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IL PORTAVOCE: figura introdotta per la prima volta dalla legge 150/200.

Il portavoce “porta
la voce” del vertice dell’amministrazione che lo nomina, non della PA in generale.
- Affianca il vertice dell’amministrazione
- Gestisce i rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione
- E’ di diretta nomina politica, non dovendo superare un concorso pubblico o avere
particolari meriti scolastici. È una nomina fiduciaria come accade per il Capo di
Gabinetto, decade quindi col decadere del vertice che lo nomina. Non si tratta di
favoreggiare un concorso pubblico grazie al potere di una certa persona.
- Collabora con l’Ufficio Stampa

I portavoce in un Paese come il nostro (ad esempio Giovanna Iannello, Portavoce di Giorgia
Meloni e Paola Ansuini, Portavoce di Mario Draghi) non vengono molto considerati, a
differenza di quanto accade in stati a noi stranieri. Giovanni Grasso è Portavoce, Consigliere
per la Stampa e la Comunicazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Spesso il portavoce figura anche come capo dell’Ufficio Stampa e questo comporta che sia
un giornalista. Questo accade perchè all’estero tutto è unificato in un’unica persona.
A livello locale il portavoce spesso è il responsabile della comunicazione nelle campagne
elettorali.

Concludendo nella Legge 150/2000 con gli artt. 4 e 5 si stabilisce l’importanza di attribuire
alle funzioni di comunicazione e di informazione personale qualificato al quale garantire
formazione. Non si specifica altro, ma è il primo passo verso il riconoscimento delle lauree
e dei master in comunicazione nei futuri concorsi pubblici di questo settore.
Introduce l’obbligo per il Dipartimento dell’Informazione e dell’Editoria della Presidenza
del Consiglio dei Ministri di svolgere attività di coordinamento rispetto ai piani di
comunicazione delle amministrazioni dello Stato: a tal fine il Dipartimento avrà l’obbligo di
predisporre annualmente un Piano di Comunicazione sulla base dei programmi presentati
dalle amministrazioni statali, che dovrà essere approvato dal Presidente del Consiglio dei
Ministri.
Con l’art. 3 la RAI non ha più l’obbligo – previsto dalla legge 223/90 ma troppo vincolante
per il bilancio dell’emittente pubblica – ma solo la facoltà di trasmettere gratuitamente
messaggi di utilità sociale – i quali competono tutti alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri (come già previsto dalla 223/90). Simile possibilità di trasmissione gratuita di
messaggi di utilità sociale è a disposizione anche delle emittenti private.
Una delle criticità principali della legge 150/2000 fu quella di non introdurre l’obbligo di
valutazione delle attività di comunicazione. Nella redazione finale della legge scomparve
insomma una norma che avrebbe introdotto l’obbligo di misurare l’efficacia e l’efficienza
di ogni iniziativa di comunicazione (effettivo raggiungimento dei destinatari, effettiva
percezione dell’obiettivo e del contenuto, incidenza della comunicazione medesima sui
comportamenti, efficacia dei mezzi di trasmissione utilizzati). È infatti molto difficile misurare i
risultati di questo tipo di comunicazione.

Bilancio di attuazione della Legge 150/2000: ha avuto una valenza culturale


(trasparenza), una valenza organizzativa (ascolto e comunicazione migliorano le
prestazioni delle PA) e una valenza professionale (formazione degli operatori). Lo stato è
infatti diventato molto più trasparente di prima e si è fatto carico di comunicare nel modo
migliore possibile. Spesso tuttavia la PA ha messo in campo attività di comunicazione
che erano autoreferenziali. Fatto 100 il complesso di azioni (esterne ed
interne) informative e comunicative delle PA: il 65% è autoreferenziale e il 35% è di servizio
e promozione

Principali criticità nella comunicazione delle PA dopo la legge 150/2000:


- Insufficiente cultura di coordinamento e di programmazione
- Inespresse potenzialità dell’e-governance, con il mondo del web appena nato e
troppo nuovo, che quindi non viene normato
- Non diffusa efficacia dei processi di comunicazione interna (URP vs Risorse Umane;
URP insufficiente a generare da solo tutte le funzioni strategiche di comunicazione)
- Mancanza di verifica e valutazione dell’efficacia dei servizi erogati
- Mancanza di sondaggi che valutino bisogni e attese sociali dell’opinione pubblica

OLTRE LA 150/2000 - Novità da introdurre, favorire e regolare:


