Sei sulla pagina 1di 290

NCORSI COLLANA TIMONE 271

I e CO
ESAM

ELEMENTI DI

CONTABILITÀ
DI STATO E DEGLI
ENTI PUBBLICI
U Documenti di bilancio e rendiconti
della gestione
U Gestione finanziaria, patrimoniale
e attività contrattuale
U Responsabilità e controlli

XXI Edizione

SIMONE
EDIZIONI GIURIDICHE ®

Gruppo Editoriale Simone


Tutti i diritti riservati
Vietata la riproduzione anche parziale

Di particolare interesse per i lettori di questo volume segnaliamo:

13 • Contabilità di Stato e degli enti pubblici


13/1 • Compendio di contabilità e ragioneria pubblica
13/2 • Prepararsi per l’esame di contabilità di Stato e degli enti pubblici
25/4 • Contabilità e finanza degli enti locali
506/7 • Codice breve amministrativo

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito: www.simone.it


ove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati
Revisione del testo a cura di
Claudia De Rosa e Giuseppe Milano

Ha collaborato Alessandra Pedaci (Capitolo I, Parte IV)

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.p.A.


(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Finito di stampare nel mese di agosto 2012


da «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)
per conto della Simone S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno


Premessa

Il volume offre un quadro completo e aggiornato dei principi e delle


norme fondamentali della contabilità di Stato e degli enti pubblici.
Questa XXI edizione è stata aggiornata ai numerosi provvedimenti che
hanno interessato la materia, tra i quali evidenziamo:
— il D.L. 7-5-2012, n. 52, conv. in L. 6-7-2012, n. 94 (Disposizioni urgenti
per la razionalizzazione della spesa pubblica);
— il D.L. 6-7-2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa
pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini), in G.U. 6-7-2012, n.
156, cosiddetto decreto spending review 2;
— il D.L. 6-6-2012, n. 73 (Disposizioni urgenti in materia di qualifica-
zione delle imprese e di garanzia globale di esecuzione), convertito in
L. 23-7-2012, n. 119;
— il D.L. 22-6-2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), in
G.U. 26-6-2012, n. 147;
— il D.L. 27-6-2012, n. 87 (Misure urgenti in materia di efficientamento,
valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, di razionalizza-
zione dell’amministrazione economico-finanziaria, nonché misure di
rafforzamento del patrimonio delle imprese del settore bancario), in
G.U. 27-6-2012, n. 148;
— il D.Lgs. 27-1-2012, n. 18 (Introduzione di un sistema di contabilità
economico-patrimoniale e analitica, del bilancio unico e del bilancio
consolidato nelle università, a norma dell’articolo 5, comma 1, lettera
b), e 4, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240).
Come per gli altri volumi della collana LastMinute, il testo è arricchito
con brevi glossari e quesiti, con relativa risposta, più ricorrenti in sede di
esame o di concorso, risultando così un utile strumento per lo studio e la
comprensione della materia.
PARTE PRIMA
Fonti e soggetti
della contabilità pubblica

Capitolo Primo: Fonti normative........................................... Pag. 6


Capitolo Secondo: L’apparato economico-finanziario.......... » 11
Capitolo Primo
Fonti normative

SOMMARIO: 1. Contabilità pubblica: definizione e natura. - 2. Cenni storici. - 3. Le


fonti della contabilità pubblica.

1. Contabilità pubblica: definizione e natura


La contabilità pubblica può definirsi come il complesso delle norme che
disciplinano l’organizzazione finanziario-contabile, la gestione patrimonia-
le, l’attività contrattuale, la gestione del bilancio, il sistema dei controlli e
la responsabilità degli amministratori delle risorse pubbliche.
Nel corso degli anni si sono succeduti equivoci ed incertezze circa la natura di tale mate-
ria. Secondo l’impostazione tecnica, la contabilità di Stato (ovvero pubblica, se si intende ri-
ferita anche agli altri enti pubblici) non è altro che un’applicazione della ragioneria all’azien-
da statale e alle altre aziende pubbliche.
Notevole è stata, in passato, la tendenza a considerare la contabilità di Stato come parte
della scienza delle finanze.
La dottrina più recente, invece, attribuisce a tale materia un contenuto essenzialmente giu-
ridico, salvo poi riconoscerle autonomia scientifica o inquadrarla nel diritto finanziario, am-
ministrativo o, comunque, nel diritto pubblico.

2. Cenni storici
La contabilità di Stato è nata come insieme di criteri tecnici e ragionieristici mediante i
quali sono contabilizzate le operazioni di gestione dello Stato. Progressivamente, però, queste
operazioni contabili furono inserite in un sistema di norme che si sovrapposero all’originario
elemento strettamente contabile, costituendo un complesso giuridico omogeneo.
Il modello statuale, quale si è andato sviluppando nello scorso secolo, si è trovato nella
necessità di organizzare efficientemente la sua attività finanziaria consistente per l’appunto nel
reperimento dei mezzi economici necessari al perseguimento dei suoi scopi, nella corretta ge-
stione dei beni e nella precisa organizzazione contabile dei suoi uffici amministrativi.
La stessa Costituzione repubblicana ha, d’altra parte, conferito il crisma dell’ufficialità a
questa evoluzione istituzionale e giuridica sancendo l’estensione del concetto di contabilità di
Stato a quello di contabilità pubblica nell’art. 103, laddove così si esprime: «La Corte dei con-
ti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge».
Capitolo Primo - Fonti normative 7

3. Le fonti della contabilità pubblica


La fonte primaria della contabilità dello Stato e degli enti pubblici è la
Costituzione. Questa detta i principi fondamentali in materia di:
— bilanci dello Stato, loro formazione ed approvazione (art. 81);
— controlli della gestione finanziaria da parte della Corte dei conti (art. 100);
— giurisdizione contabile della Corte dei conti (art. 103);
— attribuzione alle Regioni di attività finanziarie, e quindi contabili, già
spettanti allo Stato (art. 119).
Al dettato costituzionale vanno poi aggiunte, ovviamente, le normative
dettate da leggi ordinarie:
— per il bilancio dello Stato la legge di contabilità del 1923 (R.D. 18-11-
1923, n. 2440), il relativo regolamento (R.D. 23-5-1924, n. 827); la L.
31-12-2009, n. 196, la nuova legge di contabilità e finanza pubblica, che
ha abrogato la L. 468/1978 il principale provvedimento in materia;
— per la Corte dei conti il Testo Unico (R.D. 12-7-1934, n. 1214) nonché
le leggi 14-1-1994, n. 19 e n. 20;
— per l’autonomia finanziaria e contabile delle Regioni a statuto ordinario
il D.Lgs. 28-3-2000, n. 76;
— per l’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali il D.Lgs. 25-2-
1995, n. 77, ora confluito, con le dovute modifiche e ad esclusione di al-
cuni articoli, nel Testo unico degli enti locali (D.Lgs. 18-8-2000, n. 267);
— per gli enti di cui alla L. 70/1975 (cd. legge sul parastato) il D.P.R.
97/2003 «Regolamento concernente l’amministrazione e la contabilità
degli enti pubblici di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70»;
— per le Università le principali fonti in materia di contabilità sono la
L. 9-5-1989, n. 168 e la L. 30-12-2010, n. 240;
— per le Aziende unità sanitarie locali (AUSL) il punto di riferimento in
tema di contabilità è il D.Lgs. 30-12-1992, n. 502;
— per la contabilità delle Camere di commercio si fa riferimento alla
L. 29-12-1993, n. 580.
A proposito delle Regioni e degli enti locali la L. 42/2009 (cd. legge sul
federalismo fiscale), come modificata dalla L. 196/2009, contiene una de-
lega al Governo per armonizzare i sistemi contabili, gli schemi di bilancio,
e i relativi termini di presentazione e approvazione, dei suddetti organismi
alle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza
8 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

pubblica. Tale delega è stata attuata con il D.Lgs. 118/2011; il quale ha al-
tresì imposto alle AUSL di redigere i propri bilanci attenendosi a uno sche-
ma contenuto nell’allegato 2 al decreto stesso.

PRINCIPALI FONTI POSITIVE


CARATTERISTICHE
DI CONTABILITÀ PUBBLICA
Regio Decreto 2440/1923 — accentramento amministrativo e finanziario
(Legge di contabilità) — criteri ragioneristici
Regio Decreto 827/1924 — particolare attenzione alla legittimità formale
(Regolamento di contabilità)
L. 62/1964 (Legge Curti) — anno finanziario coincidente con l’anno solare
per tutti i bilanci degli enti pubblici
— classificazione economico-funzionale delle spe-
se e delle entrate
L. 468/1978 (Legge di riforma del bi- — introduzione del bilancio di cassa
lancio) — introduzione del bilancio pluriennale
— introduzione della legge finanziaria
— sistema dell’assestamento di bilancio
L. 362/1988 (Legge di controriforma — introduzione del documento di programmazio-
del bilancio) ne economico-finanziaria
— rigorosa indicazione dei mezzi di copertura
— introduzione dei provvedimenti collegati
L. 94/1997 (Riforma Ciampi) — riclassificazione delle voci di bilancio
— netta divisione dei compiti e responsabilità tra
organi di indirizzo politico e la dirigenza statale
— accorpamento dei Ministeri del tesoro e del bi-
lancio
D.Lgs. 279/1997 (Attuazione art. 5 L. — individuazione delle unità previsionali di base
94/1997) del bilancio
— riordino del sistema di tesoreria unica
— ristrutturazione del rendiconto generale dello
Stato
L. 208/1999 (Disposizioni in materia — modificazione del contenuto e del termine di pre-
finanziaria e contabile) sentazione del DPEF
— modificazione del contenuto della legge finan-
ziaria
— soppressione della legge collegata alla Finanziaria
— potenziamento dei collegati ordinamentali
Segue
Capitolo Primo - Fonti normative 9

PRINCIPALI FONTI POSITIVE


CARATTERISTICHE
DI CONTABILITÀ PUBBLICA
L. 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge — introduzione dal Documento di economia e fi-
di contabilità e finanza pubblica), come nanza (DEF)
modificata dalla L. 39/2011 — obbligo di presentazione della nota di aggiorna-
mento al DEF
— presentazione del Programmaa nazionale di ri-
forma e del Programma di stabilità
— mutamento dei termini di presentazione dei prin-
cipali strumenti della programmazione econo-
mico-finanziaria dello Stato
— delega al Governo sui seguenti argomenti: ade-
guamento dei sistemi contabili; procedure di spe-
sa in conto capitale; completamento della rifor-
ma del bilancio dello Stato; riforma del sistema
dei controlli; emanazione di un testo unico delle
leggi in materia di contabilità di Stato e tesoreria
L. 335/1976 (Legge quadro di conta- — bilancio pluriennale
bilità regionale) — bilancio annuale redatto in termini finanziari di
competenza e di cassa
— bilancio misto
D.Lgs. 76/2000 (Principi fondamen- — introduzione unità previsionali di base
tali in materia di bilancio e contabili- — introduzione della legge finanziaria regionale
tà delle Regioni) — il bilancio pluriennale a legislazione vigente co-
stituisce sede per il riscontro della copertura fi-
nanziaria delle nuove o maggiori spese previste
dalle leggi regionali
— stabilisce le modalità di classificazione delle en-
trate e delle spese
L. 42/2009 (Delega al Governo in ma- — delega al Governo per l’armonizzazione dei si-
teria di federalismo fiscale) stemi contabili e gli schemi di bilancio, con i re-
lativi termini di presentazione e approvazione,
delle Regioni e degli enti locali in funzione del-
le esigenze di programmazione, gestione e ren-
dicontazione della finanza pubblica
D.Lgs. 77/1995 (Ordinamento finan- — bilancio di previsione finanziario redatto in soli
ziario e contabile degli enti locali) ora termini di competenza
D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico Enti lo- — introduzione del piano esecutivo di gestione
cali) — introduzione del controllo di gestione
Segue
10 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

PRINCIPALI FONTI POSITIVE


CARATTERISTICHE
DI CONTABILITÀ PUBBLICA
D.P.R. 97/2003 (Regolamento concer- — introduzione di criteri civilistici per il controllo
nente l’amministrazione e la contabi- della gestione finanziaria e contabile degli enti
lità degli enti pubblici di cui alla leg- pubblici istituzionali
ge 20 marzo 1975, n. 70) — raccordo fra contabilità finanziaria e analitica
— sistema di contabilità semplificato per gli enti
pubblici di minori dimensioni
L. 168/1989 (Istituzione del Ministe- — lascia alle singole Università la facoltà di scelta
ro dell’università e della ricerca scien- tra un sistema di contabilità finanziaria e uno di
tifica e tecnologica) tipo economico patrimoniale
L. 240/2010 (Norme in materia di or- — impone un sistema di contabilità economico-pa-
ganizzazione delle università, di per- trimoniale
sonale accademico e reclutamento,
nonché delega al Governo per incen-
tivare la qualità e l’efficienza del si-
stema universitario)
D.Lgs. 18/2012 (Introduzione di un — ha disposto l’adozione della contabilità econo-
sistema di contabilità economico-pa- mico-patrimoniale entro il 1° gennaio 2014
trimoniale e analitica, del bilancio uni-
co e del bilancio consolidato nelle uni-
versità, a norma dell’articolo 5, com-
ma 1, lettera b), e 4, lettera a), della
legge 30 dicembre 2010, n. 240)
D.Lgs. 502/1992 (Riordino della di- — stabilisce che le aziende sanitarie debbano atte-
sciplina in materia sanitaria) nersi ai principi del Codice civile e a quelli con-
tenuti nel decreto stesso
D.Lgs. 118/2011 (Disposizioni in ma- — uniforma la struttura dei bilanci delle AUSL
teria di armonizzazione dei sistemi
contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei
loro organismi, a norma degli articoli
1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42)
L. 580/1993 (Riordinamento delle ca- — prevede l’emanazione di un regolamento per la
mere di commercio, industria, artigia- gestione finanziaria e patrimoniale nel rispetto
nato e agricoltura) e L. 23/2010 (Ri- dei principi di armonizzazione della finanza pub-
forma dell’ordinamento relativo alle blica
camere di commercio, industria, arti-
gianato e agricoltura, in attuazione
dell’articolo 53 della legge 23 luglio
2009, n. 99)
Capitolo Secondo
L’apparato economico-finanziario

SOMMARIO: 1. L’amministrazione finanziaria. - 2. Il Ministero dell’economia e delle


finanze. - 3. I dipartimenti del Ministero dell’economia e delle finanze. - 4. Le agenzie fi-
scali. - 5. Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica. - 6. La Cas-
sa Depositi e Prestiti. - 7. Altri soggetti della contabilità pubblica.

1. L’amministrazione finanziaria
Soggetto primario dell’attività finanziaria è lo Stato, per la molteplicità
dei compiti di interesse generale ad esso affidati. Tuttavia, rientra nell’or-
ganizzazione finanziaria statale tutto il complesso d’organi e uffici, dipen-
denti da più ministeri, per mezzo dei quali lo Stato persegue concretamen-
te i suoi fini in materia di entrate e di spese pubbliche.
La gestione finanziaria dello Stato è affidata a partire dalla XIV legisla-
tura al Ministero dell’economia e delle finanze nato dall’accorpamento del
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica con
il Ministero delle finanze.
Questo è quanto stabilito dal D.Lgs. 300/1999, emanato su delega della
L. 57/1999 (cosiddetta legge Bassanini), provvedimento che insieme agli
altri decreti delegati ha riorganizzato il modello ministeriale su nuove basi.

2. Il Ministero dell’economia e delle finanze


Il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) è competente in ma-
teria di politica economica, finanziaria e di bilancio, nonché di spese ed en-
trate dello Stato.
Le funzioni attribuite al Ministero economico-finanziario sono indivi-
duate dagli articoli 23 e 24 del D.Lgs. 300/1999. In particolare l’art. 24 del
D.Lgs. 300/1999 contiene le disposizioni riguardanti le funzioni del Mini-
stero nelle seguenti aree:
— politica economica e finanziaria, con particolare riguardo all’analisi
dei problemi economici, monetari e finanziari interni e internazionali,
12 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

alla vigilanza sui mercati finanziari e sul sistema creditizio, all’elabora-


zione delle linee di programmazione economica e finanziaria, alle ope-
razioni di copertura del fabbisogno finanziario e di gestione del debito
pubblico; alla valorizzazione dell’attivo e del patrimonio dello Stato;
alla gestione di partecipazioni azionarie dello Stato (compreso l’eserci-
zio dei diritti dell’azionista e l’alienazione dei titoli azionari di proprie-
tà dello Stato); alla monetazione, alla prevenzione delle frodi sui mezzi
di pagamento diversi dalla moneta nonché sugli strumenti attraverso i
quali viene erogato il credito al consumo e dell’utilizzazione del siste-
ma finanziario a scopo di riciclaggio, ferme restando le competenze in
materia del Ministero dell’interno;
— politiche, processi e adempimenti di bilancio, con particolare riguar-
do alla formazione e alla gestione del bilancio dello Stato, compresi gli
adempimenti di tesoreria e la verifica dei relativi andamenti e flussi di
cassa, assicurandone il raccordo operativo con gli adempimenti in ma-
teria di copertura del fabbisogno finanziario. Nell’area sono incluse an-
che le funzioni di verifica della quantificazione degli oneri derivanti dai
provvedimenti e dalle innovazioni normative, nonché dal monitoraggio
della spesa pubblica coordinandone e verificandone gli andamenti e svol-
gendo i controlli previsti dall’ordinamento, comprese le funzioni ispet-
tive e i controlli di regolarità amministrativa e contabile effettuati, ai
sensi della normativa vigente, dagli Uffici centrali del bilancio;
— politiche fiscali, con particolare riguardo alle attività di: analisi del si-
stema fiscale e delle scelte inerenti alle entrate tributarie ed erariali, at-
tività di coordinamento, indirizzo, vigilanza e controllo sulle agenzie fi-
scali; coordinamento, monitoraggio e controllo del sistema informativo
della fiscalità e della rete unitaria di settore; informazione istituzionale
del settore; compiti in materia di demanio, catasto e conservatorie dei
registri immobiliari;
— programmazione economica e finanziaria, coordinamento e verifica
degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale e del-
le politiche di coesione, anche avvalendosi delle Camere di commercio
con particolare riferimento alle aree depresse. Si tratta di funzioni in ma-
teria di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione
dell’utilizzo dei fondi strutturali comunitari;
— amministrazione generale, servizi indivisibili e comuni del Ministe-
ro, con particolare riferimento all’attività di promozione, coordinamen-
Capitolo Secondo - L’apparato economico-finanziario 13

to e sviluppo della qualità dei processi e dell’organizzazione e gestione


delle risorse.
Si tratta di funzioni in larga parte politiche e di coordinamento. Le rimanen-
ti, più strettamente operative, sono state, infatti, affidate alle agenzie fiscali.
Le attività del MEF, prima complesse e articolate, vengono raggruppa-
te in grandi aree funzionali, dette anche macroaree, ossia unità settoriali che
riuniscono al loro interno funzioni omogenee.
Il D.P.R. 30-1-2008, n. 43 (come modificato dal D.P.R. 173/2011), che
contiene il regolamento di riorganizzazione del MEF, stabilisce che il Mi-
nistero è organizzato in forma dipartimentale così come stabilito dal D.Lgs.
300/1999. I dipartimenti sono:
— Finanze;
— Tesoro;
— Ragioneria generale dello Stato;
— Amministrazione generale, del personale e dei servizi.
Ciascun dipartimento è articolato in uffici di livello dirigenziale generale.
Operano nell’ambito del Ministero: l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato,
fino a quando non sarà incorporata nell’Agenzia delle dogane, che assumerà la denominazio-
ne di «Agenzia delle dogane e dei monopoli». Tale incorporazione, stabilita dal D.L. 27-6-
2012, n. 87 (in attesa di conversione), sarà effettiva a decorrere dalla data di entrata in vigore
della legge di conversione del decreto stesso; la Scuola superiore dell’economia e delle fi-
nanze e la Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, previ-
sta dalla L. 42/2009 e istituita con D.P.C.M. 3-7-2009. La Commissione raccoglie dati finan-
ziari, economici e tributari, grazie anche al contributo informativo delle amministrazioni cen-
trali e locali, allo scopo di fornire direttive per la concreta attuazione del federalismo fiscale.

Il D.P.R. 43/2008 ha soppresso i Dipartimenti provinciali del tesoro, del


bilancio e della programmazione economica, le Ragionerie provinciali del-
lo Stato e delle direzioni provinciali dei servizi vari e sono state istituite,
invece, le Ragionerie territoriali dello Stato.

3. I dipartimenti del Ministero dell’economia e del-


le finanze
A) Il Dipartimento delle Finanze
Il Dipartimento svolge le seguenti funzioni statali:
— analisi, elaborazione e valutazione delle politiche economico-fiscali;
— monitoraggio sull’andamento delle entrate tributarie e previsioni sul gettito;
14 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

— analisi, elaborazione e valutazione delle politiche e delle misure giuridico tributarie;


— pianificazione e coordinamento, in relazione ai quali: elabora informazioni delle funzioni
fiscali da parte delle agenzie e degli altri enti impositori; svolge tutte le attività preparato-
rie alla stipula di convenzioni; promuove il raccordo tra i soggetti operanti in campo fi-
scale;
— controllo e monitoraggio dei risultati di gestione delle agenzie in relazione al persegui-
mento degli obiettivi stabiliti nella convenzione, individuando le cause degli scostamen-
ti; si occupa del monitoraggio dei fattori di gestione interni alle agenzie allo scopo di rac-
cogliere le informazioni necessarie allo sviluppo dei rapporti negoziali con le agenzie;
svolge inoltre le attività dirette al controllo delle deliberazioni dei comitati direttivi delle
agenzie e degli altri organismi di settore, compresi i consorzi e società partecipate dal Mi-
nistero;
— vigila sulle modalità di esercizio delle funzioni fiscali da parte delle agenzie in relazione
alla trasparenza, imparzialità e correttezza, nell’applicazione delle norme nei confronti dei
contribuenti, tenuto principalmente conto dello statuto del contribuente;
— valuta e predispone gli elementi amministrativi e tecnici sui progetti di legge, sugli emen-
damenti parlamentari e sugli atti di sindacato ispettivo;
— emana direttive interpretative delle norme tributarie e ciò allo scopo di assicurare il rispet-
to dei diritti del contribuente;
— verifica della congruità degli adempimenti fiscali dovuti dai contribuenti e dei relativi mo-
delli di dichiarazione nonché le modalità di assolvimento rispetto alle esigenze di sempli-
ficazione e riduzione dei costi di gestione degli adempimenti, sia per i contribuenti sia per
l’amministrazione finanziaria;
— comunicazione istituzionale, in relazione alla quale promuove, coordinando tale attività
con le funzioni di informazione e assistenza ai contribuenti delle agenzie, la conoscenza
del sistema, della normativa fiscale e dei suoi effetti;
— coordinamento del sistema informativo della fiscalità, in relazione al quale svolge attivi-
tà di supporto al Ministro per la definizione degli obiettivi strategici e delle linee guida
dello sviluppo dell’informatica e delle tecnologie di comunicazione;
— cura la relazione con gli altri Stati e con gli organismi della UE e internazionali per le ma-
terie di competenza del dipartimento;
— definisce le esigenze del Dipartimento in relazione alle politiche delle risorse umane e stru-
mentali coerentemente con le linee generali stabilite dal Dipartimento dell’amministrazio-
ne generale, del personale e dei servizi; cura i rapporti con il servizio statistico nazionale;
definisce i livelli di servizio per le attività amministrative in materia di gestione delle ri-
sorse umane, acquisti e logistica di competenza del Dipartimento dell’amministrazione
generale, del personale e dei servizi; cura le relazioni sindacali con la rappresentanza di-
partimentale nell’ambito degli indirizzi generali definiti dal Dipartimento dell’ammini-
strazione generale, del personale e dei servizi.
Il Dipartimento si articola in uffici di livello dirigenziale generale, all’interno dei quali
si innestano uffici dirigenziali non generali.
Il dirigente preposto al Dipartimento assume la denominazione di Direttore generale del-
le finanze.
Capitolo Secondo - L’apparato economico-finanziario 15

B) Il Dipartimento del Tesoro


Il Dipartimento del Tesoro ha competenza nel settore della politica economica e finanzia-
ria. Tale attività viene esercitata attraverso:
— analisi dei problemi economici, monetari e finanziari afferenti l’economia nazionale e in-
ternazionale; programmazione economica e finanziaria tenuto conto dei vincoli derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alla UE;
— copertura, grazie anche ai dati forniti dal Dipartimento della Ragioneria, del fabbisogno
finanziario, ricorso al mercato finanziario, gestione del debito pubblico e operazioni finan-
ziarie e analisi dei relativi flussi;
— affari economici e finanziari comunitari, tenendo conto delle competenze in materia del
Ministero degli affari esteri, del Ministero per il commercio internazionale e del Ministe-
ro delle politiche agricole e comunitarie;
— vigilanza sui mercati finanziari e sul sistema del credito; gestione dei rapporti con le com-
petenti Autorità di vigilanza;
— adempimenti in materia valutaria e attività per contrastare il riciclaggio e l’usura; preven-
zione delle frodi sui mezzi di pagamento diversi dalla moneta e dell’impiego del sistema
finanziario a scopo di riciclaggio e finanziamento del terrorismo;
— interventi finanziari del tesoro a sostegno di enti pubblici e di attività produttive; garanzie
pubbliche; monetazione;
— gestione finanziaria delle partecipazione azionarie dello Stato e relativa attività istruttoria
e preparatoria;
— valorizzazione dell’attivo e del patrimonio dello Stato;
— definizione delle esigenze di risorse umane e strumentali del Dipartimento stesso in coe-
renza con quanto stabilito in questi ambiti dal Dipartimento dell’amministrazione gene-
rale, del personale e dei servizi; definizione dei livelli di servizio per le attività ammini-
strative in materia di gestione delle risorse umane, acquisti e logistica di competenza del
Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi;
— informatica dipartimentale; comunicazione istituzionale e relazioni esterne.
Il Dipartimento è gestito dal Direttore generale del Tesoro.
Opera presso il Dipartimento il Consiglio tecnico-scientifico degli esperti.

C) Il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato (DRGS)


Al DRGS spetta l’esercizio delle competenze nell’ambito delle politiche di bilancio e del
coordinamento e verifica degli andamenti della spesa pubblica, i controlli e le verifiche previ-
sti dall’ordinamento comprese le attività ispettive e i controlli di regolarità amministrativa e
contabile. Al Dipartimento competono altresì le valutazione della fattibilità e della rilevanza
economico-finanziaria dei provvedimenti e delle iniziative che comportino innovazione nor-
mativa e la relativa verifica della quantificazione degli oneri e della loro coerenza con gli obiet-
tivi programmatici fissati in materia di finanza pubblica.
Il Dipartimento svolge compiti fondamentali tra i quali ricordiamo:
1) la formazione e la gestione del bilancio dello Stato; definizione del rendiconto generale e
predisposizione del budget e del consuntivo economico;
16 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

2) previsioni economiche finanziarie; elaborazione dei conti finanziari ed economici delle


amministrazioni pubbliche e monitoraggio dei relativi saldi; relazione trimestrale di cas-
sa; preparazione dei documenti di programmazione economico-finanziaria per quanto di
competenza; verifiche delle relazioni tecniche dei provvedimenti; copertura finanziaria
della legislatura e di minore entrata;
3) coordinamento dei servizi di tesoreria dello Stato, integrazione e consolidamento della ge-
stione per cassa del bilancio dello Stato con i relativi flussi di tesoreria, previsione e cal-
colo del fabbisogno;
4) rapporti sia con organismi che con le istituzioni internazionali riguardo i raccordi tra la
contabilità finanziaria e quella economica prevista dalla normativa UE e le rilevazioni sta-
tistiche del Sistema statistico nazionale;
5) informatizzazione dei dati di finanza pubblica nonché definizione delle esigenze funzio-
nali, prestazioni e modalità operative dei sistemi informativi necessari per lo svolgimen-
to dei compiti istituzionali del Dipartimento;
6) indirizzo e coordinamento normativo in materia di contabilità delle amministrazioni pub-
bliche;
7) definizione dei principi e delle metodologie della contabilità economico-analitica-patri-
moniale anche ai fini del controllo di gestione da parte delle amministrazioni pubbliche
per l’armonizzazione dei sistemi contabili previsti dalla normativa UE; individuazione de-
gli strumenti per il controllo dell’economicità e dell’efficienza delle attività svolte dalle
amministrazioni pubbliche nonché analisi, verifica, monitoraggio e valutazione dei costi
e dei servizi e dell’attività delle stesse;
8) monitoraggio delle leggi di spesa, degli andamenti generali della spesa sociale, degli one-
ri derivanti dall’attuazione dei contratti collettivi in materia di assunzione del personale
delle amministrazioni pubbliche; analisi e verifica del costo del lavoro; consulenza per
l’attività predeliberativa del CIPE e i relativi adempimenti di attuazione per ciò che attie-
ne alla competenza del Dipartimento; partecipazione all’attività preparatoria del Consi-
glio dei ministri e supporto tecnico in sede del Consiglio dei ministri;
9) controllo e vigilanza dello Stato, anche attraverso i servizi ispettivi del Dipartimento, in
materia di gestioni finanziarie pubbliche, secondo criteri di programmazione e flessibilità;
10) partecipazione alla formazione, esecuzione e certificazione del bilancio della UE e relativi
adempimenti, inclusa la quantificazione dei relativi oneri a carico della finanza nazionale;
monitoraggio dei flussi finanziari ed esercizio dei controlli comunitari attribuiti dalla UE;
gestione del fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (art. 5 L. 183/1987);
11) definizioni delle modalità e dei criteri che le amministrazioni pubbliche devono seguire
per introdurre la contabilità economica e per la trasmissione dei bilanci in via telematica
da parte di enti pubblici, regioni ed enti locali;
12) definizioni delle esigenze di risorse umane e strumentali del Dipartimento stesso in coe-
renza con quanto stabilito in questi ambiti dal Dipartimento dell’amministrazione gene-
rale, del personale e dei servizi; definizione dei livelli di servizio per le attività ammini-
strative in materia di gestione delle risorse umane, acquisti e logistica di competenza del
Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi;
13) svolgimento dei compiti attribuiti al MEF in materia di revisione legale dei conti di cui al
D.Lgs. 39/2010;
Capitolo Secondo - L’apparato economico-finanziario 17

14) evoluzione normativa dei bilanci pubblici. Analisi, studio e ricerca economica sugli im-
patti delle politiche settoriali nelle materie di sua competenza.
Il Dirigente preposto alla guida del Dipartimento è il Ragioniere generale dello Stato.
Il Centro nazionale di contabilità pubblica istituito presso il Dipartimento è stato sostitu-
to nelle funzioni svolte dall’Ispettorato generale per la contabilità e la finanza pubblica.
Il sistema delle ragionerie del Dipartimento è formato:
1. dagli Uffici centrali del bilancio;
2. dall’Ufficio centrale di ragioneria presso l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Sta-
to (fino all’inizio dell’attività dell’agenzia fiscale che sostituirà l’Amministrazione stessa);
3. dalle Ragionerie territoriali dello Stato (istituite dal D.P.R. 43/2008).
Gli Uffici centrali del bilancio sono istituiti presso tutte le amministrazioni centrali (mi-
nisteri con portafoglio). Essi svolgono le seguenti funzioni (art. 11 D.P.R. 43/2008):
— concorrono alla formazione del bilancio dei singoli Ministeri valutando gli oneri derivan-
ti dalle funzioni e dai servizi istituzionali, dai programmi e progetti presentati dalle am-
ministrazioni a livello di programmi o di singolo capitolo; curano la compilazione dei ren-
diconti ministeriali;
— possono controllare anche a campione la regolarità amministrativa e contabile; tengono le
scritture contabili e registrano gli impegni di spesa derivanti dai provvedimenti assunti da-
gli uffici amministrativi, sotto la responsabilità dei dirigenti competenti;
— effettuano, anche a campione, il riscontro amministrativo e contabile dei rendiconti am-
ministrativi che devono redigere i funzionari delegati e dei conti giudiziali resi dagli agen-
ti contabili;
— ricevono dalle amministrazioni tutte le informazioni relative alla contabilità economica
redatta per centri di costo, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. 279/1997;
— svolgono secondo la loro competenza la funzione di vigilanza sul rispetto dei limiti di spe-
sa delle amministrazioni pubbliche secondo quanto stabilito dal D.L. 194/2002, converti-
to dalla L. 246/2002;
— provvedono al controllo e alla contabilizzazione delle entrate dello Stato per centro di re-
sponsabilità e alla tenuta del conto del patrimonio;
— valutano, in sede di applicazione delle norme di spesa e minore entrata, la congruenza delle
clausole di copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi (art. 1, comma 470, L. 296/2006).
Infine, ai sensi dell’art. 27 della legge di contabilità (R.D. 2440/1923), gli Uffici centrali
del bilancio vigilano sull’osservanza delle norme che riguardano:
a) la conservazione del patrimonio dello Stato;
b) l’esatto accertamento delle entrate;
c) la regolare gestione dei fondi di bilancio.
Le Ragionerie territoriali dello Stato sono organi locali del MEF, dipendono organica-
mente dal Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e svolgono le funzioni spettanti
al Dipartimento stesso su base regionale, interregionale e interprovinciale. A livello territoria-
le svolgono le funzioni di competenza del Dipartimento dell’amministrazione generale del per-
sonale e dei servizi. Esse si articolano in uffici dirigenziali non generali, i quali provvedono al
monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica con riferimento alle realtà istituzionali; sono
18 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

responsabili del controllo di regolarità amministrativo-contabile su tutti gli atti dai quali discen-
dono effetti finanziari per il bilancio dello Stato, la vigilanza su enti, uffici e gestioni a caratte-
re locale e le altre competenze necessarie al funzionamento dei servizi, nonché le funzioni che
prima erano svolte a livello territoriale dalle direzioni territoriali dell’economia e delle finanze
in seguito all’emanazione dei decreti di cui all’art. 2, co. 1ter, D.L. 40/2010, conv. in L. 73/2010.

D) Il Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei


servizi
Il Dipartimento dell’amministrazione generale esercita funzioni di supporto per il MEF e
servizi riguardanti gli approvvigionamenti delle pubbliche amministrazioni, l’elaborazione e
il pagamento degli stipendi dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato.

