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01. Sbobine- Bilanci-E- Principi- Contabili - elaborato

Bilanci e principi contabili (Università degli Studi di Ferrara)

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BILANCI E PRINCIPI CONTABILI


I principi contabili internazionali si applicano a tutti i paesi dell’UE, con riferimento alle società quotate in
borsa e con riferimento ai loro bilanci consolidati (ossia i bilanci dei gruppi di società). Gli standard contabili
internazionali sono emanati da un organismo privato, l’IFRS FOUNDATION (International Financial Reporting
Standards): formalmente una fondazione di diritto americano, con sede operativa a Londra, al cui interno
accoglie lo IASB (International Accounting Standards Board). Questa fondazione emana standard contabili
(facenti parte di regolamenti europei divenendo leggi) che diventano regole di diritto commerciale per tutti gli
stati membri dell’UE. [Lo IASB è un organo che emana principi contabili che, dopo una determinata procedura
di riconoscimento, si applicano su tutto il territorio dell’UE con riferimento alle società quotate, ma non solo].
La stranezza è non solo il fatto che chi li emana è un organismo privato, ma anche che questi standard hanno
forza di legge. I principi si applicano ad una ristretta cerchia di società quotate, mentre per le società non
quotate si applica il Codice Civile (Libro IV art. 2423 e seguenti). Il Codice civile viene progressivamente
allineato ai principi contabili internazionali. Le ISO sono delle linee guida (che molte aziende applicano) che
certificano la qualità dei processi, dei prodotti e l’impatto ambientale. Queste, pur essendo molto diffuse, non
hanno natura regolamentare. Tuttavia, per comprende come si arriva a IASsizzare il C.c. occorre far
riferimento ad alcune tappe fondamentali. Inoltre, è da sottolineare che l’Italia è imprenditore netta di
standard altrui.
PROCESSO DI ARMONIZZAZIONE CONTABILE IN EUROPA
Nel 1957 venne firmato il Trattato di Roma, l’atto costitutivo della Comunità Economica Europea (oggi UE), da
Belgio, Olanda, Lussemburgo, Italia, Francia e Germania. Dopo le due grandi guerre mondiali la situazione
europea era precaria. L’obiettivo che i paesi membri si erano prefissati rispondeva all’esigenza di evitare una
terza guerra mondiale, mettendo assieme diversi paesi al fine di avere interessi comuni ed una struttura
stabile. L’idea era quella di incapsulare la Germania ovest all’interno di una “gabbia di collaborazione”.
Alcide De Gasperi, Shuman e Adenauer crearono una comunità di paesi con regole diverse al fine di un libero
scambio di capitali/merci (riducendo i dazi doganali) per un maggior benessere collettivo. L’idea del Trattato di
Roma era quella di creare una zona commerciale dove i popoli potessero arricchirsi e crescere insieme, con
regole uguali o almeno armonizzate. Vennero creati i primi organismi comunitari: Commissione Europea,
Consiglio Europeo (che riunisce tutti i governi dei paesi membri) e si iniziò a creare una prima bozza del
Parlamento Europeo. Ci vollero più o meno 10 anni. In particolare, nel Trattato l’articolo 54 lettera G indicava
i passi da fare per creare un mercato unico, tra cui l’armonizzazione delle legislazioni commerciali europee e
legislazioni contabili (contenute all’interno delle legislazioni commerciali) dei diversi paesi. Tuttavia, ogni
paese ha le proprie tradizioni contabili ed un differente approccio culturale alla contabilità. In Italia il codice di
commercio è stato inserito nel C.c.: la legislazione commerciale racchiude la legislazione contabile (quella
relativa ai bilanci). Da qui inizia il problema dell’armonizzazione delle legislazioni contabili europee. Nel 1965
viene approvata, in Germania, la legge sulle società per azioni, l’Aktiengesetz, contenente importanti
innovazioni a livello contabile: prevede, per la prima volta in Europa, l’obbligo di redigere il bilancio
consolidato di gruppo, con i gruppi limitati al territorio tedesco: cioè se una società aveva una controllata del
gruppo tedesco ma fuori dalla Germania, questa non faceva parte del bilancio consolidato. Nel 1967 la
Commissione Europea incarica Elmendorf, un giurista tedesco, professore universitario, per creare un AVANT
PROJET, cioè una prima bozza di una possibile direttiva comunitaria che contenesse l’armonizzazione delle
normative contabili europee in materia di bilancio d’esercizio. Un anno dopo, nel 1968, consegna alla
Commissione Europea l’avant-projet, che di fatto non è che la traduzione in lingua inglese e francese
dell’Aktiengesetz del 1965 (la parte contabile), che all’epoca era la normativa più avanzata in Europa. Alla fine
degli anni ’60 cominciano le negoziazioni dei vari paesi membri, a cui partecipa anche il Regno Unito (che
all’epoca era ancora fuori dalla Comunità Europea). Il Regno Unito non credeva nel progetto di Elmendorf,
poiché l’avant-projet da lui ideato aveva forti connotati giurisprudenziali e questo entrava direttamente in
contrasto con la tradizione contabile britannica, che non si basa su codici o norme emanate dal Parlamento,
ma è fondata su criteri specifici emanati da vari ordini privati di professionisti contabili. Si ha una distinzione
tra COMMON LAW: paesi in cui vi sono poche leggi date dalle sentenze delle corti superiori. Spesso il
Parlamento Common law fa solo Leggi Quadro e le regolamentazioni di dettaglio sono date dalle sentenze dei
giudici (divenendo leggi); e CIVIL LAW: sistemi nei quali il Parlamento fa le leggi ed i giudici le applicano.
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I sistemi di Common Law sono molto più flessibili, in quanto una nuova sentenza di una corte superiore
inglese può innovare la legge (nei sistemi Civil Law il procedimento è piuttosto lungo).
In particolare, la contabilità tedesca si basa su un paio di concetti non condivisi dagli inglesi:
a) la visione della contabilità come mero adempimento;
b) il “principio della prudenza” (simile a quello italiano), che significa anticipare i costi e posticipare i
ricavi fino a che non si siano effettivamente realizzati;
c) l’intervento dello Stato tedesco nell’economia → lo Stato nel Regno Unito interviene poco
nell’economia, specialmente in materie tecniche. L’unico principio fissato dallo Stato inglese che si
applica alla contabilità è il PRINCIPIO DELLA TRUE&FAIR VIEW.
Quindi gli inglesi, pur entrando nella Comunità Europea nel 1974, cominciano a fare lobby, riuscendo ad
introdurre nell’avant-projet due clausole:
1. impongono come principio generale, nella bozza della direttiva, la clausola generale del loro
Companies Act (del 1947), cioè il Principio A True&Fair View
2. inseriscono il principio di overriding, in base al quale si può bypassare qualunque normativa (in
Inghilterra) se si deve dare la True&Fair View al bilancio d’esercizio.
→ Il processo di armonizzazione contabile ha avuto inizio alla fine degli anni ’70 quando, ad opera della
Comunità Economica Europea (CEE), furono emanati una serie di provvedimenti normativi aventi come
obiettivo quello di accrescere la comparabilità dei principi contabili vigenti in ciascun paese, fissando dei limiti
alle divergenze che essi possono rappresentare. Nel luglio del 1978 fu approvata la IV DIRETTIVA CEE (anni
dopo viene recepita nel nostro ordinamento), volta all’armonizzazione delle legislazioni commerciali sui conti
annuali delle società di capitali. La peculiarità della direttiva è che deve essere recepita negli ordinamenti
giuridici nazionali. Il C.c. civilistico è composto da varie sezioni: sommando gli elementi positivi di reddito
(ricavi, plusvalenze...) si ottiene il valore della produzione, dal quale si detraggono i costi della produzione.
Questa struttura risulta la stessa di quella dell’Aktiengesetz (1965). Gli inglesi, invece, hanno un CE differente:
ricavi di vendita- costo del venduto= reddito operativo. Tale differenza è spiegata dal fatto che i tedeschi sono
produttori, mentre gli inglesi venditori (è un fatto culturale). Il modo in cui vengono raggruppate le
informazioni del CE riflette la cultura di business prevalente in quei paesi. Per gli inglesi è importante il
margine commerciale, mentre per i tedeschi è fondamentale il valore della produzione. Qualche anno dopo
iniziano le negoziazioni per una seconda direttiva ed anche in questo caso ci fu uno scontro tra inglesi e
tedeschi, aventi differenti visioni sul bilancio consolidato di gruppo.
Nel 1983 viene approvata la VII DIRETTIVA EUROPEA sul bilancio consolidato di gruppo (anche in questo caso
dev’essere recepita dai diversi ordinamenti). Essendo state frutto di una negoziazione, entrambe le direttive
contengono numerose diverse opzioni (saranno poi i Parlamenti nazionali a decidere: tale meccanismo è
soprattutto per la VII direttiva). Nel frattempo entra nella CEE la Gran Bretagna e, nel ’78, anche Spagna e
Grecia (da 6 diventano 12 paesi). A questo punto tocca ai Parlamenti nazionali recepire le due direttive e
trasformarle in leggi nazionali. I primi paesi europei a recepire la IV Direttiva CEE nel proprio ordinamento
furono Danimarca e Regno Unito. Successivamente fu recepita anche la VII Direttiva. Nel 1985 la Germania
recepisce entrambe le direttive con un unico atto legislativo al Parlamento. L’Italia fu l’ultimo paese a recepire
la IV direttiva, insieme alla VII, con il D.lgs. 127/1991. Tale decreto posticipa l’applicazione della nuova
normativa sui bilanci consolidati: la “vacatio legis” è durata 2 anni per il bilancio di esercizio (di conseguenza il
decreto legislativo è entrato in vigore nel 1993) e 3 anni per il bilancio consolidato. Nel 1994 tutti i paesi
avevano recepito entrambe le direttive, ciascuno operando delle scelte. Tuttavia, emersero una serie di
problemi: la contabilità cresce e si modifica in relazione ai mercati, alle società, alle prassi commerciali o
aziendali. Quindi, un primo problema fu la complessità di aggiornare tale sistema normativo rigido, non aperto
ai cambiamenti, in quanto per modificare le direttive bisognava ripetere l’intero processo. La Commissione
Europea si rese conto che tale sistema non riusciva a far fronte all’evoluzione della tecnologia, al
cambiamento dei mercati. Si ebbe una “soft transformation”, (cioè la presenza di un considerevole numero di
opzioni contabili che, facilitarono l’introduzione delle direttive nei diversi Paesi membri, ma ha indotto gli
stessi alla scelta di trattamenti contabili che più di altri rispondevano alla situazione socio-economica e alla
tradizione contabile del paese stesso): il tempo impiegato per elaborare e implementare le direttive incise sul

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grado di armonizzazione (incompleta). Risulta esserci un maggior allineamento rispetto al passato, ma non
quello che si sarebbe voluto per una completa armonizzazione.
Nel 1995 (dopo l’implementazione da tutti i paesi delle due direttive e dopo i periodi di vacatio legis) la
Commissione Europea emanò la Comunicazione 508/1995 in cui, sostanzialmente, riconobbe alcuni di questi
problemi ed una maggiore flessibilità delle regole contabili (più adattabili all’evoluzione), sancendo che: ‹‹la
Commissione Europea è favorevole ad una standardizzazione contabile internazionale e a questo fine vediamo
con interesse ai lavori dello IASC›› (fu una scelta politica), decidendo, quindi, di non perseguire la
standardizzazione contabile europea, ma di contribuire a quella internazionale.
Lo IASC (International Accounting Standards Commitee- oggi IASB) è un organismo nato nel 1973 in occasione
del Congresso Mondiale degli Accountants (si svolge ogni 4 anni) tenutosi a Sydney, con un accordo tra gli
organismi professionali di Australia, Francia, Germania, Giappone, Messico, Paesi Bassi, Regno Unito, Irlanda e
Stati Uniti, che emana standard contabili e lavora in un’organizzazione più grande, l’IFAC (International
Federation of Accountants), cioè l’organizzazione/federazione internazionale degli esperti contabili (sono
riuniti tutti i commercialisti del mondo).

La Commissione Europea capì, soprattutto con riferimento alle imprese denominate “Global Players”, che
queste avevano esigenze contabili diverse in quanto aziende che lavoravano a livello internazionale. Queste
grandi imprese erano esposte a mercati finanziari, ad investitori più esigenti e potevano essere quotate in vari
posti. In termini formativi vi era l’esigenza di essere capaci di rispondere alle richieste dei mercati finanziari
(era iniziata la cd globalizzazione finanziaria ed i mercati erano interconnessi). Si ha quindi il problema degli
standard contabili delle grandi imprese, soprattutto quelle quotate in grandi mercati finanziari. Il sistema della
IV e della VII direttiva, irrigidito dalle leggi nazionali, era in contrasto con il sistema di maggiore adattabilità
delle regole contabili di cui avevano bisogno i global players. I membri dello IASC erano preoccupati di quello
che stava accadendo a Bruxelles, vedendo che nella CEE prevaleva una visione tedesca della contabilità, molto
lontana da quella britannica. La professione inglese era molto preoccupata di questo ingresso dello Stato
nell’economia, in particolare in una materia così tecnica come la contabilità. All’inizio degli anni ’70 la
professione contabile vuole cercare di sottrarsi alle direttive di Bruxelles poiché in Inghilterra lo Stato aveva
emanato una sola norma relativa al bilancio e tale tradizione andava difesa (cioè il Principio A True&Fair View).
In Inghilterra, avendo un’unica regola legata ai bilanci, la professione inglese era sufficientemente forte e
credibile da darsi delle auto-determinazioni, delle regole deontologiche-professionali (non di carattere
normativo) ed aveva una forte indipendenza dallo Stato. Il Presidente Lord Benson, da un lato fece lobbying su
Bruxelles per le negoziazioni e per l’entrata del Regno Unito nella CEE, dall’altro lato, però, i professionisti
inglesi, insieme a quelli americani, canadesi e australiani (nel ’68) crearono un gruppo di carattere
professionale, l’ACCOUNTING INTERNATIONAL STUDY GROUP. Questo gruppo lavora dal ’68 al ’72, emanando
alcuni documenti sulla valutazione delle rimanenze, dei titoli, delle partecipazioni..., e nel ’72 si scioglie per poi
confluire nel ‘73 nello IASC. (Ciò spiega perché lo IASC è stato dominato da queste quattro nazioni: al suo
interno troviamo anche professionisti tedeschi, francesi, giapponesi, messicani ed olandesi). Questa era la
reazione dei professionisti inglesi a quello che stava accadendo a Bruxelles.
CASO DAIMLER-BENZ→ Nell’ottobre del 1993 la DAIMLER-BENZ, una delle più grandi imprese
automobilistiche tedesche, fu costretta a modificare tutte le sue strutture produttive, per evitare la
bancarotta. Per ammodernare le strutture produttive aveva bisogno di un enorme sforzo finanziario
ed il mercato di Francoforte non era sufficientemente grande. L’unico modo per ottenere tali
ammontari fu quotarsi alla borsa di New York (all’epoca non vi era alcuna impresa tedesca quotata a
Wall Street). A quel tempo quando un’azienda non americana andava a quotarsi alla borsa di NY
doveva convertire il proprio bilancio secondo le norme contabili americane, fissate dalla SEC. La SEC
(Security&Exchange Commission) chiedeva obbligatoriamente di redigere un documento, chiamato in gergo 20-
F, in cui dovevano essere utilizzati gli U.S. GAAP per effettuare il ricalcolo di tutto il bilancio. Si tratta di un
documento che ripresenta i conti dell’azienda non americana secondo le regole americane, soggetto ad essere
revisionato (auditing). Naturalmente la Daimler-Benz aveva un bilancio redatto secondo le regole tedesche, che
discendevano dalla IV e dalla VII direttiva. Nonostante le critiche delle altre imprese tedesche, la Daimler-Benz
presenta i conti.

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Nell’ottobre del 1993 il bilancio tedesco della società si chiuse con un utile di +600 milioni di marchi ed un
patrimonio netto ampiamente positivo. Quando venne presentato il 20-F risultò una perdita di 1,5 miliardi
di marchi ed un patrimonio netto pari a 500 milioni. Con le regole contabili tedesche la Daimler-Benz aveva
un capitale piuttosto solido, ma con la contabilità americana era molto meno solida dal punto di vista del
capitale netto: tali differenze risiedevano nelle diverse norme contabili. L’atteggiamento culturale tedesco è
quello di un’estrema prudenza per non sovrastimare gli utili, mentre negli Stati Uniti (e anche in Inghilterra)
l’atteggiamento è molto meno prudente. La Daimler-Benz, come tutte le aziende tedesche ed italiane, nei
periodi in cui l’utile era molto consistente si inventava degli accantonamenti al fondo rischi generici che,
essendo un costo, facevano diminuire l’utile. Si tratta di un meccanismo di perequazione degli utili: quando
gli utili erano molto elevati venivano abbassati, creando un accantonamento* negativo di reddito (nel CE)
che tendeva a ridurre il reddito netto, mentre quando erano poco consistenti si facevano aumentare (il fondo
passivo veniva in parte sciolto e gli ammontari del fondo rischi generico venivano portati in CE, non più come
costo, ma come componente positivo di reddito: così facendo aumentava l’utile o si riduceva la perdita).
[*accantonamenti per far fronte a dei rischi erano in realtà accantonamenti di utili]
La finalità era quella di garantire la stabilità degli utili e, di conseguenza, dei dividendi. Quando l’utile stenta
a fine esercizio viene azzerato (o diminuito) il fondo. Si tratta di un FONDO PASSIVO che funziona in avere
(elemento positivo di reddito): la diminuzione del fondo rischi va iscritta (in dare) nella voce insussistenza
attiva o sopravvenienza tra i ricavi del CE e si accredita in avere e, di conseguenza, aumenta il reddito netto
(riduco il fondo ed aumento gli elementi positivo di reddito; di conseguenza aumento l’utile al livello di quello
dell’anno prima). Fino agli anni ’90 anche in Italia funzionava tale meccanismo, ma negli Stati Uniti non è
consentito (di conseguenza, per la Daimler-Benz, risultò una perdita).
Nella tradizione contabile tedesca è possibile utilizzare i fondi rischi come “cuscinetto” (compaiono al passivo
dello SP) e per alimentare tali fonti occorre avere degli accantonamenti che passano per il CE (componente
negativo di reddito, o a seconda della natura del fondo compare all’attivo dello SP con segno -: cioè non
compare nelle passività dello SP, ma il fondo deduzione crediti compare con segno negativo nell’attivo dello
SP a correzione dei crediti). Nel caso della Daimler-Benz non si trattava di una correzione del valore perché
erano fondi rischi generici.
I limiti delle direttive comunitarie non consentirono il raggiungimento dell’obiettivo inizialmente perseguito,
cioè quello di portare ad una completa e corretta comparabilità dei documenti di informativa contabile delle
imprese appartenenti a Paesi diversi. Il caso Daimler-Benz mise in allerta gli organismi di regolamentazione
delle borse. La Commissione Europea, quindi, si dichiara favorevole ad intraprendere un processo di
armonizzazione contabile internazionale (e non europea), poiché ci si rese conto che il problema
dell’armonizzazione contabile era mondiale. A tal fine, con la Comunicazione 508/1995, chiamata
“Armonizzazione contabile: una nuova strategia nei confronti del processo di armonizzazione internazionale”,
si propone di intraprendere un esame della compatibilità dei principi contabili internazionali elaborati dallo
IASB (all’epoca si chiamava IASC) con le direttive contabili europee, con lo scopo di valutare la possibilità di
consentire alle imprese degli stati membri di dimensioni più grandi di predisporre i propri bilanci secondo i
principi dello IASB, anziché secondo le rispettive normative nazionali figlie della IV e della VII direttiva. Verso la
fine degli anni ’80 l’Italia entra nello IASC. Con l’entrata in vigore della IV direttiva cambia la normativa nei vari
paesi. L’accordo tra la SEC e la Commissione Europea (nel 2001) prevedeva che lo IASC doveva uscire dall’IFAC
(non doveva più essere un comitato dell’organizzazione mondiale della professione, ma una fondazione di
diritto privato statunitense). Da IASC viene chiamato IASB, che emana nuovi principi contabili internazionali.

Nel ‘74 lo IASC iniziò ad emanare principi contabili internazionali, gli IAS (International Accounting Standards)
che contenevano, sostanzialmente, l’unione di ciò che era concesso il Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Il suo
obiettivo era la standardizzazione contabile internazionale. [Esempio: lo IAS2 che riguarda le rimanenze finali
consentiva la valutazione delle rimanenze finali secondo il costo medio ponderato, LIFO e FIFO. Il LIFO era
utilizzato negli Stati Uniti (per ragioni fiscali ed è l’unico punto di contatto tra normativa contabile e fiscale),
mentre gli altri due metodi erano usati nel Regno Unito.] Una prima visione dello standard sulla valutazione
delle rimanenze emanato dallo IASC comprendeva LIFO, FIFO e CMP. I membri dello IASC rappresentano la
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professione contabile dei Stati membri, cioè le grandi società di revisione. Il problema era che queste grandi
società avevano quasi tutte sede negli Stati Uniti oppure in Gran Bretagna, quindi i membri dello IASC spesso
provenivano sì dalla professione contabile del paese che rappresentavano, ma erano stipendiati dalle società
di revisione che facevano capo agli Stati Uniti (non erano del tutto indipendenti).
Nel 1986 lo IASC riesce ad aumentare il numero di nazioni coinvolte e, soprattutto, comincia un progetto di
allargamento delle professionalità rappresentate dallo IASC stesso: analisti finanziari, associazioni
rappresentative degli investitori, degli assicuratori, revisori ecc. (non più solo contabili) ed un processo di
miglioramento qualitativo degli standard, rendendoli un po' più obbligatori ed eliminando alcune opzioni di
valutazione delle poste. [Esempio: fu eliminato il LIFO e gli italiani si opposero perché in Italia, per motivi
fiscali, il LIFO assicurava una valutazione del magazzino più bassa possibile (in un sistema di prezzi crescenti),
cioè abbassando il valore delle rimanenze finali si abbassava il valore dell’imponibile e, di conseguenza, delle
imposte da pagare.]
L’ondata della globalizzazione finanziaria porta le autorità di livello mondiale a cercare soluzioni per risolvere il
problema delle regole contabili. Per ovviare a questo problema la Commissione Europea decide di dare una
chance allo IASC. Nel 1995 un’importante organismo, l’IOSCO che rappresenta tutti gli organismi di
regolamentazione e sorveglianza delle borse nazionali, propone un accordo allo IASC, il cd “Core Standards
Work Program”, con la finalità di avviare un lavoro comune per produrre un CORE SET OF STANDARDS
accettabile, cioè un nucleo fondamentale di principi contabili internazionali, destinati ad essere utilizzati dalle
società che desideravano quotare i propri titoli su scala internazionale. L’IOSCO diede tre anni di tempo allo
IASC per elaborare questo nucleo di principi contabili ed evitare così un altro caso Daimler-Benz. Nel dicembre
del 1998 viene approvato dallo IASC l’ultimo standard richiesto dall’IOSCO, cioè lo IAS 39 sugli strumenti
finanziari. Nel ’99 l’IOSCO comincia l’esame degli standard emanati dallo IASC e nel maggio del 2000 viene
approvato il “Core set of Standards” dello IASC. La speranza era quella che la SEC ritenesse efficaci tali
standard internazionali (anche negli Stati Uniti), ottenendo una standardizzazione globale. Gli americani
approvano il Core set of standard, ma si riservano la possibilità di richiedere il 20-F. La Commissione Europea
comincia un programma di nuove direttive tendenti a modernizzare la IV e la VII direttiva per rendere più
avanzato il modello normativo contabile europeo. Si cerca poi di capire in che misura gli standard dello IASC
siano compatibili con le due direttive, ma essendo queste piene di opzioni appare evidente la compatibilità
con gli standards IASC. Il problema furono le leggi di recepimento al di sotto, ma la Commissione Europea
conclude il suo esame con esito positivo. A seguito di un lungo lavoro, nel giugno del 2000, la Commissione
Europea pubblica una nuova comunicazione, la Comunicazione 359/2000 intitolata: “La strategia dell’UE in
materia di informativa finanziaria: la via da seguire”, nella quale viene appoggiato lo IASC che, tuttavia,
doveva apportare dei cambiamenti. Viene, quindi, trovato un accordo per trovare un assetto più flessibile per
la standardizzazione contabile internazionale. Nella Comunicazione del 1995 si era dichiarata favorevole allo
IASC, mentre in questa nuova comunicazione si dice chiaramente che le società quotate dovranno redigere i
propri bilanci consolidati seguendo gli standard contabili emanati dallo IASC. Quindi, nel 2000 la Commissione
Europea accetta un nuovo modello: da un lato c’è quello di modernizzazione delle direttive e dall’altro c’è lo
IASC riformato per le global players quotate (che dovranno avere una normativa contabile diversa).
Formalmente, dal punto di vista istituzionale, lo IASC era incapsulato dentro l’organizzazione mondiale della
professione, l’IFAC. La Commissione, quindi, non poteva delegare la funzione di standardizzazione contabile ad
un comitato che era dentro un’altra organizzazione: serviva un organismo autonomo, con una struttura
propria. [Tutto ciò è stato anticipato nella seconda Comunicazione della Commissione Europea – 359/2000].
Per questo motivo venne creata la IASC Foundation (che nel 2010 diventa IFRS Foundation), al cui interno è
presente un organismo, lo IASB che emana standard contabili. Questi standard verranno vagliati prima da un
organismo tecnico, l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group); se va tutto bene, lo standard
passa da un altro organismo che fa parte della Commissione Europea, chiamato ARC (Accounting Regulatory
Commitee) che dà l’ok politico. A questo punto i principi vengono tradotti nelle 28 lingue dei paesi membri e,
successivamente, vengono pubblicati sulla GUE sotto forma di regolamento. Questo processo viene chiamato
Screening Device. Gli standard dello IASC Foundation non venivano applicati a tutte le imprese europee, ma
solo alle società quotate europee, in particolare, ai bilanci consolidati di gruppo. Tutto ciò era stato detto nella
Comunicazione 359/2000, pertanto è chiaro che dietro ci fosse un accordo politico).
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Lo IASC doveva, quindi, essere riformato. All’epoca gli organi principali erano due:
1. i TRUSTEES (fiduciari), cioè un organo di controllo
2. e lo IASB, i cui membri erano nominati dai trustees, i quali sovraintendono il lavoro dello IASB. Lo IASB
ha la funzione esclusiva di predisporre e approvare i principi contabili internazionali e l’interpretazione
degli standards preparati dall’IFRIC (International Financial Reporting Interpretations Commitee), che
si occupa di fissare le interpretazioni ufficiali degli standard internazionali rispetto a certe situazioni.
Le interpretazioni emanate dall’IFRIC hanno la stessa valenza degli IFRS: un bilancio, dunque, non è
conforme agli IFRS se non rispetta anche quanto disposto da tutte le interpretazioni dell’IFRIC.
Per essere approvato lo standard deve seguire un DUE PROCESS (processo dovuto), che ne garantisce la
qualità. Il due process consiste in un documento di base, discusso all’interno dello IASB, valutato ed emanato
sotto forma di exposure draft (una bozza). Una volta emanato chiunque può commentarlo: tutti i commenti, i
suggerimenti, le critiche sono raccolte e valutate e sono pubblicamente disponibili sul sito. Infine, lo IASB
delibera lo standard definitivo. Venne creato un organismo di interpretazione degli standard emessi,
“INTERPRETATIONS COMMITEE”.
3. Oltre ai due organi principali, era presente un organismo di advisory chiamato IFRS Advisory Council (in
precedenza chiamato SAC- standard Advisory Council), il cui compito è quello di segnalare determinate
situazioni o eventuali problemi, dare suggerimenti, input, consigli. In particolare, è composto da 49
membri ed è l’organismo tramite il quale altri soggetti o organizzazioni interessate allo sviluppo dei
principi contabili internazionali, forniscono i loro suggerimenti allo IASB, nonché informare quest’ultimo
delle implicazioni derivanti dall’applicazione degli IAS/IFRS sulle imprese e sugli utilizzatori di bilanci.
Composizione Organi:
➢ TRUSTEES → inizialmente erano 19 (5 europei, 5 del nord-America, 5 asiatici, 1 africano, 1 sud-
americano e 2 membri dal mondo). Negli anni sono stati portati a 21. [Nei trustees ci fu sempre un
italiano, mentre nello IASB no].
➢ IASB → Inizialmente, nell’accordo tra SEC e Commissione Europea, i membri erano 14, ma senza
vincolo geografico. Mentre i Trustees hanno la rappresentatività geografica, cioè devono
rappresentare varie parti del mondo in quanto garanti, i membri del board (dello IASB) possono
provenire anche tutti dalla stessa nazione, poiché il criterio di scelta dei membri del board è quello di
competenza. Dei 14 membri, 12 erano full-time e 2 part-time (5 americani, 3 inglesi, 1 tedesco, 1
canadese, 1 francese, 1 australiano, 1 giapponese, 1 sud-africano). I primi membri dello IASC furono
inglesi ed americani.
➢ FASB → (Financial Accounting Standard Board) organismo che emana principi contabili negli Stati
Uniti, composto da 7 membri full-time, con un mandato di 7 anni.

Con la riorganizzazione della struttura dello IASB, la denominazione dei principi contabili internazionali si è
modificata da IAS in IFRS, mentre gli standard emanati in precedenza dallo IASC hanno mantenuto la loro
denominazione tradizionale (IAS). Il nuovo Board dello IASB ha ritenuto che la nuova denominazione degli
standard contabili internazionali renda più comprensibile il contenuto ed il valore degli stessi. Tuttavia, la
Commissione Europea non fu molto contenta di tale cambiamento perché rischiava di creare confusione.
Nel luglio del 2002 l’UE approva il Regolamento 1606/2002 con cui gli standard contabili emanati dallo IASB
vengono resi obbligatori per la redazione del bilancio consolidato di tutte le società quotate in Europa.
Emanando un regolamento hanno bypassato il problema del recepimento delle direttive negli ordinamenti
nazionali, poiché il regolamento è immediatamente esecutivo. Gli standard emanati dallo IASB valgono solo
per le società quotate e per i bilanci consolidati di gruppo. Tutte le altre società non quotate continuano a
seguire il codice commerciale o quello civile a seconda degli ordinamenti nazionali. Quando si vuole cambiare
una o più norme presenti nel C.c. (o commerciale) bisogna aggiornare la IV e la VII direttiva, che nel corso degli
anni hanno subito varie modifiche (nel 2001 e nel 2003). Questo processo viene chiamato processo di
modernizzazione delle direttive. Tuttavia, non sempre l’esito di armonizzazione porta al livello di
armonizzazione sperato, perché si deve giungere ad un accordo tra i 28 Paesi membri dell’UE.

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PROCESSO DI OMOLOGAZIONE
La procedura di omologazione ha subito delle modifiche nel corso del tempo. In particolare, sono stati aggiunti
due o tre dettagli che hanno reso l’intero processo più lento, ma un po' più ampio.
Viene creato un nuovo comitato, il SARG, un organismo che ha il dovere di controllare eventuali omologazioni
fatte dall’EFRAG. I membri che compongono questo comitato sono nominati dalla Commissione Europea, ma
sono esterni ad essa. Tuttavia, dopo la modifica del processo di omologazione, il Parlamento Europeo si è
lamentato del fatto che i principi emanati dallo IASB (fondazione privata) diventavano legge senza passare dal
Parlamento. Subito dopo, anche il Consiglio Europeo inizia a lamentarsi per lo stesso motivo. Di conseguenza,
la procedura di omologazione si allunga ancora di più, diventando più lenta, perché dopo l’ok politico dell’ARC
i principi sarebbero passati dal Parlamento e, successivamente, per il Consiglio Europeo prima di essere
tradotti e pubblicati sulla GUE.

SECURITY AND EXCHANGE COMMISSION


La SEC nasce negli Stati Uniti nel 1993. Fino all’entrata in vigore della SEC, negli Stati Uniti si poteva
continuamente rivalutare, cioè gli asset potevano essere rivalutati verso l’alto: di conseguenza molte
imprese, quando non andavano benissimo, spingevano verso l’alto il valore dei propri asset (es. immobili,
macchinari, partecipazioni). Spingendo in alto i valori si creano delle plusvalenze che confluiscono nel CE e
fanno aumentare l’utile. Questo meccanismo creò una bolla, in quanto i valori espressi in bilancio non
erano realistici. Il Parlamento americano decise, quindi, di istituire un organismo che controllasse la borsa.
La SEC ha il potere di determinare le regole contabili negli Stati Uniti. Tuttavia, non ha mai voluto farlo
direttamente: nel 1938 la SEC delega l’AICPA (American Institute of Certified Public Accountants) ad
emanare principi contabili. Nello stesso anno l’AICPA forma un comitato sulle procedure contabili, il CAP
(Committee on Accounting Procedure), formato solo da revisori contabili. Tuttavia, questo comitato era
troppo ristretto e non aveva molta autorevolezza. Perciò nel 1959 il CAP viene riformato e chiamato APB
(Accounting Principles Board), anch’esso formato solo da auditors e, pertanto, si ripresentarono gli stessi
problemi del CAP. Nel 1971 il Trueblood Committee, presieduto dal senatore Trueblood, propone di
riformare l’APB, poiché all’epoca (e tutt’oggi) il bilancio interessava tantissime professioni e non solo
quella contabile. Nel 1973 viene creato il FASB (Financial Accounting Standards Board), un organismo
privato formato da 7 membri full-time: 3 membri da imprese, 3 da prassi professionale ed 1
dall’accademia o da organismi governativi. Già nel 1973 emanano il Conceptual Framework, cioè il quadro
concettuale alla base dell’Accounting. Nel 2004 il FASB e lo IASB annunciano di aver concluso un accordo al
fine di raggiungere la convergenza degli standard contabili e coordinare il futuro programma di lavoro.
Questo accordo fu chiamato NORWALK AGREEMENT (prende il nome dalla sede del FASB). L’idea era che
sul medio termine (nel giro di 5-10 anni) gli standard emanati dai due organismo fossero coordinati, in
sostanza che fossero uguali (questo nel quadro istituzionale). A livello europeo il meccanismo di
omologazione risulta differente: si crea una tensione tra IASB ed Europa. Si applica l’IFRS9 che sostituisce
lo IAS 39.

In questo quadro iniziano a sorgere dei problemi. In particolare, ci sono cinque episodi principali che segnano i
rapporti tra IASB e Unione Europea:
1. Lo IASB si dichiara standard setter mondiale, il cui obiettivo strategico era far sì che anche in America
venissero adottati i principi contabili emanati dallo IASB. L’Europa, quindi, importava relativamente poco.
2. Il problema che incrina maggiormente i rapporti riguarda lo IAS 39, che regola la contabilizzazione degli
strumenti finanziari (dai crediti commerciali ai derivati). Nello IAS 39 viene seguita la prassi anglosassone,
perciò vi sono alcuni passaggi dove la contabilizzazione delle coperture per proteggersi dai rischi viene
trattata in modo diverso da quella che è la prassi contabile delle banche continentali. Nel 2003/04 lo IASB
ed il Presidente della Commissione Europea (all’epoca Romano Prodi) ricevono una lettera dal Presidente
francese Chirac, riguardante lo IAS 39. Le banche francesi non erano d’accordo su alcuni punti di questo
standard (orientato a favorire uno standard contabile tipico anglosassone e non francese). In seguito a
questo episodio, lo IAS 39 venne bloccato dall’EFRAG (a livello tecnico) e dall’ARC (a livello politico) e fu
chiesto allo IASB di revisionare gli aspetti che non andavano bene. I rapporti tra IASB ed UE si rompono.
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Tuttavia, lo IASB era irremovibile: lo IAS 39 fu omologato per l’applicazione sui territori dell’UE escludendo
due punti (quelli contestati dai francesi), creando due Caves out (intagli), ovvero due parti non sono state
omologate perché lo IASB non apportò le modifiche richieste. Negli anni uno dei due Caves out è stato
modificato, ma ancora oggi ne è rimasto uno.
3. L’Europa era il principale cliente dello IASB, ma veniva sempre trattata con sufficienza e con poca
attenzione. Nel 2008 la Commissione parlamentare europea pubblica un rapporto contro lo IASB e sui
principi contabili, accusandolo di mancanza di democraticità al suo interno e controllo democratico
all’esterno. Lo IASB, in risposta alle feroci critiche, si sottomette ed inserisce sopra ai trustees un nuovo
organismo di controllo, il Monitoring Board, composto da istituzioni che fanno parte dei governi(membri
di democrazia dei vari paesi): un membro della Commissione Europea, un membro della SEC, un membro
dell’organismo di controllo della borsa giapponese (Japan Financial Service Agency) e, recentemente, è
entrato il Ministro delle Finanze cinese ed un organismo di controllo complessivo delle banche di Basilea.
Tutte le nomine sono fatte dai Trustees, ma dal 2009/2010 sono approvate dal Monitoring Board. Il
Monitoring Board sta sopra tutti gli altri organismi che compongono lo IASB ed ha il potere di veto su tutto
(es. le nomine dei componenti dello IASB devono ricevere l’ok dal Monitoring Board).
4. Il 15 settembre del 2008 fallisce una delle più grandi banche d’affari di New York, la Lehman Brothers, con
il conseguente crollo del sistema finanziario mondiale. In quell’anno si rovina ulteriormente il rapporto tra
IASB ed UE. Lo IAS 39 (che era stato recepito come anche i due Caves out) diceva che una volta che
un’entità (es. un’impresa) inserisce un certo titolo in una determinata sezione dello SP non lo si può più
modificare. A seconda del diverso inserimento il titolo avrà un diverso trattamento contabile.
[Esempio: se un titolo viene inserito nel box destinato alla negoziazione, questo va valutato al valore di
mercato (fair value) e può sia aumentare che diminuire: queste variazioni finiscono in CE come
plus/minusvalenze. Di conseguenza, se il mercato crolla ed i titoli sono classificati come destinati alla
negoziazione si viene a creare un buco e si annulla il valore dei titoli posseduti].
Negli Stati Uniti, allora, è stata fatta pressione al FASB affinché rendesse tale norma più flessibile. Il FASB,
sotto pressione, cambiò il proprio standard contabile sugli strumenti finanziari, permettendo un cambiamento
nella classificazione dei titoli da “Held to trade” in “Avaibles for sale”. Trasferendo i titoli da titoli per la
negoziazione a titoli genericamente disponibili per la vendita le minusvalenze non vanno più in CE (rimangono
nell’utile): meccanismo del fair value (valore di mercato). A questo punto l’UE richiede allo IASB il medesimo
trattamento, affinché le banche europee non perdano competitività rispetto a quelle americane (le banche
europee si ritenevano svantaggiate rispetto a quelle americane). Inizialmente lo IASB fece resistenza, ma
successivamente cede alla richiesta della Commissione Europea. Lo standard contabile IASB definisce che i
titoli finanziari siano classificati in tre categorie:
➢ HELD TO TRADE, destinati alla negoziazione: implica che questi titoli vanno inseriti in CE, quindi,
influenzano la performance dell’azienda (componente positivo di reddito-non è un ricavo).
➢ AVAIBLES FOR SALE, destinati alla vendita
➢ HELD TO MATURITY, detenuti fino alla scadenza (es. obbligazioni)
Generalmente lo IASB, per emanare uno standard segue una certa procedura (costituita da passaggi
obbligatori), il due process, che garantisce una certa regolarità. Lo IASB cede e approva la variazione dello IAS
39, in particolare il riconoscimento delle perdite. Questa modifica, però, è stata apportata senza seguire il due
process, creando ulteriori dissapori.
5. Un altro fattore è che gli europei sono stati sempre un po' marginalizzati. L’UE fece molta pressione sullo
IAS per cambiare la regola secondo la quale lo IASB non doveva avere rappresentatività geografica. Alla
fine, anche come conseguenza del Parlamento Europeo, con la nuova costituzione riconoscono che anche
lo IASB debba avere rappresentatività geografica: il numero dei componenti dello IASB passa da 14 a 16 (4
europei, 4 del nord-America, 4 dall’Asia ed Oceania, 1 africano, 1 sud-americano e 2 membri “at lunch”),
ma a fine 2017 i membri tornano ad essere 14. Furono inseriti gli americani perché altrimenti la SEC non
avrebbe accettato la creazione della fondazione IASC (Venezia ‘2000), ma la strategia dello IASB, volta ad
accreditarsi il rispetto degli Stati Uniti, si rivelò fallimentare. Grazie, quindi, alla pressione europea furono
stabilite le quote geografiche nello IASB. Tale riforma non soddisfò l’Europa [4 membri: Germani, Francia,
Inghilterra e Olanda (per 10 anni il posto fu occupato dalla Svezia)]
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Nel 2013 circa, dieci anni dopo la collaborazione tra IASB e FASB per garantire la convergenza dei principi
contabili, la SEC decide di annullare il progetto di convergenza degli standard. A questo punto emerge un
problema legato alla rappresentatività geografica dei trustees e dei membri dello IASB poiché erano presenti
molti americani. Nel 2014, lo IASB crea un nuovo organismo al proprio interno, chiamato ASAF (Accounting
Standards Advisory Forum) formato da 12 membri (che si rinnovano ogni 2 anni) che costituiscono i
rappresentanti ufficiali degli standard setter nazionali più importanti. Si tratta ti una mossa politica per cercare
di avvicinare gli standard setter nazionali dei vai Paesi. Nella sua prima riunione l’EFRAG venne chiamato a
rappresentare l’Europa. A livello europeo, inoltre, l’EFRAG viene messo sotto accusa perché rappresenta la
professione contabile e al suo interno non vi è traccia degli standard setter contabili (si pensa che l’EFRAG non
sia più in grado di rispondere alle esigenze contabili europee). Di fronte alla protesta degli organismi contabili
nazionali che emanano principi contabili, la Commissione Europea (marzo 2013) incarica un saggio di fiducia,
Felipe Maystadt, ex presidente della Banca Europea degli investimenti, per cercare di aumentare la presenza
europea sullo IASB ed aumentare la rappresentatività dell’EFRAG. Maystadt pone alla Commissione Europea
tre opzioni: 1. trasformare l’EFRAG; 2. far confluire l’EFRAG nell’ESMA (organismo governativo di
coordinamento delle borse d’Europa), rappresentante dei regulators delle borse europee; o 3. creare una
nuova agenzia europea per la contabilità. La Commissione Europea scelse la prima opzione e alla fine l’EFRAG
venne riformato: venne creato un board molto più rappresentativo, in cui siedono gli standard setter più
importanti a livello europeo (è presente un italiano): 8 membri, di cui 4 fissi (un francese, un italiano, un
tedesco ed un inglese) e 4 a rotazione. Vengono, inoltre, inserite delle autorità pubbliche europee e degli
stakeholder europei (altri 8). Sotto il board venne creato il TEG (Technical Expert Group), che svolge l’analisi
tecnica degli standard, composto da esperti di contabilità, al cui interno erano presenti due italiani. Questa
nuova composizione dell’EFRAG venne approvata e divenne operativa il 1° novembre 2014. Infine, il board dà
l’ok per l’omologazione.

DUE PROCESS E PROCEDURA DI ENDORSEMENT


-La procedura di emanazione degli IAS/IFRS è cadenzata in più momenti consecutivi obbligatori ed è
chiamata due process.
• Anzitutto, vi è una proposta, una base di riflessione che può pervenire da vari promotori e viene
istruita con ausilio di un Technical Staff, muovendo dall’impianto del Framework e delle soluzioni
eventualmente già presenti presso altri organismi nazionali. Dopo una fase fitta di consultazioni
con gli standard setters e previo parere dell’Advisory Council, l’argomento è incluso nell’agenda
ufficiale dello IASB.
• Con l’avvio dei lavori si creano gruppi ristretti (working Group), il cui compito consiste in
un‘analisi più rimarcata dell’oggetto di indagine che può condurre alla redazione di un testo
preliminare ed esplicativo, il discussion paper, su cui si creano i primi commenti (chiunque può
commentare).
• Lo stadio successivo porta all’analisi e alla discussione dei commenti e ad una prima bozza di
principio contabile, l’exposure draft, opportunamente divulgata al fine di ricevere, entro un certo
lasso di tempo (60-90 giorni), osservazioni motivate circa la fattibilità delle soluzioni suggerite.
Una volta acquisito un congruo consenso sul suo contenuto, l’exposure draft sarà approvato (a
maggioranza) dai membri del board e assumerà i connotati di principio contabile. Tale processo
prevede l’intervento di tutti gli stakeholder mondiali e rappresenta la garanzia della qualità dello
standard.
• Infine, lo IASB riserva allo standard un ulteriore periodo di approfondimento: in particolare, dopo
la sua pubblicazione, il documento è monitorato con pareri, incontri o altro, per controllare gli
effetti del nuovo principio, non escludendo correzioni ex post. Il due process può anche
richiedere anni.

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Il 14 ottobre 2008 questo processo viene bypassato per la modifica dello IAS 39: il giorno dopo viene
approvata la modifica dall’EFRAG e dall’ARC ed il 16 ottobre viene pubblicato sulla GUE, divenendo
operativo su tutto il territorio europeo, provocando critiche e tensioni nei confronti dello IASB che sembrava
avesse agito per far fronte al desiderio europeo.

-Parallelamente all’adozione ex lege delle regole contabili internazionali, l’UE ha contemplato un’analitica
omologazione degli standard allo scopo di verificarne la compatibilità con i connotati giuridici ed economici
riscontrabili nel territorio comunitario. Questa procedura è chiamata ENDORSEMENT PROCESS, un processo
di natura tecnica e politica. Nella Comunicazione 359/2000 la Commissione Europea decide che ci saranno
due livelli: le direttive per le aziende non quotate ed un regime più flessibile, basato su standard contabili
(quelli dello IASB) per le società quotate europee. Tale applicazione non fu diretta, ma mediata da un
meccanismo di filtraggio, l’Endorsement Process, volto ad appoggiare gli standard dello IASB o,
eventualmente, a bloccarli. Ogni standard sarà soggetto a tale processo e, una volta passato, diventa legge
europea. A tale processo contribuiscono tre organismi:
1. l’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), organismo indipendente esterno,
originariamente costituito dalla Commissione contabile europea e composto dagli esponenti delle
categorie interessate alla materia dei bilanci, cui pertiene la consulenza tecnica sulle problematiche
annesse allo standard IASB da accogliere (compatibilità tecniche).
Se passa questo primo filtro, lo standard contabile IASB sarà soggetto ad un secondo step:
2. l’ARC (Accounting Regulatory Committee), un comitato all’interno della Commissione Europea,
formato da incaricati degli Stati membri e preposto ad un giudizio politico-governativo circa
l’opportunità o meno di uno stabile inserimento dello standard.
3. Il SARG (Standards Advisory Review Group), che conclude il percorso constatando l’obiettività e la
neutralità dell’operato dell’EFRAG.
L’intero processo viene ratificato in sede parlamentare, tradotto delle 28 lingue dei Paesi membri e poi
sottoposto alla pubblicazione sulla GUE tramite un regolamento europeo. L’unico ostacolo ha interessato i
principi contabili dedicati al trattamento degli strumenti finanziari (IAS 32 e IAS 39): per essi sono state
lamentate alcune perplessità applicative, specialmente nella prospettiva dei bilanci bancari, poi aggirate
grazie a mirati ritocchi apportati dallo IASB e, pertanto, con una convalida di tenore ridotto rispetto alle
versioni originali (Caves out). Nel 2005/2006 viene creato un altro step: lo standard passa dal
4. Parlamento Europeo e successivamente dal 5. Consiglio Europeo.

In Australia (nel 2005) e in Nuova Zelanda (nel 2007) gli standard contabili internazionali dello IASB diventano
immediatamente legge non solo per le imprese, ma anche per il settore pubblico. L’Europa si è dotata di tale
meccanismo per trasformare uno standard privato in legge istituzionale europea (funzione
normativa/istituzionale). La funzione politica consisteva nella possibilità di bloccare lo standard qualora non
fosse compatibile o non venissero rispettati determinati comportamenti.

PRINCIPI CONTABILI IN ITALIA


L’Italia si pone dei problemi nel momento che recepisce la IV e la VII direttive con il D.lgs. 127/1991.
Il D.lgs. 127/1991 è diviso, principalmente, in due parti:
1. quella che recepisce la IV direttiva, relativa alle norme sul bilancio per le singole società
2. e quella che recepisce le norme della VII direttiva, relative al bilancio consolidato.
Le norme sul bilancio per le singole società vengono inserite direttamente nel C.c., mentre la parte relativa al
bilancio consolidato resta nel D.lgs. 127 (resta separata). La IV e la VII direttiva furono, nel corso degli anni,
modernizzate e fatte evolvere con una serie di nuove direttive, modificando il testo delle precedenti
(cambiavano alcuni articoli, ad es. l’art. 4 e5), fino ad arrivare alla direttiva n° 34/2013 (Testo Unico
consolidato delle regole contabili del bilancio delle singole società e del bilancio dei gruppi societari), la quale
unisce la IV e la VII direttiva, tutti gli emendamenti e tutte le modifiche. La direttiva 34/2013 venne recepita
ed applicata in Italia con il D.lgs. 139/2015 (che sostituisce il 127/1191). Il Testo Unico modernizzò il C.c.

