LA PROSECIZIONE AD UN GIORNO PROSSIMO.

Assistenza delle parti all’assunzione art.206:


le parti possono assistere personalmente all’assunzione dei mezzi di prova
processo verbale dell’assunzione art.207:
dall’assunzione dei mezzi di prova si redige processo verbale sotto la
direzione del giudice. Le dichiarazioni delle parti e dei testimoni sono
riportate in prima persona e sono lette al dichiarante
chiusura dell’assunzione art.209:
il giudice istruttore dichiara chiusa l’assunzione quando sono eseguiti i
mezzi ammessi o quando, dichiarata la decadenza, non vi sono altri mezzi
da assumere o quando egli ritenga superflua l’ulteriore assunzione.
La decadenza si ha quando non si presenta la parte su istanza della quale
deve iniziare o proseguire la prova in questo caso il giudice la dichiara
decaduta dal diritto di farla assumere, salvo che l’altra parte presente non
ne chieda l’assunzione.
Tuttavia, la parte interessata può chiedere nell’udienza successiva la
revoca al giudice dell’ordinanza che ha pronunciato la sua decadenza.
Assunzione fuori dalla circoscrizione del tribunale:
se i mezzi di prova devono assumersi fuori dalla circoscrizione del
tribunale il giudice istruttore delega a procedervi il giudice istruttore del
luogo salvo che le parti non richiedono concordamente e il presidente del
tribunale consenta che si trasferisca al giudice stesso.
Nell’ordinanza di delega il giudice delegante fissa il termine entro il quale
la prova deve assumersi e l’udienza di comparizione delle parti per la
prosecuzione del giudizio.
Il giudice delegato su istanza della parte interessata procede
all’assunzione del mezzo di prova e d’ufficio ne rimette il processo verbale
al giudice delegante prima dell’udienza fissata per la prosecuzione del
giudizio anche se l’assunzione non è esauirta.
QUINDI IN PRATICA SE I MEZZI DI PROVA SONO FUORI DALLA
CIRCOSCRIZIONE DEL TRIBUNALE LE PARTI POSSONO CHIEDERE SE IL
PRESIDENTE DEL TRIBUNALE ACCONSENTE CHE SIA LO STESSO GIUDICE A
TRASFERIRSI FUORI DALLA CIRCOSCRIZIONE DEL TRIBUNALE, MA
NORMALMENTE IL GIUDICE ISTRUTTORE DELEGA IL GIUDICE ISTRUTTORE
DEL LUOGO DOVE BISOGNA ASSUMERE LA PROVA E POI LA CAUSA VIENE
RIMESSA DI NUOVO AL GIUDICE DELEGANTE.

LA PROVA DOCUMENTALE:
il documento è ogni oggetto da cui si può ricavare la rappresentazione di
un fatto storico , cioè di un fatto che è avvenuto nel passato.
Talvolta, la prova documentale costituisce la rappresentazione immediata
del fatto storico, altre volte costituisce la rappresentazione di una prova
del fatto storico. Quindi a volte proprio nel documento è riportato quello
che è avvenuto, altre volte il documento è la prova di un fatto storico,
quindi magari è un elemento da cui si può capire che c’è stato quel
determinato fatto storico.
Le dichiarazioni della parte a sé favorevoli non hanno valore probatorio,
quelle sfavorevoli si.
Quindi se nei documenti ci sono dichiarazioni delle parti favorevoli queste
non hanno valore probatorio, quelle sfavorevoli si.
L’efficacia probatoria del fatto narrato è diversa a seconda del contenuto
della prova documentale
Se il documento contiene la rappresentazione di una prova del fatto
storico bisogna verificare le caratteristiche e la qualificazione della prova
per vedere se essa è utilizzabile.
LA SCRITTURA PRIVATA:
La scrittura privata non è formata da un pubblico ufficiale ma
privatamente. Quindi è un documento fatto tra privati.
Il contenuto della scrittura privata è imputabile a chi l’ha sottoscritto.
i meccanismi per accertare la genuità della sottoscrizione, della firma:
1) Il riconoscimento che può essere espresso (se la parte dichiara
espressamente di riconoscere la propria sottoscrizione) tacito come
ci dice l’art.214 (colui contro il quale è prodotta una scrittura privata
se intende disconoscerla è tenuto a negare formalmente la propria
scrittura con la propria sottoscrizione)
Quindi colui contro il quale si fa valere una scrittura privata può
disconoscerla e deve negare formalmente la propria sottoscrizione. Invece
gli eredi o gli aventi causa possono limitarsi a dichiarare di non conoscere
la scrittura o la sottoscrizione del loro autore.
Se non la disconosce vi è un riconoscimento tacito.
La scrittura si ha per tacitamente riconosciuta anche se la parte è
contumace quindi anche se non è presente nel processo.
Ovviamente ci sono due correttivi per evitare che il contumace faccia
valere una scrittura che magari non ha mai sottoscritto:
a) L’art.293 iii comma dice che il contumace che in qualunque
momento si costituisce può disconoscere la scrittura privata.
b) Perché la scrittura privata possa essere utilizzata occorre che il
contumace abbia avuto notizia della sua produzione. Quindi bisogna
notificare, bisogna dire al contumace che è stata prodotta questa
scrittura autenticata che si afferma che è stata sottoscritta dal
contumace stesso.

2) Autenticazione: l’autenticazione della sottoscrizione si ha quando


essa è apposta in presenza di un pubblico ufficiale il quale ha
previamente identificato il soggetto che sottoscrive.
La scrittura non diventa un atto pubblico, l’autenticazione invece è
un atto pubblico (quindi se l’interessato vuole sostenere di non aver
sottoscritto l’atto deve usare la querela di falso).

La verificazione art.216:
la parte che intende avvalersi della scrittura privata disconosciuta deve
chiedere la verificazione proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e
producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione.
L’istanza per la verificazione può proporsi in via principale con citazione
quando la parte dimostra di avervi interesse, ma se il convenuto riconosce
la scrittura le spese sono poste a carico dell’attore.
QUINDI SI Può PRESENTARE UN’ISTANZA PER VERIFICARE LA SCRITTURA
PRIVATA CHE è STATA DISCONOSCIUTA.
Ma può presentarsi anche in via incidentale. La verificazione in via
incidentale non è un processo distinto da quello da cui nasce, ma
costituisce una fase processuale interna al processo originario, per la
quale è competente il giudice adito con la domanda iniziale.
Oggetto della verificazione è la provenienza della sottoscrizione. Il
processo di verificazione si svolge normalmente attraverso la consulenza
tecnica di un perito calligrafo e delle scritture di comparazione.
Se non si riesce ad accertare la genuità della sottoscrizione, la scrittura
privata non avrà alcun effetto.
Efficacia della scrittura privata art.2702 c.c.:
c’è nel parla l’art.2702 c.c. il quale dice ‘’la scrittura privata fa piena prova,
fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha
sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la
sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come
riconosciuta.
Quindi fa piena prova dell’estrinseco, cioè della provenienza dell’atto.
Invece per quanto concerne l’intrinseco se contiene dichiarazioni di
volontà (quindi impegni negoziali) la scrittura privata consente di stabilire
che la parte ha realmente assunto quell’impegno negoziale.
Se invece contiene dichiarazioni di scienza: se è una dichiarazione di
scienza di natura confessoria (la parte dichiara fatti a sé sfavorevoli) è
coperto a livello di prova legale anche il contenuto intrinseco (cioè il
giudice deve ritenere il contenuto della dichiarazione vero), se invece
nella scrittura privata la parte dichiara fatti a sé favorevoli rimane
accertato a livello di prova legale che la parte ha reso quella dichiarazione
ma non vi è nessuna prova della veridicità della dichiarazione.
QUINDI SE LA PARTE FA DICHIARAZIONI DI SCIENZA, CIOè DICHIARAZIONI
SU FATTI, A Sé SFAVOREVOLI ALLORA IL CONTENUTO INSTRISECO DELLA
SCRITTURA PRIVATA SI INTENDE PROVATO. SE INVECE LA PARTE FA
DICHIARAZIONI A Sé FAVOREVOLI RIMANE ACCERTATO CHE LA PARTE HA
FATTO QUELLA DICHIARAZIONE, MA NON VI è NESSUNA PROVA DELLA
VERIDICITà DELLA DICHIARAZIONE.

Querela di falso:
si può proporre la querela di falso per contestare il contenuto della
scrittura o per disconoscere una scrittura se si afferma che non la si è
sottoscritta.
Per la scrittura privata riconosciuta autenticata o verificata quando si
voglia contestare l’intrinseco non è necessaria la querela di falso, ma si
possono utilizzare gli strumenti offerti dall’ordinamento (ad es si può
utilizzare la regola dell’accordo dissimulato).
Quindi per quanto riguarda l’atto pubblico la querela di falso serve per
disconoscere l’estrinseco, mentre l’intrinseco viene disconosciuto
attraverso i normali mezzi che l’ordinamento prevede. Invece per quanto
riguarda la scrittura privata la querela di falso serve per contestare il
contenuto della scrittura quindi l’intrinseco (però se la scrittura privata è
riconosciuta autenticata o verificata si possono utilizzare i normali mezzi
offerti dall’ordinamento quindi non è necessaria la querela di falso=.