4. Le agenzie fiscali
Una delle innovazioni più significative introdotta dal D.Lgs. 300/1999
è l’istituzione delle agenzie fiscali.
Le agenzie istituite dall’articolo 57 sono quattro, denominate: delle en-
trate, delle dogane, del territorio e del demanio, dotate di personalità giuridi-
ca di diritto pubblico. L’Agenzia del demanio è un ente pubblico economico.
Le agenzie fiscali sono divenute esecutive dal 1° gennaio 2001 (art. 1
D.M. 28-12-2000); successivamente il D.Lgs. 173/2003 ha apportato delle
modifiche all’organizzazione e ai compiti delle stesse.
Le agenzie fiscali sono le seguenti:
1. Agenzia delle entrate
Ad essa sono attribuite le funzioni relative all’amministrazione, alla ri-
scossione e al contenzioso delle imposte dirette, dell’IVA e di tutte le al-
tre imposte, diritti o entrate erariali o locali, entrate anche di natura ex-
tratributaria, già di competenza del dipartimento delle entrate o affidati
alla sua gestione in base alla legge o ad apposite convenzioni stipulate
con gli enti impositori o con gli enti creditori.
L’agenzia ha il compito di perseguire il massimo livello di adempimen-
to degli obblighi fiscali sia attraverso l’assistenza ai contribuenti, sia at-
traverso controlli diretti a contrastare l’inadempimento e l’evasione.
Con deliberazione 30-11-2000, n. 3 è stato approvato il regolamento di con-
tabilità dell’agenzia mentre con provvedimento 36122/2001 è stata disposta
l’organizzazione interna delle strutture di vertice dell’Agenzia delle entrate.
L’Agenzia delle entrate è gestore del sistema di interscambio della fat-
turazione elettronica, di cui all’art. 1, commi 209-212, L. 244/2007; a
Capitolo Secondo - L’apparato economico-finanziario 19

tal fine l’Agenzia si avvale della SOGEI - Società Generale di Informa-


tica S.p.A., quale apposita struttura dedicata ai servizi strumentali e alla
conduzione tecnica di detto sistema di interscambio (D.M. 7-3-2008).
La manovra finanziaria 2008, infatti, al comma 209 e ss. ha introdotto
l’obbligo della fatturazione elettronica per la pubblica amministrazione
e per tutti gli operatori economici con l’osservanza del D.Lgs. 52/2004
(Attuazione della direttiva 2001/115/CE che semplifica ed armonizza le
modalità di fatturazione in materia di IVA), e del codice dell’ammini-
strazione digitale, di cui al D.Lgs. 82/2005.
2. Agenzia delle dogane
Svolge i servizi relativi all’amministrazione, alla riscossione e al con-
tenzioso dei diritti doganali e della fiscalità interna negli scambi inter-
nazionali e delle accise sulla produzione e sui consumi, escluse quelle
sui tabacchi lavorati, operando in stretto collegamento con gli organi
dell’Unione europea nel quadro dei processi di armonizzazione e di svi-
luppo dell’unificazione europea.
3. Agenzia del territorio
Competente a svolgere i servizi relativi al catasto, i servizi geo-topo-car-
tografici e quelli relativi alle conservatorie dei registri immobiliari, l’agen-
zia opera in stretta collaborazione con gli enti locali.
Essa costituisce l’organismo tecnico previsto nell’articolo 67 del D.Lgs.
31-3-1998, n. 112 e gestisce l’osservatorio del mercato immobiliare e i
relativi servizi estimativi.
È il caso di ricordare che l’articolo 66 del D.Lgs. 112/1998, citato, tra-
sferisce ai Comuni le funzioni relative alla tenuta, utilizzazione e aggior-
namento degli atti catastali, partecipando al processo di determinazione
degli estimi catastali.
L’Agenzia del territorio è destinata ad essere incorporata nell’Agenzia
delle entrate. È quanto stabilisce l’art. 3, co. 1, del D.L. 27-6-2012, n.
87, che fissa tale incorporazione alla data di pubblicazione della sua leg-
ge di conversione.
4. Agenzia del demanio
Essa gestisce i beni immobili dello Stato e, dietro apposite convenzio-
ni, anche i beni immobiliari delle Regioni, di enti locali e di altri enti
pubblici. All’Agenzia è, inoltre, attribuita la gestione dei beni confisca-
ti alla criminalità organizzata.
20 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

Ha il compito di razionalizzare e valorizzare l’impiego dei beni ammi-


nistrati, e di svilupparne il sistema informativo, utilizzando criteri di mer-
cato. Con gli stessi criteri imprenditoriali l’agenzia deve gestire i pro-
grammi di vendita, di provvista, di utilizzo e di manutenzione ordinaria
e straordinaria degli immobili, basandosi, ove occorra, sui dati forniti
dall’osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del territorio.
Appare evidente la volontà del legislatore di imprimere un deciso impulso alla gestione
con criteri privatistici del patrimonio statale, al fine di migliorarne quanto più possibile lo
sfruttamento economico.

L’Agenzia del demanio, trasformata in ente pubblico economico dal


D.Lgs. 173/2003, è dotata di proprio patrimonio, costituito da un fondo
di dotazione e dai beni mobili ed immobili strumentali alla sua attività.

5. Il Comitato Interministeriale per la Programma-


zione Economica
Il CIPE, sulla base delle proposte delle amministrazioni competenti per
materie, svolge funzioni di coordinamento in relazione alla programmazio-
ne e alla politica economica nazionale, di coordinamento fra la politica na-
zionale e comunitaria. Il D.Lgs. 430/1997 ne ha riordinato le competenze
attribuendogli i seguenti compiti:
— definire le linee di politica economica da perseguire in ambito naziona-
le, comunitario ed internazionale, individuando gli obiettivi prioritari di
sviluppo economico e sociale;
— definire gli indirizzi generali di politica economica per la valorizzazio-
ne dei processi di sviluppo delle diverse aree del Paese, con particolare
riguardo alle aree depresse;
— svolgere funzioni di coordinamento ed indirizzo generale in materia di intese
istituzionali di programma e di programmazione negoziata; il CIPE può, inol-
tre, definire ulteriori tipologie di contrattazione programmata, disciplinando-
ne le modalità di proposte, di approvazione, attuazione, verifica e controllo;
— rideterminare periodicamente obiettivi ed indirizzi sulla base dell’effi-
cacia degli interventi già realizzati riallocando se necessario le risorse
inutilizzate;
— definire le linee guida e i principi comuni ad ogni autorità garante con
funzioni di regolazione delle public utilities.
Capitolo Secondo - L’apparato economico-finanziario 21

La legge 17-5-1999, n. 144, art. 3, modificando l’art. 1 comma 2 del


D.Lgs. 430/1997, ha disposto che i compiti spettanti al CIPE e afferenti la
gestione tecnica, amministrativa e finanziaria devono essere trasferiti alle
amministrazioni competenti in materia. Il CIPE con delibera 141/1999 ha
provveduto ad individuare i tipi di provvedimenti interessati nonché le ri-
spettive amministrazioni competenti.
Presso il CIPE opera il Mip (Sistema di monitoraggio degli investimen-
ti pubblici) e l’Unità tecnica-Finanza di progetto (L. 144/1999, art. 1).
Al CIPE sono state attribuite anche competenze in materia di:
— infrastrutture strategiche (L. 443/2001, art. 1);
— investimenti per lo sviluppo nell’ambito del fondo aree sottoutilizzate
(L. 289/2002, artt. 60-61);
— ripartizione delle risorse nell’ambito del fondo rotativo per il sostegno alle
imprese e gli investimenti in ricerca (L. 311/2004, art. 1, commi 354-355).

6. La Cassa Depositi e Prestiti


Istituita il 17-5-1863 con L. 1270, la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha
avuto sin dall’inizio il compito di raccogliere depositi, in denaro e titoli, e
di impiegare le disponibilità in titoli del debito pubblico ed in mutui a favo-
re degli enti locali.
Fino al 1983 faceva parte del Ministero del tesoro, essendone una direzione generale (Di-
rezione Generale della Cassa Depositi e Prestiti). In seguito alla legge 13 maggio 1983, n. 197,
la Cassa Depositi e Prestiti, soppressa la vecchia Direzione Generale, assunse delle caratteri-
stiche che tendevano a qualificarla come una azienda autonoma dello Stato con «personalità
giuridica, organizzazione, patrimonio e bilancio separati da quello dello Stato», ma comun-
que ricompresa nell’organizzazione in senso lato del Tesoro e sottoposta, in ogni caso, alla su-
prema direzione del Ministro stesso.

Il D.L. 269/2003, conv. dalla L. 326/2003, ha disposto la trasformazio-


ne della CDP in S.p.A., attuata con D.M. 5-12-2003. Nell’esercitare la pro-
pria attività la CDP deve garantire l’equilibrio della gestione e la propria so-
lidità patrimoniale.
Più precisamente l’istituto:
— riceve depositi, con garanzia dello Stato, da amministrazioni statali, Regioni, enti locali e
pubblici, e infine da privati solo nei casi previsti dalla legge;
— concede finanziamenti allo Stato, alle Regioni, agli enti locali e pubblici, ai gestori di pub-
blici servizi etc.;
— gestisce fondi e svolge attività per conto delle amministrazioni pubbliche o di altri soggetti.
22 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

L’attività della Cassa Depositi e Prestiti è sostenuta oltre che dal proprio
patrimonio anche da depositi, fondi provenienti dall’assunzione di prestiti,
fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale, buoni frutti-
feri postali etc., fondi provenienti dalla assunzione di prestiti.
In base a quanto disposto dal D.L. 78/2009 (art. 8), conv. in L. 102/2009, tali fondi pos-
sono essere impiegati anche per finanziare l’internazionalizzazione delle imprese quando le
operazioni siano assistite da garanzia o assicurazione della SACE S.p.A. (Servizi assicurativi
del Commercio estero).

Il comma 235 della L. 191/2009 (finanziaria 2010) introduce la possibi-


lità che le operazioni di finanziamento effettuate da Cassa Depositi e Prestiti
S.p.A. a favore delle piccole e medie imprese nell’ambito della cd. «gestione
separata» — cioè attraverso l’uso delle risorse provenienti dalla raccolta del
risparmio postale — possano svolgersi, oltre che attraverso l’intermediazione
di soggetti autorizzati all’esercizio del credito, anche attraverso la sottoscrizio-
ne di fondi comuni di investimento gestiti da una società di gestione del rispar-
mio, il cui oggetto sociale realizza uno o più fini istituzionali della stessa CDP.
In via ordinaria la Cassa Depositi e Prestiti può concedere finanziamenti,
sotto qualsiasi forma, ai seguenti soggetti: Stato; Regioni; enti locali; gestori di
pubblici servizi; società partecipate dalla Cassa; soggetti indicati dalla legge.
Leggi speciali possono, di volta in volta, autorizzare a finanziare sog-
getti diversi da quelli sopraindicati.
La L. 266/2005 (Finanziaria 2006) ha disposto la fusione per incorpo-
razione della società «Infrastrutture S.p.A.», a partire dal 1° gennaio 2006,
nella CDP, la quale assume tutti i beni, diritti e rapporti giuridici attivi e pas-
sivi anche processuali.

7. Altri soggetti della contabilità pubblica


A) Le amministrazioni e le aziende autonome
Sono organismi atipici, dotati di una propria e distinta organizzazione
amministrativa, ma incardinati nell’amministrazione statale o di enti loca-
li, e adibiti all’esercizio di attività e alla gestione di servizi di natura tecni-
co-economica.
In particolare le aziende autonome, anche se di solito sono prive di per-
sonalità giuridica, godono di ampia autonomia amministrativa (per quanto
attiene l’organizzazione e l’amministrazione interna), finanziaria e contabi-
le: redigono un proprio bilancio, distinto da quello statale, ma inserito in esso.
Capitolo Secondo - L’apparato economico-finanziario 23

A partire dai primi anni Novanta, un processo di privatizzazione, tuttora in corso, ha ri-
guardato le più importanti aziende autonome dello Stato: alcune di esse sono state trasforma-
te in società per azioni, altre in ente pubblico economico, per altre ancora la trasformazione,
sebbene già prevista, non è stata ancora attuata.
L’ex azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, dapprima trasformata in ente pubblico
economico (L. 17-3-1985, n. 610), è divenuta una società per azioni (delibera CIPE 12-8-1992).
L’amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni è divenuta (a seguito del D.L.
1-12-1993, n. 487 convertito in L. 29-1-1994, n. 71) un ente pubblico economico, assumendo
la denominazione di Ente poste italiane; dal 1° marzo 1998 è divenuta una S.p.A.
L’azienda di Stato per i servizi telefonici (ASST) è stata soppressa (L. 29-1-1992, n. 58)
ed i suoi beni sono passati ad una società dell’IRI (IRITEL). In seguito al riassetto generale
del settore, quest’ultima società è confluita (insieme a SIP, Italcable, Telespazio e SIRM) nel-
la TELECOM S.p.A.
L’azienda nazionale autonoma delle strade (ANAS), è stata trasformata in ente pubblico
economico (D.Lgs. 26-2-1994, n. 143) divenendo Ente nazionale per le strade; il D.L. 138/2002
(convertito dalla L. 178/2002) ne aveva disposto la trasformazione in società per azioni. Tut-
tavia la trasformazione è diventata operativa solo con l’entrata in vigore della Finanziaria 2003
(L. 289/2002) che ha previsto per il suo completamento l’emanazione di ben nove decreti mi-
nisteriali. L’Anas S.p.A. è stata poi riordinata dall’art. 36 del D.L. 98/2011, conv. in L. 111/2011.
L’articolo prevede altresì l’istituzione dell’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali.
Per l’azienda di Stato per gli interventi sul mercato agricolo (AIMA) il D.L. 26-5-1995,
n. 192 aveva disposto la trasformazione in ente pubblico economico (EIMA); tale D.L. non è
stato però convertito in legge. Il D.Lgs. 14-6-1999, n. 165 ha poi disposto la soppressione e la
liquidazione dell’AIMA e la sua sostituzione con l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura
(AGEA). Quest’ultima è un ente di diritto pubblico non economico, le cui competenze sono
state per lo più affidate al Ministero delle politiche agricole e forestali secondo quanto stabili-
to dal D.L. 6-7-2012, n. 95 (cd. Spending review 2), in attesa di conversione.
Per quanto riguarda l’amministrazione dei monopoli di Stato, il D.Lgs. 283/1998 ha isti-
tuito l’Ente tabacchi italiani e ha disposto la sua trasformazione in una o più società per azio-
ni, l’ente infatti ha assunto la denominazione ETI S.p.A. Con D.P.C.M. 19-7-2002 è stata di-
sposta l’alienazione della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze
in ETI S.p.A. Quest’ultima esercita le attività produttive e commerciali già riservate o attribu-
ite all’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
Ulteriori norme in materia di messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche
sono contenute nell’art. 4 del D.L. 95/2012, secondo cui nei confronti delle società controlla-
te direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni pubbliche, come individua-
ta dall’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001 (si veda box a pag. 40), che abbiano conseguito nell’an-
no 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superio-
re al 90 per cento, si procede, alternativamente:
— allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013;
— all’alienazione, con procedure di evidenza pubblica (cfr. Cap. II, Parte III), delle parteci-
pazioni detenute alla data di entrata in vigore del decreto 95/2012 entro il 30 giugno 2013
e alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014.
24 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

L’articolo, inoltre, elenca al comma 3 le società escluse dall’applicazione delle disposi-


zioni previste dall’articolo stesso.

Attualmente, dunque, risultano allegati a quello dello Stato i bilanci del-


le seguenti aziende ed amministrazioni autonome:
— Archivi notarili (Ministero della giustizia);
— Istituto Agronomico per l’oltremare (Ministero degli affari esteri);
— Amministrazione del Fondo edifici di culto (Ministero dell’interno).

B) Gli enti non territoriali


Si tratta di una pluralità di enti ed organismi pubblici, tutti interessati
alla finanza pubblica, collegati in qualche modo con il sistema di contabili-
tà pubblica. La mancanza di una nozione unitaria della finanza pubblica, e
l’incoerenza intrinseca del nostro sistema di amministrazione dell’econo-
mia, rendono però estremamente difficile una tipizzazione di tali enti. La
dottrina più recente distingue, sulla base di un criterio desunto dalle disci-
pline anziendalistiche, tra:
— enti di erogazione, cui la L. 70/1975 ha imposto il principio di obbliga-
torietà annuale del bilancio e del consuntivo e la loro redazione secon-
do norme uniformi;
— enti economici che utilizzano il modello del bilancio e della contabilità
d’impresa (ad essi, dunque, non si applicano le norme della contabilità
pubblica).

C) Gli enti territoriali e le amministrazioni locali


Anche gli enti locali territoriali (Regioni, Province, Comuni) sono sog-
getti che operano nell’ambito della contabilità pubblica.
Essi si caratterizzano per avere:
— autonomia statutaria;
— autonomia finanziaria, basata sulla certezza di risorse proprie e di tra-
sferimenti statali e regionali;
— autonomia di bilancio;
— autonomia contabile, che si esprime nell’esistenza di un autonomo pro-
cedimento contabile di acquisizione ed erogazione dei mezzi finanziari.
Si noti che la definizione enti locali può applicarsi solo a Province, Comuni, Comunità
Montane, Aree Metropolitane e Unioni di Comuni. Queste ultime sono state esplicitamente de-
Capitolo Secondo - L’apparato economico-finanziario 25

finite enti locali dalla L. 265/1999. Le Regioni sono enti territoriali ma non possono essere
confuse con gli altri enti locali.

Sono ricompresi nel settore pubblico e, in quanto tali, tenuti ad osserva-


re le norme di contabilità pubblica anche i seguenti enti a competenza loca-
le: le aziende sanitarie locali; le Camere di Commercio; i consorzi fra enti
locali.

D) Il riordino e la trasformazione degli enti pubblici


Il primo intervento legislativo organico in materia di riordino degli enti
pubblici è stato il D.Lgs. 419/1999 (Riordinamento del sistema degli enti
pubblici nazionali, a norma degli artt. 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n.
59); esso aveva fissato al 31 dicembre 2001 il termine entro cui, a seguito
di apposite istruttorie condotte dai ministeri competenti, dovevano essere
individuati gli enti da privatizzare, trasformare, accorpare nell’ambito di un
elenco allegato allo stesso decreto. Tale termine è stato differito, da ultimo
dal D.L. 273/2005 convertito dalla L. 51/2006, al 31 dicembre 2007.
Successivamente la L. 244/2007 (manovra finanziaria 2008), art. 2, commi 634-640, è in-
tervenuta in tema di riordino degli enti pubblici, abrogando l’art. 28 della L. 448/2001, che
tratta della soppressione e trasformazione di detti enti, ad eccezione dei commi 7, 9, 10 e 11 e
facendo salvi i regolamenti emanati in attuazione dello stesso art. 28.
Il D.L. 112/2008, convertito in L. 133/2008, ha poi stabilito la soppressione, entro 90 gior-
ni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto stesso, di tutti gli enti non eco-
nomici, con meno di 50 dipendenti e ad eccezione delle federazioni sportive e degli enti non
inclusi nell’elenco ISTAT (pubblicato in attuazione del comma 5 art. 1 L. 311/2004), degli enti
la cui funzione consiste nella conservazione e nella trasmissione della memoria della Resisten-
za e delle deportazioni, anche con riferimento alle leggi 20 luglio 2000, n. 211, istitutiva del-
la Giornata della memoria, e 30 marzo 2004, n. 92, istitutiva del Giorno del ricordo, nonché
delle Autorità portuali, degli enti parco e degli enti di ricerca, ad eccezione di quelli conferma-
ti con decreto dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplifi-
cazione normativa, da emanarsi entro il predetto termine.
Da ultimo, il D.L. 31-5-2010, n. 78, conv. in L. 30 luglio 2010, n. 122, al fine di ottimiz-
zare le risorse ed evitare duplicazioni di attività, ha disposto la soppressione ed incorpora-
zione di enti ed organismi pubblici, direttamente individuati dal legislatore. In particolare, si
evidenzia la soppressione, ai sensi dell’art. 7 della citata normativa, dell’Ipsema e l’Ispesl, le
cui funzioni sono trasferite all’INAIL; dell’Ipost, le cui funzioni sono trasferite all’INPS;
dell’Istituto affari sociali, le cui funzioni passano all’Isfol; dell’Ente nazionale di assistenza e
previdenza per pittori, scultori, musicisti, scrittori e autori drammatici, le cui funzioni sono at-
tribuite all’Enpals. Ed ancora, sono soppressi: l’Istituto di studi ed analisi economica (Isae),
l’Ente italiano montagna (Eim) e l’Istituto nazionale per studi ed esperienze di architettura na-
vale (Insean). Infine, si segnala anche la soppressione dell’Agenzia autonoma per la gestione
26 Parte Prima - Fonti e soggetti della contabilità pubblica

dell’albo dei segretari comunali e provinciali, ex art. 102 T.U.E.L., le cui funzioni sono tra-
sferite al Ministero dell’interno.
Con la manovra correttiva dei conti pubblici, D.L. 98/2011 (art. 14, co. 17), conv. in L.
111/2011, è stata disposta la soppressione dell’ICE (Istituto nazionale per il commercio este-
ro); le sue funzioni sono state trasferite al Ministero dello sviluppo economico.
Il D.L. 201/2011, conv. in l. 214/2011, ha previsto dal 1° gennaio 2012 l’accorpamento di
INPDAP ed ENPALS nell’INPS.
Il D.L. 95/2012, art. 12, ha operato un’ulteriore sforbiciata degli enti pubblici, sono stati
infatti soppressi tra gli altri: l’INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nu-
trizione); la Fondazione Centro sperimentale di cinematografia; l’Ente nazionale per il micro-
credito. Atri sono stati posti in liquidazione come la Società per lo sviluppo dell’arte, della cul-
tura e dello spettacolo - ARCUS S.p.A.

Glossario
Politica economica: branca della scienza economica che studia l’intervento dello Stato
nell’economia e suggerisce gli strumenti da porre in essere affinché siano raggiunti alcuni
obiettivi considerati socialmente desiderabili.
Programmazione economica e finanziaria: elaborazione di una strategia di politica eco-
nomica globale e di lungo periodo.
Politiche fiscali: insieme di manovre dirette a influenzare il livello della domanda globale
attraverso variazioni della spesa pubblica e della pressione fiscale.
PARTE Seconda
IL bilanciO dello Stato

Capitolo Primo: Il bilancio di previsione e le modificazioni..... Pag. 28


Capitolo Secondo: La struttura del bilancio......................... » 66
Capitolo Terzo: L’esecuzione del bilancio............................. » 75
Capitolo Quarto: La gestione di tesoreria.............................. » 84
Capitolo Quinto: Il rendiconto generale dello Stato............. » 92
Capitolo Sesto: I rendiconti speciali: i conti amministrativi
e i conti giudiziali................................................................ » 99
Capitolo Primo
Il bilancio di previsione
e le modificazioni

Sommario: 1. Il bilancio dello Stato in generale. - 2. Tipi di bilancio. - 3. Principi del


bilancio. - 4. I bilanci dello Stato e l’articolo 81 della Costituzione. - 5. La copertura fi-
nanziaria delle leggi. - 6. Il ciclo del bilancio e il principio della programmazione. - 7. I
rapporti con l’UE in tema di finanza pubblica: il Programma di stabilità e il Programma
nazionale di riforma. - 8. Il Documento di economia e finanza. - 9. La manovra di finan-
za pubblica. - 10. Segue: La legge di stabilità. - 11. Segue: Il bilancio annuale di previ-
sione. - 12. Segue: Il bilancio pluriennale. - 13. Segue: La formazione e l’approvazione
del bilancio. - 14. Segue: I disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica. -
15. L’esercizio provvisorio. - 16. Assestamento e variazioni di bilancio.

1. Il bilancio dello Stato in generale


A) Definizione
Nell’ordinamento di ogni Stato è particolarmente sentita l’esigenza di
prevedere e documentare ordinatamente i fatti finanziari oggetto della po-
litica economica e finanziaria del paese. A tale esigenza risponde la predi-
sposizione del cd. «bilancio preventivo».
Secondo la dottrina prevalente il bilancio consiste in un conto in cui ven-
gono indicati gli elementi attivi e passivi relativi ad un determinato perio-
do di tempo, ovvero in un documento contabile che rappresenta, sotto for-
ma di previsione, i risultati di una serie di operazioni che saranno effettua-
te in un determinato periodo di tempo.

Qual è la principale differenza tra il bilancio civilistico e quello dello


Stato?
A differenza del bilancio di esercizio civilistico (che evidenzia le componenti attive e passi-
ve della situazione patrimoniale al termine dell’esercizio), il bilancio dello Stato si presen-
ta come un bilancio finanziario e di previsione, mentre i risultati effettivi conseguiti alla chiu-
sura della gestione sono riportati in un documento che nella contabilità pubblica assume il
nome di rendiconto (corrispondente al bilancio consuntivo della disciplina privatistica).
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 29

B) Funzione del bilancio


Oltre alla evidente ed indiscutibile funzione contabile, il bilancio ha una
funzione:
— politica, concernente il rapporto fiduciario tra il Parlamento ed il Go-
verno; l’approvazione della legge di bilancio e della legge finanziaria,
infatti, rappresenta un efficace test sulla solidità del rapporto fra il Go-
verno e la maggioranza parlamentare che lo sostiene;
— giuridica perché con la legge di bilancio il Parlamento autorizza il Go-
verno ad accertare e riscuotere le entrate e ad impegnare e pagare le spe-
se in conformità del bilancio;
— economica poiché attraverso il bilancio (o, meglio, la manovra del bi-
lancio) vengono espresse le priorità politiche con cui reperire ed utiliz-
zare le risorse collettive, gli obiettivi che si intende conseguire ed in qua-
li settori dell’economia debba esplicarsi l’intervento pubblico.

C) Anno finanziario ed esercizio finanziario


L’attività di gestione, in un’azienda privata come in un ente pubblico, si
svolge senza alcuna soluzione di continuità: è solo per convenzione e, so-
prattutto, praticità che si è soliti suddividerla in più cicli temporali cui fan-
no riferimento previsioni e consuntivi.
Anche per lo Stato italiano, ai sensi della L. 196/2009, il periodo di tem-
po considerato quale misura per l’individuazione temporale del bilancio del-
lo Stato (e degli enti pubblici) è l’anno solare che decorre dal 1° gennaio al
31 dicembre.
Viene quindi definito anno finanziario lo spazio di tempo entro il qua-
le si svolge un determinato ciclo di gestione ed in cui viene ripartita l’atti-
vità dell’ente pubblico (DI RENZO).
L’esercizio finanziario è, invece, un concetto economico-giuridico che
inerisce al complesso di atti di gestione compiuti dallo Stato nell’anno fi-
nanziario.

2. Tipi di bilancio
A) Bilancio economico e bilancio finanziario
Il bilancio, a seconda degli scopi che si propone e dei soggetti che lo
pongono in essere, può assumere varie forme.
30 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

La prima distinzione può essere fatta tra bilancio economico e bilancio


finanziario (quest’ultimo tipico degli enti pubblici).
Il bilancio economico concerne l’individuazione di costi sostenuti e di
ricavi intervenuti nell’ambito di una certa attività allo scopo di individuare
un utile di gestione (reddito). Esso è proprio delle sole aziende private (ma
anche delle aziende pubbliche, quando perseguono fini economici ed ope-
rano nell’ambito e con le regole del mercato) ed ha il fine di misurare le spe-
se necessarie per il raggiungimento di un determinato obiettivo aziendale.
Nel bilancio finanziario, invece, sono esposte cifre che rappresentano
solo movimenti di entrata ed uscita di denaro i quali possono provocare sia
aumenti o diminuzioni del patrimonio monetario aziendale, sia (attraverso
movimenti compensativi) lasciare invariato il patrimonio stesso.
Il bilancio finanziario viene adottato negli enti pubblici e ciò:
— per la particolare natura delle entrate e delle spese che registrano;
— perché il bilancio non tende ad un calcolo economico, ma viene inteso
come mezzo di autorizzazione preventiva alla erogazione delle spese
che gli enti sono chiamati ad effettuare.
La differenza tra bilancio economico e bilancio finanziario va dunque ravvisata nella cir-
costanza che il primo (quello economico) va alla ricerca, sulla base di imputazioni economi-
che, del reddito; nel secondo invece sono indicate entrate e uscite di denaro, senza alcun rife-
rimento a costi, ricavi e risultati differenziali da cui scaturisce il reddito. Inoltre, rispetto ai bi-
lanci economici, i bilanci finanziari hanno un contenuto più limitato, poiché costi che vanno
inseriti nei primi (consumi di scorte già esistenti, ammortamenti) non compaiono nei secondi
dal momento che non comportano uscite finanziarie. Al fine di affiancare al tradizionale bilan-
cio finanziario una struttura di bilancio di tipo economico, la L. 94/1997 e il D.Lgs. 279/1997
(artt. 10-12) hanno introdotto, per tutte le pubbliche amministrazioni, il Sistema unico di con-
tabilità analitica per centri di costo, in grado di evidenziare non solo le spese di un’ammi-
nistrazione ma anche i relativi costi di gestione; tale sistema «pone in relazione le risorse im-
piegate, gli obiettivi perseguiti e le responsabilità di gestione della dirigenza, consentendo di
verificare l’andamento della gestione attraverso il confronto dei costi (che esprimono l’impie-
go delle risorse) previsti nel budget, con quelli effettivamente sostenuti nel corso dell’eserci-
zio» (cfr. Circolare MEF/DRGS 29/2010).
La rilevazione dei costi, in particolare, esprime la rappresentazione della fase gestionale
e, quindi, consente alle amministrazioni di procedere alla verifica dell’azione amministrativa,
e, ove occorresse, di adeguare il budget inizialmente formulato alle nuove esigenze che ven-
gono a manifestarsi nel corso della gestione. Per l’espletamento di tali adempimenti le ammi-
nistrazioni centrali hanno come riferimento il Titolo III del decreto legislativo 7 agosto 1997,
n. 279, e il connesso Piano dei conti ad esso allegato che costituisce l’unità elementare di ri-
levazione e di scambio delle informazioni tra le stesse amministrazioni centrali e il MEF/DRGS.
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 31

I Centri di costo di ciascuna amministrazione sono direttamente coinvolti nel procedimen-


to di invio telematico dei dati economici rilevati e validati mediante l’ausilio del portale web
su rete internet. I centro di costo «individuati in coerenza con il sistema dei centri di respon-
sabilità dell’amministrazione» (art. 10, co. 4, D.Lgs. 279/1997), corrispondono, generalmen-
te, a strutture dirigenziali generali e ciascuna fa riferimento a un unico centro di responsabili-
tà amministrativa.
I principi fondamentali e le regole contabili relative al Sistema unico di contabilità eco-
nomica delle P.A. sono contenuti nel Manuale dei principi e delle regole contabili (D.M.
7-5-2008), redatto dal DRGS e aggiornato in seguito alla riclassificazione funzionale del bi-
lancio in missioni e programmi avvenuta nel 2008 nell’ambito di un più ampio processo di re-
visione delle modalità d’uso della spesa pubblica e confermata dalla recente riforma della con-
tabilità pubblica attuata con la L. 196/2009.

B) Bilanci preventivi e consuntivi


Rispetto al tempo cui si riferiscono, i bilanci si suddividono in: preven-
tivi e consuntivi.
I primi sono quelli che si riferiscono all’esercizio finanziario successi-
vo a quello in cui vengono redatti. Essi contengono l’indicazione delle en-
trate che si prevede di realizzare e delle spese che si prevede di sostenere
nell’esercizio non ancora iniziato. È questo tipo di bilancio che viene per-
tanto redatto dal Governo prima dell’inizio dell’anno finanziario.
Proprio il fatto di essere un bilancio di previsione rappresenta una delle
caratteristiche fondamentali del bilancio dello Stato. Quest’ultimo infatti è
un bilancio che non espone dati relativi a fatti finanziari compiutamente de-
terminatisi, ma soltanto previsti in relazione all’attività predisposta ed ai
programmi in corso di attuazione.
I secondi, invece, si riferiscono ad un esercizio finanziaro già concluso
e contengono l’indicazione delle entrate effettivamente realizzate e delle
spese effettivamente sostenute in tale periodo.
Nella contabilità pubblica il bilancio consuntivo è denominato rendicon-
to, mentre per bilancio tout court si intende il bilancio di previsione.

C) Bilancio di cassa e di competenza


A seconda del momento cui sono riferite le previsioni, si possono avere
due tipi di bilancio: di cassa e di competenza.
Nel bilancio di cassa (o materiale) sono indicate le entrate effettivamen-
te riscosse e le spese effettivamente pagate nel periodo considerato, indi-
pendentemente dal fatto che il diritto a riscuotere le entrate o l’impegno ad
32 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

effettuare le spese siano sorti nel periodo preso in considerazione o in quel-


lo precedente.
Il bilancio di cassa fa quindi riferimento esclusivamente alle entrate che
giungeranno alla fase del versamento ed alle spese che arriveranno a quel-
la del pagamento.
Nel bilancio di competenza (o giuridico), invece, sono riportate le en-
trate che si ha diritto a riscuotere e le spese che ci si è impegnati ad eroga-
re nel periodo considerato, indipendentemente dalla circostanza che le en-
trate siano riscosse e le spese vengano erogate effettivamente (ciò spiega
perché il bilancio di competenza è detto anche giuridico).
Il bilancio di competenza viene quindi impostato sulla base delle entra-
te che arriveranno alla fase dell’accertamento e su quella delle spese che
giungeranno alla fase dell’impegno.
Da quanto detto, si evince che la differenza sostanziale sussistente tra
bilancio di competenza e bilancio di cassa è la seguente:
— il primo si riferisce ad un complesso di diritti a riscuotere e di obblighi
a pagare e non va oltre, per cui i fatti gestionali, spessissimo, danno luo-
go a risultati completamente diversi da quelli ipotizzati in bilancio;
— il secondo non si cura della fase cosiddetta di diritto, ma si riferisce a
dati relativi agli effettivi introiti ed esborsi, anche a prescindere dal mo-
mento in cui è sorto il relativo diritto od obbligo.
Entrambi i tipi di bilancio, per gli effetti che producono, sono sempre sta-
ti considerati, dalla dottrina e dalla pratica, carichi e di vantaggi e di difetti.
Con la L. 468/1978 fu stabilito che il bilancio di previsione dello Stato
oltre ad essere redatto in termini di competenza fosse redatto anche in ter-
mini di cassa. Fino ad allora, il documento era detto bilancio di diritto in
quanto fermava la propria attenzione soltanto su entrate e spese che si pre-
vedeva sarebbero state giuridicamente esigibili o pagabili, senza curarsi
dell’ulteriore corso della vicenda finanziaria.
La L. 196/2009 (art. 42), che ricordiamo ha abrogato la L. 468/1978,
mira, invece, a potenziare la funzione del bilancio di cassa, ferma restando
la redazione anche in termini di competenza, obiettivo che dovrà essere rag-
giunto, con decreto delegato, secondo quanto stabilito dalla stessa legge n.
196, entro quattro anni dalla sua entrata in vigore. Il decreto delegato dovrà
ispirarsi a principi e criteri rigidamente fissati dall’articolo 42 citato, ovve-
ro razionalizzare la disciplina degli accertamenti d’entrata e degli impegni
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 33

di spesa, nonché quella relativa alla formazione e al regime contabile dei


residui attivi e passivi. Il dirigente responsabile dovrà, inoltre, redigere un
apposito piano finanziario che tenga conto della fase temporale di assunzio-
ne delle obbligazioni e in base al quale egli ordinerà e pagherà le spese, in
tal modo viene rafforzato il ruolo programmatorio del bilancio di cassa.

3. Principi del bilancio


Si suole parlare di principi di bilancio con riferimento ad alcuni caratte-
ri giuridici connaturati allo stesso.
Naturalmente ciascun bilancio preso nella sua singolarità ha caratteristiche
proprie di volta in volta variabili e non riconducibili ad unità logiche. Tuttavia,
al di là dei riferimenti contingenti nell’ambito di una teoria di bilancio, vi sono
dei principi che, proprio perché generali o generalizzabili, possono considerar-
si regole uniformi e pacificamente accettate, ovunque sia redatto un bilancio.
Essi sono:
— l’integrità. Il principio di integrità sta a significare che tutte le entrate e le uscite devono
essere iscritte in bilancio al lordo (e quindi comprensive) di qualsiasi onere o provento ad
esse collegato; le entrate, perciò, debbono essere previste al lordo di eventuali spese di ri-
scossione o di altre spese, mentre le spese si iscrivono in bilancio integralmente senza al-
cuna riduzione di entrate che siano loro pertinenti (art. 24, co. 2, L. 196/2009).
Per esempio, se si prevede che l’accertamento di una determinata imposta procurerà un
gettito di 100 ma bisognerà sostenere spese per 5 (aggi o altro), non bisognerà iscrivere
l’entrata per 95, ma bisognerà registrare una entrata per 100 e una spesa per 5;
— la veridicità. Secondo tale principio, le previsioni di bilancio devono essere formulate in
modo da rispecchiare i «veri» valori che si prevede di conseguire nel futuro esercizio.
A prescindere dall’eventuale configurazione di un reato di falso per l’esposizione di risul-
tati non rispondenti a verità, esso sta a garantire il diritto alla reale informazione da par-
te di tutti, Parlamento e cittadini;
— l’universalità. Al principio di veridicità è correlato quello della universalità per il quale
tutte le entrate e tutte le spese devono essere iscritte in bilancio, con divieto, quindi, delle
gestioni cosiddette fuori bilancio, e cioè della contabilizzazione di evenienze finanziarie
al di fuori di quelle stabilite in bilancio.
Il principio suddetto non è tuttavia assoluto, in quanto la possibilità di gestioni cosiddet-
te fuori bilancio è presa in considerazione dalla stessa L. 196/2009, la quale all’art. 40,
co. 2, lett. p, ne regola i casi;
— la pubblicità. In virtù di tale principio il bilancio deve essere divulgato e portato a cono-
scenza di tutti i cittadini con idonee formalità (pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale);
— la chiarezza. Il principio della chiarezza sta a significare che la stesura del bilancio deve
risultare di facile lettura e comprensione da parte dei cittadini, pur sempre però nei limiti
imposti dalle regole contabili;
34 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

— l’unità. Il principio dell’unità sta ad indicare l’unicità del documento contabile del bilan-
cio dello Stato. In esso devono trovare rappresentazione tutte le entrate e tutte le spese ri-
guardanti l’attività finanziaria dello Stato. Ciò significa che non è possibile destinare il
provento di determinate entrate alla copertura di determinate spese (art. 39 della legge di
contabilità e art. 24 della L. 196/2009);
— la specificazione (o specializzazione). Tale principio è alla base della struttura dei bilanci
statali. Esso afferma la necessità che le entrate e le spese vengano ripartite secondo la na-
tura, la causa e gli effetti che esse comportano sul sistema economico, ponendo un limite
alla discrezionalità dei titolari della gestione. Infatti è solo con l’approvazione parlamen-
tare che le singole unità previsionali di spesa ed entrata acquistano rilevanza giuridica;
— il pareggio. Secondo tale principio, per una corretta gestione deve verificarsi, almeno in
prospettiva, un equilibrio tra le entrate e le spese
Il principio suddetto poteva avere una sua «ratio» allorquando, dominando il concetto di
finanza pubblica neutrale, lo Stato non aveva alcun bisogno e interesse ad indebitarsi.
Oggi invece si ammette che, entro certi limiti, politiche di disavanzo possano avere effet-
ti espansivi sul sistema economico.
Tuttavia, il pareggio continua necessariamente a sussistere per meri fini contabili, e cioè
come bilanciamento del disavanzo che deriva tra le spese e le entrate. Esso è normalmen-
te coperto con il ricorso all’indebitamento pubblico (emissione di obbligazioni, buoni or-
dinari del tesoro etc.);
— l’annualità. Tale principio è rimasto nel sistema della contabilità pubblica nonostante l’in-
troduzione del bilancio pluriennale (art. 20 L. 196/2009). Quest’ultimo, infatti, si affian-
ca semplicemente al bilancio annuale, senza sostituirlo, ed è formulato quasi esclusiva-
mente per fini di programmazione economica. L’annualità sta ad indicare il periodo tem-
porale di riferimento delle cifre esposte in bilancio.

