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IL TRIBUNALE DI PALERMO PRESIDENTE SILVANA SAGUTO SI PRONUNCIA SU

OBBLIGO DI SOGGIORNO OBBLIGATO NEL COMUNE DI RESIDENZA PER


FARAONE PAOLO

Il Tribunale di Palermo, sezione misure di prevenzione, composto dai Magistrati:


1) Dott. Silvana Saguto Presidente;
2) Dott. Lorenzo Chiaramonte Giudice;
3) Dott. Guglielmo Nicastro Giudice rel.;

riunito in camera di consiglio sulla proposta del Procuratore della Repubblica


presso il Tribunale di Palermo, datata 18.8.2010, con la quale stata richiesta
lapplicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale
della pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel Comune di
residenza, nei confronti di F.P., nato a (omissis);
letti gli atti del procedimento n. 208/10 R.M.P.;
sentite le conclusioni del P.M. e della difesa del proposto e sciolta la riserva
formulata allesito delludienza camerale di discussione, ha pronunciato il
seguente
DECRETO
Con la presente proposta, formulata ai sensi delle leggi nn. 1423/56, 575/1965
e successive modifiche ed integrazioni, si allega che F.P. persona di
pericolosit sociale qualificata dallassunzione di un ruolo fiduciario
nellinvestimento di proventi illecito mafiosi, concretizzatosi in attivit illecite
di fittizia intestazione di beni immobili e complessi aziendali in concorso con
L.S., al fine di agevolare il sodalizio mafioso Cosa Nostra, in particolare la
famiglia mafiosa di San Lorenzo del mandamento di Resuttana di Palermo.
A sostegno della richiesta stato richiamato che nellambito del procedimento
penale n. 8419/07 RG., incardinato dalla DDA (posizione processuale del
proposto stralciata dal proc. n. 3504/04 R.G.N.R.), il F. uno degli indagati, e
dove figurano indagati tra laltro, L.S., D. N., D.D., L.S. ed i fratelli M., A., G. e
S., quale prestanome ed elemento terminale dellorganizzazione mafiosa
nellinvestire gli illeciti proventi in attivit illecite.
Sulla scorta di tutte le emergenze investigative in merito raccolte, e che
appresso si illustreranno, stato quindi conclusivamente prospettato che
emergerebbe, con tutta evidenza la pericolosit sociale del proposto, che pu
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senza dubbio ritenersi prodromico allassociazione di stampo mafioso nel


riciclare denaro illegittimamente, nellaccezione propria della Legge n. 575/65.
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Preliminarmente vanno esaminate le due questioni di nullit della
citazione per intervento e di incompetenza per territorio di questo
Tribunale, eccepite dalla difesa nella memoria difensiva depositata allesito
della discussione.
A questultimo riguardo va osservato che non pu rilevarsi la tardivit di
siffatte questioni in quanto non sollevate in limine litis, non operando nel
procedimento di prevenzione la preclusione che scatterebbe nel dibattimento
penale in forza degli artt. 21, co. 2, 181, co. 3, 491 c.p.p., in ragione della
diversit strutturale dei due procedimenti (in quello di prevenzione non
prevista una scansione per fasi processuali la prima delle quali dedicata agli
atti preliminari) e dellespresso rinvio (salva la verifica sulla compatibilit di
singole previsioni) dellart. 4, co. 6, della L. n. 1423/56 alla disciplina prevista
per il procedimento di sorveglianza (art. 678 c.p.p.) e quindi di esecuzione
penale (art. 666 c.p.p.).
Ad avviso del Collegio le due eccezioni non meritano per
accoglimento in quanto entrambe infondate.
In ordine alla nullit della citazione per intervento va rilevato che latto
stato notificato allinteressato unitamente a copia della proposta ivi
espressamente richiamata, con lindicazione della richiesta di misure di
prevenzione ai sensi delle leggi nn. 1423/56 e 575/65.
Ebbene, anche a voler equiparare lavviso (per il quale lart. 666, co.3, c.p.p.,
qui applicabile, non prevede, invero, alcun elemento essenziale a pena di
nullit, a differenza di quanto dettato per il decreto che dispone il giudizio
dallart. 429 c.p.p.) ad un atto di contestazione delle accuse, con lindicazione
sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono, e ci in
conformit alle decisioni della Corte Costituzionale (sentenza 25.3.1975, n. 69,
ordinanza 2.2.1988, n. 128) cui si uniformata parte della giurisprudenza di
legittimit, deve ritenersi che nel caso di specie non stato in alcun modo
violato il diritto di difesa, che in definitiva costituisce il bene presidiato dagli
istituti in questione.
Ed infatti la proposta - ripetesi notificata in copia contestualmente allavviso
dudienza - contiene un dettagliato richiamo alle emergenze probatorie poste a
base della misura richiesta e delle forme qualificate della pericolosit sociale e
prospettata in termini di attualit.
Leccezione di nullit va quindi rigettata.
Passando al vaglio della addotta incompetenza per territorio di questo
Tribunale, che determinerebbe linammissibilit della proposta per carenza di
legittimazione dellorgano proponente, va richiamato che la difesa ha sul punto
allegato che il proposto risiede da quasi dieci anni in Terni, localit non soltanto
di residenza anagrafica ma di stabile ed effettiva dimora, quale centro
esclusivo dei suoi interessi familiari e lavorativi nonch luogo ove avrebbe
manifestato una pericolosit sociale al pi generica e non qualificata,
essendosi il F. prestato ad essere il terminale per gli investimenti del L.S. e
della famiglia mafiosa a cui questultimo appartiene, donde il radicamento
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della competenza in tale luogo ove si sarebbe manifestata lattivit illecita di


maggiore rilevanza e spessore.
Ci detto, la presente proposta stata basata (alluopo allegando i
provvedimenti di sequestro e confisca poco oltre citati) sul delitto ex art. 12
quinquies L. n. 356/1992, commesso in Palermo e Terni in epoca anteriore e
prossima al 25.6.2004, per il quale il F. risulta in atto imputato nel processo
penale n. 686/2011 R.G.T., giusta rinvio a giudizio del 28.12.2010 (cfr.
certificato carichi pendenti acquisito), di tal ch stata qui prospettata una
pericolosit sociale qualificata, ormai assimilata alle forme pi gravi ed
allarmanti previste nellart.1 della L. n. 575/1965.
Con lart. 2, co. 4, della legge 15.7.2009, n. 94, il catalogo dei destinatari delle
misure di prevenzione ex art. 1 della L. 575/65 stato infatti ulteriormente
arricchito, includendovi, per lappunto, anche i soggetti indiziati del delitto di
cui allart.12 quinquies, co. 1, del D.L. 8.6.1992, n. 306, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7.8.1992, n. 356.
Lart. 2 della citata L. 575/65 (come da ultimo sostituito dallart.10, co. 1, lett.
b), del D.L. 23.5.2008, n. 92, convertito, con modificazioni, nella L. 24.7.2008,
n. 125) prevede, fra laltro, che nei confronti delle persone indicate allarticolo
1 possono essere proposte dal procuratore della Repubblica presso il tribunale
del capoluogo di distretto ove dimora la persona, anche se non vi stato il
preventivo avviso, le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di
pubblica sicurezza e dellobbligo di soggiorno nel comune di residenza o dimora
abituale, di cui al primo e al terzo comma dellarticolo 3 della legge
27.12.1956, n. 1423, e successive modificazioni.
Tenuto conto dei presupposti e degli scopi della normativa in tema di
prevenzione, che sono correlati alla pericolosit sociale del soggetto ed al luogo
ove essa si manifesta, la dimora, anche se non coincidente con la residenza
anagrafica, stata tradizionalmente individuata nel luogo ove il proposto ha
tenuto comportamenti sintomatici idonei a lasciar desumere la sua pericolosit
(in termini, ex plurimis, cfr. Cass., Sez. I, 26.5.2000, n. 3837).
Pacifica la irrilevanza della residenza anagrafica, una pi recente
giurisprudenza di legittimit si riferita allo spazio geografico ambientale in
cui il soggetto ha manifestato i suoi comportamenti socialmente pericolosi,
anche se in tale luogo, diverso da quello di dimora abituale, il soggetto si
intrattenuto per brevi e saltuari soggiorni (in tal senso, Cass., sez. VI, 15.4.
2004, n. 23090).
La declinazione della dimora in termini reali ed effettivi di spazio geografico ambientale, anche occasionalmente frequentato, dal quale, per, la pericolosit
sociale ha ricevuto alimento e potenziamento, ha indotto autorevole dottrina a
ritenere che nel caso di persona indiziata di appartenenza ad unassociazione di
tipo mafioso per determinare la competenza territoriale deve farsi riferimento
al luogo ove lassociazione opera.
Questa convincente opinione stata condivisa e recepita anche in parte della
giurisprudenza di legittimit (il riferimento a Cass. pen. Sez. I, 17.3.1982,
Benigno), che a buona ragione non ha mancato di affermare che nel caso di
vaste associazioni criminose, con numero elevato di componenti, facenti capo
ad un unico centro organizzativo e decisionale, la competenza territoriale per
lapplicazione delle misure di prevenzione spetta al tribunale nel cui circondario
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trovasi tale centro e ove esplica in modo prevalente la sua attivit illecita
lassociazione, rimanendo irrilevanti eventuali ramificazioni e derivazioni, in
quanto la pericolosit sociale del soggetto ha stretto e diretto e riferimento
allassociazione nel cui ambito organizzativo inserito e al cui vertice
decisionale collegata, direttamente o in via mediata, lattivit illegale
esplicata.
In effetti, nelle ipotesi di pericolosit sociale qualificata dalla partecipazione
interna, dal concorso esterno, dallappartenenza in senso lato ovvero da indizi
di reit su attivit delittuose volte ad agevolare non occasionalmente ma in
maniera continuativa i sodalizi di tipo mafioso che tendono ad operare
sullintero territorio nazionale, la stretta e tradizionale lettura della dimora
come luogo ove il proposto abitualmente ed effettivamente risiede ovvero
come luogo ove in concreto consuma abitualmente le condotte illecite potrebbe
condurre a risultati paradossali.
Ed invero, nel caso in cui il sodalizio al fine di effettuare degli investimenti o
acquisire il controllo di attivit economiche invii dalla sua sede centrale in varie
localit sparse sul territorio nazionale degli adepti, o invii o designi in loco dei
fidati e abituali fiancheggiatori, radicare e frazionare la competenza nei singoli
luoghi ove magari stabilmente ed effettivamente risiedono questi singoli
soggetti di fatto escluderebbe della cognizione dellautorit giudiziaria la fonte
esclusiva e principale dalla quale poi germinata la pericolosit sociale, con un
grave vulnus ad una pi completa ed approfondita conoscenza dellintero
fenomeno criminoso che costituisce la ratio delle norme sullaccentramento
della competenza per tutti i procedimenti comunque connessi a fatti di mafia.
A diversa conclusione potrebbe pervenirsi nellipotesi in cui in una delle
predette localit, distinte dalla sede centrale dellimpresa criminale, dei singoli
soggetti dimorino stabilmente ed acquisiscano una loro autonomia gestionale e
criminale, magari costituendo una nuova articolazione della pi ampia
associazione con la quale mantengono dei legami criminali.
In questo caso non si sarebbe dinanzi a soggetti svolgenti il ruolo di meri
esecutori in loco di direttive impartite dalla sede centrale, di tal ch
risulterebbe incongruo, perch non pi fonte della pericolosit sociale, il
riferimento a questultimo luogo per la determinazione della competenza.
Orbene, venendo al caso che ci occupa si versa nellipotesi - come poco avanti
si vedr - di un soggetto, il quale pur non risultando appartenente, nemmeno
in senso lato, allassociazione mafiosa palermitana Cosa Nostra, stato
raggiunto da indizi di reit, posti a base di un parallelo processo penale in
corso dinanzi al Tribunale di Palermo, per un delitto di trasferimento
fraudolento di valori contornato dallaggravante della finalit di agevolazione
del sodalizio mafioso, che avrebbe commesso per pi anni, e dunque in
maniera continuativa, in relazione a diversi beni, fra i quali delle attivit
dimpresa.
In questo lungo arco temporale il F., pur dimorando stabilmente in Terni, ha
principalmente (se non esclusivamente) svolto delle attivit di investimento
immobiliare e commerciali, agendo costantemente sotto le direttive
dellindiziato mafioso L.S., impartite anche in occasione di incontri tra i due in
Terni ma anche in Palermo, citt di provenienza del primo ed ivi in rapporti di
collaterale affinit con un noto esponente mafioso (il proposto infatti cugino
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di F. Maria, moglie di Bonura Calogero, nipote del noto, gi latitante mafioso,