Data certa:
il riconoscimento e la verificazione della scrittura privata danno certezza
che le dichiarazioni sono fatte in una determinata data, se questa è
accertata nella scrittura.
I metodi per rendere opponibile la data contenuta nella scrittura ai terzi:
- La scrittura può essere autenticata il notaio accerta che la parte
ha sottoscritto la scrittura in un determinato giorno
- La scrittura può essere registrata  si dà un doppio originale
dell’atto all’agenzia delle entrate che si tiene uno degli originali e
restituisce l’altro alla parte con l’attestazione della data della
registrazione
- Subentra un fatto che rende impossibile che la scrittura sia stata
sottoscritta dalle parti prima dell’accadimento del fatto stesso
- La scrittura può anche essere riprodotta in un atto pubblico
QUINDI PER RENDERE OPPONIBILE AI TERZI LA DATA CONTENUTA NELLA
SCRITTURA PRIVATA CI SONO VARI METODI: L’AUTENTICAZIONE, LA
REGISTRAZIONE ECC….

LA PROVA TESTIMONIALE:
è la dichiarazione di scienza effettuata da un soggetto che è terzo rispetto
alle parti in causa.
Quindi in pratica un soggetto terzo rispetto alle parti dichiara di sapere di
certi fatti.
La testimonianza viene resa in modo orale ma trascritta nel verbale e nel
contradditorio delle parti.
Il giudice deve acquisire all’atto della prova stessa gli elementi per poterne
valutare l’attendibilità.
Di regola la dichiarazione scritta proveniente dal terzo non ha efficacia
probatoria.
Si può riconoscere alla dichiarazione scritta proveniente dal terzo
un’efficacia probatoria in tutti i casi in cui la conoscenza del terzo non è
acquisibile al processo nelle forme tipiche previste dalla legge.
QUINDI
LA PROVA TESTIMONIALE è UNA DICHIARAZIONE CHE FA UN SOGGETTO
TERZO RISPETTO ALLE PARTI IN CAUSA.
QUINDI UN TERZO RISPETTO AL PROCESSO FA QUESTA DICHIARAZIONE.
VIENE RESA IN MODO ORALE E IL GIUDICE QUANDO VENGONO FATTE
QUESTE DICHIARAZIONI TESTIMONIALI DEVE ASSUMERE LE PROVE PER
VALUTARE SE QUELLO CHE STA DICENDO IL TESTIMONE è VERO O FALSO.
INFATTI LA DICHIARAZIONE SCRITTA PROVENIENTE DAL TERZO DI REGOLA
NON HA EFFICACIA PROBATORIA. SI Può RICONOSCERE TUTTAVIA TALE
EFFICACIA A QUESTA DICHIARAZIONE SCRITTA IN TUTTI I CASI IN CUI LA
CONOSCENZA DEL TERZO NON è ACQUISIBILE NEL PROCESSO NELLE
FORME TIPICHE PREVISTE DALLA LEGGE.
La prova testimoniale incontra dei limiti di ammisibilità in relazione in
relazione ai contratti.
L’ordinamento equipara la prova dei contratti alla prova del pagamento e
della remissione del debito.
L’esclusione della prova per testimoni nasce dal fatto che l’ordinamento
con tale esclusione vuole spingere le parti a predisporre la
documentazione della propria attività contrattuale.
QUINDI IN PRATICA NON SI Può PROVARE I CONTRATTI CON LA PROVA
TESTIMONIALE, perché L’ORDINAMENTO VUOLE CHE LE PARTI QUANDO
FANNO UN CONTRATTO SI TENGANO I DOCUMENTI PER PROVARE TALE
CONTRATTO.
La prova per testimoni non è ammessa quando il valore dell’oggetto
eccede i 2,58 euro.
Se il valore del contratto è superiore ai 2,58 non si può provare il contratto
con la prova testimoniale, a meno che l’autorità giudiziaria non consenta
che si provi il contratto con la prova testimoniale tenendo conto della
qualità della parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza
(cioè il giudice deve verificare se nell’economia di quel rapporto
contrattuale la stipulazione del contratto per abitudine diffusa avvenga in
forma scritta o orale, se l’uso è che il contratto si stipula oralmente il
giudice ammette la prova testimoniale, se invece l’uso è che il contratto si
stipula per iscritto il giudice non ammette la prova testimoniale).
I patti aggiunti o contrari:
i patti aggiunti o contrari antecedenti e contemporanei al contratto non
possono essere provati per testimoni.
L’art.2723 infatti dice qualora si alleghi che, dopo la formazione di un
documento, è stato stipulato un patto aggiunto o contrario al contenuto di
esso, l’autorità giudiziaria può consentire la prova per testimoni soltanto
se, avuto riguardo della qualità delle parti, alla natura del contratto e ad
ogni altra circostanza appare verosimile che siano state fatte aggiunte o
modificazioni verbali.
QUINDI IN PRATICA SE DOPO LA FORMAZIONE DI UN DOCUMENTO/DI UN
CONTRATTO SONO STATI FATTI DEI PATTI AGGIUNTI O CONTRARI AL
CONTENUTO DEL CONTRATTO STESSO L’AUTORITà GIUDIZIARIA
NORMALMENTE NON Può AMMETTERE LA PROVA PER TESTIMONI, A
MENO CHE AVUTO RIGUARDO DELLA QUALITA’ DELLE PARTI, ALLA
NATURA DEL CONTRATTO E AD OGNI ALTRA CIRCOSTANZA APPARE CHE
TALI PATTI SIANO STATI FATTI VERBALMENTE E NON PER ISCRITTO.
ART.2724
La prova testimoniale è ammessa in ogni caso quando vi è un principio di
prova per iscritto (cioè quando la controparte di quella che ha proposto la
domanda allega una prova scritta che fa apparire verosimile il fatto
allegato); quando il contraente è stato nell’impossibilità morale o
materiale di procurarsi una prova scritta; quando il contraente ha senza
sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova.
Contratti in forma scritta ad probationem e ad substantiam
Art.2725:
ci dice che quando secondo la legge o la volontà delle parti un contratto
deve essere provato per iscritto la prova per testimoni è ammessa
soltanto quando il contraente ha senza sua colpa perduto il documento
che gli forniva la prova. E la stessa regola si applica anche quando la forma
scritta è richiesta sotto pena di nullità, cioè quando è richiesta la forma
scritta ad substantiam.

La deduzione della prova testimoniale:


la prova testimoniale deve essere dedotta mediante l’indicazione delle
persone da interrogare e dei fatti formulati per capitoli di prova.
QUINDI COME SI FA A DEDURRE LA PROVA TESTIMONIALE? SI DEVONO
INDICARE LE PERSONE CHE SI VOGLIONO INTERROGARE, I TESTIMONI, E
POI BISOGNA FORMULARE I FATTI SUI QUALI SI VUOLE CHE QUESTE
PERSONE SIANO INTERROGATE
I soggetti che non possono testimoniare sono indicati dall’art.246 il quale
ci dice che non possono essere assunti come testimoni le persone aventi
nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione in
giudizio.
Non possono testimoniare i titolari di una situazione sostanziale connessa
con quella oggetto del processo, in modo tale da legittimare la loro
partecipazione al processo sotto qualsiasi veste.
La capacità di testimoniare di parenti e affini così come dei minori di 14
anni deve essere valutata dal giudice di volta in volta.
QUINDI CHI NON Può TESTIMONIARE? CHI HA UN INTERESSE CHE
POTREBBE LEGITTIMARE LA PROPRIA PARTECIPAZIONE AL PROCESSO,
QUINDI CHI è TITOLARE DI UNA SITUAZIONE SOSTANZIALE CONNESSA
CON QUELLA DEL PROCESSO NON Può TESTIMONIALE. INOLTRE I PARENTI
GLI AFFINI E I MINORI DI 14 ANNI POSSONO TESTIMONIARE POSSONO
TESTIMONIARE MA IL GIUDICE DEVE VALUTARE DI VOLTA IN VOLTA SE
QUESTE PERSONE HANNO LA CAPACITà DI TESTIMONIARE.
E POI VI SONO DEI SOGGETTI CHE HANNO LA FACOLTà DI NON
TESTIMONIRE E CHE QUINDI POSSONO RIFIUTARSI.