Il D.Lgs. 91/2011 in materia di adeguamento ed armonizzazione dei si-


stemi contabili, emanato su delega della L. 196/2009, all’allegato 1 indica
ulteriori principi ai quali il bilancio deve ispirarsi.

4. I bilanci dello stato e l’articolo 81 della costi-


tuzione
A) La L. cost. 20 aprile 2102, n. 1, e l’introduzione nell’articolo 81 del
vincolo del pareggio del bilancio
Con la firma da parte dell’Italia del cosiddetto fiscal compact — o pat-
to di bilancio — (trattato UE «sulla stabilità, il coordinamento e la gover-
nance dell’Unione economica e monetaria»), che prevede che i bilanci na-
zionali siano in pareggio o in avanzo, si è resa necessaria la modifica dell’ar-
ticolo 81 della Carta costituzionale. A ciò ha provveduto l’articolo 1 della
legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, che ha sostituito l’articolo di cui
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 35

si discute. La L. cost. 1/2012 ha introdotto, in pratica, nella Costituzione il


vincolo del pareggio del bilancio correlandolo a un vincolo di sostenibilità
del debito di tutte le amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia
economico-finanziaria derivanti dall’ordinamento europeo. Le disposizio-
ni della L. cost. 1/2012 si applicano a decorrere dall’esercizio finanzia-
rio relativo all’anno 2014.
Il nuovo articolo 81 così recita:
«Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo con-
to delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo eco-
nomico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi
componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.
Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presen-
tati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per perio-
di non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare
l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle
pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei com-
ponenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale».

Si prevede comunque una deroga alla regola generale del pareggio del
bilancio al comma 2 dell’art. 81 in caso di eventi eccezionali, quali gravi
recessioni economiche, crisi finanziarie, gravi calamità naturali.
Di importanza fondamentale è il comma 6 del nuovo articolo 81 laddo-
ve si prevede che con legge costituzionale si dovrà stabilire il contenuto del-
la legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare
l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito
del complesso delle pubbliche amministrazioni; tale legge, una sorta di leg-
ge quadro della contabilità, dovrà essere approvata entro il 13 febbraio 2013.
L’art. 5 della L. cost. 1/2012 ne fissa i contenuti e i principi ispiratori.

B) L’articolo 81 prima della riforma realizzata con la L. cost. 1/2012


Secondo l’art. 81 della Costituzione ante L. 1/2012: «Le Camere approvano ogni anno i
bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per pe-
riodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte».
36 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

I quattro commi che compongono l’art. 81 della Costituzione, ante riforma, rappresenta-
no altrettanti punti cardine del nostro sistema di contabilità pubblica e per tale motivo è oppor-
tuna una loro approfondita analisi.
Il primo comma dell’art. 81 delinea una chiara suddivisione dei compiti tra Parlamento
e Governo.
Al Governo viene attribuito, in via esclusiva, il potere di iniziativa legislativa in materia
di legge di bilancio. Tale attribuzione conferma quel potere di indirizzo che, in tutti gli ordi-
namenti democratici, spetta all’esecutivo. Nell’esercizio della sua funzione di indirizzo, inol-
tre, il Governo gode della più ampia discrezionalità, essendo vincolato solo al rispetto delle al-
tre garanzie costituzionali. Il Parlamento, da parte sua, si vede attribuita la tradizionale fun-
zione di controllore politico dell’esecutivo: solo ad esso può spettare l’approvazione del bilan-
cio, approvazione che, a mente dell’art. 72 ultimo comma della Costituzione, può avvenire
solo con procedura normale. L’approvazione dell’Assemblea è finalizzata a:
— garantire una verifica dell’unità di intenti fra Governo e Parlamento (o, meglio, tra
Governo e la maggioranza parlamentare di cui esso è espressione);
— assicurare adeguata pubblicità su contenuto, fini ed indirizzi del bilancio dello Stato;
— tutelare i diritti delle minoranze, grazie al dibattito parlamentare;
— garantire che l’atto di approvazione del bilancio, divenendo atto legislativo, possa es-
sere soggetto al sindacato della Corte Costituzionale.
Si ricordi, inoltre, che l’art. 75 della Costituzione menziona espressamente le leggi di bi-
lancio fra quelle non sottoponibili a referendum abrogativo.
Un’ultima osservazione merita il comma 1 dell’art. 81: con esso la Costituzione confer-
ma la tradizionale cadenza annuale (principio dell’annualità) della stesura ed approvazione
del bilancio.
Un’ulteriore previsione a garanzia delle attribuzioni del Parlamento è contenuta nel 2°
comma dell’articolo in questione. In tale previsione normativa la Costituzione prevede che,
nelle more dell’approvazione parlamentare del bilancio, solo il Parlamento possa, con legge e
comunque per un periodo di tempo non superiore ai quattro mesi, autorizzare la gestione prov-
visoria del bilancio. La norma costituzionale, che codifica una precedente prassi parlamenta-
re, è evidentemente tesa a salvaguardare contemporaneamente le attribuzioni dell’Assemblea
e la continuità dell’azione dell’esecutivo.
A mente del comma 3, art. 81 Cost., è fatto espresso divieto al Parlamento di stabilire nuo-
vi tributi e nuove spese, nell’approvare la legge di bilancio. La previsione si fonderebbe, se-
condo alcuni autori, sulla natura formale della legge di bilancio.
Secondo altri autori, invece, la ratio della disposizione andrebbe ricercata nella volontà,
espressa dal Costituente, di assicurare al Parlamento la massima serenità al momento dell’esame
del bilancio: una tale delicata decisione risulterebbe turbata dall’esigenza pressante di raggiunge-
re un equilibrio tramite l’introduzione di nuovi tributi o nuove spese (BARETTONI ARLERI).
A prescindere, però, dalla natura della legge di bilancio, maggiori perplessità suscita il
comma 3 alla luce della considerazione che il bilancio, nei moderni sistemi economici, rap-
presenta il momento in cui lo Stato programma e coordina il proprio intervento nel campo eco-
nomico. Tale funzione (ben diversa da quella tipicamente svolta dallo Stato liberale «limita-
to») risulta vincolata in modo anacronistico proprio dall’art. 81, comma 3: ai limiti costituzio-
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 37

nali si è perciò cercato di porre rimedio, nel 1978, con l’istituzione della legge finanziaria (poi
sostituita, ex L. 196/2009, con la legge di stabilità cfr. §10).
Fortemente voluto da Einaudi (che mirava in tal modo a responsabilizzare i singoli parla-
mentari e ad evitare «la soverchia facilità della pubblica spesa»), il comma 4 prevede l’obbli-
go che «ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi
fronte». È stata così ripresa (ed ampliata con l’estensione anche al Parlamento) la previsione
dell’art. 43 della legge di contabilità generale del 1923. L’indicazione dei mezzi di copertura
deve avvenire al momento dell’approvazione del disegno di legge o al momento dell’emana-
zione del decreto legge, così da assicurare una serena valutazione di tutte le conseguenze eco-
nomiche e finanziarie del provvedimento.

5. La copertura finanziaria delle leggi


La L. 196/2009 dedica il titolo V, artt. 17-19, alla copertura finanziaria
delle leggi.
1. I mezzi di copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi
In attuazione dell’art. 81 della Costituzione, l’art. 17, comma 1, L. 196/2009
individua le uniche tipologie di copertura finanziaria ammissibili, e in
pratica:
— l’utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali;
— la riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa;
— le modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate.
I provvedimenti di iniziativa governativa che prevedono l’aumento o la
riduzione di stanziamenti di bilancio devono indicare le missioni di spe-
sa e i relativi programmi coinvolti.
Per le leggi ordinarie, con l’introduzione del comma 1bis all’art. 17, ex L. 39/2011, è sta-
ta esclusa la possibilità di impiegare, per la copertura di nuovi oneri finanziari, le maggio-
ri entrate derivanti da variazioni degli andamenti a legislazione vigente, ma esse devono
essere destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

2. La copertura degli oneri connessi a deleghe legislative


Il comma 2 dell’art. 17 introduce specifiche disposizioni per la copertu-
ra degli oneri connessi a deleghe legislative, che non erano previste dal-
la L. 468/1978. Il comma 2 citato precisa che:
— le leggi delega che comportino oneri devono recare anche i mezzi di
copertura necessari all’adozione dei relativi decreti legislativi;
— la quantificazione degli oneri che derivano dai decreti legislativi può
essere effettuata all’atto della loro adozione solo se in sede di con-
38 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

ferimento di delega non sia possibile quantificare tali oneri stante la


complessità delle materie;
— i decreti che comportano nuovi o i maggiori oneri possono essere
emanati solo successivamente all’entrata in vigore dei provvedimen-
ti legislativi che stanzino le risorse occorrenti;
— la relazione tecnica da allegare a ciascun schema di decreto legisla-
tivo deve spiegare l’eventuale neutralità finanziaria dello stesso
oppure gli oneri che da esso derivano. In quest’ultimo caso, la rela-
zione deve altresì riportare i corrispondenti mezzi di copertura.
3. La predisposizione delle relazioni tecniche
I disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo e gli emendamenti di
iniziativa governativa da cui derivino conseguenze finanziarie devono
essere corredati da una relazione tecnica predisposta dalle amministra-
zioni competenti e verificata dal MEF.
La relazione evidenzia:
— la quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione e le
relative coperture, specificando, per la spesa corrente e per le minori entrate, gli one-
ri annuali fino alla completa attuazione delle norme; per le spese in conto capitale la
modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e l’onere comples-
sivo in relazione agli obiettivi previsti;
— i dati e i metodi impiegati per la quantificazione, le loro fonti e ogni altro elemen-
to utile per la verifica tecnica parlamentare, nonché il raccordo con le previsioni
tendenziali del bilancio dello Stato, del conto consolidato di cassa e del conto econo-
mico delle pubbliche amministrazioni, contenute nel DEF;
— ai fini della definizione della copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi, gli
effetti di ciascuna disposizione sugli andamenti tendenziali del saldo di cassa e
dell’indebitamento netto delle P.A. per la verifica del rispetto degli equilibri di fi-
nanza pubblica.
Alla relazione tecnica è allegato un prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del bi-
lancio dello Stato, del saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e dell’indebitamen-
to netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni.

4. Le clausole di salvaguardia
Il comma 1 dell’art. 17 L. 196/2009 così recita: «(…) ciascuna legge che
comporti nuove o maggiori oneri indica, espressamente, per ciascun anno
e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si inten-
de come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa,
definendo una specifica clausola di salvaguardia, (…), per la compensa-
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 39

zione degli effetti che eccedano le previsioni medesime». La clausola di


salvaguardia ha pertanto, in linea generale, la funzione di compensare
gli eventuali effetti che eccedano le previsioni stesse.
5. Il monitoraggio sull’attuazione delle leggi recanti oneri finanziari
L’art. 17 stabilisce che tutte le disposizioni che comportano nuove o
maggiori spese hanno effetto entro i limiti delle spesa che è stata auto-
rizzata con i relativi provvedimenti legislativi. È con decreto dirigenzia-
le del MEF e con la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, che vie-
ne accertato l’avvenuto raggiungimento dei limiti di spesa. Le disposi-
zione che recano autorizzazioni di spesa cessano di avere efficacia dal-
la data di pubblicazione del decreto per l’anno in corso alla stessa data.
Vigila sulla corretta applicazione delle suddette norme da parte delle
P.A. il MEF, tramite il DRGS e le sue dislocazioni territoriali.
Inoltre, il Ministro dell’economia, se riscontra che l’attuazione di una legge ostacoli il conse-
guimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume in breve tempo le iniziative legislative
necessarie ad assicurare il rispetto del comma 4, art. 81, della Costituzione. Tale procedura è
applicata anche per le sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituziona-
le che recano interpretazioni della normativa vigente e che comportano oneri aggiuntivi.

6. Gli oneri a carico dei bilanci delle amministrazioni e degli enti pub-
blici
L’art. 19 impone l’obbligo, nel caso di leggi che comportano maggiori
oneri a carico dei bilanci di amministrazioni pubbliche, di indicare tali
oneri e la relativa copertura finanziaria riferita ai bilanci stessi (annuali
e pluriennali).
L’obbligo di copertura finanziaria viene stabilito anche per le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano per gli oneri posti a carico
della finanza regionale e della finanza di altre amministrazioni pubbli-
che anche attraverso il conferimento di nuove funzioni o la disciplina
delle funzione ad esse attribuite. Deve essere seguita la procedura indi-
cata nell’articolo 17 della L. 196/2009 che abbiamo si qui analizzato.

6. Il ciclo del bilancio e il principio della program-


mazione
La procedura per la formazione del bilancio dello Stato richiede lo svol-
gimento di più fasi, che corrono lungo tutto l’anno, e si conclude con l’ap-
40 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

provazione della legge di bilancio e della legge di stabilità entro il 31 di-


cembre.
L’art. 7 della L. 196/2009 stabilisce che per l’impostazione delle previ-
sioni di entrata e di spesa dei bilanci tutte le amministrazioni pubbliche de-
vono seguire il principio della programmazione; si osservi che nella L.
468/1978 tale metodo di previsione era riferito al solo bilancio dello Stato.

Cosa s’intende nella L. 196/2009 con l’espressione “amministrazioni


pubbliche”?
Precisa l’articolo 1 comma 1, L. 196/2009, come modificato dal D.L. 16/2012 convertito
dalla L. 44/2012, che ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di finanza
pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono a decorrere dall’anno 2012 gli
enti e i soggetti indicati a fini statistici dall’ISTAT nell’elenco oggetto del comunicato del-
lo stesso Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato nella G.U. n. 228 nella stessa data,
aggiornato annualmente sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti
dell’Unione europea, le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all’ar-
ticolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001.
Il comma dell’art. 2, D.Lgs. 165/2001 così recita: «Per amministrazioni pubbliche si inten-
dono tutte amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e
grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e as-
sociazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di com-
mercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non
economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servi-
zio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche ammi-
nistrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Fino
alla revisione organica della disciplina di settore, le disposizioni di cui al presente decreto
continuano ad applicarsi anche al CONI».
Le amministrazioni pubbliche così individuate sono inserite nel conto economico consoli-
dato. Quest’ultimo è costruito secondo regoli comuni a tutti i Paesi membri della UE, con
cadenza annuale ed è, come vedremo, impiegato nei documenti di programmazione eco-
nomica per analizzare la struttura e l’evoluzione delle spese e delle entrate pubbliche. I dati
sono elaborati in conformità alle regole fissate dal SEC 95 (Sistema europeo dei conti).

Gli strumenti della programmazione, dopo le modifiche introdotte dal-


la L. 39/2011, sono:
— il Documento di economia e finanza (DEF);
— la nota di aggiornamento al DEF;
— il disegno di legge di stabilità (ex legge finanziaria);
— il disegno di legge del bilancio dello Stato;
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 41

— il disegno di legge di assestamento del bilancio annuale;


— i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica;
— gli specifici documenti di programmazione delle altre amministrazioni
pubbliche diverse dallo Stato.
La legge di stabilità e la legge di bilancio costituiscono la manovra di
finanza pubblica. Va poi ricordato il rendiconto generale dello Stato che
non è uno strumento della programmazione secondo la definizione dell’art.
7 della L. 196/2009, ma rientra comunque nel ciclo del bilancio. Infine, do-
cumento importante per la programmazione economica e finanziaria è la
Relazione generale sulla situazione economica del Paese.

7. I rapporti con l’UE in tema di finanza pubblica: il


Programma di stabilità e il Programma naziona-
le di riforma
Secondo l’articolo 9 della L. 196/2009, come sostituito dalla L. 39/2011,
il Programma di stabilità (PS) e il Programma nazionale di riforma (PNR)
devono essere presentati al Consiglio dell’Unione europea e alla Com-
missione europea entro il 30 aprile, e comunque nei termini e con le mo-
dalità previsti dal Codice di condotta sull’attuazione del patto di stabilità e
di crescita, ovvero le regole per la definizione e la presentazione dell’ag-
giornamento del Programma di stabilità stesso.
Il Patto di stabilità e crescita è un quadro di norme per il coordinamento delle politiche di
bilancio nazionali nell’ambito UE, creato a tutela della solidità delle finanze pubbliche, impor-
tante requisito per il corretto funzionamento dell’UEM (Unione economica e monetaria). Il
Patto si articola in una parte preventiva e in un parte dissuasiva.

Nel Programma annuale di stabilità (o di convergenza) deve essere


indicato come il Governo intende conseguire o salvaguardare posizioni di
bilancio sane a medio termine, tenendo conto dell’incidenza finanziaria
dell’invecchiamento demografico.
Lo schema del PS, che contiene gli elementi e le informazioni richieste
dai regolamenti dell’Unione europea vigenti in materia e dal Codice di con-
dotta sull’attuazione del patto di stabilità e crescita, con specifico riferimen-
to agli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubbli-
co, deve essere riportato nella prima sezione del Documento di economia e
finanza.
42 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

Nel Programma nazionale di riforma vanno, invece, indicate le prio-


rità del Paese e le riforme strutturali, l’analisi degli squilibri macroecono-
mici, lo stato di avanzamento delle riforme avviate. Esso è riportato nella
sezione terza del DEF (vedi §8).
Il comma 2 dell’articolo 9 prevede poi che gli atti, i progetti di atti e i
documenti adottati dalle istituzioni UE nell’ambito del semestre europeo,
che si sostanzia nell’istituzione di una procedura organica volta al coordi-
namento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati mem-
bri, sono trasmessi dal Governo alle Camere ai fini dell’esame a norma dei
rispettivi regolamenti, nonché del controllo parlamentare previsto dall’arti-
colo 4 della L. 196/2009.
Il Ministro dell’economia e delle finanze costituisce poi l’anello di
congiunzione tra le Commissioni parlamentari e le istituzioni europee; egli,
infatti, entro quindici giorni dall’elaborazione delle linee guida di poli-
tica economica e di bilancio elaborate dal Consiglio europeo riferisce
alle Commissioni citate fornendo al contempo una valutazione dei dati e
delle misure prospettate dalle linee guida, nonché dei loro effetti sul nostro
Paese, ai fini anche dell’elaborazione del PR e del PNR.

8. Il Documento di economia e finanza


Il Documento di economia e finanza (DEF) sostituisce la Decisione di
finanza pubblica (DFP), introdotta dalla L. 196/2009, che a sua volta aveva
sostituito il Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF),
e assorbe alcune parti della Relazione sull’economia e la finanza pubblica
che non viene più elaborata.
Il DEF, entro il 10 aprile di ogni anno, viene presentato dal Governo
alle Camere, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, senti-
to il parere, per quanto concerne la sua terza sezione, del Ministro per le po-
litiche europee. Entro lo stesso termine il documento viene inviato, per il
relativo parere, alla Conferenza permanente per il coordinamento della fi-
nanza pubblica, che si esprime in tempo utile per le conseguenti delibera-
zioni parlamentari relative al DEF stesso.
Il DEF, come risultante dalle conseguenti deliberazioni parlamentari, è
composto da tre sezioni.
Nella prima sezione esso reca lo schema del Programma di stabilità,
nell’ambito del quale, come accennato, sono riportati tutti i dati e le infor-
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 43

mazioni richieste dai regolamenti UE e in particolar modo quelli riguardan-


ti gli obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubbli-
co; sono illustrate le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli in-
terventi che s’intende adottare per garantirne la sostenibilità, con un’indi-
cazione di massima anche delle misure attraverso le quali si prevede di rag-
giungere gli obiettivi, nonché le diverse ipotesi sulle tendenze dell’indebi-
tamento netto e del debito rispetto a previsioni diverse riguardanti il tasso
di crescita del Pil, la struttura dei tassi d’interesse e del saldo primario.
Nella seconda sezione devono essere individuate le regole generali
sull’evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, con lo scopo
di determinare forme efficaci di controllo dell’andamento della spesa pub-
blica, anche attraverso la fissazione di tetti di spesa. La sezione riporta, tra
l’altro, le previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del con-
to economico della PA riferite almeno al triennio successivo, le informazio-
ni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori
di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego,
alla protezione sociale e alla sanità, nonché sul debito delle amministrazio-
ni pubbliche e sul relativo costo medio. Vanno inoltre riportate le risorse de-
stinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, evidenziando i fondi addizio-
nali. In apposita nota metodologica, allegata a questa sezione, devono es-
sere esposti analiticamente i criteri di formulazione delle previsioni tenden-
ziali di cui alla lettera b), comma 2, dell’art. 10 L. 196/2009.
La terza sezione, infine, riporta lo schema del Programma nazionale
di riforma di cui si è detto nel paragrafo 7. In particolare la sezione in que-
stione indica:
a) lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell’even-
tuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;
b) gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroecono-
mica che incidono sulla competitività;
c) le priorità del Paese e le principali riforme da attuare, i tempi previsti
per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici
indicati nella prima sezione del DEF;
d) i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell’eco-
nomia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di
aumento dell’occupazione.
44 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

In allegato al DEF:
— sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica;
— deve risultare un’unica relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sotto
utilizzate, presentata dal Ministro dello sviluppo economico alle Camere, entro il 10 apri-
le dell’anno successivo a quello di riferimento. In essa si evidenziando il contributo dei
fondi nazionali addizionali, e i risultati conseguiti, con particolare riguardo alla coesione
sociale e alla sostenibilità ambientale, nonché alla ripartizione territoriale degli interventi;
— è presentato il programma predisposto ai sensi dell’articolo 1, comma 1, L. 443/2001
(Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed
altri interventi per il rilancio delle attività produttive), e lo stato di avanzamento del pro-
gramma stesso relativo all’anno precedente, predisposto dal Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti;
— è presentato un documento, predisposto dal Ministro dell’ambiente e della tutela del ter-
ritorio e del mare, sentiti gli altri Ministri interessati, sullo stato di attuazione degli im-
pegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, in coerenza con gli ob-
blighi internazionali assunti dall’Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi in-
dirizzi;
— il Ministro dell’economia e delle finanze trasmette un rapporto sullo stato di attuazio-
ne della L. 196/2009 con particolare riferimento alle attività svolte per la realizzazione
della nuova organizzazione del bilancio dello Stato e dei bilanci delle altre amministra-
zioni pubbliche, evidenziando il collegamento tra la nuova struttura del bilancio e la nuo-
va organizzazione delle amministrazioni pubbliche in attuazione della L. 15/2009 (cd. leg-
ge Brunetta), nonché dello stato di attuazione delle disposizioni di cui alla lettera h) del
comma 2 dell’art. 2 della L. 42/2009.

A) La Nota di aggiornamento del DEF


Secondo l’art. 10bis della L. 196/2001, la Nota di aggiornamento del
DEF contiene:
a) l’eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici di cui alla se-
zione prima del DEF lettera e), al fine di stabilire una diversa articola-
zione di tali obiettivi tra i sottosettori di cui alla medesima sezione se-
conda lettera a), ovvero di recepire raccomandazioni approvate dal Con-
siglio dell’Unione europea, nonché delle previsioni macroeconomiche
e di finanza pubblica per l’anno in corso e per il restante periodo di ri-
ferimento;
b) in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da finanziare del bilancio
dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;
c) le osservazioni e le eventuali modifiche e integrazioni del DEF in rela-
zione alle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea relative
al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma;
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 45

d) in coerenza con gli obiettivi di cui alla sezione prima del DEF lettera e),
e con i loro eventuali aggiornamenti, il contenuto del Patto di stabilità
interno e le sanzioni previste ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera
e), della L. 42/2009 (Delega al Governo in materia di federalismo fisca-
le) da applicare nel caso di mancato rispetto di quanto previsto dal Pat-
to di stabilità interno, nonché il contenuto del Patto di convergenza e le
misure atte a realizzare il percorso di convergenza previsto dall’artico-
lo 18 della citata legge n. 42 del 2009.
Se si rende necessario modificare uno degli obiettivi di finanza pubbli-
ca, il Governo, entro il 10 settembre, invia le linee guida per la ripartizio-
ne degli obiettivi di cui alla sezione prima, lettera e), del DEF alla Confe-
renza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per il pre-
ventivo parere, da esprimere entro il 15 settembre. Entro il 10 settembre
le linee guida sono trasmesse alle Camere; a queste ultime deve essere tra-
smesso anche il parere della Conferenza.
La Nota di aggiornamento è corredata delle relazioni programmatiche sulle spese di in-
vestimento per ciascuna missione di spesa del bilancio dello Stato e delle relazioni sullo sta-
to di attuazione delle relative leggi pluriennali. Per ciascuna legge pluriennale di spesa in
scadenza, il Ministro competente valuta se permangono le ragioni che a suo tempo ne aveva-
no giustificato l’adozione, tenuto anche conto dei nuovi programmi da avviare. A tali relazio-
ni il Ministro dell’economia e delle finanze deve allegare un quadro riassuntivo di tutte le
leggi di spesa a carattere pluriennale.
In apposita sezione del quadro riassuntivo citato è esposta, in allegato, la ricognizione dei
contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato, con specifica indicazione di quelli at-
tivati e delle eventuali ulteriori risorse, anche non statali, che concorrono al finanziamento
dell’opera nonché dell’ammontare utilizzato. I Ministeri competenti comunicano al MEF, en-
tro il 30 giugno, tutti i dati necessari alla predisposizione dell’allegato. Quando sarà comple-
ta l’attivazione delle procedure di monitoraggio previste dall’articolo 30 della L. 196/2009, la
sezione di cui sopra dovrà dare conto della valutazione degli effetti sui saldi di finanza pubbli-
ca dei contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato.
In allegato alla Nota di aggiornamento devono essere indicati eventuali disegni di leg-
ge collegati alla manovra di finanza pubblica.
Qualora per finalità analoghe a quelle di cui alla lettera a) su menzionata, ovvero per il ve-
rificarsi di eventi eccezionali, s’intenda aggiornare gli obiettivi programmatici di cui alla se-
zione prima del DEF lettera e), ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di fi-
nanza pubblica rispetto ai medesimi obiettivi che rendano necessari interventi correttivi, il Go-
verno trasmette una relazione al Parlamento nella quale indica le ragioni dell’aggiornamen-
to ovvero degli scostamenti, nonché gli interventi correttivi che si prevede di adottare.
46 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

9. La manovra di finanza pubblica


La manovra di finanza pubblica è costituita dalla legge di bilancio e
dalla legge di stabilità ed è impostata su base triennale.
La triennalizzazione della manovra era già stata introdotta con il D.L.
112/2008 (conv. in L. 133/2008) come metodo di programmazione del bi-
lancio. L’arco temporale della programmazione richiesta a ciascuna ammi-
nistrazione nella fase di preparazione del bilancio di previsione è stato in-
fatti esteso al triennio considerato nel bilancio pluriennale. Fino al bilancio
di previsione 2008, le amministrazioni formulavano la loro proposta di bi-
lancio solo per il primo anno e la Ragioneria generale dello Stato provve-
deva, poi, sulla base della legislazione vigente, a proiettare le previsioni di
bilancio per i successivi due anni; successivamente, secondo quanto dispo-
sto dal D.L. 112/2008, esse hanno dovuto articolare le loro previsioni per
ciascuno degli anni del triennio. La L. 196/2009 ha recepito tali innovazio-
ni rafforzandole laddove al comma 1 dell’art. 11 prevede che nel corso del
periodo considerato dalla manovra, in caso di aggiornamento degli obietti-
vi, derivanti anche da cambiamenti delle condizioni economiche, la mano-
vra annuale deve rivedere e quindi rideterminare gli interventi per gli anni
successivi a quello in corso.
Nei prossimi paragrafi esamineremo la legge di stabilità, quella del bi-
lancio e i cosiddetti collegati alla manovra di finanza pubblica.

10. Segue: La legge di stabilità


La legge di stabilità, come accennato, ha sostituito la legge finanziaria
a partire dal 1° gennaio 2010; ci sembra pertanto opportuno per compren-
dere appieno le funzioni della legge di stabilità tracciare un breve quadro
della legislazione precedente.

A) La legislazione precedente: la legge finanziaria


Malgrado i tentativi dottrinari di dare al bilancio una funzione sostanziale idonea a fare di
esso un reale strumento di programmazione economica, il bilancio in Italia ha sempre posse-
duto una natura meramente formale nel senso che si limitava esclusivamente a registrare le de-
cisioni di spesa già deliberate da leggi sostanziali.
Il bilancio, infatti, è un atto legislativo di indirizzo e in quanto tale non può introdurre ele-
menti innovativi di ordine sostanziale al quadro legislativo in vigore. Il crescere delle spese
correnti e il notevole indebitamento dello Stato, inoltre, avevano di molto ridotto lo spazio per
le decisioni effettive da adottarsi in sede di bilancio.
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 47

L’introduzione della finanziaria, nel 1978, aveva però dato luogo a non pochi problemi
(espansione della spesa pubblica, ingorgo decisionale), così che una sua riforma era divenuta
improcrastinabile.
Con la L. 208/1999, il contenuto della legge finanziaria è sensibilmente mutato ed è stato,
poi, ulteriormente modificato dal D.L. 194/2002 (convertito dalla L. 246/2002). Il provvedi-
mento del 1999 ha stabilito, infatti, che la legge finanziaria non può contenere norme di dele-
ga, di carattere ordinamentale oppure organizzatorio, ma solo norme che hanno effetti finanzia-
ri a partire dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale; inoltre la L. 208/1999 ha eli-
minato il collegato di sessione, riversando il suo contenuto nella legge finanziaria, e introdotto
i collegati fuori sessione; essi infatti possono essere approvati anche dopo il 31 dicembre.

B) La legge di stabilità
La L. 196/2009, così come configurato nel disegno di legge, ha confer-
mato la voltontà del legislatore di rendere più snello questo strumento, nel
quale infatti non possono essere inserite disposizione direttamente finaliz-
zate al sostegno e al rilancio dell’economia, né norme di delega o di carat-
tere ordinamentale e organizzatorio né interventi di natura localistica o mi-
crosettoriale. Il disegno di legge di stabilità viene presentato dal Governo
al Parlamento entro il 15 ottobre.
Alla legge di stabilità è demandata, art. 11 comma 2, la definizione an-
nuale del quadro di riferimento finanziario per il periodo compreso nel
bilancio pluriennale; essa per il medesimo periodo è lo strumento attraver-
so il quale sono regolate annualmente le grandezze previste dalla legisla-
zione vigente per adeguare gli effetti finanziari agli obiettivi.
Quanto al contenuto specifico della legge di stabilità, esso è elencato al comma 3 dell’art. 11:
— il livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare in ter-
mini di competenza, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale;
— le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni, le altre misure che incidono
sulla determinazione del prestazione, afferenti a imposte dirette e indirette, tasse, canoni,
tariffe e contributi in vigore, con effetto di norma dal 1º gennaio dell’anno cui essa si ri-
ferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all’andamentodell’inflazione. È
fatto salvo quanto previsto dalla L. 42/2009, con riferimento ai tributi, alle addizionali e
alle compartecipazioni delle regioni e degli enti locali;
— gli importi dei fondi speciali previsti dall’articolo 18 e le corrispondenti tabelle;
— gli importi, in apposita tabella, con le relative aggregazioni per programma e per missio-
ne, della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati dal bilancio plu-
riennale per le leggi di spesa permanente, la cui quantificazione è rinviata alla legge di sta-
bilità, con esclusione delle spese obbligatorie;
— gli importi, in apposita tabella, con le relative aggregazioni per programma e per missio-
ne, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati per le leggi che di-
48 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

spongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, con distinta e analitica eviden-
ziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni;
— gli importi, in apposita tabella, con le relative aggregazioni per programma e per missio-
ne, delle riduzioni, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale, di autoriz-
zazioni legislative di spesa di parte corrente;
— l’importo complessivo massimo destinato, in ciascuno degli anni compresi nel bilancio
pluriennale, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego;
— le altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla legge di stabilità dalle leggi vi-
genti;
— le norme che comportano aumenti di entrata o riduzioni di spesa, restando escluse quelle
a carattere ordinamentale ovvero organizzatorio ad eccezione di quelle necessarie al ri-
spetto del Patto di stabilità interno e quello di convergenza;
— le norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi di cui all’articolo 17,
comma 13;
— le norme eventualmente necessarie a garantire l’attuazione del Patto di stabilità interno,
nonché a realizzare il Patto di convergenza.

Richiamando espressamente l’art. 81 della Costituzione, la L. 196/2009


prevede che la legge di stabilità possa disporre, per ciascuno degli anni com-
presi nel bilancio pluriennale, nuove o maggiori entrate e nuove finalizza-
zioni da iscrivere nel fondo speciale di parte corrente, nei limiti delle nuo-
ve o maggiori spese correnti, riduzioni di entrate tributarie, extratributarie
e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa cor-
rente, assicurando comunque il volore positivo del risparmio pubblico.
Le nuove o maggiori spese disposte con la legge di stabilità non potran-
no in ogni caso concorrere a determinare i tassi di evoluzione delle spese
stesse, sia correnti che in conto capitale, incompatibili con gli obiettivi de-
terminati nel DEF e nelle relative deliberazioni parlamentari. Gli eventuali
margini di miglioramento del risparmio pubblico risultanti dal bilancio di
previsione a legislazione vigente rispetto all’assestamento relativo all’eser-
cizio precedente possono essere utilizzati per la copertura finanziaria delle
riduzioni di entrata disposte dalla legge di stabilità, purché risulti assi-
curato un valore positivo del risparmio pubblico.
Il disegno di legge di stabilità:
— ha in allegato una relazione tecnica prevista per tutti i disegni di legge (art. 17, co. 3, L. 196/2009),
che deve riportare la valutazione, per ciascuna legge pluriennale di spesa in scadenza, del Mi-
nistro competente, il quale stabilisce se permangono le ragioni che a suo tempo ne avevano
giustificato l’adozione, tenuto anche conto dei nuovi programmi da avviare, in relazione alle
autorizzazioni di rifinanziamento presenti nello stesso disegno di legge di stabilità;
— ha in allegato, a fini conoscitivi, un prospetto riepilogativo degli effetti triennali sui sal-
di di finanza pubblica derivanti dalla manovra di finanza pubblica; esso, inoltre, aggior-
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 49

nato sulla base delle modifiche apportate dal Parlamento al disegno di legge, è allegato
alla legge di stabilità;
— è accompagnato dalla nota tecnico-illustrativa (art. 7, comma 2, lett. c). La nota è un do-
cumento conoscitivo di raccordo tra il disegno di legge di bilancio presentato alle Came-
re e il conto economico delle pubbliche amministrazioni; essa espone: i contenuti della
manovra, i relativi effetti sui saldi di finanza pubblica articolati nei vari settori di inter-
vento, e i criteri utilizzati per la quantificazione degli stessi.
In allegato alla relazione al disegno di legge di stabilità sono indicati i provvedimenti
legislativi adottati nel corso dell’esercizio per assicurare il rispetto dell’art. 81 comma 4 della
Costituzione, con i relativi effetti finanziari, nonché le ulteriori misure correttive degli effetti
finanziari stessi.