Lo Piccolo Salvatore).
Pertanto, ad avviso del Collegio la presente proposta stata
correttamente avanzata dinanzi a questo Tribunale, competente a
decidere in merito.
Venendo allesame nel merito della presente proposta, al fine di meglio
inquadrare la personalit sociale, i traffici delittuosi ed i legami criminali del
proposto, vanno richiamati il ruolo e la caratura criminale mafiosa di colui sotto
le cui direttive lo stesso ha per anni agito, ovverosia L.S..
In proposito si attinger da quanto gi rilevato nel decreto (in copia allegato
alla proposta) di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali
pronunciato dal Tribunale di Palermo nei confronti del L. in data 8.2.2010.
Con sentenza del Tribunale di Palermo del 5.6.2001, irrevocabile il 21.11.2003,
L.S. stato condannato alla pena principale di anni cinque di reclusione per il
delitto di cui allart. 416 bis c.p., in specie per la sua accertata appartenenza
alla famiglia mafiosa di Resuttana, rafforzata dai legami con il noto esponente
mafioso Di Trapani Nicol.
A di lui carico sono risultate decisive le dichiarazioni dei collaboranti di giustizia
Di Natale Giusto, Avitabile Antonino, Brusca Giovanni e Mazzola Giovanni.
Il Di Natale ha fornito indicazioni sul ruolo di L. allinterno della famiglia
mafiosa di Resuttana, ricordando che lo stesso gestiva dei campi di calcetto per
conto della famiglia Di Trapani e che faceva da tramite tra i capi mafia
Guastella e/o Nicola Di Trapani ed altri esponenti mafiosi anche latitanti.
LAvitabile ha reso convergenti notizie in merito, riferendo che il L. era stato
uomo di fiducia della famiglia mafiosa Di Trapani ed aveva gestito il bar
dellippodromo di Palermo, ivi facendo da tramite tra il Di Trapani Diego (che
non amava farsi vedere in giro) ed i suoi interlocutori.
Dal canto suo il Brusca non ha mancato di ricordare di aver conosciuto L.S. nel
corso di taluni incontri avuti con S. ed A. Madonia (noti capi mafia di
Resuttana) e con F. D.T. (fratello di D. D.T.).
Anche il collaborante M. G. ha narrato di aver conosciuto L.S. in unoccasione
in cui si era recato con N. D. presso un luogo dove veniva ospitato lattuale
collaborante B. G., allora latitante.
Pi di recente, dopo aver scontato per il suddetto delitto associativo un lungo
periodo di custodia cautelare (ci dal 29.7.1998 al 29.7.2003), veniva
applicata a L.S. una nuova misura cautelare della custodia in carcere (con
ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Palermo del 26.3.2007) per il delitto di
estorsione aggravata e continuata in concorso (agli artt. 81, 110 e 629 c.p.,
art. 7 d.l. 13.5.1991, n. 152, convertito nella legge 12.7.1991, n. 203), ed in
particolare: per avere in concorso tra loro, con pi azioni esecutive del
medesimo disegno criminoso, mediante minacce, consistite nel manifestare
lappartenenza allorganizzazione mafiosa Cosa Nostra di L.S., gi condannato
per tale delitto, ed in virt della forza di intimidazione derivante dal vincolo
associativo del predetto L. e di P. R. con il mandamento mafioso di Resuttana,
costretto G. V., ed il suo convivente O. M. (la prima dei due gestore della
palestra omissis , in un immobile sottoposto a confisca nellambito del
procedimento di prevenzione patrimoniale nei confronti di G. G., cl. 54), a
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versare una somma di 350 euro al mese, cos procurando a s stessi ed


allassociazione mafiosa un ingiusto profitto (con laggravante di avere
commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di cui allart. 416 bis c.p., e
comunque al fine di agevolare lattivit di Cosa Nostra; in Palermo sino alla
data odierna, 26.03.2007 data di emissione dellordinanza).
I gravi indizi in ordine a questo delitto si desumevano dalle conversazioni
intercettate tra P. R. e le persone offese (in specie il dialogo captato il
27.2.207; cfr. i relativi passi riportati alle pagine 7 27 della citata ordinanza),
anche nel corso di un incontro tra gli stessi avvenuto allinterno di una
struttura sportiva di campi di calcetto, sita tra le vie Michele Beltrami e S.
Lorenzo, risultata di fatto gestita dal L..
Ebbene, a conferma dello stretto e persistente legame tra L.S. ed il sodalizio
mafioso Cosa Nostra deponevano anche le plurime emergenze investigative
(risultati delle conversazioni intercettate e di servizi di osservazione e
pedinamento) acquisite nel corso delle indagini effettuate negli anni 2004
2007 dalla D.I.A. di Palermo e dal R.O.N.O. dei Carabinieri di Terni, afferenti ai
beni ed alle attivit economiche acquisite dallo stesso L. in quel di Terni,
impiegando capitali di provenienza ignota, e dunque verosimilmente illecito
mafiosa, ed intestandole fittiziamente allodierno proposto F.P..
Il fumus in ordine alla fittizia attribuzione di utilit al F. stato pienamente
ravvisato nel decreto di sequestro preventivo penale emesso dal G.I.P. del
Tribunale di Palermo in data 18.7.2008 (in copia allegato alla proposta).
Nel citato decreto adottato da questo Tribunale nei confronti di L.S. stata
disposta la confisca, tra laltro, di quattro beni immobili e di due imprese
individuali intestate al F., il ristorante pizzeria in Narni (TR) omissis -, e
lesercizio commerciale al minuto di generi alimentari aperto in Terni, via
omissis.
Ivi stato rilevato che il Tribunale di Palermo, sezione per il riesame, con
ordinanza del 22.9.2008, in parziale accoglimento del riesame proposto dalla
difesa avverso il predetto decreto del G.I.P. ex art. 321 c.p.p., disponeva il
dissequestro di due appartamenti intestati al F., siti ad Acquasparta omissis
e del magazzino sito ad Acquasparta omissis , in quanto, n dalla
documentazione acquisita n dal tenore dei dialoghi stato possibile risalire ad
un interesse del L.; infatti riferibile allAlbergo N. la proposta del F. di
acquisto di un immobile di considerevole dimensione per il prezzo di
620.000,00 euro.
Con listanza di riesame la difesa del F., rilevando che lintestazione fittizia
doveva risultare da univoci elementi di riscontro, evidenziava: che le
conversazioni telefoniche intercorse tra il L. ed il F. erano state captate in un
lasso temporale (seconda met del 2004) nel corso del quale (con lunica
eccezione del ristorante di Narni) il F. non aveva concluso nessuna delle
operazioni economiche oggetto delle indagini; che il L. ed il F. avevano
dialogato delle attivit di questultimo, ma non erano stati mai soci; che non vi
era alcuna traccia documentale di passaggi di denaro dal L. al F.; che
questultimo non aveva beneficiato di alcun profitto, anzi versava in una grave
crisi finanziaria; che i negozi di abbigliamento erano stati dismessi in data
anteriore a quella in cui erano stati registrati contatti con il L.; che le somme
investite nella societ Questione di pelle dovevano essere ricondotte al F.; che
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questultimo in data 27.11.2002 aveva ceduto, nella qualit di legale