La procedura:
il testimone si presenta spontaneamente o viene invitato a presenziare
all’udienza dalla parte o dall’avvocato della parte.
Se la parte non fa intimare i testimoni e questi non compaiono il giudice
dichiara la decadenza della prova testimoniale. QUINDI SE LA PARTE NON
DICE AI TESTIMONI VENITE A TESTIMONIARE E I TESTIMONI QUINDI NON
SI PRESENTANO IN GIUDIZIO IL GIUDICE DICE CHE LA PROVA
TESTIMONIALE è DECADUTA E QUINDI NON SI Può PIU FARE
L’assunzione dei testimoni avviene previo loro giuramento (quindi i
testimoni prima devono giurare), dopodichè il testimone dichiara le
proprie generalità e i propri rapporti con le parti, e viene interrogato sui
capitoli di prova che il giudice ha ammesso. Quindi giura, dichiara le
proprie generalità e i propri rapporti con le parti, e poi viene interrogato
da giudice sui capitoli di prova.
La facoltà di astensione art.249: si applicano all’audizione dei testimoni gli
artt.200 201 e 202 del codice di procedura penale relative alla facoltà di
astensione dei testimoni.
L’intimazione dei testimoni: abbiamo già visto che se la parte non fa
intimare i testimoni, quindi non invita i testimoni a presenziare
all’udienza, e questi non compaiono si ha la decadenza della prova
testimoniale.
Vediamo nello specifico come avviene questa intimazione:
art.250  l’ufficiale giudiziario su richiesta della parte interessata intima i
testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo nel giorno
e nell’ora fissati indicando il giudice che assume la prova e la causa nella
quale devono essere sentiti.
L’intimazione se non è eseguita in mani proprie del destinatario o
mediante servizio postale è effettuata in busta chiusa o sigillata.
L’intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti a comparire
in udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l’invio di copia
dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o
mediante posta elettronica certificata o a mezzo di teelfax
Il difensore che ha spedito l’atto da notificare con lettera raccomandata
deposita nella cancelleria del giudice una copia dell’atto inviato
attestandone la conformità all’originale e l’avviso di ricevimento.
ART.252: Il giudice istruttore richiede al testimone il nome, il cognome,
l’età e la professione e lo invita a dichiarare se ha rapporti di parentela,
affinità, affiliazione o dipendenza con alcuna delle parti oppure interesse
nella causa. Le parti possono fare osservazioni sull’attendibilità del
testimone e questi deve fornire in proposito i necessari chiarimenti.
Art.253 ci dice che il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti
intorno ai quali è chiamato a deporre, cioè appunto sui capitoli di prova;
può altresì rivolgergli di ufficio o su istanza di parte tutte le domande che
ritiene utili a chiarire i fatti medesimi.
È vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare direttamente i
testimoni.
Art.257:
se il testimone si riferisce per la conoscenza dei fatti ad altre persona il
giudice istruttore può disporre d’ufficio che esse siano chiamate a
deporre.
Quindi se il testimone dice ‘’ questa cosa la sa quest’altra persona, il
giudice può disporre d’ufficio che sia chiamata quest’altra persona a
testimoniare.

LA CONFESSIONE
ART.2730 DEL C.C.
La confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad
essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte.
Se colui che fa valere il diritto in giudizio dichiara l’esistenza di un fatto
costitutivo o l’inesistenza di un’eccezione, la dichiarazione è a lui
favorevole quindi non integra una confessione. QUINDI è OVVIO CHE SE
L’ATTORE CHE FA VALERE IL DIRITTO IN GIUDIZIO DICHIARA CHE IL FATTO
COSTITUITIVO SUI CUI SI BASA IL SUO DIRITTO ESISTE O CHE NON
SUSSISTE L’ECCEZIONE CHE NEGHEREBBE IL SUO DIRITTO è OVVIO CHE
STA CONFESSANDO COSE CHE SONO A SUO FAVORE. E QUINDI NON
INTEGRA UNA CONFESSIONE DATO CHE LA CONFESSIONE HA EFFICACIA
SOLO SE LA PARTE DICHIARA FATTI A Sé SFAVOREVOLI.
Costituisce una confessione invece se dichiara l’inesistenza di un fatto
costitutivo o l’esistenza di un’eccezione.

Facendo riferimento invece a colui contro il quale il diritto viene fatto


valere cioè il convenuto il discorso si inverte perché quest’ultimo rende
dichiarazioni a sé favorevoli e quindi non confessorie quando dichiara
l’inesistenza di un fatto costitutivo oppure l’esistenza di un’eccezione,
mentre rende confessioni a sé sfavorevoli e quindi con efficacia
confessoria quando dichiara l’esistenza di un fatto costitutivo o
l’inesistenza di un’eccezione. QUINDI IL CONTRARIO DI QUANTO VALE PER
L’ATTORE.
Per confessare è necessaria la capacità soggettiva di disposizione del
diritto a cui i fatti confessati si riferiscono. QUINDI è NECESSARIO AVERE
LA CAPACITà DI AGIRE RIGUARDO A QUEL DIRITTO, QUINDI UN MINORE
CHE NON Può FAR VALERE UN DIRITTO PER IL QUALE è RICHIESTA LA
MAGGIORE Età, NON Può CONFESSARE perché NON HA LA CAPACITà DI
AGIRE RIGUARDO A QUEL DIRITTO.
È necessaria anche la disponibilità oggettiva del diritto e quindi i fatti
confessati si devono riferire a diritti oggettivamente disponibili.

Per quanto riguarda l’efficacia della confessione:


- La confessione ha efficacia di piena prova il che significa che il
giudice non può mettere in dubbio l’attendibilità e quindi la verità di
quanto confessato.
- Vi sono però dei casi in cui la confessione non ha efficacia di prova
legale ma di prova liberamente valutabile e quali sono questi casi:
-quando vi sono più parti necessarie e alcuni soltanto dei
litisconsorti rendono la confessione: in questo caso dato che vi deve
essere una decisione unitaria della controversia il giudice non può
valutare la confessione con efficacia di prova legale perché appunto
non può la confessione di solo alcuni litisconsorti vincolare tutti i
litisconsorti. Dunque la confessione viene valutata liberamente

-ciò vale anche per il litisconsorzio unitario o necessario


-invece nel litisconsorzio facoltativo semplice la confessione fa piena
prova nell’ambito del rapporto che fa capo al soggetto che ha reso la
confessione, mentre non ha efficacia probatoria sui diritti paralleli.
QUINDI IN PRATICA NEL LITISCONSORZIO FACOLTATIVO SE UNA
PARTE RENDE UNA CONFESSIONE TALE CONFESSIONE HA EFFICACIA
DI PIENA PROVA PER QUANTO RIGUARDA IL SUO RAPPORTO,
MENTRE PER I RAPPORTI DI ALTRI LITISCONSORZI FACOLTATIVI LA
CONFESSIONE NON HA EFFICIACIA PROBATORIA.

La dichiarazione complessa:
si ha quando colui che dichiara fatti a sé sfavorevoli aggiunge anche la
dichiarazione di fatti a sé favorevoli. QUINDI IN PRATICA è LA
CONFESSIONE IN CUI LA PARTE DICHIARA SIA FATTI A Sé SFAVOREVOLI E
SIA FATTI A Sé FAVOREVOLI.
Se la controparte contesta la veridicità delle circostanze aggiunte, cioè dei
fatti favorevoli al confidente, tutte le dichiarazioni diventano prova
liberamente valutabile e il giudice non può scinderne il contenuto, cioè
non può accettare certe parti e rifiutarne altre.
Quindi se tizio fa una dichiarazione complessa e quindi fa una
dichiarazione sia di fatti a sé sfavorevoli e sia di fatti a sé favorevoli e l’altra
parte contesta le dichiarazioni favorevoli al confidente, tutte le
dichiarazioni (sia le dichiarazioni favorevoli che quelle sfavorevoli)
diventano prova liberamente valutabile e il giudice non può scinderne il
contenuto, cioè non può accettare certe parti e rifiutarne altre.
Se la controparte invece non contesta i fatti aggiunti favorevoli la
dichiarazione complessa ha efficacia di prova legale nella sua globalità.
Quindi se la controparte non contesta la dichiarazione complessa questa
ha efficacia di prova legale sia per i fatti favorevoli che per quelli
sfavorevoli.
La revoca della confessione:
art.2732 la confessione non può essere revocata se non si prova che è
stata determinata da errore di fatto o da violenza. QUINDI NON SI Può
REVOCARE LA CONFESSIOEN A MENO CHE NON SI PROVI CHE LA
CONFESSIONE è STATA FATTA perché C’è STATO UN ERRORE DI FATTO O
VIOLENZA.
Errore di fatto: occorre dimostrare che quando è stata resa la confessione
la volontà di chi l’ha resa era diretta a dichiarare certi fatti ma poi ne sono
stati dichiarati altri. QUINDI IN PRATICA IL SOGGETTO HA DETTO UN
QUALCOSA DI DIVERSO DA QUELLO CHE VOLEVA DIRE.

