Sei sulla pagina 1di 88

DIRITTO TRIBUTARIO

21/02/2023
Cosa studieremo?
Ci occuperemo di quella che nel diritto tributario viene chiamata la “parte generale” = esclude lo
studio puntuale delle leggi di imposta e singoli tributi, salvo qualche esempio e elementi relativi
alla tassazione dei tributi più importanti. Cerchiamo di scoprire i valori e principi cost. sottesi alla
nostra materia, quindi individuazione dei valori che il diritto tributario deve servire ad attuare. È
una materia funzionale all’attuazione di altri principi infatti, non l’”ora di matematica al classico”, è
una materia importante nell’orientamento delle scelte di economica e politica sociale: solidarietà,
redistribuzione, imprenditoria, lavoro in quanto attività in cui l’uomo si realizza, un buon sistema
tributario favorisce l’ambiente (“tributi ambientali”). Ci sono poi tutti i corollari del tributo:
deduzioni, detrazioni, attraverso cui passano diritto allo studio, alla salute, tutela del paesaggio e
beni artistici, diventa allora uno strumento non troppo neutrale di realizzazione di alcune dinamiche.
L'economia politica, in particolare Stiglitz che è un grande economista, vorrebbero un sistema
fiscale completamente neutrale, l'economia dovrebbe andare per i fatti propri, ma come si può
pensare che un imprenditore per il quale il tributo è un costo non scelga di determinarsi in un modo
anziché in un altro in ragione di quanto questo incide, e come si può pensare di non sensibilizzare
qualcuno attraverso ad esempio la previsione di una detrazione o di una deduzione. Quanto incide la
possibilità di avere un’agevolazione, detrazione, deduzione, in una scelta che magari fino a quel
momento non era stata presa in considerazione?
Quindi il diritto tributario è anche valori che si muovono, un mezzo forte ed efficace di attuazione
dei valori. Se io voglio tutelare il lavoro dovrò guardare anche la fiscalità che incide sul lavoro,
proprio perché potrei negare in luce, nel caso ci fosse una tassazione esorbitante, lo stesso diritto al
lavoro, così come nella redistribuzione il principio di redistributività che studieremo consente a chi
ha di più di mettere di più del proporzionale a disposizione di tutta la collettività affinché possano
essere affrontati dei costi da parte del nostro paese. Ne incontreremo molti, su alcuni principi cost.
ci soffermeremo precisamente, altri li incontreremo meno o li sottintenderemo.
Analizzeremo poi le fonti, perché il diritto tributario non è solo nazionale, bisogno considerare che
le attività economiche e quindi anche la maggior parte dei presupposti d’imposta hanno ormai
dimensioni globali, sovranazionali, Quindi significa anche cercare di capire quali sono i principi,
non solo i principi dell'Unione (abbiamo i c.d. tributi armonizzati, così chiamati proprio perché
hanno una legislazione di tipo unionale), ma anche fenomeni economici che inevitabilmente
richiedono un confronto a livello sovranazionale. C'è un organismo, l'OCSE, che ci aiuta nello
stabilire principi e criteri a cui poi i paesi si adattano. Pensiamo al fenomeno del digitale,
commercio economico, attività commerciali prive di corporeità, sharing economy, fenomeni globali
che incidono su tutte le realtà nazionali, e il diritto tributario deve essere in grado di fotografare
tutto il mondo della ricchezza e dell’economia, anche su questi fenomeni più flessibili. Studieremo
le fonti in questa ottica, talvolta vincolanti e a volte solo l’indirizzo.
La parte centrale è invece l’attuazione del prelievo  sembrerebbe facile, si paga. Invece è un
fenomeno molto articolato, ha due fasi:
 Fisiologica = il modo spontaneo di pagare i tributi, e non è una falsità quando sentiamo le
persone che si lamentano perché pagare è una fatica e un costo, perché non si accertano e
non si pagano con sistemi banali, ma la determinazione del quantum è lasciata alla

1
autoliquidazione e segue dei tempi e dei modi che sono prestabilite dal legislatore, anche
piuttosto complesse, tant’è che quasi tutti si affidano al commercialista, ma i dipendenti si
rivolgono ad esempio al CAF. Anche la riscossione non è banale, deve seguire tempi,
modalità, forme, anche quando è volontaria e spontanea.
 Tutto questo è poi passibile di essere controllato e verificato, perché la autoliquidazione fatta
dal cittadino o dal professionista può non soddisfare immaginiamo quanto altro si attua e si
accerta in sede precontenziosa o di rettifica, nel senso che spesso ciò che viene autoliquidato
dal contribuente non è ciò che soddisfa l’amministrazione finanziaria, che può verificare, e
entriamo allora nell’altra fase fatta di poteri, procedimenti di controllo e verifica,
provvedimenti di cui l’amm.ne si avvale per poter sostituire ad una realtà precostituita
un’altra realtà in un procedimento amm.vo fatto di tante possibili variabili teso ad
accertare il tributo. Questo in teoria lo dobbiamo moltiplicare per quanti sono i tributi,
perché ogni tributo ha le sue procedure. Nello studio di questa attuazione del prelievo non
guarderemo tutti i tributi perché impiegheremmo dei mesi, guarderemo i più importanti,
come si accerta e riscuote in questi tributi. Sono quelli che portano nella materia gli istituti
più importanti e significativi che poi possono essere applicati e studiati anche in relazione
agli altri.
Non abbiamo nemmeno idea di quanti bolli paghiamo ogni giorno inconsapevolmente perché siamo passati
dal bollo fisico con il tagliandino al bollo virtuale, per cui spesso nelle fatture è compreso il bollo e poi chi
ha emesso la fattura fa il calcolo finale di quanto bollo ha riscosso e lo versa all'erario in modo virtuale
attraverso versamenti annuali. Quindi il sistema è molto complesso e si adatta anche ai diversi tributi. Questo
procedimento ci impegnerà moltissimo perché ci sarà un diverso confronto fra i poteri della amministrazione,
i diritti del contribuente (fino a che punto può muoversi l'amministrazione, come può reagire, reazione quasi
inquisitoria nei confronti del contribuente, quali facoltà ha il contribuente stesso in questa azione di controllo
che è anche invasiva perché per esempio comporta anche la possibilità di un accesso domiciliare). Poi
vedremo anche dinamiche più banali ma non semplici della riscossione.
Finiremo con la parte legata alle sanzioni, sia penali che amministrative, conosciute dal diritto
tributario ed è una materia interessante perché vengono applicate con una certa frequenza, ma anche
perché abbiamo qui dei decreti che unificano la materia per tutti i tributi, cioè si applicano a tutti i
tributi con cui ci imbattiamo.
Al centro di tutto ciò c’è un’obbligazione  OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA, di diritto
pubblico che ha tutte le caratteristiche di un’obbligazione privatistica salvo alcune deroghe. Si
dovrà dunque occuparci di questa obbligazione. Una materia che spazia molto, dal diritto cost., a
quello amm.vo, al diritto privato, penale, processuale, dell’UE. È anche il motivo per cui lo
studiamo all’ultimo anno, ci sono istituti che dobbiamo conoscere.

LE ENTRATE PUBBLICHE
I tributi rappresentano la parte più importante di quelle che sono in generale le entrate
pubbliche. Dire che si tratta della parte più importante non significa dire che è esclusiva. Nel nostro
paese è così perché non ci sono altre risorse, in altri paesi non è così, non c’è bisogno, es. perché c’è
il petrolio, il gas, l’oro, l’argento che hanno determinato la ricchezza di alcuni paesi. Ne avremmo
forse altre da poter gestire in modo più efficiente ed economico, comunque il nostro sistema
tributario è articolato e complesso.
Molti studiosi (in particolare Kaldor) hanno ipotizzato l’idea dell’unico tributo – i tributi costano,
la gestione dei tributi è un fatto molto costoso, pensiamo solamente al contenzioso, a maggior
2
ragione se poi l’amm.ne si vede dar torto nei processi, sono un costo importante e infatti ci
torneremo e chiederemo quali sono i punti di crisi più importanti – evitiamo di avere 150 tributi, dal
punto di vista pratico sarebbe risolutivo ma dal pdv politico impossibile da prospettare. Non ci
rendiamo conto di quanti tributi paghiamo inconsapevolmente  è il fenomeno dell’illusione
tributaria (quando mangio la pizza, faccio benzina, ci sono molti tributi che noi paghiamo in questo
modo). Se noi non pagassimo questo mare magno di tributi, probabilmente l’unica aliquota sarebbe
al 75%. La politica non rinuncia a quei tributi; c’è anche da dire che nel caso di un tributo unico chi
evade non paga niente, però chi evade nel nostro sistema di solito produce una ricchezza che se
spesa paga altri tributi, quell’ulteriore utilizzo della risorsa in qualche forma di tassazione si
impatta.
I sistemi tributari quindi si distribuiscono in tanti rivoli che in qualche modo ti acchiappano, e poi
anche perché non essendo così manifesti non impattano sull’opinione pubblica ed elettorale.
Le entrate tributarie non sono comunque le uniche. Normalmente quando si parla di entrate
pubbliche si fa una distinzione tra eterofinanziamento e autofinanziamento.
 Eterofinanziamento = fenomeno del passato, dei paesi coloniali, che esonerano i propri
cittadini ed elettori dal pagamento dei tributi (es. Impero romano, lasciavano liberi i
cives e prendevano i tributi dai territori conquistati). Secondo la prof vengono utilizzati però
anche dai paradisi fiscali, si fa eterofinanziare, non offre bene e servizi a coloro che gli
danno il tributo e lo sottrae ad un altro paese. Non hanno beni e servizi da elargire a
popolazioni impegnative e numerose attirano nel loro stato la localizzazione, sede,
individuazione di realtà economiche che vanno a sfruttare gli investimenti che fanno altri
paesi. Facciamo l’esempio di Amazon: spesso queste società non hanno la sede in Italia,
Francia, etc., dove la tassazione è significativa, scelgono di averla in Irlanda, Bahamas,
perché pagano meno, ma quel poco che pagano è sempre moltissimo rispetto a quel niente
che quei paesi danno loro per realizzare i loro utili  per quei paesi sono soldi arrivati dal
niente.
Si tratta di paesi che applicano sistemi di tassazione che non a caso chiamano paradisi fiscali
perché sono sensibilmente inferiori rispetto a quella che sarebbe la tassazione nel nostro
paese, sono comunque “soldi ritrovati”, nel senso che vengono sottratti a chi invece ha
affrontato spese per strutture, beni e servizi, che hanno messo quelle aziende in condizioni di
realizzare degli utili. Quindi per molti anni non si è più parlato di etero-finanziamento
perché certamente i paesi predatori in senso antico non esistono più ma esistono dei
predatori di altra natura, che comunque sempre vanno a sottrarre risorse a chi invece
avrebbe diritto di averle perché si trova in una situazione di sopportare spese significative
per garantire beni e servizi.
 Autofinanziamento = l’Italia si autofinanzia. Come?
 Anche l’Italia può contare sulla gestione privatistica di alcune risorse quando lo
stato si fa azienda o gestisce in modo in modo economico i beni di sua proprietà.
Pensiamo alle concessioni per le spiagge pubbliche. Stiamo gestendo il demanio,
un bene di proprietà dello Stato, le entrate sono una gestione privata di un bene
pubblico; ma pensiamo a uno stato che va oltre alle concessioni, che negli ultimi
anni sono diventate un po' il centro di una visione politica, per esempio allo stato
che fa impresa, che partecipa come azionista ad attività che hanno un ritorno
economico importante. Uno stato può scegliere anche di gestire privatamente,
come un privato, alcuni beni ma può anche unirsi a dei privati per intraprendere

3
delle attività industriali e commerciali significative, da cui derivano utili che
sono decisamente delle entrate pubbliche.
 Vi sono le somme riconducibili ad entrate di tipo sanzionatorio: a livello statale
– erariale sono il minimo, ma a livello locale si affida molto del bilancio alle
sanzioni amm.ve, è una visione poco etica e poco coerente con i nostri principi,
non deve servire a far cassa, ben governato è un paese che non deve applicare le
sanzioni. A livello statale forse questo è vero, ma locale no, anche se non
dovrebbe essere, e dovremmo imparare che le sanzioni servono a non far mettere
l’auto in doppia fila, non a fare le contravvenzioni.
 Ci sono poi i cd. prestiti forzosi, per cui lo stato ci mette le mani in tasca senza
chiedercelo. Ne abbiamo avuto un esempio con il contributo per l’UE nel 1996,
dovevamo sistemare il nostro bilancio e abbiamo avuto la legge 662, che stabilì
questo prelievo forzoso sui conti correnti, non troppo etico e coerente coi nostri
principi.
 Poi ci sono tutte le entrate legate alla parafiscalità, e quindi i contributi
previdenziali che generano entrata quando non vengono restituiti, e succede
spesso, il sistema previdenziale ha delle certezze e spesso accade che chi ha
versato contributi per anni per la pensione poi non ne possa godere perché viene
meno prima della pensione.
 Lo stato si può poi indebitare, attraverso titoli di debito pubblico, mutui, leasing
finanziario, attraverso una serie di beni, dal 2012 con i limiti posti dall’art. 81
co. 2 cost., o 119 cost. se parliamo delle entrate locali. La scelta
dell’indebitamento non è più semplice, serve la maggioranza assoluta e ragioni
specifiche.
 Ci può essere entrata anche nel caso dell’indennizzo quando questo è inferiore al
valore del bene venale. Ci sono degli espropri di pubblica utilità infatti e in
cambio viene dato un indennizzo, se il valore del bene > prezzo di fatto
incamero un’entrata (Caso Scordino Corte EDU).
Tutte queste sono entrate pubbliche e arriviamo alle entrate cd. tributarie.
LE ENTRATE TRIBUTARIE
Sono numerose, collegate al tributo la nozione di tributo non è semplice, è importante stabilire che
cos’è un tributo perché ci sono delle norme cost. che ne parlano espressamente. Nelle entrate
pubbliche può esserci un confine non così demarcato tra l’entrata tributaria e quella di un altro tipo,
nostro compito è allora aver ben chiaro che cosa è un tributo. Ad esempio, l’art. 75 cost., che vieta il
referendum in materia tributaria, oppure nella tutela del domicilio sono previste deroghe per
accertamenti di tipo tributario, sono numerose le norme della cost. che lo richiamano
espressamente.
Abbiamo poi anche lo statuto dei diritti del contribuente, è una fonte che ha valore di indirizzo molto
importante che si applica alla materia tributaria. Quindi anche in questo caso, per verificare se nell'ambito di
un procedimento amministrativo, siamo nel tributario o no, dobbiamo sapere di essere esattamente davanti ad
un tributo. Per esempio, la 241, la legge sul procedimento amministrativo, spesso si esprime per estendere o
limitare alla materia tributaria alcuni principi che in questa legge sono contenuti. Oppure banalmente la
giurisdizione del giudice tributario si estende a tutti i tributi di ogni genere e specie, “comunque denominati”
dice l'art.2 del d.lgs.146 del 1992 ed entrato in vigore il 1 aprile 1996. Allora proviamo a capire che cos'è un
tributo.

4
Per capirlo dobbiamo guardare alle scienze delle finanze, perché una nozione di tributo giuridica
non esiste, quindi guardiamo alle discipline economiche che ci dicono quali sono le entrate
tributarie, e poi per fortuna il problema è stato portato alla Corte cost. e quella ha dato delle dritte,
perché molte volte ci si trovava di fronte a tributi di cui non si capiva fino in fondo la ratio.
La prima classificazione l’abbiamo dall’economia che non ci dà una definizione ma che dice che ci
sono 4 entrate che sono sicuramente tributarie, e queste 4 sono:
 IMPOSTE;
 TASSE;
 CONTRIBUTI;
 MONOPOLI STATALI.
Le prime 3 giocano su una distinzione economica tra la TEORIA DEL SACRIFICIO e la TEORIA
DEL BENEFICIO, due teorie che evidenziano come a fronte del pagamento di una somma di
denaro allo stato questo pagamento avvenga in ragione di un sacrificio puro e semplice ovvero in
conseguenza di un beneficio che anche se non legato ad una vera e propria corrispettività è
apprezzabile.
Imposte: Abbiamo allora la teoria del sacrificio tutte le volte in cui siamo chiamati a pagare senza
sapere perché, perché siamo in realtà di fronte a dei beni indivisibili, o meglio, lo sappiamo in
quanto cittadini, perché sappiamo che il nostro amm.re dovrebbe fare delle scelte a tutela di tutti e
previste
in Cost. tali per cui alcuni beni e servizi siano garantiti a tutti. Se pago l’IRPEF non mi domando
cosa ho in cambio, perché so che vivo in un paese dove c’è la scuola pubblica, la sanità pubblica, la
polizia etc. So che corrispondo delle somme in cambio di valori che sono il frutto della nostra
Costituzione. Io mi sacrifico perché quei valori vengano attuati. Pago non so per che cosa, sono
tanti beni indivisibili che so che ci sono (le valutazioni politiche su tali beni vengono dopo).
Tasse: La teoria del beneficio dice invece tu sai per cosa paghi, stai pagando un tributo che è
dovuto, ma sai per cosa, hai in cambio una prestazione divisibile es. le tasse universitarie. Sono beni
di cui usufruisco nella misura in cui voglio usufruirne, anche qui è diverso dal prezzo perché posso
anche non usufruire dell’università (e qui manca la corrispettività).
Il contributo sposa tutte e due le dinamiche, perché sono somme dovute nostro malgrado, quindi
non sono io a scegliere di usufruire di quel servizio, ma so per cosa lo pago, so di che bene si tratta.
Si fa di solito l'esempio dei contributi di miglioria che si devono pagare quando si chiedono la
costruzione ed edificazione di un immobile, quindi a prescindere che io voglia 4, 5, 6, 12 lampioni
sulla strada che porterà a casa mia, magari non ne vorrei nemmeno 1, però se scelgo di costruire in
quella zona so che avrò da pagare dei contributi perché il piano regolatore o i regolamenti comunali
prevedono che venga portata la fognatura, il gas, l'elettricità, sia illuminata in un certo modo la
strada. Quindi io non l'ho chiesto, l'ho dato per sottinteso, non è una richiesta puntuale come faccio
quando vengo a chiedere un servizio universitario, e non necessariamente ne sono soddisfatto
interamente, però mi rendo conto che qualche cosa in cambio l'ho avuta.
Il monopolio è diverso, perché è frutto dell’erogazione in esclusiva di un bene o di un servizio da
parte dello stato.
 Abbiamo fatto l’esempio delle sigarette ma anche il gratta e vinci è stato un’idea per fare cassa.
Spesso non ci pensiamo ma anche queste sono tutte entrate statali e spesso negli anni sono per così
dire servite a illudere i contribuenti. Per esempio il gratta e vinci è stato introdotto nel 1996 perché si
5
doveva fare cassa e nessuno aveva il coraggio di aumentare il prelievo, siccome era un governo di
sinistra, vi era il ministro Visco, i quali hanno la fama di essere sempre quelli che hanno la fama di
“mettere le mani nelle tasche degli italiani” per come li rappresenta la destra, allora anziché
aumentare di una aliquota percentuale il tributo si sono inventati i gratta e vinci, così ha incassato
quello che dovevano incassare. Tuttavia nessuno di coloro che comprano i gratta e vinci pensa che in
realtà sta foraggiando la cassa pubblica, uno pensa a vincere. Questo è un discorso etico che uno
potrebbe fare, poi si potrebbe fare il conto dei costi di quella entrata perché poi quando abbiamo i
costi della ludopatia ce ne dobbiamo fare carico come servizio sanitario nazionale o come degrado
familiare, problemi economici indotti, quindi bisognerebbe valutare bene se abbiamo un'entrata o
non ce l'abbiamo.

Dal punto di vista giuridico aggiungiamo che questa teoria economica del sacrificio e del beneficio
ci dice molto: le imposte sono normalmente le entrate che si ispirano alla logica del sacrificio, le
tasse sono le entrate che si ispirano alla logica del beneficio, i contributi sposano un po' l'una e un
po' l'altra, il monopolio è qualcosa di diverso; la teoria economica ci dice questo. Per noi cosa dice
la Corte cost. è più importante, dato che la teoria economica non ci dice come usare in modo
appropriato le espressioni, quindi l'imposta sul reddito, la tassa universitaria che è una tassa,
qualche volta nei tributi locali abbiamo difficoltà a capire se si tratta di una imposta o se si tratta di
una tassa, un prezzo politico, una tariffa, il che ci serve da un punto di vista pratico-applicativo, ma
se dobbiamo metterci nell'ottica del sistema, di capire le regole, di capire a chi si riferiscono le
regole, è molto più importante quanto detto dalla Corte Costituzionale.
Lo ha fatto in moltissime sentenze, si cita sempre la n.65 del 2005 perché è piuttosto chiara ma ce
ne sono tante. Intanto la Corte ci dice che noi abbiamo un tributo quando il gettito è destinato a
un ente pubblico, in particolare a un ente pubblico che sia lo Stato o un ente territoriale ,
quindi fa già una selezione sul destinatario dell'entrata. L’altro aspetto è la coattività = al
pagamento dei tributi non ci si può sottrarre, non si sceglie di pagarli e non ci si sottrae, quando si
impatta nel fenomeno economico che è presupposto di imposta il tributo è dovuto a meno che non
sia la legge ad escludere o esonerare qualcuno, ovviamente comparando i valori in gioco (es. esento
dall’IVA le prestazioni mediche perché la salute è un valore cost.).
Fin qui siamo nella logica della sanzione, che ha entrambe le caratteristiche. Che cos’è che la rende
riversa dalla sanzione il tributo?
Il tributo è sempre correlato ad una spesa  Non si possono imporre tributi per divertimento ma
occorre un progetto di spese pubbliche che richiedono delle entrate e l'entrata tributaria va a
remunerare quella spesa. Invece nella sanzione non può esserci questo aspetto, proprio perché la
sanzione è eventuale. Questo aspetto è la causa della difficoltà che incontra la politica a cambiare il
sistema tributario. Si dirà perché il nostro sistema tributario non è buono, ma diciamo già che
cambia con fatica perché bisogna sempre mettere in discussione il conosciuto per lo sconosciuto.
Cambiarlo vorrebbe dire azzeriamo questa entrata e speriamo in quest’altra. C’è sempre una certa
tensione, perché sappiamo che la sanità si fonda su questa entrata, la sicurezza su quest’altra, ma
diventa controproducente perché ci si accontenta, non cambiamo troppo, ed è un elemento
caratterizzante il nostro sistema tributario. A differenza di tutte le altre entrate so che queste mi
servono per questa specifica spesa, è correlata.
I tributi sono tanti, parleremo però di un sistema fortemente in crisi per almeno 2 ragioni, per cui
serve un atteggiamento critico successiva alla comprensione.

6
1. La prima ragione è oggettiva ed è l’incapacità dei sistemi tributari in generale
soprattutto dei paesi con difficoltà economiche ad adattarsi ai cambiamenti economici,
strutturali. Il nostro sistema tributario è nato dopo la IIWW, che aveva di fronte una realtà
economica diversa da ora. L’IRPEF e l’IRES non potevano neanche immaginare i B&B, la
sharing economy, le criptovalute, però è anche vero che non è le criptovalute sono nate ieri,
saranno più di 20 anni che alcuni fenomeni si sono affacciati. Pensiamo a come è cambiato
il lavoro e come avrebbe dovuto di conseguenza cambiare la tassazione sul lavoro (ci sono
lavoratori che non sono autonomi e non sono dipendenti). Il nostro sistema tributario non
tiene di conto questo, le sacche in cui si dovrebbe cercare la ricchezza sono proprio queste
nuove economie invece (pensiamo alle criptovalute: chi ci lavora cosa paga?).
Siccome queste attività non si conoscono non vengono tassate, e invece le attività
tradizionali scontano tasse importanti. Non c’è un sistema adeguato alla realtà attuale,
ragiona come se fossimo negli anni ’90, c’è una legislazione che non sa fare la fotografia
esatta di quella che è la ricchezza attuale di una persona, imprenditore, e poi non si avvale di
strumenti efficaci per inquadrarla questa nuova economia, per l’accertamento ancora usiamo
le scritture contabili, le ispezioni, accessi, quando basterebbe usare un semplice profilo
social per avere chiaro qual è il suo tenore di vita (es. Francia usa Google maps). Non siamo
nell’800 ma invece che costruire dal nuovo si corregge il vecchio, e questo riadattamento al
corpo che cambia porta a strappi. È anche vero che per avere una politica attiva ci vuole
anche una politica che sappia fare il suo lavoro, illuminata, con stabilità, i nostri politici
degli ultimi 20 anni ha avuto difficoltà a darsi una classe politica rappresentativa.
2. Altro aspetto importante e meno ricordato nei testi riguarda il rapporto tra cittadino
contribuente e l’amm.ne finanziaria, rapporto basato su un’idea ormai superata di una
gestione autoritativa della cosa fiscale, si vuole dire che il nostro sistema tributario nella
fase di attuazione riscossione mette lo stato in un’ottica quasi inquisitoria, gli dà poteri
significativi, lo mette in un rapporto fondato sulla sfiducia. “fa bene” perché il frutto di
questo rapporto quasi di polizia ha portato quali frutti, dopo 60 anni? Un’evasione da
secondo posto in Europa. L’aver immaginato questo rapporto come di controlli e di forza
non si è rivelato efficace perché quel tipo di rapporto lo puoi gestire con un numero di
contribuenti limitato, perché un ispettore per fare controlli in presenza ci mette un mese, o
anche di più. Il controllo era raro in questi 60 anni e quindi il contribuente non veniva
dissuaso dall’intento di evadere, se poi però controllano sono molto cattivi, salvo poi
condono dopo 3 anni quando ancora devo pagare.
Allora la professoressa è dell'idea che sia molto più proficuo impostare i rapporti
nell'ordine della fiducia, della condivisione, della solidarietà, della trasparenza, in
modo da creare un rapporto collaborativo.
Se riusciamo, forte degli strumenti che abbiamo oggi (fare il profilo economico di un
contribuente nel 2023 non dovrebbe essere difficilissimo), ad instaurare un rapporto di
fiducia di collaborazione porto dentro il perimetro della tassazione il maggior numero di
cittadini.
Quello che invece si constata a distanza di tanti anni dall'entrata in vigore di un sistema che
ha fatto degli accessi, dei controlli cartolari, delle verifiche sul posto un po' il cavallo di
battaglia dei controlli della amministrazione, è che i risultati che ne sono derivati non sono
così apprezzabili. In realtà quello che ha generato questo rapporto conflittuale, questo
rapporto dialettico forte, è stata una evasione sempre crescente. Mentre quando si utilizzano
istituti collaborativi, istituti che consentono anche al contribuente di rappresentare in modo
aperto e sincero le problematiche che incontra, si arriva spesso a definire l'obbligazione
7
tributaria e ad evitare il contenzioso. Noi abbiamo una esperienza di istituti deflattivi, che
vanno dall'accertamento con adesione al reclamo, alla conciliazione giudiziale i quali
dimostrano che in quei casi si evitano tutte le spese del disaccordo e si definiscono in modo
pacifico delle somme che poi vengono corrisposte. Allora questa fase potrebbe essere
addirittura anticipata, soprattutto per i tributi più importanti, utilizzando a favore della
Agenzia delle Entrate quella possibilità di fare un profilo economico fiscale del contribuente
in modo più facile del passato. Quello che accade invece è che si parte e ci si arresta per
verificare persone che tutto sommato sono trasparenti e sulle quali poi si cade per un cavillo
formale e si lascia senza nessuna attenzione gran parte della ricchezza che ormai si sposta in
modo non tradizionale e che nessuno effettivamente riesce ad intercettare.

Quindi una visione nuova dell'economia e anche una nuova visione del rapporto cittadino-
contribuente e amministrazione finanziaria, fondato sul rispetto, la fiducia, la collaborazione, la
condivisione degli obiettivi.
22/02/2023
Teoria economica del beneficio – sacrificio e ne sottolineiamo i limiti:
 Quella del sacrificio rafforza la coattività, quindi siamo costretti a corrispondere i tributi e
ciò ci rende più facilmente solidali perché paghiamo senza avere necessariamente un
riscontro, ma questo aspetto e meccanismo sacrifica un po’ la condivisione, la
rappresentanza, è calato dall’alto, è importante per le risorse che genera, e anche perché
permette ad un cittadino di usufruire di beni e servizi che con la propria fiscalità non
potrebbe, però è al tempo stesso un sistema che non offre una vera e propria partecipazione
nelle scelte di tipo fiscale, mentre sarebbe auspicabile anche una discussione aperta tra
cittadino e stato su quale possa essere una scelta di tipo fiscale.
 La teoria del beneficio crea un legame forte tra ente che eroga il bene e il contribuente che
sceglie quel bene e servizio ma di fatto corrisponde una somma che spesso non è nemmeno
sufficiente a remunerare il costo del bene e quindi sacrifica enormemente il sistema legato
alla solidarietà. Se il sistema tributario si basasse su questo principio sarebbe un sistema
incapace di redistribuire solidalmente i beni.

TRIBUTI DI SCOPO  rimangono fuori dalle caratterizzazioni finora fatte. Per la prof
praticamente inesistenti nel sistema attuale se non per l’imposta di soggiorno; l’entrata di quel
tributo è destinata al decoro, alla conservazione dei beni culturali, a sostenere le spese dedicate al
turismo. Ha un’attuazione limitata, quella di soggiorno ha gettito irrisorio ed è quasi unica ma è un
meccanismo interessante perché mette insieme sia il principio del beneficio che quello del
sacrificio. Io so perché sto pagando; per altro verso questo tributo non mi dà direttamente un bene o
un servizio ma contribuisce a sostenere beni e servizi di cui può godere la collettività intera e quindi
non sacrifica la solidarietà. Mette insieme allora la capacità tipica della tassa di creare
consapevolezza rispetto all’entrata di chi versa il tributo, perché posso anche riscontrare se il mio
denaro è stato effettivamente usato per questo, ma al tempo stesso non pago in funzione di qualcosa
che ottengo come corrispettivo di cui conosco il prezzo, ma per un bene pubblico e comune di cui
potranno godere anche coloro che non hanno corrisposto il tributo.

8
Sembrerà un esempio minore ma in prospettiva futura potrebbe essere una soluzione interessante
per un sistema tributario immaginato in modo leggermente decentrato rispetto a questo, in modo
simile a come avviene per le autonomie. Il ST ha infatti 3 livelli:
 Uno locale, l’origine della finanza locale che è la cenerentola del ST perché non è ancora
pienamente attuato il Titolo V;
 Livello statale – fiscalità erariale, la fiscalità più impegnativa, con i tributi più importanti;
 Livelli sovranazionali, come l’UE (fiscalità unionale, che coinvolge i tributi armonizzati,
es. IRA e dogane) ma se vogliamo anche un livello ulteriore e quindi la fiscalità mondiale
per quei fenomeni della dematerializzazione dei valori, dei beni e dell’attività commerciale
che a questo punto richiedono una presa che vada oltre ai confini territoriali, gestito
dall’OCSE, organismo che tenta di dare delle direttrici comuni a tutti i paesi più o meno
industrializzati con visione economica simile.
Viviamo oggi in un sistema che si concentra per lo più sulla fiscalità di tipo erariale, che però ha
molti nervi scoperti, perché non realizza pienamente gli obiettivi di equità, ripartizione, solidarietà,
giusto prelievo (se c’è molta evasione vuol dire che poi qualcuno paga di più per chi non paga). Una
soluzione potrebbe essere abbandonare la fiscalità nazionale per concentrarsi su quella di tipo
locale, sottraendo a quella nazionale quel gettito legato alle attività produttive ed economiche che
hanno forte localizzazione, presenza sul territorio di un’area ben specifica.
Se questo mai accadrà potrebbe non essere del tutto negativo immaginare una fiscalità locale che sia
più di scopo: buona parte del gettito oggi erariale possa divenire locale ma anche finalizzata a degli
scopi ben precisi, quindi coinvolgere direttamente le attività produttive su progetti che si
determinano su uno specifico territorio e consentire quindi aspetti legati alla rappresentanza e alla
partecipazione attiva del prelievo. Si trasformi allora la qualità del tributo, che ora è fortemente
improntata alla logica del sacrificio  un po’ più riletto alla luce del beneficio e non del singolo,
ma della collettività.
Una tassazione locale non ha il rischio di aumentare le disuguaglianze che ci sono?
Sicuramente favorire lo sviluppo di una finanza di tipo territoriale può essere una grande spinta verso
l’efficienza e anche l’uguaglianza e anche una riscossione più attenta e puntuale dei tributi proprio perché da
un lato c’è la partecipazione nelle scelte originali e poi il controllo che è favorito dalla condivisione di un
territorio e dalla insistenza in una medesima area. Per evitare disuguaglianze poi ovviamente ci vuole anche
una redistribuzione. Il sistema deve essere vicino al cittadino e più efficiente (anche favorito dal controllo
che nell’area ristretta avviene più facilmente), però chiaramente siamo uno stato, serve la redistribuzione in
ottica di solidarietà. Diciamo che l’una cosa non esclude l’altra. Il fatto che si possa andare verso una finanza
territoriale per ottenere un sistema più efficace non esclude che si possa restituire alla generalità dei cittadini
beni e servizi che non la loro contribuzione non potrebbero avere.
Dopo la Seconda guerra mondiale abbiamo immaginato un sistema centralizzato per un’Italia uguale su tutto
il territorio, non tenendo conto però delle differenze che in effetti ci sono  quello che abbiamo è un sistema
statale molto centralizzato in cui c’è una fortissima evasione e le realtà sono molto sperequate, allora forse
non è una soluzione, che tra l’altro è molto vecchia, alla fine degli anni ’50. Abbiamo un paese che va a 2,3,4
velocità. Non abbiamo uguaglianza, ci sono differenze importantissime, quindi non è vero che far incassare
ad un unico stato sia un sistema per superare le disuguaglianze. Forse è meglio responsabilizzare e
favorire il controllo, e questo lo si fa con l’avvicinamento dei cittadini. Certo poi bisogna mantenere i
principi costituzionali e attuare la solidarietà che è fondamentale, quindi occorrerà sperimentare dei
meccanismi di redistribuzione delle risorse su tutto il territorio nazionale.
Molti paesi che hanno un sistema tributario di tipo federale sono mediamente più ricchi e ben organizzati
rispetto a quanto lo sia il nostro paese. Comunque anche la Germania che è un paese che ha una struttura
9
federale importante, il sud non è esattamente ricco come altre aree del territorio però non c'è questa
differenza così significativa a livello di percezione banale di ciascuno di noi può avere tra i beni e servizi che
sono erogati nelle diverse aree. Noi siamo sicuramente contrari perché ci sembra quasi una bestemmia l’idea
di separare l’Italia dopo aver faticato così tanto per unirla però questo ci tappa gli occhi e non ci fa vedere
effettivamente che in realtà il nostro paese sia mal organizzato da questo punto di vista e soprattutto generi
profonde differenze.
Pensando anche all'istruzione scolastica come è diversa e quali diverse strutture ci sono in alcune regioni e
nelle altre. Questo però è frutto dell’unità e non certo di un’idea federale o autonomista della gestione del
nostro paese. Non basta però separare ma anche perequare. Da non dimenticare anche che l’idea non sarebbe
separare per riprodurre gli stessi tributi, la stessa IRPEF, ma per immaginare delle forme di deduzione che
siano condivise e il cui gettito sia effettivamente destinato a realizzare dei beni e dei servizi che abbiano una
loro tangibilità e una loro completezza.
Descriviamo il SISTEMA TRIBUTARIO. Il ST può essere ideale o concreto. Quelli ideali non
trovano quasi mai attuazione, perché dovrebbero essere sistemi in grado di cambiare con una certa
facilità, adattarsi, i modelli economici viaggiano veloci, quindi ha più senso soffermarsi su ciò che
troviamo in concreto e cercare di riadattarlo. Un aspetto che consideriamo poco è la sua
amministrazione: un sistema non è buono solo se fotografa puntualmente la realtà economica su
cui impatta ma anche se amministra e governa bene i tributi, perché non è che dalla realtà
economica sboccia l’entrata, l’entrata vede un meccanismo di attuazione molto complesso e spesso
in questa ci si perde, quindi non dobbiamo muovere solo dalla capacità di fotografare i sistemi
economici, ma dobbiamo ricordarci che dalla realtà bisogna passare all’incasso e questo passaggio è
delicato e ci si può perdere molto gettito, tanto che lo si può rendere talmente difficile e costoso da
rendere minore il gettito stesso.
L’amministrazione è una buona parte del sistema tributario. Possiamo sempre fallire nella fase di
attuazione anche quando troviamo un ST perfetto.
I sistemi tributari normalmente si danno più tributi (idea di Kaldor di unico tributo è piuttosto
inattuabile), e in particolare i ST sono articolati su diverse imposte. In quasi tutti i ST le imposte
prevalgono sulle tasse che sono relegate a forme di contribuzione minore e di solito a livello locale.
Le imposte sono spesso divise tra loro in una sorta di catalogazione che partono dal presupposto che
considerano come occasione di imposizione:
 DIRETTE  le dirette sono quelle che colpiscono la ricchezza direttamente nel momento
in cui questa si realizza. Normalmente ci mettiamo le imposte sul patrimonio e sul reddito.
Le imposte dirette possono essere:
 Reale = quando misura il presupposto a prescindere dalle caratteristiche
personali del soggetto che lo realizza;
 Personale quando tiene conto di aspetti soggettivi, quindi quando fatti che
attengono alla persona finiscono per essere rilevanti al fine di determinare
la base imponibile e il presupposto dell’imposta stessa.
 INDIRETTE  Mentre si chiamano indirette tutte le imposte che colpiscono la ricchezza
in una fase successiva che normalmente individuiamo con il momento del trasferimento del
bene, il momento del consumo ovvero il momento dello scambio.
Nel nostro sistema l’IRPEF che è quella più importante è un’imposta personale sul reddito: non
sono irrilevanti nella liquidazione dell’imposta dovuta aspetti che riguardano la persona. Ci sono
degli elementi costitutivi che entrano in gioco nella liquidazione del tributo, le deduzioni, detrazioni
per le spese sanitarie, le deduzioni legate al pagamento del mutuo per la prima casa, lo studio dei
10
figli etc., che sono quelli che servono a far valere degli aspetti della persona. Ciascuna persona a
parità di reddito liquiderà un’imposta diversa perché avrà potuto tenere conto di alcuni elementi che
attengono alla sua sfera personale nel calcolare l’imposta strettamente dovuta. Se noi avessimo
avuto un’imposta reale ci saremmo basati sul reddito e basta e a parità di reddito avremmo richiesto
la stessa liquidazione. Attraverso questi elementi della persona passano dei valori
costituzionalmente garantiti, e ciò ci aiuta a dire che la tassazione è anche una leva di cui lo stato
dispone per attuare alcuni obiettivi o garantire la tutela di alcuni interessi che ritiene meritevoli.
Molto spesso questi elementi passano attraverso il filtro della singola persona. Questo fa di ciascuno
di noi un contribuente diverso dall’altro, il che comporterà un’amministrazione che deve essere
ancora più efficiente.
Le imposte personali da noi sono 2:
1) IRPEF, che riguarda le persone fisiche, ma non solo, dal punto di vista fiscale ci sono alcune
realtà economiche che sono equiparate alla persona fisica, e questo riguarda per esempio la
tassazione delle società di persone o anche le attività agrarie se non sono svolte da persone
giuridiche.
2) Nell’IRES rientrano tutte le società di capitali, gli enti commerciali, ma per assurdo anche
gli enti non commerciali, oltre che le SP e le SC che risiedono all’estero.
Quindi abbiamo una imposta dedicata alle persone fisiche che attrae anche le attività commerciali
cosiddette minori, legate a una organizzazione minore. Poi da capire se sono minori dal punto di
vista economico perché non sta scritto da nessuna parte che l’imprenditore agricolo o una società di
persone abbia ricavi inferiori a una società di capitali. In qualche modo queste figure giuridiche
sono considerate dal nostro ordinamento fiscale come dei soggetti in cui l’organizzazione e i beni
che sono utilizzati ai fini della produzione sono irrilevanti rispetto alla immedesimazione che si ha
tra l’imprenditore e la persona fisica.
Le società di capitali per principio organicistico, per essere comunque tendenzialmente
destinatarie di beni di patrimonio o semplicemente di beni strumentali organizzati che sono
funzionali alla produzione dell’utile, vengono considerate autonomamente e distintamente rispetto
alla persona fisica.
All’interno dell’IRES che è un’imposta pensata fondamentalmente per chi svolge un'attività
commerciale, anche importante perché costruita sulla base di uno schema societario significativo,
sono ricondotte anche gli enti non commerciali. Gli enti non commerciali subiscono una tassazione
alternativa di fatto e che hanno una soggettività passiva che è vista in un’ottica di riqualificazione
per il caso in cui gli enti non commerciali avessero una attività commerciale come attività
secondaria e questa divenisse prevalente rispetto all’oggetto principale che ha natura non
commerciale.
Stiamo parlando della personalità: nel sistema tributario facciamo i conti con una distinzione che
troveremo spesso per cui è importante distinguere tra le persone fisiche e i redditi riconducibili ad
un soggetto diverso dalla PF, un ente. Le SP e l’imprenditore agricolo tuttavia sono equiparati alla
persona fisica, perché si considera che siano dei modelli minori di attività imprenditoriale per cui
anche se svolto non da una PF ma da un nucleo organizzato come quello delle SP la tassazione alla
fine incide sulle singole persone fisiche che compongono quel nucleo, non c’è autonomia.
Poi ci sono le società di capitali e gli enti commerciali che sono il paradigma opposto, dove
l’organizzazione che li riguarda, le strutture e i beni che possiedono gli conferiscono una loro
dignità autonoma che è distinta dalle persone fisiche o non che le costituiscono, per cui saranno loro