rappresentante della societ omissis , a D. V. il ristorante omissis per
la somma di euro 100,000,00 e costituito (ci il 14.3.2002) la societ omissis
insieme a P.A. ed alla convivente F.E.; che l11.11.2002 la societ omissis
aveva acquistato il magazzino di Corso omissis utilizzando i fondi del F.
ed una somma concessa in mutuo dal Banco di Napoli.
Nel ricostruire le operazioni economiche riconducibili al F. la difesa richiamava,
altres: che in data 30.11.2002 la societ omissis aveva aperto un negozio
a Terni; che il 27.9.2003 era stato aperto il negozio omissis in via
omissis ; che la societ omissis aveva contratto mutui e finanziamenti
che il F. ed i soci si erano poi personalmente accollati; che a seguito delle gravi
esposizioni debitorie la societ omissis aveva cessato la propria attivit il
24.2.2005 con unesposizione di 162.000,00 euro; che le attivit del negozio
omissis e dei negozi di Via omissis erano state acquisite dalla societ
omissis ; che il 6.7.2004 il F. aveva acquistato da B.M.L., per la somma di
67.000,00 euro, gli immobili siti in Acquasparta utilizzando i ricavi delle attivit
commerciali e le somme derivanti da altri finanziamenti; che la omissis
aveva acquistato poi dalla societ omissis il ristorante di Narni, acquisto
questultimo per il quale il F. aveva dato in permuta la sua Jaguar e si era
impegnato a corrispondere la somma di euro 53.000,00.
La difesa allegava, poi, la legittimit della gestione del supermercato omissis
, deducendo che il 21.4.2004 il F. e tale C.G. erano subentrati nelle quote
sociali della Supermarket omissis rilevando lattivit di omissis e
contestualmente costituendo la societ omissis .
Lacquisto sarebbe stato effettuato mediante cambializzazione con rate
mensili di euro 1.250,00 cadauna.
Nella compagine sociale in un primo momento era subentrato al C., Co., ; in
seguito (e precisamente il 24.2.2005) le quote erano state cedute alla P..
Anche la omissis aveva poi accumulato una forte esposizione debitoria nei
confronti di fornitori e delle banche.
Conclusivamente, quindi, la difesa deduceva: che ogni investimento aveva
trovato una giustificazione in unoperazione lecita di ricorso al credito bancario;
che gli investimenti riguardavano unepoca anteriore al presunto tempus
commissi delicti; che non vi era alcuna sproporzione tra linvestimento ed il
reddito, n ricorrevano i presupposti per contestare al F. laggravante della
finalit di agevolazione mafiosa; che per valutare leventuale sproporzione
doveva farsi riferimento al reddito delle societ e non del F., quale persona
fisica.
Ebbene, il Tribunale del riesame, accoglimento solo parzialmente il ricorso della
difesa, sostanzialmente basato sui medesimi rilievi e le allegazioni documentali
addotte a sostegno della richiesta di revoca del sequestro dei beni avanzata
dalla difesa del F. in quel procedimento di prevenzione, non mancava di
premettere ed evidenziare: che L.S. veniva sottoposto alla misura della
custodia cautelare in carcere con ordinanza del 26.3.2007 per il reato di
estorsione continuata ed aggravata in concorso con laggravante di cui allart. 7
d.l. 152/91; che il delitto di partecipazione allassociazione mafiosa veniva
contestato al medesimo da un tempo risalente e che le indagini avevano
evidenziato la vicinanza del L. alla famiglia mafiosa di Resuttana ed i sui
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rapporti, anche di affinit, con D.N.; che le dichiarazioni rese dal collaborante
di giustizia D.G. (che a fianco del reggente G.P., aveva gestito le attivit
economiche della famiglia di Resuttana) avevano consentito di accertare che il
L. gestiva abitualmente i beni per conto delle famiglie D.M.; che anche le
dichiarazioni rese da A.A. avevano confermato il ruolo del L. quale gestore
delle attivit economiche della famiglia mafiosa di Resuttana.
Dopo aver sottolineato la caratura criminale del L., soggetto che il F., mediante
attribuzioni fittizie di attivit economiche, avrebbe aiutato ad eludere
disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, allesito
dellesame delle intercettazioni telefoniche compendiate nelle note della D.I.A.
di Palermo del 29.11.2007 e del 15.2.2008, il Tribunale ha rilevato che il
tenore di alcune conversazioni intercorse tra il L. ed il F. aveva palesato,
linteresse del primo nella gestione del ristorante omissis a Terni.
Ed in effetti, nella conversazione del 4.10.2004 il L. chiedeva espressamente al
F. se il ristorante avesse iniziato a lavorare nel loro interesse (L.:<dimmi una
cosa il ristorante gi lavora per noi Tanto per capire qualche cosa) ed il F. gli
rispondeva che avrebbe iniziato a lavorare la sera successiva (F.:<da domani
sera<).
Il giorno seguente veniva intercettata una lunga conversazione nel corso della
quale il F. comunicava al L. che quella era stata la prima sera che il ristorante
aveva lavorato nel loro interesse (F.: la prima sera che si lavora per noi).
A conferma dellinteresse del L. poi risultata emblematica la discussione con
il F., di ogni dettaglio della gestione del ristorante compreso il ritiro della
spazzatura.
E stato ancora rimarcato che il L. comunicava al F. che lo avrebbe raggiunto a
Terni per portagli del denaro in contante, denaro che avrebbe ricevuto da terzi
(L.: vediamo se posso salire venerd<tra venerd e sabato salgo e cos visto
che salgo ti porto st cose , invece di fare il bonifico capisti? Perch quello me
li dar o domani o dopodomani st cose).
Al riguardo, a buona ragione il Tribunale ha sottolineato che il frammento del
dialogo da un lato non palesa alcun dubbio in ordine al fatto che oggetto della
consegna una somma di denaro (il L. parla difatti di bonifico bancario),
dallaltro fa emergere che in altre occasioni lo stesso L. aveva effettuato dei
bonifici sul conto del F., fornendogli dunque somme di denaro da investire.
Deve altres rilevarsi che la conferma della cointeressenza del L. nel ristorante
del F. deriva inoltre dal fatto che parte della somma doveva essere destinata a
P.M. al quale il F. aveva ceduto in pagamento la propria Jaguar valutata
20.000,00 ed al quale doveva ancora dare 15.000,00 euro, somma che gli
avrebbe consegnato L. che aveva concordato con il F. di dilazionare il restante
pagamento in tre rate da 15.000,00 euro ciascuna. Che il dialogo intercorso tra
il L. ed il F. aveva avuto ad oggetto lacquisto del ristorante confermato da
fatto che lodierno istante aveva proprio concordato con il P. di cedergli la
macchina e 10.000,00 euro (anzich 15.000,00 euro) e che si era impegnato a
pagare il resto della somma dovuta con il denaro che avrebbe ricevuto dal L..
Ed ancora deve essere sottolineata la riconducibilit dellacquisto non solo al L.
ma alla famiglia mafiosa di appartenenza; detta circostanza provata non solo
dal chiaro interesse di questultimo, ma anche dal fatto che dellattivit di
ristorazione di Terni viene messo a conoscenza Di Trapani Nicol.
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Ed in effetti, ha ancora rilevato il Tribunale, nel corso del colloquio con alcuni
parenti (la madre del D. sorella della moglie del L.) il D. chiedeva notizie
sulle somme di denaro provenienti dalla vendita di terreni e la donna gli
riferiva che le somme erano state investite nellacquisto di un ristorante l
fuori.
Nella richiamata ordinanza sono state quindi individuate altre conversazioni
che hanno palesato linteresse dei parenti del L. in alcuni investimenti del F..
Nel dialogo del 27.10.2004 il F. chiedeva infatti al L. se aveva avuto notizie dei
suoi parenti (Tot ne hai novit dei parenti tuoi), ed il L. gli diceva che lo
avrebbe raggiunto il fine settimana a Terni in compagnia di un soggetto per
parlare di presenza.
La conversazione intercettata tra il L. e S. L. in data 31.10.2004 confermava
poi che il primo si era recato a Terni per incontrare il F. ed A., dopo avere
accertato che si erano verificati alcuni debiti nelle attivit economiche di Terni
(L.: ho cose da sbrigarmi per i cazzi miei <che ho problemi seri non indifferenti
che ci sono problemi con Poalo <.ci sono problemi con Nunzio che sono <ho
problemi grossi con loro ..perch se i soldi sono spariti <sono comparsi i
debiti): in particolare vi era stato un ammanco della somma di 40.000,00
euro che era stata data dallo stesso L..
Le telefonate intercorse tra il 30.10.2004 (data di arrivo del L. a Fiumicino) ed
il 3.11.2004 mostravano, ancora, con tutta evidenza, che il F., il P. ed il L.
avevano discusso di un atto notarile relativo allacquisizione di un bene che per
non poter essere registrato per una somma inferiore a 50.000,00 euro (in tal
senso si era espresso il notaio nella conversazione del 3.11.2004) doveva
avere un valore superiore.
Il 5.11.2004 emergeva la volont comune del L. e del F. di estromettere dagli
affari lAlosi dal supermercato e di cedere lattivit del ristorante La Vecchia
Fattoria. Deve essere messo in evidenza che il L. per far fronte alle esigenze di
liquidit abbia messo a disposizione i soldi dei campi di calcetto di Via
omissis .
Il 27.11.2004 il L. aveva effettuato un altro viaggio, per un investimento
proposto dal F. avente ad oggetto un immobile di 700 mq. composto da 15
stanze per 30 posti letto con annesso bar e ristorante.
Effettivamente, ha rilevato sul punto il Tribunale, nei giorni successivi al
dialogo, il L. ed il F. sono stati osservati mentre si recavano ad appuntamenti
presso banche ed agenzie immobiliari. Limmobile del quale avevano parlato
era un albergo a Narni omissis . Il L. si era recato a Terni in compagnia di
N.G. - che veniva arrestato con o.c.c. del 3.3.2005 per il delitto di cui allart.
416 bis c.p. - con il quale aveva intrattenuto rapporti telefonici anche dopo il
suo ritorno a Palermo.
E stato dunque osservato che, le conversazioni fin qui esaminate mostrano
con tutta evidenza linteresse del L. nelle attivit economiche intestate al F. e
ci a conferma del fatto che questultimo era prestanome del primo che
temeva che gli venissero sottratti i beni di sua propriet in esecuzione di
provvedimenti giudiziari previsti dalla normativa in materia di misure di
prevenzione patrimoniale.
A tal proposito stato attribuito rilievo anche ad unaltra significativa
conversazione intercorsa tra il L. e la sua compagna, la quale manifestando
9 di 28