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Nel 2001 venne creato l’OIC, l’organismo italiano di contabilità. Il D.lgs. n° 38/2005 recepì il regolamento
europeo 1606/2002 (dei principi contabili internazionali applicati alle società quotate europee) che prevedeva
il processo di omologazione (Endorsement process). La IV e la VII direttiva furono recepite dal D.lgs. 127/1991
ed il regolamento 1606/2002 venne ad essere complementato con il D.lgs. 38/2005, il quale sceglie in merito
alle opzioni concesse dal regolamento europeo 1606/2002, completando il quadro normativo.

Nel 1975 è stato emanato un decreto del Presidente della Repubblica (d.P.R. 136/1975) che regolava la
revisione contabile e all'articolo 4 si enunciava che la revisione contabile veniva svolta secondo “corretti
principi contabili”. In quel momento, però, non si aveva ben chiaro cosa volesse dire tale espressione. A quel
punto, il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti iniziò nel ’73 ad emanare principi contabili, ma si
trattava di un processo appena iniziato. Il giorno dopo della normativa 136/1975 vari organismi affermavano
di emanare corretti principi contabili (es. imprese possedute dallo Stato, associazioni delle società quotate
ecc.). Questa situazione perdura negli anni fino a che la Consob (fondata nel ’74) nel 1982 dichiara che “i
corretti principi contabili” sono quelli emanati dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e stabilisce
che per quanto riguarda le società quotate occorre seguire la legge, poi i principi contabili italiani (da poco
nati) e qualora vi fossero tematiche contabili non trattate, si dovevano seguire i principi contabili emanati dallo
IASC. Il problema dei corretti principi contabili diventa particolarmente importante per le società quotate in
borsa, le quali dovevano produrre il bilancio certificato. In Italia ci fu sempre un’opposizione rispetto ai
principi contabili (questi non hanno uno status giuridico, se non l’art.4 del 136/1975, rappresentante l’unica
base normativa). I dottori commercialisti italiani volevano pieno riconoscimento dei principi contabili. Negli
altri paesi, in particolare Regno Unito (anche Stati Uniti), i principi contabili avevano un ruolo fondamentale. È
necessario ricordare che in Inghilterra la professione contabile faceva le regole. Il Parlamento inglese aveva
un'unica normativa contabile sul bilancio, cioè il bilancio deve fornire una “True and Fair View”, quindi tutto il
resto va lasciato alla professione contabile. In Italia vi è una tradizione contabile di Civil Law, dove la sentenza
di un giudice deve essere conforme alla legge: per fare una legge occorre passare dal Parlamento, mentre, in
Inghilterra si basa sul Common law, dove la legge nasce dalla prassi, il precedente crea una legge (le sentenze).
Quindi, gli studiosi di diritto commerciale italiano affermano che i principi contabili non sono riconosciuti dalla
legge, ma vengono semplicemente menzionati dalla legge. In Italia, quindi, non c'è spazio per i principi
contabili di generale accettazione come negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, infatti, i principi contabili si
chiamano U.S. GAAP ("United Generally Accepted Accounting Principles”). In Italia ciò non è previsto tra le
fonti normative. Quando furono recepite la IV e la VII direttiva (1991) uno degli ultimi articoli del D.lgs.127
riscrive l'art. 4 del d.P.R. 136/1975, modificando una frase: venne eliminata l'espressione “secondo corretti
principi contabili”, quindi scompare l'unico riferimento normativo ai principi contabili. Il governo cerca di
chiarire che i principi contabili hanno rilievo meramente interpretativo della legge (non sono legge), non
hanno rilievo normativo, ma rilievo di prassi. Questa è la relazione del governo che accompagnava il 127/1991
che recepisce la IV e la VII direttiva. Negli anni ‘90 vi è una situazione confusa: si aveva il D.lgs. 127/1991 dei
principi contabili del Consiglio Nazionale dottori commercialisti (che non si capisce che ruolo abbiano) e in più
risultano principi contabili emanati da una commissione totalmente di dottori commercialisti (come se i
principi contabili non fossero di interesse delle imprese, degli analisti finanziari, degli investitori...). Nel
frattempo, in Inghilterra, vi era una commissione di principi contabili ampia (ampia nel senso che raccoglie
diversi interessi, non solo quelle dei professionisti contabili). La Germania, all'inizio degli anni ‘90, si era
anch'essa munita di una commissione di principi contabili ampia, con vari stakeholder, non semplicemente
professionisti. La Francia, invece, aveva istituito l'Autorità delle norme contabili. Nel 2000 si ebbe la seconda
comunicazione della Commissione Europea, nella quale viene indicata la formazione dell’EFRAG (espressione
della professione contabile europea), un organo di consulenza della Commissione europea. Nel 2001, in virtù
del cambiamento avvenuto a livello internazionale con la trasformazione dello IASC in IASB (lo IASC esce
dall’IFAC), venne creata la fondazione di diritto statunitense con sede a Londra. Nel frattempo, la
Commissione Europea formava l’EFRAG e nel 2000/01 sorge il problema di individuare con chi parlare di
materia contabile in ciascun paese membro dell'UE. Il problema in Italia era che c'erano troppi organismi e la
Commissione Europea non sapeva a chi rivolgersi. Nella seconda metà del 2000 un’associazione delle società
per azioni quotate in borsa, l’ASSONIME, prese l'iniziativa e, con molta fatica, arrivò ad un compromesso:

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verrà costituito un organismo che rappresenterà l'Italia in campo contabile, poiché quello creato dal Consiglio
Nazionale dei dottori commercialisti rappresentava soltanto la professione, ma il bilancio interessava ormai
moltissime categorie di lavoratori. Nel 2001 si costituisce un organismo chiamato OIC “Organismo Italiano Di
Contabilità” (che all'inizio si autofinanziava). Inizialmente, l'OIC nasce con quattro livelli di organi al cui interno
sono rappresentati degli organismi e delle associazioni più rilevanti:
assemblea dei fondatori
assemblea dei soci
comitato di gestione e
comitato tecnico scientifico.
Dopo qualche anno dalla sua fondazione, l'OIC iniziò ad emanare principi contabili, ma c'era un problema
poiché non si capiva il loro status giuridico, in quanto non c'era una norma giuridica che li supportasse.
Progressivamente però, l'OIC si irrobustisce, tant'è che 7 anni fa una legge dello Stato ha consentito, nel
momento in cui si depositano i bilanci in camera di commercio, di aggiungere a questo deposito circa 2/2,5€
destinati a finanziamento dell'OIC, che a quel punto disponeva di finanze pubbliche robuste, oltre ai
finanziamenti dei soci. A seguito di ciò, l’OIC cominciò ad avere una certa reputazione fino a diventare uno
degli standard setter più credibili in campo contabile. Una prima conseguenza, in Italia, del regolamento
1606/2002 è la formazione dell'OIC. Nel 2014 il Governo intervenne inserendo due commi all'articolo 9 del
D.lgs. 38/2005, riconoscendo il lavoro svolto dall'OIC e, di conseguenza, il ruolo dei principi contabili nazionali
come interpretazioni ufficiali della normativa contabile (non sostituiscono la legge, ma la implementano). Per
riconoscere il ruolo dell’organismo italiano di contabilità si aggiunsero due articoli al D.lgs. 38/2015. Il D.lgs.
38/2015 sanciva che: “L’organismo italiano di contabilità, istituto Nazionale per i principi contabili: a) emani
principi contabili nazionali ispirati alla migliore prassi operativa per la redazione del bilancio secondo le
disposizioni del C.c.…”. Con questo decreto il Governo opera delle scelte legate alle opzioni concesse dal
regolamento 1606: viene definito il perimetro di applicazione dei principi contabili internazionali. Il
D.lgs.38/2005 complementa, quindi, la nuova situazione posta dal regolamento 1606/2002. Il regolamento
1606/2002 obbligava tutte le società quotate in mercati europei a redigere, del 2005 in poi, il proprio
bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali. Tale regolamento si applicò subito nei paesi
europei (non vi era negoziazione). Il regolamento 1606/2002 lasciava aperto una serie di opzioni che i singoli
stati membri sarebbero stati liberi di adottare o non adottare. IAS/IFRS si applicano obbligatoriamente a tutti i
bilanci consolidati di tutte le quotate europea (dal 1° gennaio 2005). Gli stati membri potevano, in base a tale
Regolamento Europeo del 2002, estendere l'applicazione dei principi contabili internazionali anche al bilancio
delle singole società quotate. La singola società quotata è, nel 95% dei casi, normalmente anche la
capogruppo di un gruppo di società sotto di sé controllate. Il Regolamento Europeo prevede un bilancio
consolidato secondo i principi contabili internazionali per il gruppo di società che fanno capo a questa società,
ma non per il bilancio della singola società quotata (si ha un bilancio della singola società quotata e poi un
bilancio consolidato di gruppo). Per il bilancio della singola società decide lo Stato. [Si può avere il bilancio
consolidato redatto secondo i principi contabili internazionali e poi avere un bilancio delle singole società
redatto secondo le norme contabili nazionali]. Tale estensione non si applica in Francia ed in Germania. Il
bilancio della singola società quotata serve per pagare le imposte per la distribuzione dell'utile (pagamento
dei dividendi). Gli standard contabili IAS/IFRS non sono pensati per pagare imposte o per pagare dividendi. Il
bilancio consolidato serve per offrire al mercato degli investitori la migliore rappresentazione di quella che è la
ricchezza del gruppo, la sua performance. L'estensione del D.lgs. 38/2005 anche al bilancio delle singole
società fu problematica. Tuttavia, ci si è accorti che l'applicazione di questo regime cominciava a creare seri
problemi, sia in termini fiscali sia di coordinamento con la normativa del C.c. che disciplinava la distribuzione
dei dividendi. Il problema sulla distribuzione dei dividendi è sorto perché le società, secondo il criterio di
valutazione al Fair Value degli asset finanziari, non potevano distribuire gli utili sotto forma di dividendi. Il C.c.
italiano permette la distribuzione degli utili sotto forma di dividendi soltanto degli utili effettivamente
realizzati. Utilizzando il fair value, quando il valore di mercato di un asset aumenta, si generano delle
plusvalenze, ma l'asset non è stato venduto. Di conseguenza, questa plusvalenza non è stata realmente
realizzata con uno scambio sul mercato. Non solo, il D.lgs.38/2005 estese ulteriormente l'ambito di
applicazione degli standard contabili internazionali a tutte le banche e a tutte le assicurazioni, ai gruppi non
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quotati (es. Barilla). Per le società quotate l'estensione era obbligatoria, mentre per le società non quotate era
su base volontaria (potevano scegliere se applicare i principi contabili internazionali). Inizialmente il
D.lgs.38/2005 affermava che fosse possibile applicare, su base volontaria, i principi contabili internazionali
anche per le imprese che facevano parte di un gruppo che adottava principi contabili internazionali. Inoltre,
sempre su base volontaria, potevano adottare i principi contabili internazionali, oltre ai gruppi non quotati,
anche le imprese che facevano parte di questi (per ragioni di omogeneità). Inizialmente, per le società che non
facevano parte del gruppo, D.lgs. 38/2005 rinviava ad un decreto ministeriale. Il D.lgs. 38 impediva l'adozione
di principi contabili internazionali alle imprese che adottavano il “bilancio abbreviato”. Nel C.c. vi è una
normativa contabile ed un articolo c.d. del bilancio abbreviato, secondo il quale società particolarmente
piccole possono semplificare il bilancio. Nel 2014 una legge dello Stato modificò il D.lgs. 38/2005, sancendo
che le società singole non quotate potevano redigere il proprio bilancio volontariamente in base agli IAS/IFRS.
Il decreto ministeriale alla fine non fu emanato, ma fu fatta una legge.

Società quotate, enti finanziari vigilati, società con strumenti finanziari diffusi, banche, SIM e SGR→
l'applicazione degli IAS /IFRS è obbligatoria sia per i bilanci consolidati che per i bilanci d'esercizio per le
singole imprese.
Assicurazioni→ IAS/IFRS sono obbligatori per il bilancio consolidato, mentre per quanto riguarda il bilancio
individuale e le assicurazioni sono escluse solo se non si tratta di società quotate che non redigono il
consolidato.
società controllate (anche congiuntamente) e collegate→ l'applicazione degli IAS/IFRS è facoltativa per il
bilancio consolidato e di esercizio.
Società diverse da quelle precedenti e da quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata→ gli
IAS/IFRS sono facoltativi per la redazione del bilancio d'esercizio.
Società che redigono il bilancio in forma abbreviata → sono escluse dall'applicazione dei principi contabili
internazionali.
Riassumendo, gli IAS/IFRS si applicano a tutti i gruppi facenti capo alla società quotata in borsa, ma
obbligatoriamente si applicano ai bilanci delle singole società quotate, alle banche, alle assicurazioni, ai
gruppi non quotati su base volontaria, alle società facenti parte di gruppi non quotati su base volontaria e,
dal 2014, anche ai bilanci delle singole società non quotate su base volontaria. Non si applica la legge al
cosiddetto bilancio abbreviato.
Il passaggio da regole contabili nazionali e regole contabili internazionali richiede (come richiedeva la
normativa italiana) la comparazione fra due esercizi. Siccome il passaggio si ebbe dal 1° gennaio 2005 si viene
a creare una situazione in cui si ha (nel 2004) il bilancio ufficiale redatto secondo le regole contabili italiane ed
il bilancio (nel 2005) redatto secondo i principi contabili internazionali, che però doveva essere comparato con
quello del 2004 (non con le regole italiane, ma con le regole contabili IASB). Nel 2004 le imprese hanno dovuto
fare due bilanci: si è potuto comparare l'impatto degli standard contabili, quello italiano e quello
internazionale.
[Ad es. il patrimonio netto della l'Alitalia cresce del 43%, mentre la Fiat si trova una riduzione del 14%. Il
reddito da netto, passando alle regole contabili internazionali nel 2004, aumenta del 71% per le società
autostrade e del 49% per la Telecom. Passando ai principi contabili internazionali nel 2004 la media è stata un
aumento del patrimonio netto del 10%, mentre più drammatico è l'impatto sul reddito netto con un aumento
del quasi 30% (quindi l'utile aumenta del 30% semplicemente con principi contabili diversi). L'impatto sul ROE
(Ritorno sul capitale netto) è abbastanza importante: aumenta del 3% con il cambio dei principi contabili].

I principi contabili internazionali prevedono, già nel 2014, che gli strumenti finanziari (titoli, derivati,
partecipazioni ecc.) siano valutati al FAIR VALUE, cioè al cosiddetto valore corrente, mentre i principi contabili
italiani del codice civile prevedevano che tali strumenti finanziari fossero valutati al valore storico, cioè il
valore di acquisto. È ovvio che se si utilizza il fair Value spesso i valori di borsa sono più alti rispetto al costo
storico, provocando un aumento del lato attivo, cioè aumenta il patrimonio netto. Un'importante causa di
aumento il patrimonio netto è che l'AVVIAMENTO, [cioè la differenza tra il prezzo di acquisto o di fusione ed il
capitale netto rivalutato: se ti pagano un valore superiore al capitale netto rivalutato è avviamento e va a

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riconoscere tutta una serie di beni intangibili che non trovano riconoscimenti in bilancio], secondo la
normativa italiana, va ammortizzato. L'ammortamento è la ripartizione di un costo a natura pluriennale e non
misura necessariamente il consumo (in quanto posso anche non consumarlo).
Il secondo caso di aumento del Patrimonio Netto è dato dal fatto che l'avviamento contabile iscritto nell'attivo
del bilancio d'esercizio delle aziende quotate non viene più ammortizzato perché, in base alla normativa
contabile internazionale, l'avviamento non va ammortizzato, ma è soggetto ad “un processo di
svalutazione= impairment”. Se l'avviamento non viene più ammortizzato lo stato patrimoniale ha un valore
più alto e produce un effetto anche sul conto economico (non essendoci più la quota di ammortamento): si
ha, quindi, un costo in meno e l’utile è maggiore.

FISCALITÀ APPLICATA AL BILANCIO D'ESERCIZIO


È chiaro che il passaggio da principi contabili italiani a principi contabili internazionali ha prodotto un forte
effetto. Il FAIR VALUE è una costante ri-valutazione di molti asset (a fine esercizio si rivalutano, verso l'alto o
verso il basso, in relazione al valore corrente di titoli, partecipazioni, in molti casi anche immobilizzazioni
materiali). In Italia non si può rivalutare verso l'alto, ma si deve svalutare verso il basso. L'unico modo per
rivalutare verso l'alto è quando ci sono le cosiddette leggi di rivalutazione. In Italia tali leggi, spesso, non sono
emanate per motivi contabili di miglior rappresentazione del bilancio dei valori, mentre sono emanate per
ragioni fiscali, in quanto sul delta di ri-valutazione si pagano le imposte (quindi per far cassa si rivaluta verso
l'alto e sulla differenza si pagano le imposte). Domandandoci quale sia la finalità del bilancio, nella stragrande
maggioranza dei casi, la risposta è il pagamento delle imposte. In tutti i paesi europei si ha una dualità di
regimi contabili. Il D.lgs. 38/2005 non solo introduce nuove opzioni di estensione degli IAS/IFRS, ma modifica
la normativa fiscale. Il principio di base è che un'impresa debba pagare lo stesso ammontare di imposte
indipendentemente dalla normativa contabile seguita (italiana o internazionale). Occorre capire il rapporto tra
contabilità e fiscalità. Tutto ciò che impatto ha sulla fiscalità?
In Italia dal 1973 è stata attuata la riforma del diritto tributario applicato alla contabilità, la cosiddetta riforma
Visentini, che aveva una visione simile a quelle della Germania. In Germania esisteva un principio tale per cui
un costo, per essere riconosciuto ai fini fiscali, doveva per forza comparire in conto economico (principio della
dipendenza rovesciata). In base a questo principio, al fine di ottenere una deducibilità di certi costi, questi
costi fiscali andavano inseriti nel CE sopra dei valori contabili. (Quindi, concettualmente l'imponibile fiscale
deriva da valori contabili, ma questa norma obbliga ad inserirli assieme a quelli contabili). Di conseguenza, si
crea una dipendenza tra bilancio civilistico e la normativa fiscale. Non si tratta di costi ma di agevolazioni
fiscali create per ridurre l'imponibile e pagare meno tasse. Sempre nel ‘73 un ulteriore affermazione modifica
quest'ultima: “i costi non iscritti in conto economico non possono essere deducibili dal punto di vista fiscale”.
Siccome i costi fiscali sono diversi da quelli civilistici, le imprese scrivevano tutti i costi di natura o origine
fiscale in conto economico. Si viene a determinare un’inversione delle due normative: codice civile, conto
economico, normativa fiscale, pagamento di imposte (in realtà era al contrario: normativa fiscale caccia
dentro il conto economico tutti i costi fiscali, perché altrimenti non si può dedurre). Si viene a creare una
relazione inversa tra normativa fiscale e codice civile. Nel 1991 questo principio è stato eliminato con il D.lgs.
127/1991 ed è stato disposto che le agevolazioni andavano inserite direttamente nella dichiarazione dei
redditi e, se proprio si dovevano inserire voci di carattere contabile, queste andavano inserite nel conto
economico alla voce “valori in dipendenza da normative fiscali”. Sostanzialmente, quindi, si cercava di rendere
evidente l'impatto fiscale sul conto economico. Tuttavia, i dottori commercialisti si opposero perché queste
voci comportavano un problema legato al riconoscimento delle IMPOSTE DIFFERITE. L'imposta differita è
un’imposta relativa ad una differenza tra un valore contabile e un valore fiscale della stessa voce. Registrano
quell’ammontare di imposte che emerge come differenza tra le imposte di competenza di un esercizio meno
le imposte da pagare. Le imposte di competenza economica sono quelle che una società dovrebbe pagare
dato l’utile ante imposte (su questo viene applicato il 26-27% e si ottiene l'imposta di competenza). In realtà
non è così perché ci sono gli ammortamenti anticipati, cioè vi sono una serie di normative fiscali che
interferiscono con il calcolo dell'imposta. L'ammortamento anticipato è un’agevolazione fiscale.
L'ammortamento anticipato riduce l'imponibile e quindi abbassa l’imposta. L'imposta da pagare è diversa da
quella di competenza e solitamente è più bassa. Quindi, contabilmente, c'è una differenza tra imposte che

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avreste dovuto pagare, in base al principio di competenza economica se non ci fosse stata un’agevolazione
fiscale, ed imposta che effettivamente si paga. Fino al 2000 la situazione tra contabilità e fiscalità era data
dall’inversione del nesso causale di regole contabili civilistiche e normative fiscali. Nel ‘91, insieme al D.lgs.
127, il legislatore decide di eliminare questa normativa fiscale che creava problemi e di staccare le due
normative: quella civilistica fa il bilancio e la normativa fiscale fa il resto nella dichiarazione dei redditi (il
cosiddetto doppio binario). Questa situazione dura un anno fino all'importazione delle direttive europee alla
fiscalità differita.
Cos'è il principio di competenza economica? I componenti di reddito vengono attribuiti all'esercizio di
competenza, cioè di pertinenza economica. Sostanzialmente, si può avere un costo che nasce in questo
esercizio, ma non tutto il costo è di pertinenza di tale esercizio (Ad es. l'affitto). La competenza economica
vuole che per il calcolo del reddito netto di competenza, nel conto economico vengano riconosciute le
imposte di competenza (non quelle pagate), perché tali agevolazioni fiscali, normalmente, nel corso degli anni
si invertono (mentre all'inizio risparmi imposte, negli anni solitamente è il contrario). [Ad es.: se si fa
l'ammortamento di un cespite con valore di 100 da ammortizzare anziché in 10 in 5 anni, si ha che per 5 anni
si pagano meno imposte e nei successivi cinque l'ammortamento fiscalmente riconosciuto è pari a zero (quindi
si paga di più rispetto all’ammortamento civilistico). L'ammortamento civilistico è 10 per ogni anno per 10
anni. Questo disallineamento tra imposte di competenza ed imposta pagata nel tempo si inverte, finisce
l'agevolazione fiscale e si pagano più imposte: non è una cancellazione di imposta, ma un differimento di
imposta.
[Esempio. La svalutazione dei crediti costituisce un costo e viene fatta secondo criteri stabiliti dalla legge
fiscale italiana. Nella redazione del bilancio vige il principio della competenza economica quindi la perdita,
indipendentemente dalla sua entità, va a finire nel capitale netto. Dal punto di vista fiscale, la situazione è un
po' diversa perché magari l'entità della svalutazione è troppo grande e questa è concessa soltanto per
determinate percentuali. Quindi, esiste un valore della perdita contabilmente riconosciuto ed un valore
fiscalmente riconosciuto. L’imponibile tiene conto del valore fiscale. Se non è possibile riconoscere queste
perdite dal punto di vista fiscale succede che l'imponibile è più alto del reddito d'esercizio perché non posso
dedurre un costo. Di conseguenza, pagherò più imposte, rispetto al principio della competenza economica, che
non avrei dovuto pagare]. Quindi ci sono due imposte:
▪ imposte di competenza economica
▪ imposte correnti che risentono del fatto che in quell'esercizio, per ragioni fiscali, non ho potuto
dedurre un costo: ho pagato più imposte rispetto a quelle che avrei dovuto pagare in base al principio
di competenza economica e si tratta di IMPOSTE ANTICIPATE o DIFFERITE ATTIVE.
Quindi, la nuova regola del 127/1991 - doppio binario- impone, sostanzialmente, che ci sia un calcolo delle
imposte dovute nella dichiarazione dei redditi, ma dopo tale Imposta è chiaramente disallineata rispetto
all'imposta di competenza, creando una differenza tra i due valori dell’imposta, cioè un’imposta differita.
L'IMPOSTA DIFFERITA PASSIVA si ha quando hai pagato meno imposte rispetto a quelle di competenza
economica. IMPOSTA DIFFERITA ATTIVA (detta anche IMPOSTA ANTICIPATE) si ha quando paghi più imposte
(finita l'agevolazione fiscale) rispetto a quelle che avresti dovuto pagare.
Tuttavia, a un certo punto la norma agevolativa finisce. [Ad esempio: ogni anno possono ammortizzare il 25%
di un cespite secondo la normativa fiscale. Dopo il quarto anno non lo posso più ammortizzare, quindi la
normativa agevolativa fiscale finisce dopo 4 anni. Grazie a questa norma si accumulano imposte differite
passive, cioè risparmio delle imposte perché pago di meno. Contabilmente, invece, ammortizzo questo cespite
secondo criteri economico-aziendali. Al quinto anno l'ammortamento fiscale termina, ma quello civilistico va
avanti e non può essere riconosciuto a livello fiscale. Di conseguenza, la quota di ammortamento è un costo
contabile= il reddito imponibile più alto e pagherò maggiori imposte. In conclusione, con le imposte differite
passive recupererò le imposte che avevo risparmiato in precedenza. Nel 1993 sono state cancellate le due voci
del conto economico. Di conseguenza le agevolazioni fiscali sono ritornate nel conto economico. Una decina di
anni dopo con il decreto legislativo 38/2005 è stato “pulito” il conto economico: tutte le variazioni di carattere
fiscale apportate a valori contabili possono essere effettuate direttamente nella dichiarazione dei redditi. Si
separa, quindi, la parte contabile da quella fiscale. Dopo un paio di anni, anche in questo caso, sono sorte
delle lamentele. I commercialisti hanno iniziato a lamentarsi perché nella dichiarazione dei redditi un quadro
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era dedicato alle variazioni di carattere fiscale rispetto ai valori contabili, che non è semplicissimo da tenere e
serve del personale adeguato e competente. Questo problema delle imposte differite attive e passive
generava una grande complessità di calcolo che i commercialisti italiani non erano disposti a mantenere. Nel
1994-95 i commercialisti italiani chiedono al Parlamento di cancellare il doppio binario, in quanto comportava
un doppio calcolo delle imposte e soprattutto il problema di riconciliare l'imposta di competenza, quella
dovuta e le imposte differite. La nuova legge elimina il doppio binario (cioè la differenziazione tra normativa
contabile e fiscale), quindi il bilancio e la dichiarazione dei redditi, introducendo un nuovo concetto. Quindi dal
‘95 al 2005 si ritorna al passato con un inquinamento fiscale del conto economico. Nel 2005, in occasione del
D.lgs. 38, si introduce il concetto di derivazione, cioè rapporto di contabilità e fiscalità basato sul principio di
derivazione. La fiscalità deve, quanto più possibile, rispettare le determinazioni contabili, cioè il bilancio
contabile. La fiscalità si basa su quello che emerge dal bilancio civilistico dal bilancio IAS/IFRS. Secondo tale
criterio, i valori fiscali derivano dai valori civilistici: vengono tolte quasi tutte le variazioni fiscali per far
convergere quanto più possibile l'imponibile fiscale verso il valore civilistico.
Principio di derivazione: Il problema era che alcune normative introdotte nel 2005 erano diverse dalla
normativa civilistica e da quella IAS/IFRS. [Es. secondo il codice civile italiano l'avviamento va ammortizzato in
un periodo che va dai 5-10 anni; secondo IAS/IFRS l'avviamento non va ammortizzato, ma è soggetto a
svalutazione non periodica, mentre secondo la normativa fiscale va ammortizzato in 18 anni]. Negli anni viene
introdotto il principio di derivazione rafforzata. Il problema era che in molti casi i principi fiscali, ad esempio
di imputazione dei costi, erano diversi dai principi di imputazione civilistica contabile. Il principio di
competenza economica (principio economico-aziendale) guarda alla sostanza della cosa e porta a
contabilizzare determinati costi o ricavi in determinati modi. Fino a qualche anno fa esistevano (ed esistono
ancora) principi fiscali di competenza, ossia la competenza fiscale, diversa dalla competenza economica.

Il principio di competenza economica è un principio su cui si basa la costruzione del conto economico (perché
ricavi di competenza/costi di competenza). Quindi, senza tali principi non è possibile costruire il conto
economico. Se la normativa fiscale ha principi di competenza fiscale differenti da quelli di competenza
economica si va in difficoltà. Quindi 2-3 anni fa venne emanato un nuovo regolamento nel quale si inizia a
parlare di principio di derivazione rafforzato. A questo punto la derivazione dei valori del conto economico
dentro la dichiarazione dei redditi è rafforzata, perché principi fiscali di competenza economica di inerenza e
tutta una serie di principi fiscali che servono per la determinazione dell'imponibile si allineano ai principi
contabili. Il principio di derivazione rafforzato sancisce che i principi fiscali di tassazione economica seguono
quelli contabili. Risulta essere un passaggio importantissimo, in quanto in precedenza, la competenza fiscale
prevedeva che se un costo non fosse sicuro non era possibile dedurlo (costo non sicuro vuol dire non
documentato, approvato ecc.). La competenza economica, invece, prevede che se un costo è di competenza
questo va inserito in conto economico, mentre se non è di competenza non va inserito in conto economico. Le
direttive europee sono, progressivamente, allineate agli IAS/IFRS, quindi, nel passaggio dal 127/1991 al
38/2005 e, ora, al 139/2015 è possibile vedere l'allineamento progressivo della normativa civilistica alle
direttive europee, ma quest'ultime sono volutamente portate vicine ai principi contabili internazionali. Questo
processo di IASsizazione del codice civile italiano è un processo in atto ormai da anni. Si tratta di un processo
di allineamento progressivo delle normative contabili europee dei singoli paesi rispetto ai principi contabili
internazionali.

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QUADRO ISTITUZIONALE DELLE REGOLE CONTABILI e D.LGS. 139/2015


In Europa si attua il processo di omologazione che porta il Parlamento Europeo ed il Consiglio Europeo ad una
traduzione dello Standard nelle 28 lingue dei Paesi membri dell'UE e alla pubblicazione sulla GUE, tramite
regolamento. La Commissione Europea emana ulteriori direttive, non immediatamente applicabili sul
territorio europeo che, una volta approvate dal Parlamento e dal Consiglio europeo, diventano leggi
obbligatorie per ciascun Stato membro (che, a loro volta, devono recepire tramite un atto legislativo
nazionale). Il C.c. italiano viene “IASsizzato”: avvicinamento delle direttive europee ai principi contabili
IAS/IFRS, con la conseguenza che le leggi di recepimento negli ordinamenti nazionali delle direttive europee di
carattere contabile portano le legislazioni nazionali molto vicine agli IAS/IFRS. I principi contabili nazionali
emanati dall'OIC vengono poi adottati dalla nuova normativa. Dal ‘73 in poi c'è stata un'evoluzione del
rapporto di dipendenza rovesciata (le regole civilistiche dipendevano dalle regole fiscali). Nel ‘91 vi fu
l'istituzione del doppio binario (le due legislazioni viaggiavano su documenti diversi: bilancio e dichiarazione
dei redditi). Questo doppio binario creava calcoli sempre più complessi per rendere compatibili i due sistemi
(pur essendo separati hanno un punto di congiunzione dato delle imposte differite) e per questo motivo
venne abolito. Successivamente fu utilizzato il D.lgs. 38/2005 per istituire il PRINCIPIO DI DERIVAZIONE→ la
fiscalità segue la contabilità (dalle regole contabili si derivano i numeri per il calcolo dell'imponibile). Si crea un
certo allineamento tra regole civilistiche e fiscali. Tale principio, negli ultimi 2-3 anni è stato rafforzato, si
parla, infatti, di PRINCIPIO DI DERIVAZIONE RAFFORZATA→ anche nei principi generali si è cercato di
allineare, secondo il principio di competenza economica, le regole fiscali a quelle contabili.
-Il D.lgs. 139/2015, che recepisce la Direttiva 34/2013, ha introdotto nel nostro ordinamento numerose novità
relative alla predisposizione dei bilanci d’esercizio e dei bilanci consolidati: La direttiva 34/2013 ha revisionato
le precedenti IV e VII direttiva unendole per poi formare un Testo Unico delle direttive contabili. L'Italia ebbe
due anni di tempo per traslare questa direttiva nell'ordinamento internazionale italiano. Le modifiche della
direttiva 34/2013 derivano degli standard contabili internazionali, quindi la Commissione Europea ha utilizzato
una doppia strategia:
• la società quotate seguono i principi contabili dello IASB;
• il diritto contabile “comune”, invece, viene influenzato dalle direttive europee. Tuttavia, queste
direttive richiamano quanto stabilito degli standard dello IASB, creando un percorso (un processo) di
‹‹IASsizazzione››.
Il D.lgs. 139 riforma molti articoli del C.c., cioè gli articoli relativi alla contabilità: cambiano le regole del
bilancio d'esercizio, alcune regole di bilancio consolidato, alcune regole di bilancio delle imprese assicurative,
alcune regole di bilancio degli intermediari bancari e si adegua un giudizio di coerenza del revisore. Vengono
modificati i limiti per poter accedere a delle forme semplificate di bilancio. Ordinariamente viene redatto
secondo le regole del C.c., ma viene introdotta una nuova categoria, quella delle imprese micro. Le imprese
micro sono quelle che hanno un totale attivo non superiore a €175.000, ricavi netti non superiori a €350.000 e
con un numero medio di dipendenti durante l'esercizio non superiore a 5. Se non vengono superati due di
questi tre criteri si ha una microimpresa, con un bilancio molto semplificato. Per accedere al bilancio c.d.
abbreviato vengono modificati dei limiti: le cosiddette soglie dimensionali. Le nuove soglie dimensionali sono
totale attivo 4.400.000 euro, ricavi netti non superiori a 8.800.000€ e numero medio di dipendenti durante
l'esercizio non superiore a 50. Basta non superare due delle tre soglie dimensionali per poter accedere ad un
bilancio semplificato, dove viene semplificata la nota integrativa, gli schemi di bilancio e la relazione sulla
gestione viene eliminata. Vengono modificati i principi cardine di redazione del bilancio e viene introdotto il
PRINCIPIO DI RILEVANZA, cioè la traduzione del principio di materialità, come ideale completamento del
principio di rappresentazione veritiera e corretta (presente nel quadro concettuale dello IASB)→ materiality,
cioè la rilevanza. Ferma restando il principio base dell'art. 2423 comma 2 relativo alla rappresentazione
veritiera e corretta della situazione economica finanziaria e patrimoniale (traduzione del True and Fair View
del 127/1991), viene introdotto a complemento il principio di rilevanza, cioè rilevanza di una voce che ha un
effetto semplificativo e rilevante sui dati di bilancio e, quindi, sul processo decisionale dei destinatari
dell'informazione. Viene riscritto il PRINCIPIO DI SOSTANZA, conosciuto prima come principio della prevalenza
della funzione economica. In gergo contabile questo principio è anche conosciuto come principio della
prevalenza della sostanza sulla forma, cioè la rappresentazione in bilancio deve essere conforme alla
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sostanza dell'operazione, non alla forma. La democrazia è fondata sulla forma. Così riscritto viene abolita la
funzione economica (che non si capiva cosa volessi dire) e si parla di principio di sostanza (prevale sulla forma-
art. 2423 bis).
Le nuove disposizioni si applicano alle società per azioni, alle società in accomandita per azioni, alla società a
responsabilità limitata, alle società in nome collettivo e alle società in accomandita semplice, qualora i soci
siano società di capitale. Tra le novità, sono stati modificati i prospetti dello SP e del CE ed è obbligatorio il
rendiconto finanziario come schema primario del bilancio. Le novità, inoltre, riguardano anche i principi
generali di redazione del bilancio, la rilevazione iniziale di alcune poste, i metodi di valutazione e informazioni
da descrivere nella nota integrativa e nella relazione sulla gestione. Il D.lgs. 139/2015 ha modificato le norme
relative a:
➢ Redazione di bilancio. Vi sono due importanti modifiche riguardo l'art. 2423: 1) il concetto di bilancio
civilistico viene modificato. Secondo il codice civile si compone di tre documenti: stato patrimoniale, conto
economico e nota integrativa. La relazione sulla gestione è a corredo del bilancio. Tale concetto viene
modificato, a seguito del D.lgs. 139/2015, e gli amministratori devono redigere il bilancio d'esercizio,
costituito da SP, CE, dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa. Si aggiunge, quindi, Il rendiconto
finanziario (flussi di cassa in entrata in uscita) che, in molti casi, non viene redatto. Inoltre, l'articolo 2423-
comma 3 sancisce che “non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione,
presentazione ed informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una
rappresentazione veritiera e corretta” (principio di rilevanza). Sempre in tema di composizione del bilancio
vengono abrogati I CONTI D'ORDINE: residuo dell'approccio contabile italiano dove si mettevano in calce
(sotto) allo SP dei promemoria su, ad es., i beni dell'azienda presso terzi o viceversa (un tipico esempio di
bene di terzi presso l'azienda sono i beni in leasing). Hanno tipica informazione dei conti d'ordine le
fideiussioni: dei rischi finanziari presi dall'azienda verso terzi e dei rischi finanziari presi da terzi a favore
dell'azienda. La fideiussione è una garanzia (tutti gli importi andavano scritti nei conti d'ordine). Adesso
queste informazioni vengono ricomprese nella nota integrativa. Rimangono fermi gli obblighi in tema di
regolare tenuta delle scritture contabili.
➢ PRINCIPI DI REDAZIONE DEL BILANCIO. Nella redazione del bilancio devono essere osservati vari principi
tra cui: 1. La valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza nella prospettiva della
continuazione dell'attività (Principio del Going Concern, presente anche nel Conceptual Framework dello
IASB).
2. la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell'operazione del
contratto. Questo comma introduce il PRINCIPIO DELLA SOSTANZA SULLA FORMA (substance over form),
come riferimento della rappresentazione di bilancio. La sostanza (economica) andrà riferita al contratto o
all'operazione cui si riferisce in luogo della fruizione economica delle voci.
[Es. nel caso del sale&Lease back (che è un'operazione finanziaria con cui una parte cede un bene (es. un
macchinario) in proprietà a una società finanziaria (società di leasing) da cui ottiene il godimento del bene
stesso in leasing e la possibilità di riscattare il bene in questione ad una specifica data futura) il
macchinario dato in garanzia non si muove dalla società e di conseguenza rimane nello SP].
➢ RENDICONTO FINANZIARIO. L'articolo 2425-ter è stato aggiunto nel C.c. con il D.lgs.139/2015 perché
prima il rendiconto finanziario non faceva parte dei documenti di bilancio. Dal rendiconto finanziario
risultano, per l'esercizio a cui è riferito il bilancio e per quello precedente, l'ammontare e la composizione
delle disponibilità liquide, all'inizio e alla fine dell'esercizio, e i flussi finanziari (variazioni finanziarie)
dell'esercizio derivanti dall'attività operativa, da quelle di investimento, da quella di finanziamento, ivi
comprese (con autonoma indicazione) le operazioni con i soci. Il rendiconto finanziario, previsto dal C.c., è
quello previsto dallo IAS 7.
➢ MODIFICA AGLI SCHEMI DI STATO PATRIMONIALE E CONTO ECONOMICO: Il bilancio in Italia, come in
Germania e in Francia, segue uno schema rigido. Le voci vanno calcolate con un ordine prestabilito anche
al fine di favorire la comparabilità dei dati. Stato patrimoniale e conto economico derivano dalla IV
direttiva del ‘78, la quale aveva preso tali schemi di bilancio dal famoso avant-projet (Elmendorf).
→ CE: Nel conto economico vengono inserite alcune voci: nella classe C degli ONERI E PROVENTI
FINANZIARI (componenti positivi di reddito), relative ai proventi che derivano da rapporti con imprese
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sottoposte al controllo delle controllanti; nella classe D vengono introdotti delle voci su ONERI E
PROVENTI derivanti dalla VARIAZIONE DI VALUTAZIONE DEI DERIVATI (cioè contratti relativi a beni
sottostanti che proteggono dai rischi), mentre la classe E degli ONERI E PROVENTI STRAORDINARI viene
abolita (dato che non nello IAS 1 non esistevano). Dopo il 139/2015 occorre evidenziare in nota integrativa
gli elementi di ricavo di costo di “natura eccezionale”. Negli schemi dello IASB, in particolare lo IAS 1, gli
oneri e proventi straordinari non esistono: si eliminano per il processo di IASsizazzione. Se si ha un onere
straordinario occorre inserirlo negli altri costi. [Il conto economico rimane a VALORE DELLA PRODUZIONE
(classe A) - COSTI DELLA PRODUZIONE (classe B)].
➔ SP: Una prima importante modifica è che nella classe BI3- IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI (attivo):
viene eliminato il riferimento ai COSTI DI RICERCA E PUBBLICITÀ (tali costi non possono più essere
capitalizzati nello SP). Nel D.lgs. 127/1991 si potevano capitalizzare i COSTI DI RICERCA, SVILUPPO E
PUBBLICITÀ. Dal 2015 si possono capitalizzare solo i COSTI DI SVILUPPO. Nello IAS 38 non è possibile
capitalizzare costi di ricerca e pubblicità, ma solo quelli di sviluppo con determinate caratteristiche
restrittive (di credibilità, di finanziabilità ecc.) e se relativi ad un prodotto ad un processo in corso di
sviluppo definito e misurabile. Il progetto cui questi costi si riferiscono deve essere realizzabile ed
occorre avere le risorse per completarlo e realizzarlo. Altro aspetto è relativo al fatto che i costi di
sviluppo devono essere recuperabili: grazie a questi costi di sviluppo si ottiene un prodotto/un
processo che permetterà di ottenere dei ricavi in futuro, tali da coprire i costi di sviluppo. Se non
possiedono tali caratteristiche non sono capitalizzabili. La capitalizzazione va approvata dal Collegio
Sindacale. Il principio contabile dell’OIC allinea la possibile capitalizzazione dei costi di sviluppo in Italia
a quella dello IASB- IAS 38.
Viene aggiunta una voce per I DERIVATI ATTIVI nelle IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE - BIII2 ed una
per i DERIVATI PASSIVI che vengono compresi nei fondi rischi e oneri (nella voce del passivo). I derivati
vanno valutati al Fair Value, cioè al valore corrente. Scompare la voce AGI/ DISAGI OBBLIGAZIONARI
(differenze di emissione delle obbligazioni), ad es., quando si emette un’obbligazione al di sotto del
valore nominale. Viene eliminata perché con riferimento allo IAS 39 (ora IFRS9) tutti questi
crediti/debiti vengono valutati con un nuovo criterio, il criterio del COSTO AMMORTIZZATO.
➢ Disciplina delle AZIONI PROPRIE. BIII4-IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE: sono azioni acquistate dalla
società che le emette. Spesso le società ricorrono a tale tecnica, principalmente, per due motivi: un
motivo economico, in quanto acquistandole si restituisce denaro ai propri azionisti/investitori ed un
motivo psicologico, in quanto se la società ha dei programmi “to buy back”, questi servono per dare un
messaggio al mercato (la società crede in sé stessa al punto di comprare le proprie azioni). Prima del
D.lgs.139 le azioni proprie venivano inserite tra le immobilizzazioni finanziarie dell'attivo. Con il
D.lgs.139/2015 l'acquisto di azioni proprie comporta una riduzione patrimonio netto di eguale importo
(perché la società restituisce i soldi agli azionisti, è come se annullasse quelle azioni), tramite l'iscrizione
nel passivo del bilancio di una specifica voce, con segno negativo. Diminuendo il capitale netto il ROE
(reddito netto/ capitale netto) sale, a parità di reddito netto, perché il denominatore diventa più piccolo.
➢ AMMORTAMENTO DELL'AVVIAMENTO. L'avviamento è il valore contabile ri-valutato (prezzo di acquisto-
capitale netto rivalutato). È possibile che vi sia un avviamento negativo (se il prezzo di acquisto è inferiore
al capitale netto rivalutato). L’avviamento, prima del D.lgs. 139, doveva essere ammortizzato in 5 anni o in
un periodo limitatamente superiore (secondo i principi contabili da 5 a 10 anni). Adesso, secondo il codice
civile, l'ammortamento dell'avviamento va effettuato secondo la sua vita utile, fino a quando si ritiene
possa produrre un componente positivo di reddito. Lo IAS 38 è contrario alla capitalizzazione dei beni
immateriali o intangibili internamente generati/prodotti (marchi, brevetti...) [es. il valore del marchio
Coca-Cola non risulta in stato patrimoniale]. L'avviamento è una promessa di risultati futuri, però
derivante dall'esistenza di molti beni immateriali che non trovano riconoscimento nello SP contabile.
L’IFRS 3 dice che l'ammortamento non va ammortizzato. Secondo la nuova norma se non fosse possibile
stabilire la vita utile dell'avviamento si ipotizza essere al massimo 10 anni. Ammortizzare vuol dire
sistematicamente ripartire un costo annualmente, mentre la svalutazione si effettua solo una volta.

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➢ VARIAZIONE NEI CRITERI DI VALUTAZIONE. Introduzione del C.c., art. 2426 n°4, del criterio del fair View. Il
criterio generale del codice civile è il COSTO STORICO. Se il costo storico ha carattere pluriennale andrà
ammortizzato e, eccezionalmente, può essere anche svalutato [Costo storico: il costo sostenuto è il valore
del bene]. Il fair value, invece, comporta l'aggiornamento del valore del bene, al termine di ogni esercizio,
per allinearlo al valore di mercato: significa che ogni anno c'è una Ri-valutazione dei derivati (il fair value
viene esplicitamente previsto per la voce dei derivati). Per i derivati (che sono contratti) il cui valore oscilla
continuamente, non si richiede un investimento netto iniziale: il derivato viene regolato in moneta alla
data della sua scadenza. Se il derivato si usa per coprirsi dal rischio di cambio (euro, dollaro, yen ecc.) si
parla di derivati di protezione/di copertura del patrimonio. L'utilizzo di derivati a fini speculativi è
altamente sconsigliabile per le imprese industriali. Quindi, con il fair value è la prima volta che si deroga al
principio generale del costo storico= è il tetto della valutazione di un bene: puoi stare sotto, perché è
possibile avere delle svalutazioni, ma non puoi stare sopra. È possibile andare sopra il costo storico se c'è
una legge speciale del Parlamento, ossia la legge di rivalutazione (tranne ora con i derivati, al valore di
mercato). Altro importante nuovo criterio di valutazione è il costo ammortizzato, tramite cui la rilevazione
iniziale di un'attività o di una passività finanziaria (o anche i crediti/debiti superiori ad un anno) si modifica
nel tempo per ammortizzare gli oneri di proventi iniziali sostenuti. Il costo ammortizzato è un metodo che
consente di spalmare nel tempo la differenza tra valore iniziale e rimborso finale. È un metodo più
razionale perché tiene presente che i flussi finanziari vengono spalmati lungo tutta la vita utile.

➢ Criteri di valutazione. Il decreto del 2015 ha modificato i criteri di valutazione di alcune poste in
bilancio, in particolare:
▪ le immobilizzazioni rappresentate da titoli (titoli obbligazionari) sono rilevati in bilancio con
il CRITERIO DEL COSTO AMMORTIZZATO, ove applicabile. Il costo ammortizzato non è il
costo storico, ma è il costo di acquisto o di produzione.
▪ Se è presente una rettifica di valore dell'avviamento, cioè se si svaluta l'ammortamento non
lo si può rivalutare. Le immobilizzazioni, se sono venuti meno i motivi della riduzione di
valore, possono essere riportate al valore prima della svalutazione, ma non è possibile
effettuare quest'operazione alle rettifiche di valore relativo all’ammortamento.
▪ Le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono
essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, o al costo storico (costo di
acquisto + oneri accessori) oppure per un importo pari alla corrispondente frazione del
patrimonio netto riferito alla data di acquisto o risultante dall'ultimo bilancio delle imprese
medesime, detratti dividendi ed operate le notifiche richieste dai principi di redazione del
bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli
articoli 2423 e 2423-bis .
▪ I costi di impianto e di ampliamento, i costi di sviluppo aventi utilità pluriennale possono
essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del Collegio Sindacale. I costi di
impianto e ampliamento si ritengono siano costi necessari per lo sviluppo dell'impresa. In
precedenza potevano essere capitalizzati, cioè trattati come elementi dell'attivo dello SP,
anche i costi di ricerca e di pubblicità (lo IAS 38 prevede il medesimo trattamento
contabile).
▪ L'ammortamento dell'avviamento è effettuato secondo la sua vita utile. Nei casi eccezionali
in cui non è possibile stimare attendibilmente la vita utile, sono ammortizzati per un
periodo non superiore a 10 anni.
▪ La rilevazione dell’agio e del disagio sui prestiti non esiste più, ma fa parte del calcolo del
costo ammortizzato.
▪ I crediti e i debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato,
tenendo conto del fattore temporale e, per quanto riguarda i crediti, del valore di
presumibile realizzo.