La confessione giudiziale:
invece la confessione giudiziale cos’è?
È giudiziale la confessione resa in giudizio. Essa costituisce piena prova
contro colui che l’ha fatta, purché non verta su fatti relativi a diritti non
disponibili. In caso di litisconsorzio necessario la confessione resa da
alcuni litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice.
QUINDI LA CONFESSIONE GIUDIZIALE è LA CONFESSIONE RESA IN
GIUDIZIO.
HA EFFICACIA PROBATORIA QUINDI IL GIUDICE LA DEVE RITENERE
ATTENDIBILE.
La confessione stragiudiziale:
art.2735 c.c.
la confessione stragiudiziale fatta alla parte o a chi l’ha rappresenta ha la
stessa efficacia probatoria di quella giudiziale. Se è fatta a un terzo o se è
contenuta in un testamento è liberamente apprezzata dal giudice.
La confessione stragiudiziale non può provarsi per testimoni se verte su un
oggetto per il quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge.
La confessione stragiudiziale è una prova che a sua volta deve essere
provata perché la dichiarazione confessoria avviene fuori dal processo e
quindi deve essere dimostrato al giudice. Se al contrario la confessione è
giudiziale il giudice la percepisce con i suoi sensi.
QUINDI la confessione può essere resa nel giudizio stesso (e in tal caso
non bisogna provare che c’è stata la confessione perché la confessione
avviene in giudizio quindi davanti al giudice) oppure può essere resa fuori
dal giudizio e in questo caso la confessione deve essere dimostrata al
giudice.
Inoltre, la confessione può anche essere contenuta in un documento e in
tal caso la confessione si considera provata attraverso la produzione o
l’esibizione del documento.
La confessione stragiudiziale ha la stessa efficacia probatoria di quella
giudiziale. Se però è fatta ad un terzo o è contenuta in un testamento è
liberamente apprezzata dal giudice, quindi non è considerata come piena
prova ma come prova liberamente valutabile dal giudice.
Inoltre non può essere provata per testimoni se verte su un oggetto sul
quale la prova testimoniale non è ammessa dalla legge.
Art.228 c.c. ci dice che la confessione stragiudiziale è spontanea o
provocata mediante interrogatorio formale. QUINDI Può ESSERE CHE LA
PARTE SPONTANEAMENTE VOGLIA RENDERE QUESTA CONFESSIONE
OPPURE SIA IL GIUDICE A PROVOCARLA MEDIANTE INTERROGATORIO
FORMALE
L’art.229 dice che la confessione spontanea può essere contenuta in
qualsiasi atto processuale firmato dalla parte personalmente.
Le dichiarazioni fatte dal rappresentante della parte non sono confessioni
perché quest’ultimo non ha il potere di disporre del diritto oggetto del
processo. QUINDI L’AVVOCATO NON Può FARE CONFESSIONI SU DIRITTI LA
CUI DISPONIBILITA’ C’è L’HA LA PARTE

Il fatto pacifico non ha bisogno di prova

GIURAMENTO
Il giuramento si distingue in 3 tipi:
1) Giuramento decisorio
2) Giuramento suppletorio
3) Giuramento estimatorio

Artt.2736 c.c. dice che il giuramento è di due specie:


- È decisorio quello che una parte deferisce all’altra parte per farne
dipendere la decisione totale o parziale della causa
- È suppletorio quello che è deferito d’ufficio dal giudice ad una delle
parti al fine di decidere la causa quando la domanda o l’eccezione
non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di
prova, ovvero quello che è deferito al fine di stabilire il valore della
cosa domandata, se non si può accertarlo altrimenti.

QUINDI IL GIURAMENTO DECISORIO è UN GIURAMENTO DAL QUALE


SI FA DIPENDERE LA DECISIONE TOTALE O PARZIALE DELLA CAUSA.
QUINDI SE UNA PARTE GIURA LA CAUSA FINISCE.
INVECE IL GIURAMENTO SUPPLETORIO SI DIVIDE IN DUE TIPI: IL
GIURAMENTO SUPPLETORIO PROPRIO E IL GIURAMENTO
SUPPLETORIO DETTO ESTIMATORIO. IL GIURAENTO SUPPLETORIO
PROPRIO è IL GIURAMENTO CHE è DEFERITO D’UFFICIO DAL
GIUDICE STESSO AD UNA DELLE PARTI AL FINE DI DECIDERE LA
CAUSA QUANDO LA DOMANDA O L’ECCEZIONE NON SONO
PIENAMENTE PROVATE MA NON SONO DEL TUTTO SFORNITE DI
PROVA. QUINDI LA DOMANDA O L’ECCEZIONE è PROVATA MA NON
COMPLETAMENTE E DATO CHE NON CI SONO TUTTE LE PROVE IL
GIUDICE Può SOPPERIRE A TALE CARENZA TRAMITE UN
GIURAMENTO CON CUI APPUNTO FA DIPENDERE LA DECISIONE
DELLA CAUSA.

OPPURE IL GIURAMENTO SUPPLETORIO SI DICE ESTIMATORIO


QUANDO DEFERITO PER STABILIRE IL VALORE DELLA COSA
DOMANDATA.
QUINDI SI FA UN GIURAMENTO PER DIRE QUANTO VALE QUESTO
BENE E LA PARTE GIURA CHE VALE UN TOT.
PER QUESTO SI DEFINISCE GIURAMENTO ESTIMATORIO.

Il giuramento decisorio si integra di due atti distinti:


