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Ambito di validità spaziale e personale della legge penale (CAPITOLO IV)

principio di territorialità è rinvenibile nell’art. 6, primo comma, del c.p.


↪ è punito secondo la legge italiana chiunque
commette un reato nel territorio dello Stato.
Definizione di territorio: art. 4 c.p.

‘’Agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato, il territorio della Repubblica e ogni
altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato’’.

Il territorio dello Stato è costituito: dalla superfice terrestre compresa nei suoi confini
politico-geografici, dal mare costiero, dallo spazio aereo e dal sottosuolo, fin dove è
possibile arrivarci.

Le navi e gli aeromobili italiani, ovunque si trovino, sono considerati parte del territorio
dello Stato, salvo che, come dice l’art. 4 c.p., siano soggetti, secondo il diritto
internazionale, ad una legge territoriale di un altro Stato.
Questo è quello che viene chiamato principio della bandiera: la cui applicazione è
incondizionata per le navi e gli aeromobili dello Stato, mentre per le navi e gli aeromobili
privati (sia civili che mercantili), l’applicazione del principio della bandiera si ha soltanto
nelle ipotesi in cui essi si trovino in alto mare, o comunque in una zona non soggetta a
sovranità straniera.

Locus commissi delicti: quando il reato si considera commesso nel territorio dello Stato?
Nel secondo comma dell’art. 6 c.p., il legislatore ha accolto il c.d. principio della ubiquità,
per cui: un reato si considera commesso nel territorio italiano quando l’azione od omissione
che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l’evento che è la
conseguenza dell’azione od omissione.
Quindi, la legge italiana è applicabile sia nel caso in cui nel territorio dello Stato si è
esteriorizzata la volontà criminosa, sia nel caso in cui si è verificato l’evento offensivo.

L’applicabilità del principio della ubiquità in materia di concorso di persone, fa si che il reato
si consideri commesso nel territorio dello Stato, sia nel caso in cui l’azione venga iniziata
all’estero e perseguita in Italia (o viceversa), sia nel caso in cui, pur essendo il reato eseguito
interamente all’estero, vi è stato un qualsiasi atto di partecipazione compiuto in Italia (o
viceversa).

Riguardo al principio della ubiquità nel reato continuato, in dottrina si è sostenuto, anche se
con qualche forzatura, l’applicabilità dell’art.6 alle ipotesi di reato continuato, tutte le volte
in cui ne derivi un vantaggio per l’imputato.

Deroghe al principio di territorialità:


Art. 7 c.p. → alcuni reati commessi in territorio estero, non importa se da cittadini o da
stranieri, sono punibili incondizionatamente secondo la legge penale italiana.
I delitti, in questione, sono indicati tassativamente dall’art. 7 c.p. e questi sono:
a) I delitti contro la personalità dello Stato;
b) I delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto;
c) i delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, e in valori di
bollo, o in carte di pubblico credito italiano;
d) i delitti commessi dai pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei loro poteri
o violando i doveri inerenti all’esercizio delle loro funzioni;
e) e ogni altro reato per il quale le leggi speciali o le convenzioni internazionali
prevedono l’applicabilità della legge penale italiana;

Art. 9 c.p. → disciplina il caso della punibilità del cittadino per delitti comuni commessi
all’estero, diversi da quelli previsti dall’art. 7 del c.p.
In questo caso, la punibilità del cittadino non è incondizionata (come nei reati previsti
appunto dall’art.7), ma subordinata alla presenza di due condizioni.
E cioè necessario:
- che si tratti di un delitto per il quale la legge italiana prevede l’ergastolo o la reclusione
non inferiore nel minimo a tre anni;
- e che il cittadino sia presente nel territorio dello Stato;

Qualora si tratti di delitti punibili con una pena inferiore nel minimo a tre anni, oltre alla
presenza del reo nel territorio dello Stato, si richiede anche la richiesta del Ministro della
Giustizia, oppure l’istanza o la querela della persona offesa.
Qualora, invece, si tratti di un delitto comune commesso all’estero a danno di uno Stato
estero o di uno straniero, per la punibilità si richiede la richiesta del Ministro della Giustizia
e la mancata concessione o accettazione dell’estradizione.

Art. 10 c.p. → disciplina l’ipotesi dello straniero che commette all’estero delitti comuni,
diversi da quelli indicati dall’art.7, a danno di uno Stato o di un cittadino italiano, ovvero a
danno di uno Stato estero o di un cittadino straniero.

