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Sommario

1. Introduzione......................................................................................................2
2. Dall’informatizzazione alla digitalizzazione della pubblica amministrazione:
un percorso in continua evoluzione.........................................................................3
3. L’origine dell’e-Government e le principali linee evolutive della
digitalizzazione in ambito europeo..........................................................................6
4. La pubblica amministrazione digitale nell’ordinamento nazionale................12
4.1 Le riforme del Codice dell’Amministrazione Digitale............................15
5 La pubblica amministrazione nei rapporti con il cittadino: la carta della
cittadinanza digitale...............................................................................................24
6 La centralità della figura del Responsabile per la Transizione Digitale.........30
6.1 Compiti, funzioni e competenze..............................................................34
6.2 Le dimensioni operative della trasformazione digitale e i rapporti con le
altre figure chiave...............................................................................................36
7. Riflessioni conclusive: stato dell’arte, criticità e futuro della transizione
digitale....................................................................................................................41
Bibliografia............................................................................................................45

1
1. Introduzione
Il tema trattato nel presente elaborato affronta, sotto molteplici punti di vista, la
governance della digitalizzazione nella pubblica amministrazione, attraverso
l’approfondimento del ruolo chiave riservato al Responsabile per la Transizione
Digitale.
Il percorso, nella prima parte, si articola in un generale inquadramento dei
fenomeni che hanno dominato il processo evolutivo della pubblica
amministrazione sino ad oggi: dall’informatizzazione degli anni ‘80, all’attuale
fase di digitalizzazione (o trasformazione digitale), determinata dalla diffusione
delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione e consacrata,
sotto il profilo normativo, con l’introduzione del documento informatico come
unico elemento fondante dell’attività e dei processi amministrativi. L’evoluzione
digitale della pubblica amministrazione, come si vedrà, giunge oggi ad una nuova
e significativa fase, determinata dalle dirompenti influenze delle innovazioni
tecnologiche. In questo scenario, dunque, spiccano maggiormente gli attuali
ritardi del processo di transizione digitale del settore pubblico e, ancora una volta,
si esalta l’importanza della figura del Responsabile per la Transizione Digitale,
quale motore dei processi di cambiamento e innovazione del settore pubblico,
vitali per poter cogliere i vantaggi determinati dalle nuove prospettive
tecnologiche.
La complessità del processo di digitalizzazione in ambito pubblico, in
particolare, ha reso necessario orientare l’approccio metodologico prediligendo un
inquadramento sul piano storico e cronologico, osservando il fenomeno nei suoi
tratti evolutivi sia in ambito europeo che nazionale, attraverso l’analisi delle
principali riforme che hanno contribuito a determinare l’attuale cornice normativa,
in cui si inserisce anche il Responsabile per la Transizione Digitale.
In continuità con tale approccio, nell’indagine si inquadra il fenomeno della
digitalizzazione anche sotto il profilo del rapporto tra la pubblica amministrazione
e il cittadino, ponendo in evidenza il ruolo primario delle istituzioni a garanzia dei
diritti di cittadinanza digitale.
Le dimensioni in cui si articola il fenomeno della trasformazione digitale,
delineate nei precedenti punti, sono le premesse necessarie per comprendere
appieno l’imprescindibile ruolo del Responsabile per la Transizione Digitale,
chiamato a “traghettare” l’amministrazione verso il cambiamento, non solo dal
punto di vista organizzativo, strutturale, procedurale quanto principalmente sotto
il profilo culturale. Nella seconda parte del presente lavoro, dunque, sono descritte
le principali funzioni e competenze di tale figura e i rapporti con gli altri attori
coinvolti nel processo di trasformazione digitale del Paese.
Infine, l’ultima parte è dedicata all’analisi sullo stato dell’arte della transizione
digitale e affronta, sotto un profilo critico, i principali ostacoli, di carattere
culturale e organizzativo, che impattano sulla figura del Responsabile per la
Transizione Digitale e, allo stesso tempo, limitano il pieno sviluppo delle politiche
di digitalizzazione.

2
2. Dall’informatizzazione alla digitalizzazione della pubblica
amministrazione: un percorso in continua evoluzione
Il primo fenomeno, che ha segnato l’inizio di una rapida ed articolata
evoluzione storica dell’informatica e dell’innovazione tecnologica in ambito
pubblico, è quello dell’informatizzazione. Nel XIX secolo, in effetti, la pubblica
amministrazione si caratterizzava per la presenza, almeno in una prima fase, di un
massiccio impiego della carta e, soprattutto, delle macchine da scrivere,
un’invenzione che aveva profondamente rivoluzionato il modo di produrre i
documenti, in formati standardizzati.
Verso la fine degli anni ‘80 si assiste, poi, alla prima significativa evoluzione
tecnologica della pubblica amministrazione, grazie all’introduzione e all’utilizzo
dei primi strumenti informatici negli uffici pubblici (dal computer, alle stampanti
e ai fax). Le prime forme di impiego di queste nuove tecnologie,
nell’organizzazione delle attività funzionali all’erogazione dei servizi pubblici,
hanno segnato l’origine del fenomeno dell’informatizzazione. Da un punto di
vista pratico e operativo, grazie ai nuovi strumenti tecnologici molte attività,
prima eseguite manualmente, si trasformano in processi automatizzati, agevolando
di gran lunga le attività lavorative e, allo stesso tempo, ottimizzando i processi
tipici dell’attività amministrativa1.
Un’interessante fotografia del progresso dell’informatizzazione nella pubblica
amministrazione è stata consegnata alla storia dal celebre “Rapporto sui
principali problemi dell’amministrazione dello Stato”2, presentato alle Camere il
16 novembre 1979 dall’autorevole studioso Massimo Severo Giannini, tra i primi
giuristi ad occuparsi dell’informatica in ambito pubblico 3. Quasi ad anticipare le
successive fasi evolutive, nel suo scritto, in particolare, l’Autore evidenziava
come gli elaboratori elettronici, in principio utilizzati quali semplici strumenti per
1
Al riguardo, è doveroso il richiamo a V. FROSINI, Il giurista nella società dell'informazione, in
«inform. e dir.», 9, 2000, n. 2, nel quale l’Autore, analizzando le implicazioni giuridiche connesse
all’avvento dell’informatica nella pubblica amministrazione, afferma: «Con l'avvento dei sistemi
elettronici di assemblaggio e trasmissione dei dati, è apparsa una nuova forma di burocrazia,
ignota alle età precedenti, che pure avevano raggiunto livelli di grande complessità: con
l'integrazione uomo-macchina si attua l'automazione amministrativa, denominata “burotica”».
Dello stesso Autore, sempre sul tema dell’evoluzione informatica della pubblica amministrazione,
si osservi, inoltre, L'automazione amministrativa, in «Cibernetica, diritto e società», 1978;
L’informatica e la pubblica amministrazione, in «Riv. Trim. dir. pub.», 1983; L'organizzazione
dello stato e la libertà del cittadino, in «dir. inform.», 1993.
2
M. S. GIANNINI, Rapporto sui principali problemi della Amministrazione dello Stato, in «Riv.
trim. dir. pubbl.», 1982.
3
In merito alle questioni legate all’uso dell’informatica nell’esercizio dell’attività amministrativa,
meritano di essere ricordati anche i lavori di A. PREDIERI, Gli elaboratori elettronici
nell’amministrazione dello Stato, Bologna, 1971, e G. DUNI, L’utilizzabilità delle tecniche
elettroniche nell’emanazione degli atti e nei procedimenti amministrativi. Spunti per una teoria
dell’atto amministrativo emanato nella forma elettronica, in «Riv. amm. Rep. It.», CXXIX, 6,
1978.

3
la registrazione di dati complessi, sarebbero presto divenuti «apparecchi di
accertamento e verificazione, di calcolo, di partecipazione a fasi procedimentali di
istruttoria, e infine di decisione».
Nello stesso scritto l’Autore, dopo aver rilevato come il processo di
informatizzazione avrebbe dovuto riguardare non solo l’organizzazione interna
degli uffici, ma anche l’adozione degli atti delle amministrazioni e, più in
generale, l’agire amministrativo4, si sofferma anche su un ulteriore aspetto, ancora
oggi di grande attualità. Il riferimento, in particolare, riguarda la necessità, per le
pubbliche amministrazioni, di acquisire «competenze tecniche molto
specializzate», all’epoca scarsamente presenti tra il personale in servizio, allo
scopo di fronteggiare al meglio il cambiamento generato dall’impiego degli
elaboratori elettronici.
Proseguendo con le successive fasi evolutive5, nei primi anni del XXI secolo si
assiste ad un profondo cambiamento delle modalità di interazione delle
amministrazioni pubbliche con l’esterno, determinato principalmente dalla
diffusione della rete internet6. Parallelamente, l’uso delle nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (note anche semplicemente come
“tecnologie ICT”), inoltre, ha generato l’avvio di un processo di trasformazione e
di adeguamento delle modalità di organizzazione e di azione delle
amministrazioni pubbliche. In questo scenario, quindi, si apre l’attuale fase della
digitalizzazione della pubblica amministrazione, contraddistinta proprio dalla
necessità di cambiare radicalmente i paradigmi organizzativi esistenti, fino alla
reingegnerizzazione di tutti i processi, quali conseguenze immediate dell’adozione
delle nuove tecnologie digitali nell’azione amministrativa. Volendo individuare
un preciso momento storico, si può ragionevolmente ritenere che in seguito alla
consacrazione del documento informatico nella pubblica amministrazione (rectius
dell’uso esclusivo dei mezzi informatici per la formazione degli originali dei
documenti amministrativi)7, si è definitivamente abbandonata la logica della mera
4
Più precisamente, l’autore sottolinea come «[…] i sistemi informativi non servono più alle
amministrazioni per fatti di gestione interna, ma servono proprio per amministrare, si proiettano
cioè sempre più verso l’esterno». M. S. GIANNINI, Rapporto…, cit.
5
Per una ricostruzione alternativa del percorso evolutivo della digitalizzazione della pubblica
amministrazione, si veda anche D. U. GALETTA, J. G. CORVALAN, Intelligenza artificiale per una
pubblica amministrazione 4.0? Potenzialità, rischi e sfide della rivoluzione tecnologica in atto, in
«federalismi.it», 3, 2019. Sul tema, inoltre, si segnala anche S. CIVITARESE MATTEUCCI, L.
TORCHIA, La tecnificazione dell’amministrazione, in L. FERRARA, D. SORACE (a cura di), A 150
anni dall’unificazione amministrativa italiana. La tecnificazione, IV, Firenze, 2016, 15 ss., in cui
si individuano quattro livelli di sofisticazione dell’e-government relativi alla sfera amministrativa.
6
Si pensi ai portali digitali delle pubbliche amministrazioni, alle applicazioni mobili per l’accesso
ai servizi pubblici e ai social network quali nuovi canali per la comunicazione istituzionale.
7
Il riferimento è alla riforma operata dal d. lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, che ha modificato l’art.
40 del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale). Attualmente, l’art. 40
prevede che: «Le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti, inclusi
quelli inerenti ad albi, elenchi e pubblici registri, con mezzi informatici secondo le disposizioni di
cui al presente codice e le Linee guida».

4
informatizzazione, dando avvio a quella che oggi viene definita “la transizione
digitale” della pubblica amministrazione8.
A ben vedere, seppur in presenza di notevoli carenze e ritardi nel percorso di
transizione digitale, sulla scia delle c.d. distruptive innovation nel mondo ICT, il
processo evolutivo della pubblica amministrazione ha compiuto un ulteriore passo
in avanti. Nei tempi più recenti, infatti, le possibili applicazioni delle moderne
tecnologie digitali non sono rimaste confinate soltanto alla comunicazione e
interazione tra pubblico e privato, all’organizzazione interna degli uffici e alla
gestione dei singoli procedimenti amministrativi, ma hanno fatto registrare
significativi impatti anche nell’ambito dei processi sottesi all’adozione delle
decisioni amministrative e nell’orientamento delle azioni in favore del cittadino 9.
Si tratta, essenzialmente, di un’evoluzione strettamente connessa ai fenomeni
tipici della c.d. “Quarta Rivoluzione Industriale” 10 e agli elevati livelli di
automazione e di interconnessione raggiunti dalla società moderna, grazie alla
pervasiva diffusione delle nuove tecnologie ICT e alla raggiunta capacità di
raccogliere ed elaborare grandi volumi di dati e informazioni11.
8
Non è un caso che oggi si parli di “digitalizzazione”, o meglio ancora di “transizione digitale”,
come sinonimo del cambiamento radicale del modo di pensare, di agire e di organizzare
l’amministrazione pubblica nel suo complesso. Il concetto stesso di “digitalizzazione” (digitale),
infatti, implica la necessità di compiere un passaggio (transizione) da un modello ormai superato
(che si può definire “analogico”), ancorato alle logiche tipiche del fenomeno
dell’informatizzazione, al nuovo paradigma basato sulle moderne tecnologie ICT.
9
Il cambiamento di prospettiva è stato efficacemente rappresentato dalla dottrina che ha
evidenziato il passaggio da un modello c.d. “documentario”, laddove gli strumenti informatici
sono utilizzati prevalentemente nella gestione in modalità digitale dei dati e delle informazioni in
precedenza contenuti nei supporti analogici, ad un nuovo modello c.d. “metadocumentario” (detto
anche “decisionale”), in cui le tecnologie informatiche consentono di riprodurre automaticamente i
processi logici tipici dell’intelligenza umana, sovvertendo così il ruolo e i compiti
tradizionalmente attribuiti al funzionario pubblico. Sul punto, si veda M. D’ANGELOSANTE, La
consistenza del modello dell’amministrazione ‘invisibile’ nell’età della tecnificazione: dalla
formazione delle decisioni alla responsabilità per le decisioni, in L. FERRARA, D. SORACE (a cura
di), A 150 anni dall’unificazione amministrativa italiana. La tecnificazione, IV, Firenze, 2016, 156
ss.; L. LOMBARDI VALLAURI, G. TADDEI ELMI, Integrazione e informatica giuridica, in «Inf. e
dir.», 2, 1982, 35.
10
Sulla portata complessiva del fenomeno in questione, si rinvia ai lavori monografici di K.
SCHWAB, The Fourth Industrial Revolution, World Economic Forum, 2015, trad. it. La quarta
rivoluzione industriale, Milano, 2016; L. FLORIDI, The Fourth Revolution, How the Infosphere is
Reshaping Human Reality, Oxford University Press, 2014; P. BIANCHI, 4.0 La nuova rivoluzione
industriale, Bologna, 2018.
11
Osservando più da vicino l’attuale mutato contesto delle pubbliche amministrazioni, si nota il
crescente ricorso all’automazione delle procedure amministrative, incentivata dalla diffusione e
dallo sviluppo di nuove tecnologie informatiche basate sull’intelligenza artificiale, che permettono
di affidare la decisione amministrativa ad un algoritmo, ovverosia ad un software appositamente
progettato in base a istruzioni precise. Sul punto, anche con riferimento al ruolo dei c.d. big data, il
dibattito in dottrina è assai ampio; tra i tanti, S. VERNILE, Verso la decisione amministrativa

5
Nel complesso, la pubblica amministrazione si trova oggi a dover far fronte ad
opportunità e sfide senza precedenti, dinnanzi a cambiamenti che vanno ben oltre
la mera necessità di completare il processo di transizione alla modalità digitale.
Prima però, per poter accogliere e sfruttare appieno le potenzialità delle moderne
applicazioni tecnologiche, occorre necessariamente proseguire nel percorso,
ancora ben lontano dall’essere completato, verso la piena trasformazione digitale.
In questo scenario, dunque, la figura del Responsabile per la Transizione
Digitale assume un ruolo di assoluta centralità nel “traghettare” la pubblica
amministrazione verso il necessario cambiamento, non soltanto dal punto di vista
organizzativo e strutturale, quanto soprattutto sotto il profilo culturale.
3. L’origine dell’e-Government e le principali linee evolutive della
digitalizzazione in ambito europeo
Nel suo articolato processo evolutivo, il fenomeno della digitalizzazione del
settore pubblico affonda essenzialmente le proprie radici nel contesto europeo 12.
Pur non avendo competenza esclusiva in materia, l’Unione europea e le sue
istituzioni hanno fornito un importante impulso, in termini di diffusione e
sviluppo, attraverso l’emanazione di una serie di provvedimenti e atti di indirizzo
politico, finalizzati ad incentivare l’informatizzazione nell’ambito delle
amministrazioni degli Stati membri13.

algoritmica?, in «MediaLaws», 2, 2020; D. U. GALETTA, J. G. CORVALÁN, Intelligenza


artificiale…, cit.; F. P. GRIFFI, La decisione robotica e il giudice amministrativo, in giustizia-
amministrativa.it, 2018; G. AVANZINI, Decisioni amministrative e algoritmi informatici.
Predeterminazione, analisi predittiva e nuove forme di intellegibilità, Napoli, 2019; M. C.
CAVALLARO, G. SMORTO, Decisione pubblica e responsabilità dell’amministrazione nella società
dell’algoritmo, in «federalismi.it», 16, 2019. Anche la giurisprudenza, si è già più volte
pronunciata in merito all’utilizzo degli algoritmi nell’ambito del procedimento amministrativo (cfr.
Sent. Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 aprile 2019, n. 2270, orientamenti poi confermati anche in
Sent. Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 8472, 8473 e 8474; Sent. Consiglio di
Stato, Sez. VI, 4 febbraio 2020, n. 881 e Sent. Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2021, n.
1206).
12
A ben vedere, i primi programmi di digitalizzazione del settore pubblico sono stati avviati negli
Stati Uniti d’America, in risposta alle nuove sfide, anche economiche, poste da una società sempre
più aperta e interconnessa. Sul punto, si veda G. PESCE, Digital first. Amministrazione digitale:
genesi, sviluppi, prospettive, Napoli, 2018.
13
A tal proposito, è doveroso ricordare che le prime iniziative di livello comunitario, pur essendo
riferite a specifici settori dell’amministrazione pubblica, risalgono alla seconda metà degli anni
’80. Tra le varie iniziative si ricordano quelle del Libro verde sulla liberalizzazione del mercato
delle telecomunicazioni (1987) e il Libro bianco “Crescita, competitività, occupazione - Le sfide e
le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo”, presentato dalla Commissione il 5 dicembre 1993.
Per una disamina completa delle influenze europee sulla diffusione delle tecnologie ICT nella
pubblica amministrazione, si vedano F. MARTINES, La digitalizzazione della pubblica
amministrazione, in «MediaLaws», 2, 2018, pp. 147 e ss.; M. D’ANGELOSANTE, La consistenza
del modello…, cit.; M. L. MADDALENA, La digitalizzazione della vita dell’amministrazione e del
processo, in «Foro amm.», 2016, pp. 2583 e ss.

