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Articolo 300 Codice di procedura civile

Morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace

Dispositivo

Dispositivo dell'art. 300 Codice di procedura civile


Fonti » Codice di procedura civile » LIBRO SECONDO - Del processo di cognizione » Titolo I - Del procedimento davanti al tribunale (artt.
163-310) » Capo VII - Della sospensione, interruzione ed estinzione del processo » Sezione II - Dell'interruzione del processo

Se alcuno degli eventi previsti nell'articolo precedente (1) si avvera nei riguardi della
parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo
notifica alle altre parti (2).
Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che
avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell'articolo precedente.
Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al momento dell'evento
(3) .
Se l'evento riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal
momento in cui il fatto interruttivo è documentato dall'altra parte, o è notificato ovvero è
certificato dall'ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei
provvedimenti di cui all'articolo 292 (4).
Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera o è notificato dopo la
chiusura della discussione davanti al collegio, esso non produce effetto se non nel caso
di riapertura dell’istruzione.

Note
(1) Con sentenza del 16 ottobre 1986, n. 220 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
degli artt. 75 e 300 c.p.c. nella parte in cui non prevedono, ove emerga una situazione di
scomparsa del convenuto, la interruzione del processo e la segnalazione, ad opera del giudice,
del caso al pubblico ministero perché promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti
l'attore debba riassumere il giudizio.

(2) Anche a seguito della morte o della perdita della capacità processuale della parte il
procuratore può continuare a compiere le attività processuali e a ricevere le notificazioni. Infatti,
se egli non dichiara o notifica l'evento interruttivo, il processo prosegue nei confronti delle parti
originarie. Se ha ricevuto una procura ad litem per tutti i gradi del giudizio, ha anche il potere di
far proseguire la causa fino alla decisione (è pienamente abilitato, ad esempio, a proporre
appello in nome del defunto): i risultati del suo operato ricadranno anche sui successori
universali.
Le altre parti del giudizio, invece, anche se vengono a conoscenza aliunde dell'evento
interruttivo, non hanno il potere di far dichiarare l'interruzione.

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Se i nuovi legittimati si costituiscono tempestivamente, non si produce alcuna interruzione.

(3) L'assenza di un difensore in questo caso comporterebbe un inevitabile pregiudizio al diritto


di difesa della parte: quindi, l'ordinamento stabilisce che l'interruzione sia automatica ed
immediata.

(4) Comma sostituito con l. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009.

Massime

Massime relative all'300 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 27829/2017


La dichiarazione di fallimento di una delle parti che si sia verificata dopo l'udienza di
precisazione delle conclusioni (o di discussione), effettuata nella prima memoria ai sensi
dell'art. 190 c.p.c. non produce alcun effetto ai fini della interruzione del processo,
sicchè il giudizio prosegue tra le parti originarie e la sentenza pronunciata nei confronti
della parte successivamente fallita non è nulla, né inutiliter data, bensì inopponibile alla
massa dei creditori, rispetto ai quali costituisce res inter alios acta.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 27829 del 22 novembre 2017)

Cass. civ. n. 23563/2017


La cancellazione di una società di persone (nella specie, una s.n.c.) dal registro delle
imprese, costituita in giudizio a mezzo di procuratore che tale evento non abbia
dichiarato in udienza o notificato alle altre parti nei modi e nei tempi di cui all’art. 300
c.p.c., comporta, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che detto
procuratore continua a rappresentare la parte come se l’evento interruttivo non si fosse
verificato, con conseguente ammissibilità della notificazione dell'impugnazione presso di
lui, ex art. 330, comma 1, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza "aliunde" dell’avvenuta
cancellazione da parte del notificante; viceversa, la medesima regola dell’ultrattività del
mandato alla lite non consente al procuratore della società cancellata, pur quando la
procura originariamente conferita sia valida anche per gli ulteriori gradi del processo, di
proporre ricorso per cassazione giacché, da un lato, esso richiede la procura speciale e,
dall'altro, l'operatività del predetto principio presuppone che si agisca in nome di un
soggetto esistente e capace di stare in giudizio.
(Cassazione civile, Sez. II, ordinanza n. 23563 del 9 ottobre 2017)

Cass. civ. n. 14472/2017


In tema di interruzione del processo, la morte o la perdita della capacità della parte
costituita in giudizio, qualora sia dichiarata o notificata successivamente alla scadenza
dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica, non
produce alcun effetto interruttivo, atteso che, nella disciplina introdotta dalla l. n. 353 del
1990, tale ipotesi è equiparabile a quella in cui l’evento si avveri o sia notificato dopo la

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chiusura della discussione davanti al collegio.


(Cassazione civile, Sez. VI-3, ordinanza n. 14472 del 9 giugno 2017)

Cass. civ. n. 13183/2017


La cancellazione della società di persone dal registro delle imprese determina
l’estinzione della società stessa, privandola della capacità di stare in giudizio, sicché,
quando ciò intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la medesima è parte,
ancorchè questo non sia interrotto per mancata dichiarazione del corrispondente evento
da parte del suo difensore, la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva,
si trasferisce automaticamente, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., ai soci quali successori a
titolo universale divenuti partecipi della comunione in ordine ai beni residuati dalla
liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione.
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 13183 del 25 maggio 2017)

Cass. civ. n. 9960/2017


Nel caso di cumulo di cause scindibili, l'evento interruttivo riguardante il debitore
principale non si propaga al debitore solidale in qualità di fideiussore, ed il giudice ha la
facoltà, non l'obbligo, di separare le cause, sicché, ove non si avvalga di tale facoltà,
una volta mancata la riassunzione nell'interesse della parte colpita dall'evento
interruttivo e determinatasi l'estinzione (parziale) del giudizio nei confronti di
quest'ultima, il processo deve continuare tra il fideiussore, che non ha alcun onere di
provvedere alla riassunzione del giudizio, ed il creditore, non potendosi profilare
l'estinzione anche di tale giudizio.
(Cassazione civile, Sez. III, ordinanza n. 9960 del 20 aprile 2017)

Cass. civ. n. 7477/2017


In tema di ricorso per cassazione, la dichiarazione di fallimento di una delle parti non
integra una causa di interruzione del relativo giudizio, posto che in quest’ultimo opera il
principio dell'impulso d'ufficio e non trovano, pertanto, applicazione i comuni eventi
interruttivi del processo contemplati in via generale dalla legge.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 7477 del 23 marzo 2017)

Cass. civ. n. 5288/2017


L’art. 43, comma 3, l.fall. va interpretato nel senso che, intervenuto il fallimento,
l'interruzione è sottratta all'ordinario regime dettato in materia dall'art. 300 c.p.c., nel
senso, cioè, che è automatica e deve essere dichiarata dal giudice non appena sia
venuto a conoscenza dall'evento, ma non anche nel senso che la parte non fallita sia
tenuta alla riassunzione del processo nei confronti del curatore indipendentemente dal
fatto che l'interruzione sia stata, o meno, dichiarata.
(Cassazione civile, Sez. VI-1, ordinanza n. 5288 del 1 marzo 2017)

Cass. civ. n. 27165/2016

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La modifica dell'art. 43 della l. fall., introdotta dall'art. 41 del d.l.vo n. 5 del 2006, trova
applicazione, ai sensi dell’art. 153 del d.l.vo citato, a partire dal 16 luglio 2006, con
consequenziale automaticità dell’interruzione del processo a seguito della dichiarazione
di fallimento, purché quest'ultima sia intervenuta successivamente a tale data, anche
nei giudizi anteriormente pendenti, restando irrilevante la disposizione transitoria dettata
dall’art. 150 del medesimo d.l.vo, la quale attiene a norme che regolano la procedura
concorsuale, e non alla disciplina processuale già in vigore all’epoca della dichiarazione
di fallimento.