11
i soggetti da tassare, con il fenomeno della doppia tassazione da risolvere perché al tempo stesso il
frutto della loro attività potrà distribuirsi sulle teste delle persone fisiche sotto forma di
distribuzione degli utili. Ci potrà essere quindi un secondo grado di tassazione quando la ricchezza
trasla dall’ente che la crea al soggetto persona fisica che la crea che ne diviene in possesso nel
momento della distribuzione.
Questo tipo di distinzione mette al centro l’attività economica e la sua organizzazione, per cui
quando pensiamo agli enti non commerciali che non hanno un’attività economica se non sussidiaria,
noi ci aspetteremmo di trovarle altrove, né tra le persone fisiche e neanche tra gli enti commerciali.
Invece il nostro TU li inserisce nell’IRES, e quindi un tributo pensato per le attività commerciali
anche significative, quindi l’ente non commerciale è quasi più rilevante nella sua autonomia rispetto
a quella che è una SP.
Il motivo per cui ciò avviene è legato ad una logica di tipo antielusivo: la potenziale
riqualificazione di questi enti nel caso in cui l’amm.ne possa accertare la prevalenza i un’attività
economica che avrebbe dovuto essere secondaria e che invece si rileva principale. È l’esempio di
come molte delle scelte che noi troviamo sono spesso dettate da logiche antielusive, quindi l’ente
non commerciale che non dovrebbe essere dentro a un tributo (imposta sul reddito delle società)
pensato per chi svolge attività di impresa con organizzazione significativa, sta lì dentro comunque
(malgrado il tentativo di riportarlo nell’IRPEF nel 2004) proprio in ottica antielusiva.
 Es. circolo sportivo che ha il ristorante che dovrebbe essere solo per i soci e poi invece il
circolo e il ristorante diventa famoso, viene aperto agli avventori e magari a giocare a tennis
non ci va nessuno. È l’esempio di come quell’ente che non ha senso collocare nell’Ires è
messo lì con una certa tensione al fine di verificare e riqualificarlo se l’attività commerciale
diventa prevalente.
In un certo senso quindi anche per evitare che cerchino di sembrare non commerciali, sennò sarebbero
tassati come commerciali.
Risposta: loro non sono tassati come commerciali, nel senso che sono dentro l’IRES ma poi determinano la
base imponibile come le persone fisiche. Quindi le società determinano la base imponibile ai fini delle
imposte sul reddito applicando il principio di attrazione: qualsiasi componente reddituale è parte di un'unica
categoria di reddito che è il reddito di impresa. Gli enti non commerciali cumulano varie tipologie di reddito
come se fossero persone fisiche che invece sommano algebricamente le diverse tipologie di reddito di cui si
imbattono. Quindi non hanno il modo di determinare la base imponibile simile all’impresa ma neanche la
tassazione perché di fatto o scontano imposte di tipo sostitutivo o seguono regimi particolari. Non
necessariamente poi pagano l’IRES al 24%.
Stanno lì perché storicamente il nostro legislatore negli anni ‘50 quando il terzo settore era quasi niente ed
era caratterizzato da pochissime attività; non sapendo come collocarlo, assimilandolo più a una persona
giuridica che ad una persona fisica lo ha inserito nell’IRPEG. Quando si è avuto l’occasione nel 2003 di
ripensare la tassazione delle imprese la delega che autorizzava la riscrittura della tassazione sull’impresa
aveva previsto di togliere gli enti non commerciali dall’IRES e di inserirli nel IRPEF. Vengono considerati
per quello che sono cioè dei soggetti che cumulano diverse categorie reddituali esattamente come fanno
le persone fisiche e non svolgono in linea di principio un’attività commerciale che comprenda qualsiasi
loro elemento reddituale in un'unica categoria che si chiama reddito di impresa.
Questo trasferimento non ci è stato e quindi di fatto sono ancora collocati dentro il testo unico delle imposte
sui redditi nelle parti dedicate all’IRES, con tutto un titolo a loro dedicato che stabilisce regolarità diverse di
determinazione della base imponibile e della liquidazione dell’imposta. La ragione per la quale sono stati
collocati in origine in una parte del testo unico che è molto lontana dalla loro effettiva attività; cosa che
condividono con gli enti commerciali che sono degli enti dove la persona fisica si annulla e viene superata da

12
una organizzazione e quindi è un soggetto di diritto diverso, è stato proprio sempre il timore che queste realtà
apparentemente non commerciali nascondessero una realtà commerciale e quindi potesse la loro realtà
reddituale riqualificata alla stregua di un reddito di impresa.
Ciò ci aiuta a capire che troveremo molte soluzioni che non hanno come obiettivo quello di fotografare la
realtà, ma è intrisa di soluzioni che prevedono comportamenti di tipo elusivo e cercano di traghettare una
soluzione in quella che dovrebbe essere la soluzione corretta superata l’elusione.
Le imposte personali possono essere PROGRESSIVE o PROPORZIONALI  in genere la
differenza riguarda solo le imposte dirette perché le imposte indirette sono quasi tutte proporzionali
e spesso anche regressive.
 Progressivo = quando l’aliquota cresce in misura più che proporzionale. Le aliquote
cambiano in modo crescente, aumentando la base imponibile non si applicherà la stessa
aliquota ma aliquote crescenti così il gettito finale sarà maggiore rispetto a quello di
un’entrata proporzionale.
 Proporzionale = quando l’aliquota rimane la stessa cambiando la base imponibile,
qualunque sia la base imponibile avrò sempre un’aliquota del 24% per l’IRES; se cresce la
base cresce anche l’entrata però in modo stavolta proporzionale.
Questo è importante perché l’equità e la solidarietà nel nostro sistema passano fondamentalmente attraverso
la progressività. Se io ho un reddito di 200.000 e un’altra persona di 100.000, io verserò più tributi anche in
un sistema proporzionale. Ci sarà un surplus di tributi che saranno distribuiti sugli altri. Se il sistema è
progressivo io pagherò ancora di più e quindi sarà ancora maggiore il rapporto solidale verso i beni e i servizi
che sono erogati agli altri.
Il sistema progressivo mi fa contribuire in modo più che proporzionale. Questo sistema è un sistema
tipico della nostra Irpef, ma non perché ci piace ma perché lo pretende la nostra Costituzione (art.
53 cost.  il sistema tributario è informato a criteri di progressività), i nostri padri costituenti
hanno chiesto di contribuire in modo più che proporzionale, quindi un’idea fortemente solidale.
Però:
 Si applica solo all’IRPEF questo meccanismo, neanche tutte e due le imposte dirette;
 L’IRPEF che è costruito su diverse categorie reddituali prevede che alcune di esse possano
essere sottratte alla tassazione ordinaria per essere sottoposte a una tassazione alternativa
anch’essa di tipo proporzionale.
 In buona sostanza scopriremo che gli unici che garantiscono una contribuzione progressiva e
che quindi sopportano il peso della solidarietà del nostro sistema in misura maggiore sono
coloro che percepiscono un reddito di lavoro dipendente perché in questo attuale momento
storico sono gli unici che corrispondo tributi pagando imposte più che proporzionali
attraverso il meccanismo della progressività.
Il rischio è che si stia disperdendo questo sistema, che funziona finché i redditi continuano a
garantire la maggior quota del gettito nazionale dell’IRPEF (tributo che proporzionalmente dà la
maggior parte del gettito). Quando non riuscirà più a farlo noi avremo che il nostro sistema è
incostituzionale perché non saà più rispettato l’art. 53 cost.
Si tratta di un principio molto sentito nel 1971 quando fu introdotto l’attuale disegno della
tassazione sul reddito, ma che piano piano è stato eroso perché alcune aree dell’IRPEF sono state
sottratte alla tassazione ordinaria per essere assoggettate ad un'altra forma di tassazione che è di tipo
proporzionale anziché progressivo.

13
In più c’è da dire che le imposte sui consumi sono quasi tutte di tipo proporzionale, qualche
volta addirittura regressive, perché c’è una certa quantità di bisogni di cui abbiamo bisogno tutti
ma il benessere induce a sostenere altre spese e poi si arriva a un punto di saturazione dove non ci
sono più spese da sostenere e chi più ha paga meno rispetto a chi ha dovuto percentualmente
sostenere un peso molto più gravoso delle imposte su beni di cui non poteva fare a meno.
 Che il mio reddito sia di 10.000 o di 100.000 euro il pane, il latte, l’acqua ce lo dobbiamo garantire
tutti quindi proporzionalmente finiscono per essere più gravose su chi ha i redditi più basi e meno
gravosi su chi ha i redditi più alti e arriva il punto di saturazione per cui ci sarà una propensione al
risparmio e i consumi finiranno.

Oltre alle imposte sul reddito le imposte dirette conoscono le imposte sul patrimonio:
 Imposte sul patrimonio mobiliare;
 Imposte sul patrimonio immobiliare.
Sono spesso oggetto di discussione politica (la famosa “patrimoniale”). I governi di sx sono soliti
dire che non esiste una patrimoniale e i governi di dx sono soliti dire che ce ne sono fin troppe. Ci
sono? Quali sono? Sul patrimonio immobiliare c’è sicuramente l’IMU, che si paga sul patrimonio
immobiliare, la più importante tra i tributi degli enti locali, perché lo dobbiamo ai comuni, quindi è
sicuramente una patrimoniale sul possesso di immobili (sono esonerati quelli di prima casa,
abitazione in cui si risiede con la famiglia).
La patrimoniale non colpisce il frutto del patrimonio, ma il patrimonio in quanto tale, i frutti
sono già tassati con l’IRPEF; quindi il rischio delle patrimoniali è che provochi un effetto esproprio,
costringa a cedere il bene per non dover più far fronte all’imposta. Se lo possiedo e non ho frutti da
quel bene immobile, perché non si può etc., per poter pagare questo tributo devo avere altre risorse.
Per quanto riguarda il patrimonio immobiliare, e quindi tutti gli investimenti, azioni, titoli,
interessi attivi, in realtà questi beni non hanno un equivalente dell’IMU, abbiamo però una
tassazione, che in linea di principio dovrebbe rientrare nella tassazione sul reddito, perché il loro
frutto dovrebbe essere considerare reddito di capitale e quando ci sono situazioni particolari nel
reddito di tipo diverso. Tuttavia non sopportano tassazione di tipo progressivo ma sono
un’eccezione alla regola della progressività e sopportano una tassazione proporzionale e questo
perché la dottrina economica ci insegna che il risparmio non deve essere tassato alla stessa stregua
del reddito, perché sennò non viene trattenuto nel territorio dove è prodotto ma viene facilmente
esportato o trasferito in investimenti su territori e stati dove la tassazione è inferiore. Chi ha redditi
medio alti può investire il risparmio. I redditi medio alti nella logica di progressività impattano sulle
aliquote marginali maggiori. Se si dovesse tassare in modo ordinario i frutti degli investimenti
mobiliari arriveremo ad una tassazione di 40%, del 43% il che significa rendere il nostro paese non
competitivo rispetto agli investimenti che con molta facilità, grazie anche alla libertà di movimento
e di trasferimenti di capitali in altri paesi, i titolari di quei beni potrebbero ottenere in un altro stato.
La scelta è quella di tassarne il frutto e non la mera detenzione con una tassazione alternativa a
quella che sarebbe ordinaria sulla tassazione sul reddito.

Nelle imposte indirette ci sono le IMPOSTE SUI TRASFERIMENTI, che possono essere a titolo
gratuito o oneroso. Sono 3:
 Registro;
14
 Imposta sulle donazioni;
 Imposta sulle successioni che ha applicazione limitata.
Importante è ricordare che in questo caso il fatto economico che rileva è il trasferimento, il
presupposto dell’imposta è il trasferimento in quanto tale, l’elemento che denota ricchezza è il
passaggio da un soggetto ad un altro, anche quando avviene a titolo gratuito, è un fatto che ha la sua
rilevanza economica.

IMPOSTE SUGLI SCAMBI, tutte le volte in cui viene ceduto un bene o servizio in cambio di un
pagamento di un prezzo:
 Imposta sul valore aggiunto, è il tributo che non ci vede più sovrani rispetto alla disciplina
interna, siamo sottoposti alle regole UE. È grazie all’IVA e a molta giurisprudenza in
materia di Iva della CGUE che sono entrati nel nostro ordinamento strumenti che sono nati
nel sistema dei tributi armonizzati e che ora sono diffusi in tutta la materia fiscale. Quando
vedremo il tema dell’illusione e dell’abuso del diritto dovremo dire che l’origine di quella
legislazione sta in una causa, la Alitax che è sorta da un fenomeno che riguardava l’IVA ed
una banca inglese di fronte alla CGUE. Un altro tema è quello del contraddittorio. È un
tributo già di per sé particolare ma che diventa significativo e rilevante e anche perché
comporta una disciplina piuttosto complessa e perché è spesso un’esperienza pilota che ha
forzato la mano grazie alla CGUE.
 Tributi doganali, che ci portano a definire in territorio altro rispetto a quelli che siamo
abituati a considerare.
IMPOSTE SUI CONSUMI, sono quelle che prendono a riferimento il consumo della merce, che
ricadono in ultima analisi su chi consuma quel prodotto. Questo non significa che anche le altre non
ricadono sul consumatore alla fine, perché col prezzo il produttore glielo fa ricadere, però è di
scambio se la causa della tassazione è lo scambio, abbiamo imposta sui consumi tutte le volte in cui
è il consumo di quel bene che genera il presupposto di imposta e lo scambio è già avvenuto. Le
imposte sui consumi si cumulano insieme alle imposte sugli scambi per cui quando andiamo a fare
rifornimento della benzina paghiamo sia l’imposta sui consumi che l’imposta sugli scambi perché
l’IVA ha rappresentato lo scambio tra il produttore e il distributore e il consumo è stato applicato
all’ultimo passaggio e graverà sul consumatore finale.
IMPOSTE SOSTITUTIVE, sono quelle imposte che vengono immaginate in sostituzione di
quella che sarebbe la naturale tassazione di quel fatto economico. Se è vero che diversi fatti
economici soggiacciono a diverse forme di tributo l’imposta sostitutiva è un’imposta che sostituisce
un’altra, di solito quella dell’IRPEF, con lo scopo di sottrarre quel provento da una tassazione di
tipo progressivo a uno proporzionale. Se la tassazione dei redditi di capitale entrasse nella
tassazione ordinaria dell’IRPEF sopporterebbero le aliquote più alte perché probabilmente chi
risparmia e investe in titoli di obbligazioni ha redditi medio alti e impattano nelle aliquote alte.
Nella realtà vengono sottratte alla forma ordinaria di tassazione e sono sottoposte a un'imposta di
tipo sostitutive attraverso quelle che si chiamano le cedolari secche cioè delle imposte proporzionali
che vanno da 12 a 27% a seconda del tipo di investimento che viene fatto.
Un esempio significativo di imposte sostitutive sono le cedolari sugli affitti di tipo residenziale, una
soluzione presente nel nostro sistema dal 2009 che sottrae il reddito dei fabbricati alla tassazione
ordinaria e la sottopone ad una tassazione minore attraverso una cedolare secca che è circa del 24%.
In questo caso il motivo per cui si è deciso di erodere l’IRPEF e sottargli anche questa altra forma
15
di reddito è stata l’esigenza di far emergere le locazioni in nero. Il Ministro Tremonti disse che gran
parte delle locazioni finivano per non essere trasparenti perché si temeva tassazione molto
importante ome quella sul reddito delle persone fisiche che quando si superano certe soglie arriva
ad avere aliquote che superano il 30 % e qualche volta sopra il 70.000 euro anche 40%. L’ultima
aliquota è del 43% al di sopra del 75.000. Si evitava l’affitto trasparente per evitare di impattare su
queste aliquote. Ecco che si è pensato che sottrare alla tassazione ordinaria i redditi che derivano
dalla locazione di immobili residenziali e assoggettarli ad una imposta più bassa di tipo sostitutivo
potesse essere la soluzione capace per far emergere l’affitto in nero. In realtà in gran parte è
avvenuto perché mentre in passato molti affitti non venivano dichiarati con l’introduzione della
cedolare secca sono emerse tutte una serie di locazioni di tipo residenziale che non erano nel
passato trasparenti però sempre a danno a chi ancora sopporta la tassazione di tipo progressivo.
Abbiamo scoperto quindi che esistono diverse categorie di reddito: quello di lavoro, quello di
capitali, quelli legati agli immobili  di queste tre almeno 2 sono strutturalmente inserite
nell’IRPEF ma di fatto godono o possono godere di regimi alternativi che sono proporzionali e
mediamente più bassi rispetto alla progressività sulla quale impatterebbero.
24/02/2023
Inquadramento generale sui tributi del nostro ST
 IRPEF
È un’imposta che cumula 6 diverse categorie reddituali che sono descritte dall’art. 6 TUIR e hanno
tra loro caratteristiche molto diverse:
 Renditi fondiari;
 Redditi di capitale;
 Redditi lavoro dipendente;
 Redditi lavoro autonomo;
 Redditi di impresa;
 Redditi diversi.
Quando andremo a studiare i poteri e le modalità di accertamento quelle si innestano su questo
tessuto, quindi dobbiamo sapere come si determinano questi diversi redditi. Entriamo nel merito di
queste categorie reddituali e poi dedicheremo più spazio al reddito di impresa perché è la realtà
economica che più fa muovere l’amministrazione finanziaria. Sono tutti controllati, anche i
lavoratori dipendenti, ma nel lavoro dipendente potrò avere il fenomeno del lavoro in nero che potrà
essere accertato dall’amministrazione, ma dopodiché il controllo è sugli adempimenti formali, sulla
loro regolarità. C’è il problema di accertare potenziali evasori, e quindi tutta la struttura
dell’accertamento che noi conosceremo è pensata avendo presente specificatamente queste realtà.
Parlando di principi e valori poi siccome la tassazione diretta resta la forma più importante di
tassazione, ovviamente capire se la tassazione avviene in modo omogeneo e equo per tutte queste
categorie è anche una valutazione di giustizia sostanziale del nostro sistema tributario.
REDDITI FONDIARI  sono collegati al possesso (non per forza la proprietà) dei fabbricati e
dei terreni. A sua volta il reddito dei terreni genera 2 diverse tipologie di reddito:
 Dominicale;
 Agrario.

16
Hanno come caratteristica il fatto che in linea di principio sono determinati attraverso il sistema del
catasto, quindi sono dei redditi che potremmo anche dire predeterminati, perché il modo per
stabilire il valore che questi beni assumono nell’ambito nell’individuazione dell’imposta dovuta
muove dal valore che gli è attribuito catastalmente, che resta immutato tendenzialmente per molto
tempo (si discute il politica tra dx e sx per la revisione del catasto). Siamo in presenza di un valore
medio ordinario, mentre dobbiamo cominciare a riflettere sul fatto che la determinazione del
reddito vorrebbe essere la determinazione di un valore effettivo e attuale e non una media. La
analiticità che è l’obiettivo sotteso al nostro sistema quando siamo di fronte a beni di tipo
patrimoniale e immobiliari si perde perché loro determinano il reddito partendo dal catasto. Il
catasto è un valore medio che si dà alla particella catastale in base alle caratteristiche, con tutta una
serie di categorie e ognuno ha il suo inquadramento sulla base delle valutazioni dei periti, e sono
valori addirittura superati spesso o comunque molto lontani dalla realtà.
 Ci sono eccezioni nelle eccezioni: nel caso dei fabbricati normalmente il loro valore non si determina
(se sono locati) in base al catasto ma in ragione dei canoni di locazione tuttavia eccezione
dell’eccezione si può optare per sottoporre questi canoni anziché alla tassazione ordinaria a quella
sostitutiva attraverso il meccanismo della cedolare secca, voluta per far emergere il nero sugli affitti
residenziali degli immobili. Nel catasto per i fabbricati abbiamo l’eccezione perché si supera il
catasto quando sono locati e il canone di locazione supera il catasto, però in quel caso è anche vero
che possiamo non pagare l’IRPEF, ma chiedere di pagare una imposta sostitutiva dell’IRPEF, la
cedolare secca al 24%, mentre nell’IRPEF è al 43-37%. Si parla di redditi lordi e arrivare a 50000-
60000€ si fa presto e quindi con una cedolare secca si guadagna abbastanza con un buon reddito di
lavoro.
Questo per dire come funziona la tassazione degli immobili ad uso abitativo, tutti gli altri si
calcolano in base alla rendita salvo che non siano l’oggetto dell’attività del soggetto, se uno fa il
costruttore è un’altra cosa, ma una volta che diventa patrimonio e non è più costo viene valutato
attraverso il sistema delle rendite.
I terreni si dividono in 2 categorie: il reddito dominicale è attribuito a tutti i terreni che non sono
coltivati, quindi si suppone che possederlo invece di no sia rappresentativo di una certa ricchezza,
sono rendite molto basse perché tendono a remunerare il possesso e gli investimenti di lungo
periodo. Ma tra essere proprietari di una casa e di una casa e di una collina dal punto di vista della
ricchezza sarà un po’ diverso anche se non c’è nulla, es. ci posso raccogliere la legna, si suppone
che ci sia un plusvalore di questi beni, il solo fatto di averli pretende che quando facciamo la
dichiarazione dei redditi si aggiunga una quota che deriva dal possesso di questi beni, determinata
dal sistema catastale, quindi sempre la stessa somma ogni anno, a meno che non intervengano
ragioni peggiorative di cambiamento della rendita oppure migliorative.
Il reddito agrario è importante perché riguarda molti italiani che di mestiere fanno gli imprenditori
agricoli purché non lo facciano con l’abito societario ovviamente. Quando c’è il vestito societario
abbiamo sempre un reddito di impresa. Anche alcune grosse possono fruttare un reddito agrario, ed
è quindi un reddito da produzione, non siamo più nella forfettizzazione di un bene che si possiede e
non messo a frutto, nel reddito agrario noi siamo nell’ambito pieno di un’attività agricola, quindi
potrebbe non esserci una differenza tra quello che realizza un imprenditore agrario e quello che
realizza la società agricola. Il fatto che siano vestiti da imprenditore singolo o società fa sì che se si
rispettano dei criteri previsti dal TUIR io anziché fare la differenza tra ricavi e costi stabilisco il mio
reddito attraverso il parametro della rendita. Se io sono bravo e so far fruttare la mia terra ho una
quota di ricchezza che non è sottoposta a tassazione  occhio di riguardo per attività che preserva
attività tradizionali o all’ambiente e territorio.

17
Questo significa che c’è molto contenzioso tra contribuente e amm.ne, perché il contribuente vuole
dimostrare di avere un reddito agrario, e l’amm.ne vorrà sempre controllare se davvero quei
parametri sono reali o sono un po’ forzati. Siamo comunque nella regola dell’eccezione, ovvero la
determinazione del reddito con medie ordinarie, ma mentre in questo caso sono date per scontate
mentre in altri casi sono gridi allo scandalo.
REDDITO DI CAPITALE  si ottiene mettendo a frutto i propri risparmi, investendo i propri
risparmi, quindi tutto ciò che è un investimento fruttifero e comporta una remunerazione in termini
di denaro diventa reddito di capitale. È l’espressione del mettere a frutto ciò che è risparmio, ciò che
non mi serve per vivere, ciò che ho potuto accumulare etc. tendenzialmente i sistemi evoluti
tendono a non tassare troppo il risparmio perché sennò svanisce. La gente quei soldi se li
spenderebbe, oltre al fatto che siamo in UE e quindi siamo liberi di circolare con mezzi capitali, e
quindi se la Francia non me li tassa io potrei tranquillamente spostarli, è possibile mettere questo
denaro in mani altre che comportano una tassazione diversa (oggi è possibile in mille modi,
pensiamo alle criptovalute).
I paesi hanno piacere a tenersi gli investitori e l’Italia ha fatto una legge per richiamare investitori
con una cedolare bassissima su chi portava i capitali in Italia negli ultimi anni. Ma allora perché sta
nell’IRPEF se abbiamo detto che l’IRPEF è l’imposta che determina la maggiore pressione fiscale?
Perché la realtà è che questi beni sono sottoposti non a tassazione ordinaria, ma alle cedolari.
 Io vado in banca faccio un investimento, questo investitore mi darà dei frutti su cui avrà già
applicato delle imposte mediamente molto basse e quando io farò la mia dichiarazione
ancorché ho dei redditi da capitale non dovrò dichiararli perché avranno pagato a parte
un’altra imposta e non dovranno essere messi nel coacervo di tutti i valori che costituiscono
la base imponibile dell’IRPEF. Tutti i paesi industrializzati spingono verso il
reinvestimento, perché si sa che i frutti non saranno tassati pesantemente.
REDDITO DI LAVORO DIPENDENTE  categoria che si dice determina il reddito “al lordo”
chi determina il reddito di lavoro dipendente normalmente non ha dei costi, non esiste la possibilità
di portare in detrazione dei costi, ma tutto ciò che avviene in rapporto di lavoro anche sotto forma di
benefit vanno a costituire la somma su cui incide l’imposizione. Anzi il contrario tutto ciò che
proviene dal datore di lavoro deve essere trasformato in una corresponsione,quindi se mi mette a
disposizione un’auto, il nido, avrò il reddito + una quota di quel benefit. Se io non godo delle ferie e
mi faccio pagare l’indennità per ferie non godute diventa ugualmente reddito di lavoro (ma hanno
causa nella rinuncia al diritto!).
È un reddito onnicomprensivo che cumula trasformando in quota parte anche i beni in natura tutto
ciò che viene dal datore in ragione del rapporto di lavoro. Spesso poi ci sono delle figure che non
incardinano direttamente il lavoro dipendente (sacerdote, soci delle cooperative).
È onnicomprensiva da più punti di vista:
 Dà un’idea di individuazione delle attività comprensiva anche di situazioni non
puntualmente ascrivibili ad una nozione di rapporto di lavoro in senso stretto;
 Quantum spesso comportano l’incorporazione di valori che traggono spunto dal rapporto ma
che non sono remunerazione vera della prestazione di lavoro.
Sono i redditi che determinano la maggior parte dell’entrata dell’IRPEF che è a sua volta la più
importante e sono gli unici che sono interamente sottoposti senza deroghe alla progressività.

18
REDDITO DI LAVORO AUTONOMO  aveva la stessa sorte prima, certo è diversa, deriva
dall’esercizio di arti e professioni, che per certi versi è simile all’attività di impresa, perché ho una
corresponsione per le prestazioni che rendo e avrò un minimo di costo e dunque in linea di principio
segue la regola della somma algebrica tra componenti positivi e componenti negativi.
Anche lui è stato in gran parte tolto dalla progressività perché hanno inventato la flat tax  fino al
livello lordo di 85000 euro (ci arrivano in tanti perché devono essere ancora tolti tutti i costi),
un’aliquota al 15% spaccata lì, né più e né meno che quella. Ci interessa dal punto di vista della
progressività, che è un principio sancito dalla costituzione, non da chi ha un’idea sociale
dell’economia. Il reddito di lavoro autonomo è allora progressivo se superiore a questo importo
sennò è piatto.
Dobbiamo anche dire che sono redditi che comportano lavoro, vengono spesi, magari al lordo hai
una tassa piatta ma al netto poi hai costi, oppure dai lavoro ad una segretaria, fai riemergere del
nero. Il gettito sta aumentando quindi forse sta effettivamente emergendo il nero. Il lavoro
autonomo richiede una partita IVA, però i giovani, fino ai 30 anni, hanno lavorato all’estero e poi
sono rientrati, volumi d’affari sotto limiti, gode di regimi agevolati, è una legislazione IRPEF che si
intreccia con l’IVA. Noi stiamo sempre parlando dell’IRPEF in generale ma ci sono regimi
agevolati.
Il lavoro autonomo a volta si confonde col reddito di impresa, perché nella nozione di reddito di
impresa abbiamo anche attività diverse dal cc, quindi oltre al 2095 ci sono tutte le attività di
servizio, se sono organizzate in forma di impresa. Al tempo stesso ci sono delle attività che hanno
molto del lavoro dipendente perché in realtà è libera e non è alle dipendenze, però dal punto di vista
formale e tecnico non ha un contratto di lavoro dipendente e ha una partita IVA come lavoratore
autonomo, ma se si guarda nella sostanza è più lavoratore dipendente di una professoressa.
Fiscalmente la fotografia di queste categorie economiche è più legata alla necessità di trovare delle
regole di certezza nell’individuazione del reddito (per calcolare il reddito di quel soggetto è più
facile metterlo in una categoria altra rispetto alla sua civilistica); non c’è il valore sociale della
categoria né coincide sempre con la qualificazione civilista.
Il reddito di lavoro autonomo segue il principio di cassa, cioè le entrate e le uscite rilevano nel
momento in cui sono sostenute (si fa la fattura quando paga), nel reddito di impresa vale la
competenza (domani mi consegni un bene di 100: tu hai un ricavo di 100 e io una spesa di 100 e
questo c’è a prescindere che il fatto si verifichi o meno). Dal punto di vista dell’attività spesso
sfuma e spesso un elemento fondamentale per risolvere conflitti e interpretazioni è data
dall’esistenza o meno di una organizzazione, che spesso è espressione di un’attività che ancorché
rivestita da lavoro autonomo fa impresa. Quando manca l’organizzazione diventa più facilmente
inquadrata nel lavoro libero – professionale perché si ritiene che le regole che presiedono la
determinazione della categoria di reddito siano più adatte ad una realtà che non ha un’importante
organizzazione.
REDDITO DI IMPRESA  è importante perché lo troviamo sia nell’IRPEF che nell’altra imposta
sul reddito che è l’IRES, anzi nell’IRES per i soggetti che la caratterizzano per davvero (enti
commerciali e SC) il reddito di impresa è l’unica categoria reddituale. Nell’IRPEF è riferibile a 3
diversi tipi di soggetti:
1. Imprenditore individuale;
2. Imprenditore famigliare 230bis e ter cc;
3. Società di persone.

19
Può esserci un imprenditore individuale che ha proprio reddito legato all’attività che svolge che poi
va a cumulare con le altre categorie di reddito (es. pensione e reddito di impresa, oggi non è proprio
facile perché in pensione non ci si va mai). Si determina con somma algebrica di costi e ricavi ed è
imputato a imprenditore individuale che potrebbe cumulare con redditi di capitali anzi magari le due
cose sono collegate (più ha e più investe).
Nell’impresa familiare viene guardata in cagnesco nel diritto tributario = quell’impresa un cui c’è
un imprenditore individuale che nell’esercizio della propria attività si avvale dei propri parenti fino
al terzo grado e affini fino al secondo, che ora vale anche per le unioni civili. Questa regola è una
regola antielusiva perché fingere che qualcuno collabori non è così difficile, ad esempio mia
suocera mi tiene i bambini e mia nuora mi tiene la contabilità e mia moglie mi fa da segretaria, che
sia vero o no non è difficile rappresentarlo. Uno dovrebbe rappresentare una realtà non veritiera per
la progressività, per cui se il reddito è cento, su una testa conta l’aliquota più alta del 43%, ma se a
forza di collaborazioni fingo di dare reddito un po’ alla moglie, un po’ alla suocera etc. lo spalmo
finisce che andiamo tutti ad impattare sulle aliquote più basse e alla fine il reddito è tutto mio ma ho
pagato meno, ed è quello che succede quando si va a fare praticantato nello studio della mamma.
Spalmiamo il reddito su 2 teste e non su una. È la filosofia sottesa all’art. 5 TUIR. Cosa stabilisce il
lgs fiscale per evitare il problema dell’elusione?
 Non è evasione, che è quando sottraggo qualcosa, mentre invece l’elusione è quando
organizzo le cose per raggiungere risultati lecitissimi.
Il legislatore ha quindi detto che si può spalmare sulla testa dei collaboratori solo il 49%, il restante
51% deve rimanere in capo all’imprenditore e deve risultare dall’atto costitutivo, dallo statuto e
deve essere dichiarato nella dichiarazione come assunzione di responsabilità. Abbiamo allora un
reddito di impresa che viene determinato dall’imprenditore alla fine dell’esercizio, e che poi si
ritrasforma in reddito personale di ciascuno pro quota e per un quantum proporzionato al lavoro
prestato, per cui se io dico che mia suocera mi tiene il bimbo il mercoledì non è che poi posso dargli
il 49% perché non c’è proporzione. Sembrano cose buffe ma è su questo che si litiga con
l’amministrazione  è una forma di interposizione fittizia = si interpongono dei soggetti al vero
referente dell’attività svolta.
Le società di persone (sono molto importanti perché sono molte, rilevanti, parliamo sempre delle
PMI) hanno il vestito della società, quindi il reddito è uno solo, la società determina il proprio
reddito per esercizio. Però nell’IRES abbiamo un reddito di impresa che sconta l’IRES al 24% e poi
quando avverrà e se avverrà ci sarà una distribuzione di utili e potranno essere distribuiti su persone
fisiche o giuridiche ma nel momento della distribuzione saranno ritassati (perché lo stato tassa
proprio la PG, lo stato sa che deve mettere strutture pensando anche a PG) prima che quella
ricchezza sia distribuita su delle PF; poi c’è un latro livello di tassazione perché quando il frutto
sarà distribuito tra i soci ci sarà un’altra tassazione che sarà totale per le persone fisiche e minima
parte per le PG perché in quel caso si segue la logica di reinvestimento e allora si tassa tutto alla
fine quando arriva a una PF.
Nelle società di persone la società NON PAGA L’IRPEF, determina il reddito ma al solo fine di
imputarlo pro quota ai soci a fine esercizio, a prescindere dal fatto che ci sia o meno la
distribuzione. Quando sarà distribuito sarà esentato, ma non c’è mai una forma di doppia tassazione,
perché si dice questo soggetto è fiscalmente TRASPARENTE, è il principio della trasparenza.
 Nella società di persone realizzo 100, 4 soci a 25% ciascuno e a fine esercizio ai soci gli imputo il
25% di 100 e loro la mettono nella dichiarazione, anche se materialmente non l’hanno percepito.
Quando sarà distribuito sarà esentato.
20
La SP ha un ruolo amministrativo, l’Agenzia delle entrate non bussa alla porta del socio, bensì
della società, la verifica viene fatta nei confronti della società e poi quello che scopre lo imputa ai
soci e il quantum imputabile ai soci è deciso dall’atto costitutivo o dallo statuto e se lì non è
stabilito allora si presume che la distribuzione avvenga in parti uguali. Fiscalmente se nel corso
dell’anno c’è un avvicendamento dei soci, esso non rileva perché si teme che sia una manovra
elusiva. Anche sulle persone fisiche si trasferisce risultato con segno +, ma anche quelli con segno
-, per cui io potrei essere eletto anche per una bella perdita e quindi potrebbe aver interesse ad
acquisire l’utile perché lo dichiara con la perdita, mentre su di me che non avevo la perdita, l’utile
avrebbe portato al pagamento di un IRPEF, che è progressiva e che comporta delle somme piuttosto
importanti.
Srl a ristretta base partecipativa  hanno un peso nel senso che normalmente non hanno una
dignità autonoma, non se ne parla espressamente nel cc, perché sono una costruzione dell’Agenzia
delle entrate. Tra essere una SP e una srl c’è di mezzo il mare, ovviamente, in quanto alla
tassazione; tra una SP, SNC o SPA anche dal punto di vista della percezione dei soggetti, organismi
e organizzazione si vede la differenza, ma tra certe SP e certe srl tutta questa differenza nella
gestione non c’è, in particolare quando la compagine societaria della srl è quella che viene chiamata
familiare o a bassa partecipazione.
Fiscalmente quella srl lì quando l’amministrazione fa le verifiche le tratta più come se fossero SP
che come se fossero srl, quindi quando fa l’accertamento e si convince che ci siano delle attività in
nero non dichiarate, quindi un risultato di esercizio non dichiarato, ancorché non ci sia la delibera
(perché per la srl ci vorrebbe la delibera per la distribuzione) considera che i soci se lo sono
intascati; tassa le srl e tassa i soci. Presume  è una presunzione in presenza di una srl a ristretta
base partecipativa accertato il maggior reddito; presume una distribuzione anche in assenza di prove
oggettive, basandosi sulla composizione particolare di quella srl, che non segue le regole così
rigorose delle società di capitali (su questo vedi domande sbobine).
Hanno anche rilevanza i gruppi societari e in questo caso l’IRES consente loro di scegliere dei
regimi fiscali che si chiamano opzionali che sono quelli della trasparenza e della tassazione
consolidata.
Abbiamo capito come rileva il reddito di impresa ed è una materia dinamica. Diremo come si
compone il reddito di impresa che ancoreremo ai beni, perché dai beni dell’azienda derivano le
componenti reddituali e poi i principi che presiedono alla determinazione del reddito dell’impresa,
che sono 4, tra cui il principio di inerenza che è spesso ragione di discussione tra amm.ne e
contribuenti perché la prima ha preso l’abitudine a sindacare la congruità e la economicità delle
scelte degli imprenditori. Su questo tipo di rettifica vi è molto contenzioso.
28/02/2023
Ci sono 4 principi che presiedono alla determinazione del reddito di impresa, spesso causa di
controversie tra amm.ne e contribuente.
Principio di COMPETENZA
Il principio di competenza è il principio che colloca temporalmente gli interventi, perché il reddito
d’impresa è un reddito molto articolato, molto complesso, che mette insieme beni e frutti di diversa
natura, quindi collocare temporalmente il costo, l’elemento reddituale di segno positivo o di segno
negativo non è sempre la cosa più scontata; poiché il lgs fiscale ha bisogno di certezze si dà delle
regole, anche disattendendo alle regole di diritto civile. Per esempio quando si tratta di stabilire
temporalmente quando ho sostenuto un costo o ho ricevuto un ricavo, nella compravendita il
21
contratto si perfezione al momento dello scambio del consenso; dal pdv fiscale il momento non ha
rilevanza ma si guarda al fatto fisico della consegna del bene. Anche questa regola ha finalità
antielusiva: stabilire quando scambiare il consenso in base al risultato che vogliamo ottenere a fini
fiscali sarebbe troppo comodo, mentre la consegna ha una sua fisicità.
Quando si tratta invece di acquisti o cessioni, comunque costi o elementi positivi che hanno ad
oggetto beni immobili, nel caso della cessione di beni immobili gli atti richiedono la forma scritta
ad substantiam e l’atto a forma scritta, l’atto pubblico o la scrittura privata hanno la data certa, e il
fisco è tutelato dall’atto e dalla forma dell’atto e dalla data; quindi, non va a cercarsi una regola
diversa. Però, ad esempio, considera dei contratti che non sono vere e proprie cessioni, come
l’affitto con la promessa dell’acquisto dell’immobile, un acquisto già avvenuto perché teme che
quel tipo di contratto che può postergare o anticipare l’effetto veramente voluto sia posto in essere
con un tipo di manovra elusiva. Quello che è importante è che spesso e volentieri le regole
civilistiche sono derogate, e quindi se noi vogliamo risolvere un quesito di natura fiscale non ci
basta conoscere il momento di perfezionamento del singolo contratto ma dobbiamo vedere il TU.
Principio di PREVIA IMPUTAZIONE
Riguarda solo i costi e vuole che tutti i costi, per poter essere portati in detrazione nella somma
algebrica, gli elementi negativi abbiano tutti prima una rappresentazione nel conto profitti e perdite,
che siano cioè civilisticamente esistenti, che esistano nelle scritture (=previa imputazione nelle
scritture). Tutti i costi che non sono stati preventivamente indicati nelle scritture anche se sostenuti
non hanno in prima battuta la possibilità di essere portati in deduzione, salvo consentire di
dimostrare ex post che ancorché non preventivamente imputato quel costo è stato sostenuto. Anche
qui troviamo:
 Ancorarsi al formalismo e al valore giuridico delle scritture contabili
 Impossibilità di rinunciare alla giusta imposta (pagamento coerente col principio della giusta
imposta).
Principio di INERENZA
Sta creando moltissimo contenzioso, molto banale  i costi rilevano se producono ricavi. Io non
posso portare in detrazione costi che non sono per beni o servizi destinati poi all’attività e quindi a
produrre ricavi e posso portare in detrazione tutti i costi che hanno generato ricavi. Ma
l’imprenditore può sostenere costi per il proprio piacere, ambizione? Oggi siamo arrivati all’idea
che quasi tutto possa essere portato in detrazione, ma il grosso della discussione nasce dal fatto che
l’amm.ne finanziaria ha smesso di sindacare il tipo di costo, e si è messa a sindacare l’economicità
dei costi sostenuti dall’imprenditore. Non le importa più di dire che un costo non è deducibile, non è
inerente perché non attiene all’attività d’impresa, non arriva a questo perché che cosa è deducibile
ormai si sa, è un problema antico che ha riguardato, ad es., le spese di pubblicità: all’inizio del
secolo scorso si diceva, ma le spese di pubblicità sono proprio necessarie all’imprenditore, sono
proprio inerenti all’attività? Si consideravano costi solo quelli legati alla produzione in senso stretto,
figuriamoci le spese di rappresentanza, ma ormai questo è abbastanza superato, si arriva ad
ammettere che l’imprenditore possa comprarsi un Van Gogh e metterselo nello studio.
Il problema è: l’imprenditore può fare scelte antieconomiche? Può portare in deduzione i costi che
appaiono eccessivi rispetto al volume di affari? La Cost. ammette la libera iniziativa economica, il
che comprende anche la libertà per l’imprenditore di scegliere se avere utili o no, di solito sarà così
ma non è detto. La Cassazione si è spostata un po’ troppo a favore dell’amministrazione; l’amm.ne
sindaca nel quantum le scelte, e la Cassazione sminuisce i valori cost. sottesi all’esercizio
22
dell’attività imprenditoriale e autorizza l’amm,ne ad entrare nel merito delle scelte
dell’imprenditore. C’è però in questo senso una correzione a cui è pervenuta la Cass. che dice le
operazioni sono valutabili ma l’agenzia non può neanche guardare dallo spioncino della serratura il
singolo fatto, deve fare una valutazione complessiva anche dell’economicità dell’affare.
Questi aspetti sono molto presenti perché sempre più spesso l’amm.ne torva le scritture perfette, le
formalità molto ben gestite, perché anche la nostra imprenditoria è importante, gli improvvisati non
ci sono più anche perché è faticoso, ma l’amministrazione si è messa a sindacare le scelte
economiche. Perché lo può fare? Perché si torna al fatto che coglie in quello che lei ritiene eccessi
delle manovre di tipo elusivo (es. con utili di 200 mila pago 80 mila l’amministrazione, è una scelta
forse antieconomica e potrebbe darsi che quei soldi li ha attribuiti a quello per abbattere l’utile e
invece l’ha pagata poi in altro modo). Il problema è che nella realtà qualche volte ha ragione, ma
bisogna vedere se al risultato sacrosanto ci si può arrivare sacrificando dei valori costituzionali.
Principio di OBIETTIVA CERTEZZA
Tutto ciò che costituisce la base imponibile deve essere certo nell’an e nel quantum, e quindi anche
se non quantificato sia quantificabile. Anche se le attività sono “aleatorie” es. pianto un frutteto,
devo darmi dei parametri di concretezza perché altrimenti dal punto di vista fiscale mancano gli
agganci necessari per arrivare ad una determinazione puntuale del reddito, a cui arrivo facendo
questa somma algebrica.