6
La prima e più importante iniziativa, che ha contribuito ad avviare le politiche
europee in tema di tecnologie digitali nelle amministrazioni pubbliche e ha
riconosciuto l’importanza dell’uso dell’ICT nel contesto europeo, risale alla
sessione straordinaria del Consiglio europeo, svoltasi a Lisbona, nelle giornate del
23 e 24 marzo 2000. In particolare, in quell’occasione sono stati definiti i primi
obiettivi strategici in relazione alla digitalizzazione, nella convinzione che «il
passaggio a un’economia digitale, basata sulla conoscenza, indotta da nuovi beni e
servizi» avrebbe rappresentato un forte elemento di spinta «per la crescita, la
competitività e l’occupazione»14.
Nel solco tracciato in occasione della suddetta iniziativa, si inseriscono una
serie di atti successivi adottati delle istituzioni europee. Tra questi è d’uopo citare,
in primo luogo, la Comunicazione della Commissione europea del 26 settembre
2003 che, per la prima volta, ha fornito una definizione di e-Government, quale
modello che prevede l’«uso delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione nelle Pubbliche Amministrazioni, coniugato a modifiche
organizzative ed all’acquisizione di nuove competenze, al fine di migliorare i
servizi pubblici ed i processi democratici e di rafforzare il sostegno alle politiche
pubbliche»15. Il documento, in particolare, gettando le basi delle future iniziative
strategiche europee per il settore pubblico, pone in evidenza come le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione costituiscano la chiave per rendere più
efficace ed efficiente l’amministrazione pubblica, in quanto consentono, allo
stesso tempo, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e l’instaurazione
di un rapporto più diretto e trasparente con il cittadino, con notevoli benefici in
termini di tempo e risorse16.
Nel corso degli anni successivi, la consapevolezza del ruolo strategico delle
14
Cfr. Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, Conclusioni della Presidenza, punto
8. Consultabile in www.europarl.europa.eu.
15
Cfr. Comunicazione della Commissione, Il ruolo dell’e-Government per il futuro dell’Europa,
COM (2003) 567 del 26 settembre 2003. Il rapporto tra la globalizzazione e lo sviluppo dei
modelli di e-Government in ambito internazionale è ben illustrato in S. CASSESE, Lo spazio
giuridico globale, Bari, 2003. Un’interessante visione, a livello globale, dei progressi della
digitalizzazione del settore pubblico, è rinvenibile anche nei rapporti biennali pubblicati, a partire
dal 2011, dall’ONU - Dipartimento per gli affari economici e sociali (Department of Economic
and Social Affairs – DESA). Cfr., da ultimo, E-Government Survey 2020. Digital Government in
the Decade of Action for Sustainable Development, consultabile in www.un.org. Quest’ultima
edizione, peraltro, è stata arricchita da una sezione speciale dedicata all’approfondimento del
modello e-Government nel periodo della pandemia Covid-19.
16
Particolarmente significativo e, ancora oggi, di grande attualità, è il passaggio in cui la
Commissione, dopo aver ribadito il ruolo fondamentale delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione rispetto alle numerose sfide della società e dell’economia, sottolinea come le
Pubbliche Amministrazioni debbano «coniugare l’applicazione di tali tecnologie a un
cambiamento organizzativo e all’acquisizione di nuove competenze in modo da migliorare i
servizi pubblici e il processo democratico e sostenere le politiche pubbliche» (Comunicazione
della Commissione, Il ruolo dell’e-Government per il futuro dell’Europa, COM (2003) 567 del 26
settembre 2003).

7
tecnologie ICT nell’ambito pubblico, come vettore della crescita economica e del
progresso sociale, ha spinto le istituzioni europee verso un ulteriore passo
decisivo. Con la Comunicazione della Commissione del 3 marzo 2010 17 si assiste,
infatti, all’individuazione di ben sette iniziative “faro” per la promozione della
crescita economica e dell’occupazione in Europa entro il 2020 (c.d. “Strategia
Europa 2020”18). Tra queste, spicca l’istituzione della cosiddetta “Agenda Digitale
Europea”19, una strategia digitale comune che conferisce un ruolo chiave alle
tecnologie informatiche nel raggiungimento degli obiettivi di innovazione,
crescita economica, competitività e progresso20.
In seguito, nel contesto europeo si consolida una nuova prospettiva d’azione,
ispirata dalla consapevolezza che le tecnologie dell’informazione e della
comunicazione non costituiscano più un settore a sé stante, bensì il fondamento
medesimo di tutti i sistemi economici innovativi moderni. Così, con la
Comunicazione della Commissione del 6 maggio 201521 si approda all’istituzione
17
Cfr. Comunicazione della Commissione, Europa 2020: Una strategia per una crescita
intelligente, sostenibile e inclusiva, COM (2010) 2020 del 3 marzo 2010.
18
Più in dettaglio, la Strategia Europa 2020 rappresenta la sintesi di ambiziosi obiettivi in materia
di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale ed energia, ed individua all’interno di
«un mercato digitale unico europeo» gli obiettivi per sviluppare l'economia e la cultura digitale in
Europa, lasciando a tutti gli Stati membri il compito di definire le proprie priorità e strategie
nazionali. Per approfondimenti, è possibile consultare L. ROMANI, La strategia Europa 2020:
obiettivi e criticità, con particolare riferimento all’agenda digitale europea e all’interoperabilità
dei sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche europee, in «Riv. amm. Rep. It.», 2010,
pp. 573 e ss.
19
Cfr. Comunicazione della Commissione, Un'agenda digitale europea, COM (2010) 245 del 19
maggio 2010. Nel provvedimento, in particolare, sono individuate le azioni fondamentali da
intraprendere, sia a livello europeo che dei singoli Stati membri, per affrontare in modo
sistematico le seguenti aree critiche: 1) frammentazione dei mercati digitali; 2) mancanza di
interoperabilità; 3) aumento della criminalità informatica e rischio di un calo della fiducia nelle
reti; 4) mancanza di investimenti nelle reti; 5) impegno insufficiente nella ricerca e
nell'innovazione; 6) mancanza di alfabetizzazione digitale e di competenze informatiche; 7)
opportunità mancate nella risposta ai problemi della società.
20
Sulla base degli obiettivi stabiliti dal documento della Commissione, anche l’Italia si è dotata di
una propria Agenda digitale con la quale sono state definite le modalità e le priorità di intervento, a
livello nazionale, per affrontare il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Per
ulteriori approfondimenti sull’evoluzione della politica comunitaria in materia di digitalizzazione e
società dell’informazione, si veda anche D. A. LIMONE, Politica e Normativa Comunitaria per la
Società dell’Informazione (1990-2010), in «Rivista elettronica di Diritto, Economia,
Management», 1, 2010.
21
Cfr. Comunicazione della Commissione, Strategia per il mercato unico digitale in Europa, COM
(2015) 192 del 6 maggio 2015. La strategia per il mercato unico poggia su tre pilastri
fondamentali: 1) migliorare l'accesso online ai beni e servizi in tutta Europa per i consumatori e le
imprese; 2) creare un contesto favorevole affinché le reti e i servizi digitali possano svilupparsi,
attraverso infrastrutture e servizi ad alta velocità protetti e affidabili, sostenuti da condizioni
regolamentari propizie all'innovazione, agli investimenti, alla concorrenza leale e alla parità di

8
di una strategia per il mercato unico digitale (c.d. “Digital Single Market”), quale
risposta all’esigenza di affrontare, in un quadro più efficace di livello europeo, le
sfide poste dalle evoluzioni trasformative della società. In tale ottica, infatti, si
ritiene che la crescita economica dell’Unione europea passi attraverso la creazione
di uno spazio giuridico, rappresentato dal nuovo mercato unico digitale, dove le
persone, le imprese e le quattro libertà fondamentali riconosciute dai Trattati
istitutivi – la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei
capitali – non incontrano ostacoli all’accesso e all’esercizio delle attività online e,
nel contempo, possono operare in condizioni di concorrenza leale, contando su un
livello elevato di protezione dei consumatori e dei dati personali.
Nel quadro appena delineato, si fa spazio l’idea che la trasformazione digitale
della pubblica amministrazione – quale elemento essenziale per il successo del
mercato unico – sia un vettore per migliorare la qualità dei servizi e aumentare
l’efficienza interna del settore pubblico. Ciò in quanto, i servizi pubblici digitali
consentono di ridurre gli oneri amministrativi sia per le imprese che per i cittadini,
velocizzando la loro interazione con la pubblica amministrazione e rendendola
efficiente, più agevole e trasparente, nonché meno costosa. Proprio sulla base
delle considerazioni appena illustrate, ha origine il Piano d’azione per lo sviluppo
dell’e-Government in Europa per il periodo 2016-2020, adottato con la
Comunicazione della Commissione del 19 aprile 201622.

condizioni; 3) massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale europea mediante


investimenti nelle infrastrutture e nelle nuove tecnologie (come il cloud computing e i big data),
ricerca e innovazione per rafforzare la competitività industriale e migliorare i servizi pubblici
nell’Unione.
22
Cfr. Comunicazione della Commissione, Piano d'azione dell'UE per l'eGovernment 2016-2020,
Accelerare la trasformazione digitale della pubblica amministrazione, COM (2016) 179 del 19
aprile 2016. Si tratta, in particolare, del terzo Piano d’azione adottato in materia, dopo la
Comunicazione della Commissione del 25 aprile 2006, COM (2006) 173, relativa al periodo 2006-
2010, e la Comunicazione della Commissione del 15 dicembre 2010, COM(2010) 743, relativa al
periodo 2011-2015. Le iniziative declinate nel Piano d’azione del 2016, risultano essere incentrate
su alcuni principi innovativi, di cui si darà conto anche nel prosieguo, ancora oggi alla base delle
strategie di transizione digitale delle pubbliche amministrazioni:
- Digitale per definizione: ovverosia fornire servizi digitali come opzione preferita tramite un
unico punto di contatto;
- Principio “una tantum”: garantire che i cittadini e le imprese forniscano le stesse informazioni
alle pubbliche amministrazioni una sola volta;
- Inclusività e accessibilità: servizi pubblici digitali inclusivi, che vadano incontro alle diverse
esigenze delle persone, ad esempio di quelle con disabilità;
- Apertura e trasparenza: gli organismi pubblici dovrebbero scambiarsi le informazioni e i dati,
permettere a cittadini e imprese di accedere ai propri dati e coinvolgere imprese e altre entità
nella prestazione dei servizi;
- Transfrontaliero: servizi pubblici digitali disponibili a livello transfrontaliero, per impedire
un’ulteriore frammentazione e facilitare la mobilità all’interno del mercato unico dell’UE;
- Interoperabile: servizi pubblici progettati in modo da funzionare senza soluzione di continuità
in tutto il mercato unico e tra le diverse organizzazioni;

9
Proseguendo nel percorso storico evolutivo, a partire dal periodo
immediatamente successivo alla diffusione del virus Covid-19, si è assistito ad
una netta svolta delle politiche europee in materia di trasformazione digitale della
pubblica amministrazione. La pandemia, in particolare, ha cambiato radicalmente
il ruolo e la percezione della digitalizzazione nella società e nell’economia.
Invero, sebbene le tecnologie digitali già costituissero una componente essenziale
della nostra quotidianità, in seguito alle dinamiche sviluppatesi con l’emergenza
sanitaria, sono divenute indispensabili nel mondo del lavoro, dell’apprendimento,
dell’intrattenimento, per socializzare, fare acquisti e accedere a qualsiasi servizio,
dalla sanità alla cultura. Nel contempo, inoltre, è innegabile come la pandemia
abbia messo in luce maggiormente le vulnerabilità dello spazio digitale.
Dinnanzi a tale scenario, per attenuare l’impatto economico e sociale derivante
dalla pandemia e rendere le economie e le società dei Paesi membri più
sostenibili, resilienti e preparate alle sfide e alle opportunità della transizione
digitale, nel luglio del 2020 l’Unione europea ha inaugurato il Piano di ripresa
denominato “NextGenerationEU” (NGEU). Tale piano ha segnato, senza dubbio,
un cambiamento epocale nella storia dell’Unione, in virtù dell’ingente quantità di
risorse finanziarie introdotte per rilanciare la crescita, gli investimenti e le
riforme, anche nel settore della digitalizzazione del settore pubblico23.
Nel corso dell’anno successivo, inoltre, con la Comunicazione della
Commissione del 9 marzo 202124 è stata presentata la “Bussola per il decennio
digitale”. In particolare, la nuova visione, proposta dall’Unione europea in
- Affidabilità e sicurezza: iniziative che vadano oltre la semplice conformità legale in materia di
protezione dei dati personali, tutela della vita privata e sicurezza informatica.
I principi sopra delineati sono stati ripresi, successivamente, anche all’interno della Dichiarazione
ministeriale sull’e-Government del 6 ottobre 2017, adottata a conclusione del Digital Summit
tenutosi a Tallinn, con la quale sono state annunciate le azioni da intraprendere nei successivi
cinque anni da parte delle pubbliche amministrazioni (2018-2022).
23
La principale componente del Piano NGEU è il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza
(Recovery and Resilience Facility, RRF) che, insieme al piano REACT-EU, stanzia oltre 700
miliardi di euro per sostenere le necessarie riforme e investimenti degli Stati membri. L’Italia,
secondo la pianificazione degli investimenti definita con il Piano Nazionale di Ripresa e
Resilienza (PNRR) ha provveduto a stanziare circa 50 miliardi di euro per la trasformazione
digitale del Paese, ivi compresa la transizione digitale, l’innovazione e la sicurezza della Pubblica
Amministrazione. Per alcune considerazioni generali sugli sviluppi del PNRR e l’incidenza diretta
sulla trasformazione digitale del settore pubblico, si veda D.A. LIMONE, Piano nazionale di
ripresa e resilienza (PNRR). La trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni nel Piano
nazionale di ripresa e resilienza. Considerazioni sui vincoli normativi e progettuali, in «Rivista
elettronica di Diritto, Economia, Management», 1, 2021.
24
Comunicazione della Commissione, Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il
decennio digitale, COM(2021) 118, del 9 marzo 2021. Per realizzare gli obiettivi declinati nella
Comunicazione, qualche mese dopo, la Commissione ha elaborato un solido quadro di governance
nella forma di un percorso per il decennio digitale, approvando la Proposta di decisione del
Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce il programma strategico per il 2030 "Percorso
per il decennio digitale", COM (2021) 574, del 15 settembre 2021.

10
risposta alle sfide emergenti nel contesto pandemico, si articola lungo quattro
punti cardinali: competenze digitali; infrastrutture digitali sostenibili, sicure e
performanti; trasformazione digitale delle imprese; e, infine, digitalizzazione dei
servizi pubblici. Proprio con riferimento a quest’ultimo punto, l’obiettivo che
l’Unione si propone di raggiungere, entro il 2030, consiste «nel garantire che la
vita democratica e i servizi pubblici online siano pienamente accessibili a tutti,
comprese le persone con disabilità, e beneficino di un ambiente digitale della
migliore qualità che offra servizi e strumenti di facile uso, efficienti e
personalizzati con elevati standard in materia sicurezza e tutela della vita
privata». Per rendere possibile tutto ciò, la strategia europea ha previsto, inoltre,
significativi interventi finalizzati a dare ampia diffusione alle identità digitali, allo
scopo di permettere «a ciascun cittadino di controllare le proprie interazioni e la
propria presenza online».
In conclusione, merita di essere menzionata anche la recentissima iniziativa, di
estrema rilevanza, da parte della Commissione europea che ha presentato al
Consiglio e al Parlamento una Proposta di Dichiarazione europea sui diritti e i
principi digitali per il decennio digitale 25, nella quale si sanciscono una serie di
diritti, principi fondamentali e libertà per una trasformazione digitale in chiave
antropocentrica. Lo scopo dichiarato dalla Commissione, in particolare, è quello
di pervenire ad una dichiarazione solenne congiunta, a firma anche del Parlamento
europeo e del Consiglio, con l’obiettivo di porre al centro di ogni futura iniziativa
le persone e i loro diritti nell’ambiente digitale 26, sostenendo la solidarietà e
l’inclusione; garantendo la libertà di scelta nel contesto online e nell’interazione
con sistemi di intelligenza artificiale e algoritmi; promuovendo la partecipazione
allo spazio pubblico digitale e la sua sostenibilità; e, più in generale, aumentando
la sicurezza, l’autonomia e la responsabilità delle persone nel contesto digitale 27.
4. La pubblica amministrazione digitale nell’ordinamento nazionale

25
Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato
economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, relativa alla definizione di una
dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali, COM (2022) 27, e Dichiarazione europea sui
diritti e i principi digitali per il decennio digitale, COM (2022) 28, del 26 gennaio 2022.
26
Nel documento, inoltre, si legge che «la dichiarazione dovrebbe fungere anche da riferimento
per i soggetti pubblici e privati nello sviluppo e nella diffusione di nuove tecnologie. Dovrebbe
inoltre guidare i responsabili politici in uno sforzo congiunto volto a definire il percorso europeo
verso un mondo digitale sostenibile, antropocentrico e inclusivo e ad ancorare saldamente gli
interventi politici dell'UE a questo obiettivo. La dichiarazione ha il potenziale per diventare un
punto di riferimento globale per molte questioni sociali ed etiche che emergono dalla
trasformazione digitale. Gli stessi principi saranno al centro delle azioni che l'UE intraprenderà nei
confronti dei suoi partner e in seno alle organizzazioni internazionali».
27
In questo quadro, sempre secondo la proposta della Commissione, si intende assicurare il pieno
rispetto dei diritti fondamentali (comprese le norme relative alla protezione dei dati e alla parità di
trattamento) e di principi quali la neutralità tecnologica e della rete e l'inclusività, oltre che a
migliorare le abilità e le competenze digitali e a promuovere un ecosistema di istruzione digitale
altamente efficiente.