- Il deferimento del giuramento che è opera di una parte e
- La prestazione del giuramento che è opera della parte
QUINDI TIZIO DEFERISCE IL GIURAMENTO A CAIO E CAIO PRESTA IL
GIURAMENTO. ECCO perché SI DICE CHE è COMPOSTO DI DUE ATTI: IL
DEFERIMENTO CHE è L’ATTO CON CUI LA PARTE CHIEDE ALLA
CONTROPARTE DI GIURARE E POI VI è LA PRESTAZIONE DEL GIURAMENTO
CHE è APPUNTO IL GIURAMENTO DI FATTO.
La giurisprudenza ritiene che il giuramento è ammissibile solo se esso
esaurisce completamente ogni questione controversa all’interno di quel
processo. Il giuramento è decisorio se da esso e da esso solo dipende la
decisione totale o parziale della causa.
Il giuramento deve avere ad oggetto tutti i fatti che sono controversi nel
momento in cui viene deferito.
Dopo il deferimento nessun altro fatto può essere allegato o contestato.
I limiti di ammissibilità del giuramento sono: la disponibilità soggettiva
(capacità di disporre) e la disponibilità oggettiva (il diritto non deve essere
indisponibile) e queste devono essere di chi deferisce il giuramento e non
di chi poi giura.
L’art.2739 c.c. ci dice che il giuramento non può essere deferito o riferito
per la decisione di cause relative a diritti di cui le parti non possono
disporre, né sopra un fatto illecito o sopra un contratto per la cui validità è
richiesta la forma scritta, né per negare un fatto che da un atto pubblico
risulti avvenuto in presenza del pubblico ufficiale che ha firmato l’atto
stesso. Il giuramento non può essere deferito sopra un fatto proprio della
parte a cui si riferisce o su una conoscenza che essa ha di un fatto altrui, e
non può essere deferito qualora il fatto che ne è l’oggetto non sia comune
ad entrambe le parti.
QUINDI CI SONO DEI LIMITI DI DEFERIMENTO DEL GIURAMENTO.
L’impossibilità di deferire giuramento su un fatto illecito si ha soltanto
nelle ipotesi in cui la parte che deve giurare si trova nell’alternativa di
giurare di aver commesso un fatto penalmente rilevante oppure
socialmente disdicevole o di non giurare e quindi perdere la causa
Quindi quand’è che non si può deferire il giuramento su un fatto illecito?
Quando la parte a cui sarebbe deferito giuramento dovrebbe giurare di
aver commesso un fatto penalmente rilevante oppure un fatto
socialmente disdicevole e se non giura perde la causa.
Il giuramento è ammissibile invece quando la parte deve dichiarare sotto
giuramento di non aver tenuto quel comportamento perché in questo
caso la parte non si trova nell’alternativa di giurare o non giurare e quindi
perdere la causa. QUINDI NON SI Può DEFERIRE IL GIURAMENTO SU
UN FATTO PENALMENTE RILEVANTE O SOCIALMENTE DISDICEVOLE
QUANDO LA PARTE DEVE GIURARE DI AVER COMMESSO TALE FATTO E SE
NON GIURA PERDE LA CAUSA; MA SI Può DEFERIRE IL GIURAMENTO SU
UN FATTO PENALMENTE RILEVANTE O SOCIALMENTE DISDICEVOLE
QUANDO LA PARTE DEVE GIURARE DI NON AVER COMMESSO QUEL
FATTO, perché IN QUESTO CASO NON è COSTRETTA A GIURARE DI AVER
COMMESSO UN FATTO PENALMENTE RILEVANTE O SOCIALMENTE
DISDICEVOLE
NON è POSSIBILE DEFERIRE IL GIURAMENTO SU UN CONTRATTO PER IL
QUALE è PREVISTO LA FORMA SCRITTA AD SUBSTANTIAM, MA è
POSSIBILE DEFERIRE IL GIURAMENTO SU UN CONTRATTO PER IL QUALE è
PREVISTA LA FORMA SCRITTA AD PROBATIONEM.
INFINE IL GIURAMENTO NON è UTILIZZABILE PER SMENTIRE LE
RISULTANZE DELL’ESTRINSECO, MA è UTILIZZABILE PER L’INTRISECO.
ART.2738
Se la parte ha giurato il falso l’altra parte non può chiedere la revocazione
della sentenza, può tuttavia però domandare il risarcimento dei danni nel
caso di condanna penale per falso giuramento.
DEFERIMENTO
C’è ne parla l’art.233 che dice il giuramento decisorio può essere deferito
in qualunque stato della causa davanti al giudice istruttore con
dichiarazione fatta all’udienza dalla parte o dal procuratore munito di
mandato speciale o con atto sottoscritto dalla parte.
Il giuramento deve essere formulato in termini favorevoli a colui che giura:
se l’attore si trova a giurare su un fatto costitutivo deve giurare
sull’esistenza del fatto, se si trova a giurare su un’eccezione deve giurare
sull’inesistenza del fatto
L’inverso vale per il convenuto.
Il riferimento
Art.234 ci dice che finchè non abbia dichiarato di essere pronta a giurare
la parte alla quale il giuramento decisorio è stato deferito può riferirlo
all’avversario nei limiti fissati dal codice civile.
QUINDI TIZIO DIFFERISCE IL GIURAMENTO A CAIO, CAIO FINO A QUANDO
NON DICHIARA DI ESSERE PRONTO A GIURARE, Può RIFERIRE IL
GIURAMENTO A TIZIO.
Il giuramento però non può essere riferito se il giuramento non è comune
ad entrambe le parti.
Il riferimento è un atto di disposizione quindi per riferire il giuramento
occorre la capacità soggettiva di disporre.
Revoca:
il giuramento può anche essere revocato. Colui che ha deferito o riferito il
giuramento può revocarlo fin quando la controparte non ha dichiarato di
essere pronta a prestare il giuramento.
Ammissibilità e rilevanza:
il giuramento è soggetto alla valutazione di ammissibilità e rilevanza da
parte del giudice.
Perché sia rilevante il giuramento deve essere tale per cui una volta avuto
il giuramento è possibile decidere sulla controversia.
Nelle cause riservate alla decisione del collegio l’ammissione del
giuramento è fatta dal giudice istruttore se tra le parti non sorge alcuna
controversia sull’ammissibilità del giuramento, altrimenti le controversie
sorte tra le parti circa l’ammissione del giuramento decisorio sono decise
dal collegio. L’ordinanza del collegio che ammette il giuramento deve
essere notificata personalmente alla parte (anche l’ordinanza del giudice
istruttore deve essere notificata personalmente).
QUINDI IL GIUDICE DEVE FARE UNA VALUTAZIONE DI AMMISSIBILITA’ E DI
RILEVANZA.
IL GIURAMENTO PER ESSERE RILEVANTE DEVE ESSERE IN GRADO DI
PORTARE AD UNA DECISIONE DELLA CONTROVERSIA.
INVECE L’AMMISSIBILITA’ è VALUTATA DAL GIUDICE ISTRUTTORE SE TRA LE
PARTI NON VI è ALCUNA CONTROVERSIA SULL’AMMISSIBILITA’ DEL
GIURAMENTO, ALTRIMENTI è VALUTATA DAL COLLEGIO.
NELLE CAUSE A DECISIONE MONOCRATICA INVECE SARà LO STESSO
GIUDICE ISTRUTTORE A VALUTARE L’AMMISSIBILITA’ DEL GIURAMENTO.
Art.238 il giuramento decisorio è prestato personalmente dalla parte ed è
ricevuto dal giudice istruttore.
Questo ammonisce il giurante sull’importanza morale dell’atto e sulle
conseguenze penali delle dichiarazioni false.
E lo invita a giurare.
Il giurante in piedi pronuncia ad alta voce le parole ‘’consapevole della
responsabilità che col giuramento assumo giuro’’ e continua ripetendo le
parole della formula su cui giura.
La parte deve prestare giuramento personalmente e dopo aver giurato
prosegue leggendo la formula predisposta dalla controparte.
Se il giurante modifica la formula del giuramento il giuramento si
considera non prestato e ne segue la sua soccombenza.
Se la parte non si presenta per giustificato motivo il giudice dispone, come
nell’interrogatorio formale, cioè fissa un’ulteriore udienza per il
giuramento anche fuori dalla sede giudiziaria.
Fin ora abbiamo visto il giuramento decisorio ora vediamo il giuramento
SUPPLETORIO.
Il presupposto del giuramento suppletorio è la prova semipiena, cioè i fatti
non sono pienamente provati ma neppure sforniti di prova.
La funzione del giuramento suppletorio è quella di evitare l’applicazione
della regola sull’onere della prova che impone di ritenere non provato un
fatto che non è totalmente provato.
Il giudice può deferire il giuramento suppletorio ad una delle due parti che
ha provato di più, cioè a quella parte che ha provato il fatto in misura
maggiore.
L’efficacia del giuramento e le sanzioni penali sono uguali al giuramento
decisorio. Quindi:
- È necessaria la disponibilità oggettiva e soggettiva del diritto oggetto
del processo
- Se la parte giura la prova si considera raggiunta altrimenti non si
considera raggiunta
- Il giuramento suppletorio può essere deferito solo in fase decisoria e
nelle cause riservate al collegio solo dai membri del collegio
- Il giuramento suppletorio non può essere riferito.
QUINDI è IL GIUDICE CHE DEFERISCE IL GIURAMENTO SUPPLETORIO AD
UNA DELLE PARTI, PRECISAMENTE ALLA PARTE CHE HA PROVATO DI Più,
PER SOPPERIRE ALLA MANCANZA DI PROVA CHE è SEMI PIENA.
BISOGNA AVERE LA DISPONIBILITA’.
SE LA PARTE GIURA LA PROVA SI CONSIDERA RAGGIUNTA, ALTRIMENTI SI
CONSIDERA NON RAGGIUNTA.
E IL GIURAMENTO Può ESSERE DEFERITO SOLO IN FASE DECISORIA E
NELLE CAUSE RISERVATE AL COLLEGIO Può ESSERE DEFERITO SOLO DAI
MEMBRI DEL COLLEGIO.
INOLTRE NON Può ESSERE RIFERITO.
Il giuramento suppletorio può anche essere estimatorio quando è deferito
al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo
altrimenti.
Il giuramento sul valore della cosa domandata può essere deferito dal
collegio ad una delle parti, soltanto se non è possibile accertare altrimenti
il valore della cosa stessa.
Il giudice deve però determinare il valore massimo entro il quale egli sarà
poi vincolato ad attribuire a colui che ha prestato il giuramento la somma
di denaro che la parte ha giurato corrispondere al valore della cosa.
Se la parte giurando indica un valore superiore a tale limite massimo il
giudice non è vincolato oltre il limite massimo.
QUINDI IL GIURAMENTO ESTIMATORIO SERVE QUANDO NON è POSSIBILE
ACCERTARE IN UN ALTRO MODO IL VALORE DI UNA COSA.
IL GIURAMENTO Può ESSERE DEFERITO DAL COLLEGIO O DAL GIUDICE
ISTRUTTORE NEI CASI DI DECISIONE MONOCRATICA AD UNA DELLE PARTI,
IL COLLEGIO DEVE ANCHE DETERMINARE IL LIMITE MASSIMO DEL
VALORE.
TIZIO AD ES DEVE INDICARE UN VALORE FINO A 10 MILA EURO, SE DICE
CHE LA COSA VALE PIU DI 10 MILA EURO IL GIUDICE NON Può RITENERE
VINCOLANTE IL GIURAMENTO.
Il giuramento estimatorio presuppone che la parte ha preventivamente
dimostrato il suo diritto sulla cosa domandata, che questa non possa
essere consegnata e che sia insuscettibile di valutazione.

LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO


La sospensione è un arresto del processo a cui consegue una stasi del
processo che entra in uno stato di quiescenza ma con la prospettiva di
poter essere ripreso.
Vi è un’ipotesi di sospensione propria di cui parla l’art. 295 c.p.c.
Ipotesi di sospensione concordata di cui parla l’art. 296 in base alla quale
il giudice istruttore su istanza di tutte le parti può sospendere il processo
per un periodo non superiore a 3 mesi
E poi vi è la sospensione impropria
La sospensione propria art.295 presuppone due processi che hanno due
oggetti diversi. Quindi la sospensione propria è quando vi sono due
processi che hanno due oggetti diversi, e in questo caso uno dei due
processi si sospende in attesa che si concluda l’altro
La sospensione impropria si ha quando lo stesso processo continua in
un’altra sede in relazione ad una questione di fatto o di diritto che è
rilevante per la decisione dell’unico oggetto della controversia.
Questa questione di fatto o di diritto deve essere decisa da un giudice
diverso rispetto a quello investito della causa di merito e in attesa della
decisione dell’altro giudice si sospende il processo originario.
QUINDI: LA SOSPENSIONE PROPRIA VUOL DIRE CHE CI SONO DUE
PROCESSI CON DUE OGGETTI DIVERSI, INVECE NELLA SOSPENSIONE
IMPROPRIA C’è UN SOLO PROCESSO
Vediamo adesso le ipotesi di sospensione impropria:
a) Art.48 primo comma del c.p.c. quando, proposto il regolamento di
competenza, i processi relativamente ai quali il regolamento è
chiesto devono essere sospesi
b) Art.367 primo comma ‘’è possibile la sospensione del processo
quando è proposto il regolamento di giurisdizione
c) Art.52 terzo comma la ricusazione del giudice sospende il processo
d) Art.313 e 355 quando è proposta querela di falso in via incidentale
di fronte al giudice di pace o alla corte di appello si sospende il
processo dinnanzi a quei giudici in attesa della decisione della
querela di falso per cui è competente il tribunale

Sospensione propria: c’è ne parla l’art.295


Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso
o altro giudice deve risolvere una controversia della cui definizione
dipende la decisione della causa.
QUINDI SI SOSPENDE IL PROCESSO QUANDO IO STESSO GIUDICE O ALTRO
GIUDICE DEVO RISOLVERE UNA CONTROVERSIA DELLA CUI DEFINIZIONE
DIPENDE LA DECISIONE DELLA CAUSA. IN QUESTO CASO IL PRIMO
GIUDICE IN ATTESA CHE LUI STESSO O ALTRO GIUDICE RISOLVE LA
QUESTIONE CHE Può DEFINIRE LA CAUSA, Può SOSPENDERE LA CAUSA.