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▪ Le attività e le passività monetarie in valuta sono iscritte al tasso di cambio a pronti alla data
di chiusura dell’esercizio; i conseguenti utili e perdite su cambi devono essere imputati al CE
e l’eventuale utile netto dev’essere accantonato in un’apposita riserva non distribuibile fino
al realizzo. Le attività e le passività devono essere iscritte al cambio vigente al momento del
loro acquisto.
▪ Gli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri strumenti finanziari, sono
iscritti al Fair Value. Le variazioni del fair value sono imputate al CE oppure, se lo strumento
copre rischio di variazione dei flussi finanziari attesi di un altro strumento finanziario o di
un'operazione programmata, direttamente ad una riserva positiva o negativa di patrimonio
netto. Tale riserva è imputata al conto economico nella misura e nei tempi corrispondenti al
verificarsi o al modificarsi dei flussi di cassa dello strumento coperto o al verificarsi
dell'operazione oggetto di copertura. I derivati vengono utilizzati non con un fine
speculativo, ma per proteggersi dei rischi finanziari. Gli elementi oggetto di copertura,
contro il rischio di variazione dei tassi di interesse o di tassi di cambio o dei prezzi di mercato
contro il rischio di credito, sono valutati simmetricamente allo strumento derivato di
copertura. Si tratta di una norma molto complessa, in particolare per le piccole e medie
imprese che le devono applicare.

Il Fair value è determinato con riferimento a:

a) al valore di mercato, per gli strumenti finanziari per i quali è possibile individuare facilmente un
mercato attivo. Qualora il mercato non sia facilmente individuabile per uno strumento, ma possa
essere individuato per i suoi componenti o per uno strumento analogo, il valore di mercato può
essere derivato da quello dei componenti o dello strumento analogo;
b) al valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accettati, per gli strumenti
per i quali non sia possibile individuare facilmente un mercato attivo. Tali modelli e tecniche di
valutazione devono assicurare una ragionevole approssimazione al valore di mercato. L'articolo
riguardante la relazione sulla gestione è integrato con D.lgs. 254/2016, entrato in vigore il 25 gennaio
2017.

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CONCEPTUAL FRAMEWORK
I principi contabili sono ormai adottati in tutto il mondo (in 140 paesi tranne gli Stati Uniti). Al punto
6 della prefazione si descrivono gli obiettivi dello IASB in particolare, nel punto sei a viene espresso il
primo obiettivo principale dello IASB→ sviluppare nell'interesse pubblico un set unico di standard
per il bilancio economico finanziario di alta qualità, comprensibili, che possono essere fatti valere
(applicabili) e accettati globalmente. Questi standard richiedono un'informativa di ALTA QUALITÀ,
TRASPARENTE e COMPARABILE nei prospetti di bilancio e in altri documenti di reporting finanziario
per aiutare gli investitori, gli altri partecipanti al mercato di capitali ed altri interessati/utilizzatori
dell'informativa finanziaria a prendere decisioni economiche. Lo spirito dello IASB è quello di aiutare
gli investitori. Il framework (che tecnicamente significa cornice) è un quadro concettuale: approvato,
inizialmente, nel 1989 è stata iniziata una revisione nel 2010 ancora da completare. Il Conceptual
framework serve:
✓ per definire l'obiettivo del reporting ec-finanziario del bilancio,
✓ per definire le caratteristiche qualitative di un’informatica ec-finanziaria utile,
✓ per definire, riconoscere e misurare gli elementi costitutivi dei prospetti ec-finanziari
(tipicamente stato patrimoniale, conto economico e rendiconto finanziario),
✓ per definire i concetti di capitale di mantenimento del capitale.
È in atto un aggiornamento del Conceptual framework (a pezzi). Due/tre anni fa emanarono una
bozza del Conceptual framework (per ottenere i commenti), nella quale scompare il principio
secondo cui il bilancio serve anche per chiarire come sono state utilizzate delle risorse dagli agenti
economici, cui quelle risorse sono state affidate, cioè i manager (il concetto di “stewardship”). Venne
eliminato anche il concetto di prudenza. Il mondo contabile reagisce male ed impone il reinserimento
dei due concetti eliminati. In molti paesi il concetto di prudenza è alla base della contabilità: significa,
sostanzialmente, riconoscere i costi il prima possibile in base al principio di prudenza.
Capitolo 1: OBIETTIVO FINANCIAL REPORTING
OB2→ Secondo lo IASB “l'obiettivo del Financial reporting con finalità generali (bilancio di pubblica
utilità rivolto a tutti, senza scopi particolari), è di fornire informazioni ec-finanziarie sull'entità che
produce il bilancio utili a: 1) investitori, attuali e potenziali (cioè quelli che hanno già investito
sull’azienda o che potrebbero investire),2) leaders: cioè coloro che forniscono capitale a titolo di
debito e 3) altri creditori, per prendere decisioni relative alla fornitura di risorse a quelle entità (che
ha prodotto Il bilancio). Queste decisioni riguardano la vendita, l'acquisto o il mantenimento di
strumenti o di capitale netto e/o di debito”.
La IASsizzazione del C.c. è utile quando capiamo che gli IAS/IFRS sono utili agli investitori. Il C.c. viene
emanato nel 1942: vi sono poche regole in materia di bilancio estremamente prudenti. Il legislatore,
nel ’42, disciplinava il bilancio cercando di proteggere le banche, cioè i finanziatori, non gli investitori.
Per una banca è migliore una “stima prudente” del capitale, in quanto non vengono sovrastimati i
valori degli asset di cui dispone un'azienda. Il codice civile è ispirato al principio di prudenza per
favorire la valutazione delle banche, preserva l'interesse informativo delle banche, in quanto l'Italia
ha un sistema banco-centrico (cioè il principale strumento di finanziamento delle imprese sono le
banche). In paesi in cui il meccanismo finanziario principale per lo sviluppo delle imprese è la borsa,
quindi gli investitori, occorre capire il reale valore dell'azienda (non valore prudenziale). Il fair value
di un asset interessa, quindi, gli investitori, mentre alla banca interessa il costo storico.
OB9→ anche il management è interessato, ma è chiaro che il primario interesse è quello degli
investitori.
OB3→ il bilancio deve far capire gli investitori quali siano i ritorni che possono spettare da questi
investimenti di strumenti finanziari, o di equity (capitale netto) o di debito (ad es. dividendi,
ritorno/rimborso del capitale, pagamento di interessi o plusvalenza borsistica). Queste attese degli
investitori, finanziatori e degli altri creditori sui ritorni potenziali dipendono dalla valutazione di
questi soggetti relativamente all'ammontare, al tempo e al l'incertezza di futuri flussi di cassa
dell’entità che produce il bilancio. Quindi, il bilancio serve a questi soggetti per ottenere informazioni
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utili a valutare/prevedere le prospettive di flussi di cassa netti futuri di cui beneficerà l'entità
(l'organizzazione).
OB4→ per valutare i flussi futuri di cassa i soggetti hanno bisogno dell'informazione relativa alle
risorse dell'entità, ai diritti (claims) di terzi (quello che si ha diritto di avere), nei confronti dell’entità
e su come è stata gestita l'entità. Vi è una certa contraddizione tra affermare che il bilancio, con tutte
le sue regole/principi, serva per valutare i flussi di cassa futuri ed affermare che il bilancio sia fondato
sul principio di competenza economica.
OB17→ ACCRUAL ACCOUNTING: contabilità basata sul principio di competenza economica (aiuta a
capire quale sarà l'evoluzione futura dei flussi di cassa in entrata o in uscita). Scrivere un CE
improntato sul principio di competenza economica permette di scrivere i ricavi (non il flusso in
entrata). I ricavi sono uno stimatore dei flussi futuri ed i costi uno stimatore delle uscite future.
[Dallo studio di un professore americano si evidenzia che, prendendo i flussi finanziari e mettendoli
in correlazione statistica con i valori di borsa (valori/prezzi azioni), si ha molta più correlazione tra il
rendiconto finanziario ed i prezzi di borsa piuttosto che tra conto economico ed i prezzi di borsa (cioè
il rendiconto finanziario rappresenta i flussi di cassa passati). Questo sembrerebbe non giustificare la
costruzione di un CE, in quanto gli operatori guarderebbero il rendiconto finanziario].

Quindi, la contabilità basata sul principio di competenza ec. dipinge gli effetti delle transazioni ed
altri eventi di circostanze sulle risorse economiche dell’entità e sui diritti di terzi (su quelle risorse)
nei periodi nei quali tali effetti si verificano. Sostanzialmente, l’Accrual Accounting, inserisce gli
effetti di transazioni ed effetti vari nel bilancio nel momento in cui questi si verificano (non nel
momento in cui temporalmente si riferiscono) = conseguenza del principio di competenza ec.
Capitolo 2: è ancora da terminare
Capitolo 3: CARATTERISTICHE QUALITATIVE DELL’INFORMATIVA FINANZIARIA UTILE
Le caratteristiche qualitative sono sostanzialmente due, alle quali si associano quattro caratteristiche
qualitative migliorative.
La caratteristica fondamentale è la ‹‹usefull››, cioè l'utilità. Dal concetto di utilità si scende a concetti
più operativi, quelli che lo IASB, nel Conceptual Framework, definisce caratteristiche qualitative. La
prima caratteristica qualitativa fondamentale è il Principio Di Rilevanza, cioè il principio secondo cui
l'informativa ec-finanziaria deve essere utile per la presa di decisioni ec.
QC6→ è capace di produrre una differenza nelle decisioni prese dagli utilizzatori dell'informazione
(variazione nel comportamento degli utilizzatori).
QC7→ l'informazione finanziaria è capace di fare la differenza se ha valore predittivo, valore
confermatorio o entrambi.
QC8→ un’informazione finanziaria ha VALORE PREDITTIVO se può essere usata come input nei
processi degli utilizzatori delle informazioni volte a predire i risultati futuri.
QC9→ un'informazione finanziaria ha VALORE CONFERMATIVO se fornisce un feedback rispetto a
valutazioni precedenti (feedback che può essere di conferma o di cambiamento).
QC10→ spesso un'informazione confermatoria può avere carattere predittivo (le due cose non si
escludono, ma sono interrelate). L'informazione sui ricavi per quest'anno può essere usata come
stima futura dei ricavi dei prossimi anni, però la stessa informazione sui ricavi può essere comparata
con le predizioni dei ricavi degli anni precedenti.
Seconda caratteristica fondamentale di un’informativa contabile è un sotto-principio del principio di
rilevanza (come quando si applica alle singole organizzazioni), cioè il
QC11→ Principio Di Materialità (“materiality”: principio di significatività). La materialità è il principio
di rilevanza applicato ad una specifica entità.
QC12→ RAPPRESENTAZIONE VERITIERA: secondo principio fondamentale dell'informativa finanziaria
utile (Faithful Representation): per essere utile un’informazione finanziaria non deve solo
rappresentare fenomeni rilevanti, ma deve anche rappresentare in modo veritiero i fenomeni che

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mira a rappresentare. Per essere una rappresentazione veritiera deve avere tre sotto-caratteristiche,
cioè deve essere COMPLETA, NEUTRALE e SCEVRA DA ERRORI.
QC13→ COMPLETA vuol dire che include tutte le informazioni necessarie per un utilizzatore per
comprendere il fenomeno che viene rappresentato. Ad es. deve esserci una descrizione della natura
dell’asset, una rappresentazione numerica (costo, fair value).
QC14→ NEUTRALE significa senza distorsioni/vizi ('' bias'') nella selezione o presentazione di tale
informazione = presentazione neutrale.
QC15→ SCEVRA DA ERRORI significa che non ci sono errori o omissioni nella rappresentazione
dell'informazione e nel processo seguito per produrre l'informazione.
QC16→ Non basta un’informazione che rispecchi la Faithful representation per essere utile (l'utilità
deriva sia dalla Faithful che dalla Relevant information). Se un’impresa acquisisce un impianto
attraverso un finanziamento pubblico, dal punto di vista del costo, l'impianto è pari a zero (Faithful
information), ma non basta perché ciò non è del tutto corretto: la rilevanza vuole che si spieghino le
altre informazioni (può essere, quindi, una Faithful representation, ma non è necessariamente utile).
Dal 2010 questa seconda caratteristica base dell'informativa era chiamata RELIABILITY ''affidabilità'',
poi chiamata Faithfull Representation.
CARATTERISTICHE QUALITATIVE ADDIZIONALI = migliorano l'utilità delle informazioni e sono
sostanzialmente quattro:
❖ comparabilità,
❖ verificabilità,
❖ tempestività e
❖ comprensibilità.
QC19→ l'informativa finanziaria se dotata di queste quattro caratteristiche diventa ancora più utile
(migliorano l'utilità dell'informazione).
QC20→ l'informazione deve essere comparabile. La COMPARABILITÀ ha due dimensioni: una
COMPARABILITÀ SPAZIALE (comparabilità con altre aziende dello stesso tipo, stesso settore, stessa
grandezza, stessa nazione ecc.) ed una COMPARABILITÀ TEMPORALE (rispetto alle informazioni (es.
bilancio) prodotte dalla stessa azienda nel tempo).
Lo IASB sottolinea che comparabilità non significa uniformità.
QC21→ la COMPARABILITÀ è quella caratteristica qualitativa che permette agli utilizzatori di
identificare e comprendere le similarità e le differenze rispetto alle varie voci.
QC26→ VERIFICABILITÀ (rafforza la Faithfull Representation) aiuta ad assicurare agli utilizzatori che
l'informazione rappresenti in modo veritiero i fenomeni economici (è una forma di riassicurazione:
assure user). L'audit (strumento per capire se nelle varie aree ed attività aziendali vengono rispettate
le procedure definite, i ruoli e i doveri e se gli obiettivi sono correttamente gestiti e perseguiti) serve
per produrre assure, cioè assicurare gli utilizzatori che quell'informazione è credibile e veritiera.
L'attività di verifica svolge un ruolo fondamentale per gli investitori che basano i loro investimenti su
tali informazioni.
QC29→ TEMPESTIVITÀ (rafforza la rilevanza) significa avere le informazioni disponibili (per coloro
che prendono le decisioni) in tempo utile per influenzare loro decisioni. Il concetto di Timeliness è
ancillare al concetto di rilevanza (per essere rilevante occorre dare le informazioni in tempo), così
come la verificabilità serve per la faithfull representation.
N.B. il concetto di rilevanza e di faithfull representation, il concetto di verificabilità e di tempestività
non sono armonizzati: si è tanto più rilevanti quanto più tempestivi si è nel dare le informazioni, però
il rischio è che non si rispetti il principio della rappresentazione corretta e veritiera. Quindi, bisogna
trovare un equilibrio tra la rilevanza/materialità ed il principio di faithfull representation,
accompagnati (il primo) dalla tempestività ed (il secondo) della verificabilità. Più si aumenta il tempo
della verifica più si è irrilevanti.
QC30→ COMPRENSIBILITÀ significa presentare, classificare un'informazione in modo chiaro e
conciso. La chiarezza e la sinteticità aiutano la comprensibilità del bilancio.

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QC35→ un vincolo complessivo è che il costo dell'informazione deve valere un risultato, cioè la
validità dell'informazione: ossia il vincolo costi-benefici. Il costo per ottenere una certa informazione
non può superare il beneficio che un utilizzatore può ottenere. Il costo dell'informazione è un punto
di riferimento per lo IASB e quindi, i costi devono essere giustificati dei benefici.
Capitolo 4: è ancora quello del 1989.
4.1 Un’assunzione fondamentale che sta alla base del bilancio annuale è il Going Concern, cioè il
principio di continuazione dell'attività. Il bilancio lo si redige con tali regole solo per quelle imprese
che hanno una prospettiva di “funzionamento”. Se non c'è il principio di continuazione dell'attività
occorre far riferimento diversi principi, quelli di liquidazione delle entità. Gli elementi del bilancio
sono, principalmente, i due grandi prospetti: Conto Economico “Statement Of Performance” e Stato
Patrimoniale “Statement Of Financial Position”, chiamato anche “Balance sheet”.
4.4 Lo Stato Patrimoniale si compone di tre elementi:
a) ASSET: (attività) è una risorsa “controllata” da un'entità come risultato di eventi passati e dalla
quale futuri benefici economici sono attesi nei confronti delle entità. Non è una risorsa “di
proprietà”, ma è controllata: deve essere inserita in SP (elemento positivo-non come costo in CE).
b) LIABILITY: (passività) è un obbligo/obbligazione attuale dell’entità che deriva da eventi passati, la
cui estinzione ci si aspetta deriverà in una fuoriuscita di risorse dell’entità, risorse dotate di benefici
economici futuri.
c) EQUITY: (“net-assets”) il capitale netto è l'interesse residuo rispetto alle attività dell’entità dopo
aver dedotto tutte le sue passività (differenza tra attività e passività).

Il Conceptual Framework è in corso di revisione dal 2010. Non vi è una un’unanimità di vedute sul
ruolo del Conceptual Framework: alcuni punti di vista (più anglosassoni) lo vedono come un punto di
riferimento, ma non necessariamente come una legge istituzionale (in alcuni standard può essere
anche non seguito). Tuttavia, se fosse così fondamentale sarebbe stato già completato. Inoltre, il
Conceptual Framework non è soggetto al processo di omologazione (di Endorsement), perché non è
uno standard. Gli obiettivi degli standard IASB sono rivolti specificatamente agli investitori, attuali e
potenziali, ai finanziatori a titolo di credito e, in generale, ai creditori e ciò porta ad un innalzamento
dei criteri di valutazione (mentre nel ‘42 il codice civile era rivolto alla protezione delle banche).
Vi sono delle voci di carattere finanziario, destinati a scambi commerciali (come titoli, partecipazioni
ecc.) valutate al Fair Value (valore corrente), aggiornate annualmente. Il criterio del valore corrente
(in passato si traduceva come “valore equo”) è presente, ormai, anche nella legge italiana e non può
essere un valore prudente perché segue il mercato (diverso dalla filosofia precedente di bilancio:
costo storico). A livello di codice civile non si possono rivalutare le cifre, tranne quando vi è una legge
che lo permette: con il D.lgs. 139 il Fair Value è entrato per la valutazione di derivati, mentre per i
titoli/valori finanziari si applica il costo ammortizzato. Nel 2015 (D.lgs. 139) entra per la prima volta
nel codice civile il fair value, in virtù del processo di IASsizzazione. Se si inseriscono nelle passività dei
FONDI RISCHI GENERICI nel bilancio IAS/IFRS, questi non compaiono (nel caso della Daimler-Benz
erano utilizzati per la perequazione negli anni del reddito netto) perché non risultano obbligazioni
passate.
4.24 Conto economico – “Statement Of Performance” (performance economica)
4.25 Gli elementi che compongono il conto economico sono:
a) INCOME: è l'incremento (elemento positivo di reddito) di benefici economici durante l'esercizio
nella forma di entrata o di miglioramenti di asset oppure di riduzione di passività che risultano in
aumenti del capitale netto, diversi da quelli relativi ai contributi dei partecipanti al capitale netto. Il
componente positivo di reddito (“di diminuzione di passività che risultano in aumenti del capitale
netto...”) viene indicato come un incremento di benefici economici che può derivare da due fonti: o
un miglioramento/incremento degli asset o una diminuzione delle passività. Quindi il benchmark
(punto di riferimento) per definire un componente positivo di reddito sono i valori degli assets e delle

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liabilities: se il valore degli asset aumenta quello è un componente positivo di reddito, così come se il
valore delle liabilities (passività) si riduce.
Vengono esclusi dall’essere elementi positivi di reddito eventuali aumenti degli asset che dipendono
da contributi di soci/azionisti (perché tale aumento non è dipendente dalla performance
dell'azienda). Questo aspetto di legare il riconoscimento di componenti positivi di reddito ai valori
degli asset o delle liabilities è un approccio alla misurazione dell'utile del reddito netto, definito
“patrimonialista”, cioè si parte dallo SP (quello che va su è un componente positivo di reddito quello
che va giù negativo). È una visione dell'utile e della misurazione del reddito d'esercizio legata ai
componenti patrimoniali (visione dello IASB che rispecchia la visione anglosassone). Sappiamo che
l'azienda è un sistema dinamico e la creazione di ricchezza (l'utile) viene a dipendere dagli scambi
con terze economie (o nella produzione di input o nella cessione di servizi/prodotti). Quindi la visione
dinamica è data dallo scambio con il mercato, diversamente da quanto detto sopra (l'utile dato dalla
variazione del valore degli asset o delle passività).
b) EXPENSES: decrementi dei benefici economici durante l'esercizio nella forma di fuori uscite,
deprezzamenti di asset o di insorgenza di nuove passività che risultano in diminuzione dell'equity,
diverse da quelle relative alle distribuzioni dei partecipanti.
L'expenses sono elementi negativi di reddito, dei costi (non sono delle spese (expenditures): le spese
non corrispondono sempre a costi o viceversa (Accrual Accounting)). Il costo è la misura di
utilizzazione di un bene, mentre la spesa è legata alla fuoriuscita di un flusso monetario. La logica del
rendiconto finanziario è basata sui flussi di cassa sostenuti durante l'esercizio (basato su principi di
pertinenza economica), cioè la spesa e non il costo.
4.37 PRINCIPIO DI RICONOSCIMENTO DEGLI ELEMENTI DEL BILANCIO.
Non basta la definizione di asset o liabilities o di componente negativo di reddito per essere
riconosciuto in SP o CE, ma occorre un ulteriore “test”, cioè il principio di riconoscimento.
4.38 PRINCIPIO DI RICONOSCIMENTO: una voce che soddisfi la definizione di elemento del bilancio
deve essere riconosciuta in un bilancio se:
a) È probabile che vi sia un beneficio economico futuro associato a questa voce e che questo
beneficio entrerà (o uscirà) dall'azienda;
b) se questo beneficio economico futuro abbia un costo o un valore che può essere misurato con
affidabilità (Reliability): l'informazione è affidabile quando è completa, neutrale e senza errori (sotto
qualità della faithfull representation).
Lo IASB evidenzia che nella costruzione del modello contabile (che rappresenti la creazione di valore
ec-finanziario, che indichi lo stato di salute dell'impresa) gli elementi vengano riconosciuti solo se
passano questo principio. Secondo lo IASB il marchio internamente generato da un'azienda non
supera il test di riconoscimento perché è probabile che vi sia un beneficio economico futuro, ma
crolla sul punto b), cioè è un valore che non può essere misurato con affidabilità.
Tutte le RISORSE INTANGIBILI internamente generate (ad es. un marchio) non possono essere
riconosciute in bilancio (anche se sono asset).
4.41 affidabilità della misura
4.44 4.45 riconoscimento degli asset
----Il Framework dello IASB è stato approvato dal board dello IASC nell'aprile del 1989. Nel giugno dello stesso
anno è stato pubblicato e nell'aprile del 2001 è stato adottato. Circa 10 anni dopo, nel 2010, lo IASB ha
intrapreso un processo di revisione del framework che è stato recentemente approvato e pubblicato. Ci sono
due modi di interpretare il Conceptual Framework: europei continentali tendono a vedere il C. Framework un
po' come una costituzione, mentre nel mondo anglosassone è visto come un quadro di riferimento che non
deve ingessare gli standard. L'obiettivo del bilancio con finalità generali di informazione è di fornire
informazioni finanziarie in merito all'entità oggetto del bilancio, che sono utili ad esistenti e potenziali
investitori, prestatori di capitale (lenders) e altri creditori nell’effettuazione delle decisioni relative alla
fornitura di risorse finanziarie alle entità. Tali informazioni servono quindi per prendere decisioni di tipo
economico, in particolare decisioni riguardo l'acquisto, la vendita, il mantenimento di strumenti di capitale e

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di debito, nonché la fornitura e l'estinzione di prestiti e altre forme di credito. Le decisioni che devono
prendere gli esistenti e potenziali investitori in merito all'acquisto, la vendita o il mantenimento di strumenti
di capitale o di debito dipendono dai ritorni che si attendono da un investimento in questi strumenti, per
esempio dividendi. Le aspettative sui ritorni dipendono dalla loro valutazione dell'ammontare dei tempi e
dell'incertezza dei futuri flussi di cassa netti che perverranno l'entità. Conseguentemente, gli investitori attuali
e potenziali, i prestatori di capitale e gli altri creditori necessitano di informazioni che li aiutino a valutare le
prospettive relative ai futuri flussi di cassa netti che perverranno alle entità. In particolare, per valutare le
prospettive di un entità relativamente flussi di cassa netti in entrata, i soggetti interessati (investitor, lenders,
creditors) hanno bisogno di informazioni sulle risorse dell’entità, sui diritti contro le entità e informazioni su
come efficacemente ed efficientemente il management ed il consiglio di amministrazione hanno svolto le
proprie responsabilità nell'utilizzazione delle risorse dell'entità: cioè servono informazioni che evidenzino la
condizione amministrativa, la responsabilità degli amministratori e la qualità della gestione in rapporto alle
risorse disponibili. Un esempio di tali responsabilità è la protezione delle risorse dell’entità dagli effetti
sfavorevoli di fattori economici, come cambiamenti nei prezzi e nella tecnologia. Queste informazioni sono
necessarie per decidere se investire o meno in un'azienda, se concedere oppure no un prestito.

CARATTERISTICHE QUALITATIVE DELL'INFORMAZIONE: Le caratteristiche qualitative dell'informazione


finanziaria utile (per la presa di decisioni in campo economico) identificano i tipi di informazioni che sono
probabilmente le più utili per gli esistenti e potenziali investitori, prestatori di capitale e altri creditori per
prendere decisioni riguardanti l'azienda sulle base delle informazioni contenute nei bilanci. Se l'informativa ec-
finanziaria è utile deve essere rilevante e deve rappresentare fedelmente quello che intende rappresentare.
L'utilità dell’informativa ec-finanziaria migliora se questa informazione è comparabile, verificabile, tempestiva
e chiara (intelligibile). Rilevante significa che è un’informazione ec-finanziaria capace di fare la differenza nelle
decisioni prese dagli utilizzatori dell'informazione. L’informazione può essere in grado di fare la differenza
anche se qualcuno degli utilizzatori può non necessariamente sfruttare queste informazioni in termini di
vantaggio. Un'informazione è capace di fare la differenza nelle decisioni se ha valore predittivo, valore
confermatorio o entrambe: un'informazione ec-finanziaria ha valore predittivo se può essere utilizzata come
input nei processi impiegati degli utilizzatori per predire risultati futuri di una determinata impresa.
Un'informazione ha valore predittivo se viene utilizzata dagli utilizzatori per fare le proprie previsioni.
Un'informazione ec-finanziaria ha valore confermatorio se fornisce un feedback in termini di conferma o di
disconferma relativamente a valutazioni precedenti. Il valore predittivo è quello confermatorio delle
informazioni è interrelato. Spesso, infatti, le informazioni che hanno valore predittivo hanno anche valore
confermatorio. Per esempio, le informazioni sui ricavi dell'anno presente che possono essere utilizzate per
predire ricavi degli anni futuri possono essere comparate con i ricavi stimati per quest'anno (ricavi stimati
l'anno precedente).

Materialità: un'informazione è significativa se la sua omissione o la sua cattiva rappresentazione può


influenzare decisioni che gli utilizzatori effettuano sulla base dell' informativa ec-finanziaria relativa ad una
specifica entità oggetto del report. La materialità è una rilevanza specifica di una singola impresa.
Rappresentazione fedele: la Faithful Representation rappresenta i fenomeni economici in parole e numeri. Per
essere una rappresentazione fedele deve avere tre caratteristiche ovvero completa, neutrale e scevra da
errori. Una rappresentazione fedele non significa necessariamente che sia utile. Le caratteristiche che deve
avere una rappresentazione sono: una rappresentazione COMPLETA quando include tutte le informazioni
necessarie agli utilizzatori per capire fenomeni che sono rappresentati, includendo anche tutte le necessarie
descrizioni/spiegazioni. Una rappresentazione è NEUTRALE quando non si hanno pregiudizi nella selezione
delle informazioni rappresentate, cioè le informazioni presentate non sono manipolate. Una rappresentazione
è SCEVRA DA ERRORI quando non ci sono errori o omissioni nella descrizione del fenomeno ed il processo
utilizzato per produrre l'informazione è stato selezionato ed applicato senza errore. Free from error non
significa, quindi, che la rappresentazione deve essere perfettamente accurata. Ad esempio, una stima di un
prezzo che non è osservabile, perché non c'è un mercato, per forza di cose non può essere accurata perché
manca un riferimento.

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CARATTERISTICHE QUALITATIVE MIGLIORATIVE: La comparabilità, la verificabilità, la tempestività e la


comprensibilità. Queste caratteristiche vanno a migliorare l'utilità dell’informativa ec-finanziaria rilevante e
rappresentata fedelmente.
COMPARABILITÀ: le decisioni degli utilizzatori comportano una scelta tra più alternative. L'informazione
sull'entità in questione è più utile se può essere comparata con informazioni simili riguardanti altre entità e
con informazioni simili sulla stessa entità riferite ad altri periodi temporali. Quindi, la comparabilità ha due
dimensioni: una dimensione spaziale ed una temporale. A differenza di altre caratteristiche qualitative, la
comparabilità non si riferisce ad una singola voce, ma richiede un confronto fra almeno due voci. La coerenza
(consinstency), anche se collegata alla comparabilità, non è la stessa cosa. La coerenza si riferisce all'uso degli
stessi metodi di valutazione relativamente alla stessa voce. La comparabilità è il fine, la coerenza aiuta a
raggiungere questo obiettivo.
VERIFICABILITÀ: aiuta ad assicurare agli utilizzatori che l'informazione rappresenta in modo fedele i fenomeni
economici che intende rappresentare. I differenti osservatori esperti possono raggiungere un consenso,
(anche se non necessariamente un accordo completo) cioè che una particolare rappresentazione è una
rappresentazione fedele. Verificabilità significa possibilità di essere verificata e attiene, in particolare, a
l'auditing.
TEMPESTIVITÀ: significa avere un’informazione disponibile per i decisori in tempo utile per essere capaci di
influenzare le decisioni. Generalmente, più vecchia è l'informazione, meno è utile. Quindi, la tempestività ha a
che fare con la rilevanza perché un'informazione per essere rilevante deve essere tempestiva. Per questo
motivo sono in contrasto con la rappresentazione fedele, perché per esserlo serve tempo per verificare le
informazioni.
COMPRENSIBILITÀ: Classificare e presentare le informazioni in modo chiaro e coinciso per rendere
comprensibili, intellegibili alcuni fenomeni che sono intrinsecamente complessi e difficili da capire. Escludere
informazioni su questi fenomeni dai report può rendere queste informazioni più facili da capire, ma così
facendo questi report sarebbero incompleti e, di conseguenza, potenzialmente ingannevoli. I bilanci sono
redatti per utilizzatori che hanno una ragionevole conoscenza del business e delle attività economiche e che
revisionano e analizzano le formazioni diligentemente. Tutte e due, certe volte anche gli utilizzatori più
diligenti e ben informati potrebbero aver bisogno di un aiuto per capire le informazioni riguardanti complessi
fenomeni economici. Esiste un vincolo di costo secondo cui l’informativa deve essere sottoposta ad un
confronto tra costi benefici. Si tratta di un vincolo pervasivo sull'informazione che può essere fornita dal
bilancio. Il reporting dell'informativa ec-finanziaria impone dei costi ed è importante che questi siano
giustificati dai benefici del reporting di questa informazione. Il quarto capitolo del Conceptual Framework
deriva ancora dal vecchio C. Framework del 1989. Questo capitolo fissa alcuni dei mattoncini della contabilità.
I prospetti contabili sono preparati sulla base dell’assunzione che l'impresa si trova in normale funzionamento
e continui ad esserlo in un futuro prevedibile. Quindi gli IAS/IFRS si applicano nelle ipotesi di Going Concern,
ovvero nell'ipotesi di continuazione dell'attività economica dell'impresa. Dopo aver stabilito l'assunzione di
base, il quarto capitolo del framework va ad individuare e a definire gli elementi del bilancio. In particolare, gli
elementi direttamente collegati alla misurazione della posizione finanziaria sono attività, passività e capitale
netto: un'attività o un asset è una risorsa controllata dall'entità per effetto di eventi passati e dalla quale ci si
aspetta che benefici economici futuri fluiscano all'entità. Il controllo delle risorse è un elemento fondamentale
per avere un asset, ma non basta perché ci si aspetta che l’asset garantisca dei benefici futuri. Una passività o
liability è un obbligo attuale dell’entità che proviene da eventi passati, da cui ci si aspetta una fuoriuscita di
risorse dell'entità che influiscano sui benefici economici.
Il capitale netto (Equity) è l’insieme delle attività dell'entità dopo aver detratto tutte le sue passività, cioè la
differenza tra attività e passività. Il reddito (profit) è frequentemente utilizzato come misura di performance o
come base per le altre misure, come il ritorno sull'investimento degli utili per azione. Gli elementi che sono
direttamente collegati alla misurazione del reddito sono le entrate, cioè componenti positivi di reddito. Un
componente positivo di reddito è un incremento dei benefici economici durante il periodo contabile, durante
l'esercizio nella forma di entrata o miglioramenti delle attività, plusvalenza oppure nella forma di riduzione di
possibilità che hanno un impatto positivo sul capitale netto, incrementi che sono diversi dalle contribuzioni al
capitale da parte dei soci. Un componente negativo di reddito (o expenses) è un decremento dei benefici
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economici durante il periodo contabile nella forma di uscita e/o ammortamento di attività oppure nella forma
di una passività che determina un decremento del capitale netto, decremento diverso da quello relativo alla
distribuzione di capitale soci. In riferimento agli assets, stabilisce che un’attività può essere riconosciuta
contabilmente nello SP quando è probabile che benefici economici futuri fruiranno all'entità e se quell’asset è
un costo o un valore che può essere misurato in modo affidabile. Ad esempio, i Brand creati internamente,
come ad es. marchi di moda, non possono essere conosciuti contabilmente nello stato patrimoniale, ma sono
asset perché rispettano la definizione di asset.

➔ NUOVO CONCEPTUAL FRAMEWORK 29/03/2018


Il principio della rappresentazione veritiera e corretta, la True and Fair View, passa sopra (“over-ride”) i criteri
di valutazione, cioè passa sopra i principi contabili (potere di deroga). Il Conceptual framework non permette
di distaccarsi dagli standard e IFRS, questi prevalgono sul Conceptual framework. Gli inglesi e gli americani
considerano il Conceptual framework come punto di riferimento, però se uno standard deroga a certi aspetti
dello stesso prevale lo standard. Per molti studiosi esperti dell'Europa continentale è una questione
problematica. Fino a questo momento non era iscritto in maniera chiara. L'obiettivo del bilancio è quello di
fornire informazioni utili per le decisioni di investitori e finanziatori. Serve anche per dare informazioni gli
utilizzatori/destinatari del bilancio con riferimento alla management stewardship, cioè la capacità di svolgere
il proprio compito.
CAPITOLO 1: è uguale al precedente con un paio di precisazioni: difficile trovare una traduzione di
“stewardship” = qualcosa connesso allo “Stuart”: un affidatario delle risorse, agente cui veniva demandata la
gestione della proprietà fondiaria agricola che prepara il bilancio per conto di un lord (proprietario terriero).
Il bilancio ha una doppia funzione:
• dare informazioni per le decisioni degli investitori e finanziatori
• e permettere di giudicare il lavoro svolto dell'affidatario (cioè un Management) sull'operato del
Management in qualità di affidatario.
Da qui il concetto di ACCOUNTABILITY: Rendicontabilità dell'azione (responsabilità di rendicontare verso
qualcuno).
CAPITOLO 2: uguale al precedente: reintroduzione di uno specifico riferimento alla nozione di PRUDENZA. La
nozione di prudenza era stata cancellata dal Conceptual framework nel 2010; ora è stata reintrodotta perché
storicamente la contabilità è stata sempre ispirata da un principio di prudenza, specialmente nell'Europa
continentale. Troviamo le caratteristiche qualitative: cioè la rilevanza e la Faithfull Representation, e le 4
caratteristiche migliorative: tempestività, comparabilità, verificabilità e comprensibilità (chiarezza).
Prima dell'ultima versione del Conceptual framework non vi era il concetto di prudenza (quella strettamente
intesa) perché in contrasto con i principi delle informazioni da dare agli investitori: le informazioni non
possono essere prudenti, ma devono essere quanto più possibile realistiche. Lo IASB concesse una nozione di
prudenza, delimitandola a condizioni di incertezza e condizioni valutative: l'esercizio della prudenza deve
supportare la neutralità (sotto principio della faithfull representation). La prudenza è definita come l'esercizio
di cautela quando si attribuiscono dei valori in condizioni di incertezza valutativa (non vuol dire alterare
volutamente i valori contabili, cioè abbassandoli) = cautela nella valutazione. La prudenza non si applica a
tutto. Viene inserito un nuovo capitolo:
CAPITOLO 3: l'entità oggetto del bilancio è la REPORTING ENTITY. L'obiettivo del bilancio è quello di fornire
informazioni sugli asset, sulle liabilities, sul capitale netto, su componenti positivi e negativi di reddito, cioè
informazioni utili agli utilizzatori del bilancio nelle valutazioni della prospettiva di flussi futuri netti e alla
capacità del Management di svolgere il proprio lavoro con le risorse delle entità.
Viene fissata la GOING CONCERN (principio di continuità aziendale). Ci sono due prospetti menzionati in modo
specifico:
o lo Statement of Financial Position (SP),
o lo Statement Financial Performance (CE complessivo comprendente l’OCI)
o e altri aspetti e note.

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CAPITOLO 4: vi sono dei cambiamenti nelle nozioni:


ASSET → risorsa economica attuale (presente) controllata dalle entità come risultato di eventi
trascorsi. Un economic resource è un diritto a sfruttare tale risorsa avente la potenzialità di produrre
benefici.
LIABILITY→ obbligo attuale delle entità di trasformare una risorsa economica come risultato di eventi
passati.

EQUITY→ [asset-liability]= PN : è l'interesse residuo nelle attività dopo aver dedotto le passività.
INCOME→ incrementi negli asset o diminuzioni nelle passività che aumentano il CN, diversi da quelli
che arrivano come contributi da parte di coloro che hanno diritti sul capitale.
Si ha una visione patrimonialista dello IASB, cioè elementi positivi di reddito discendono dalla variazione del
patrimonio dello SP. Molti sono contrari a tale visione: nella visione ec-aziendale il reddito ha un suo
autonomo valore che discende dagli scambi con il mercato (costi e ricavi sono manifestazioni economica degli
scambi sul mercato) = cioè è il reddito che modifica il capitale => inversione del nesso causale tra patrimonio e
reddito.
EXPENSES→ diminuzione degli asset o aumenti delle passività che producono diminuzione del CN.
Queste riduzioni di CN sono diverse da quelle legate alla distribuzione ai detentori di diritti sul
capitale.
Si ha quindi l'introduzione del concetto di risorsa economica. Lo IASB non considera più le attività come
oggetti fisici, ma come un insieme di diritti. Nella definizione precedente da tali attività ci si aspettava
producessero benefici economici futuri: (Expected) scompare l’aspettativa. Nel concetto di risorsa economica
vi è la potenzialità nel genere benefici economici (è già inclusa).
CAPITOLO 5→ Il riconoscimento contabile dipende da 2 criteri:
❖ che il loro riconoscimento fornisca informazioni rilevanti agli utilizzatori su asset, liability, componenti
positivi e negativi di reddito;
❖ che fornisca una faithfull representation.
Il principio di riconoscimento aveva due componenti: 1) per riconoscere una certa voce occorreva che
producesse dei futuri benefici economici; 2) e che possa essere misurati in modo affidabile (reliably) =
scompare riferimento all’affidabilità. Però se uno standard è in contrasto con il Conceptual Framework
prevale lo standard: quindi, per gli Intangible asset (IAS 38) non cambia nulla (prevale lo IAS 38). Il concetto di
riconoscimento contabile è svuotato. Viene introdotto il principio di disconoscimento contabile.
CAPITOLO 6→ viene data una descrizione di possibili basi di valutazione:
• COSTO STORICO
• VALORE CORRENTE (Current Value): dentro questo si può avere il fair Value (valore di uscita-Exit Value
IFRS13) o il valore d'uso, detto anche “fullfilment Value”, - il costo corrente (costo di riproduzione cioè
il costo per ottenere quella risorsa in questo momento). Risulta una novità molto spinta dalla
comunità accademica.
CAPITOLO 7→ Presentazione: il conto economico complessivo (comprensivo di OCI) è descritto come
Statement Of Financial Performance. Solo in eccezionali circostanze il board dello IASB può decidere che un
componente positivo o negativo di reddito debbano essere inclusi nel conto economico complessivo (si
utilizzerà l’OCI sono in circostanze eccezionali). Normalmente l'entrata in vigore di uno standard viene
posticipata. In questo caso non c'è una data di riferimento, quindi il Conceptual Framework entra in vigore da
subito: è stato pubblicato il 29 marzo 2018.

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IAS 1 → Standard relativo alla presentazione del bilancio per fini informativi di carattere generale (non per
fini particolari). Secondo lo IASB il bilancio si compone dei seguenti documenti:
✓ Statement Of Financial Position (SP),
✓ Statement Of Profit&Loss And Other Comprehensive Income (OCI),
✓ Prospetto Variazione Del Patrimonio Netto,
✓ Rendiconto Finanziario e
✓ Nota Integrativa (Notes).
Tutte le cifre vanno comparate a quelle dell'anno precedente (dati comparativi almeno con un anno
precedente, se non addirittura due). Anche in Italia la relazione sulla gestione (quella del management) non fa
parte del bilancio. Questo bilancio risulta molto simile a quello italiano l'unica differenza è il prospetto del
patrimonio netto. Un aspetto importante è che per dire che un bilancio è stato redatto secondo l'IFRS deve
essere esplicitamente affermato nella nota integrativa e, questa affermazione, può essere effettuata solo se si
rispettano tutti i requisiti posti dagli IFRS (standard contabili IASB). I bilanci delle imprese europee (in
relazione ai caves out) non sarebbero completamente rispettosi degli IFRS (nelle società di revisione dopo
aver visionato il bilancio, si afferma che questi rispettano i principi internazionali, approvati dall'UE). La
valutazione da parte del management riguarda l’esistenza o meno della prospettiva di continuazione
dell'attività, la Going Concern, importante perché altrimenti non si applicherebbero i principi contabili
internazionali. Non sono previsti schemi obbligatori di SP e CE, a differenza del codice civile italiano. Lo IAS 1
da una lista minima di voci che devono comparire in SP e CE. In merito allo SP, gli unici riferimenti agli schemi
da utilizzare sono la distinzione tra le voci:
CURRENT→ cioè attività o passività correnti, cioè l'esigibilità delle passività ed il ritorno in forma
liquida delle attività entro i 12 mesi.
e NON CURRENT → cioè non correnti
Il termine “corrente” è legato al ciclo operativo dell'azienda o può anche essere qualcosa legata al capitale
operativo, quello che viene continuamente rinnovato e può avere o una definizione temporale (cioè entro i 12
mesi) o può Essere legato al ciclo operativo. Per lo SP vengono richieste alcune specifiche voci, ma non viene
dato un ordine. Su questo aspetto dello SP lo IASB è stato molto generico, in quanto in alcuni paesi si
utilizzano schemi differenti. Ad esempio in Australia o in gran parte degli Stati Uniti si ha un no stato
patrimoniale “scalare”. Per il conto economico si ha libertà di schema.
I costi di produzione (cioè ammortamenti, stipendi, costi per servizi, costi di acquisto…) sono classificati in
relazione alla natura del costo. La natura del costo spiega come si arriva al costo complessivo.
[Es. costo di ammortamento: si prendono i costi e le singole quote di ammortamento di tutti i cespiti
dell'azienda e si sommano].
Lo IAS 1 prevede, per quanto riguarda il CE, anche la possibilità di classificare i costi
PER FUNZIONE o
PER DESTINAZIONE: anziché guardare alla natura del costo, questo si classifica in relazione alla
localizzazione all'interno dell'impresa (dove sono stati sostenuti).
Costi commerciali: sono costi sostenuti per poter vendere prodotti, per facilitare la vendita del prodotto (costi
per agenti di commercio, costi per la logistica, sconti che si sono dovuti sopportare per vedere il prodotto…).
Normalmente dentro l'azienda c'è una Direzione Commerciale che si occupa della vendita del prodotto, nella
quale si troveranno cespiti da ammortizzare (pc, mobili, scrivanie…): questi ammortamenti entrano a far parte
dei costi commerciali perché fanno parte della direzione commerciale.
Costi di produzione: cioè costi relativi all'attività produttiva, alla trasformazione delle materie prime per la
realizzazione del prodotto finale (cioè costi di manodopera, costo di energia, costo di ammortamento…). Gli
ammortamenti relativi agli impianti vengono inseriti nei costi di produzione. Si inseriscono anche tutti i costi
amministrativi (fatture, gestione fiscale, rapporti con i clienti, i resi, stipendi amministrativi…). Gli
ammortamenti relativi all'ufficio amministrazione saranno inseriti nei costi amministrativi. Questo diverso
modo di esporre i costi dell'azienda segue, quindi, un altro principio, quello per funzione o per destinazione
(cioè dove il costo è stato sostenuto). Questo principio è tipico dei paesi anglosassoni. Lo IASB ammette
entrambi i principi (per natura e per funzione o destinazione). Nello schema del CE dello IASB scompare la

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voce COSTI/PROVENTI STRAORDINARI. Il decreto legislativo 139/2015 ha cancellato questa voce nello schema
del CE (anche in Italia sono stati cancellati).
Il CE, secondo lo IAS 1, può anche rappresentare il reddito operativo e dà una lista minimale di voci da far
comparire nel CE (non è uno schema, ma un elenco di voci). Nel 2013-2014 lo IASB introduce un nuovo CE, che
può essere redatto in due modi:
1. CE complessivo: “Statement Other Comprehensive Income”
2. o si distinguono due componenti di conto economico:
a) “Income Statement” (CE)
b) “Other Comprehensive Income” – OCI (altri componenti di reddito).
L'OCI è un prospetto degli utili e delle perdite complessive ed è stato introdotto per dare rilevanza da alcuni
costi/ricavi che per loro natura, in obbedienza ad altri principi contabili, vanno direttamente imputati al
patrimonio netto (in SP). Generalmente sono plusvalenze o minusvalenze potenziali maturate, ma non
realizzate. [Es. se si ha una rivalutazione di immobilizzazioni immateriali, cioè un aumento del valore, questo
rimane nell'ambito dello SP, quindi va direttamente in capitale netto e non passo per il CE. Lo stesso sono utili
o perdite lorde derivanti da concessione monetaria, relativa agli investimenti netti in società estere e si
inseriscono in una riserva il patrimonio netto]. Alcuni standard dello IASB stabiliscono che alcuni utili ed alcune
perdite vanno direttamente in patrimonio netto e non passano per il conto economico è strettamente inteso,
che non accoglie tutti gli utili e le perdite.
Nell’ottobre del 2008 lo IASB cambia lo IAS 39 per la riclassificazione di un titolo ed afferma che i titoli per la
negoziazione possono essere modificati in “AVIABLES FOR SALE” (gli incrementi di Fair Value si mettono in
Income Statement –CE). Se, invece, il titolo è genericamente “AVAIBLE FOR SALE” (AFS) gli utili e le perdite, in
termini di valutazione del fair Value, vanno inseriti in un'apposita riserva del patrimonio netto (non in CE,
salvano la utile). Quindi, per quelli destinati alla negoziazione, cioè disponibili sul mercato, tutte le variazioni di
Fair Value in attivo o in passivo vanno in CE, mentre gli stessi valori per i titoli AFS (disponibili alla vendita)
vanno in un'apposita riserva dello SP. Con la nuova impostazione del CE questi ∆ vanno sia stato patrimoniale
sia in OCI o direttamente in conto economico, perché dice lo IASB si vuole dare evidenza ai componenti di
reddito che non passano normalmente dal conto economico (cioè plusvalenze o minusvalenze da valutazione
non realizzate).
→[Es. I titoli AVAIABLE FOR SALE sono titoli che non vengono utilizzati per la negoziazione, che non si vogliono
portare a maturità quindi sono genericamente disponibili per la vendita. In questo caso sono valutate al Fair
Value e se a fine anno si realizza una plusvalenza perché il fai value è aumentato, lo IAS 39 dice che
quell’incremento va portato direttamente a capitale netto, in una riserva. Lo IAS 1 stabilisce che tutte queste
variazioni, che finiscono direttamente nel capitale netto dello SP, sono delle plusvalenze potenziali maturate,
ma non realizzate sul mercato e vanno inserite anche nell’OCI.
Se ad es in data 1/1/X si procede all'acquisto di azioni per €1000, classificandole come AFS (cioè disponibili per
la vendita) si applicherà il fair Value a fine esercizio per la loro rivalutazione. Le variazioni di Fair Value rispetto
al valore originario di acquisto non andranno in CE, ma in una riserva il patrimonio netto in SP e in OCI. Al
31/12/X il valore (Fair Value) delle azioni sale a €1200: si ha, quindi, un plusvalore di €200 da acquisto di azioni
AFS. In data 1/7/X+1 si vendono le azioni a €1350: in CE andrà la rivalutazione del titolo (plusvalenza
realizzata) pari a €150. Si ha una plusvalenza finale pari a €350 che viene spaccata: prima viene riconosciuta
per 200 e poi per 150 (i €200 derivano dal riciclo della plusvalenza -componente positivo di reddito). Secondo
lo IAS 1 si fa un reversal = -€200. Con il recycling (plusvalenze riconosciuta nell'esercizio precedente) vengono
tolti €200 dall’OCI (dell'esercizio dopo) e si inseriscono nel reddito netto. Ovviamente questo approccio
presenta dei problemi e non viene utilizzato in Italia. Il Conceptual framework non parla di OCI (approccio al
surplus)].
I componenti positivi e negativi di reddito che sono accolti dentro l’OCI sono:
• IAS 16: surplus derivante dalla rivalutazione delle immobilizzazioni tecniche
• utili o perdite derivanti dalla conversione monetaria di investimenti espressi in valuta estera
• IAS 39, IFRS 9: titoli available for sale
• utili o perdite derivanti da strumenti finanziari derivati impiegati per la copertura dei flussi di cassa
• IAS 19: utili o perdite derivanti dal calcolo attuale dei benefici le dipendenti
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IAS 2→E’ lo standard più vecchio, pubblicato nel ‘70 ed è dedicato agli INVENTURIES, alla contabilizzazione
delle giacenze in magazzino, cioè attività immagazzinate per la vendita o usate per la produzione come
materia prima di beni o fornitura di servizi.
Per giacenze si intendono gli oggetti fisici, non legati ad un contratto. Si possono avere delle giacenze di
strumenti finanziari, ma restano fuori dallo IAS 2 (va nell’IFRS 15), a meno che non si trovino dei beni in
costruzione su base contrattuale. Le giacenze di prodotti agricoli si riferiscono, invece, allo IAS 41. Con lo IAS 2
si fa riferimento a Giacenze di imprese commerciali o industriali (non legate ad un contratto). Le rimanenze
devono essere valutate al 31/12 al minor valore tra il costo di acquisto/produzione ed il valore netto di
realizzo. Si hanno rimanenze di MATERIE PRIME, SEMILAVORATI e PRODOTTI FINITI ed eventualmente
rimanenze per manutenzione e pezzi di ricambio. Nelle imprese commerciali, solitamente, c'è un solo tipo di
rimanenze, prodotti finiti.
COSTO RIMANENZE→ è dato dal costo di acquisto dei beni (che comprende il prezzo, le imposte/tasse, costi di
trasporto e i costi direttamente correlati alla acquisizione, comprese le differenze cambio di natura valutaria).
Il COSTO DI ACQUISTO si riferisce alle rimanenze di materie prime.
COSTO SEMILAVORATI: si aggiungono ulteriori costi, cioè i costi di conversione, direttamente correlati alla
produzione del bene da vendere. Quando si parla di COSTI DELLA PRODUZIONE ci si riferisce a:
▪ Costi Variabili→ che variano a seguito di piccole modifiche nella quantità di produzione, cioè costi
legati ai volumi produttivi e
▪ Costi Fissi → sono i costi dell' ammortamento: una parte dei costi andrà imputata al costo delle
rimanenze (le rimanenze assorbono parte di questi posti).
Possono esserci anche altri costi, ad es. così di immagazzinaggio (hanno un costo di sorveglianza imputato al
costo di materie prime, semilavorati e prodotti finiti). È molto meno ovvio il calcolo del costo delle rimanenze.
Contabilmente:

Al 31/12 troviamo rimanenze finali (che pur essendo costi sono elementi positivi di reddito). Si ha uno storno
dei costi (rettifica): cioè non tutto il costo è di competenza ec. dell'esercizio corrente. Sono costi che
troveranno la propria realizzazione ec. (cioè ricavi) nell'esercizio successivo. Con il CE si cerca di calcolare il
reddito netto di competenza di quell'esercizio. Quindi rimanenze iniziali segnalano dei costi di competenza,
mentre le rimanenze finali dei costi di non competenza (rettifica di costo). In partita doppia si rettifica sempre
un valore scrivendolo dalla parte opposta. Tale metodo di calcolo del costo richiede che si riescano ad
attribuire i costi al pezzo in giacenza in magazzino. Ci sono situazioni in cui questo è impossibile o troppo
oneroso: non si riesce a calcolare il cosiddetto costo specifico della rimanenza. Per tale motivo occorre
pensare a dei criteri di costo che permettono di superare il problema. Il Conceptual Framework indicava che
tutti i valori contabili erano soggetti al vincolo costi/benefici (il costo relativo a quel valore non deve essere
superiore ai benefici informativi).
FORMULE DI COSTO →sono modalità semplificative di calcolo del costo delle rimanenze, che si basa su
diverse ipotesi di funzionamento del magazzino in tre modi:
➢ LIFO (es boutique)
➢ FIFO (es imprese di beni reperibili) e
➢ COSTO MEDIO PONDERATO (es imprese petrolifere, gas)
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LIFO: le ultime ad entrare sono le prime ad uscire

CMP: funzionamento magazzino misto

FIFO: le prime ad entrare sono le prime ad uscire

Pur essendo un costo, questi diversi metodi per valutare le rimanenze di magazzino portano ad un diverso
risultato di valore dello stesso, perché vi sono delle ipotesi sottostanti (diverse dal funzionamento del
magazzino stesso). Se, ad esempio, i prezzi di un certo bene sono crescenti negli ultimi tempi, il criterio che
porterà alla valutazione più elevata delle rimanenze finali sarà quello del FIFO (con prezzi decrescenti quello
del LIFO): cioè dipende dall'andamento dei prezzi al mercato. In Italia si applicano tutti e tre. Lo IAS2 non
permette l'utilizzo del LIFO perché si ipotizza che i prezzi crescenti portino a valori falsi delle rimanenze, cioè si
sottostima il valore delle rimanenze. Normalmente, i prezzi sono crescenti tranne che nell'elettronica (dove
sono decrescenti). L'eliminazione del LIFO è stata deleteria per l'Italia, perché questo ha messo in difficoltà le
imprese italiane (viene utilizzato il LIFO per ragioni fiscali). Dopo le loro opposizioni furono esclusi dallo IASC.
Negli Stati Uniti vi era una completa disconnessione tra fiscalità e contabilità, ma a differenza della Gran
Bretagna vi è un unico punto di connessione tra contabilità e fiscalità, cioè il valore delle rimanenze. Il valore
delle rimanenze, quindi, inserita in bilancio è lo stesso di quello inserito nella dichiarazione dei redditi. Alla
fine degli anni ‘90 eliminarono il LIFO. Il costo calcolato in via specifica con le formule di costo (FIFO e CMP) va
poi comparato col valore netto di realizzo: cioè il prezzo di vendita stimato meno i costi stimati di
completamento del bene ed i costi necessari per la vendita del bene (costi di trasporto ad es). Risulta, quindi,
un Exit Value - i costi di completamento e di vendita. Nel momento in cui il valore netto di realizzo è minore
del costo si esclude il costo si prende il valore netto di realizzo (una specie di fair value adottato alle
rimanenze).
Esercizio.
All'1/12/X un'impresa acquista 25 pezzi per un prezzo di €100;
al 15/12/X acquista 15 pezzi per un prezzo di €50;
al 30/12/X vende 30 pezzi al prezzo unitario di €5.
Come sono valutate le rimanenze al 31 dicembre?