11
Il quadro normativo nazionale in tema di digitalizzazione della pubblica
amministrazione si sostanzia in una corposa stratificazione normativa, prodotta
dai numerosi tentativi del legislatore di individuare una regolamentazione
completa e aggiornata della materia28. Per queste ragioni, in questa sede,
raccontare in poche righe la sua evoluzione è operazione tutt’altro che agevole.
Inoltre, la continua ricerca di un assetto normativo, in linea con le dinamiche
evolutive europee, adeguato a dominare un fenomeno in continua mutazione come
quello in esame, ha generato una disciplina di tipo multilivello, contrassegnata da
fonti normative di diversa cogenza, rendendo ancora più complessa l’attività di
ricognizione delle fonti.
Ciò premesso, il primo intervento legislativo29, seppur timido, che si segnala
sul tema dell’innovazione tecnologica della PA è rappresentato dal d. lgs. 12
febbraio 1993, n. 39, rubricato «Norme in materia di sistemi informativi
automatizzati delle amministrazioni pubbliche»30, con il quale sono stati definiti,
per la prima volta, gli obiettivi e i criteri operativi del processo di
informatizzazione della pubblica amministrazione 31. Attraverso tale intervento si è
riconosciuto il principio secondo cui gli atti amministrativi adottati da tutte le
pubbliche amministrazioni dovevano essere predisposti, di norma, tramite i
sistemi informativi automatizzati (art. 3, comma 1), in ragione del fatto che
l’utilizzo di tali soluzioni potesse contribuire al miglioramento dei servizi pubblici
erogati, al raggiungimento di un livello più elevato di trasparenza dell’azione
28
Per un’analisi dei principali interventi normativi in tema di digitalizzazione in Italia, cfr. G.
PESCE, Digital first…, cit., 39 ss.; G. DUNI, L'amministrazione digitale. Il diritto amministrativo
nell'evoluzione telematica, Milano, 2008, pp. 14 e ss.; F. PAGANO, Pubblica amministrazione e
innovazione tecnologica, in «La Rivista ‘Gruppo di Pisa’», 3, 2021, pp. 84 e ss.
29
A ben vedere, ancor prima, il legislatore era già intervenuto attraverso l’introduzione di norme
specifiche in tema di automazione nei processi di rilascio delle certificazioni d'anagrafe e di stato
civile da parte delle amministrazioni comunali (cfr. art. 15-quinquies, comma 1, del d. l. 28
dicembre 1989, n. 415, convertito con modificazioni dalla l. 28 febbraio 1990, n. 38).
30
D. lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, Norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle
amministrazioni pubbliche, a norma dell'art. 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre
1992, n. 421 (G.U. 20 febbraio 1993, n. 42)
31
È opportuno evidenziare come il testo del d. lgs. 12 febbraio 1993, n. 39 nel corso degli anni
successivi sia stato interamente abrogato, ad eccezione dell’art. 3, comma 2, nel quale si prevede
che «(…) la riproduzione su qualunque supporto e la trasmissione di dati, informazioni e
documenti mediante sistemi informatici o telematici, nonché l'emanazione di atti amministrativi
attraverso i medesimi sistemi, devono essere accompagnate dall'indicazione della fonte e del
responsabile dell'immissione, riproduzione, trasmissione o emanazione. Se per la validità di tali
operazioni e degli atti emessi sia prevista l'apposizione di firma autografa, la stessa è sostituita
dall'indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del
soggetto responsabile nonché l'emanazione di atti amministrativi attraverso i medesimi sistemi».
La disposizione citata assume rilevanza in quanto è richiamata dall’attuale testo normativo dell’art.
3-bis del d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale) nella parte in cui
dispone norme in materia di predisposizione delle comunicazioni ai soggetti privi di domicilio
digitale.

12
amministrativa, al potenziamento dei supporti conoscitivi tradizionalmente
utilizzati per decidere, nonché al contenimento dei costi sostenuti dalle strutture
pubbliche (art. 1, comma 2)32.
Per favorire la realizzazione del processo di rinnovamento tecnologico così
delineato, con il citato decreto il legislatore ha previsto altresì l’istituzione, presso
la Presidenza del Consiglio dei ministri, dell’Autorità per l’Informatica nella
Pubblica Amministrazione (AIPA), un organo dotato di una propria autonomia
tecnica e funzionale (art. 4) e di rilevanti poteri di indirizzo, di verifica e di
coordinamento33.
In seguito, il rapporto della pubblica amministrazione con l’uso delle nuove
tecnologie si rafforza ulteriormente con l’emanazione della legge 15 marzo 1997,
n. 5934 che ha riconosciuto, per la prima volta nel tessuto normativo nazionale, la
32
La realizzazione di tali obiettivi doveva essere garantita attraverso l’integrazione e
l’interconnessione dei vari sistemi informativi delle singole amministrazioni, collegati a loro volta
ad un sistema informativo nazionale predisposto secondo standard definiti anche a livello europeo
(art. 1, comma 3).
33
Più in particolare, ai sensi dell’art. 7 del d. lgs. 12 febbraio 1993, n. 39, all’Autorità era attribuito
il compito di: «a) dettare norme tecniche e criteri in tema di pianificazione, progettazione,
realizzazione, gestione, mantenimento dei sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni
e delle loro interconnessioni, nonché della loro qualità e relativi aspetti organizzativi; dettare
criteri tecnici riguardanti la sicurezza dei sistemi; b) coordinare, attraverso la redazione di un piano
triennale annualmente riveduto, i progetti e i principali interventi di sviluppo e gestione dei sistemi
informativi automatizzati delle amministrazioni; c) promuovere, d'intesa e con la partecipazione
anche finanziaria delle amministrazioni interessate, progetti intersettoriali e di infrastruttura
informatica e telematica previsti dal piano triennale e sovrintendere alla realizzazione dei
medesimi anche quando coinvolgano apparati amministrativi non statali, mediante procedimenti
fondati su intese da raggiungere tramite conferenze di servizi, ai sensi della normativa vigente; d)
verificare periodicamente, d'intesa con le amministrazioni interessate, i risultati conseguiti nelle
singole amministrazioni, con particolare riguardo ai costi e benefici dei sistemi informativi
automatizzati, anche mediante l'adozione di metriche di valutazione dell'efficacia, dell'efficienza e
della qualità; e) definire indirizzi e direttive per la predisposizione dei piani di formazione del
personale in materia di sistemi informativi automatizzati e di programmi per il reclutamento di
specialisti, nonché orientare i progetti generali di formazione del personale della pubblica
amministrazione verso l'utilizzo di tecnologie informatiche, d'intesa con la Scuola superiore della
pubblica amministrazione; i) comporre e risolvere contrasti operativi tra le amministrazioni
concernenti i sistemi informativi automatizzati; l) esercitare ogni altra funzione utile ad ottenere il
più razionale impiego dei sistemi informativi, anche al fine di eliminare duplicazioni e
sovrapposizioni di realizzazioni informatiche». Nel 2003, l’Autorità in questione è stata soppressa
e trasformata, in un primo momento, nel Centro nazionale per l'informatica nella pubblica
amministrazione (CNIPA, nel 2009 ridenominato DigitPA) e, a partire dal 2012, nell’attuale
Agenzia per l’Italia digitale (AgID). Per approfondimenti sul ruolo istituzionale, sulla natura
giuridica e sulle funzioni dell’Autorità, si veda U. FANTIGROSSI, Automazione e pubblica
amministrazione. Profili giuridici, Bologna, 1993.
34
L. 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle
regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione

13
piena validità giuridica degli atti, dati e documenti formati dalla pubblica
amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici (art. 15) 35.
Successivamente, in linea con quanto previsto nella citata disposizione, il
legislatore italiano ha emanato il D.P.R. 513/1997 36, recante criteri e modalità per
la formazione, l’archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti
informatici e telematici.
Il testo del decreto, poi, in seguito alla sua abrogazione, è confluito nel Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, introdotto dal D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (noto anche con
l’acronimo T.U.D.A.), il quale ha avuto il merito di introdurre una prima analitica
disciplina dei documenti informatici, rafforzando il ruolo dell’informatica e delle
tecnologie ICT in ambito pubblico.
Negli anni successivi si assiste ad una grande proliferazione normativa che, a
ben vedere, pur avendo contribuito ad introdurre notevoli cambiamenti, non ha
favorito l’effettiva diffusione delle nuove tecnologie all’interno del settore
pubblico, ma ha generato soltanto confusione e conseguenti difficoltà di natura
applicativa37. Nel tentativo di sovvertire lo scenario appena descritto e di operare
un più efficace coordinamento e riassetto delle disposizioni preesistenti, il
legislatore italiano ha adottato, con il d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 38, il Codice
dell’Amministrazione Digitale (d’ora in poi, anche “Codice” o “CAD”), la prima
disciplina organica riguardante l’applicazione delle tecnologie informatiche nella
pubblica amministrazione e nel rapporto tra quest’ultima e gli amministrati 39. Allo
stesso tempo, tuttavia, il Codice, pur costituendo ancora oggi il corpus normativo
amministrativa (G.U. 17 marzo 1997, n. 63, suppl. ord. n. 56). Si tratta della c.d. “Legge Bassanini
I”, dal nome dell’allora Ministro per la funzione pubblica Franco Bassanini, il quale aveva ispirato
una serie di provvedimenti normativi riguardanti la riforma della Pubblica amministrazione e la
semplificazione amministrativa.
35
Per una puntuale descrizione delle linee evolutive delle norme citate, è possibile consultare M.
FARINA, Elementi di diritto dell’informatica, Milano, 2019, pp. 134 e ss. Proprio con riferimento
all’art. 15, l’Autore evidenzia come «la disposizione in commento, di contenuto così generico da
risultare priva di concreta applicazione, rappresentava l’apertura dell’ordinamento italiano verso le
nuove modalità di comunicazione, e necessitava di immediata attuazione attraverso interventi
normativi capaci di avviare il grande cambiamento».
36
D.P.R. 10 novembre 1997, n. 513, Regolamento recante criteri e modalità per la formazione,
l'archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma
dell'articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (G.U. 13 marzo 1998, n. 60).
37
Tra i più significativi interventi legislativi, emanati nel corso di quegli anni, si ricordano il d. lgs.
23 gennaio 2002, n. 10, Attuazione della Direttiva 1999/93/CE relativa a un quadro comunitario
per le firme elettroniche (G. U. 15 febbraio 2002, n. 39) e il D.P.R. 7 aprile 2003 n. 137,
Regolamento recante disposizioni di coordinamento in materia di firme elettroniche a norma
dell’art. 13 del D. Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10 (G.U. 17 giugno 2003, n. 138).
38
D. lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale (G.U. 16 maggio 2005, n. 112,
suppl. ord. n. 93).
39
Cfr. M. CARDONE, D. FOÀ, La valorizzazione del patrimonio informativo nell’ambito delle
strategie di digitalizzazione della pubblica amministrazione, in «Munus», 3, 2020, pp. 589 e ss.

14
di riferimento in tema di digitalizzazione pubblica, non ha rappresentato un vero e
proprio punto di arrivo della disciplina in materia, quanto piuttosto l’avvio di un
processo, continuamente in fieri, di trasformazione dell’organizzazione e
dell’azione amministrativa attraverso l’impiego delle tecnologie digitali 40.
4.1 Le riforme del Codice dell’Amministrazione Digitale
Volendo tracciare un breve percorso storico delle riforme e degli interventi
correttivi del Codice41, la prima significativa modifica è stata quella introdotta ad
opera del D. lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 42. La riforma, necessaria per consentire
l’adeguamento delle norme al rapidissimo sviluppo tecnologico di quegli anni, ha
riguardato diversi aspetti sia di natura sostanziale che organizzativa. In
particolare, i principali cambiamenti apportati dalla riforma hanno interessato la
validità giuridica dei documenti informatici e le copie informatiche; la
conservazione digitale e la gestione informatica dei documenti; le firme
elettroniche; l’utilizzo della posta elettronica certificata e della carta di identità
elettronica; la disciplina della sicurezza digitale e, infine, l’open data.
Sulla scia delle iniziative adottate dall’Unione europea, negli anni successivi si
assiste ad una profonda opera di modifica del Codice, soprattutto per effetto del d.
l. 18 ottobre 2012, n. 17943 con il quale sono state previste, tra le varie, una serie
di misure finalizzate a favorire la crescita, lo sviluppo dell’economia e della
cultura digitali, attuare politiche di incentivo alla domanda di servizi digitali e
promuovere l’alfabetizzazione informatica. In particolare, sul piano strategico e
programmatico, tale riforma si ricorda per aver contribuito a rafforzare il ruolo
dell’Agenzia per l’Italia Digitale (d’ora in poi, AgID) 44 con riguardo al compito,
40
Cfr. F. PAGANO, Pubblica amministrazione…, cit. Nella citata opera l’Autore evidenzia come
l’evoluzione normativa del Codice si può sintetizzare in un «percorso fatto di tre momenti
fondamentali. Lo sviluppo delle reti civiche, finalizzate a mettere in collegamento i soggetti
pubblici e i vari enti presenti sul territorio; il c.d. e-government, che ricomprende tutti quegli
utilizzi di tecnologie digitali finalizzati all’ottimizzazione dei processi interni dell’amministrazione
e nei rapporti con i cittadini, con le imprese e con le altre amministrazioni e, da ultimo, l’open
Government, avente la finalità di favorire un potenziale accesso aperto alle informazioni, di modo
da rendere possibile una maggiore interazione tra amministrazione e cittadini con immediate
ricadute sull’ampiezza della nozione di trasparenza amministrativa».
41
A conferma della costante opera di riforma delle norme in materia, basti considerare che, a
partire dal 2005 ad oggi, sono oltre quaranta i provvedimenti adottati che hanno contribuito a
modificare, in misura più o meno ampia, il Codice dell’amministrazione digitale (dato rilevato
nella sezione “aggiornamenti all’atto”, consultabile nel portale www.normattiva.it).
42
D. lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 7 marzo 2005,
n. 82, recante Codice dell'amministrazione digitale, a norma dell'articolo 33 della legge 18
giugno 2009, n. 69 (G.U. 10 gennaio 2011, n. 6, suppl. ord. n. 8).
43
D. l. 18 ottobre 2012, n. 179, Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese (G.U. 19 ottobre
2012, n. 245, suppl. ord. n. 194), convertito con modificazioni dalla l. 7 dicembre 2012, n. 221
(G.U. 18 dicembre 2012, n. 294, suppl. ord. n. 208).
44
L’Agenzia per l’Italia Digitale, istituita con il d. l. 22 giugno 2012, n. 83 (G.U. 26 giugno 2012,
n. 147, suppl. ord. n. 129), convertito con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 134 (G.U. 11

15
ad essa attribuita, di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale
italiana45 e favorire la diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione. Con la stessa riforma, inoltre, sono state adottate diverse
misure volte alla realizzazione di strumenti e piattaforme abilitanti come
l’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR), il pubblico elenco
contenente l’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-
PEC) delle imprese e dei professionisti, e altre disposizioni per favorire l’uso della
posta elettronica certificata nelle comunicazioni tra la pubblica amministrazione e
il cittadino. Infine, meritano di essere ricordate anche le modifiche delle norme
riguardanti la sottoscrizione dei documenti informatici (art. 21 del CAD),
l’accesso telematico e il riutilizzo dei dati e documenti delle pubbliche
amministrazioni (c.d. patrimonio informativo pubblico), il riuso e l’obbligo per le
pubbliche amministrazioni di acquisire programmi informatici a seguito di una
valutazione comparativa, di tipo tecnico ed economico, in ossequio ai principi di
economicità e di efficienza, tutela degli investimenti e neutralità tecnologica.
Nonostante siano trascorsi oltre dieci anni dall’emanazione del Codice
dell’amministrazione digitale, l’intensa attività di modifica e integrazione sin qui
illustrata, tuttavia, si è mostrata insufficiente nella definizione di un quadro

agosto 2012, n. 187, suppl. ord. n. 171), svolge un ruolo di assoluta centralità nell’ambito delle
politiche e delle iniziative in materia di digitalizzazione del Paese, promuovendo la realizzazione
degli obiettivi dell’Agenda Digitale Italiana in coerenza con l’Agenda digitale europea. In
particolare, l’Agenzia è chiamata a promuovere l’innovazione digitale e l’utilizzo delle tecnologie
digitali nell’organizzazione della pubblica amministrazione e nel rapporto tra questa, i cittadini e le
imprese, nel rispetto dei principi di legalità, imparzialità e trasparenza e secondo criteri di
efficienza, economicità ed efficacia (cfr. art. 14-bis del CAD). Con riferimento alle principali
funzioni attribuite, AgID ha il compito di: i) emanare le Linee guida contenenti regole, standard e
guide tecniche, nonché di indirizzo, vigilanza e controllo sull’attuazione e sul rispetto delle norme
del CAD Codice, in materia di agenda digitale, digitalizzazione della pubblica amministrazione,
sicurezza informatica, interoperabilità e cooperazione applicativa tra sistemi informatici pubblici e
quelli dell’Unione europea; ii) redigere e verificare l’attuazione del Piano triennale per
l’informatica nella pubblica amministrazione, quale documento contenente la fissazione degli
obiettivi e l’individuazione dei principali interventi di sviluppo e gestione dei sistemi informativi
delle amministrazioni pubbliche; iii) vigilanza, verifica, controllo e monitoraggio sul rispetto delle
disposizioni del CAD e di ogni altra norma in materia di innovazione tecnologica e
digitalizzazione della pubblica amministrazione, ivi comprese quelle contenute nelle Linee guida e
nel Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione e accertamento delle relative
violazioni, con poteri anche sanzionatori (art. 18-bis CAD). Infine, non meno rilevanti, sono le
funzioni di: iv) predisposizione, realizzazione e gestione di interventi e progetti di innovazione,
nonché di promozione della cultura digitale e della ricerca; v) monitoraggio delle attività svolte
dalle amministrazioni e sull’esecuzione dei contratti; vi) rilascio di pareri tecnici nei casi stabiliti
dall’art. 14-bis CAD; vii) vigilanza sui servizi fiduciari ai sensi dell’articolo 17 del Regolamento
(UE) 910/2014 (eIDAS), in qualità di organismo a tal fine designato.
45
L’Agenda Digitale Italiana rappresenta il documento che contiene le strategie di sviluppo,
crescita e innovazione del Paese abilitate dalle tecnologie digitali, in coerenza con i principi
delineati dall'Agenda Europea.

16
normativo idoneo ad abilitare e supportare le azioni di attuazione dell’agenda
digitale. Inoltre, a livello europeo iniziano ad affermarsi nuove prospettive
d’azione come quelle, già commentate in precedenza, tese alla realizzazione del
Digital Sigle Market.
Per tali ragioni, il legislatore nazionale, con l’approvazione della legge delega
7 agosto 2015, n. 124 (meglio conosciuta come “Legge Madia”) ha ritenuto
opportuno tracciare le basi per una complessa opera di riforma, volta alla
semplificazione e alla riorganizzazione della pubblica amministrazione 46. Si apre
così una nuova stagione di riforme, nel tentativo di dare un significativo impulso
alle strategie nazionali in tema di e-Government. In particolare, nella delega del
Governo, sono state definite una serie di misure volte a «garantire ai cittadini e
alle imprese, anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione, il diritto di accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro
interesse in modalità digitale» e «garantire la semplificazione nell’accesso ai
servizi alla persona, riducendo la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici»
(art. 1, comma 1)47. Sulla base dei criteri direttivi stabiliti nella delega, nel corso
degli anni successivi, sono stati emanati, nell’ordine, il d. lgs. 26 agosto 2016, n.
17948 e, successivamente, il d. lgs. 13 dicembre 2017, n. 21749, con il quale sono
state introdotte disposizioni integrative e correttive del primo.
Nel complesso, le novelle introdotte dai provvedimenti citati possono essere
sintetizzate in due principali assi portanti. Per un verso, infatti, si è assistito
all’ampliamento e al rafforzamento del novero dei diritti di cittadinanza digitale,
di cui si darà conto nel prosieguo, che risultano oggi concentrati, almeno in parte,
all’interno della sezione II del Codice, la cui rubrica è stata ridenominata appunto
“Carta della cittadinanza digitale”. Dall’altro lato, legate da un vincolo di
complementarietà con quelle appena citate, sono state apportate significative
46
L. 7 agosto 2015, n. 124, Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche (G.U. 13 agosto 2015, n. 187). Per un’analisi delle novità introdotte
dalla legge Madia, cfr. B. G. MATTARELLA, Il contesto e gli obiettivi della riforma, in «Giorn. dir.
amm.», 5, 2015, pp. 621 e ss.
47
L’art. 1 della l. 7 agosto 2015, n. 124 è rubricato “Carta della cittadinanza digitale”. La scelta di
dedicare il primo articolo al Codice dell’amministrazione digitale e ai diritti di cittadinanza digitale
è sintomatica della centralità che il legislatore ha inteso riconoscere alle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione nei rapporti tra cittadini, imprese e pubbliche
amministrazioni, quale strumento per la promozione del processo di radicale riorganizzazione
dell’amministrazione del Paese.
48
D. lgs. 26 agosto 2016, n. 179, Modifiche ed integrazioni al Codice dell'amministrazione
digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7
agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (G.U. 13
settembre 2016, n. 214).
49
D. lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 26
agosto 2016, n. 179, concernente modifiche ed integrazioni al Codice dell'amministrazione
digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7
agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (G.U. 12
gennaio 2018, n. 9).