I MEZZI DI IMPUGNAZIONE
Una volta che è stata emessa la sentenza nel processo ordinario questa
sentenza poi può essere impugnata finché appunto non passa in giudicato
con i mezzi di impugnazione ordinaria, poi quando passa in giudicato può
essere impugnata soltanto con i mezzi di impugnazione straordinaria.
La necessità di ricorrere ai mezzi di impugnazione cessa quando la
sentenza impugnata non ha mai prodotto oppure non produce più un
giudicato sostanziale.
Ciò può accadere in due situazioni:
- Inesistenza della sentenza: il vizio della sentenza porta all’inesistenza
della stessa.
La parte, se è ancora possibile, può far valere l’inesistenza della
sentenza attraverso i mezzi di impugnazione oppure in un separato
processo riproponendo la domanda.

- Sopravvenienze: se dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni


si verifica un fatto nuovo rilevante per l’esistenza del diritto dedotto
in giudizio o se dopo la pubblicazione della sentenza viene
modificata la norma sulla quale si è basata la pronuncia, la parte che
ha interesse ad impugnare può scegliere tra dedurre tali novità con i
mezzi di impugnazione se utilizzabili o proporre un’altra domanda
allegando la sopravvenienza.

QUINDI SE LA SENTENZA VIENE PUBBLICATA E DOPO LA SENTENZA SI


VERIFICANO DEI FATTI NUOVI PER L’ESISTENZA DEL DIRITTO
DEDOTTO IN GIUDIZIO OPPURE SI VERIFICANO DEI CAMBIAMENTI
NELLE NORME IN BASE ALLE QUALI è STATO DECISA LA DOMANDA
DEDOTTA IN GIUDIZIO ALLORA LA PARTE CHE OVVIAMENTE HA
INTERESSE AD IMPUGNARE Può SCEGLIERE SE DEDURRE TALI
NOVITA’ CON I MEZZI DI IMPUGNAZIONE OPPURE PROPONENDO
UNA NUOVA DOMANDA ALLEGANDO LA SOPRAVVENINEZA.

Oggetto di impugnazione:
oggetto di impugnazione sono le sentenze.
Non sono oggetto di impugnazione gli altri provvedimenti del giudice, in
particolare le ordinanze perché? Perché ai sensi dell’art.177 le ordinanze
cmq motivate non possono mai pregiudicare la decisione della causa e
quindi salvo quanto disposto dal seguente comma le ordinanze possono
essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate.
QUINDI LE ORDINANZE NON POSSONO ESSERE OGGETTO DI
IMPUGNAZIONE perché LE ORDINANZE NON PREGIUDICANO LA
DECISIONE DELLA CAUSA E QUINDI POSSONO ESSERE SEMPRE
MODIFICATE O REVOCATE DAL GIUDICE CHE LE HA PRONUNCIATE.
Non sono modificabili né revocabili dal giudice che le ha pronunciate
invece le ordinanze pronunciate sull’accordo delle parti, in materia della
quale esse possono disporre; esse tuttavia sono revocabili dal giudice
istruttore o dal collegio quando vi è accordo delle parti.
E non sono modificabili né revocabili le ordinanze dichiarate
espressamente non impugnabili dalla lege nonché le ordinanze per le
quali la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo.

QUINDI OGGETTO DI IMPUGNAZIONE SONO LE SENTENZE perché? Perché


LE ORDINANZE NON DEFINISCONO LA DECISIONE DELLA CAUSA E perché
SONO NORMALMENTE REVOCABILI E MODIFICABILI DAL GIUDICE.
VI SONO DELLE ORDINANZE CHE NON SONO REVOCABILI Né
MODIFICABILI E ABBIAMO VISTO QUALI
MA LE PARTI POSSONO PROPORRE LE QUESTIONI RISOLTE DAL GIUDICE
ISTRUTTORE CON ORDINANZA REVOCABILE ANCHE SENZA MEZZI DI
IMPUGNAZIONE.

Mezzi di gravame e mezzi di impugnazione:


1) I mezzi di gravame o impugnazioni sostitutive: viene impugnata una
causa con un mezzo di gravame e quindi il giudice viene investito del
potere di riesaminare le questioni già esaminate dal giudice della
sentenza impugnata sulla base della pura e semplice richiesta della
parte ed ha gli stessi poteri del giudice che ha emesso la sentenza
impugnata.

La pronuncia ha effetti sostitutivi rispetto alla pronuncia impugnata


anche se è identica ad essa come contenuto

QUINDI QUANDO VIENE PROPOSTO UN MEZZO DI GRAVAME IL


GIUDICE DEVE RIESAMINARE LE QUESTIONI Già ESAMINATE DAL
GIUDICE DELLA SENTENZA IMPUGNATA E HA GLI STESSI POTERI CHE
AVEVA IL GIUDICE CHE HA EMESSO LA SENTENZA IMPUGNATA.
QUINDI RIESAMINA ANCHE LE QUESTIONI DI FATTO, LE PROVE ECC,
RIENTRA NEL MERITO DELLA CAUSA E LA PRONUNCIA CHE EMETTE
IL GIUDICE SOSTITUISCE LA PRONUNCIA IMPUGNATA ANCHE SE
IDENTICA AD ESSA RIGUARDO AL CONTENUTO.

Quali sono i mezzi di gravame? Sono l’appello, opposizione di terzo


ordinaria, e il regolamento di competenza.

2) I mezzi di impugnazione in senso stretto o le impugnazioni


rescindenti: la parte soccombente deve affermare e provare che nel
provvedimento impugnato è presente uno dei vizi tassativamente
previsti dal legislatore per quel mezzo di impugnazione.
QUINDI il soccombente, cioè chi è legittimato a proporre il mezzo di
impugnazione deve provare che la sentenza impugnata presenta
uno dei vizi che è tassativamente previsto dal legislatore per quel
mezzo di impugnazione.
Quindi vi devono essere certi vizi affinché si possa proporre un
mezzo di impugnazione in senso stretto.

Poi il giudice viene investito non del potere di decidere ma del


potere di controllare se quel vizio c’è o non c’è. QUINDI NON è CHE
IL GIUDICE, COME NELL’APPELLO, RIDECIDE LA QUESTIONE
ESAMINANDO LE QUESTIONI, MA SEMPLICEMENTE IL GIUDICE DEVE
VEDERE SE QUEL VIZIO DELLA SENTENZA ESISTE O MENO.

Il rigetto dell’impugnazione lascia intoccata la pronuncia impugnata.


E QUINDI SE VIENE RIGETTATA L’IMPUGNAZIONE IN SENSO STRETTO
LA PRONUNCIA IMPUGNATA RIMANE INTOCCATA.
Mentre invece l’accoglimento dell’impugnazione annulla la sentenza
impugnata.
Dopo l’annullamento se necessario segue un’ulteriore fase detta
fase rescissoria.
La fase in cui il giudice accerta l’esistenza del vizio è la fase
rescindente, invece la fase rescissoria è la fase con cui lo stesso
giudice rescindente o un altro giudice emana un’altra sentenza per
sostituire quella annullata.

QUINDI IN PRATICA NEI MEZZI DI IMPUGNAZIONE IN SENSO


STRETTO VI è UNA PRIMA FASE, LA FASE RESCINDENTE IN CUI IL
GIUDICE DI IMPUGNAZIONE ACCERTA L’ESISTENZA DEL VIZIO E SE
TALE VIZIO SUSSISTE EFFETTIVAMENTE ALLORA IL GIUDICE ANNULLA
LA SENTENZA IMPUGNATA.
POI VI è UN’ALTRA EVENTUALE FASE, DETTA RESCISSORIA, IN CUI LO
STESSO GIUDICE RESCINDENTE OPPURE UN ALTRO GIUDICE EMANA
UN’ALTRA SENTENZA PER SOSTITUIRE QUELLA ANNULLATA.

Quali sono i mezzi di impugnazione in senso stretto? La revocazione,


l’opposizione di terzo revocatoria e la cassazione.

IL GIUDICATO FORMALE E LE IMPUGNAZIONI STRAORDINARIE


Art.323 i mezzi per impugnare le sentenze oltre al regolamento di
competenza nei casi previsti dalla legge sono l’appello, il ricorso per
cassazione la revocazione e l’opposizione di terzi.
Art.324 si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta
né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per
cassazione, né a revocazione.
Quindi quando non si possono più proporre i mezzi di impugnazione o
quando questi sono stati già esperiti.
In questo caso parliamo di giudicato formale. Quindi il giudicato formale è
quel giudicato in base al quale la sentenza non può più essere appellata
con i mezzi di impugnazione ordinari che sono appunto quelli indicati
dall’art.324.
I mezzi di impugnazione ordinari sono il regolamento di competenza,
l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione per i motivi di cui ai
numeri 4 e 5 dell’art.395.
Invece i mezzi di impugnazione straordinari sono proponibili anche contro
una sentenza passata in giudicato formale (quindi anche contro una
sentenza che non è più soggetta a regolamento di competenza, appello,
ricorso per cassazione e revocazione).
I mezzi di impugnazione straordinari sono la revocazione per i motivi dei
nn. 1 2 3 6 dell’art.395, l’opposizione di terzo ordinaria, e l’opposizione di
terzo revocatoria.
Per quanto riguarda la differenza tra i mezzi di impugnazione ordinaria e
straordinaria: quelli ordinari sono esperibili sulla base della lettura del
provvedimento da impugnare e quindi in presenza di vizi palesi.
Invece, i mezzi di impugnazione straordinari sono esperibili solo quando
accade qualchecosa e la parte impugnante ne venga a conoscenza: e in
questo caso parliamo di vizi occulti.
QUINDI IN PRATICA I MEZZI DI IMPUGNAZIONE ORDINARI SONO
ESPERIBILI SOLTANTO SULLA BASE DELLA LETTURA DEL PROVVEDIMENTO
DA IMPUGNARE, quindi semplicemente leggendo la sentenza ci si accorge
che la sentenza è viziata e quindi si può proporre un mezzo di
impugnazione ordinario.
INVECE PER QUANTO RIGUARDA I MEZZI DI IMPUGNAZIONE
STRAORDINARI IL VIZIO NON SI Può COMPRENDERE DALLA LETTURA
DELLA SENTENZA, MA è OCCULTO