Ricavi (revenue)= €150


FIFO→ 10*(50/15)= 33.33 (componente positivo di reddito)
costi di vendita= 25*4 + 5*3.33=116. 67€ (componente negativo di reddito)
costo beni venduti=30* [150/ (25+15)] =112.5 €
COSTO MEDIO PONDERATO → 10*3,75=37,5

Il valore delle rimanenze finali è minore con il FIFO perché ipotizza che le prime ad essere uscite siano le prime
ad essere entrate. In questo caso particolare, con il LIFO, avremmo avuto un valore delle rimanenze finali più
alto.

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IAS 7→ Rendiconto Finanziario


Si occupa del Rendiconto Finanziario “Statement Of Cash Flow” (prospetto dei flussi di cassa in entrata ed in
uscita). Il rendiconto finanziario è stato introdotto nel nostro ordinamento con il D.lgs. 139/2015. Dal 2015 il
C.c. lo fissa come prospetto obbligatorio per tutte le imprese. Permette di capire la dinamica delle variazioni di
liquidità sia dal punto di vista gestionale, sia dal punto di vista della solvibilità. La dinamica di liquidità non
emerge chiaramente: per dinamica si intendono le singole cause che hanno creato i movimenti di liquidità. Ad
es. nello SP avremo una situazione (valore di cassa, di banca) al 31/12 diversa da quelle dell'anno successivo
(si riscontra la variazione dei valori da un anno all'altro). Si evidenziano le variazioni, senza sapere il perché. Il
CE è formato da operazioni di gestione (acquisti, vendite) ed è organizzato, secondo la logica della
competenza economica non quella finanziaria/di liquidità, per spiegare il reddito netto (cioè l'utile). Il reddito
netto rappresenta il ∆/ la variazione di capitale netto. [Quindi, il CE serve per comprendere la variazione di
patrimonio netto, ma non la variazione di cassa (illustra le motivazioni delle variazioni per effetto della
gestione)]. Ad es. si può avere una variazione patrimonio netto perché i soci apportano denaro (non è
un’operazione di gestione in senso stretto, quindi non va in conto economico).
Per costruire un rendiconto finanziario occorre capire la variabile finanziaria da studiare. È importantissimo
capire le ragioni per cui la liquidità di un'azienda si è modificata. Lo IAS 7 indica la variabile finanziaria da
studiare, cioè la LIQUIDITÀ. Nel corso degli anni sono state prese anche altre diverse variabili finanziarie ad es.
in termini di variazione del Capitale circolante netto (attivo circolante - passivo circolante), cioè
attività/passività da liquidare o estinguere entro l'anno (non è cassa, ma lo diventerà): da una dinamica più
ampia perché include anche debiti e crediti a breve termine. Si può, quindi, costruire un rendiconto finanziario
non basato sulla liquidità. Si prenderanno tutte le operazioni di gestione e si andranno ad esaminare in termini
di impatto (se c'è stato, e non in un'ottica di competenza economica) che ciascuna di esse ha sulla variazione
della variabile finanziaria (nell'anno)= cioè il ∆ di liquidità. Cambiando le variabili finanziarie varia lo studio
delle operazioni di gestione (è molto più intuitivo farlo con la liquidità). Negli anni ’70-‘80 le imprese italiane
facevano il rendiconto finanziario basato sul capitale circolante netto. Queste operazioni di gestione, che
impattano sulla variabile finanziaria, dipendono dalla scelta della stessa (la quale si modifica nell'anno).
Es. si ha un'operazione di aumento del capitale sociale tramite un apporto di capitale da parte dei soci: questo
impatta sulla variabile finanziarie di riferimento. Se, invece, consideriamo un conferimento di crediti, tale
aumento non intacca la liquidità (non appare nel rendiconto finanziario); se si cambiasse la variabile di
riferimento (si considera il CCN) un aumento del capitale sociale, relativa ad un conferimento di crediti,
impatta sul capitale circolante netto perché ne fa parte. Quindi, si spiega come la variabile finanziaria di
riferimento determina la considerazione o meno di un’operazione.
Es. La variazione di capitale con apporto di impianti non impatta sulla liquidità, né sul capitale circolante netto:
bisognerebbe avere un altro rendiconto, cioè Rendiconto Finanziario Globale (non è lo IAS 7), in cui si
considerano tutte le operazioni nel loro impatto finanziario in senso molto più ampio (con un apporto di
impianti si migliora la situazione finanziaria). Le cause che spiegano la variazione della variabile finanziaria
dipendono dalla natura della variabile finanziaria. Queste cause devono essere unite per facilitare
l'interpretazione.
CAUSE DI NATURA OPERATIVA→ ATTIVITÀ OPERATIVE: cioè la gestione caratteristica, sono attività del
business dell'azienda che producono ricavi per l’entità (ad es. acquisto, vendita, gestione forniture…). Le
attività operative sono la 1° fonte per generare le variazioni di liquidità; la 2° fonte sono le operazioni di
investimento e la 3° fonte sono le operazioni di finanziamento.
Costruzione del rendiconto finanziario: si parte dal CE e dello SP. Dal punto di vista operativo è necessario
capire la variabile finanziaria di riferimento secondo lo IAS 7. Lo IAS 7 indica come variabile di riferimento il
“Cash And Cash Equivalents”, cioè voci dello SP che possono essere assimilate alla cassa. Per cassa si intende
la cassa presso un'azienda e i depositi bancari attivabili su domanda (il conto corrente attivo). I cash
Equivalents sono titoli di breve termine altamente(facilmente) liquidabili, prontamente convertibili in
ammontari di cassa e che sono soggetti ad un basso o insignificante rischio di cambiamento di valore (ad es.
titoli di debito pubblico: Bot fino ad un anno). Secondo lo IAS 7 questa è la variabile finanziaria da spiegare.
Per il calcolo dell'impatto delle operazioni di gestione su questa variabile distinguiamo tre gruppi di operazioni
di gestione:
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1. ATTIVITÀ DI INVESTIMENTO→ sono attività di acquisto o cessione di asset pluriennali fisici e finanziari
ed altri titoli con le medesime caratteristiche che non son inclusi tra i cash Equivalents: es. acquisto di
cespiti (fuoriuscita di liquidità). Si potrebbe acquistare un cespite cedendo crediti (in tal caso è
un'operazione che non impatta sulla variabile finanziaria, quindi non rientra nel rendiconto
finanziario).
Nelle ATTIVITÀ DI INVESTIMENTO si inserisce il valore delle uscite di cassa (impatto negativo) per acquisire i
beni di investimento (impianti, macchinari, auto), ma anche investimenti immateriali (marchi, brevetti…) e si
inseriscono anche le attività di Disinvestimento (flusso di cassa di liquidità positivo), ad es. la vendita di un
cespite. L'importo del prezzo pagato dovrà essere inserito in questo blocco del Rendiconto Finanziario.
Analisi Dei Flussi = vuol dire variazione finanziaria. Guardando alle attività di investimento si hanno delle
attività che generano flussi finanziari, cioè quelli di disinvestimento, e attività di investimento vero e proprio
che assorbono flussi finanziari.
2. ATTIVITÀ DI FINANZIAMENTO→ attività che apportano dei cambiamenti nella dimensione e nella
composizione del capitale netto e di indebitamento dell’entità: ad es. accensione di un mutuo: si ha
un impatto positivo sulla variabile finanziaria (stessa cosa un movimento di capitale per cassa con
apporto di capitale da parte dei soci). [Il movimento di capitale con crediti non impatta sulla variabile
di riferimento].
La restituzione del finanziamento in conto capitale [i finanziamenti hanno un conto capitale e un conto
interessi] assorbirà liquidità (operazioni di restituzione) e verrà inserita in questa sezione.
Il pagamento di dividendi (flusso di cassa in uscita) può essere inserito nelle attività di finanziamento o nelle
attività operative, mentre il pagamento di interessi passivi su finanziamenti viene reputato dallo IASB
un'attività operativa.
3. ATTIVITÀ OPERATIVE → per la costruzione del rendiconto Finanz. si parte dal CE (il quale è regolato
dal principio della competenza economica).
Ricavi 100
R.F. XXX Se si guardano le attività strettamente
Stipendi (20) operative si riesce a calcolare il ∆ della
Acquisti (30) variabile finanziaria → ∆ DI LIQUIDITÀ. Si
Amm.nti (10) ipotizza che tutte le operazioni sono già
R.O. 40 passate per cassa.
Minus/plusvalenze XXX
Int. Passivi (8)
Imposte (5)
UTILE NETTO 27

Il ∆ di liquidità si può calcolare in due modi:


➢ con il METODO DIRETTO:

Ricavi 100 -
Costi monetari 50 (20 + 30)
50 (flusso di cassa generato dalla gestione tecnica operativa)
➢ con il METODO INDIRETTO→ si parte dal R.O. e si somma quello che non c'entra con i flussi di cassa.
Questo metodo è utilizzato da molte imprese nel mondo.
Reddito Operativo 40 +
Ammortamenti (10)
50

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Se non tutte le operazioni sono passate per cassa, il flusso relativo alla gestione caratteristica è un flusso
potenziale (50). Il problema si pone quando non tutto il flusso (di 50) si sia trasferito in cassa (sarà una
variazione potenziale di cassa). Occorre, quindi, capire quali di
METODO DIRETTO:
quelle operazioni (ricavi, gestione…) siano passate in cassa. Per
fare questo bisogna prendere in considerazione lo SP. Ricavi 100 – (∆+ crediti) 50
Se si hanno ricavi 100, ma i crediti sono aumentati di 50 (∆ 50) + Stipendi (20)
(questi dati non sono tutti passati per cassa così come ricavi, Acquisti 30 – (∆ fornitori)
+
(10)
perché se fossero passati per cassa sarebbero uguali o diminuiti). ∆ CASSA 20
Quindi un aumento di crediti riduce il flusso di cassa effettivo
(flusso di cassa potenziale è 100): l'aumento dei crediti va sottratto ai ricavi. Ipotizziamo che gli stipendi siano
passati per cassa (anche questi potrebbero non essere passati tutti per casa, andando a vedere le voci dello
Stato patrimoniale). Per gli acquisti facciamo riferimento ai fornitori: ad es. sono aumentati di 20 (∆+20): se
aumentano i fornitori si riducono gli acquisti (30-20). Nelle attività operative in senso ampio si aggiungono gli
interessi passivi (uscita di casa) ecc. Con il CE si costruisce il “flusso potenziale” che si “pulisce” con le
variazioni riscontrate nello SP (flusso effettivo). Lo IAS7 permette di calcolare il flusso potenziale creato dalle
attività operative con entrambi i metodi, anche se ha annunciato la modifica per concedere il calcolo secondo
il metodo diretto. Con il metodo indiretto si parte dall' utile ante imposte (si sommano gli ammortamenti, gli
accantonamenti fondi-costi non monetari). Lo IASB afferma che quando gli investitori leggono il rendiconto
finanziario, partendo dall’utile ante imposte e viene sommato quello che non c'entra, questi restano perplessi.
In realtà è un trucco per abbreviare il calcolo. Il metodo diretto è molto più facile da leggere e capire. Al
momento quasi tutte le aziende del mondo seguono il metodo indiretto.

Importanti sono le Minus/plusvalenze da alienazione/vendita di cespiti: se è presente una minusvalenza


alienazione cespiti (componente negativo-riduce l'utile) questa viene sommata (metodo indiretto): è una voce
di carattere economico e non finanziario in senso stretto (si sommano perché non si riferiscono ad un flusso).
Ad es. gestione di un impianto ad un prezzo di €100. L'impianto ha un valore contabile lordo di 120 ed è
ammortizzato: fondo ammortamento per 60.

IMPIANTI FNDO AMMORTAMENTO CASSA PLUSVALENZA ALIENAZIONE CESPITI

300 120 60 100 100 40

Sì incassano 100 della vendita. Si stralcia il prezzo (valore contabile lordo) di acquisto iniziale (120) e
l’ammortamento relativo all'impianto (60). Il valore contabile netto è 60 e avendolo venduto si ha una
plusvalenza di 40 (che andrò in CE). Si dovrà far apparire questa operazione di disinvestimento (pari a 100- in
entrata). Nel rendiconto finanziario dovrà venire fuori il flusso in entrata di cassa di 100, mentre in CE
troveremo 40 di plusvalenza. Con il metodo indiretto la plusvalenza di 40 (che sia in CE) la si sottrae, perché
non rientra nelle attività operative (stessa cosa con le minusvalenze), mentre dovrà comparire nelle
operazioni di investimento: sono operazioni di cessione di un impianto. L'utile ante imposte risente delle
minusvalenze/plusvalenze. La sommatoria dei tre flussi (operativo, di investimento e di finanziamento) deve
dare la variazione della variabile finanziaria di riferimento, “Cash&Clash Equivalents”:
-cash: cassa fisica presso l’azienda e presso gli istituti bancari (depositi attivi)
-cash equivalents: investimenti di breve termine molto liquidi che sono facimente convertibili in liquidità ad un
prezzo predeterminato e che sono soggetti ad un rischio insignificante di variazione del valore.
Es. In data 1/1/X si ha una quota di accantonamento TFR pari a 20 (a fine esercizio andrà nel fondo TFR).

F.DO TFR QUOTE ACC.NTO TFR

500 20
20
510 (∆- 10)

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Per la variabile finanziaria di riferimento legata alla gestione di un fondo TFR si guarda il ∆: se il fondo TFR sarà
510 vuol dire che un dipendente è stato liquidato. Questa discrepanza tra la quota di accantonamento ed il
valore finale del fondo indica se c'è stata o meno un’uscita di cassa (di 10 in SP): è un'attività operativa, per
arrivare al flusso netto generato dalla gestione operativa.
➢ CREDITI: ∆+ → in realtà segnala una mancata entrata di cassa (quando i crediti aumentano bisogna
togliere il ∆)
∆ →Se i crediti diminuiscono si somma il ∆ perché è un contributo a flusso di cassa
-

➢ FORNITORI: ∆+→se i fornitori aumento non vuol dire che è una mancata uscita di cassa
∆- →se si riducono vuol dire che l'azienda ha pagato gli acquisti per cassa nell'esercizio,
ma anche iniziato a pagare i debiti verso fornitori pregressi contributo negativo uscita di cassa.

In generale vale la seguente regola: Se aumentano le attività queste assorbono cassa (è negativo per la cassa);
se aumentano le passività genera casa (è positivo per la cassa: aumento di mutui, aumento debiti verso
fornitori…).
RIMANENZE FINALI: si trovano in CE. Le rimanenze iniziali e finali non impattano sulla cassa (a differenza degli
acquisti, dei ricavi…). Se si segue il metodo indiretto, implicitamente vi è il ∆ rimanenze (il quale va tolto):
rimane nel flusso di cassa potenziale. Nella seconda fase (rettifica da SP) andrà tolto anche il ∆ rimanenze,
perché queste non hanno impatto sulla cassa.
Lo IAS 7 dispone che interessi dividendi devono avere una separata “Disclosure”, evidenzia informativa.
Possono essere classificate:
a) come voci dei CASH FLOW OPERATIVI l'interesse pagato e gli interessi e dividendi ricevuti
b) oppure possono essere classificati come CASH FLOW FINANZIARI interessi pagati e come CASH FLOW
DI INVESTIMENTO interessi e dividendi ricevuti;
c) oppure dividendi pagati possono essere classificati nei CASH FLOW OPERATIVI o FINANZIARI.
Anche per le imposte su reddito occorre una disclosure separata. Generalmente vanno inserite nei flussi di
cassa operativi.

IAS 8→È uno standard contabile relativo ad una serie di comportamenti contabili di informazione. Lo IAS 8
obbliga ad evidenziare quali sono stati i metodi/criteri contabili utilizzati e spiega come affrontare eventuali
errori. Se questi errori sono riferiti al passato occorre fare un re-Statement ed occorre cambiare i saldi dello SP
iniziale (se siamo nel nuovo es.) con i valori correnti dello SP al nuovo anno (quindi, lo stato patrimoniale finale
diventa, immediatamente dopo, lo stato patrimoniale iniziale)
IAS 10 →Relativo agli eventi, avvenuti dopo la fine dell'esercizio (cioè dopo la chiusura del bilancio d'es.), che
però influenzano la redazione del bilancio in corso. Pur essendo una notizia pervenuta dopo la chiusura
dell'esercizio, ma l'evento è riferito all'esercizio precedente, si può modificare/ritoccare l'ammontare
dell’accantonamento. Così facendo non si cambia la natura perché altrimenti si altererebbe la competenza:
“ritoccare” nel senso di fare una stima per portarlo ad un valore realistico, dandone informazione nella nota
integrativa.

IAS 16→ IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI

Fa parte di un insieme di IAS relativi al trattamento contabile delle IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI (immobili,
impianti e macchinari). L’asset è una risorsa controllata dall'impresa a seguito di avvenimenti passati, dei cui
vantaggi economici futuri beneficerà l'impresa ed il cui costo può essere misurato in maniera affidabile.
Pertanto, il diritto di proprietà non è indispensabile per definire un’attività. Un'importante differenza rispetto
ai principi italiani è che gli “oneri pluriennali” non rispondono alla definizione di attività. L'immobilizzazione
materiale, generalmente, genera un costo di natura pluriennale (perché la risorsa sottostante ha natura
pluriennale).

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-Contabilizzazione Iniziale delle Immobilizzazioni Materiali→ il COSTO DI ACQUISIZIONE delle immobilizzazioni


è la base di partenza. Si potrebbe acquisire un'immobilizzazione anche tramite, ad es., un aumento di capitale.
Generalmente il costo di acquisizione è uguale al costo di acquisto. A questo si sommano gli ONERI ACCESSORI
(trasporti, onorari del notaio, imposte...). Si possono anche sommare come oneri accessori tutti i costi
necessari per portare l'immobilizzazione a funzionamento, cioè costi di installazione, attività di formazione
degli operai…. Si sommano gli INTERESSI FINANZIARI (per attività con significativo periodo di preparazione):
una parte degli interessi finanziari, sostenuti per acquisire il cespite e portarlo a funzionamento, possono
essere aggiunti al costo di acquisizione (nella misura dettata dallo IAS23). Gli interessi finanziari discendono da
finanziamenti accesi che hanno facilitato l'acquisizione di quel cespite. Secondo il codice civile italiano una
parte degli interessi può essere capitalizzata. La capitalizzazione degli interessi sul costo di acquisizione di un
cespite, in questo caso, si deve fare. Occorre considerare se vi sono anche dei CONTRIBUTI IN CONTO
CAPITALE (vanno dedotti dal costo di acquisizione), cioè finanziamenti agevolati da parte dello Stato, Regioni,
autorità pubbliche (degli ammontari dati ad un'entità per acquistare quel bene). Lo IAS 20 si riferisce ai
contributi pubblici.
Le immobilizzazioni materiali impiegati nell'attività operativa sono strumentali all'attività dell'impresa. Diverso
è il caso di investimenti immobiliari, cioè un'azienda può avere delle eccedenze di cassa, che non servono
particolarmente a livello operativo, che sono investite, ad es., in immobili, investimenti in grado di generare
flussi addizionali di reddito, che non hanno però natura strumentale. Per la contabilizzazione iniziale si
valutano allo stesso modo dello IAS 16, ma si differenziano nella contabilizzazione degli anni successivi (il
costo di acquisizione lo stesso). Questi investimenti immobiliari vengono trattati dallo IAS 40 “Investment
Property” (Investimenti Immobiliari): sono immobilizzazioni materiali, ma non hanno natura strumentale.
- IAS 16: Valutazioni successive → una volta fissato il costo di acquisizione questo diventa il valore di
riferimento anche per i periodi successivi. La valutazione successiva può essere fatta seguendo:
1. quella del COSTO AMMORTIZZABILE: cioè quel costo iniziale diventa la base per il calcolo degli
ammortamenti. Il costo del bene viene suddiviso sulla vita utile del bene stesso. L'ammortamento è la
ripartizione sistematica (cioè in ogni esercizio) di un costo e documenta la perdita di valore del cespite,
non necessariamente legato al consumo (ad es. i terreni non si ammortizzano). Questo costo viene
suddiviso sulla vita utile del bene. Per vita utile si intende la vita economica utile. L'ammortamento viene
raccolto nel fondo ammortamento, che viene portato a deduzione diretta del valore contabile del bene
ammortizzabile. Quindi, il costo viene ridotto sistematicamente per via di ammortamenti o eventuali
perdite di valore. Si può ridurre il costo ammortizzabile per una svalutazione. La svalutazione è la perdita
di valore di natura asistematica, mentre l'ammortamento è una ripartizione sistematica e va a coprire
perdite di valore estemporanee, non prevedibile del cespite. Il valore ammortizzabile è costituito dal costo
di un'attività, o qualunque altro valore che costituisce un costo, ridotto del suo “valore residuo”
(ipotetico/presunto): a fine utilizzo di quel bene non è detto che non abbia valore residuo. Il valore
residuo va dedotto dal costo di acquisizione delle attività.
2. La seconda strada in Italia non è consentita se si segue Codice Civile, ma lo diventa se si passa agli IFRS,
cioè quella della RIVALUTAZIONE PERIODICA: lo IAS 16 prevede un trattamento opzionale per la
contabilizzazione delle immobilizzazioni. Le immobilizzazioni sono valutate al Fair Value e gli
ammortamenti sono ricalcolati in modo tale che il valore netto contabile del bene sia uguale al valore
rivalutato. All'inizio si prende il costo di acquisizione (+ i vari oneri…), si comincia ad ammortizzare, ma
quando il management si accorge che il valore netto contabile (il costo di acquisizione- gli ammortamenti)
è troppo distante dal fair value del bene può rivalutare il valore netto contabile (lo allinea al Fair Value) e
ricomincia l'ammortamento. Il valore può essere oggetto di svalutazione asistematica. Il fair value vale
come punto di riferimento, ma non si deve rivalutare al Fair Value, occorre un allineamento ad esso. Tutte
le immobilizzazioni della stessa categoria devono essere rivalutate con una certa regolarità. Il valore
rivalutato è la nuova base ammortizzabile.
L’OBSOLESCENZA TECNOLOGICA è il superamento tecnologico di un bene. La vita economica utile dipende
anche dai mercati in cui si opera, oltre che dagli effetti economici e tecnologici. Le modalità di ammortamento
utilizzate devono riflettere il ritmo in base al quale i vantaggi ec. futuri legati all'attività sono utilizzati
dall'impresa. L'ammortamento può anche essere non necessariamente regolare: può esserci un
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ammortamento irregolare. La quota di ammortamento dev’essere contabilizzata tra i costi di es. Il codice civile
afferma che l'ammortamento deve essere effettuato in modo tale da lasciare un valore netto contabile
recuperabile nel tempo, dal punto di vista ec-finanziario. Significa che il valore netto contabile deve essere, in
qualche modo, agganciato agli utili futuri: questi ultimi devono essere alla guida del processo di
ammortamento. La durata dell'ammortamento dipende dalla vita utile che può essere modificata e la durata
deve essere periodicamente rivista.
APPROCCIO PER COMPONENTI: Esistono beni molto complessi che hanno numerosi componenti (es. l’aereo). I
differenti componenti di un’attività devono obbligatoriamente essere valorizzati e contabilizzati
separatamente laddove:
o essi abbiano una vita utile differente
o essi generino benefici per l'entità in base ad un ritmo differente.
La modalità e la durata dell'ammortamento devono essere determinati per ciascun componente.
N.B. non si ammortizzano i beni che hanno vita utile indefinita, ad esempio i terreni e l'avviamento, il brand
(secondo il codice civile l'avviamento si ammortizza). Non si possono creare i Fondi Di Manutenzione
Straordinaria (non soddisfino la definizione di passività). I processi di capitalizzazione riguardano eventuali
migliorie che risultano in un aumento dei vantaggi ec. futuri (attivo SP), cioè quegli interventi che si fanno sulle
immobilizzazioni immateriali (ad es. si migliora la sicurezza, si aumenta la produttività). I costi sostenuti per
queste migliorie devono essere differenziali, cioè vanno capitalizzati sul valore del bene (da non confondere
con la manutenzione ordinaria- ad es. il cambio di un pezzo).

IAS 40→ INVESTIMENTI IMMOBILIARI – “Investment Property”


Lo IAS 40 riguarda gli investimenti immobiliari (terreno o fabbricato) che si sono acquistati a scopo di
investimento e sono destinati alle attività operative, cioè non sono utilizzati come strumenti della gestione
caratteristica. Un investimento immobiliare è detenuto per:
✓ trarne dei profitti sotto forma di canoni di locazione,
✓ per valorizzare il capitale
✓ o per entrambi i motivi.
La contabilizzazione iniziale si effettua conformemente ai principi generali applicabili alle immobilizzazioni
materiali. Le valutazioni successive possono essere effettuate secondo due modelli:
1. COSTO AMMORTIZZABILE: su opzione, gli investimenti immobiliari possono restare contabilizzati al
costo storico, meno gli ammortamenti;
2. O FAIR VALUE PURO: Gli investimenti immobiliari sono rivalutati alla fine di ogni anno sulla base di
valutazioni realizzate da esperti. Il fair Value può aumentare oppure diminuire e la variazione che ne
risulta (minusvalore/plusvalore) viene contabilizzata in CE come perdita o ricavo.
Non c'è più la svalutazione nell’ammortamento (in quanto se il Fair Value va giù la svalutazione è
indirettamente già incorporata in esso). Con il fair Value puro i differenziali di valori dovuti alle rivalutazioni
annuali vanno nel CE e non in OCI, mentre se si utilizza il metodo della rivalutazione periodica la situazione è la
seguente:
SP La riserva di rivalutazione fa da cuscinetto: assorbe gli
Bene aumenti di valore del cespite, ma coi anche le
Costo acquisizione svalutazioni (fino allo zero); se la svalutazione è
Fndo amm.nto superiore andrà inserita in conto economico, come
XX svalutazione cespite. Si ipotizza che negli anni il bene
Rivalutazione XX CN valga di più (XXX): questo sarà il valore con cui
XXXX Ris. Di rivalutaz. XX
ripartire l'anno dopo l’ammortamento.
È stato, quindi, aumentato un asset (di XX): non va in CE, ma la rivalutazione va in una RISERVA DI
RIVALUTAZIONE del patrimonio netto, cioè viene sterilizzato (andrà poi in OCI). Se dopo anni c'è una
svalutazione (∆ negativo) andrà annullata la riserva e se questa è più alta dell'importo della svalutazione
(l’ultimo X) andrà inserita in CE, come svalutazione X (due annullano la riserva e l'altra va in CE). Ipotizziamo
una nuova valutazione (XX): ritorna il valore (XXX), si compensa la svalutazione fatta qualche anno prima e si

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inserisce una plusvalenza (e l'eccedenza riapre la riserva di rivalutazione). Se la valutazione è maggiore della
svalutazione (inserita anni prima) si ripristina la riserva di rivalutazione.

IAS 23→ONERI FINANZIARI


Lo IAS 23 riguarda la capitalizzazione degli oneri finanziari: questi devono essere capitalizzati sul costo
dell'immobilizzazione e questa opzione si applica alle c.d. “attività qualificate”, ovvero quei beni che esigono
un lungo periodo di preparazione prima di poter essere utilizzati o venduti (es. immobile che funzionerà da
sede sociale, costruzione di un ponte). Capitalizzare gli oneri significa aggiungere gli oneri passivi al valore
dell'immobilizzazione. Deve essere applicata a tutte le attività qualificate (scorte/magazzino, immobilizzazioni
simultaneamente). Essendo un obbligo, quando si passa dal C.c. Agli IAS/IFRS occorre modificare il valore
lordo di tutte le immobilizzazioni coinvolte ed il ricalcolo degli ammortamenti. Le condizioni da rispettare sono
le seguenti:
• il sostenimento dei costi relativi ai beni è iniziato e le attività indispensabile alla preparazione
dell'attività sono in corso: la capitalizzazione degli interessi passivi è possibile dall'inizio della
costruzione del bene fino a mesi in cui il bene entra in servizio;
• L'impresa sostiene oneri finanziari;
• La capitalizzazione (incrementare il valore del bene) degli oneri finanziari sul costo di un'attività deve
essere sospesa nei periodi prolungati di interruzione dell'attività produttiva.
Tecnicamente capitalizzare implica che è per stornare una quota non più di competenza dell'esercizio basta
scriverla dalla parte opposta: viene aggiunta una parte degli oneri finanziari al valore contabile dell'attività
qualificata (in SP).
CE SP
Oneri fin. XXX Oneri fin da capitalizzare X Imm. Immateriali
-X “qualificate” YYY
Oppure si
XX +X
sottrae dal CE

Una parte degli oneri finanziari non sarà più di quell'esercizio, perché il sostenimento di una parte di essi
servizi per la costruzione/preparazione di quelle attività qualificata (“qualificata” a ricevere gli oneri fin.
Perché hanno un lungo periodo di costruzione).
Sostanzialmente, gli oneri finanziari corrispondono ad un debito che si può presumere (specie in queste
attività qualificate), che abbia fornito dell'utilità (cioè che abbia contribuito a finanziare l’ottenimento di
un'attività qualificata): possono essere considerati degli oneri accessori.
Questo processo di sospensione di un costo, giudicato non più di competenza di quell'esercizio, per
l'inserimento di questo nello SP, si chiama capitalizzazione dei costi. Gli interessi da capitalizzare dipendono
dal tipo di finanziamento utilizzato per finanziare l'immobilizzazione. Prestiti o debiti che generano oneri
finanziari sono di due tipi:
PRESTITI SPECIFICI→ gli oneri finanziari connessi a quel prestito possono essere capitalizzati, ridotti di
eventuali proventi ottenuti dall’investimento temporaneo dei fondi presi a prestito: cioè prestiti specifici
ottenuti/finalizzati all'ottenimento dell’immobilizzazione del magazzino (es. un mutuo acceso per ripristino e
restauro della nuova sede sociale).
PRESTITI NON SPECIFICI → gli interessi capitalizzabili sono calcolati a partire da un tasso di capitalizzazione
uguale alla media ponderata (per gli ammortamenti concessi) dei costi dei finanziamenti ottenuti dall'impresa
e sostenuti nell'esercizio. Gli oneri capitalizzati non devono eccedere gli oneri finanziari sostenuti nell'esercizio.
È chiaro che se si ha un prestito specifico sarà più facile individuare gli oneri finanziari relativi alla costruzione
del bene.
Esempio: un'impresa costruisce la propria sede sociale. SOMME PAGATE
Si comincia nel novembre N- 1 e si completano i lavori 1° LUGLIO N 300.000
il 1° aprile N+1. I prestiti sono rimborsabili a partire 1° DICEMBRE N 1.200.000
dall'anno N+2. Quanti interessi capitalizzare sul costo 1° MARZO N+1 200.000
dell’immobilizzazione in N e in N+1? TOTALE 1.700.000
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FINANZIAMENTO
Credito a breve termine al 15% 100.000
esistente al 1° GENNAIO
Prestito bancario all’8% 250.000
sottoscritto il 1° LUGLIO N
Prestito obbligazionario al 7% 1.500.000
emesso il 1° NOVEMBRE

AL 31/12/N:
TASSO DA (15%*100.000+8%*250.000*6/12+1.500.000*7%*2/12)/(100.000+250.000+1.500.000)=8.95%
APPLICARE
IMPORTO DEGLI (300.000*6/12+1.200.00*1/12)*8.95%=22.375
ONERI FIN DA
CAPITALIZZARE
AL 31/12/N+1:
TASSO DA (15%*100.000+8%*250.000+1.500.000*7%)/(100.000+250.000+1.500.000)=7.57%
APPLICARE
IMPORTO DEGLI [(300.000+1.200.00+22.375)*3/12+200.000*1/12]*7.57%=30.073
ONERI FIN DA
CAPITALIZZARE
Valore contabile della nuova sede sociale= 1.700.00+22.375+30.073=1.752.448

IAS 20→ CONTRIBUTI PUBBLICI


I contributi pubblici sono contributi che si manifestano sotto forma di trasferimenti di risorse ad un'impresa a
condizione che questa abbia rispettato, si impegni a rispettare, certe condizioni relative alla alle sue attività
operative. Si distinguono in:
➢ CONTRIBUTI IN CONTO CAPITALE→ sono quelli per il cui ottenimento è essenziale per l'impresa
acquistare, costruire o acquisire attività immobilizzate (sì utilizzano per abbassare il costo di
acquisizione di un bene). I contributi pubblici non possono essere rilevati finché non esiste una
ragionevole certezza che l'impresa rispetterà le condizioni previste e che i contributi saranno ricevuti.
Il fatto che vengano erogati non è la prova definitiva (ci possono essere delle condizioni di utilizzo).
Altre condizioni poste dall'ente erogatore dei contributi possono riguardare:
• la localizzazione del bene,
• la tipologia del bene,
• il periodo di tempo durante il quale deve essere acquistato o costruito.
Normalmente questi contributi vengono portati a deduzione del bene (metodo diretto) oppure sono
contabilizzati come componente positivo di reddito nel CE, come voce distinta, “provento”, a deduzione del
relativo costo correlato (che esistessi intendono compensare), sempre nel CE. È vietato l'accredito diretto al
patrimonio netto.
➢ CONTRIBUTI IN CONTO ESERCIZIO→ sono tutti gli altri contributi, diversi da quelli in conto capitale.
-Contabilizzazione In Conto Capitale: i contributi in conto capitale possono essere rilevati:
1. O tra le attività, con riferimento al bene acquisito (però con segno-): quindi l'ammortamento di quel
bene sarà inferiore.
2. Oppure devono essere presentati nello SP, iscrivendoli di come provento differito tra i RISCONTI
PASSIVI. Il risconto passivo è un componente positivo di reddito, non di competenza di un solo
esercizio ma di più esercizi, quindi sostanzialmente, come un ricavo differito che va imputato al CE:
CE SP Si prende il contributo in C/CAP e, con lo
Amm.nto X Bene XXXX stesso ritmo con cui si effettua
Risconto passivo Risconto passivo l’ammortamento, si porta in CE, come
componente positivo di reddito: risconto
1/2X Contributo in c/c XX
passivo (si riduce l'ammortamento).
Il bene produce un
quota di amm.nto X 42

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Si produce lo stesso effetto della prima alternativa: si riduce il peso del componente negativo di reddito (cioè
l'ammortamento). Quindi, qualunque sia la rappresentazione scelta, i contributi in C/CAP devono essere
suddivisi sistematicamente negli esercizi in cui si manifestano i costi che si intendono compensare:
❖ tramite risconto, tra i ricavi dell'esercizio, in proporzione alle quote di ammortamento del bene
❖ o tramite riduzione del costo dell’ammortamento dell'esercizio.
-Contabilizzazione In Conto Esercizio: si possono alternativamente contabilizzare come:
1. componenti positivi di reddito nel CE, come voce distinta o tra “altri proventi” (si storna
indirettamente il costo a cui si riferisce)
2. o a deduzione del relativo costo correlato, sempre nel CE.
Normalmente i contributi sono a riduzione dei costi in CE. Ad esempio, dare un contributo in conto esercizio in
riduzione degli interessi passivi è un’agevolazione concessa dallo Stato, dagli enti pubblici, per ridurre il peso
di certi costi.
IAS 17→ LEASING
Il leasing è un contratto che dà al locatario il diritto di utilizzare un’attività per un periodo di tempo fissato, in
virtù del pagamento di un canone. Esistono due tipi di leasing e conseguentemente due trattamenti contabili
differenti:
➢ LEASING OPERATIVO→ le attività oggetto di tali contratti restano contabilizzate tra le attività del
locatore e i canoni di locazione vengono contabilizzati in CE tra i costi per la durata del contratto, in
base al metodo lineare (IL leasing operativo previsto allo IAS 17 è identico a quello previsto in Italia). Il
Leasing operativo è utilizzato prevalentemente per noleggiare un bene senza doverlo comprare alla
fine.
➢ LEASING FINANZIARIO→ È un contratto che trasferisce al locatario tutti i rischi e i vantaggi legati al
possesso delle attività e non prevede necessariamente un trasferimento del titolo di proprietà. Si
tratta di una forma agevolata di acquisizione del bene (acquisto a rate).
Con il leasing finanziario, l'attività o le attività prese in locazione sono trattate come se fossero state
acquistate a credito e finanziate da un prestito erogato dal locatore. Quindi, le attività sono iscritte nell'attivo
dello SP, tra le attività, e sono ammortizzate sulla durata della vita utile. Il finanziamento ottenuto, invece, è
contabilizzato nel passivo dello SP, tra i debiti finanziari. Il canone leasing non c'è perché viene frazionato in
interessi passivi (contabilizzati nel CE) e l'altra parte del canone leasing costituisce il rimborso del
finanziamento. Dal punto di vista contabile, le aziende cercheranno di far vedere che hanno molti leasing
operativi, perché registrando solamente il canone in CE non mostrano l’indebitamento, che rischia di far
saltare gli accordi con le banche. Quando l'impresa accende un finanziamento con una banca, normalmente la
banca pone delle clausole (covenant) che vanno rispettate e sono espresse con i parametri quantitativi. Se
non si rispettano questi covenant, ad esempio si supera il tasso di indebitamento a causa della capitalizzazione
di un leasing finanziario, la banca è del tutto legittimata ad interrompere i rapporti e di chiedere
immediatamente il rientro del prestito concesso (es. mutui, scoperto di conto corrente).
Le imprese, quindi, fanno contratti molto complessi in modo tale da far risultare che leasing è operativo e non
finanziario. L’IFRS16, che ha impiegato 10 anni per essere approvato (obbligatorio dal 1° gennaio), sostituisce
lo IAS 17, stabilendo che: dato che le imprese spesso taroccano i contratti per far sembrare operativo quello
che è un leasing finanziario, tutti i beni in leasing, sia operativi che finanziari, vanno capitalizzati.
Dal punto di vista contabile, al passivo dello SP troviamo la voce indebitamento (il valore del debito: i canoni
da versare) e all'attivo si inserisce una voce denominata “diritto di utilizzazione del bene”, di importo pari alla
differenza del delta di indebitamento (il valore del bene in leasing: quindi ci sarà un costo di acquisizione).
I due valori corrispondono: il debito è uguale al valore del bene in leasing.