In caso di interruzione del processo determinata, "ipso iure", dall'apertura del fallimento,
giusta l'art. 43, comma 3, l. fall., aggiunto dall'art. 41 del d.l.vo n. 5 del 2006, al fine del
decorso del termine per la riassunzione non è sufficiente la sola conoscenza, da parte
del curatore fallimentare, dell'evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di
fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio sul quale detto
effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare; la conoscenza deve, inoltre,
essere "legale", cioè acquisita non in via di mero fatto, ma per il tramite di una
dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento che determina
l'interruzione del processo, assistita da fede privilegiata.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 27165 del 28 dicembre 2016)

Cass. civ. n. 21742/2016


La chiusura del fallimento non produce effetti interruttivi automatici sui processi in cui
sia parte il curatore, perché la perdita della capacità processuale che ne consegue non
si sottrae alla regola, dettata a tal fine dall'art. 300 c.p.c., della necessità della
dichiarazione in giudizio da parte del procuratore dell'evento interruttivo.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 21742 del 27 ottobre 2016)

Cass. civ. n. 21287/2015


La morte della parte costituita a mezzo di procuratore, da questi non dichiarata in
udienza o notificata alle altre parti, comporta, giusta la regola dell'ultrattività del
mandato, che il medesimo procuratore, qualora munito di procura "ad litem" valida non
solo per il primo, ma anche per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato non solo ad
impugnare la sentenza di primo grado, ma anche a notificarla, con ciò determinando la
decorrenza del termine breve per l'impugnazione.
(Cassazione civile, Sez. VI-1, sentenza n. 21287 del 20 ottobre 2015)

Cass. civ. n. 19139/2015


La dichiarazione, da parte del procuratore, di uno degli eventi che, a norma dell'art. 300
c.p.c., comportano l'interruzione del processo, deve essere finalizzata al conseguimento
di tale effetto o corredata dei necessari requisiti formali (quali la formulazione in udienza
o in atto notificato alle altre parti), sicché non determina interruzione del processo la
dichiarazione contenuta nella comparsa conclusionale, nella quale il difensore si sia
limitato a chiedere la fissazione di apposita udienza istruttoria, riservandosi in tale sede
di dichiarare l'evento.

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(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 19139 del 28 settembre 2015)

Cass. civ. n. 26495/2014


La cancellazione della società dal registro delle imprese priva la stessa, a partire dal
momento in cui si verifica l'estinzione della società cancellata, della capacità di stare in
giudizio. Tuttavia, ove l'evento estintivo si verifichi nel corso del giudizio di secondo
grado, prima che la causa sia trattenuta per la decisione e senza che lo stesso sia stato
dichiarato, né notificato, dal procuratore della società medesima, ai sensi dell'art. 300
cod. proc. civ., per il principio dell'"ultrattività del mandato", il suddetto difensore
continua a rappresentare la parte come se l'evento non si fosse verificato, sicché il
ricorso per cassazione notificato alla (pur estinta) società contribuente, presso il
difensore costituito nei gradi di merito, risulta ritualmente proposto.
(Cassazione civile, Sez. V, sentenza n. 26495 del 17 dicembre 2014)

Cass. civ. n. 23141/2014


La cancellazione della società dal registro delle imprese dà luogo ad un fenomeno
estintivo che priva la società stessa della capacità di stare in giudizio, determinando
così - qualora l'estinzione intervenga nella pendenza di un giudizio del quale la società
è parte costituita - un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. cod. proc. civ.,
la cui omessa dichiarazione o notificazione, ad opera del procuratore, comporta, in
applicazione della regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a
rappresentare la parte, risultando così stabilizzata la sua posizione giuridica (rispetto
alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle
successive di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione
dell'impugnazione. Tale posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di
impugnazione, si costituiscano i soci successori della società, ovvero se il procuratore
costituito per la società, già munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi
del processo, dichiari in udienza l'evento o lo notifichi alle altre parti, o ancora se, in
caso di contumacia, tale evento sia documentato dall'altra parte o notificato o certificato
dall'ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, cod. proc. civ.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 23141 del 31 ottobre 2014)

Cass. civ. n. 15295/2014


In caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore,
l'omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ad opera di quest'ultimo
comporta, giusta la regola dell'ultrattività del mandato alla lite, che il difensore continui a
rappresentare la parte come se l'evento stesso non si fosse verificato, risultando così
stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al
giudice) nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quelle successive di sua
quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell'impugnazione. Tale
posizione è suscettibile di modificazione qualora, nella fase di impugnazione, si
costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale di quella divenuta
incapace, ovvero se il suo procuratore, già munito di procura alla lite valida anche per
gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza, o notifichi alle altre parti, l'evento, o
se, rimasta la medesima parte contumace, esso sia documentato dall'altra parte o

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notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, cod. proc. civ.
(Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 15295 del 4 luglio 2014)

Cass. civ. n. 10724/2013


La pronuncia di fallimento - anteriormente alla riforma attuata con il d.lgs. 9 gennaio
2006, n. 5 - non produce effetti interruttivi automatici sui processi in cui sia parte il
fallito, perché la perdita della capacità processuale che ne consegue non si sottrae alla
regola, dettata a tal fine dall'art. 300 cod. proc. civ., della necessità della dichiarazione
in giudizio da parte del procuratore dell'evento interruttivo, in difetto della quale il
processo prosegue tra le parti originarie, e l'eventuale sentenza resa nei confronti del
fallito è soltanto inopponibile alla massa dei creditori, ma non è "inutiliter data", poiché il
terzo, che non è tenuto a partecipare alla procedura fallimentare, può avere interesse al
giudizio per ottenere la sentenza, che non è radicalmente nulla, ma può produrre i suoi
effetti nei confronti del fallito che abbia riacquistato la sua capacità.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 10724 del 8 maggio 2013)

Cass. civ. n. 22925/2012


Per effetto del fallimento l'imprenditore non perde completamente ed a tutti gli effetti la
capacità di stare in giudizio, ma solo riguardo alla massa dei creditori. Ciò vuol dire che
se il fallito viene convenuto in giudizio personalmente, con atto di citazione notificato al
curatore, non ricorre né una causa di interruzione del processo ex art. 299 c.p.c., né
un'ipotesi di inesistenza della notificazione, ma solo una causa di nullità della citazione,
che resta sanata nel caso di mancata impugnazione della sentenza sfavorevole al
fallito.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 22925 del 13 dicembre 2012)

Cass. civ. n. 8755/2012


La morte della parte contumace, ai sensi dell'art. 300, quarto comma, c.p.c., nella
formulazione - applicabile, nella specie, "ratione temporis" - antecedente alle modifiche
introdotte dall'art. 46, tredicesimo comma, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (con le
quali è stata espressamente attribuita rilevanza, ai fini interruttivi, anche all'attività di
documentazione proveniente dalle altri parti del giudizio), comporta l'interruzione del
processo solo se notificata o certificata dall'ufficiale giudiziario nella relazione di
notificazione di uno dei provvedimenti di cui all'art. 292 c.p.c., senza che tali forme
tassative ammettano equipollenti, apparendo, altresì, manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale di detta norma in riferimento all'art. 3 Cost., nella
parte in cui non prevede l'interruzione del processo come effetto della conoscenza
dell'evento comunque acquisita, alla luce delle profonde differenze esistenti tra la
fattispecie in esame e quella della scomparsa del convenuto nel corso del processo. Ne
consegue che non può attribuirsi efficacia interruttiva alla produzione del certificato di
morte del contumace effettuata dal procuratore della controparte costituita.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8755 del 31 maggio 2012)

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Cass. civ. n. 8494/2012


Ai fini dell'interruzione del processo, il verificarsi di uno degli eventi previsti dall'art. 300
c.p.c. produce effetto solo se il procuratore della parte, cui si riferisce l'evento
interruttivo, lo dichiari in udienza o lo notifichi alle altre parti, senza che assuma rilievo
la circostanza che il difensore a tanto legittimato abbia reso la relativa dichiarazione in
un diverso processo, ovvero in un diverso grado, in considerazione dell'autonomia dei
giudizi e dei singoli gradi processuali.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8494 del 28 maggio 2012)

Cass. civ. n. 7789/2012


In tema di interruzione del processo, si ha "riapertura dell'istruzione", ai sensi dell'art.
300, quinto comma, c.p.c., con la conseguente rilevanza degli eventi interruttivi
successivi alla chiusura della discussione, quando il procedimento regredisce dalla fase
decisoria ad una fase precedente, in cui può svolgersi attività istruttoria, a prescindere
dalla circostanza che quest'ultima abbia effettivamente luogo; pertanto, allorchè il
tribunale, in composizione monocratica, dopo aver trattenuto la causa in decisione, fissi
una nuova udienza davanti a sé "per chiarimenti" (che costituiscono attività istruttoria) e
vi riceva la dichiarazione del procuratore circa l'avvenuto decesso del cliente, deve
constatare l'interruzione del processo, restando irrilevante che in tale udienza sia
effettivamente svolta attività istruttoria.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 7789 del 17 maggio 2012)