La somma algebrica
Stabiliti i principi di questa categoria reddituale bisogna ragionare sulla somma algebrica di cui
abbiamo parlato, sono componenti che abbiamo richiamato: da un lato quelli positive, i ricavi, le
plusvalenze, sopravvenienze attive; dall’altro i negativi, costi delle materie prime, del lavoro, della
commercializzazione, dei know-how, rappresentanza, ricerca. In tutti questi casi noi possiamo avere
componenti positivi o negativi.
 Negativi sono quasi tutti costi che devono essere certi e documentati, es. nel fisco non si può
riportare un costo perché è prudente farlo (principio di prudenza vale in materia civilistica),
il costo deve essere certo e sostenuto.
 Poi c’è il discorso degli ammortamenti, i costi non rilevano normalmente per intero
nell’esercizio in cui il bene viene acquistato ma nella stragrande maggioranza dei casi si
tratta di beni che hanno una durata pluriennale, quindi vengono ammortizzati. Che cosa
interessa: non tanto come si fa l’ammortamento ma dire che spesso attraverso la politica
fiscale dei costi si introducono delle leve economiche importanti. Es. per molti anni è
esistito un ammortamento che civilisticamente non è contemplato, l’ammortamento
anticipato, che era un modo per consentire agli imprenditori di portare in detrazione un costo
per un valore pari al doppio di quello previsto civilisticamente, dimezzando il tempo di
ammortamento. Questo è un fatto che ha valore sociale, è come fa il fisco qualche volta a
favorire certi acquisti piuttosto che disincentivarne altri.
- Per cui se vogliamo far rinnovare tutti i sistemi di illuminazione stabiliamo che il costo per il
sistema di illuminazione, anziché dedurlo in 10 anni o in 3 anni, lo deduco tutto nell’anno in
cui sostengo il costo, per cui l’imprenditore dice: quest’anno preferisco pagare più tasse o
rinnovare l’impianto di illuminazione? E rinnova l’impianto di illuminazione. Questo
favorirà la categoria, un po’ come accade per la persona fisica con tutte le agevolazioni per la
ristrutturazione delle case, per gli interventi che servono per ridurre il costo energetico, le
agevolazioni legate ad alcuni investimenti che servono a tutelare l’ambiente in generale,
23
quindi il fisco non è soltanto entrata e uscita, è anche leva, strumento di politica economica e
di valorizzazione del bene comune, che serve a fare delle scelte di politica in senso stretto,
dopodiché ciascun governo fa le scelte politiche che vuole, sempre nella cornice della nostra
Costituzione, che è una cornice che va dal liberale al comunista e quindi è facile per ciascun
governo trovare delle soluzioni che trovano un addentellato all’interno della nostra
Costituzione.
Questi componenti reddituali si ancorano ai beni dell’azienda, che possono essere:
 Patrimoniali = appartengono al patrimonio dell’azienda o dell’imprenditore, la loro cessione
genera normalmente delle plusvalenze, se bene inizialmente investiti, ma può capitare il
contrario, e quindi generare minusvalenze, es. io acquisto un terreno, lo tengo per 20 anni
ma poi ho bisogno di liquidità urgentemente e lo vendo e magari realizzo meno di quanto lo
avevo pagato, ma se un imprenditore è saggio normalmente dai beni patrimoniali riceve
plusvalenze (soprattutto se sono BM, come titoli, azioni e obbligazioni.
 Strumentali , anche loro possono generare plusvalenze o minusvalenze. Quando si
acquistano generano costi, chiaramente se sono di bassa qualità (es. mobile IKEA)
genereranno minusvalenze o addirittura 0, ma possono anche generare dei frutti (anche se i
macchinari strumentali di solito deteriorano).
 Bene merce = tutto ciò che viene ceduto ed è frutto della produzione dell’impresa, sono
quelli che generano i ricavi. Normalmente l’imprenditore produce beni e servizi, li cede a
titolo oneroso a terzi, in cambio ne ha un compenso, genera un realizzo, e il compenso si
chiama ricavo. Se io vendo pasta e sono un grande produttore di pasta, nel momento in cui
vendo la pasta ho un ricavo; se però in un momento di carestia ho i magazzini pieni e vendo
la mia farina ad un altro imprenditore avrò ugualmente ricavi, anche se non ho ancora
prodotto la pasta, perché tutto ciò che entra nella produzione una volta ceduto genera i
ricavi. La caratteristica dei ricavi è quella di avere una evidenza immediata nel senso che un
bravo imprenditore compra quest’anno e vende quest’anno, fa degli acquisti programmati
perché sa quali saranno le sue vendite, e quindi il ricavo di solito avviene nello stesso anno
in cui è avvenuto il costo, invece i plusvalori richiedono che si realizzi un certo arco
temporale tra il momento dell’acquisto e della cessione e quindi mentre i ricavi rilevano di
solito nella loro interezza perché sono ciò che deve produrre l’imprenditore, le plusvalenze
normalmente si possono rateizzare.
- Così come impiego dieci anni a far fruttare quella libreria, magari l’ho tenuta e dopo dieci
anni si è rivalorizzata, allora quando avrò il frutto anziché farlo incidere tutto
immediatamente nell’esercizio in cui si realizza il fisco mi consente di “spalmare nel tempo”
questo plusvalore: questa è una caratteristica del diritto tributario e della nostra fiscalità,
quella di tener sempre un po’ conto, anche in modo fin troppo sofisticato, analitico, di come
il tempo interviene nella realizzazione di alcuni risultati. Un bene che detengo per anni, poi lo
cedo, e il fattore tempo qualche volta cambia il destino del frutto: a seconda di quanto ha
inciso il tempo l’operazione è più o meno speculativa, quindi se è più speculativa la
tassazione sarà più pesante, se è meno speculativa la tassazione sarà invece più di tipo
ordinario.
Tutto questo sottintende che questi beni siano ceduti e noi siamo portati a considerare la cessione
nell’ambito di una compravendita come una cessione a titolo oneroso. Fiscalmente le cessioni a
titolo gratuito valgono tali e quali quelle oneroso, perché sennò sotto le mentite spoglie di una
donazione si potrebbe fare una cessione in nero. Ma anche quando ceduto a titolo gratuito un bene
esso è un realizzo, quindi non ci sarà un prezzo e allora come si fa? Quando non abbiamo un prezzo

24
si guarda il valore normale, o venale, valore di commercio tenuto conto delle condizioni di mercato,
tempi.
Rientra nel realizzo anche l’eterodestinazione o uso personale = togliere un bene dalla propria
finalità e fargli fare un altro percorso (es. dono le t-shirt che produco ad un’associazione di
volontariato)  gli do una destinazione fuori dal mercato. Pagherò le imposte come se io avessi
realizzato dei ricavi, perché ancora una volta vogliamo evitare l’elusione, come l’uso personale.
Tutto ciò che esce dall’azienda deve essere tradotto in una somma di denaro che entra nella somma
di cui parliamo. Lo stesso risultato lo otteniamo quando la cessione o meglio il trasferimento è
frutto di un provvedimento dell’amm.ne pubblica o del giudice.
- Se ho un provvedimento di esproprio per pubblica utilità o di pignoramento e di vendita
all’incanto perché è una procedura esecutiva, chiaro che se anche va ad incidere su beni che
sono di proprietà dell’imprenditore non per questo il risultato è diverso, avrà un ricavo anche
se non c’è cessione a titolo oneroso o gratuito, è un fatto eccezionale, straordinario, che toglie
comunque un bene da una realtà economica e lo porta in un’altra realtà economica, e quindi
dovrò monetizzare anche quel tipo di intervento anche se non voluto e non gradito.
In questo caso si guarda il valore attribuito dal provvedimento, quindi se c’è equo indennizzo o il
credito a monte in forza del quale è avvenuto il pignoramento = il valore che viene attribuito al bene
dall’amministrazione o dal giudice. Qui il valore è predeterminato e contenuto nell’atto stesso.
Ovviamente gli indennizzi possono essere sottoposti all’attenzione del giudice, questo nel diritto
tributario è un problema abbastanza serio perché tra il momento in cui si realizza il fenomeno e la
reale corresponsione della somma oppure il suo utilizzo possono trascorrere anche degli anni se si
inizia una causa sulla singola questione, e questo può anche far slittare in avanti il tempo in cui
bisogna tener conto dell’entrata. Però il valore è determinato diversamente, e come abbiamo visto
parlando di indennizzi, la giurisprudenza della Corte di Giustizia, dal fatto che gli indennizzi non
debbano mai essere inferiori al valore venale in qualche modo ritorna il valore, ma come
conseguenza dell’applicazione di una soluzione di razionalità che è stata imposta dalla Corte
europea e non certamente come conseguenza di una norma fiscale in questo caso, mentre negli altri
casi è la norma di diritto tributario che ti dice di guardare al valore normale. Qui il valore è
l’indennizzo, che poi l’indennizzo debba essere commisurato o quantomeno non inferiore al valore
di mercato lo dice il giudice, e ormai è diventata giurisprudenza anche della nostra Cassazione.
REDDITI DIVERSI  categoria di tipo residuale, quindi ci confluisce ciò che non riesce ad essere
richiamato nelle altre categorie di reddito. Per esempio una vincita alla lotteria. Ci consente di
richiamare a tassazione dei fenomeni che hanno rilevanza economica e però secondo le regole
descrittive che delineano i perimetri fiscali del TU siamo senza categoria precisa, qualsiasi provento
entri nella sfera economica di un soggetto passivo d’imposta.
Questo ci consente anche di dire che il nostro T.U. ha scelto la teoria del reddito-entrata, chi si
occupa di economia sa che esistono tre categorie di reddito possibile in astratto: il reddito prodotto,
il reddito consumato e il reddito entrata;
 Reddito consumato = qualifica il reddito come la redditività individuata da ciò che si
consuma, quindi prescinde da come ottengo un provento, ricchezza, disponibilità, e me la
tassa nel momento in cui la vado a consumare. Non è il nostro sistema dove nel consumo
abbiamo un’altra serie di redditi che si applicano.
 Il reddito prodotto è la versione originaria della nostra IRPEF, quella che era in origine, nei
primi anni ’70, cioè il frutto di un’attività: così come in modo abbastanza arcaico si
escludeva dal reddito d’impresa la pubblicità e la rappresentanza, che erano cose bizzarre

25
magari cento anni fa, così alla stessa stregua si considerava che fosse reddito solo ciò che
era frutto di un’attività produttiva, ovviamente anche in senso ampio, anche un investimento
finanziario, però comunque un’attività posta in essere volutamente per realizzare un profitto
da parte del contribuente. Invece, questa nozione col tempo si è andata sempre di più
allargando, sono arrivate le plusvalenze, le plusvalenze occasionali, le vincite, gli
investimenti all’estero, le speculazioni, tutta una serie di attività che in passato non erano
così diffuse, non era fenomeno che poteva stare nell’attenzione del legislatore fiscale, erano
attività marginali, alcune forse non esistevano ancora, mentre quando questi fenomeni
economici si sono diffusi si è anche ampliata la nozione di reddito e la categoria dei redditi
diversi è la categoria che ci consente di chiudere il cerchio richiamando a tassazione tutto
ciò che entra nella sfera economica di un contribuente, anche quando è frutto della sorte e
non proprio frutto di un’attività voluta e posta in essere dal contribuente.
Tassazione dei proventi derivanti da attività illecite  il frutto delle attività illecite può essere
sottoposto a tassazione? Per molti anni si è ritenuto di no, e cioè che tutto ciò che è frutto di
un’attività illecita non potesse essere tassato. Il problema è tra coloro che privilegiano la tesi
giuridica e coloro che privilegiano la tesi economica.
 Dal punto di vista giuridico il frutto di un’attività illecita non dovrebbe portare entrate allo
stato, perché se lo rifiuta dovrebbe rifiutarlo sempre (se l’attività la ritengo illecita non mi ci
devo arricchire sopra).
 Dal punto di vista economico, si considera la ingiustizia economica tra il medico che fa la
professione e il Sig. Rossi che non è neanche laureato ed esercita e guadagna più del medico
vero. È vero che sta lavorando pienamente nell’illecito, ma dal punto di vista economico stai
esonerando dal pagamento dei tributi una serie di soggetti che hanno un realtà economica
talvolta anche significativa, e che peraltro comporta l’esercizio di attività illecite che non
prevedono neppure magari il sequestro come conseguenza dell’attività illecita: se non li tassi
e non li sequestri questo se ne sta comodo, pagherà dal punto di vista penale o
amministrativo, ma intanto si è arricchito e non ha contribuito al sostenimento delle spese
pubbliche, dei servizi di cui lui stesso si avvale potendo esercitare la professione.
Ovviamente parliamo del caso in cui l’amm.ne venga a conoscenza di queste attività. Spesso
l’amm.ne è coinvolta anche nelle iniziative penali del pm.
Nel 1993 l’art. 14 l. n. 537 introduce la possibilità di portare a tassazione anche il frutto elle attività
illecite e può sembrare la giusta mediazione. Queste attività illecite sono tassabili ex post dopo che
il controllo è stato fatto a patto che siano riconducibili o alla nozione di reddito di lavoro
autonomo o dipendente o alla nozione di reddito di impresa  attività che avrebbero tutti i crismi
per essere considerate, se fossero condotte legittimamente, attività possibili e legittime. Quindi si sta
svolgendo un’attività lavorativa, magari senza un permesso, autorizzazioni, regole ambientali etc.
Il problema sorge nel 2006 quando una norma interpretativa di questo art. 14 dice che vale anche
quando possiamo considerarla attività produttrice di redditi diversi. In fondo nella corruzione come
la vogliamo chiamare la somma che viene realizzata in conseguenza di questo illecito? È qualcosa
di astrattamente ascrivibile all’attività lavorativa, trova occasione in un’attività lecita, non è un
sequestro di persona, che è sempre discreditato e in nessun modo riconoscibile. Non si sa dove
mettere il confine. Intanto tutte e volte che c’è il sequestro non c’è tassazione, quindi molti reati
importanti ne restano fuori, e poi è difficile perché si possono trovare argomenti sia a favore di una
tesi che a favore dell’altra. Il limite dovrebbe essere che non si può riconoscere redditività a tutto

26
ciò che viola la persona e la salute, non possiamo cedere a nulla, neanche all’idea di incassare un
cent, perché lo rifiutiamo totalmente.
È una strada che la Cassazione ha intrapreso, sempre più larga, che ammette sempre più ipotesi di reato e
sulle quali la soluzione non esiste, sta alla sensibilità dei giudici, al momento storico che viviamo, es. dopo
Tangentopoli sembrava naturale che si potesse tassare tutto ciò che era passato attraverso le mani dei politici
ed era andato agli imprenditori, adesso ripensandoci bene forse avrebbe avuto un atteggiamento diverso,
sono situazioni emotive che spesso portano gli interpreti, i difensori, i magistrati ad interrogarsi anche
cambiando loro stessi opinione. Su altre attività, magari, uno pensa che non sia un’attività molto disdicevole:
per esempio, lei è favorevole alla liberalizzazione delle droghe leggere, andrebbero liberalizzate e andrebbe
fatto pagare le tasse, così come per la prostituzione. Sta molto alla sensibilità della classe dirigente, del
momento storico, ognuno argomenta come vuole. Sta alla sensibilità di ciascuno di noi trovare la soluzione.
Al momento la legge ci autorizza a tutto: se già la legge del 1993 aveva aperto alla qualificazione
del reddito con una sorta di parallelismo coi redditi tradizionali, adesso l’ampliamento del 2006 con
l’interpretazione autentica che ha allargato ai redditi diversi lascia proprio agli interpreti il compito
di valutare di volta in volta che cosa devono considerare rispetto a quel provento.

 IRES
Imposta sul reddito delle società, proporzionale, che ha un’aliquota fissa del 24% e si applica alle
società di capitali, agli enti commerciali, ai trust, agli enti non commerciali e alle SP o SC residenti
all’estero. La quarta categoria sono soggetti che non risiedono in Italia. Esistono 2 principi
fondamentali:
 Chi è residente in Italia paga le imposte dirette secondo il principio della tassazione
mondiale  calcola nella propria base imponibile tutti i redditi, ovunque prodotti, anche sul
territorio di un altro stato;
 Mentre chi non è residente paga in Italia le imposte solo sulla quota di reddito realizzata in
Italia in corrispondenza di un ipotetico sfruttamento di beni e servizi italiani in ragione del
principio del sacrificio  principio di territorialità.
Però abbiamo allora il fenomeno della doppia tassazione economica, poiché quasi tutti i paesi
applicano gli stessi principi: ai propri cittadini il principio della tassazione mondiale e ai non
residenti il principio della tassazione territoriale perché abbiamo sistemi sempre più omogenei,
anche laddove non siamo obbligati ad armonizzarci.
Non è un problema obbligatorio da risolvere ma opportuno sì. Lo si risolve perché normalmente tra
gli stati esistono delle convenzioni bilaterali che adottano il principio della reciprocità  consente
di non dichiarare il provento nella DR oppure di farlo figurativamente nella dichiarazione senza
sottoporlo al calcolo (es. avviene per le pensioni transfrontaliere).
Altrimenti esiste un rimedio generale e standardizzato disciplinato dal TU all’art. 165 che è
l’istituto del credito di imposta, e quindi pago 2 volte ma nel mio paese mi viene riconosciuto un
credito. Ovviamente c’è un limite al credito, al massimo un credito pari a quanto mi avrebbe chiesto
di imposte. Quindi se io ho pagato 10 e in Italia avrei pagato 10 o più di 10 ma se ho pagato 20
quando mi avrebbero fatto pagare 10 il + 10 lo paghi di tasca sua. Questo è un principio di
difficilissima attuazione: fare la sintesi delle realtà internazionali richiede un dipendente ad hoc.
L’Italia ha stipulato convenzioni con quasi tutti i paesi del mondo. Ovviamente, ciascuna
convenzione ha le proprie peculiarità ed è strutturata sulla base delle criticità delle attività

27
commerciali o delle attività che normalmente si scambiano tra i due paesi, spesso ci sono
comportamenti che si reiterano tra diversi soggetti. Poi ci sono norme generali che riguardano il
lavoro in generale e il lavoro autonomo, soprattutto, e i redditi da pensione in particolare.
L’IRES ha innanzitutto questo tema della territorialità ma poi è diretto e quindi per questo non
armonizzato, rispetto al quale noi abbiamo la sovranità perché non rientra tra i tributi dell’UE però
riguardando soggetti che operano in un mercato aperto in cui abbiamo libertà di circolazione e
investimento e stabilimento è molto simile nei diversi paesi dell’UE. Prima c’era l’IRPEG che
aveva molto ostacolato gli investimenti stranieri, perché era da sola del 37% quindi partire già da
un’imposta diretta del 37% era un bel disincentivo.
Nel 2003 è stato riformulato introducendo l’Ires e si sono introdotte delle filosofie di tassazione più
simili a quelle di altri paesi che per noi hanno rappresentato anche uno strappo molto significativo
al nostro sistema, dato che esso è molto fermo, ingessato. Per esempio, si sono introdotti i cd.
regimi opzionali. Gli imprenditori, soprattutto quelli che operano in gruppi societari possono
scegliere tra più di 1 regime fiscale (al regime ordinario possono sostituire, almeno in alcuni
esercizi, il regime della trasparenza, o del consolidato) in modo da ottenere la tassazione più mite,
consentono di godere trasversalmente delle perdite di qualcuno, e quindi di compensare
immediatamente gli utili della casa madre con le perdite di qualcun altro  si può scegliere di
consolidare tutto, opzione per il consolidato sulla società capogruppo. Oppure si può scegliere la
soluzione inversa per cui la casa madre spalma il proprio reddito, lei non paga l’IRES e le società
controllate fanno la somma algebrica tra ciò che ereditano dalla casa madre e ciò che hanno.
La cosa importante è la pianificazione fiscale per cui la persona fisica ha l’IRPEF e se la paga, al
massimo può avere il consulente che gli suggerisce di fare una certa spesa che magari gli porta delle
agevolazioni, qualche spesa strategica, ma nelle imprese è diverso: si può, nel lungo periodo,
pianificare la tassazione avendo già la possibilità di pianificare i costi e gli utili, le perdite,
immaginare conferimenti, trasferimenti, fusioni, scissioni, in un discorso più ampio si può cercare
di pagare meno imposte.
 Allora sembrò poco etico, lo fece Tremonti col governo Berlusconi quindi si scatenò l’universo, però
in realtà è ciò che in altri paesi succede da sempre, a noi sembrò un salto molto grosso perché
partivamo dall’IRPEG al 37% e quindi passare dal 27%, ora 24%, e in più opzioni di detassazione
delle plusvalenze fu una rivoluzione, ma l’Italia deve restare in un mercato, se tutti i paesi dell’UE
hanno sistemi di tassazione delle aziende più miti rispetto al nostro non è che dobbiamo far fare le
valige agli imprenditori come accaduto negli anni ’90 dove si facevano utili ma anche trasferimenti
delle sedi in altri paesi, quindi è meglio tenerceli e anzi, se possibile, raccogliere anche l’impresa che
arriva da altri stati, senza diventare un paradiso fiscale, ma sicuramente ci vuole equilibrio e
ragionevolezza, non si può pensare di avere una tassazione necessariamente più pesante degli altri
perché ci fa specie che gli imprenditori possano optare per soluzioni alternative, anche perché è una
delle tante imposte che l’imprenditore paga, pensiamo alla contribuzione pensionistica, a tutti gli
altri tributi, senza voler essere necessariamente a loro favore perché l’equilibrio sta sempre nel
mezzo, bisogna sforzarsi di mettere in evidenza le anomalie dalla tassazione dell’impresa da un lato
e della tassazione delle persone dall’altro.
Certamente, ora siamo in una fase di squilibrio, ma non è che lo squilibrio si deve vincere tassando
di più gli altri, si deve superare tassando meno le persone fisiche e andando a recuperare gettito
dove c’è, non diventando spauracchi per gli investitori di tutto il mondo, bisogna trovare un
equilibrio sano tra tante istanze tutte meritevoli di essere prese in considerazione, compresa quella
dei lavoratori dipendenti che oltre i 50.000 euro pagano il 43%, arrivare a 50.000 euro di reddito
netto non è così difficile, l’operaio non li guadagna ma basta essere funzionari e dirigenti.

28
 IVA
È europea quindi armonizzata, anche il suo gettito in parte è destinato a sostenere strutture e
organizzazione dell’Unione. Non solo perché è frutto di direttive oggi trasfuse nel dpr n. 633/1972,
legge generale dell’IVA (modificata praticamente ogni 6 mesi), ma è un tributo che soprattutto ci ha
portato a noi provinciali la giurisprudenza della CGUE che ci ha aperto gli occhi su alcuni principi
che in materia tributaria sembrano insuperabili (es. obbligo di contraddittorio, proporzionalità).
L’IVA è sicuramente un’imposta ma è stata anche maestra di valori, perché avendo dovuto
affrontare delle questioni, per es. il tema dell’elusione e dell’abuso del diritto che in Italia non
riusciva a trovare una soluzione, portata davanti alla Corte di giustizia per una questione IVA ha
trovato la sua soluzione nell’istituto dell’abuso di diritto che è diventata in pochissimo tempo una
norma di legge, l’art. 10bis dello Statuto dei diritti del contribuente, e finalmente dopo 30 anni
abbiamo avuto anche noi una norma generale in materia antielusiva, norma di cui si parlava da anni;
il legislatore aveva introdotto un surrogato per alcune situazioni ma di clausola generale non voleva
parlare.
Stessa cosa per il contraddittorio anticipato, il contraddittorio come valore nel rapporto che esprime
anche buona fede, collaborazione e fiducia tra contribuente ed amministrazione finanziaria, che
sembrava impossibile e poi a un certo punto la Corte, su una causa in materia di IVA, ha stabilito
che prima di arrivare ad adottare il provvedimento le due parti si devono parlare, e questo
contraddittorio anticipato si è diffuso a macchia d’olio.
È l’imposta che pagano gli imprenditori e gli esercenti altre professioni ma questi signori sono
esattori, non pagano di tasca loro l’iva, perché scende a cascata ad ogni passaggio e inglobata nel
prezzo fino ad essere sostenuta al consumatore finale. Quando arriva ha accumulato tanta IVA che è
pari più o meno a 1/3 del suo valore. Il ristoratore la deve neutralizzare, intanto incassa tutta l’IVA
grazie a tutti i piatti che fa e poi prima di versarla allo stato (perché la incassa per lo stato) detrae
l’iva che ha pagato a monte  tutta l’IVA che ha pagato per acquistare pasta, frutti di mare etc.
somma l’IVA che ha corrisposto per acquistare ciò che gli è stato indispensabile e lo va a togliere
all’IVA che deve versare per cui per lui alla fine il passaggio è neutrale.
È il classico tributo che vede la differenza tra contribuente di diritto e contribuente di fatto dove il
soggetto che si rapporta con l’amministrazione finanziaria, che deve adempiere agli obblighi
finanziari e deve versare l’IVA è l’imprenditore o l’esercente arti e professioni, ma il contribuente
vero che sopporta l’onere economico dell’imposta è un altro soggetto. Facile immaginare allora
tutto il problema dei rimborsi, delle aliquote, tornare a ritroso sui consumatori, la rivalsa.
Il contribuente di fatto è il consumatore finale, per tutti gli altri il procedimento è neutrale, poi nella
fisiologia dei rapporti molti, se sono bravi imprenditori, vanno a debito, nel senso che hanno sostenuto dei
costi, hanno sostenuto una certa quota di IVA ma sono stati bravi, hanno venduto e incassato molto e quindi
versano una differenza positiva all’erario; però per esempio ci sono gli esportatori che sono sistematicamente
a credito perché le esportazioni sono operazioni non imponibili, quindi ci sono anche delle attività che
generano credito per definizione, e generano molto credito IVA, e quindi sono dei passaggi che per lo stato
rappresentano passaggi necessari ma non occasioni di realizzo dal punto di vista dell’imposta, quelli sono i
contribuenti di diritto che comunque devono gestire il tributo ma non sopportano il peso economico del
tributo.
Infatti, un altro tema dell’IVA giuridicamente interessante è il tema dei crediti, perché scopriremo
quando parleremo del contribuente creditore anziché debitore, nelle ipotesi di rimborso, che mentre

29
in tutti gli altri tributi il credito non è un fatto fisiologico, esiste la possibilità dell’indebito, del
pagamento eccessivo e anche della restituzione da parte dell’erario, talvolta c’è anche una fisiologia
del credito, es. il lavoratore dipendente che ha delle spese mediche molto importanti ha quasi
sempre dei crediti; nell’IVA il credito è un fatto per qualcuno proprio sistematico, ci sono metodi di
rimborso automatici attraverso i versamenti in conto corrente da parte dell’amministrazione perché
sono spese importanti con rimborso immediato.
Poi c’è tutto l’aspetto penale perché il meccanismo dell’IVA e il fatto che si possa andare
facilmente a credito e andando a credito si possa avere immediatamente, prima ancora di un
controllo vero, la restituzione di quanto pagato ha dato origine a molte frodi, e infatti l’IVA è il
tributo forse più evaso nella fase di applicazione. L’IRPEF o l’IRES sono evase a monte, ad
esempio se si fa un’attività in nero e non si dichiara, ma se si dichiara non c’è da evadere; l’IVA
invece anche nell’applicazione fisiologica e trasparente prevede dei meccanismi tali di
compensazione debiti-crediti che può generare dei comportamenti fraudolenti, es. le fatture per
operazioni inesistenti, l’imprenditore che finge di avere un costo che non ha avuto e trova
un’azienda compiacente che glielo certifica, è un’imposta che si evade molto facilmente e per
questo conosce dei meccanismi di attuazione come il reverse charge, piuttosto complicati. Però
abbiamo dalla nostra il fatto che è un’imposta europea e se l’Italia è lenta, talvolta, a individuare
meccanismi correttivi c’è l’UE a dire cosa fare; resta il fatto che l’IVA italiana è l’imposta più
evasa in tutta l’UE, perché facciamo fatica ad imparare che i tributi sono un fatto etico.
Un altro tema dell’IVA è quello della territorialità, nel caso dell’IVA siamo cittadini dell’Unione,
non abbiamo una territorialità espressa nel territorio nazionale ma quando si parla di importazioni e
esportazioni ci si riferisce a fenomeni che avvengono al di fuori dell’Unione. Tutto ciò che avviene
nell’Unione è come se fosse avvenuto tra 2 operatori italiani.
L’iva ha 4 aliquote, o meglio 3 con una che si sdoppia:
 La più bassa del 4 e 5% che si applica ai generi alimentari  si dice che è regressiva perché
la pagano tutti;
 Aliquota del 10% di solito ai beni energetici (gas, idrocarburi, su cui si pagano anche le
accise, imposte di fabbricazione);
 Aliquota massima che paghiamo su quasi tutti i beni, che è del 22% che è uguale per tutti,
classico esempio dell’imposta di tipo proporzionale che finisce per colpire di più i redditi
più bassi rispetto a quelli più alti perché l’unico modo di gradare il peso dell’incidenza id
questa imposta è riflettere sul fatto che chi ha meno possibilità si dota solo dei beni
essenziali e sui beni essenziali l’aliquota è più bassa.
 Però detto questo l’IVA non premi altre situazioni salvo il fatto che ci sono dei beni che non
pagano IVA perché considerati esenti, quasi tutti quelli che incidono sulla salute,
l’educazione, l’istruzione.
 Operazioni non imponibili = esportazioni;
 Operazioni escluse dal campo di applicazione IVA che sono quelle per cui manca uno dei
presupposti. Es. deve essere un imprenditore a cedere il bene, se lo vendo io è un’operazione
tra privati e non si applica l’IVA.
1/03/2023
TRIBUTI AMBIENTALI
Si tratta di tributi che servono a favorire una visione sostenibile dell’economia; quindi, dovrebbero
farsi carico di un’idea di sostenibilità, e questo perché come abbiamo detto i tributi non sono solo
30
gettito, entrata, ma anche un’importante direttrice del sistema economico – sociale. Si pensa allora
che attraverso i tributi si possano indirizzare dei comportamenti, in questo caso nell’ottica della
sostenibilità.
La logica che normalmente è sottesa all’attuazione di questi tributi che spesso sono minori e hanno
gettito leggero rispetto al complessivo dell’erario sposa l’idea del “chi inquina paga”  abbiamo
una visione costruita su una sorta di tributo considerato quasi come una sanzione impropria. Si ha
un comportamento e produzione fortemente inquinante e allora ti colpisco facendo gravare su di te
un’ulteriore contribuzione nella speranza che volendo evitare questo costo ti possa orientare verso
dei comportamenti virtuoso.
In particolare, a parte la tassa sui rifiuti in generale come tributi di grande respiro attualmente ne
abbiamo 2:
 CARBON TAX  imposta che dovrebbe gravare su coloro che producono immissioni di
co2;
 PLASTIC TAX  su coloro che utilizzano la plastica per le cd. porzioni monouso per una
commercializzazione di prodotti in larga scala di contenuto minimo.
In entrambi i casi l’aliquota viene applicata su un quantitativo, per esempio nel caso della carbon tax si
ipotizza, perché ancora non è entrata in vigore nel nostro paese, una tassa di circa 112 euro a tonnellata di
CO2, mentre per i cosiddetti maxi (cioè involucri e contenitori in plastica per porzioni piccole o monouso)
pari a 0.45 cent per ciascun contenitore.
La cosa da sottolineare è che questo tipo di approccio finisce per ricadere sul consumatore finale,
quindi, non è così disincentivante, e quindi anche sulla plastic tax si potrebbe discutere. Ma in
particolare a proposito della carbon tax quello che si rileva è che questo tributo che vorrebbe colpire
i grandi produttori che richiedono l’uso di energie inquinanti in realtà spesso si tratta di produttore
che hanno già adottato sistemi ecologici. Quello che si osserva è che i grandi imprenditori hanno già
adottato dei sistemi di riduzioni significative delle immissioni.
Il problema dell’inquinamento è semmai ricondotto a produzioni medio – piccole, perché sono degli
imprenditori che hanno delle strutture locali non troppo avanzate tecnologicamente, spesso non
hanno neanche risorse per fare investimenti, che non hanno facilità di accesso al credito per poter
sostenere certe spese, sono loro che inquinano. Dopodiché poi c’è anche una visione strana
dell’inquinamento: perché normalmente si pensa alla carbon tax per coloro che lavorano gli
idrocarburi, quindi laddove c’è un inquinamento pesante. Però studi economici dimostrano che sono
ben altri i settori che inquinano. Per esempio il settore della moda è il secondo settore che è causa di
inquinamento a livello industriale perché molti dei materiali che vengono utilizzati nella produzione
di abiti o accessori, è una produzione fortemente inquinante.
Quindi alla luce dei limiti che pone la carbon tax e considerato che comunque questo tipo di tributo
è pensato solo per alcune aziende e non tutte; si fa un gran parlare di un imposta il cui gettito viene
poi calcolato ai minimi termini, non darebbe nessun frutto significativo, anche se sarebbe una specie
di tributo di scopo.
Allora quello che si è cercato di prospettare in dottrina è che bisognerebbe avere una visione
ecologica della tassazione ordinaria, cioè non pensare che soltanto i tributi di scopo perseguono
questo fine.
 Es. l’IMU nessuno penserebbe mai che è inquinante; pensiamo che per i comuni l’IMU rappresenta
un gettito molto più significativo se parliamo di 2°, 3°, quarta casa, immobili sfitti, e allora i comuni
hanno autorizzato costruzioni ovunque di fatto rovinando l’ambiente per aumentare il gettito, anche
31
se si tratta di un’entrata che apparentemente con l’ambiente non c’entra. Negli anni molte aree sono
state deturpate e ci sono stati moltissime case sfitte. Invece se tu dici al sindaco che la terza/quarta
casa (che per di più sono di elettori di altri Comuni perché la terza/quarta casa ce l’ho al mare o
montagna quindi poi non voto) si paga il triplo della prima casa, tu gli stai dicendo “fai terze e quarte
case nel tuo territorio se il contesto te lo consente” perché avrai un gettito significativo, che oltretutto
non andrai a cercare nelle tasche dei tuoi contribuenti/elettori ma nelle tasche degli elettori di altro
Comune.
L’idea sottesa a questa riflessione è che quando si tassa nell’ordinarietà bisogna ricordarsi di come
quelle attività che noi stiamo tassando incide sull’ambiente e si devono costruire i correttivi
necessari per favorire dei comportamenti virtuosi.
 Es. le aziende redigono il bilancio ma le grandi anche il cd. bilancio di sostenibilità, o
integrato, che sono bilanci che tengono conto anche della parte non strettamente economica,
materiale, ma che danno conto di investimenti sociali e ambientali. Si potrebbe partire con
l’idea di tassare le imprese non muovendo dal bilancio di esercizio ma da quello di
sostenibilità così da valorizzare gli investimenti legati alla riqualificazione delle aree su cui
queste attività insistono.
L’ambiente lo si tutela tutti i giorni, con una visione di insieme del sistema fiscale che, conosciuti
gli effetti che le imposte hanno sulle scelte dei cittadini, li induca a avere comportamenti virtuosi.
Quindi non siano invece una ragione atta a favorire comportamenti che portano ad un uso smodato,
sbagliato, sconsiderato del territorio e dell’ambiente arrivando fino a deturpare una delle nostre
risorse principali che è proprio il nostro ambiente e il nostro paesaggio.
Ci possono essere degli equilibri che da quel bilancio si colgono. Per esempio: il rapporto che c’è tra un
costo sostenuto e gli effetti di questo costo che possono essere valorizzati, attraverso delle norme di settore.
Quindi senza entrare nelle forme di aiuto, abbiamo visto che quando vogliamo vendere i pannelli solari
siamo capaci di fare il bonus per i pannelli solari. Allora queste soluzioni non devono essere soluzioni
estemporanee legate a un governo, ma devono essere delle soluzioni che entrano nell’ordinarietà. Quindi per
esempio investimenti, auto investimenti, tesi a compiere azioni che vanno nel senso della bonifica o
dell’evitare alcuni comportamenti, devono avere un valore fiscale diverso rispetto ad altro tipo di
conferimento. Quindi i che si tassano per cambiare le caldaie e introdurne di ecologiche devono
probabilmente avere un vantaggio fiscale.
Anche perché è un minor costo per lo Stato, non dimentichiamoci da dove partiamo: noi stiamo contribuendo
a restituire allo Stato ciò che spende per darci beni e servizi. Se con la nostra azione evitiamo allo Stato o
ente locale, un costo teso a risanare il danno che la stessa industria ha provocato nel tempo, stiamo pagando
in un altro modo le imposte e siamo in grado con dei calcoli/ algoritmi/ valutazioni puntuali di costi di
investimento, di attività di investimento e quantificare anche dal punto di vista dell’entrata, a quanto
possiamo rinunciare in cambio di ciò che riceviamo. Cioè se io do senso, anche fiscale, all’intervento di
un’azienda che mi evita per es. l’inquinamento di un fiume che comunque è possibile, e quell’inquinamento
mi va a deteriorare l’ambiente, mi va ad allontanare il turismo e gli investimenti più virtuosi in quel contesto
ambientale, sociale ed economico: io questo lo devo valorizzare. E lo posso anche quantificare.
Abbiamo dei dati di cui non teniamo conto, certo che tutto ciò che è spesa è un costo e quindi
l’imprenditore lo deduce, però lo dobbiamo valorizzare ancora di più, non deve essere solo un costo
ma anche una minor spesa per la comunità. Quindi con delle percentuali che aumentano il tasso di
deduzione dei costi oppure con delle agevolazioni, regimi speciali, con esenzioni temporanee. Per
esempio l’imprenditore che si fa carico di risanare un’area può anche ottenere un’agevolazione o
un’esenzione dalla tassazione diretta o quella locale per un certo periodo. Devono diventare dei
comportamenti che normalmente hanno la loro rilevanza.