Le disposizioni normative della legge di stabilità sono articolate per la spe-


sa, generalmente, per missione e indicano il programma cui si riferiscono.

11. Segue: Il bilancio annuale di previsione


La gestione finanziaria dello Stato si svolge in base al bilancio annua-
le di previsione. Esso è redatto in termini di competenza e di cassa ed è ela-
borato in coerenza al bilancio pluriennale.
Un bilancio redatto nelle due forme appena esaminate rappresenta un si-
stema più completo rispetto a quello della sola programmazione finanziaria
e, come vedremo meglio più avanti, evidenzia alla fine dell’esercizio con-
siderato i residui attivi e passivi.
Secondo la L. 196/2009 il disegno di legge di bilancio annuale di previ-
sione a legislazione vigente è formato sulla base dei criteri e parametri in-
dicati alla lett. c), della sezione prima del DEF.
La nuova disciplina contenuta nella L. 196/2009 conferma la struttura
del bilancio di previsione dello Stato in missioni e programmi introdotta
in via amministrativa nel 2008, allo scopo di evidenziare maggiormente la
relazione tra risorse stanziate e le finalità pubbliche perseguite e di supera-
re la logica incrementale nel rifinanziamento delle politiche di spesa e ren-
dere più agevole la misurazione e la verifica dei risultati raggiunti con l’im-
piego della spesa pubblica.

La spending review
Con il D.L. 6-7-2011, n. 98, conv. in L. 111/2011, art. 9, che contiene la manovra correttiva
dei conti pubblici 2011 resasi necessaria per tenere fede agli impegni assunti in sede UE dal
nostro Paese, allo scopo di razionalizzare la spesa e superare il criterio della spesa storica, il
50 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

MEF – DRGS, sulla base di un atto di indirizzo del Ministro dell’economia e delle finanze,
a partire dall’anno 2012, d’intesa con i Ministeri interessati, dà inizio ad un ciclo di «spen-
ding review» mirata alla definizione dei fabbisogni standard propri dei programmi di spesa
delle amministrazioni centrali dello Stato. In particolare, per le amministrazioni periferiche
dello Stato sono proposte specifiche metodologie per quantificare i relativi fabbisogni, an-
che ai fini dell’allocazione delle risorse nell’ambito della loro complessiva dotazione. A tale
scopo le amministrazioni centrali dello Stato devono fornire al DRGS i dati e le informazio-
ni provenienti dalle banche dati, indagini e sistemi informativi dell’amministrazione neces-
sari; esse, inoltre, devono trasmettere tali dati per via telematica e facilitano l’accesso ad al-
tri dati provenienti dal SISTAN (Sistema Statistico Nazionale), anche nella forma di dati ele-
mentari, nel rispetto della normativa vigente, senza oneri a carico del bilancio dello Stato.
In caso di omessa trasmissione dei dati senza motivata giustificazione entro il termine pre-
visto nella richiesta, su comunicazione del MEF, l’amministrazione competente riduce la
retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili nella misura del 2 per cento.
A decorrere dal 2013, i risultati delle attività suddette, sono comunicati dal MEF alle am-
ministrazioni centrali dello Stato.
I Nuclei di analisi e valutazione della spesa di cui all’art. 39, L. 196/2009, provvedono al mo-
nitoraggio dell’attuazione e dei risultati attesi dei provvedimenti di cui sopra e segnalano
eventuali scostamenti al Ministro dell’economia e delle finanze e al Ministro competente.
Il Rapporto sulla spesa delle amministrazioni centrali dello Stato di cui all’articolo 41 del-
la legge 31 dicembre 2009, n. 196, illustra gli esiti delle attività di cui sopra (art. 9 D.L.
98/2011, conv. in L. 111/2011).
Le disposizioni sin qui viste sono state ribadite e rafforzate dalla cosiddetta manovra di fer-
ragosto (D.L. 138/2011, conv. dalla L. 148/2011), secondo la quale (art. 01) il Ministro
dell’economia e delle finanze, d’intesa con i Ministri interessati, presenta al Parlamento en-
tro il 30 novembre 2011 un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica.
Ancora in tema di spending review, è intervenuto il D.L. 7 maggio 2012, n. 52 (Disposi-
zioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica, conv. dalla L. 94/2012), che,
oltre a prevedere una serie di misure relative agli appalti pubblici per lo più mirate a favo-
rirne una maggiore trasparenza, istituisce il Comitato interministeriale per la revisione
della spesa pubblica e disciplina la nomina di un Commissario straordinario per la ra-
zionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi.
Anche il D.L. 52/2012 prevede la presentazione da parte del Governo al Parlamento, entro
il 30 settembre 2012, di un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica coe-
rente con la legge 4 marzo 2009, n. 15, dai contenuti del tutto simili a quelli già previsti dal
D.L. 138/2011. Il programma individua, anche attraverso la sistematica comparazione di
costi e risultati a livello nazionale ed europeo, eventuali criticità nella produzione ed ero-
gazione dei servizi pubblici, anche al fine di evitare possibili duplicazioni di strutture ed
implementare le possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse
stanziate. Al programma è associata l’indicazione dei risparmi di spesa per ogni singolo in-
tervento di riorganizzazione della spesa pubblica.
Per facilitare le suddette attività e per garantire l’uso efficiente delle risorse pubbliche, il
Governo, avvalendosi del DRGS e con la collaborazione del Commissario straordinario di
cui sopra a decorrere dal 7 luglio 2012 ha dato inizio a un ciclo di razionalizzazione della
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 51

spesa pubblica mirata alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle am-
ministrazioni centrali dello Stato. Per le amministrazioni periferiche dello Stato sono pro-
poste specifiche metodologie per quantificare i relativi costi, anche ai fini di una più effi-
ciente allocazione delle relative risorse nell’ambito della loro complessiva dotazione di bi-
lancio, tale da renderle effettivamente utilizzabili da parte delle amministrazioni medesime.
Infine, non si può non citare il D.L. 6-7-2012, n. 95 recante “Disposizioni urgenti per la
revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini” (cd. Spending review
2), in G.U. 6-7-2012, n. 15.
Le nuove disposizioni di revisione della spesa pubblica mirano ai seguenti obiettivi: iscri-
vere il funzionamento dell’apparato statale, e le relative funzioni, entro un quadro razio-
nale di valutazione e programmazione; ridurre la spesa in modo da non incidere in alcun
modo sulla quantità di servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni a favore dei citta-
dini ma migliorarne la qualità e l’efficienza, stimolando, così, la crescita e la competitivi-
tà del Paese; eliminare gli eccessi di spesa.
Gli interventi previsti dal decreto riguardano le seguenti tematiche:
— riduzione per l’acquisto di beni e servizi e trasparenza delle procedure;
— riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni;
— riduzione di spese in materia di pubblico impiego;
— razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per le locazioni passive;
— società pubbliche e in house;
— riduzione della spesa dei ministeri;
— riduzione della spesa degli enti territoriali;
— riduzione e accorpamento province;
— pubblica istruzione, università, enti di ricerca;
— sanità.

Il comma 2 art. 21 della L. 196/2009 prescrive che il disegno di legge


del bilancio di previsione espone per l’entrata e, per ciascun Ministero, per
la spesa le unità di voto parlamentare. Queste ultime sono determinate
per le entrate tenendo conto della tipologia delle stesse e per la spesa delle
aree omogenee di attività.
Per la spesa le unità di voto sono costituite dai programmi, che rap-
presentano aggregati diretti al perseguimento degli obiettivi e che a loro vol-
ta sono definiti nell’ambito delle missioni. Queste ultime sono le funzioni
principali e gli obiettivi strategici per il raggiungimento dei quali la spesa
pubblica viene stanziata.
La realizzazione di ciascun programma spetta ad un unico centro di
responsabilità amministrativa, corrispondente all’unità organizzativa di
primo livello dei Ministeri (dipartimenti o direzioni generali).
I programmi, inoltre, devono essere raccordati alla nomenclatura CO-
FOG (Classification of the Functions of Government) di secondo livello.
52 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

La COFOG è una classificazione delle funzioni di governo previste dal SEC/95 (Sistema
europeo di contabilità nazionale) e comune a tutti i paesi dell’Unione europea e a livello OCSE.
La classificazione si basa sulle funzioni obiettivo, articolata su tre livelli gerarchici: 1) di-
visioni ovvero i fini primari perseguiti dalle amministrazione; 2) gruppi ovvero le specifiche
aree di intervento delle politiche pubbliche; 3) classi, livello che identifica i comparti di attivi-
tà in cui si articolano le aree di intervento del livello precedente. Con la suddivisione in classi
si rende, tra l’altro, omogenea la valutazione delle attività delle pubbliche amministrazioni.

Qualora il raccordo non sia possibile perché il programma corrisponde


a due o più funzioni COFOG di secondo livello, va indicata le relativa per-
centuale di attribuzione, calcolata sulla base dell’ammontare presunto dei
capitoli di diversa finalizzazione compresi nel programma.
Per ogni unità di voto sono indicati:
a) l’ammontare presunto dei residui attivi e passivi alla chiusura dell’esercizio precedente a
quello cui si riferisce il bilancio;
b) l’ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di im-
pegnare nell’anno cui il bilancio si riferisce (preventivo di competenza);
c) le previsioni delle entrate e delle spese relative al secondo e terzo anno del bilancio triennale;
d) l’ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pa-
gare nell’anno cui il bilancio si riferisce, senza distinzione tra operazioni in conto compe-
tenza e in conto residui (preventivo di cassa).
Le somme comprese in ciascun programma sono suddivise in:
— spese correnti (in cui sono evidenziate le spese di personale);
— spese di investimento.

In ciascun programma le spese si ripartiscono in rimodulabili e non ri-


modulabili. Queste ultime si caratterizzano per non essere facilmente con-
trollabili in via amministrativa dalle amministrazioni perché corrisponden-
ti per lo più ad «oneri inderogabili» cioè vincolati a particolari meccanismi
o parametri che regolano la loro evoluzione, determinati da leggi e da atti
normativi. Sono «oneri inderogabili» le spese obbligatorie (stipendi, asse-
gni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, quelle deri-
vanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento
di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione norma-
tiva). Le spese rimodulabili si distinguono in: fattori legislativi, ossia le
spese autorizzate da espressa disposizione legislativa che ne determina l’im-
porto, considerato quale limite massimo di spesa, e il periodo di iscrizione
in bilancio; spese di adeguamento al fabbisogno, ossia spese non prede-
terminate legislativamente che sono quantificate tenendo conto delle esi-
genze delle amministrazioni.
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 53

Il bilancio annuale di previsione si compone:


— di uno stato di previsione dell’entrata;
— di stati di previsione della spesa corrispondenti ai diversi Ministeri, con
allegate appendici dei bilanci e delle amministrazioni autonome;
— di un quadro generale riassuntivo riferito al triennio.
1) Gli stati di previsione dell’entrata e della spesa
Ciascuno stato di previsione riporta i seguenti elementi informativi, da aggiornare al mo-
mento dell’approvazione della legge di bilancio per le lettere a), b), c), d) ed e):
a) la nota integrativa al bilancio di previsione. Per le entrate, illustra i criteri per la pre-
visione relativa alle principali imposte e tasse, e specifica, per ciascun titolo, la quota
di risorse avente carattere ricorrente o non, nonché gli effetti connessi alle disposizio-
ni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell’esercizio, recan-
ti esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio, con l’indicazione della natura delle
agevolazioni, dei soggetti e delle categorie dei beneficiari e degli obiettivi perseguiti.
Per la spesa, la nota si compone di due sezioni; nella prima, concernente il piano de-
gli obiettivi correlati a ciascun programma ed i relativi indicatori di risultato, essa
descrive il quadro di riferimento in cui l’amministrazione opera, le priorità politiche;
espone le attività e indica gli obiettivi riferiti a ciascun programma di spesa, che le
amministrazioni intendono conseguire in termini di livello dei servizi e di interventi,
in coerenza con il programma generale dell’azione di Governo. A tal fine il documen-
to indica le risorse destinate alla realizzazione dei predetti obiettivi e riporta gli indi-
catori di realizzazione ad essi riferiti, nonché i criteri e i parametri utilizzati per la loro
quantificazione, evidenziando il collegamento tra i predetti indicatori e parametri e il
sistema di indicatori e obiettivi adottati da ciascuna amministrazione per le valutazio-
ni previste dalla L. 15/2009 (cd. legge Brunetta), e dai successivi decreti attuativi.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato d’intesa con il Mini-
stro dell’economia e delle finanze, sono individuati i criteri e le metodologie per la
definizione degli indicatori di realizzazione contenuti nella nota integrativa.
Nella seconda sezione, relativa ai programmi e alle corrispondenti risorse finanziarie,
la nota illustra il contenuto di ciascun programma di spesa e i criteri di formulazione
delle previsioni, con riguardo in particolare alle varie tipologie di spesa e ai relativi
riferimenti legislativi, con indicazione dei corrispondenti stanziamenti del bilancio
triennale;
b) una scheda illustrativa di ogni programma e delle leggi che lo finanziano, con in-
dicazione dei corrispondenti stanziamenti del bilancio triennale, con l’articolazione per
le categorie di spesa. Nella stessa scheda sono contenute tutte le informazioni e i dati
relativi alle spese di funzionamento, comprese quelle del personale, necessarie all’at-
tuazione del programma, nonché gli interventi programmati, con separata indicazione
delle spese correnti e di quelle in conto capitale. Tali schede sono aggiornate semestral-
mente. Le variazioni rispetto alle previsioni iniziali devono essere motivate anche in
relazione alla loro tipologia e natura. Il Ministro dell’economia e delle finanze trasmet-
te le schede al Parlamento entro trenta giorni dalla fine del semestre di riferimento;
54 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

c) per ogni programma l’elenco dei capitoli, articoli e relativi stanziamenti;


d) per ogni programma un riepilogo delle dotazioni secondo l’analisi economica e
funzionale;
e) una scheda illustrativa dei capitoli recanti i fondi settoriali correlati alle princi-
pali politiche pubbliche di rilevanza nazionale, nella quale sono indicati i corri-
spondenti stanziamenti previsti dal bilancio triennale, il riepilogo analitico dei prov-
vedimenti legislativi e amministrativi che hanno determinato i suddetti stanziamenti
e le relative variazioni, e gli interventi previsti a legislazione vigente a valere su det-
ti fondi, con separata indicazione delle spese correnti e di quelle in conto capitale. La
scheda deve essere aggiornata semestralmente in modo da tenere conto delle modifi-
che apportate agli stanziamenti previsti dalla legge di bilancio con le variazioni di bi-
lancio adottate in corso d’anno. Le variazioni rispetto alle previsioni iniziali indica-
no analiticamente i provvedimenti legislativi e amministrativi ai quali sono correlate
le variazioni di bilancio intersorse nell’anno. Il Ministro dell’economia e delle finan-
ze trasmette le schede al Parlamento entro trenta giorni dalla fine del semestre di ri-
ferimento;
f) il budget dei costi della relativa amministrazione. Le previsioni economiche sono
rappresentate secondo le voci del piano dei conti, distinte per programmi e per centri
di costo. Il budget espone le previsioni formulate dai centri di costo dell’amministra-
zione ed include il prospetto di riconciliazione al fine di collegare le previsioni eco-
nomiche alle previsioni finanziarie di bilancio.
Riguardo il budget economico sottolineiamo che esso è stato introdotto dalla L. 94/1997
e dal D.Lgs. 279/1997. La compilazione del documento è stata consentita dall’ado-
zione del sistema unico di contabilità economica per centri di costo (art. 10 D.Lgs.
279/1997). Come già detto, tale sistema mette in relazione le risorse impiegate, gli
obiettivi da raggiungere e le responsabilità dirigenziali, consentendo di verificare l’an-
damento della gestione attraverso il confronto tra costi preventivati delle risorse (bud-
get) e quelli effettivamente sostenuti. Il documento veniva però trasmesso al Parla-
mento in modo separato rispetto al disegno di legge del bilancio, con la L. 196/2009
esso diventa parte integrante del bilancio.
Infine, fino a quando non sarà attuata la delega prevista all’art. 40 della L. 196/2009 in
tema di completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, in appositi
allegati agli stati di previsione della spesa devono essere indicate per ciascun programma,
per macroaggregato e distinte per capitoli le spese rimodulabili e non rimodulabili. Agli
stati di previsione della spesa, inoltre, sono annessi i consuntivi degli enti cui lo Stato con-
tribuisce in via ordinaria.
2) Il quadro generale riassuntivo
Il quadro generale riassuntivo, reca le risultanze complessive del bilancio.
In esso tutta l’attività finanziaria dello Stato, esposta analiticamente nelle varie poste del
bilancio, trova la sua rappresentazione sintetica e unitaria (ZACCARIA).
L’art. 25 della L. 196/2009 ripropone quanto già previsto dalla legge 5 agosto 1978, n.
468, e in pratica che il quadro generale riassuntivo è formulato con riferimento sia alle dota-
zioni di cassa sia alle dotazioni di competenza.
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 55

Esso deve dare indicazione dei seguenti risultati differenziali (saldi):


a) il risparmio pubblico. È uguale alla differenza tra il totale delle entrate tributarie ed ex-
tratributarie e il totale delle spese correnti.
Questo risultato differenziale, se positivo, misura la quota di risorse correnti destinabili al
finanziamento delle spese in conto capitale. Se, viceversa, è negativo, esso esprime la quo-
ta delle spese correnti da soddisfare ricorrendo all’indebitamento;
b) l’indebitamento o accrescimento netto. È uguale alla differenza tra il totale di tutte le
entrate ed il totale di tutte le spese, escluse le operazioni riguardanti le partecipazioni
azionarie ed i conferimenti, nonché la concessione e la riscossione di crediti e l’accensio-
ne e rimborso di prestiti;
c) il saldo netto da finanziare o da impiegare. È uguale alla differenza tra tutte le entrate
finali e tutte le spese.
Le spese di accensione e per il rimborso di prestiti non vengono considerate nel calcolo, dato
che tali spese servono a rimborsare (ai possessori dei titoli del debito pubblico) prestiti che lo
Stato ha contratto in anni precedenti, per finanziare quindi disavanzi degli anni precedenti.
Il saldo netto da finanziare indica la misura in cui le operazioni dello Stato determinano il
ricorso al mercato monetario e finanziario;
d) il ricorso al mercato. È la differenza tra il totale delle entrate finali ed il totale delle spese.
In allegato al disegno di legge del bilancio di previsione dello Stato, il Ministro dello svi-
luppo economico presenta alle Camere una relazione, con motivata indicazione programma-
tica sulla destinazione alle aree sotto utilizzate del territorio nazionale (così come individuate
dall’art. 1, comma 1, lettera a), del D.L. 32/1995, conv. in L. 104/1995) e alle aree destinata-
rie degli interventi di cui all’art. 1, comma 1, del D.L. 148/1993, conv. in L. 236/1993, in con-
formità alla normativa comunitaria, nonché alle aree montane, delle spese di investimento
iscritte negli stati di previsione dei singoli Ministeri per gli interventi di rispettiva competen-
za nell’ammontare totale e suddiviso per Regioni.

Con apposita norma della legge che approva il bilancio di previsione


dello Stato è annualmente stabilito, in relazione all’indicazione del fabbi-
sogno del settore statale, effettuata tenendo conto del saldo netto da finan-
ziare del bilancio dello Stato e del saldo netto di cassa del settore statale,
l’importo massimo di emissione di titoli dello Stato, in Italia e all’estero, al
netto di quelli da rimborsare.
Alla data di entrata in vigore della legge di bilancio, con decreto del Mi-
nistro dell’economia e delle finanze, d’intesa con le amministrazioni inte-
ressate, le unità di voto parlamentare sono ripartite in capitoli ai fini della
gestione e della rendicontazione; mentre entro dieci giorni dalla pubblica-
zione della legge di bilancio i Ministri assegnano le risorse ai responsabili
della gestione. Viene inoltre data informazione del raccordo tra il bilancio
di previsione dello Stato approvato e il sistema di contabilità nazionale per
i conti del settore della pubblica amministrazione.
56 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

Il bilancio annuale di previsione è oggetto di un unico disegno di legge


e l’approvazione dello stato di previsione dell’entrata, del totale generale del-
la spesa e del quadro generale riassuntivo viene disposta con distinti artico-
li di legge, con riferimento alle dotazioni di competenza e a quelle di cassa.

12. Segue: Il bilancio pluriennale


Il bilancio pluriennale di previsione, introdotto nel sistema contabile ita-
liano con la L. 468/1978, è stato rivisto dalla L. 196/2009, che ha sostan-
zialmente lasciato inalterata la struttura già esistente.
L’articolo 22 stabilisce che il documento sia elaborato dal Ministro dell’eco-
nomia e delle finanze in coerenza con gli obiettivi indicati nel DEF, con ri-
ferimento ad un periodo di tre anni. Esso è redatto, in base alla legislazione
vigente per missioni e programmi, in termini di competenza e di cassa.
Il bilancio pluriennale deve esporre separatamente:
— l’andamento delle entrate e delle spese in base alla legislazione vigente
(bilancio pluriennale a legislazione vigente);
— le previsioni sull’andamento delle entrate e delle spese tenendo conto
degli effetti degli interventi programmati nel DEF (bilancio plurienna-
le programmatico).
Il bilancio pluriennale di previsione deve essere integrato con gli effet-
ti della legge di stabilità; esso non comporta l’autorizzazione a riscuotere le
entrate e a eseguire le spese in esso iscritte ed è aggiornato ogni anno.

13. Segue: La formazione e l’approvazione del bilan-


cio
A) La formazione del bilancio
L’articolo 23 della L. 196/2009 prevede che in sede di elaborazione de-
gli schemi degli stati di previsione, i Ministri sono tenuti ad attenersi alle
istruzioni fornite ogni anno, con circolare emanata dal DRGS, dal Ministe-
ro dell’economia e delle finanze.
I Ministri competenti anche sulla base delle proposte dei responsabili
della gestione dei programmi stabiliscono gli obiettivi di ciascun dicastero
e quantificano le risorse necessarie al loro raggiungimento anche basando-
si sulla rimodulazione delle risorse tra programmi che appartengono però
alla stessa missione di spesa. Deroghe a tali norme in materia di flessibilità
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 57

sono state stabilite dal D.L. 78/2010 (art. 2), conv. in L. 122/2010, e dal D.L.
138/2011 (art. 1, co. 02), conv. in L. 148/2011.
È fatto divieto invece di formulare previsioni basate sul semplice calco-
lo della spesa storica incrementale. Sarà poi il Ministro dell’economia a va-
lutare la congruità e la coerenza tra gli obiettivi indicati da ciascun Ministro
e le risorse richieste per la loro realizzazione, tenendo anche conto dello sta-
to di attuazione dei programmi in corso e dei risultati conseguiti negli anni
precedenti in termini di efficienza ed efficacia della spesa. Per la conoscen-
za di tali dati il Ministro dell’economia tiene conto anche: delle risultanze
illustrate nella nota integrativa al rendiconto relativamente all’analisi e alla
valutazione del grado di realizzazione degli obiettivi di ciascuna ammini-
strazione; delle risultanze delle attività di analisi dei nuclei di valutazione
della spesa; il rapporto sulla spesa delle amministrazioni dello Stato, elabo-
rato ogni tre anni dalla Ragioneria generale dello Stato.
Gli schemi degli stati di previsione di entrata e di spesa, così come co-
struiti seguendo le fasi fin qui descritte, formano il disegno di legge del bi-
lancio a legislazione vigente predisposto dal Ministro dell’economia e del-
le finanze.
Con il progetto di bilancio è possibile proporre, nel rispetto dell’invarian-
za dei saldi di finanza pubblica e per motivate esigenze, variazioni compensa-
tive in un programma o tra programmi delle dotazioni finanziarie corrispon-
denti a spese per fattori legislativi. Non è possibile, invece, impiegare gli stan-
ziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti. Di tali variazioni si
deve dar conto in apposito allegato allo stato di previsione della spesa, indican-
do le autorizzazioni legislative di cui si propone la modifica e il loro importo.
Infine, la legge di bilancio è formata apportando al disegno di legge le
variazioni determinate dalla legge di stabilità.

B) La procedura parlamentare di esame dei disegni di legge di stabili-


tà e del bilancio e la loro approvazione
Allo scopo di assicurare la celerità e la certezza dei tempi di approva-
zione del bilancio, i regolamenti interni della Camera e del Senato hanno
introdotto la cosiddetta sessione di bilancio.
La sessione ha una durata prefissata: 45 giorni a decorrere dall’effetti-
va distribuzione dei disegni di legge presso la Camera alla quale sono pre-
sentati in prima lettura; 35 giorni presso l’altro ramo del Parlamento.
58 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

La sessione di bilancio si apre con la presentazione del disegno di leg-


ge di stabilità e del disegno di legge concernente i bilanci di previsione. In
entrambi i rami del Parlamento, data la particolare natura degli atti esami-
nati nel corso della sessione, viene attribuito alle commissioni Bilancio un
ruolo centrale nell’esame svolto in collaborazione con le altre commissio-
ni permanenti.
All’atto della presentazione e prima dell’assegnazione, il Presidente del
ramo del Parlamento dove i disegni di legge sono stati presentati effettua il
vaglio preventivo, per verificare l’eventuale presenza, nei disegni di legge,
di materia estranea e dispone lo stralcio delle disposizioni estranee comu-
nicandolo all’Assemblea. Il Presidente accerta anche l’eventuale presenza
di disposizioni che introducono nuovi o maggiori oneri finanziari rispetto
alla legislazione contabile e verifica il rispetto della regola della copertura
(tale verifica è fatta per prassi alla Camera, mentre è esplicitamente previ-
sta dal regolamento del Senato).
Si tratta di una procedura assai complessa della quale cercheremo di de-
lineare i tratti principali.
a) Esame preliminare
Prima dell’inizio della sessione le commissioni parlamentari iniziano
l’esame degli stati di previsione del disegno di bilancio di rispettiva com-
petenza senza procedere a votazioni, provvedendo ad acquisire i necessari
elementi conoscitivi. Anche la commissione bilancio con le medesime mo-
dalità avvia l’esame del disegno di legge di bilancio a legislazione vigente.
b) Sessione di bilancio
Durante la sessione di bilancio è sospesa ogni deliberazione da parte
dell’Assemblea e delle commissioni su progetti che comportino nuove o
maggiori spese o diminuzione delle entrate e la programmazione dei lavo-
ri in Assemblea è regolata in maniera da consentire il rispetto del termine
previsto per la durata della sessione.
c) Assegnazione
I disegni di legge di stabilità e il disegno di legge concernente i bilanci
di previsione sono assegnati per l’esame generale alla commissione bilan-
cio e per l’esame delle parti di rispettiva competenza e dei singoli stati di
previsione alle commissioni competenti per materia.
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 59

d) Esame da parte delle commissioni permanenti


Nei dieci giorni successivi le commissioni che esaminano congiunta-
mente il disegno di legge di stabilità e di bilancio concludono i lavori con
l’approvazione di una relazione e la nomina di un relatore che può parteci-
pare alle sedute della commissione bilancio e programmazione.
e) Esame in commissione bilancio e relazione generale
Nello stesso periodo la commissione bilancio avvia l’esame dei disegni
di legge e, al termine dei dieci giorni successivi all’assegnazione, esamina
congiuntamente i disegni di legge e i documenti connessi e approva la rela-
zione generale per il disegno di legge di stabilità e per il bilancio.
Entro lo stesso termine possono essere presentate relazioni di minoran-
za. Alla relazione generale della commissione bilancio sono poi allegate le
relazioni delle altre commissioni competenti per materia.
f) Esame in Assemblea
La discussione è organizzata in conferenza dei presidenti di gruppo che
determina il numero di interventi e i tempi per ciascun gruppo.
Si effettua la discussione generale sul disegno di legge di stabilità e sul
disegno di legge di bilancio (si segnala il particolare regime sull’ammissi-
bilità degli emendamenti ai vari atti e nelle varie fasi della sessione) e si pas-
sa alla votazione finale che deve intervenire entro il 31 dicembre.
La Costituzione attribuisce al Parlamento il potere-dovere di approvare il bilancio annualmente:
— per garantire che l’autorizzazione alla sua gestione sia concessa in modo tale da esprime-
re la volontà della maggioranza parlamentare;
— per garantire che l’opinione pubblica sia informata sul contenuto, indirizzi, fini etc. del
bilancio dello Stato;
— per garantire che l’atto di approvazione del bilancio, divenendo atto legislativo, possa es-
sere controllato e sindacato dalla Corte Costituzionale.
L’atto di approvazione del bilancio (con l’eventuale azione di modifica che lo precede)
costituisce, dal punto di vista politico, un voto di verifica annuale obbligatorio dell’omogenei-
tà delle forze politiche che governano il paese (AMATUCCI).

Dopo l’approvazione da parte di entrambi i rami del Parlamento, la leg-


ge del bilancio, contenente i vari stati di previsione, è presentata al Presi-
dente della Repubblica per la promulgazione e per la controfirma del Pre-
sidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri responsabili.
Successivamente è inserita nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei De-
creti pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, insieme alle leggi di variazione del
60 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

bilancio, per consentire il pieno riconoscimento del principio della pubbli-


cità del bilancio.

C) Effetti giuridici del bilancio


La legge di bilancio è legge di autorizzazione: la deliberazione del bi-
lancio conferisce al Governo la facoltà e il dovere di gestire dei beni e nel-
lo stesso tempo impone ad esso dei limiti, nella misura in cui non possono
essere superati gli stanziamenti del bilancio per le spese.
Al bilancio preesistono una serie di leggi sia per quanto riguarda i tri-
buti e le entrate, in genere, che per quanto concerne le spese: il bilancio non
incide in questo ambito, ma permette al Governo di avvalersi della legisla-
zione finanziaria per svolgere la sua attività.
Il bilancio, una volta approvato, diventa intangibile sia da parte del po-
tere legislativo che da parte di quello esecutivo e deve essere attuato nel ri-
spetto della legislazione vigente in materia.

14. Segue: I disegni di legge collegati alla manovra


di finanza pubblica
Tra gli strumenti di finanza pubblica grande rilievo è stato dato dalla L.
196/2009 ai cosiddetti disegni di legge collegati alla manovra di finanza
pubblica, e ciò per due motivi:
— per assicurare maggiore ordine e coerenza all’interno del processo de-
cisionale e nel contempo prevenire la pratica ricorrente negli ultimi anni
di manovre finanziarie realizzate attraverso procedure «d’urgenza» (cfr.
Relazione della V Commissione al d.d.l. sulla riforma della contabilità
e la finanza pubblica);
— alla luce del restringimento del contenuto della legge di stabilità (ex leg-
ge finanziaria).
Ricordiamo che i cosiddetti collegati ordinamentali o fuori sessione erano stati intro-
dotti dalla L. 208/1999, che aveva ampliato il contenuto della legge finanziaria, determinando
contestualmente il superamento del collegato di sessione.

I disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica:


— devono essere presentati dal Governo alle Camere entro il mese di gennaio;
— sono indicati in allegato al DEF e devono riportare disposizioni omoge-
nee sia per materia sia per competenza delle amministrazioni; sono chia-
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 61

mati a concorrere al raggiungimento degli obiettivi programmatici fis-


sati dal DEF, ricorrendo anche a interventi di carattere ordinamentale,
organizzatorio oppure di rilancio e sviluppo dell’economia.
Quanto alle procedure e ai termini per l’esame dei collegati, allo scopo
di rispettare il principio dell’autonomia garantita dalla carta costituzionale
alle Camere, la loro definizione è stata demandata ai regolamenti parlamen-
tari, che dovranno tenere conto, ovviamente, dell’importanza di garantire
una tempistica congrua per l’esame dei provvedimenti in questione.

15. L’esercizio provvisorio


Nell’ipotesi in cui il bilancio non venga approvato entro il 31 dicembre
dell’anno considerato, l’art. 81 della Costituzione prevede la possibilità che
le Camere concedano al Governo l’esercizio provvisorio del bilancio, con
legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Infatti il bilancio di previsione deve essere approvato in tempo utile per
consentire, con l’inizio dell’esercizio cui esso si riferisce, la gestione delle
entrate e delle spese. In tal modo si vuole evitare la completa paralisi che la
carenza di autorizzazione a realizzare le entrate e ad eseguire le spese de-
terminerebbe nell’attività finanziaria e, quindi, in tutta la vita amministrati-
va dello Stato a partire dal 1° gennaio.
I limiti all’esercizio provvisorio sono costituiti, secondo il dettato della
legge, da:
— il tempo: l’esercizio provvisorio non può essere concesso per periodi su-
periori complessivamente a quattro mesi;
— la necessità: la durata dell’esercizio provvisorio non può andare oltre i
termini necessari per evitare la paralisi dello Stato;
— la natura legislativa dello strumento per la concessione dell’esercizio prov-
visorio; l’art. 81 Cost. stabilisce che la concessione dell’esercizio provviso-
rio può aversi soltanto con la legge e ciò al fine di assicurare anche il con-
trollo della Corte Costituzionale su questo importantissimo atto dello Stato.
Organo competente è il Parlamento, che, fra l’altro, costituisce l’organo
che ha più interesse ad imporre l’esercizio provvisorio solo nei limiti in cui
è indispensabile e che, dopo aver imposto l’esercizio provvisorio, può re-
vocarlo esplicitamente o implicitamente con l’approvazione del bilancio,
prima della scadenza dei termini dell’esercizio provvisorio.
62 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

L’art. 32 della L. 196/2009 precisa che durante l’esercizio provvisorio,


la gestione del bilancio è concessa per tanti dodicesimi della spesa prevista
da ciascun capitolo quanti sono i mesi dell’esercizio provvisorio, oppure nei
limite della maggiore spesa necessaria, quando si tratti di spesa obbligatoria
e non suscettibile di impegni o pagamenti frazionati in dodicesimi. Tali li-
mitazioni si riferiscono sia alle autorizzazioni di impegno sia di pagamento.

16. Assestamento e variazioni di bilancio


Durante l’esercizio finanziario, mentre viene data esecuzione al bilan-
cio di previsione, può accadere che si verifichino nuove o maggiori entrate
rispetto a quelle previste in bilancio oppure che si dimostrino necessarie
nuove o maggiori spese rispetto agli stanziamenti.
Al fine di consentire l’adeguamento delle previsioni iniziali alla nuova
realtà economica e finanziaria venutasi a creare durante la gestione, la nor-
mativa contabile prevede il ricorso a «variazioni di bilancio» che devono
essere apportate inderogabilmente entro i termini previsti dalle norme di
contabilità.
Dal punto di vista tecnico diversa è la situazione che si viene a creare
nel caso in cui si dovessero manifestare nuove entrate o nuove spese.

A) Variazione delle entrate


Le nuove entrate di competenza dell’esercizio in corso, verificatesi dopo
l’approvazione del bilancio di previsione, sono rilevate in un nuovo capito-
lo, istituito con decreto del Ministro dell’economia su proposta del Ragio-
niere generale (art. 155 Reg. Gen. Cont.).
Per le maggiori entrate di competenza dell’esercizio in corso, invece,
rimane impregiudicato il diritto dello Stato a riscuotere ed il dovere delle
amministrazioni competenti a curarne l’accertamento e la riscossione: per
le entrate, infatti, la previsione non ha alcun valore limitativo o imperativo.