Cass. civ. n. 2895/2012


In tema di interruzione del processo, l'ordinanza con cui il giudice, dopo aver assunto la
causa in decisione, rimette la causa sul ruolo per consentire alle parti il deposito in
cancelleria dei rispettivi fascicoli, con successiva nuova precisazione delle conclusioni,
costituisce riapertura dell'istruzione, agli effetti dell'art. 300, quinto comma, c.p.c., e
perciò consente al procuratore della parte di rendere la dichiarazione di alcuno degli
eventi interruttivi, previsti dall'art. 299 c.p.c., avveratosi dopo il passaggio in decisione.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 2895 del 24 febbraio 2012)

Cass. civ. n. 18485/2010


In tema di interruzione del processo, a norma dell'art. 300, primo e secondo comma,
c.p.c., il procuratore ha la facoltà di continuare a rappresentare la parte che gli abbia
conferito il mandato, ancorché defunta dopo la costituzione in giudizio, soltanto
all'interno della fase processuale in cui l'evento si è verificato. Pertanto, ove la morte
della parte sia avvenuta dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado e prima
della proposizione dell'appello, il difensore della parte defunta non può proporre tale
impugnazione in base alla procura rilasciata dalla medesima, ma necessita di un nuovo
mandato da parte degli eredi.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 18485 del 9 agosto 2010)

Cass. civ. n. 10653/2010

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A seguito dell'entrata in vigore del novellato art. 2504 bis c.c., la fusione di società, in
pendenza di una causa della quale sia parte la società fusa od incorporata, non
determina l'interruzione del processo, né quindi la necessità di riassumerlo nei confronti
della società incorporante o risultante dalla fusione.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 10653 del 3 maggio 2010)

Cass. civ. n. 17913/2009


L'art. 300 c.p.c. subordina l'effetto interruttivo del processo alla coesistenza di due
elementi essenziali, costituiti rispettivamente dall'evento previsto come causa
d'interruzione e dalla relativa dichiarazione formale ad opera del procuratore della parte
che ne è colpita, restando esclusa vuoi la possibilità di rilievo d'ufficio dell'evento, vuoi
la rilevanza della dichiarazione dell'evento interruttivo ad opera di parte diversa da
quella che lo ha subito. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata
che, in difetto di dichiarazione del procuratore della parte interessata dall'evento
interruttivo, aveva escluso l'interruzione del processo instaurato nei confronti di una
unità sanitaria locale, ritenendo irrilevante la soppressione ex lege delle USL e la
successione delle Regioni nei relativi rapporti obbligatori, a seguito del D.L.vo n. 502 del
1992 e delle leggi n. 724 del 1994 e 549 del 1995).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 17913 del 4 agosto 2009)

Cass. civ. n. 6701/2009


Qualora uno degli eventi idonei a determinare l'interruzione del processo, ai sensi
dell'art. 301 c.p.c., quale la morte della parte, si verifichi nel corso del giudizio di primo
grado e tale evento non venga dichiarato né notificato dal difensore della parte alla
quale l'evento si riferisce, il giudizio di impugnazione deve essere comunque instaurato
da e contro i soggetti effettivamente legittimati e, quindi, da e contro gli eredi. Infatti, al
fine di riconoscere la persistente legittimazione del procuratore della parte originaria, in
relazione al giudizio di impugnazione, non è invocabile il principio di ultrattività del
mandato che, attribuendo al procuratore la possibilità di continuare a rappresentare in
giudizio la parte che gli abbia conferito il mandato e costituendo deroga al principio
secondo il quale la morte del mandante estingue il mandato (secondo la normativa sulla
rappresentanza e sul mandato di cui all'art. 1722 n. 4 cod. civ.), va contenuto nei limiti
della fase del processo in cui si è verificato l'evento non dichiarato né notificato.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 6701 del 19 marzo 2009)

Cass. civ. n. 5387/2009


Qualora uno degli eventi idonei a determinare l'interruzione del processo si verifichi nel
giudizio di primo grado prima della chiusura della discussione (ovvero dopo l'udienza di
precisazione delle conclusioni e durante la pendenza del termine per il deposito delle
comparse conclusionali e di replica), e tale evento non venga dichiarato né notificato dal
procuratore della parte cui l'evento si riferisce, a norma dell'art. 300 c.p.c., il giudizio di
impugnazione dev'essere comunque instaurato da e contro i soggetti effettivamente
legittimati. Ne consegue che, in caso di morte della parte verificatasi nella predetta fase,
deve considerarsi inammissibile l'appello proposto dal difensore (nominato nel grado
precedente) per conto del "de cuius", non essendo il diritto di impugnazione riferibile a
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questi, bensì esclusivamente al successore.


(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5387 del 5 marzo 2009)

Cass. civ. n. 18306/2007


La circostanza che un ente pubblico, parte in un procedimento civile, venga soppresso
ex lege e le sue funzioni trasferite ad altro ente costituisce una causa di interruzione del
processo; ne consegue che ove tale fatto avvenga nelle more tra la notifica della
citazione (anche d'appello) e la prima udienza di comparizione il processo è interrotto
automaticamente e deve essere riassunto a pena di estinzione entro sei mesi dalla data
di pubblicazione sulla gazzetta ufficiale del provvedimento che ha disposto la
soppressione dell'ente.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 18306 del 30 agosto 2007)

Cass. civ. n. 9900/2007


La dichiarazione resa, ai sensi dell'art. 300 c.p.c., dal procuratore della parte costituita,
sebbene strutturata come dichiarazione di scienza, riveste carattere strettamente
negoziale, e postula la esistenza di una volontà del dichiarante di provocare
l'interruzione del processo; tale effetto non si realizza quando la causa interruttiva (nella
specie, la fusione per incorporazione) risulti semplicemente comunicata (attraverso il
deposito dell'atto di fusione), con contestuale precisazione delle conclusioni, che rivela
una volontà opposta a quella di provocare l'interruzione e rende incomprensibili le
ragioni della comunicazione.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 9900 del 24 aprile 2007)

Cass. civ. n. 24208/2006


In caso di morte della parte costituita nel processo, allorquando tale evento si verifichi
nel periodo di tempo compreso tra l'udienza di discussione e la pubblicazione della
sentenza, se lo stesso non sia stato portato a conoscenza della controparte che deve
proporre l'impugnazione a mezzo di atti idonei, l'impugnazione stessa è validamente
proposta nei confronti della parte deceduta con atto notificato presso il procuratore di
essa, mentre, nell'ipotesi inversa, l'impugnazione va notificata agli eredi e, ove non lo
sia, è affetta da nullità per errata identificazione del soggetto passivo della vocatio in ius
rilevabile di ufficio a norma dell'articolo 164 c.p.c.e tuttavia sanabile per effetto della
costituzione in giudizio degli eredi, che avvenga quando non sia ancora decorso il
termine annuale per proporre impugnazione. (Nella fattispecie, verificatosi, in primo
grado, l'evento interruttivo, ad istanza di uno degli eredi la sentenza, con anche la
indicazione del decesso e del domicilio del notificante, era stata notificata alle
controparti che avevano proposto appello nei confronti della parte deceduta presso il
procuratore costituito, e la corte di merito aveva dichiarato inammissibile l'appello: sulla
base dell'enunciato principio, la S.C. ha rigettato il ricorso dei predetti appellanti).
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 24208 del 14 novembre 2006)

Cass. civ. n. 23168/2006

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Articolo 300 Codice di procedura civile