32
Dopodiché il sistema tutto deve farsi carico di queste istanze, quindi la seconda e terza casa non
deve essere un valore per gli enti locali; tutti i tributi hanno un valore, oltre che economico, anche
ambientale e sociale, e questo deve essere valorizzato, anche perché le aziende monitorano questi
valori, già li conoscono e rendono evidenti. Il bilancio di sostenibilità dal 2025 sarà obbligatorio per
tutte le aziende, ora è facoltativo e obbligatorio per certi tipi di aziende.
Partiamo da lì, attraverso degli strumenti tecnici un certo tipo di spesa può essere valorizzata e
tradursi in un risparmio di imposta. Ma non si traduce in una agevolazione perché nella misura in
cui, tu come società-Stato hai un costo ridotto per risanare quel comportamento che non puoi
vietare, hai già di fatto un’entrata. Quindi è un po’ più sofisticato, un po’ meno lineare. Però tutto
ciò che sembra più semplice, non necessariamente porta o ha portato a dei risultati significativi.
Anche perché hanno parlato per 10 anni della carbon tax: nel frattempo è stato utile l’effetto
monito: “attenzione che arriverà la carbon tax”, così che le aziende si sono attrezzate, e questo è
derivato, più che dall’imposta in sé, che non è ancora mai arrivata, dal suo monito.
 Oppure si può intervenire con l’accesso al credito: ci sono banche che sono più aperte a
favorire il credito se è assunto per certi tipi di investimenti. Però magari quelle banche non
hanno delle agevolazioni in funzione di questo tipo di intervento che fanno e quindi nella
legislazione bancaria si può tener conto del fatto che chi fa credito più facilmente per il
raggiungimento di questi obbiettivi, può avere una conseguenza fiscale favorevole.
È il sistema complessivamente inteso che deve farsene carico, perché è la nostra realtà, è un
momento essenziale del nostro vivere civile. È un fatto di cui farci carico e vederlo a cascata fino
all’ultimo gradino. Solo così il fisco si fa carico in modo sincero del problema, altrimenti è solo un
costo in più che cade sui consumatori.

TASSAZIONE DEL DIGITALE


È il tema del futuro, su cui siamo enormemente in ritardo. Diciamo che tutti coloro che sono
imprenditori del web sono degli imprenditori; quindi, sopportano le imposte che pagano gli
imprenditori, quindi anche l’IRES dovrebbe essere pagata da Google, Amazon etc. Il problema è
stato però per loro quello di ancorarli al nostro territorio. Siamo noi utenti che stiamo sul territorio,
ma loro hanno la loro sede in altri paesi e non hanno bisogno di trasferire la loro sede in un altro
paese così da avere anche una presenza fisica  nella tassazione diretta ci vuole un collegamento
col territorio anche temporaneo.
Allora li dovevamo calare sul territorio nazionale, crearci un collegamento fisico. Anche il concetto
di presenza stabile non aveva un riscontro normativo. Il nostro TU disciplina una figura utile ovvero
quella della “stabile organizzazione”  coloro che non avendo una sede, ne hanno una
temporanea ma operativa all’interno del nostro stato, ma ciò escludeva che questo concetto di
stabile organizzazione si potesse riferire a soggetti che operano attraverso la rete. Non erano
residenti in senso giuridico, e non avevano neanche una stabile organizzazione (art. 162 TUIR).
In realtà con questi colossi è stato intrapreso un contenzioso significativo, modificata la norma sulla
stabile organizzazione fino a ricomprendere la presenza attraverso dei server, e quindi intanto
pagano le imposte per la quota parte di utili che realizzano nel nostro territorio che non è sempre
così facilmente individuabile. Però se riusciamo a determinare che siamo in presenza di colossi che
hanno quanto meno, se non una sede, una stabile organizzazione, nel senso che godono di strumenti
elettronici e informatici presenti sul territorio nazionale che consente loro di fare operazioni con i
nostri residenti, allora abbiamo anche una tassazione diretta.
33
Quando si parla di digital tax però non si parla di questa, che c’è, dovrà essere affinata e condivisa.
Infatti l’Italia, insieme a Francia e Spagna, ha fatto uno strappo rispetto agli altri paesi UE, perché
una dir 2018 invitava alla soluzione condivisa, ma questi paesi, stancandosi di aspettare, hanno
modificato la norma sulla stabile organizzazione e introdotto la digital tax. Tra l’altro questo ci ha
comportato la ritorsione dell’America. La questione dei dazi sul parmigiano era la reazione
americana della nostra tassazione di Amazon e Google (che tra l’altro non hanno nemmeno sede
negli Stati Uniti e che Stati Uniti vorrebbero richiamare a tassazione interamente nel loro paese).
La digital tax è anche detta imposta sui servizi digitali (digital services tax) che non riguarda il
reddito, il profitto, ma proprio le operazioni che avvengono nel web, è in più, che si va ad
aggiungere a tutte le altre imposte (es. IVA), e che se vogliamo applicare a questi colossi dobbiamo
un po’ modificare. Normalmente su cosa incidono:
 Pubblicità;
 Big data, quelle informazioni che si possono ottenere dall’elaborazione dei dati, dai profili
che si creano sugli utenti che poi vendono ad altre aziende.
È una tassazione che riguarda solo i colossi del web, bisogna avere un volume di affari di 750
milioni come minimo. La soluzione che ha adottato l’Italia in piedi da un paio di anni è una
tassazione sottoposta ad una clausola in forza della quale abbiamo affermato che siamo partiti
con una tassazione italiana in attesa che si trovino soluzioni condivise, perché la tassazione del
digitale non può essere scelta autonomamente in modo difforme, ma forse neanche a livello
unionale, forse a livello mondiale, infatti se ne occupa l’OCSE, o il G20.
Nel frattempo siamo partiti con questa imposta che grava solo su soggetti che fanno utili enormi e
che calcola le operazioni attraverso i nostri IP. In pratica, il singolo operatore internazionale deve
calcolare quante operazioni sono avvenute sul territorio nazionale; se rientra in quel budget allora
dovrà corrispondere una aliquota pari al 3,5%; il numero delle operazioni le calcola guardando
quanti cittadini, con codice IP presente sul territorio nazionale, hanno interagito con
quell’operatore.
 Tutte le volte che noi utilizziamo il nostro pc per comprare su Amazon, guardare i social e
fare acquisti creiamo quella massa di operazioni che consente di avere un’entrata dalla
pubblicità che questi signori ci hanno propinato e dall’uso che faranno dei dati che
volontariamente o no gli abbiamo ceduto, in modo che possano cederli sempre in un
contesto di liceità.
Questo da un lato è un tema nevralgico perché molta della ricchezza passa ormai attraverso i sistemi
digitali, molta parte dell’economia (c’è anche l’economia delle criptovalute) è un’economia
assolutamente diversa che ha goduto di anni di “impunità”, perché ha goduto di introiti che non
sono stati tassati. Adesso i paesi si stanno attrezzando, anche l’Italia ha aderito a una soluzione,
peraltro non troppo apprezzata da molti paesi, per cominciare a mettersi in moto. Pensiamo a tutta la
sharing economy, agli affitti brevi attraversi airbnb: quanti privati utilizzano questi sistemi? Qui si è
intervenuti con un metodo della sostituzione di imposta: per cui se mi avvalgo di un portale, chi
incassa per me l’affitto poi trattiene una quota che versa anche all’erario sotto forma di cedolare
secca di un affitto breve. Però se la casa la metto su Facebook e mi arriva un americano che la
prende per 2 mesi a 10.000 euro, quello non è un reddito, in nessun modo.
Quindi da un lato c’è molta ricchezza e questo è sempre più evidente, più si rende evidente quanto è
pesante la tassazione del lavoro. Sicuramente c’è un pezzo di economia che ancora non subisce una

34
tassazione, qualche volta nemmeno diretta perché non si riesce ad individuare una stabile
organizzazione, un soggetto a cui fare riferimento.
Dall’altro però c’è l’esigenza di non adottare soluzioni peregrine, perché poi alla fine se questi non
sono residenti nel nostro paese, sono solo individuabili, se sono dei fenomeni che non hanno
nemmeno la riconducibilità puntuale a una struttura, un soggetto o ente, diventa difficile creare una
forma di tassazione. Forse ci si riesce facendolo tutti insieme (non a caso poi scoppiano le guerre, le
pandemie e diventa difficile ritornare su questi temi che, prima di questi ultimi 3 anni, erano
centrali. Certi eventi si sono verificati in momenti strategici rispetto a decisioni che poi non sono
state più prese, non sono state più nemmeno avanzate)
È un tema caldissimo, perché effettivamente molta parte della ricchezza sta lì e questa ricchezza è sempre
più fastidiosa, tanto più la tassazione sul lavoro rimane pesante, alta, significativa: potremmo dire in modo
ingiusto perché poi il lavoro più è faticoso e impegnativo e più fa sentire la tassazione come una
conseguenza quasi sgradita del lavoro stesso, mentre questo tipo di ricchezza spesso si genera anche potendo
assumere dei comportamenti che qualche volta sono quasi più divertimento che effettivamente un senso in
pieno (è più un lavoro di testa che non di tempo e manualità). Quindi è il tema del futuro, è il tema di paesi e
di governi che ancora non sono attrezzati, che non sono in condizione di pace, di dialogo, di darsi regole
condivise mentre la condivisione delle regole è un prerequisito di una soluzione possibile a questi temi.

ART. 53 COST.
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
Sembra una scatola vuota, che non dice nulla, invece il contenuto è nutrito. La Corte cost. si è
occupata per la prima volta alla fine degli anni ’60 di questa norma. Dopo la ricostruzione e la
IIWW erano altri i principi della Cost. che vengono fuori ma la Corte ci ha aiutato a capire questo
principio, che in qualche modo è elastico, ha saputo rinnovarsi. La Costituzione è scritta così bene
da essere capace di rivelarsi ad ogni evoluzione significativa della nostra realtà. Dal punto di vista
tributario quello che dicevamo negli anni ’50 è molto diverso da quello che diciamo oggi e questo
art. 53 ha saputo dire tante cose, non è una scatola vuota.
CAPACITA’ CONTRIBUTIVA  Quello che ha detto la corte cost. fin dall’inizio (sent., ad
esempio, n. 201/1975) è che la capacità contributiva ci dice che la tassazione in generale deve
basarsi su degli indici concreti di capacità economica.
Sentenza n. 156/2001 dopo l’entrata in vigore dell’IRAP  il presupposto può essere anche
fondato non su un fatto concreto, ma su una situazione di vantaggio possibile di essere
valutata.
Quindi i primi due pilastri della capacità contributiva (i primi due mattoni)
1) Per esserci capacità contributiva devono esserci dei fatti concreti che siano espressione di
capacità economica;
2) (sentenza del 2001 – in seguito all’entrata in vigore dell’IRAP (imposta regionale sulle
attività produttive), è anche una capacità in potenza a determinare una differenza economica
tra un soggetto e un altro.
 Es. possedere strumenti e organizzazione per l’esercizio di un’attività impresa crea reddito e
quindi è un fatto economico tangibile, però anche il possedere un capannone con delle

35
macchine al momento inutilizzato è potenzialmente un valore quantificabile che rende più
ricco chi ce l’ha.
Quindi i valori e i fatti che generano la capacità economica e che devono essere presi in
considerazione, in ragione della capacità economica, sono dei fatti e dei valori che devono essere
o immediatamente quantificabili o che devono essere possibili di una valutazione anche in
considerazione della loro capacità in potenza di generare ricchezza. La ricchezza a cui pensa
l’art. 53 cost. è il reddito, il patrimonio, gli investimenti, tutto ciò che tendenzialmente va ad
arricchire un soggetto che sia PF o PG. Ciò che ci dice la Corte costituzionale indirettamente è che
questi fatti devono sempre essere dei fatti OGGETTIVI, non possono mai essere frutto di scelte di
tipo discrezionale che non hanno un collegamento diretto con la realtà (per cui non posso tassare i
biondi o i bassi perché mi stanno antipatici), devo comunque avere la capacità di contenermi su
elementi che hanno una loro oggettività. Questo non significa che le sensibilità del periodo culturale
e sociale non possano incidere, ma sempre in un’ottica di ragionevolezza, rispetto e
contemperamento dei tanti principi costituzionali, di cui l’art. 53 rappresenta l’espressione
economica. Non sono negati gli altri principi, ma in qualche modo tenuti insieme dall’art. 53 cost.
Questo ci porta alla terza considerazione:
3) Nell’interpretazione deve prevalere un’idea assolutistica oppure una visione di tipo
funzionale? Sottinteso è che tutti corrispondiamo dei tributi in ragione dei principio del
beneficio. Ma deve prevalere un’idea di tipo assolutistico o funzionale?  deve prevalere
l’idea che corrispondiamo tributi perché lo stato ce lo impone o che i tributi sono assunti
dallo stato e corrisposti dai cittadini perché sono lo strumento per realizzare tutti gli altri
principi che la Cost. vuole garantire e che comportano erogazione di beni e servizi ai
cittadini? Quindi il contribuente paga perché non ha alternativa, perché lo Stato glielo
impone, o paga perché è in una relazione di fiducia nei confronti dello Stato al quale affida il
proprio denaro, con la consapevolezza che un buon amministratore saprà utilizzare quel
denaro per una funzione di attuazione dei valori costituzionali condivisi?
Per molto tempo è prevalsa la tesi assolutistica. Lo stato è lo stato, e quindi impone ai cittadini il
pagamento dei tributi. Nel tempo si è aperta l’interpretazione tesa a valorizzare il rapporto
contribuente – cittadino e stato e dire che non si corrisponde i tributi perché è imposto ma perché io
pago ma allo stesso tempo, con la rappresentanza, ti conferisco degli obiettivi da raggiungere e so
che tu stato hai bisogno di risorse per raggiungerli. Io partecipo funzionalmente alla realizzazione di
quegli obiettivi con la quota parte che corrispondo.
Nell’800 non c’era questa sensibilità ma ora sì. Nell’art. 53 cost. non traspare una visione
assolutistica, ma può trasparire anche l’uomo sociale, non si nega. Il cittadino sta in un contesto e ne
è parte attiva.
Nell’art. 53 poi c’è il valore della solidarietà e il principio di uguaglianza, nel senso che sicuramente
l’art. 53 sottintende anche gli artt. 2 e 3 cost.
Principio di SOLIDARIETA’  la nostra contribuzione vuole avere un valore anche
redistributivo. Tutti noi sappiamo che contribuiamo non perché a noi torni in rapporto
sinallagmatico un beneficio specifico ma perché in generale il nostro paese sia in grado di offrire
beni e servizi a tutti, anzi più di tutti a chi non contribuisce perché non ne ha le risorse. Questo
valore è della nostra cost. che ci piaccia o no, tant’è che spesso chi più contribuisce meno gode del
servizio pubblico. All’interno di questa idea c’è anche che chi corrisponde nonostante poi non si
avvalga di tali beni possano essere garantiti anche a chi non può contribuire per niente.

36
C’è chi dice che dove c’è imposizione non può esserci solidarietà, ma perché in fondo al cittadino
gli dici che deve pagare, lui paga, ma non si sta mettendo la mano sulla coscienza quando paga ma
se la mette al portafogli. Anche nell’imposizione possa esserci una visione solidale, cioè il fatto che
i tributi sono imposti non esclude che chi li corrisponde li senta e li viva come una espressione di
tale sentimento sociale; è più corretto vedere l’imposizione nel metodo di attuazione del prelievo:
nel senso che non possiamo fare come si faceva nella rivoluzione francese per cui “diamo ai
cittadini il compito di corrispondere tributi” e i cittadini vanno spontaneamente a pagare le imposte.
Per come abbiamo vissuto negli ultimi 50 anni, probabilmente non lo faremmo. Ma non è
assolutamente detto. Quante persone, oltre ai tributi, si impegnano anche in attività di beneficenza?
Questo spirito c’è nell’essere umano, non è un fatto estraneo alla natura umana. E nella
contribuzione si esprime, anche quando la contribuzione è imposta. Forse è imposta più nei metodi
che nella sostanza, nel procedimento di attuazione più che nella volontà di contribuzione.
Principio di UGUAGLIANZA  nel diritto tributario deve essere applicato, ma soprattutto in
senso sostanziale  il diritto tributario deve saper distinguere anche le differenze che non sono
esplicite, quindi per esempio ciò che può apparire come un reddito eguale tra 2 soggetti nella
sostanza possono rivelarsi redditi percepiti da soggetti che vivono realtà diverse. Ed è giusto che
non si contribuisca in egual misura, perché la tua condizione economica è valutabile in modo
maggiore rispetto alla mia, ancorché si muova da un valore di base che apparentemente è uguale. In
quest’ottica l’uguaglianza, che anche nel diritto tributario viene in considerazione, è una
uguaglianza di tipo sostanziale.
Questo è più possibile quando parliamo di tassazione sul reddito, mentre quando parliamo di
imposte indirette il discorso si fa un po’ diverso: perché, per es., noi abbiamo nell’IVA diverse
aliquote quindi possiamo pensare che le capacità economiche più basse siano avvantaggiate, nel
senso che accedono a beni e servizi che impattano su aliquote più basse. Però non è esattamente
così, ci sono tanti tributi indiretti che non guardano in faccia nessuno (le imposte di fabbricazione e
le accise). Sicuramente il principio di uguaglianza è anche un principio del nostro sistema ma che
può trovare facile attuazione rispetto ad alcuni tributi che consentono di dare spazio ad elementi
della persona che possono fare la differenza, mentre altri tributi automatici, istantanei e che non
comportano procedimenti e valutazioni finiscono per impattare senza fare un vero e proprio
distinguo. L’unica differenza lì la possono fare le esenzioni (es. l’IVA non si paga per la parte
medica, la cultura etc.), oppure si possono differenziare le aliquote, laddove magari l’aliquota più
bassa incide su beni che sono destinati a coloro 6che hanno redditività o capacità economica
inferiore e le aliquote più alte impattano su beni di cui magari si approvvigionano coloro che hanno
capacità economica più elevata. Però si fa molto più difficile ottenere questo risultato. Nelle
imposte proporzionali secche è praticamente impossibile.

La norma poi parla di TUTTI  chi sono?


In parte abbiamo già risposto: tutti sono coloro che si servono o utilizzano i beni e i servizi che sono
nel nostro stato, quindi anche gli stranieri, tant’è che abbiamo parlato del principio di territorialità o
mondialità, e in questo senso la nostra Cost. ha rappresentato un’evoluzione dello Statuto albertino
che nell’art. 25 parlava di regnicoli. È anche chiaro che allora era molto difficile immaginare il
movimento che c’è ora. Oggi noi sappiamo per certo che “tutti” significa che tutti coloro che
devono in qualche modo contribuire perché devono restituire, grazie alla ricchezza che realizzano,
in funzione di uno Stato, che mette a loro disposizione beni e servizi. E questo prescindere dal fatto

37
che siano effettivamente cittadini italiani o addirittura che siano non-cittadini ma residenti sul
territorio dello Stato.
Altri due aspetti importanti sono l’EFFETTIVITA’ e la ATTUALITA’.
L’art. 53 cost. per come è letto dalla Corte cost. fin dal 1965 con la sent. n. 69 vuole che la capacità
contributiva di ciascuno sia concreta ed effettiva. Cioè non una capacità probabile, ma una capacità
riscontrata sul campo. Queto ha costretto il lgs della delega del 1972 che poi ha portato al TU a
creare quel sistema soprattutto per IRPEF di determinazione della base imponibile analitico che
consente di cucire il vestito sartorialmente su ciascun contribuente. Per cui per il fisco anche se
avessimo tutti lo stesso reddito saremmo comunque tutte basi imponibili diverse. Questo perché il
sistema persegue l’effettività  la capacità contributiva deve essere quella reale.
Che cosa ha creato il tema della effettività che è uguaglianza in termini sostanziali? Un problema di
evasione, perché ogni reddito deve essere verificato. Ognuno sa che se mette quelle spese abbatte il
proprio reddito, quindi c’è pericolo di evasione mettendo delle spese false. È successo che ha
portato molti a dichiarare quello che volevano, anche perché nessuno può sapere cosa mettere un
soggetto nella dichiarazione, si deve utilizzare, proprio per l’effettività, l’autodichiarazione. Fino a
poco tempo fa era assolutamente impossibile, ora già meglio perché spesso paghiamo col bancomat,
usiamo il cf etc. L’amm.ne deve controllare troppo e non riesce, ci sono anche termini di decadenza.
Il che comportava nei contribuenti un certo senso di “impunità”, garantita anche dai termini di
decadenza.
L’effettività ha generato una forte evasione fino al punto che alla fine degli anni ’80 si è cominciato
a parlare di determinazione presuntiva del reddito = quando studieremo i procedimenti di
controllo vedremo che negli anni il lgs ha consentito all’amm.ne finanziaria di usare STRUMENTI
PRESUNTIVI, anziché sempre i controlli analitici. Sono degli strumenti per cui si danno delle
attività e l’amm.ne dice per sostenere quelle attività devi avere almeno quel reddito; l’effettività ha
lasciato il passo alla normalità, a quello che è il reddito medio possibile.
Quando si usano le presunzioni dice la Corte cost. (sent. n. 42/1980) si deve ammettere la prova del
contrario e basarsi su fatti reali. Siamo passati a delle forme di determinazione del reddito che sono
non più effettiva ma probabile, possibile. Il fatto è che questi metodi si utilizzano in sede di
verifica: in partenza ancora si persegue l’effettività e quindi noi autoliquidiamo. Se però poi
l’amm.ne ci mette gli occhi addosso ha degli strumenti celeri e quindi anche più diffusi, perché
prima il funzionario doveva stare in presenza 30 giorni, ora ci sono sistemi informatici e sistemi
presuntivi.
La prof è favorevole ad una visione normalizzata del reddito. Forse i metodi effettivi non sono
basati su valutazioni che sono qualche volta delle forfettizzazioni? E comunque quanto spendiamo e
evadiamo per essere certi che non tutti saranno controllati? Non sarebbe forse meglio perdere in
termini di effettività ma costringere tutti noi ad andare all’Agenzia delle entrate e confrontarsi con
la stessa, che si fa un’idea della capacità economica e stabilisce per un tot di anni quella che
secondo lei tu devi pagare, invece di fare la dichiarazione ex post? Ci denunciamo prima. Tutti
devono andare, poi magari il reddito non sarà perfettamente preciso ma è un reddito che tutti
devono avere, che costringe tutti ad essere visibili ed esistenti.
 Quindi anticipare il confronto con l’amministrazione finanziaria, poi certo a quel confronto posso
anche dire che vivo di rendita o che non ho un’attività economica, che malgrado il mio tenore di vita,
paga le imposte qualcun altro per me perché magari sono la figlia o la moglie di qualcuno che mi
mantiene, di qualcuno che mi può consentire un tenore di vita in assenza di una attività economica.
Però creare questo collegamento tra il cittadino, l’agenzia delle entrate e il Comune di residenza,
38
significa monitorare ex ante la realtà economica e magari forfettizzare anche un po’ il quantum di
reddito da dichiarare. Ma certamente non lasciare tutti liberi di fare ciò che vogliono per poi andarli
ad acchiappare in una fase successiva.
Non scandalizza più la forfettizzazione dei valori perché poi alla fine si può oggi, grazie a certi
strumenti, arrivare ad una forfettizzazione molto vicina all’effettività, perché appunto attraverso
l’inserimento di un codice fiscale, l’Agenzia delle entrate sa quanto ho speso in farmaci, attraverso la
mia carta di credito sa quanto spendo in 3 minuti, sa quanti vestiti mi compro, quante volte faccio
benzina, può sapere talmente tante cose che poi alla fine, perché usarle solo in sede di controllo?
Usiamole prima, dando la sensazione ai cittadini di essere visibili per l’Agenzia delle entrate. Di non
essere visibili solo dopo, quando ci controlleranno, se ci controlleranno.
Di questa idea sono simboli la precompilata per i lavoratori dipendenti e il contraddittorio
endoprocedimentale, poi magari non ci entra davvero tutto ma la gran parte della nostra capacità
economica è visibile, determina a priori quante sono le nostre imposte.
Nella rincorsa ex post alcuni sono ipercontrollati e altri vanno avanti senza alcun controllo, magari
usando delle astuzie e intestando beni ad altri.
L’effettività è un principio correlato alla lettura che la Corte cost. dà dell’art. 53. La corte non
disegna comunque le presunzioni, che sono strumenti oggi di controllo e non di determinazioni di
valori da sottoporre a tassazione e questo comporta ancora dei grossi costi per l’amm.ne. Gestire il
fisco costa parecchio, quindi non è insano cercare di trovare degli strumenti che riducano questi
costi così che l’entrata che arriva non debba essere utilizzata per pagare gli stipendi etc.

Altro aspetto è la ATTUALITA’= capacità contributiva deve essere attuale, non può essere del
passato né tantomeno del futuro. Ci dice allora che devi concorrere oggi in base alla capacità che
tu hai adesso. Sembra un corollario scontato, in realtà il problema della temporalità si è poso per
esempio rispetto ad elementi o componenti reddituali che hanno una definizione nel tempo.
 Es. io ho un esproprio per pubblica utilità. Per esempio, ai fini del reddito di impresa la
cessione di un terreno anche a seguito di esproprio può generare un componente. Mi viene
offerto un indennizzo che io non considero equo. Nel momento in cui mi viene proposto c’è
una legge che dice che siccome quel terreno sarà utilizzato per una costruzione di interesse
sociale quelle plusvalenze non sono tassate. Quando arrivo ad avere certezza dell’indennizzo
quella legge non c’è più e quell’indennizzo deve essere tassato  qual è il momento in cui
lo devo richiamare a tassazione? Quello nel quale il fenomeno si è verificato, ha avuto il suo
presupposto giuridico, ha posto le fondamenta di quello che sarebbe stato poi l’indennizzo o
il momento in cui mi è stato corrisposto? O se invece ne ho ricevuto una parte e poi la
sentenza ne ha stabilita un’altra e nel frattempo è intervenuto un altro valore? Questo per
fare un esempio banale per dire che alcuni componenti reddituali possono avere una sorte
non pacifica, per cui potrebbero avere dei presupposti nel passato, realizzarsi nel futuro, in
parte nel passato in parte nel futuro; non è sempre certo.
La Corte cost. ha detto che quel presupposto rileva purché anche in una fase successiva tu sia nella
disponibilità di quelle somme, per cui se quando ti doveva essere corrisposto la tassazione non c’era
e ora sì lo sottoporrai a tassazione perché in quel momento sei nella disponibilità. Se tu l’hai
ricevuto prima e la sentenza arriva dopo, e nel frattempo te lo sei speso (quindi non ce l’hai più) e
cambia la legge, non puoi essere assoggettato a tassazione.
Ci deve essere ancora essere una disponibilità di somme nel momento in cui arriva la tassazione,
per cui si può anche ancorare ad un fatto del passato e il cambio di norme (le norme possono avere
39
un’efficacia retroattiva perché collegate a fenomeni del passato), però a patto che, nel momento in
cui il fenomeno viene tassato, tu abbia ancora la disponibilità economica; che il procedimento che
sta dietro alla liquidazione di quel compenso sia rimasto in piedi fino al punto da mettertelo nelle
mani e da rendertelo disponibile nel momento in cui è avvenuta la tassazione.
Se invece il fenomeno è giuridicamente ancora non chiuso ma le modalità di pagamento o
attuazione hanno fatto sì che la disponibilità tu l’abbia avuta nel passato ma nel momento in cui
interviene la legge, la disponibilità non c’è più, allora non può essere assoggettato a tassazione.
Qualche volta il momento della tassazione e la disponibilità non coincidono, e il problema è che la questione
può essere sub iudice, e negli anni in cui c’è questa disputa/lite, cambia la legislazione. Per cui magari il
presupposto si è verificato quando quel fenomeno non era tassato e la risoluzione ce l’hai quando viene
tassato. Quindi è attuale la tassazione? 10 anni dopo è attuale la tassazione?
Bisogna porre delle regole, perché non si può essere così fluidi nel diritto in modo da cogliere sempre la
realtà nella sua pienezza. Quindi la Corte afferma che se ormai il presupposto è esaurito e magari tu la lite
l’hai portata avanti ma in realtà la somma l’hai avuta 10 anni prima, l’hai accettata magari sotto condizione,
poi, quando finalmente arriva la sentenza e tu la disponibilità non ce l’hai più, l’hai avuta allora quando non
era tassato, non è sottoposta a tassazione.
È una soluzione che serve a trovare una via di mezzo, perché la soluzione perfetta non si riesce a
trovare. Ma quello che ci insegna la Corte costituzionale è che deve essere ATTUALE la ricchezza
nel momento in cui si tassa. E quando si dice “attuale”, si dice che se ne deve avere la
disponibilità IN QUEL MOMENTO, nel momento in cui la legge entra in vigore e chiama
quel presupposto a tassazione.
Il tema dell’attualità dipende molto dal tributo che prendiamo in considerazione, dagli eventi, ma
non è così comune/diffuso; dei due corollari (principio effettività e attualità), l’effettività è quasi
sempre in considerazione, molti sono i ricorsi, le cause che vengono portate di fronte alla Corte
costituzionali per questo aspetto; l’aspetto dell’attualità è un aspetto che si risolve un po’ più
facilmente.
Cioè si applica un principio di “tempus regit actum”?  Non è proprio esattamente così, perché in questo
caso non si tratta di atto, ma di disponibilità economica. Si guarda a quella che era la norma in vigore nel
momento in cui tu hai avuto effettivamente quella disponibilità economica. Quindi se hai posticipato la
disponibilità per tua scelta, perché hai voluto verificare alcuni profili e poi nel frattempo la norma è
cambiata, hai assunto un rischio e pagherai le imposte. Se invece la disponibilità è avvenuta in un momento
nel quale tu non avevi la tassazione e ti sei accontentato di riscuotere quella somma, hai avuto magari una
somma inferiore ma hai avuto il vantaggio di non aver dovuto sopportare la tassazione.
Si tratta più che altro della disponibilità materiale, economica, che certamente dipende dal procedimento e
quindi si dovrà vedere quel tipo di procedimento che cosa prevede, che cosa include; qualche volta dipende
dalla trattativa tra privati, dal fatto che ci siano indennizzi o somme a titolo risarcitorio di cui si discute che si
protraggono nel tempo e che magari arrivano quando la legislazione, su quel tipo di provento, è cambiata.
Quindi non è l’atto in sé ma la disponibilità materiale in ragione di quelle che sono le caratteristiche del
presupposto e anche se c’è il procedimento nel quale il presupposto si inserisce.
3/03/2023
Che rapporto c’è tra capacità economica e contributiva
La capacità contributiva sottintende la capacità economica, ma non è vero il contrario. La capacità
di contribuire, essere colpiti da tributi è un fatto e idoneità che non attiene a tutte le capacità
economiche ma solo ad alcune. Questo perché ci sono in quasi tutti i tributi e specialmente in

40
quello più importante delle aree di totale detassazione. Nell’imposizione diretta si parla di no tax
area o di minimo vitale.
La nostra corte cost. fin dal 1960 sent. n. 69 affermò che l’imposizione che sicuramente sposa il
principio del sacrificio non deve ledere la capacità economica di un soggetto che sia limitata ai
bisogni essenziali. La capacità economica che è sufficiente e non superiore a ciò di cui abbiamo
bisogno per sostenere i bisogni essenziali non dovrebbero essere tassati.
Se noi dovessimo ragionare in termini economici reali di quale dovrebbe essere la no tax area
dovremmo salire di qualche decina di migliaia di euro. L’asticella è posta dove ogni stato può, oggi
in Italia è di 8570 euro, coincidente anche quasi con il reddito di cittadinanza, secondo la logica per
sui se lo stato mi eroga quel compenso e lo ritiene necessario per garantirmi il minimo vitale e la
somma è al netto, la stessa cosa dovrebbe valere per tutti coloro che lavorano. Questa equivalenza
non è ai stata fatta, non esiste una norma che dice “non è tassato un reddito pari al massimo del
reddito di cittadinanza” però gli importi coincidono.
Altre legislazioni prevedono zone ben più importanti es. in Germania la no tax area si aggira intorno
ai 24 mila euro (lì l’imposta sul reddito è forse più pesante della nostra). Ma questo al di là di
esemplificazioni, ci deve aiutare a comprendere la distinzione tra capacità economica e capacità
contributiva. Anche perché non dobbiamo confonderci in quanto abbiamo detto che la capacità
economica è una capacità economica potenziale: cioè il fatto di detenere mezzi della produzione
ancorché inutilizzati fa la differenza rispetto a chi la produzione non ce l’ha; quindi potrei avere un
reddito pari a 0, qualcuno mi potrebbe dire che allora queste due cose non quadrano, in un caso
sono tassato senza reddito e nell’altro sono tassato anche con una capacità economica. Ma intanto il
riferimento è a due tributi diversi: IRES, IRAP, IRPEF e poi il discorso della no-tax area non si
applica a tutti i tributi a 360º ma solo per i tributi più significativi e poi al tributo che va a colpire il
reddito e le capacità reddituali di un soggetto.
AGEVOLAZIONI E ISTITUTI CONDONISTICI
1. Le agevolazioni
La nostra legislazione spesso attraverso le tax expenditure, ovvero le agevolazioni, attua alcune di
quelle politiche economiche e sociali che noi abbiamo ricondotto alla nozione funzionalista dell’art.
53 cost. che guarda anche a un contesto di valori allargati per cui è anche strumento per indicare
alla politica cosa fare del gettito che noi offriamo. Le politiche fiscali dovranno cercare di modulare
la tassazione non discriminando, creando sistemi solidali e favorendo politiche coerenti con altri
valori.
Spesso lo strumento del quale si serve il lgs per far sì che una legge di imposta possa favorire anche
politiche fiscali di sostegno sono le cd. agevolazioni. Dentro ci sono le detrazioni, aliquote ridotte,
esenzioni, esclusioni, etc., ci sono molte sembianze diverse, alla fine però ho pagato meno di quanto
avrei se non fosse stato valorizzato quell’aspetto della mia persona.
Sicuramente è un aspetto che riguarda l’art. 53 cost. e pertanto è un corollario importante dell’art.
53 cost. perché l’agevolazione ha ragione d’essere se sostenuta da altri principi, non viola il nostro
dovere di contribuire sancito dall’art. 53. Non potrà mai essere quindi una norma che favorisce
qualcuno es., per ragioni elettorali, ma dovrà avere a fondamento un preciso valore. Questo tipo di
previsioni incontra oltre che il limite dell’art. 53 anche un limite sovranazionale  divieto di aiuti
di stato, art. 117 TFUE.
Gli aiuti possono avvenire in qualsiasi forma, quindi certamente una politica fiscale che incide
fortemente sulle tasche dei contribuenti si sostanziano facilmente in degli aiuti; ma sappiamo anche
41
che non tutti gli aiuti sono vietati. Pensiamo a un caso di calamità naturale, ci saranno sospensioni
di tutti gli obblighi fiscali, ma non solo, ci possono essere anche aiuti veri e propri, per cui gli
imprenditori di quell’area possono subire una tassazione ridotta, possono essere esentati dall’IMU
etc. possono esserci per riequilibrare squilibri territoriali, es. tra nord e sud del paese.
Non è un divieto assoluto ma sia nel favorire che nel vietare c’è molta importanza dei tributi nel
cercare di riequilibrare le situazioni. La politica dell’Italia si è imbattuta in questi problemi, non da
ultimo si discute dei famosi bonus che sono in odore di aiuto di stato e sono all’attenzione degli
organismi dell’UE per verificare che concedendo questa agevolazione non condivisa nelle scelte UE
possa l’Italia essersi distaccata troppo. Teniamo presente questa doppia faccia della medaglia: da un
lato l’agevolazione è sicuramente un istituto importante di politica fiscale non perché agevola visto i
principi di uguaglianza art.53 e porta quindi a disuguaglianze, ma al contrario spesso l’agevolazione
attua l’uguaglianza in senso sostanziale e deve essere sempre sostenuta dall’obiettivo di perseguire
scopi riconosciuti e tutelati dalla Cos; dall’altro gli stati membri UE devono muoversi con cautela
anche per i tributi non armonizzati perché si può cadere nella trappola degli aiuti di stato.
2. I condoni
L’altro tema è il tema dei condoni. Per molti anni si è chiamato sempre condono, poi sono arrivate
definizioni altre, es. rottamazione, definizione agevolata, lo scudo, una serie di definizioni che alla
fine sottintendono la stessa cosa. I condoni possono essere:
 Puro = quando la definizione agevolata interviene andando a chiudere un contenzioso già
aperto rispetto al quale noi abbiamo anche applicate delle sanzioni sanando la sanzione. Per
cui l’imposta dovuta la verso ma sono agevolato perché col condono mi viene evitato il
pagamento della sanzione. In pratica rinunci a fare ricorso, oppure rinunci all’azione, ma
paghi l’imposta e non la sanzione.
 Impuro = oltre a evitare il pagamento della sanzione ci vengono abbonati o ridotti gli
importi relativi all’imposta, per cui ci sono stati dei condoni che possono dire anche anziché
darmi 2000 euro se tu rinunci a quell’azione me ne dai 1000.
 Vi sono stati dei condoni più che impuri, hanno consentito di evitare per il futuro le
verifiche. Ovviamente aderisce a questo condono chi teme il controllo, non un lavoratore
dipendente.
Sono istituti che consentono di sanare delle posizioni evitando il pagamento di sanzioni, o sanare
delle posizioni già accertate dall’amministrazione sanando la sanzione e abbonando una parte
dell’imposta, oppure ancora degli istituti che consentono addirittura di prevenire un’eventuale
azione ed escludere la possibilità che questa azione di verifica e controllo si possa concretizzare per
un certo arco temporale che normalmente è l’arco nel quale l’amministrazione è ancora nel suo
potere di accertamento e non è ancora decaduta dal suo potere di verificare.