serie preoccupazioni sul soggetto scelto come prestanome, e cio sul F., gli
rappresentava che questultimo si sarebbe impossessato di tutto ove al L. fosse
successo qualcosa (Sinopoli: sappi che a te succede qualcosa<tutte queste
cose, tutte queste cose rimangono a F.P.); la donna ribadiva poi che con il F.
si poteva solo perdere a tutti quelli che ci perderai con F.P.. Il dialogo mostra
poi che la Sinopoli era a conoscenza di altri investimenti fatti dal L. tramite il F.
(poi sento dire alberghi, cose<cio. Questi soldi investiti <tutti questi
investimenti che stai facendo un giorno sai chi ne usufruir?).
Venendo ad altre emergenze poste in risalto nella richiamata ordinanza, va
evidenziato che in data 11.12.2004 il L. ritornava a Terni per partecipare
allinaugurazione del negozio del F. omissis , (P.A. era socia
accomandataria e F.E. socia accomandante), societ che veniva costituita il
14.3.2002. Dalla documentazione allegata dalla difesa emerso che la societ
omissis l11.11.2002 acquistava limmobile di Corso Vecchio omissis
per un valore di euro 60.000,00.
In proposito il Tribunale ha ritenuto che linteresse del L. nella gestione della
societ Questione di Pelle palesato dal frammento della conversazione del
14.4.2005 nel corso del quale il L. rappresentava al F. di non avere ancora
ricevuto lultima tranche di denaro che gli aveva spedito il F. e gli comunicava
di volere intraprendere nuove iniziative economiche; nella stessa
conversazione il F. gli comunicava che il supermercato era ancora gestito dalla
P.A., mentre il negozio Questione di Pelle era affidato alla commessa. Appare
intuitivo che il contenuto delle comunicazioni e delle informazioni rese dal F.
non pu spiegarsi se con linteresse economico del L. nelle attivit appena
evocate.
In relazione al negozio di abbigliamento apparso sufficiente rilevare che il
L. a curare lassortimento del negozio Big Size, articolazione di Questione di
pelle.
Le circostanze test esposte hanno consentito di affermare un interesse
personale del L. sia nellacquisto del magazzino sito a Terni, Corso Vecchio
n.75, che della ditta individuale di Via Piero della Francesca. Deve infatti
escludersi che sia stata provata la riconducibilit al F. delle somme investite
nella societ Questione di Pelle e dunque nellacquisto del magazzino effettuato
da questultima. Il contenuto chiaro dei dialoghi intercorsi tra i due soggetti, la
consegna allatto di cessione da parte del F. del ristorante Ai Compari da parte
dellacquirente non della somma totale di 100.000,00 - come ha affermato la
difesa - ma di 24.177,16 (somma consegnata al momento della conclusione
dellatto), ed in particolare linteresse mostrato dal L. nelle due attivit
imprenditoriali (compresa quella di Via Pier della Francesca n. 10) manifestano
la riconducibilit al L. del magazzino sito a Terni, Corso Vecchio n.75,
dellimpresa individuale, del complesso aziendale F.P. con sede in Terni Via
Piero della Francesca n. 10 e della relativa licenza di esercizio.
Il L. ed il F., unitamente ad Alosi, sono pure risultati interessati alla gestione
del supermercato Conad Fuori Orario.
Ed invero, in data 25.3.2004 si captava una conversazione nel corso della
quale il F. comunicava al L. di avere affidato la gestione del supermercato alla
P., quella dei negozi; della gestione del supermercato il F. parler ancora con
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il L. nelle conversazioni del 14.4.2005 e del 5.11.2004 (in questultimo dialogo


emergeva la volont del L. e del F. di estromettere dagli affari del
supermercato lAlosi).
Il 29.11.2007 il F. comunicava al L. di avere chiuso il supermercato e di
aspettare che lui lo raggiungesse a Terni per definire la questione (F.: io, il
fatto del supermercato lho chiuso..ho aspetto anche a te Tot dai quando sali
definiamo ).
Anche in riferimento al supermercato al Tribunale apparso incontrovertibile
un interesse del L. nelle attivit formalmente intestate al F.; se cosi non fosse
stato il F. non avrebbe fatto al L. comunicazioni di simile tenore.
Come sopra detto, a differenti conclusioni il Tribunale pervenuto soltanto in
ordine allappartamento sito in Acquasparta, Corso omissis, ed al magazzino
sito ad Acquasparta, omissis, acquistati dal F. il 25.6.2004 da Biagetti Maria
Luisa, ci in quanto, n dalla documentazione acquisita n dal tenore dei
dialoghi stato possibile risalire ad un interesse del L.; infatti riferibile
allAlbergo Novelli la proposta del F. di acquisto di un immobile di considerevole
dimensione per il prezzo di 620.000,00 euro.
Pertanto, con la sola esclusione dei beni test indicati, il Tribunale ha ritenuto
sussistente nella condotta del F. il fumus del reato di cui allart. 12 quinquies
d.l. n. 306/92, atteso che le somme investite dal F. nella attivit economiche
di Terni sono sicuramente frutto delle attivit illecite di L.S.. Deve essere
rilevato che a fronte dellesibizione dei titoli di acquisto dei beni in sequestro,
non sono stati allegati elementi che abbiano dato una chiara spiegazione in
ordine allorigine legittima dei mezzi impiegati per lacquisto dei beni (In tema
di reato di cui all'art. 12 quinquies comma primo D.L. 8 giugno 1992, n. 306
conv. con modif. in legge 7 agosto 1992, n. 356, al fine di giustificare la
provenienza dei beni, non sufficiente la mera esibizione degli atti negoziali di
acquisto regolarmente stipulati e trascritti, dovendosi, invece, fornire, da parte
dell'interessato, unesauriente spiegazione che dimostri la derivazione dei
mezzi impiegati per l'acquisto da legittime disponibilit finanziarie (Cass.
14.4.2005 n. 13938).
Conclusivamente ha ritenuto il Tribunale che gli elementi fino ad ora illustrati
depongono nel senso di un quasi totale controllo da parte del L. delle imprese
di cui si detto, il cui capitale risulta formalmente intestato al F. o a soggetti a
lui vicini. Il dato incontrovertibile emerso che il L. ha mantenuto sempre il
reale e totale potere di controllo delle societ e beni immobili, intestati
fittiziamente al F. che avrebbe cercato di sottrarli alla sicura applicazione di
provvedimenti ablativi.
Ebbene, nella proposta di confisca avanzata nei confronti del L., afferente fra
laltro ai suddetti e numerosi beni intestati al F., ad ulteriore conferma del
ruolo di prestanome svolto da questultimo per conto del primo, si allegavano
ulteriori conversazioni intercettate, servizi di osservazione e pedinamento,
accertamenti di P.G. a riscontro delle circostanze captate ed afferenti ad
immobili ed attivit economiche, raccolte negli anni 2005 2006 e
compendiate nelle informative del R.O.N.O. dei Carabinieri di Terni del
28.7.2006 e del 15.12.2007 (si tratta delle medesime emergenze in dettaglio
riportate anche nella proposta in esame).
11 di 28

Ad avviso del Tribunale, da tutto quanto sopra esposto, traluceva con assoluta
nitidezza che per pi anni il F. si era occupato di gestire in quel di Terni gli
investimenti di capitali fornitigli dallodierno proposto per lacquisizione di vari
beni.
Ivi si rilevava altres che nella memoria difensiva depositata (in specie nel
paragrafo sulla Cronistoria delle vicende, alle pagine da 14 a 20), ribadendo
gli argomenti gi ritenuti infondati dal locale Tribunale del Riesame, non era
stata fornita alcuna giustificazione sulla provenienza dei capitali inizialmente
impiegati dal F. per acquisire il bene (in particolare il ristorante omissis) dalla
cui dismissione sarebbero stati poi ricavati, in aggiunta ai finanziamenti
bancari, gli introiti destinati allacquisto dei numerosi beni in sequestro.
La conclusione sulla origine illecita di tutti i beni intestati al F. trovava ulteriore
conforto nella notevole sproporzione gi emersa in fase cautelare e non
smentita da quanto emerso in sede di immissione in possesso.
In riferimento al magazzino sito in Terni, corso Vecchio, n. 75, accatastato al
foglio nr. Vecchio, n. 75, nel decreto di sequestro si era gi evidenziato che il
F. formalmente acquistava questo bene nellanno 2003 dalla societ Questione
di Pelle s.a.s. di P. A. (sua convivente),al prezzo di euro 53.000, a fronte di un
reddito dichiarato di appena euro 3.900.
Limmobile risultato locato ad uso commerciale al canone mensile di euro
850.
I due appartamenti siti in Acquasparta (Terni), omissis , unitamente al
magazzino vicolo omissis , venivano acquistati dal F. con atto del
25.6.2004 al prezzo dichiarato di euro 67 mila, a fronte di un reddito dichiarato
di appena 3.816.
I due appartamenti costituiscono una palazzina a tre elevazioni fuori terra, con
immobili allinterno in parte diruti, fatiscenti ed in pessime condizioni di uso e
manutenzione.
Con il citato decreto del 9.10.2008 era stato disposto il sequestro anche degli
interi complessi aziendali delle seguenti ditte intestate a F.P.: attivit di
commercio al minuto di abbigliamento e accessori con sede in Terni via Piero
della Francesca 10 (abitazione); attivit di ristorante - pizzeria sita nel Comune
di Narni (TR), strada del Morellino 21 omissis ., con sede in Terni, via
omissis avente ad oggetto il commercio al minuto di generi alimentari,
articoli per la pulizia della casa e ligiene della persona.
In sede di immissione in possesso (vedasi prima relazione particolareggiata
dellamministratore giudiziario) era poi risultato: che allindirizzo in Terni, via
omissis , era operativa una ditta individuale intestata a terzi (tale M. P.) ed
esercente attivit di commercio al dettaglio di materiale elettrico; che lazienda
di ristorante pizzeria era stata concessa in affitto alla societ Ristorante
omissis ., al canone effettivo di euro 800 mensili, ed era esercitata in locali di
propriet di terzi; che lattivit dimpresa omonima del F. era in parte svolta
con un ramo di azienda, aperto in data 22.5.2008, giusta comunicazione al
Comune di Terni, sito in via omissis , relativo al commercio al minuto di
generi alimentari in locali condotti in locazione al canone mensile di euro 570
(ivi si rinvenivano degli scontrini fiscali riferiti al F. e ad una dipendente), ed in
parte con il ramo corrente in omissis ; che la stessa P. aveva dichiarato che
12 di 28