B) Variazioni di spesa: il bilancio di assestamento


Per quanto riguarda le variazioni di bilancio (in particolare le variazio-
ni di spesa), si è soliti distinguere in base alla natura dell’atto che apporta
le variazioni fra:
— variazioni legislative, disposte con disegno di legge di assestamento de-
gli stanziamenti di bilancio;
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 63

— variazioni amministrative, disposte con decreti presidenziali o mini-


steriali e che quindi, apparentemente, derogano al principio generale che
il bilancio (approvato con apposita legge) può essere modificato solo da
un altro atto avente la stessa forma ed efficacia.
Le correzioni degli errori di previsione, l’adeguamento degli stanziamen-
ti di bilancio ai residui attivi e passivi (accertati al momento del rendiconto
dell’esercizio precedente) ed alle eventuali nuove esigenze di spesa sono pre-
sentate dal Ministro dell’economia al Parlamento affinché vengano approva-
te con legge sostanziale onde evitare alterazioni dell’equilibrio di bilancio ipo-
tizzato al momento dell’approvazione del documento di previsione annuale.
Lo strumento giuridico-contabile destinato ad aggiornare il bilancio di
previsione annuale alle nuove situazioni verificatesi è il bilancio di assesta-
mento (art. 33 della L. 196/2009).
Sua funzione principale è quella di recare le modifiche al bilancio di pre-
visione rese necessarie sia per il riaggiustamento del valore dei residui, cui
si dà valore certo in sede di rendiconto dell’esercizio scaduto il precedente
31 dicembre, che per vicende finanziarie ed economiche sopravvenute.
Il bilancio di assestamento si configura così come un provvedimento or-
ganico in cui, alla luce del consuntivo dell’esercizio precedente, i valori del
bilancio di previsione vengono riaggiustati ed assestati.
L’art. 33 della L. 196/2009 dispone che entro il mese di giugno di cia-
scun anno il Ministro dell’economia presenti un disegno di legge ai fini
dell’assestamento delle previsioni di bilancio.
Più precisamente l’art. 33, L. 196/2009, prevede che:
— il disegno di legge provvede all’assestamento delle previsioni di bilan-
cio anche in considerazione della consistenza dei residui attivi e passi-
vi accertata in sede di rendiconto dell’esercizio scaduto il 31 dicembre
dell’anno precedente;
— il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a provvedere alle
variazioni di bilancio necessarie in relazione ai provvedimenti legislativi
pubblicati successivamente alla presentazione del bilancio di previsione in-
dicando, per ciascun capitolo, le dotazioni sia di competenza sia di cassa.
Lo stesso art. 33, comma 3, con riferimento alla possibilità di effettua-
re rimodulazioni delle dotazioni finanziarie relative a fattori legislativi
anche con il disegno di legge di assestamento rinvia all’art. 23 della stessa
legge, e, in pratica, alla possibilità di proporre variazioni compensative tra
64 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

le dotazioni finanziarie relative a programmi di una stessa missione, rispet-


tando i limiti previsti in quella sede.
La L. 196/2009 consente, in alcuni casi, di disporre variazioni di spesa
mediante atti amministrativi, senza ricorrere, cioè, al provvedimento legi-
slativo. In particolare, il comma 4 dell’art. 33 prevede che, nel rispetto dei sal-
di di finanza pubblica, il Ministro dell’economia e delle finanze con proprio
decreto, su proposta dei Ministri competenti, ha la possibilità di adottare va-
riazioni compensative tra dotazioni finanziarie interne a ciascun program-
ma, relativamente alle spese per adeguamento al fabbisogno e nell’ambito
esclusivamente delle spese rimodulabili. La norma precisa che non possono
essere impiegati gli stanziamenti di spesa di conto capitale per finanziare spe-
se correnti, ma tale previsione era già stata introdotta in relazione ai meccani-
smi di flessibilità del bilancio previsti dall’art. 60, comma 3, del D.L. 112/2008.

Strumenti della programmazione finanziaria e di bilancio


Documento Data di presentazione Presentazione
Documento di economia 10 aprile Governo alle Camere su pro-
e finanza (DEF) posta del Ministro dell’eco-
nomia e delle finanze (*)
Nota di aggiornamento del DEF 20 settembre Governo alle Camere su pro-
posta del Ministro dell’eco-
nomia e delle finanze
Disegno di legge di stabilità 15 ottobre Governo alle Camere su pro-
posta del Ministro dell’eco-
nomia e delle finanze
Disegno di legge del bilancio 15 ottobre Governo alle Camere su pro-
posta del Ministro dell’eco-
nomia e delle finanze
Disegno di legge di assestamento 30 giugno Governo alle Camere su pro-
del bilancio posta del Ministro dell’eco-
nomia e delle finanze
Eventuali disegni di legge collegati 31 gennaio Governo alla Camere
alla manovra di finanza pubblica
Specifici strumenti di programma- — —
zione delle amministrazioni pubbli-
che diverse dallo Stato

(*) Per quanto concerne la terza sezione del DEF deve essere sentito anche il Ministro per le politiche europee.
Capitolo Primo - Il bilancio di previsione e le modificazioni 65

Documenti per il raccordo con la UE


in tema di finanza pubblica
Documento Data di presentazione Presentazione
Programma di stabilità 30 aprile Dal Governo al Consiglio del­
l’Unione europea e alla Com-
missione europea
Programma nazionale di riforma 30 aprile Dal Governo al Consiglio del­
l’Unione europea e alla Com-
missione europea

Glossario
Centri di costo: sono unità contabili di accumulazione di costi; essi si identificano normal-
mente con i centri operativi o con i centri di responsabilità dell’azienda.
Piano dei conti: elenco organico dei conti che, tra loro collegati, costituiscono il sistema
di scrittura dell’azienda. Esso varia da azienda ad azienda.
Ecobilancio, o bilancio ambientale, dello Stato: è un documento contabile di rappresen-
tazione degli interventi e delle spese previste e sostenute dallo Stato, direttamente o indi-
rettamente, quantificate da precisi “Programmi di spesa” rientranti nella protezione dell’am-
biente ed inseriti nel bilancio di previsione dello Stato. Dal 2000, anno di prima elabora-
zione, l’Ecobilancio dello Stato, compreso nella relazione annuale al disegno di legge di
bilancio, si è arricchito di nuovi contenuti e di informazioni sempre più specifiche.
Governo: è un organo costituzionale ed è l’espressione della maggioranza parlamentare,
cioè della coalizione di partiti che hanno ottenuto il maggior numero di seggi in Parlamen-
to. Esso esercita funzioni politiche, nel senso che partecipa alla direzione politica del pae-
se, funzioni legislative, potendo emanare norme giuridiche mediante atti aventi forza di
legge, e funzioni esecutive, in quanto è al vertice del potere esecutivo e ai singoli ministe-
ri fanno capo tutti i settori amministrativi dello Stato.
Parlamento: è l’organo costituzionale titolare della funzione legislativa. Esso è composto
da due Camere: la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica.
Disegno di legge: termine tecnico con il quale si indicano i progetti di legge presentati dal
Governo.
Capitolo Secondo
La struttura del bilancio

Sommario: 1. Classificazione delle entrate e delle spese. - 2. Fondi di bilancio. -


3. Le leggi di spesa pluriennali e a carattere permanente. - 4. Le gestioni fuori bilan-
cio. - 5. I residui.

1. Classificazione delle entrate e delle spese


Il bilancio dello Stato, come ogni altro tipo di bilancio, si divide da un
punto di vista strutturale in due grandi parti: una prima, relativa alle entra-
te; una seconda, concernente invece le spese.
L’art. 25 della L. 196/2009 espone la classificazione delle entrate e del-
le spese dello Stato. Le prime sono ripartite in:
— titoli secondo la loro natura tributaria, extratributaria o che provengo-
no dall’alienazione e dall’ammortamento di beni patrimoniali, dalla ri-
scossione di crediti o dall’accensione di prestiti;
— ricorrenti o non ricorrenti a seconda che si riferiscano a proventi che
si prevede siano riscossi sempre oppure limitatamente a uno o più eser-
cizi;
— tipologie, ai fini dell’approvazione parlamentare e dell’accertamento dei
cespiti;
— categorie secondo la natura dei cespiti;
— capitoli, che possono laddove necessario essere suddivisi in articoli, se-
condo il rispettivo oggetto, ai fini della rendicontazione.
Le spese sono invece suddivise in:
— missioni;
— programmi, ai fini dell’approvazione parlamentare, a loro volta suddi-
visi in macroaggregati per: spese di funzionamento; interventi; tratta-
menti di quiescienza e altri trattamenti integrativi o sostitutivi di questi
ultimi; oneri comuni di parte corrente; oneri comuni in conto capitale.
In apposite e autonome previsioni deve essere esposto il rimborso di pas-
sività finanziarie;
Capitolo Secondo - La struttura del bilancio 67

— capitoli, secondo l’oggetto della spesa. I capitoli costituiscono l’unità


elementare ai fini della gestione e della rendicontazione e possono esse-
re a loro volta suddivisi in articoli. I capitoli sono classificati secondo il
contenuto economico e funzionale.
Sappiamo che la L. 196/2009 ha introdotto una nuova unità di voto par-
lamentare sia per le entrate che per le spese, determinando in tal modo l’eli-
minazioni delle unità previsionali di base previste dalla L. 94/1997. Più
precisamente, per le entrate le unità di voto sono identificate con la tipolo-
gia della stessa entrata, mentre per le spese sono stati introdotti i program-
mi. Sia per le entrate sia per le spese, inoltre, l’unità di voto è spostata ad
un livello superiore di quello del macroaggregato (o unità previsionale di
base).

A) La classificazione delle voci in entrata


La classificazione è relativamente semplice per quanto concerne le entrate, in quanto esse,
come detto, sono individuate con riferimento alla natura delle entrate medesime. Le voci di
entrata sono a loro volta raggruppate in una tabella (detta anche stato previsionale).
Lo stato previsionale dell’entrata appare così suddiviso.
• I livello (natura delle entrate):
— Titolo I: entrate tributarie. Le voci qui inserite riguardano i proventi dei vari tribu-
ti, come l’IRPEF o l’IVA.
— Titolo II: entrate extra-tributarie. Le voci di questo titolo sono gestite dai vari mi-
nisteri cui afferiscono le fonti di entrata e riguardano proventi quali i profitti di im-
prese pubbliche.
— Titolo III: alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di cre-
diti. Le voci che rientrano in questo gruppo riguardano soprattutto le entrate derivan-
ti dall’amministrazione del patrimonio (ad esempio, la vendita di un immobile), dun-
que le entrate in conto capitale.
— Titolo IV: accensione di prestiti. Qui sono incluse le voci relative alle entrate che
sorgono dalla vendita di titoli del debito pubblico.
• II livello:
— Entrate ricorrenti
— Entrate non ricorrenti
Questa distinzione è rilevante ai fini della valutazione dei conti dell’Italia da parte de-
gli organismi europei competenti.
• III livello (tipologia delle entrate), ai fini dell’approvazione parlamentare e dell’accerta-
mento dei prestiti.
Come appare evidente in questo livello è evidenziato il tipo di entrata, così per le entrate
tributarie le voci sono rappresentate dai tributi più rilevanti quali le imposte sui redditi,
68 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

IRES, IVA, e da raggruppamenti di tributi simili come le imposte sostitutive; per gli altri
tre titoli sono indicati i tipi di provento per aggregati (ad esempio redditi da capitali).
• IV livello
In questo livello, quindi al di sotto dell’unità di voto, si trovano i capitoli, i quali rappre-
sentano una ripartizione delle unità di voto ai fini della gestione e della rendicontazione.
I capitoli possono essere suddivisi a loro volta in articoli.

B) La classificazione delle voci di spesa


Concentriamoci adesso sulle voci relative alle spese; esse appaiono così disaggregate: mis-
sione/programma/capitolo.
Passando poi ad un diverso criterio di raggruppamento delle varie voci di spesa, che pri-
vilegia la natura o il tipo di spesa (classificazione economica), si hanno:
— spese correnti. Si tratta di spese come gli stipendi del personale e l’acquisto di beni e ser-
vizi, oppure l’erogazione di sussidi;
— spese capitali. Sono, essenzialmente, spese per investimenti;
— rimborso prestiti. Qui sono incluse le spese per restituire (con i dovuti interessi) i presti-
ti ricevuti dai soggetti economici privati.
Inoltre, in allegato allo stato di previsione della spesa del MEF viene presentato un qua-
dro contabile da cui risultano:
— le categorie delle spese secondo l’analisi economica;
— le classi fino al terzo livello della classificazione COFOG in cui viene ripartita la spesa se-
condo l’analisi funzionale.
In appendice a tale quadro contabile vi sono appositi prospetti che vanno aggiornati,
informandone il Parlamento, dopo l’approvazione della legge di bilancio, e che illustrano gli
incroci tra i diversi criteri di classificazione e il raccordo tra le classi COFOG e le missioni e
i programmi, e tra il bilancio dello Stato e il sistema di contabilità nazionale; inoltre, a tutti i
capitoli, e al loro interno a ciascun piano di gestione, è attribuito il pertinente codice di classe
COFOG e di categoria economica di terzo livello, escludendo i criteri di prevalenza.
Infine, in allegato allo stato di previsione della spesa del MEF sono elencate le garanzie
principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti.

Che cos’è il bilancio dello Stato semplificato?


«Il documento si compone di tre parti: la prima contiene i risultati differenziali; la secon-
da un’analisi delle entrate e la terza parte un aggregato analitico della spesa. I dati sono tut-
ti al netto delle regolazioni contabili. Per le entrate analogamente alla struttura del bilan-
cio prevista dalla vigente normativa contabile, la prospettazione opera, nell’ambito di cia-
scun titolo d’entrata, la ripartizione tra entrate correnti ed entrate in conto capitale, tipica
della contabilità nazionale, al fine di porre in evidenza il carattere di continuità ovvero di
straordinarietà o di occasionalità che connota i cespiti di entrata in relazione alla loro ac-
quisizione al bilancio dello Stato. Per la spesa il Documento in questione espone le partite
per voci economiche in un ampio aggregato analitico comprendente voci relative ai prin-
Capitolo Secondo - La struttura del bilancio 69

cipali interventi di spesa. Le voci che compongono la versione “analitica” corrispondono


ai principali aggregati economici previsti dalla classificazione economica. All’interno del-
le voci economiche principali è stata ipotizzata una ripartizione per finalità di spesa».
Fonte: Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato

2. Fondi di bilancio
Così come ogni azienda, anche quella pubblica costituisce delle riserve
finanziarie per far fronte a dei fini specifici. Data la struttura del bilancio
dello Stato e data la sua natura di strumento di controllo sull’operato del
Governo, la legge ha previsto degli strumenti in grado di garantire il prin-
cipio dell’elasticità della gestione del bilancio. Fra gli strumenti adatti a tale
scopo vi sono i fondi di bilancio che si distinguono in fondi di riserva e fon-
di speciali.

A) I fondi di riserva
I fondi di riserva sono dei capitoli di spesa «generici» che hanno lo sco-
po di alimentare capitoli di spesa «specifici» nel corso dell’esecuzione del
bilancio.
Questi capitoli generici trovano espressione nello stato di previsione del
MEF che, come sappiamo, gestisce la spesa dello Stato.
1) Fondo di riserva per le spese obbligatorie
Nello stato di previsione del MEF è istituito fra le spese di parte corren-
te un fondo di riserva per le spese obbligatorie, le cui dotazioni sono an-
nualmente determinate con apposito articolo della legge di bilancio (art.
26, comma 1, L. 196/2009).
2) Fondo di riserva per le spese impreviste
Nello stato di previsione del MEF è istituito, nella parte corrente, un
fondo di riserva per provvedere alle eventuali deficienze delle assegna-
zioni di bilancio che non riguardino le spese obbligatorie ed altre spe-
se che, comunque, non impieghino i bilanci futuri con carattere di con-
tinuità (art. 28, L. 196/2008).
I trasferimenti di somme dal predetto fondo e la loro corrispondente iscri-
zione ai capitoli di bilancio hanno luogo mediante decreti del Presiden-
te della Repubblica su proposta del Ministro dell’economia e delle fi-
70 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

nanze, da registrarsi alla Corte dei conti, e riguardanti sia le dotazioni


di competenza che quelle di cassa dei capitoli interessati.
3) Fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa
Nello stato di previsione del MEF è istituito un fondo di riserva per le
autorizzazioni di cassa, e il suo stanziamento è determinato annualmen-
te con apposito articolo della legge di bilancio (art. 29, L. 196/2009).
Con decreto dello stesso Ministro dell’economia, su proposta del Mini-
stro interessato, e informandone la Corte dei conti, dal fondo sono tra-
sferite e successivamente iscritte negli stati di previsione delle ammini-
strazioni statali le somme necessarie per far fronte a eventuali deficien-
ze delle dotazioni dei capitoli stessi, ritenute compatibili con gli obiet-
tivi di finanza pubblica. I decreti di variazione devono essere trasmessi
al Parlamento.

B) Fondi speciali
Tra i mezzi di copertura previsti dalla vigente legislazione vi è quello
costituito dalle risorse accantonate nei fondi speciali (art. 27, L. 196/2009).
I fondi speciali, una volta determinati nel loro ammontare dalla legge di
stabilità, vengono utilizzati, mediante l’arricchimento di preesistenti capi-
toli o la creazione di nuovi, per far fronte alle spese derivanti dai progetti di
legge che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finan-
ziari compresi nel bilancio pluriennale ed in particolare di quelli correlati al
perseguimento degli obiettivi indicati nel DEF (art. 18, comma 1, L. 196/2009).
Le quote dei fondi speciali non possono venir utilizzate per la copertu-
ra finanziaria di decreti-legge salvo che riguardino spese di primo interven-
to per fronteggiare calamità naturali o improrogabili esigenze connesse alla
tutela della sicurezza del paese o situazioni di emergenza economico-finan-
ziaria.
Qualora non vengano utilizzate entro l’anno cui si riferiscono, le quote
dei fondi speciali di parte corrente e di parte capitale (questi ultimi se cor-
rispondono a progetti di legge già approvati da un ramo del Parlamento) co-
stituiscono economie di bilancio.
Per le spese corrispondenti ad obblighi internazionali, la copertura fi-
nanziaria dei relativi provvedimenti legislativi non perfezionati entro il ter-
mine dell’esercizio resta valida anche dopo il termine dell’esercizio cui si
riferisce ma a patto che il provvedimento risulti presentato alle Camere en-
Capitolo Secondo - La struttura del bilancio 71

tro l’anno ed entri in vigore entro il termine di scadenza dell’anno succes-


sivo. In tal caso le economie di spesa da utilizzare nell’esercizio successi-
vo devono essere raccolte in elenchi trasmessi alle Camere, entro il 25 gen-
naio, dal Ministro dell’economia e delle finanze, e gli stessi elenchi devo-
no essere allegati allo stato di previsione del MEF. A questo punto, le nuo-
vi o maggiori spese derivanti dal perfezionamento dei relativi provvedimen-
ti legislativi sono in ogni caso iscritte nel bilancio d’esercizio nel corso del
quale i provvedimenti stessi entrano in vigore e vanno ad incrementare i li-
miti dei saldi del livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del
saldo netto da finanziare.
Infine, il comma 1 dell’art. 27 L. 196/2009 prevede che nello stato di previsione della spe-
sa del MEF sono istituiti: nella parte corrente un fondo speciale per la riassegnazione dei re-
sidui passivi della spesa di parte corrente eliminati negli esercizi precedenti per perenzio-
ne amministrativa, e nella parte in conto capitale un fondo speciale per la riassegnazione
dei residui passivi della spesa in conto capitale eliminati negli esercizi precedenti per pe-
renzione amministrativa. Il trasferimento delle risorse contenute nei fondi e la loro contempo-
ranea iscrizione ai capitoli di bilancio è disposto con decreto del Ministro dell’economia e del-
le finanze, registrato alla Corte dei conti, e riguarda sia le dotazioni di competenza che di cassa.

3. Le leggi di spesa pluriennali e a carattere per-


manente
Le leggi pluriennali di spesa sono relative ad interventi in conto capi-
tale. Esse quantificano:
— la spesa complessiva;
— l’onere per competenza relativo al primo anno di applicazione;
— le quote di competenza attribuite a ciascuno degli anni considerati nel
bilancio pluriennale.
Le leggi di spesa che autorizzano l’iscrizione in bilancio dei contributi
pluriennali possono anche recare le modalità con cui utilizzarli e ciò dipen-
de dalla natura degli interventi. L’art. 30 della L. 196/2009 prevede le se-
guenti modalità:
— autorizzazione concessa al beneficiario, a valere sul contributo stesso, a
stipulare operazioni di mutui con istituti di credito il cui onere di am-
mortamento è a carico dello Stato. In tal caso il debito si intende assun-
to dallo Stato che provvede, su delega del beneficiario stesso, ad eroga-
re il contributo direttamente all’istituto di credito;
72 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

— spesa ripartita da erogare al beneficiario secondo le cadenze temporali


stabilite dalla legge.
La legge di stabilità può rimodulare le quote previste per ciascuna an-
nualità considerata nel bilancio pluriennale senza modificare l’autorizzazio-
ne complessiva. Il disegno di legge di stabilità indica in apposito allegato le
informazioni contabili relative per ciascuna legge pluriennale ai residui di
stanziamento in essere al 30 giugno dell’anno in corso e, se previsti versa-
menti in conti correnti o contabilità speciali di tesoreria, le giacenze in es-
sere alla stessa data.
Per tre esercizi finanziari successivi all’entrata in vigore della L. 196/2009
il Ministro dell’economia, su proposta motivata dei competenti Ministeri che
illustri lo stato di attuazione dei programmi di spesa, può prorogare di un anno
i termini di conservazione dei residui relativi alle spese in conto capitale.
Per ciò che concerne le leggi di spesa a carattere permanente, esse
quantificano l’onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi
nel bilancio pluriennale e indicano l’onere a regime oppure, nel caso in cui
si tratti di spese non obbligatorie, rinviano la quantificazione dello stanzia-
mento alla legge di stabilità. Nel caso, infine, l’onere a regime è superiore
a quello indicato per il terzo anno del triennio di riferimento, la copertura si
deve adeguare al profilo temporale dell’onere.

4. Le gestioni fuori bilancio


Le gestioni fuori bilancio o autonome o speciali sono quelle operazioni
finanziarie che si svolgono nell’ambito dell’amministrazione dello Stato in-
dipendentemente dalle statuizioni di bilancio.
La L. 559/1993 ha disposto la soppressione di tutte le gestioni fuori bi-
lancio, con l’eccezione di quelle espressamente menzionate dalla legge stes-
sa, determinandone così una drastica riduzione.
Sono escluse dalla soppressione, ex art. 20 della L. 559/1993, le gestio-
ni fuori bilancio le cui entrate derivano prevalentemente da contribuzioni
da parte degli associati ovvero dalla cessione a pagamento, a carico degli
utenti o degli acquirenti, di beni e servizi e non superano annualmente, per
ciascun organo gestorio, l’importo di euro 51.045,69 (lire 100 milioni),
escluse le partite di giro.
L’elenco delle gestioni fuori bilancio, esistenti presso le amministrazioni
dello Stato dopo dette operazioni, è allegato allo stato di previsione del MEF.
Capitolo Secondo - La struttura del bilancio 73

5. I residui
I residui derivano dalla formazione del bilancio secondo il principio del-
la competenza finanziaria per cui al 31 dicembre — termine dell’esercizio
finanziario — alcune entrate accertate non sono state riscosse ed alcune
spese impegnate non sono state pagate.
È evidente come essi non abbiano ragione di essere considerati nell’am-
bito del bilancio di cassa che invece si riferisce, come è noto, a previsioni
concernenti effettive entrate ed effettive uscite finanziarie, per cui in tale si-
stema appare più appropriato parlare di minori entrate e di minori spese piut-
tosto che di residui attivi e passivi.
I residui attivi sono l’espressione di entrate accertate ma non ancora
riscosse nonché di entrate riscosse ma non ancora versate; rappresentano
crediti dell’azienda statale nei confronti di terze economie.
I residui passivi sono l’espressione di spese già impegnate e non anco-
ra ordinate ovvero ordinate ma non ancora pagate; rappresentano debiti
dell’azienda statale nei confronti di terze economie. Peraltro i residui pas-
sivi comprendono anche somme che non corrispondono a debiti giuridica-
mente sorti nei confronti dei terzi: è il caso dei residui per impegni latenti
e dei residui di stanziamento.
I residui vengono accertati al momento della chiusura dell’anno finan-
ziario ed iscritti nel rendiconto generale.
Essi sono riportati nella contabilità dell’esercizio successivo, ma tenuti
distinti dalle somme relative alla competenza del nuovo esercizio finanziario.
Si hanno cioè, due distinte gestioni finanziarie:
— una relativa alle somme previste per l’anno finanziario in corso (gestio-
ne di competenza);
— una concernente esclusivamente l’esazione ed il pagamento dei residui
(gestione dei residui).
S’è già detto che i residui vengono riportati nella contabilità degli eser-
cizi successivi fino a quando non siano eliminati; ora bisogna aggiungere
che il tempo di mantenimento dei residui in bilancio varia a seconda della
natura degli stessi.
Infatti per quanto concerne i residui attivi, essi vengono mantenuti in
bilancio fino a quando non vengono riconosciuti di dubbia o difficile esa-
zione (in questo caso entrano a far parte del patrimonio dello Stato) ovvero
74 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

assolutamente inesigibili (in questo caso vengono eliminati dalle scritture


contabili).
L’ammontare dei residui passivi, per ogni capitolo di bilancio, è deter-
minato con decreto ministeriale registrato alla Corte dei conti. L’accerta-
mento contabile dei residui passivi è operato dagli uffici centrali di bilancio
(art. 53 L. cont.).

Che cos’è la perenzione amministrativa?


La perenzione amministrativa è un istituto caratteristico della contabilità pubblica, se-
condo il quale i residui passivi che non vengono pagati entro un certo tempo a partire
dall’esercizio a cui si riferiscono vengono eliminati dalle scritture dello Stato.

In particolare l’art. 36 del regio decreto 2440/1923, come modificato dal


D.L. 98/2011 (art. 10, co. 8) e dal D.L. 138/2011 (art. 1, co. 33bis), stabili-
sce che:
— i residui delle spese correnti (o di funzionamento o mantenimento) e
delle spese in conto capitale (o di investimento), non pagati entro il se-
condo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto il relativo stan-
ziamento, s’intendono perenti agli effetti amministrativi. Le somme eli-
minate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione ai pertinenti
capitoli degli esercizi successivi;
— le somme stanziate per spese in conto capitale non impegnate alla chiu-
sura dell’esercizio possono essere mantenute in bilancio, come residui,
non oltre l’esercizio successivo a quello cui si riferiscono, ad eccezione
di stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigo-
re nell’ultimo quadrimestre dell’esercizio precedente. In tale caso il pe-
riodo di conservazione è protratto di un anno.
Il D.L. 98/2011 (art. 10, co. 10) ha anche stabilito che dal 1° gennaio 2012 sono abrogate
tutte le norme che dispongono la conservazione nel conto dei residui, per essere utilizzate
nell’esercizio successivo, di somme iscritte negli stati di previsione dei Ministeri, non impe-
gnate ai sensi dell’articolo 34 della L. 196/2009, al termine dell’esercizio precedente, con
l’esclusione delle norme relative ai fondi del personale, al fondo occupazione, al fondo opere
strategiche e al fondo per le aree sottoutilizzate.
Capitolo terzo
L’esecuzione del bilancio

Sommario: 1. Premessa. - 2. Le entrate e il loro regime giuridico. - 3. Le spese e il


loro regime giuridico. - 4. La semplificazione delle procedure di spesa: il mandato infor-
matico. - 5. Il controllo sui titoli di spesa (Rinvio). - 6. Il fermo amministrativo. - 7. Com-
pensazione e adempimento parziale.

1. Premessa
Nel precedente capitolo abbiamo classificato le entrate e le spese in re-
lazione alla compilazione del bilancio. In questo capitolo, invece, trattere-
mo le entrate e le spese da un punto di vista giuridico.

2. Le entrate e il loro regime giuridico


Le entrate dello Stato sono costituite da tutti i redditi, i proventi e credi-
ti, di qualsiasi natura, che lo Stato ha il diritto di riscuotere in virtù di leg-
gi, decreti, regolamenti o altri titoli.
Tutte le entrate dello Stato debbono essere iscritte nel bilancio di previ-
sione. In riferimento a quelle che non siano in esso previste rimane tuttavia
impregiudicato il diritto dello Stato a riscuoterle e fermo il dovere, da par-
te delle competenti amministrazioni e dei funzionari e agenti incaricati, di
curarne l’accertamento e la riscossione.
In questo paragrafo ci occupiamo, come anticipato, di classificazioni di
carattere dottrinario, per nulla inerenti alla predisposizione del bilancio.
Si distingue tra entrate di diritto pubblico e quelle di diritto privato. Le
prime trovano il loro fondamento in attività inerenti alla sfera dei pubblici
poteri dei quali lo Stato si avvale per la realizzazione dei suoi obiettivi (si
pensi alla potestà impositiva). Le seconde attengono invece a quelle attivi-
tà esercitate dallo Stato con gli stessi poteri e limiti spettanti ad un qualsia-
si privato cittadino (si pensi alle rendite o ai redditi provenienti dall’uso dei
beni del patrimonio disponibile). Ricordiamo anche la distinzione delle en-
trate a titolo commutativo da quelle a titolo contributivo.
76 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

Questa classificazione pone l’accento sulla differenza fra le entrate che


lo Stato incamera a fronte di una sua corrispettiva prestazione e quelle de-
rivanti, invece, da un mero vincolo obbligatorio posto a carico del privato
cittadino o del contribuente in genere.
Entrambe le classificazioni esaminate pongono in evidenza, tuttavia, la
prevalente importanza che nella attuale gestione finanziaria dello Stato han-
no assunto le entrate di origine tributaria e fiscale.
Il regime giuridico delle entrate si articola in tre momenti:
— accertamento: è la fase giuridica in cui sorge per lo Stato il diritto a ri-
scuotere certe somme. Secondo il Regolamento di contabilità dello Sta-
to l’accertamento avviene nel momento in cui l’amministrazione com-
petente appura la ragione del credito dello Stato e la persona che ne è
debitrice iscrivendo, come competenza dell’anno finanziario, l’ammon-
tare del credito.
I documenti che distinguono questa fase sono diversi e dipendono dal
tipo di entrata oggetto di accertamento;
— riscossione: è la fase in cui il debitore paga la somma dovuta allo Sta-
to. Essa si attua mediante degli agenti designati dalle leggi e dai regola-
menti nei modi e con le forme da essi prescritte.
La riscossione delle entrate avviene generalmente con il versamento spontaneo da parte
dei soggetti che hanno una posizione debitoria nei confronti dello Stato, e il pagamento
viene di norma effettuato in contanti.
In caso contrario, cioè quando il debitore risulta insolvente, si procede alla riscossione co-
attiva servendosi di titoli esecutivi (ruolo).

— versamento: il ciclo delle entrate, iniziato con la fase dell’accertamento,


si conclude con il versamento effettuato dagli agenti di riscossione, nei ter-
mini stabiliti dalle leggi e dai regolamenti, presso le tesorerie dello Stato.
Ogni versamento deve essere accompagnato da una fattura di versamen-
to che indica le monete e i valori versati.
A prova di ogni versamento effettuato le tesorerie rilasciano regolare
quietanza.
Specifiche istruzioni in tema di versamento di somme in tesoreria sono
contenute nel D.M. 29-5-2007.
Il SEI (Sistema Informativo Entrate), gestito dal DRGS, è un sistema informativo che rac-
coglie le scritture contabili relative ai debitori dello Stato per le suddette tre fasi giuridiche del-
le entrate.
Capitolo Terzo - L’esecuzione del bilancio 77

3. Le spese e il loro regime giuridico


La dottrina distingue comunemente le spese nei seguenti tipi:
a) spese fisse e variabili, a seconda che siano o meno previste da leggi organiche o da impe-
gni permanenti;
b) spese obbligatorie e d’ordine, a seconda che abbiano carattere inderogabile ed indilazio-
nabile e per l’erogazione delle quali occorra provvedere senza indugio e discrezionalità
alcuna, anche ricorrendo all’apposito fondo speciale previsto dalla legge di contabilità,
oppure siano condizionate all’accertamento ed alla riscossione delle entrate;
c) spese casuali, che per la loro natura assolutamente imprevedibile vengono imputate ad un
capitolo generico, denominato delle «spese casuali» ed inserito in ogni stato di previsio-
ne della spesa;
d) spese ripartite, che vengono frazionate in più esercizi finanziari successivi;
e) spese a pagamento differito, la cui corresponsione non è ripartita in più esercizi, ma vie-
ne effettuata solo nel momento in cui si realizza la causa del pagamento;
f) spese impreviste, di carattere necessario ed improrogabile e per le quali si provvede con
lo speciale fondo di riserva di cui nella legge di contabilità.

Per quanto riguarda le spese in economia, la L. 8-3-1999, n. 50, in at-


tuazione dell’art. 20, comma 5, della L. 59/1997, dispone che il procedi-
mento di spese in economia sia disciplinato in modo uniforme tale da sem-
plificare il procedimento stesso.
Il regime giuridico delle spese si articola in quattro momenti, i quali pos-
sono anche essere simultanei e sono preceduti dalla fase di previsione per-
fezionatasi con l’approvazione del bilancio di previsione. Essi sono:
— impegno: è la fase giuridica con la quale sorge per lo Stato l’obbligo di
pagare una determinata somma, anche se non siano ancora esattamen-
te individuati l’importo da pagare e la persona del creditore.
L’impegno crea un debito, così come l’accertamento delle entrate fa sor-
gere un credito.
L’art. 34 della L. 196/2009 precisa che formano impegni sugli stanzia-
menti di competenza le sole somme dovute dallo Stato a seguito di ob-
bligazioni giuridicamente perfezionate. Per l’attuazione di tale princi-
pio il D.L. 98/2011, art. 10 comma 11, ha stabilito che gli uffici centra-
li del bilancio e le ragionerie territoriali dello Stato per le spese decen-
trate verificano, ai fini della registrazione dell’impegno, l’effettiva sus-
sistenza dell’obbligazione giuridicamente perfezionata, identificando lo
specifico atto o contratto cui conseguono l’obbligo dello Stato ed il cor-
relativo diritto di terzi.
78 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

Gli impegni possono derivare:


— da leggi, che dispongono determinate spese (impegni legislativi);
— da contratti stipulati dalla pubblica amministrazione (impegni contrattuali);
— da atti amministrativi diversi dal contratto (impegni amministrativi);
— da sentenze passate in giudicato che condannano lo Stato a pagare una certa somma
(impegni giudiziali).

Qualunque sia la fonte dell’impegno, la regola fondamentale nella as-


sunzione degli impegni è che essi non possono superare la previsione di
bilancio o di successive leggi di variazione al bilancio; però, previo as-
senso del MEF, salvaguardando la compatibilità con il fabbisogno e l’in-
debitamento netto delle P.A., per le spese correnti possono essere assun-
ti impegni estesi a carico di esercizi successivi, nei limiti delle risorse
stanziate nel bilancio pluriennale a legislazione vigente.
Le spese per stipendi, pensioni e altri assegni simili sono imputate alla competenza del bi-
lancio dell’anno finanziario in cui sono effettuati i relativi pagamenti ad eccezione delle
competenze quali arretrati relativi ad annualità precedenti derivanti da rinnovi contrattua-
li per le quali è consentita l’imputazione in conto residui.
Per gli impegni di spesa in conto capitale che prevedono opere o interventi ripartiti in più eser-
cizi i pagamenti devono essere contenuti nei limiti delle autorizzazioni annuali di bilancio.

Alla chiusura dell’esercizio finanziario nessun impegno può essere as-


sunto a carico dell’esercizio scaduto. Gli Uffici centrali del bilancio o le
ragionerie territoriali, quando competenti, non possono accettare atti di
impegno che gli pervengono dopo il 31 dicembre, ad eccezione di quel-
li direttamente conseguenti all’applicazione di provvedimenti legislati-
vi pubblicati nell’ultimo quadrimestre dell’anno;
— liquidazione: mediante la liquidazione la spesa, precedentemente im-
pegnata, viene determinata nel suo preciso ammontare e si individua
esattamente la persona del creditore.
Per liquidare la spesa gli uffici amministrativi ministeriali cui spetta la trat-
tazione degli affari devono essere in possesso di tutta la documentazione
idonea a comprovare il diritto al pagamento da parte dei soggetti creditori;
— ordinazione: è la fase in cui si dà ordine alla Tesoreria o agli altri orga-
ni competenti di pagare la somma in precedenza liquidata.
A seconda della forma di pagamento, l’ordinazione può avvenire mediante:
— mandati informatici;
— ordini di accreditamento;
Capitolo Terzo - L’esecuzione del bilancio 79

— ruoli di spese fisse;


— forme speciali.
Il D.P.R. 367/1994 ha introdotto le procedure informatiche nelle proce-
dure di spesa, sostituendo i documenti cartacei con quelli informatici e
prevedendo l’estinzione dei titoli di spesa mediante i mezzi di pagamen-
to bancari e postali. Una prima applicazione della disciplina contenuta
nel decreto citato si è avuta nel 1999 con la sostituzione degli ordinati-
vi diretti cartacei con il mandato informatico.
Gli ordini di accreditamento sono titoli di spesa, emessi dalle Ammini-
strazioni centrali e da alcune Amministrazioni periferiche su Tesorerie pro-
vinciali o sulla Tesoreria centrale, mediante i quali si pongono fondi a di-
sposizione dei funzionari delegati alla spesa. Questi li utilizzano mediante
ordinativi emessi a favore dei creditori o buoni a proprio favore, ma esclu-
sivamente per effettuare pagamenti espressamente indicati dalla legge.
Sempre nel corso del 1999 il processo di informatizzazione nelle procedure di spesa è sta-
to esteso anche nella parte di processo che va dalle amministrazioni centrali al DRGS e
dalle amministrazioni alla Banca d’Italia, attraverso la creazione del Sistema Informatiz-
zato dei Pagamenti delle Pubblica Amministrazione (SIPA).
Nell’ambito del SIPA, il DRGS ha messo a disposizione delle singole amministrazioni il SI-
COGE (Sistema di Contabilità Gestionale Finanziaria), pienamente integrato con il manda-
to informatico e con il sistema di bilancio finanziario. Esso, inoltre, è integrato con il SIRGS
(Sistema Informativo della RGS) e aperto allo scambio informativo con altri sistemi.
La diffusione del SICOGE ha comportato un miglioramento nella gestione delle spese sia
dal punto di vista della certezza delle informazioni sia dal punto di vista della speditezza
delle operazioni contabili, ottimizzando tra l’altro gli oneri operativi.