Qualora la fusione di società per azioni per incorporazione – configurata, sino alla
riforma del diritto societario, introdotta dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, come
fenomeno di successione a titolo universale, e, quindi, equiparabile alla morte di una
persona fisica, evento idoneo a determinare l'interruzione del processo in cui questa
fosse parte – si verifichi nel corso del giudizio di primo grado, prima della chiusura della
discussione (ovvero prima della scadenza dei termini per il deposito delle comparse
conclusionali e delle memorie di replica, ai sensi del nuovo testo dell'art. 190 c.p.c.), e
tale evento non venga dichiarato nè notificato dal procuratore della parte cui esso si
riferisce a norma dell'art. 300 c.p.c., il giudizio di impugnazione deve essere comunque
instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati: e ciò alla luce dell'art. 328
c.p.c., dal quale si desume la volontà del legislatore di adeguare il processo di
impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della
notifica della sentenza che dell'impugnazione, con piena parificazione, a tali effetti, tra
l'evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del
giudizio e non dichiarato nè notificato. Limitatamente, peraltro, ai processi pendenti alla
data del 30 aprile 1995 – rispetto ai quali non opera la possibilità di sanatoria
dell'eventuale errore incolpevole nell'individuazione del soggetto nei cui confronti il
potere di impugnazione deve essere esercitato, collegata dal nuovo testo dell'art. 164
c.p.c., come sostituito dalla legge n. 353 del 1990, alla costituzione in giudizio del
convenuto ed alla rinnovazione della citazione (e dell'impugnazione) affetta da nullità
riferibili ai nn. 1 e 2 dell'art. 163 c.p.c. – il dovere di indirizzare l'impugnazione nei
confronti del nuovo soggetto effettivamente legittimato resta subordinato alla
conoscenza o alla conoscibilità dell'evento, secondo criteri di normale diligenza, da
parte del soggetto che propone l'impugnazione, essendo tale interpretazione l'unica
compatibile con la garanzia costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.). Né a tale
soluzione è di ostacolo il disposto dell'art. 2193, secondo comma, c.c. – che stabilisce
la inopponibilità della ignoranza dei fatti soggetti ad iscrizione nel registro delle imprese,
quale la fusione societaria, una volta che la iscrizione sia stata eseguita, facendo, però,
salve le disposizioni particolari della legge – in caso di mancata pubblicazione per
estratto dell'atto di fusione, iscritto nel detto registro, nella Gazzetta Ufficiale, in quanto,
in base al combinato disposto degli artt. 2504, terzo comma, 2504 sexies e 2457 ter
c.c., tale omissione rende inopponibile l'atto ai terzi che la società non dimostri esserne
stati comunque a conoscenza.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 23168 del 27 ottobre 2006)

Cass. civ. n. 4454/2006


Il processo è interrotto dal momento della dichiarazione della perdita della capacità di
stare in giudizio della parte (art. 300 c.p.c.), e da tale momento decorre il termine per la
riassunzione, che non può essere sospeso in mancanza di una specifica previsione
normativa. (Nella specie, dichiarato il fallimento di una parte, la Suprema Corte ha
stabilito che il termine per la riassunzione non potesse essere sospeso in conseguenza
di una pretesa scomparsa della medesima parte dichiarata fallita, stante anche la
presenza del soggetto legittimato – il curatore fallimentare – a ricevere l'atto di
riassunzione).
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 4454 del 28 febbraio 2006)

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Articolo 300 Codice di procedura civile

Cass. civ. n. 21378/2005


La soppressione di un ente pubblico, costituito in giudizio per mezzo di procuratore,
resta soggetta alle disposizioni di cui all'art. 300 c.p.c. e, pertanto, non determina
l'interruzione del processo fino a quando il procuratore costituito non dichiari o notifichi
detto evento, tenendo conto che tale dichiarazione o notificazione non può trovare
equipollente nella conoscenza aliunde dell'evento medesimo, ancorché evincibile da un
provvedimento legislativo che ha disposto quella soppressione. Ne consegue che,
qualora il procuratore, unico legittimato, ometta di dichiarare in udienza o di notificare
detto evento alle altre parti, fino alla chiusura della discussione, la posizione della parte
rappresentata rimane stabilizzata, rispetto alle altre parti e al giudice, quale persona
giuridica ancora esistente, con correlativa ultrattività della procura alle liti, fino a quando
nella successiva fase di impugnazione non si costituisca l'ente subentrato a quello
soppresso, ovvero il procuratore di quest'ultimo, originariamente munito di procura
valida anche per gli ulteriori gradi del processo non dichiari, o notifichi, il verificarsi
dell'evento, ovvero, in caso di contumacia, l'evento medesimo non sia notificato o
certificato dall'ufficiale giudiziario. Ciò comporta, inoltre, che l'altra parte, in assenza
delle dette situazioni, correttamente notifica l'atto di impugnazione, da lei proposto,
presso il difensore procuratore dell'ente, per quanto lo stesso sia estinto. (Nella specie,
la S.C. ha ritenuto incensurabile la declaratoria di inammissibilità dell'appello, ritenendo
che, in applicazione dei principi di cui in massima, l'appello avrebbe potuto essere
notificato o alla soppressa Usl o alla gestione liquidatoria della medesima, ma non alla
Asl, che non era succeduta, né a titolo universale, né a titolo particolare, nel rapporto
tra il medico e la cessata Usl).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 21378 del 4 novembre 2005)

Cass. civ. n. 116/2004


Il raggiungimento della maggiore età da parte del minore costituito nel processo per
mezzo del suo legale rappresentante, se non sia stato formalmente dichiarato o
notificato dal difensore a norma dell'art. 300, c.p.c., resta privo d'incidenza nel corso del
processo, che prosegue regolarmente nei confronti del suo rappresentante legale, al
quale pertanto è regolarmente notificata l'impugnazione avverso la sentenza, in quanto
soltanto qualora la capacità di stare in giudizio in rappresentanza del figlio minore
venga meno per il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo dopo la
pubblicazione della sentenza, l'impugnazione va proposta nei confronti dell'ex minore
divenuto maggiorenne (e notificata presso il suo domicilio reale) e non nei confronti dei
genitori (ovvero del figlio rappresentato dai genitori).
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 116 del 9 gennaio 2004)

Cass. civ. n. 17066/2003


La trasformazione della società, compresa quella di una società di persone in società di
capitali, comporta soltanto il mutamento formale di un'organizzazione societaria già
esistente, ma non la creazione di un nuovo ente che si distingua dal vecchio, sicché
l'ente trasformato, quand'anche consegua la personalità giuridica di cui prima era
sprovvisto, non si estingue per rinascere sotto altra forma, né dà luogo a un nuovo
centro di imputazione di rapporti giuridici, ma sopravvive alla vicenda modificativa senza
soluzione di continuità e senza perdere la identità soggettiva. (In applicazione di tale

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Articolo 300 Codice di procedura civile

principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui aveva dichiarato
inammissibile l'appello proposto da una società in accomandita semplice, trasformatasi
medio tempore in società a responsabilità limitata, ritenendo che il gravame provenisse
da un soggetto non più esistente al momento della sua proposizione).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 17066 del 12 novembre 2003)

Cass. civ. n. 15323/2003


Il principio per il quale il verificarsi di uno degli eventi previsti dall'art. 300 c.p.c. produce
l'interruzione del procedimento solo se il procuratore della parte cui si riferisce l'evento
interruttivo lo dichiari in udienza o lo notifichi alle altre parti, operando in mancanza il
principio della ultrattività della procura ad litem, non è applicabile al caso in cui la
procura, originariamente rilasciata dal genitore in rappresentanza del figlio minore che,
nelle more, abbia raggiunto la maggiore età, non sia valida anche per l'ulteriore grado
del processo, essendosi il rappresentante legale limitato (come nella specie) a conferire
al difensore mandato per la sola fase processuale dinanzi al giudice di primo grado.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 15323 del 14 ottobre 2003)

Cass. civ. n. 11736/2003


In caso di morte della parte costituita, avvenuta dopo la chiusura della discussione ma
anteriormente alla pubblicazione della sentenza, l'impugnazione della sentenza va
instaurata nei confronti, non della parte defunta rappresentata dal suo procuratore nel
precedente grado del processo, ma degli eredi di questa (ferma in ogni caso
l'inidoneità, a far decorrere il termine breve per l'impugnazione, della notifica della
sentenza che non contenga l'autoindividuazione degli eredi richiedenti, con tutte le
indicazioni necessarie a rendere l'impugnazione stessa proponibile, nei loro confronti,
nel ristretto ambito temporale indicato dall'art. 325 c.p.c.). Ove la non corretta
proposizione dell'impugnazione sia dipesa da incolpevole ignoranza dell'impugnante
circa l'evento che ha determinato il mutamento della situazione soggettiva riguardo
all'altra parte, non vi è possibilità di sanatoria mediante rinnovazione ex art. 291 c.p.c.,
versandosi in un caso, non di semplice nullità della notificazione, ma di errata
identificazione del soggetto passivo della vocatio in ius, mentre resta, in ipotesi, salva la
rimessione in termini, ove ricorrano le condizioni per l'applicabilità dell'istituto.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 11736 del 1 agosto 2003)