Quindi questi condoni presuppongono ovviamente che il pagamento non sia ancora avvenuto
definitivamente, che ci siano degli atti dell’amministrazione finanziaria, dei provvedimenti ma che
sottintendono una lite pendente o un pagamento in corso, motivato non da un tuo pagamento
spontaneo che stai ponendo in essere seguendo le regole e la tempistica data, ma da pagamenti che
sono frutto di controlli dell’amministrazione finanziaria.
 Dunque nel condono puro se accetti di non fare la lite o di non contrastare l’azione
dell’amministrazione, ti viene concesso di non pagare la sanzione;
 Nel condono impuro si va in qualche modo a ridefinire anche l’imposta dovuta;
42
 Nel condono impurissimo si può addirittura anticipare e proibire e vietare all’amministrazione del
futuro di controllare annualità che possono ancora essere oggetto di controllo.
Il motivo per cui ne parliamo qui è che tutte le volte che il condono è impuro o addirittura riguarda
annualità che ancora non sono state controllate va a sanare delle posizioni senza che ciò che doveva
essere versato in ragione della capacità contributiva venga poi effettivamente versato, venendo
meno al principio di solidarietà e di uguaglianza.
Ma sono costituzionali? La Corte cost. non li ha mai dichiarati incostituzionali, e perché
normalmente si assume che possano anche comportare queste minori entrate violando puntualmente
il principio di capacità contributiva sul presupposto che si vanno a perseguire dei valori che hanno
anch’essi rilevanza cost.
 Es. in occasione di un’importante riforma del sistema tributario, per chiudere con il
passato e favorire una migliore concentrazione delle attività ispettive di controllo sulle
nuove disposizioni anziché continuare ad impegnare l’Agenzia delle Entrate sull’arretrato,
può essere utile; quindi, si dice che quando cambia una legge di imposta c’è il condono, che
può avere una sua valenza perché semplifica la vita di chi deve poi attuare il prelievo.
 Un’altra ragione può essere legata alla economicità dell’attività dell’amm.ne: le famose
cartelle da rottamare, ci sono degli importi tali scritti a ruolo  spendo di più ad attuare una
procedura di tipo esecutivo per 200€, anziché ad abbonarla. La verità è che poi dopo in
questi contenitori ci finisce di tutto; quindi, ci finiscono anche delle posizioni in cui le
somme erano riscuotibili, senza spendere nemmeno troppo procedendo in fase esecutiva.
Quindi non è da escludersi a priori che un condono possa essere anche utile e ancorché ingiusto. Se
però si approfitta di ogni piccola riforma (es. ora che hanno riformato il processo tributario) per
trovare una ragione giustificatrice per il condono sono leggi che minano fortemente il sistema. Per
non dire di un altro aspetto che spesso si trascura perché non è valutabile giuridicamente, ma il fatto
di sapere che il nostro paese ogni 2 anni fa un condono stimola l’evasione.

Art. 53 co. 2 Cost. – la progressività


Ci porta allo studio della progressività  il sistema è improntato a sistemi di progressività. Che
cosa è dal punto di vista economico lo abbiamo detto: è un sistema che determina un gettito più
che proporzionale. Il nostro sistema è solidale anche per questo motivo, perché vuole che il gettito
cresca più che proporzionalmente rispetto a come è cresciuta la base imponibile, il gettito che si
ricava dalla bi più alta cresce più che proporzionalmente rispetto a come è cresciuta la bi.
Ma il nostro sistema è davvero progressivo?
Non tutti i tributi devono essere progressivi, ma la quota parte più significativa deve derivare da
un’imposta di tipo progressivo. Nel nostro sistema attuale l’unico tributo progressivo è
l’IRPEF. Negli altri tributi spesso abbiamo o 1 unica aliquota o una differenziazione sulla base di
aliquote diverse, es. IVA 4 – 5% per gli alimenti, 22% per tutto il resto, ma non differenzia molto
perché il pane lo compriamo sempre con l’aliquota del 4%, quindi anche il super ricco potrebbe
mangiare solo pane etc.
L’unico sistema veramente progressivo è l’IRPEF, neanche l’IRES perché anche se non
armonizzata ha ispirazione unionale, per cui in tutti i paesi UE le SC sono tassate sul reddito con
un’aliquota proporzionale, quindi è sul reddito ma proporzionale.

43
Dire che il nostro sistema è informato a criteri di progressività significa dire che grazie al fatto che
l’IRPEF determina la maggior parte del gettito dell’erario possiamo dire che il nostro sistema è
progressivo, ma se le proporzioni nel gettito dell’erario si invertissero il nostro sistema finirebbe per
non essere più progressivo.
Non dimentichiamo però quello che abbiamo detto parlando delle singole categorie di reddito 
non tutta l’IRPEF è progressiva, perché al suo interno:
 Redditi di fabbricati destinati a locazioni;
 Redditi di capitale;
 Redditi diversi, alcuni;
Abbiamo parlato di cedolari secche, e anche il reddito di lavoro autonomo se entrano nella flat tax
quelli sono tutti redditi ad aliquota fissa. Nel nostro paese la progressività non è allora garantita
dall’IRPEF ma da una categoria reddituale che sono i redditi di lavoro dipendente che sono gli
unici che senza se e senza ma subiscono la tassazione progressiva secca + lavoro autonomo ma
solo se superano gli 85mila euro all’anno di ricavi annui.
Dunque il sistema è progressivo ma è fortemente in crisi, nel senso che il nostro sistema ha bisogno
di un’entrata di un certo tipo e quell’entrata resti. Questo non è detto in modo polemico, ma il
problema è che è che essersi messi in questa situazione è avere una scarsissima manovra di
revisione e di ripensamento dell’IRPEF, che è invece un’imposta che meriterebbe di essere riscritta
e pensata in modo più moderno e dinamico. Ma siccome su di essa si basa tutta la nostra capacità di
essere rispettosi dell’art.53 c.2 Cost o si modifica l’art.53 c.2 Cost. rinunciando a tutti i valori che
esso sottende oppure ci siamo ridotti ad avere una scarsa possibilità di intervento su quel tributo.
Perché ritornare a tassazioni progressive su redditi che non la conoscono più o che l’hanno
abbandonata da tempo, non è un fatto completamente e facilmente perseguibile.
Procedimento di autoliquidazione dell’IRPEF
Per capire come agisce la progressività si presenta anche il procedimento di autoliquidazone
dell’IRPEF  il calcolo, che ciascun contribuente deve fare nella propria dichiarazione dei redditi.
Nel procedimento di autoliquidazione il primo passo da fare (attraverso il supporto di un
commercialista/CAF) è stabilire il reddito lordo = somma algebrica dei redditi di cui all’art. 6
TUIR. Chi mette insieme i redditi dell’art. 6 potendo avere nel coacervo dei redditi che si sommano
anche dei redditi di lavoro autonomo/di impresa potrebbe avere un risultato che si chiude in perdita
anziché in attivo. È allora la somma dei redditi che possono avere risultato positivo o negativo:
Risultato negativo = perdita e le perdite fiscali non compensano solo il risultato dell’esercizio in
cui si formano ma se eccedenti il reddito positivo realizzato possono essere portati in avanti,
incidendo sull’esercizio dell’anno successivo. La posso però portare in avanti sfruttando l’80% di
ciò che resta. E quel che avanza di anno in anno negli anni successivi si va anche ad accumulare con
eventuali altre perdite di altri anni.
Quindi riassumendo, per prima cosa determino il reddito comprensivo lordo, determinato dalla
somma di tutti i redditi, reddito per reddito. Ricordiamo che l’unica categoria reddituale che applica
il principio di attrazione e che ha un’unica categoria reddituale, è il reddito d’impresa. Invece le
persone fisiche cumulano le diverse categorie di reddito e da questo cumulo potrebbe venire un
risultato negativo che si chiama perdita. Perché questa soluzione? È una mediazione perché in
passato le perdite si potevano portare in avanti solo per 5 anni, dopodichè i residui si perdevano.
Questo criterio applicato per molti decenni non era applicato negli altri paesi UE che hanno un’idea

44
di continuità aziendale diversa, nel senso che il risultato vero di un’attività imprenditoriale la potrei
misurare effettivamente solo alla fine (gli esercizi sono dei passaggi intermedi), però
convenzionalmente abbiamo bisogno di questi passaggi perché lo stato ha bisogno di entrate.
La nostra regola non era affine con questa idea e il motivo è perché da noi spesso le perdite di
inventano, perché ci si fa molta evasione, c’è tutta una prassi, le cd. bare fiscali, per cui le società
che hanno realtà fiorenti si mettono in pancia le bare fiscali e azzerano gli utili. In Italia le norme
tributarie soffrono moltissimo di questo e quindi sono costruite cercando di arginare dei
comportamenti. A un certo punto ci hanno imposto di armonizzare le nostre regole sul fatto così
significativo come il fenomeno delle perdite di impresa alla prassi degli altri paesi, che non
ponevano limiti alla deducibilità delle perdite. Assumendo giustamente che se per 10 anni
l’imprenditore è in perdita perché ha fatto investimenti importanti, poi però avrà degli utili e quindi
quelle perdite dovranno essere riconosciute in qualche modo.
Il giusto compromesso di passaggio tra considerarle limitate nel tempo e considerarle per intero, è
stato quello di consentire di portarle in avanti ma non per intero, solo per una quota significativa
(80%) che non costringe di ottenere un immediato vantaggio se tu quella perdita la costruisci a
tavolino. Anche altri paesi scelgono soluzioni di questo tipo, abbiamo tolto l’unico aspetto che era
tutto nostro.
Secondo passo: dal reddito lordo dobbiamo togliere gli ONERI DEDUCIBILI  ancora di imposta
non si parla perché dobbiamo fare il passaggio di applicare alla base del reddito in detrazione tutti
gli oneri deducibili:
 I più importanti sono i contributi previdenziali, la parafiscalità. Anche i contributi volontari,
la contribuzione alternativa o aggiuntiva rispetto a quella ordinaria. Tutti questi incidono sul
passaggio al reddito lordo al netto, è l’art. 10 TUIR (anche forme pensionistiche
complementari);
 Compensi al coniuge separato per separazione, divorzio, annullamento. Dal lato di chi eroga
il compenso è deducibile, dal lato di chi lo riceve è paragonato al reddito di lavoro
dipendente. Quindi troviamo una neutralizzazione dal punto di vista fiscale, chiaramente
dipende dalle aliquote di ciascuno: se io che erogo ho aliquote molto alte e chi riceve invece
non ha redditi e ha aliquote molto basse, il fisco ci rimette. Quasi tutte le coppie “ricche”
sono formalmente separate e non divorziate per erodere la progressività, la fiscalità. Si
chiama erosione perché è proprio un modo per erodere la progressività. È difficile sindacare
se la separazione è vera o no.
Non sono deducibili i compensi per i figli perché i figli ce li manteniamo tutti. Gli unici
oneri per figli che si possono dedurre sono quelli per le spese che comportano le adozioni.
 Donazioni, es. all’università, alle chiese, alcuni sono interi, in altri casi ci sono dei tetti.
Abbiamo a questo punto il REDDITO NETTO. Questo reddito è quello su cui io applico la
progressività. Come si applica la progressività ce lo dice l’art. 11 TUIR che ci porta a determinare
l’IMPOSTA LORDA che è il prossimo passaggio.
 Ai primi 15 mila euro io applico l’aliquota del 23%;
 Dai 15 mila – 28 mila applico il 25%
 Da 28 mila a 50 mila applico il 35%
 Per tutto ciò che è superiore a 50 mila applico il 43%.
Ogni anno queste aliquote vengono cambiate, non molto nella % ma nelle modalità di attuazione
perché queste fasce posso intervenire in modi diversi, crescendo il reddito cambiano le aliquote.
45
Alla fine di questo calcolo ho l’imposta lorda. Su questa imposta lorda si applicano le detrazioni,
che sono molto di più degli oneri deducibili. Ci rientrano:
 Spese mediche (salvo malattie particolari che hanno oneri deducibili);
 Famigliari a carico, coniuge, figli etc.;
 Detrazioni per lavoratori dipendenti, che sono importanti perché abbiamo detto che è una
categoria che tassa il lordo, perché non sono previsti costi per loro, ma ha una detrazione
tutta sua che è anche regressiva, ovvero più alta per i redditi più bassi e si riduce in base alla
categoria reddituale più alta.
Una volta applicati questi avrò l’IMPOSTA NETTA = imposta in astratto dovuta. Quella che
andrò davvero a versare è condizionata da altri istituti. Per esempio, i lavoratori dipendenti
subiscono delle ritenute, e anche il lavoratore autonomo potrebbe avere delle ritenute a seconda di
verso a chi ha prestato la sua prestazione professionale, oppure potrei aver maturato un credito di
imposta per l’esercizio precedente oppure potrei aver lavorato all’estero e aver subito una doppia
tassazione che mi ha dato diritto di un credito per la quota parte di reddito etc. Tutto questo incide
sull’imposta da versare, per cui l’imposta che effettivamente verserò non è l’imposta netta ma è
l’imposta che residua dopo che ciascuno di noi, in ragione delle situazioni che lo colpiscono,
della tipologia di reddito che ha e delle modalità di attuazione del prelievo che subisce, ha già
fatto un calcolo di quanto è già stato versato.
 I lavoratori dipendenti se non hanno altri redditi e solo la casa loro normalmente chiudono a
credito perché quasi tutti i dipendenti avranno fatto una visita, comprato un paio di occhiali
etc. avranno il mutuo per la prima casa, e quindi loro chiuderanno a credito. Gli viene
pagato il credito, erogato direttamente dal datore di lavoro nella busta paga successiva alla
maturazione del credito. Anche gli autonomi possono avere dei crediti che gli vengono
accreditati sul conto corrente fiscale.
Poi ci sono i crediti che sono liquidati in automatico, uno di questi è quello che deriva dalla
dichiarazione del lavoratore dipendente e poi abbiamo anche il credito del lavoro autonomo. Da
distinguere l’IVA che si liquida subito e l’IRPEF che invece si liquida nell’arco di tempo entro il
quale l’amministrazione ha verificato che tu non abbia barato. Comunque quello che è più
immediato gli viene restituito subito. Poi ci sono crediti che nascono da situazioni di indebito da me
supposto ma non certificato da qualcosa, magari io ho pagato un tributo perché ho interpretato una
norma in modo più grave non volendo rischiare di sbagliare ma poi scopro che l’interpretazione era
invece altra e avrei dovuto pagare meno e quindi devo chiedere il rimborso ed entro in un
procedimento con l’amministrazione per ottenere rimborso. Ci sono quindi tanti tipi di crediti.
Molto spesso il lavoratore autonomo che non ha altri redditi e che ha un minimo di nucleo familiare,
ha delle spese di cui il datore di lavoro tiene conto nel redigere la dichiarazione o di cui dà atto lui
stesso nella dichiarazione autonoma. Perché il lavoratore dipendente può trasferire tutto al proprio
datore di lavoro che avrà lui il compito di fare il calcolo dell’imposta esatta oppure può percepire il
suo stipendio, tenere tutta la documentazione e poi magari far fare il calcolo al commercialista o al
caf. In entrambi i casi quando emerge il credito, gli verrà erogato direttamente in busta paga.

ART. 23 COST.
L’art. 23 Cost. è l’articolo che ha introdotto o meglio che esprime il principio di riserva di legge in
materia tributaria ma in realtà parla di prestazioni personali o patrimoniali imposte.

46
Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge. Che
cosa significa? Con questo articolo l'Assemblea costituente stabilì che solamente il Parlamento,
attraverso l'approvazione delle leggi, poteva limitare la libertà dei cittadini.
Questo principio ha una tradizione lunghissima, ha il suo antecedente nella Magna Charta, 1215,
Giovanni Senza terra è costretto ad arrivare ad un accordo con i baroni e abbiamo affermato per la
prima volta questo principio: se vuoi che io contribuisca ti devi mettere d’accordo con me. Diventa
un principio fondamentale, uno slogan della Rivoluzione americana e un principio fondamentale
della Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Arriva anche nel nostro Statuto albertino e poi l’art. 23
cost.
Non è semplicemente una norma di diritto tributario ma rappresenta un pilastro delle democrazie,
per cui ciò che afferma è che le prestazioni patrimoniali e tra queste anche i tributi devono essere
discusse nel luogo che ci rappresenta massimamente, e quindi il parlamento. La discussione deve
tenere conto anche delle minoranze e deve avvenire in una sede espressione della democrazia.
Aver assoggettato la materia tributaria alla riserva di legge significa anche avergli garantito il
controllo della Corte cost. La legge è pur sempre scelta da una maggioranza parlamentare e quindi
si può sempre ricorrere alla Corte cost.
Le prestazioni dell’art. 23 sono sia personali che patrimoniali. Tra le prestazioni personali
ricordiamo l’obbligo di rendere testimonianza, la giuria popolare, il gratuito patrocinio per i liberi
professionisti. Non è questa la materia. Tra le prestazioni patrimoniali sono sicuramente più
rilevanti quelle tributarie. Ma dobbiamo anche qui allargare l’orizzonte. I tributi sono sicuramente
prestazioni imposte, e in particolari le imposte, ma anche le sanzioni che si traducono in prestazioni
patrimoniali, i prelievi forzosi, i blocchi salariali per i lavoratori dipendenti del settore pubblico,
anche il mancato pagamento di una somma di denaro che lo stato ci deve. Anche i canoni
demaniali.
Si discute del discorso delle tasse  può essere considerata prestazione imposta o no? Perché la
prestazione tu la chiedi comunque. La Corte cost. dice che però la tua volontà nella contrattazione
non entra, quando hai scelto non hai la possibilità di incidere nella determinazione del quantum.
Non c’è volontà e dunque c’è prestazione imposta. I tributi anche sottoforma di tasse sono
sicuramente la parte più importante del contenuto dell’art. 23 Cost.
7/03/2023
Che tipo di riserva è quella dell’art. 23 cost.?
 È assoluta quando non esiste la possibilità di disciplinare la materia se non con atti aventi
forza di legge (es. art. 25 Cost. per la materia penale);
 Rinforzata è quella riserva che sia delegato alla legge il compito di disciplinare la materia
ma dando delle informazioni in costituzione, es. quella disciplinata dall’art. 16 cost. che
prevede la libertà di circolazione e che la legge può porre dei limiti per ragioni di motivi
sanitari o di sicurezza;
 La nostra riserva è una riserva di legge relativa e noi lo desumiamo dall’uso dell’espressione
“in base alla legge”.
Come tutte le volte in cui ci si imbatte in una riserva relativa sorge la necessità di stabilire il
perimetro della riserva, quindi c’è una parte di materia che può essere demandata ad atti di secondo
grado, quindi atti che non hanno forza di legge. Si ha quindi l’onere di stabilire quali sono i fatti
costitutivi dell’obbligazione tributaria e gli elementi portanti dell’imposizione che sicuramente
meritano la discussione parlamentare e che non possono essere delegati. Come sempre ci aiuta la
47
giurisprudenza della Corte cost. ha chiarito che gli elementi che devono essere sicuramente oggetto
di definizione della legge, intesa in senso formale o sostanziale, sono:
 Presupposto di imposta;
 Soggetti destinatari dell’imposizione;
 Grado di tassazione, in particolare il livello massimo di tassazione che è facilmente
individuabile perché sappiamo che la tassazione è fondata sulle aliquote;
 Il modo come si determina la base imponibile, perché su alcuni tributi è automatico ma ci
sono modalità di determinazione che incidono sul quantum che possono fare la differenza. e
quindi quando ci sono elementi costitutivi della base imponibile che rilevano ai fini della
quantificazione dell’imposta in modo dirimente va da sé che anche questo aspetto deve
essere deciso da una fonte che ha la forza della legge.
Questo è il perimetro all’interno del quale si muove la nostra riserva di legge, tutto il resto può
essere affidato a legislazione secondaria, poi vedremo in che misura e con quali caratteristiche.
Valori e principi UE
Non siamo puntuali non perché non siano rilevanti, ma perché andando avanti ci imbatteremo in
istituti rilevanti per cui dovremmo spesso richiamare le disposizioni UE o la giurisprudenza della
CGUE, avremo occasione di tronare nel merito.
Abbiamo già parlato degli aiuti di Stato; quindi, sicuramente un tema che ci vede in modo dialettico
in confronto con l’Ue è questo. Parlando delle agevolazioni abbiamo detto come la materia
tributaria trovi spesso il rischio di superare il limite e di trasformare quella che può essere una
previsione di natura fiscale, che vuole perseguire certi obiettivi, in quella che l’Unione può
considerare un aiuto di stato, come sta accadendo per alcune agevolazioni con riferimento ai Bonus.
È sempre una materia delicata. Il diritto tributario è anche una leva fiscale e sociale molto
importante, per cui qualche volta ha l’onere di differenziare purché lo faccia definendo un quadro
coerente con la nostra Cost.; si possono trovare disposizioni agevolative in conseguenza di calamità
naturali etc. Questo tema è sempre molto delicato, queste discussioni sono sempre lunghe e faticose
perché si tratta di fenomeni in cui è possibile individuare il fenomeno dell’aiuto ma anche il risvolto
economico – sociale della decisione assunta dallo stato in ragione della ristrutturazione di settori e
servizi che in qualche modo meritano un’attenzione particolare.
A noi interessano quei principi come l’ARMONIZZAZIONE o ravvicinamento, perché sono le
direttrici quando parliamo di rapporto tra la legislazione interna e quella unionale. I trattati più
significativi sono il TUE e TFUE dove rispettivamente agli artt. 113 e 115 TFUE troviamo
affermato che nei tributi che riguardano la cifra d’affari e gli scambi, imposte di consumo ed altre
imposte dirette abbiamo un onere di armonizzazione delle legislazioni relative a queste imposte.
Abbiamo un obbligo o comunque indicazione di ravvicinamento delle disposizioni legislative in
tutti gli altri casi, sanciti dall’art. 115. Questi due concetti sono diversi ma in parte ravvicinati da
quello che conosciamo come soft law.
L’armonizzazione è un vincolo pressante che avendo scelto di far parte dell’UE ha scelto nelle
materie dell’art. 113 di darsi una legislazione armonizzata = avere una disciplina che sia
uniforme su tutto il territorio UE. Questo fa sì che i nostri tributi armonizzati non ci vedono più
stato sovrano ma meri esecutori di quelle che sono le decisioni assunte all’interno dell’UE. Da
quando si è siglato il trattato in quelle materie il nostro compito è stato quello di adeguare la
disciplina interna alla legislazione europea. Siamo obbligati ad armonizzare e abbiamo conseguenze
negative se non lo facciamo o lo facciamo tardi. Questo perché nei settori armonizzati abbiamo
48
ceduto interamente la nostra sovranità. Pertanto non ci stupiremo quando andremo a parlare delle
fonti dell’Unione e parleremo dell’importanza dei regolamenti delle direttive nella nostra materia,
perché alcuni settori della ns materia sono interamente disciplinati da queste fonti e per noi restano
margini di discrezionalità ma comunque entriamo nello specifico.
Il RAVVICINAMENTO è un obiettivo meno calzante, cogente, perché quando si dice che è
opportuno ravvicinare le legislazioni si dice che in un contesto territoriale in cui c’è libertà di
circolazione, investimento, insediamento, inevitabilmente anche le altre forme di tassazione per cui
non abbiamo rinunciato alla sovranità diventano funzionale alla creazione di sistemi che non creino
concorrenze sleali con gli altri paesi. Pertanto se io avrò una tassazione d’impresa che non è
ravvicinata a quella di tutti gli altri paesi dell’Unione posso attraverso questa mia legislazione
creare delle differenze tali che poi possono andare a scapito o dell’imprenditore italiano o degli altri
paesi, e questo crea difficoltà nella libertà di stabilimento o investimento.
Il nostro obiettivo originario è stato di grado inferiore rispetto a quello dell’armonizzazione ma già
consapevoli che si doveva andare verso una logica di uniformità probabile, possibile o conseguita.
Quello che è avvenuto nel tempo però che gli stati membri si sono resi conto che forse anche più
che nelle materie armonizzate esisteva un’esigenza di unitarietà delle scelte: es. l’IVA è un tributo
importante ma indirizza poco le scelte di un imprenditore, mentre la tassazione sul reddito rientra a
360 gradi nelle politiche economiche di un paese, e quindi fa una differenza avere una tassazione di
un certo tipo e crea differenza con gli altri paesi. Quello che era un invito ai paesi membri si è
tradotto in un tentativo che gli stati membri hanno fatto negli anni di darsi regole sempre più
comuni, anche laddove non c’è un obbligo ma c’è un valore strategico.
Questa esigenza poi ad un certo punto ha avuto bisogno di patti tra gentiluomini nell’ambito
dell’UE e il nostro presidente Monti ha portato avanti quello che è stato chiamato il memorandum
Monti a livello UE che ha portato in seno all’Ecofin alcune decisioni condivise e all’approvazione
di direttive che riguardano l’imposizione sul reddito di impresa; ha rappresentato un passo
significativo verso un’armonizzazione di fatto in settori per cui non opera il 113 ma dove si è
evidenziata la necessità di uniformare.
 Es. la direttiva sulla tassazione dei redditi da capitale, che sono sottratti a tassazione ordinaria e
sottoposti a tassazione sostitutiva in modo molto omogeneo nell’Ue. La stessa cosa accade per la
tassazione degli utili di società di capitali, vedremo che abbiamo un’esenzione significativa
nell’ottica del reinvestimento che è frutto di questa armonizzazione di fatto. Allo stesso modo è
cambiata in modo significativo la legislazione sulle operazioni straordinarie.
Evitare la concorrenza sleale è comunque un obiettivo perseguito dall’unione. Questo come poteva
essere evitato? Siccome il trattato non ci toglie la sovranità in materia fiscale e poteva superare
attraverso degli accordi, una visione alta che rendesse plastico il bisogno di darsi delle regole
comuni. Non doveva essere imposto attraverso regolamento, hanno siglato il memorandum di cui si
è fatto portavoce Mario Monti. In questo memorandum i paesi si sono detti di cercare di
individuare i fenomeni più rilevanti ai fini della tassazione dell’impresa e darci delle regole comuni.
Questo memorandum che pure non è una fonte UE ma è diventata un’ispirazione per la
commissione e il consiglio tanto da avere delle direttive che ci vincolano ancorché al di fuori dalla
materia dell’art. 113.
Quali sono i settori più coinvolti dalla necessità di evitare forme di concorrenza sleale?
 Tassazione dei capitali, che riguarda massimamente gli enti, le società, come decidono di
investire risorse e utili;
 Tassazione degli utili delle aziende che sono state di fatto detassate;
49
 Terza area di riferimento con specifica direttiva ha completamente cambiato la nostra
prospettiva a significare quanto fosse importante darsi dele regole comuni e riguarda gli
aspetti fiscali delle operazioni straordinarie (fusione, scissione, trasformazioni, conferimento
di beni e azienda), che nel nostro paese hanno sempre generato realizzo. Quando si
verificavano i soggetti coinvolti avevano da dimostrare in quel momento se avevano
realizzato minusvalenze e plusvalenze, spesso però si realizzano plusvalenze. Questi frutti
venivano tassati, e in ragione della direttiva oggi questi frutti se le attività continuano
attraverso un altro soggetto, (cessione, trasformazione, fusione, scissione), purché
quell’attività prosegua, sono diventati neutrali.
 Tutta l’IRES sono soluzioni che prima del 2003 non immaginavamo, e sono un precipitato
di questa adesione ad una visione unionale della tassazione di impresa che in alcuni temi si
esprime con direttive puntuali che hanno senso significativo e hanno cambiato la prospettiva
di tassazione.
Ci sono dei valori ereditati dall’UE anche attraverso la giurisprudenza CGUE che sono importanti e
che vedremo. Per esempio la collaborazione, i principio di buonafede tra cittadino e amm.ne
che nel nostro caso ha dato vita ad una serie di soluzioni che sottintendono un obbligo di
confrontarsi preventivamente con il contribuente, qualche volta addirittura a pena di nullità. Ciò ha
generato un proliferare di situazioni che hanno introdotto il contraddittorio endoprocedimentale,
cioè un obbligo di confronto preventivo che ha adesso un solo limite nel nostro sistema, che è
quello di aver declinato ormai questo principio in tanti modi diversi (si parla di principio ma i
procedimenti che lo disciplinano sono diversi, abbiamo tanti contraddittori endoprocedimentali che
sono espressione di questo valore fondante); possiamo parlare di principio ma poi il procedimento
che lo disciplina non prevede sempre lo stesso metodo e conseguenze.
 Es. in materia di elusione abbiamo per decenni cercato una soluzione finché la CGUE si è
espressa in materia di IVA e immediatamente è diventato un paradigma di come poteva
essere trattato il fenomeno nel nostro paese e tant’è che ne abbiamo fatto una norma all’art.
10bis dello statuto del contribuente.
Allo stesso modo il principio di proporzionalità, che è un p dell’UE e ne parleremo per via
dell’obbligazione tributaria, delle garanzie che il sistema appronta a favore dell’obbligazione
tributaria; ci troveremo di fronte ad una materia che può lasciar pensare che questo criterio della
proporzionalità sia andato perduto, proprio perché tutti questi sistemi di garanzia si sommano tra
loro in obbligazioni che nascono già ipergarantite. Allo stesso modo nel tema delle sanzioni
amministrative, dove spesso c’è una sproporzione che trova una sua giustificazione nel fatto che il
nostro sistema tributario è costellato di istituti deflattivi del contenzioso e quindi bisogna spararla
grossa la sanzione perché io poi sulla riduzione della sanzione trovo la transazione.
Tutto questo è migliorato. Alcuni istituti prima erano considerati inaccessibili sul presupposto della
particolarità dell’obbligazione tributaria. Ancora, non esisteva l’autotutela, la possibilità di
annullare degli atti riconosciuti da lei stessa come illegittimi. Tutto questo è frutto di valori e
principi che ci ha dato l’UE.

Le fonti del diritto tributario


Quando parliamo di fonti nel diritto tributario cercheremo di mettere a fuoco quel che ancora non
sappiamo e che riguarda nello specifico il diritto tributario. Le fonti possono conoscere 3 livelli:
1. Nazionale;
50
2. Unionale;
3. Internazionale.
Fonti del diritto internazionale
Ci sono fonti di diritto internazionale tributario ed esiste una differenza col diritto tributario
nazionale? Il diritto tributario internazionale è il diritto interno che si occupano di fenomeni con
rilevanza internazionale: sempre nella famigerata legislazione sulla tassazione di impresa troviamo
tutta una serie di esempi, di norme ispirate e tese a disciplinare fenomeni che comportano
l’internazionalità: norme che ci dicono come tassare lo straniero, cosa accade in caso di
trasferimento della sede in un altro Stato, che cosa accade nel caso in cui si decida di andare a
investire in società estere etc. Si tratta di diritto scritto dai nostri legislatori ma destinato a
disciplinare fenomeni che comportano un collegamento con un territorio sovranazionale. Quasi
sempre fuori UE ma non necessariamente, abbiamo una imposizione anche nostra tipica.
Il diritto internazionale tributario è sovraordinato e ha una sua influenza sul diritto interno. Il
diritto internazionale non ha delle fonti, noi abbiamo l’art. 10 cost. che dice che l’ordinamento
italiano si conforma alle norme di diritto internazionale “generalmente riconosciute”  e cosa sono
nel diritto internazionale? Le consuetudini e le convenzioni.
Tra le consuetudini ne abbiamo 2 e la prima è quella che riconosce allo stato la sovranità. Si tira
fuori dal gioco perché salvo che ci siano accordi in qualche materia non c’è una vera e propria
sovranità internazionale. L’altra è quella che informa il principio di territorialità e mondialità. Per
consuetudine gli stati applicano il principio di mondialità ai propri contribuenti interni e applicano il
principio di territorialità a coloro che sono stranieri che svolgono attività nel territorio dello stato, e
queste sono le 2 consuetudini che noi ricaviamo dal diritto internazionale.
Dopodiché abbiamo le convenzioni che sono di fatto quelle già ricordate, quindi quelle spesso
bilaterali contro la doppia imposizione, strumenti che anche in deroga del TU, che si applica sempre
quando è più favorevole ad altra soluzione, si conviene tra 2 stati di risolvere alcune questioni che
normalmente riguardano i frontalieri, i lavoratori dipendenti, pensioni, lo stato in cui è maturata la
pensione e quello in cui viene erogata, più o meno sempre gli stessi problemi. Sono tutte soluzioni
fondate sul criterio della reciprocità: quindi sono soluzioni che prevedono che all’interno della ns
legislazione già ci orientiamo nel considerare gli altri come gli altri considerano noi.
Ci sono poi gli agreement, accordi che vengono assunti a livello sovranazionale, spesso atti in seno
all’OCSE e sono degli inviti che un po’ riecheggiano la logica del riavvicinamento: chi li sigla parte
spesso da soluzioni non omogenee e si impegna ad assumere nel tempo una soluzione che sia simile
a quella degli altri sottoscrittori. Ad esempio, la digital tax, in cui noi abbiamo fatto una fuga in
avanti; ci sono fenomeni globali, es. l’individuazione della stabile organizzazione, che non possono
non avere una soluzione non sovra-ordinata.
Gli stessi fatti assunti a livello internazionale li assumiamo anche a livello UE (anche perché anche
la Commissione UE sottoscrive accordi), poi però arrivare a decidere insieme a Cina, India, non è
così banale. Per cui si traccheggia e si cerca di allargare sempre di più il campo. È l’etica che è
sottesa a queste decisioni e che informa la legislazione e condiziona il sentire del legislatore.
Certamente la legislazione internazionale non esiste ed esistono queste fonti che ci orientano. Le
consuetudini sono quelle su cui si regge il sistema, gli accordi sono dove vogliamo andare nella
speranza che ci siano le condizioni socio-economiche e geopolitiche; le convenzioni sono risolutive
di singole questioni e hanno valore pratico.
Fonti dell’Unione Europea
51
Aggiungiamo solo che il diritto tributario è stato l’artefice delle direttive self – executing. Lo stato
italiano tardava sempre a recepire le direttive e in particolari sulla materia tributaria, allora l’UE ha
iniziato a scriverne così particolari da poter essere autoapplicative. Anche perché i processi di
armonizzazione sono stati più lenti di quelli del ravvicinamento. Ricordiamo poi l’importanza degli
accordi, di tutto ciò che non è formalmente fonte ma che è significativo in materia tributaria, perché
spesso si parte da lì per arrivare a delle fonti, es. memorandum. Oppure la giurisprudenza della
Corte che ci ha aperto degli scenari che nel nostro procedimento così autoritativo e ancorato non
erano neppure immaginabili. All’UE dobbiamo anche il fatto di poter fare controlli al di fuori del
nostro paese. Ovviamente non va la GF italiana ma chiede alla sua omologa del paese di svolgere
delle attività di indagini di cui avrebbe bisogno (pensiamo alla cd. Lista Falciani, giurisprudenza
sull’uso delle prove illecite).
Le fonti italiane
La nostra Costituzione ci offre diversi principi che sono rilevanti per noi, alcuni li abbiamo già visti
e sono i più importanti, di altri parliamo. Artt. 23 e 53 cost. sappiamo quanta parte hanno nella
nostra materia e quanto dovremo ragionare sulle norme alla luce di questi.
Altra norma importante è l’art. 14 co. 2 perché nell’affrontare lo studio dei poteri di accesso,
ispezione e verifica da parte dell’amm.ne finanziaria vedremo che siamo nel pieno del co. 2,
possibilità di derogare all’inviolabilità del domicilio per ragioni economiche o di sanità e incolumità
pubblica; l’autorità dei controlli fiscali deroga alla regola e il nostro domicilio diventa violabile,
cioè aperto ai controlli e alle verifiche. Quindi a partire dai luoghi dove si svolge l’attività fino ad
arrivare all’abitazione dell’imprenditore o del lavoratore contribuente che è sottoposto a controllo,
la Guardia di finanza può accedere. Vedremo che ci sono delle regole ben precise, garanzie precise,
e un sistema di autorizzazioni che coinvolge anche la magistratura ordinaria in quanto l’accesso
nell’abitazione è consentita su autorizzazione del PM e a certe condizioni.
Si applica al diritto tributario anche l’art. 24 Cost., diritto di difesa. Può sembrare banale, qual è il
processo che può non applicare l’art. 24 cost.? In realtà il processo tributario non nasce come oggi
lo conosciamo, quando nascono i giudici tributari non conoscono neanche le garanzie di
imparzialità e terzietà – le prime commissioni tributarie avevano nella loro composizione gli uffici
delle entrate - fino ad ora erano giudici speciali, ora è partita la riforma del processo tributario, già
da agosto scorso, e tutto ciò è evoluto attraverso l’art. 24, che è stato un faro indispensabile che ha
consentito di minare alcune storture del nostro processo tra cui un doppio grado che poteva essere
alternativo, e che ora è a tutti gli effetti un processo come tutti gli altri, la differenza la fa l’organo,
una magistratura.
Prima della Cost. non era proprio un processo: di giurisdizionale le commissioni avevano ben poco.
Si sono conservate anche dopo l’entrata della Cost. con l’impegno di adeguarle ai principi
costituzionali, ma ci sono stati almeno 3 passaggi fondamentali, uno negli anni ’70, uno negli anni
’90 e uno l’anno scorso, per portarle ad avere una struttura fatta anche di giudici togati. Ora c’è la
riforma ma la magistratura tributaria è onoraria, è da adesso che abbiamo un giudice, ora concorso
per magistrati ordinari che hanno scelto di passare dalla magistratura ordinaria a quella tributaria.
 Il nostro procedimento conosce un uso massiccio delle presunzioni, sempre relative, per cui poi il
diritto di difesa deve essere garantito, come detto dalla Corte Cost. Le presunzioni comunque non
operano sempre in automatico, nei confronti del contribuente che si comporta “bene” l’uso della
presunzione non è così di default.
Altro articolo è l’art. 75 cost. co. 2 per cui non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e
di bilancio. Consente di fare un distinguo tra norme sostanziali e procedurali  doveva riguardare
52
le norme procedimentali (es. abrogare le presunzioni) o sostanziali? Si discuteva in dottrina.
L’occasione è stata data alla Corte cost. perché un politico, Marco Pannella, radicale, decise ad un
certo punto di sottoporre al referendum abrogativo la figura del sostituto di imposta, figura
importante perché è colui che in nome e per conto di qualcun altro paga le imposte (es. il datore di
lavoro quando il lavoratore riceve uno stipendio già al netto), perché diceva che c’era una disparità
di trattamento con tutte le altre forme di reddito dove c’è un’autoliquidazione.
L’occasione arrivò per chiarire se il divieto deve riguardare solo il diritto sostanziale o anche il
procedurale. La Corte cost. ha chiarito che il divieto di referendum vale a 360 gradi, tutta la materia
tributaria non può essere toccata da referendum. Per non dare adito a soluzioni equivoche la corte
cost. ritiene che riguardi tutta la materia interamente senza deroghe.
L’altra norma da ricordare è l’art. 81 Cost. co. 1 che dice che lo stato assicura l’equilibrio tra le
entrate e le spese nel proprio bilancio  equilibrio di bilancio. È una norma che indirettamente
riguarda tutta la sfera economica, ma lo ripescheremo quando parleremo dei rimborsi, in particolare
come fatto conseguente alla dichiarazione di incostituzionalità di una norma che disciplina un
tributo. Noi, un po’ figli di una interpretazione della cost. che hanno sempre visto le sentenze che
dichiarano l’incostituzionalità di un’entrata avere un’efficacia ex tunc abbiamo scoperto che a
seguito dell’art. 81 modificato i rimborsi per il passato non li possiamo avere, salvo chi li abbia già
coltivati perché nel bilanciamento tra l’art. 53 cost. e l’equilibrio di bilancio la Corte cost. ha scelto
(sent. sulla Robin Tax 2015) l’equilibrio. Possiamo avere solo il non pagamento per il futuro e il
rimborso solo per chi lo ha coltivato, chi non aveva ancora fatto richiesta di rimborso non lo può
avere.
Bisogna dire che spesso la Corte cost. si arrampica sugli specchi per non dichiarare
l’incostituzionalità nella nostra materia per questioni economiche. L’idea di dare un colpo ai conti
dello Stato aprendo la voragine dei rimborsi è un fatto che spesso condiziona le decisioni della corte
così in materia di IRAP, quell’imposta che paga la potenziale capacità contributiva, appena entrata
in vigore, la Corte ha cincischiato e l’ha salvata per alcuni (lavoratori autonomi privi di
organizzazione) e non per altri.
L’art. 97 cost. va ovviamente applicato anche al diritto tributario, è stato utile per introdurre alcune
soluzioni al nostro sistema, e lo ricorderemo spesso perché siamo in pieno diritto amministrativo,
sebbene speciale.
Titolo V Costituzione  dentro il titolo V c’è il federalismo fiscale. Dobbiamo chiarire cosa sia
sulla carta e in concreto. Certamente il combinato disposto di 117 e 119 con le legislazioni
concorrenti e l’autonomia di entrata e spesa degli enti pubblici territoriali sembrano dirci da quando
il titolo V è stato riscritto che esiste un federalismo fiscale, perché dicono che regioni, province e
comuni hanno autonomia di entrata e di spesa nelle materie che non sono rimaste nella
competenza esclusiva dello stato. Su tutto il resto sembrerebbe essere affermato il principio per il
quale le Regioni possono istituire tributi propri, addirittura possono esistere tributi propri a livello
provinciale e comunale (in qualche modo abbiamo avvicinato la posizione delle Regioni a statuto
ordinario a quella delle regioni a statuto speciale).
Per poter istituire un tributo occorre avere uno spazio economico. C’è un fatto economico degno di
un rilievo non ancora contemplato da un tributo già istituito? Il titolo V si attua se lo stato rinuncia
ad alcune delle sue entrate. Se non avviene questo e non c’è una rinuncia alla tassazione da parte
dello stato diventa difficile trovare come istituire un tributo proprio, tant’è che l’unico tributo
proprio sono le imposte di soggiorno, gettito non così significativo. Oltretutto c’è anche un vincolo
di destinazione di tale gettito, anche se non è poi così trasparente.
53
Questo è il motivo per cui anche chi aspira all’autonomia poi non lo coltiva, significherebbe fare
scelte assolutamente impopolari (come la doppia tassazione) e mettere in seria difficoltà la finanza
statale (l’equilibrio di bilancio poi salva chi è contrario). Dal punto di vista fiscale non è che non ci
siano i tributi regionali o i tributi comunali, però non sono tributi propri, sono tributi propri derivati.
I tributi propri derivati non sono propri del comune. Il tributo proprio derivato è istituito con
legge statale ma incassato dall’ente locale:
 l’IRAP è tributo istituto con legge statale ma incassato dalle regioni di appartenenza degli
esercenti alte professioni con organizzazione e degli imprenditori.
 L’IMU è ugualmente un tributo proprio derivato, nel senso che il gettito va ai Comuni, ma la
legge istitutiva è statale. Quindi non siamo in grado neanche di sganciare dalla legislazione
nazionale gettito che è già destinato agli enti locali.
 Le addizionali IRPEF non sono un gettito da poco però sono gestite da legge di Stato.
Quindi oggi abbiamo un Paese fortemente centralizzato con una fiscalità che anche quando locale è
comunque costruita in modo omogeneo su leggi statali, le quali lasciano agli enti locali la possibilità
di stabilire, in quel quantum stabilito dalla legge, come muoversi e di fare scelte di politica
economica locale. Più di questo non esiste al momento. Questo non è detto che sia un bene perché
la gestione nazionale non è sempre funzionale all’efficienza del sistema (l’IRES non dà il gettito
dell’IRPEF quindi potrebbe essere un rischio più facile da assumere per i Governi centrali). Il
debito molto alto, i Governi poco stabili sono un problema; come si fa a fare una riforma di questa
portata con dei governi che hanno poca durata? Ci vuole visione, struttura e possibilità di azione che
sia capace anche di ottimizzare i contraccolpi di tipo negativo iniziali.
Lo statuto dei diritti del contribuente
Nel diritto tributario esiste una legge che in qualche modo riecheggia i valori costituzionali che è lo
statuto dei diritti del contribuente di cui abbiamo già sentito parlare perché è una legge (l. n.
212/2000) in senso formale (una rarità), ma anche ha un valore di indirizzo, che serve a orientare il
legislatore. La nostra costituzione non prevede una fonte intermedia, quindi pur avendo un
significato valoriale è una legge che quindi è espressamente o implicitamente abrogabile.
8/03/2023

Ha spesso contribuito a formare una sensibilità, dei giudici, del lgs, che nel dubbio confrontandosi
anche con lo statuto e con la costituzione hanno potuto adottare soluzioni più coerenti e conformi
con la cost. stessa. Non va svilita questa fonte, voluta fortemente grazie all’impegno del Professor
Marongiu. Sembra un po’ presuntuosa ma ha fatto molto nel nostro sistema perché ha consentito di
veicolare nella sensibilità degli interpreti dei valori che conosciamo come acquisiti ma che non lo
erano. Siamo passati da un sistema in cui l’amm.ne aveva un predominio a uno in cui il
contribuente è un soggetto da rispettare.