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IAS 38→ IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI - “Intangible Assets”


Lo IAS 38 riguarda le immobilizzazioni immateriali. È uno standard (ereditato dallo IAS) che il FASB ha toccato
molto poco. Lo standard più antico è lo IAS 2 (sulle rimanenze finali), ma lo IAS 38 è stato solo ritoccato, non
ha avuto una vera e propria revisione. Il presidente dello IASB definiva, già nel 2012, lo IAS 38 uno standard
rudimentale (primitivo) e fu, chiaramente, fonte di molti problemi per gli investitori. Il Conceptual Framework
definisce asset una risorsa controllata da un’entità come risultato di eventi passati che ci si aspetta sia in
grado di apportare benefici ec. futuri. Il Conceptual framework fa riferimento anche al principio di
riconoscimento contabile. I due criteri per il riconoscimento contabile di una risorsa sono:
• la capacità di apportare benefici economici futuri e
• la possibilità di misurare l’asset in modo affidabile (reliably)
Se una risorsa non passa questi due criteri non potrà essere scritta nello SP.
Definizione di immobilizzazione immateriale: è un asset identificabile, di natura non monetaria e privo di
sostanza economica. I requisiti imposti dallo IAS 38 per definire un Intangible asset sono:
1. la sua identificabilità,
2. il controllo di queste risorse,
3. ed i benefici economici
Mentre gli ultimi due sono già presenti nel Conceptual framework, fanno parte della nozione generale di
asset, con lo IAS 38 viene introdotto un nuovo ed ulteriore criterio, cioè l’identificabilità: significa che l’asset
deve essere identificabile in sé in modo da distinguerlo dall’avviamento (a differenza dello IAS16-Imm.
Materiali perché si dà per scontato che un asset materiale sia identificabile). Nel bilancio consolidato emerge
una strana differenza tra il prezzo di acquisizione di un'azienda ed il valore del suo capitale netto rivalutato
(cioè l'investitore paga di più un'azienda, o meglio il valore del capitale netto rivalutato, perché sta comprando
beni non iscritti in SP- es. brand Coca cola). Lo IAS 38 si preoccupa di fare in modo che le immobilizzazioni
immateriali, che compaiono in bilancio, siano separabili, identificabili, perché altrimenti farebbero parte del
goodwill (avviamento).
1) Un'immobilizzazione immateriale è IDENTIFICABILE quando risponde ad uno dei due criteri (Criteri Di
Identificabilità):
o quando è separabile→ cioè ha una sua identificabilità tecnica, legale (quando lo si può cioè vendere
singolarmente - es. brevetto. Brand).
o oppure quando l’asset intangibile discende da diritti contrattuali o da altri diritti legali,
indipendentemente se quel diritto contrattuale o legale sia trasferibile.
2) Il CONTROLLO è il potere di ottenere benefici economici futuri a favore delle entità e impedendo l'accesso a
tali benefici ad altre entità. Normalmente, il controllo, secondo lo IAS 38, sorge da diritti legali (cioè c'è una
borsa è legale). Non sempre ci sono diritti legati alla base del controllo, quindi, in questo caso sarà più difficile
dimostrare l'esistenza del controllo.
3) BENEFICI ECONOMICI FUTURI: cioè i ricavi derivanti dalla vendita di prodotti e servizi oppure risparmio di
costi (economie di costo) che risultino dall'utilizzo di questo asset intangibile. Esempi sono marchi, brevetti,
concessioni e autorizzazioni, licenze, testate giornalistiche, attività di ricerca e sviluppo, diritti filmici, diritti
opere di ingegno, lista clienti. Alcuni specifici Intangible asset sono coperti da altri standard: ad esempio i
diritti minerari sono coperti dall’IFRS6. Nello IAS 38 si parla del principio di riconoscimento contabile: gli asset
intangibili devono soddisfare tale principio al fine di essere inseriti nella contabilità (a differenza dello IAS16). I
criteri del principio di riconoscimento contabile sono:
o futuri benefici economici (è uno dei requisiti quindi questo punto è sicuramente soddisfatto) e
o il costo deve essere misurato con affidabilità.
Se l’asset si compra dall'esterno non ci sono problemi di riconoscimento contabile perché può essere misurato
affidabilmente tramite contratto (c'è una fattura che attesta il prezzo di acquisto di quell'asset intangibile).
Tutti gli asset intangibili acquistati nell'ambito di una aggregazione aziendale sono riconoscibili: il valore sarà
dato dal prezzo di acquisto, cioè il fair value. Il problema con il principio di riconoscimento contabile si ha
quando gli asset vengono creati all'interno dell'azienda. In tal caso il principio non è soddisfatto perché non è
semplice capire se e quando si è in presenza di un asset intangibile identificabile, non è facile capire il
momento in cui produrrà benefici economici futuri e sarà difficile determinare il costo di tale assetto in modo
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affidabile. La stranezza di questo principio è che la parte più importante del valore dell'azienda, che genere di
ricavi, non è in SP. Quindi, gli asset internamente generati non vengono contabilizzati con eccezione dei COSTI
DI SVILUPPO (mentre i costi di ricerca non sono capitalizzabili, non generano intangibili). La ricerca ha tre fasi:
la ricerca di base, la ricerca applicata e lo sviluppo. Tutto quello che è ricerca sono solo costi (contabilmente).
Le spese di ricerca sono degli investimenti (vanno in CE- si trattano come costi, quindi riducono l'utile). Si può
riconoscere una parte dei costi sviluppo (la si sospende dal CE- storno di costi, in quanto non sono più di
competenza ec. di quell'esercizio) e si inseriscono nell'attivo dello SP. Per la capitalizzazione dei costi sviluppo
devono essere rispettate sei condizioni:
1. la fattibilità tecnica del comportamento del processo di sviluppo
2. l'intenzione dell’impresa di completare l’Intangible asset
3. la possibilità dell'impresa di utilizzare o vendere l’Intangible asset
4. dimostrare come l’asset intangibile che si ottiene genererà futuri benefici economici
5. dimostrare la disponibilità di adeguate risorse per completare il processo di sviluppo
6. dimostrare l'abilità di misurare in modo affidabile le spese attribuibili allo sviluppo dell’asset
intangibile (deve avere un sistema di contabilità analitica).
Se non si rispettano tutte e se le condizioni non si possono contabilizzare i costi di sviluppo (o una parte di
essi) relativi alla creazione degli Intangible assets. Il FASB negli Stati Uniti non lo consente (non si possono
capitalizzare né i costi di ricerca, né i costi di sviluppo).
-Prima rilevazione in bilancio: Ci sono due alternative per la contabilizzazione:
o costo di acquisizione: comprende gli oneri accessori, interessi passivi (IAS 23) ed eventualmente un
riconoscimento di un contributo pubblico.
o al Fair Value (IFRS 13) se deriva da un’aggregazione aziendale (al valore di mercato).
Quando si valuta al fair value, a seguito di un’aggregazione aziendale (business combination), c'è stato un
costo dell'operazione quindi è attribuibile il fair Value all’asset intangibile. Gli Intangible asset che non sono
riconoscibili nel bilancio, lo diventano nel bilancio della nuova impresa. Nell’IFRS13 si usa riconosce il fair
Value quando acquisti (i costi passati non possono essere conosciuti come asset).
-Valutazioni successive: Dopo l'iscrizione in CE e SP ci sono due possibili modelli (come nello IAS16):
o costo ammortizzabile: Il costo del bene viene suddiviso sulla vita utile del bene stesso.
L'ammortamento viene raccolto nel fondo ammortamento, che viene portato a deduzione diretta del
valore contabile del bene ammortizzabile. Quindi, il costo viene ridotto sistematicamente per via di
ammortamenti o di eventuali perdite di valore. Eventuali ulteriori costi (es. manutenzioni
straordinarie) che vanno ad incrementare il valore del bene vengono capitalizzati (ammortizzare il
costo riconoscendo perdite di valore improvvise);
o e rivalutazione periodica.
Il modello della rivalutazione periodica è molto simile a quello dello IAS16: tale modello deve essere scelto per
una “classe” di intangibili e si applica quando il valore contabile netto delle immobilizzazioni si discosta troppo
dal valore di mercato (Fair value), a giudizio del management, venendo rivalutato ed avvicinato al valore del
fair value. Dopo aver rivalutato le immobilizzazioni si ricomincia ad ammortizzare il suo valore (si adatterà il
piano di ammortamento). Per la finalità della ri-valutazione il fair Value (che serve come benchmark per la
valutazione) deve essere determinato con riferimento ad un mercato attivo, nel quale:
✓ i beni negoziati siano omogenei
✓ che possano essere trovati dei venditori compratori che hanno intenzione di scambiare
✓ e i prezzi siano disponibili al pubblico (precisazione che non c'era per lo IAS 16).
Tuttavia, non è molto comune l'esistenza di un mercato attivo per gli asset intangibili. Quindi, la valutazione
contabile per queste voci è il criterio del costo ammortizzato (unico modello). Esempi di mercati attivi sono i
mercati della licenza dei tassi, della licenza di pesca e le quote di produzione (cioè in alcuni paesi non si può
importare più di certi quantitativi e quindi si compra dalle altre aziende) – [Paragrafo 78]
[Se si fa un’aggregazione aziendale, la controllante compra una controllata, gli intangibili della controllata
possono emergere nel bilancio della controllante? C'è un progetto (portato avanti anche dall’OICCC) che lo
IASB ha appena iniziato ad esaminare: il “Business Combination Under Common Control”: è un modo per
aggirare lo IAS 38].
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AMMORTAMENTO→ è il costo d'iscrizione delle immobilizzazione immateriale - il valore residuo eventuale.


Per alcune immobilizzazioni immateriali esiste una vita utile già definita dalla legge (in 20 anni). Alcuni
Intangible hanno una VITA UTILE INDEFINITA, ad es. l’avviamento (col passare degli anni il goodwill iniziale
viene sostituito da quello che deriva dalla fusione/acquisizione della nuova combinazione di imprese). Il
goodwill ha vita utile indefinita, quindi deriva anche dalla sinergia di due aziende che genereranno benefici ec.
futuri (sinergia, cioè ottenere un risultato superiore alla somma delle parti). L’ammortamento degli asset con
vita utile definita assomiglia molto a quella delle immobilizzazioni immateriali. Normalmente, il metodo
dell'ammortamento degli Intangible asset con VITA UTILE DEFINITA deve riflettere il percorso con il quale i
benefici ec. futuri sono acquisiti (legame tra le quote di ammortamento ed il ritmo di utilizzazione dei benefici
ec. -non è un ammortamento lineare). Quindi, andrebbe seguito il percorso con cui si ottengono i benefici ec.
futuri. Lo IAS 38 evidenzia che l'ammortamento per gli Intangible asset con VITA UTILE INDEFINITA, in
particolare il goodwill e i brands, non vanno ammortizzati. Questa è una differenza rispetto al C.c. italiano,
dove l'ammortamento è ammortizzato. Vengono assoggettati annualmente al test di svalutazione, quello cioè
dettato dallo IAS 36: occorre valutare se il goodwill e i brands hanno perso valore (se hanno perso valore si
svalutano, altrimenti no). GOODWILL→ emerge nelle aggregazioni aziendali (quello internamente generato
non si può riconoscere). Lo standard americano USA SFAS 141/2001, poi ripreso dall’IFRS 3 dello IASB, indica
che bisogna “aprire” il goodwill per vedere se ci sono intangibili che non sono stati riconosciuti. In particolare,
il USA SFAS 141/2001 e l’IFRS3 danno 5 categorie di intangibili che si potrebbero trovare l'interno del goodwill:
1. intangibili relative al marketing ù
2. legati ai clienti (lista dei clienti)
3. legati al mondo dell'arte
4. legati da un contratto (sono separabili) e
5. legati alle tecnologie.
Questi intangibili, da un lato, sgonfiano il valore del goodwill (perché vengono riconosciuti nello stato
patrimoniale), ma dall'altro, questi devono rispettare i tre requisiti: identificabilità, controllo e futuri benefici
economici e occorre chi siano iscrivibili in bilancio in base al principio di riconoscimento contabile.

IAS 24→ INFORMATIVE DI PARTI CORRELATE


IAS 24 relativo all'informativa (disclosure) da fornire a fronte di situazioni di conflitto di interesse. È un tema
delicatissimo del capitalismo avanzato in quanto i conflitti interesse minano i rapporti commerciali, economici.
Lo IAS 24 dà l’informativa su quali siano le PARTI CORRELATE: la parte correlata è una persona (o entità)
correlata all'entità che produce il bilancio. È una definizione generica, mentre le definizioni di dettaglio
indicano alcuni esempi: la persona, o un membro vicino alla famiglia di questa, è correlata all'entità che
produce il bilancio se quella persona ha il controllo, o il controllo congiunto, dell’entità che produce il bilancio.
È correlata se:
▪ ha un'influenza significativa,
▪ si ha il controllo della reporting Entity,
▪ oppure è un membro chiave del management della reporting Entity (o della reporting Entity
controllata)
Altre situazioni di correlazione si hanno quando un'entità, rispetto alla reporting entity, si trova nella seguente
situazione:
▪ è un'entità che fa parte dello stesso gruppo della reporting Entity;
▪ quando un'entità è associata ad una joint-venture;
▪ e se c'è una persona che ha il controllo di ambedue
In questo tipo di situazione il trasferimento di risorse/servizi ed obbligazioni tra la reporting Entity e la parte
correlata deve essere soggetto ad un’informativa. Questo tipo di transazioni riguardano non solo la persona
correlata con l'azienda (l'imprenditore), ma anche i figli, la moglie, il partner (cioè l'imprenditore può creare
una correlazione tra l'azienda e altre figure della sua famiglia). Un'altra forma di informativa di correlazione è
quella con le figure chiavi del management: se ricevono particolari transazioni, queste vanno evidenziate così
come tutti i benefici, le eventuali azioni che ricevono. Quindi, lo IAS 24 informa sui rapporti economici di
crediti, debiti, benefici, servizi, prodotti, vendite tra la reporting Entity ed una serie di parti che sono ad esse
correlate (ad esempio l'imprenditore, membri della sua famiglia…), ma anche figure chiave del manager.
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BILANCIO CONSOLIDATO- “Consolidated Account”


I mercati finanziari più evoluti, ma in generale tutti i mercati finanziari, per avere informazioni su un'impresa
fanno riferimento al bilancio consolidato di gruppo. Il bilancio delle singole imprese serve per determinare le
imposte e i dividendi della stessa. Quindi, quando si parla di informativa finanziaria, ci si riferisce al bilancio
consolidato di gruppo: si parla di “informativa consolidata”. Il Regolamento Europeo 1606/2002 si rivolge al
bilancio consolidato. È bene chiarire cosa si intende con GRUPPO AZIENDALE→ insieme di aziende
giuridicamente distinte tra loro che, pur mantenendo inalterata la propria autonomia giuridica, operano in
stretta coordinazione tra loro nell'interesse dell'unità sovra-aziendale unitariamente intesa. Ciascuna impresa
redigere un proprio bilancio: giuridicamente distinte, ma operano per il beneficio del gruppo. Vi è una
pluralità di soggetti giuridici, cioè le imprese e le società che compongono il gruppo, ed un’unicità di soggetto
economico, l'interesse sovra-aziendale. Si ha una formazione aziendale differente, che va al di là dell'aspetto
giuridico. Nell'ordinamento italiano non esiste la nozione giuridica di gruppo, cioè non esiste il gruppo
aziendale, ma esiste il concetto di società controllata, mentre in Germania esiste un concetto giuridico di
gruppo. In Italia tale concetto si spiega con una logica economica aziendale. Negli Stati Uniti l'unica
informazione pubblicamente disponibile è quella del bilancio consolidato, ma solo delle società quotate. Se
non sono quotate non si hanno informazioni pubblicamente disponibili. Il BILANCIO CONSOLIDATO ha lo
scopo di evidenziare i rapporti di natura economica e patrimoniale tra il gruppo (unica entità economica) e le
terze economie. Il bilancio consolidato è frutto di un PROCESSO DI CONSOLIDAMENTO (non si considerano le
transazioni interne che non producono utile, non impattano sul CN).

Il BILANCIO AGGREGATO sovrastima il CN, ma anche gli asset del gruppo: si sommano le partecipazioni di A
con gli asset di B. Nel BILANCIO CONSOLIDATO vengono eliminate le partecipazioni appunto perché la
partecipazione di A in B va direttamente tra le attività e passività di B. Le partecipazioni sono già
rappresentate da A -P (vengono eliminate) della società B (le partecipazioni A rappresentano la differenza tra
attivo e passivo di B: rappresenta il capitale netto).
SP CONSOLIDATO
A (b) P(b)

+A (a)

CN XX

Le partite infragruppo (intercompany) vanno duplicate. Gli scambi intercompany, dal punto di vista del
gruppo, (vanno eliminati) non esistono (non vale la ricchezza del gruppo). Vengono valutati gli scambi con
terze economie, con i quali varierà la ricchezza del gruppo. Quindi, un bilancio aggregato non solo sovrastima
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l'attivo, il passivo, ma anche il CN (sia gli aspetti patrimoniali che reddituali). In particolare, con riferimento
all'attivo e al passivo, tratta gli effetti di scambi infragruppo come se esistessero dal punto di vista del gruppo
(ma in realtà non esistono). Il bilancio consolidato elimina gli effetti “doppioni” della procedura di
consolidamento, sia dal punto di vista patrimoniale che reddituale. Per procedere alla redazione del bilancio
consolidato si ha bisogno di una teoria di consolidamento.
Il bilancio consolidato di gruppo è il bilancio di funzionamento di un'azienda strutturata gruppo ed è lo
strumento che permette di capire lo stato di salute economico finanziaria del gruppo azienda. In questo
contesto i bilanci delle singole imprese risultano poco significativi e inadeguati poiché alle singole aziende che
compongono il gruppo hanno autonomia giuridica ma poca autonomia economica nelle scelte economico-
finanziarie che vengono prese. Da qui nasce la necessità di uno strumento diverso, che allarga il perimetro del
bilancio e fino ai confini del gruppo aziendale. Vi sono diversi motivi per i quali si formano i gruppi aziendali:
motivi di efficienza gestionale (invece che esternalizzare, producono tutto all'interno del gruppo per
controllare meglio la filiera), differenziazione di prodotto, condivisione dei rischi, motivi di convenienza fiscale,
maggiori finanziamenti a titolo di capitale di rischio.
Uno dei motivi finanziari è la LEVA AZIONARIA→ cioè un meccanismo B A C
tale per cui la società A controlla il 100% delle risorse di D, ma
investendo il 18% del capitale a pieno titolo di rischio (cioè il 60% del 30%).
Questo è un meccanismo tipico del capitalismo italiano: si controlla D F
una grossa fetta investendo poco (l'investimento a rischio è molto più
limitato rispetto alla capacità di controllo: così facendo si riduce il rischio finanziario). Più il gruppo è composto
da livelli, minore sarà l'investimento a rischio (la leva azionaria sarà più forte) con cui si potrà controllare il
100% delle risorse. Più si scende di livello più diminuirà il capitale investito. Il problema è relativo alla
distribuzione dei dividendi: per far risalire i dividendi della società gruppo (es. D) alla capogruppo A ci vogliono
un numero di anni pari al numero di livelli. Quindi, aumentando i livelli si riduce l'investimento a rischio, ma
aumenta la lunghezza della catena della società per usufruire dei dividendi. Per quanto riguarda i motivi fiscali,
molte società della capogruppo potrebbero avere sede nei cosiddetti paradisi fiscali.
TRANSFER PRICING: è un meccanismo, utilizzato da tutte le multinazionali, per fare apparire la maggior parte
dell'utile nei paesi con ridotta aliquota di tassazione, utilizzando i prezzi interni di trasferimento.
Ulteriori motivazioni (di Risk Management) per la creazione del gruppo sono relative alla condivisione degli
utili (mitigazione del rischio): cioè la struttura del gruppo permette che il fallimento di una singola società non
determini il fallimento dell’intero gruppo. Vi sono poi motivi strategici:
❖ delocalizzazione
❖ motivazioni strategico commerciali
❖ efficienza gestionale (motivazioni operative): organizzare l'intera filiera con società, ognuna delle quali
presiede una certa fase della lavorazione/produzione.
Interpretazione Specifica di Gruppo: la definizione può contenere diverse interpretazioni specifiche di gruppo.
In particolare, la fondamentale distinzione di concezione di gruppo è:
A. un'estensione della capogruppo→ TEORIA DELLA PROPRIETÀ
B. oppure è un'unica entità economica→ TEORIA DELLE ENTITÀ.
La diversa interpretazione porta a due diversi modi di redazione del bilancio consolidato:
A. TEORIA DELLA PROPRIETÀ: il gruppo viene inteso come un'estensione basata sull'idea della proprietà
della capogruppo. Il bilancio consolidato, pertanto, accoglie i valori delle singole società quotate, ma
solo nella misura di proprietà. Il gruppo viene considerato come un insieme di risorse a disposizione
della capogruppo. Le società controllate sono considerate come un investimento della capogruppo.
Il gruppo finisce dove finisce la proprietà (conseguentemente anche in bilancio consolidato): ad es. A controlla
B con il 60%, però il 40% del capitale non entrerà nel bilancio consolidato predisposto secondo la Teoria delle
Proprietà strettamente intesa. Questo metodo di redazione del bilancio conduce ad una tecnica di
consolidamento chiamata proporzionale: cioè si considereranno le risorse delle controllate nella misura in cui
sono di proprietà della capogruppo.
È il modo con cui le imprese, da fine ‘800- inizio ‘900, hanno redatto per molti anni il bilancio consolidato. Il
bilancio consolidato nasce negli Stati Uniti (il primo fu nel 1904). La tecnica proporzionale è utilizzata ancora
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oggi con riferimento alle joint-venture: si crea una nuova società a controllo paritetico, cioè nessuno comanda
(ad es. A e B creano C comandata al 50% da entrambe).
Una versione meno radicale della teoria della proprietà è la:
TEORIA DELLA CAPOGRUPPO: cioè il gruppo viene considerato come un sistema di risorse disponibili per la
capogruppo (in modo unitario): è una teoria che dà valore al concetto di leva azionaria. Si ha lo stesso
approccio teorico della precedente.
Le società controllate vengono considerate filiali che operano secondo le disposizioni della capogruppo. Si
tratta di una disponibilità sul 100% delle risorse (mentre prima era solo del 60%), considerando anche le
risorse apportate da chi non è parte del gruppo (risorse finanziarie degli azionisti di minoranza), ma nello SP di
gruppo si avrà soltanto il CN del gruppo che è quello della controllante. La corrispondente frazione di capitale
delle controllate (cioè non di proprietà della capogruppo) viene considerato come un finanziamento, quindi
una passività. Nel CE, invece, sarà presente l’utile di pertinenza delle maggioranze (ad esempio 60%) ed il
restante 40% dell'utile di una controllata verrà trattato come un costo, che la società deve sopportare per
avere i finanziamenti di terzi. Rappresentando le risorse complessive si utilizzerà una tecnica di
consolidamento integrale. La Teoria della Capogruppo prende vigore negli anni ‘30-‘40 e si impone per molti
anni negli Stati Uniti.
B. TEORIA DELLE ENTITÀ: il bilancio consolidato è considerato come il bilancio dell’entità economica
rappresentata dal gruppo nel suo insieme.
La teoria dell'entità nasce da un contributo teorico di un accademico, il professor Moonitz (1942-1944) dal
libro “The Entity Theory of Consolidated Statements”. Per molti anni questa teoria non ebbe lezioni nella
pratica. Negli ultimi 15 anni inizia ad essere utilizzata anche dagli standard setter nazionali (IASB e FASB) ed
oggi risulta la strategia vincente: il bilancio contabile IFRS è largamente rispondente alla Teoria dell’entità.
Questa teoria porta ad una tecnica di consolidamento integrale, diversa però da quella della Teoria della
Capogruppo (vi sono delle differenze tecniche). Infine, c'è un’ultima interpretazione di gruppo che, a
differenza delle precedenti, non ha una vera e propria base teorica, chiamata
C. TEORIA MODIFICATA DELLA CAPOGRUPPO: c'è una fusione tra la Teoria della proprietà e la Teoria
dell’entità.
Nella prassi, e in parte anche nella legge, si vengono a fondere la tecnica di consolidamento integrale della
capogruppo e quella dell’entità (si uniscono diverse opzioni tecniche, appartenenti a diversi ceppi teorici).
Nasce, soprattutto, in ambito europeo (dal compromesso fra tedeschi di inglesi con francesi e olandesi: cioè
settima direttiva).

Decreto Legislativo 127/1191


La IV e la VII direttiva vengono recepite in Italia col D.lgs. 127/1991 (figlio della Teoria modificata della
Capogruppo). In Germania si ha una definizione di gruppo (Concern), mentre in Italia il C.c., all'art. 2359
(modificato dal D.lgs. 127) da una nozione di società controllata e di società collegata:
Si ha una SOCIETÀ CONTROLLATA quando:
1) la società controllante (A) dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria
2) oppure quando un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza “dominante”
nell'assemblea ordinaria
3) o quando una società è sotto l'influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali (es.
contratto di somministrazione in esclusiva (un’azienda è obbligata ad acquistare beni o servizi da
un’unica società) o un accordo di franchising).
Per quanto riguarda i primi due punti, quando si contano i voti occorre conteggiare anche i voti disponibili in
via indiretta (ad esempio società controllate, società fiduciarie...).

La SOCIETÀ COLLEGATA→ è una società su cui un’altra esercita un'influenza “notevole”.


Il C.c. dà una presunzione relativa (non assoluta, ammette prova contraria): cioè si presume che una società
abbia un'influenza notevole su un'altra società (quest'ultima è collegata alla prima) quando questa società
abbia almeno un quinto dei voti nell'assemblea ordinaria (cioè il 20%). Se la società di cui si possiedono le

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azioni (quindi si esercitano i voti) è una società quotata si presume che l'influenza notevole esista con un
decimo dei voti (cioè il 10%). Il quorum si riduce dal 20% al 10%.
L'art. 2359 dà una definizione generica, ma nel D.lgs. 127/1991 (art.1) troviamo una nozione di società
controllata e di società collegata differente ai fini del bilancio consolidato. Il decreto legislativo 127/1991 pone
una modifica ai fini della redazione del bilancio consolidato delle nozioni di società controllata nell'art.26:
“...sono considerate imprese controllate quelle indicate nei numeri 1 e 2 del comma 1 dell'articolo 2359 del
codice civile”. Viene escluso il numero 3 (influenza dominante a causa di vincoli contrattuali). L'art. 26
aggiunge ulteriori ipotesi specifiche 2° comma:
a. “sono considerate controllate le imprese su cui un'altra ha il diritto, in virtù di un contratto di una
clausola statutaria, di esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali
contratti o clausole”. In Italia questo non è possibile, differenza dell’ordinamento giuridico tedesco,
dove è possibile avere un contratto tra due imprese, chiamato contratto di dominazione: cioè
l'impresa che sottoscrivere tale contratto si considera controllata.
b. “Le imprese su cui un'altra in base ad accordi con altri soci, controlla da solo la maggioranza dei diritti
di voto”. È il caso ad esempio di un accordo tra soci con un patto parasociale, tale per cui tale quota
venga gestita da uno tra essi. In Italia questo tipo di accordo è frequente e viene denominato patto di
sindacato: viene cioè a crearsi una coalizione di soci per la gestione delle loro quote in modo unitario,
con un'unica voce (cioè da uno di essi).
3° comma: “ai fini dell'applicazione del comma precedente si considerano anche i diritti spettanti a società
controllate, società fiduciarie e a persone interposte; non si considerano quelli spettanti per conto di terzi”. Si
conteggiano, quindi, anche i diritti di voto che spettano in via indiretta: si devono calcolare le percentuali
spettanti alle altre imprese controllanti.
Il Capo III del D.lgs. 127/1991 contiene la disciplina del bilancio consolidato evidenziando, in particolare, quali
sono le imprese obbligate a redigerlo, quali sono le imprese che sono esonerate e quali sono le imprese
escluse. Il principio generale è che quando una società di capitali (società per azioni, in accomandita per azioni
e a responsabilità limitata) controlla un'altra impresa, questa società controllante è obbligata a redigere il
bilancio consolidato (art 25 D.lgs. 127/1991). Ai fini del bilancio consolidato vale la definizione di società
controllata dell’art. 26, poiché questo articolo cerca di dare il perimetro del bilancio consolidato (legge
speciale prevale su quella generale). Definire il perimetro di consolidamento significa stabilire i confini
dell’oggetto di rappresentazione del bilancio consolidato, ovvero determinare quali bilanci di esercizio delle
unità che compongono il gruppo vanno inseriti nel bilancio consolidato.

Processo di consolidamento
Il processo di consolidamento si caratterizza per una serie di operazioni complesse, che idealmente possono
essere così suddivise:
➢ consolidamento delle partecipazioni
➢ eliminazione delle operazioni infragruppo
➢ e valutazione delle partecipazioni escluse dal consolidamento integrale
CONSOLIDAMENTO DELLE PARTECIPAZIONI→ La prima cosa da fare quando si devono consolidare due bilanci
è eliminare la partecipazione contro la corrispondente frazione del patrimonio netto della società controllata.
Compiendo quest'operazione potrebbe risultare una differenza di consolidamento, che può quindi, formarsi
all'atto della sostituzione del valore delle partecipazioni con i valori patrimoniali delle unità incluse nell'area di
consolidamento. Tali differenze si manifestano perché il prezzo pagato dall'impresa acquirente per assicurarsi
il controllo di un'altra impresa generalmente approssima il valore del capitale economico delle aziende e non
riflette il valore del capitale di bilancio delle medesime.
Si possono formare:
o differenze positive, qualora il valore della partecipazione è maggiore rispetto al patrimonio netto o
alla corrispondente frazione di esso;
o o differenze negative, nel caso in cui il valore della partecipazione è inferiore rispetto al patrimonio
netto o alla corrispondente frazione dello stesso.

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Negli ultimi anni lo IASB ha modificato la disciplina di riferimento delle aggregazioni aziendali introducendo
una nuova versione dell’IFRS3 che si caratterizza per consentire l'applicazione di una metodologia (che
comporta la rilevazione del cosiddetto full goodwill) di rilevazione delle aggregazioni aziendali assimilabile a
quanto previsto dalla Teoria delle entità. Secondo quanto stabilito dall’IFRS 3 le differenze di consolidamento
sono determinate come differenza tra il costo di acquisto della partecipazione e la corrispondente quota di
patrimonio netto rispetto al Fair Value; tali valori devono essere quelli esistenti alla data dell'acquisto. Dopo
aver rivalutato ex ante le attività e le passività
o l'eventuale differenza positiva deve essere iscritta alla voce avviamento dello SP consolidato
o e l'avviamento, inizialmente, è iscritto al costo; successivamente non deve essere ammortizzato, ma
viene sottoposto nuovamente ad un test di svalutazione (impairment test)
Quindi, l'avviamento di pertinenza della capogruppo è determinato come differenza tra il prezzo pagato e la
corrispondente frazione di patrimonio netto acquisita, riespressa al Fair value. L’avviamento di pertinenza
delle minoranze, invece, viene determinato come differenza tra l'avviamento complessivo e quello di
pertinenza della capogruppo.
ELIMINAZIONE DELLE OPERAZIONI INFRAGRUPPO→ I trasferimenti infragruppo sono scambi che possono
avere sia natura commerciale che finanziaria e si caratterizzano per essere operazioni di gestione esterna se
osservati nell'ottica delle unità tra le quali avviene lo scambio, oppure possono essere viste con operazioni di
gestione interna se osservati nell'ottica di gruppo. In ogni caso, in sede di redazione del bilancio consolidato, i
valori emersi dalle operazioni infragruppo devono essere eliminati (con la rilevazione delle correlate imposte
anticipate o differite) per evidenziare solo i rapporti con i terzi.
La normativa italiana sul bilancio consolidato (D.lgs. 127/1991) impone che siano eliminati:
a) crediti e debiti infragruppo
b) costi e ricavi infragruppo
c) redditi infragruppo non realizzati (diversi da valori in corso su ordinazione di terzi)

Per quanto riguarda gli utili e le perdite infragruppo:


• se realizzate dalla controllante (la capogruppo), si eliminano interamente indipendentemente delle
percentuali di partecipazione;
• se realizzati dalle partecipate, si eliminano internamente, ma dovrà essere rilevata la quota di
interesse delle minoranze.
Infine, i dividendi distribuiti dalle partecipazioni che fanno parte del perimetro di consolidamento devono
essere stornati dal CE della capogruppo per evitare la doppia contabilizzazione degli utili delle partecipate
stesse: la prima come quote di utili e la seconda come dividendi incassati.
VALUTAZIONE DELLE PARTECIPAZIONI ESCLUSE DAL CONSOLIDAMENTO INTEGRALE→ Secondo quanto
disposto dal D.lgs. 127/1991 le partecipazioni costituenti immobilizzazioni in imprese collegate che non fanno
parte del perimetro di consolidamento sono valutate con il criterio del patrimonio netto, che allinea il valore
delle partecipazioni con la corrispondente frazione di patrimonio netto.

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MODIFICHE al Decreto Legislativo 127/1991


Art. 25. IMPRESE OBBLIGATE A REDIGERE IL BILANCIO CONSOLIDATO
1. Le società per azioni, in accomandita per azioni, e a responsabilità limitata che controllano un'impresa
debbono redigere il bilancio consolidato secondo i criteri stabiliti dalle disposizioni degli articoli seguenti.
Art. 26. IMPRESE CONTROLLATE
1. Agli effetti dell'art. 25 sono considerate imprese controllate quelle indicate nei numeri 1) e 2) del primo
comma dell'art. 2359 del codice civile. 2. Agli stessi effetti sono in ogni caso considerate controllate: a) le
imprese su cui un'altra ha il diritto, in virtu' di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare
un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole; b) le imprese in cui
un'altra, in base ad accordi con altri soci, controlla da sola la maggioranza dei diritti di voto.
3. Ai fini dell'applicazione del comma precedente si considerano anche i diritti spettanti a società controllate, a
società fiduciarie e a persone interposte; non si considerano quelli spettanti per conto di terzi.
Art. 27. CASI DI ESONERO DALL'OBBLIGO DI REDAZIONE DEL BILANCIO CONSOLIDATO
1. Non sono soggette all'obbligo indicato nell'art. 25 le imprese controllanti che, unitamente alle imprese
controllate, non abbiano superato, per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:
a) 20.000.000 euro nel totale degli attivi degli stati patrimoniali;
b) 40.000.000 euro nel totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni;
c) 250 dipendenti occupati in media durante l'esercizio.
2. L'esonero previsto dal comma precedente non si applica se l'impresa controllante o una delle imprese
controllate abbia emesso titoli quotati in borsa. 3. Non sono inoltre soggette all'obbligo indicato nell'art. 25 le
imprese a loro volta controllate quando la controllante sia titolare di oltre il 95% delle azioni o quote
dell'impresa controllata ovvero, in difetto di tale condizione, quando la redazione del bilancio consolidato non
sia richiesta almeno sei mesi prima della fine dell'esercizio da tanti soci che rappresentino almeno il 5% del
capitale. 3-bis. Non sono soggette all'obbligo indicato nell'articolo 25 le imprese che controllano solo imprese
che, individualmente e nel loro insieme, sono irrilevanti ai fini indicati nel secondo comma dell'articolo 29.
4. L'esonero previsto dal comma precedente è subordinato alle seguenti condizioni:
a) che l'impresa controllante, soggetta al diritto di uno Stato membro delle Comunità europee, rediga e
sottoponga a controllo il bilancio consolidato secondo il presente decreto ovvero secondo il diritto di
altro Stato membro delle Comunità europee;
b) che l'impresa controllata non abbia emesso titoli quotati in borsa.
Art. 28 CASI DI ESCLUSIONE DAL CONSOLIDAMENTO
1. Devono essere escluse dal consolidamento le imprese controllate la cui attività abbia caratteri tali che la loro
inclusione renderebbe il bilancio consolidato inidoneo a realizzare i fini indicati nel secondo comma dell'art. 29.
[abrogato dall’art.3 del d.lgs. 32/2007]
2. Possono essere inoltre escluse dal consolidamento le imprese controllate quando:
a) la loro inclusione sarebbe irrilevante ai fini indicati nel secondo comma dell'art. 29, sempre che il
complesso di tali esclusioni non contrasti con i fini suddetti;
b) l'esercizio effettivo dei diritti della controllante è soggetto a gravi e durature restrizioni;
c) non è possibile ottenere tempestivamente, o senza spese sproporzionate, le necessarie informazioni;
d) le loro azioni o quote sono possedute esclusivamente allo scopo della successiva alienazione.
Art. 29. REDAZIONE DEL BILANCIO CONSOLIDATO
1. Il bilancio consolidato è redatto dagli amministratori dell'impresa controllante. Esso è costituito dallo stato
patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa.
2. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione
patrimoniale e finanziaria e il risultato economico del complesso delle imprese costituito dalla controllante e
dalle controllate. 3bis. Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione,
informativa e consolidamento quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una
rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture
contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente
disposizione. 3. Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni del presente decreto non sono sufficienti a
dare una rappresentazione veritiera e corretta, il bilancio deve fornire le informazioni supplementari
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necessarie allo scopo. 4. Se, in casi eccezionali, l'applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è
incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata. La nota
integrativa deve motivare la deroga e indicarne l'influenza sulla rappresentazione della situazione
patrimoniale, finanziaria e del risultato economico.
6. Il bilancio consolidato può essere redatto in migliaia di euro.
Art. 30. DATA DI RIFERIMENTO DEL BILANCIO CONSOLIDATO
1. La data di riferimento del bilancio consolidato coincide con la data di chiusura del bilancio dell'esercizio
dell'impresa controllante. 2. La data di riferimento del bilancio consolidata può tuttavia coincidere con la data
di chiusura dell'esercizio della maggior parte delle imprese incluse nel consolidamento o delle più importanti di
esse. L'uso di questa facoltà deve essere indicato e motivato nella nota integrativa. 3. Se la data di chiusura
dell'esercizio di un'impresa inclusa nel consolidamento è diversa dalla data di riferimento del bilancio
consolidato, questa impresa è inclusa in base a un bilancio annuale intermedio, riferito alla data del bilancio
annuale consolidato.
Art. 31. PRINCIPI DI CONSOLIDAMENTO
1. Nella redazione del bilancio consolidato gli elementi dell'attivo e del passivo nonché' i proventi e gli oneri
delle imprese incluse nel consolidamento sono ripresi integralmente. [metodo integrale- esclude la T. della proprietà
strettamente intesa] 2. Sono invece eliminati:
a) le partecipazioni in imprese incluse nel consolidamento e le corrispondenti frazioni del PN di queste;
b) i crediti e i debiti tra le imprese incluse nel consolidamento;
c) i proventi e gli oneri relativi ad operazioni effettuate fra le imprese medesime;
d) gli utili e le perdite conseguenti ad operazioni effettuate tra tali imprese e relative a valori compresi nel
patrimonio, diversi da lavori in corso su ordinazione di terzi.
3. Possono non essere eliminati, indicandone il motivo nella nota integrativa: gli importi di cui alle lettere b), c)
e d) se irrilevanti; quelli di cui alla lettera d) relativi ad operazioni correnti dell'impresa, concluse a normali
condizioni di mercato, se la loro eliminazione comporta costi sproporzionati.
4. Ai fini della eliminazione prevista nel secondo comma, lettera a), dal patrimonio netto delle imprese incluse
nel consolidamento deve previamente essere detratto il valore contabile delle azioni o quote della società che
redige il bilancio consolidato appartenenti a quelle. Tale importo è iscritto nello stato patrimoniale consolidato
alle voci "azioni o quote proprie" e "riserva per azioni o quote proprie".
Art. 32. STRUTTURA E CONTENUTO DELLO SP, DEL CE E DEL RENDICONTO FINANZIARIO CONSOLIDATI
1. Salvi gli adeguamenti necessari, la struttura e il contenuto dello stato patrimoniale, del conto economico e
del rendiconto finanziario consolidati sono quelli prescritti per i bilanci di esercizio delle imprese incluse nel
consolidamento. Se questi sono soggetti a discipline diverse, deve essere adottata quella più idonea a
realizzare i fini indicati nel comma 2 dell'art. 29, dandone motivazione nella nota integrativa.
2. Le voci relative alle rimanenze possono essere raggruppate quando la loro distinta indicazione comporti
costi sproporzionati. 3. L'importo del capitale e delle riserve delle imprese controllate corrispondente a
partecipazioni di terzi è iscritto in una voce del patrimonio netto denominata "capitale e riserve di terzi".
4. La parte del risultato economico consolidato corrispondente a partecipazioni di terzi è iscritta in una voce
denominata "utile (perdita) dell'esercizio di pertinenza di terzi".
Art. 33. CONSOLIDAMENTO DELLE PARTECIPAZIONI
1. L'eliminazione prescritta dell'art. 31, comma 2, lettera a), è attuata sulla base dei valori contabili riferiti alla
data ((di acquisizione o alla data)) in cui l'impresa è inclusa per la prima volta nel consolidamento. (le presenti
modifiche si applicano ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire dal 1/1/2016.)
2. Se l'eliminazione determina una differenza, questa è imputata nel bilancio consolidato, ove possibile, agli
elementi dell'attivo e del passivo delle imprese incluse nel consolidamento. 3. L'eventuale residuo, se negativo,
è iscritto in una voce del patrimonio netto denominata "riserva di consolidamento", ovvero, quando sia dovuto
a previsione di risultati economici sfavorevoli, in una voce denominata "fondo di consolidamento per rischi ed
oneri futuri"; se positivo, è iscritto in una voce dell'attivo denominata, “avviamento", (salvo che debba essere
in tutto o in parte imputato a conto economico.) L'importo iscritto nell'attivo è ammortizzato nel periodo
previsto ((dal primo comma, n. 6, dell'articolo 2426 del codice civile)). (le presenti modifiche si applicano ai
bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2016). 4. Le voci indicate nel
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precedente comma, i criteri utilizzati per la loro determinazione e le variazioni significative rispetto al bilancio
consolidato dell'esercizio precedente devono essere adeguatamente illustrati nella nota integrativa.
Art. 36 PARTECIPAZIONI NON CONSOLIDATE
1. Le partecipazioni costituenti immobilizzazioni in imprese ((collegate)) sono valutate con il criterio indicato
nell'art. 2426, n. 4, del codice civile; tuttavia la differenza positiva tra il valore calcolato con tale criterio e il
valore iscritto nel bilancio precedente, per la parte derivante da utili, è iscritta in apposita voce del CE.
2. Quando l’entità della partecipazione è irrilevante ai fini indicati nel secondo comma dell'art. 29, può non
essere applicato il criterio di valutazione richiamato dal comma precedente.
Art. 37. CONSOLIDAMENTO PROPORZIONALE ALLA PARTECIPAZIONE
1. Possono essere incluse nel bilancio consolidato anche le imprese sulle quali un'impresa inclusa nel
consolidamento abbia il controllo congiuntamente con altri soci ed in base ad accordi con essi, purchè la
partecipazione posseduta non sia inferiore alle % indicate nell'art. 2359, terzo comma, del C.c. [(‹20%)]
2. In tal caso l'inclusione nel consolidamento avviene secondo il criterio della proporzione con la
partecipazione posseduta. [T. della proprietà strettamente intesa]

Il D.lgs. 127 stato aggiornato dal D.lgs. 139/2015. Con l’art. 25 viene introdotto un obbligo generale e
generalizzato della redazione del bilancio consolidato, secondo gli articoli del D.lgs. 127. L’art. 26 introduce
una diversa nozione di società controllata ai fini del bilancio d'esercizio e richiama esplicitamente articolo
2359 del C.c. L'art. 27 introduce i casi di esonero, cioè non si applica l'obbligo quando un’impresa controllante
insieme alle controllate non superano, per due es. consecutivi, due dei 3 limiti/soglie. (È sufficiente che anche
solo uno dei soci abbia il 5% del capitale). Con il termine esclusione, invece, si indica che l'obbligo del bilancio
consolidato si applica, ma con determinate eccezioni. La ratio del legislatore è quella di esonerare dall'obbligo
del bilancio consolidato i gruppi di piccole dimensioni. Questo esonero non si applica in nessun caso se una
delle società che compongono il gruppo (o la controllata o una delle controllanti) è un ente di interesse
pubblico (una società quotata, una banca o le assicurazioni). Un caso particolare è quello in cui una
capogruppo B (controllata di A) è a sua volta controllata da una società più grande A. B dovrebbe redigere il
bilancio cons. perché detiene il 60% di C, ma se i soci non lo A
richiedono non lo deve fare. B non redigerà il bilancio consolidato se A la controlla 60% 55%
al 95%, o se non si raggiunge tale percentuale, la redazione può essere chiesta B
C
la redazione dai soci che rappresentino almeno il 5% del capitale.
L’art.28 fa riferimento ai casi di esclusione dalla redazione del bilancio consolidato (delle singole imprese, non
del gruppo). Il primo comma dell’art.28 (abrogato dal D.lgs. 32/2007) si riferiva all'esclusione dovuta da
difformità nelle attività economiche: quando le società del gruppo appartenevano a settori o a business
diversi (ad es. il gruppo Fiat includeva la Toro Assicurazioni): si poteva non consolidare una società con un
business completamente diverso da quello della società gruppo; queste venivano consolidate con il metodo
del patrimonio netto. Soprattutto negli Stati Uniti queste società (indebitate) venivano lasciate fuori dal
bilancio facendo emergere una situazione finanziaria migliore di quella che in realtà era. Nel comma 2 lettera
b) si parla di “restrizioni”: ad es. la controllata di un paese che non permette esportazioni di dividendi. La Cina,
per tutti gli anni ’80- inizi anni ‘90, non permetteva l'esportazione dividendi alle società straniere che
conseguivano utili in Cina: fu riconosciuta come una duratura restrizione (in tal caso si poteva escludere la
società cinese controllata perché non si potevano tirar fuori dividendi).
L’art. 29 fa riferimento al principio della rappresentazione veritiera e corretta -Faithful Representation
(Companies Act- IV Direttiva: True And Fair View). Secondo il D.lgs. 127 le società da includere nel bilancio
consolidato, cioè nel perimetro di consolidamento, corrisponde alla teoria dell'entità (nell'art. 26): riferimento
alla proprietà dei diritti di voto sufficiente ad ottenere un'influenza dominante. I primi due Commi dell'art. 29
sono uguali all'art. 2423 del C.c., riferito al bilancio della singola impresa (comma1).
È stato introdotto il comma 3 bis dal D.lgs. 139/2015 con riferimento al concetto di “materiality”, cioè
l'applicazione del concetto di rilevanza in ogni singolo caso (materiality significa rilevanza/significatività). Il
comma 4 riprende quello che c'era nell' art. 2423 del c.c. Principio di over-riding: quando vi è un contrasto tra
un criterio o un principio rispetto al principio generale della rappresentanza veritiera e corretta, in casi
eccezionali, prevale il principio generale, mentre in Inghilterra vale sempre (non solo in casi eccezionali).
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Art. 30 – comma 3: c’è una spinta a chiudere il bilancio alla stessa data per evitare il bilancio intermedio, il
quale risulta oneroso.
Art. 31 – comma2 lettera a) Per evitare il doppio conteggio da un lato viene eliminato il valore della
partecipazione e dall'altro si elimina la corrispondente frazione del patrimonio netto della controllata. I
principi di consolidamento sembrano essere ispirati alla T. dell’entità. [La prima operazione è prende il valore
della partecipazione e lo si elimina contro la corrispondente frazione di patrimonio netto. Quest'operazione
può creare delle differenze che vanno attribuite ad eventuali rivalutazioni e il resto va attribuito
all’avviamento (goodwill/badwill se negativo].
Art.32- comma4: La voce “utile di pertinenza di terzi”: non si capisce dove vadano imputate nel CE l’utile o le
perdite delle minoranze.
Art.33- comma1: lo IASB è meno flessibile e afferma che il calcolo va fatto alla data di acquisizione (si ha il
valore della partecipazione da una parte la corrispondente frazione di patrimonio netto dall'altra).
SP A SP B Se si avesse: partecipazioni 100 e CN 90 si avrebbe una
differenza di 10. Bisogna vedere se occorre valutare dell'attivo o
Part. 100 Impianti XX F.do rischi 3
svalutare del passivo. Se non ci fossero rivalutazioni da fare si
Avv. 10
avrebbe un avv.nto XX. Hp rivalutazione impianti XX (che
CN 90 sappiamo non è rappresentativo del valore corrente).
SP A SP B Quindi, ad es., l’avviamento è 5, rivalutando gli impianti di 5. L'attivo
di A e di B si sono fusi (si ha un unico bilancio). Se avessimo una
Part. 90 Impianti XX F.do rischi10 passività (fondo rischi=3) secondo l'art. 33 comma 2 occorre fare una
rivalutazione dell'attivo e la partecipata (inclusa nel cons.). Si elimina
Avv. 5 CN 100
la passività (3) e si aumenta il goodwill (se la passività è sottostimata
la differenza andrà a coprire la passività).

Se avessimo, invece, partecipazione 90 e CN 100 si avrebbe una differenza negativa (si può avere un
avviamento negativo o una differenza di consolidamento negativa) = -10. Potrebbe esserci una passività non
esistente (formalmente esiste: fondo rischi 10). La differenza negativa viene coperta dal fatto che viene
eliminata una passività (va a 0): si elimina la possibilità di B (non ha ragione di esistere). In base alla normativa
italiana prima di si calcola la differenza lorda e poi si vede cosa c'è da “spalmare”: rivalutazione del patrimonio
di B. Se il fondo rischi fosse stato 15 non si sarebbe emersa una differenza negativa, ma un goodwill di 5. Se
alla fine di questo processo (ipotesi in cui non si è eliminato il fondo rischi (che corrisponde ad una vera e
propria passività)) si ha ancora un residuo negativo la legge italiana prevede che, tale residuo, se negativo, è
iscritto in una voce il PN consolidato, denominato riserva di consolidamento oppure, quando il residuo sia
dovuto a previsioni di risultati ec. sfavorevoli, in una voce denominata fondi di consolidamento per rischi ed
oneri futuri. In quest'ultimo caso lo si movimenta portando in CE a fronte di risultati ec. negativi (dinamica non
chiara). Se fosse positivo va iscritto in una voce dell'attivo denominata avviamento, salvo che debba essere in
tutto in parte imputato al CE (in dare componente negativo di reddito). L'avviamento non è detto che sia
legato alla capacità di creazione futura dell'azienda, ma sia semplicemente il frutto di un cattivo affare.
L'avviamento o dipende da risorse intangibili che non si possono iscrivere contabilmente, quindi sono in SP,
oppure potrebbe dipendere da sinergie future tra controllata e controllante (l'avviamento ha un senso
economico). Se l'avviamento dipende semplicemente dal fatto che si è pagato troppo allora andrà
direttamente in CE (nei costi). Alla fine dell'avviamento va in CE, ma tramite ammortamento. Secondo l’IFRS3
l’ammortamento non va ammortizzato, ma è soggetto annualmente al test di svalutazione (questa è la
differenza rispetto al C.c.).
CRITERIO DEL PATRIMONIO NETTO→ È un criterio di valutazione contabile delle partecipazioni: allineare il
valore della partecipazione con il PN della partecipata/collegata.
SP cons SP collegata CE consolidato
Part. 90 Passività 2 Miliardi → Non appare nello SP Plusv. 5
in collegata consolidato, ma appare solo la
+5 CN 90 + variazione che modifica del PN.
La differenza positiva va
95 5
nell'utile del CE consolidato.
95
55

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Allineamento progressivo: se aumenta il valore della partecipazione aumenterà il PN in misura percentuale.


In generale le controllate vengono incluse nel bilancio consolidato ma non tutte: ci sono delle eccezioni, cioè
casi di esclusione (le controllate di piccole dimensioni).
Art. 36: Tutte le imprese collegate sono partecipazioni non consolidate, ma fanno parte del patrimonio del
gruppo.
Art.37 Questo criterio però si applica soltanto nel caso in cui vengono ricomprese nel perimetro di
consolidamento anche le cosiddette JOINT VENTURE, cioè le società a controllo congiunto.
Si può utilizzare o il metodo proporzionale oppure il metodo del PN (si ricade nell'art. 36). Tuttavia, lo IASB ha
eliminato il metodo proporzionale, quindi, viene utilizzato solo il criterio del PN.