17
modifiche ed integrazioni volte a rafforzare la governance della digitalizzazione
attraverso la previsione dell’obbligo, per tutte le pubbliche amministrazioni, di
individuare un ufficio a cui affidare la transizione alla modalità operativa digitale
(dando origine all’attuale figura del Responsabile per la transizione digitale) e
l’introduzione di un unico Difensore civico per il digitale nazionale 50. Le riforme,
inoltre, hanno apportato profondi cambiamenti anche sul piano della
razionalizzazione delle disposizioni51 e della deregolamentazione, semplificando,
anche nel linguaggio, il Codice e, soprattutto, modificando le procedure per
l’adozione delle regole tecniche con la previsione di linee guida, la cui adozione
viene affidata direttamente all’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) 52. In questo
modo, attraverso il rinnovato sistema produttivo della regolamentazione tecnica si
è cercato di rendere l’attuazione tecnico-operativa delle disposizioni normative del
50
Il Difensore civico per il digitale nasce in seguito alle modifiche introdotte con la riforma
operata dal d. lgs. 26 agosto 2016, n. 179. Le sue funzioni, inizialmente, erano esercitate da una
figura di livello dirigenziale individuata presso ciascuna pubblica amministrazione, poi trasferite in
capo ad un’unica figura di livello nazionale, istituita presso l’Agenzia per l’Italia Digitale.
Attualmente, al Difensore civico per il digitale sono attribuite essenzialmente due funzioni: da una
parte, riceve le segnalazioni relative alle presunte violazioni del Codice dell’Amministrazione
Digitale o di ogni altra norma in materia di digitalizzazione ed innovazione (come previsto
dall’art. 17, comma 1 quater del CAD); dall’altra, invece, decide in merito alla corretta attuazione
delle norme in materia di accessibilità agli strumenti informatici per le persone con disabilità e, in
caso di reclami relativi a dichiarazioni di accessibilità da parte degli utenti, può disporre eventuali
misure correttive nei confronti della pubblica amministrazione interessata (cfr. art. 3-quinquies
della L. 9 gennaio 2004, n. 4, Disposizioni per favorire e semplificare l'accesso degli utenti e, in
particolare, delle persone con disabilità agli strumenti informatici (G.U. 17 gennaio 2004, n. 13).
La regolamentazione delle suddette funzioni è affidata al Regolamento recante le procedure
finalizzate allo svolgimento dei compiti previsti dall’articolo 17, comma 1-quater, del CAD,
approvato con determinazione AgID n. 610/2021 e al Regolamento concernente le procedure
interne all’Agenzia per l’Italia digitale aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento, nella
fase di prima applicazione, dei compiti relativi al difensore civico per il digitale previsti
dall’articolo 3 quinquies, commi 2 e 3 della legge 9 gennaio 2004, n. 4, adottato con
determinazione AgID n. 357/2019.
51
A tal proposito, è doveroso ricordare l’opera di riordino e coordinamento della disciplina
nazionale in materia di documenti informatici e firme elettroniche con quella europea e, in
particolare, con le disposizioni dettate dal Regolamento (UE) n. 910/2014 (eIDAS - electronic
IDentification, Authentication and trust Services), del 23 luglio 2014, in materia di identificazione
elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la
direttiva 1999/93/CE. Inoltre, le riforme hanno contribuito a rafforzare e promuovere i principi
della trasformazione digitale (come il digital first e l’open data by default) e, allo stesso tempo,
hanno introdotto alcuni significativi cambiamenti nella disciplina in materia di formazione,
gestione e conservazione dei documenti informatici, con particolare riferimento agli effetti
giuridici e all’efficacia probatoria dei documenti sottoscritti elettronicamente. Infine, altro aspetto
di grande impatto riguarda l’istituzione del Punto unico di accesso telematico (art. 64-bis CAD),
un’interfaccia unica che consente al cittadino di fruire dei servizi online della pubblica
amministrazione raggiungibile attraverso l’utilizzo di dispositivi mobili e tablet (attraverso
l’applicazione mobile “App IO”).

18
Codice capace di stare al passo con la continua evoluzione tecnologica, limitando
il rischio di una rapida obsolescenza delle regole tecniche e il conseguente
rallentamento del processo di transizione digitale della amministrazione
pubblica53.
Ripercorrendo gli anni successivi alle riforme Madia, non si rintracciano
rilevanti interventi di riforma del Codice o altre iniziative particolarmente
impattanti sul piano della digitalizzazione del settore pubblico. Soltanto negli
ultimi anni, dinnanzi alle nuove esigenze dettate dall’insorgere della pandemia
Covid-19, il processo di trasformazione digitale della pubblica amministrazione
ha ritrovato nuova linfa. Si tratta, a ben vedere, di una tendenza che rispecchia gli
andamenti, in parte già illustrati nel paragrafo precedente, dell’evoluzione della
52
In passato, le regole tecniche, necessarie per dare concreta attuazione alle disposizioni del
Codice dell’amministrazione digitale, erano emanate direttamente dal Governo, tramite decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri. In seguito alla riforma, invece, il nuovo testo dell’art. 71 del
CAD prevede che: «L'AgID, previa consultazione pubblica da svolgersi entro il termine di trenta
giorni, sentiti le amministrazioni competenti e il Garante per la protezione dei dati personali nelle
materie di competenza, nonché acquisito il parere della Conferenza unificata, adotta Linee guida
contenenti le regole tecniche e di indirizzo per l'attuazione del presente Codice. Le Linee guida
divengono efficaci dopo la loro pubblicazione nell'apposita area del sito Internet istituzionale
dell'AgID e di essa ne è data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Le Linee
guida sono aggiornate o modificate con la procedura di cui al primo periodo». A tale riguardo, il
Consiglio di Stato – nell’ambito del parere reso sullo schema di decreto legislativo correttivo al
CAD (Consiglio di Stato, comm. spec., 10 ottobre 2017, n. 2122) – ha affermato che le Linee
Guida, adottate da AGID secondo le previsioni del nuovo art. 71, «hanno carattere vincolante e
assumono valenza erga omnes». Ne deriva che, nella gerarchia delle fonti, anche le Linee Guida
sono inquadrate come un atto di regolamentazione, seppur di natura tecnica, con la conseguenza
che esse sono pienamente azionabili davanti al giudice amministrativo in caso di violazione delle
prescrizioni ivi contenute. In dottrina, il dibattito sulla definizione e qualificazione delle linee
guida, oltre che sulla loro collocazione nel sistema delle fonti, in quanto atti regolativi anomali di
cui si riconosce un ruolo di fatto paragonabile a quello di veri e propri atti normativi, è
estremamente vivace ed aperto. A ben vedere, infatti, le linee guida rappresentano le nuove regole
normative del nostro tempo – non solo nell’ambito della digitalizzazione delle pubbliche
amministrazioni – che, pur essendo prive della forma tipica della legge, sono in grado di stabilire
dei veri e propri vincoli giuridici. Per alcuni spunti di riflessione sul tema, si segnalano G.
MORBIDELLI, Degli effetti giuridici della soft law, in «Rivista della regolazione dei mercati», 2,
2016; M. MANETTI, Fonti senza forma e presunto soft law, con particolare riguardo alle linee
guida Anac, in «Dir. Cost.», 1, 2019; V. ITALIA, Le linee guida e le leggi, Milano, 2016. Inoltre,
per ulteriori interessanti approfondimenti della dottrina sul tema correlato della c.d. soft law, si
vedano anche E. MOSTACCI, La soft law nel sistema delle fonti: uno studio comparato, Padova,
2008; A. SOMMA (a cura di), Soft law e hard law nelle società postmoderne, Torino, 2009; M.
MAZZAMUTO, L'atipicità delle fonti nel diritto amministrativo, in «Dir. Amm.», 4, 2015, pp. 683 e
ss.
53
Nella storia, il rapporto tra il diritto e la tecnologia è sempre stato caratterizzato da una
imprescindibile dialettica tra norme giuridiche e regole informatiche. Più in generale,
l’innovazione tecnologica, da sempre, condiziona ogni forma di regolazione, compresa quella

19
digitalizzazione in ambito europeo.
Sin dalle prime fasi dell’emergenza sanitaria, invero, il legislatore nazionale ha
fatto spesso ricorso alla decretazione d’urgenza, determinando un vero e proprio
profluvio normativo che ha interessato anche il settore della digitalizzazione. Nel
quadro appena descritto, tra i vari provvedimenti, il d. l. 16 luglio 2020, n. 76 54 si
è particolarmente contraddistinto per aver disposto alcune importanti modifiche al
Codice, in un’ottica di semplificazione procedimentale, sostegno e diffusione
dell’amministrazione digitale. In particolare, con il citato decreto sono state
introdotte nuove disposizioni in materia di lavoro agile (c.d. smart working)55,
quale modalità di lavoro privilegiata per conciliare le esigenze lavorative della
pubblica amministrazione e le misure di distanziamento sociale e di prevenzione
dalla diffusione del virus. Inoltre, insieme ad alcuni correttivi in tema di domicilio
digitale, necessari per favorire il percorso di semplificazione e garantire maggiori
certezze nelle comunicazioni telematiche tra imprese, professionisti e pubbliche
amministrazioni, tra le novità più importanti si ricordano anche l’introduzione del
“Codice di condotta tecnologica ed esperti”56 e le modifiche normative in tema di

giuridica. La scelta del legislatore di modificare l’impianto normativo delle regole tecniche,
dunque, risponde all’esigenza di generare il giusto equilibrio, idoneo a non limitare l’evoluzione
tecnica e, allo stesso tempo, capace di non determinare la prevalenza della tecnologia sulla
regolazione giuridica. A tal proposito, cfr. G. SARTOR, L’informatica giuridica e le tecnologie
dell’informazione, Torino, 2010, pp. 37 e ss.; G. FINOCCHIARO, Riflessioni su diritto e tecnica, in
«dir. inform.», 4-5, 2012, pp. 831 e ss.; E. MAESTRI, Lex informatica e soft law. Le architetture
normative del cybespazio, in P. MORO, C. SARRA (a cura di), Tecnodiritto. Temi e problemi di
informatica e robotica giuridica, Milano, 2017, pp. 157 e ss.; G. CORASANITI, Il diritto nella
società digitale, Milano, 2018; M. GIULIANO, La blockchain e gli smart contracts
nell’innovazione del diritto nel terzo millennio, in «dir. inform.», 6, 2018, pp. 989 e ss.
54
D. l. 16 luglio 2020, n. 76, Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale (G.U.
16 luglio 2020, n. 178, suppl. ord. n. 24), convertito con modificazioni dalla l. 11 settembre 2020,
n. 120 (G.U. 14 settembre 2020, n. 228, suppl. ord. 33).
55
Cfr. art. 12 CAD.
56
Con il d. l. 16 luglio 2020, n. 76 è stato inserito un novello articolo 13-bis, rubricato “Codice di
condotta tecnologica ed esperti”, che stabilisce l’obbligo per le pubbliche amministrazioni – che
intendono avviare progetti di sviluppo dei servizi digitali – di rispettare il codice di condotta
tecnologica, adottato dal Capo dipartimento della struttura della Presidenza del Consiglio dei
ministri competente per la trasformazione digitale, sentiti l'AgID e il nucleo per la sicurezza
cibernetica. Detto codice «disciplina le modalità di progettazione, sviluppo e implementazione dei
progetti, sistemi e servizi digitali delle amministrazioni pubbliche, nel rispetto del principio di non
discriminazione, dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone e della disciplina in materia di
perimetro nazionale di sicurezza cibernetica» (art. 13-bis, comma 2, CAD). Inoltre, in virtù delle
nuove disposizioni introdotte, le amministrazioni potranno avvalersi di uno o più esperti, in
possesso di comprovata esperienza e qualificazione professionale, nello sviluppo e nella gestione
di processi complessi di trasformazione tecnologica e progetti di trasformazione digitale. Da
questo punto di vista, assume rilevanza proprio il codice di condotta tecnologica il quale, tra le
varie disposizioni, stabilisce le principali attività, ivi compresa la formazione del personale, che i
predetti esperti svolgono in collaborazione con il Responsabile per la Transizione Digitale

20
“Piattaforma digitale nazionale dati”57.
Proseguendo nell’ordine, merita di essere citato anche il d. l. 31 maggio 2021,
n. 7758 (c.d. “Decreto Semplificazioni bis”), uno dei primi provvedimenti
contenenti misure volte a contribuire alla realizzazione del Piano Nazionale di
Ripresa e Resilienza (PNRR). Il predetto Piano – adottato in forza delle iniziative,
intraprese a livello europeo, in risposta alle conseguenze economiche, sociali e
sanitarie determinate dall’epidemia di Covid-1959 – come è stato già anticipato, ha
previsto una serie straordinaria di investimenti, senza precedenti, in materia di
transizione digitale della pubblica amministrazione60.
Tra i punti di maggiore interesse in tema di digitalizzazione, si segnalano, in
primo luogo, le novità introdotte dal suddetto decreto in materia di notifiche
digitali degli atti amministrativi, attraverso la previsione della c.d. “Piattaforma
per la notificazione digitale degli atti della pubblica amministrazione” (PND) 61.
Un secondo gruppo di disposizioni, invece, interviene in materia di domicili e
identità digitali, principalmente mediante l’introduzione del “Sistema di gestione

dell’amministrazione pubblica interessata, nonché il limite massimo di durata dell'incarico, i


requisiti di esperienza e qualificazione professionale e il trattamento economico massimo da
riconoscere agli esperti.
57
Con l’art. 34 del d. l. 16 luglio 2020, n. 76 è stato totalmente riscritto l'art. 50- ter del CAD, il
quale disciplina la promozione della progettazione, dello sviluppo e della sperimentazione di una
Piattaforma Digitale Nazionale Dati, finalizzata a favorire la conoscenza e l’utilizzo del patrimonio
informativo detenuto dalle amministrazioni pubbliche per finalità istituzionali, nonché la
condivisione dei dati tra i soggetti che abbiano diritto ad accedervi, ai fini della semplificazione
degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese.
58
D. l. 31 maggio 2021, n. 77, Governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza e prime
misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle
procedure (G.U. 31 maggio 2021, n. 129), convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 2021, n.
108 (G.U. 30 luglio 2021, n. 181, suppl. ord. n. 26).
59
A tal proposito, si ricordano i provvedimenti di cui al Regolamento (UE) 2021/240 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 febbraio 2021, che istituisce uno strumento di sostegno
tecnico (G.U. L 57 del 18 febbraio 2021) e al Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la
resilienza (G.U. L 57 del 18 febbraio 2021).
60
La “Digitalizzazione della pubblica amministrazione” costituisce il primo asse della componente
denominata “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA”, a sua volta compresa nella
Missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo” del PNRR e
rappresenta, al contempo, uno dei temi trasversali del Piano. Per approfondimenti sul tema, si veda
D. A. LIMONE, Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)…, cit.
61
La piattaforma – già prevista dall’art. 1, comma 402, della l. 27 dicembre 2019, n. 160 – trova la
sua disciplina principale nell’art. 26 del d. l. 16 luglio 2020, n. 76, modificato dall’art. 38, comma
1, del d. l. 31 maggio 2021, n. 77. La sua finalità, in particolare, è quella di rendere più agevole,
efficiente, sicura ed economica la notificazione con valore legale di atti, provvedimenti, avvisi e
comunicazioni da parte della pubblica amministrazione, con conseguenti risparmi per la spesa
pubblica e minori oneri per i cittadini.

21
deleghe” (SGD)62, un sistema che consente ai cittadini privi di identità digitale di
delegare un altro soggetto per l’accesso ai servizi pubblici fruibili online. Accanto
ad alcune misure di semplificazione relative, ad esempio, all’Anagrafe nazionale
della popolazione residente (ANPR), un ulteriore aspetto di notevole impatto
riguarda l’introduzione del nuovo art. 18-bis del Codice. L’articolo, rubricato
“Violazione degli obblighi di transizione digitale”, prevede un articolato
procedimento sanzionatorio per le violazioni degli obblighi in materia di
transizione digitale da parte delle pubbliche amministrazioni, stabilendo, in
particolare, tre distinti ordini di misure, applicabili anche contestualmente. Per
quanto riguarda il primo ordine di misure, si prevede che le violazioni accertate
dall’AgID rilevano ai fini della misurazione e della valutazione della performance
individuale dei dirigenti responsabili e comportano responsabilità dirigenziale e
disciplinare63. Il secondo ordine di misure, invece, rappresenta la vera novità
rispetto al passato e consiste nell’introduzione di sanzioni amministrative
pecuniarie, applicabili in presenza di specifiche condizioni o in caso di violazioni
di articoli tassativamente indicati64. Infine, la terza tipologia di misura consiste
nella previsione di un intervento sostitutivo, da parte del Governo, nei confronti
dell’amministrazione inadempiente, attraverso la nomina di un commissario ad
acta65.
62
Cfr. art. 64-ter CAD.
63
Cfr. art. 18-bis, comma 4 CAD.
64
L’art. 18-bis, al comma 5, dispone l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 10
mila a 100 mila euro, in presenza delle seguenti violazioni: i) mancata ottemperanza alla richiesta
di dati, documenti o informazioni trasmissione di informazioni o dati parziali o non veritieri; ii)
violazione dell’obbligo ad accettare i pagamenti spettanti attraverso sistemi di pagamento
elettronico (art. 5 CAD); iii) violazione dell’obbligo di consentire agli utenti di esprimere
soddisfazione per i servizi in rete (art. 7, comma 3, CAD); iv) mancata comunicazione agli
interessati delle modalità per esercitare in via telematica il diritto dei partecipanti al procedimento
di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti (art.
41, comma 2, CAD); v) realizzazione del fascicolo informatico del procedimento senza garantire
la possibilità di essere direttamente consultato dalle amministrazioni coinvolte e dagli interessati
(art. 41, comma 2-bis, CAD); vi) mancata disponibilità di accesso ai documenti informatici
conservati per legge dalle PA per i quali cessa l’obbligo di conservazione a carico di cittadini e
imprese (art. 43, comma 1-bis, CAD); vii) mancata disponibilità di dati delle PA in formato
elettronico entro la data stabilita dal Presidente del Consiglio (art. 50, comma 3-ter CAD); viii)
l'inadempimento dell'obbligo di rendere disponibili e accessibili le proprie basi dati ovvero i dati
aggregati e anonimizzati (art. 50-ter, comma 5, CAD); ix) violazione dell’obbligo di utilizzare
esclusivamente identità digitali (SPID e CIE) per l’identificazione degli utenti dei servizi on-line
(art. 64, comma 3- bis, CAD); x) violazione dell’obbligo di rendere fruibili i propri servizi in rete
tramite il punto di accesso telematico (64-bis CAD); xi) non ottemperanza al rispetto delle regole
fissate dall’AgID in materia di livelli minimi di sicurezza, capacità elaborativa, risparmio
energetico e affidabilità delle infrastrutture digitali per la pubblica amministrazione e in materia di
caratteristiche di qualità, di sicurezza, di performance e scalabilità, interoperabilità, portabilità dei
servizi cloud per la pubblica amministrazione (art. 33-septies, comma 4, d. l. 18 ottobre 2012, n.
179).
65
Cfr. art. 18-bis, comma 6 CAD.