Le fonti primarie
La legge in senso formale è una fonte che nel diritto tributario non è poi così presente, lo statuto è
una delle pochissime leggi perché la materia così tecnica male si presta alla discussione
parlamentare. Ha senso che una legge come lo statuto sia passata dal parlamento, mentre tutto il
resto sia veicolato da fonti aventi forza di legge.

54
Il d.lgs. è perfetto per questa materia, che ha una riserva di legge relativa, e quindi il d.lgs consente
di discutere in parlamento gli elementi essenziali del tessuto della futura imposta e poi delega al
governo il compito di articolare puntualmente quella disciplina. Il d.lgs. è la classica fonte che
troviamo nel diritto tributario.
Un problema che si pone spesso è quello dell’eccesso di delega: in sede di stesura l’amm.ne fa
passare un’interretazione più vicina alla sua sensibilità, magari uscendo dalla delega, perché è una
materia sempre in conflitto e poi una parte interessata, l’amm.ne, scrive anche il testo legislativo.
Quindi in questa materia capita abbastanza spesso che venga prospettato il problema dell’eccesso di
delega.
Il DL è un’arma a doppio taglio, per cui è ammessa come fonte rispetto alla riserva ma da un lato si
adatta benissimo ad alcuni fenomeni, … molto banalmente uno che ha un garage che siriempie di
benzina e chi non ce l’ha lo paga subito bello rincarato. Il DL è ottimo in questo sneso, evita
soluzioni di mercato, la maggior parte dei fruitori non lo sanno e sono soggtti alla stessa
conseguenza. D’altra parte però on è discussa in sede parlamentare e nemmeno per la conversione
sorpatutto in materia tributaria perché dopo aver adottato un’imposta se non viene convertito
bisogna rimborsare tutti + interessi. Diventa una discussione un po’ fasulla.
Ancorchè l’art. 4 si sia orientato in modo netto su questo profilo il risultato non è arrivato, perhè poi
i governi la tentazione ce l’hanno di usarlo, e il diritto tributario è anche la materia in cui si è
espressa la prassi dei cd. decreti catenaccio.

Fonti di secondo grado


… sono funzionali all’attuaione delle leggi di imposta, quindi tutto ciò che riguarda le decisioni sul
come si paga, quando, con quali modulistica e formalità, cambiano di anno in anno e sono aspetti
pratici. È una materia coperta da riserva e quindi i regolmenti autonomi e che possono
regolamentare in primo grado nel diritto tributario non sono ammessi. Per il resto seguono il
processo di formazione tipico e possono essere illegittimi.
Quali sono le conseguenze in caso di illegittimità? È un problema duplice:
1. Possibilità di impugnazione del regolamento nei 60 gg e quindi i regolamenti governativi al
TAR Lazio, quelli degli enti locali nei tributi derivati propri di fronte al TAR con
giurisdizione;
2. Disapplicazione, perché se nasce illegittimo può essere impugnato ed eventualmente
annullato dal giudice competente ma se non annullato può comunque essere disapplicato a
distanza di anni. nel diritto tributario dove i regolamenti sono molti il problema della
disapplicazione si pone quando io ricevo il provvedimento fondato su quel regolamento,
quindi anche a distanza di anni. Normalmente infatti le persone comuni non se ne
accorgono. Chiederò allora al giudice la disapplicazione dell’atto costruito su un
fondamento illegittimo a sua volta scritto in un regolamento. Ovviamente l’annullamento ha
efficacia erga omnes, mentre la disapplicazione riguarda solo il caso singolo.
La disapplicazione ha però un effetto di risonanza  se viene fuori una sentenza di questo tipo a
cascata avremo tutta una serie di contribuenti che chiederanno rimborso e impugneranno gli atti,
ancorché con un’efficacia formale nei confronti di una sola persona fisica la risonanza che possono
avere queste decisioni se serie e ponderate hanno un effetto comunque su tutti gli altri.
Le circolari
55
Il diritto tributario è pieno di circolari dell’amm.ne finanziaria che sono:
 Organizzative
 Interpretative (più delle volte)
Quindi l’amm.ne che è una dei soggetti deputati a interpretare la norme dovendo diffondere a tutta
la platea degli uffici l’interpretazione corretta adotta come atto la circolare. È un atto però generale
interno, e non è una fonte  il contribuente potrà sempre adottare un’interpretazione difforme da
quella prospettata nella circolare. Chi però la disattende appena è sotto l’attenzione dell’amm.ne
subisce un provvedimento. L’amm.ne può anche cambiare opinione.
Gli unici che sono vincolati al contenuto della circolare sono i funzionari dell’amm.ne finanziaria,
che però non necessariamente rischiano l’eccesso di potere, perché se il funzionario riesce a
motivare la sua discordanza non fa magari carriera ma se trova riscontro in quella della Cass. o dei
giudici non ci fa brutta figura. È un fatto assai raro.
… chiunque interpreti il diritto tributario è buona norma leggerla. Nessuno di noi però è vincolato. I
commercialisti in questo danneggiano la materia perché siccome non vogliono rogne è molto più
comodo per un dottore commercialista suggerire di pagare 100 euro in più piuttosto che sostenere
una tesi particolare che forse potrebbe essere quella più giusta. In questo la funzione dell’avvocato
dà un’altra qualità al diritto tributario.

Interpretazione
È un tema vastissimo e nasce dal fatto che il diritto tributario è un diritto complesso ma mette
insieme istituti di molte discipline diverse. Si occupa di una materia molto delicata, che sono le
casse dello stato, e in un sistema come il nostro ha bisogno di interventi anche urgenti, e la fretta
non è mai una buona consigliera.
… capita spesso che quando arriviamo al septies non ci ricordiamo più che cosa c’era scritto nel bis
e ci sono spesso delle contraddizioni.
Spesso poi stanno in leggi che non sono tributarie. Al di là della finanziaria spesso il legislatore si
accorge di una falla, arriva la legge sugli asili nido e ci infila la norma che serve a tributarista.
Diventa complicato aver contezza delle norme, non esiste un codice o raccolta completa delle leggi,
e quindi a volte si trovano in posti impensabili. L’art. 2 dello statuto del contribuente parla proprio
di questo, tutti gli inviti che troviamo in questo articolo sono la fotografia dei comportamenti
anomali che esistono nel nostro ordinamento.
Ci sono ben 3 norme che escludono la punibilità a casa di norme non facilmente intellegibili, art. 6
co. 2 del d.lgs. 472/1997 … ed infine l’art. 10 co. 3 dello statuto dei diritti del contribuente che
dice:

 L’obiettiva incertezza della norma è causa di “non punibilità”, ma non è scontata.
Come si fa a interpretare allora? Abbiamo criteri, tradizione interpretativa? Si confrontano 2
principi diametralmente opposti:
1. In dubio contra fiscum  deriva da Agostino, nel dubbio si deve preferire una risposta
contro il fisco. In questo caso la soluzione interpretativa è fortemente condizionata dal
tempo storico

56
2. In dubio pro fisco  … nel dubbio scegliere la soluzione più favorevole al fisco.
Questi brocardi non rendono giustizia dell’effettiva realtà interpretativa. Quello che accade è che
anche nel diritto tributario si applicano in linea di principio i criteri interpretativi che derviano dalle
preleggi. Non dobbiamo farci ingannare da queste petizioni di principio, sono sensibilità formatesi
nel tempo. Oggi come per tutte le norme:
1. Interpretazione letterale
2. Interpretazione logico – sistematica … qual è la soluzione più coerente
3. Interpretazione evolutiva  tiene conto anche di come nel tempo sono cambiate le
dinamiche e le relazioni. In questo lo statuto ha avuto una grande importanza …
4. poiché la legge tributaria è spesso legata a casi speifici e delimitati e poiché impone, riduce
lo spazio di libertà di un soggetto si è soliti scegliere l’interpretazione più restrittiva, per cui
ciò che il lgs vuole lo dice e ciò che non dice non vuole. È forse il criterio più usato, il
criterio a contraris. Ci permette di rispondere bene al principio della riserva di legge e a
quello di capacità contributiva secondo la logica di uguaglianza in senso sostanziale.
… più coerente evolutivamente con la nuova interpretazione che diamo ai prinicpi che informano la
nostra materia. Non saremmo dell’idea di una interpretazione altra, è un po’ più complessa perché
la scrittura delle norme è una scrittura tecnica articolata e non contenuta in momenti precisi,
documenti puntuali, arriva la necessità, c’è il bisogno di un’entrata straordinaria e passa di lì un DL
e si approva, qualunque fosse il contenuto di quel DL.
Che cosa fare degli istituti che spesso il diritto tributario richiama ma che sono mutuati da altre
discipline? Quando si dice Tizio è obbligato solidalmente con Caio, si applicano gli artt. 1392 ss.
cc.? O quando si parla di possesso se ne parla in senso civilistico? E il controllo, che controllo è?
.. contrapposizione tra coloro che:
 sostengono la tesi autonomistica  il diritto tributario è una materia speciale per uci bisgna
sempre provare a vedere se si è dato partendo da istituti che hanno un’analoga
denominazione la stessa interpretazione, se ha voluto richiamare quell’istituto lì o se invece
si èm dato una sua soluzione.
 Sostengono la tesi anti-autonomistica  in linea di principio fa proprie le soluzioni delle
altre materie e quando vuole semmai a queste deroga.
Non è possibile dire che prevale una o l’altra, il diritto va visto come è e non come ci piacerebbe
che fosse. Se studio il diritto tributario ci sono dei casi in cui la norma è quella. Quando si parla di
obbligazione solidale dal lato passato la norma è quella. Parla di proprietà, parla di quello, e uguale
gli affini, i parenti. Qualche volta deroga, quando parla di controllo non è detto che scelga sempre
una delle ipotesi presenti dal 2359 cc qualche volta dice qualcosa di più …
Il diritto tributario persegue obiettivi che sono suoi propri, per raggiungerli utilizza istituti che
hanno molta similitudine con istituti già noti. È un continuo fare una commistione di istituti che
hanno origine in altri rami del diritto e che vengono presi per come sono conosciuti in quel ramo del
diritto e istituti che hanno la stessa denominazione perché da lì hanno origine ma poi sono adattati
per ottenere gli obiettivi specifici del diritto tributario. E questo succede non solo rispetto al diritto
civile ma anche rispetto al diritto amm.vo.
Il tema dell’interpretazione nel diritto tributario è così forte che abbiamo avuto un istituto specifico
che è all’art. 11 Statuto diritti contribuente, l’INTERPELLO INTERPRETATIVO. Entra nella
nostra materia nel 1991 con la legge 413 che introduce in un’ipotesi particolare di norma allora anti-

57
elusiva la possibilità di chiedere preventivamente all’amm.ne finanziaria la giusta interpretazione da
dare non alle norme ma ai fatti al fine di considerarli o meno comportamenti possibili o non
possibili.
Ad un certo punto si pone il problema di avere o no una norma antielusiva generale che poi
abbiamo avuto molto di recente, l’art. 10bis. ha un suo antecedente nell’art. 37bis che prova a
seguire la Germania circoscrivendo il problema dell’elusione ad alcuni fenomeni, i casi più evidenti
di manovra elusive. Senza avere la pretesa di ammettere una clausola generale prevede un
procedimento amm.vo in cui dice se vuoi fare una trasformazione e hai paura che l’amm.ne poi
questa operazione te la rettifichi io ti do la possibilità di esperire un ruling  un interpello alla
direzione centrale a cui chiedi io società ho intenzione di fondermi con beta e sembrerebbe
un’operazione elusiva ma in realtà ha un suo risvolto positivo. Vuoi dirmi se la mia operazione
secondo te è elusiva o no? L’amm.ne finanziaria si prende le carte e le studia.
Per la prima volta entra nel nostro sistema l’istituto dell’interpello. È un istituto con cui io non
obbligatoriamente, ma se lo voglio preventivamente chiedo prima di fare qualcosa e senza nessun
effetto su ciò che sarà dopo come la pensa. Se voglio mi adeguo se no no. Se però
l’amministrazione dice va bene bisognerà dare un valore a ciò in termini di affidamento. È diventato
un esempio che ha scatenato una serie di infinita di interpelli per cui ad un certo punto si è capito
che questo interpello invertiva l’onere della prova, metteva l’imprenditore con le spalle al muro… è
nata quella che un autore ha chiamato la “costellazione degli interpelli”, da tanti che ce n’erano,
finché è arrivato prima l’art. 11 e poi modificato nel 2015 che ha collocato in un’unica norma le 4
tipologie più importanti:
1. Interpello interpretativo  arriva quello di cui abbiamo bisogno, io chiedo all’amm.ne
finanziaria prima di applicare una norma qual è l’interpretazione che devo dare a quella
norma.
2. Interpello probatorio  io ti chiedo preventivamente l’idoneità di elementi probatori atti a
adottare determinate previsioni. Alcune situazioni richiedono un certo apparato probatorio,
per poter applicare certe norme devono essere provate. … richiede certi requisiti, quelli
devono essere provati, chiedo preventivamente all’amm.ne se le prove di cui dispongo le
riterrà adeguate.
3. Interpello anti-elusivo 
4. Interpello disapplicativo.
Queste forme non sono più legate al singolo fenomeno specifico ma hanno una portata generale, ma
questo non ha escluso che ne troveremo anche altri tipi, es. operazioni straordinarie, con l’estero
disciplinate direttamente dal TU.
Interpello interpretativo  il contribuente può rispetto a situazioni per le quali sussistono obiettive
condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni e corretta qualificazione di
fattispecie alla luce di disposizioni tributarie può chiedere all’amm.ne finanziaria sempre che questo
caso lo riguardi personalmente un quesito formulando una sua interpretazione e chiedendo
all’amm.ne di rispondergli per dirgli che l’interpretazione che lui dà condivide o no. Le condizioni
sono:
 Oggettive condizioni di incertezza  dubbio che resta dopo uno studio approfondito e
attento, dopo che mi sono esaminato note o risoluzioni dell’amm.ne
 Deve essere una questione che mi riguarda, io quella norma la devo applicare. Deve essere
una situazione personale.

58
 Non c’è poi una forma precisa per formulare l’istanza che deve essere redatta e deve
obbligatoriamente contenere la risposta. Quindi deve fare una proposta di soluzione. Solo
così è una corretta istanza che io inoltro alla direzione regionale.
A questo punto la direzione ha 90 gg per rispondere. E qui apprezziamo l’interpretazione data,
perché se l’amm.ne mantiene il silenzio si intende concordare con l’interpretazione data nell’istanza
 silenzio assenso. Il silenzio assenso scatta solo se la richiesta è ammissibile, per cui se l’istanza è
sostenuta dalla sussistenza delle condizioni ed è formulata nel modo corretto ci sarà il silenzio
assenso, ma se non ha i presupposti o non è ammissibile.
Altrimenti l’amm.ne risponde, e può dire sì hai ragione oppure no, per me l’interpretazione non lo
interpreto così, duqneu la conseguenza è un’altra. Cosa succede per il contribuente? Il contribuente
se la risposta è negativa non è vincolato ad adeguarsi anche se ha chiesto. Se resta convinto della
sua interpretazione e della sua bontà può comportarsi di conseguenza. Va da sé che l’amm.ne
rettificherà quello che ha detto il contribuente (chiede i soldi, gli interessi e le sanzioni). C’è sempre
la possibilità di andare dal giudice che sarà colui che decide la interpretazione giusta.
Se io voglio contraddire l’opinione dell’amm.ne non ho solo la possibilità di fare la dura, esiste
un’altra strada. È quella di adeguarsi all’opinione dell’amm.ne ma chiedere poi il rimborso. Con
l’istanza di rimborso si dice nella mia dichiarazione ho sbagliato, voglio il rimborso. La questione
può andare comunque dal giudice ma a quel punto con l’istanza di rimborso.
Non abbiamo detto come considerare la risposta dell’amministrazione finanziaria.
L’amministrazione può cambiare idea o ritardare nella risposta.
10/03/2023

C’è un’ulteriore differenza tra i primi 3 e il quarto. Nei primi 3 casi l’eventuale rispota negativa non
è impugnabile, l’istanza di interpello non dà origine ad un atto impugnabile di fronte al giudice
tributario la risposta negativa di cui all’interpello dell’art. 11 co. 2 per previsione espressa dell’art…
quello è invece impugnabile unitamente all’atto di accertamento dell’amm,ne finanziaria. Questo
perché il rifiuto ad un’istanza di interpello di tipo … equivale ad una sorta di diniego …

L’istanza di interpello deve avere delle caratteristiche sue ben definite sennò non sortirà gli effetti.
Per essere ammissibili deve integrare 2 condizioni:
1. La richiesta deve essere riconducibile ad una obiettiva condizione di incertezza …  non è
data da una difficoltà interpretativa, non può essere conseguenza di una non capacità, ma
deve essere una impossibilità oggettiva. Magari la norma è nuova, affronta una questione
mai prima considerata e non si riesce a trovare la soluzione giusta. Una condizione oggettiva
usando sempre la diligenza.
2. La questione non deve essere una questione che ci interessa a livello teorico ma deve
riguardare la specifica situazione soggettiva, si deve dover applicare quella norma
assolutamente. L’istanza la manda a nome proprio ma non sarà mai il singolo contribuente a
redigere l’istanza, ancorché firmata da lui sarà predisposta dal consulente di turno.
I requisiti sono fondamentali perché quando una istanza è formulata all’ufficio corretto e presentata
all’ufficio competente porta a una risposta o ad un silenzio assenso se l’istanza è inammissibile non
si ha l’effetto del silenzio assenso che è possibile perché uno dei requisiti dell’istanza è la
prospettazione di quella che si ritiene essere l’interpretazione giusta. L’amm.ne finanziaria non è
59
tenuta a comunicarmi l’inammissibilità dell’istanza dell’interpello, è un effetto derivato della
formulazione dell’istanza, e io me ne accorgo quando mi arriva il provvedimento dell’amm.ne. è
anche vero che i requisiti sono piuttosto facili, però l’amm.ne non è tenuta a comunicare ma a
comportarsi di conseguenza.
L’istanza va alla direzione regionale delle entrate che ha funzione organizzativa e interpretativa.
Normalmente avcade che l’amm.ne mi risponde e condivide/esprime un’impostazione difforme. Nel
pirmo caso ciò fa scattare il principio dell’affidamento, per cui art. 6 statuto dei diritti del
contribuente. … è importante che l’amm.ne si esprima nel senso che ho prospettato perché ciò mi
tranquillizza e mi dà il diritto di comportarmi di conseguenza.
Quando mi preoccupo di fare un’istanza di interpello? Non lo faccio per risolvermi dei dubbi senza
nessuna conseguenza pratica e economica, quando lo faccio è perché esiste un dubbio ma questo
dubbio porta a soluzioni diverse, una più onerosa che verosimilmente è quella che sposerà l’amm.ne
e una che mi pare più corretta e che è anche quella più favorevole. il motivo è che in potenza esiste
questo conflitto che potrebbe avere conseguenze negative.
Il primo risultato dell’istanza è che non risponda nei 90 gg. Perché io possa adempiere ai miei
obblighi l’art. 11 prevede che posso pensare che quella soluzione è giusta. In base all’art. 6
l’amm.ne non potrà agire contro di me per il futuro, perché anche in caso di silenzio già maturato
l’amm.ne può esprimersi, ma in tutti questi casi la presa di posizione dell’amm.ne potrà avere effetti
solo per il futuro.
Se l’amm.ne risponde e dice che condivide la mia impostazione, finché non cambia il suo
orientamento la mia impostazione è quella che vale e la uso sicura di non avere conseguenze
negative. Perché l’amm.ne può cambiare idea? Non perché è capricciosa ma perché magari di fronte
all’interpretazione nuova di una norma potrebbe anche essere ripensata la prima soluzione.
La terza strada è quella di una risposta che non ci piace, perché ragionando seriamente sulle
questioni e avendole studiate ci siamo persuasi che la nostra soluzione è la più coerente. Non siamo
disposti a rinunciarvi. Possiamo:
1) Agire prescindendo dalla risposta stessa, perché non è una risposta vincolante. È automatico
un accertamento da parte dell’ufficio. Dobbiamo mettere in conto che avremo un
provvedimento in rettifica. L’agenzia deve poi verificare il comportamento assunto dai
contribuenti a seguito di istanza di interpello, è un obbligo che ha quindi lo farà di sicuro. A
quel punto l’interpretazione giusta la deciderà il giudice. …
2) Sul momento adeguarmi all’amm.ne per evitare questo effetto ma coltivare il dubbio in sede
di rimborso  applico l’interpretazione che tu mi dici essere quella corretta ma sulla quale
ho forti dubbi, pago il tributo ma contemporaneamente avanzo un’istanza di rimborso, con
le medesime argomentazioni che hanno sostenuto la mia tesi argomentativa. L’ufficio non
cambierà idea in linea di massima, però magari sì, potrebbero essere arrivate altre 100
istanze. Nella maggior parte dei casi avrò un rifiuto al rimborso e su quel rifiuto potrò
andare dal giudice. In questo caso non avrò sanzioni nel caso il giudice mi dia torto.
Ciascuno sceglie in base alla situazione in cui si trova, le divergenze interpretative potrebbero
comportare il pagamento di decine di migliaia di euro, quindi chiaramente il soggetto potrebbe dire
in questo momento non riesco a pagare a queste condizioni, non c’è un criterio, si sceglie in base ai
valori, all’entità delle sanzioni, alle condizioni economiche di chi deve decidere.

Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale


60
… per capire l’attuale art. 10bis dello statuto occorre sapere un po’ di cose pregresse. È diversa
dall’evasione (=palese violazione di una norma tributaria). L’elusione è delicata perché si ha
quando pur non violando alcune disposizione si tradisce la volontà del legislatore. Detto così
sembra facile, in realtà l’attuazione di questo principio non è così banale e per arrivare a delle
conclusioni coerenti ha impiegato qualche decina di anno. Il tema può esser e affrontato in molti
modi.
Se c’è elusione vuol dire che nel sistema ci sono delle falle, perché vuol dire che il legislatore ha
disciplinato una materia consentendo a qualcuno di ottenere lo stesso effetto aggirando quella
disposizione, il che vuol dire che con il tempo si è dimostrato che quella norma non era scritta bene,
che lasciava aperto uno spazio che permetteva di ottenere un risultato identico rispetto a coloro he
andando sul tracciato legislativo pagavano un’imposta. Assomiglia un po’ alla simulazione, al
contratto in frode alla legge.
Il problema è che non viola una norma. La reazione che per molto tempo +è stata quella tradizionale
è quella di intervenire ex post modificando quella norma  mi accorgo che quella previsione del
TU apre a una soluzione alternativa e la riscrivo, oppure apro ad un’interpretazione estensiva.
 Pensiamo all’imprenditore familiare: come sarà nato l’art. 5 e l’attribuzione del 51%
all’imprenditore? Dalla constatazione che …
Molte norme che illustreremo saranno additate come antielusive, e che magari nel testo originario
non c’era, il legislatore se ne è accorto e si cambia. …
Un terzo livello è quello di avere una clausola generale antielusiva: una norma messa nel posto
giusto che dice che sono rettificabili tutti i comportamenti che sono frutto di una scelta antielusiva.
Questa norma il nostro ordinamento se l’è data dal 2010, perché per molti anni noi a differenza
della Germania non abbiamo avuto una clasuola generale antielusiva. Essa serve a mettere a fuoco
che tutti i comportamenti posti in essere con il solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale ma non
hanno una ragione economica possono essere rettificati dall’amm.ne.
Avevamo però l’art. 37bis del dpr n. 600/1973 che introduce dal 91 una soluzione che parte con una
clausola generale … ma poi al secondo comma declinava tutte le possibili ipotesi di elusione,
facendo un elenco. Ritagliava allora un perimetro.
Dal 1991 al 2005 avevamo da un lato il 37bis ma l’amm.ne finanziaria si trovava di volta in volta a
scontrarsi con una serie di comportamenti he riteneva elusivi ma che non si colocavano in questa
disposizione e la cass. continuava dire che per colpire l’elusione ci vuole la specifica norma che la
stigmatizzi. … ma la cass. non trovava nel cc la soluzione giusta perché le fattispecie che si
verificavano nella realtà non erano sempre riconducibili alla norma specifica disciplinata nel cc.
Nel 2005 in materia di IVA la CGUE affrontando una questione u un tributo armonizzato
riguardante un contribuente dell’UK, una Banca Alifax ha detto che il diritto dell’Unione e in
particolare le norme che disciplinano l’IVA non possono essere manipolate per ottenere un
risparmio di imposta abusando della legge, quindi portando le norme a perseguire un interesse
forzandole e consentendo di avere un risultato diverso da quello che aveva in mente il lgs. La
CGUE ha interpreta l’elusione nell’aveo dell’ABUSO DEL DIRITTO. …
Di punto in bianco azzera tutta l’esperienza giurisprudenziale, sposa questa tesi e la porta nel nostro
ordinamento. Aggiunge anche guarda giudice se anche la questione non ti viene rilevata siccome si
sta violando l’art. 53 cost. sei tu che la devi rilevare  tutte le volte che si abusa del diritto
tributario e si arriva a liquidare un’imposta diversa da quella dovuta si sta violando il principio di

61
capacità contributiva. … è stata una provocazione tesa a fare propria le argomentazioni delle corte
al legislatore per creare una clausola…
Tant’è che il lgs nel giro di poco tempo ha prodotto l’art. 10bis il quale pone un NORMA
GENERALE ANTIELUSIVA costruita sulla nozione di abuso del diritto. Ciò non singifica che
tutte le altre norme eluisve sono abrogate, l’unica che è abrogata è il 37bis che è l’antecedente
logico del 10bis. oltre a questa norma l’elusione viene affrontata anche con tanti altri rimedi, es. le
norme interpretative, la riscrittura delle disposizioni etc.
L’art. 10bis dice che quando atti fatti, contratti sono posti in essere con l’obiettivo principale .. di
ottren eun … l’amm.ne finanziaria ha diritto di disconoscere l’efficacia di quelle operazioni perché
nei suoi confronti sono inopponibili.
 Es. acquisto un’azienda in perdita per iniziare la produzione del mio bene anche lì.
L’amm.ne dice sarà un caso che tu vai a fare la fusione con un’azienda in perdita e che ti
azzera la base imponibile? Civilisticamente vi siete fusi, fiscalmente però per l’amm.ne non
esiste. Posso comunque dimostrare che la mia operazione non è tesa a ottenere un vantaggio
fiscale ma c’è un vantaggio economico  l’elusione diventa un tema da affrontare in sede
probatoria.
L’amm.ne deve dimostrare che la mia operazione non può avere altro che ragioni fiscali. La mia
controprova deve essere ti sbagli, questa operazione magari ti stupisce perché è un fatto nuovo ma
ha una valida ragione economica. Su questo bilanciamento tra ciò che nasce e ha ragoon d’essere su
una questione non economica reale ma tesa ad ottenere un risparmio di imposta si costruisce la
posizione dell’amm.ne; sulla prova che la ragione economica esiste si costruisce la controprova del
contribuente.

Posso anticipare tutto questo con un incontro preventivo con l’amm.ne? torna l’interpello
antielusivo di cui alla lett. C) art. 11. Se si tratta di un fatto sporadico posso anche rischiarla, e poi
se l’amm.ne la contesta mi difendo in quel modo, ma se si tratta di operazioni importanti e scelte
economiche o industriali con efficacia anche per esercizi successivi

Poiché ormai i comportamenti elusivi vengono considerati illegittimi, quindi ciò che è lecito
singolarmente inteso diventa illecito si applicano anche le sanzioni, ma solo le sanzioni amm.ve e
non quelle penali, perché si tratta sempre di comportamenti che singolarmente considerati non
violano alcuna disposizione.
Domande !!!

Efficacia nel tempo delle norme


… 66/1969 non sia ancor vivo l’effetto economico di un’operazione avvenuta prima dell’entrata in
vigore di una legge di imposta. L’art. 3 statuto ha fatto proprio questo principio e ha sancito che in
materia tributaria le norme non hanno effetto retroattivo. Ha aggiunto che nel caso i tributi periodici
le modifiche si applicano solo ai periodi di imposta successivi a quelli… chiariamo che cosa è u
tributo periodico.
Tributi periodici sono quei tributi che normalmente corrispondono per un arco temporale ben
definito su un presupposto che ha un inizio e non si sa quando avrà una fine, es. il reddito, il
62
possesso di un BI, che convenzionalmente sono frazionati in anni per le PF e in esercizi per gli
imprenditori, e hanno la caratteristica di cadere sempre sul solito presupposto o tendenzialmente
simili.
Si dicono istantanei quei tributi pagati sul presupposto che si verifica una tantum e non è detto che
si verificherà mai o più. I tributi periodici vedono scattare le modifiche dall’esercizio successivo.
C’è anche un problema legato agli obblighi fiscali perché spesso l’obbligazione è corredata da tutta
una serie di obblighi che spesso sono onerosi e il cui mancato adempimento comporta
l’applicazione di sanzioni … altrimenti varrà per il futuro.
Efficacia delle norme nello spazio
Si tratta di capire quando si crea questo collegamento fisico per i diversi soggetti passivi di imposta
tra soggetto e stato  quando sono un contribuente che deve corrispondere l’IRPEF? Abbiamo
visto i due principi che esistono: … dicendo che si applica il principio della mondialità ovvero il
principio della territorialità distinguendo tra coloro che sono residenti e coloro che non lo sono e
abbiamo detto che ai soggetti passivi che sono residenti si applica la mondialità, agli altri la
territorialità. Ma quando un soggetto passivo è residente, e poi l’istituto della residenza soddisfa
tutte le soluzioni di ancoramento possibile o ce ne sono altre?
La residenza fiscale non ha nulla a che vedere con quella civile, e soprattutto va declinato per le PF
e per i soggetti passivi IRES in modo diverso. Per coloro che svolgono l’attività commerciale poi
esiste una figura che ancora questi soggetti al territorio nazionale prescindendo dalla residenza
attraverso la stabile organizzazione. Mentre le persone fisiche possono essere residenti o no, i
soggetti diversi dalle persone fisiche possono essere residenti, non residenti o dotati di una stabile
organizzazione.
Anche nel diritto tributario esiste una nozione di domicilio fiscale, mentre la residenza è funzionale
alla individuazione della soggettività passiva, che ha il compito di definire i contorni del soggetto
passivo e attribuirgli uno di quei 2 principi, il domicilio fiscale è funzionale ad attività di controllo e
verifica dell’amm.ne finanziaria. Non sono perfettamente coincidenti.
RESIDENZA  … la norma relativa alle persone fisiche è nell’art. 2 TU delle imposte sui redditi il
qale ci dice che ai fini dell’IRPEF sno residenti le persone che per la maggior parte del periodo di
imposta sono iscritte nell’anagrafe della popolazione residente. L’ANPR contiene l’elenco di tutti
coloro che hanno la residenza in uno dei comuni di tutta italia. Ai fini fiscali è residente e quindi
corrisponde i tributi in ragione del principio di mondialità chi per la maggior parte dell’anno è
iscritto in questa anagrafe, ha una residenza civile in uno dei comuni italiani. Potrei quindi
mantenere la residenza in un comune ma per il fisco vale un criterio quantitativo … allora stabilire
se sono residenti in Italia o in Francia o USA quando ho lavorato in entrambi non è banale, la regola
è si sceglie il criterio quantitativo. Chi si trasferisce passa all’anagrafe dell’AIRE, di coloro he
hanno traferito la propria residenza al di fuori del territorio nazionale.
… quando noi trasferiamo la nostra residenza in un paese che è a fiscalità privilegiata l’amm.ne
finanziaria ha diritto di presumere che il trasferimento di residenza non ci sia stato a meno che il
contribuente non dimostri che il trasferimento di residenza è effettivo. E qui il problema si
trasferisce alla giurisprudenza e all’interpretazione, perché è importante capire sulla base di quali
criteri si ancora o meno una residenza. Ma sulla base di quali criteri si ritiene che il trasferimento
c’è stato o non c’è stato?
14/03/2023

63
Le persone fisiche sono fiscalmente residenti nel comune nel cui anagrafe risultano iscritte.
Co. 2bis  esiste questa norma antielusiva che richiama a tassazione in Italia come se fosse un
residente anche tutti coloro che si sono trasferiti se lo hanno fatto n un paradiso fiscale, ma questa
presunzione è ovviamente relativa, e quindi dovevamo interrogarci su come si supera questa
presunzione relativa. La norma letteralmente non indica i paradisi fiscali, al contrario.
È importante vedere la giurisprudenza della Cass. … che un cittaidno potesse far valere il proprio
trasferimento all’estero se … legami. Quando lo sportivo poneva la propria residenza a Montecarlo
il primo passo era quello di verificare se aveva figli lì, aveva la fidanzata residente a Montecarlo,
quindi cercando i profili più personali.
La cass. in un secondo momento faceva riferimento agli elementi della vita di tutti i giorni che sono
esemplificativi della residenza, es. comsumi elettrici, personale di servizio, babysitter, una realtà
fatta di elementi rappresentativi del vivere fisicamente con i propri affetti in un certo luogo. Dopo si
è spostata in un’ottica più facilmente riconducibile a caratteri economici. Anche il fatto di avere il
proprio ufficio o la sede di società per cui si lavora o gli sponsor, non si dice a priori qual è
l’elemento che fa la differenza ma ciscuno soggetto si può dire collocato o meno a seconda di ciò
che in quello stato è presente. Si possono individuar ecriteri misti rappresentativi della sfera
personale ma anche della sfera lavorativa.
Se questi sono gli elementi rilevanti, così come l’amm.ne proverà a dimostrare che si sono
conservati in Italia, il contribuente sarà colui che deve dimostrare la presenza di questi elementi
nello stat dove dichiara di essersi trasferito.

Più problematico è il tema legato alle società, e quindi al criterio da utilizzare per ancorare dal pdv
territoriale un soggetto passivo IRES alla tassazione in Italia. A questo riguardo viene in
considerazione l’art. 73 TU che apparentemente è banale, ma poi contiene l’equivalente del co.
2bis, una serie di indicazioni e norme con valenza di tipo antielusivo.
La regola ordinaria è il luogo nel quale l’ente ha la propria sede legale. La sede legale è un requisito
formale perché chiu que costituisca una società dovrà indicare il comune nel quale ha deciso di
collocare la sede dell’ente stesso. Subito dopo l’amm.ne può ricorrere anche a criteri fattuali, in
particolare può scegliere di collocare fisicamente l’ente nel luogo dove questi ha la sede
dell’amm.ne oppure il luogo dove svolge la propria attività principale.
Le società quando sono residenti fiscalmente in Italia? Il problema della mondialità è quasi
quotidiano, perché nel 2023 le società che operano su più stati sono molto frequenti. Il primo luogo
per definizione colloca un ente è la sede legale, che è un requisito di tipo formale che può anche non
essere indicato nello statuto di un ente, ma esiste ed è predeterminato prima ancora che un’attività
inizi. Non è il solo criterio possibile, se ne affianca altri 2 di tipo fattuale, ma siamo ancora
nell’ordinarietà:
 Sede dell’amm.ne
 Luogo dove si svolge l’oggetto principale dell’attività. Se le attività sono diverse sarà quella
prevalente.