Cass. civ. n. 8327/2003


Il riacquisto della capacità processuale, allo stesso modo della perdita della medesima
capacità, determina l'interruzione del processo soltanto a seguito di dichiarazione del
procuratore costituito, in difetto della quale il giudizio prosegue tra le parti originarie, fino
a quando non si verifichi la costituzione del soggetto legittimato. Pertanto, nel
procedimento in cui sia parte il fallimento, in persona del curatore, costituito a mezzo di
procuratore, la sopravvenuta chiusura della procedura concorsuale nel corso di un
grado del giudizio, implicando la cessazione dalla carica del curatore ed il conseguente
venir meno della sua capacità processuale, con riacquisto della capacità processuale
da parte del fallito, configura evento interruttivo regolato dal disposto dell'art. 300 c.p.c.
ed è irrilevante ai fini della prosecuzione del giudizio nei confronti del curatore ove sia
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Articolo 300 Codice di procedura civile

mancata la dichiarazione suddetta.


(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 8327 del 26 maggio 2003)

Cass. civ. n. 2676/2002


Nel caso di riunione di procedimenti relativi a cause connesse (l'evento interruttivo che
interessa la parte di uno dei detti procedimenti non intacca minimamente l'effettività del
contraddittorio rispetto alle parti degli altri procedimenti connessi (e, come tali, scindibili
e tra di loro autonomi), né viene a ledere l'attività difensiva o una efficiente
rappresentanza tecnica di dette parti. Ne consegue che, nel caso di specie,
l'interruzione del processo deve essere dichiarata limitatamente alla parte colpita
dall'evento interruttivo e non in riferimento all'intero processo.
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 2676 del 25 febbraio 2002)

Cass. civ. n. 1206/2002


La rappresentanza processuale del minore (da parte del genitore, del tutore, o, ove
ricorra, del curatore speciale) non cessa automaticamente allorché il minore diventa
maggiorenne ed acquista, a sua volta, la capacità processuale, rendendosi invece
necessario che il raggiungimento della maggiore età sia reso noto alle altre parti
mediante dichiarazione, notifica o comunicazione della circostanza con un atto del
processo. È infatti solo da tale momento che cessa la legittimazione processuale del
rappresentante, e c he si produce, nel giudizio di merito, l'interruzione del processo,
nonché che i successivi atti processuali vanno indirizzati personalmente alla parte. Tale
principio dell'«ultrattività» di una tale rappresentanza, opera – tuttavia – soltanto
nell'ambito della stessa fase processuale, attesa l'autonomia dei singoli gradi di giudizio.
Ne consegue che, nell'ipotesi in cui il minore abbia raggiunto la maggiore età nel corso
del precedente grado del giudizio, qualora l'appellante, pur sapendo ciò proponga
impugnazione nei confronti del rappresentante, costringendolo a costituirsi sia per
sostenere l'infondatezza dell'eccezione circa la sua carenza di legittimazione a
proseguire il giudizio di primo grado sia per chiedere la sua estromissione dal giudizio in
relazione agli altri punti controversi della vertenza e sui quali solo il minore divenuta
maggiorenne – intervenuto nel giudizio di secondo grado – è legittimato ad articolare
difese, correttamente l'appellante viene condannato alla rifusione delle spese di giudizio
sostenute dal detto rappresentante, risultato sul punto vittorioso.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 1206 del 30 gennaio 2002)

Cass. civ. n. 14856/2001


In caso di perdita della capacità di stare in giudizio della parte rimasta contumace,
l'evento interruttivo del processo (nella specie, sottoposizione a liquidazione coatta
amministrativa) deve essere portato a conoscenza delle altre parti nei modi stabiliti
dall'art. 300, quarto comma, c.p.c., che non consentono equipollenti, in quanto
assicurano alle parti una probabilità di effettiva conoscenza dell'evento, superiore ad
altre modalità (quali nella specie, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto
ministeriale che dispone la liquidazione coatta amministrativa), e ad opera di coloro che
possono proseguire il giudizio, anche perché l'indicata disposizione è dettata
nell'interesse di chi può e deve difendersi in sostituzione della parte contumace.
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Articolo 300 Codice di procedura civile

(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 14856 del 23 novembre 2001)

Cass. civ. n. 3349/2001


Qualora la capacità del genitore di stare in giudizio in rappresentanza del figlio minore
venga meno per il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo dopo la
conclusione del processo in primo grado – con la conseguenza che il relativo evento
non è più suscettibile di dichiarazione o notificazione su iniziativa del procuratore
costituito nel suddetto grado del processo, ai sensi ed agli effetti dell'art. 300 c.p.c. –,
deve escludersi la validità della notificazione dell'atto di appello al genitore medesimo,
anziché al figlio divenuto maggiorenne, ove l'appellante avrebbe potuto accertare senza
difficoltà l'avvenuto raggiungimento della maggiore età rilevandolo dalla data di nascita
menzionata nella sentenza impugnata).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3349 del 8 marzo 2001)

Cass. civ. n. 2599/2001


L'interruzione del processo a causa di uno degli eventi previsti dall'art. 300 c.p.c.
consegue solo ad un atto del procuratore quale dominus litis atto che postula la
valutazione, riferita all'oggetto della causa, dell'opportunità, nell'interesse delle parti
stesse o dei suoi eredi, in caso di morte o di perdita di capacità della parte, di
comunicare o notificare l'evento interruttivo alle altre parti, senza che detta
comunicazione o notificazione ammetta equipollenti.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 2599 del 22 febbraio 2001)

Cass. civ. n. 15131/2000


La dichiarazione, da parte del procuratore, di uno degli eventi che, a norma dell'art. 300
c.p.c., comportano l'interruzione del processo, deve essere finalizzata al conseguimento
di tale effetto, il quale, pertanto, non si verifica se la dichiarazione stessa è stata resa
per uno scopo meramente informativo, in difetto del detto elemento intenzionale o dei
necessari requisiti formali (quali la formulazione in udienza o in atto notificato alle altre
parti) e senza astensione dall'attività difensiva. Ne consegue che non determina
interruzione del processo la dichiarazione che risulti soltanto dalla comparsa
conclusionale depositata, che costituisce un tipico atto difensivo equiparabile alla
dichiarazione resa in udienza o alle notificazioni con le suddette finalità.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 15131 del 23 novembre 2000)

Cass. civ. n. 14544/2000


Quando successivamente alla pubblicazione di una sentenza di merito, e quindi nel
periodo intercorrente tra la fase processuale del relativo giudizio e quella dell'eventuale
giudizio di impugnazione, si verifica la morte (o la perdita della capacità di agire) della
persona fisica oppure l'estinzione della persona giuridica, l'evento potenzialmente
interruttivo non incide più sul processo (determinandone l'interruzione), ma sul termine
per la proposizione dell'impugnazione; quest'ultima va proposta nei confronti del
successore e, se rivolta alla parte originaria, è affetta da nullità rilevabile di ufficio a

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Articolo 300 Codice di procedura civile

norma dell'art. 164, comma primo, c.p.c. (errata identificazione del soggetto passivo
della vocatio in ius), suscettibile di sanatoria in conseguenza della costituzione in
giudizio del successore universale (o del soggetto comunque attualmente legittimato),
con effetti ex nunc (cioè con salvezza dei diritti quesiti dalla controparte), a norma
dell'art. 164 vecchio testo, per i procedimenti pendenti alla data del 30 aprile 1995, e
con efficacia sanante piena, sul piano sostanziale e processuale, per le controversie
iniziate successivamente, a norma del nuovo testo del medesimo articolo, come
sostituito dall'art. 9 della legge n. 353 del 1990. (Fattispecie relativa al subentro della
Azienda sanitaria locale Città di Milano a varie aziende preesistenti, in escuzione della
L.R. Lombardia 11 luglio 1997, n. 31, qualificabile come successione a titolo universale,
stante il trasferimento complessivo di beni e rapporti previsto dall'art. 7, comma
settimo).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 14544 del 9 novembre 2000)