lattivit commerciale a suo nome era ormai cessata ed era svolta


personalmente dal F..
Pertanto, si confiscavano gli immobili suindicati intestati a F.P., mentre con
riguardo ai complessi aziendali facenti capo alle imprese individuali allo stesso
intestate, oltre allattivit di ristorante pizzeria sita in Narni, strada del
Morellino, 21, in luogo degli esercizi commerciali sequestrati e non pi
operativi, ovverosia la ditta individuale di via omissis e la ditta individuale
omissis , per i quali si rigettava la richiesta di confisca e revoca il
sequestro, si disponevano il sequestro (la materiale immissione in possesso
stata gi effettuata dallamministratore giudiziario, che, per, non ha rinvenuto
liscrizione della ditta presso la CCIAA di Terni) e la confisca dellesercizio
commerciale personalmente avviato dallo stesso F. in data 22.5.2008,
in Terni, via omissis , relativo al commercio al minuto di generi alimentari.
Sulla scorta di tutto quanto sopra rilevato pu dunque ritenersi che per un
lungo arco temporale, sviluppatosi anche in un periodo successivo alla data del
commesso reato contestato nel processo penale, il F. ha manifestato una
pericolosit sociale qualificata da indizi di reit ex art. 12 quinquies, contornato
dallaggravante della finalit di agevolazione mafiosa.
Questi indizi consentono di inquadrare il F. (come innanzi osservato) nella
nuova categoria di destinatari per la sottoposizione alla misura di prevenzione
personale, pur se la pericolosit sociale non pu automaticamente trarsi da
suddetti indizi, ma, specie se desunti da isolati e risalenti delitti, ne va
verificata la persistenza.
In questo caso non sussistono invero i forti e convincenti argomenti, tanto di
ordine letterale, quanto di logica criminale, posti a base del meccanismo
presuntivo elaborato dalla prevalente giurisprudenza di legittimit per gli
indiziati di appartenenza a sodalizi di tipo mafioso.
E tuttavia, anche tenendo conto della assimilazione normativa alle categorie di
pi allarmante pericolosit sociale, non pu di per s favorevolmente rilevare il
mero decorso del tempo, specie allorquando, come qui verificatosi, la fittizia
attribuzione si protratta per un lungo arco temporale ed ha riguardato vari
beni immobili ed attivit di impresa.
Ne consegue che la cessazione della pericolosit sociale potr desumersi
soltanto da un riscontrato mutamento del sistema di relazioni di vita del
proposto, ricavabile, a titolo meramente esemplificativo, dallinizio di una
nuova e diversa attivit lavorativa e/o dimpresa.
Questi segnali di discontinuit non si rinvengono nella documentazione
allegata, in specie nella allegata acquisizione (in data 14.7.2010) da parte del
proposto dellaffitto di unazienda, che di per s non consente di inferire il pi
recente svolgimento di unattivit economica lecita produttiva di redditi da
destinare al sostentamento.
Si stima pertanto equo determinare in anno uno e mesi sei il periodo di durata
della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza da
applicare al proposto con le prescrizioni di legge indicate in dispositivo, con
obbligo di soggiorno nel Comune di residenza dovendosi fronteggiare una
pericolosit sociale qualificata ex art. 1 da ultimo citato.

13 di 28

La cauzione da imporre a garanzia dellosservanza delle prescrizioni irrogate


pu congruamente determinarsi nella misura di euro 700,00.
P.Q.M.
letti gli artt.1 e segg. L. 575/65, e successive modifiche ed integrazioni;
APPLICA
a F.P., sopra generalizzato, la misura di prevenzione della sorveglianza
speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel Comune di
residenza, per la durata di anno uno e mesi sei, con le seguenti prescrizioni:
a) di vivere onestamente, di rispettare le leggi e di non dare ragione a
sospetti;
b) di non allontanarsi dalla propria dimora senza preventivo avviso allautorit
locale di pubblica sicurezza e senza la previa autorizzazione del Tribunale ex
art. 7 bis L. n. 1423 del 1956;
c) di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e
sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza;
d) di non rincasare la sera pi tardi delle ore 20.00 - 21,00 durante il periodo
di vigenza dellora legale - e di non uscire la mattina prima delle ore 07.00,
senza comprovata necessit e, comunque, senza averne data tempestiva
notizia all'autorit di pubblica sicurezza;
e) di non detenere e non portare armi;
f) di non trattenersi abitualmente nelle osterie, bettole e di non partecipare a
pubbliche riunioni;
g) di non andare lontano dallabitazione scelta senza preventivo avviso
allautorit preposta alla sorveglianza;
h) di presentarsi allautorit di pubblica sicurezza preposta alla sorveglianza tre
volte alla settimana, nei giorni e nelle ore che la detta autorit indicher, e ad
ogni chiamata di essa;
i) di versare alla Cassa delle ammende a titolo di cauzione, entro trenta giorni
dallinizio di esecuzione della presente misura, la somma di 700,00 e di
fornire alla Cancelleria la prova dellavvenuto versamento entro i cinque giorni
successivi.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito e le comunicazioni di legge.
Palermo, 21.7.2011.
Il Giudice estensore Il Presidente
Guglielmo Nicastro Silvana Saguto
http://www.penalecontemporaneo.it/upload/Trib.%20Palermo,%20luglio%202
011%20F..pdf

Mafia, intestazione fittizia Condannati due palermitani Gioved 31 Ottobre 2013


Condannato a sei anni Salvatore Lo Cricchio e a quattro anni e mezzo Paolo
Faraone per intestazione fittizia aggravata dall'aver agevolato la
mafia. Dichiarato invece prescritto il reato di intestazione fittizia semplice per il
figlio di Lo Cricchio, Pietro.

PALERMO - La terza sezione del Tribunale di Palermo ha condannato a sei


anni Salvatore Lo Cricchio e a quattro anni e mezzo Paolo Faraone per
intestazione fittizia aggravata dall'aver agevolato la mafia. E' stato dichiarato
14 di 28

invece prescritto il reato di intestazione fittizia semplice per il figlio di Lo Cricchio,


Pietro. Lo Cricchio junior e Faraone erano accusati di essersi intestati beni che
in realt sarebbero appartenuti a Lo Cricchio padre, considerato vicino a Nicola
Di Trapani, reggente del mandamento di Resuttana dopo la morte del padre,
Francesco Di Trapani. Salvatore Lo Cricchio gi stato condannato per
associazione mafiosa, e la sentenza definitiva. Lo Cricchio senior e Faraone si
sarebbero fittiziamente intestati un ristorante e un negozio di abbigliamento a
Terni che in realt appartenevano alle cosche palermitane.
http://livesicilia.it/2013/10/31/mafia-intestazione-fittizia-condannati-duepalermitani_396333/

Mafia, confiscati beni tra l'Umbria e la Sicilia


Le mani di Cosa nostra sull'Umbria
di Norma Ferrara marzo 2010
A Terni e Spoleto, sequestri e confische di beni riconducibili ai boss siciliani.

Le cosche palermitane, decimate dagli ultimi arresti, tentano di


riorganizzarsi. E ai vertici tornano boss storici. E' una delle circostanze
emerse dall'indagine congiunta dello Sco della polizia e dell'Fbi che ha
portato all'arresto, a Palermo, di 20 persone e negli Usa di altre 6,
accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico di droga,
riciclaggio e traffico di banconote false. Gli indagati nell'ambito
dell'operazione denominata 'Paesan Blues' sono accusati
di
associazione mafiosa, riciclaggio, estorsione, tentato omicidio, traffico
di droga e altro. Le indagini hanno consentito di destrutturare la
famiglia di Santa Maria di Ges di Palermo e le sue ramificazioni negli
Stati. Accade a Palermo, in questi giorni. Mentre si cerca di leggere il
contesto di una mafia in "fase di riorganizzazione", cos l'hanno
definita i Servizi Segreti nella loro relazione inviata al Parlamento, si
continua a tracciare la mappa dei prestanomi e degli affari di Cosa
nostra, nel centro Italia. E in Umbria, in particolare. La regione un
tempo lontana dal fenomeno mafioso, ha visto in questi anni, un
graduale ingresso dei capitali mafiosi da parte di varie organiizzazioni
mafiose, italiane e straniere. Gli affari pi o meno grandi sono tenuti
sott'occhio da parte delle mafie, e di quella siciliana, gi da molti anni.
Come dichiarava il procuratore di Terni, Fausto Cardella a Libera
informazione, nella prima analisi del dossier "Numero zero" - "gi
dagli anni '90 a Palermo, si parlava della regione umbra, come di un
luogo cui le mafie guardavano per fare affari remunerativi a basso
rischio". Il 6 marzo scorso le cronace giornalistiche hanno raccontato
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dell'ennesimo sequestro di beni appartenenti a mafiosi, coinvolti ad


Agrigento, nell'operazione Domino. Si trattava dei fratelli Diego ed
Ignazio Agr che a Spoleto avevano il controllo di un terreno e un
casolare sulla Flaminia, acquistati "non da molto tempo". Diego e
Ignazio 64 e 72 anni, sono noti commercianti di olio della provincia di
Agrigento, ma anche mafiosi condannati all'ergastolo per omicidio lo
scorso anno. Oggi invece la Dia ha dato seguito all'esecuzione di un
provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo - Sezione Misure di
Prevenzione, per la confisca di beni riconducibili a Salvatore Lo
Cricchio, 64 anni, di Partinico (Pa).
I beni erano gi stati sequestrati nel gennaio del 2009 a seguito di
indagini avviate intorno al 2005. Si tratta di beni immobili, quote
societarie e complessi aziendali in provincia di Palermo e di Terni, per
un valore di oltre 1,5 milioni di euro. Il provvedimento scaturisce dalle
indagini che hanno riguardato il mandamento mafioso di Resuttana e
San Lorenzo, zone di Palermo controllate dai boss Salvatore Lo
Piccolo, Nino Madonia e Nicolo' di Trapani, capi storici delle famiglie
mafiose palermitane. Gli investigatori hanno accertato che Salvatore
Lo Cricchio, zio di Nicolo' Di Trapani, attualmente detenuto e
condannato per estorsione aggravata e continuata, attraverso alcuni
prestanome - tra cui la moglie Lorenza Sgroi ed i figli Margherita e
Pietro, ma anche Paolo Faraone, palermitano trapiantato a Terni avrebbe svolto, in nome e per conto della famiglia mafiosa di
appartenenza, un ruolo attivo nella gestione e controllo di attivita'
economiche e nel reinvestimento di capitali illeciti proventi da Cosa
nostra. Nel 2009 infatti, la Direzione investigativa antimafia aveva
individuato nella famiglia Madonia-Di Trapani, ed un appartenente
alla famiglia mafiosa di Partinico, la gestione di beni a Palermo (un
appartamento di vani 5,5, il capitale sociale di una societ di servizi) a
Balestrate ( 2 appezzamenti di terreno di a. 15 complessive in c.da
Foggia) a Partinico (n vasto appezzamento di terreno, dicirca H 1.48,
in localit Sirignano) e infine a Terni e provincia (2 magazzini, pi un
box e una palazzina che si compone di nr. 6 appartamenti; un
appartamento e due complessi aziendali e relative licenze di
esercizio). Beni che hanno un valore approssimativo di 2 milioni di
euro circa. Il provvedimento scaturiva dalle indagini che per pi di un
anno, hanno monitorato, il mandamento mafioso di Resuttana e San
Lorenzo, nonch i territori dei comuni di Cinisi e Terrasini, controllati
da Salvatore Lo Piccolo, Nino Madonia e Nicol di Trapani, ed
evidenziato il ruolo di Lo Cricchio Salvatore (zio di Nicol Di Trapani),
di recente condannato per estorsione aggravata e continuata, capace
16 di 28