CASO ENRON: Nel 2001 crolla la società elettrica più grande degli Stati uniti, la Enron (società texana). Come
dimostrato dal caso Enron possono mancare informazioni fondamentali (es. i debiti) [si ha il problema di cosa
appare o non appare nello SP]. Nel caso Enron non si parla di società controllate, ma di SPECIAL PURPOSE
VEHICLES, cioè veicoli societari per finalità speciali. La Enron per nascondere i debiti aveva creato una serie di
società satellite SPV, in cui formalmente avevano l’1-2 % (arrivavano al massimo al 2,89%), il resto era
detenuto delle grandi banche americane Morgan Stanley, Goldman Sachs, Jp Morgan. C'era un accordo
segreto in base al quale la Enron pagava tutti i debiti gli interessi e le grandi banche detenevano il 98-99%.
Così facendo nel bilancio consolidato della Enron apparivano pochi debiti (situazione finanziaria positiva).
(Negli USA l'informativa ai mercati è solo il bilancio consolidato, non c'è il bilancio è la singola impresa). La
società di auditing, la Arthur Andersen, conosceva la situazione e sfruttava un piccolo comma degli US GAAP, il
quale indicava che fino al 3% un SPV non era controllato. Se arrivavano al 3% devono consolidare il SPV. Così
facendo si cercava di non fare apparire le società fortemente indebitate facenti parte del gruppo. Durante una
serie di compravendita interne, la Enron passo il 3% su un SPV. A quel punto fu obbligatorio consolidarlo,
venendo fuori nel bilancio consolidato un indebitamento mostruoso. Gli analisti finanziari capirono che c'era
sotto qualcosa e la Enron andò in bancarotta, la Arthur Andersen fu cancellata e il FASB cambiò la regola
contabile. Spesso sul bilancio d'esercizio, ed anche nel bilancio consolidato, sono presenti i cosiddetti
covenant, cioè una clausola da rispettare quando si hanno dei contratti di finanziamento (ad es. tipico
covenant è il rapporto tra debiti/capitale netto (anche a livello consolidato): questo non può superare 2. Se
supera tale limite l'impresa deve restituire tutti i soldi del finanziamento e la banca ha diritto di chiedere
dietro il finanziamento.

Una differenza positiva emerge quando il valore contabile della partecipazione nel bilancio della partecipante è
superiore a quello della corrispondente frazione del PN contabile nel bilancio della partecipata. Questa differenza
può dipendere da una sopravvalutazione delle passività nel bilancio della partecipata (raramente), oppure dalla
sottovalutazione di attività (impianti: valore in bilancio 300, ma il valore di mercato è 310: plusv. di 10). In questo
caso, la differenza positiva va imputata a rettifica di tale attività e passività, le quali saranno iscritte nel bilancio
consolidato al valore rettificato. La differenza positiva residua (o l'intera differenza se non è stata possibile la sua
imputazione ad attività o passività) rappresenta un maggior valore che la partecipante ha pagato in sede di
acquisto della partecipata e, nel bilancio consolidato, va iscritta:
• tra le attività in una voce denominata differenza di consolidamento, se rappresenta l’avviamento pagato
dalla partecipante;
• a deduzione della riserva di consolidamento che si è creata per differenze di consolidamento negative (se
esiste).
Si ha una differenza negativa di consolidamento quando il valore della partecipazione nel bilancio della
partecipante è inferiore a quello della corrispondente frazione del PN contabile nel bilancio della partecipata.
Questa differenza può dipendere da una sopravvalutazione di attività e/o da una sottovalutazione di passività nel
bilancio della partecipata. In questo caso, essa va imputata rettifica di tale attività e passività. La differenza è
negativa residua o l’intera differenza (se non è stata possibile la sua imputazione rettifica di attività/passività) può
trovare due tipi di giustificazione e, di conseguenza, si hanno due trattamenti differenti:
la partecipata è valutata ad un costo di acquisizione passato, che è minore del corretto valore contabile attuale dei
beni della partecipata→ la differenza rappresenta una riserva che emerge dal consolidamento e va iscritta nella
voce riserva di consolidamento, componente del PN consolidato.
nell'acquisto si era tenuto conto della previsione di un andamento economico futuro sfavorevole dell'impresa
partecipata→ la differenza rappresenta una riserva che emerge dal consolidamento e va iscritta nella voce fondo di
consolidamento per rischi ed oneri futuri, che verrà attualizzati in futuro a fronte delle perdite che si rileveranno
nella partecipata oppure, nel caso in cui le perdite non si manifestassero, va imputata a CE come componente 56
positivo di reddito di carattere straordinario.

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IFRS 10 → Emanato nel 2010 è stato adottato dalla comunità europea nel 2012. Il regolamento 1152/2012
introduce obbligatoriamente per le società quotate il principio contabile internazionale IFRS 10 e ne modifica
altri. Le finalità dell’IFRS10 sono stabilire dei principi per la preparazione e la presentazione del bilancio
consolidato nel caso in cui l'entità controlla una o più entità. Per raggiungere tale finalità, l’IFRS10:
a) dispone che l'entità (la controllante) che controlla una o più entità (controllate) debba presentare un bilancio
consolidato;
b) definisce il principio del controllo e prevede il controllo come base per il consolidamento;
c) illustra come applicare il principio del controllo per individuare se un investitore controlla una partecipata e se deve
quindi consolidarla;
d) espone i criteri contabili per la preparazione del bilancio consolidato. e
e) definisce un'entità d'investimento e illustra le eccezioni al consolidamento di alcune controllate di una entità
d'investimento.
4. AMBITO DI APPLICAZIONE: Un'entità che è una controllante deve presentare il bilancio consolidato. Il presente IFRS
si applica a tutte le entità, a eccezione dei seguenti casi:
a) una entità controllante non è tenuta alla presentazione del bilancio consolidato se soddisfa tutte le seguenti condizioni:
i)è una società interamente controllata, o una società controllata parzialmente, da un'altra entità e tutti gli
azionisti terzi, inclusi quelli non aventi diritto di voto, sono stati informati, e non dissentono, del fatto che la
controllante non redige un bilancio consolidato;
ii) i suoi titoli di debito o gli strumenti rappresentativi di capitale non sono negoziati in un mercato pubblico
(una Borsa Valori nazionale o estera ovvero in un mercato «over-the-counter», compresi i mercati locali e
regionali);
iii) non ha depositato, né è in procinto di farlo, il proprio bilancio presso una Commissione per la Borsa Valori
o altro organismo di regolamentazione al fine di emettere una qualsiasi categoria di strumenti finanziari in
un mercato pubblico; e
iv) la sua capogruppo o una controllante intermedia redige un bilancio per uso pubblico che sia conforme
agli IFRS, in cui le società controllate sono consolidate o sono valutate al fair value rilevato a conto
economico in conformità con il presente IFRS.
Prima esisteva lo IAS 27. Questo è rimasto ancora ma solo per quello che riguarda i bilanci delle singole
imprese, mentre tutto quello che riguarda il bilancio consolidato è passato sotto l’IFRS10 e l’IFRS3 (business
combination). Un investitore controlla una società partecipata quando la controllante è esposta, o a diritti, a
ritorni variabili dal suo coinvolgimento con la partecipata e ha la capacità di condizionare quei ritorni variabili
attraverso il proprio potere sulla partecipata. I ritorni variabili sono gli utili, che variano di anno in anno, e si
chiamano ritorni variabili perché partecipi pienamente ai rischi di impresa e i tuoi ritorni dipendono da come
va all'impresa. I titolari dei ritorni fissi, invece, sono gli obbligazionisti.
Il CONTROLLO è il meccanismo fondamentale che fa scattare la redazione del bilancio consolidato. L'obbligo di
redazione del bilancio consolidato dipende dalla nozione di controllo adottata. Definizione secondo l’IFRS10:
6. Un investitore controlla un'entità oggetto di investimento quando è esposto a rendimenti variabili, o detiene diritti su
tali rendimenti, derivanti dal proprio rapporto con la stessa e nel contempo ha la capacità di incidere su tali rendimenti
esercitando il proprio potere su tale entità.
7. Pertanto, un investitore controlla un'entità oggetto di investimento se e solo se ha contemporaneamente:
a) il potere sull'entità oggetto di investimento (vedere paragrafi 10–14);
b) l'esposizione o i diritti a rendimenti variabili* derivanti dal rapporto con l'entità oggetto di investimento; e
c) la capacità di esercitare il proprio potere sull'entità oggetto di investimento per incidere sull'ammontare dei
suoi rendimenti
*Se fosse un ritorno fisso sarebbe un'obbligazione. Tipico elemento di avere un potere sulle decisioni è il
ritorno variabile: da partecipato si è esposti a ritorni variabili. Lo IASB cerca di dare una definizione di controllo
che possa valere in ogni situazione in tutte le parti del mondo, quindi, risulta difficile dare una definizione di
controllo lineare. Infatti, questo è stata criticata per essere eccessivamente complessa.
A) POTERE→10. Un investitore ha potere su un'entità oggetto di investimento quando detiene validi diritti che gli
conferiscono la capacità attuale di dirigere le attività rilevanti, ossia le attività che incidono in maniera significativa sui
rendimenti dell'entità oggetto di investimento.
11. Il potere deriva dai diritti.
12. Un investitore con la capacità attuale di dirigere le attività rilevanti ha potere anche se i diritti di dirigere tali attività
non sono stati ancora esercitati.
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Qualche volta la valutazione dell'esistenza del potere di una società su un'altra è immediata, quando ad es. ci
sono diritti di voto che sono garantiti da strumenti di capitale netto (es. azioni). In altri casi la valutazione è più
complicata e richiede la presenza di più di un fattore da considerare, ad es. quando il potere risulta da uno o
più soluzioni contrattuali (es. Patti parasociali).
B) RENDIMENTI/RITORNI→15. Un investitore è esposto o ha diritto ai rendimenti variabili derivanti dal proprio
partecipata rapporto con l'entità oggetto di investimento quando i rendimenti che gli derivano da tale rapporto sono
suscettibili di variare in relazione all'andamento economico dell'entità oggetto di investimento. I rendimenti
dell'investitore possono essere solo positivi, solo negativi o, nel complesso, positivi e negativi.
I ritorni hanno la potenzialità di variare per effetto della performance della partecipata (non è detto che
varino per forza). La società investitrice non è necessariamente l'unica ad avere diritto sui ritorni variabili, ma
possono esserci anche minoranze azionarie che vantano gli stessi diritti.
C) CORRELAZIONE TRA POTERE E RENDIMENTI→17. Un investitore controlla un'entità oggetto di investimento se,
oltre ad avere il potere su di essa e l'esposizione o il diritto ai rendimenti variabili derivanti dal proprio rapporto con
l'entità oggetto di investimento, ha anche la capacità di esercitare il proprio potere per incidere sui rendimenti derivanti
da tale rapporto.
Maggioranza dei diritti di voto ma senza potere- Guida operativa (pubblicata sulla GUE)
B36. Affinché un investitore che detiene più della metà dei diritti di voto di una partecipata abbia potere su tale
partecipata, è necessario che i diritti di voto dell'investitore siano sostanziali, in conformità ai paragrafi B22–B25, e che
forniscano all'investitore la capacità effettiva di condurre le attività rilevanti, che spesso implica la determinazione delle
politiche gestionali e finanziarie. Se un'altra entità è titolare di diritti esistenti che le conferiscono il diritto di condurre le
attività rilevanti e tale entità non opera da agente dell'investitore, l'investitore non ha potere sulla partecipata. [Teoria
della proprietà effettiva, non formalistica]
La maggioranza dei diritti di voto potrebbero non dare il potere: si tratta della capacità di incidere sulle
politiche, sulle attività rilevanti (non di proprietà in senso stretto, cioè la maggioranza=controllo). Diversità
rispetto alla visione formalistica italiana.
PARTECIPAZIONI DI MINORANZA→22. Una entità controllante deve presentare le partecipazioni di minoranza nel
prospetto consolidato della situazione patrimoniale-finanziaria nell'ambito del patrimonio netto, separatamente dal
patrimonio netto dei soci della controllante. [T. dell’Entità]
L’IFRS10 rinvia alla guida operativa per capire nei dettagli come va redatto il bilancio consolidato.
Procedure di consolidamento: B86. Bilancio consolidato:
a)combinazione di elementi similari di attività, passività, patrimonio netto, ricavi, costi e flussi finanziari della
controllante con quelli delle controllate;
b) compensazione (elisione) del valore contabile della partecipazione della controllante in ciascuna controllata e
della corrispondente parte di patrimonio netto di ciascuna controllata posseduta dalla controllante (l'IFRS 3
spiega come contabilizzare il relativo avviamento);
c) elisione integrale di attività e passività, patrimonio netto, ricavi, costi e flussi finanziari infragruppo relativi a
operazioni tra entità del gruppo (profitti e perdite derivanti da operazioni infragruppo comprese nel valore
contabile di attività, quali rimanenze e immobilizzazioni, sono eliminati completamente). Le perdite infragruppo
possono indicare una riduzione di valore che è necessario rilevare nel bilancio consolidato. Lo IAS 12 Imposte sul
reddito si applica alle differenze temporanee derivanti dall'eliminazione di utili e perdite originati da operazioni
infragruppo.
Data di riferimento: B92. I bilanci della capogruppo e delle sue controllate utilizzati nella preparazione del bilancio
consolidato devono recare la stessa data di riferimento. Quando la data di chiusura dell'esercizio della controllante è
diversa da quella della controllata, quest'ultima prepara, a fini di consolidamento, informazioni finanziarie aggiuntive alla
stessa data del bilancio della capogruppo, così da consentire alla capogruppo di consolidare le informazioni finanziarie
della controllata, a meno che ciò non sia fattibile .
Partecipazioni di minoranza: B94. Un'entità deve attribuire l'utile (perdita) d'esercizio e ciascuna delle altre
componenti di conto economico complessivo ai soci della controllante e alle partecipazioni di minoranza. L'entità deve
attribuire il totale conto economico complessivo ai soci della controllante e alle partecipazioni di minoranza, anche se ciò
implica che le partecipazioni di minoranza abbiano un saldo negativo.
La parte relativa alle minoranze va inserita nel PN consolidato. Gli azionisti di minoranza possono ricevere sia
una parte degli utili ma anche una parte delle perdite.

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Quindi, la nozione di controllo si basa su 3 punti:


1. POTERE
2. CAPACITÀ DI ESPOSIZIONE
3. e LEGAME TRA POTERE E RITORNI
Dopo l'emanazione dell’IFRS10 è stato posto, allo IASB, il problema sul come comportarsi di fronte a società
che hanno come finalità solo quella dell'investimento finanziario, non tanto perché siano interessati alla
gestione finanziaria dell'impresa, ma sono interessate semplicemente di avere dei ritorni. Questo tipo di
attività finanziarie sono molto sviluppate nei mercati anglosassoni. Fu sottoposto allo IASB la possibilità di
introdurre un’eccezione per le società di investimento (nel 2012-2013): se c'era una società di investimento,
interessata solo ai ritorni, questa non doveva consolidare (solo in presenza di società di investimento pure) Lo
IASB concesse tale eccezione (fu approvata dopo l'emanazione dell’IFRS).

IFRS 11→ JOINT ARRANGEMENTS


Il concetto di “arrangement” (arrangiamento) è molto più ampio del concetto di joint ventures. Ci sono due
tipi di joint arrangement:
➢ JOINT OPERATION→ un arrangement dove le parti hanno un controllo congiunto sugli asset e su delle
passività (es. contratto)
➢ JOINT VENTURES → cioè una vera e propria società, dove le due o più società hanno un controllo
congiunto sul Equity (cioè sul PN della società).
La joint venture è sicuramente più complessa, mentre le joint Operations sono sostanzialmente degli accordi
contrattuali. Il joint venturer riconosce un investimento contabilizzando tali investimenti col metodo del PN
(allinea il valore delle partecipazioni con il valore della corrispondente frazione del PN della partecipata joint-
venture). Per lo IASB non si può più usare il consolidamento proporzionale, cosa ancora possibile in Italia.

IFRS 3→AGGREGAZIONI AZIENDALI


In questo caso sorgono delle difficoltà, che nascono dal fatto che le aggregazioni aziendali conducono alla
coesistenza in un'unica realtà di più aziende in precedenza distinte, con la conseguenza che, per tutte, si perde
l'omogeneità intertemporale che è condizione necessaria affinché possano essere istituiti confronti temporali
dei dati ec-finanziari. In particolare, l’IFRS 3 definisce business combination una transazione o altro evento nel
quale un’acquirente ottiene il controllo di uno o più business, dove il concetto di business si lega alla
presenza di una coordinazione aziendale, sia pure di ordine inferiore (ramo d'azienda). Non rientrano nella
relativa nozione alcune operazioni che nella nostra tradizione si qualificano straordinarie, ad es. operazioni di
conferimento d'azienda o di scissione proporzionale: in tali ipotesi manca la condizione essenziale del
trasferimento ad un altro soggetto del controllo del business.
IL METODO DELL'ACQUISIZIONE: 4. Un'entità deve contabilizzare ogni aggregazione aziendale applicando il metodo
dell'acquisizione. 5. L'applicazione del metodo dell'acquisizione richiede:
a) l'identificazione dell'acquirente;
b) la determinazione della data di acquisizione;
c) la rilevazione e la valutazione delle attività identificabili acquisite, delle passività identificabili assunte e qualsiasi
partecipazione di minoranza nell'acquisita; e
d) la rilevazione e la valutazione dell'avviamento o di un utile derivante da un acquisto a prezzi favorevoli.
Tale impostazione rappresenta una svolta rispetto al passato, quando, con il precedente IAS 22 sulle business
combination, si prevedeva che le aggregazioni aziendali dovessero essere divise in due grandi categorie:
▪ acquisizioni
▪ unioni tra pari, fusioni (Pooling of Interest)

Nella prima categoria venivano fatte rientrare le operazioni per le quali fosse chiara l'identificazione di un
soggetto acquirente e di un corrispettivo dell'acquisizione. Nella seconda rientravano tutte quelle
combinazioni aziendali che non rendevano altrettanto agevole l'identificazione di chi avrebbe acquisito il
controllo di un'impresa.

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IDENTIFICAZIONE DELL'ACQUIRENTE: 6. Per ogni aggregazione aziendale, una delle entità partecipanti
all'aggregazione deve essere identificata come acquirente.
In ogni acquisizione aziendale occorre stabilire l'azienda che acquisisce. Fino agli anni ‘90, prima
dell'emanazione dell’IFRS3 (pubblicato nel 2004 rivisto nel 2008), c'era la possibilità di contabilizzare le
aggregazioni aziendali utilizzando un altro metodo, cioè il metodo della fusione (Pooling Of Interest Method):
si doveva applicare quando non era possibile stabilire chi aveva acquistato chi (era un’aggregazione tra pari,
quindi si sommavano gli SP, arrivando al bilancio consolidato). Questo metodo era molto utilizzato soprattutto
in Giappone perché riconosceva eguale dignità a tutte le imprese (conservazione, nell’entità risultante
dall'aggregazione aziendale, dei valori contabili originari). Nell’IFRS3 esiste solo il metodo dell'acquisizione: si
deve stabilire una delle entità coinvolte nell’aggregazione aziendale e identificarla come l'azienda che
acquisisce. Il metodo di acquisizione era, ed è tutt'ora, caratterizzato dall’identificazione di un costo di
acquisizione e dal conseguente riferimento allo stesso per la contabilizzazione di un acquisto d'azienda.
Questo passaggio, con l'eliminazione contestuale del metodo della fusione, ha creato molto disappunto in vari
paesi, specialmente in Giappone. Dopo un lungo e molto contrastato dibattito lo IASB ha deciso di eliminare il
Pooling of Interest method, lasciando come unica alternativa il metodo dell’acquisizione.
PRINCIPIO DI VALUTAZIONE: 18. L'acquirente deve valutare le attività acquisite e le passività assunte identificabili ai
rispettivi fair value (valori equi) alla data di acquisizione.
Concetto di identificabilità: significa che siano separabili, quindi che possano essere riconosciuti a livello di
contabilità, oppure che emergano da un contratto.
RILEVAZIONE E VALUTAZIONE DELL'AVVIAMENTO O DI UN UTILE DERIVANTE DA UN ACQUISTO A PREZZI
FAVOREVOLI: 32. L'acquirente alla data di acquisizione deve rilevare l'avviamento valutandolo per l'eccedenza di (a) su
(b), nel modo indicato di seguito: a) la sommatoria di:
i) il corrispettivo trasferito valutato in conformità al presente IFRS, che in genere richiede il fair value (valore equo) alla
data di acquisizione (vedere paragrafo 37);
ii) l'importo di qualsiasi partecipazione di minoranza nell'acquisita valutato in conformità al presente IFRS; e
iii) in una aggregazione aziendale realizzata in più fasi (vedere paragrafi 41 e 42), il fair value (valore equo) alla data di
acquisizione delle interessenze nell'acquisita precedentemente possedute dall'acquirente;
b) il valore netto degli importi, alla data di acquisizione, delle attività identificabili acquisite e
delle passività assunte identificabili valutate in conformità al presente IFRS.
Si somma il corrispettivo pagato più l'importo di qualsiasi partecipazione di minoranza: si arriva ad un valore
dell'impresa di cui è stata pagata solo una parte, o al limite il 100%. Il corrispettivo trasferito, di fatto, è il fair
Value di quella frazione dell'azienda acquisita (valore di uscita). A questa sommatoria, tra corrispettivo
trasferito e l'importo della partecipazione di minoranza, va sottratto il punto b) cioè il valore netto degli
importi delle attività acquisite e delle passività identificabili valutate al Fair value. Secondo il D.lgs. 127/1991 si
fa la differenza tra valore della partecipazione meno la frazione del PN dell’acquisita.

Si ha una differenza da spalmare su un attivo e passivo dell’acquisita (potrebbe non essere corretta tale
differenza). Con l’IFRS3 prima si determina il fair Value degli asset e delle liability identificabili acquisite: dopo
aver rivalutato lo SP dell’acquisita si prende il fair Value dell’acquisita [dato dal (corrispettivo trasferito +
valore della partecipazione di minoranza) - il Fair Value dei singoli asset e delle singole liability identificabili] =
goodwill. È esattamente al contrario del D.lgs. 127/1991.

ACQUISTI A PREZZI FAVOREVOLI: 34 Talvolta un acquirente acquista a prezzi favorevoli, ossia effettua una
aggregazione aziendale in cui l'ammontare di cui al paragrafo 32(b) supera l'importo complessivo indicato nel paragrafo
32(a). Se tale eccedenza rimane dopo aver applicato le disposizioni di cui al paragrafo 36, l'acquirente deve rilevare l'utile
risultante nel prospetto dell'utile (perdita) d'esercizio, alla data di acquisizione. L'utile deve essere attribuito
all'acquirente.

Il goodwill negativo emerge quando il valore di quanto ho pagato è inferiore al valore di quanto ho acquisito.
L’art. 33 del D.lgs. 127 indica la modalità di trattamento di quella differenza negativa: va o a riserva o, se
dipende da eventi economici sfavorevoli, in un fondo rischi e oneri.

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-Secondo il D.lgs. 127: → (34) nello SP si ha un valore analitico

SP A SP B (per pezzi). Con il goodwill negativo il


valore per pezzi è maggiore del valore
Part. 90 F.do rischi 10 complessivo (32). Se tale eccedenza
CN 100 rimane l'acquirente deve rilevare l'utile
Riserva 10 nel prospetto dell'utile di esercizio (CE).
-Secondo lo IASB/IFRS3:

SP A SP B CE

Part. 90 Utile da aggregato 10

CN 100

PPA→ “Purchase Price Allocation” → “Allocazione del prezzo di acquisto”: si tratta di allocare il prezzo di
acquisizione su tutti gli asset e le liability identificabili dell’acquisita (sia attivo che passivo va messo al Fair
Value: valore corrente). La differenza del costo della business combination è pari al valore degli asset al Fair
Value - le liability al Fair Value + quello che rimane fuori = goodwill. Si determina il fair value di una nuova
entità, quella acquisita: appaiono nello SP (prima al costo storico, ora al Fair Value) delle attività/ passività che
prima non c'erano [ad es. prima il brand internamente generato non poteva apparire in SP (IAS 38), però se si
acquista l'azienda il brand viene pagato]. Nel nuovo SP rivisto, a seguito della PPA, comparirà il valore
aggiornato degli asset e delle liability, più i nuovi asset e liability.

GOODWILL→ si può misurare in due modi:


Metodo Della Proprietà = [costo della business combination - valore rivalutato degli asset e liabilities]. Oppure
si ottiene il prezzo di goodwill non pagato, quello delle minoranze.
Con la PPA si ha un BADWILL che nasce dall’aver realizzato un buon affare, avendo sostenuto un costo per
l’acquisto di un complesso di beni inferiore rispetto alla somma dei valori analitici: va inserito nel CE come
elemento positivo di reddito.
[Prezzo pagato dall'acquirente - valore aggiornato al Fair Value del CN dell’acquisita] = Il GOODWILL non viene
ammortizzato, ma è soggetto almeno annualmente ad un test di svalutazione (IAS 36). Prima di riconoscere un
badwill occorre controllare che non ci siano errori nel Fair Value degli asset e delle liability.
FULL GOODWILL→ nell’IFRS3 del 2004 l'unico modo per riconoscere il goodwill è quello della T. della
proprietà; con l’IFRS3 REV2008 (quello che abbiamo ora) il goodwill viene riconosciuto il 100%. Se il goodwill si
misura al full goodwill la conseguenza contabile è che gli interessi di minoranza (NCI) vanno misurati al loro
Fair value. Secondo la teoria della proprietà il goodwill può ancora essere calcolato. Secondo L'IFRS13 REV lo si
può calcolare in due modi:
1. Goodwill relativo solo alla percentuale acquisita
2. oppure secondo il metodo della Teoria dell'entità, il fullgoodwill
Si possono usare entrambi i metodi.

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IAS 36→ IMPAIRMENT TEST


Lo IAS 36 è uno standard di sistema che riguarda “l'impairment of asset”, ovvero le perdite di valore delle
attività (o la svalutazione delle attività). Nel C.c. si dispone che le immobilizzazioni devono essere svalutate a
fronte di perdite durevoli di valore, mentre lo standard contabile parla solo di perdite durevoli. Obiettivo dello
IAS 36 è fissare le procedure e le regole che un'entità deve applicare per assicurare che i propri asset siano
rivalutati a un valore che non sia superiore a quello che lo standard chiama recoverable amount, ovvero il
valore recuperabile. Quindi, le attività dello SP (che non sono iscritte al Fair Value) non possono essere
contabilizzate a un valore superiore al loro valore di recupero. Questo standard può essere considerato uno
standard di garanzia del sistema contabile perché ti impone un “tetto” massimo al valore delle attività, ovvero
il valore recuperabile di una determinata attività. Se si supera contabilmente questo tetto bisogna
necessariamente riportare quel valore al suo valore recuperabile, ovvero si svaluta l’asset. AMBITO DI
APPLICAZIONE (SCOPE): Lo IAS 36 si applica a tutte le attività, tranne che alle seguenti:
• SCORTE IAS2 (perché vi è già implicitamente nel principio generale la clausola per effettuare le
svalutazioni: le rimanenze sono valutate al minore tra il costo ed il valore netto di realizzo);
• ASSET CONNESSI A CONTRATTI DI COSTRUZIONE IAS 15 (che ha assorbito lo IAS 11);
• STRUMENTI FINANZIARI IAS 39-IFRS 9 (perché sono contabilizzati al Fair Value);
• INVESTIMENTI IMMOBILIARI ISCRITTI AL FAIR VALUE IAS 40;
• IMPOSTE DIFFERITE IAS 12;
• BENEFICI PENSIONISTICI IAS 19;
• CONTRATTI DI COSTRUZIONE PLURIENNALI
Nell'ambito di applicazione dello IAS 36 ricadono, invece, le partecipazioni in società controllate, in società
collegate e nelle joint-venture. Inoltre, è applicato alle attività che sono registrate al valore rivalutato cioè al
Fair value (IAS 38-IAS 16): lo IAS16 offre due criteri: costo ammortizzabile e rivalutazione (si applica anche
quando si segue il metodo della rivalutazione). Lo IAS 36 non si applica se sono valutate al Fair Value puro gli
investimenti immobiliari (IAS 40): lo IAS 40 offre due criteri: fair value puro e costo ammortizzabile (in questo
caso lo IAS 36 si applica, anche negli investimenti immobiliari). Non si applica nemmeno ai prodotti agricoli
(pastorizia, allevamenti bovini ecc.- IAS 41).
IMPAIRMENT TEST→ Il punto di partenza sono i segnali di svalutazione, cioè si procede a verificare il valore di
un asset quando si hanno indizi di una sua possibile perdita di valore. L'impairment test è la procedura di
verifica relativa a un asset e rivolta ad accertare se un determinato asset ha perso valore. Gli indizi possono
provenire: da FONTI DI ORIGINE ESTERNA:
• il valore di mercato di un asset diminuito in modo significativo
• cambiamenti negativi nei mercati, nelle tecnologie, ambiente legale (ad es. cambia una normativa e si
deve mettere a norma un asset, ma se non si fa occorre diminuire il suo valore);
• incremento nei tassi finanziari o decremento generale dei tassi di ritorno sugli investimenti
• il valore del patrimonio netto iscritto a bilancio di una società è superiore al suo valore borsistico (il
mercato crede che ci siano delle sopravvalutazioni nella società)
o FONTI DI ORIGINE INTERNA:
• gli asset sono obsoleti oppure sono stati danneggiati fisicamente
• cambiamenti nel mercato specifico delle entità
• cambiamenti nel top Management della società
• performance economica di quella asset, cioè l’asset è meno produttivo.
La lista non è esaustiva, questi sono solo alcuni degli enti che si potrebbero verificare. Quindi, nella maggior
parte dei casi l'impairment test è innescato dalla presenza di indizi che suggeriscono al management, se
fondati, una possibile svalutazione delle attività. Tuttavia, un impairment test deve essere necessariamente
effettuato almeno una volta l'anno con riferimento a particolari asset, quindi non vi è il concetto di indizio ma
è un obbligo di effettuazione del test di rivalutazione. Tali asset sono:
➢ sono attività intangibili con vita economica indefinita, come ad es. il goodwill, brand

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➢ e attività intangibili non ancora disponibili per l'uso come ad es. una formula chimica che sta per
essere brevettata ed i costi di sviluppo figurano nello stato patrimoniale, ma non è ancora disponibile
il brevetto. (non c’è ammortamento)
Il test di svalutazione verifica se il CARRYING AMOUNT, ovvero l'ammontare a cui è contabilizzato quel
particolare asset, sia superiore a RECOVERABLE AMOUNT. Nel caso in cui questa condizione si verifichi, è
necessario procedere alla svalutazione, ovvero si riconosce contabilmente la perdita di valore.

CARRYING AMOUNT RECOVERABLE AMOUNT Svalutazione


RECOVERABLE AMOUNT (Valore di recupero) → diventa fondamentale determinare l'importo del valore di
recupero [è un concetto che racchiude al suo interno altri due concetti di valore, non ha un significato fisso,
ma varia in base ai valori]. Il recoverable amount è il più elevato valore tra il fair Value meno i costi di vendita
presunti (quindi non è il fair value puro, ma è decurtato dai costi di vendita dell’asset) ed il valore d'uso.

Ovviamente se il fair Value o il valore d'uso sono superiore al carrying amount, l’impairment test è già
concluso, ovvero non vi è alcuna svalutazione perché il carrying amount non potrà mai essere superiore al
recoverable amount. Inoltre, è chiaro che la procedura va sviluppata per ciascun asset, a livello individuale. Il
meccanismo permette di funzionare sempre, cioè se ad es. se non è possibile determinare il fair Value di un
particolare asset perché non c'è il mercato di riferimento (o se risulta troppo oneroso), il recoverable amount
coinciderà con il valore d'uso (es. Goodwill).
Il FAIR VALUE è determinato dal prezzo di vendita di in una transazione tra parti indipendenti, oppure dal
prezzo di mercato di quell’asset, oppure dalle migliori informazioni disponibili che riflettono il valore che
l'entità può ottenere, alla data di bilancio, dalla cessione dell’asset in una transazione tra parti indipendenti e
intenzionate ad effettuare la transazione. È necessario sottrarre al Fair Value i costi di vendita presunti che
corrispondono ai costi legali, imposte differite e costi di rimozione dell’asset.
Il VALORE D'USO deriva dall’utilizzazione di quell’asset ed è determinato da una stima dei futuri flussi di cassa
netti che l'entità si aspetta di ricavare dall’asset, cioè continuo uso e cessione finale, scontati con un
appropriato tasso di sconto. Le proiezioni dei flussi di cassa futuri sono basate:
▪ su ipotesi supportabili che derivano dalla migliore stima effettuata dal Management delle condizioni
economiche future durante la vita utile residua dell’asset. In questo caso, quando la stima del
Management è basata su considerazioni interne e considerazioni esterne di mercato, si darà maggior
rilevanza alle condizioni relative all'esterno.
▪ Sui più recenti budget e forecast finanziari formalmente approvati, queste previsioni finanziarie però
non possono superare i 5 anni
▪ se la vita utile dell’asset rispetto al quale si sta eseguendo l’impairment test supera i 5 anni, è
necessario basare le stime dei futuri flussi di cassa su tassi di crescita che siano costanti rispetto a
quelli degli anni precedenti, oppure su tassi di crescita declinati, perciò non può essere superiore a
quello del quinto anno, ma uguale o inferiore. In ogni caso non possono essere superiori al tasso
medio di crescita dei prodotti, dei settori e dell'economia del paese.
Lo IASB si preoccupa di fornire una definizione così dettagliata il valore d'uso perché le aziende potrebbero
“gonfiare” i valori dei flussi di cassa, così facendo il recoverable amount sarebbe nettamente superiore al
carrying amount e non ci sarebbe alcuna svalutazione.
FLUSSI DI CASSA OPERATIVI includono:
o le proiezioni dei flussi di cassa in ENTRATA, quelle relative al continuo uso dell’asset.
o Le proiezioni dei flussi di cassa in USCITA, quelle correlate ai flussi di cassa in entrata, ovvero quei
flussi in uscita necessari per produrre (generano) quei flussi in entrata. Inoltre, possono essere
direttamente attribuibili all’asset o allocati su basi ragionevoli e coerenti.
o Il flusso di cassa netto ricevuto (o pagato) per la dismissione dell’asset al termine della sua vita utile:
vendita dell’asset, cioè l'ammontare che l'entità si aspetta di ottenere da una transazione
indipendente deducendo i costi previsti dismissione.
I flussi futuri di casa devono essere stimati nelle condizioni attuali dell’asset, cioè l’asset produrrà determinati
flussi di cassa data la sua condizione corrente. Perciò non si considerano eventuali cambiamenti dei flussi di

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cassa netti, connessi all’asset, che derivano o possono derivare da future ristrutturazioni aziendali che non
sono state ancora annunciate. Se la ristrutturazione è stata già annunciata pubblicamente allora è possibile
rivedere i flussi di cassa netti nell'ottica della prossima ristrutturazione (non nella condizione corrente
dell’asset). Inoltre, i futuri flussi di cassa, essendo operativi, non possono considerare eventuali miglioramenti
delle performance dell’asset o manutenzioni straordinarie già previste (Flussi derivanti da attività finanziarie
connesse al bene: es. mutuo connesso all'acquisto dell’asset), né vanno considerati nei flussi di cassa in
entrata in uscita quelli connessi all'attività finanziaria (interessi passivi), né quelli connessi all’area fiscale. Si
considerano quelli connessi all'attività operativa.
TASSO DI SCONTO → una volta stimati flussi di cassa è necessario stimare il tasso di sconto: questo tasso di
sconto deve essere pre imposte, deve cioè riflettere il valore temporale del denaro ed il rischio specifico
relativo all’asset, ovvero se gestire tale asset dal punto di vista operativo comporta dei rischi specifici questi
devono essere incorporati nel tasso di sconto: Risk free rate + ∆ Risk specifico asset.
È importante precisare che se nella previsione dei flussi di cassa operativi netti è già stato considerato il rischio
specifico di quell’asset, non bisogna considerarlo nel tasso di sconto, altrimenti rischio specifico verrebbe
conteggiato due volte (viene considerato al numeratore nei flussi di cassa operativi netti, o al denominatore
nel tasso di sconto). Normalmente il tasso di sconto utilizzato dalle imprese è:
▪ Il tasso implicito in transazioni di mercato che non coinvolgano lo stesso tipo di asset in analisi
▪ O costo del capitale medio ponderato (WACC) di una società quotata che ha un singolo asset (simili in
termini di rischio e utilità potenziale dell’asset in analisi).
L'azienda nel secondo caso procede alla valutazione del costo del proprio capitale, sia capitale di debito (tasso
di indebitamento) che capitale proprio (Tasso d’interesse).
Solitamente TASSO CAPITALE NETTO > TASSO DI INDEBITAMENTO perché il capitale proprio corre più rischi.
La media tra i due tassi è ponderata per i rispettivi “pesi”. [Es. se il capitale proprio corrisponde ai 2/3 e il
relativo tasso è del 10%, mentre l'indebitamento corrisponde a 1/3 con un tasso del 5%, il tasso di sconto sarà:
2/3*10%+ 1/3*5% = 8,33 %].

RICONOSCIMENTO E MISURAZIONE DELLA PERDITA DI VALORE: se è, è solo se, il carrying amount è superiore
del recoverable amount, il valore contabilizzato dell’asset (carrying amount) deve essere riportato al suo
valore recuperabile, si registrerà quindi una perdita di valore. Tale svalutazione deve essere riconosciuta
immediatamente nel C.E., fatta eccezione per gli asset che sono contabilizzati al Revalued amount → IAS 16 se
si segue il revalutation model, in questo caso viene registrato in diminuzione della riserva di rivalutazione. Se si
rileva una perdita questo non va subito in CE, ma va a ridurre il valore di tale riserva fino al suo azzeramento.
Se la perdita eccede, in tal caso il differenziale andrà in CE. Ovviamente dopo aver riconosciuto una perdita di
valore, modificando quindi il valore contabile, è necessario adeguare anche il processo di ammortamento di
quel particolare asset. Come si procede l'impairment test quando ci si trova di fronte a una situazione in cui
non si può calcolare il valore d'uso, cioè quando la generazione dei flussi di cassa netti operativi non è
imputabile ad un singolo asset? questo problema nasce dal fatto che gli asset sono tra loro coordinati. Per
risolvere questo problema lo IASB si inventa il concetto di CASH GENERATING UNIT- CGU “unità generatrice di
cassa”. Nel caso in cui non sia possibile stimare il recoverable amount di un asset singolo perché non c'è un
Fair Value o non c'è il valore d'uso, l'entità deve determinare la CGU alla quale l’asset appartiene. La Cash
Generating Unit è il più piccolo gruppo di asset che include l’asset per il quale si sta svolgendo l’impairment
test e capace di generare flussi di cassa in ENTRATA che siano largamente indipendenti da quelli generati
dagli altri asset o CGU. L'individuazione di una CGU richiede un giudizio del management. Una volta
individuate le CGU devono rimanere le medesime nel tempo (persistenza temporale). L'identificazione della
CGU non è così semplice: molto spesso corrisponde con l'azienda intera, mentre quando ci sono le divisioni è
più facile individuare CGU più piccole. Prendendo come CGU l'intera azienda ogni volta che si teme che un
asset abbia perso valore bisogna effettuare l’impairment test di tutta l'azienda. Una volta individuata,
l’impairment test viene effettuato a livello di CGU, ma il procedimento è uguale a quello che viene svolto a
livello di singolo asset. Il goodwill nasce da operazioni di finanza straordinaria. Ci possono essere due casi:
▪ se una CGU non ha allocato un ammontare relativo a un goodwill si opera come per l’asset individuale
e l’impairment test sarà svolto ogni qualvolta vi siano indizi di una possibile perdita di valore.

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▪ Se una CGU ha allocato in tutto o in parte un goodwill l’impairment test deve essere effettuata
almeno annualmente, indipendentemente dagli indici dei segnali (varia la frequenza del test di
svalutazione).
Quando sorge un goodwill nell'ambito della contabilità bisogno allocarlo, se questa è possibile su basi non
arbitrarie; se ciò non è possibile il goodwill non va allocato. Per aiutare le aziende lo IAS 36 dice che
l’allocazione del goodwill deve seguire i livelli o le modalità con cui Management va ad allocare il goodwill a
livello di controllo manageriale. Se l'azienda vende una determinata CGU e su quella è allocato tutto in parte il
goodwill, l'azienda vende anche il goodwill. Di conseguenza, quando si va a verificare se c'è una plusvalenza o
una minusvalenza bisogna tener conto di questa cosa. [Ad esempio, se si vende un’asset a 100 ed il cui valore
contabile è 60, la plusvalenza non è 40, ma è 40 meno la porzione di goodwill allocata].
Quando si effettua l’impairment test su una CGU c'è un ulteriore problema rispetto a quando si effettua lo
stesso test per un singolo asset. La CGU è composta da un insieme di asset ed il problema è come imputare
quella perdita di valore, che è unitaria, sugli asset. Lo IAS 36 stabilisce che la perdita di valore va allocata come
prima cosa al goodwill, il residuo va allocato al valore contabile degli asset in modo proporzionale al peso del
loro valore contabile rispetto al valore contabile complessivo della CGU. Il valore contabile di un asset può
essere diminuito fino a che non si incontra il più elevato tra: Fair Value dell’asset meno i costi di vendita,
valore d'uso o 0. Se non si riesce a stimare il recoverable amount (che è il più alto tra Fair Value e il valore
d'uso), di ogni asset individuale che compone la CGU, a questo punto l’allocazione della perdita può essere
fatta su base arbitraria.
Lo IAS 36, inoltre, parla di CORPORATE ASSET. I Corporate asset (Asset Trasversali) includono asset di gruppo
o divisionali (come laboratori, sede sociale) delle entità. La caratteristica distintiva di questi asset è che non
generano flussi di cassa operativi in entrata largamente indipendente, quindi i Corporate asset vanno allocati
sulle varie CGU se possibile (perché servono a tutte le CGU). Se un'entità non può allocare il valore contabile
di questi Corporate asset sulle CGU in modo non arbitrario occorre effettuare due livelli di impairment test:
➢ si compara la CGU, di cui si pensa vi sia stata una perdita di valore, senza l’allocazione del valore
contabile di questi Corporate asset
➢ si compare il valore contabile di una CGU più grande che includa anche il Corporate asset
(normalmente l'intera azienda) valutando se esista o meno la svalutazione.
Quando vi è un reversal, cioè un ripristino di valore, alla chiusura di ogni esercizio un'impresa deve verificare
se esistono uno o più indicatori relativi ad una perdita di valore contabilizzate nel corso degli esercizi
precedenti che non esista più o è diminuita. Le fonti informative possono essere:
interne:
• cambiamenti favorevoli all’interno dell'entità
• miglioramento del livello di performance di un asset
oppure esterne:
• aumento rilevante del valore di mercato di un asset
• cambiamenti favorevoli nell'ambiente tecnologico, economico giuridico o di mercato nei quali le
entità opera
• o diminuzioni di tassi di interesse o di rendimento di mercato.
In presenza di tale indicatore, l'impresa deve stimare il valore recuperabile dell’asset o della CGU analizzata e,
se necessario, contabilizzare una ripresa di valore. Si parla di ripristino di valore e non di rivalutazione poiché
si riporta al valore originario l’asset, non lo si porta al di sopra, ed il componente positivo di reddito va in CE.
[Se si utilizza la rivalutazione periodica dello IAS 16 il ripristino passa in CE per l'importo computato allo stesso,
come elemento negativo di reddito (perdita di valore) degli anni precedenti, riducendo la riserva. Se la perdita
è maggiore, tal eccedenza va a ricostituire la riserva di rivalutazione]
Quando si ripristina il valore di un asset ammortizzabile non lo riportiamo al valore da cui siamo partiti perché
il ripristino può avvenire dopo 2-3 anni e, di conseguenza, si ripristina il valore a cui quell’asset sarebbe stato
iscritto in contabilità se si fosse continuato il processo di ammortamento. A livello di CGU, invece, il ripristino
va imputato pro rata a tutti gli asset della CGU (cioè la svalutazione dipende dal peso degli asset, quindi
avranno una maggiore svalutazione gli asset che pesano di più), eccetto il goodwill che non può essere
ripristinato una volta ridotto.
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IAS 37→ “Provision”- FONDI


Lo IAS 37 riguarda i fondi passivi che lo IASB chiama Provision (accantonamenti a Fondi rischi e spese future).
Nella contabilità tedesca, come tradizionalmente anche in quella italiana, i fondi rischi e le spese future erano
usati come meccanismi di perequazione (stabilizzazione) del reddito: quando c'era molto utile si creava un
fondo chiamato accantonamenti a Fondi rischi per ridurre l'utile; quando l'utile era basso si diminuivano i
cosiddetti fondi rischi generici generando un aumento dell'utile (venivano ridotte le passività). È un
meccanismo con cui si svolge la contabilità cosiddetta “prudenziale”. Lo IAS 37 è molto attento nell'evitare
l'utilizzo dei fondi come meccanismo di perequazione degli utili, come nel caso Daimler-Benz. Secondo lo IAS
37 un fondo passivo è una passività di cui è incerto il timing (cioè il momento in cui si verifica) o l'ammontare.
Questi fondi vanno riconosciuti in presenza di tre elementi:
1. quando un'entità ha un obbligo attuale/presente di carattere legale o contrattuale che è il risultato di
un evento passato;
2. quando è probabile che ci sia una fuoriuscita di risorse che ha benefici economici;
3. quando una stima affidabile può essere effettuata sull'ammontare di tale obbligo.
Si devono verificare tutti e tre. Un’obbligazione presente è un obbligo attuale nei confronti di una terza parte
che deriva da un contratto, dalla legislazione oppure da un qualche evento precedente che crea
un'aspettativa. L'esistenza di un'obbligazione significa che l'impresa non ha alcuna alternativa se non
estinguere l'obbligo.
➢ ACCANTONAMENTO DEI FONDI: La misura di questo fondo è l'ammontare che l'impresa pagherebbe
razionalmente per estinguere l'obbligazione alla data di chiusura del bilancio per trasferirla ad una
terza parte. La stima migliore del fondo solitamente è basata sui costi che l'entità dovrà sostenere per
estinguere l'obbligazione alla fine dell'esercizio, o almeno per trasferirla. Questo ammontare, che si
prevede di dover estinguere, va scontato con un tasso di sconto pre-imposte. Se l'uscita di risorsa
economica prevista è a medio lungo termine occorre effettuare un’attualizzazione: quando gli ammontari
si riferiscono a fuori uscite con un periodo superiore 12 mesi (è un principio generale del bilancio
IAS/IFRS). Se questo fondo si riferisce un evento complesso (esempio una ristrutturazione) l'obbligo viene
stimato/valutato pesando tutti i possibili impatti con le loro relative probabilità.
Possono esserci quattro tipi di Fondi:
1. FONDI DI RISTRUTTURAZIONE→ vanno a coprire future spese per la ristrutturazione dell'azienda.
Sono stanziabili se, oltre alla decisione aziendale, tale decisione è stata portata a conoscenza dei terzi
(crea delle aspettative).
2. FONDI PER PERDITE FUTURE→ non si possono stanziare.
3. FONDI PER CONTRATTI ONEROSI→ vanno stanziati e sono quelli che prevedono delle sanzioni, il
raggiungimento di premi, di bonus (onerosità eventuale però possibile).
4. FONDI DI MANUTENZIONE CICLICA→non possono essere stanziati (diventerà solo un costo
d'esercizio) Sono tipici di molte aziende che lavorano nel campo della costruzione di aerei, navi, in
generale gli impianti.
I contratti onerosi sono quelli in cui costi per l'adempimento dell'obbligo superano i benefici economici. Non si
applica alle potenzialità. Possono esserci dei CONTINGENT ASSET “attività potenziali”: cioè un'attività possibile
che deriva da eventi passati e la cui esistenza verrà confermata solo dal verificarsi o meno di eventi futuri che
non sono sotto il pieno controllo dell'impresa. Le attività potenziali non vanno contabilizzate in stato
patrimoniale, ma vanno segnalate nella nota integrativa (si ha un problema di informativa, non di misura). È
troppo insicuro che succederà e non è sotto il controllo dell'impresa.
Le “passività potenziali” consistono in obbligazioni possibili ma non probabili che derivano da eventi passati e
la cui esistenza verrà confermata solo dal verificarsi di eventi futuri incerti che non sono sotto il pieno
controllo dell'impresa: un pagamento non probabile o il cui ammontare non è stimabile con sufficiente
attendibilità (non rientra nei tre criteri base). Non si inseriscono nello stato patrimoniale passivo. Questo è il
motivo per il quale alcune volte le imprese non contano le passività (obbligazioni impossibili, ma non probabili
o il cui ammontare non è sufficientemente attendibile).

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IAS 33→ EARNING PER SHARE


Lo IAS 33 è un indicatore chiave per i mercati finanziari (per le borse valori)→ EARNINGS PER SHARE “utile per
azione”: è la prima cosa che guardano gli analisti finanziari. Gli utili per azione vanno mostrati alla fine del
bilancio. Negli earning si devono considerare gli utili e le perdite che derivano da operazioni continuative.
Eventuali utili derivanti dalla vendita di un ramo d'azienda o asset che stanno per essere dismessi non
vengono compresi nei Basic earning per share. EPS= utile es./n°azioni
EPS A FULLY DILUTED→ ricalcolo dell’EPS tenendo conto delle obbligazioni che potrebbero essere convertite
secondo una stima. EPS FULLY DILUTED= Utile/azioni + obbligaz. convertibili
DILUIZIONE: è un processo che riguarda tale indicatore in presenza di obbligazioni convertibili in azioni (le
obbligazioni sono titoli di debito/finanziamento): anziché restituire Cash si converte un finanziamento a titolo
di credito in un finanziamento a titolo di capitale. Non sono quasi mai obbligatoriamente convertibili, è a
scelta dell’obbligazionista (se sai il valore delle azioni si ha un utile in conto capitale). Si può avere o una
convenienza economica a convertire oppure una convenienza strategica.

