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Dispositivo
Se alcuno degli eventi previsti nell'articolo precedente (1) si avvera nei riguardi della
parte che si è costituita a mezzo di procuratore, questi lo dichiara in udienza o lo
notifica alle altre parti (2).
Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che
avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione a norma dell'articolo precedente.
Se la parte è costituita personalmente, il processo è interrotto al momento dell'evento
(3) .
Se l'evento riguarda la parte dichiarata contumace, il processo è interrotto dal
momento in cui il fatto interruttivo è documentato dall'altra parte, o è notificato ovvero è
certificato dall'ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione di uno dei
provvedimenti di cui all'articolo 292 (4).
Se alcuno degli eventi previsti nell’articolo precedente si avvera o è notificato dopo la
chiusura della discussione davanti al collegio, esso non produce effetto se non nel caso
di riapertura dell’istruzione.
Note
(1) Con sentenza del 16 ottobre 1986, n. 220 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità
degli artt. 75 e 300 c.p.c. nella parte in cui non prevedono, ove emerga una situazione di
scomparsa del convenuto, la interruzione del processo e la segnalazione, ad opera del giudice,
del caso al pubblico ministero perché promuova la nomina di un curatore, nei cui confronti
l'attore debba riassumere il giudizio.
(2) Anche a seguito della morte o della perdita della capacità processuale della parte il
procuratore può continuare a compiere le attività processuali e a ricevere le notificazioni. Infatti,
se egli non dichiara o notifica l'evento interruttivo, il processo prosegue nei confronti delle parti
originarie. Se ha ricevuto una procura ad litem per tutti i gradi del giudizio, ha anche il potere di
far proseguire la causa fino alla decisione (è pienamente abilitato, ad esempio, a proporre
appello in nome del defunto): i risultati del suo operato ricadranno anche sui successori
universali.
Le altre parti del giudizio, invece, anche se vengono a conoscenza aliunde dell'evento
interruttivo, non hanno il potere di far dichiarare l'interruzione.
(4) Comma sostituito con l. 18 giugno 2009, n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009.
Massime
La modifica dell'art. 43 della l. fall., introdotta dall'art. 41 del d.l.vo n. 5 del 2006, trova
applicazione, ai sensi dell’art. 153 del d.l.vo citato, a partire dal 16 luglio 2006, con
consequenziale automaticità dell’interruzione del processo a seguito della dichiarazione
di fallimento, purché quest'ultima sia intervenuta successivamente a tale data, anche
nei giudizi anteriormente pendenti, restando irrilevante la disposizione transitoria dettata
dall’art. 150 del medesimo d.l.vo, la quale attiene a norme che regolano la procedura
concorsuale, e non alla disciplina processuale già in vigore all’epoca della dichiarazione
di fallimento.
–
In caso di interruzione del processo determinata, "ipso iure", dall'apertura del fallimento,
giusta l'art. 43, comma 3, l. fall., aggiunto dall'art. 41 del d.l.vo n. 5 del 2006, al fine del
decorso del termine per la riassunzione non è sufficiente la sola conoscenza, da parte
del curatore fallimentare, dell'evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di
fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio sul quale detto
effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare; la conoscenza deve, inoltre,
essere "legale", cioè acquisita non in via di mero fatto, ma per il tramite di una
dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento che determina
l'interruzione del processo, assistita da fede privilegiata.
(Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 27165 del 28 dicembre 2016)
notificato o certificato dall'ufficiale giudiziario ex art. 300, quarto comma, cod. proc. civ.
(Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 15295 del 4 luglio 2014)
A seguito dell'entrata in vigore del novellato art. 2504 bis c.c., la fusione di società, in
pendenza di una causa della quale sia parte la società fusa od incorporata, non
determina l'interruzione del processo, né quindi la necessità di riassumerlo nei confronti
della società incorporante o risultante dalla fusione.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 10653 del 3 maggio 2010)
Qualora la fusione di società per azioni per incorporazione – configurata, sino alla
riforma del diritto societario, introdotta dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, come
fenomeno di successione a titolo universale, e, quindi, equiparabile alla morte di una
persona fisica, evento idoneo a determinare l'interruzione del processo in cui questa
fosse parte – si verifichi nel corso del giudizio di primo grado, prima della chiusura della
discussione (ovvero prima della scadenza dei termini per il deposito delle comparse
conclusionali e delle memorie di replica, ai sensi del nuovo testo dell'art. 190 c.p.c.), e
tale evento non venga dichiarato nè notificato dal procuratore della parte cui esso si
riferisce a norma dell'art. 300 c.p.c., il giudizio di impugnazione deve essere comunque
instaurato da e contro i soggetti effettivamente legittimati: e ciò alla luce dell'art. 328
c.p.c., dal quale si desume la volontà del legislatore di adeguare il processo di
impugnazione alle variazioni intervenute nelle posizioni delle parti, sia ai fini della
notifica della sentenza che dell'impugnazione, con piena parificazione, a tali effetti, tra
l'evento verificatosi dopo la sentenza e quello intervenuto durante la fase attiva del
giudizio e non dichiarato nè notificato. Limitatamente, peraltro, ai processi pendenti alla
data del 30 aprile 1995 – rispetto ai quali non opera la possibilità di sanatoria
dell'eventuale errore incolpevole nell'individuazione del soggetto nei cui confronti il
potere di impugnazione deve essere esercitato, collegata dal nuovo testo dell'art. 164
c.p.c., come sostituito dalla legge n. 353 del 1990, alla costituzione in giudizio del
convenuto ed alla rinnovazione della citazione (e dell'impugnazione) affetta da nullità
riferibili ai nn. 1 e 2 dell'art. 163 c.p.c. – il dovere di indirizzare l'impugnazione nei
confronti del nuovo soggetto effettivamente legittimato resta subordinato alla
conoscenza o alla conoscibilità dell'evento, secondo criteri di normale diligenza, da
parte del soggetto che propone l'impugnazione, essendo tale interpretazione l'unica
compatibile con la garanzia costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.). Né a tale
soluzione è di ostacolo il disposto dell'art. 2193, secondo comma, c.c. – che stabilisce
la inopponibilità della ignoranza dei fatti soggetti ad iscrizione nel registro delle imprese,
quale la fusione societaria, una volta che la iscrizione sia stata eseguita, facendo, però,
salve le disposizioni particolari della legge – in caso di mancata pubblicazione per
estratto dell'atto di fusione, iscritto nel detto registro, nella Gazzetta Ufficiale, in quanto,
in base al combinato disposto degli artt. 2504, terzo comma, 2504 sexies e 2457 ter
c.c., tale omissione rende inopponibile l'atto ai terzi che la società non dimostri esserne
stati comunque a conoscenza.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 23168 del 27 ottobre 2006)
principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata nella parte in cui aveva dichiarato
inammissibile l'appello proposto da una società in accomandita semplice, trasformatasi
medio tempore in società a responsabilità limitata, ritenendo che il gravame provenisse
da un soggetto non più esistente al momento della sua proposizione).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 17066 del 12 novembre 2003)
norma dell'art. 164, comma primo, c.p.c. (errata identificazione del soggetto passivo
della vocatio in ius), suscettibile di sanatoria in conseguenza della costituzione in
giudizio del successore universale (o del soggetto comunque attualmente legittimato),
con effetti ex nunc (cioè con salvezza dei diritti quesiti dalla controparte), a norma
dell'art. 164 vecchio testo, per i procedimenti pendenti alla data del 30 aprile 1995, e
con efficacia sanante piena, sul piano sostanziale e processuale, per le controversie
iniziate successivamente, a norma del nuovo testo del medesimo articolo, come
sostituito dall'art. 9 della legge n. 353 del 1990. (Fattispecie relativa al subentro della
Azienda sanitaria locale Città di Milano a varie aziende preesistenti, in escuzione della
L.R. Lombardia 11 luglio 1997, n. 31, qualificabile come successione a titolo universale,
stante il trasferimento complessivo di beni e rapporti previsto dall'art. 7, comma
settimo).
(Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 14544 del 9 novembre 2000)
defunto.
(Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 6894 del 3 luglio 1999)
la parte poi defunta, richiedendosi anche in tale evenienza per la prosecuzione del
processo la sua costituzione nella predetta qualità (successoria) dopo il verificarsi
dell'evento interruttivo.
(Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 1581 del 28 febbraio 1996)
merito e non sono suscettibili di applicazione analogica in quello di legittimità, non trova
deroga quando, dopo la proposizione del ricorso, si rendano necessari atti od iniziative
della parte o del difensore, atteso che, pure in questi casi, la mancata previsione
dell'interruzione non implica lesione del diritto di difesa o menomazione del
contraddittorio, restando a carico dell'interessato di attivarsi per ovviare ad evenienze
conosciute o comunque conoscibili.
(Cassazione civile, Sez. Unite, sentenza n. 11195 del 14 ottobre 1992)