I funzionari a favore dei quali sono disposti gli ordini di accreditamen-


to devono periodicamente rendere conto delle somme utilizzate, fornen-
do la dovuta documentazione.
Il pagamento degli stipendi, delle pensioni, dei fitti e delle altre spese di
importo e scadenza determinati può effettuarsi in base a ruoli di spese
fisse. Questi ruoli non si esauriscono con un solo pagamento, come av-
viene per il mandato diretto, ma valgono per tutto il tempo in cui dura
l’obbligo dello Stato a pagare.
I ruoli di spese fisse sono emessi dalle Amministrazioni centrali e da al-
cune Amministrazioni periferiche, in esecuzione di decreti di nomina,
di attribuzione di stipendi, di contratti di affitto etc. dai quali derivi l’ob-
bligo al pagamento di spese di importo a scadenza fissi ed accertati.
80 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

— pagamento: costituisce la fase conclusiva del ciclo della spesa e viene


eseguito dai tesorieri e dagli altri agenti pagatori dello Stato, quali ad
esempio gli Uffici postali etc. Essi prima di pagare devono accertare la
regolarità formale del titolo di pagamento e devono assicurarsi dell’iden-
tità personale del beneficiario.
L’art. 48bis del D.P.R. 602/1973 (introdotto dall’art. 2 D.L. 262/2006)
al comma 1 dispone che le amministrazioni pubbliche, così come defi-
nite dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, e le società a prevalen-
te partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pa-
gamento di un importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in
via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamen-
to derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un am-
montare complessivo pari almeno a detto importo e, in caso affermati-
vo, non procedono al pagamento, segnalando la circostanza all’agente
della riscossione competente per territorio ai fini dell’esercizio dell’at-
tività di riscossione delle somme iscritte a ruolo. Con D.M. 40/2008 il
Ministro dell’economia e delle finanze ha stabilito le modalità di attua-
zione del suddetto art. 48bis.
Forme speciali di pagamento sono stabilite per le spese di giustizia, vincite al lotto, one-
ri relativi al debito pubblico e di spese all’estero;

La gestione del bilancio


1) accertamento
Ciclo delle entrate 2) riscossione
3) versamento
1) impegno
2) liquidazione
Ciclo delle uscite
3) ordinazione
4) pagamento

4. La semplificazione delle procedure di spesa: il


mandato informatico
La disciplina contabile in materia di procedimenti di spesa ha ricevuto
un’impronta più organica in seguito all’approvazione del D.P.R. 367/1994.
Capitolo Terzo - L’esecuzione del bilancio 81

Fermo restando quanto esposto in precedenza, il regolamento governativo,


nell’intento di semplificare ed accelerare le procedure contabili, ha discipli-
nato soprattutto il momento dell’avvio del procedimento e ha, come visto,
introdotto il mandato informatico.
Per quanto, invece, riguarda le fasi della spesa e le relative procedure, il
D.P.R. 367/1994 prevede che esse siano svolte, di norma, con tecnologie in-
formatiche: a tal fine l’art. 4 prevede che gli atti dai quali derivi un impe-
gno a carico del bilancio dello Stato debbano contenere una clausola di or-
dinazione della spesa formata da tutti gli elementi necessari per provvede-
re al pagamento. Quest’ultimo avviene mediante ordine di pagare le som-
me impegnate emesso dal competente dirigente responsabile della spesa.
L’insieme dei dati della clausola di ordinazione della spesa contenuta ne-
gli atti di impegno e delle informazioni relative all’ordine di pagare costi-
tuisce il mandato informatico, che sostituisce l’ordinativo diretto cartaceo.
Le disposizioni riguardanti i titoli informatici sono contenute, come ac-
cennato, nelle «Istruzioni sul servizio di tesoreria dello Stato». Riguardo la
semplificazione dei procedimenti di spesa, il D.P.R. citato, fra l’altro, pre-
vede:
— per gli ordini di accreditamento: vi è un solo funzionario delegato che
riceve ordini di accreditamento da più amministrazioni per la realizza-
zione di programmi o interventi comuni;
— i dirigenti, funzionari delegati e i titolari di contabilità speciali possono
aprire a favore di dipendenti di qualifica non inferiore alla sesta, un con-
to corrente postale per l’esecuzione di spese di modesto ammontare;
— i mandati informatici e gli altri titoli di spesa superiori a 8 milioni di lire
(4.131,66 euro) vengono emessi con la clausola di estinguersi median-
te accreditamento al conto corrente del creditore o mediante altri mezzi
di pagamento scelti dal creditore stesso. Stesso procedimento (senza al-
cun limite di importo) è previsto anche per il pagamento degli stipendi,
delle pensioni e degli altri assegni fissi e continuativi a carico del bilan-
cio dello Stato.
In relazione alle attività informatiche riservate alle amministrazioni pub-
bliche in materia finanziaria e contabile, su delega del D.Lgs. 414/1997 il
D.M. del tesoro 17-6-1998 ha affidato tali attività alla Consip S.p.A.
82 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

5. Il controllo sui titoli di spesa (Rinvio)


Per il controllo sui titoli di spesa emessi dalle amministrazioni pubbli-
che si rinvia alla Parte IV, Cap. III.

6. Il fermo amministrativo
L’art. 69 della legge di contabilità prescrive che, qualora un’amministra-
zione dello Stato che abbia a qualsiasi titolo ragione di credito verso aven-
ti diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione
del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento de-
finitivo.
Tale sospensione costituisce il cd. «fermo amministrativo», che viene
chiesto da un’amministrazione creditrice ad altre amministrazioni debitrici
le quali sospendono per ciò i pagamenti.
La ragione giuridica per cui si ricorre a tale mezzo sta nel fatto che, per
ovvi motivi, un’amministrazione non può sequestrare o pignorare nei con-
fronti di altra amministrazione.
Con Circolare 29-3-1999, n. 21 il Ministero del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica (ora Ministero dell’economia e delle fi-
nanze) ha individuato i criteri cui le amministrazioni pubbliche devono ispi-
rarsi per l’emissione del fermo amministrativo. In particolare, il documen-
to si è soffermato sul concetto di ragione del credito in relazione al quale lo
stesso Ministero ha richiesto il parere dell’Avvocatura generale dello Stato,
la quale ha ritenuto possibile l’applicazione del principio del «fumuos boni
iuris», in pratica della «ragionevole apparenza di fondatezza», mutuato dal-
la disciplina processuale civilistica. Il credito, oggetto del provvedimento,
deve essere cioè classificato tra quelli certi.
Si noti che nel caso opposto (ovvero nel caso in cui un privato sia creditore di somme di
denaro nei confronti di un’amministrazione dello Stato) l’art. 14 del D.L. 669/1996 (converti-
to in L. 30/1997) prevede che non si possa procedere ad esecuzione forzata se non dopo che
sia trascorso il termine di 120 giorni.
L’art. 14, comma 2 dello stesso provvedimento prevede poi, per le sole amministrazioni
dello Stato, che in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo, il dirigente re-
sponsabile disponga comunque il pagamento mediante uno speciale ordine rivolto all’istituto
tesoriere (da regolare in conto sospeso), ordine le cui caratteristiche sono disciplinate dal D.M.
1-10-2002.
Capitolo Terzo - L’esecuzione del bilancio 83

7. Compensazione e adempimento parziale


Le entrate vengono riscosse dallo Stato, di regola, per intero e in con-
tanti. Il debitore di una somma nei confronti dello Stato non può, pertanto,
eccepire la compensazione del proprio debito con un credito vantato nei
confronti dello Stato stesso. Tale regola discende dal principio di integrità
del bilancio per cui tutte le entrate devono affluire all’erario nel loro im-
porto integrale. Tale regola non vale però all’inverso: lo Stato può quindi
operare compensazioni tra propri crediti e debiti.
Va inoltre osservato che, per le obbligazioni pecuniarie assunte dalla P.A.
non si applica l’art. 1181 cod. civ. che dà facoltà al creditore di rifiutare un
adempimento parziale. È ammissibile pertanto, in relazione ai debiti dello
Stato, un pagamento frazionato, entro i limiti degli stanziamenti contenuti
in bilancio.

Glossario
Spese correnti: sono quelle necessarie per il funzionamento delle amministrazioni e che
esauriscono la loro utilità nell’ambito di uno stesso esercizio.
Spese in conto capitale: sono quelle a utilità pluriennale in quanto sono destinate ad ac-
crescere lo stock di beni durevoli d’investimento.
Ruolo: elenco alfabetico, predisposto dagli uffici tributari, nel quale sono indicate le som-
me dovute da ciascun contribuente all’amministrazione finanziaria. Esistono due tipi di
ruolo: ordinario e straordinario. Nel primo sono indicati i dati relativi al contribuente non-
ché le notizie relative all’imponibile, all’aliquota da applicare e all’imposta dovuta. Nel se-
condo, invece, formato solo se vi è un fondato pericolo per la riscossione, vanno iscritte
non solo le imposte e i relativi interessi ma anche le sanzioni.
Capitolo quarto
La gestione di tesoreria

Sommario: 1. Il servizio di tesoreria. - 2. La tesoreria centrale. - 3. Le Tesorerie pro-


vinciali. - 4. La tesoreria unica.

1. Il servizio di tesoreria
Il servizio di tesoreria nell’ambito della contabilità pubblica assume due
accezioni diverse. La prima è riferita ad un ufficio di un ente pubblico a cui
è affidato appunto: il servizio di tesoreria.
La seconda accezione riguarda, invece, alcune operazioni che vengono
svolte con mezzi aggiuntivi rispetto a quelli iscritti nel bilancio di previsio-
ne dello Stato.
La gestione del servizio di tesoreria può essere svolta direttamente dal-
lo Stato oppure affidata ad un soggetto esterno (pubblico o privato) che vie-
ne denominato tesoriere.
L’organizzazione per i servizi di tesoreria, in Italia, è articolata in due
diversi livelli:
— la tesoreria centrale;
— la tesoreria provinciale.
Fino al 1998 il servizio di livello centrale è stato svolto direttamente dal-
lo Stato (tesoreria centrale) mentre il servizio di tesoreria di livello provin-
ciale è gestito, dal 1894, dalla Banca d’Italia.
Tale suddivisione di competenze è venuta meno con la Convenzione del
9-10-1998 Tesoro - Banca d’Italia, stipulata in virtù dell’art. 6 del D.Lgs.
430/1997. Tale Convenzione (aggiuntiva a quella prevista dall’art. 4 L.
141/1991 per la Tesoreria provinciale) affida alla Banca d’Italia anche il ser-
vizio di Tesoreria centrale dal 1° gennaio 1999 fino al 31 dicembre 2010 ed
è stata tacitamente rinnovata fino al 2030.
La L. 196/2009 ha delegato il Governo, entro 4 anni dall’entrata in vi-
gore della legge stessa, ad emanare un testo unico in materia di contabilità
di Stato e di tesoreria.
Capitolo Quarto - La gestione di tesoreria 85

2. La tesoreria centrale
Il titolare della Tesoreria centrale istituita presso la Banca d’Italia è de-
nominato tesoriere centrale per conto dello Stato e svolge le stesse fun-
zioni del capo delle sezioni delle tesorerie provinciali dello Stato.
Il servizio di tesoreria comprende due distinte gestioni:
a) la gestione di bilancio;
b) la gestione fuori bilancio.
La gestione di bilancio è costituita da tutte le operazioni di bilancio finali,
ovvero le riscossioni ed i pagamenti in esecuzione del bilancio di previsione.
Le operazioni fuori bilancio vengono distinte in:
— operazioni di tesoreria;
— operazioni finanziarie.

A) Le operazioni di tesoreria
Le operazioni di tesoreria sono riferite alla gestione del servizio di cas-
sa, che deve essere tale da garantire il reperimento dei mezzi finanziari ne-
cessari per far fronte alle temporanee discrepanze tra le entrate e le uscite,
e garantire, al contempo, la liquidità finanziaria alle varie articolazioni del-
le tesorerie per l’espletamento dei servizi cui sono preposte.
In quest’ultimo caso si parla più propriamente di operazioni interne di
tesoreria o movimenti di fondi; esse comprendono tutti i trasferimenti ope-
rati tra le varie tesorerie, in particolare:
— l’emissione di vaglia del Tesoro, per i pagamenti fra tesorerie;
— il passaggio di fondi per il cambio di gestione fra tesorieri;
— la spedizione di moneta metallica, di biglietti a debito dello Stato da una
tesoreria ad un’altra.
In tutti gli altri casi le operazioni di tesoreria vengono, invece, denomi-
nate esterne e comprendono:
— l’emissione di titoli di Stato a breve termine, che costituiscono il debi-
to fluttuante;
— le anticipazioni dell’istituto di emissione, che costituiscono una forma
diretta di finanziamento del momentaneo sfasamento, fra le entrate e le
uscite, relativo al conto corrente acceso presso la Banca d’Italia che ge-
stisce il servizio di tesoreria provinciale.
86 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

A tal proposito la L. 196/2009 ha provveduto a definire i concetti di saldo di cassa del


settore statale e saldo di cassa del settore delle amministrazioni pubbliche. Il primo è
il risultato del consolidamento tra i flussi di cassa del bilancio dello Stato e della tesore-
ria statale ed esprime il fabbisogno da finanziare attraverso emissioni di titoli di Stato e
di altri strumenti a breve e lungo termine.
Il secondo invece è il risultato del consolidamento dei flussi di cassa tra i diversi sotto set-
tori del comparto.
Allo scopo di una migliore programmazione dei flussi di cassa e di una più efficiente ge-
stione del debito pubblico, le amministrazioni statali devono presentare, entro il 31 di-
cembre di ogni anno, una previsione dell’evoluzione attesa dei flussi di cassa per l’anno
successivo, aggiornando tale previsione entro il giorno 10 di ciascun mese. Tutto ciò per
favorire una gestione ottimale della liquidità del conto «Disponibilità del Tesoro». A tal
fine sono tenuti a trasmettere tutte le informazioni utili anche gli enti territoriali sottopo-
sti al Patto di stabilità interno.
La L. 196/2009 ha modificato anche la disciplina riguardante le condizioni di remunera-
zione delle giacenze detenute dal Tesoro presso la Banca d’Italia sul conto del servizio di
tesoreria (art. 5 D.P.R. 398/2003) e del Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato (art.
44). Con apposita convenzione il MEF e la Banca d’Italia devono stabilire le condizioni
di tenuta del conto nonché il saldo massimo su cui corrispondere un tasso di interesse fis-
sato in base a parametri del mercato monetario. Sulle giacenze del Fondo ammortamento
dei titoli di Stato l’istituto centrale dovrà corrispondere semestralmente un tasso d’inte-
resse applicato per il conto «servizio di tesoreria».
In materia di tesoreria, inoltre, è stato emanato il D.P.R. 15-12-2001, n. 482 che contiene
il regolamento di semplificazione del procedimento per i pagamenti da e per l’estero delle am-
ministrazioni statali. Il provvedimento si è reso necessario in seguito all’adozione dell’euro da
parte dell’Italia.
Allo scopo di migliorare la conoscenza dei conti pubblici nazionali e soprattutto per ga-
rantire il rispetto dei criteri e dei valori di riferimento del Trattato istitutivo della Comunità eu-
ropea (ora Unione Europea) è stato creato il Sistema informativo delle operazioni degli enti
pubblici (SIOPE) istituito dall’art. 28 della L. 289/2002 (Finanziaria 2003). Il SIOPE non è
altro che un sistema di rilevazione telematica attraverso il quale gli incassi e i pagamenti ef-
fettuati dalle p.a., resi omogenei attraverso una codifica uniforme, confluiscono in un archi-
vio informativo che la Ragioneria generale ha affidato in gestione alla Banca d’Italia e che è
accessibile ai singoli enti pubblici coinvolti (si veda, per un maggior dettaglio, la Circolare del
MEF del 10-6-2008, n. 15).
Il SIOPE è stato dapprima applicato alle Regioni, ai Comuni e alle Province con popola-
zione superiore ai 20.000 e alle Università, poi il sistema è stato esteso anche ai Comuni con
popolazione fino a 20.000 abitanti e alle Comunità montane, alle Unioni di comuni, ai consor-
zi di enti locali e alle strutture sanitarie pubbliche.
Ora la L. 196/2009, art. 14, comma 6, prevede che le amministrazioni pubbliche, con esclu-
sione degli enti di previdenza e degli organi costituzionali, trasmettono quotidianamente alla
banca dati SIOPE, tramite i propri tesorieri o cassieri, i dati concernenti tutti gli incassi e i pa-
gamenti effettuati, codificati con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale. I tesorieri e i
cassieri non possono accettare disposizioni di pagamento prive della codificazione uniforme.
Capitolo Quarto - La gestione di tesoreria 87

Con decreto il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sta-
bilisce con propri decreti la codificazione, le modalità e i tempi per l’attuazione delle suddet-
te disposizioni.
Allo scopo di far decollare definitivamente il SIOPE, il DRGS ha emanato il decreto 23-
12-2009 con cui abolisce definitivamente l’obbligo per per gli enti sottoposti al SIOPE a par-
tire dal 2010 della rilevazione trimestrale di cassa. Gli enti soggetti al SIOPE dovranno alle-
gare, a seconda del tipo di contabilità, al rendiconto o al bilancio di esercizio, i prospetti del-
le entrate e delle uscite dei dati SIOPE del mese di dicembre contenenti i valori cumulati nell’an-
no di riferimento e la relativa situazione delle disponibilità liquide.

B) Le operazioni finanziarie
Le operazioni finanziarie si fondano sul credito pubblico in generale, ed
in particolare sull’emissione di prestiti, il riscatto di obbligazioni etc. Tali
operazioni hanno assunto nel tempo un’importanza crescente, soprattutto
alla luce della funzione svolta dal Tesoro per il finanziamento del fabbiso-
gno statale.
In materia, la L. 196/2009, art. 48, stabilisce che qualora un’amministrazione pubblica fi-
guri come debitore in contratti stipulati per operazioni finanziarie, in questi deve essere inse-
rita una clausola che pone a carico degli istituti finanziatori l’obbligo di comunicare telemati-
camente, entro 30 giorni dalla stipula, al MEF/Dipartimenti del Tesoro e della RGS, all’ISTAT,
alla Banca d’Italia, l’avvenuto perfezionamento dell’operazione finanziaria, con indicazione
della data e dell’ammontare della stessa, del relativo piano delle erogazioni e del piano di am-
mortamento distintamente per quota capitale e quota interessi, se disponibile. Non sono co-
munque soggette a comunicazione le operazioni di cui all’articolo 3 del testo unico delle di-
sposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico (D.P.R. 398/2003). In caso
di inadempienza è prevista una sanzione pari allo 0,5 per cento dell’importo dell’operazione
stessa, fino a un massimo di 50.000 euro.

3. Le Tesorerie provinciali
Il servizio di tesoreria provinciale dello Stato è affidato, con apposita
convenzione, alla Banca d’Italia che lo esercita tramite le sue sedi e suc-
cursali in ogni capoluogo di provincia.
Per il servizio di tesoreria provinciale, il Tesoro intrattiene un rapporto
di conto corrente con la Banca d’Italia. Tale conto è disciplinato dalla leg-
ge 26 novembre 1993, n. 483. L’emanazione della legge in questione si rese
necessaria in seguito al Trattato di Maastricht del 1992 che, in previsione
dell’unione economica e monetaria, stabilì il divieto per le banche centrali
di concedere finanziamenti privilegiati allo Stato.
88 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

I compiti principali delle tesorerie provinciali riguardano:


— il ricevimento dei versamenti e l’emissione delle relative quietanze;
— il rilascio dei certificati che tengono luogo delle quietanze o dei vaglia
del tesoro smarriti o distrutti;
— l’espletamento delle operazioni disposte dal Dipartimento generale del
tesoro per il movimento dei fondi tra diverse tesorerie;
— le operazioni riguardanti il debito pubblico e la Cassa depositi e prestiti;
— il ricevimento dei titoli di spesa e loro pagamento a favore dei benefi-
ciari;
— la spedizione dei titoli di spesa il cui pagamento debba essere eseguito
fuori del capoluogo di provincia;
— il ricevimento e la custodia della scorta annuale dei BOT.

4. La tesoreria unica
Tra i compiti svolti dalla Tesoreria dello Stato vi è anche quello di svol-
gere il servizio di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici.
Il sistema della tesoreria unica è stato introdotto dalla L. 720/1984, al
fine di evitare dispersioni di fondi e di incentivare gli enti pubblici ad un più
efficiente uso delle risorse a propria disposizione ed è obbligatorio per tut-
ti gli enti ed organismi pubblici elencati nelle tabelle A e B allegate alla L.
720/1984 e più volte modificate.
Fra gli enti compresi nella tabella A rientrano:
1) le Province ed i Comuni;
2) i Consorzi ed associazioni con popolazione complessiva non inferiore a
10.000 abitanti;
3) Comunità montane ed Unioni di Comuni con popolazione complessiva
non inferiore a 10.000 abitanti;
4) enti portuali ed enti parchi nazionali;
5) le Regioni, a partire dal 1° marzo 2001 (art. 66 L. 388/2000).
Ciascuno di tali enti si avvale di una banca per lo svolgimento del ser-
vizio di tesoreria vero e proprio; tali banche (cui viene attribuita la qualifi-
ca giuridica di organo di esecuzione) hanno l’obbligo di accendere presso
la tesoreria provinciale dello Stato (Banca d’Italia) delle contabilità specia-
li (fruttifere ed infruttifere) sulle quali avviene effettivamente l’esecuzione
delle operazioni di incasso e di pagamento. La natura di queste contabilità
Capitolo Quarto - La gestione di tesoreria 89

speciali dipende dalle caratteristiche delle entrate che le alimentano: le en-


trate proprie dell’ente (proventi di servizi pubblici erogati, gestione di beni
patrimoniali etc.) sono depositate su di una contabilità speciale fruttifera,
mentre quelle derivanti da trasferimenti dello Stato o da mutui sono depo-
sitate su contabilità speciali infruttifere. Le operazioni di pagamento, inol-
tre, sono addebitate in primo luogo alla contabilità speciale fruttifera, fino
all’esaurimento dei relativi fondi.
Agli enti di cui alla tabella B allegata alla L. 720/1984 si applicano le
disposizioni dell’art. 40 della L. 119/1981: essi non possono detenere pres-
so il proprio tesoriere disponibilità liquide superiore al 3% del complesso
delle entrate di competenza e le eventuali eccedenze sono versate sugli ap-
positi conti presso la Tesoreria dello Stato; di tali conti, uno frutta un inte-
resse ed in esso confluiscono le entrate proprie degli enti (tributarie ed ex-
tratributarie), mentre l’altro, infruttifero, raccoglie tutte le entrate comun-
que provenienti dal settore pubblico.

A) La tesoreria mista: il D.Lgs. 279/1997


Il D.Lgs. 7-8-97, n. 279 (artt. 7-9), emanato in applicazione dell’art. 5
della L. 94/1997, ha ridefinito il sistema di tesoreria unica per le Regioni e
gli enti locali in modo da consentire il superamento graduale del sistema
stesso. In particolare:
— dal 1˚ gennaio 1999 le Regioni e i Comuni con popolazione inferiore ai
5.000 abitanti, dal 1° marzo 2001 le Province e i Comuni con popola-
zione inferiore ai 10mila abitanti sono usciti dal sistema di tesoreria uni-
ca salvo che per le entrate derivanti da contributi statali; infatti, le entra-
te provenienti, direttamente o indirettamente dallo Stato, comprese quel-
le relative ad operazioni di indebitamento sostenute, in tutto o in parte,
dal finanziamento dello Stato, dovranno confluire sul conto corrente in-
fruttifero;
— dal 1˚ gennaio 1999 per gli enti suddetti tutte le entrate proprie (tributa-
rie ed extratributarie) affluiscono sui conti dei singoli tesorieri (e non
più sulle contabilità fruttifere del Tesoro). Le entrate in questione, così
come già previsto dalla L. 720/1984, dovranno essere utilizzate priori-
tariamente per i pagamenti.
Il D.L. 112/2008, art. 77quater, ha esteso, a partire dal 1° gennaio 2009,
le disposizioni di cui all’art. 7 del D.Lgs. 279/1997 (cosiddetto sistema mi-
90 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

sto di tesoreria) alle Regioni a statuto speciale, alle province autonome di


Trento e di Bolzano e a tutti gli enti locali di cui al D.Lgs. 267/2000 sog-
getti al sistema di tesoreria unica, alle Aziende sanitarie locali, alle Azien-
de ospedaliero-universitarie, ai Policlinici universitari a gestione diretta, agli
Istituti di ricovero e cura, agli Istituti zooprofilattici sperimentali e alle Azien-
de sanitarie regionali.
Parallelamente all’applicazione del D.Lgs. 279/1997 sulla graduale sop-
pressione del sistema di tesoreria unica, la L. 449/1997 (Finanziaria 1998)
ha mirato a ridurre le giacenze degli enti obbligati a tenere le disponibili-
tà liquide nelle contabiltà speciali o in conto corrente con il Tesoro (art. 47).
Per ciascun anno, un D.M. del Ministro dell’economia ha individuato i
limiti di giacenza al raggiungimento dei quali potevano essere accreditati in
tesoreria i pagamenti a carico del bilancio dello Stato. Dal 1° gennaio 2008
il regime di monitoraggio è però cessato.

B) Il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 e la sospensione del regime di tesoreria


unica previsto dal D.Lgs. 279/1997
Il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1 (cosiddetto decreto sulle liberalizzazio-
ni), convertito in L. 27/2012, all’articolo 35, commi 8-13, prevede che ai
fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamen-
to della finanza pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del de-
creto legge stesso (24 gennaio 2012) e fino al 31 dicembre 2014, il regime
di tesoreria unica previsto dall’art. 7 del D.Lgs. 279/1997 è sospeso. Nello
stesso periodo agli enti e organismi pubblici soggetti al regime di tesoreria
unica ai sensi del citato art. 7 si applicano le disposizioni di cui all’art. 1
della L. 720/1984 e le relative norme amministrative di attuazione. Resta-
no escluse dall’applicazione della suddetta disposizione le disponibilità dei
predetti enti e organismi pubblici derivanti da operazioni di mutuo, presti-
to e ogni altra forma di indebitamento non sorrette da alcun contributo in
conto capitale o in conto interessi da parte dello Stato, delle Regioni e del-
le altre pubbliche amministrazioni.
La misura ha lo scopo di far fronte al bisogno dello Stato di raccogliere
in tempi brevi liquidità consentendo di limitare l’emissione di titoli del de-
bito già prevista per l’anno 2012; e ciò comporterà, inoltre, una minore spe-
sa in conto interessi per il bilancio statale.
Capitolo Quarto - La gestione di tesoreria 91

Glossario
Titoli di Stato: obbligazioni emesse dallo Stato per far fronte a squilibri economici tem-
poranei e non. Rappresentano delle quote di prestito su cui il possessore percepisce un in-
teresse. Lo Stato fa ricorso al debito pubblico tramite l’emissione di BOT, CCTeu, BTP,
BPTei e CTZ.
Debito fluttuante: è costituito da prestiti a breve scadenza emessi per far fronte a momen-
tanee deficienze di cassa. Il termine deriva appunto dal fatto che il suo ammontare varia
continuamente nel corso dell’esercizio finanziario.
BOT (Buoni ordinari del Tesoro): titoli di Stato a breve termine emessi con decreto del
Ministro dell’economia per provvedere alla copertura del deficit statale, per regolare la li-
quidità del sistema economico e la struttura dei tassi d’interesse.
Capitolo quinto
Il rendiconto generale dello Stato

Sommario: 1. Funzioni del rendiconto. - 2. Il contenuto e la struttura del rendiconto


- 3. La formazione del rendiconto generale dello Stato. - 4. La parificazione. - 5. L’esa-
me e l’approvazione del rendiconto.

1. Funzioni del rendiconto


Il rendiconto è un documento contabile nel quale sono riassunti e dimo-
strati i risultati della gestione dell’anno finanziario; viene denominato ge-
nerale per distinguerlo dai rendiconti speciali che si riferiscono soltanto a
determinate operazioni e di cui ci occuperemo nel capitolo successivo.
Appare evidente la stretta connessione esistente tra il bilancio di previ-
sione ed il rendiconto generale: il primo costituisce, oltre che un atto con-
tabile, un documento programmatico della gestione del prossimo esercizio
finanziario, mentre il secondo verifica a posteriori tale gestione, mediante
l’analisi delle operazioni effettivamente realizzate.
La dottrina suole distinguere tre distinte funzioni del rendiconto:
— una funzione politico-amministrativa; mediante la presentazione e
l’esame del rendiconto si rende possibile, infatti, effettuare un control-
lo successivo sulla conduzione dell’attività finanziaria autorizzata dal
Parlamento con il bilancio di previsione nonché sul conseguimento de-
gli obiettivi individuati dal bilancio stesso.
Il rendiconto, inoltre, permette di verificare il grado di realizzazione an-
nuale delle finalità previste a livello di programmazione pluriennale;
— una funzione politico-costituzionale; la presentazione del rendiconto
generale dello Stato alle Camere risponde alla primaria esigenza di ga-
rantire il rispetto della competenza decisionale delle stesse in materia di
finanza statale;
— una eventuale funzione di carattere giuridico, poiché se nell’esame di-
nanzi al Parlamento si evidenziano responsabilità di Ministri o di com-
ponenti dell’apparato amministrativo, sorge l’obbligo di definire i re-
sponsabili dei danni erariali alla Corte dei conti.
Capitolo Quinto - Il rendiconto generale dello Stato 93

Perché la legge prevede che il rendiconto abbia natura finanziaria e


patrimoniale?
Proprio al fine di consentire, mediante il rendiconto, l’esame completo della gestione tra-
scorsa, la legge prevede che esso abbia natura finanziaria e patrimoniale: tale cioè da com-
prendere la gestione del bilancio (consistente nell’acquisizione delle entrate e nell’eroga-
zione delle spese) nonché la gestione del patrimonio (comprendente le variazioni e le tra-
sformazioni che ha subìto la sostanza patrimoniale dello Stato).

2. Il contenuto e la struttura del rendiconto


Il rendiconto generale dell’esercizio scaduto il 31 dicembre dell’anno
precedente viene presentato dal Ministro dell’economia e delle finanze, en-
tro il mese di giugno, alle Camere. Il documento deve essere articolato per
missioni e programmi. Il relativo disegno di legge deve essere corredato da
una nota preliminare generale.
Al rendiconto è allegata una nota integrativa riferita a ciascuna am-
ministrazione e articolata in missioni e programmi coerentemente con le
indicazioni contenute nella nota integrativa al bilancio di previsione. Essa
è formata da due sezioni che contentengono, rispettivamente:
— un rapporto sui risultati, che espone l’analisi e la valutazione del grado
di realizzazione degli obiettivi indicati nella prima sezione della nota in-
tegrativa al bilancio di previsione dello Stato (a cui si rinvia);
— con riferimento ai programmi, i risultati finanziari ed espone i principa-
li fatti della gestione, motivando eventuali scostamenti tra le previsioni
iniziali di spesa e quelle finali indicate nel rendiconto.
Al rendiconto è inoltre corredato da:
— un allegato conoscitivo in cui sono illustrate le risultanze economiche
per ciascun Ministero. I costi sostenuti sono rappresentati seguendo le
voci del piano dei conti, distinti per programma e centri di costo. La ri-
levazione dei costi sostenuti dall’amministrazione include il prospetto
di riconciliazione, che collega le risultanze economiche con quelle fi-
nanziarie delle spese contenute nel conto del bilancio;
— un apposito allegato in cui sono illustrate le risultanze delle spese re-
lative ai programmi che hanno natura o contenuti ambientali e ciò allo
scopo di evidenziare le risorse impiegate per finalità di protezione
dell’ambiente, riguardanti attività di tutela, conservazione, ripristino e
94 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

utilizzo sostenibile delle risorse e del patrimonio naturale (cd. ecoren-


diconto).
La L. 196/2009 ha previsto che dovranno essere i regolamenti parlamen-
tari a stabilire i termini per l’esercizio del controllo, da parte delle Commis-
sioni parlamentari, dello stato di attuazione dei programmi e delle relative
risorse finanziarie.
Il rendiconto generale dello Stato si compone di due parti:
a) il conto del bilancio (o conto consuntivo, o rendiconto finanziario), in
cui si dimostrano i risultati della gestione finanziaria in relazione alle
previsioni di bilancio;
b) il conto generale del patrimonio (o rendiconto patrimoniale), in cui si
dimostrano le variazioni avvenute nel patrimonio dello Stato e la situa-
zione patrimoniale finale.

A) Il conto consuntivo del bilancio


Il conto consuntivo del bilancio esprime i risultati consuntivi annuali di
tutta l’attività finanziaria svolta dall’azienda statale e li mette a confronto
con i valori del corrispondente bilancio di previsione.
Nel conto consuntivo del bilancio si dimostrano:
a) le entrate di competenza dell’anno accertate, riscosse e rimaste da ri-
scuotere;
b) le spese di competenza dell’anno impegnate, pagate e rimaste da pagare;
c) la gestione dei residui attivi e passivi degli esercizi precedenti;
d) i versamenti in tesoreria e i pagamenti effettuati per ciascun capitolo di
bilancio distintamente in conto competenza ed in conto residui;
e) l’ammontare totale dei residui attivi e passivi che si rinviano all’eserci-
zio successivo.

B) Il conto generale del patrimonio


Il conto generale del patrimonio fornisce la dimostrazione della consi-
stenza del patrimonio dello Stato all’inizio dell’esercizio, delle variazioni
verificatesi nel corso del medesimo e della consistenza alla fine di esso. Se-
condo l’art. 36 della L. 196/2009, esso illustra distintamente:
— le attività e le passività finanziarie e patrimoniali con le variazioni derivan-
ti dalla gestione del bilancio e quelle verificatesi per qualsiasi altra causa;
Capitolo Quinto - Il rendiconto generale dello Stato 95

— la dimostrazione dei vari punti di concordanza tra la contabilità del bi-


lancio e quella patrimoniale.
Ferma restando la suddetta distinzione, bisogna tenere conto delle disposizioni contenute
negli articoli 13 e 14 D.Lgs. 279/1997, emanato in attuazione della L. 94/1997, nonché del
D.I. 18 aprile 2002 emanato in attuazione dei commi 1 e 2 del suddetto art. 14, che classifica
le attività e le passività patrimoniali in funzione della loro idoneità a essere “suscettibili di uti-
lizzazione economica”, tale documento contabile risponde ad una nuova impostazione sotto il
profilo di una sua maggiore significatività in riferimento all’economicità della gestione patri-
moniale. Il documento, seguendo la circolare D.R.G.S. 13/2003 espone distintamente i conti
accesi ai componenti attivi e passivi significativi del patrimonio dello Stato raccordandoli alla
classificazione delle poste attive e passive riportate nel Sistema europeo dei conti nazionali e
regionali nell’Unione europea (SEC 95 - Regolamento n. 2223/96 del Consiglio dell’Unione
Europea del 25 giugno 1996).