Non si possono utilizzare i mezzi straordinari di impugnazione perché si è


formato un fatto dopo la sentenza o perché è mutata una norma dopo la
sentenza.
I mezzi di impugnazione straordinari si possono utilizzare quando si
scoprono prove nuove o quando si scopre la falsità di prove utilizzate
oppure quando si scopre il dolo di una o di entrambe le parti o quando si
scopre la collusione o il dolo del giudice.
Le sopravvivenze in fatto o in diritto (cioè le nuove novità nel fatto o in
diritto) non consentono la proposizione dei mezzi di impugnazione
straordinari ma consentono la riproposizione della domanda.

LEGITTIMAZIONE E INTERESSE AD IMPUGNARE:


Esistono:
- I mezzi di impugnazione proponibili dalla parte in senso processuale
cioè da colui a cui sono imputati gli effetti processuali e quali sono
questi mezzi di impugnazione proponibili dalla parte? Sono tutti i
mezzi tranne l’opposizione di terzo che non è proponibile dalla parte
ma dal terzo
ci sono delle eccezioni in cui i mezzi di impugnazione proponibili
dalla parte sono utilizzabili anche dal terzo:
-ad es nella successione nel diritto controverso il successore nel
diritto controverso può impugnare la sentenza emessa contro il suo
dante causa
QUINDI CHI SUCCEDE NEL DIRITTO CONTROVERSO O PER ATTO TRA
VIVI O MORTIS CAUSA Può IMPUGNARE LA SENTENZA CONTRO IL
SUO DANTE CAUSA
-oppure nella sostituzione processuale: il sostituito anche se non è
parte in senso processuale perché non partecipa al processo può
impugnare la sentenza.

- I mezzi di impugnazione proponibili dal terzo: sono soltanto


l’opposizione di terzo

L’interesse ad impugnare quand’è che sussiste?


Per sapere se una parte ha interesse ad impugnare occorre mettere a
confronto la sentenza che si intende impugnare e la domanda di
impugnazione.
Se l’accoglimento della domanda di impugnazione dà alla parte una tutela
maggiore di quella che le da la sentenza impugnata vi è interesse ad
impugnare.
QUINDI IN PRATICA VI è INTERESSE AD IMPUGNARE QUANDO SE LA
DOMANDA DI IMPUGNAZIONE FOSSE ACCOLTA QUESTO ACCOGLIMENTO
DAREBBE ALLA PARTE UN INTERESSE MAGGIORE DI QUELLA CHE LE DA LA
SENTENZA IMPPUGNATA

Legittimazione ad impugnare: può impugnare chi è soccombente.


Essere soccombente significa che con il provvedimento che si vuole
impugnare si è ottenuta una tutela inferiore a quella richiesta.
Ad es se l’attore ha chiesto che gli fosse riconosciuto il suo diritto di
proprietà ma questo non gli viene riconosciuto può impugnare la sentenza
che non gli riconosce il suo diritto di proprietà
Può capitare però che la parte, pur vedendosi respinti alcuni argomenti
che aveva proposto non sia tuttavia soccombente e quindi manchi della
legittimazione a proporre l’impugnazione e questo avviene in alcuni casi:
- Il primo caso è quando ci siano le difese in rito e rigetto nel merito:
es il convenuto si è difeso soltanto nel rito. Il giudice ha rigettato
l’eccezione di rito sollevata dal convenuto, quindi in teoria il
convenuto è soccombente, tuttavia il giudice ha poi rigettato la
domanda dell’attore nel merito.
Quindi il convenuto seppur soccombente nel rito tuttavia vince lo
stesso in quanto la domanda dell’attore viene rigettata nel merito

In questo caso il convenuto non ha interesse ad impugnare

- Un altro caso è quando il convenuto si è difeso sia in rito che in


merito: il giudice ha rigettato la domanda nel merito.
Il convenuto ha ottenuto la tutela che lo garantisce di più e quindi
non ha più interesse ad impugnare.

IMPUGNAZIONE INCIDENTALE TARDIVA


Art.334 c.pc le parti contro le quali è stata proposta impugnazione e
quelle chiamate ad integrare il contradditorio possono proporre
impugnazione incidentale anche quando per esse è decorso il termine o
hanno fatto acquiescenza alla sentenza.
In tal caso se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile o
improcedibile l’impugnazione perde ogni efficacia.
QUINDI LE PARTI CONTRO LE QUALI è STATA PROPOSTA L’IMPUGNAZIONE
E QUELLE CHIAMATE AD INTEGRARE IL CONTRADDITORIO QUANDO VI è
UNA CAUSA INSCINDIBILE POSSONO PROPORRE IMPUGNAZIONE
INCIDENTALE ANCHE QUANDO è DECORSO IL TERMINE O HANNO FATTO
ACQUIESCENZA ALLA SENTENZA.
Le parti possono impugnare in via incidentale tardiva anche se nei loro
confronti la sentenza è divenuta definitiva.
La ratio dell’impugnazione tardiva è quella di consentire a chi non può
impugnare la sentenza perché soccombente solo virtuale o perché ha
prestato acquiescenza o perché ha fatto decorrere i termini per
l’impugnazione di proporre a sua volta impugnazione.
se la parte è soccombente su certe questioni però l’interesse ad
impugnare nasce nel momento in cui viene proposto un’impugnazione ad
opera di un’altra parte.
QUINDI SE UNA PARTE è SOCCOMENTE L’INTERESSE AD IMPUGNARE
DIVIENE CONCRETO SOLO NEL MOMENTO IN CUI VIENE PROPOSTA
UN’IMPUGNAZIONE AD OPERA DI UN’ALTRA PARTE.
Oggetto dell’impugnazione incidentale tardiva:
l’impugnazione incidentale tardiva è possibile anche quando una parte è
soccombente rispetto ad una domanda e l’altra parte è soccombente
rispetto ad un’altra

LA FASE DELLA DELIBERAZIONE


La fase di deliberazione della sentenza, con o senza discussione orale,
avviene nel segreto della camera di consiglio e di essa non risulta
nemmeno traccia nel processo verbale.
I tre giudici, se la decisione è collegiale si riuniscono e discutono tra di loro
la causa senza la presenza né delle parti né del cancelliere e né di alcun
altro soggetto.
La decisione avviene affrontando la questione nell’ordine logico.
Viene presa a maggioranza dei voti e una volta raggiunta viene esteso il
dispositivo della sentenza
Il dispositivo rimane non conosciuto, non viene reso pubblico
immediatamente.
Esso quindi non ha alcuna efficacia né rilevanza esterna
È poi necessario stendere la motivazione della sentenza. Normalmente è il
giudice istruttore che stende la motivazione.
La motivazione della sentenza è depositata in cancelleria.
QUINDI IN PRATICA LA DELIBERAZIONE AVVIENE NEL SEGRETO DELLA
CAMERA DI CONSIGLIO.
NON RISULTA TRACCIA NEL PROCESSO VERBALE, SE è MONOCRATICA IL
GIUDICE DECIDE DA SOLO, SE è COLLEGIALE I TRE GIUDICI SI RIUNISCONO
DISCUTONO TRA DI LORO AFFRONTANDO LE QUESTIONI IN ORDINE
LOGICO E PRENDONO LA DECISIONE A MAGGIORANZA DEI VOTI.
VIENE POI ESTESO IL DISPOSITIVO DELLA SENTENZA, CIOè Ciò CHE LA
SENTENZA STATUISCE.
IL DISPOSITIVO NON VIENE RESO PUBBLICO IMMEDIATAMENTE.
E POI BISOGNA STENDERE LA MOTIVAZIONE E NORMALEMENTE LA
MOTIVAZIONE LA STENDE IL GIUDICE ISTRUTTORE E LA MOTIVAZIONE
DELLA SENTENZA VIENE DEPOSITATA IN CANCELLERIA.
Viene depositato l’originale così formato in cancelleria.
Il cancelliere vi appone la data, il timbro e la propria firma: questa è la
pubblicazione della sentenza.
QUINDI LA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA VIENE DEPOSITATA IN
CANCELLERIA E POI VIENE DEPOSITATO IL DISPOSITIVO.
IL CANCELLIERE APPONE LA DATA, LA FIRMA E IL TIMBRO E QUESTA è LA
PUBBLICAZIONE DELLA SENTENZA.