Cass. civ. n. 14454/2000


È ammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti di una società (originaria
controparte nel giudizio di appello) estintasi per fusione prima della chiusura della
discussione ove il procuratore, unico legittimato, abbia omesso di dichiarare in udienza
o di notificare alle altre parti l'evento estintivo della parte da lui rappresentata.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 14454 del 6 novembre 2000)

Cass. civ. n. 8931/2000


Le norme che disciplinano l'interruzione del processo sono preordinate a tutela della
parte colpita dal relativo evento con la conseguenza che è solo detta parte legittimata a
dolersi dell'irrituale continuazione del processo nonostante il verificarsi della causa
interruttiva.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8931 del 4 luglio 2000)

Cass. civ. n. 8708/2000


Il giudizio di cassazione, caratterizzato dall'impulso di ufficio, non è soggetto ad
interruzione in presenza degli eventi di cui agli artt. 299 ss. c.p.c., dettati per il giudizio
di merito. Ne consegue che, nel caso in cui, nelle more del giudizio per cassazione, una
società, estranea al procedimento, ne incorpori un'altra che di quest'ultimo sia parte,
l'estinzione della società incorporata, da un lato non determina interruzione del giudizio
di legittimità, e, dall'altro lato, pur non dando luogo ad un fenomeno di successione a
titolo particolare nel diritto controverso, comporta la prosecuzione del giudizio medesimo
fra le parti originarie, senza che la società incorporante sia legittimata a rinnovare il
ricorso precedentemente proposto dalla società incorporata, neanche ai fini di intervento
nel suddetto giudizio.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 8708 del 27 giugno 2000)

Cass. civ. n. 8380/2000


In tema di azione per la dichiarazione della filiazione naturale proposta dal genitore

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esercente la potestà sul minore, qualora quest'ultimo divenga maggiorenne dopo la


conclusione del processo di secondo grado, l'eventuale ricorso per cassazione gli va
notificato personalmente presso il suo domicilio reale, giacché l'intervenuta maggiore
età del rappresentato determina la perdita della capacità processuale del
rappresentante e travolge anche la procura da questi conferita al difensore, senza che
sia applicabile il principio dell'ultrattività del mandato e della sopravvivenza della procura
alla morte (nella specie, perdita di capacità) del conferente, giacché tale principio,
avendo carattere eccezionale, e attesa l'autonomia dei singoli gradi di giudizio, trova
applicazione solo entro i limiti (segnati dell'emissione della sentenza) della conclusione
della fase del processo in cui si è verificato l'evento concernente il mandante; ne
consegue che deve considerarsi inesistente, senza possibilità di sanatoria mediante
rinnovazione, la notifica del ricorso per cassazione all'ex minore (divenuto maggiorenne
dopo la sentenza di secondo grado) effettuata presso il “procuratore domiciliatario e
difensore costituito”, se non risulta che al suddetto difensore il minore abbia rilasciato,
dopo il raggiungimento della maggiore età, un'ulteriore procura con contestuale elezione
di domicilio, mancando altrimenti ogni collegamento tra la persona cui l'atto è destinato
(ex minore) e il luogo e il soggetto cui la copia è stata consegnata (procuratore
domiciliatario nominato in altro grado di giudizio da rappresentante ormai privo di
capacità processuale).
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 8380 del 20 giugno 2000)

Cass. civ. n. 1721/2000


Per il disposto dell'art. 300 c.p.c. la morte nel corso del giudizio di merito della parte
costituita a mezzo di procuratore non determina l'interruzione del processo, in difetto di
dichiarazione o di notificazione di detto evento da parte del procuratore, sicché l'atto di
impugnazione è validamente notificato alla parte originaria presso il procuratore a
mente dell'art. 330 c.p.c., senza che rilevi l'eventuale conoscenza che di quell'evento
abbia avuto aliunde il notificante.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 1721 del 16 febbraio 2000)

Cass. civ. n. 13775/1999


Qualora nel corso del giudizio di appello la parte abbia avuto conoscenza processuale
del decesso dell'altra parte – già avvenuto all'epoca del giudizio di primo grado ma non
dichiarato o notificato dal procuratore costituito – attraverso la costituzione in giudizio
degli eredi, il ricorso per cassazione deve, a pena di inammissibilità, essere indirizzato
nei confronti degli eredi medesimi e non del deceduto, ancorché l'atto di appello, in virtù
dell'art. 300 c.p.c., sia stato legittimamente proposto nei confronti della parte originaria.
Né assume alcun rilievo in contrario la circostanza che la sentenza di appello rechi,
erroneamente, ancora in epigrafe il nome della parte deceduta.
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 13775 del 9 dicembre 1999)

Cass. civ. n. 6894/1999


Intervenuta la morte della parte costituita nel corso del giudizio di primo grado senza
che il procuratore la dichiari o la notifichi, qualora la procura comprenda il potere di
proporre impugnazione, lo stesso è pienamente abilitato a proporre appello in nome del
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Articolo 300 Codice di procedura civile

defunto.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 6894 del 3 luglio 1999)

Cass. civ. n. 5237/1999


Se uno degli eventi di cui all'art. 300 c.p.c. (nella specie, perdita di capacità per
fallimento della parte) si avvera o è notificato dopo la chiusura della discussione davanti
al collegio, esso non produce effetti, salvo che sia riaperta l'istruzione;
conseguentemente l'impugnazione è validamente proposta con la notifica del relativo
atto al procuratore costituito dalla parte colpita dall'evento.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 5237 del 29 maggio 1999)

Cass. civ. n. 8641/1998


Le norme che disciplinano l'interruzione del processo sono preordinate a tutela della
parte colpita dal relativo evento (nella specie morte dell'unico procuratore), con la
conseguenza che solo detta parte è legittimata a dolersi dell'irrituale continuazione del
processo nonostante il verificarsi della causa interruttiva. Pertanto, la mancata
interruzione del processo non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né essere
eccepita dall'altra parte come motivo di nullità.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 8641 del 29 agosto 1998)

Cass. civ. n. 5593/1998


La perdita o l'acquisto della capacità di stare in giudizio non assumono rilevanza
processuale se non sono portate a conoscenza della controparte o del giudice; pertanto
deve ritenersi ritualmente eseguita la notifica dell'atto d'appello effettuata al
rappresentante legale di chi risultava minore nel giudizio di primo grado, a nulla
rilevando che questi sia divenuto, medio tempore, maggiorenne, se tale circostanza non
risulta essere stata portata a conoscenza della controparte o del giudice.
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5593 del 6 giugno 1998)

Cass. civ. n. 8437/1997


In caso di morte della parte nel corso del processo la legittimazione attiva o passiva si
trasmette ai suoi eredi con la conseguenza che il rapporto processuale deve proseguire
nei confronti di tutti costoro, ricorrendo un'ipotesi di litisconsorzio necessario di natura
processuale, indipendentemente dalla natura scindibile o inscindibile del rapporto detto
in giudizio, senza che in contrario rilevi la mancata interruzione del processo per
l'assenza della comunicazione del decesso ex art. 300 c.p.c., quando uno o taluni degli
altri eredi si siano costituiti volontariamente in giudizio, poiché in questa costituzione,
preclusiva dell'effetto interruttivo è insita la suindicata comunicazione, con conseguente
necessità che il contraddittorio venga integrato nei confronti degli eredi non costituitisi.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 8437 del 3 settembre 1997)

Cass. civ. n. 5765/1997

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Articolo 300 Codice di procedura civile

Il giudizio di cassazione, essendo dominato dall'impulso d'ufficio, non è suscettibile di


interruzione per il verificarsi di uno degli eventi previsti dagli artt. 299, 300 e 301 c.p.c.
In particolare, non produce interruzione la morte del difensore del ricorrente, certificata
dalla relata negativa di notifica dell'avviso di udienza, poiché la prospettazione delle
ragioni del ricorrente è affidata, per intero, all'atto scritto del ricorso, mentre la
discussione orale, cui è preordinato l'invio dell'avviso di udienza, non riveste che un
valore complementare.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 5765 del 27 giugno 1997)