22
L’ultima significativa opera di modifica del Codice, infine, è stata quella
introdotta dal recente d. l. 6 novembre 2021, n. 152 66. Seppur limitate rispetto alla
precedente riforma, anche in questo caso, le misure adottate si pongono in linea di
continuità con il precedente “Decreto Semplificazioni bis”, mantenendo
essenzialmente l’obiettivo di garantire la semplificazione dei servizi pubblici,
insieme ad una maggiore efficienza e celerità d’azione nella realizzazione degli
obiettivi di transizione digitale, fissati dal PNRR67.
Volgendo alle conclusioni, alla luce di questa articolata disamina delle più
importanti riforme del Codice dell’amministrazione digitale emerge, in modo
piuttosto evidente, l’oggettiva difficoltà di regolare in maniera soddisfacente e
duratura un ambito in continua evoluzione e aggiornamento come quello della
trasformazione digitale del settore pubblico. Proprio in ragione della complessità
del fenomeno in esame, il successo del processo di transizione digitale richiede
necessariamente l’adozione di un modello di approccio basato su una visione
strategica delle azioni che permetta, da una parte, di esprimere una elevata
capacità realizzativa da parte di tutti gli attori e gli stakeholders coinvolti e,
dall’altra, favorisca il cambiamento attraverso la diffusione della cultura digitale a
tutti i livelli. Da questo punto di vista, come meglio si vedrà nei successivi
paragrafi, il Responsabile per la Transizione Digitale rappresenta, allo stesso
tempo, l’elemento di sintesi e la figura di riferimento principale della rinnovata
governance della trasformazione digitale della pubblica amministrazione e del
Paese.

5 La pubblica amministrazione nei rapporti con il cittadino: la carta


della cittadinanza digitale
Il fenomeno della digitalizzazione che ha interessato le amministrazioni
pubbliche, dal punto di vista storico evolutivo, rappresenta la naturale
66
D. l. 6 novembre 2021, n. 152, Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di
ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose (G.U. 6 novembre
2021, n. 265), convertito con modificazioni dalla l. 29 dicembre 2021, n. 233 (G.U. 31 dicembre
2021, n. 310, suppl. ord. n. 48).
67
In questa sede, meritano di essere ricordate, in primo luogo, le misure introdotte per
l’ampliamento delle modalità di elezione del domicilio digitale da parte dei cittadini, non solo
attraverso i servizi resi disponibili dall’Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche
(INAD), ma anche mediante i servizi online resi disponibili dall’ANPR ovvero tramite sportello
fisico presso l’ufficio anagrafe del comune di residenza (art. 3-bis CAD). La riforma, inoltre,
interviene anche in materia di Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR): da una
parte, consentendo ai Comuni di utilizzare i dati anagrafici detenuti localmente, anche ampliando
l’offerta dei servizi erogati online a cittadini e imprese direttamente o tramite soggetti affidatari dei
servizi; dall’altra, introducendo una nuova possibilità di accesso, da parte degli stessi Comuni, alle
informazioni anagrafiche contenute in ANPR per l’espletamento delle verifiche necessarie
all’erogazione dei propri servizi e allo svolgimento delle proprie funzioni (art. 62 CAD).

23
conseguenza dell’inarrestabile progresso della società tecnologica. Del resto, la
missione primaria delle istituzioni si sostanzia nel perseguimento dei diritti dei
cittadini e delle imprese, a tutela del benessere della collettività; per far questo,
occorre che le amministrazioni siano in grado di comprendere appieno le reali
esigenze della società, dialogando e interagendo, a tutti i livelli, con le modalità
più idonee. Per svolgere in modo adeguato il proprio compito, dunque, il settore
pubblico deve inevitabilmente evolvere insieme alla società di riferimento,
attraverso la promozione e il governo dello sviluppo digitale.
Sulla base di questi presupposti, grazie alla complessa opera di riforma del
settore, si è affermato l’attuale modello di amministrazione digitale (e-
government), ovverosia l’organizzazione delle attività dell’amministrazione
pubblica basata sull’adozione estesa ed integrata delle tecnologie ICT nello
svolgimento delle funzioni e nell’erogazione dei servizi. A ben vedere, il concetto
stesso di “amministrazione digitale” si riferisce proprio all’evoluzione della
pubblica amministrazione abilitata dalle tecnologie informatiche e accompagnata
dal conseguente cambiamento delle logiche e dei processi. Non si tratta
semplicemente di una mera informatizzazione e automazione dei procedimenti,
quanto invece di una riorganizzazione, razionalizzazione e reingegnerizzazione
delle attività, volti a favorire un nuovo rapporto con la cittadinanza, anch’essa
“digitale”. Da questo punto di vista, quindi, occorre riconsiderare in modo
profondo relazioni, attività e processi, in cui le tecnologie digitali non
rappresentano il fine ultimo, ma costituiscono uno strumento essenziale per
raggiungere gli obiettivi tipici dell’agere pubblico. Le finalità e gli obiettivi che
animano la realizzazione della pubblica amministrazione digitale, infatti,
poggiano proprio sulle finalità tipiche dell’azione pubblica: efficacia, efficienza,
economicità, trasparenza, migliore qualità dei servizi, semplificazione e
conseguente riduzione dei tempi, partecipazione attiva dei cittadini e maggiore
soddisfazione degli utenti68.
Il fenomeno della digitalizzazione del settore pubblico, abilitato dall’incessante
evoluzione della realtà digitale, inoltre, ha determinato un significativo impatto
non soltanto nella relazione tra il cittadino e la pubblica amministrazione, ma
anche nel concetto stesso di cittadinanza.
Sotto questa prospettiva, è sintomatico quanto accaduto in seguito alla riforma
del Codice dell’amministrazione digitale, recata dalla Legge Madia (l. 7 agosto
2015, n. 124), la quale significativamente attribuisce all’art. 1 la rubrica “Carta
della cittadinanza digitale” che, in seguito, diviene anche la rubrica della sezione
II del capo I del Codice, dedicata proprio ai diritti 69. La scelta, in particolare,
rappresenta un forte segnale dell’intenzione del legislatore di rafforzare e rendere
68
A tal proposito, è opportuno segnalare proprio il contenuto dell’art. 12 del CAD il quale
stabilisce che «le pubbliche amministrazioni nell'organizzare autonomamente la propria attività
utilizzano le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi
di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione
nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione, nonché per l'effettivo
riconoscimento dei diritti dei cittadini e delle imprese […]».

24
effettivi i diritti digitali, a conferma della centralità riservata al cittadino 70. Allo
stesso tempo, richiama l’evoluzione dell’idea stessa di cittadinanza che,
accompagnata dallo sviluppo delle moderne tecnologie, nel contesto digitale
assume una configurazione dinamica e, contemporaneamente, indivisibile nei
diritti e nelle libertà che intende definire 71. Nella sua essenza concettuale, la
cittadinanza digitale può essere definita come il complesso dei diritti e dei doveri
dei cittadini formulati in adattamento allo sviluppo dell’e-government e della
fruizione dei servizi digitali; uno spazio giuridico in cui i diritti e doveri di
cittadinanza possono essere esercitati sia nel contesto fisico sia in quello virtuale
del web. In altri termini, la cittadinanza digitale esprime la moderna
configurazione dei diritti dei cittadini nei confronti delle istituzioni, abilitata dalle
nuove tecnologie72.
Sotto il profilo normativo, l’art. 3 del Codice fonda le basi della cittadinanza
digitale sul diritto all’uso delle tecnologie come presupposto determinante per
l’esercizio dei diritti dei cittadini e l’adempimento dei doveri da parte delle
istituzioni73. La norma, di portata assai ampia, riguarda ogni fase del rapporto tra
il cittadino e la pubblica amministrazione – anche nella dimensione dell’accesso e
69
Prima della riforma, operata dal d. lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, la sezione II era rubricata
«Diritti dei cittadini e delle imprese».
70
Cfr. E. D’ORLANDO, Profili costituzionali dell’amministrazione digitale, in «dir. inform.», 2,
2011, pp. 213 e ss. L’Autore parla di «statuto del cittadino digitale contenuto nel CAD» come «la
risultante di una pluralità coerente di declinazioni di un diritto di libertà informatica
costituzionalmente derivabile».
71
In proposito, si veda S. RODOTÀ, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari, 2012, p. 384 ss. Secondo
l’Autore, l’idea di cittadinanza digitale «è per sua natura dinamica, accompagna la persona nel suo
essere nel mondo e, di conseguenza, integra la sua dotazione di diritti tutte le volte che questo suo
ampliamento viene sollecitato dall’incessante mutamento prodotto dall’innovazione scientifica e
tecnologica, e soprattutto dalle dinamiche sociali che così si determinano». Nella stessa opera, si
sottolinea anche l’indivisibilità dei diritti, poiché «i diritti in rete non sono gerarchizzabili, perché
è la rete stessa che rifiuta la gerarchie, e così promuove una cittadinanza sempre più
“orizzontale”».
72
In questo senso, si è espresso anche S. RODOTÀ, Il diritto…, cit., p. 384, secondo cui il concetto
di cittadinanza digitale «consente di ricondurre alla persona un insieme di situazioni che
concorrono a definirne la condizione nel cyberspazio». Della stessa visione, anche P. MARSOCCI,
Cittadinanza digitale e potenziamento della partecipazione politica attraverso il web: un mito così
recente già da sfatare?, in «Rivista AIC», 1, 2015, il quale ribadisce che «non si tratta solo di
disciplinare un mezzo tecnologico, ma di ripensare i modi di affrontare le grandi politiche
pubbliche dove si sperimenta in concreto la capacità di esercitare i diritti civili, politici e sociali».
73
Art. 3 del CAD: «Chiunque ha il diritto di usare, in modo accessibile ed efficace, le soluzioni e
gli strumenti di cui al presente Codice nei rapporti con i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2
[ovverosia i soggetti cui si applica il Codice], anche ai fini dell'esercizio dei diritti di accesso e
della partecipazione al procedimento amministrativo, fermi restando i diritti delle minoranze
linguistiche riconosciute». La disposizione citata è stata profondamente modificata da parte del d.
lgs. 26 agosto 2016, n. 179 e del d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, che ne hanno rafforzato il
contenuto ed ampliato la portata.

25
della partecipazione – e stabilisce il diritto di pretendere dai pubblici uffici
l’interazione attraverso la modalità digitale, da cui deriva il corrispondente
obbligo per l’amministrazione di adeguarsi, sotto il profilo tecnico e
organizzativo, per soddisfare le esigenze del cittadino 74. In caso di violazione,
inoltre, è riconosciuta una tutela giurisdizionale dinnanzi al giudice
amministrativo75. Del resto, lo stesso art. 2, comma 1, del Codice impone alle
amministrazioni di fare ricorso alle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione per soddisfare gli interessi della collettività, assicurando «la
disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità
dell’informazione in modalità digitale», così determinando un vero e proprio
diritto del cittadino ad una amministrazione digitalizzata, direttamente azionabile
nei confronti di quest’ultima.
Il diritto così declinato si completa, sotto il profilo culturale, nell’art. 8 del
Codice, rubricato «Alfabetizzazione informatica dei cittadini», in cui emerge
l’importanza del ruolo delle amministrazioni nella promozione di iniziative e
azioni specifiche volte a favorire, tra i cittadini, lo sviluppo delle competenze
digitali di base necessarie e agevolare l’utilizzo dei servizi digitali 76.
L’alfabetizzazione digitale, unitamente alle iniziative adottate per riduzione del
c.d. digital divide77, costituiscono dei tasselli fondamentali nella realizzazione di
74
Sin dalle prime disposizioni del Codice emerge, in modo piuttosto evidente, l’impostazione
dualistica determinata dalla presenza, da una parte, di cittadini e imprese titolari di un diritto
all’uso delle tecnologie nei loro rapporti con le istituzioni e, dall’altra, delle amministrazioni
pubbliche soggette ad un dovere di digitalizzazione nei rapporti con gli utenti. Sul tema si veda, fra
gli altri, T. E. FROSINI, Liberté, Egalité, Internet, Napoli, 2015.
75
Art. 3, comma 1-ter. Sul punto, cfr. F. CARDARELLI, Amministrazione digitale, trasparenza e
principio di legalità, in «dir. inform.», 2, 2015. Secondo l’Autore, il diritto all’uso delle tecnologie
è qualificabile come una posizione giuridica soggettiva strumentale verso la pubblica
amministrazione, assimilabile al paradigma dell’interesse legittimo (p. 227 ss.).
76
Art. 8 del CAD, in particolare, stabilisce che le pubbliche amministrazioni «promuovono
iniziative volte a favorire la diffusione della cultura digitale tra i cittadini con particolare riguardo
ai minori e alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire lo sviluppo di
competenze di informatica giuridica e l'utilizzo dei servizi digitali delle pubbliche amministrazioni
con azioni specifiche e concrete, avvalendosi di un insieme di mezzi diversi fra i quali il servizio
radiotelevisivo».
77
Con il termine digital divide (o divario digitale) si intende il divario tra aree geografiche o tra
categorie di popolazione nell’accesso e nell’utilizzo delle tecnologie digitali, determinato da
motivi di natura geografica, infrastrutturale, culturale, anagrafica, economica, così come da
questioni legate alle disabilità. Allo scopo di contribuire al superamento di tale fenomeno, l’art. 8-
bis del CAD, nel prevedere norme in materia di connettività alla rete Internet negli uffici e luoghi
pubblici, assegna alle pubbliche amministrazioni il compito di favorire «la disponibilità di
connettività alla rete Internet presso gli uffici pubblici e altri luoghi pubblici, in particolare nei
settori scolastico, sanitario e di interesse turistico, anche prevedendo che la porzione di banda non
utilizzata dagli stessi uffici sia messa a disposizione degli utenti nel rispetto degli standard di
sicurezza fissati dall’AgID» e di mettere a disposizione degli utenti «connettività a banda larga per
l'accesso alla rete Internet nei limiti della banda disponibile e con le modalità determinate

26
un sistema efficiente di e-government, poiché creano le necessarie condizioni
culturali e infrastrutturali per favorire l’esercizio dei diritti nel cyberspazio e il
pieno sviluppo del cittadino nella sua dimensione digitale, a loro volta fattori
abilitanti del diritto fondamentale all’uso delle tecnologie, riconosciuto nella Carta
della cittadinanza digitale.
Il rapporto tra il cittadino e la pubblica amministrazione digitale assume
concreta sostanza di fronte alla previsione dell’art. 3-bis del Codice78, nel quale si
afferma un vero e proprio diritto di accesso ai servizi online79 erogati dalle
amministrazioni, attraverso l’uso delle identità digitali 80 e il punto unico di
accesso telematico (art. 64-bis CAD)81. Si tratta di una previsione di ordine
generale, da cui derivano una serie di specifici doveri dell’amministrazione
pubblica, che mira a creare «uno sportello virtuale mediante il quale l’utente può
interagire con l’organismo erogante la prestazione in tempo reale e da qualsiasi
luogo»82. La stessa norma, inoltre, delinea il quadro generale in tema di domicilio
digitale83, quale elemento determinante nelle interazioni digitali tra cittadini e

dall'AgID».
78
L’art. 3-bis del CAD, al comma 01, dispone quanto segue: «Chiunque ha il diritto di accedere ai
servizi on-line offerti dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, tramite la propria identità digitale
e anche attraverso il punto di accesso telematico di cui all'articolo 64-bis». Accanto al diritto di
accesso ai servizi online, in seguito alle modifiche introdotte dalla riforma del d. lgs. 13 dicembre
2017, n. 217, l’art. 7 del Codice riconosce anche il più ampio diritto di fruizione, «in forma
digitale e in modo integrato, tramite gli strumenti telematici messi a disposizione dalle pubbliche
amministrazioni e il punto di accesso di cui all'articolo 64-bis, anche attraverso dispositivi mobili»
(art. 7, comma 01, del CAD). Per realizzare ciò, le pubbliche amministrazioni «provvedono alla
riorganizzazione e all’aggiornamento dei servizi resi, sulla base di una preventiva analisi delle
reali esigenze degli utenti e rendono disponibili on-line i propri servizi nel rispetto delle
disposizioni del presente Codice e degli standard e dei livelli di qualità individuati e
periodicamente aggiornati dall'AgID con proprie Linee guida tenuto anche conto dell'evoluzione
tecnologica» (art. 7, comma 1, del CAD).
79
L’art. 1, in particolare, definisce il “servizio in rete o on-line” come «qualsiasi servizio di una
amministrazione pubblica fruibile a distanza per via elettronica» (art. 1, comma 1, lett. n-quater,
CAD). L’ampia formulazione adottata dal legislatore, in linea con il principio della neutralità
tecnologica, consente di annoverare tra i servizi online ogni attività amministrativa tesa a fornire
delle utilità ai cittadini secondo modalità «a distanza» e «in forma elettronica».
80
Secondo la definizione presente nel Codice, introdotta in seguito alla riforma recata dal d. lgs. 26
agosto 2016, n. 179, per “identità digitale” si intende: «la rappresentazione informatica della
corrispondenza tra un utente e i suoi attributi identificativi, verificata attraverso l'insieme dei dati
raccolti e registrati in forma digitale secondo le modalità fissate nel decreto attuativo dell'articolo
64» (art. 1, comma 1, lett. n-quater, CAD).
81
Vedi nota n. 51
82
A. MASUCCI, Digitalizzazione dell’amministrazione e servizi pubblici on line. Lineamenti del
disegno normativo, in «Riv. dir. pubbl.», 1, 2019, p. 124.
83
Richiamando le disposizioni del Regolamento (UE) 910/2014 (eIDAS), il Codice definisce il
“domicilio digitale” come l’«indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica
certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato […] valido ai fini delle