La fase decisoria di fronte al giudice istruttore è sostanzialmente analoga


solo che non vi è la camera di consiglio e la sentenza è sottoscritta
esclusivamente dal giudice che l’ha pronunciata
Il giudice istruttore può anche decidere la causa oralmente: in tal caso sia
la discussione della causa sia la pronuncia della sentenza avviene in forma
orale. La sentenza pronunciata in forma orale è trascritta nel verbale del
processo.
La sentenza si considera pubblicata con la lettura.

LE SENTENZE
Le sentenze definitive di rito
Art.279 ii comma
Ci dice che il collegio pronuncia sentenza
- Quando definisce il giudizio decidendo questioni di giurisdizione
- Quando definisce il giudizio decidendo questioni pregiudiziali
attinenti al processo o questioni preliminari di merito

Si ha sentenza definitiva di rito quando si dichiara non possibile la


pronuncia di merito; si ha decisione definitiva di merito quando
viene accolta o rigettata la domanda.

La sentenza definitiva chiude il processo di fronte al giudice adito.

Le sentenze non definitive c’è ne parla l’art.279 al numero 4:


quando il giudice decidendo una delle questioni di cui ai numeri 1 2 3
dell’art.279 non definisce il giudizio e impartisce distinti provvedimenti
per l’ulteriore istruzione della causa.
QUANDO DECIDENDO UNA DELLE QUESTIONI DI CUI AI NUMERI 1 2 3
NON DEFINISCE IL GIUDIZIO
Ad es se il giudice decide su una questione di giurisdizione afferma che la
giurisdizione è presente il processo può continuare, e quindi la sentenza
che afferma che la giurisdizione è presente non andrà a chiudere il
processo.
In questo caso impartisce diversi provvedimenti per la prosecuzione della
causa.
Quindi le sentenze non definitive non chiudono il processo l’emanazione
di una sentenza non definitiva non impedisce che chi ha avuto torto sulla
non definitiva possa avere ragione sulla definitiva in modo pieno.
Il soccombente sulla non definitiva può scegliere l’impugnazione
immediata della stessa e la riserva di decidere quando sarà emessa la
sentenza definitiva se impugnare o meno la non definitiva.
QUINDI SE AD ES VIENE DETTOCHE C’è GIURISDIZIONE IL CONVENUTO
CHE è SOCCOMBENTE SULLA NON DEFINITIVA HA LA SCELTA TRA
L’IMPUGNAZIONE IMMEDIATA DELLA SENTENZA OPPURE Può RISERVARSI
DI DECIDERE QUANDO SARà EMESSA LA SENTENZA DEFINITIVA SE
IMPUGNARE O MENO LA SENTENZA DEFINITIVA.

Se il soccombente sulla non definitiva decide di appellarla


immediatamente possono accadere due cose:
a) Proseguono in contemporanea i due processi che hanno lo stesso
oggetto (la stessa situazione sostanziale controversa) ma due diversi
ambiti di cognizione: nel processo di appello si conosce solo della
questione che ha dato luogo alla non definitiva (es la prescrizione,
giurisdizione ecc) nel processo di primo grado invece di tutte le altre
questioni tranne che quella decisa con la sentenza non definitiva.

Gli esiti dei due processi vanno però coordinati perché la pronuncia
che emette il giudice di appello ha potenzialmente lo stesso oggetto
della sentenza definitiva emessa dal giudice del primo grado.
La coordinazione delle due pronunce avviene attraverso l’art.336 II
comma c.p.c. (effetto espansivo esterno).
QUINDI SE IL CONVENUTO APPELLA SUBITO LA QUESTIONE
PREGIUDIZIALE CHE è STATA DECISA CON SENTENZA NON
DEFINITIVA, VI SONO DUE PROCESSI:
- VI è IL PROCESSO NORMALE, CIOè QUELLO CHE ERA STATO
INSTAURATO ORIGINARIAMENTE CHE DECIDERà DI TUTTO Ciò CHE è
STATO DOMANDATO DALL’ATTORE OPPURE ANCHE DAL CONVENUTO
CON DOMANDA RICONVENZIONALE ECC
TRANNE CHE DELLA QUESTIONE CHE è STATA DECISA CON SENTENZA
NON DEFINITIVA
- E POI VI SARà UN SECONDO PROCESSO DI APPELLO AVENTE AD
OGGETTO SOLTANTO LA QUESTIONE PREGIUDIZIALE CHE è STATA
DECISA CON SENTENZA NON DEFINITIVA

GLI ESITI DI TALI PROCESSI VANNO PERò COORDINATI perché ANCHE SE


HANNO AMBITI DI COGNIZIONE DIVERSI POSSONO COSTITUIRE GIUDICATI
CONTRASTANTI. Perché?
Perché SE AD ES IN SEDE DI APPELLO SI AFFERMA CHE è CARENTE LA
GIURISDIZIONE, E NELL’ALTRO PROCESSO VINCE L’ATTORE SI AVRANNO
DUE GIUDICATI CONTRASTANTI, perché SE MANCA LA GIURISDIZIONE
L’ATTORE NON Può VINCERE LA CAUSA DATO CHE IL GIUDICE NON POTEVA
PRONUNCIARE SULLA QUESTIONE PROPOSTA DALL’ATTORE.

b) Oppure può accadere che viene sospeso l’ulteriore corso del


processo di primo grado. Quindi si sospende il processo di primo
grado e prosegue solo il processo di appello sulla non definitiva

Se invece il soccombente non decide di appellare immediatamente la


sentenza non definitiva la sentenza passa in giudicato con la conseguenza
che la questione decisa con sentenza non definitiva non può essere
riesaminata né dal giudice che ha emesso la sentenza né in sede di
impugnazione (salva l’impugnazione incidentale tardiva sulla non
definitiva che però è possibile solo quando il soccombente sulla non
definitiva e poi vittorioso sulla definitiva e di conseguenza l’impugnazione
principale è proposta dalla controparte).

Vediamo la riserva di appello:


art. 340 c.p.c.
contro le sentenze previste dall’art.278 e dal n.4 del secondo comma
dell’art.279 l’appello può essere differito, qualora la parte soccombente
ne faccia riserva a pena di decadenza entro il termine per appellare e in
ogni caso non oltre la prima udienza dinnanzi al giudice istruttore
successiva alla comunicazione della sentenza stessa.
Quando sia stata fatta la riserva l’appello deve essere proposto
unitamente a quello contro la sentenza che definisce il giudizio o con
quello che venga proposto dalla stessa o da altra parte contro altra
sentenza successiva che non definisca il giudizio.
La riserva non può più farsi e se già fatta rimane priva di effetto, quando
contro la stessa sentenza da alcuna delle altre parti sia proposto
immediatamente appello.
QUINDI CONTRO LE SENTENZE NON DEFINITIVE LA PARTE Può RISERVARSI
DI APPELLARE LA SENTENZA NON DEFINITIVA ENTRO IL TERMINE PER
APPELLARE E CMQ NON OLTRE LA PRIMA UDIENZA DINNANZI AL GIUDICE
ISTRUTTORE SUCCESSIVA ALLA COMUNICAZIONE DELLA SENTENZA.
QUINDI LA SI DEVE APPELLARE CMQ ENTRO IL TERMINE PREVISTO PER
APPELLARE LA SENTENZA E CMQ NON OLTRE LA PRIMA UDIENZA DOPO
CHE IL GIUDICE ISTRUTTORE HA COMUNICATO LA SENTENZA.
QUANDO SIA STATA FATTA LA RISERVA DI APPELLO SULLA NON DEFINITIVA
L’APPELLO DEVE ESSSERE PROPOSTO UNITAMENTE A QUELLO CONTRO LA
SENTENZA CHE DEFINISCE IL GIUDIZIO. QUINDI L’APPELLO CONTRO LA
NON DEFINITIVA DEVE ESSERE PROPOSTO INSIEME ALL’APPELLO
PROPOSTO CONTRO LA SENTENZA CHE DEFINISCE IL GIUDIZIO O CON
QUELLO CHE VIENE PROPOSTO DALLA STESSA PARTE O DA ALTRA PARTE
CONTRO LA SENTENZA SUCCESSIVA CHE NON DEFINISCE IL GIUDIZIO.

Contro la sentenza non definitiva e contro la sentenza di condanna


generica la parte può riservarsi di proporre appello purché la riserva sia
effettuata a pena di decadenza nel termine per appellare e in ogni caso
non oltre la prima udienza dinnanzi al giudice istruttore successiva alla
comunicazione della sentenza stessa.
Se l’udienza di prosecuzione del processo si svolge dopo che è scaduto il
termine per appellare la riserva deve essere fatta nel termine per
appellare, quindi nel termine più breve.
Se invece l’udienza si svolge prima della scadenza del termine per
appellare la riserva deve essere fatta entro tale termine
QUINDI SE L’UDIENZA DI PROSECUZIONE DEL PROCESSO SI SVOLGE DOPO
CHE è SCADUTO IL TERMINE PER APPELLARE LA RISERVA DEVE ESSERE
FATTA NEL TERMINE PIU BREVE.
SE INVECE L’UDIENZA SUCCESSIVA ALLA COMUNICAZIONE DELLA
SENTENZA SI SVOLGE PRIMA DEL TERMINE PER APPELLARE ALLORA LA
RISERVA DEVE ESSERE FATTA ENTRO TALE UDIENZA.

Potrebbero piacerti anche