Cass. civ. n. 5002/1997


Qualora il tutore dell'interdetto, costituito in giudizio a mezzo di un procuratore, a
seguito della morte dell'interdetto e della conseguente estinzione della tutela verificatesi
anteriormente alla chiusura della discussione, perda la capacità di stare in giudizio, si
applicano le disposizioni di cui all'art. 300 c.p.c. sull'interruzione del processo, con la
conseguenza che ove il procuratore costituito, unico legittimato a farlo, ometta di
dichiarare in udienza o di notificare alle altre parti l'evento che ha colpito la parte da lui
rappresentata, la posizione di quest'ultima resta stabilizzata rispetto alle altre parti e al
giudice quale persona ancora dotata della capacità di stare in giudizio, (senza che in
contrario abbia alcun rilievo la dichiarazione di tale evento dal difensore dell'altra parte
o l'acquisizione della notizia al processo ex officio) con correlativa ultrattività della
procura alle liti pure nelle successive fasi di quiescenza o di riattivazione del rapporto
processuale mediante la proposizione dell'impugnazione, con l'ulteriore conseguenza, in
particolare, che nella sopraindicata ipotesi il ricorso per cassazione contro la sentenza
d'appello deve essere rivolto al tutore e notificato al procuratore costituito nel giudizio
d'appello a norma dell'art. 330 primo comma, seconda parte, c.p.c.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5002 del 5 giugno 1997)

Cass. civ. n. 7821/1996


La morte della parte costituita nel corso del giudizio di primo grado e prima della
chiusura della discussione, non dichiarata in udienza o notificata alle altre parti dal
procuratore, ove gli sia stata originariamente conferita procura ad litem anche per gli
ulteriori gradi del processo, può proporre impugnazione in rappresentanza della parte
che, pur deceduta, va considerata nell'ambito del processo ancora in vita.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 7821 del 26 agosto 1996)

Cass. civ. n. 1581/1996


Le regole previste dagli artt. 299 e 300, secondo comma, c.p.c. – in base alle quali la
morte della parte costituita, dichiarata in udienza dal suo procuratore o da questi
notificata alle altre parti, comporta la conseguenza automatica (indipendentemente cioè
dalla successiva pronuncia del giudice, che ha valore puramente dichiarativo)
dell'interruzione del processo, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo si
costituiscano volontariamente, ovvero l'altra parte provveda a citarli in riassunzione –
non soffrono eccezione nel caso in cui, alla data della dichiarazione del procuratore
della parte costituita, uno degli eredi risulti già costituito nel processo in nome proprio,
sia pure in una posizione di sostanziale coincidenza di interessi e di linea difensiva con
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Articolo 300 Codice di procedura civile

la parte poi defunta, richiedendosi anche in tale evenienza per la prosecuzione del
processo la sua costituzione nella predetta qualità (successoria) dopo il verificarsi
dell'evento interruttivo.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 1581 del 28 febbraio 1996)

Cass. civ. n. 13041/1995


Il principio per il quale il verificarsi di uno degli eventi previsti dall'art. 300 c.p.c. produce
l'interruzione del procedimento solo se il procuratore della parte cui si riferisce l'evento
interruttivo lo dichiari in udienza o lo notifichi alle altre parti, operando in mancanza il
principio della ultrattività della procura ad litem, vale solo nell'ambito della stessa fase
processuale, attesa l'autonomia dei singoli gradi di giudizio. Ne consegue che è
inammissibile l'appello proposto dalla parte nei cui confronti si sia verificata (durante il
procedimento di primo grado) la perdita della capacità di stare in giudizio quale legale
rappresentante del figlio, per l'intervenuto conseguimento della maggiore età da parte di
quest'ultimo.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 13041 del 21 dicembre 1995)

Cass. civ. n. 7976/1995


La morte della parte contumace nel corso di un grado di merito del processo non è
idonea a determinare immediatamente l'interruzione del processo stesso, occorrendo a
tal fine che l'evento sia notificato o sia certificato dall'ufficiale giudiziario nella relazione
di notificazione di uno dei provvedimenti di cui all'art. 292 c.p.c., come espressamente
dispone il quarto comma dell'art. 300 dello stesso codice, la cui violazione può essere
eccepita solo dagli eredi del defunto, nel cui interesse è unicamente preordinata la
interruzione del processo, e non dalle controparti che sono sfornite di qualsiasi
interesse al riguardo.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 7976 del 21 luglio 1995)

Cass. civ. n. 4721/1995


La morte o la perdita della capacità di una parte costituita, che sopravvengono nel
corso del giudizio di appello, prima della chiusura della discussione, trovano specifica e
compiuta regolamentazione nelle disposizioni dell'art. 300 c.p.c., senza alcuna
possibilità di integrazione o di interferenza sulla relativa disciplina dei principi e delle
norme che regolano gli effetti degli eventi medesimi se intervenuti in ulteriori e diversi
momenti del rapporto processuale. Pertanto, se il procuratore costituito, unico
legittimato ai sensi del citato art. 300 c.p.c., ometta di dichiarare in udienza o di
notificare alle altre parti, fino all'udienza di discussione, l'avvenuta morte o perdita di
capacità della parte da lui rappresentata, la posizione giuridica di quest'ultima resta
stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, quale persona ancora esistente e
capace, con correlativa ultrattività del mandato ad litem, pure nelle successive fasi di
quiescenza e riattivazione del rapporto processuale mediante proposizione di
impugnazione, con la conseguenza che il ricorso per cassazione è validamente
notificato presso il procuratore stesso, a norma dell'art. 330, comma 1, c.p.c., anche se
la parte notificante abbia avuto o sia stata portata in altro modo o in altro momento a
conoscenza dell'evento.
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(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 4721 del 28 aprile 1995)

Cass. civ. n. 1131/1995


Il principio che nega alla morte o alla perdita della capacità della parte o del difensore
effetti giuridici nel giudizio in cassazione, caratterizzato dall'impulso di ufficio e, perciò,
sottratto alle disposizioni degli artt. 299 e 300 c.p.c., è applicabile solo dopo che, con la
notifica del ricorso, si è instaurato il rapporto processuale dinnanzi alla Corte di
cassazione perché, fino a questo momento, vi è, invece, l'esigenza della presenza di
tutti i requisiti della impugnazione, la quale (esigenza) comporta la inammissibilità del
ricorso sottoscritto da difensore di parte deceduta prima della esecuzione della notifica,
dato che, ai sensi dell'art. 1722 c.c., tal evento, al pari della morte del difensore,
estingue la procura privandola di ogni effetto.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1131 del 1 febbraio 1995)

Cass. civ. n. 10350/1994


Per il disposto dell'art. 300 c.p.c. la morte nel corso del giudizio di merito della parte
costituita a mezzo di procuratore non determina l'interruzione del processo, in difetto di
dichiarazione o di notificazione di detto evento da parte del procuratore, sicché l'atto di
impugnazione della sentenza è validamente notificato alla parte originaria presso il
procuratore a mente dell'art. 330 c.p.c., senza che rilevi l'eventuale conoscenza che di
quell'evento abbia avuto aliunde il notificante.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 10350 del 2 dicembre 1994)

Cass. civ. n. 2458/1994


La dichiarazione in udienza, ai sensi dell'art. 300, primo comma, c.p.c., dell'evento
interruttivo che abbia colpito la parte (nella specie, fallimento) può essere resa anche da
un procuratore delegato, il quale sia stato incaricato di rendere la dichiarazione stessa
dal procuratore costituito, atteso che con la delegazione professionale, prevista dall'art.
9, R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, si intendono conferiti al sostituto delegato i poteri
del procuratore costituito, salvo espresse limitazioni.