attraverso alcuni prestanome (la moglie Sgroi Lorenza, i figli


Margherita e Pietro, ma anche Paolo Faraone) di ricoprire per conto
della famiglia mafiosa di appartenenza, un ruolo attivo nella gestione
e nellinvestimento dei proventi illeciti dellattivit di Cosa nostra,
anche in Umbria.
La gestione delle attivit commerciali a Terni, stata affidata a Paolo
Faraone, che sia direttamente che tramite altri soggetti, ha
contribuito allintestazione fittizia di attivit commerciali e di beni
immobili. Finanziatore delle operazione sempre Lo Cricchio. Confiscati
due magazzini, uno a Terni, in corso Vecchio del ''valore dichiarato'' di
53 mila euro, e un altro ad Acquasparta dove si trovano i due
appartamenti ai quali sono stati posti i sigilli. Confiscati anche un
ristorante pizzeria a Narni e un'impresa per il commercio al minuto di
generi alimentari a Terni. Le indagini che portarono al sequestro
furono portate avanti anche grazie ad intercettazioni ambientali e
telefoniche, e in Umbria la collaborazione dei militari del Comando
provinciale Carabinieri di Terni, che hanno contribuito anche alle
acquisizioni documentali ed all'individuazione degli immobili
sequestrati. Indagini cui i carabinieri del nucleo investigativo del
comando provinciale di Terni avevano dato inizio nel 2005 quando gli
investigatori avevano accertato che un ternano gi inquisito in passato
intratteneva rapporti con pregiudicati di Roma e Verona, ma anche
con un palermitano, risultato parente di Salvatore Lo Piccolo.
Successivamente, sempre sul versante umbro era stato individuato un
sodalizio criminale, di 12 persone ritenute dedite a truffe e riciclaggio
di denaro proveniente da Palermo per acquisto, nel ternano, di beni
immobili, ora confiscati.
La storia degli affari parlemitani invece sono successivi a quelli di un
fallimento. Infatti i beni di Salvatore Lo Cricchio, erano gi stati messi
in vendita all'asta giudiziaria nel 1995. Li acquist un'impresa di
Partinico, i cui titolari erano legati da vincoli di parentela alla famiglia
dei Di Trapani. Ma nel 2002, il figlio di Lo Cricchio, Pietro, riuscito a
riacquistare la societ per una cifra irrisoria proprio dalla ditta che
l'aveva acquistata all'asta. Una fotografia, in tempi non sospetti, della
facilit con la quale boss mafiosi riescono a tornare in possesso di beni
venduti all'asta e da altri soggetti acquistati. Una fotografia, in tempi
non sospetti, anche della capacit di trovare ramificazioni e
prestanome nella regione umbra, mettendo le mani su attivit
commerciali e immobiliari. E i promotori in Consiglio regionale della
Commissione di inchiesta sulle infiltrazioni mafiose in Umbria in
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queste ore chiedono alla prossima legislatura di ricostituire la


Commissione e di darle ulteriore slancio e forza.
Tratto da: liberainformazione.org
Beni immobili per un milione mezzo di euro acquistati con denaro
riconducibile a 'Cosa nostra' sono stati confiscati nella provincia di
Terni su ordine dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di
Palermo

Terni, 16 marzo 2010 - Il nucleo investigativo dei carabinieri


della citt umbra, nei giorni scorsi ha eseguito il provvedimento per
quanto riguarda un magazzino in via corso Vecchio 75 a Terni, due
appartamenti entrambi in corso Lincei 27 ad Acquasparta, un
magazzino in vicolo del Vitello 2 ad Acquasparta, la pizzeria in strada
del Morellino 21 a Narni, il negozio di generi alimentari in via Papa
Benedetto III 8 a Terni e un negozio di abbigliamento sempre a Terni.
Tutti questi beni erano intestati fittizziamente a Paolo Faraone,
45 anni, imprenditore palermitano residente nel ternano, allo scopo
eludere le norme sulle misure di prevenzione patrimoniali. Il
provvedimento che ha chiuso definitivamente una lunga e complessa
indagine svolta dai carabinieri di Terni. L'attivit investigativa nata
nel novembre 2005, quando stato scoperto che un noto pregiudicato
ternano intratteneva stabilmente rapporti con altri pregiudicati di
Roma e Verona.
I militari hanno documentato un vero e proprio "rapporto di
affari" tra l'umbro e un palermitano incensurato, ma imparentato con
il boss di "Cosa nostra" Salvatore Lo Piccolo. Il successivo sviluppo
delle indagini ha permesso di individuare un sodalizio criminoso
composto da 12 persone originarie di Terni, Verona, Palermo e Roma
dedito, oltre che alle truffe, anche al riciclaggio di denaro proveniente
dai quartieri palermitani di San Lorenzo e Resuttana, riconducibile ad
affiliati a "Cosa nostra". Il denaro stato scoperto essere utilizzato
per l'acquisto dei beni ora confiscati.
Il destinatario del provvedimento di confisca eseguito dalla
Direzione investigativa antimafia ha colpito i beni di Salvatore Lo
Cricchio, 64 anni, di Partinico (Palermo). Colpite quote societarie e
complessi aziendali nelle
province di Palermo e di Terni. Il provvedimento scaturisce dalle
indagini che hanno monitorato, per pi di un anno, soggetti
organicamente inseriti nel mandamento mafioso di Resuttana e San
18 di 28

Lorenzo, operanti in aree controllate dai boss Salvatore Lo Piccolo,


Nino Madonia e Nicol di Trapani, capi storici di potenti famiglie
mafiose palermitane.
Le risultanze info-investigative hanno acclarato che Salvatore
Lo Cricchio (zio di Nicol Di Trapani) in atto detenuto e recentemente
condannato per estorsione aggravata e continuata, attraverso alcuni
prestanome, tra i quali la moglie e i due figli, nonch un 44enne
palermitano trapiantato a Terni, ha svolto, in nome e per conto della
famiglia mafiosa di appartenenza, un ruolo attivo nella gestione e
controllo di attivit economiche e nel reinvestimento di capitali illeciti.
L'attivit d'indagine economico-finanziaria svolta dalla Dia, che
si avvalsa di intercettazioni ambientali e telefoniche, nonch di
servizi dinamici di osservazione e pedinamento in Sicilia e nell'Italia
centrale, con la collaborazione in Umbria del Comando provinciale
carabinieri di Terni, ha contribuito anche alle acquisizioni documentali
e alla individuazione degli immobili confiscati.
Agi
I tentacoli della mafia in Umbria: sequestrati immobili e attivit commerciali a
Terni frutto degli "investimenti" delle cosche

Due attivit commerciali e quattro immobili sono i beni confiscati in


provincia di Terni a Paolo Faraone, palermitano di 45 anni trapiantato
nella citt umbra, nell'ambito di un'indagine della Direzione
investigativa antimafia di Palermo su presunti prestanome e
fiancheggiatori della cosca mafiosa di Resuttana, guidata dalle
famiglie Madonia e Di Trapani. In particolare a Faraone - stato
riferito dagli investigatori - il provvedimento ha riguardato due
magazzini, uno a Terni, in corso Vecchio del ''valore dichiarato'' di 53
mila euro, e un altro ad Acquasparta dove si trovano i due
appartamenti ai quali sono stati posti i sigilli. Confiscati anche un
ristorante pizzeria a Narni e un'impresa per il commercio al minuto di
generi alimentari a Terni. Le indagini dei carabinieri del nucleo
investigativo del comando provinciale di Terni erano cominciate alla
fine del 2005 quando gli investigatori avevano accertato che un
ternano gi inquisito in passato intratteneva rapporti con pregiudicati
di Roma e Verona, ma anche con un palermitano, risultato parente di
Salvatore Lo Piccolo. I militari hanno quindi verificato che si era creato
un presunto sodalizio criminale costituito da 12 persone ritenute
dedite a truffe e riciclaggio di denaro proveniente da Palermo per
acquisto,
nel
ternano,
di
beni
immobili,
ora
confiscati.
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Successivamente, nel 2007, i carabinieri di Terni avevano denunciato


15 persone per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di
denaro ed alla truffa. Cinque gli arresti eseguiti allora mentre una
sesta persona nei confronti della quale era stata emessa l'ordinanza di
custodia cautelare in carcere si era rifugiata in Brasile
http://www.umbrialeft.it/node/32966
RAPPORTO DEI SERVIZI SEGRETI/ MAFIA: LUMBRIA E AL QUINTO
POSTO
LUmbria torna ai primi posti delle classifiche italiane. Meno male
direbbe qualcuno, era ora! Beh la notizia non proprio positiva,
anzi, tuttaltro. Se nei giorni scorsi abbiamo appreso che lUmbria al
quintino posto della classifica delle regioni italiane dove pi alto il
costo della bolletta dellacqua, stavolta il quinto posto il cuore verde
dellItalia se lo conquista per la presenza di infiltrazioni mafiose e
camorristiche. C da crederci, sono niente meno i servizi segreti a
rivelarlo in un dossier presentato ai massimi vertici dello stato.
Dunque non siamo pi ai primi posti solo per i prosciutti di Norcia, i
vini doc di Torgiano e Orvieto, per i preziosi tartufi della Valnerina, per
il santo poverello e i preziosi dipinti di Giotto di Bondone, ma anche
per la presenza di picciotti nella terra di Santa Chiara e San Benedetto
da Norcia? E dove andato a finire il mito sinistro, pi che
sinistrese dellisola felice. Unisola tanto felice che hanno pizzato qui
le loro tende il fior fiore della delinquenza organizzata dello stivale.
Sar perch ha trovato terreno fertile nel sistema degli appalti messo
in piedi nel corso degli anni dal dopo guerra ad oggi? Oh, non ce
stata opera pubblica di spessore alla quale non sia seguita unazione
giudiziaria. Fatto sta che
e cosche palermitane, decimate dagli ultimi arresti, tentano di
riorganizzarsi. E scelgono lUmbria per il riciclaggio di denaro sporco e
nel mondo degli appalti. E ai vertici tornano boss storici. E una delle
circostanze emerse dallindagine congiunta dello Sco della polizia e
dellFbi che ha portato allarresto, a Palermo, di 20 persone e negli
Usa di altre 6, accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico
di droga, riciclaggio e traffico di banconote false. Gli indagati
nellambito delloperazione denominata Paesan Blues sono accusati di
associazione mafiosa, riciclaggio, estorsione, tentato omicidio, traffico
di droga e altro. Le indagini hanno consentito di destrutturare la
famiglia di Santa Maria di Ges di Palermo e le sue ramificazioni negli
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Stati. Accade a Palermo, in questi giorni. Mentre si cerca di leggere il