Ci sono allora 3 criteri ordinari. Già la sede dell’amm.ne e il luogo dove viene svolta la sede
principale consente un confronto con l’amm.ne perché la sede dell’amm.ne una volta era un luogo
fisico abbastanza definito, ma già questo oggi può avvenire anche senza una presenza fisica, o
64
semplicemente posso riunirmi per il consiglio in un luogo ma poi l’amm.ne vera la gestisco da casa
mia.
Quando entriamo nell’ottica della sede allora già siamo in criterio fattuale non stabilito sulla base di
un fatto tipico reiterato e sempre quello, anche perché le realtà economiche non si amministrano
sempre nello stesso modo. Si deve valutare caso per caso.
L’oggetto principale è il luogo dove viene svolta l’attività prevalente, ma anche qesto è un criterio
del passato quando le attività avevano tutte la loro fisicità, pensiamo oggi alle criptovalute. Il
criterio in alcuni settori e forme economiche non ci dà una soluzione concreta. L’amm.ne muove
sempre dalla sede legale, se ha dubbi muove su…
Quando un contribuente IRES si dichiara residente in Italia il tema della residenza rileva poco,
anche perché quando vuole verificare quel soggetto entra in gioco l’istituto del domicilio fiscale, il
quale coincide in prima battuta con la sede legale del contribuente ma può essere spostata
d’ufficio… questi 3 criteir che stanno a monte in realtà finiscono per non rilevare così tanto.
Anche per i soggetti passivi IRES il problema è utilizzare questi criteri pe distinguere tra residenti e
non residenti, e saremo portati a dire che tutti coloro che.. sono residenti all’estero e dunque
corrispondono l’IRES determinando la base imponibile col p della territorialità.
A questo punto intervengono le norme antielusive, perché sarebbe troppo facile trasferire le attività
all’estero basando tale trasferimento su quello di … hanno anche luoghi di produzione all’estero,
oppure spacchettano le attività su più territori. La ripartizione dei soggetti è legata a enti diversi, e il
porblema è stabilire quando andando fuori non sono più italiane, perché altrimenti mi sottopongo a
un livello di tassazione diversa.
… alla riduzione in Italia del segmento che può dirsi presente sul territorio italiano, lasciando al
paese estero il compito di tassare secondo il criterio della mondialità. In questo senso sono rilevanti
le previsioni contenute nell’art. 73 co. 5ter TUIR per cui si considera che sono comunque esistenti
sul territorio dello stato coloro che sono alla data di chiusura dell’esercizio controllati da un
soggetto straniero che a sua volta è controllato da un altro soggetto italiano  quella che si chiama
TRIANGOLAZIONE, per cui formalmente attraverso il fenomeno del controllo.
… tre diverse ipotesi di controllo:
1. Maggioranza assoluta dei voti
2. Controllo influente
3. Arrivo a determinare un controllo coi patti parasociali
Parliamo di una realtà di gruppo societario e il soggetto di fatto è controllato da un soggetto che non
sembra essere residente in Italia ma che a sua volta è controllato da un soggetto italiano. Questa
catena di controlli mi richiama a tassazione in Italia anche il soggetto apparentemente del tutto
straniero che viene addirittura considerato esistente sul territorio dello stato, gli si dice tu
uffciamente in Italia sei un fantasma ma con questa triangolazione io capisco che a monte della tua
attività c’è un contribuente italiano che ha la sede in Italia.
In questi casi come per l’art. 2 co. 2bis siamo in fase di accertamento. Mentre le regole del co. 1
sono quelle che stabiliscono in situazione fisiologica dove e come collocare l’imprenditore quando
entriamo nel 5bis…
Questo ha il compito di difendersi dimostrando che in realtà la propria residenza è straniera, perché
tutto si gioca sull’onere della prova, perché le presunzioni assolute nel nostro sistema non sono
ammesse.
65
Il secondo sistema è quello della lett. B) art. 73 co. 5bis e cioè quando questi soggetti
apparentemente non esistenti sono amministrati da un cda o organo equivalente composto in
prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello stato. questi criteri possono essere discussi
preventivamente tra amm.ne e contribuente perché sono chiare norme di portata antielusiva che
vanno a declinare quelle operazioni prvie di valore economico fatte al solo scopo di … io lo posso
fare, però mi devo in modo trasparente rappresentare la mi strategia con l’amm.ne finanziaria e
convenire che non è più davvero un’attività italiana.
Quand’è che queste norme si applicano? Quando tutto avviene in modo sottaciuto, quando queste
realtà sono trasferite dall’Italia vero paesi diversi che in qualche modo si tende ad azzerare
totalmente la presenza in itali di un riferimento possibile a queste realtà economiche.
Nel rapporto tra contribuente e PA un istituto diverso ma importante come la residenza per come
individuata dagli artt. 2 e 73 TU è quello del domicilio fiscale, art. 58 dpr n. 600/1973. L’art. 58
fissa il domicilio fiscale sia per le PF che per i soggetti passivi di IRES.
A cosa serve? È il luogo che individua l’ufficio competente a svolgere l’attività di verifica nei
confronti dei contribuenti. La residenza allora qualifica un soggetto come passivo di imposta
sottoposto al criterio della mondialità, però questo soggetto perché si possa verificare la correttezza
e la bontà della sua auto-qualificazione ha bisogno di essere controllato, e l’ufficio che lo controlla
sarà quello in cui il soggetto ha il domicilio fiscale. Esso è diverso tra le PF e i soggetti passivi
IRES.
In particolare nelle PF coincide con il comune nella cui anagrafe sono iscritte, stesso criterio. Per le
PG torna il luogo della sede legale, amm.va ma anche un’eventuale sede secondaria ovvero il luogo
dove si può avere quella che si definisce una stabile organizzazione. Ma l’importanza dell’istituto
non sta nel dove lo si colloca ex lege, sta nel fatto che l’amm.ne finanziaria il domicilio fiscale lo
può spostare, può collocarlo in un luogo diverso se applicando questi criteri ritiene di non garantire
l’efficienza della PA in funzione di quello che è lo scopo assegnato dal lgs al domicilio fiscale.
Deve essere collocato dove i controlli si possono fare efficacemente. …
Muove dalla residenza fiscale e in linea di principio si colloca nello stesso comune, ma con
l’elemento ulteriore di poter essere spostato dall’amm.ne dove lei ritiene più opportuno che sia in
funzione del controllo …
Il provvedimento con cui l’amm.ne sposta il domicilio è impugnabile ma non di fronte al giudice
tributario, perché la questione ha natura strettamente amm.va, è un fatto prodromico e quindi
l’eventuale impugnazione avverrà di fronte al TAR, è uno dei pochissimi provvedimenti che adotta
l’amm.ne finanziaria che anziché essere impugnabile al giudice tributario spetta al giudice amm.vo.
è un fatto diffuso perché le aziende scelgono con cura il luogo in cui formalmente collocare la
propria sede legale o dell’amm.ne, così da investire della competenza una realtà amm.va che non ha
gli strumenti reali per il controllo, per non arrivare ai fenomeni di connivenza.
Abbiamo un luogo che è funzionale all’accertamento che si chiama domicilio fiscale che muove
dalla medesima collocazione della residenza ma che a differenza della residenza che c’è o non c’è
può essere spostato dall’Agenzia delle Entrate.
Parlando di domicilio fiscale abbiamo richiamato l’istituto della stabile organizzazione  è un
terzo criterio rappresenta una realtà che diviene un terzo modo di collocare territorialmente
un’attività di impresa. La nozione di stabile organizzazione è stata molto studiata dalla dottrina e a
livello unionale e internazionale proprio perché chi ha una stabile organizzazione è spesso un
soggetto che poi è residente in un altro stato e quindi diventa un modo qualificato che serve anxhe
66
come criterio per distinguere coloro che ci passano occasionalmente e chi pur non avendo la
residenza opera con una certa stabilità e struttura. È un istituto che sta a metà tra l’essere residenti e
quindi soggetti pieni dal pdv passivo nei confronti del fisco italiano, e l’essere soggetti che possono
imbattersi col territorio italiano e sono tenuti a corrispondere imposte limitatamente alle singole
attività svolte nel periodo… che invece è una realtà di chi sicuramente non può dirsi residente sul
territorio dello stato… è chiamato in parte a rispettare gli stessi obblighi fiscali e … non residenti.
Dove sta la differenza? Per esempio, se si tratta della stabile organizzazione di un soggetto
equivalente ad una società di persone mentre se non è residente determina in Italia il reddito in
ragione delle diverse categorie esattamente come una PF se è invece una stabile organizzazione
applica il principio di attrazione.
… se sono un soggetto non residente non ho alcun obbligo verso il fisco italiano, se vengo in Italia e
opero in Italia le singole attività poste in essere avranno una rilevanza fiscale e queste attività
potranno essere attività di impresa ma potranno anche essere attività di investimento. … se è una SP
tutte le attività che svolge saranno collocate nella categoria reddituale corrispondente.
Quando ad operare in Italia è un soggetto straniero che però in Italia si è dato una stabile
organizzazione qualsiasi attività da questi svolta sarà ricondotta ad un’unica categoria reddituale
che è il reddito di impresa, come avviene per un imprenditore italiano. …
Domande e rispiegazione
Si mette a cavallo di più stati, perché è un soggetto estero che sceglie di far lavorare in Italia una
sua succursale con una certa continuità. In particolare l’art. 62 ci dà al co. 1 una definizione
generale che viene declinata nel co. successivo in tutta una serie di limiti che sono posti … in
particolare si stabilisce che l’espressione stabile organizzazione … esercita in tutto o in parte la sua
attività sul territorio dello stato.
… tutto ciò che è in transito nel nostro stato non realizza una stabile organizzazione. I beni sono
solo collocati temporalmente ma non destinati ad una attività produttiva all’interno del nostro paese.
se a Milano ho un ufficio di direzione che dipende direttamente dalla casa madre tedesca ho una
stabile organizzazione. La stabile organizzazione che sia un cantiere, un servizio etc. richiede che
effettivamente quella attività sia svolta e che non si trattai di una semplice collocazione strategica o
funzionale alla commercializzazione del bene.
L’altro aspetto è contenuto nella lettera f bis dell’art. 172 norma voluta pochi anni fa dal nostro
governo per attrarre a tassazione in Italia le realtà che non hanno una vera e propria fisicità e quindi
tutte le attività economiche che non hanno una consistenza fisica, quelle che avvengono attraverso
la rete. Realtà economiche che prima dell’introduzione della lettera f-bis erano invece
espressamente escluse dalla nozione di stabile organizzazione, perché l’originaria formulazione di
questo istituto pretendeva che ci fosse una presenza fisica e questo aveva creato grossi problemi
nell’accertare Google, Facebook, Amazon. Mancava la sede legale, c’erano dei capannoni con dei
prodotti.
L’amm.ne aveva provato a collocare questi soggetti attraverso la fisicità di alcuni uffici che questi
hanno a Milano ma erano talmente poco rappresentativi che non sembrava possibili farli rientrare..
pertanto per poterli richiamare a tassazione si è deciso di modificare la parte della norma che
escludeva la stabile organizzazione in presenza di attività… e si è introdotta questa clausola 
significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello stato costruita in modo tale da
non far risultare la … nel territorio dello stesso. … questo ha consentito di richiamare a tassazione
soggetti che ufficialmente in Italia o non avevano nulla, es. Google, o realtà come quelle di Amazon
67
che erano praticamente dei magazzini, dove nessuna decisione veniva presa ma la merce veniva
solo raccolta.

La so oltre ad applicare il p di attrazione ha tutta una serie di obblighi fiscali. Ha una sua reatà
legata anche al tema di responsabilità e solidarietà.
Sulla collocazione territoriale abbiamo chiuso.

OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA
Che natura ha? Alcuni ritengono che l’obbligazione tributaria sia di natura civilistica e quindi sia
una obbligazione rispetto alla quale si applicano le norme del cc salvo che la legge speciale non vi
deroghi. Per altri è invece una obbligazione di natura pubblicistica che non può vedere applicata se
non espressamente richiamata la disciplina del cc in quanto alcuni aspetti, non ultimo il potere
autoritativo dello stato nei confronti del debitore e le formalità di adempimento tipiche
dell’obbligazione tributaria ne farebbero un’obbligazione diversa da quella civilistica.
… dobbiamo partire da ciò che fa sorgere questo rapporto, che è l’obbligazione tributaria che nasce
quando si verifica il fatto che è il presupposto considerato tale dalla legge istitutiva del tributo. tutto
il sistema dell’IRPEF muove da un elemento centrale che vuole che nel momento in cui si realizza
il presupposto io divento debitore e lo stato diventa creditore. Analizzeremo questo presupposto e
vedere in che modo determina una obbligazione.
Questo tipo di obbligazione non è come quella già studiata, ma è un po’ particolare perché non
nasce dall’incontro di 2 volontà, ma ha il suo fondamento nella legge e nasce malgrado noi. È
predeterminata e sorge al verificarsi del presupposto. Uno dei nostri compiti è stabilire qual è la
natura di questa obbligazione, quali sono i suoi tratti caratterizzanti e quali sono gli effetti di questa
obbligazione.
… di debito e credito che seguirà le regole del cc salvo che eccezionalmente il legislatore non
voglia per alcuni aspetti far prevalere una disciplina autonoma. …
Ancorchè veicolato da strumenti che nella formazione dell’obbligazione e dell’obbligo collegato si
impongono delle regole però poi alla fine siamo in un rapporto debito – credito, abbiamo degli
istituti che sono tipici e che si applicano anche … una natura che p fondamentalmente simile a
quella dell’obbligazione di tipo privatistico.
C’è una terza strada che dice che non è né l’una né l’altra, … il procedimento di attuazione del
prelievo, che è talmente importante
15/03/2023
Il primo passo da fare è chiederci che tipo di obbligazione è: di natura privatistica o pubblicistica? E
lo si fa non per mera speculazione, bensì perché come tutte le obbligazioni nel corso della loro vita
incontrano degli incidenti, e occorre trovare una soluzione per risolvere il problema. Se è civilistica
possiamo usare gli strumenti del cc per risolverli; se è pubblicistica l’interesse che persegue
l’obbligazione è diverso quindi chiediamo al lgs tributario di fornirci lui gli strumenti risolutivi.
Non sappiamo se tutti questi fenomeni possono essere utilizzati anche nel caso dell’obbligazione
tributaria.
Ci sono le due tesi, una epr cui persegue l’interesse pubblico, e le due parti non sono pari, non c’è
una posizione di totale libertà perché lo stato è vincolato nella sua azione e non ha alcuna
68
discrezionalità e poi la necessità di inquadrarla in un procedimento di tipo pubblico, che prevvede
obblighi, tempistiche che non sono quelli civilistici. Chi sposa la tesi civilistica dice è vero,
dobbiamo qualche volta scrivere delle norme autonome, ma dove non c’è bisogno di distinguere
perché non fare ricorso alla disciplina del cc e trovarci delle soluzioni quando queste sono adatte e
funzionali al perseguimento dell’obiettivo che rimane un obiettivo diverso di quello di un rapporto
tra privati.
Alcuni trovano la terza strada: valorizzare la parte procedimentale, vogliamo forzare
l’inquadramento sistematico in un terreno anziché un altro e ci dimentichiamo quanta parte ha la
parte amm.va … tipo procedimentale che sorge alla spicciolata nell’applicazione di tutte queste
diverse regole.
La prof ritiene che si debba preferire la tesi che ritiene che nel cc si trovi… per un fine specifico
individua una soluzione puntuale di questa prenderemo atto e la applicheremo, ma tutte le volte che
siamo nel dubbio dobbiamo trovare …
Un altro tema su cui ci si confronta è quando nasce l’obbligazione tributaria? Abbiamo una
divisione dottrinale che ha un po’ più di effetti nello studio, perché ci si divide tra:
 Dichiarativisti  teoria dichiarativa (la prof aderisce a questa) assume che l’obbligazione
tributaria ha la sua origine nella legge. il procedimento è fondamentale, ma è la legge che
definisce il presupposto dell’imposta, il quantum e il chi che genera tutta una serie di
obbligazioni quante sono le situazioni riconducibili a quella fattispecie. … l’obbligazione
sorge nel momento in cui mi incontro con la fattispecie disegnata dal lgs. se la interpreto in
questo modo le sgs sottese a questa genesi sono situazioni di diritto soggettivo, e l’eventuale
azione giurisdizionale tesa ad accertare l’esistenza o meno dell’obbligazione tributaria
ancorchè muova dall’impugnazione di un atto diventa un’azione di merito.
 Costitutivisti  pensano che l’obbligazione tributaria non nasce finchè non è posto in
essere dal contribuente un atto che costituisce l’obbligazione tributaria. Io non sono debitore
del fisco fino a quando non faccio la dichiarazione, e non mi auto-dichiaro debitore, e
ovviamente se in alternativa sostituiscono un atto dell’amm.ne finanziaria. In questa teoria la
sgs sottesa al rapporto non è quella di DS ma di IL perché l’amm.ne finanziaria che esercita
o la legge con autorità che mi impone di adempiere ad un obbligo. Dal pdv dell’eventuale
accertamento in sede giudiziale dell’esistenza dell’obbligazione la situazione porta ad un
processo di impugnazione – annullamento, perché in questa prospettiva il compito del
giudice non è di accertare il perimetro del debito rispetto alla legge ma di verificare la
legittimità o meno dell’atto che ha accertato il debito in sostituzione del mancato
accertamento da parte del contribuente.

A seconda del momento da cui genera l’obblgigazioen la sgs sottesa all’obbligazione acquista una
nautra diversa e per conseguenza anche la fase procedimentale ed eventualmente processuale
cambia visione.
La differenza è importante perché stabilire che siamo nell’ottica dichiarativista significa anche
avere un processo con un respiro più ampio, a cui accedo impugnando un atto ma poi… non
concentrare il giudizio del giudice sull’atto.

Un terzo tema è quello che riguarda PRESCRIZIONE e DECADENZA.

69
Sono istituti che vanno declinati nella nostra materia. Per la decadenza noi incontriamo delle regole
proprie, nel senso che il lgs tributario ci dice spesso entro quali t di decadenz il potere dell’amm.ne
giudiziaria deve essere esercitato. Decdenza = t entro il quale alcuni obblighi devono essere
adempiuto. Il termine della decadenza si riferisce anche agli obblighi non solo del contribuente ma
anche dell’amm.ne finanziaria, che deve svolgere le proprie attiità di verifica entro i t stabiliti dal
lgs. … non c’è un t di decadenza sempre uguale, e già questa è una complicazione inutile perché è
molto importante conoscere il t entro cui l’amm.ne deve poter esercitare i propri controlli.
Questi t possono essere allungati e normalmente la legge prevede proroghe quando si tratta di
accertare fuori dal territorio nazionale e in particolare nei cd. paradisi fiscali ma possono ahche
essere diminuiti… la dichiarazione non è una semplice dichiarazione, ma è una dichiarazione
asseverata, è intervenuto un professionista etc. spesso il contribuente considera molto vantaggioso
che l’amm.ne abbia un t inferiore…
Quello che ci interessa è ce in questo caso la decadenza è disciplinata dalle leggi di imposta.
Per la prescrizione non c’è nulla. È l’istituto che estingue il diritto, quindi nel rapporto amm.ne –
contribuente il t di decadenza esprime il potere dell’amm.ne nel tempo per svolgere attività nei
confronti del contribuente, o il t che ho io per adempiere a certi obblighi. Il t di prescrizione
rivuarda l’estinzione o meno dell’obbligazione.
… per tutte le somme che devono essere corrisposte annualmente o periodicemente. Il cc ci offre 2
strade: la prescrizione ordinaria di 10 anni o quella breve di 5 anni. questo significa che nel diritto
tributario dopo un dibattito giurisprudenziale siamo arrivati a questa conclusione  alcuni tributi
sono per definizione periodici e in quanto tali si applica la prescrizione breve. Sono i più semplice,
il cui presupposto sorge annualmente e annualmente vengono liquidati.
Il prolema è sorto per le imposte sul reddito, perché sono periodici ma secondo la giuri della Cass.
ogni obbligazione è autonoma rispetto a quella dell’anno precedente. Perché i presupposti
cambiano. Quasi tutti i tributi sarebbero collegati alla prescrizione breve, perché quasi tutti vengono
pagati ogni anno  dobbiamo guardare se si ripete ogni anno la stessa obbligazione o se ogni anno
ne sorge una nuova. L’IRPEF allora ha la prescrizione lunga, si applica il 2946 cc.
Tutti sono d’accordo nel dire che è applicabile alla nostra materia anche l’art. 2953 cc per cui tutte
le obbligazioni che sono conseguenza di una sentenza pig si prescrivono in 10 anni. il diritto di
credito dell’amm,ne è un diritto di credito che deve essere agito entro u t di decadenza stabilito dalla
legge istittuiva del tributo e finchè il credito stesso non è prescritto in ragione di come sono
applicabili le norme del cc in ragione della specifica obbligazione tributaria.

LA SOGGETTIVITA’ – I soggetti del rapporto tributario


I soggetti dal lato attivo
Destinatari del gettito:
 Stato
 Enti locali che hanno anch’essi un’organizzazione diretta a gestire le entrate ma come
vedremo negli enti locali spesso la funzione di accertamento e riscossione può essere anche
trasferita a soggetti privati.
Lo stato ha come primo riferimento il Ministero dell’Economia e finanze, che ha il compito di
impostare la politica fiscale, e quindi fare le scelte che ritiene coerenti con gli obiettivi che persgue
70
e occuparsi di ciò che riguarda il bilancio e la programmazione economcia. Nel MEF il
dipartimento delle finanze è quello che avvia l’attuazione di quelli che sono gli obiettivi del
Ministero. … anche il rapproto con l’UE, con l’OCSE, con gli organismi sovranazionali ma anche
con le Regioni, è il filtro di volontà che traduce in proposte di legge.
Questi soggetti rimangono ad un livello non operativo. Nessun contribuente ..
1. Agenzia delle entrate
2. Agenzia delle dogane e dei monopoli
3. Agenzia del demanio
Ovviamente per noi l’agenzia più importante è la 1 che ha assorbito negli anni anche la funzione di
altre 2 agenzie che non ci sono più: Agenzia del territorio (monitoraggio dei BI, catasto, estimi e
valori, classificazione) e Agenzia della riscossione, che però non se ne occupava direttamente ma
per molto tempo chiedendo la collaborazione con i privati (banche, esattori, concessionario della
riscossione, es. Equitalia), ora la funzione di riscossione è affidata alla Agenzia delle Entrate ma
alla Agenzia delle Entrate – Riscossione che sono 2 soggetti diversi (lo vedremo studiando il
processo).
Ha sede a Roma e ha ancora una funzione nella sua direzione non operativa nel senso che non solge
attività di verifche e controllo ma ha soprattutto funzione di indirizzo e risoluzione di tutte quelle
questioni che riguardano complessivamente la platea di tutti i contribuenti. Adotta le circolari
interpretative, suggerisce il modello di dichiarazione dei redditi per l’anno in corso, risponde ai
quesiti. Sceglie a chi indirizzare le attività di controllo e verifica. Organizza la parte operativa del
governo in questa funzione che dà le direttive e coordina il lavoro degli uffici che si trova a livello
territoriale:
 Direzione regionale  deputata a risolvere con il contribuente tutte le questioni
interpretative correlata agli interpelli. È allora un’attività di studio e ricerca vincolata nella
risposta dalle indicazioni che arrivano dal MEF e dalla Direzione centrale. È un lavoro
interessante.
 Direzione provinciale  uffici proprio operativi. A differenza del passato dove c’erano
uffici per ogni imposta; ora ce n’è una sola ma con funzioni trasversali relative a tutte le
imposte… e infine la parte contenzioso, perché il compito che viene assegnato in questi casi
è seguire tutta la parte legata al contenzioso dell’AE che sta in giudizio personalmente e non
assistita da un avvocato, a differenza dell’AER che va con la rappresentanza di un avvocato.
L’ufficio operativo fa tutte le attività… di accertamento sta molto cambiando, da noi non è
ancora tradotta in legge, ma comincia a usare i social, Google Maps, in altri paesi sono
soluzioni regolamentate, da noi si fa di nascosto e poi si dice che si è fatta un’altra cosa.
In questa attività l’AE è supportata dalla Guardia di Finanza che non ha solo il compito di fare
accertamenti di tipo amm.vo ma cerca fatti che hanno anche rilevanza penale, che sono correlati a
reati economici che però non sono tipicamente reati fiscali. La GF interviene soprattutto in questi
casi, qualche volta perché chiamata dall’AE, altre volte perché mandata con un procuratore … e
manda le proprie comunicazioni all’AE e fa avviare un procedimento.
Mentre l’AE ha reclutato persone giovani, dinamiche, con mentalità diversa in grado di rapportarsi
con il contribuente senza che pensi che sia un delinquente, il corpo della GF sa molto di corpo
militare e quindi ha un atteggiamento diverso. La GF lavora moltissimo poi con la Procura della
Repubblica e forse i meno garantisti sono i procuratori della Repubblica.

71
Oltre a questi soggetti ci sono anche dei soggetti che collaborano con le nostre istituzioni, per
esempio al SIAE, ma anche l’ACI per il pagamento del bollo auto, è abbastanza comune per alcuni
tributi minori che l’am.ne si faccia aiutare per il controllo del pagamento dei tributi.
C’è poi una figura prevista dallo Statuto dei diritti contribuente, è il Garante del contribuente,
previsto all’art. 13 che di fatto che compiti ha: deve essere scelto con certi criteri di professionalità
ma ha in realtà il compito di sollecitare l’amm.ne finanziaria e quindi in particolare le direzioni
provinciali ad avere un atteggiamento più aperto, maggiormente collaborativo, ma non può… quello
che può fare il garante è suggerire a chi ha il compito di rispondere di farlo in un certo modo. Non
ha un vero compito operativo se non in materia di autotutela … quello che può fare il garante è di
sollecitare il garante a rispondere. In altri paesi non è così, es. in Francia è un soggetto a cui ci si
può rivolgere… potrebbe anche essere rivista e ripensata come figura.
Ricordiamo poi che esiste una sinergia tra gli enti locali e lo stato, è previsto e alcune città lo hanno
applicato, es. Milano che i comuni che hanno una consapevolezza del territorio, una presenza
diversa possano svolgere attività e contribuire nell’attività di verifica potendo poi avere una
compartecipazione al gettito. … per questo aspetto di impopolarità non sono molti i comuni che
hanno fatto questo, ma Milano si è determinata in questo senso e speriamo in questa ottica
localizzata.
La soggettività attiva è semplice.
I soggetti dal lato passivo
Coloro che sono in senso lato i contribuenti. Il diritto tributario è una materia che per avere la
certezza della riscossione delle somme che sono dovute non si è mai accontentato di individuare
una … che da un lato ha spesso immaginato responsabilità o figure che collaborano col
contribuente, ma che soprattutto sono obbligate a farlo. Quidni studieremo il sostituto di imposta,
che è un soggetto che paga in nome e per conto di altri le imposte a garanzia di una pronta
riscossione dei tributi direti, o il responsabile di imposta, per cui il contribuente rimane colui che ha
realizzato ilfatto presupposto, che sopporta il peso economico dell’imposizione ma la legge
istitutiva del singolo tributo prevede altri soggetti che in questi adempimenti sono chiamati ad
affiancare il contribuente se non a sostituirlo o eseguire degli adempimenti o obblighi funzionali
a…
Il diritto tributario fa un uso della logica della solidarietà anche smodato, per cui molte persone che
capitano per caso si trovano a rispondere solidalmente di un’obbligazione sorta in capo a un
determinato contribuente. …
Anche perché il tema della soggettività passiva domanda se esiste una capacità giuridica diversa da
quella del diritto civile

Ancora non significa che hanno una vera e propria capacità giuridica, o meglio, bsiogna distinguere,
perché nell’ambito dell’IVA il titolo V del dpr 633 /1972 ha ormai da qualche anno introdotto la
disciplina del gruppo societario e ha attribuito al gruppo una sua autonoma soggettività passiva
rispetto a tutti gli obblighi che sono correlati all’applicazione dell’IVA. Non solo, ma in queste
norme scritt e bene viene data una definziione di cosa debba intendersi per gruppo eocnomico,
finanziaro, amm.vo, e quindi questi soggetti diventano un unico soggetto di diritto  avremo la
detemrinazione di una BI unitaria, una dichiarazione del gruppo, tutti quelli che sono gli obblighi
funzionali e strumentali dell’IVA .. e si confluisce nella soggettività del gruppo.

72
In materie di IVA abbiamo un soggetto di diritto a cui la legge attribuisce capacità giuridica e di
agire. Più problematico è quello nell’ambito delle imposte dirette. Qui abbiamo 2 problemi:
1. Legato alla legislazione che non è così chiara come quella in materia di IVA
2. L’altro è che nell’IVA la soggettività passiva è una soggettività strumentale alla liquidazione
di un tributo il cui peso economico non ricade su chi liquida l’imposta, perché l’iva trasla
veros il consumatore, quindi il tema della soggettività si sgancia da quello della capacità
contributiva, perché si può essere soggetti passivi IVA senza essere soggetti con capacità
contributiva. … la soggettività non è frutto dell’esprimere la capacità economica ma del
metodo di attuazione dell’IVA che pone gli obblighi fiscali in capo a tutti gli operatori
economici che diventano dei meri esecutori.
Nelle imposte dirette la soggettività non va disgiunto dalla capacità contributiva perché
perché vi sia soggettività serve che ci sia un soggetto …
Quando nell’ambito delle imposte dirette affronto il tema della soggettività non basta dire che ho
degli obblighi fiscali, devo anche vedere se la legislazione ha costruito una capacità economica
propria da riferire a quel soggetto lì. Quando io affronto il tema del gruppo nell’ambito della
tassazione diretta e mi domando se è un soggetto di diritto che ha una dignità autonoma … che non
ha corrispondente nel diritto civile non mi basta vedere se il gruppo fa qualcosa ma devo anche
appurare se è stata dal lgs ritagliata una capacità economica e giuridica propria del gruppo che lo
rende un unicum indistinto rispetto ai soggetti che ne fanno parte.
Rispiega
Abbiamo 3 livelli di legislazione:
1) Considera i gruppi come occasione di elusione, quindi i gruppi ci sono e il legislatore ne
prende atto ma perché teme operazioni elusive e quindi adotta soluzioni tese ad affrontare
soluzioni per evitarle. Per esempio la disciplina su… certe valutazioni che riguardano i
prezzi possono essere sbilanciate o non veritiere perché attraverso il prezzo posso stabilire
dinamiche di tipo elusivo. .. a e che sei in un gruppo ai sensi del .. del prezzo che stabilisci
formalmente non importa perché se non corrisponde alla media io ti applico il prezzo medio.
Questa norma riconosce dignità al gruppo, ma non sta parlando del gruppo come soggetto di
diritto, lo considera ancora un fatto economico  esiste nell’economia questa dinamica,
prendo atto di questa realtà per correggerla.
2) I gruppi esistono e non possiamo stare con il fucile puntato. Potremmo anche fare in modo
che siccome i gruppi finiscono per essere composti dalla stessa persona che compensino fra
loro i crediti con i debiti. … questo è già un modo superiore rispetto alla lgs antielusiva di
dare dignità al gruppo, es. la società presenta la dichiarazione per sé e per tutti i soggetti che
entrano nel perimetro, noi diamo ad uno dei soggetti una soggettività che assorbe in parte
anche quella dei soggetti controllati, però è funzionale a degli obblighi strumentali. …
3) Contemplato all’interno del TU negli artt. 115 – 116 – 117 ss.  TRASPARENZA PER LE
SC (115) e nel 117 ss. CONSOLIDATO DOMESTICO. Il 115 è come l’art. 5 TUIR  la
SP e soci persone fisiche. Il 115 dice che c’è una società che controlla altre società e il 115
fa sì che la società madre possa azzerare la propria soggettività passiva e attribuire il proprio
risultato di esercizio alle sue controllate in ragione delle quote di partecipazione. Il gruppo
comincia ad avere valenza sostanziale perché si azzera la soggettività passiva della società
madre e viene spalmata sulle società che lei conttrolla.
Gli arrt. 117 ss TUIR consentono l’operazione inversa. … qualche cosa che comincia ad
asosmigliare ad un soggetto di diritto altro, che azzera l’identità delle singole. Però questa
73
realtà sembra che a b e c perda la sua identità perché … dal pdv degli obblighi formali in
effetti anche nell’ottica di una resp solidale posticipata A diventa il soggetto che cumula
tutti; però non si determina un’unica base imponibile, come ad es. in un bilancio
consolidato, ma si fa la somma algebrica dei redditi di ciascuno, e quindi non si determina
una capacità contributiva nuova, altra, diversa, ma ciascuno determina la propria capacità
contributiva, che anziché essere invata all’amm.ne viene raccolta dal collettore – casa madre
che le unisce tutte e fa la somma algebrica. Allora per certi aspetti procedimentali e attuativi
il gruppo acquisisce una sua soggettività nell’IRES ma non ancora al punto di avere una
capacità contributiva altra, e quindi non può dirsi esistere un soggetto passivo diverso da
quelli che conosciamo.

17/03/2023

Abbiamo una somma algebrica di risultati, siamo molto avanti in una visione unitaria ma ancora
non abbiamo scelto di tradurre nel diritto tributario il valore del bilancio consolidato. Questo è il
discrimine, l’elemento che ci fa dire o no se siamo di fronte ad un soggetto altro, per cui anche se
l’art. 63 contiene questa clausola di salvaguardia per cui sono possibili sempre anche altre società è
nel co. 2 prima parte.
… ai fini del tributo salvo avre una serie di problemi per stabilire a chi riferire la capacità
contributiva… ormia il trust è richiamato espressamente all’interno della tassazione dei soggetti che
realizzano l’attività di impresa. Sappiamo anche che la realtà eocnomica supera la fantasia del
legislatore e quindi potrà tornare utile.

Nel diritto tributario è frequente che stabilito che il soggetto passivo di un tributo è un determinato
soggetto è colui che incardina il presupposto economico esistono tutta una serie di istituti…
SOLIDARIETA’ E SOSTITUZIONE. Nel diritto tributario troveremo molto spesso le obbligazioni
solidali, il resp in solido, i coobbligati solidali, è una soluzione spesso richiamata perché nel nostro
caso la solidarietà si fa garanzia di pagamento.
Si declina in molti modi e porta a una serie di problemi sia nel procedimento che nel processo.
Consideriamo che nel d tributario del tributo deve rispondere:
 In prima battuta il contribuente
 Ma possono essere chiamati anche soggetti altri; alcuni in considerazione per la presenza
dell’obbligo solidale
 Altri per la sostituzione
Una premessa: la solidarietà è uno dei temi che ci chiamava per chiederci sarà un’obbligazione
autonoma, diversa etc.. le norme in materia di solidarietà si applicano anche all’obbligazione
tributaria, non tutti, a volte con qualche deroga. Quando il lgs tributario dice è obbligato in via
solidare pensa a quell’istituto, e poi ci costringe da interpreti ad adattarlo. Nella nostra materia è la
solidarietà dal lato passivo che ha efficacia. … un tributo che sia destinato a più enti, esistono
semmai tributi che si sovrappongono ad altri tributi di altri enti…
… l’acquisto dell’immobile comporta il pagamento periodico dell’IMU. Sia per l’una imposta di
registro sia per l’altra il presupposto si verifica nei confronti di entrambi i comproprietari, il fatto
economico è il medesimo ed ascrivibile a + soggetti. la stessa cosa avviene per le successioni. La
74
stessa cosa anche per i tributi diretti perché gli eredi non devono solo rispondere dell’imposta di
successione… salvo le sanzioni perché è un sistema improntato a un’ottica penalistica.
È possibile che l’obbligazione solidale abbia il suo antecedente logico in un presupposto condiviso
= fatto economico, e allora è più facile capire perché il lgs prevede la solidarietà, o meglio, si
potrebbe anche presumere. Questo si verifica nelle ipotesi di cd. solidarietà paritaria che abbiamo
quelle volte in cui il fatto che genera l’obbligazione nasce con pluralità di parte.
È molto + frequente però il tema della solidarietà dipendente  il lgs vincola solidarmente
qualcuno che non ha niente a che vedere con l’obbligazione. Quindi non si guarda solo alla sold
paritetica, ma è molto più diffusa in ipotesi in cui chi è chiamato a rispondere in via solidale non ha
nessuna relazione di tipo economico col presupposto.
 Es. acquisto immobile, Tizio e Caia sono gli acquirenti e rispondono solidalmente del
registro e poi dell’IMU, Sempronio è il venditore di T e C è chiamato solidalmente a
rispondere, e il notaio che ha redatto l’atto è responsabile di imposta per l’imposta dovuta da
Tizio e Ca.
Qello che succede è che è molto frequnete l’uso della solidarietà dipendente. Si afferma perché il
lgs stabilisce che T è solidalmente resp dell’obbligazione di Caio.
Prima di vedere i casi di resp solidale dipendente dobbiamo porci il problema dal lato della capacità
contributiva  sembra scontato una coobbligazione quando il prosupposto è condiviso, l’altro dal
pdv della capacità contributiva ci crea qualche problema, perché per quanto sia diffuso potremmo
dire che è contrario al principio di CC. La corte cost. con sent. 2008 n. 211 ha afermato che il fatto
che non ci sia una condivisione del fatto economico non impedisce che il lgs possa a garanzai del
credito dell’erario porre dei vincoli solidaristici fatto salvo il regresso.
Distinguiamo tra solidarietà paritetica e dipendente: se è paritetica il regresso è solo per la quota che
non corrisponde alla parte che non riguarda chi ha pagato, mentre evidentemente nell’ipotesi di sold
dipendente la rivalsa sarà per l’intero  situazioni nelle quali chi è chiamato a pagare il tributo in
nome e per conto potrà poi rivalersi per intero. Siccome la solidarietà è un fatto noto chi sa di
incapparci e ha una relazione economica col soggetto che ha la resp del tributo si tutela. es. il notaio
se non gli dai i soldi per pagare le imposte l’atto non te lo fa.
… la rivalsa potrebbe essere meno immediata rispetto alla situazione fisiologica in cui io mi
premunisco della somma necessaria, addirittura vado io e nticipo la somma.
Abbiamo allora due forme di solidarietà: paritaria e dipendente. Però dobbiamo trasferire questa
dinamica anche nella fase patologica del rapporto, perché queste dinamiche rimangono tali e
valgono non solo quando le imposte le iquidiamo e paghiamo spontaneamente, la stessa dinamica
per cui l’amm.ne può rivolgersi al coobligato solidale o uno dei coobbligati della paritetica
risolvendo il debito per tutti noi ce l’abbiamo anche nella patologica  l’imposta risulta dovuta a
seguito di unìattività di verifica e controllo da parte dell’amm,ne finanziaria. Il notaio si tutela ma
può essere convinto che la somma sia giusta einvece poi l’amm.ne controlla e liquida unìaltra
imposta. Anche in quel caso l’amm,ne può chiedere prima al notaio e non ai contribuenti, e il notaio
è il più capace nella maggior parte della situazione.
Dpr n. 131/1986 art. 57  classica resp soldiale che discende dalla contitolarità nel diritto da parte
degli acquirenti…
Norma analoga prevista in mateira di successioni, at. 36 d. 36/1990 art. 65 dpr n. 600/1973. Tutta
una serie di situazioni nelle quali noi abbiamo una solidarietà paritetico
75
… le ipotesi di solidarietà dipendnete non le possiamo dire tutte, le più importanti:
 Registro e successioni legate a coloro che sono coinvolti nell’operazione senza essergli
riferibile il presupposto. Art. 64 dpr 600/1972 sono obbligati solidali tutti coloro che sono
chiamati al pagamento dell’imposta insieme con altri. Èla figura del cd. responsabile di
imposta, che non è un soggetto che è chiamato in una singola operazione ma più in generale
è resp di imposta e ha diritto alla rivalsa chiunque a vario titolo è chiamato dal lgs a pagare
un’imposta insieme con altri. Non condividendo il presupposto  non esprimendo capacità
economica rispetto al p riferibile al contribuente vero.
 Spedizioniere doganale … è prevista la previa escussione, è l’unico caso.
 Da qualche anno in generale partendo da una norma IVA si è prevista la resp
dell’appaltatore per tutti gli obblighi fiscali del subappaltatore. Dal pdv fiscale il subappalto
si traduce in una resp delle imposte dovute dal subappaltatore per l’appaltatore
 Altra ipotesi diffusa si ha nel caso delle ONLUS per tutti gli atti di liberalità compiuti dai
soggetti privati qualora l’amm.ne ritenga che gli atti non fossero corretti e che quindi da
parte dei finanziatori ci sia stata un’indebita detrazione. Avevamo detto che mole detrazioni
riguardano le erogazioni ad ass.ni benefiche etc…. va a ripescare anche il destinatario
dell’erogazione che deve garantire. (domande)
 Cessioni di azienda, responsabilità solidale del cessionario per i debiti del cedente, ed è per
questo che in questo caso ci si può liberare con una certificazione  io cessionario quando
arrivo a fare l’operazione chiedo all’ammne finanziaria di certificare tutti i debiti del
cedente, e sarò responsabile per quello
 Ci sono delle forme di solidarietà legate alla rappresentanza, come quella del rappresentante
fiscale  art. 17 dpr n 333/1972 in materia di IVA tutti coloro che non sono residenti ai fini
dell’IVA (e la residenza si determina come per le imposte dirette) e pongono in essere
operazioni imponibili e non ha una stabile organizzaizone è obbligato a nominare un
rappresentante fiscale, non è complesso, si può delegare… lo scegliamo di solito come
commercialista o notaio, senò il proprio cliente: se io vedno pneumatici a un grande
distributore di pneumatici in Italia nomino il mio rapp il mio cliente princiaple, che
adempierà per me a tutti i miei obblighi IVA + solidarietà fiscale di tutti i miei tributi.
 Sono previste forme anche nel Tu in reazione a 2 opzioni di cui si parlava:
- Trasparenza  la norma che disciplina la resp solidale è contenuta nel co 8 art. 115
per la trasparenza il TU dice che la società partecipata è solidalmente resp con
ciascun socio per l’imposta, le sanzioni e gli interessi conseguenti all’obbligo di
imputazione del reddito… l’eventuale maggior reddito della partecipata riscontrato in
una fase successiva anche in sede di verifica e accertamento sarà imputato alle
partecipate, i partecipanti risponderanno in prima persona della maggior imposta
dovuta, ma la società partecipata risponder in solido. Questo è un esempio strano di
solidarietà perché la partecipata non ha nessun obbligo di imposta e non è del tutto
estranea, c’è un legame economico, c’è un’opzione fiscale possibile che comunque
riduce la garanzia del fisco e dunque il fisco si crea un legame solidale.
- Consolidato … somma in sé i risultati di tutte le sue controllate e può succedere
anche in questo caso che sia la controllata che le controllante subiscano delle
rettifiche … perché in questo caso il comportamento scorretto l’ha tenuto la
controllante. …abbiamo un legame che non è una condivisione del p, A è estranea al
presupposto di C, che ha violato le norme iscali per attività economiche che non
erano di A, ciononostante …

76
In materia sanzionatoria la solidarietà è piuttosto importante perché avendo il lgs scelto di
immaginare un p personalistico ha imputato la sanzione a chi è autore della violazione, ma
spesso nelle società chi compie la violazione non il contribuente e le sanzioni sono
commisurate al tributo evaso. … perché questo meccanismo avrebbe comportanto difficoltà
a trovare qualcuno che volesse fare l’amm.ne allora si è prevista una resp solidael di colui
che si avvantaggia della violazione compiuta da qualcun altro.