- Bilancio sociale (effetti delle PA sui cittadini) riguarda sostanzialmente la possibilità
di stendere un documento che valuti non solo il bilancio economico di una PA, ma
anche gli effetti sociali che è in grado o meno di determinare.
- Legalizzazione degli atti digitali con, per esempio, l’utilizzo della firma digitale
- Integrazione tra new media
- Piano di comunicazione di rischio, crisi ed emergenza (es terremoto o qualsiasi
cosa che mette a rischio i cittadini): tema quasi non toccato dalla legge 150 pur
essendo cresciuto molto negli ultimi anni.
- Ampliamento delle funzioni comunicative e relazionali al di là del settore pubblico
attraverso uffici e personale adeguato a interagire in rete

In sintesi occorre dunque:


- Organizzare corsi formativi più specialistici e mirati (la formazione di base sulla
comunicazione è stata fatta, ora bisogna andare oltre)
- Realizzare modelli organizzativi più flessibili (in base alle dimensioni degli enti) e
soprattutto capaci di coordinare la molteplicità delle funzioni di comunicazione
- Introdurre una corretta attività di valutazione (anche in fase preliminare alla
realizzazione di servizi per i cittadini)

IPOTESI “LEGGE 151”: Con la diffusione di internet e la nascita e lo sviluppo dei social
network, comunicatori e giornalisti propongono via via di superare la legge 150/2000 con
una nuova legge in grado di rispondere alle novità tecnologiche, in particolare:
- Superando la rigida divisione dei ruoli della comunicazione pubblica, ovvero
Ufficio Stampa, URP e Portavoce, per altro sbilanciati a favore della relazione con i
media e priva della figura del social media manager (Facebook fu lanciato quattro
anni dopo la legge 150, ovvero nel 2004)
- Introducendo compiti e servizi rivolte maggiormente alla partecipazione e alla
consultazione dei cittadini
Negli ultimi anni se ne è parlato molto, ma ad oggi, la legge 150/2000 è ancora in vigore.
Col tempo si cerca quindi di normare tutti quei fattori che nella legge 150 ancora non erano
stati considerati. Nella Direttiva del Ministro per la Funzione Pubblica del 2003 sulla
comunicazione delle PA, si riprendono e approfondiscono con maggior rilievo alcuni temi
della 150/2000. In particolare:
- Il concetto di comunicazione integrata
- Le attività di comunicazione interna
- La necessità di coordinamento tra PA
- La programmazione annuale del Piano di Comunicazione delle PA
- Le attività di ricerca e monitoraggio
- La formazione degli operatori
- L’indicazione di uno specifico capitolo di bilancio per le attività di comunicazione e
informazione
- L’introduzione di un’esplicita correlazione tra la valutazione della dirigenza e
l’applicazione della direttiva

Se con gli anni un sito web diventa il canale principale per avere accesso ad un
determinato servizio della PA, deve essere accessibile anche a persone che hanno, per
esempio, a persone con problemi sensoriali o persone meno abituate ad avere a che fare
col digitale.

Un leggero superamento professionale della legge 150 è avvenuto grazie ai Contratti


Collettivi Nazionali di Lavoro relativo al Periodo 2016-2018. Nonostante la legge 150 sia
ancora in vigore, si può lavorare nell’ufficio dedicato alla comunicazione, che comprende
anche l’ufficio stampa, all’interno della PA anche senza essere giornalisti grazie ai Contratti
Collettivi Nazionali che grazie agli enti che norma riescono a fornire soluzioni più “larghe”:
posso per esempio assumere una persona brava con i social media per non essendo
giornalista.

Per garantire il pluralismo, la PA ritiene importante che i giornali, i canali televisivi ed in


generale le forme di comunicazione di massa, riescano a sostenersi dal punto di vista
economico nel modo più libero e largo possibile. Per fare questo la PA acquista quindi
spazi a pagamento in questi mezzi, per sostenere indirettamente il fatto che questi
possano continuare ad operare. Per questo motivo spesso troviamo articoli e pubblicità di
Regioni atte a promuovere, per esempio, territori locali su grandi giornali.

DAL 2002 AD OGGI:


Azione di supplenza svolta dalla giurisprudenza in materia di comunicazione pubblica
(perché spesso si è arrivati a direttive ministeriali che contenevano principi generali più che
a leggi e normative di dettaglio che prevedessero anche sanzioni in caso di inadempienza)
sui seguenti temi:
- Trasparenza e pubblicità del bilancio, della contabilità e dei procedimenti di
affidamento degli appalti pubblici dove un cittadino è libero di chiedere tutti i
documenti (cfr. nota 121 pagina 253);
- Razionalizzazione delle spese di comunicazione (cfr. nota 122 pagina 253);
- Informazione e comunicazione istituzionale (cfr. nota 123 pagina 253).
I principali temi di intervento riguardano:
- Procedimento amministrativo (diritto di accesso gli atti e Codice della Privacy):
posso non ottenere un determinato documento se, per esempio, questo è coperto da
segreto militare, ma la PA è tuttavia tenuta a fornire un certo documento se abbiamo
un interesse diretto, oscurando determinati dati sensibile se presenti. Se in un
concorso pubblico sono un cittadino che ha partecipato ho interesse diretto nel
conoscere informazioni e richiedere documenti, mentre se sono un normale cittadino
interessato a scrivere un articolo su un giornale questo genere di accesso
solitamente viene negato. Si tratta di fatto di una riforma in materia di accesso
agli atti della 241/90.
- Digitalizzazione, informatizzazione e dematerializzazione
- Semplificazione del linguaggio amministrativo