Il conto generale del patrimonio deve inoltre essere corredato da un con-


to del dare ed avere del tesoriere centrale e provinciale, del cassiere per i bi-
glietti e le monete a debito dello Stato, con allegati il movimento generale
di cassa e la situazione del Tesoro, nonché la situazione creditoria e debito-
ria di tesoreria (art. 36 L. 196/2009).
Infine, allo scopo di facilitare l’analisi economica della gestione dei beni
dello Stato, al conto generale del patrimonio è allegato un documento con-
tabile in cui sono rappresentati i componenti positivi e negativi, nonché gli
indici di redditività della gestione stessa.

3. La formazione del rendiconto generale dello


Stato
Al termine dell’esercizio finanziario ciascun Ministero, a mezzo degli
Uffici centrali della Ragioneria, compila il conto del bilancio ed il conto del
patrimonio relativi alla propria amministrazione.
Tali conti devono essere trasmessi alla Ragioneria generale dello Stato
entro il 30 aprile successivo al termine dell’anno finanziario.
La Ragioneria generale, sulla base dei dati ricevuti dai vari ministeri e del-
le proprie scritture, redige i prospetti riassuntivi del conto del bilancio che ri-
guardano le variazioni apportate al bilancio durante l’esercizio, le variazioni
eventualmente apportate ai residui con leggi speciali ed i risultati generali del-
la gestione del bilancio per l’esercizio finanziario cui il rendiconto si riferisce.
Entro il 31 maggio il Ministro dell’economia, tramite il DRGS, trasmet-
te il rendiconto alla Corte dei conti per la «parificazione».
96 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

Il rendiconto generale finanziario viene trasmesso alla Corte dei conti in


tre esemplari e quello patrimoniale in un solo esemplare.
La Corte dei conti, parificato il rendiconto, lo trasmette al Ministro
dell’economia per la successiva presentazione al Parlamento.

4. La parificazione
La parificazione consiste nella verifica che la Corte dei conti effettua del
rendiconto generale dello Stato e nel confronto dei risultati, relativi sia alle
entrate che alle spese, con le previsioni contenute nella legge di approva-
zione del bilancio di previsione. A tal fine la Corte verifica se le entrate ri-
scosse e versate ed i residui da riscuotere e da versare, risultanti dal rendi-
conto, siano conformi ai dati esposti nei conti periodici e nei riassunti ge-
nerali trasmessi alla Corte dai singoli ministeri; se le spese ordinate e paga-
te durante l’esercizio concordino con le scritture tenute o controllate dalla
Corte stessa ed accerta i residui passivi in base alle dimostrazioni allegate
ai decreti ministeriali di impegno ed alle proprie scritture. Proprio il carat-
tere sostanzialmente assimilabile a quello della funzione giurisdizionale ha
portato la Corte Costituzionale a riconoscere (con sentenze 121/1966,
142/1968 e 143/1968) la facoltà di porre questione di legittimità costituzio-
nale nel corso del procedimento di parificazione.
La Corte verifica altresì i rendiconti, allegati al rendiconto generale, del-
le aziende, delle gestioni e delle amministrazioni statali con ordinamento
autonomo.
Una volta espletate le predette operazioni, la Corte dei conti delibera sul
rendiconto generale dello Stato a Sezioni riunite, con le formalità della sua
giurisdizione contenziosa e con l’intervento del procuratore generale in ve-
ste di pubblico ministero.
La Corte dei conti trasmette al Parlamento anche la Relazione sul ren-
diconto generale dello Stato che costituisce il momento di maggior impe-
gno tecnico e teorico dell’attività della Corte stessa. Nella Relazione viene
infatti analizzata tutta l’attività gestionale dell’Amministrazione, sia in li-
nea generale, dal punto di vista contabile ed economico-finanziario, che con
riferimento ai singoli stati di previsione.
Infine, il rendiconto ed i relativi allegati, con la deliberazione e la rela-
zione di cui si è detto, vengono trasmessi dalla Corte al Ministero dell’eco-
nomia che ne cura la presentazione in Parlamento.
Capitolo Quinto - Il rendiconto generale dello Stato 97

Sul procedimento di parificazione attuato dalla Corte dei conti corre l’ob-
bligo di fornire alcune precisazioni.
In primo luogo, la verifica della gestione finanziaria non implica la verifica
concreta delle attività poste in essere dagli agenti dello Stato: tale sindacato vie-
ne esercitato, sempre dalla Corte dei conti in altra sede, di cui più avanti diremo.
Il controllo in questione ha per oggetto le risultanze obiettive della ge-
stione presa in esame: possiamo dire che si tratta di un sindacato formale.
In secondo luogo, anche se privo di carattere contenzioso vero e proprio,
il giudizio che la Corte dà sul rendiconto con l’osservanza delle formalità
della sua giurisdizione contenziosa ben può definirsi «giudizio di parifica-
zione». Appare significativa, al riguardo, la presenza alla seduta del Procu-
ratore Generale.
La dottrina è, in particolare, propensa ad affermare che trattasi di vera e
propria funzione giurisdizionale, stante la posizione garantistica in cui si
trova la Corte nei confronti dell’esecutivo, di cui è chiamata a verificare il
comportamento.
Va notato infine che la relazione sull’attività svolta, preparata dalla Corte dei conti a se-
zioni riunite, a norma dell’art. 41 T.U. 12 luglio 1934 n. 1214, deve contenere:
a) le ragioni per le quali (la Corte) ha apposto con riserva il suo visto a mandati o ad altri atti
o decreti;
b) le sue osservazioni intorno al modo col quale le varie amministrazioni si sono conforma-
te alle discipline di ordine amministrativo o finanziario;
c) le variazioni o le riforme che crede opportune per il perfezionamento delle leggi e dei re-
golamenti sull’amministrazione e sui conti del pubblico denaro.

Inoltre, la L. 20/1994 ha stabilito che nella relazione sul rendiconto è in-


serito anche un esame dell’economicità ed efficienza dell’impiego di risor-
se finanziarie da parte della P.A.

5. L’esame e l’approvazione del rendiconto


Come si è già visto, la Corte dei conti restituisce il rendiconto generale
con i relativi allegati e con la decisione di parificazione al MEF. Questi, en-
tro giugno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e con l’autoriz-
zazione del Presidente della Repubblica, lo presenta al Parlamento così come
avviene per il bilancio di previsione.
La presentazione ha quindi per oggetto un apposito disegno di legge che
viene discusso secondo le ordinarie procedure.
98 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

L’esame parlamentare non è approfondito e non riveste alcun significa-


to sotto il profilo politico. La legge di approvazione, infatti, di carattere me-
ramente formale, conferisce esclusivamente irrevocabilità alle risultanze
dell’attività di gestione.
Dato il suo valore puramente formale, la legge di approvazione del ren-
diconto veniva in passato approvata con molto ritardo. Grazie anche ad una
apposita modificazione dell’art. 119 del regolamento della Camera (la mo-
dificazione, intervenuta nel 1989, stabilisce che il disegno di legge di ap-
provazione del rendiconto sia esaminato entro un mese dalla presentazio-
ne), i tempi risultano ora notevolmente ridotti.

Glossario
Efficacia: implica il raffronto tra risultati programmati e risultati raggiunti. Si distingue tra
efficacia intermedia, misurata in termini di attività intraprese per il conseguimento dei tra-
guardi finali, e efficacia finale, misurata in termini di traguardi finali.
Efficienza: si distingue tra efficienza tecnica e allocativa. La prima indica la produzione
della massima quantità di determinati beni e servizi in rapporto a una data quantità di ri-
sorse o, viceversa, la produzione di una data quantità di determinati beni e servizi con la
minima quantità di risorse.
La seconda misura la soddisfazione da parte del consumatore dei beni e sevizi in rapporto
alla produzione pubblica.
Capitolo SESto
I rendiconti speciali: i conti amministrativi
e i conti giudiziali

Sommario: 1. Premessa. - 2. Tipologia dei conti amministrativi. - 3. I conti giudizia-


li. - 4. I conti degli agenti della riscossione. - 5. I conti degli agenti consegnatari di ma-
teriale. - 6. I conti dei tesorieri. - 7. La cauzione.

1. Premessa
L’elaborazione del rendiconto generale avviene sulla base dei rendicon-
ti analitici (o speciali) presentati da ciascun settore e da ciascun operatore
della pubblica amministrazione.
Fondamento giuridico dei rendiconti speciali è l’obbligo — che ha cia-
scun agente dello Stato — di rendere, per l’appunto, conto delle attività con-
tabili espletate. I conti speciali sono amministrativi e giudiziali.
La differenziazione si basa:
a) sulla diversa intensità con cui ciascun agente dispone dei beni della pubblica amministra-
zione. Infatti:
— laddove l’agente ha il potere di disporre l’impiego di denaro o l’utilizzazione di beni
senza averne, però, la disponibilità fisica, si ha gestione di carattere amministrativo
e, di conseguenza, obbligo di rendere conti amministrativi;
— se, invece, l’agente ha la materiale disponibilità del bene, si ha gestione contabile in
senso proprio e, quindi, si configura per l’agente contabile l’obbligo di rendere conti
giudiziali;
b) sulla diversa finalità cui tende l’obbligo della rendicontazione:
— scopo del rendiconto amministrativo è quello di dimostrare le operazioni compiute,
così da consentire alle singole amministrazioni l’esercizio del controllo sull’operato
dei propri agenti, e contemporaneamente, l’aggregazione delle singole gestioni nel
rendiconto generale;
— scopo del conto giudiziale è quello di accertare le responsabilità degli agenti per le-
sioni o danni al patrimonio pubblico, o la loro situazione (debitoria o creditoria) nei
confronti dell’erario; poiché ci si muove, in questo caso, nell’ambito della giurisdi-
zione del giudice contabile (la Corte dei conti) il conto giudiziale è strutturalmente
diverso dal conto amministrativo.
100 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

2. Tipologia dei conti amministrativi


Gli agenti amministrativi obbligati a presentare all’Amministrazione di
competenza il rendiconto (conto amministrativo) della propria gestione pos-
sono essere così individuati:
— agenti della riscossione (art. 252 R.D. 827/1924);
— funzionari delegati (artt. 60-61 R.D. 2440/1923 e art. 333 R.D. 827/1924);
— tesorieri (art. 45 R.D. 2440/1923 e art. 602 R.D. 827/1924);
— consegnatari (D.P.R. 254/2002).
Di conseguenza, quattro sono anche le tipologie di rendiconto ammini-
strativo:

A) Rendiconti degli agenti della riscossione (conti amministrativi delle


entrate)
Tutti coloro che sono incaricati di riscuotere entrate di qualsiasi natura
di spettanza dello Stato debbono rendere conto della loro gestione alle am-
ministrazioni dalle quali dipendono.
Il conto deve essere compilato e trasmesso con l’osservanza delle for-
me e termini di legge.

B) Rendiconti dei funzionari delegati (conti amministrativi delle spese)


La P.A. attribuisce ad alcuni funzionari il potere di provvedere diretta-
mente al pagamento di alcune spese. A tale scopo vengono effettuate, a fa-
vore di questi funzionari, aperture di credito presso le competenti Tesorerie.
Il funzionario, che per tale motivo assume la qualifica di «delegato», può
disporre dei fondi accreditati mediante ordinativi a favore dei creditori oppu-
re mediante buoni di prelievo diretto in contanti (v. Cap. II, Parte II, par. 76).
I funzionari delegati debbono trasmettere i conti delle somme erogate trimestralmente o in
quegli altri periodi stabiliti con speciali regolamenti e, in ogni caso, al termine dell’esercizio.
Detti conti sono inviati all’amministrazione centrale o agli uffici periferici cui spetta eser-
citare il riscontro. Successivamente, i rendiconti sono trasmessi alla Corte dei conti per la re-
visione definitiva.

C) Conti delle tesorerie


Costituiti, in prevalenza, da:
— situazione giornaliera di cassa, consistente nella nota descrittiva dei ver-
samenti e dei pagamenti effettuati dalla Tesoreria centrale;
Capitolo Sesto - I rendiconti speciali 101

— conto mensile della Tesoreria centrale, che riepiloga le precedenti situa-


zioni;
— conto riassuntivo del Tesoro, effettuato mensilmente dal Direttore gene-
rale del Tesoro e pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Esso è il rendiconto
dei versamenti e dei pagamenti effettuati nelle Tesorerie nel mese pre-
cedente ed in quelli anteriori.

D) Conti amministrativi dei consegnatari di materiali


Tali conti sono resi dagli agenti che hanno in consegna beni e materiali
dell’amministrazione e sono finalizzati a consentire il controllo sulla consi-
stenza e sul movimento dei beni e materiali stessi.
A tale fine ogni consegnatario di beni deve tenere l’inventario e un re-
gistro di entrata e di uscita in corrispondenza con l’inventario stesso.

3. I conti giudiziali
La legge (R.D. 827/1924, Regolamento generale di contabilità dello Sta-
to) prescrive che tutti gli agenti dell’amministrazione che sono incaricati
delle riscossioni e dei pagamenti o che ricevono somme dovute allo Stato o
altre delle quali lo Stato medesimo diventa debitore o hanno qualsiasi ma-
neggio di pubblico denaro ovvero debito di materie, devono rendere ogni
anno alla Corte dei conti il conto giudiziale della loro gestione. Sono tenu-
ti all’osservanza di quest’obbligo anche coloro che si ingeriscono senza le-
gale autorizzazione negli incarichi propri degli agenti contabili.
Il D.Lgs. 30-6-2011, n. 123, che contiene la riforma dei controlli di
regolarità amministrativo-contabile, stabilisce all’articolo 16 che sono
tenuti a rendere il conto della propria gestione alle amministrazioni centra-
li o periferiche dalle quali dipendono oppure sono vigilati:
— gli agenti incaricati della riscossione delle entrate e dell’esecuzione dei
pagamenti delle spese;
— gli agenti che ricevono somme dovute allo Stato e altre delle quali lo
Stato diventa debitore;
— coloro che hanno maneggio qualsiasi di denaro;
— coloro che hanno debito di materie;
— coloro che si ingeriscono negli incarichi attribuiti ai detti agenti (cd.
agenti contabili di fatto).
102 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

Il conto giudiziale è reso entro i due mesi successivi alla chiusura dell’eser-
cizio finanziario di riferimento e comunque alla data della cessazione della
gestione.
Gli uffici di controllo, qualora non abbiano nulla da osservare, appon-
gono sui singoli conti il visto di regolarità amministrativo-contabile e li tra-
smettono alla Corte dei conti entro i due mesi successivi alla data della loro
ricezione ovvero a quella della ricezione dei chiarimenti o dei documenti ri-
chiesti con note di osservazione.
Passiamo ad occuparci, ora, delle norme speciali che regolano la resa del
conto delle categorie di agenti contabili che si sono elencate precedentemente.

Cosa sono i deconti


Accanto ai conti giudiziali ricordiamo l’esistenza dei cosiddetti deconti, compilati nei casi
di deficienza accertata dall’amministrazione a carico del contabile e prodotti alla Corte an-
teriormente al giudizio sul conto, dei conti complementari, predisposti al fine di ovviare
ad omissioni o ad errori in cui si sia incorsi nella compilazione del conto, ed infine dei con-
ti speciali di quegli agenti e di quelle gestioni per cui non sussiste in via normale l’obbli-
go della resa periodica del conto.

4. I conti degli agenti della riscossione


Il conto giudiziale di ogni agente della riscossione è di regola distinto in
due parti:
— nella prima sono indicati:
a) le somme rimaste da riscuotere alla fine dell’esercizio o della gestio-
ne precedente ed il carico successivamente dato al contabile, sia che
esso sia certo sia che provenga da somme accertate all’atto stesso
della riscossione;
b) il discarico per somme riscosse o per annullamenti, variazioni e si-
mili riferibili al carico accertato;
c) i resti che per la competenza stessa risultano da riscuotere al termi-
ne dell’esercizio o della gestione;
— nella seconda parte vengono indicati:
d) il debito o il credito dell’esercizio o della gestione precedente;
e) il debito per somme incassate;
f) le somme versate;
Capitolo Sesto - I rendiconti speciali 103

g) i discarichi amministrativi;
h) i resti per le somme rimaste da versare, o il credito per quelle versa-
te in più alla fine dell’esercizio o al termine della gestione.
Con l’articolo 17 il D.Lgs. 123/2011 ha reso più incisivo il controllo di
regolarità amministrativo-contabile sull’attività svolta dagli agenti della ri-
scossione. Esso viene svolto dalle Ragionerie territoriali dello Stato, con-
giuntamente con l’Agenzia delle entrate, secondo criteri selettivi e linee gui-
da individuati con direttive impartite d’intesa tra il Ragioniere generale del-
lo Stato e il Direttore dell’Agenzia delle entrate.
Ogni agente della riscossione deve allegare al conto giudiziale di fine
anno un documento illustrativo dei residui attivi risultanti dalle singole con-
tabilità, con la valutazione del loro grado di esigibilità e delle eventuali cau-
se che hanno comportato la mancata riscossione. Spetta all’Ispettorato ge-
nerale di finanza, in sede di monitoraggio delle verifiche svolte, proporre,
d’intesa con le amministrazioni interessate, eventuali interventi necessari
per migliorare l’attività di riscossione.

5. I conti degli agenti consegnatari di materiale


Con il D.P.R 254/2002 è stato emanato il nuovo regolamento concernen-
te le gestioni dei consegnatari e dei cassieri delle amministrazioni dello Sta-
to. Innanzi tutto il suddetto D.P.R. stabilisce che le funzioni di consegnata-
rio non sono cumulabili con quelle di cassiere e distingue nell’ambito dei
consegnatari dei beni, a seconda delle modalità di gestione e rendicontazio-
ne e alle conseguenti responsabilità, fra consegnatari per debito di vigilan-
za (ai quali è affidata la gestione dei beni mobili e dei materiali d’uso, d’im-
piego e di consumo necessari per il funzionamento degli uffici) e consegna-
tari per debito di custodia (a cui è affidata la conservazione, la gestione, la
distribuzione e il rifornimento dei beni mobili destinati ad altri uffici).
I primi non sono tenuti a rendere il conto giudiziale ma assumono i beni
ad essi affidati e ne dimostrano la consistenza e la movimentazione a mez-
zo di apposite scritture contabili.
I secondi sono invece tenuti alla resa del conto giudiziale, che deve ri-
portare:
— il carico: dei beni e materiale presenti all’inizio dell’esercizio della ge-
stione e quelli avuti in consegna durante l’esercizio, secondo la specie,
qualità e categoria, nonché il valore risultante dagli inventari;
104 Parte Seconda - Il bilancio dello Stato

— lo scarico: i beni e materiali distribuiti, somministrati o altrimenti esita-


ti, con l’evidenziazione delle eventuali perdite;
— le rimanenze: dei beni e materiali ancora esistenti al termine dell’eser-
cizio o della gestione.
Il conto giudiziale va trasmesso all’amministrazione da cui gli agenti
consegnatari per debito dipendono, entro due mesi successivi alla chiusura
dell’esercizio cui il conto si riferisce.
Infine, i consegnatari per debito sono sottoposti alla vigilanza del MEF
e alla giurisdizione della Corte dei conti.

6. I conti dei tesorieri


Il conto giudiziale, tanto del tesoriere centrale che dell’istituto incaricato del servizio di
tesoreria provinciale, deve dimostrare:
— nell’entrata:
a) il debito alla chiusura dell’esercizio precedente;
b) le somme ricevute sia per versamenti fatti dagli agenti della riscossione o da debito-
ri diretti, sia per buoni e vaglia del tesoro, sia per valori ricevuti a titolo di sommini-
strazione di fondi e per qualsiasi altra causa;
— nell’uscita:
c) il credito, qualora sia rinvenibile, alla chiusura dell’esercizio precedente;
d) le somme pagate risultanti da analoghe dichiarazioni di regolarità, da quietanze di
fondi somministrati e da altri documenti e ordini regolari e definitivi;
e) la differenza tra l’entrata e l’uscita da trasportare, secondo i casi, a debito o a credito
dell’esercizio finanziario. Il conto giudiziale, tanto del tesoriere centrale che dell’isti-
tuto incaricato del servizio di tesoreria provinciale, deve essere corredato delle giu-
stificazioni indicate dalla legge.
Il Dipartimento del Tesoro, dopo aver riveduto il conto dei detti tesorieri, vi appone la di-
chiarazione di regolarità e di conformità e ne effettua la trasmissione alla Corte dei conti per
il giudizio di sua competenza.

7. La cauzione
A conclusione di questo capitolo, ricordiamo che gli agenti ed i funzio-
nari appartenenti ai ruoli delle amministrazioni dello Stato che, per il servi-
zio loro affidato, hanno gestione di pubblico denaro o di qualunque altro va-
lore, non sono tenuti, salvo eccezioni, a prestare cauzione.
L’amministrazione ha però facoltà di assoggettare a ritenuta gli stipen-
di ed altri emolumenti goduti da funzionari ed agenti, anche prima che sia
Capitolo Sesto - I rendiconti speciali 105

pronunciata condanna a loro carico, quando il danno dell’erario sia stato già
accertato in sede amministrativa.
Rimane, comunque, fermo l’obbligo della cauzione quando la gestione
sia affidata a persone, istituti od enti estranei all’amministrazione dello Sta-
to, nonché quando la cauzione stessa sia stabilita a garanzia degli interessi
di privati.

Glossario
Patrimonio pubblico: è costituito da tutti quei beni che, oltre ad appartenere allo Stato o
a un ente pubblico, sono destinati a soddisfare un interesse pubblico e per questo motivo
sono trattati in modo diverso dai beni pubblici.
PARTE Terza
I beni e
i contratti pubblici

Capitolo Primo: I beni dello Stato e degli enti pubblici......... Pag. 108
Capitolo Secondo: I contratti della P.A................................. » 126
Capitolo Primo
I beni dello Stato
e degli enti pubblici

Sommario: 1. I beni pubblici. - 2. Categorie di beni pubblici: beni demaniali e patri-


moniali. - 3. I beni demaniali. - 4. I beni patrimoniali indisponibili. - 5. Utilizzazione e
tutela dei beni pubblici. - 6. I beni patrimoniali disponibili. - 7. I diritti reali della P.A. su
beni altrui. - 8. L’amministrazione dei beni pubblici. - 9. Gli inventari. - 10. La valuta-
zione dei beni pubblici. - 11. La valorizzazione, la dismissione e l’alienazione dei beni
pubblici.

1. I beni pubblici
La disciplina relativa ai beni pubblici è contenuta negli articoli 822 e se-
guenti del Codice Civile, nel Capo ove si tratta dei beni appartenenti allo
Stato ed agli enti pubblici; di essi si tratta, inoltre, nella legge n. 2440 del
1923, già citata, e nel relativo regolamento di esecuzione.
I beni pubblici sono così definiti dalla legge sulla contabilità generale
dello Stato proprio per evidenziarne la natura pubblicistica: devono dun-
que necessariamente appartenere allo Stato o ad altro ente pubblico.
In particolare possono essere titolari di patrimoni pubblici:
— le Regioni;
— le Province ed i Comuni;
— gli enti istituzionali, siano essi economici o di mera erogazione di ser-
vizi, comunque titolari di una competenza territoriale più o meno vasta
e pertanto operanti nell’orbita di un ente territoriale.

2. Categorie di beni pubblici: beni demaniali e patri-


moniali
I beni pubblici si distinguono in:
a) beni demaniali;
b) beni patrimoniali.
Capitolo Primo - I beni dello Stato e degli enti pubblici 109

Tale distinzione ha origine, storicamente, dalla diversa funzione pubblica originariamen-


te attribuita ad essi:
— beni demaniali erano, infatti, considerati quelli pubblici riservati all’uso del pubblico;
— beni patrimoniali, invece, si consideravano i beni pubblici destinati ad essere utilizzati dai
soli soggetti pubblici che li possedevano (MEUCCI).

Su quale criterio si basa, attualmente, la distinzione tra beni demaniali


e patrimoniali?
Oggi questa diversità di funzione non è più così accentuata, per cui la distinzione si basa
su un criterio puramente formale, e cioè sul fatto che il Codice Civile (artt. 822-829 cui
espressamente rinvia l’art. 1 del R.D. 827/1924) distingue tra beni demaniali e beni patri-
moniali. Il codice, però, non definisce la demanialità, limitandosi a definire la condizione
giuridica dei beni o diritti reali che rientrano nel demanio pubblico (inalienabilità, impre-
scrittibilità, insuscettibilità a formare oggetto di diritti a favore di terzi se non median-
te concessioni, potestà di autotutela dell’autorità amministrativa).

Le due categorie di beni vengono individuate dal R.D. 2440/1923 sulla


contabilità generale dello Stato, che nell’art. 1 formulò la distinzione tra
beni che lo Stato possiede a titolo pubblico (demaniali) e beni posseduti a
titolo di proprietà privata (patrimoniali).

3. I beni demaniali
Sono quei beni che, per natura o per espressa disposizione di legge, ser-
vono in modo diretto a soddisfare bisogni collettivi, onde vengono sottopo-
sti a speciali vincoli (BENNATI).
I beni demaniali presentano due caratteri fondamentali:
a) sono sempre beni immobili o universalità di beni mobili.
Come è noto, beni immobili sono quei beni che non possono trasferirsi da un luogo all’al-
tro, senza che ne soffra la loro integrità materiale (es.: terreni, case etc.);

Cosa sono le universalità di beni mobili?


Le universalità di mobili sono pluralità di cose mobili che appartengono ad una stessa per-
sona e hanno una destinazione unitaria (art. 816 Codice Civile): es.: raccolte di quadri, di
libri, appartenenti a enti pubblici.

b) devono appartenere ad enti pubblici territoriali e, in pratica, allo Stato,


alle Regioni, alle Province e ai Comuni.
110 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

A) Tipi di demanio
1) In relazione ai beni demaniali deve distinguersi innanzitutto tra dema-
nio necessario e demanio accidentale (o eventuale).
Nel primo sono ricompresi tutti quei beni che, per la loro evidente uti-
lità generale, quando esistono, non possono che appartenere allo Stato
o agli altri enti pubblici territoriali, mentre nel secondo vanno annove-
rati quei beni che possono anche non essere demaniali e che sono tali
solo se appartenenti ad uno degli enti suddetti.
Il carattere demaniale di un bene che rientra nel demanio accidentale si
deduce perciò soltanto dall’appartenenza o meno allo Stato (o ad altro
ente pubblico territoriale).
Il demanio necessario si distingue in:
— demanio marittimo che comprende i beni indicati dagli artt. 822
Codice Civile e 28 Codice della Navigazione: il lido del mare, la
spiaggia, i porti, le rade (cioè quegli spazi di mare più o meno ampi,
riparati naturalmente contro i flutti del mare mediante cordone lito-
rale nel quale si aprono bocche di accesso), le lagune, i canali uti-
lizzabili per uso pubblico marittimo, le pertinenze (darsene, dighe,
fari, moli e così via) e le zone acquisite per uso del demanio marit-
timo;
— demanio idrico. Ne fanno parte: i fiumi, i laghi e i torrenti, le acque
definite pubbliche dal D.P.R. 238/1999, i ghiacciai, i porti e gli ap-
prodi destinati alla navigazione interna.
— demanio militare che comprende le opere permanenti destinate alla
difesa nazionale, e cioè: le fortezze, le piazzeforti, le installazioni
missilistiche, le linee fortificate e trincerate, i porti e gli aeroporti mi-
litari, le ferrovie e funivie militari, i ricoveri antiaerei. Non rientra-
no però in tale demanio i beni mobili o immobili, come gli armamen-
ti, le caserme, i magazzini, le navi da guerra e gli aerei da combatti-
mento, che servono solo indirettamente alla difesa nazionale; tali
beni fanno parte del patrimonio indisponibile (cfr. l’art. 826 cod.
civ.).
Il demanio accidentale (o eventuale): a differenza del demanio necessa-
rio, comprende quei beni immobili ed universalità di mobili, elencati
nell’art. 822, comma 2, c.c., che possono essere, o meno, demaniali;
essi, cioè, possono appartenere a chiunque, ma laddove siano di pro-
Capitolo Primo - I beni dello Stato e degli enti pubblici 111

prietà dello Stato o di un altro ente pubblico territoriale (Regione,


Provincia, Comune), sono demaniali (BELLOMO). Tali beni, quindi,
acquistano lo status demaniale non solo per la loro identità fisica, ma
anche per l’ulteriore circostanza dell’appartenenza ad un ente territo-
riale (PERFETTI).
Esso si distingue in:
— demanio stradale, cioè le strade non private, appartenenti ad enti
pubblici territoriali e destinate al pubblico transito e le relative perti-
nenze (case cantoniere, opere di arredamento stradale, paracarri etc.);
— demanio ferroviario, ossia le strade ferrate con tutte le relative per-
tinenze (ponti, linee aeree, case cantoniere etc.) di proprietà degli enti
pubblici t­erritoriali;
— demanio aeronautico, aeroporti e piste di atterraggio (non milita-
ri) di proprietà degli enti pubblici territoriali;
— acquedotti di proprietà degli enti pubblici territoriali, i laghi artifi-
ciali, le fontane in cui sboccano gli acquedotti, i pozzi e le cisterne
di pubblico interesse;
— demanio culturale, nel quale rientrano i beni di interesse storico, ar-
tistico e archeologico che, a loro volta, comprendono sia beni immo-
bili (rovine di palazzi, templi, città antiche etc.) sia universalità di
mobili (reperti archeologici conservati in musei, collezioni di qua-
dri, sculture etc.) di proprietà di enti pubblici territoriali. Vi rientra-
no anche gli archivi storici contenenti atti e documenti di epoche pre-
cedenti.
2) In base all’appartenenza si distingue:
a) il demanio regionale: fanno parte del demanio delle Regioni ordi-
narie i beni del cd. demanio accidentale, quando siano di loro pro-
prietà; i porti lacuali, che originariamente facevano parte del dema-
nio necessario dello Stato, e che costituiscono gli unici beni di de-
manio necessario regionale (per le Regioni ordinarie); i diritti reali
della Regione sui beni altrui, costituiti per accrescere l’utilità dei
beni medesimi (ad es.: servitù). Per quanto riguarda le Regioni a Sta-
tuto speciale, i beni facenti parte del loro demanio sono indicati nei
rispettivi Statuti, approvati con leggi costituzionali dello Stato. Per-
tanto, in linea di massima, dette leggi hanno trasferito alle Regioni
speciali parte del demanio necessario statale;
112 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

b) il demanio provinciale: l’art. 824 c.c. stabilisce che i beni della spe-
cie di quelli indicati dall’art. 822, comma 2, c.c. (demanio acciden-
tale), qualora appartengano alle Province o ai Comuni sono sogget-
ti al regime del demanio pubblico. Si pensi, ad esempio, alle strade
provinciali;
c) il demanio comunale specifico: fanno parte del demanio comunale
i cimiteri ed i mercati di proprietà del Comune (art. 824 c.c.): trat-
tasi, più che di una categoria di demanio accidentale, di una figura
atipica, forse più vicina al demanio necessario, qualificata, appunto,
col termine di demanio comunale specifico.
Va notato, comunque, che l’art. 119 Cost. come novellato dalla L. cost. 3/2001, non par-
la più di demanio con riferimento agli enti territoriali, ma solo di patrimonio, ricono-
sciuto a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni. Tuttavia, ciò non significa che
sia stato cancellato il demanio di tali enti, ma solo che resta alla disciplina ordinaria la re-
golamentazione nel dettaglio del settore (BELLOMO).

In attuazione della legge delega n. 42/2009, in materia di federalismo fi-


scale, è stato emanato il D.Lgs. 28-5-2010, n. 85, cd. «federalismo de-
maniale», attuativo del federalismo fiscale. Esso prevede l’individua-
zione, attraverso decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, di
beni appartenenti al demanio statale che possono essere attribuiti a
Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, su richiesta degli
stessi enti territoriali.
Previa intesa in sede di Conferenza Unificata, lo Stato individua i beni da attribuire, a ti-
tolo non oneroso, secondo i criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplifi-
cazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni nonché valorizza-
zione ambientale.
L’ente territoriale, a seguito dell’attribuzione, dispone del bene nell’interesse della collettivi-
tà ed è tenuto a favorirne la «massima valorizzazione funzionale», fornendo un’adeguata in-
formazione del processo di valorizzazione. In ossequio al principio di sussidiarietà, i beni del
demanio sono attribuiti in via prioritaria ai Comuni, tenendo conto del loro radicamento sul
territorio, salvo che «per l’entità o tipologia del singolo bene o del gruppo di beni, esigenze
di carattere unitario richiedano l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni».

B) Regime giuridico
I beni che fanno parte del demanio pubblico:
a) sono inalienabili: qualsiasi atto di trasferimento è nullo (art. 823 c.c.),
salvo che siano trasferiti dal demanio di un ente pubblico territoriale a
Capitolo Primo - I beni dello Stato e degli enti pubblici 113

quello di un altro ente pubblico territoriale, a condizione che la loro ap-


partenenza a un ente specifico non abbia carattere di stretta necessità e
il trasferimento non pregiudichi la demanialità dei beni;
b) non sono suscettibili di acquisto a titolo originario per usucapione da
parte di altri soggetti, in quanto non possono formare oggetto di diritti
di terzi, se non nei modi e limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano
(artt. 823 e 1145 c.c.);
c) il diritto di proprietà «pubblica» dell’ente è imprescrittibile;
d) i beni demaniali sono insuscettibili di espropriazione forzata; difatti,
il Testo Unico delle espropriazioni (D.P.R. 327/2001), all’art. 4, stabili-
sce che i beni appartenenti al demanio pubblico non possono essere espro-
priati fino a quando non ne viene pronunciata la sdemanializzazione.
La demanialità del bene si estende anche alle sue pertinenze, cioè alle cose destinate du-
revolmente a ornamento o servizio del bene (es.: case cantoniere lungo le strade statali) e alle
servitù costituite a favore del bene demaniale.

Acquisto e perdita della demanialità


Al riguardo occorre distinguere:
a) beni demaniali per natura: per quei beni che sono demaniali per natura (fiumi, laghi
etc.), l’acquisto o la perdita della demanialità coincide con l’esistenza o il venir meno
del bene stesso (es.: prosciugamento di un fiume). Quindi, l’acquisto o la perdita di tale
qualificazione è connessa ad un fatto giuridico naturale e non ad un atto giuridico, anche
se spesso sono necessari atti ricognitivi dell’autorità amministrativa (es.: art. 35 cod. nav.);
b) beni del demanio artificiale necessario: per i beni costruiti dall’uomo e rientranti nel-
le categorie di beni demaniali necessari (porti, fortezze etc.), è la realizzazione, per leg-
ge, (indipendentemente dall’acquisto), del bene da parte dell’ente pubblico territoriale,
a costituire, generalmente, il presupposto per un’automatica inclusione nella categoria.
Per la perdita di tale carattere, invece, è richiesto uno specifico atto di declassificazione;
c) beni del demanio artificiale accidentale: per l’acquisto del carattere demaniale, oc-
corre che tali beni siano acquisiti in proprietà dall’ente territoriale (a titolo originario
o derivativo), e che ad essi sia attribuita la destinazione tipica del bene demaniale. Ad
es.: tra le strade di proprietà di enti territoriali, sono demaniali solo quelle destinate
al traffico pubblico (SANDULLI);
d) pertinenze di beni demaniali: la Suprema Corte ha chiarito, con riferimento agli im-
mobili che assumano natura di pertinenza del demanio idrico per l’opera dell’uomo,
che in quanto destinati al servizio del bene principale per assicurare allo stesso un più
alto grado di protezione, il rapporto pertinenziale e la demanialità del bene accessorio
permangono fino al momento in cui la P.A. manifesti la sua volontà di sottrarre la per-
tinenza alla sua funzione, escludendo che la perdita del carattere di demanialità possa
desumersi da comportamenti omissivi della P.A. (Cass., SS.UU., 18-12-1998, n. 12701).
114 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

4. I beni patrimoniali indisponibili


A) Caratteri e tipologia
I beni patrimoniali indisponibili sono beni pubblici che, a differen-
za di quelli demaniali, possono appartenere (tranne alcuni, che la legge
riserva allo Stato o ad altri enti) a qualsiasi ente pubblico, e non solo ad
enti territoriali e consistono sia in beni immobili che in beni mobili.
La caratteristica comune ai beni demaniali è quella della indisponibili-
tà: tali beni sono, cioè, vincolati ad una destinazione di utilità pubblica
e non possono essere sottratti a tale destinazione, se non nei modi stabiliti
dalle leggi che li riguardano (art. 828, comma 2 c.c.).