27
amministrazioni.
La cittadinanza digitale si compone, poi, di una serie di diritti “derivati”
riguardanti aspetti collegati al procedimento e alle modalità di pagamento nei
confronti delle amministrazioni84, alle modalità di comunicazione tra cittadini e
pubbliche amministrazioni85 e tra queste ultime e le imprese86.
Completano il quadro dell’attuale Carta della cittadinanza digitale 87, infine,
alcuni ulteriori diritti ispirati ai principi di trasparenza, partecipazione e
collaborazione, tipici del modello di open government, come il diritto a servizi
online di qualità88 e il diritto alla partecipazione democratica elettronica (e-
democracy)89. L’utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione nel settore
pubblico, infatti, apre nuovi spazi di dialogo e permette di potenziare le relazioni
comunicazioni elettroniche aventi valore legale» (art. 1, comma 1, lett. n-ter, CAD).
84
Cfr. art. 5 del CAD, rubricato “Effettuazione di pagamenti con modalità informatiche”. Tutti gli
uffici pubblici e gli altri soggetti a cui si applica il CAD sono tenuti ad accettare, tramite una
piattaforma tecnologica, i pagamenti loro spettanti a qualsiasi titolo, attraverso sistemi di
pagamento elettronico, inclusi quelli basati sull’uso del credito telefonico in caso di
micropagamenti.
85
È il caso del domicilio digitale, il cui utilizzo è disciplinato dall’art. 6 (Utilizzo del domicilio
digitale), a cui si aggiunge la previsione dei pubblici elenchi contenenti gli indirizzi telematici,
quali l’indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e professionisti (INI-PEC, art. 6-bis),
l’indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi (IPA,
art. 6-ter) e l’indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli
altri enti di diritto privato, non tenuti all'iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel
registro delle imprese (INAD, art. 6-quater). A completamento del quadro normativo, l’art. 6-
quinquies, introdotto a seguito delle modifiche del d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, disciplina le
modalità di consultazione e accesso degli elenchi dei domicili digitali, prevedendo il libero di
accesso «senza necessità di autenticazione» e la loro realizzazione in formato aperto (art. 6-
quinquies, comma 1, CAD).
86
L’art. 5-bis, comma 1, in particolare, prevede che: «La presentazione di istanze, dichiarazioni,
dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le
amministrazioni pubbliche avviene esclusivamente utilizzando le tecnologie dell'informazione e
della comunicazione. Con le medesime modalità le amministrazioni pubbliche adottano e
comunicano atti e provvedimenti amministrativi nei confronti delle imprese».
87
Sebbene non siano incardinati all’interno della Carta della cittadinanza digitale, ai diritti digitali
si aggiungono anche il diritto alla protezione, alla disponibilità, all’accessibilità, all’integrità e alla
riservatezza dei dati, previsti dal capo V del Codice, intitolato «Dati delle pubbliche
amministrazioni identità digitali, istanze e servizi on-line» e nelle disposizioni normative ivi
richiamate.
88
Nello specifico, a stabilire tale diritto è l’art. 7, comma 3, del CAD, nella parte in cui prevede
che sia consentito «agli utenti di esprimere la soddisfazione rispetto alla qualità, anche in termini
di fruibilità, accessibilità e tempestività, del servizio reso all'utente stesso e pubblicano sui propri
siti i dati risultanti, ivi incluse le statistiche di utilizzo».
89
A tal fine, in particolare, l’art. 9 del CAD incoraggia l’uso delle nuove tecnologie da parte delle
amministrazioni «per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti
all'estero, al processo democratico e per facilitare l'esercizio dei diritti politici e civili e migliorare

28
bi-direzionali tra pubblica amministrazione e cittadino, coinvolgendo quest’ultimo
non solo nelle iniziative pubbliche, ma anche nell’elaborazione delle decisioni e
nella partecipazione attiva alla sfera pubblica, nella prospettiva di migliorare la
qualità delle politiche pubbliche, aumentare il livello di fiducia e rafforzare il
processo democratico.
Accanto alla previsione dei diritti digitali, tuttavia, occorre affiancare
l’adozione di concrete iniziative di trasformazione digitale della pubblica
amministrazione in grado di rendere effettivi tali diritti. Per ciascun diritto di
cittadinanza digitale, infatti, corrisponde un equivalente dovere da parte delle
istituzioni, tenute ad attivare i necessari strumenti per la realizzazione degli
obiettivi previsti in materia di digitalizzazione e per l’effettivo riconoscimento dei
diritti dei cittadini e delle imprese90.
Proprio nell’ottica di garantire effettività ai diritti dei cittadini e, allo stesso
tempo, trasportare le istituzioni e l’intero Paese verso la trasformazione digitale è
stata prevista, insieme ai ruoli strategici dell’Agenzia per l’Italia Digitale e del
Difensore civico per il digitale91, anche la figura del Responsabile della
Transizione Digitale. La sua centralità e importanza nel sistema di trasformazione
digitale della singola amministrazione emerge chiaramente proprio dall’ampia ed
la qualità dei propri atti, anche attraverso l'utilizzo […] di forme di consultazione preventiva per
via telematica sugli schemi di atto da adottare». Per maggiori approfondimenti, anche in merito
all’evoluzione storica della norma in commento e la sua qualificazione, inter alia, cfr. V. M.
PIETRANGELO, Le pubbliche amministrazioni sul web tra comunicazione, consultazione e
partecipazione, in L. FERRARA, D. SORACE (a cura di), A 150 anni dall’unificazione
amministrativa italiana. La tecnificazione, IV, 2016; B. PONTI, La promozione dell’eDemocracy,
in E. CARLONI (a cura di), Codice dell’Amministrazione digitale, Rimini, 2005, p. 114; F.
CARDARELLI, Amministrazione digitale…, cit., p. 260.
90
In caso di mancato rispetto delle norme in materia di digitalizzazione, oltre alle disposizioni, di
recente introduzione, previste dall’art. 18-bis, il Codice individua due tipologie di responsabilità:
quella dirigenziale (art. 21, d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165) e quella disciplinare (art. 21, d. lgs. 30
marzo 2001, n. 165). In particolare, l’art. 12, comma 1-ter, del CAD prevede che «I dirigenti
rispondono dell'osservanza ed attuazione delle disposizioni di cui al presente Codice ai sensi e nei
limiti degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le
eventuali responsabilità penali, civili e contabili previste dalle norme vigenti. L'attuazione delle
disposizioni del presente Codice è comunque rilevante ai fini della misurazione e valutazione della
performance organizzativa ed individuale dei dirigenti».
91
A tal proposito, è doveroso segnalare che l’Agenzia per l’Italia Digitale, con la recente
determinazione del 9 marzo 2022, n. 57/2022, ha approvato e disposto la pubblicazione della
Guida dei diritti di cittadinanza digitali, in attuazione dell’obbligo stabilito dall’art. 17, comma 1-
quinquies, del CAD. La Guida, redatta con un linguaggio semplice e chiaro, si pone l’obiettivo di
«informare il cittadino su strumenti e servizi disponibili e fornire una panoramica sulle norme che
regolano e tutelano tali diritti. La prima parte della Guida introduce il concetto della cittadinanza
digitale e offre una visione dei diritti, illustrandone i vantaggi nell’interazione con la Pubblica
Amministrazione. La seconda parte descrive più dettagliatamente i singoli diritti di cittadinanza
digitale e le modalità per tutelarli. Inoltre, presenta il lavoro svolto dal Difensore civico per il
digitale e i compiti istituzionali dei principali attori della governance del digitale in Italia».

29
eterogenea gamma di funzioni e compiti, previsti ed attribuiti dal Codice
dell’amministrazione digitale, di cui si darà conto nel prosieguo.
6 La centralità della figura del Responsabile per la Transizione Digitale
La trasformazione digitale della pubblica amministrazione, come si è detto più
volte, costituisce un processo di carattere organizzativo, procedimentale e
amministrativo che richiede necessariamente il coinvolgimento di ogni
articolazione della macchina pubblica. Sotto altro profilo, il processo di
digitalizzazione rappresenta il frutto delle sinergie di una pluralità di soggetti che,
seppur diversi nel ruolo, nella funzione e nell’organizzazione, sono chiamati a
partecipare alla realizzazione di progetti di trasformazione.
Osservando il fenomeno da una prospettiva diversa, si può notare come le
dinamiche della digitalizzazione nel settore pubblico assumano due distinte
dimensioni: la prima, di tipo orizzontale, da un punto di vista applicativo, vede il
coinvolgimento di tutte le amministrazioni dello Stato e si estende a tutti i soggetti
giuridici nei confronti dei quali trovano applicazione le disposizioni del Codice 92;
l’altra dimensione, invece, di tipo verticale, riguarda l’aspetto operativo e chiama
in causa le varie componenti della struttura di ciascuna pubblica amministrazione
(risorse umane, infrastrutture, e così via) che consentono, in generale, la gestione
delle attività interne (c.d. “back office”) e l’interazione con l’utente finale (c.d.
“front office”) 93. La trasformazione digitale, dunque, assume i connotati di un
92
L’art. 2, comma 2, del CAD prevede che le disposizioni del Codice si applicano: «a) alle
pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, nel rispetto del riparto di competenza di cui all’articolo 117 della Costituzione, ivi comprese
le autorità di sistema portuale, nonché alle autorità amministrative indipendenti di garanzia,
vigilanza e regolazione; b) ai gestori di servizi pubblici, ivi comprese le società quotate, in
relazione ai servizi di pubblico interesse; c) alle società a controllo pubblico, come definite nel
decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, escluse le società quotate di cui all’articolo 2, comma 1,
lettera p), del medesimo decreto che non rientrino nella categoria di cui alla lettera b)». Il
richiamato art. 1, comma 2, del d. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, a sua volta, stabilisce che «Per
amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli
istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni
dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e
loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici
non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio
sanitario nazionale l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
(ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione
organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto continuano ad
applicarsi anche al CONI.»
93
Con il termine “back office”, riferito alla pubblica amministrazione, si intende quella parte
dell’organizzazione che comprende tutte le attività proprie che contribuiscono alla sua gestione
operativa: dagli aspetti tecnici legati alla produzione e all’esercizio delle funzioni tipiche, alle
attività di gestione dell’organizzazione e dei procedimenti amministrativi. In altri termini, il back
office rappresenta tutto ciò che l’utente non vede ma che consente la realizzazione dei servizi

30
fenomeno assai articolato e complesso che richiede, allo stesso tempo, una visione
strategica delle azioni di cambiamento e una elevata capacità realizzativa dei
soggetti coinvolti, a tutti i livelli, in un approccio basato sulla governance
multilivello, che integra operativamente tutte le dimensioni.
Proprio in considerazione di quanto evidenziato, sotto il profilo normativo,
l’art. 17 del Codice, al primo comma, sancisce il dovere delle pubbliche
amministrazioni di garantire «l’attuazione delle linee strategiche per la
riorganizzazione e la digitalizzazione dell’amministrazione definite dal Governo
in coerenza con le Linee guida». Allo scopo di facilitare il processo di
digitalizzazione, nello stesso articolo, a partire dalla riforma recata dal d. lgs. 26
agosto 2016, n. 179, si prevede che ciascuna pubblica amministrazione sia tenuta
ad affidare ad un unico ufficio dirigenziale, fermo restando il numero complessivo
degli uffici, la «transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti
processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di un’amministrazione
digitale e aperta, di servizi facilmente utilizzabili e di qualità, attraverso una
maggiore efficienza ed economicità»94. Il responsabile di tale ufficio,
formalmente, assume le funzioni di Responsabile per la Transizione Digitale (di
seguito anche “Responsabile” o “RTD”) 95. Allo scopo di agevolare gli Enti di
piccole dimensioni, con la stessa riforma, inoltre, è stata prevista la possibilità, per
le amministrazioni diverse dalle amministrazioni dello Stato, di individuare la
figura del Responsabile tra le proprie posizioni apicali 96 e di esercitare le predette

digitali a lui destinati. Al contrario, invece, il termine “front office” riguarda tutti i canali di
erogazione dei servizi della pubblica amministrazione, ivi compresi quelli digitali erogati online.
94
Giova precisare che, nella versione originale del testo, l’art. 17 stabiliva, per le sole pubbliche
amministrazioni centrali, l’obbligo di individuare un «centro di competenza» per l’espletamento di
alcune funzioni tese a garantire «l'attuazione delle linee strategiche per la riorganizzazione e
digitalizzazione dell'amministrazione definite dal Governo». In seguito, con la riforma del d. lgs.
30 dicembre 2010, n. 235, è stato previsto, sempre per le amministrazioni centrali, l’obbligo di
individuare un «unico ufficio dirigenziale generale […] responsabile del coordinamento
funzionale». Soltanto in seguito alle modifiche introdotte dal d. lgs. 26 agosto 2016, n. 179, poi
integrate con il d. lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, viene definitivamente esteso l’ambito di
applicazione a tutte le pubbliche amministrazioni, e introdotto l’obbligo di affidare «a un unico
ufficio dirigenziale generale […] la transizione alla modalità operativa digitale e i conseguenti
processi di riorganizzazione […]» e, conseguentemente, l’individuazione del Responsabile per la
Transizione al Digitale.
95
L’introduzione della figura del Responsabile per la Transizione Digitale, in particolare, come si
evince dalla delega prevista dall’art. 1, comma 1, lett. n, della l. 7 agosto 2015, n. 124 (Legge
Madia), nasce dall’esigenza di «ridefinire le competenze dell’ufficio dirigenziale di cui all'articolo
17, comma 1, del CAD, con la previsione della possibilità di collocazione alle dirette dipendenze
dell'organo politico di vertice di un responsabile individuato nell'ambito dell'attuale dotazione
organica di fatto del medesimo ufficio, dotato di adeguate competenze tecnologiche e manageriali,
per la transizione alla modalità operativa digitale e dei conseguenti processi di riorganizzazione
finalizzati alla realizzazione di un'amministrazione digitale e aperta, di servizi facilmente
utilizzabili e di qualità, attraverso una maggiore efficienza ed economicità».
96
Cfr. art. 17, comma 1-sexies, del CAD.

31
funzioni in forma associata97.
In termini generali, in ragione dei compiti e delle funzioni ad essa attribuite, la
figura del Responsabile ricopre un ruolo preminente nell’attuazione delle
iniziative dell’amministrazione legate al digitale, con particolare attenzione non
solo agli aspetti tecnologici ma anche, e soprattutto, alle conseguenti necessità e
trasformazioni di natura organizzativa. Da una lettura complessiva dell’impianto
normativo in materia di digitalizzazione, inoltre, si evince come la funzione
primaria del Responsabile per la Transizione Digitale sia quella di stimolare e
guidare l’Ente di appartenenza ne «l’attuazione delle linee strategiche per la
riorganizzazione e la digitalizzazione dell’amministrazione» (art. 17, comma 1),
in coerenza con le disposizioni normative previste dal Codice
dell’amministrazione digitale e dalle Linee Guida (art. 71) e in considerazione
delle pianificazioni strategiche e programmazioni definite dall’Agenzia per l’Italia
Digitale all’interno dei Piani Triennali per l’informatica nella pubblica
amministrazione, approvati dal Governo98.
Dal punto di vista operativo, in particolare, il Piano Triennale rappresenta uno
strumento essenziale per la promozione della trasformazione digitale
dell’amministrazione italiana e del Paese e, conseguentemente, costituisce un
documento di assoluta rilevanza per l’attività del Responsabile per la Transizione
Digitale99. Nel Piano, infatti, sono comprese le declinazioni operative e tecniche
delle linee strategiche e d’azione necessarie per lo sviluppo della transizione
digitale, in coerenza con le linee programmatiche definite sia in ambito nazionale
che europeo. Inoltre, trattandosi di un documento la cui approvazione, da parte di
AgID, avviene con cadenza annuale100, le indicazioni contenute sono aggiornate
rispetto agli sviluppi più recenti, non solo dal punto di vista tecnologico ma anche
sotto il profilo dell’evoluzione normativa. Tale aspetto, in particolare, è di non
poco conto, considerata la rapidità dell’evoluzione delle nuove tecnologie e le
numerose vicende modificative che interessano la normativa in materia101.
97
Cfr. art. 17, comma 1-septies, del CAD.
98
Cfr. art. 16, primo comma, lett. b, del CAD.
99
Ciò si evince, in particolare, dall’art. 17, primo comma, lett. j-bis, del CAD il quale stabilisce
che, nella pianificazione e nel coordinamento degli acquisti di soluzioni e sistemi informatici,
telematici e di telecomunicazione, il Responsabile debba considerare quanto previsto dagli
obiettivi «stabiliti nel piano triennale di cui all'articolo 16, comma 1, lettera b).»
100
Cfr. art. 14, comma 2, lett. b, del CAD.
101
Tutti i Piani Triennali, sino ad oggi approvati, si pongono in linea di continuità rispetto al
precedente. In particolare, la prima edizione (2017-2019), si caratterizza per aver avviato il
percorso di evoluzione della PA e per aver impostato le basi della strategia da parte delle
amministrazioni, attraverso l’introduzione di un modello strategico. La seconda edizione (2019-
2021), invece, ha impostato più nel dettaglio il modello strategico con riferimento ai singoli ambiti
di digitalizzazione. Il Piano Triennale 2020-2022, in coerenza con i precedenti, ha focalizzato
maggiormente l’attenzione sull’adozione di azioni specifiche da parte delle amministrazioni e, per
garantire maggiore efficienza, ha introdotto anche un approccio orientato alla misurazione dei
risultati. L’ultimo Piano approvato (2021-2023), infine, consolida l’attenzione sulla realizzazione
delle azioni previste e sul monitoraggio dei risultati e, in aggiunta rispetto ai precedenti Piani,

32
I contenuti del Piano Triennale, inoltre, sono destinati sia al livello decisionale
delle amministrazioni – per adeguare la pianificazione delle attività alla strategia
nazionale – sia al livello operativo, per realizzare la progettazione di dettaglio
delle soluzioni da implementare. Sotto questo profilo, dunque, il primo
destinatario del Piano è proprio il Responsabile per la Transizione Digitale il
quale, attraverso l’ufficio che è chiamato a dirigere, assume una funzione di
supporto nella pianificazione e nella applicazione della strategia di trasformazione
digitale dell’Ente102.
6.1 Compiti, funzioni e competenze
Volgendo uno sguardo alle funzioni attribuite alla figura del Responsabile,
l’art. 17 del CAD individua una serie di compiti, di diversa natura, la cui
eterogeneità riflette, a tutti gli effetti, la complessità degli obiettivi sottesi alla
introduce importanti elementi di novità connessi alle più recenti evoluzioni determinate dal Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e alla vigilanza sugli obblighi di trasformazione digitale
(cfr. art. 18-bis, CAD).
102
In termini generali, la strategia della trasformazione digitale della pubblica amministrazione,
contenuta nei Piani Triennali, si ispira ad una serie di principi generali di derivazione europea, in
riferimento ai quali tutti gli Stati membri si sono impegnati a conformare le proprie politiche
interne. Ne consegue, dunque, che i medesimi principi devono caratterizzare e ispirare anche
l’operato del Responsabile per la Transizione Digitale. Si tratta, nello specifico, dei seguenti
principi: i) “digital & mobile first” (digitale e mobile come prima opzione): le pubbliche
amministrazioni devono realizzare servizi primariamente digitali; ii) “digital identity only”
(accesso esclusivo mediante identità digitale): le pubbliche amministrazioni devono adottare in via
esclusiva sistemi di identità digitale definiti dalla normativa; iii) “cloud first” (cloud come prima
opzione): le pubbliche amministrazioni, in fase di definizione di un nuovo progetto e di sviluppo di
nuovi servizi, adottano primariamente il paradigma cloud, tenendo conto della necessità di
prevenire il rischio di lock-in; iv) “servizi inclusivi e accessibili”: le pubbliche amministrazioni
devono progettare servizi pubblici digitali che siano inclusivi e che vengano incontro alle diverse
esigenze delle persone e dei singoli territori; v) “dati pubblici un bene comune”: il patrimonio
informativo della pubblica amministrazione è un bene fondamentale per lo sviluppo del Paese e
deve essere valorizzato e reso disponibile ai cittadini e alle imprese, in forma aperta e
interoperabile; vi) “interoperabile by design”: i servizi pubblici devono essere progettati in modo
da funzionare in modalità integrata e senza interruzioni in tutto il mercato unico esponendo le
opportune API; vii) “sicurezza e privacy by design”: i servizi digitali devono essere progettati ed
erogati in modo sicuro e garantire la protezione dei dati personali; viii) “user-centric, data driven e
agile”: le amministrazioni sviluppano i servizi digitali, prevedendo modalità agili di
miglioramento continuo, partendo dall’esperienza dell’utente e basandosi sulla continua
misurazione di prestazioni e utilizzo; ix) “once only”: le pubbliche amministrazioni devono evitare
di chiedere ai cittadini e alle imprese informazioni già fornite; x) “transfrontaliero by design”
(concepito come transfrontaliero): le pubbliche amministrazioni devono rendere disponibili a
livello transfrontaliero i servizi pubblici digitali rilevanti; xi) “codice aperto”: le pubbliche
amministrazioni devono prediligere l’utilizzo di software con codice aperto e, nel caso di software
sviluppato per loro conto, deve essere reso disponibile il codice sorgente (cfr. AGENZIA PER
L’ITALIA DIGITALE, Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione,
aggiornamento 2021-2023, p. 5).