IAS 34→ BILANCI INFRANNUALI


Per i bilanci infrannuali è possibile presentare dei bilanci “compensati” o un bilancio tradizionale (completo). i
bilanci infrannuali tipici sono:
▪ la semestrale: cioè ogni sei mesi le quotate in Europa devono produrre un bilancio obbligatoriamente
(segue lo IAS 34, ma alcuni pezzi sono semplificati: troviamo SP, CE, prospetto delle variazioni di CN e
rendiconto finanziario- bilancio quasi completo, alcune cose sono compensate).
▪ La trimestrale non è più obbligatoria, anche se le imprese continuano a farla. Negli Stati Uniti è
obbligatoria, in Europa non più, in quanto si ha una prospettiva temporale corta, ci sono business che
necessitano di più tempo: bilancio ogni tre mesi- tempi troppo ristretti.
▪ Situazioni legali ecc.

IAS 41→ AGRICOLTURE


Lo IAS41 è l'ultimo IAS emanato dallo IASC nel 2001. È uno standard che fu pagato dalla banca mondiale, la
World bank, la quale necessitava di uno standard contabile per le aziende agricole, soprattutto per i paesi in
via di sviluppo. È uno standard che si applica ai prodotti da trasformazione biologica (prodotti dei campi e
raccolta ed asset biologici, cioè bovini, suini, ovini ecc.).
Principio generale di questo standard è l’applicazione del fair Value - costi di vendita: il valore di tutti questi
asset agricoli biologici è riconosciuto sempre al fair value, fino al momento di raccolta. Gli asset con lunghi
tempi di maturazione (es. vino, formaggi) rientrano nello IAS 2 perché sono rimanenze, invece i bovini, i campi
agricoli ecc. sono trattati con la logica delle immobilizzazioni materiali, ma non secondo lo IAS 16 (Semmai con
lo IAS 40). Sono quindi, immobilizzazioni materiali che potrebbero diventare anche delle rimanenze (dopo
averle ad es. macellate).

IFRS 5→ NON CURRENT ASSETS HELD FOR SALES AND DISCONTINUED OPERATION
I valori relativi agli asset destinati alla vendita a breve non correnti vanno inseriti a parte sia nello SP che in CE.
Gli asset detenuti per la vendita vanno valutati come se fossero delle rimanenze e non come immobilizzazioni
(perché si stanno per vendere), al più basso tra il valore contabile e il fair Value - costi della vendita. Non ha
più senso parlare di valore d'uso (si fa il confronto fra il carrying amount ed il fair Value)

IFRS 8 → OPERATION SEGMENT


È uno standard molto importante per quanto riguarda il bilancio consolidato perché una delle previsioni dei
vari standard (in particolare l’IFRS10) prevede che nella nota integrativa bisogna dare una disaggregazione dei
valori per segmenti operativi. È uno IAS di disclosure come lo IAS 24. Secondo l’IFRS8 un'entità deve dare
un’informazione in modo da permettere agli utilizzatori del bilancio di valutare la natura e gli effetti finanziari
delle diverse attività di business e dei diversi contesti economici in cui l'impresa opera. Le grandi multinazionali
hanno diversi business (es. Nestlé): si richiede che nella nota integrativa l'impresa offra uno spaccato delle
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attività e delle passività, dei costi e dei ricavi per business. L’IFRS 8 prevede che si diano i risultati per
segmenti/business. Il problema nasce dal fatto che viene inserito tutto nel consolidato. Originariamente, negli
anni ‘90, negli Stati Uniti, ma anche con la VII direttiva, c'era una clausola secondo la quale se il business fosse
stato troppo diverso, l’attività di business meno rilevante avrebbe dovuto essere contabilizzata con il metodo
del PN (il valore della partecipazione la si allineava al PN, nel bilancio consolidato non emergeva il debito della
partecipata). Quando fu eliminata tale clausola (anche dal D.lgs. 127) le informazioni non furono più molto
omogenee. La coerenza interna può essere non solo per business (informativa verticale), ma anche per aree
geografiche. La logica dell’IFRS 8 è che le informazioni da dare agli utilizzatori siano le stesse di quelle utilizzate
dalla Management a fini interni. I segmenti operativi sono quelli che il Management utilizza per il controllo di
gestione. È inoltre necessario che un'entità riferisca una misura delle passività (es. fornitore) del segmento e
delle voci di reddito e di spesa particolari se tali misure sono regolarmente fornite al chief operation decision-
maker, cioè al responsabile delle decisioni operative. Vanno inserite informazioni di dettaglio (asset, liability,
costi e ricavi).

IAS 19 → BENEFICI AI DIPENDENTI


Lo IAS 19 definisce il trattamento contabile e l’esposizione in bilancio dei benefici dipendenti, cioè tutti i tipi di
remunerazione erogate da un'impresa in cambio dell’attività lavorativa svolta dai dipendenti. I benefici ai
dipendenti sono suddivisi in quattro categorie:
1. BENEFICI A BREVE TERMINE: cioè benefici (diversi da quelli dovuti ai dipendenti per la cessazione del
rapporto di lavoro) dovuti interamente entro 12 mesi dal termine dell'esercizio nel quale dipendenti hanno
prestato la propria attività lavorativa. I benefici a breve termine comprendono:
• salari, stipendi e contributi sociali
• indennità sostitutiva di ferie e permessi per malattia, quando si prevede che le assenze avvengano
entro 12 mesi dall'esercizio in cui dipendenti erogano il relativo servizio di lavoro dipendente;
• compartecipazione agli utili e bonus erogabili entro i 12 mesi successivi alla chiusura dell'esercizio in
cui dipendenti prestano attività lavorativa relativa (retribuzione ed esecuzione differita);
• benefici non monetari o fringe benefit (assistenza medica, abitazione, auto aziendale, beni e servizi
gratuiti o a prezzo ridotto come la mensa) per il personale in servizio.
Relativamente alla rilevazione contabile, lo IAS 19 tratta separatamente:
a) benefici a breve termine per i dipendenti
b) brevi assenze retribuite
c) compartecipazione agli utili ed ai piani di incentivazione
a) BENEFICI A BREVE TERMINE: la contabilizzazione dei benefici a breve termine per i dipendenti, di solito, è
semplice poiché per determinare il valore dell'obbligazione o il costo non sono necessarie ipotesi attuariali.
L'impresa deve contabilizzare nel seguente modo l'ammontare (non attualizzato) dei benefici a breve termine
che prevede dovranno essere pagati ai dipendenti in cambio dell'attività lavorativa prestata durante il periodo
amministrativo:
o rilevazione delle passività, dopo aver dedotto qualsiasi importo già corrisposto
o e rilevazione del costo in conto economico.
b) BREVI ASSENZE RETRIBUITE: l'impresa può dare un compenso ai dipendenti per assenze determinate da
varie ragioni tra le quali ferie, malattia ed invalidità temporanea, maternità o paternità, servizi nelle corti di
giustizia e servizio militare. Il diritto a ricevere tale indennità può essere di due tipi: accumulabile o non
accumulabile. -Le essenze retribuite accumulabili sono quelle che possono essere riportate in avanti ed
utilizzate in esercizi futuri, se i diritti relativi all'esercizio in chiusura non sono stati pienamente esercitati. Le
assenze accumulabili possono essere acquisite: i dipendenti hanno diritto a ricevere un pagamento in contanti
per le assenze non godute al momento di lasciare l’impresa- oppure non acquisite.
L'entità deve misurare il costo atteso delle assenze retribuite accumulabili come ammontare addizionale che
essa prevede di pagare come risultato dei diritti non usufruiti accumulati alla data di chiusura dell'esercizio.
-Per le assenze retribuite non accumulabili l'impresa deve riconoscere il relativo costo al momento in cui le
assenze si verificano.

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Esempio: Assenza Retribuita


L'entità Alfa ha 5 dipendi, ciascuno avente diritto a 20 giorni di ferie retribuite all'anno con un costo pari a
€50/giorno. Le ferie non usufruite sono portate a nuovo nell'esercizio successivo. Il costo da includere a CE
sotto forma di stipendi sarà pari a: 5 dipendenti *20 giorni * €50 = €5.000 [se non usufruiscono delle ferie]
4 dipendenti utilizzano tutti i giorni di ferie cui hanno diritto, mentre l’altro dipendente, avendo utilizzato solo
16 giorni, ha diritto a riportare a nuovo i restanti 4 giorni nell'esercizio successivo. Pertanto, dovrà essere
riconosciuta una passività in SP a fine esercizio pari a: 1 dipendente * 4 giorni * €50=€200.
c)COMPARTECIPAZIONE AGLI UTILI E AI PIANI DI INCENTIVAZIONE: la partecipazione agli utili di norma è
prevista dalla contrattazione collettiva di secondo livello. Un'entità dovrebbe contabilizzare il costo atteso
relativo alla compartecipazione agli utili e ai piani di incentivo quando, e solo quando:
▪ l'entità ha un'obbligazione effettiva, legale o implicita, ad eseguire tali pagamenti come conseguenza
di eventi passati. Un'obbligazione è effettiva quando, e solo quando, l'impresa non ha alternative
realistiche per l'effettuazione dei pagamenti.
▪ può essere effettuata una stima affidabile di tale obbligazione. L'impresa può compiere una stima
affidabile dell’obbligazione quando, e solo quando:
▪ i termini formali del piano contengono una formula per la determinazione dell'ammontare
dell’incentivo;
▪ l'entità determina gli ammontari da pagare prima che il bilancio sia pubblicato;
▪ l'esperienza formata fornisce una chiara evidenza dell'ammontare dell’obbligazione implicita
dell’entità.
2. BENEFICI SUCCESSIVI AL RAPPORTO DI LAVORO: Si tratta di prestazioni previdenziali dovuti ai dipendenti
dopo la cessazione rapporto di lavoro ed includono, ad esempio, benefici pensionistici (pensioni) ed altri
benefici successivi come assicurazioni sulla vita e assistenza medica. Gli accordi in base ai quali l'impresa eroga
tali benefici sono piani a benefici successivi al rapporto di lavoro, che si dividono a seconda della natura
economica del piano (che dipende dai principali termini e condizioni del piano stesso) in:
-PIANI A CONTRIBUZIONE DEFINITA: l'obbligazione delle entità è limitata all'ammontare dei contributi da
versare al fondo sulla base dell'accordo. Di conseguenza, l’entità non avrà alcuna obbligazione a pagare
ulteriori contributi se il fondo non detiene sufficienti risorse per pagare tutti i benefici ai dipendenti ed il
rischio attuariale (che benefici siano inferiori a quelli attesi) ed il rischio di investimento (che le attività
investite siano insufficienti a soddisfare i benefici attesi) ricadono sul dipendente. Quindi, nei piani a
contribuzione definita il dipendente presta servizio presso l'azienda, che versa periodicamente il contributo al
fondo stabilito. Il fondo eroga il beneficio al dipendente.
-PIANI A BENEFICI DEFINITI: l'obbligazione dell’entità consiste nel concedere benefici ai dipendenti e non
dipendenti (amministratori). In questo caso il rischio attuariale, che è legato alla passività, ed il rischio di
investimento, che legato all'eventuale investimento che l'azienda fa per procurarsi le attività necessarie,
ricadono sull'impresa. Un'entità deve determinare il valore attuale delle obbligazioni relative a piani a
benefici definiti e il fair Value delle attività detenute a servizio del piano con sufficiente regolarità, in modo
che i valori iscritti a bilancio non differiscano in misura significativa da quelli che sarebbero calcolati alla data
di chiusura dell'esercizio.

Esempio:
Il TFR è un piano a contribuzione definita, ma lo IAS 19 lo inquadra tra i piani a benefici definiti. Il TFR viene
definito dalla legge ed è dato da monte stipendi/13,5 (dove il monte stipendi è solitamente definito dalla
contrattazione collettiva) +[fondo TFR x (1,5%+75% indice Istat]. La prima parte ha natura retributiva, è uno
stipendio ad erogazione differita, mentre la rivalutazione ha natura di rendita finanziaria. La quota TFR è
soggetta a tassazione separata e viene tassata con aliquota media degli ultimi cinque anni, mentre la
rivalutazione è tassata con ritenuta alla fonte a titolo di imposta che è pari al 17%. Il debito che risulta viene
erogato nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro, quindi è necessario stimare quando si interromperà.

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3. ALTRI BENEFICI A LUNGO TERMINE: benefici per i dipendenti che non sono dovuti interamente entro i 12
mesi successivi al termine dell'esercizio in cui dipendenti hanno svolto il relativo lavoro.
4. BENEFICI PER LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO: benefici dovuti ai dipendenti in seguito alla:
o decisione dell’impresa di concludere il rapporto di lavoro di un dipendente prima della data di
pensionamento;
o decisione del dipendente di accettare le dimissioni volontarie in cambio di tale indennità.
Esercizio IAS 19
DATI
Stipendio annuo 100.000€
Rivalutazione annua stipendio 3%
Durata contratto 5 anni
% stipendio maturato 2,5%
tasso di attualizzazione 5%

Al termine del contratto il dipendente riceverà una percentuale dello stipendio nell'ultimo anno, per ogni
anno maturato. Quando si interrompe il rapporto di lavoro, sul valore dell'ultimo stipendio viene calcolato un
premio commisurato ad ogni anno lavorato.
Stipendio ultimo anno: 100.000 x (1 + 0.03)5 = 115.927,41€
Beneficio annuo: 115.927, 41 * 0,0 25 = 2.898,19

Anno 1 2 3 4 5
Benefici in corso €2.989,19 €2.989,19 €2.989,19 €2.989,19 €2.989,19
Benefici totali €2.989,19 €5.978,38 €8.967,57 €11.956,76 €14.945,95

ANALISI DELLA VARIAZIONE DELL'ANNO 3:

BENEFICIO COEFFICIENTE DI FORMULA VALORE ATTUALE


TOTALE ATTUALIZZAZIONE
CUMULATO
A) valore attuale 8.694,57€ (1+0.05)3=1,157625% 8.694,57/ 7.510,68€
dell'obbligazione 0.01157625
alla fine dell'anno3
B) valore attuale 5.798,37€ (1+0.05)2=1,1025% 5.798,37€/ 5.259,29€
dell'obbligazione la 0.011025
fine dell'anno 2
Variazione (A-B) 2.251,39€
Interest cost (V.A. 262,86€
anno2*tasso di
attualiz. 5%)
Current Service 1.988,33€
cost (C-D)

La voce Interest cost rappresenta una quota interessi pari alla rivalutazione del fondo accumulato all'inizio del
periodo. La voce Current Service cost rappresenta una sorta di beneficio reale maturato dal dipendente
nell'esercizio ed è l'incremento del fondo da un anno all'altro al netto degli interessi.

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IFRS 15: RICAVI


Entrato in vigore il 1° gennaio 2018, l’IFRS15 sostituisce lo IAS 18 (standard sui ricavi) e lo IAS 11 (standard sui
contratti di lavoro in corso di costruzione) e le relative interpretazioni da parte dell’IFRIC e del SIC.
I ricavi servono agli “users” (investitori, stakeholder, analisti finanziari), in relazione alle informazioni
contenute nel bilancio, per:
a) valutare le imprese;
b) valutare le loro performance;
c) e compararle fra loro.
Il ricavo è definito come l’Income che nasce nel corso delle attività ordinarie svolte dall’entity. A sua volta
l’Income viene definito come l’aumento dei benefici ec. durante il periodo contabile, che risulta nella forma di
entrate di asset, dal loro potenziamento o dalla riduzione delle passività. Tutto ciò risulta in aumento generale
dell’entity. I ricavi, fino al 2018, venivano contabilizzati secondo lo IAS 11 e lo IAS 18, mentre negli Stati Uniti si
seguivano gli US GAAP americani. La contabilizzazione dei ricavi aveva qualche problema. Individuiamo due
maggiori fonti di problemi:
1. inconsistenze e debolezze dello standard;
2. la seconda fonte è relativa gli users, secondo i quali le informazioni pubblicate nel bilancio sui ricavi
(secondo lo IAS 11 e 18 e gli US GAAP) erano inadeguate per poter prendere delle decisioni.
1) INCONSISTENZE E DEBOLEZZE DELLO STANDARD
Nello IAS 11 e 18 c’erano poche informazioni dettagliate su come contabilizzare alcuni aspetti. Di
conseguenza, molti users compensavano gli IFRS con gli standard contabili americani. Il processo di
convergenza tra IAS/IFRS e US GAAP non si è mai concluso. Negli US GAAP vi sono dei concetti legati alla
contabilizzazione molto ampi (generici) e a questi si accompagnano delle richieste specifiche per determinati
settori e transazioni. Vi erano transazioni che dal punto di vista economico erano uguali, ma venivano
contabilizzate in modo differente. Altro problema è il fatto che emergevano altri tipi di transazioni. Uno dei
settori maggiormente colpiti nel passaggio tra IAS 18 a IFRS è quello delle telecomunicazioni.
2) INADEGUATEZZA
Secondo gli analisti finanziari le informazioni derivanti dai bilanci (che utilizzavano IAS18-11) erano un tipo di
informativa “boilerplate” (ci si trovava un po' di tutto). Altro problema era legato al fatto che le informazioni
dei ricavi spesso erano scollegate dalle altre informazioni contenute nel bilancio d’esercizio.
Si è deciso, quindi, di emanare il nuovo standard, l’IFRS15:
A. per avere uno standard “Principal based”, basato sui principi (come prevede il Conceptual Framework)
nell’ambito del progetto di convergenza. È pur vero che il progetto di convergenza non è più in atto,
ma quando si iniziò a parlare di questo standard lo IASB ed il FASB stavano cercando di entrare in
contatto.
B. Il secondo obiettivo era quello di identificare un quadro di riferimento che fosse abbastanza robusto e
che quindi andasse a ridurre la necessità di fornire informazioni dettagliate caso per caso.
C. Ulteriore obiettivo è quello di garantire la comparabilità fra i settori (era uno dei problemi).
D. Infine, occorreva rispondere ai problemi degli users, ossia fornire un’informativa che fosse
maggiormente efficace, capace di rispondere alle necessità di coloro che lo leggono.
A differenza di altri standard precedenti, fu emesso nel maggio del 2014 e un mese dopo, giugno 2014, IASB e
FASB annunciarono la formazione di un TRANSITION RESOURCE GROUP (TRG), composto da stakeholder, il cui
obiettivo era capire quali fossero gli impatti del nuovo IFRS15. Tale gruppo termina il suo lavoro a gennaio
2016 e pubblica un documento definito “Chiarimenti all’IFRS 15”. Dal 2018 l’adozione dell’IFRS 15 è
obbligatoria, ma è ammessa anche l’applicazione anticipata.
CONTENUTI → specifica come e quando un IFRS reporter deve riconoscere i ricavi (come nel senso di “quanto
contabilizzare”). Lo standard fornisce un modello unico basato sui principi, composto da 5 step, da applicare a
tutti i contratti con i clienti. Le operazioni che rientrano nell’ambito dell’IFRS15 sono: i contratti con i clienti, le
vendite di asset non financial che non rientrano nell’attività ordinaria delle imprese (ad es. la cessione di
immobilizzazioni materiali ed immateriali) e rientra anche la capitalizzazione di specifiche categorie di costi.
Non rientrano, invece, i contratti di leasing, i contratti assicurativi, gli strumenti finanziari, alcuni scambi non
monetari e alcuni accordi di riacquisto. Principio base è che l’azienda riconosce (contabilizza) un ricavo per
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illustrare il trasferimento di un bene o di un servizio ad un cliente in un ammontare che riflette le sue


aspettative.
Per riconoscere un ricavo, l’impresa deve seguire 5 step:
STEP 1→ IDENTIFICAZIONE DEL CONTRATTO CON IL CLIENTE: Secondo l’IFRS 15 un contratto è un accordo tra
due o più parti in forza del quale sorgono diritti ed obblighi esecutivi. L'entità deve applicare tale IFRS per ogni
contratto sostanzialmente commerciale che possiede altri particolari criteri, come ad esempio la possibilità da
parte delle entità di incassare l'importo a cui avrà diritto in cambio della promessa di beni e servizi. Un
contratto rientra nell’ambito dell’IFRS 15 se:
• il contratto è approvato dalle parti (per iscritto o anche oralmente) e si sono impegnate ad adempiere
le rispettive obbligazioni;
• sostanza commerciale: la tempistica e l’importo dei flussi finanziari sono destinati a cambiare a
seguito del termine del contratto;
• l’azienda può individuare diritti di ciascuna delle parti che hanno sottoscritto il contratto su
beni/servizi e termini di pagamento identificabili;
• probabilità che l’azienda, a seguito della fornitura di beni e di servizi, riceverà dal cliente il
corrispettivo (esigibilità).
STEP 2 → IDENTIFICAZIONE DELLE PERFORMANCE DA SODDISFARE: le performance obbligation da
soddisfare sono promesse (contenute nel contratto) di trasferire al cliente beni e servizi distinti. Per
determinare se si tratta di beni/servizi distinti, l'azienda considera se il cliente può beneficiare di tali beni
singolarmente oppure in combinazione con altre risorse a lui disponibili. Inoltre le imprese devono
considerare se nell' accordo contrattuale l'impegno a trasferire beni e servizi è separatamente identificabile
dalle altre obbligazioni presenti nel contratto.
STEP 3 → DETERMINAZIONE DEL PREZZO DELLA TRANSAZIONE: il prezzo della transazione è il corrispettivo
che l'entità si aspetta di incassare dalla promessa di trasferimento di beni e servizi al cliente. Solitamente il
prezzo è un importo fissato dal consumatore, a volte include stime di importi variabili o corrispettivi in forme
diverse dal contante.
-Esempio: (Senza componenti fissi e variabili)
Prezzo dello smartphone: 149.99€
45€ al mese per 30 mesi → il prezzo della transazione sarà pari a: 149.99+ (45x30)= 1499.99€

Nei casi in cui il prezzo è variabile l'azienda può stimare il compenso in base a due criteri alternativi:
1. EXPECTED VALUE (media ponderata per le probabilità)
2. MOST LIKELY AMOUNT (valore “più probabile”)
-Esempio: EXPECTED VALUE
Società che offre dei servizi di trasporto ad un parco divertimenti con un corrispettivo annuo fisso di
400.000€ ed un bonus variabile dato secondo i tempi medi di attesa dei clienti: va da 0 a 600.000€
L’Expected value prevede che si calcolino le probabilità di ricevere il bonus:
€0 -30%
€20.000 - 30% = 60.000
€400.000 - 35% = 140.000
€ 600.000 – 5% = 30.000
Sommando le diverse probabilità si trova la componente variabile: (20.000x30%) +(400.000x35%)+
(600.000x5%)=60.000+140.000+30.000= 230.000€
MOST LIKELY AMOUNT: lo standard per tale criterio non prevede un metodo di determinazione univoco, ma
ritiene che, prendendo i dati dell’esercizio precedente, al 70% il bonus sia almeno di 200.000€

STEP 4 →ALLOCAZIONE DEL PREZZO DELLA TRANSAZIONE: l'entità dovrebbe allocare il prezzo della
transazione a ogni performance da soddisfare sulle basi del relativo prezzo di vendita autonomo di ogni bene
o servizio distinto. Quindi, si alloca il prezzo di transazione in un ammontare che rappresenta il corrispettivo
che l’azienda si aspetta di ricevere per l’erogazione di beni e servizi.

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Il Transaction Price (prezzo di transazione) si alloca sulla base del c.d. Stand-alone Selling Price: il prezzo di
vendita autonomo normalmente è disponibile, in alternativa è possibile effettuare una valutazione di mercato,
utilizzare il metodo del margine o il metodo residuale. [Se il prezzo di vendita autonomo non è osservabile,
l'entità lo deve stimare]. Se non è presente un mercato di riferimento l’entità può stimarlo, può essere
paragonato al livello 3 del fair Value, ma a differenza di quest'ultimo le stime non sono supportate da formule
matematiche, sono puramente soggettive. L'unico limite imposto è imputare ogni ricavo ad ogni singolo
componente attraverso giudizio e coerenza nelle stime.
Esempio:
L’offerta di una società di telecomunicazioni prevede minuti illimitati + traffico dati con un canone mensile
pari a 40€ (Stand-alone Selling Price) per 24 mesi, offrendo lo smartphone incluso per 160€; se questo fosse
venduto separatamente il prezzo sarebbe pari a 480€ (Stand-alone Selling Price), con rate di 40€ per 24 mesi.

% Transaction Price allocato


Cellulare 160€ 480€ 33% 1120*0.33=373
Traffico 40€ per 24 mesi 40*24 67% 1120*0.67=747
TOTALE 1120 1440 100% 1120

Transaction Price
STEP 5→ RICONOSCIMENTO DEI RICAVI: l'entità deve riconoscere i ricavi quando soddisfano le performance
presenti nel contratto attraverso la promessa di trasferimento di beni e servizi, ovvero quando il cliente ottiene
il controllo di tali beni e servizi. (Nello IAS 18 si parlava di passaggio rischi e benefici, non di controllo). Le
performance possono essere soddisfatte: → in un preciso momento, tenendo quindi il controllo del bene, ad
esempio vendita di uno Smartphone, “Point In Time”(es. trasferimento dei clienti);
→ o nel corso tempo, “Over Time” (tipico dei servizi), e si utilizza il mezzo dell'output (SAL, % di
completamento ecc.), ad esempio quando si eroga un servizio.
Il settore dove l’IFRS15 trova massima applicazione è quello delle telecomunicazioni: è tipico che molte
compagnie telefoniche forniscano un abbonamento in aggiunta al cellulare (si tratta di contratti composti).
Concettualmente è presente una commissione tra il canone e un bene, ovvero servizi e beni materiali. Per le
imprese il canone rappresenta un ricavo, mentre il bene rappresenta un costo di natura strategica (pubblicità,
marketing). Lo standard definisce che se per il bene l'azienda richiede al cliente un contributo allora è
possibile registrare il ricavo, altrimenti no.
[Ipotizzando che lo smartphone costi 613.63€ (contabilizzandolo come ricavo in avere): tale prezzo è
composto da una parte relativa alla vendita del cellulare (uscita di cassa) pari a 149.99€, e la restante parte
relativa all’attività contrattuale (ovvero il servizio usufruito nel corso del tempo) pari a 463.64€. Se si
dovessero pagare 45€ al mese, sarebbero composti da 30€ da ricavi la restante parte dall’attività
contrattuale.]

-L’IFRS 15 prevede uno specifico trattamento contabile per i costi che l’azienda deve sostenere per ottenere i
contratti e per erogare le prestazioni previste. Individuiamo due categorie di costi:
➢ il costo relativo all’ottenimento del contratto. Sono costi che l’azienda non avrebbe sostenuto se il
contratto non fosse stato sottoscritto (es. le commissioni di vendita).
➢ il costo per portare a termine il contratto, ovvero quei costi relativi alle risorse che verranno utilizzate
per soddisfare le performance obbligation previste nel contratto (es. costi di attivazione).
Questi costi sono capitalizzati e vengono ammortizzati lungo tutta la vita utile del contratto. Le provvigioni
vengono capitalizzate come spese di ottenimento del contratto e successivamente si procede con
l’Impairment Test lungo tutta la vita del contratto.

Esercizio IFRS15 → Calcolo dell’ALLOCATION PRICE (prezzo riproporzionato)


Occorre redigere le rilevazioni che deve effettuare l’azienda alla vendita del cellulare e alla fatturazione
dell’abbonamento (spese telefoniche).

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PERFORMACE OBBLIGATION (PO) CONSIDERATION (Corrispettivo) STAND ALONE SELLING PRICE


Cellulare 150€ 400€
Abbonamento 50€ 50€
Mesi 24

1) Consideration totale→ 150+(50*24)=1350€ Occorre allocare il prezzo tot. sulle singole


2) Stand Alone Selling Price totale → 400+(50*24)=1600€ performance obbligations ( calcolo %).
3) 400/1600=0.25=25%
4) 1350*25%=337.50
1350*75%=1012.50

-Alla vendita del cellulare si avrà:


Cassa 150 La differenza (337.50-150) viene allocata ai c.d. “cost asset-contract asset”
Ricavo 337.50 (costi, legati al contratto, sostenuti per la vendita del cellulare).
Cost asset 187.50

-Alla fatturazione delle spese telefoniche si avrà:


Cassa 50
Ricavo 42.19 → 1012.5/24=42.19
Cost asset 7.81
(Costo da sostenere per vendere l’abbonamento)

IFRS 9
Il principio contabile internazionale relativo agli strumenti finanziari (IAS 39) ha sempre generato molte
critiche, in quanto considerato difficile da comprendere, da applicare e da interpretare. A seguito della crisi
finanziaria e delle critiche allo standard da parte del G20, lo IASB ha iniziato un progetto per la sostituzione
dello IAS 39. A novembre del 2008 lo IASB ha inserito un progetto di semplificazione relativo agli strumenti
finanziari, ma nel 2009 ci fu una sorta di doppia bocciatura da parte dell’EFRAG (organo tecnico) e dell'ARC
(organo politico). È il principio contabile più complesso ed è utilizzato da banche e da istituti finanziari. Tale
standard è molto discusso perché tutti i principi contabili internazionali, soprattutto lo IAS 39, sono improntati
sul principio di Fair Value (attribuzione al valore equo). I principi contabili vengono approvati dallo IASB e poi
omologati a Bruxelles dalla Commissione Europea.
CLASSIFICAZIONE VALUTAZIONE: Come già stabilito dallo IAS 39, questo nuovo standard prevede che la
rilevazione iniziale debba avvenire nel momento in cui un’entità divine parte di un contratto avente per
oggetto uno strumento finanziario. La novità prevista dall’IFRS9 è rappresentata dalla modifica delle categorie
all'interno delle quali classificare le attività finanziarie. Lo IAS 39 adottava una classificazione in quattro
categorie: held to maturity, available for sale, loans and receivables (finanziamenti e crediti), held for trading e
le regole da seguire per la classificazione sono stata per lungo tempo oggetto di dibattito a causa della loro
difficoltà di applicazione. Le due categorie previste dall’IFRS9 vengono assimilate ai criteri adottati per la
valutazione successiva:
• costo ammortizzato
• e Fair Value
Esclusivamente per la prima categoria, lo IASB ha dettato alcune caratteristiche specifiche che le attività
finanziarie devono necessariamente possedere al fine di rientrare in questa tipologia di valutazione. L’IFRS 9
stabilisce che un'entità deve valutare classificare un'attività finanziaria al costo ammortizzato se sono
soddisfatte entrambe le seguenti condizioni:
a. l'attività finanziaria è posseduta nel quadro di un business model che prevede il mantenimento dello
strumento per l'incasso dei cash flow contrattuali. Non è necessario che lo strumento finanziario sia
detenuto fino alla scadenza; in alcuni casi è possibile che l’attività si ritenuta per ottenere i flussi di cassa
contrattuali anche in caso di vendita antecedente;

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b. I flussi di cassa soddisfano lo “SPPI test”: in base ai termini contrattuali, i cash flow derivanti dallo
strumento a specifiche date rappresentano solo il pagamento del capitale e degli interessi sul capitale
residuo.
In mancanza dei seguenti requisiti tali strumenti devono essere legati tra quelli contabilizzati al Fair Value.
Un'attività finanziaria deve essere valutata al Fair Value rilevato nell’Other Comprehensive Income (FVTOCI) se
sono soddisfatte entrambe le seguenti condizioni:
a. l'attività finanziaria posseduta nel quadro di un business Model il cui obiettivo è conseguito sia
mediante la raccolta dei flussi finanziari contrattuali sia mediante la vendita di attività finanziarie;
b. in base ai termini contrattuali, i cash flow derivanti dallo strumento a specifiche date rappresentano
solo il pagamento del capitale e degli interessi sul capitale residuo. Questo modello di business in
genere comporta una maggiore frequenza è un maggior volume di vendite.
Nel momento in cui un’azienda o una banca acquisisce un’attività/passività finanziaria questa dev’essere
valutata al Fair Value (+/- transaction cost). Alla data iniziale generalmente il costo di acquisto di un'attività
finanziaria o il prezzo di emissione di una passività finanziaria coincidono. Talora alla data di acquisto costo e
fair Value non coincidono, ad es. si acquista qualcosa che vale di più (si parla di day one gains) o qualcosa che
vale meno (day one loss). In tal caso, si deve rilevare a conto economico la differenza. Se il fair value non può
essere determinato in maniera oggettiva significa che quel profitto (o perdita) non è reale. Una delle grandi
accuse ai principi contabili internazionali è che questi possono essere abbastanza simulati, perché la vera sfida
è determinare il fair value.

Lo IAS 32 dà le definizioni, l’IFRS 9 fornisce i metodi di valutazione e l’IFRS 7 dà la disclosure (informativa), cioè
come dare in bilancio l’informativa relativa a queste attività/ passività finanziarie.
Lo IAS 32 definisce cos’è uno strumento finanziario: qualsiasi strumento (contratto) che dia origine ad
un’attività finanziaria per un’entità o ad una passività finanziaria o ad uno strumento di PN per un’altra entità.
Emergono, quindi, tre categorie: attività fin., passività finanziarie e gli strumenti di PN.
▪ ATTIVITA’ FINANZIARIA (Financial Asset) è qualsiasi attività che sia rappresentata da: un diritto
contrattuale di ricevere denaro o altre attività finanziarie da un’altra entità; un diritto contrattuale di
scambiare strumenti finanziari con un’altra entità a condizioni potenzialmente favorevoli; una quota
di PN di un’altra entità. Rientrano in tale categoria: crediti, titoli, azioni, partecipazioni, derivati ecc.
Tutto ciò che si trova nell’attivo dello SP e dà diritto a ricevere flussi finanziari (cassa) è un’attività
finanziaria.
▪ La PASSIVITA’ FINANZIARIA (Financial Liabilities) è qualsiasi passività a cui corrisponda un obbligo
contrattuale di: consegnare denaro o un’altra attività finanziari ad un’altra entità; scambiare
strumenti finanziari con un’altra entità a condizioni potenzialmente sfavorevoli. Rientrano in tale
categoria: obbligazioni, c/c passivi, derivati ecc.
▪ Tutto quello che non è un’attività o passività finanziari è PATRIMONIO NETTO, quindi, qualsiasi
contratto che rappresenti una partecipazione residua dell’attivo di un’entità al netto di tutte le sue
passività (sostanzialmente sono le azioni), ed è la parte che risulta più a rischio.
Secondo i principi contabili internazionali le azioni proprie non sono più iscritte nell’attivo, ma vanno a
deduzione del PN e lo stesso vale per i principi contabili italiani, i quali nel 2016 sono stati modificati,
introducendo l’OCI32 che ha sostanzialmente allineato le azioni proprie (queste vanno a deduzione del PN).
Questo fu un passo in avanti rispetto alla legislazione italiana.
L’IFRS 9 va a sostituire lo IAS 39 e sarà applicabile già nelle semestrali del 2018 (30 giugno). Nasce in America
dopo la crisi finanziaria del 2008 con i c.d. sub prime. In poche parole, le banche andavano a comprare i mutui
sub prime dalle altre banche e poi li rivendevano strutturandoli in titoli sottostanti. Ciò comportò una crisi,
perché questi titoli generavano un rischio del “sottostante”. La crisi del 2008 e il conseguente fallimento della
Lehman Brothers, ha portato alla ridefinizione dello IAS 39 e alla definizione dall’IFRS9 in applicazione di
queste. Sostituisce una serie di principi contabili, ma soprattutto va a cambiare tutta la tematica degli
strumenti finanziari. Il cuore dell’IFRS9 è la classificazione: in relazione alla classificazione di attività e passività
finanziarie si avranno differenti metodi di valutazione delle stesse.

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CLASSIFICAZIONE DI ATTIVITA’ FINANZIARIE: Alla fine della classificazione sono importanti sia elementi
oggettivi (caratteristiche dello strumento) sia elementi soggettivi (intenzioni). Le 4 categorie dell’IFRS 9 sono:
1. FINANCIAL ASSET AT AMORTISED COST
2. FINANCIAL ASSET AT FAIR VALUE THROUGH OCI WITH RECYCLING
3. FINANCIAL ASSET AT FAIR VALUE THROUGH P&L (categoria residuale)
4. EQUITY INSTRUMENTS AT FAIR VALUE THROUGH OCI WITHOUT RECYCLING (categoria opzionale)
1. FINANCIAL ASSET AT AMORTISED COST → sono classificati in questa categoria i titoli di debito che
soddisfano entrambi i seguenti requisiti:
➢ BUSINESS MODEL: sono detenuti allo scopo di incassare i flussi di cassa contrattuali;
➢ passano il c.d. SPPI TEST: i flussi di cassa rappresentano “solely payment of interest and principal”
Esempio classico di questa categoria sono i crediti che vengono ammortizzati secondo il criterio del costo
ammortizzato.

2. FINANCIAL ASSET AT FAIR VALUE THROUGH OCI WITH RECYCLING→ sono classificati in questa categoria i
titoli di debito che soddisfano entrambi i seguenti requisiti:
➢ attività finanziarie nelle quali il business model è legato all’incasso di flussi di cassa contrattuali e
quelli dell’eventuale vendita: si detiene un’attività fin., ma la si può anche vendere.
➢ Si ha un metodo di valutazione diverso: nella categoria precedente si ha il criterio del costo
ammortizzato, mentre in questa si ha il Fair Value. Le variazioni del costo ammortizzato vanno in CE,
mentre, in questo caso si addebita la differenza all’OCI (cioè direttamente al PN). Quando si venderà
l’attività finanziaria, questa andrà in CE (recycling).
3. FINANCIAL ASSET AT FAIR VALUE THROUGH P&L → tutte le attività finanziarie non classificate nelle
precedenti categorie, vanno valutate a fair value e tutte le differenze, anno per anno, vanno in CE.

4. EQUITY INSTRUMENTS AT FAIR VALUE THROUGH OCI WITHOUT RECYCLING→ possono essere classificati
in questa categoria tutti gli investimenti azionari non detenuti per scopi di trading (vendita). Plus-
minusvalenze di tali investimenti fin. non andranno mai in CE, ma andranno direttamente a PN.

In tal modo si cercano di limitare gli impatti sul CE (effetto pro-ciclico). Con il passaggio da IAS 39 ad IFRS 9
viene eliminata la categoria HELD TO MATURITY, titoli detenuti fino alla scadenza, così come la categoria
residuale AVAIBLE FOR SALE, ora ricompresa nella seconda. È stata eliminata l’opzione di separare i derivati
impliciti (strumenti connessi nelle attività/passività fin.) e sono state date una serie di opzioni per registrare le
variazioni di fair value degli strumenti di equity in OCI.

L’analisi da svolgere al fine di identificare l’appropriata classificazione è svolta sulla base della comprensione
del modello di business nell’ambito del quale viene gestito lo strumento e sulle caratteristiche dei flussi
contrattuali (TEST SPPI). Una volta categorizzate si hanno diversi metodi di valutazione: amortised cost o fair
value e la differenza andrà contabilizzata: con il costo ammortizzato in CE, la seconda va in OCI (PN) (questa
seconda si apre in due) e la terza in CE.

BUSINESS MODEL: ci sono sostanzialmente 3 categorie:


1. HELD TO COLLECT (HTC): l’obiettivo è quello di detenere le attività finanziarie per incassare i flussi di
cassa contrattuali (vendite poco frequenti e scarsi volumi). [costo ammortizzato]
2. HELD TO COLLECT AND SELL (HTC&S): L’obiettivo è sia incassare flussi di cassa contrattuali che
vendere (vendite maggiori per frequenza e volumi). Se lo si tiene per investire passa l’SPPI test (perché
detengo le attività fin. per incassare i flussi sottostanti) e si mette nel costo ammortizzato, se invece lo
si tiene sia per incassare che per guadagnare dal trading, supera il test SPPI ma andrà inserito a fair
value Other Comprehensive Income.
3. La terza comprende TRADING, MASSIMIZZAZIONE DELLE VENDITE, GESTIONE SULLA BASE DEL FV: non
ha l’obiettivo di detenere le attività, quindi non passa l’SPPI test e qualsiasi differenza andrà inserita
nel FV Profit&Loss (variazioni in CE).

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COSTO AMMORTIZZATO →Consente di calcolare per un’attività o una passività fin. il suo rendimento/costo
EFFETTIVO (valore di iscrizione) sulla base dell’effettivo rendimento dello strumento finanziario, determinato
attraverso il criterio dell’interesse effettivo. L’attività finanziaria viene valutata al COSTO AMMORTIZZATO se
sono soddisfatte queste condizioni:
▪ lo strumento è inserito in un business model il cui obiettivo è quello di percepire i flussi di cassa
contrattuali;
▪ i termini contrattuali prevedono flussi di cassa a scadenze definite che rappresentano unicamente il
rimborso del principal ed il rimborso deli interessi: analisi delle caratteristiche dei flussi di cassa
contrattuali.
FVOCI→ - FVOCI EQUITY: alla prima rilevazione è possibile esercitare una opzione irrevocabile per presentare
a OCI (riserva di PN) i cambiamenti successivi nel FV degli strumenti di equity non detenuti per la vendita.
Poiché le variazioni di FV cumulate in OCI non sono più riversate a CE (nemmeno quando lo strumento viene
venduto), non è più necessario effettuare il test di impairment.

-FVOCI DEBITO: la categoria FVOCI per strumenti di debito ha un funzionamento contabile equivalente a
quello dell’attuale classe AFS, ma la classificazione delle attività finanziarie a FVOCI è soggetta alla definizione
del business model e al test dei flussi di cassa contrattuali.

FVTPL→Un’attività finanziaria viene valutata al FV con contropartita in CE se:


▪ non è uno strumento di debito che paga solo rate di principal e interessi;
▪ è detenuta per finalità diverse dal percepimento dei flussi di cassa contrattuali (es trading, gestione su
base FV...)
▪ non è stata esercitata la OCI election per gli strumenti di equity.

FV OPTION: ammessa solo per eliminare o ridurre significativamente un’asimmetria contabile.


analisi delle caratteristiche dei flussi di cassa. DERIVATI IMPLICITI: non sono più scorporati dallo strumento
ospite: viene effettuato il test SPPI sull’intero strumento composto.

CLASSIFICAZIONE PASSIVITA’ FINANZIARIE: Le passività finanziarie vanno valutate a FV (con contropartita in


CE) e si dividono in due categorie:
1. HELD FOR TRADING: quelle detenute per scopo di trading (abbastanza rare).
2. OTHER LIABILITIES: (categoria residuale) da misurarsi al costo ammortizzato.
Gli strumenti derivati sono considerati attività/passività finanziarie da valutare al FV con contropartita in CE (a
meno che non siano detenuti con finalità di copertura e vengano rispettate le condizioni di hedge Accounting).
Tutti i financial instruments possono essere classificati nella categoria a FV con contropartita in CE (al ricorrere
di definiti presupposti).

VALUTAZIONE PASSIVITA’ FINANZIARIE AL FV: Le passività detenute per la negoziazione vanno valutate a FV: si
applica la FAIR VALUE OPTION. Gli strumenti derivati non sono facilmente valutabili, ma vanno valutati a fair
value e contabilizzati in CE (sono difficili da scorporare, però molto spesso nei contratti di finanziamento ci
sono dei derivati sottostanti). Anche nello IAS 39 le passività finanziarie andavano valutate al FV, ma si era
creato il c.d. “rischio di credito”: tanto peggio andavano le aziende tanto si abbassava il FV delle loro passività
finanziaria (riducendo le passività si ha un’insussistenza attiva). Tutte le variazioni attribuibili al rischio di
credito devono essere presentate nelle altre componenti di CE complessivo (in OCI) e l’ammontare residuo
della variazione del FV della passività dev’essere presentato nell’utile (perdita) d’esercizio (in P&L). Nell’IFRS
9 è rimasta l’opzione di scorporare i derivati impliciti, a differenza delle attività finanziarie.
Se la società va male il mercato chiederà un tasso più significativo per coprire il rischio che la società non
paghi e vada in default. Il CREDIT RISK è il rischio di credito se si immette una passività e questa differenza che
va ad impattare il FV non va in CE, ma va direttamente a PN (OCI) per evitare l’effetto di migliorare il proprio
CE quando le cose vanno male.

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ESEMPI
1) FINANCIAL ASSET AT FAIR VALUE THROUGH OCI WITH RECYCLING: Acquisto di un’obbligazione
Costo totale di iscrizione iniziale pari a 1.000€
Interesse annuo del 5% - durata 10 anni
FV al termine del primo anno pari a 950€, determinato da un cambiamento nei tassi di interesse del mercato.
Il FV a termine dell’esercizio è inferiore al valore di iscrizione iniziale. Tuttavia, la variazione non è dovuta ad
un peggioramento nel rischio di credito o da perdite su crediti attese, bensì da una variazione nei tassi di
interesse di mercato. Le scritture contabili al primo anno saranno:

Investimento 1.000 Le variazioni di FV andranno in OCI (in una riserva di PN),


Cassa 1.000 al termine si scriverà l’importo opposto in CE.
OCI 50
Investimento 50

Il 1° gennaio dell’anno x+1 la società decide di vendere lo strumento per 950€, pari al suo FV. Le scritture
contabili saranno:

Cassa 950
Investimento 950
Perdite (CE) 50
OCI 50

2) FINANCIAL ASSET AT FAIR VALUE THROUGH P&L: Acquisto di un titolo azionario:


Costo totale di iscrizione iniziale 1.000€
FV al termine del primo anno 950€
FV al termine del secondo anno 980€
Vendita 1.100€
Il titolo azionario viene valutato a FV, con contropartita in CE. [Anche i derivati si valutano a FV e posso
scegliere di andare direttamente a CE]. Le scritture contabili saranno:
Investimento 1.000
Cassa 1.000
-Termine del primo anno:
Perdita (CE) 50
Investimento 50
-Termine secondo anno:
Investimento 30
Provento (CE) 30
-Alla data di cessione si avrà:
Cassa 1.100
Investimento 980
Provento (CE) 120

3) EQUITY INSTRUMENTS AT FAIR VALUE THROUGH OCI WITHOUT RECYCLING: Acquisto titolo azionario:
Costo totale di iscrizione iniziale 1.000€ Senza recycling si continuerà a svalutare e tutte le perdite
FV al termine del primo anno 950€ accumulate andranno a CE.
FV al termine del secondo anno 980€
Incasso dividendo: 20€
Vendita 1.100€
Il titolo azionario viene valutato a FV con contropartita in OCI. Le scritture contabili saranno:

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Investimento 1.000
Cassa 1.000
-Termine primo anno:
OCI 50
Investimento 50
-Termine secondo anno:
Investimento 30
OCI 30
Incasso dividendo: Cassa a Provento (CE) 20
-Alla data di cessione:
Investimento a OCI 120 120
Cassa a Investimento 1.100 1.100

4) FINANCIAL LIABILITIES AT FV THROUGH PROFITT&LOSS:


Valore di emissione: 1.000€
Interesse annuo 5%- durata 10 anni
FV al termine del primo anno 950€, determinato da un cambiamento nei tassi di interesse di mercato
FV al termine del secondo anno 930€ determinato da un cambiamento nei tassi di interesse di mercato per
15€ e da un cambiamento nel merito creditizio per 55.
Il FV a termine dell’esercizio è inferiore al valore di iscrizione iniziale. Tuttavia, la variazione non è dovuta ad
un peggioramento nel rischio di credito, bensì da una variazione nei tassi di interesse di mercato. Le scritture
contabili al primo anno saranno:
Cassa a Debito 1.000 1.000
Debito a Provento 50 50
Al termine del secondo anno la variazione di FV è dovuta a 15€ per cambiamenti nei tassi di interesse di
mercato e a 5€ per un cambiamento nel merito creditizio. Le variazioni di FV dovute al cambiamento del
merito creditizio transitano in OCI:

Debito a Provento (CE) 15 15


Debito a OCI 5 5
Al rimborso del debito le variazioni di FV cumulate in OCI dovute al cambiamento del merito creditizio NON
vengono riversate a CE:

Debito a Cassa 930 930

La differenza rispetto alla seconda categoria è che occorre scorporare le variazioni nella componente che fa
riferimento al mercato (in CE) e quella che fa riferimento al proprio rischio di credito (le variazioni vanno in
OCI/direttamente a PN).

STRUMENTO FINANZIARIO: VALUTAZIONE INIZIALE= Al momento della rilevazione iniziale, l’entità deve
valutare l’attività o la passività finanziaria al suo FV. Nel caso di un’attività o passività finanziaria non valutata
al FV (valore equo) rilevato nell’utile (perdita) d’esercizio, vanno considerati anche i costi dell’operazione
direttamente attribuibili all’acquisizione o all’emissione dell’attività o passività finanziaria. Eccezione per i
crediti commerciali: al momento della rilevazione iniziale l’entità deve valutare i crediti commerciali che non
hanno una significativa componente di finanziamento (determinata in conformità all’IFRS15) al loro prezzo
dell’operazione.
Se il FV dell’attività o passività finanziaria al momento della rilevazione iniziale differisce dal prezzo
dell’operazione, ed il FV è un prezzo quotato in un mercato attivo per un’attività o passività identica (FV di
livello1) oppure si basa su una tecnica di valutazione che utilizza solo dati provenienti da mercati osservabili,
l’entità deve rilevare la differenza tra il FV al momento della rilevazione iniziale ed il prezzo dell’operazione
come utile o perdita.