contesto di una mafia in fase di riorganizzazione, cos lhanno
definita i Servizi Segreti nella loro relazione inviata al Parlamento, si
continua a tracciare la mappa dei prestanomi e degli affari di Cosa
nostra, nel centro Italia. E in Umbria, in particolare. La regione un
tempo lontana dal fenomeno mafioso, ha visto in questi anni, un
graduale ingresso dei capitali mafiosi da parte di varie organiizzazioni
mafiose, italiane e straniere. Gli affari pi o meno grandi sono tenuti
sottocchio da parte delle mafie, e di quella siciliana, gi da molti anni.
Come dichiarava il procuratore di Terni, Fausto Cardella a Libera
informazione, nella prima analisi del dossier Numero zero gi
dagli anni 90 a Palermo, si parlava della regione umbra, come di un
luogo cui le mafie guardavano per fare affari remunerativi a basso
rischio. Il 6 marzo scorso le cronace giornalistiche hanno raccontato
dellennesimo sequestro di beni appartenenti a mafiosi, coinvolti ad
Agrigento, nelloperazione Domino. Si trattava dei fratelli Diego ed
Ignazio Agr che a Spoleto avevano il controllo di un terreno e un
casolare sulla Flaminia, acquistati non da molto tempo. Diego e
Ignazio 64 e 72 anni, sono noti commercianti di olio della provincia di
Agrigento, ma anche mafiosi condannati allergastolo per omicidio lo
scorso anno. Oggi invece la Dia ha dato seguito allesecuzione di un
provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo Sezione Misure di
Prevenzione, per la confisca di beni riconducibili a Salvatore Lo
Cricchio, 64 anni, di Partinico (Pa).
I beni erano gi stati sequestrati nel gennaio del 2009 a seguito di
indagini avviate intorno al 2005. Si tratta di beni immobili, quote
societarie e complessi aziendali in provincia di Palermo e di Terni, per
un valore di oltre 1,5 milioni di euro. Il provvedimento scaturisce dalle
indagini che hanno riguardato il mandamento mafioso di Resuttana e
San Lorenzo, zone di Palermo controllate dai boss Salvatore Lo
Piccolo, Nino Madonia e Nicolo di Trapani, capi storici delle famiglie
mafiose palermitane. Gli investigatori hanno accertato che Salvatore
Lo Cricchio, zio di Nicolo Di Trapani, attualmente detenuto e
condannato per estorsione aggravata e continuata, attraverso alcuni
prestanome tra cui la moglie Lorenza Sgroi ed i figli Margherita e
Pietro, ma anche Paolo Faraone, palermitano trapiantato a Terni
avrebbe svolto, in nome e per conto della famiglia mafiosa di
appartenenza, un ruolo attivo nella gestione e controllo di attivita
economiche e nel reinvestimento di capitali illeciti proventi da Cosa
nostra. Nel 2009 infatti, la Direzione investigativa antimafia aveva
individuato nella famiglia Madonia-Di Trapani, ed un appartenente alla
famiglia mafiosa di Partinico, la gestione di beni a Palermo (un
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appartamento di vani 5,5, il capitale sociale di una societ di servizi) a


Balestrate ( 2 appezzamenti di terreno di a. 15 complessive in c.da
Foggia) a Partinico (n vasto appezzamento di terreno, dicirca H 1.48,
in localit Sirignano) e infine a Terni e provincia (2 magazzini, pi un
box e una palazzina che si compone di nr. 6 appartamenti; un
appartamento e due complessi aziendali e relative licenze di
esercizio). Beni che hanno un valore approssimativo di 2 milioni di
euro circa. Il provvedimento scaturiva dalle indagini che per pi di un
anno, hanno monitorato, il mandamento mafioso di Resuttana e San
Lorenzo, nonch i territori dei comuni di Cinisi e Terrasini, controllati
da Salvatore Lo Piccolo, Nino Madonia e Nicol di Trapani, ed
evidenziato il ruolo di Lo Cricchio Salvatore (zio di Nicol Di Trapani),
di recente condannato per estorsione aggravata e continuata, capace
attraverso alcuniprestanome (la moglie Sgroi Lorenza, i figli
Margherita e Pietro, ma anche Paolo Faraone) di ricoprire per conto
della famiglia mafiosa di appartenenza, un ruolo attivo nella gestione
e nellinvestimento dei proventi illeciti dellattivit di Cosa nostra,
anche in Umbria.
La gestione delle attivit commerciali a Terni, stata affidata a Paolo
Faraone, che sia direttamente che tramite altri soggetti, ha contribuito
allintestazione fittizia di attivit commerciali e di beni immobili.
Finanziatore delle operazione sempre Lo Cricchio. Confiscati due
magazzini, uno a Terni, in corso Vecchio del valore dichiarato di 53
mila euro, e un altro ad Acquasparta dove si trovano i due
appartamenti ai quali sono stati posti i sigilli. Confiscati anche un
ristorante pizzeria a Narni e unimpresa per il commercio al minuto di
generi alimentari a Terni. Le indagini che portarono al sequestro
furono portate avanti anche grazie ad intercettazioni ambientali e
telefoniche, e in Umbria la collaborazione dei militari del Comando
provinciale Carabinieri di Terni, che hanno contribuito anche alle
acquisizioni documentali ed allindividuazione degli immobili
sequestrati. Indagini cui i carabinieri del nucleo investigativo del
comando provinciale di Terni avevano dato inizio nel 2005 quando gli
investigatori avevano accertato che un ternano gi inquisito in passato
intratteneva rapporti con pregiudicati di Roma e Verona, ma anche
con un palermitano, risultato parente di Salvatore Lo Piccolo.
Successivamente, sempre sul versante umbro era stato individuato un
sodalizio criminale, di 12 persone ritenute dedite a truffe e riciclaggio
di denaro proveniente da Palermo per acquisto, nel ternano, di beni
immobili, ora confiscati.

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La storia degli affari parlemitani invece sono successivi a quelli di un


fallimento. Infatti i beni di Salvatore Lo Cricchio, erano gi stati messi
in vendita allasta giudiziaria nel 1995. Li acquist unimpresa di
Partinico, i cui titolari erano legati da vincoli di parentela alla famiglia
dei Di Trapani. Ma nel 2002, il figlio di Lo Cricchio, Pietro, riuscito a
riacquistare la societ per una cifra irrisoria proprio dalla ditta che
laveva acquistata allasta. Una fotografia, in tempi non sospetti, della
facilit con la quale boss mafiosi riescono a tornare in possesso di beni
venduti allasta e da altri soggetti acquistati. Una fotografia, in tempi
non sospetti, anche della capacit di trovare ramificazioni e
prestanome nella regione umbra, mettendo le mani su attivit
commerciali e immobiliari.
Servizio di Giancarlo Padula, con fonte: Libera informazione
Terni-Narni-Acquasparta: il triangolo della mafia in Umbria
Sequestrati beni per 1,5 milioni ad un prestanome della cosca "Di
Trapani"
di: Bic 17/03/2010 - h 00,00

Un'indagine svolta dai carabinieri di Terni nata nel novembre 2005 con
al centro le attivita' di un 45enne imprenditore palermitano residente
nel ternano, definito negli atti ''uno dei piu' qualificati prestanome
della cosca capeggiata dalle famiglie Madonna e Di Trapani'', giunta
a conclusione interessando la provincia ternana.
Qui beni immobili per un valore pari a 1,5 mln di euro acquistati con Il
nucleo investigativo sono stati posti sotto sequestro.
Sono stati cosi' apposti i sigilli ad un magazzino in via corso Vecchio
75 a Terni, due appartamenti entrambi in corso Lincei 27 ad
Acquasparta, un magazzino in vicolo del Vitello 2 ad Acquasparta, un
ristorante - pizzeria in strada del Morellino 21 a Narni, un negozio di
generi alimentari in via Papa Benedetto III n. 8 a Terni e un negozio
di abbigliamento sempre a Terni.
L'imprenditore avrebbe acquistato tali beni, al pari di altri un po' in
tutta Italia, servendosi di denaro ''sporco'' e per conto del capo della
famiglia Di Trapani, attualmente in carcere per estorsione.

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http://www.iltamtam.it/Generali/Cronaca/Terni-Narni-Acquasparta--iltriangolo-della-mafia-in-Umbria.aspx
I clan Lo Piccolo nel Ternano: case e mini-market acquistati da prestanome

Pubblicato da Terni Mania


Una pizzeria e un supermercato a Narni e Terni per ripulire il denaro
del clan palermitano Lo Piccolo. L'ennesima controprova delle
infiltrazioni mafiose in Umbria, figlia della presenza di detenuti
eccellenti nelle carceri umbre in regime di 41bis, dell'arrivo di pentiti
in regime di protezione e naturalmente di decine di prestanome dei
clan ben ammanicati nel sistema delle attivit immobiliari e della
gestione dei rifiuti.
L'operazione della Dia l'ultimo colpo messo a segno dalla Direzione
Investigativa Antimafia, in esecuzione del provvedimento del
Tribunale di Palermo, Sezione misure di prevenzione: gli inquirenti
hanno proceduto alla confisca di beni immobili, quote societari e
complessi aziendali in provincia di Palermo e di Terni di Salvatore Lo
Cricchio, siciliano di Partinico classe 1945. Il valore dei beni confiscati
di oltre 1,5 milioni di euro.
Il provvedimento scaturisce dalle indagini che hanno monitorato, per
pi di un anno, soggetti inseriti nel mandamento mafioso di Resuttana
e San Lorenzo, operanti in aree controllate dai boss Salvatore Lo
Piccolo, Nino Madonia e Nicol di Trapani, capi storici di potenti
famiglie mafiose palermitane. I risultati hanno il sapore del successo
per le forze dell'ordine, ma l'amaro di una conferma per chi, certi
segnali, li aveva colti da tempo: le indagini hanno acclarato che Lo
Cricchio (zio di Nicol Di Trapani) al momento detenuto per una
condanna per estorsione aggravata e continuata, attraverso alcuni
prestanome, tra i quali la moglie Lorenza Sgroi, i figli Margherita e
Pietro e un tale Paolo Faraone, quarantacinquenne palermitano
trapiantato a Terni, ha svolto, in nome e per conto della famiglia
mafiosa di appartenenza, un ruolo attivo nella gestione e controllo di
attivit economiche e nel reinvestimento di capitali illeciti proventi di
"cosa nostra". Il prestanome proprio Faraone, indagato a piede
libero, la figura chiave di tutta la vicenda.
Lo Cricchio, oltre al coinvolgimento dei propri congiunti, si avvalso in
particolare proprio della sua collaborazione. Un personaggio non
estraneo a dinamiche illecite e soprattutto ben inserito nel contesto
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umbro. Nella piena consapevolezza di agire a tutela degli interessi di