33
transizione digitale in ambito pubblico. Proprio in considerazione di quanto
appena rilevato, inoltre, lo stesso legislatore ha previsto che la figura incaricata di
svolgere le funzioni di Responsabile debba essere dotata di «adeguate competenze
tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali» 103, evidenziando, ancora una
volta, l’importanza dello sviluppo delle competenze e della formazione quale leva
per l’innovazione organizzativa del settore pubblico.
Ciò premesso, nella sua trasversalità, il ruolo del Responsabile si esplica in due
fondamentali categorie di funzioni: da una parte, quelle prevalentemente rivolte
agli aspetti di natura organizzativa dell’Ente; dall’altra, quelle maggiormente
orientate alla tutela dei diritti di cittadinanza digitale.
Partendo dalla prima tipologia, all’ufficio per la transizione al digitale e al suo
Responsabile sono attribuite alcune funzioni di fondamentale importanza,
riguardanti alcune infrastrutture vitali per assicurare non solo la gestione operativa
interna dei servizi digitali, ma anche l’interazione con il cittadino. Si tratta, nello
specifico, dei compiti connessi all’indirizzo, al coordinamento e al monitoraggio
dello sviluppo e della pianificazione dei sistemi informativi di telecomunicazione
e fonia, nonché dello sviluppo dei servizi, sia interni che esterni, forniti dagli
stessi sistemi informativi104.
Sullo stesso versante organizzativo, al Responsabile è assegnato un ruolo
preminente nella progettazione e nel coordinamento delle iniziative finalizzate
all’erogazione dei servizi in rete a cittadini e imprese, mediante gli strumenti della
cooperazione applicativa105, volti ad assicurare lo scambio informativo tra
pubbliche amministrazioni. Nell’ambito di tale compito, in particolare, spetta al
Responsabile curare la predisposizione e l’attuazione di accordi di servizio tra
amministrazioni per la realizzazione e compartecipazione dei sistemi informativi
cooperativi106.
Il Responsabile per la Transizione Digitale, inoltre, rappresenta la figura
principale di riferimento per la sicurezza informatica dell’Ente. Al Responsabile,
in particolare, pur non essendo attribuiti compiti specifici di natura tecnico-
operativa, sono assegnate le funzioni rilevanti di indirizzo, pianificazione,
103
Cfr. art. 17, comma 1-ter, del CAD.
104
Il riferimento, in particolare, è ai compiti definiti dall’art. 17, primo comma, lett. a, b e g, del
CAD.
105
La cooperazione applicativa rappresenta un fattore essenziale per dare concreta attuazione al
c.d. principio “once only” e si sostanzia nella capacità dei sistemi informatici di garantire
l’integrazione dei metadati, delle informazioni, dei processi e procedimenti amministrativi (art. 1,
primo comma, lett. ee, del CAD). Dal punto di vista strutturale, la cooperazione applicativa si
inserisce all’interno del c.d. Sistema Pubblico di Connettività e Cooperazione (SPC), quale
insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche che assicura l’interoperabilità tra i
sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni, permette il coordinamento informativo e
informatico dei dati tra le amministrazioni centrali, regionali e locali e tra queste e i sistemi
dell'Unione europea, aperto all’adesione da parte dei gestori di servizi pubblici e dei soggetti
privati.
106
Cfr. art. 17, primo comma, lett. h, del CAD.

34
coordinamento e monitoraggio della sicurezza informatica con riferimento ai dati,
ai sistemi e alle infrastrutture, anche in relazione al sistema pubblico di
connettività107.
Per garantire la concreta riorganizzazione dell’Ente, secondo il paradigma della
digitalizzazione, si rende necessario, inoltre, curare ogni aspetto relativo alle
componenti abilitanti, indispensabili per il funzionamento della macchina
pubblica digitale. Per queste ragioni, al Responsabile sono affidati, altresì, compiti
di pianificazione e coordinamento del processo di diffusione, all’interno
dell’amministrazione, di tutti gli strumenti necessari per garantire il ciclo di vita
del documento informatico (dalla sua corretta formazione, alla sottoscrizione
elettronica, gestione informatica e conservazione) nonché la fruizione dei servizi
online, anche attraverso le app e i dispositivi mobili108.
Passando all’altra categoria di compiti, ovverosia quelli che più direttamente
riguardano i diritti di cittadinanza digitale, al Responsabile per la Transizione
Digitale è attribuito un ruolo chiave in materia di accesso dei soggetti disabili agli
strumenti informatici e nella promozione dell’accessibilità, anche in attuazione di
quanto previsto dalla l. 9 gennaio 2004, n. 4 109. Inoltre, sempre nel più ampio
quadro dei diritti di cittadinanza digitale, al Responsabile sono affidate ulteriori
funzioni in relazione al miglioramento della soddisfazione dell’utenza e
finalizzate garantire l’erogazione di servizi online di qualità. In quest’ottica, in
particolare, anche allo scopo di ridurre i tempi e i costi dell’azione amministrativa,
spetta al Responsabile effettuare un’analisi periodica della coerenza tra
l’organizzazione dell’amministrazione e l’utilizzo delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, promuovendo, se del caso, una
revisione della riorganizzazione dell’amministrazione stessa110.
Chiudono questa breve rassegna altre due funzioni di carattere generale. In
relazione alla prima, spetta al Responsabile garantire la promozione di tutte le
opportune iniziative volte a trasferire, all’interno dell’Ente, le direttive strategiche
nazionali impartite dagli organi preposti 111. Con riferimento alla seconda funzione,
invece, al Responsabile è affidata la pianificazione e il coordinamento degli
acquisti di soluzioni e sistemi informatici, telematici e di telecomunicazione,
essenziali per dare concreta attuazione a tutti gli oneri di digitalizzazione dell’Ente
e, allo stesso tempo, garantire effettività alle funzioni dell’ufficio per la

107
Cfr. art. 17, primo comma, lett. c, del CAD.
108
A tal proposito, l’art. 17, primo comma, lett. j, del CAD, definisce il compito di:
«pianificazione e coordinamento del processo di diffusione, all'interno dell'amministrazione, dei
sistemi di identità e domicilio digitale, posta elettronica, protocollo informatico, firma digitale o
firma elettronica qualificata e mandato informatico, e delle norme in materia di accessibilità e
fruibilità nonché del processo di integrazione e interoperabilità tra i sistemi e servizi
dell'amministrazione e quello di cui all'articolo 64-bis».
109
Cfr. art. 17, primo comma, lett. d, del CAD.
110
Cfr. art. 17, primo comma, lett. e e f, del CAD.
111
Cfr. art. 17, primo comma, lett. i, del CAD.

35
transizione digitale112.
6.2 Le dimensioni operative della trasformazione digitale e i rapporti con
le altre figure chiave
Nella definizione delle funzioni tipiche del Responsabile per la Transizione
Digitale, l’art. 17 del Codice formula un’ampia elencazione dei compiti ad esso
affidati, limitandosi a descriverne gli ambiti specifici di competenza senza, però,
definirne gli aspetti di natura più strettamente operativa e organizzativa 113. A ben
vedere, nel suo complesso, l’impianto normativo in materia di digitalizzazione
della pubblica amministrazione, ivi comprese le regole tecniche presenti nelle
Linee guida attuative del Codice e le linee strategiche definite nei Piani Triennali,
spesso si limitano ad individuare adempimenti specifici, oppure obiettivi e
principi generali. Da questo punto di vista, dunque, spetta alle singole
amministrazioni individuare e adottare autonomamente e proattivamente ogni
iniziativa tesa ad assicurare il raggiungimento degli obiettivi di digitalizzazione
definiti dalla normativa, ivi compresa la progettazione e la pianificazione delle più
opportune modalità organizzative per garantire la piena operatività dell’ufficio e
del Responsabile per la Transizione Digitale. Si tratta, a tutti gli effetti, di una
particolare forma di responsabilizzazione (c.d. “accountability”) che dovrebbe
caratterizzare, ogni volta, l’approccio delle amministrazioni nella definizione delle
politiche di digitalizzazione114.
In tale ottica, assume notevole rilevanza quanto stabilito dalla Circolare n. 3 del
1° ottobre 2018, a firma del Ministro per la pubblica amministrazione. Al suo
interno, infatti, sono stati definiti alcuni aspetti determinanti per il corretto
inquadramento del Responsabile e dell’ufficio che è chiamato a dirigere, anche al
fine di scongiurare il rischio che l’istituzione di tale figura sia considerata dalle
amministrazioni soltanto come un mero e ulteriore adempimento burocratico. In
particolare, nel citato provvedimento si raccomanda l’individuazione, nell’atto
organizzativo interno di conferimento dell’incarico o di nomina, di una serie di
compiti e poteri, di evidente matrice operativa, ulteriori rispetto a quelli
112
Cfr. art. 17, primo comma, lett. j-bis, del CAD.
113
Sotto il profilo organizzativo, l’art. 17 del CAD introduce alcuni criteri di inquadramento
gerarchico, stabilendo che il Responsabile «risponde, con riferimento ai compiti relativi alla
transizione, alla modalità digitale direttamente all’organo di vertice politico» (cfr. art. 17, comma
1-ter, del CAD). Inoltre, sempre lo stesso articolo, precisa che «in assenza del vertice politico, il
responsabile dell’ufficio per il digitale […] risponde direttamente a quello amministrativo
dell’ente» (cfr. art. 17, comma 1-sexies, del CAD).
114
Il concetto di responsabilizzazione (o “accountability”) non è nuovo nel panorama normativo
nazionale ed europeo. Il concetto, affermatosi anche nell’ambito della disciplina in materia di
protezione dei dati personali, in particolare, definisce una specifica modalità di approccio,
innovativa rispetto al passato, in base alla quale i destinatari di specifici obblighi e adempimenti
sono chiamati ad adottare comportamenti proattivi e tali da dimostrare la concreta adozione di
misure finalizzate ad assicurare il rispetto delle disposizioni normative di riferimento. Un
approccio analogo è quello oggi previsto per l’attuazione delle disposizioni in materia di
digitalizzazione, da parte delle pubbliche amministrazioni.

36
espressamente previsti dall’art. 17 del Codice. L’analisi di tali funzioni aggiuntive
completa ed evidenzia ancora di più, l’importanza e la centralità della figura del
Responsabile per la Transizione Digitale.
Tra i compiti individuati nella circolare, il primo riguarda il potere di costituire
tavoli di coordinamento con gli altri dirigenti dell’amministrazione o, se del caso,
anche con referenti nominati da questi ultimi. Le funzioni, individuate dall’art. 17
del Codice, esercitate dal Responsabile per la Transizione Digitale, infatti,
coinvolgono indubbiamente diversi settori dell’Ente e, dunque, allo scopo di
garantire maggiore efficienza operativa, diviene indispensabile poter dialogare
facilmente con le figure di riferimento interne, attraverso la convocazione di
riunioni o incontri periodici.
Un’altra prerogativa, sempre correlata all’ampio spettro di funzioni del
Responsabile, riguarda il potere di costituire gruppi tematici finalizzati ad
esaminare e avviare singole attività (ad esempio, l’implementazione delle identità
digitali SPID o l’attivazione dei pagamenti telematici), oppure per la gestione di
specifici adempimenti (come quelli relativi, ad esempio, alla gestione
documentale, all’accessibilità, alla sicurezza, e così via) e per ogni altra iniziativa
riguardante le più svariate componenti abilitanti della trasformazione digitale.
L’opera di “traghettatore” dell’Ente nella trasformazione digitale, inoltre, non
può essere svolta senza il concreto coinvolgimento degli organi di vertice e di
ogni altra articolazione dell’amministrazione, in varia misura competente per
l’adozione di iniziative funzionali alla digitalizzazione (ad esempio, l’acquisto di
beni e servizi ICT). Per queste ragioni, nella circolare ministeriale viene
evidenziata, altresì, l’importanza di riconoscere al Responsabile la possibilità di
proporre l’adozione di circolari o atti di indirizzo sulle materie di propria
competenza.
La figura del Responsabile per la Transizione Digitale non è l’unica coinvolta
nel processo di trasformazione digitale della pubblica amministrazione. La
digitalizzazione, infatti, come sin qui ampiamente dimostrato, si manifesta come
un fenomeno pervasivo che investe ogni aspetto della vita di una pubblica
amministrazione. Per queste ragioni, nell’ambito del sistema di governance della
trasformazione digitale, assumono rilevanza anche le varie figure alle quali il
legislatore ha affidato compiti e funzioni di governo, in relazione a settori
interconnessi fra loro e strettamente collegati alla digitalizzazione, tra cui anche la
trasparenza e la protezione dei dati personali.
Si tratta, in particolare, dei ruoli del Responsabile della gestione

37
documentale115, del Responsabile della conservazione documentale116, del
Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza 117 e, infine,
del Responsabile per la protezione dei dati personali 118. Proprio in considerazione
di quanto appena affermato, al fine di favorire l’adozione di iniziative condivise e,
soprattutto, in linea con le disposizioni normative di settore, che in varia misura
sono coinvolte dalla natura degli adempimenti richiesti nel processo di
digitalizzazione, la circolare ministeriale raccomanda di prevedere ogni opportuno
strumento di raccordo e consultazione del Responsabile per la Transizione
Digitale con le suddette figure chiave. Ciò si potrebbe tradurre, ad esempio,
nell’inclusione delle stesse all’interno dell’organico dell’Ufficio per la transizione
al digitale, ovvero nella previsione di meccanismi di dialogo, confronto e
consultazione periodica, sulla base di tematiche o adempimenti prestabiliti.
115
Le Linee guida sul documento informatico, nell’allegato 1, definiscono il Responsabile della
gestione documentale come il «soggetto responsabile della gestione del sistema documentale o
responsabile del servizio per la tenuta del protocollo informatico, della gestione dei flussi
documentali e degli archivi, ai sensi dell’articolo 61 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445». Le
stesse Linee guida, inoltre, in attuazione di quanto previsto dall’art. 44, comma 1-bis, del CAD,
evidenziano come nella predisposizione del manuale di gestione documentale «relativo alla
formazione, alla gestione, alla trasmissione, all’interscambio, all’accesso ai documenti informatici
nel rispetto della normativa in materia di trattamenti dei dati personali ed in coerenza con quanto
previsto nel manuale di conservazione», il Responsabile della gestione documentale dovrebbe
operare d’intesa con il Responsabile della conservazione, il Responsabile per la transizione
digitale, previo parere anche del Responsabile della protezione dei dati personali (Cfr. AGENZIA
PER L’ITALIA DIGITALE, Linee Guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti
informatici, ed. maggio 2021, p. 24 e s.).
116
Secondo la definizione contenuta nell’allegato 1 delle Linee Guida sulla formazione, gestione e
conservazione dei documenti informatici, il Responsabile della conservazione documentale
«definisce e attua le politiche complessive del sistema di conservazione e ne governa la gestione
con piena responsabilità ed autonomia». Le stesse Linee guida, inoltre, definiscono il sistema di
conservazione come l’«insieme di regole, procedure e tecnologie che assicurano la conservazione
dei documenti informatici». Come per le altre figure, l’art. 44, comma 1-quater, del CAD, prevede
che il Responsabile della conservazione operi d’intesa con il Responsabile della gestione
documentale, il Responsabile per la transizione digitale e il Responsabile della protezione dei dati
personali. Per maggiori dettagli sui compiti e sulle funzioni del Responsabile della conservazione
documentale, si veda il capitolo 4 delle Linee Guida sulla formazione, gestione e conservazione
dei documenti informatici, dedicato alla “Conservazione”.
117
La figura del Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) è
stata istituita dalla l. 6 novembre 2012, n. 190 nella quale si prevede, in particolare, che ogni
amministrazione approvi un Piano triennale della Prevenzione della Corruzione che valuti il livello
di esposizione degli uffici al rischio e indichi gli interventi organizzativi necessari per mitigarlo.
La predisposizione e la verifica dell’attuazione di detto Piano sono attribuite al Responsabile della
prevenzione della corruzione e della trasparenza. L’art. 43, d. lgs. 14 marzo 2013, n. 33, inoltre,
assegna a tale figura, di norma, anche le funzioni di Responsabile per la trasparenza, attribuendo a
tale soggetto «un’attività di controllo sull’adempimento da parte dell’amministrazione degli
obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la
chiarezza e l’aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all’organo di