Come detto per Decreto del Presidente della Repubblica (D.P.R.) del 12 aprile 2006, n. 184:
- La richiesta di accesso agli atti può essere presentata anche presso l’URP dal 2006
- Accesso agli atti possibile solo se si ha un “interesse diretto, concreto e attuale,
corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al
quale è richiesto l’accesso”;
- Istituisce un’apposita Commissione per l’accesso a cui i cittadini possono
presentare reclamo in caso di negato accesso ai documenti richiesti (NB: le sedute
tuttavia non sono pubbliche).

Nei confronti di queste richieste dei cittadini anche l’Amministrazione si è molto tutelata.

DECRETO LEGISLATIVO 33/2013 - è avvenuto un passo avanti poiché:


- Art. 3: Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione
obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di
conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell'articolo 7.
- Art. 5: L'obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche
amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di
chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro
pubblicazione.

Questo rappresenta un leggero cambiamento rispetto alla precedente richiesta di accesso


agli atti. Viene infatti indicato come alcuni documenti dovrebbero essere pubblici per
legge: se come cittadino non riesco a recuperarli posso ottenerli anche senza avere un
interesse diretto.
FOIA: con normativa, di tre anni successiva alla precedente, si analizza l’accesso civico
generalizzato. La normativa cosiddetta FOIA (Freedom of Information Act), introdotta con
decreto legislativo n. 97 del 2016, è parte integrante del processo di riforma della pubblica
amministrazione, definito dalla legge 7 agosto 2015, n. 124. L’accesso civico
generalizzato garantisce a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti
posseduti dalle pubbliche amministrazioni, se non c’è il pericolo di compromettere altri
interessi pubblici o privati rilevanti, indicati dalla legge. Per esempio se un concorso è aperto
non posso sapere le offerte di gara dei miei concorrenti.
Con la normativa FOIA, l’ordinamento italiano riconosce la libertà di accedere alle
informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale. Il
principio che guida l’intera normativa è la tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo di
tutti i soggetti della società civile: in assenza di ostacoli riconducibili ai limiti previsti dalla
legge, le amministrazioni devono dare prevalenza al diritto di chiunque di conoscere e di
accedere alle informazioni possedute dalla pubblica amministrazione.
Giornalisti, organizzazioni non governative, imprese, i cittadini italiani e stranieri
possono richiedere dati e documenti, così da svolgere un ruolo attivo di controllo
sulle attività delle pubbliche amministrazioni. L’obiettivo della norma, è anche quello di
favorire una maggiore trasparenza nel rapporto tra le istituzioni e la società civile, e
incoraggiare un dibattito pubblico informato su temi di interesse collettivo.

NB: L’accesso civico generalizzato, istituito dalla normativa FOIA, differisce dalle altre due
principali tipologie di accesso già previste dalla legislazione.
- A differenza del diritto di accesso procedimentale o documentale (regolato dalla
legge n. 241/1990), garantisce al cittadino la possibilità di richiedere dati e documenti
alle pubbliche amministrazioni, senza dover dimostrare di possedere un interesse
qualificato.
- A differenza del diritto di accesso civico “semplice” (regolato dal d. lgs. n. 33/2013),
che consente di accedere esclusivamente alle informazioni che rientrano negli
obblighi di pubblicazione previsti dalla legge (in particolare, dal decreto legislativo n.
33 del 2013), l’accesso civico generalizzato si estende a tutti i dati e i documenti
in possesso delle pubbliche amministrazioni, all’unica condizione che siano
tutelati gli interessi pubblici e privati espressamente indicati dalla legge.

L’accesso agli atti è quindi “più potente” e posso ottenere più materiale rispetto all’accesso
civico generalizzato, dove può farne richiesta chiunque ma non si ottengono documenti
troppo specifici.

DIGITALIZZAZIONE DELLA PA - D.lgs 7 marzo 2005, n. 82, detto “Codice


dell’amministrazione digitale”, e relativi atti attuativi e ancillari:
- Utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a fini di efficienza,
efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e
partecipazione;
- Utilizzo delle dette tecnologie per archiviazione e trattamento delle informazioni,
nonché ai fini di garantire ai cittadini il diritto di accesso a tali informazioni
- Adeguare i propri siti web al fine di garantire una maggiore accessibilità da parte
degli utenti e la massima interattività.