Lo Cricchio, l'imprenditore Faraone ha contribuito all'intestazione
fittizia di attivit commerciali e di beni immobili. L'attivit d'indagine
economico-finanziaria svolta dalla Dia, articolata da intercettazioni
ambientali e telefoniche ed anche da servizi dinamici di osservazione e
pedinamento svolti in Sicilia e nell'Italia centrale, si avvalsa anche
della collaborazione in Umbria del nucleo investigativo del comando
provinciale dei carabinieri di Terni, che ha contribuito anche alle
acquisizioni documentali ed alla individuazione degli immobili
confiscati.
In provincia di Palermo a Balestrate sono stati sequestrati due
appezzamenti di terreno di 15 ettari complessivi intestate a Lorenza
Sgroi, la moglie di Salvatore Lo Cricchio. A Partinico in provincia di
Palermo i sigilli sono scattati in 18 particelle di terreno di 148,488
ettari in localit Sirignano, intestate stavolta al figlio di Lo Cricchio,
Pietro. E veniamo a Terni, i beni maggiori a quanto pare erano qui, o
almeno quelli accertati.
A Paolo Faraone, prestanome e factotum dei clan palermitani era
intestato a Terni un magazzino in corso Vecchio del valore di 53mila
euro; ad Acquasparta due grandi appartamenti in corso Lincei e un
magazzino in vicolo del Vitello. Ma non solo: ha acquistato per conto
del clan (ora il locale sotto una nuova gestione) un ristorante
pizzeria poco fuori Narni; nel 2008 aveva avviato l'attivit di un
minimarket a Terni, in via Papa Benedetto Iii, in zona San
Valentino. L'Arma di Terni Il provvedimento di ieri ha chiuso
definitivamente una lunga e complessa indagine svolta dal nucleo
investigativo dei carabinieri di Terni, diretto dal capitano Marco
Belladonna.
L'attivit investigativa nata nel mese di novembre 2005: dagli
ambienti dell'Arma si apprende che un noto pregiudicato ternano
intratteneva rapporti di natura stabile con soggetti pregiudicati di
Roma e Verona. Le indagini successive hanno documentato un vero e
proprio "rapporto di affari" tra il soggetto ternano ed un palermitano
incensurato, ma legato in termini di affinit parentale con il noto
esponente di "cosa nostra" Salvatore Lo Piccolo. Successivamente il
comando provinciale dei carabinieri di Terni ha individuato un sodalizio
criminoso composto da 12 persone originarie di Terni, Verona,
Palermo e Roma dedito, oltre che alle truffe, anche al riciclaggio di
denaro proveniente da Palermo San Lorenzo e Resuttana,
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riconducibile ad affiliati a "Cosa nostra", in provincia di Terni utilizzato


per l'acquisto dei beni immobili oggi confiscati.
Il 27 febbraio 2007, a conclusione della prima parte dell'indagine,
sono state denunciate 15 persone ritenute responsabili di associazione
per delinquere finalizzata al riciclaggio ed alla truffa e richiesto il
sequestro delle attivit commerciali in questione, beni mobili e
immobili. Il 23 luglio dello stesso anno, concordando con le risultanze
investigative raccolte dai carabinieri del nucleo investigativo, il giudice
per le indagini preliminari del tribunale di Terni ha emesso 6 ordinanze
di custodia cautelare in carcere (solo 5 sono state eseguite, uno dei
destinatari del provvedimento era in Brasile) per truffa: si tratta di
M.P. 50enne ternano, M.P. 62enne ternano, C.C. 55enne romano, P.D.
45enne veronese, tutti pregiudicati e S.L. 32enne palermitano.
In quell'occasione il gip ternano, pur ravvisando il reato di riciclaggio,
si dichiarato territorialmente incompetente per procedere nei
confronti dei rimanenti soggetti, trasmettendo tutti gli atti ai colleghi
palermitani, consentendo loro di poter aggiungere importanti e
determinanti tasselli investigativi nei confronti di associati mafiosi.
Il 25 luglio e il 17 ottobre 2008 il personale del nucleo investigativo di
Terni e del centro operativo della Dia di Palermo, in ottemperanza di
due appositi decreti emessi dall'autorit giudiziaria palermitana
(articoli 321 codice procedura penale e legge 575/65), hanno posto
sotto sequestro preventivo i beni immobili che ieri sono stati
definitivamente confiscati e per sempre sottratti alla criminalit
organizzata
Patrizia Antolini
Corriere dell'Umbria
"Cos i mafiosi recuperano tutti i loro beni sequestrati"
di SALVO PALAZZOLO
Allarme della Dia: riacquisiti dai parenti con le aste giudiziarie Le nuove strategie dei boss
per salvare i propri patrimoni

PALERMO - I boss di Cosa nostra puntano adesso ad aggirare le aste


giudiziarie per recuperare i beni travolti dal fallimento delle loro societ
tartassate dalle indagini. Cos, Salvatore Lo Cricchio, facoltoso esattore del
pizzo legato al clan di Resuttana-San Lorenzo, era ritornato in possesso di un
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grande appezzamento di terreno a Partinico: chi se l'era aggiudicato nel 1993


all'asta giudiziaria era un insospettabile imprenditore, in realt imparentato alla
lontana proprio con i mafiosi di Resuttana, i Di Trapani. Nel 2002, l'imprenditore
ha venduto il terreno al figlio di Lo Cricchio (ufficialmente nullatenente e
residente ancora a casa della madre), naturalmente per una cifra simbolica.
L'ultima indagine del centro operativo Dia di Palermo, che ha portato al
sequestro di beni per 2 milioni e mezzo di euro, svela le nuove strategie dei
boss per salvare i propri patrimoni. Lo Cricchio si era affidato anche a un
insospettabile prestanome in Umbria, Paolo Faraone, per mettere al riparo dalle
indagini due attivit in cui avrebbe investito i suoi soldi e quelli del clan di
Resuttana: il supermercato "Fuori orario market", a Terni, e il ristorante "La
vecchia fattoria", nella vicina Narni. Sono stati sequestrati assieme a una
palazzina, due magazzini e un box, anche questi in provincia di Terni. Fra
Palermo e Partinico, a Lo Cricchio sono stati invece sottratti tre terreni e un
appartamento. Cos ha deciso la sezione Misure di prevenzione del tribunale di
Palermo. E adesso, il prestanome di Terni, un palermitano trapiantato da anni in
Umbria, risulta indagato. Non ci sarebbe stato soltanto lui al servizio dei boss.
"Lo Cricchio - dice la Dia - si avvalso della collaborazione di soggetti esterni a
Cosa nostra, in possesso di conoscenze qualificate".
L'operazione della Direzione investigativa antimafia, che stata coordinata dai
pm Ingroia, Gozzo, Paci e Scaletta, riapre il dibattito sull'uso dei beni confiscati.
Tonino Russo, parlamentare del Pd, denuncia: "Non si riesce a capire perch il
governo abbia deciso di smontare un pilastro portante della lotta alla mafia
destinando i soldi dei beni confiscati, un miliardo di euro, alle spese correnti.
sempre un fatto importante - ribadisce Russo, che anche vicesegretario del Pd
siciliano - quando lo Stato dimostra di saper restituire il maltolto al territorio che
ne era stato illecitamente depredato".
Ancora la Dia ha sequestrato beni per 500mila euro a Leonardo Baucina, boss
di Partinico, la cittadina del palermitano attraversata da una faida che ha fatto
gi diversi omicidi negli ultimi mesi.
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/cronaca/mafia-5/beni-recuperati/benirecuperati.html
A TERNI IL SEQUESTRO DEI BENI DELLA MAFIA: VALORE 1.500.000 EURO

TERNI - Beni immobili per un valore di un milione e mezzo di euro sono stati
sequestrati stamani dai carabinieri del nucleo investigativo del comando
provinciale di Terni in collaborazione con la Direzione investigativa antimafia di
Palermo. Gli intestatari di questi beni sono ritenuti prestanome e fiancheggiatori
della cosca mafiosa palermitana di San Lorenzo-Resuttana. A Terni sono stati
sequestrati un magazzino, un supermercato ed un negozio di abbigliamento ed
accessori; ad Acquasparta due appartamenti ed un magazzino; a Narni un
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ristorante. Beni che secondo l'accusa erano intestati fittiziamente ad un


imprenditore palermitano, residente a Terni, parente dell'esponente di ''Cosa
nostra'' Salvatore Lo Piccolo. Le indagini dei carabinieri erano cominciate dal
novembre del 2005 ed avevano riguardato i rapporti tra un pregiudicato ternano,
l'imprenditore palermitano residente a Terni ed altri pregiudicati in varie citta'
italiane. In particolare veniva individuato un sodalizio criminoso composto da
diverse persone originarie di Terni, Verona, Palermo e Roma, dedito anche al
riciclaggio di denaro sporco proveniente da Palermo San Lorenzo e Resuttana,
riconducibile ad affiliati a ''Cosa Nostra''. Il denaro era stato utilizzato per
acquistare le attivita' commerciali e gli immobili sequestrati oggi. Nel febbraio
scorso venivano denunciate 15 persone per i reati di associazione per
delinquere finalizzata al riciclaggio ed alla commissione di reati contro il
patrimonio, truffe e appropriazione indebita. Cinque di queste (due di Terni e le
altre di Roma, Verona e Palermo) erano state poi arrestate ma la notizia non era
mai stata divulgata. Le indagini erano cosi' proseguite nel massimo riserbo fino
al ''maxisequestro'' avvenuto oggi in provincia di Terni ed in Sicilia, dove sono
stati sequestrati altri beni della mafia per circa 500 mila euro
http://www.umbrialeft.it/node/7146
A CURA DEL COMITATO CITTADINO ISOLA PULITA DI ISOLA DELLE FEMMINE
http://isolapulita.blogspot.it

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