Per la punibilità di un delitto comune commesso a danno dello Stato o di un cittadino


italiano, l’art. 10 c.p. richiede:
- che si tratti di un delitto per il quale si prevede la pena della reclusione non inferiore nel
minimo ad anno;
- che il reo si trovi nel territorio dello Stato;
- e che via la richiesta del Ministro della Giustizia, ovvero l’istanza o la querela della persona
offesa;
Per la punibilità di un delitto comune commesso a danno di uno Stato estero o di un
cittadino straniero, l’art. 10, secondo comma, esige invece:
- che si tratti di un delitto per il quale si prevede la pena dell’ergastolo o della reclusione
non inferiore nel minimo a tre anni;
- che il reo si trovi sul territorio dello Stato;
- che vi sia la richiesta del Ministro della giustizia, oppure l’istanza o la querela della persona
offesa;
- e che l’estradizione non sia stata concessa o accettata;

Principio di obbligatorietà:
Art. 3, primo comma, c.p. → la legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o
stranieri, si trovano sul territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico
interno o dal diritto internazionale.
Art. 3, secondo comma → la legge penale italiana obbliga altresì tutti coloro, che cittadini o
stranieri si trovano all’estero, nei casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto
internazionale.

Le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale, di cui parla
l’art. 3, primo comma, c.p. sono le c.d. immunità penali.
Le immunità penali sono particolari prerogative che vengono riconosciute a determinati
soggetti che adempiono funzioni o ricoprono uffici di particolare importanza.

Queste, in relazione all’oggetto, si distinguono in:


- assolute: se si estendono a qualunque reato commesso dal titolare;
- relative: se operano per i soli reati commessi in costanza di carica;

In relazione all’efficacia, si distinguono in:


- sostanziali: se riferite esclusivamente all’attività funzionale;
- processuali: se riferite ai soli reati commessi al fuori dall’esercizio dell’attività funzionale.
In quest’ultimo i reati commessi, potranno essere perseguiti solo nel momento della
cessazione della carica.

Le immunità, abbiamo detto, che possono derivare dal diritto pubblico interno o dal diritto
internazionale.
Le immunità derivanti dal diritto pubblico interno si fondano essenzialmente sull’esigenza di
proteggere e garantire quei soggetti, che esercitano funzioni o assumono uffici che sono di
rilevante importanza ai fini del corretto funzionamento del nostro sistema politico.
Queste immunità sono previste in favore:
- del Capo dello Stato: e al tal proposito, ricordiamo, l’art. 90 della costituzione, che esclude
ogni responsabilità del Capo dello Stato, per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue
funzioni, salvo che si tratti di alto tradimento o di attentato alla Costituzione;
- dei membri del Parlamento, e al tal proposito ricordiamo l’art. 68 della costituzione, che
riconosce loro la non perseguibilità per le opinioni espresse e per i voti dati nell’esercizio
delle loro funzioni.
I parlamentari, inoltre, godono anche di un’altra prerogativa, che è quella della preventiva
autorizzazione della Camera di appartenenza, senza la quale non è possibile procedere nei
loro confronti all’arresto, alla limitazione della libertà personale, o ad eventuali
perquisizioni personali o domiciliari;

- e previste anche in favore dei membri dei Consigli regionali, dei membri del Consiglio
Superiore della magistratura ed infine dei giudici della Corte costituzionale.

Le immunità derivanti dal diritto internazionale si fondano, invece, sull’esigenza di tutelare


quei soggetti che rivestono cariche di particolare rilevanza, nell’ambito dell’ordinamento
internazionale.
Tra queste si collocano:
-l’immunità riconosciuta al Sommo Pontefice;
-quella posta a tutela dei Capi e dei rappresentanti di Stati esteri, la quale si estende anche
ai familiari;
- l’immunità riconosciuta al Presidente del Consiglio e al ministro degli Stati esteri, che si
estende per tutti i fatti commessi nell’esercizio delle loro funzioni;
-l’immunità riconosciuta agli agenti diplomatici;
- quella riconosciuta ai funzionari internazionali;
- e ai Parlamentari europei, che godono di una doppia immunità, sia in qualità di
parlamentari europei, sia in qualità di parlamentari nel loro Paese;
- e quella riconosciuta ai militari stranieri, che si trovano nel territorio dello Stato;

Il reato commissivo doloso

Capitolo I: la tipicità
Nozioni di teoria generale del reato (CAPITOLO V)

La dottrina penalistica ha elaborato due diverse nozioni di reato:


- una nozione formale
- e una nozione sostanziale

Dal punto di vista formale, si definisce reato << ogni fatto umano cui la legge ricollega come
conseguenza una sanzione penale>> e cioè una pena inflitta dall’autorità giudiziaria a
seguito di un procedimento giurisprudenziale.

Dal punto di vista sostanziale, si definisce reato<< ogni fatto umano che aggredisce un bene
giuridico ritento meritevole di tutela da un legislatore che opera nel quadro dei valori
costituzionali, a patto però che la misura dell’aggressione sia tale da giustificare il ricorso
alla sanzione penale e sempre che le sanzioni di tipo non penale risultino non sufficienti a
garantire un’efficacie tutele al bene giuridico>>.

I soggetti del reato:


Il soggetto attivo del reato → si definisce soggetto attivo (o reo, agente, o colpevole) chi
realizza il fatto conforme ad una fattispecie astratta di reato, e quindi chi realizza il fatto
vietato, da una determinata norma giuridica preesistente nell’ordinamento.
Autore di un reato, nel nostro ordinamento, può essere una qualsiasi persona fisica.