Fino ad ora abbiamo sottinteso gli accertamenti. Proviamo ad entrare nel procedimento. Che cosa
singifica che le obbligazioni sono solidali in un procedimento amm.vo perché un tributo è una
obbligazione particolare, che poi si attua all’interno di un procedimento e spesso a seguito
dell’adozione di provvedimenti da parte dell’amm.ne finanziaria.
Il problema si pone perché i provveidmenti sono destinati a più coobbligati, in un contesto in cui
l’amm.ne potrebbe non notificare l’atto a tutti, a lei basta pescarne uno. Nel caso in cui decidesse di
notificare a tutti, mica tutti gli esiti delle notifiche sono gli etssi, perché qualcuno può scegliere di
impgnare, qualcuno di oagare, qualcuno di mediare, impygnare e poi conciliazione. Se entriamo
nella fase dinamica della solidarietà abbiamo da capire quali sono i p che ci guidano perché la
situazione è articolata.
In passato esisteva il p della supersolidarietà  prassi per cui l’amm.ne notificava a 1 dei coobligati
e il provvedimento divenuto definitivo sia per mancat impugnazione sia per pig produceva effetti
nei confronti di tutti gli altri coobligati. Andava oltre il verosimile.
È stato dichiarato incostituzionale perché viola il diritto di difesa, siamo arrivati a dire che la
supersolidarietà non era assolutamente possibile, ma che l’atto perché produrre effetti doveva essere
notificato, poteva produrli solo nei cpofnrotni di coloro che avevano ricevuto l’atto e non lo
avevano impuganto. Non siamo mai arrivati a dire che esiste un obblgio di notifica a tutti, ma sì che
l’atto è efficace solo nei confronti di colui a cui è notificato.
Abbiamo esteso poi il … cc per cui il giudicato favorevole se non è frutto di una situazione
personale può essere utilizzata dai condebitori che non hanno ricevuto l’atto o lo ricevono in
momento successivo.
Ci sono problemi però, rimangono; ci sono delle situazioni che noi istintivamente le vogliamo
tenere unite. Soprattutto nei casi in cui il presupposto è lo stesso è un fatto anomalo della nostra
materia, che è il precipitato di una situazione di solidarietà che mutuiamo da una disciplina che non
parla di un’obbligazione pubblica etc. potremmo immaginare nella fase amm.va una sorta di
litisconsorzio solidale  il provvedimento è valido se l’amm.ne lo notifica a tutti. essendo il nostro
un processo di impugnazione potrai avere la continuazione dell’unione processuale solo se hai
notificato a tutti il provvedimento.
Una risposta lo abbiamo nell’art. 40bis … prevede l’obbligatorietà della notifica e coinvolgimento
di tutti i soggetti, un unico atto notificato a tutti. Ovviamente ci vogliono salvaguardie, con qualche
correttivo rispetto alla necessarietà irrisolvibile del LN, ma almeno proviamoci, così che se si
chiude in sede amm.va lo facciamo tutti insieme; se andiamo davanti al giudice abbamo
precostituito la costituzione di un LN, perché allora sì, avendolo tutti ricevuto l’atto posso
costringerli a partecipare…
Litisconsorzio necessario nel processo tributario

77
Ci sono dei casi in cui la Cass. ha ritenuto che nel diritto tributario si creino fattispecie di LN ma
non sono legate all’ipotesi della solidarietà:
1. Una riguarda la trasparenza delle SP  per le SP non si applica l’IRES ma l’art. 5 TUIR che
prevede che il reddito della società viene determinato ogni esercizio non in funzione di un
tributo diretto che deve pagare la società di persone, perché per definizione fisiologicamente
si applica da secoli e in quasi tutti i paesi del mondo si applica la soluzione della
trasparenza, per cui il reddito prodotto viene imputato pro quota a tutti i soci in ragione delle
quote che risultino dall’atto cost.vo o dallo statuto/sennò si presume in parti uguali.
Da questa realtà di fatto la Cass. fa discendere un’ipotesi di LN  ma come si può stabilire
il reddito della società in modo difforme tra i soci? La società ha dichiarato 100 e ha
distribuito 30-30-40 ai soci che sono quasi sempre PF e questi pagano. L’amm.ne fa
l’accertamento nei confronti della società, perché l’attività produttiva la svolge la società (il
socio potrebbe fare qualsiasi altra cosa), se volgio sapere che il 100 era vero devo vedere lei.
Alla fine scopro che è 180. Adotterò 4 provvedimenti, 1 vs la società per cristallizzare il
maggior reddito e per dare a lei il diritto di contraddire (è l’unica che lo può fare), ma anche
loro perché … se questo è questo maggior reddito della società che si trasforma in maggiori
redditi di partecipazione pro quota per ciascun socio non può essere diverso per tutti. …
 Non ce l’abbiamo nemmeno nell’altro caso che è la determinazione di una rendita… è mai
possibile che per lo stesso ente un immobile possa avere 8n rendite quanti sono i risultati
ottenuti dagli 8 comproprietari? El diritto tributario la competenza del giudice si detemrina
in modo funzionale rispetto alla competenza dell’ufficio che si detemrina in funzione della
residenza dei contribuenti, mica è detto che stiamo tutti nello stesso comune.
Se non hai a livello procedimentale una norma che dice che il provvedimento con il … è
nullo se non notifichi contemporaneamente a tutti tu non lo tieni insieme né il procedimento
né il processo.
MANCA LEZIONE 21/03/2023
22/03/2023
… manca introduzione
La molteplicità dei procedimenti forse non ha più un gran senso.
Questo studio comporta mettere in evidenza alcuni valori, principi che ci devono guidare.
Esamineremo poi l’obbligo più importante che è la dichiarazione, strumento che l’ordinamento ha
scelto per attuare il prelievo e in un paese in cui l’evasione è così … forse un ripensamento
sull’autotassazione e sulla bontà di un sistema che affida interamente al contribuente il compito di
autoliquidarsi l’imposta andrebbe ripensato. Esamineremo poi i poteri dell’amm.ne finanziaria e i
diversi procedimenti previsti per verificare e ricostruire il reddito in modo diverso da come ha fatto
il contribuente con la dichiarazione.
Quello che noi vedremo riguarda i tributi più importanti, ma non tutti si applicano e verificano nello
stesso modo. Ci sono poi dei tributi che si applicano istantaneamente, non tutti sono complessi
come l’IRPEF. In genere i tributi istantanei sono quelli che si attuano più facilmente. Il nostro
sistema è variegato e che in alcuni casi è molto semplice e istantaneo, e qui anche molto efficace, in
altri casi è articolato e complesso. Richiede l’impegno di numerosi funzionari.
Tutto questo probabilmente non è più quello che deve essere, non possiamo più dedicare tutto
questo impegno ad un accertamento ex post, con i risultati scarsi che abbiamo. … le strade da
perseguire sono 2:
78
- Semplificazione, metodo unitario di controllo e forse è più facile da raggiungere
- I tributi vanno concordati con i contribuenti, bsiogna parlare prima, perché siamo tutti
visibilissimi al fisco. …
Quello che impedisce questo dialogo è il p di capacità contributiva, però poi nessuno si stupisce che
quegli stessi anni che non sono stati definiti prima si possano poi definire dopo e magari anche
condonare. Quindi il limite del tradimento della cost. in realtà è piccolo; se il sistema del controllo
ex post fosse efficiente e meno costoso ci si potrebbe stare, ma è costosissimo e non efficiente, e le
uniche vere entrate che abbiamo in sede di controllo sono il frutto di un accordo ex post.
In molti paesi funziona così. Anche nel nostro sistema prima degli anni ’70 era così. Le imposte
complementari venivano condivise, non c’era la dichiarazione, il contribuente faceva una sorta di
concordato.

Principi
In questa fase molti principi sono declinazione di principi già noti che troviamo nello statuto dei
diritti del contribuente, ricordiamo la BF e affidamento ma sappiamo che è un principio generale
dell’ordinamento. È anche ultroneo che vengono ribaditi nell’art. 10 statuto. Serve averli messi in
chiaro perché con loro possiamo dire che se il contribuente ha fatto affidamento su una risposta
dell0amm.ne poi non può subire una sanzione etc.
Qualche volta ci stupiamo di trovare alcuni principi, ma se il legislatore l’ha fatto è perché nel
diritto tributario la posizione autoritativa dell’amm.ne finanziaria ha indotto per anni interpretazioni
diverse.

Un altro principio ribadito riguarda la motivazione degli atti e trasparenza tra amm.ne e
contribuente. Esiste una l sul procedimento amm.vo che dice già molto di suo e l’amm.ne
finanziaria è una PA, ma se è stato necessario ribadirlo, è perché esistono dei provvedimenti che per
loro natura contengono spesso delle motivazioni scarne, e quindi questo principio ci ha consentito
di creare un sentimento e poi una giurisprudenza che ha fatto valere anche qui qesto obbligo di
motivazione adeguato.
Trasparenza  ancorrchè il contribuente non abbia accesso ai docmuneti è anche vero che l’amm.ne
deve rendere edotto il contribuente delle opere che sta svolgendo nei suoi confornti… per noi sono
attuati solo dagli ultimi anni.
Sono tutti principi riconducibili all’art. 97 cost. sempre ragionando sull’ar. 97 cost. e contributo
della CGUE sul tema della bontà e del buon andamento PA un p che non è scritot da nessuna parte
ma che riguarda la nostra materiaè anche quello di proporzionalità. … gli strumenti di indagine di
cui l’amm.ne dispone ma anche la natura del provvedimento, quindi quando parleremo di garanzie
del credito.. etc vedremo che la proporzionalità ci consente di contenere un po’ quello che è un
potere molto ampio dell’amm.ne, che somma una serie di strumenti che in altri campi non
conosciamo.
La proporzionalità ci aiuterà a valutare se la reazione del sistema è proporzionata o meno.

In questa fase ha una rilevanza il principio del CONTRADDITTORIO


ENDOPROCEDIMENTALE che in pratica suggerisce di incontrare sempre il cittadino tutte le
79
volte in cui si sta svolgendo un’attvità di verifica che potrebbe portare ad un provvedimnto nei suoi
confronti (l. 241 art. 13). Nella nostra materia ha avuto vicenda particolare.
Fino al 1997 di situazioni che l generassero non vi era traccia. La prima norma che ha introdotto
una opzione… art. 16 d.lgs. 472/1997 in materia di sanzioni amm.ve disciplina generale. In questa
legge viene inserito fin da subito l’art. 16 che coerentemente con l’idea di un sistema sanzionatorio
di tipo personalistico attribuisce la possibilità di agire controdedurre … e impone all’amm.ne di
tenere conto nell’eventuale provvedimento con una motivazione rafforzata di ciò che ha detto il
contribuente. Per la prima volta nel 97 si inserisce questa possibilità un provvedimento non può
essere valido e efficace se prima non si è instaurato un contraddittorio endoprocedimentale tra
amm.ne finanziaria e contribuente.
Forte dell’esperienza della legge 241 la dottrina comincia a dire che si possa immaginare un
principio generale. Intuiamo che essendo la dottrina più garantista e illuminata del legislatore che
vede più al concreto, mentre la dottrina comincia a prospettare l’idea che sia funzionale alla stessa
azione amm.va il confronto, perché capisci anche te come può andare la tua azione, e l’amm.ne
nega l’esistenza del p il legislatore comincia ad inserirlo alla spicciolata.
Nei diversi procedimenti detti comincia a collocare la possibilità di un contraddittorio preventivo.
… con fomrule non sempre omogenee  qualche volta il lgs ancora al contraddittorio la alidità
stessa del provvedimento, per cui senza il contraddittorio il provvedimento è nullo. Qualche volta
dice “deve” ma poi no sancisce la nulità, quindi abbiamo tutta una serie di norme in cui si dissemina
nel sistema questo obbligo di contraddittorio endoprocedimentale.
Nel 2008 arriva la sent. CGUE isirata all’art. 41 Carta di <nizza in cui si afferma che il
contraddittorio è un elemento strutturale, imprescindibile del rapporto amm.ne – cittadino. E questo
principio a livello unionale crea un problema:
- Ci rafforza nel convincimento che il contraddittorio è strutturale nel rapporto, e che non
possano esserci procedimenti…
- Ma nel diritto tributario abbiamo i tributi armonizzati e quelli non armonizzati; quindi questa
regola divetna insormontabile per gli armonizzati, mentre diventa facoltativa nei tributi in cui lo
stato mantiene la sua sovranità.
Non abbiamo un lgs obbligato a istituire questa soluzione se non per i tributi armonizzati.
… da un lato il principio c’è, e qualcuno in dottrina dice che tante norme fanno un principio.
… ma dal pdv della validità dell’atto per i tributi armonizzati sarà valido se avrà rsipettato le regol
del contraddittorio, per i non armonizzati potrà anche non essere considerata questa eventualità. È
declinato in molti modi diversi e da interpreti ci dobbiamo ricordare se è obbligatorio o no.
In più la cass. Ha introdotto la cd. Prova di resistenza, per cui il contraddittorio invalida l’atto se il
contribuente prova che il suo intervento avrebbe indotto l’amm.ne ad adottare un provvedimento
diverso.

LA DICHIARAZIONE
Il primo atto importante di questa fase di attuazione. È il momento centrale dell’attuazione, solo il
15% delle dichiarazioni vengono controllate, quindi quello che è scritto nell’85% consolida una
volta per tutte l’entrata. Questo dice anche perché c’è molta evasione. Ci dce anche però quanto è
80
importante la dichiarazione. Dobbiamo scoprirne la natura, il contenuto, quali sono i modelli e
tempi e poi i vizi.

La natura della dichiarazione


Questo documento così importante, legato a doppio filo col tema dell’autotassazizone, che valore
giuridico ha? La dottrina ha assegnato 3 distinti valori:
1. Attribuisce alla dichiarazione la natura di una confessione stragiudiziale, quindi una prova.la
dichiarazione di fatti a sé sfavorevoli, perché in fondo mi dichiaro debitore. Per la prof non si può
considerare, perché è la negazione di tutti i valori che la dichiarazione di porta dietro, che è
solidarietà, ugugaglianza, partecipazione. È un aspetto qualfiicante del cittadino, quindi qualificarla
come confessione stragiudiziale nell’ottica di una dichiarazione sfavorevole.
A cosa serve poi attribuire una natura alla dichiarazione serve a studiare e capire la possbilità di
correggere la dichiarazione, perché essendo così centrale non possiamo non tener conto
dell’eventualità che un soggetto sbagli e intenda ravvedersi, quindi spiegane la natura ci consente di
dire come la possiamo correggere.
Il cc dice che la posso revocare solo in 2 casi: errore di fatto e violenza. Sono dei casi ricondubili al
contribuente? La violenza è inutile, ma anche l’errore di fatto non ha senso, al massimo di diritto.
2. Attribuire alla dichiarazione un valore negoziale, quindi è l’espressione volitiva di una delle
parti. La controparte dell0obbligazione esprime la propria volontà redigendo la dichiarazione, le due
volontà si incontrano e sorge l’obbligazione (ma ricordiamo cosa dicono i dichiarativisti e i
costitutivisti) … i regimi opzionali, sono situazioni in cui scelgo, pianifico e determino
l’oggligazione tributaria. Faccio delle scelte che condizionano an e quantum, ma questa no è la
regola, anzi, proprio da queste eccezioni a regola è l’altra, normalmente la dichiarazione nonha
valore negoziale, perché è uno strumento con cui faccio una fotografia del reale senza scegliere
nulla. Semmai ho la possibilità di scegliere qualcosa, ma non incidono sull’imposta (8x1000 etc.).
3. Vede nella dichiarazione un atto di scienza che ha una rilevanza specifica nel procedimento
di accertamento del prelievo la dichiarazione che chi redige la dichiarazione fa di fatti che
conosce, inquadrandoli in una visione giuridica di questi stessi fatti. … talvolta dotato anche di
aspetti negoziali laddove il lgs lo consenta e essendo possibile il contribuente voglia esercitare
queste facoltà. Anche rispetto all’8x1000 possiamo anche non farle, non ne va di validità della
dichiarazione.
Bisogna dire però rispetto agli aspetti negoziali che ci si deve interrogare sul comportamento
concludente. Normlamente quando si tatta di dichiarazione che rende un soggetto per cui sono
possibili delle scelte di tipo opzionale la dichiarazione prevede un apposito riquadro. È un
documento fatto di molte pagine, ciascuna in riquadri. Ogni riquadro ha un suo singificato. Quando
c’è da esprimere una volontà di solito bisogna riempire un riquadro. Non è detto che goni
contribuente deve compilare tutti, ogni anno il Ministero approva il modello di dichiarazione,
bisogna seguire quelo giusto. … la mia volontà negoziale la esprimo utilizzando la clausola che mi
consente di dire voglio fare questa cosa. Uno di questi problemi è quale valore dale al
comportamento concludente in assenza dell’espressione esplicita della volontà.
Per molti anni la Cass. Ha ivncolato l’efficacia al comportamento effettivo. Se non trovava nella
dichiarazione barrato l’apposito rigo rettificava la dichiarazione considerando quella scelta come
non avvenuta.
81
Con l’orientamento più recente della cass. Prevale il comportamento concludente: controlli 3 anni
dopo e vedi che questo diligentemente ogni anno ha messo i suoi 20mila euro, facciamo prevalere
questo comportamento di fatto rispetto all’obbligo formale.

Tornando alla natura di atto di scienza è chiaro che si è subito aperta la possibilità di considerare
rettificabile ed emendabile ogni volta che contenesse errore di fatto o di diritto. La mia
dichiarazione è il lugoo in cui ricostruisco realtà di fatto o di diritto tutti gli errori hanno valenza.per
molti anni la dichiaraizone è stata considerata irretrattabile. Non modificabile. Fino a che
finalmente con il decreto del presidente della repubblica n. 322/1998 all’art. 2 è stata introdotta la
possibilità di rettificare la dichiarazione. In origine con un doppio trattamento: finchè la
dichiarazine era corretta a favore dell0ammne la potevi correggere per tutti gli anni in cui… se
invece l’avevi commesso a tuo danno la potevi correggere solo per i primi 24 mesi.
C’è questa anomalia ma non dobbiamo dimenticarci che chi sbaglia ha sempre la possibilità di
correggere, ma può anche sempre chiedere il rimborso.
… ho ugualmente una dichiarazione a me più favorevole perché magri devo indicare una perdita
maggiore di quella che ho indicato. … la dichiarazione diventa l’unico strumento per far valere
questo mio errore, diventa iniquo che abbia solo 2 anni, io avrei solo un termine di 2 anni. Tutte le
volte che il contribuente sbaglia a proprio danno non necessariamente presenta la dichiarazione per
correggere un proprio errore, di solito lo fanno gli imprenditori, i liberi professionisti, perché hanno
bisogno di una…
Tuttavia se i termini non fossero uguali il rimborso non sarebbe sempre satisfattivo, perché noi
possiamo avere un risultato che ci avvantaggia ma che non comporta… se ho sbagliato ad indicare
la perdita ci tengo a presentare una nuova dichiarazione, perché il rimborso non è utile. A forza di
far notare questa contraddizione siamo arrivati ad una nuova stesura del co. 8 che ora prevede
indifferentemente che si possa presentare entro i t per l’esercizio dell’accertamento una rettifica a
correzione dei propri errori.

Nell0’art. 2 è stata inserita una norma che introduce una sorta di riconvenzionale in sede
processuale  ci dice che resta ferma in ogni caso per il conribuente la possbilità di far valere anche
in sede … ultima parte del co. 8bis. In un senso che piace ai dichiarativisti, supera l’idea del
processo impugnazione, dice che tu capiti in un processo perché impugni un atto, ma quando sei in
quel processo se per caso ti avvedi siccome lo scopo è quello di accertare la verità tu puoi anche far
valere u tuo errore. Èuna sorta di domanda rincovnenzionale, mai immaginata né prospettata, perché
si va davanti al giudice discutendo della legittimità e fondatezza di quell’atto, non si potrebbero
portare davanti al giudice questioni altre. La norma dice che tu vai ad accertare l’imposta dovuta…
Domanda tesa a far valere un proprio precedente errore.

Una dichiarazione si modifica con una dichiarazione con lo stesso modello dell’anno di riferimento.

I soggetti obbligati a presentare la dichiarazione


Art. 1 dpr n. 600. La devono presentare tutti coloro che hanno un reddito. Poiché il presupposto
dell’IRPEF è il possesso del reddito l’obbligo è in primis attribuito a tutti coloro che hanno
82
realizzato un reddito. Tuttavia coloro che hanno il reddito di impresa devono presentare la
dichiarazione anche se non hanno alcun debito nei confronti dell’amm.ne finanziaria e anche se non
hanno realizzato alcune reddito.
es. imprenditore che chiude bottega un anno ma non chiude partita IVA deve continuare a
presentare la dichiarazione, così come la deve presentare se è in perdita.
Si tratta di redditi che hanno elementi caratterizzati dalla pluriannalità, per cui l’amm.ne ha bisogno
di non perdere la rappresentazione grafica dei valori pluriennali.
Al tempo stesso ci sono dei soggetti che hanno un reddito ma che sono esonerati, es. i lavoratori
dipendneti o da pensione o assegno di mantenimento al di sotto del minimo vitale sono persone che
se non possiedono altri redditi o quelli legati ad immobile o di proprietà ma non locati possono
anche non presentare la dichiarazione. Sono esonerati. Il fatto che siano esonerati non significa che
non la debbano presentare o non la possano. Se volgiano possono, perché per loro la dichiarazione,
avendogià avuto le ritenute e avendo già paagto le impostepotrebbero avere diritto a dei rimborsi,
perché potrebbero non aver utilizzato il loro sostituto per far valere tutte le deduzioni e detrazioni 
piùche servire all’indicazione di un debito diventa utile per far sorgere il proprio credito, che in
questi casi viene addirittura rimborsato con il primo stipendio successivo alla presentazione della
dichiarazione.
Ci sono crediti e crediti: quelli per una spesa medica vengono liquidati immediatamente, se nasce
dal bonus per l’edilizia l’amm.ne si prende il tempo per verificare.. etc però tencicamente la
dichiarazione diventa uno strumento per avere diritto al rimborso.

Contenuto della dichiarazione


Contiene il famigerato procedimento di autoliquidazione dell’IRPEF per cui -… ovviamente il
contenuto cambia a seocnda del dichiarante. La dichiarazione di una PF è semplice, quella di una
Spa contiene più elementi, ma siamo sempre nell0ambito di un contenuto predefinito che è lo
specchio della rappresentazione contabile dei redditi che si sono relaizzati. È un contenuto vincolato
che è la riporduzione di queli che sono tutti gli elementi costitutivi di quel reddito.
È anche uno strumento che l’amm.ne usa si aper farci esprime quelle volontà di cui abbiamo detto,
ma soprattutto per gli imprenditori e lavoratori autonomi è spesso anche un documento di cui
l’ammmne si serve per acquisire info dai contribuenti che poi elabora e trasforma in parametri,
coefficienti, indici di affidabilità, studi di settore, nel tempo ha costuito uno strumentario molto
efficiente

Modelli di dichiarazione
Uno lo conosciamo, è il 730, che è il modello che utilizzano i lavoratori dipendenti, che hanno già
avuto il certificato unico (CU) dal datore di lavoro e che decidono comunque di fare la
dichiarazione dei redditi. Siccome si tratta di una dichiarazione semlice e anche che si basa su dati
che l’amm.ne conosce perché tutti questi elementi sono assorbiti attraverso l’uso del cf il modello
730 è il primo modello anto come precompilato. Da qualche anno chi si trova nella situazione di
dover presentare u 730 può anche trovare già precompilata la propria dichiarazione nel proprio
cassetto fiscale.

83
Entra nel proprio cassetto fiscale e guarda la dichiarazione già precompilata; i miei compensi
risultano tutti da sostituti di imposta … i miei costi sono tutti documentati… il nostro non è un
sistema perfetto. Si potrebbe arrivare al punto in cui tutti uesti dati sono formalmente acquisiti.
Questi dati potrebbero non essere completi. Se noi prendiamo per buona la precompilata l’amm.ne
non la può cambiare… in questi anni è difficile che ci si debba fidare fino in fondo, perché può
ancora capitare un disguido, … è vero che però prima o poi questa situazione va sbloccata, quindi
magari si potrebbe andarla a vedere, anche perché l’amm,ne compilata consolida l’obbligazione…
Questo modello si chiama modello 730.

Una volta c’era il 740 che adesso si chiama modello PF, che normalmente fanno i liberi
rpofessionisti, gli imprenditori individuali, è quel reddito che deriva dall’attività diversa dall’attività
di alvoro dipendnete. Comincia ad essere una dichiarazione più complicata. Vale anche ai fini
dell’I? e poi cominciano ad esserci la rappresentazione di beni strumentali all’esercizio della
professione, costi legati a beni che pososno avere anche uso promiscuo, … anche su questa ci sono
delle forme di precompilazione ma siamo all’origine di questo sistema.

Sui tempi di inoltro delle dichiarazioni ogni anno cmabiano, normalmente settembre per i 730 …

Ancora più complicato il modello delle società. Hanno anche il famoso 770 perché sono quasi tutti
sostituti di imposta, è il modello più complesos in assoluto, dipende dal tipo di imprenditore, attività
svolta, tanti costi e opzioni etc. così come è vero ch esistono regimi forfettari.

Le dichiarazioni si trasmettono elettronicamente. Esiste ancora residualmente l’inoltro cartaceo


presso ufficio postale o banca ma ormai o ce la facciamo da soli online oppure chi incarichiamo di
predisporre poi ne fa una trasmissione elettrncia. Dunque tutte le dichiarazioni diventano un
documento elettronico, e questo favorisce il controllo.
MANCA LEZIONE 28/03/2023
MANCA LEZIONE 29/03/2023
31/03/2023
Ciò che dice l’ultimo co. art. 12 è che l’amm.ne deve comunicare il pvc e asegnare al contribuente
60 gg per fare delle possibili controdeduzioni  ci saarà un confronto e c’è un t. il nsotro compito e
della cass è stabilire 2 cose: se questo t dei 60 gg è derogabile, se cioè l’amm.ne finanziaria può non
consentire un così lungo e se questo contraddittorio va inteso come endoprocedimentale obbligatori
oppure ricatalogato come possibile.
Rispetto al t la legge dice che è possibile che non vvenga rispettato se ci sono ipotesi di movitata
urgenza. … il mancato rispetto dei 60 gg va motivato guardando alla tipologia del contribuente. Es.
può esser urgente se è un evasore abituale, o ha compiuto atti che possano far pensare che abbia
sottratto beni … consente di ridurre quella che è una garanzia pensata per lui. 60 gg è la regola, di
solito l’amm.ne la rispetta, si riserva il tempo di balutare le obiezioni del contribuente. Poi deve
tradurre in un provvedimento quel pvc.
84
… restano validi tutti gli altri, non è che a ottobre enovembre non si fanno gli accertamenti, ma il
primo dei 5 anni va i scadenza. L’altro aspetto è l’obbligatorietà o meno di questo contraddittorio,
che si traduce in una presa d’atto delle osservazioni del contribuente. È chiaro che se c’è stato un
vinivto il contribuente ha chiesto di essere udito, ma i contraddittoiro diventA hai riflettuto davvero
su ciò che ha detto il contirbuente, questo si vede quando verrà adottato l’atto e quello tiene conto
anche delle osservazioni che ha fatto il contribuente.
La norma non dice che è obbligayorio o no e allora vale il discorso della giurisprudenza della cass.
che ha fatto di tutot o di più e di cui facciamo una sitesi:
spesso vale in modo orizzontale per più tributi: accertare i maggior ricvi sginficia farlo per l’Ires…
etc. e quindi ci cascnao anche i cd. tributi armonizzati. Rispetto a quelli quando l’istruttoria ha
sempre anche ad oggetto ò’Iva oer la parte che riguarda l’iva il contraddittorio è obbligatorio,
perché dal 2004 la CGUE ha considerato che occorre mettere sempre anticipatamente il cittadino in
condizioni di difendersi prima di un provvedimento.
…domande
Se invece si tratta du tributi per i quali abbiamo sovranità non c’è l’obbligatorietà. La cassazione ha
interpretato l’obbligatorietà perché ha già detto che quando la legge dà l’obbligatorietà non
discenda ex lege la nullità ma si debba fare la cd. prova di resistenza  se il contraddittorio non si
svolge in modo corretto e quindi l’amm.ne non dà seguito alle richieste oppure lo invita ma poi non
lo ascolta, l’atto non sarà nullo in automatico ma sarà nullo solo se il contribuente in sede giudiziale
dimostrerà che cosa avrebbe detto di così significativo che certamente l’amm.ne avrebbe dovuto
tenere in debita considerazione.
…domande
Procedimenti di accertamento
Tutta questa attività istruttoria non distingue a seconda del soggetto che la subisce. Sappiamo che
gli accessi, ispezioni e verifiche richiedono un’attività di lavoro autonomo o libero – profesionale,
ma ne abbiamo papralto come poteri in generale. Scopriamo però che ogni particolare situazione ha
un suo puntuale e specifico procedimento per accertare il maggior tributo. per passare
dall’istruttoria all’adozione del provvedicmento che accerta il maggior tributo che si chiama avviso
di accertamento si devono seguire procedimenti distinti a seconda delle situazioni.
È un’anomaali,a perché immaginare situazio i così diverse quando abbiamo una realtà che fa
passare dei principi trasversali presenti in tutti i sistemi?
Accertamento d’ufficio, previsto dall’art. 41 dpr n. 600 che viene fatto nei casi di dichiarazione
nulla o omessa. Che caratteristiche ha  parte dal fatto che la dichiarazione manca, o perché manca
per davvero o perché la si deve considerare come inesistenze perché nulla. Comporta: allunga di 2
anni il t a disposizione dell’amm.ne, sarà il 31/12 del settimo anno. Ma la cosa + impo è che
l’amm.ne prescindendo dalla realtà oggettiva può determinare il reddito sulla base di presunzioni
semplicissime, prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza. .. tutte le scritture perdono
l’efficacia di prova a favore di chi le ha tenute. È sempre inevitabiel? No, è chiaro che l’amm.ne è la
ratio che può sposare, ma se sono un contribuente modello e la dichiarazione può dirsi mancante
può anche ascoltarmi. Questa cosa di utilizzare le presunzione prive di gravità, precisone e
concordanza è un suo diritto, ma lo dovrà calibrare e calare nella situazione concreta.
Accertamenti in rettifica  sottintende che una dichiarazione sia stata sempre presentata. La regola
generale è l’accertamento cd. globale in linea di principio ha l’obiettivo di accertare un contribuente
85
una volta per tutte, per tutti gli esercizi possibili. Siamo nel marzo del 2023 posso retroagire fino al
2018. Questo è ciò che il sistema vorrebbe, per ottimizzare l’attività dell’amm.ne, e poi perché non
possiamo bersagliare ogni anno lo stesso individuo, diventa defatigante e utilizzabile in modo
improprio.
Il sistema vorrebbe questo, e prevede 2 metodiche diverse di accertamento a seconda ce riguardi le
persone fisiche, dove si segue il procedimento descritto dall’art. 38 ovvero i soggetti obbligati alla
tenuta delle scritture contabili dove si segue l’art. 39 per coloro che sono in contabilità ordinaria
mentre esiste un metodo alternativo per la contabilità semplificata. Il procedimento amm.vo allora è
diverso: se sei PF il procedimento è quello dell’art. 38, se sei…
Siamo nella regola, accertamento globale, a questa regola sono previste delle eccezioni che sono
fondamentalmente 3, situazioni in cui l’amm.ne esercita delle attività di accertamento quasi spot,
che non preclude di ppoter rifare un accertamento globale, oppure l’ha già fatto ma eccezionalmente
trona su quel contribuente:
1) Accertamento anti-abuso, art. 10bis co. 6 statuto. Il procedimento per accertare le fattispecie
di abuso del diritto è diverso, autonomo e distinto da quello previsto dall’art. 39.
L’imprenditore he è accertato in generale lo è ai sensi dell’art. 39, ma se gli si contesta una
specifica operazione … allora avrò intanto questa specie di parentesi, dopo si vedrà anche
tutto il resto. È un accertamento parziale;
2) Art. 41 bis dpr n. 600 ed è un accertamento parziale, nasce così e proprio perché nasce come
deroga ad un sistema che vorrebbe un accertamento glbale ma che si accorge che in alcuni
casi occorre poter offrire all’mamm.ne finanziaria la possibiòlità di intervenire in una
situazione data e fare un accertamento spot per poi tornare con più calma a vedere quel
contribuente in modo globale.
3) Ipotesi del 43 co. 3 dpr n. 600 che è l’accertamento integrativo, cioè il caso contrario  ho
già fatto un accertamento di tipo globale ma la situazione è tale così straordinaria e diversa
che pur essendo il sistema imporntato ad una definitivià nella fase di verifica mi consente di
riaprire un accertamento che avevo già chiuso. Nei termini ovviamente. Non confondente
mai tutte queste situa con la possibilità che l’amm.ne finchè è nei termini annulli un
precedente provvedimento e in autotutela ne adotti un altro.
… domanda
Passare dall’indagine all’adottare un provvedimento non è così scontato per l’amm.ne che in queste
piccole norme incontra una serie di condizioni o obblighi reciproci. Ogni provvedimento per prima
cosa, prima ancora che per il suo contenuto reale ci deve interessare sul come l’amm.ne lo ha
adottato perche magari ha trashredito ad una delle regole di strada che queste norme pongono.
… oer questo si dice d fare un procedimento unico con contraddittorio obligatorio. L’amm.ne perde
moltissimi procedimenti perché non ha rispettato i 60 gg etc. e tutto questo azzera l’entità del
ricalcolo perché puoi aver trovato l’imprenditore ma se hai sbagliato nel procedimento il
provvedimento è carta straccia, quindi questa articolazione è un modo per mettee i bastoni tra le
ruote al… anche qui si annida l’evasione, la mancanza di gettito.
Anche se non citata la prima norma è l’art. 37 che è una norma trasversale, ha tutto quello che
abbiamo detto. È la norma che distingue tra accertamento di ufficio e in rettifica. Nell’art. 37 sta
descritto il fenomeno della cd. interposizione fittizia di tipo soggettivo. Cosa vuol dire? Esiste un
fenomano trasverslae a tutti quegli accertamenti tale per cui è possibile che una forma di evasione o
elusione consiste non tanto nell’omettere qualcosa ma nel far cadere il gettito su una testa diversa

86
dall’effettivo furitore. Io posso evadere, perché l’Irpef è progressiva, quindi un modo per evadere è
quello di spalmare i ricavi.
Dice lo puoi togliere dalla testa fittiza e metterlo sulla test giusta. Il fisco vuole che ciascuno paghi
la sua imposta. Cosa può generare ciò? Un credito. Se hai pagato e quel reddito non era tuo c’è un
problema di doppia tassazione dello stesso reddito. Bisogna evitare che c siano su quella differenza
due tassazioni quindi l’art. 37 riconosce il diritto al rimborso di colui al quale arbitrariamente era
stata attribuita una capacità contributiva diversa dalla sua.
Il diritto al rimborso sorge a 2 condizioni:
1) Potrà essere esercitato solo dopo che l’entrata del fisco sarà divenuta definitiva. Il diritto
sorge a patto che l’amm.ne incassi.
2) La seconda è che l’amm.ne non rimborserà mai più di quanto ha riavuto.
Art. 38 dpr n. 600
È il procedimento che si fa per accertare in rettifica il maggior reddito delle PF. Sono tutti i soggetti
passivi IRPEF  chi saranno quelli più facilmente colpiti? I lavoratori autonomi, imprednitori
individuali, gli artigiani, soci di società di persone etc. prevede 3 diverse logiche di accertamento.
 I primi due co. si occupano dell’accertamento analitico  vuol dire che l’amm.ne per
primissima cosa deve ripassare la dichiarazione voce per voce etc. e di ciascun elemento
deve verificare la veridicità sia dal pdv sostanziale che formale e deve altresì verificare la
corretta interpretazione data alle norme. L’amm.ne si riprende questa dichiarazione e fa il
calcolo che farebbe un 36bis ma lo fa balamente quel che il 36 bis non ha visto, ma
soprattutto cambia la prospettiva, perché è un ricalcolo critico. Lo guardo anche non
fidandomi di quello che hai scritto sul presupposto che quello che è scritto nella
dichiarazione vale fino a prova del contrario. L’onere grava tutto sull’amm.ne finanziaria.
Quello che ho messo nella dichiarazione è quella che doveva essere, se la vuoi smentire devi
dimostrare perché e quando ho sbagliato. …
 Nel tempo il legislatore ha fornito il co. 3 basato sulle presunzioni. Questa volta però
siccome la dichiarazione c’è, +è regolarmente presentata etc. devono essere gravi, precise e
concordanti. Dice che s eguardiamo le dichiarazioni nella forma di verifiche se ne fanno
poche, perché chi sa di violare fa delle documentazioni perfette.
Es. … tutte queste sono al di là di quello che formalmente mi dice io posso attraverso
presunzioni defatiganti mettere insieme una relatà reddituale diversa da quella che
specchiatamente risulterebbe dalla mia dichiarazione.
Già si va oltre rispetto alla possibilità dell’amm.ne…
 Terzo metodo che si chiama accertamento sintetico induttivo. Succede che faccio
l’analitico e non esce niente, faccio un po’ di appostamenti e non esce niente, lo giro e lo
rigiro ma niente, però questo dichiara 100 mila euro all’anno ma ha 3 case 4 macchine etc.
… hai delle spese che denotano una certa disponibilità, sia per il possesso che per il
godimento. Il secondo sono gli incrementi patrimoniali, e il terzo le spese ordinarie. Tutta
quetsa tua spesa io non la guardo neanche la tua dichiarazione, ti mando un questionario e ti
dico compilalo. …
Che cosa può fare il contribuente? Non siamo tutti evasori, esiste la possibilità di avere uan
capacità di spesa diversa dal proprio reddito annuale ed è lì che si fonda la controprova del
contribuente. Non può esistere una presunzione assoluta sulla base del principio di capacità
contributiva.

87
- Può esserci una redditività diversa degli anni precedenti, è un fatto molto comune tra
i pensionati.
- Ci sono anche redditi esenti, o quelli soggetti alla ritenuta a titolo di imposta. Questi
dalla dichiarazione non ci passano. …
… art. 38 ha 3 procedimenti.

88

Potrebbero piacerti anche