Secondo il Codice dell’amministrazione digitale:


- le pubbliche amministrazioni devono assicurare la disponibilità, la gestione,
l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in
modalità digitale (processo di dematerializzazione);
- Il domicilio digitale, ovvero un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di
posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato
qualificato, è obbligatorio per imprese, professionisti e pubbliche
amministrazioni;
- Presso il Ministero dello sviluppo economico è istituito l’elenco pubblico denominato
Indice nazionale dei domicili digitali (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti,
mentre quello delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti privati non soggetti ad
obbligo di possederlo, è affidato all’Agenzia per l’Italia Digitale AgID; tutti questi
indici, consultabili liberamente e in formato aperto ma utilizzabili solo per
comunicazione avente valore legale o connessa ad attività istituzionale, si avvalgono
della struttura informatica delle Camere di commercio;
- Le comunicazioni tra imprese e pubblica amministrazione devono avvenire
utilizzando esclusivamente la forma elettronica indirizzata al domicilio digitale, e
produce gli stessi effetti giuridici della raccomandata con ricevuta di ritorno;
- Le amministrazioni pubbliche, i gestori di pubblico servizio, le società a controllo
pubblico, sono obbligati ad accettare pagamenti spettanti a qualsiasi titolo, incluso il
pagamento spontaneo di tributi, attraverso sistemi di pagamento elettronico, ivi
inclusi, per i micropagamenti, quelli basati sull’uso del credito telefonico;
- A tal fine è stata creata la piattaforma tecnologica PagoPA, che permette di pagare
tributi, tasse, utenze, rette, quote associative, bolli e qualsiasi altro tipo di pagamento
verso le pubbliche amministrazioni;
- È previsto l’utilizzo delle forme di firma elettronica più forti nel garantire
un’affidabilità molto elevata in ordine alla paternità del documento: la firma elettronica
avanzata, la firma elettronica qualificata e la firma digitale;
- È previsto l’utilizzo della Posta Elettronica Certificata PEC, equiparata ad una
raccomandata con avviso di ricevimento;
- È previsto l’utilizzo del Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale SPID

Si parla adesso di:


- E-government: miglioramento dell’efficacia operativa delle amministrazioni e
dell’efficienza nell’erogazione dei servizi a cittadini e imprese;
- E-democracy ed E-vote: democrazia diretta? crescita della partecipazione attiva dei
cittadini alla vita pubblica tramite strumenti dell’interazione digitale. L’E-vote
rappresenta una nuova forma di partecipazione dei cittadini;
- E-pubblicity: crescita di trasparenza e di accesso a servizi e strutture della P.A.;
- E-procurement: semplificazione dei processi di acquisto e razionalizzazione della
spesa di beni e servizi della P.A. garantendo trasparenza delle operazioni;
- E-learning: miglioramento dei processi di formazione interna alle P.A. e diffusione
delle esperienze e sperimentazioni realizzate.

19 DICEMBRE 2003: DIRETTIVA STANCA RIGUARDO MODELLO OPEN


L’obiettivo è stato quello di non avere dipendenza da un’unica tecnologia proprietaria
e allo stesso tempo avere accesso al codice sorgente garantito per ispezione e tracciabilità.
Un software libero è infatti un programma di cui si conosce tutto il codice sorgente che è
stato utilizzato per crearlo: OpenOffice, per esempio, è la controparte libera del più
conosciuto Office. La pubblica amministrazione predilige il software libero perchè
solitamente è gratuito e perchè permette un accesso teoricamente eterno ai documenti
creati con quel determinato software, anche quando il programma utilizzato sarà obsoleto e
non più seguito dalla casa madre che l’ha creato. Non è quindi un caso che tutti i dati della
PA siano in formato PDF. Il Decreto Legge 83/2012 permette di ricorrere al software
proprietario solo in assenza di altre possibilità open source.

Gli Open Data: o dati aperti, sono dati accessibili a tutti, messi a disposizione da Pubbliche
Amministrazioni o aziende private che possono essere riutilizzati per diversi scopi. Sono per
esempio l’elenco di tutte le farmacie presenti in un certo comune, caricate sul relativo sito
istituzionale e rese accessibili gratuitamente.
Secondo le leggi tuttora vigenti, una start-up potrebbe creare un’app capace di incrociare i
dati delle farmacie aperte in un certo momento potendo accedere liberamente e
gratuitamente a questo elenco. La PA fornisce questi dati gratuitamente che possono poi
generare guadagno da parte di privati che decidono di utilizzarli. Anche un’altra PA può
decidere di utilizzare questi dati, ma è obbligata a restituirli in modo gratuito a differenza di
un privato che può fare business.

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