Tutte le persone fisiche, indipendentemente dal sesso, dall’età, e da altre condizioni
soggettive, possiedono la c.d. capacità penale, e cioè l’attitudine a porre in essere
comportamenti che sono penalmente rilevanti.

In relazione al soggetto che pone in essere il reato, si è soliti distinguere tra reati comuni e
reati propri:

a) reati comuni: sono reati che possono essere commessi da chiunque,


indipendentemente dal possesso di particolari requisiti, come ad esempio il reato di
omicidio, ex art. 575 c.p., la cui disposizione recita ‘’ è punito chiunque cagiona la
morte di uomo’’.
b) reati propri: quelli per i quali la fattispecie incriminatrice richiede il possesso di
determinati requisiti o qualifiche da parte appunto del soggetto attivo: si pensi in tal
caso, alla qualifica di madre nel delitto di infanticidio, ex art. 578 c.p., e alla qualifica
di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, nei delitti contro la pubblica
amministrazione (art. 314 c.p.)

Nell’ambito dei reati propri, si suole poi ulteriormente distinguere tra reati propri esclusivi,
per la cui esistenza si richiede una specifica qualifica soggettiva in capo al soggetto attivo, e
reati propri non esclusivi, che sono invece quei reati che esistono pur in mancanza di una
determinata qualifica in capo al soggetto agente.
In tal caso però qualora il reato venisse posto in essere da un soggetto in possesso di una
determinata qualifica, il reato stesso cambierebbe di titolo, assumendo un nomen iuris ed
una gravità diversi da quella dell’ipotesi comune.

Problema della responsabilità delle persone giuridiche:


fino a qualche tempo fa il nostro diritto positivo non ammetteva neanche lontanamente
una qualche responsabilità penale in capo alle persone giuridiche: e ciò sulla base
dell’antico brocardo romano ‘’societas delinquere non potest’’.
Ad oggi invece, fermo restando sempre l’art. 27 della Cost., che sancisce che ‘’ la
responsabilità penale è personale, e l’art. 197 del Codice penale, laddove si stabilisce che
‘’per i reati commessi dagli organi della persona giuridica nell’esercizio delle loro funzioni si
pone solo una obbligazione civile di garanzia a carico dell’ente’’, a seguito del D. lgs n.
231/2001 si è introdotto nel nostro ordinamento un regime di responsabilità
amministrativa degli enti collettivi, che di fatto rappresenta una vera e propria
responsabilità penale, per i reati commessi dai loro organi o dai loro sottoposti.
Con l’espressione’’ ente’, precisiamo che si fa riferimento agli enti provvisti della
personalità giuridica, e alle società e alle associazioni prive di personalità, a cui quindi si
applica la normativa in materia di responsabilità amministrativa, mentre non si fa
riferimento allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli enti pubblici non economici e a
quelli che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Il soggetto passivo del reato → è colui che è titolare del bene giuridico tutelato dalla singola
fattispecie incriminatrice di parte speciale.
Soggetto passivo può essere sia una persona fisica, che una persona giuridica, che
addirittura lo Stato, come, ad esempio, nei casi di reati contro l’amministrazione della
giustizia, o di reati contro la personalità dello Stato.

Il soggetto passivo va distinto dall’oggetto materiale del reato, e cioè dalla persona o cosa
sui cui cade la condotta del reo, e tenuto distinto anche dal danneggiato civile, che è invece
il soggetto che ha subito dal reato un danno risarcibile, pur non essendo titolare del bene
giuridicamente protetto.

Perché questo? Perché non sempre, nel nostro ordinamento, vi è coincidenza tra soggetto
passivo ed oggetto materiale e tra soggetto passivo e soggetto danneggiato.
Ad esempio, nell’ipotesi di sottrazione di un minorenne (art.573 c.p.) abbiamo che l’oggetto
materiale su cui ricade la condotta del reo è il minore, mentre il soggetto passivo titolare
del bene giuridicamente protetto è il genitore.
Nell’ipotesi di omicidio (art.575 c.p.) abbiamo che il soggetto passivo è la persona uccisa dal
reo, mentre danneggiati dal reato che è stato commesso, sono probabilmente i familiari
della vittima.

In relazione al soggetto passivo, distinguiamo tra:


- reati c.d. plurioffensivi: quando ledono o pongono in pericolo più beni- interessi
appartenenti a soggetti distinti (come, ad esempio, la calunnia che offende nello stesso
tempo, lo Stato nel suo interesse alla regolare amministrazione della Giustizia, e la persona
falsamente incolpata);
- reati c.d. vaghi o vaganti: quando il bene o l’interesse offeso appartiene ad una cerchia
indeterminata di soggetti;
- reati c.d. senza vittima o senza soggetto passivo: che sono, invece, quei reati per i quali
non è facile individuare l’offesa ad un bene giuridico afferrabile (ad esempio, i reati contro
la moralità pubblica);

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