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VALUTAZIONE SUCCESSIVA: Dopo la rilevazione iniziale l’entità deve valutare l’attività finanziaria
conformemente alla classificazione al:
a) costo ammortizzato
b) al FV rilevato nelle altre componenti di CE complessivo (OCI)
c) al FV rilevato nell’utile (perdita) d’esercizio.
L’entità deve applicare le disposizioni in materia di riduzione di valore (Impairment) alle attività finanziarie
valutate al costo ammortizzato e alle attività fin. valutate al FV rilevato nelle altre componenti di CE
complessivo.
RICLASSIFICAZIONE: l’entità deve riclassificare tutte le attività fin. solo quando modifica il proprio modello di
business per la gestione delle attività fin. L’entità modificherà il proprio modello di business solo in caso di
indizio o cessazione di un’attività rilevante per le sue operazioni, ad es., in caso di acquisizione, cessione o
cessazione di un ramo di attività. L’entità non deve riclassificare le passività finanziarie.
IMPAIRMENT→ Novità e differenze IFRS 9 vs IAS 39
IAS 39: INCURRED LOSS MODEL: prevede il riconoscimento di impairment sulla base di un’oggettiva evidenza
del verificarsi di una perdita.
IFRS 9: EXPECTED LOSS MODEL: viene introdotto un modello maggiormente complesso a 3 stati. L’Impairment
riconosciuto sulla base delle aspettative di perdite future. La perdita futura stimata in un orizzonte temporale
di 12 mesi viene registrata al momento della rilevazione. Si ha un aumento significativo delle perdite
contabilizzate e si applica a tutti gli strumenti finanziari misurati al costo ammortizzato o al FVOCI (esclusi gli
strumenti di equity).
RIDUZIONE DEL VALORE= Approccio a 3 stadi:
Stage1→ il rischio di credito non è aumentato significativamente dalla initial recognition del credito e si
riconoscono le perdite attese nei primi 12 mesi.
Stage2→ il rischio di credito è aumentato significativamente dalla initial recognition del credito e si
riconoscono le perdite attese lungo la vita del credito.
Stage3→ la perdita è incurrent (come IAS 39) e si riconoscono le ulteriori perdite attese lungo la vita del
credito. Gli interessi sono riconosciuti sulla base netta (viene rivisto il costo ammortizzato perché cambia il TIR
essendo flussi di cassa modificati per effetto del verificarsi del trigger).
Ad ogni data di reporting occorre verificare se vi sia un aumento del Credit Risk.
FORMULA EXPECTED LOSS
1°anno Expected Loss= PD*LGD*EAD*TtM
LIFETIME EXPECTED LOSS= (∑ M-1 Marginal PDK*LGD*EADK) + (Marginal PDM*LGD*EADM*TtM)
K=1
(1+EIR)K-1 (1+EIR)M-1
Dove:
PD: Probability of Default= misura la probabilità di default in un dato orizzonte temporale
EAD: Exposure at Default= rappresenta l’ammontare nel momento del default
LGD: Loss Given Default= è la perdita di credito che, in caso di default, non è possibile recuperare
EIR: Effective Interest Rate= tasso utilizzato per il discount
TtM: Time to Maturity= tempo rimanente fino alla maturity

Ad ogni data di riferimento del bilancio l’entità deve valutare se il rischio di credito relativo allo strumento fin.
sia significativamente aumentato dopo la rilevazione iniziale. Indipendentemente dal modo in cui l’entità
valuti aumenti significativi del rischio di credito, vi è una presunzione relativa che il rischio di credito
dell’attività fin. è aumentato significativamente dopo la rilevazione iniziale quando i pagamenti contrattuali
sono scaduti da oltre 30 giorni. L’entità può supporre che il rischio di credito relativo ad uno strumento fin.
non è aumentato significativamente dopo la rilevazione iniziale, se viene determinato che lo strumento fin. ha
un basso rischio di credito alla data di riferimento del bilancio.
IMPAIRMENT PER I CREDITI COMMERCIALI: L’entità deve sempre valutare il fondo di copertura perdite
(impairment) pari alle perdite attese lungo tutta la vita del credito per i crediti commerciali. Il principio
permette l’utilizzo di espedienti pratici per il calcolo delle perdite attese su crediti per i crediti commerciali
utilizzando una matrice di accantonamento. Esempi di criteri che potrebbero essere utilizzati per raggruppare
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attività sono la regione geografica, il tipo di prodotto, la garanzia reale, l’assicurazione del credito
commerciale e il tipo di cliente.
DERECOGNITION→ Le regole sulla cancellazione contabile dello IAS 39 vengono riprese quasi interamente
nell’IFRS9. L’IFRS9 introduce due chiarimenti sull’eliminazione contabile: in caso di write-off (stralcio): quando
non c’è alcuna aspettativa di recupero di un’attività fin. questa viene cancellata. Il write-off sostituisce un
evento di derecognition.
In caso di modifica o rinegoziazione dei termini contrattuali l’entità deve determinare se tale modifica porta o
meno alla derecognition, ed eventualmente iscrive il nuovo strumento modificato. L’IFRS 9 non fornisce linee
guida per determinare quale modifica ai termini contrattuali porti alla derecognition.
HEDGE ACCOUNTING→ utilizzo dei derivati per la copertura dei rischi (cambio, commodity, crediti ed
interessi). Modello contabile più semplice e collegato alle attività di gestione del rischio. Maggior probabilità
di qualificare operazioni come copertura, e pertanto minore volatilità a CE. Nell’IFRS9 si ha l’eliminazione della
regola 80-125% per valutare l’efficacia. Lo IAS 39 richiede una dimostrazione retrospettiva e prospettica
dell’efficacia, mentre l’IFRS9 solo prospettica. La dimostrazione dell’efficacia può essere effettuata anche solo
in maniera qualitativa (quantità, timing e rischi sottostanti sono allineati).
STRUMENTOO DERIVATO: è uno strumento che richiede un investimento iniziale nullo o minimo (ad es le
opzioni) il cui valore si modifica al variare di una determinata variabile finanziaria di riferimento e verrà
regolato in una data futura. Si deve distinguere tra:
• free standing derivatives, derivati autonomi
• Embedded derivatives, derivati incorporati in un altro strumento finanziario.
Questi ultimi in una passività finanziaria devono essere separati e misurati a FV a CE.

IFRS 16 - LEASING
Il leasing è un contratto che conferisce il diritto di utilizzo di un asset (bene) per un periodo di tempo in
cambio di un corrispettivo. [Il diritto di utilizzo di un bene si definisce “right of use” (ROU)]. In precedenza il
leasing veniva regolato dallo IAS 17, secondo il quale veniva fatta una distinzione tra leasing operativo e
leasing finanziario.
Il leasing finanziario è caratterizzato dal fatto che tutti i rischi ed i benefici vengono trasferiti e sono connessi
alla proprietà di un’attività sottostante, mentre nel leasing operativo tale trasferimento non c'è.
Lo IAS 17 prevede che il costo dei canoni venga rilevato per competenza, ma non viene iscritto né tra le
attività il bene che si sta utilizzando né tra le passività il debito connesso. Questo succede soprattutto per il
leasing operativo (non vi è il trasferimento dei rischi e dei benedici): le uniche informazioni sono nelle note,
ma non emerge nulla dallo SP. Spesso viene anche definito “off-balance-sheet”.
L’IFRS 16 emanato nel gennaio 2016, è valido dal primo gennaio 2019. L'adozione anticipata è consentita, ma
solo per le aziende che applicano anche l’IFRS 15 (obbligatorio dal primo gennaio 2018). Il principio si applica a
tutti i contratti che contengono il diritto ad utilizzare un bene per un certo periodo di tempo in cambio di un
determinato corrispettivo. Con l’IFRS15 la logica è la stessa, ma si cerca di far emergere informazioni in SP che
prima non c'erano (quindi iscrivere il debito nelle passività ed il bene nelle attività).
L’IFRS 16 prevede un unico modello di contabilizzazione del leasing in cui il locatario (prende in utilizzo il bene
pagando un corrispettivo) deve riconoscere tutti gli asset e le passività per tutti i contratti di leasing che hanno
una durata superiore a 12 mesi ed il bene sottostante (quello che sta utilizzando) ha un determinato valore:
maggiore di 5.000 $. Tutti i contratti di leasing che hanno durata inferiore ai 12 mesi o il bene ha un valore
inferiore 5.000 $ non sono soggetti all’IFRS 16. Per il locatore sussiste la differenza, cioè si continua a
distinguere tra leasing operativo e quello finanziario. Ci sono dei contratti che per definizione vengono esclusi
dell'applicazione dell’IFRS 16: contratti di locazione per l'estrazione di minerali, di petrolio, del gas, delle
risorse non rinnovabili. Ulteriore tipologia esclusa è quella dei contratti di locazione per i beni biologici
detenuti dal locatario.
Il contratto è un accordo fra due o più parti che crea diritti ed obblighi. Il periodo d'uso è il periodo di tempo in
cui locatore utilizzerà il bene (detto tempo totale per il quale il locatore concede l'utilizzo del bene per
soddisfare diritti ed obblighi contenuti nel contratto). Occorre identificare il bene che il locatario ha diritto di
utilizzare. Un bene si definisce identico se:
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➢ viene identificato nel contratto;


➢ se è fisicamente distinguibile da altri beni;
➢ se il fornitore non ha sostanziali diritti di sostituire il bere.
La fattispecie nella quale un fornitore può cambiare il bene ricorre quando ha la possibilità di cambiarlo senza
che il cliente possa prevenirlo ed avrà un beneficio economico nella sostituzione del bene stesso.

Si parla di DIRITTO D'USO per un determinato periodo di tempo quando:


• il cliente ha diritto ad ottenere i benefici economici derivanti dall'utilizzo di quel bene;
• quando c'è un indirizzo strategico, ovvero il cliente può decidere come utilizzare il bene;
• quando il cliente ha il diritto di utilizzare il bene per tutti i periodi di tempo senza che il fornitore abbia
il diritto di cambiare le istruzioni operative;
• quando il cliente ha progettato il bene in un modo che predetermina come e per quale scopo quel
bene verrà utilizzato.
Vi sono diverse componenti del pagamento:
❖ una COMPONENTE FISSA;
❖ OPZIONE D'ACQUISTO, la quale viene inclusa solo se il suo esercizio è ragionevolmente certo;
❖ Ci sono delle GARANZIE per il valore residuo, che per i locatori corrisponde all'ammontare che si
aspettano di pagare.
❖ Si aggiunge una PENALE per la cosiddetta “chiusura anticipata” (mutui): in questo caso viene inclusa a
meno che non sia certo che non venga anticipata.
❖ A questo si aggiunge la COMPONENTE VARIABILE che dipende da un indice o da un tasso.

❖ CONTABILIZZAZIONE ELEMENTI IFRS16


Vi sono due componenti principali:
1. right of use dell’asset
2. lease of liability
Prima rilevazione→ 1. determinare il DIRITTO D'USO, facendo l’attualizzazione dei canoni futuri.
ROU ASSET: valore attuale netto ∑ t (1+i)t*Qt
1
Durata contratto= 8 anni
Qt=1.000.000 € tasso di sconto= 4%
Qt (1+i)t Qt*(1+i)t

1 4% 1.000.000 (1.04)1 961.538,46


2 4% 1.000.000 (1.04)2 924.556,21
3 4% 1.000.000 (1.04)3 888.967,91
4 4% 1.000.000 (1.04)4 854.773,91
5 4% 1.000.000 (1.04)5 821.895,29
6 4% 1.000.000 (1.04)6 790.326,40
7 4% 1.000.000 (1.04)7 759.936,166
8 4% 1.000.000 (1.04)8 730.673,68
TOTALE 6.732.745,02
Sommatoria VALORE
ATTUALE NETTO (VAN)

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2. Determinare la QUOTA CAPITALE e la QUOTA INTERESSI:


LIABILITIES INIZIALE (ROU) QUOTA INTERESSE QUOTA CAPITALE LIABILITIES FINALE
1 4% 6.732.745 269.310 730.690 5.242.137
2 4% 6.002.055 240.082 759.917,8
3 4% 5.242.137.2 209.685
4 4%
5 4%
6 4%
7 4%
8 4%
6.732.745*4%=269.310 = quota interessi
6.002.055-5.242.137=759.917,8= quota capitale

3. AMMORTAMENTO del DIRITTO D'USO sulla base dello IAS 16 o a fair Value.
ROU QUOTA AMMORTAMENTO Net book Value (ROU-F.DO AMM.)
1 4% 6.732.745 841.593 5.891.152
2 4% 5.851.152 841.593 5.049.559
3 4% 5.049.559 841.593 4.207.966
4 4% 4.207.966 841.593 3.366.373
5 4% 3.366.373 841.593 2.524.780
6 4% 2.524.780 841.593 1.683.187
7 4% 1.683.187 841.593 841.594
8 4% 841.594 841.593 -
F.DO AMM.TO= ∑ quote di ammortamento
4. Calcolo valore netto contabile (Net book Value ROU)
ROU- fondo ammortamento (anno per anno)
5. CE (P&L) rilevati in CE quota interessi e quota ammortamento.
Per ogni anno si prende la quota interessi (calcolata prima) e la quota ammortamento (appena calcolata)
[Se avessimo contabilizzato con lo IAS 17 si scriveva solo la quota ammortamento anno per anno].

IFRS 16 LEASING
ESERCIZIO: L'entità stipula un contratto di locazione relativamente ad un immobile: la durata è di 10 anni,
opzione di rinnovo è per 5 anni, pagamenti previsti al locatore €50.000/anno e negli anni coperti dall'opzione
€55.000/anno. Poiché il locatario ritiene che non vi sia alcun incentivo al rinnovo del contratto (non viene
esercitata l'opzione) la durata del leasing è quella originariamente prevista. Inoltre non è possibile calcolare il
tasso interno del leasing e si usa il Lessee Incremental Borrowing rate che è pari al 5%.
All’inizio del contratto l’entità paga la prima rata annuale pari a 50.000€ (canone anticipato) e sostiene alcuni
costi di transazione pari a 15.000€ per quanto riguarda la buonuscita al precedente conduttore e di 5.000€ per
commissioni riconosciute all’agente. Il proprietario dell’immobile concede i seguenti “incentivi” all’inquilino:
rimborso delle commissioni pagate all’agente pari a €5.000 e un rimborso dei costi di miglioria apportati ai
locali affittati pari a 7.000€.
1) Calcolo del VALORE ATTUALE DEL DEBITO:
Anno 1 2 3 4 5 6 7 8 9 TOTALE
Canone 50000 50000 50000 50000 50000 50000 50000 50000 50000 450.000
Valore 47.529,05 45.352,47 43.191,88 41133,22 39.176,31 37.310,77 35.534,87 33.942,97 32.230, 355.391,0
Attuale 45 8
VAN→ 50000/(1+0.05)1
L’importo a cui rilevare il diritto d’uso è il seguente:
canone anticipato 50.000
valore attuale del debito 355.391,08
costi di transazione 20.000
incentivi del proprietario (5.000)
TOTALE 420.391,08
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Rilevazioni:
-Al pagamento del canone anticipato:
Diritti d’uso 50.000
Banca 50.000

-Al pagamento dei costi di transazione:


Diritti d’uso 20.000
Banca 20.000

-Incentivi ricevuti dal locatario:


Diritti d’uso 5.000
Banca 5.000

-Alla data di inizio del leasing(locazione): rilevazione delle passività


Diritti d’uso 355.391,08
Debiti per contratti di leasing 355.391,08

2) Calcolo del PIANO DI RIMBORSO:


ANNO DEBITO INIZIALE PAGAMENTI INTERESSI DEBITO FINALE
1 355.391,08 17.769,55 373.160,64
2 373.160,64 (50.000) 16.158,03 339.318,67
3 339.318,67 (50.000) 14.465,93 303.784,60
4 303.784,60 (50.000) 12.689,23 266.473,83
5 266.473,83 (50.000) 10.823,69 227.297,53
6 227.297,53 (50.000) 8.864,88 186.162,40
7 186.162,40 (50.000) 6.808,12 142.970,52
8 142.970,52 (50.000) 4.648,53 97.619,05
9 97.619,05 (50.000) 2.380,95 50.000
10 50.000 (50.000) 0 0
Da ricordare che nel calcolo degli interessi, per quanto riguarda il capitale, si considera il debito iniziale
decurtato dai pagamenti.
QUOTA INTERESSI: (anno1) 355.391,08*5%
(anno2): 373.160,64 -50.000*5%
DEBITO FINALE: (per l’anno1) Debito Iniziale + quota interesse (canone anticipato)
(per l’anno2): Debito finale dell’anno1 – quota pagamento + quota interesse
3) PIANO DI AMMORTAMENTO DEL DIRITTO D’USO:
ANNO SALDO INIZIALE AMMORTAMENTO SALDO FINALE
1 420.391,08 42.039,11 378.351,98
2 378.351,98 42.039,11 336.312,87
3 336.312,87 42.039,11 294.273,76
4 294.273,76 42.039,11 252.234,65
5 252.234,65 42.039,11 210.195,54
6 210.195,54 42.039,11 168.156,43
7 168.156,43 42.039,11 126.117,33
8 126.117,33 42.039,11 84.078,22
9 84.078,22 42.039,11 42.039,11
10 42.039,11 42.039,11 0
Ammortamento: 420.391,08/10=42.039,11

Da notare che la durata dell'ammortamento coincide con la vita utile attesa del bene, in questo caso sono 10
anni perché il contratto non viene rinnovato. Se il bene fosse stato acquistato in leasing sarebbe stato di 10
anni, mentre l'ammortamento di 33 anni o meno in base alla vita utile del bene.

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IFRS 2
A fronte dell’acquisto di un bene o un servizio come corrispettivo si danno dei diritti su opzioni (pagamenti
basati sulle azioni-no cash). Si applica a tutte le entità (quotate e non quotate e PMI). Il concetto di pagamento
basato su azioni è più ampio di quello basato su opzioni a favore del personale. Si applica all’emissione di
azioni o diritto di ottenimento di azioni in cambio della fornitura di beni e servizi che possono essere beni di
consumo, macchinari ecc.
ESERCIZIO 1
La società alfa assegna nell'esercizio 300 opzioni su azioni a ciascuno dei suoi 1500 dipendenti. Ogni
assegnazione è basata sulla condizione che il dipendente lavori per la società nei prossimi 3 anni. L'entità
stima che Fair Value di ogni opzione sarà pari a €315. La società stima che il 20% dipendenti lascerà il lavoro
nel triennio e pertanto rinunciare ai propri diritti sulle opzioni.
TOTALE OPZIONI: 300*1500=450.000
1° anno: 450.000*80%*315€*1/3 = 37.800.000€ (da registrare in CE)
2° anno: (450.000*80%*315€*2/3) -37.800.000= 37.800.000€ (da registrare in CE)
3° anno: (398.700*80%*315€*3/3) -75.600.000= 37.800.000€ (da registrare in CE)

ESERCIZIO 2
La società alfa assegna nell'esercizio 300 opzioni su azioni a ciascuno dei suoi 1500 dipendenti. Ogni
assegnazione è basata sulla condizione che il dipendente lavori per la società nei prossimi 3 anni. L'entità
stima che Fair Value di ogni opzione sarà pari a €315. La società stima che il 20% dipendenti lascerà il lavoro
nel triennio e pertanto rinunciare ai propri diritti sulle opzioni. Si considerino le seguenti circostanze:
a) nell’anno 1, in effetti, 60 dipendenti lasciano la società.
b) La società rivedere le proprie stime sul totale delle uscite dei dipendenti nel triennio dal 20% (300
dipendenti) al 18% (270 dipendenti).
c) Nell'anno 2, altri 66 dipendenti e lasciano la società.
d) La società rivede le proprie stime sul totale delle uscite dei dipendenti nel triennio dal 18% al 19%
(285 dipendenti).
e) Nell'esercizio 3, altri 45 dipendenti lasciano l'entità. Pertanto, un totale di 171 dipendenti (60+66+45)
ha rinunciato ai propri diritti sulle opzioni su azioni nel triennio e un totale di 398.700 opzioni (1329
dipendenti *300 opzioni per dipendente) è giunto a maturazione alla fine dell'anno 3.
Si proceda al calcolo del costo per registrare a conto economico per ciascuno dei 3 esercizi di durata del piano
di stock Option qui considerato.

TOTALE OPZIONI: 300*1500=450.000


1° anno: 450.000*82%*315€*1/3 = 38.745.000€ (da registrare in CE)
2° anno: (450.000*81%*315€*2/3) -38.745.000= 37.800.000€ (da registrare in CE)
3° anno: (398.700*315€*3/3) -76.545.000= 49.045.500€ (da registrare in CE)
TOT. EFFETTIVO= 125.590.500€

VERIFICA [EFFETTIVO=STIMATO]→ 398.700*315€= 125.590.500€ (pari al totale effettivo)

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IFRS/SME’S
L’International Financial Reporting Standard for Small and Medium-sized Entities (IFRS for SMEs) rappresenta
una significativa tappa evolutiva in tema di rendicontazione economico-finanziaria delle piccole e medie
imprese.
Con l'emanazione di tale principio lo IASB ha inteso elaborare un sistema di regole contabili che, di fatto,
assume una posizione complementare rispetto ai principi contabili IAS/IFRS. Sulla base di tale presupposto, il
lavoro affronta lo studio dell'IFRS for SMEs quale principio contabile a vocazione internazionale per la
redazione del bilancio di esercizio delle piccole e medie imprese. In particolare, gli obiettivi conoscitivi sono
riconducibili ai seguenti:
• inquadramento del contesto contabile di riferimento, attraverso una ricostruzione storica dei processi
di armonizzazione e standardizzazione della rendicontazione economico-finanziaria;
• analisi della dinamica evolutiva che ha portato lo IASB all'elaborazione e pubblicazione dello standard;
• studio del modello di bilancio contemplato dal principio, con particolare riferimento agli aspetti
compositivi dei documenti di bilancio e alle problematiche di determinazione dei valori;
• ricognizione sullo stato di diffusione ed adozione del principio a livello internazionale;
• analisi empirica sui potenziali effetti dell'applicazione dell'IFRS for SMEs sulla rappresentazione dei
• valori e delle informazioni di bilancio delle imprese non quotate italiane.
Il 9 luglio 2009 l’International Accounting Standards Board (IASB) ha pubblicato gli IFRS for SME, gli IFR per le
PMI. Questi principi forniscono un quadro alternativo che può essere utilizzato, dai soggetti ammissibili, al
posto del set completo degli IFRS. In realtà non si tratta di norme finalizzate solo alle piccole e medie imprese,
ma a tutte le aziende private indipendentemente dalle dimensioni che non siano enti di interesse pubblico.
Questi Principi Contabili sono stati elaborati soprattutto per rispondere alle preoccupazioni dei paesi che
avevano adottato l’IFRS per tutte le società, pur nella consapevolezza dell’aggravio di oneri sulle imprese più
piccole. Questi adattamenti sono avvenuti in molti Paesi e la decisione sull’ampiezza della platea delle imprese
coinvolte e sul grado di adattamento dei principi contabili sono stati diversi da Stato a Stato. Tali adeguamenti
sono già stati realizzati nel Regno Unito, per esempio.
Gli IFRS per le PMI sono principi che incorporano i principi contabili che si basano sui c.d. Full IFRS, ma sono
stati semplificati per soddisfare gli obiettivi anche delle piccole e medie imprese, rimuovendo alcuni
trattamenti contabili previsti nei Full IFRS ed eliminando elementi e requisiti informativi che non sono in
genere rilevanti per le PMI, semplificando i requisiti di rilevazione e di valutazione, riducendo il volume dei
requisiti contabili applicabili alle PMI di oltre il 90 per cento se confrontato con la serie completa degli IFRS.
Le imprese anche medie o piccole che redigono il bilancio utilizzano gli IFRS per le PMI, cioè facendo
riferimento alla conformità del bilancio agli IFRS per le PMI, avranno migliori opportunità di accesso al credito
o a capitali d’investimento proprio perché viene loro riconosciuto un plus a livello internazionale.
In realtà l’obiettivo della predisposizione di un bilancio secondo gli IFRS per le PMI è di fornire informazioni
sulla situazione patrimoniale, reddituale e sui propri flussi di cassa utili per il processo decisionale di una vasta
platea di utenti, anche partner commerciali, non solo per finanziatori ed investitori.

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IFRS1→ FIRST TIME ADOPTIONOF IFRS


Questo documento è stato necessario nel momento in cui le società quotate, che adottavano principi contabili
nazionali, hanno iniziato ad applicare i principi contabili internazionali.
OBIETTIVI: fare in modo che il primo bilancio IFRS ed i conti infrannuali riferibili a parte dell'esercizio cui fa
riferimento tale bilancio contengano informazioni contabili di elevata qualità, che:
• siano chiare per i lettori e comparabili per tutti gli esercizi presentati;
• forniscano un adeguato punto di partenza per la contabilità internazionale;
• possono essere predisposti a un costo che non eccede i benefici per i lettori.
PRIMO BILANCIO IFRS: Il primo bilancio è il bilancio di una entità riferito all'esercizio in cui per la prima volta
sono applicati tutti i principi IFRS in vigore alla data di chiusura dell'esercizio stesso. Quindi solo se tutti i
principi sono applicati allora è un bilancio IFRS, altrimenti no. L'entità deve dichiarare esplicitamente di
adottare per la prima volta gli IFRS, senza eccezione alcuna.
DATA DI TRANSIZIONE: è la data di apertura del più vecchio bilancio presentato in chiave comparativa con il
primo bilancio IFRS (ad esempio il primo gennaio 2010, se la prima applicazione dei principi internazionali si è
effettua nel 2011). Concettualmente sono presenti sempre due bilanci di comparazione, con l'applicazione
degli IFRS non è solo una questione di valutazione finale al 31/12, ma è necessario aprire l’anno all'1/01 con gli
IFRS. In sintesi, tutto l'anno di comparazione sarà gestito con i principi internazionali e l'anno di passaggio
formale (2011) non coincide con l'anno di passaggio sostanziale (2010). Ad essa si riferiscono le prime
valutazioni IFRS per le attività e passività esistenti a tale data. Inoltre, è il punto di partenza per le valutazioni
IFRS successive. QUALI PRINCIPI ADOTTARE→ si adottano i principi IFRS in vigore alla data di chiusura del
primo bilancio IFRS. Essi devono essere applicati anche a tutti i bilanci presentati in chiave comparativa. Sono
presenti eccezioni ed esenzioni, ma solo se specificate dall’IFRS1. È possibile l'applicazione anticipata di nuovi
IFRS solo se permessa da tali nuovi principi e nelle modalità da essi stabilite. Il passaggio segue delle regole
specifiche, in pratica, è necessario:
• Predisporre il bilancio di apertura la data di transizione;
• applicare i principi IFRS in vigore alla chiusura del primo esercizio IFRS ai valori esistenti in bilancio di
apertura:
a) registrazione di tutte le attività e passività la cui contabilizzazione è obbligatoria in base ai principi
internazionali. Un esempio di contabilizzazione obbligatoria secondo i principi internazionali e non
secondo la norma civilistica italiana è costituita dalle spese di sviluppo (in Italia era facoltativa) oppure i
derivati.
b) Storno attività e passività la cui contabilizzazione non è permessa dagli IFRS. Alcuni esempi possono essere
spese di ricerca (non possono essere capitalizzate) oppure i costi di impianto ed ampliamento (in Italia
possono anche includere i costi di pubblicità capitalizzati, mentre nei principi internazionali non possono
essere registrati), così come le passività, ad esempio i fondi.
c) Riclassificazione dei valori in base agli IFRS
d) applicazione degli IFRS a tutte le attività e passività oggetto di contabilizzazione. Ad esempio, il fondo TFR
in Italia è calcolato in un modo, mentre secondo i principi internazionali in un altro.
CONTROPARTITA DELLE MODIFICHE IFRS DI APERTURA: tutte le modifiche ai valori di apertura la data di
transizione, relativa alla prima applicazione degli IFRS, in generale devono essere contabilizzate in
contropartita di una Riserva patrimoniale di prima applicazione (riserva FTA). Questo comporta, inoltre, che i
soldi di chiusura (ITA GAAP) siano diversi dai saldi di apertura (IFRS).
Esempio:
Voci SP Saldo 1 gennaio 2010 DIFFERENZE
ITA GAAP IFRS
Impianti 100 80 -20
Rimanenze 250 380 130
Rilevazioni:
Riserva FTA 20 Rimanenze 130
Impianti 20 Riserva FTA 130
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N.B. i costi per aumento di capitale, anche se connessi a quotazione, si portano a decremento della riserva
sovrapprezzo azioni, se esistente, o di altre riserve patrimoniali.
Come contropartita si utilizza sempre la riserva FTA che cumulativamente sarà positiva o negativa a seconda
del saldo che si viene a realizzare. Il passaggio a questa riserva è un concetto IFRS e non era tipico della
tradizione italiana. Infatti, con gli ITA GAAP il possibile differenziata era registrato come componente
straordinario di reddito (sopravvenienze attive o passive). La logica sottostante è che i diversi principi contabili
generano un differenziale (positivo o negativo), questo incide direttamente sul reddito di conseguenza sul
patrimonio, grazie alla Riserva FTA si agisce direttamente sul patrimonio come se si fossero sempre applicati i
principi internazionali.
ALCUNE MODIFICHE FREQUENTI IN ITALIA:
• Eliminazione di talune immobilizzazioni immateriali (ad esempio i costi di ricerca anche se nella
sostanza potrebbero rimanere, pubblicità e promozione, impianto e ampliamento)
• modifiche a politiche di ammortamento
• rivalutazione immobilizzazioni strumentali
• Fair Value immobili destinati a scopo di investimento (non più costo storico)
• contabilizzazione di partecipazioni strategiche
• attualizzazione TFR
• contabilizzazione derivati (in precedenza non erano proprio registrati)
• capitalizzazione obbligatoria costi sviluppo
• svalutazione avviamento e altre attività a seguito di impairment test
• storno fondi ristrutturazione, in mancanza di alcune condizioni
• divieto utilizzo LIFO per il magazzino
• attualizzazione dei debiti e crediti, anche se di natura commerciale (quando di lungo periodo)
QUANDO LA CONTROLLATA ADOTTA IFRS DOPO LA CONTROLLANTE: la controllata potrà alternativamente
valutare attività e passività:
o ai valori che sarebbero inclusi nel consolidato, in base alla data di FTA della controllante, senza
modifiche legate a procedure di consolidamento e per gli effetti dell'aggregazione effettuata;
o ai valori previsti dall’ IFRS1, alla data di FTA della controllata.
QUANDO LA CONTROLLANTE ADOTTA GLI IFRS DOPO LA CONTROLLATA: deve valutare le attività e passività
della controllata nel proprio bilancio consolidato agli stessi valori contabili riportati nel bilancio della
controllata, dopo le rettifiche di consolidamento e quelle legate all'aggregazione. Se la controllante adotta gli
IFRS per il proprio bilancio individuale prima o dopo che per il consolidato, deve scrivere le attività e passività
agli stessi valori in entrambi i bilanci, fatte salve le rettifiche di consolidamento.

In sede di First Time Adoption (FTA) l’entità può utilizzare alcune esenzioni alla normale applicazione di alcuni
IFRS, in relazione a:
a) aggregazioni di imprese
b) Fair Value o rivalutazione come deemed cost (costo utilizzato in sostituzione)
c) benefici ai dipendenti
d) differenze di conversione cumulate
e) strumenti finanziari composti
f) sfasamento temporale FTA tra controllante e controllata
Altre esenzioni facoltative sono riferite a:
• designazione di strumenti finanziari precedentemente contabilizzati
• pagamenti in azioni
• contratti assicurativi
• variazioni costi di smantellamento
• designazione leasing finanziari impliciti in altri contratti
• valutazione al Fair Value strumenti finanziari al momento della prima contabilizzazione

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a) FTA AGGREGAZIONI DI IMPRESE: possibilità di non adottare l’IFRS3 per aggregazioni di imprese precedenti
alla data di transizione. Non è necessario applicare retrospettivamente lo IAS 21 alle variazioni di Fair Value o
al goodwill derivante dall’aggregazione. In caso di applicazione retrospettiva dello IAS 21, essa potrà venire su
tutte le aggregazioni precedenti alla data di transizione o solo su quelle a cui si è scelto di applicare
retrospettivamente anche l’IFRS3. L'avviamento derivante da precedenti aggregazioni si mantiene in base ai
GAAP precedenti, tranne che per:
▪ incorporare o scorporare il valore di immobilizzazioni immateriali prima separate/incluse
nell’avviamento in base a precedenti GAAP;
▪ contingency che gravano sul valore dell’avviamento prima della transizione e che, a tale data,
appaiono risolte;
▪ Impairment test alla data di transizione (obbligatorio)
È vietato il recupero delle quote di ammortamento dell'avviamento accantonate prima della transizione in
base a GAAP precedenti. Non si separano dal Goodwin i costi di Ricerca e Sviluppo relativi a progetti in corso,
tranne nel caso in cui essi sarebbero stati contabilizzati in base allo IAS 38 nei bilanci individuali dell’acquisita
(es. i costi di sviluppo). Non si effettuano ripristini di valore relativi a modifiche del valore originario del
goodwill effettuate in base a precedenti GAAP e legate a modifiche di attività e passività tra la data
dell’aggregazione e quella di transizione, anche se tali modifiche sarebbero state vietate dagl’IFRS 3.
b) FAIR VALUE DEEMED COST: il FV delle immobilizzazioni materiali alla data di transizione può essere
considerato come deemed cost per le valutazioni IFRS successive. Questo vale anche per immobili detenuti a
scopo di investimento e immobilizzazioni immateriali. Vi è la possibilità di utilizzare rivalutazioni effettuate in
base a precedenti il GAAP e FV determinato in base a GAAP precedenti.
c) BENEFICI AI DIPENDENTI: possibilità di contabilizzare interamente utili e perdite attuariali cumulate sui
piani di benefici ai dipendenti già esistenti alla data di transizione, anche se successivamente si adotterà
l'approccio del corridoio. Possibilità di non ricalcolare in base a IAS 21 le differenze accumulate di cambio
precedenti la transazione e di annullarle. In caso di annullamento, l'utile o perdita contabilizzati a CE al
momento della dismissione dell'attività o passività in valuta escluderanno le differenze precedenti la
transizione.
d) STRUMENTI FINANZIARI COMPOSTI: si può evitare di suddividere la componente Equity della componente
Debt di uno strumento finanziario composto esistente alla data di transizione, se la componente debt è già
estinta. Ad es. il prestito obbligazionario convertibile è un tipico caso in cui vi è una parte equity (convertibile)
e una parte debt (prestito obbligazionario classico).
Designazione Di Strumenti Finanziari già esistenti: la designazione di strumenti finanziari come AFS o FVTPL
(se rispettati determinati requisiti) deve normalmente essere fatta al momento della prima contabilizzazione.
In sede di FTA, tale designazione può essere fatta con riferimento alla data di transizione (FVTPL possibile se
rispettati i requisiti di tale data). Da notare che gli strumenti finanziari poggiano sullo IAS 39 che sarà a breve
sostituito dall’IFRS 9 dove ad esempio la categoria degli AFS non è presente.

Valutazione Al Fair Value Di Strumenti Finanziari Al Momento Della Prima Contabilizzazione: le regole
previste dallo IAS 39 relativo all'utilizzo del fair Value esistente al momento della prima contabilizzazione di
strumenti finanziari per i quali non esiste mercato attivo, possono essere applicate alternativamente:
• in chiave prospettica a transazioni effettuate dopo il 25 ottobre 2002;
• in chiave prospettica a transazioni effettuate dopo il primo gennaio 2014.
ECCEZIONE OBBLIGATORIA ALL’APPLICAZIONE RETROSPETTIVA: è vietata l'applicazione retrospettiva di
talune regole IFRS in caso di:
1. DERECOGNITION DI ATTIVITÀ E PASSIVITÀ FINANZIARIE: è vietato ripristinare i valori di attività o
passività finanziarie stornati in base a precedenti GAAP per operazioni avvenute prima del 1 gennaio
2004, a meno che il ripristino non sia giustificabile in base a fatti e operazioni successive a tale data. È
possibile l'applicazione retrospettiva, a partire da una data fissata dall’entità, solo se le informazioni
richieste per applicare lo IAS 39 ai valori stornati in base a precedenti GAAP esistevano alla data della
derecognition.

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2. HEDGE ACCOUNTING: è vietato contabilizzare relazioni di copertura che non rispettano le regole dello
IAS 39 alla data di transizione. Con l’IFRS9 sono cambiate anche le operazioni di copertura (hedging e
macro-hedging). Tuttavia, se in base ai precedenti GAAP era stata effettuata una copertura di una
posizione netta, l'entità può disegnare (solo la data di transizione) un elemento singolo della posizione
netta come oggetto coperto. Le operazioni effettuati prima della transazione non possono essere
designate e come “di copertura” in chiave retrospettiva.
3. STIME IN BASE A PRECEDENTI GAAP: se l'entità ha effettuato stime e viene richiesta una certa
professionalità, non vengono modificate retrospettivamente altrimenti sarebbero dati a consuntivo.
4. ATTIVITÀ DESIGNATE COME DESIGNATE PER LA VENDITA E ATTIVITÀ OPERATIVE CESSATE

Prospetto di riconciliazione
È obbligatorio per il patrimonio netto:
• alla data di transizione agli IFRS
• alla chiusura dell'ultimo esercizio presentati in base ai presenti GAAP.
Il prospetto di riconciliazione obbligatorio per il conto economico presentato in base ai presenti i principi
adottati nell'ultimo esercizio antecedente alla FTA.
Se in sede di FTA sono stati effettuati svalutazioni/ripristini In base allo IAS 36, relativi a esercizi precedenti, si
devono fornire le informazioni richieste dello IAS 36 come se tali svalutazioni/ripristini fossero stati operati
nell'esercizio che inizia con la data di transizione. Se in sede di FTA si scoprono errori commessi durante
l'applicazione dei precedenti GAAP, essi devono essere segnalati nelle riconciliazioni, distintamente dai
cambiamenti di metodi contabili relativi alla FTA. Se l'entità ha già presentato il rendiconto finanziario in base
ai precedenti GAAP, si devono fornire chiarimenti in merito alle principali variazioni derivanti dalla FTA. Gli
IFRS possono essere applicati anche da società non quotate diverse da banche e assicurazioni, purché
redigano il bilancio consolidato o siano incluse nell'area di consolidamento di una capogruppo IFRS.

ESERCIZIO:
La società Alfa adotta per la prima volta i principi contabili IFRS nell'esercizio 2011. Tra i valori che sono
misurati alla data di transizione del 1 gennaio 2010 si segnalano i seguenti:
IT GAAP IFRS
impianti industriali 100.000 120.000
terreni 30.000 150.000
magazzino (originariamente valutato a LIFO) 10.000 12.000
strumenti finanziari derivati attivi - 80.000
partecipazioni società collegate 45.000 60.000
costi R&S 100.000 20.000
costi pubblicità e propaganda 25.000 -
TFR 75.000 60.000
strumenti finanziari derivati passivi - 98.000

-Si presentino le scritture a libro giornale La data del 31 dicembre 2011, relative alla creazione della Riserva
FTA riferita alla data di transizione. Si fornisca inoltre il saldo finale del conto mastro acceso alla riserva FTA,
specificando se sia di segno positivo o negativo.

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➔ Al 31/12/2011 si avrà:
Impianti Industriali 20.000
Riserva FTA 20.000

Terreni 120.000
Riserva FTA 120.000

Magazzino 2.000 (Il Lifo Non È Consentito: Si Calcola Secondo CMP o


Riserva FTA 2.000 Secondo Il FIFO)

Strumenti Fin. Derivati Attivi 80.000


Riserva FTA 80.000

Partecipazioni Società Collegate 15.000


Riserva FTA 15.000

Riserva FTA 80.000


Costi Di R&S 80.000

Riserva FTA 25.000


Costi Pubblicità E Propaganda 25.000

TFR 15.000
Riserva FTA 15.000

Riserva FTA 98.000


Strumenti Fin. Derivati passivi 98.000

La riserva FTA 31 dicembre 2011 presenta un saldo negativo (incremento in patrimonio netto) pari a 49.000.

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IFRS13→ Valutazione del Fair Value


È uno standard di sistema che definisce meglio le caratteristiche del Fair Value. L'IFRS13 è stato emanato il 1°
gennaio 2014. Tutti gli standard che fanno riferimento al concetto di Fair Value fanno capo all'IFRS13.
Normalmente, gli standard dello IASB hanno una struttura abbastanza simile: c'è una panoramica generica, le
ragioni sull'emanazione dello standard, le principali caratteristiche e, infine, si entra nel vero e proprio
standard. Le voci sono:
1. obiettivo,
2. ambiti di applicazione (scope)
3. definizioni
4. e standard
Alla fine dello Standard viene inserito quello che è richiesto a livello di informativa (disclosure): cioè
sulla tematica dello standard quale informativa lo IASB si aspetta. 5) Altra voce è la nota integrativa, cioè
l'indicazione delle informazioni da inserire su quel tema.
6) Infine, troviamo le appendici, dove si trovano ulteriori informazioni (ad es. il glossario).
Normalmente si trovano ulteriori sezioni, delle quali una spiega le motivazioni sulla cui base sono state fatte le
scelte tecniche, una relativa a delle guide applicative in standard particolarmente complessi. Come sezione
finale si trova, a volte, la relazione di minoranza, nella quale la minoranza può inserire le ragioni di disaccordo
sullo standard. Il regolamento n 1255/2012 adotta Lo standard IFRS13. In realtà riguarda lo IAS 2, IFRS1,
IFRS13 ed è l’ultimo atto del processo di omologazione degli standard (pubblicato sulla GUE sotto forma di
regolamento immediatamente esecutivo e applicabile).
o DEFINIZIONE DI FAIR VALUE: ''come il (presunto) prezzo che si percepirebbe per la vendita di un'attività, o
che si pagherebbe per il trasferimento di una passività in una regolare transazione tra operatori di mercato
alla data di valutazione''. (senza avere riguardo se quel prezzo è direttamente osservabile oppure stimato
utilizzando un’altra tecnica di valutazione)
16. “Una valutazione del Fair Value suppone che l'operazione di vendita delle attività o di
trasferimento della passività abbia luogo:
• nel mercato principale dell'attività (asset) della passività (liabilities) o
• in assenza di un mercato principale, nel mercato più vantaggioso per l'attività o passività”.
Quindi, il fair value è la misura specifica di un asset o di una liabilities.
Il mercato principale del mondo dove si valutano le merci è Chicago (Principal Market delocalizzato
rispetto all’Italia). Precedentemente all'uscita dell'IFRS13 la definizione di Fair Value era diversa e
corrispondeva a: “l’ammontare per il quale un asset può essere scambiato o una passività può essere estinta
tra parti esterne che vogliono organizzare lo scambio di una transazione di mercato”, definita in inglese “At an
Arm's lenght” (a distanza di braccio), transazione tra due parti non correlate. La vecchia definizione non faceva
riferimento al mercato (non era particolarmente chiara), mentre il Fair Value è un valore di scambio relativo
ad un mercato, si ha una regolare transazione tra operatori di mercato e si parla di vendita di un'attività:
quindi, è un prezzo di vendita (Exit Value). Inoltre, non si parla più di estinzione delle passività, ma di
trasferimento. Sono state mosse numerose critiche a questa definizione e sono stati individuati dei punti
deboli che cercano di spiegare perché c'è una nuova definizione di Fair Value. Le critiche mosse alla
definizione di Fair Value sono le seguenti: non era specificato se un’entità stava comprando oppure vendendo
l’asset; non era chiaro cosa significasse “settled” perché si faceva riferimento al creditore; non era chiaro se la
conoscenza delle parti era una conoscenza basata sul mercato, e non veniva detto esplicitamente quando
questa transazione avveniva (non c'era una specificazione temporale). Quando vi sono titoli particolarmente
complessi, non cedibili sul mercato (non sia un prezzo ipotetico di vendita) l'IFRS13 fa delle distinzioni.
Innanzitutto distingue tra applicazione del Fair Value ad attività non finanziarie e quella ad attività finanziarie.
27. APPLICAZIONE AD ATTIVITÀ NON FINANZIARIE: “Una valutazione del Fair Value di un’attività non
finanziarie considera la capacità di un operatore di mercato di generare benefici ec. impiegandolo
attività nel suo MASSIMO e MIGLIORE UTILIZZO o vendendola ad un altro operatore di mercato che la
impiegherebbe nel suo MASSIMO e MIGLIORE UTILIZZO” (Highest&best use): deve ipotizzare di usarlo
nel massimo e miglior modo possibile (anche se di fatto non lo utilizza nel miglior modo possibile),

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perché porta ad una stima del Fair Value più elevata. I partecipanti al mercato agiscono nel migliore
interesse economico per massimizzare il valore dell’asset e minimizzare il valore della passività.
APPLICAZIONE DA ATTIVITÀ FINANZIARIA: quando il problema è in riferimento di un mercato.
67. INPUT per le TECNICHE DI VALUTAZIONE→ Principi generali: “Le tecniche di valutazione utilizzate
per valutare il Fair Value devono massimizzare l'utilizzo di input informativi osservabili rilevanti e ridurre al
minimo l'utilizzo di input informativi non osservabili”. La misura del fair Value deve essere basata, per quanto
più possibile, su input informativi osservabili, rilevanti rispetto all’asset valutato.
Non sempre esistono input informativi osservabili rilevanti. Si viene, quindi, a creare una GERARCHIA
DEL FAIR VALUE, che classifica in tre livelli gli input informativi rispetto alle tecniche di valutazione utilizzate
per la misura del fair value:
INPUT DI LIVELLO 1→ “sono prezzi quotati (non rettificati) in mercati attivi per attività o passività
identiche a cui l’entità può accedere alla data di valutazione”. [Input osservabili di disponibilità di dati da
mercati attivi per prodotti finiti identici (per quelli non finanziari si utilizza la forma Highest&best Use)]. Un
prezzo quotato in un mercato attivo fornisce l’evidenza più affidabile di fair value. Un mercato attivo è un
mercato in cui le transazioni per gli asset e le liabilities hanno luogo con sufficiente frequenza al fine di fornire
un’informazione di prezzo su base continua.
INPUT DI LIVELLO 2→ “sono gli input diversi dai prezzi quotati inclusi nel livello 1 osservabili
direttamente o indirettamente per l’attività o la passività”.
82. “Se l’attività o la passività ha una determinata durata (contrattuale), un input di livello 2 deve
essere osservabile sostanzialmente per l'intera durata delle attività o delle passività. Gli imputati livello 2
comprendono:
➢ Prezzi quotati per attività o passività similari in mercati attivi,
➢ prezzi quotati per attività o passività identiche o similari in mercati non attivi (non sono regolari) e
➢ input diversi dai prezzi quotati osservabili per l'attività o la passività... “.
Si utilizzano gli input osservabili solo parzialmente (si ha un processo di aggiustamento).
INPUT DI LIVELLO 3→ “sono gli input non osservabili per l'attività o per la passività” (non si ha un
valore diretto). In tale situazione occorre costruirsi il valore (Fair Value) di questi titoli: si fanno delle ipotesi
tramite modelli finanziari e si costruisce un modello di valutazione finanziaria, cioè si stimano dei flussi di
cassa dei tassi di sconto: dividendo i flussi di cassa futuri ed i tassi di sconto si ottiene il valore attuale netto
delle attività o passività. Pertanto, gli input non osservabili devono riflettere le assunzioni che partecipanti di
mercato utilizzerebbero nel determinare il prezzo degli asset o delle liabilities, incluse le assunzioni circa il
rischio. Lo IASB è stato duramente criticato perché si tratta di tecniche di misurazione finanziarie che sono
lontane dal mercato e si tratta di misure che lasciano notevole discrezionalità.
Gli approcci di valutazione sono utili quando occorre applicare il livello 3 oppure occorre stimare il fair Value di
un asset non finanziario, perché non esiste un mercato. Quando si deve valutare un bene ci sono tre approcci
concettuali, in particolare, due approcci sono indispensabili quando si deve calcola il Fair Value al livello 3:
utilizzo di riferimenti di mercato: ciò significa fare riferimento a transazioni per asset e passività
identiche o simili (ad esempio per stabilire quanto vale un'azienda si utilizzano i multipli di mercato);
approccio del costo: consiste nell'andare a guardare quant’è il valore di riproduzione o di rimpiazzo di
un certo asset e
approccio reddituale: converte flussi futuri di utili reddituali e finanziari e li porta al presente
scontandoli, arrivando al valore attuale netto.

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