Ai fini dell'interruzione del processo, la produzione in udienza da parte del procuratore
di copia dell'estratto della sentenza dichiarativa del fallimento del suo assistito, con la
contestuale astensione dallo svolgimento di qualsiasi attività difensiva, equivale alla
dichiarazione dell'evento risultante dal documento (ai sensi dell'art. 300, primo comma,
c.p.c.), a meno che la documentazione non venga prodotta per altri scopi (ad esempio,
per il rinvio dell'udienza).
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 2458 del 15 marzo 1994)

Cass. civ. n. 11195/1992


Il principio, secondo il quale il processo di cassazione, caratterizzato dall'impulso
d'ufficio, non è soggetto ad interruzione in presenza degli eventi di cui agli artt. 299 e
ss. c.p.c., tenendo conto che tali norme si riferiscono esclusivamente al giudizio di

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merito e non sono suscettibili di applicazione analogica in quello di legittimità, non trova
deroga quando, dopo la proposizione del ricorso, si rendano necessari atti od iniziative
della parte o del difensore, atteso che, pure in questi casi, la mancata previsione
dell'interruzione non implica lesione del diritto di difesa o menomazione del
contraddittorio, restando a carico dell'interessato di attivarsi per ovviare ad evenienze
conosciute o comunque conoscibili.
(Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 11195 del 14 ottobre 1992)

Cass. civ. n. 1434/1992


Nel caso di morte (o di perdita della capacità giuridica) di una parte costituita in giudizio,
la mancata dichiarazione dell'evento ad opera del suo procuratore, ai fini interruttivi ai
sensi dell'art. 300 c.p.c., non impedisce alla controparte che sia comunque a
conoscenza di tale evento di prendere l'iniziativa della chiamata in giudizio dei
successori di detta parte, dovendosi in questo caso il termine riassunzione intendersi
impropriamente usato come atto d'impulso processuale non conseguente ad una
precedente fase di interruzione, ma volto anzi ad evitarla.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 1434 del 10 febbraio 1992)

Cass. civ. n. 5391/1990


L'incidenza dell'evento morte di una parte costituita con procuratore verificatosi durante
il giudizio di merito è regolata dall'art. 300 c.p.c. in base al quale è indispensabile ed
insostituibile la comunicazione formale dell'evento da eseguirsi dal procuratore della
parte deceduta, mentre non ha rilevanza la conoscenza che dell'evento stesso le altre
parti abbiano eventualmente avuto aliunde; sicché l'effetto interruttivo del processo è
prodotto da una fattispecie complessa, costituita dal verificarsi dell'evento e dalla
dichiarazione in udienza o dalla notificazione eseguita dal procuratore alle altre parti. Ne
consegue che nel caso di decesso della parte costituita nel corso di un grado di merito
prima della chiusura della discussione, in difetto di dichiarazione o di notificazione
dell'evento ad opera del procuratore, l'atto di impugnazione è validamente notificato
presso il procuratore stesso, a norma dell'art. 330 c.p.c., indipendentemente
dall'eventuale conoscenza di quell'evento da parte del notificante.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 5391 del 5 giugno 1990)

Cass. civ. n. 5400/1985


Nell'ipotesi in cui la notizia della morte della parte costituita sia acquisita al processo ad
opera della controparte che la porti a conoscenza del giudice ai fini dell'interruzione del
processo, senza che questa venga ordinata in quanto non dichiarata o notificata dal
procuratore della parte deceduta, è da escludere l'ultrattività della procura ad litem di
detto procuratore e, stante la conseguente non operatività della precedente elezione di
domicilio presso il procuratore costituito, la controparte, che intenda proporre
impugnazione, deve notificarla personalmente agli eredi della parte defunta, dovendo
applicarsi per analogia (a causa dell'estinzione del mandato e della conseguente non
operatività della precedente elezione di domicilio presso il procuratore costituito) il terzo
comma dell'art. 330 c.p.c.

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(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 5400 del 6 novembre 1985)

Cass. civ. n. 5291/1984


Seppure la morte o la perdita della capacità di stare in giudizio della parte costituita,
verificatasi nel corso del giudizio e prima della chiusura della discussione, hanno
rilevanza processuale soltanto ove dichiarate in udienza o notificate alle altre parti dal
procuratore, con la conseguenza che, in mancanza di tali attività, l'atto di impugnazione
è validamente notificato presso il procuratore stesso a norma del primo comma dell'art.
300 c.p.c., a prescindere da ogni questione sulla eventuale conoscenza aliunde di
quegli eventi da parte del notificante; tuttavia l'altra parte, che abbia avuto conoscenza
di essi, può compiere le attività processuali per fare partecipare al giudizio il soggetto
che, per effetto degli eventi stessi, ha acquisito la capacità processuale.
Conseguentemente è valida la notifica dell'impugnazione effettuata personalmente agli
eredi della parte defunta (o al soggetto che abbia acquisito la capacità processuale),
senza che la mancata notifica del gravame al procuratore della parte defunta (o
divenuta incapace) importi l'inammissibilità dell'impugnazione.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5291 del 19 ottobre 1984)

Cass. civ. n. 1230/1984


La morte o la perdita della capacità della parte costituita, che sopravvengano nel corso
di un grado di merito del processo, prima della chiusura della discussione, sono
regolamentate esclusivamente dalle disposizioni dell'art. 300 c.p.c., restando preclusa
ogni integrazione od interferenza delle diverse disposizioni che regolano gli effetti di
detti eventi ove verificatisi in successivi momenti del rapporto processuale. Pertanto,
qualora il procuratore, unico legittimato, ometta di dichiarare in udienza o di notificare
alle altre parti, fino alla chiusura della discussione, la morte o la perdita di capacità della
parte rappresentata, in precedenza intervenute, la posizione di detta parte
rappresentata rimane stabilizzata, rispetto alle altre parti ed al giudice, quale persona
ancora esistente od ancora capace, con correlativa ultrattività della procura alla lite, fino
a quando, nella successiva fase di impugnazione, non si costituiscano gli eredi della
parte defunta od il rappresentante della parte incapace, ovvero il procuratore di tale
parte, originariamente munito di procura valida anche per gli ulteriori gradi del processo,
non dichiari in udienza o notifichi alle altre parti il verificarsi dell'evento, ovvero infine, in
caso di contumacia, l'evento medesimo non sia notificato o certificato dallo ufficiale
giudiziario. Da tanto consegue che, per il caso di decesso od incapacità della parte
costituita sopravvenuti in un grado del giudizio di merito e prima della chiusura della
discussione, senza che il procuratore abbia dichiarato in udienza o notificato alle altre
parti l'evento, la notificazione della sentenza fatta al procuratore medesimo, a norma
dell'art. 285 c.p.c., è idonea a far decorrere il termine breve d'impugnazione nei
confronti degli eredi della parte deceduta o del rappresentante della parte divenuta
incapace.
(Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 1230 del 21 febbraio 1984)

Cass. civ. n. 2326/1981


Nel caso di morte o perdita della capacità di stare in giudizio della parte rimasta

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Articolo 300 Codice di procedura civile

contumace, l'evento interruttivo del processo va considerato come non avvenuto,


qualora non sia stato portato a conoscenza nei modi stabiliti dall'art. 300, quarto
comma, c.p.c., attesa la tipicità dei mezzi di conoscenza previsti dalla norma, che non
consente né l'automaticità dell'interruzione, né la possibilità di equipollenti, dovendo in
particolare ritenersi che, data la preordinazione della disciplina dell'interruzione alla
tutela dell'interesse della parte colpita dal suindicato evento o dei suoi aventi causa,
solo costoro sono legittimati alla notifica dell'evento stesso. Conseguentemente, non
può attribuirsi efficacia interruttiva alla comunicazione fatta dal procuratore di una parte
diversa, e ciò anche perché altrimenti, in questo caso, diversamente dall'ipotesi di
evento interruttivo riguardante una parte costituita, sarebbe senza motivo riconosciuta al
procuratore della controparte la possibilità di determinare l'interruzione del processo.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 2326 del 17 aprile 1981)

Cass. civ. n. 5108/1977


Il principio, enunciato nell'art. 300 c.p.c., secondo cui gli eventi relativi alla modificazione
della capacità processuale della parte costituita hanno rilevanza processuale solo se
dichiarati in udienza o notificati alle altre parti dal procuratore non osta a che, nel caso
di mancata comunicazione da parte del procuratore dei mutamenti della capacità
processuale del suo rappresentato, l'altra parte, che ne abbia avuto notizia, possa
compiere le attività processuali per far partecipare al giudizio il soggetto che per effetto
di tali mutamenti ne è divenuto capace. Pertanto, l'attore qualora abbia avuto notizia del
raggiungimento della maggiore età da parte del convenuto, legalmente rappresentato in
giudizio dal genitore, anche nel silenzio della controparte, può promuovere, con la
chiamata in giudizio, la diretta partecipazione del soggetto (già minore) interessato alla
prosecuzione del giudizio stesso.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5108 del 24 novembre 1977)

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