38
Le competenze del Responsabile, infine, dovrebbero comprendere anche la
predisposizione di una relazione annuale sull’attività svolta dall’Ufficio, da
trasmettere al vertice politico o amministrativo, e la stesura del Piano triennale per
l’informatica della singola amministrazione, nelle forme e secondo le modalità
definite dall’Agenzia per l’Italia Digitale119. In entrambi i casi, si tratta di
adempimenti operativi di natura documentale, in linea con quel principio di
accountability che dovrebbe caratterizzare l’approccio dell’Ente e del
Responsabile per la Transizione Digitale, nella gestione delle iniziative in materia
di digitalizzazione.
La relazione annuale, in particolare, rappresenta un momento importante nel
rapporto con il vertice politico dell’amministrazione e assume rilevanza sotto un
duplice aspetto: da una parte, consente al vertice di conoscere le attività svolte dal
Responsabile e verificarne la congruità rispetto alle previsioni normative;
dall’altra, rappresenta un modo, per il Responsabile, di documentare le attività
svolte e dimostrare la correttezza del suo operato, anche in ragione delle
responsabilità e delle conseguenze, previste dal Codice, in caso di violazione degli
obblighi di digitalizzazione.
La predisposizione del Piano triennale per l’informatica della singola
amministrazione, invece, si traduce nella stesura, e successiva approvazione, di un
documento nel quale sono riportate le azioni e gli obiettivi, in coerenza con quelli
tracciati nel Piano Triennale definito da AgID, adattati, nella forma e nella
sostanza, alle esigenze del singolo Ente120. Per assolvere concretamente alle
indirizzo politico, all’Organismo indipendente di valutazione (OIV), all’Autorità nazionale
anticorruzione e, nei casi più gravi, all’ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato
adempimento degli obblighi di pubblicazione».
118
Il Responsabile per la protezione dei dati (RPD) è una figura, disciplinata dal Regolamento
(UE) 679/2016 (Regolamento generale sulla protezione dei dati), la cui nomina per le pubbliche
amministrazioni è obbligatoria (cfr. art. 37, par. 1, lett. a, Regolamento (UE) 679/2016). In
particolare, tra le funzioni più rilevanti, al RPD è affidato, da una parte, il compito di informare e
fornire consulenza all’amministrazione in merito agli obblighi derivanti dal Regolamento nonché
da altre disposizioni normative relative alla protezione dei dati personali; dall’altra, invece, spetta
al RPD sorvegliare l’osservanza del Regolamento, delle altre disposizioni in materia di protezione
dei dati personali, nonché le politiche dell’amministrazione a tutela dei dati personali, compresi
l'attribuzione delle responsabilità, la sensibilizzazione e la formazione del personale (cfr. art. 39,
Regolamento (UE) 679/2016). Per maggiori approfondimenti, è possibile consultare le Linee
guida sui responsabili della protezione dei dati, adottate il 13 dicembre 2016 (versione emendata e
adottata in data 5 aprile 2017) dal Gruppo di Lavoro Articolo 29 (WP243, rev.01).
119
A tal proposito, in data 10 febbraio 2022, l’Agenzia per l’Italia Digitale ha reso noto di aver
messo a disposizione un modello standard per facilitare la redazione del Piano Triennale per
l’informatica da parte delle amministrazioni, denominato “Format PT”, che sarà adottato in via
definitiva entro la fine dell’anno.
120
In questa sede, va ricordato che il Piano Triennale per l’informatica nella pubblica
amministrazione, predisposto ogni anno da parte di AgID, non contiene un set di istruzioni
complete, specifiche ed eterne, tantomeno una pianificazione degli investimenti dettagliata per
ogni singolo caso di trasformazione digitale dei servizi delle amministrazioni. Per queste ragioni,

39
predette funzioni, il documento dovrebbe riportare, in apertura, almeno le seguenti
indicazioni: una descrizione della struttura dell’Amministrazione e del contesto
normativo ed organizzativo di riferimento sulle tematiche di digitalizzazione; una
descrizione dell’organizzazione dell’ufficio del Responsabile per la Transizione
Digitale dell’Ente, specificando il contesto organizzativo in cui si colloca tale
figura e il suo team, evidenziando anche le attività e le responsabilità; una
descrizione delle strategie attuative per il raggiungimento degli obiettivi di breve e
lungo periodo, utilizzando strumenti di self-assessment e sintetizzando anche il
percorso di trasformazione digitale che l’Ente ha intrapreso a livello di iniziative e
progetti realizzati; gli obiettivi generali dell’Amministrazione in tema di
digitalizzazione per il periodo di riferimento; e, infine, i volumi della spesa
complessiva prevista per ogni annualità. Il corpo centrale del documento, invece,
dovrebbe suddividersi in capitoli dedicati alle componenti tecnologiche, in
coerenza con il “modello strategico” elaborato dall’Agenzia per l’Italia Digitale 121,
nonché agli altri aspetti progettuali di interesse per l’Amministrazione. Ciascun
capitolo, inoltre, dovrebbe prevedere una descrizione del contesto normativo e
strategico di riferimento, degli obiettivi di ogni componente tecnologica (sulla
base di quanto previsto dal Piano Triennale di AgID) e, infine, un set di indicatori
per verificare lo stato di avanzamento e monitorare i risultati. A chiusura del
Piano Triennale della singola amministrazione, infine, dovrebbe essere riportata,
quantomeno, una sezione dedicata alla governance del Piano122, nella quale
riportare i soggetti coinvolti, le modalità di interazione, gli strumenti e gli
interventi per il coinvolgimento del territorio e, da ultimo, le modalità di
governance per la gestione e il monitoraggio dello sviluppo delle linee d’azione,
adottate dal Responsabile123.
ciascuna amministrazione deve necessariamente ricorrere alla predisposizione di un proprio Piano
Triennale per l’informatica, da aggiornare periodicamente.
121
Il Modello strategico, alla base delle iniziative e dei progetti di trasformazione digitale, è stato
delineato, per la prima volta, nel Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica
Amministrazione, ed. 20172019. Nella sua più recente rappresentazione grafica, il Modello
strategico si compone di due livelli trasversali (l’interoperabilità e la sicurezza dei sistemi
informativi) e quattro livelli verticali (servizi, dati, piattaforme ed infrastrutture).
122
Le iniziative di governance dovrebbero focalizzarsi su diversi ambiti, tra cui: i) il monitoraggio
dello stato di attuazione delle iniziative proposte nel Piano Triennale AgID di riferimento; ii) il
rafforzamento delle competenze, attraverso iniziative formative per la valutazione e la
valorizzazione delle competenze digitali dei dipendenti dell’Ente; iii) il rafforzamento della
cooperazione e dei servizi verso e per i cittadini e le imprese attraverso tecnologie digitali. Allo
stesso tempo, il sistema di governance deve puntare alla realizzazione dei seguenti obiettivi: i)
rafforzare il ruolo del Responsabile per la transizione digitale, attraverso un sistema condiviso di
obiettivi e di indicatori di performance; ii) agevolare la rappresentazione dell’avanzamento ed
eventuali criticità, al fine di ottenere una visione di insieme e permettere all’Ente di verificare i
dati; iii) individuare strumenti per lo sviluppo di capitale umano, tecnologie e servizi orientati a
conseguire una maggiore efficienza dei processi organizzativi.
123
Per maggiori approfondimenti sui contenuti del Piano Triennale della singola amministrazione,
si veda il documento, elaborato da AgID, recante Guida per la redazione format del piano
triennale per le pubbliche amministrazioni. Indicazioni operative e note per la redazione,

40
A conclusione di questa breve trattazione, riportando l’attenzione sugli aspetti
generali relativi alla digitalizzazione nel settore pubblico, si è detto che le
dinamiche, tipiche di quest’ultimo, si sviluppano lungo due linee direttrici: la
prima è quella che investe tutte le amministrazioni dello Stato e gli altri soggetti
giuridici obbligati a digitalizzarsi (dimensione orizzontale), la seconda, invece,
riguarda le articolazioni interne dell’amministrazione (dimensione verticale). Alla
luce delle considerazioni svolte in ordine alle funzioni attribuite al Responsabile
per la Transizione Digitale, anche nelle dinamiche operative tipiche di questa
figura si possono individuare, analogamente al fenomeno della digitalizzazione e
in modo piuttosto emblematico, due distinte dimensioni: una rivolta verso
l’esterno (di tipo orizzontale), l’altra verso l’interno dell’amministrazione (di tipo
verticale). Da una parte, infatti, il Responsabile svolge un ruolo di “punto di
contatto” verso l’esterno, relazionandosi e confrontandosi con vari soggetti, tra cui
l’Agenzia per l’Italia Digitale, in particolare per le attività di attuazione del Piano
Triennale per l’informatica; l’Ufficio del Difensore civico per il digitale,
relativamente alle segnalazioni di cui sarà eventualmente destinatario l’Ente; le
altre pubbliche amministrazioni, società partecipate e concessionari di servizi
pubblici, con specifico riguardo all’interoperabilità e all’integrazione di sistemi e
servizi; e, infine, cittadini, imprese e altri stakeholders, rispetto ai servizi online e
agli altri temi di sua competenza. Dall’altra, invece, il Responsabile assume le
vesti di polo aggregatore e “punto di contatto” interno dell’amministrazione, nella
misura in cui, nell’espletamento delle sue funzioni, come è stato evidenziato, si
rende opportuno coinvolgere ogni articolazione dell’amministrazione e tutte le
varie figure chiave, rilevanti nella governance della trasformazione digitale.
7. Riflessioni conclusive: stato dell’arte, criticità e futuro della
transizione digitale
Lo sviluppo digitale delle amministrazioni pubbliche nel nostro Paese,
nonostante i buoni propositi e i notevoli sforzi degli ultimi anni, sconta ancora un
significativo e preoccupante ritardo. Questo è il risultato che emerge dall’ultima
Relazione nazionale sull’Italia per il 2021 relativa all’Indice di digitalizzazione
dell’economia e della società (Digital Economy and Society Index, DESI) 124, che
misura i progressi compiuti a livello europeo nel settore digitale e aiuta gli Stati
membri a individuare settori di intervento prioritari.
Tra le quattro dimensioni intorno alle quali è strutturato l’Indice DESI 2021 125

disponibile sul sito web istituzionale: www.agid.gov.it.


124
Commissione Europea, Indice di digitalizzazione dell'economia e della società (DESI) 2021 –
Italia.
125
A partire dal 2021, la Commissione europea ha adeguato il DESI tenendo conto delle due
principali iniziative politiche che, nei prossimi anni, porteranno un impatto sulla trasformazione
digitale nell'Unione europea: il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e la Bussola per il
Decennio Digitale. A tal fine, per allineare il DESI ai quattro punti cardinali e agli obiettivi
tracciati nell'ambito della Bussola per il Digitale, migliorare la metodologia e tener conto dei più
recenti sviluppi tecnologici e politici, tra le più rilevanti modifiche apportate all’edizione 2021 del
DESI, la Commissione ha optato per strutturare gli indicatori in base ai quattro settori principali

41
figurano, oltre a capitale umano, connettività, integrazione delle tecnologie
digitali, appunto i servizi pubblici digitali. Proprio in relazione a quest’ultimo
indicatore rilevante, l’Italia si posiziona al diciottesimo posto fra i 27 Stati
membri dell’Unione europea e, più in generale, le sue prestazioni digitali si
collocano ben al di sotto della media europea126. Guardando più nel dettaglio i
risultati degli ultimi anni, la percentuale di utenti online italiani che ricorre a
servizi di e-government è passata dal 30% (nel 2019) al 36% (nel 2020).
Nonostante ciò, pur trattandosi di un notevole miglioramento (in parte, certamente
favorito dalle dinamiche scatenate dalla diffusione della pandemia di Covid-19),
l’uso dei servizi pubblici digitali rimane relativamente basso. Il dato, peraltro,
induce a riflettere sull’importanza dei futuri investimenti finanziari, sia a livello
europeo sia a livello nazionale, da destinare alle politiche di transizione digitale
della pubblica amministrazione e alle iniziative in favore dell’accessibilità agli
strumenti informatici da parte dei singoli cittadini.
Nel complesso, tuttavia, non si può certamente sostenere che l’Italia non abbia
continuato a rafforzare la digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei
servizi pubblici. Va rilevato, infatti, che i provvedimenti legislativi adottati tra il
2020 e il 2021 hanno introdotto una combinazione di nuovi adempimenti e
incentivi per promuovere l’adozione delle principali piattaforme abilitanti di e-
government, necessarie per dare concreto impulso all’innovazione della pubblica
amministrazione. Inoltre, sono stati avviati numerosi progetti finalizzati a
rafforzare le competenze digitali, attraverso iniziative formative mirate, anche in
collaborazione con le università.
Nonostante ciò, tuttavia, emergono ancora forti criticità nella trasformazione
digitale delle amministrazioni pubbliche con riferimento ai fattori abilitanti c.d.
“immateriali”, tra i quali si può annoverare la carenza di competenze digitali, che
concorrono alla realizzazione di tali obiettivi alla pari delle infrastrutture
tecnologiche. Oltre a ciò, rilevano anche gli ostacoli di carattere organizzativo,
riconducibili non solo alla necessità di riprogettare e reingegnerizzare i processi
operativi dell’azione amministrativa, ma anche alle carenze sul piano della cultura
del digitale.
Sotto il profilo organizzativo, in particolare, emerge un’amministrazione che
viaggia a due velocità: da una parte, si osserva una maggior cura degli aspetti
legati al “front office”, di contro il “back office” manifesta tutte le difficoltà

della Bussola per il Digitale, in sostituzione della precedente struttura a cinque dimensioni.
126
Questo è quanto emerge dalla relazione nazionale dell’Indice DESI, che colloca l'Italia al
ventesimo posto fra i 27 Stati membri dell'Unione europea. In particolare, pur avendo compiuto
alcuni progressi in termini sia di copertura che di diffusione delle reti di connettività, tra il 2019 e
il 2020, in Italia si è registrato un rallentamento nel dispiegamento della fibra. Inoltre, per quanto
riguarda il capitale umano, l'Italia registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto
bassi e, per questo, si colloca al venticinquesimo posto fra i 27 paesi europei, in significativo
ritardo rispetto alla media dell’UE. L’unico dato incoraggiante è quello relativo all’integrazione
delle tecnologie digitali che, misurando il livello di intensità digitale delle PMI italiane, colloca
l’Italia al decimo posto in Europa.

42
dell’amministrazione pubblica nell’utilizzo delle tecnologie ICT nell’ambito dei
processi interni. Da questo punto di vista, per quanto riguarda il “front office”
tendenzialmente si può constatare un buon livello di gestione e implementazione
dei canali di erogazione dei servizi digitali online. Di segno opposto, invece, la
valutazione dell’organizzazione interna della pubblica amministrazione, dove si
riscontrano, talvolta, criticità legate a ritardi negli adempimenti, spesso dovuti
anche ad una scarsa sensibilità culturale dei dipendenti pubblici, ancora poco
consapevoli della centralità e pervasività del digitale. A ciò si aggiunga che, per
alcuni processi interni, le amministrazioni si affidano ancora alla carta, di fatto
disattendendo l’obbligo di produrre gli originali dei propri documenti
esclusivamente con mezzi informatici (art. 40 del Codice). Altro profilo di
assoluta criticità, per i motivi già illustrati, è rappresentato dalla scarsa (in alcuni
casi addirittura assente) individuazione delle figure chiave previste dalla
disciplina in materia di digitalizzazione, nonostante queste siano spesso
richiamate non soltanto all’interno del Codice, ma anche dalle Linee guida AgID.
In altri casi, invece, quando queste figure sono nominate, le amministrazioni non
sempre sono in grado di garantire adeguate condizioni per favorire la loro piena
ed effettiva operatività.
Più in generale, nonostante i numerosi sforzi da parte delle istituzioni coinvolte
nella trasformazione digitale del Paese, troppo spesso le politiche digitali delle
amministrazioni non si basano su una programmazione efficace ed organica,
fondata su un approccio responsabilizzante di tipo strategico, proattivo e
propositivo. Il tema del digitale, infatti, è spesso affrontato in modo episodico,
disorganico e con tempi dettati dalle imminenti scadenze legate a determinati
adempimenti. Tutto ciò, unito alle problematiche di natura culturale e alla scarsa
conoscenza delle disposizioni normative rilevanti, mina inevitabilmente i principi
di legalità e buon andamento tipici dell’attività dell’amministrazione pubblica,
con pericolose conseguenze anche in relazione ai diritti di cittadinanza digitale.
Le criticità, sin qui evidenziate, inoltre, si riflettono inevitabilmente anche sulla
figura del Responsabile per la Transizione Digitale. In questo senso, il primo
punto di maggiore interesse è dato dal fatto che, ancora oggi, molte
amministrazioni ed Enti locali non hanno provveduto a nominare il
Responsabile127, circostanza ancora più grave se si considera che tale obbligo è
entrato in vigore a partire dal settembre del 2016. Allo stesso tempo, pur avendo
provveduto alla nomina, non sempre la figura individuata dalle amministrazioni è
in possesso del livello di competenze (tecnologiche, di informatica giuridica e
manageriali) richiesti dall’art. 17 del Codice, con conseguenti risvolti negativi sul
piano dell’operatività del Responsabile e, di conseguenza, sul percorso di
trasformazione digitale dell’Ente. La presenza di carenze dal punto di vista delle
competenze interne, costituisce un problema che riguarda non soltanto la figura
127
Dall’osservazione dei dati pubblicati nel sito web dedicato al monitoraggio dei progetti di
trasformazione digitale (avanzamentodigitale.italia.it), emerge come il 38% dei Comuni italiani
(compresi loro Consorzi e Associazioni) e il 42% delle Federazioni, Ordini e Consigli
professionali non abbiano ancora provveduto a nominare il Responsabile per la Transizione
Digitale. (Dati aggiornati al 28.02.2022).

43
del Responsabile per la Transizione Digitale, ma si estende a tutto il personale
dipendente dell’amministrazione pubblica, ivi comprese le altre figure chiave
della trasformazione digitale.
Tutto questo, in particolare, pone in evidenza un ulteriore elemento di criticità,
dato dalla scarsa ottemperanza a quanto previsto dall’art. 13 del Codice, il quale
dispone l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di attuare «politiche di
reclutamento e formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all’uso
delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché dei temi
relativi all’accessibilità e alle tecnologie assistive», precisando che le suddette
politiche di formazione «sono altresì volte allo sviluppo delle competenze
tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali dei dirigenti, per la
transizione alla modalità operativa digitale». A tal proposito, va osservato come
l’inadeguatezza delle competenze, spesso non supportata da adeguate politiche di
reclutamento lungimiranti, unita alla scarsa attuazione dei piani di performance,
inevitabilmente si traducono nell’incapacità delle amministrazioni di trasformare
le proprie organizzazioni interne in senso innovativo.
Una soluzione in tal senso potrebbe essere rappresentata dalla possibilità,
peraltro prevista dallo stesso legislatore, di ricorrere ai servizi del Responsabile
per la Transizione Digitale in forma associata. Sebbene tale scenario potrebbe
garantire interessanti e potenziali sinergie sotto il profilo economico, strategico e
organizzativo, le amministrazioni scelgono, invece, di fare ampio ricorso al
mercato, soprattutto per compensare la mancanza di competenze interne.
In definitiva, sono tante le difficoltà e le criticità che ancora impediscono alle
pubbliche amministrazioni di evolvere in chiave digitale e di agire nel pieno
interesse dei cittadini, nel rispetto dei diritti di cittadinanza digitale. Sotto questo
profilo, dunque, occorre ancora lavorare molto verso la direzione di riconoscere
pienamente ed effettivamente la figura del Responsabile per la Transizione
Digitale, chiamato ad interpretare un vero e proprio ruolo di “e-leader”
dell’innovazione digitale della pubblica amministrazione, soprattutto in questo
particolare momento storico caratterizzato da forti segnali di rilancio delle
politiche di digitalizzazione.

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