Caratteri
• per natura (es.: miniere, acque termali)
• per l’appartenenza ad un ente pubblico (es.: foreste, aree di edilizia po-
polare)
Indisponibilità
• per destinazione (es.: caserme)
• per appartenenza e destinazione (es.: sedi e arredi degli uffici, mate-
riale ferroviario, i mezzi di trasporto pubblico)

Principali categorie
• Foreste
• Miniere
• Acque minerali e termali
• Cave e torbiere
• Beni di interesse storico-archeologico-artistico
• Beni militari
• Beni costituenti la dotazione del Presidente della Repubblica
• Arredi ed edifici sede dei pubblici uffici
• Fauna selvatica
• Aree espropriate dai Comuni
• Aree acquisite dai Comuni nell’esercizio del diritto di prelazione

B) Regime giuridico
Il principio di inalienabilità dei beni patrimoniali indisponibili è sanci-
to dall’art. 828 c.c., il quale ha stabilito che tali beni «non possono essere
sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li ri-
guardano».
Capitolo Primo - I beni dello Stato e degli enti pubblici 115

Ciò significa che i beni patrimoniali indisponibili sono commerciabili, ma sono gravati da
uno specifico vincolo di destinazione all’uso pubblico, pur potendo formare oggetto di nego-
zi traslativi di diritto privato (Cass., SS.UU. 16-2-2011, n. 3813).
Sono, in ogni modo, inalienabili:
— le miniere e le foreste;
— gli atti e documenti di enti pubblici;
— i beni di interesse storico e artistico.

I beni patrimoniali indisponibili sono altresì:


— soggetti ad usucapione da parte di terzi soltanto nel caso in cui siano
stati sottratti alla loro destinazione a non domino e poi trasferiti a terzo
in buona fede, il quale quindi potrà acquistarli per usucapione nei ter-
mini di legge (SANDULLI);
— insuscettibili di espropriazione forzata.

5. Utilizzazione e tutela dei beni pubblici


A) Utilizzazione
Nel distinguere i differenti tipi di uso dei beni pubblici, la dottrina si è
talvolta basata sulla utilità pubblica (o meno) che tale uso veniva a soddi-
sfare. Tale criterio, però, non è stato ritenuto decisivo, perché l’utilità pub-
blica può essere perseguita sia attraverso un uso del bene da parte della col-
lettività (es.: spiagge libere), sia attraverso un uso riservato a particolari sog-
getti (es.: concessione di spiaggia ad un soggetto in esclusiva per svolgi-
mento di attività economiche di interesse pubblico).
In base ai soggetti che utilizzano i beni pubblici, si possono distingue-
re schematicamente i seguenti
Tipi di uso
Esclusivo (o diretto)
Generale • esercizio dei cd. diritti civici – diritto soggettivo
• legge
• atto amministrativo di concessione – diritto soggettivo
Particolare
• concessione contratto – interesse legittimo
• contratto di diritto privato
116 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

B) Tutela
Secondo l’art. 823 c.c., spetta all’autorità amministrativa la tutela dei
beni che fanno parte del demanio pubblico. Essa ha facoltà sia di proce-
dere in via amministrativa, sia di avvalersi dei mezzi ordinari a difesa del-
la proprietà e del possesso.
In particolare, l’autotutela (o tutela amministrativa) consiste nell’eser-
cizio di poteri (di polizia demaniale) previsti dalle leggi speciali a fronte di
qualsivoglia illecita occupazione o abusiva utilizzazione dei beni da parte
di terzi.
Nell’ambito di tale tipologia di tutela si distinguono: a) mezzi di autotutela decisoria,
che comprendono tutti quegli atti che sono espressione di un generale potere della P.A., fina-
lizzato alla risoluzione di conflitti coi privati, da parte della stessa amministrazione (BELLO-
MO). Tali mezzi di sostanziano in provvedimenti e determinazioni amministrative, che spetta-
no esclusivamente all’ente pubblico proprietario (ad es., tutte le decisioni con cui la P.A. de-
cide di risolvere o modificare un rapporto concessorio relativo ad un determinato bene; oppu-
re le decisioni dei ricorsi amministrativi proposti dagli interessati contro provvedimenti della
P.A. relativi a beni pubblici); b) mezzi di autotutela esecutiva, che comprendono, invece, tut-
ti quei mezzi e comportamenti diretti ad eseguire le decisioni amministrative riguardo a beni
pubblici, cioè a portare a compimento gli atti di autotutela decisoria (ad es., gli sgomberi di uf-
ficio, mediante utilizzo di mezzi propri o di terzi, richiesti dalla P.A.). Tale tipologia di tutela
trova un limite nel dover essere rivolta ai privati, non essendo ammessa nei confronti di altre
amministrazioni (BELLOMO).

I mezzi di tutela giurisdizionale ordinaria (e cioè le azioni possesso-


rie e petitorie) spettano all’ente pubblico che sia proprietario e/o possesso-
re dei beni.
Secondo parte della dottrina (GALLI), l’alternatività tra il ricorso alla autotutela e alla tu-
tela giurisdizionale attiene solo al momento iniziale della scelta, non essendo consentito l’eser-
cizio successivo dello jus variandi dopo l’inizio di una delle due procedure.

6. I beni patrimoniali disponibili


Fanno parte del patrimonio disponibile dello Stato e degli altri enti pub-
blici tutti i beni ad essi appartenenti diversi da quelli demaniali e da
quelli patrimoniali indisponibili. I beni patrimoniali disponibili non sono
beni pubblici in senso stretto, bensì soltanto beni di proprietà di un ente
pubblico.
Generalmente si tratta di beni produttivi di reddito per l’ente.
Capitolo Primo - I beni dello Stato e degli enti pubblici 117

Tali beni si distinguono, tradizionalmente, in quattro categorie:


a) beni corporali: in genere beni immobili;
b) beni incorporali: ad es., diritti reali su cose altrui e diritti di credito;
c) titoli di credito: titoli dello Stato, azioni etc.;
d) danaro che l’ente incassa, a qualsiasi titolo.

I beni patrimoniali disponibili sono beni di proprietà privata dell’ente


e, come tali, sono soggetti alle comuni regole del diritto privato, eccettuata
l’alienazione che deve sempre avvenire nelle forme del diritto pubblico.

7. I diritti reali della P.A. su beni altrui


La P.A., oltre che proprietaria di beni, può anche essere titolare, come
qualsiasi altro soggetto, pubblico o privato, di diritti reali su beni altrui.
Essi possono essere costituiti per l’utilità di un bene pubblico o per il con-
seguimento di fini di pubblico interesse, ovvero per l’utilità di un bene pa-
trimoniale disponibile o per un fine privato.
Nel primo caso si parla di diritti demaniali su beni altrui, nel secon-
do di diritti patrimoniali su beni altrui.
I diritti demaniali su beni altrui sono quei diritti che spettano allo Sta-
to o ad un ente territoriale su beni di proprietà di altri soggetti e sono co-
stituiti per l’utilità d’un bene demaniale o per il conseguimento di fini
di pubblico interesse, corrispondenti a quelli a cui servono i beni demania-
li. Tali diritti reali sono assoggettati dall’art. 825 c.c. allo stesso regime giu-
ridico dei beni demaniali.

Le servitù prediali e di uso pubblico


Le principali categorie di diritti demaniali su beni altrui sono: le servitù prediali pubbliche
ed i diritti (o servitù) di uso pubblico:
a) le servitù prediali pubbliche possono essere:
— servitù di via alzaia: per cui i proprietari di fondi laterali ai corsi d’acqua debbo-
no permettere, su adeguate strisce di terra, in riva al fiume, il passaggio di uomi-
ni, animali etc. (sono dette anche «servitù di marciapiede»: SANDULLI);
— servitù di scarico per i fondi prossimi ai laghi;
— servitù di scolo delle acque stradali sui terreni sottostanti;
— servitù di soprapassaggio a favore di ponti cavalcavia, viadotti sui fiumi e corsi
d’acqua, terreni e strade private.
Le servitù prediali pubbliche possono sorgere: per legge, per atto amministrativo
(di imperio), per convenzione con il privato, per atto di liberalità del privato e per
usucapione da parte dell’ente;
118 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

b) i diritti di uso pubblico (servitù di uso pubblico): sono quelle servitù costituite a ca-
rico di fondi privati per il conseguimento di fini di pubblico interesse corrispondenti a
quelli cui servono i beni demaniali. In tali servitù manca un fondo dominante, perché
non sono costituite a vantaggio di un fondo demaniale, bensì della collettività.
Rientrano nei diritti di uso pubblico:
— le strade vicinali, cioè quelle non di proprietà del Comune, ma soggette a pubbli-
co transito da parte della collettività; sono, cioè, strade costruite da privati che
eventualmente il Comune, ove le ritenga utili alla collettività, assoggetta all’uso
pubblico con propria delibera espressa, dicharandole strade vicinali ed includen-
dole nell’apposito elenco;
— le aree private aperte al pubblico transito: per esse il Comune è obbligato a con-
correre alle spese di manutenzione;
— i musei, le pinacoteche e gli archivi di proprietà privata;
— gli usi civici. In dottrina la loro inclusione fra i diritti (servitù) di uso pubblico non
è pacifica. Secondo SANDULLI, sarebbero una categoria autonoma, soltanto «affi-
ne» ai diritti di uso pubblico, e consisterebbero in quei diritti di natura civica, (e per-
tanto indisponibili) di godimento che si esplicano in varie forme (pascolo, semina,
legnatico) a favore dei membri di una collettività. Essi possono anche gravare su
beni privati, nel qual caso presentano la natura di diritti reali limitati su cose altrui.

Per quanto riguarda i diritti patrimoniali sui beni altrui, le servitù possono essere costituite an-
che a favore di beni patrimoniali della P.A. Tali diritti seguono la natura dei beni cui si riferiscono
e sono, quindi, disponibili o indisponibili a seconda che attengano a beni disponibili o indisponibili.
La P.A. può acquistare diritti reali in base: alla legge (es.: beni immobili privi di proprie-
tario); a fatti o atti di diritto comune (es.: l’occupazione o gli atti di acquisto a titolo oneroso);
a fatti o atti di diritto pubblico (es.: la confisca bellica o gli atti ablativi).

8. L’amministrazione dei beni pubblici


L’amministrazione dei beni pubblici consta di varie e complesse attivi-
tà che danno luogo a due categorie distinte di atti:
— atti di conservazione e manutenzione;
— atti di utilizzazione.
In senso lato, l’amministrazione dei beni demaniali comprende tutta l’at-
tività di costruzione e manutenzione dei beni, nonché l’attività di polizia e
di tutela degli stessi beni.
Gli atti di conservazione sono rivolti a realizzare gli scopi connessi al
mantenimento dell’integrità fisica dei beni.
Ai sensi della legge sull’amministrazione del patrimonio e sulla conta-
bilità dello Stato, i beni immobili dello Stato, sia pubblici che privati, sono
amministrati a cura del Ministero dell’economia e delle finanze.
Capitolo Primo - I beni dello Stato e degli enti pubblici 119

Costituiscono eccezione a questa norma i beni di quelle amministrazioni o aziende auto-


nome che, per il raggiungimento dei propri fini, possono amministrarli direttamente. Un’altra
eccezione è rappresentata dal demanio idrico, la cui gestione, come si è visto in precedenza, è
affidata dal D.Lgs. 112/1998 alle Regioni e agli enti locali competenti per territorio.

Per quanto riguarda, poi, i beni immobili assegnati ad un servizio gover-


nativo, essi si intendono concessi in uso gratuito al ministero da cui il ser-
vizio dipende e sono dallo stesso amministrati.
Non è invece consentito alle singole amministrazione dare a terzi in ge-
stione i beni loro assegnati, dal momento che ciascuna amministrazione ri-
ceve tali beni unicamente per realizzare i propri fini istituzionali.
Alle opere concernenti i beni demaniali ed alla straordinaria manuten-
zione di tutti gli immobili dello Stato provvede il Ministero delle infrastrut-
ture e dei trasporti, ad eccezione che per gli immobili di proprietà dell’Am-
ministrazione Militare, ai quali provvede il Ministero della difesa.
In materia di interventi manutentivi degli immobili di proprietà dello
Stato il D.L. 98/2011 (art. 12), conv. in L. 111/2011, contiene un’articolata
disciplina relativa alla materia; a partire dal 2013, infatti, molte tipologie di
tali interventi saranno svolti dall’Agenzia del demanio.
Per i beni mobili la gestione comprende quattro fasi: acquisizione, uti-
lizzazione, conservazione, alienazione. Ciascun Ministero è chiamato a ge-
stire i beni assegnatigli per il perseguimento dei suoi fini istituzionali, ac-
quisiti in conseguenza dell’erogazione di fondi a carico dello stato di pre-
visione della spesa.
Infine, si tenga conto che il D.Lgs. 300/1999 ha affidato all’Agenzia del
demanio l’amministrazione dei beni pubblici.

9. Gli inventari
Ci occuperemo, in questo paragrafo, degli inventari dei beni demaniali e
dei beni patrimoniali dello Stato e degli enti pubblici. Si possono distinguere:
a) l’inventario dei beni di demanio pubblico, che consiste in uno stato
descrittivo desunto dai rispettivi catasti, ovvero dai registri delle singo-
le amministrazioni. Tale inventario è realizzato a cura del MEF e delle
altre amministrazioni centrali ai cui servizi i beni sono adibiti;
b) i beni immobili patrimoniali dello Stato sono descritti in «registri di
consistenza» in doppio originale, recanti indicazioni sul luogo, la deno-
minazione e la qualità del bene; sui suoi connotati catastali, sull’estimo
120 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

o la rendita imponibile; sui titoli di provenienza; sull’estensione, reddi-


to e valore fondiario approssimativo; sulle servitù, pesi ed oneri di cui
siano gravati, nonché sull’uso o servizio speciale a cui sono destinati e
sul Ministero alla cui amministrazione sono affidati, con la durata di tale
destinazione. Detti registri di consistenza debbono anche indicare se i
beni siano fruttiferi o meno;
c) per i beni mobili patrimoniali, ciascun Ministero provvede all’ammini-
strazione di quelli assegnati al proprio uso. Tutti gli oggetti mobili, peraltro,
a qualunque categoria appartengano, debbono essere dati in consegna ad
agenti responsabili e tale consegna va effettuata per mezzo di inventario.
Detti consegnatari sono responsabili personalmente dei beni ricevuti in cu-
stodia, fino a che non abbiano ottenuto regolare discarico. Essi sono inoltre
soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti, alla quale debbono rende-
re il conto giudiziale della loro gestione alla fine di ogni anno finanziario.
La Circolare della Ragioneria Generale dello Stato 42/2004 (Istruzioni per il rinnovo
degli inventari dei beni mobili dello Stato), ai sensi dell’articolo 17, comma 5, del Regolamen-
to emanato con il D.P.R. 254/2002, impartisce istruzioni a tutte le amministrazioni per il rin-
novo degli inventari dei beni mobili di proprietà dello Stato, disponendo, al fine di consentire
un completo e regolare svolgimento delle relative operazioni di ricognizione e registrazione,
che queste si effettuino con riferimento alla situazione esistente al 31 dicembre 2005. Il termi-
ne è stato poi differito al 31 dicembre 2006 dalla Circolare del MEF 22/2006.
L’inventario e la ricognizione effettiva dei beni dovrà essere effettuata periodicamente —
almeno ogni cinque anni — dai consegnatari e dai cassieri delle amministrazioni dello Stato.
Nell’inventario dovranno essere iscritti solo i beni mobili:
— che non hanno carattere di beni di consumo;
— aventi un valore superiore a 500 euro, IVA compresa, ricorrendo così al concetto di «uni-
versalità di mobili», al fine di evitare che beni come ad esempio uno studio, una postazio-
ne informatica di lavoro, etc. siano oggetto di un’inventariazione parziale.
I beni da inventariare sono suddivisi per categorie, il cui elenco è riportato nella Circo-
lare. Si forniscono poi disposizioni in merito alle operazioni di ricognizione dei beni, sulla va-
lutazione dei beni non più utilizzabili, istruzioni su eventuali sistemazioni contabili. Sono, inol-
tre, indicati i criteri da seguire per l’aggiornamento dei valori dei beni effettivamente in uso.
Spetta agli Uffici centrali del bilancio e alle Ragionerie territoriali dello Stato fornire ogni
utile forma di consulenza e opportuni chiarimenti ai quesiti che potranno pervenire dai conse-
gnatari delle singole Amministrazioni.
Più recentemente la circolare del DRGS del 29-12-2009, n. 33, fornisce ulteriori chiari-
menti in merito alla gestione dei beni mobili di proprietà dello Stato.
Il D.M. 16-3-2011, del MEF, invece, ha stabilito i principi e le direttive per la revisione e
l’informatizzazione delle scritture contabili relative ai beni immobili appartenenti al patrimo-
nio disponibile e indisponibile e i beni appartenenti al demanio storico-artistico.
Capitolo Primo - I beni dello Stato e degli enti pubblici 121

10. La valutazione dei beni pubblici


La disciplina che regola la valutazione dei beni pubblici ha subito per
effetto dell’introduzione del D.Lgs. 279/1997 una significativa trasforma-
zione. Prima dell’entrata in vigore della norma suddetta era prevista solo
per i beni patrimoniali una valutazione monetaria.
Il D.Lgs. 279/1997, art. 14, comma 1, emanato in attuazione dell’art. 5
L. 94/1997, pur ribadendo la distinzione fra beni demaniali e beni patrimo-
niali, introduce, al fine di individuare quelli che tra loro sono suscettibili di
valutazione economica, un’ulteriore classificazione descritta dalla tabella C
allegata allo stesso decreto legislativo.
Pertanto, tutti i beni demaniali elencati dall’art. 822 del Codice Civile,
fatti salvi la natura giuridica e i vincoli cui sono sottoposti dalla attuale nor-
mativa, vengono ora valutati in base a criteri economici e vengono quindi
inseriti nel conto generale del patrimonio dello Stato.
A quest’ultimo viene allegato un documento contabile che ha la funzio-
ne di valutare la gestione economica dei beni considerati attraverso l’indi-
viduazione di componenti positive e negative e degli indici di redditività
della gestione stessa (commi 2-3, art. 14 D.Lgs. 279/1997).
Per quanto riguarda, invece, la valutazione economica dei beni patri-
moniali, occorre distinguere fra beni mobili e beni immobili.
In generale i beni mobili si iscrivono negli inventari per il loro prezzo
d’acquisto, salvo il caso in cui il loro valore sia stabilito da tariffe speciali;
se si tratta di beni pervenuti a seguito di donazione il valore è dato dalla sti-
ma che viene per essi effettuata.
I beni immobili sono valutati in base al costo, all’estimo o all’imponibi-
le; in relazione alla formazione del nuovo catasto od a seguito di nuove sti-
me ottenute con la visione degli inventari, si ha una rivalutazione del valo-
re degli stessi. Si ricordi, comunque, che una rivalutazione dei beni patrimo-
niali dello Stato in connessione con la svalutazione della moneta non è pre-
vista dall’ordinamento, ma è stata nondimeno effettuata in più occasioni.

11. La valorizzazione, la dismissione e l’alienazio-


ne dei beni pubblici

La necessità di risanare le finanze pubbliche e far fronte agli impegni as-


sunti in sede comunitaria hanno spinto il legislatore, a partire dagli anni No-
122 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

vanta, a promuovere un vasto programma di valorizzazione, dismissione e


alienazione del patrimonio pubblico.
Per citare solo i principali interventi normativi succedutisi nel tempo, si
ricorderà:
— il D.L. 386/1991 (convertito in L. 35/1992), recante trasformazione de-
gli enti pubblici economici, dismissione delle Partecipazioni statali e
alienazione dei beni patrimonilai disponibili;
— la L. 537/1993 che (art. 9, comma 6) ha demandato ad appositi decreti
del Presidente della Repubblica l’emanazione di norme dirette ad alie-
nare i beni pubblici, ivi compresi quelli oggetto di concessione, non de-
stinati ad usi collettivi generali o di interesse ambientale e culturale, e
ad esclusione degli immobili e delle aree di interesse storico-artistico;
— la L. 662/1996 (art. 3, comma 112) che ha introdotto una speciale disci-
plina per la dismissione dei beni immobili della Difesa, nel quadro del
più generale processo di dismissione dei beni immobili dello Stato. In
particolare, si è previsto l’avvio di un programma di alienazione di im-
mobili della Difesa, dettandone le relative disposizioni procedurali e di-
sponendo in primo luogo che gli immobili alienabili siano individuati
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro della difesa, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze;
— la L. 127/1997 (art. 12, più volte modificato) secondo cui Comuni e Provin-
ce possono procedere alle alienazioni del proprio patrimonio immobiliare
anche in deroga alle norme di cui alla legge 24 dicembre 1908, n. 783 e del
suo regolamento esecutivo (R.D. 17 giugno 1909, n. 454), nonché alle nor-
me sulla contabilità generale degli enti locali, fermi restando i principi gene-
rali dell’ordinamento giuridico-contabile. A tal fine sono assicurati criteri di
trasparenza e adeguate forme di pubblicità per acquisire e valutare concor-
renti proposte di acquisto, da definire con regolamento dell’ente interessato;
— il D.P.R. 13-2-2001, n. 189 disciplina, poi, il procedimento per l’alie-
nazione di beni mobili delle amministrazioni statali resisi inutilizza-
bili o dei quali le amministrazioni non autorizzino la cessione alla Cro-
ce Rossa italiana per le finalità consentite; dei beni mobili confiscati ad
eccezione di quelli confiscati ai sensi della L. 109/1996; dei beni mobi-
li di terzi che si trovano in immobili di proprietà statale e non ritirati dai
proprietari entro 60 giorni dal ricevimento dell’avviso di notifica da par-
te dell’Ufficio competente.
Capitolo Primo - I beni dello Stato e degli enti pubblici 123

Il regolamento, nel rispetto dei principi fissati dal c.p.p. in materia di


beni sequestrati e confiscati, si applica anche nei casi di alienazione di
veicoli abbandonati o non ritirati nel termine previsto.
Sono le amministrazioni statali a comunicare all’Ufficio competente in
base al requisito della territorialità la lista dei beni da alienare perché
fuori uso o non utilizzabili;
— l’art. 30 del D.L. 269/2003, conv. dalla L. 326/2003, che prevede l’uti-
lizzo della società di trasformazione urbana (STU), di cui all’art. 120 del
D.Lgs. 267/2000, come mezzo per migliorare la gestione degli immobi-
li dello Stato; esse però partecipano anche al programma di valorizza-
zione, trasformazione e gestione del patrimonio dello Stato che ricade
nel loro ambito territoriale; possono essere altresì concessionarie di beni
demaniali individuati dall’Agenzia del demanio;
— il D.L. 112/2008, conv. in L. 133/2008, all’art. 58 (Ricognizione e va-
lorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti
locali) ha previsto che per procedere al riordino, gestione e valorizzazio-
ne del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri enti
locali, nonché di società o enti a totale partecipazione dei predetti enti,
ciascun di esso con delibera dell’organo di Governo individua, redigen-
do apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esisten-
te presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel
territorio di competenza, non strumentali all’esercizio delle proprie fun-
zioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione.
Particolare interesse, però, rivestono due strumenti innovativi per la va-
lorizzazione e la dismissione del patrimonio pubblico: i fondi comuni d’in-
vestimento immobiliare disciplinati dalla L. 86/1994 — poi abrogata, ad
esclusione degli artt. 14bis e 15, dal D.Lgs. 58/1998 — e la Patrimonio del-
lo Stato S.p.A. (istituita dalla L. 410/2001 e poi sciolta dal D.L. 98/2011).
Ancora in tema di valorizzazione, razionalizzazione e alienazione dei beni immobili del-
lo Stato citiamo:
— l’art. 12 (acquito, vendita, manutenzione e censimento di immobili pubblici) del D.L.
98/2011, conv. in L. 111/2011, stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2012 le operazio-
ni di acquisto e vendita di immobili, effettuate sia in forma diretta sia indiretta, da parte del-
le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazio-
ne, con l’esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli enti del servizio
sanitario nazionale, nonché del Ministero degli affari esteri con riferimento ai beni immo-
bili ubicati all’estero, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finan-
124 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

za pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’econo-
mia e delle finanze. Per gli enti previdenziali pubblici e privati restano ferme le disposizio-
ni di cui al comma 15 dell’articolo 8 del D.L. 78/2010, conv. dalla 122/2010, secondo cui:«
Le operazioni di acquisto e vendita di immobili da parte degli enti pubblici e privati che
gestiscono forme obbligatorie di assistenza e previdenza, nonché le operazioni di utilizzo,
da parte degli stessi enti, delle somme rivenienti dall’alienazione degli immobili o delle
quote di fondi immobiliari, sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di
finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’eco-
nomia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali».
Ancora il D.L. 201/2011 inserendo nel D.L. 98/2011 l’art. 33bis rubricato «Strumenti sus-
sidiari per la gestione degli immobili pubblici» ha attribuito all’Agenzia del demanio il
compito di promuovere iniziative volte alla costituzione di società, consorzi o fondi im-
mobiliari con la finalità di valorizzare e alienare il patrimonio immobiliare pubblico di
proprietà dello Stato, delle Regioni, degli enti locali e degli enti vigilati. Qualora si costi-
tuiscano delle società, a esse partecipano i soggetti che apportano i beni e, necessariamen-
te, l’Agenzia del demanio in qualità di finanziatore e di struttura tecnica di supporto;
— l’art. 27, comma 2, del D.L. 201/2011 disciplina la formazione di programmi unitari di
valorizzazione territoriale per il riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili
di proprietà di Regioni, Province e Comuni e di ogni soggetto pubblico, anche statale, pro-
prietario, detentore o gestore di immobili pubblici, nonché degli immobili oggetto di pro-
cedure di valorizzazione di cui al D.Lgs. 85/2010 (federalismo demaniale);
— la L. 183/2011 (legge si stabilità 2012) art. 6 (Disposizioni in materia di dismissioni dei
beni immobili pubblici) autorizza il MEF a conferire o a trasferire beni immobili dello
Stato a uno o più fondi comuni di investimento immobiliari o a uno o più società di ge-
stione del risparmio anche di nuova costituzione. I proventi netti derivanti dalle cessio-
ni delle quote dei fondi o delle azioni delle società sono destinati alla riduzione del de-
bito pubblico. Sono conferiti o trasferiti gli immobili di proprietà dello Stato e una quo-
ta non inferiore al 20 per cento delle carceri inutilizzate e dalle caserme assegnate in uso
alle forze armate. I beni immobili da conferire o trasferire sono individuati con uno o più
DPCM, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze;
— il D.L. 1/2012 art. 66 (Dismissione di terreni demaniali agricoli e a vocazione agricola)
ha introdotto una nuova disciplina in materia di alienazione, in via prioritaria ai giovani
agricoltori, dei terreni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici nazionali non
utilizzabili per altre finalità istituzionali; in alternativa alla vendita si potrà disporre la lo-
cazione dei terreni.

Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi


per le locazioni passive: il D.L. 95/2012
Il D.L. 95/2012 (G.U. 6-7-2012, n. 156), in attesa di conversione, all’art. 3 (Razionalizza-
zione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive) contiene misure
riguardanti il patrimonio pubblico, che viene razionalizzato, e i costi delle locazioni pas-
sive, che vengono ridotti. Tra le disposizioni più significative indichiamo le seguenti: per il
triennio 2012-2014, non si applica l’aggiornamento all’indice Istat del canone dovuto da
Capitolo Primo - I beni dello Stato e degli enti pubblici 125

tutte le amministrazioni pubbliche (comprese le Regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e
le autorità indipendenti) per l’utilizzo in locazione passiva di immobili per finalità istituzio-
nali, prevedendo la facoltà del locatore di recedere dal contratto; si consente l’uso gratuito
in favore dello Stato degli immobili di proprietà degli enti territoriali a condizioni di reci-
procità; si avvia la rinegoziazione delle locazioni passive di immobili ad uso uffici di pro-
prietà di terzi (di norma almeno un anno prima della loro scadenza) al fine di giungere alla
riduzione del 15% dei canoni; si riducono gli spazi ad uso ufficio a disposizione delle am-
ministrazioni statali (spetterà all’Agenzia del demanio il compito di definire gli strumenti e
le indicazioni metodologiche di supporto alle amministrazioni per il monitoraggio e la re-
distribuzione); si accelera la procedura di vendita degli alloggi di servizio di proprietà del
Ministero della difesa; l’Agenzia del demanio opera quale centrale di committenza che sti-
pula accordi quadro con operatori del settore per la realizzazione di interventi manutentivi
posti a carico del conduttore sui beni immobili di proprietà dello Stato ovvero di terzi uti-
lizzati a qualsiasi titolo dalle Amministrazioni, al fine di conseguire risparmi connessi alle
maggiori economie di scala ed all’abbattimento dei costi amministrativi; una parte degli
avanzi di gestione dell’Agenzia del demanio sono destinati all’acquisto di immobili per sod-
disfare le esigenze allocative delle Amministrazioni dello Stato, oppure interventi di manu-
tenzione per il recupero di immobili statali; si rendono più efficaci talune disposizioni rela-
tive alla valorizzazione ed utilizzazione a fini economici di beni immobili di proprietà del-
lo Stato; si estende il regime fiscale di favore previsto per le SIIQ (società di investimento
immobiliare quotate) alle società di gestione e valorizzazione di immobili pubblici promos-
se dall’Agenzia del demanio.

Glossario
Bisogni collettivi. Bisogni avvertiti dall’individuo solo in quanto membro di una colletti-
vità. Esempi di bisogni collettivi sono la giustizia e l’ordine pubblico.
Infrastrutture. Insieme di servizi che, sebbene non utilizzati direttamente nel processo
produttivo, sono essenziali allo sviluppo economico di un paese.
Pertinenze. Sono le cose destinate in modo durevole a servizio o a ornamento di un’altra
cosa (art. 817 codice civile). Le pertinenze sono sottoposte allo stesso regime giuridico del-
le cose principali, senza però escludere che possano formare oggetto di autonomi rapporti.
Capitolo Secondo
I contratti della P.a.

Sommario: 1. L’attività di diritto privato della P.A. - 2. Regime giuridico dei contrat-
ti privati della P.A. - 3. Fonti normative. - 4. Il diritto dell’Unione europea in materia di
contratti pubblici e il suo recepimento. - 5. Il Codice dei contratti pubblici e il Regola-
mento esecutivo e attuativo. - 6. La competenza legislativa, statale e regionale, in mate-
ria di appalti. - 7. Il procedimento di formazione del contratto (l’evidenza pubblica). - 8.
Segue: Deliberazione a contrarre e determinazione del contenuto del contratto. - 9. Se-
gue: Soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici
e presentazione delle offerte. - 10. Segue: La scelta del contraente, le procedure di scel-
ta e l’aggiudicazione del contratto. - 11. Segue: La stipula del contratto. - 12. Segue: L’ap-
provazione e il controllo del contratto. - 13. Procedure in economia. - 14. I contratti pub-
blici relativi ai lavori. - 15. I contratti pubblici relativi alle forniture e ai servizi . - 16. Gli
appalti nei settori speciali. - 17. Gli strumenti di tutela. - 18. Le convenzioni Consip. -
19. Il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA).

1. L’attività di diritto privato della P.A.


La P.A., nel perseguire i suoi fini, non si avvale unicamente di forme e
mezzi previsti dal diritto pubblico (cioè amministrativo), ma può anche uti-
lizzare gli stessi strumenti giuridici utilizzati dai soggetti privati: i negozi
di diritto privato.
In questo caso la P.A. si pone sullo stesso piano del privato cittadino e
non agisce in veste di organo pubblico, dotato di poteri di imperio e di auto-
tutela, ma come un qualsiasi altro soggetto, con i suoi stessi diritti e doveri.
La peculiarità essenziale dell’attività di diritto privato della P.A. è che
la volontà espressa, in sede di conclusione del contratto, ha natura privata,
ma le diverse fasi interne con cui realizza l’iter di formazione di tale volon-
tà (all’interno dell’organo o ente) si svolgono secondo le forme del diritto
amministrativo.
Per questo motivo possiamo distinguere due fasi in cui si svolge il rap-
porto contrattuale: la prima (fase procedimentale) anteriore, la seconda (fase
negoziale) successiva alla stipulazione.
Nella fase procedimentale, che abbraccia la deliberazione (determina-
zione) di addivenire al contratto, la scelta del sistema da seguire per il repe-
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 127

rimento del contraente, la formazione del prezzo contrattuale, l’esperimento


della relativa gara, la predisposizione delle clausole contrattuali e l’approva-
zione del contratto, domina il diritto pubblico, con i suoi principi e criteri.
Nella fase negoziale, invece, relativa all’esecuzione del contratto, do-
mina il diritto privato cosicché prevale la logica della parità delle parti: en-
trambe sono titolari di diritti soggettivi e di obblighi giuridici.
I contratti delle P.A. possono così distinguersi:
a) contratti ordinari: sono i cd. contratti di diritto comune caratteristici
dell’autonomia privata;
b) contratti speciali di diritto privato: sono quei contratti regolati da nor-
me di diritto privato speciale e la loro peculiarità risiede nel fatto di es-
sere regolati da norme civilistiche di specie rispetto a quelle generali del
codice;
c) contratti di diritto pubblico: sono quelli che si caratterizzano per l’in-
contro e la commistione tra provvedimento amministrativo e contratto.
Non costituiscono, invece, una categoria a sé i cosiddetti contratti ad
evidenza pubblica con cui si suole definire una sorta di modulo procedi-
mentale applicabile a ciascuno dei tipi contrattuali citati.
Altre classificazioni riguardano:
a) contratti attivi e contratti passivi della P.A. a seconda che i contratti sia-
no produttivi di una entrata o di una spesa;
b) contratti aventi ad oggetto beni commerciali e contratti aventi ad ogget-
to beni extra commercium come pubblici servizi e gestione di prodotti
in regime di monopolio (BENVENUTI).

2. Regime giuridico dei contratti privati della P.A.


In tali contratti la legge interviene a «correggere» alcuni istituti del di-
ritto privato ed a dettare una disciplina particolare per alcuni elementi del
contratto, allorché parte contraente sia una P.A.
In generale rientrano nella disciplina del diritto privato comune:
a) i limiti dell’attività contrattuale. La P.A., come il privato, può libera-
mente adottare le forme contrattuali più convenienti per il raggiungi-
mento dei suoi fini, con i soli limiti posti dai divieti specifici in tema di
contratti dalle norme di diritto privato;
128 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

b) la determinazione degli elementi essenziali del contratto (forma, volon-


tà, causa);
c) gli effetti del contratto;
d) la fase di attuazione coattiva del negozio (laddove non può trovare at-
tuazione l’autotutela, istituto di natura strettamente pubblicistica), me-
diante ricorso all’Autorità giudiziaria ordinaria.
Sono invece disciplinate dal diritto pubblico:
a) le attività inerenti al processo formativo della volontà del soggetto pub-
blico (es.: la scelta del privato contraente; le trattative che precedono
l’accordo etc.);
b) le imposizioni al privato contraente di obblighi accessori nel corso del
rapporto con possibili oneri o obblighi aggiuntivi (es.: aumento o dimi-
nuzione del contratto nei limiti del quinto del valore globale);
c) la caducazione della deliberazione amministrativa che ha dato vita al
rapporto, con conseguente venir meno dello stesso;
d) le particolari forme in cui può manifestarsi l’attuazione coattiva del rap-
porto (es.: esecuzione diretta di un contratto da parte della P.A. in pen-
denza di contestazione giudiziaria; divieto per il privato di chiedere la
condanna della P.A. all’esecuzione in forma specifica).

3. Fonti normative
Le principali fonti che regolano i contratti dello Stato sono:
— gli artt. 1321 e ss. e 1470 e ss. del codice civile, disciplinanti i contratti
in generale;
— la legge di contabilità di Stato, approvata con R.D. 2440/1923, più vol-
te modificata;
— il regolamento di contabilità, approvato con R.D. 827/1924;
— le disposizioni normative emanate dalle Regioni ed aventi rilevanza
all’interno del territorio regionale;
— i regolamenti per la disciplina dei contratti emanati dai Consigli comu-
nali e provinciali;
— il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (D.Lgs.
163/2006) e il suo Regolamento esecutivo e attuativo (D.P.R. 207/2010).
Necessita, infine, un’ulteriore precisazione e cioè che le norme conte-
nute nel R.D. 2440/1923 e nel suo regolamento di attuazione (R.D. 827/1924)
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 129

non si applicano più ai contratti disciplinati dal Codice dei contratti, sebbe-
ne quest’ultimo non le abroga espressamente. Più precisamente, si può ri-
tenere che ai contratti da cui deriva una spesa per le PP.AA (contratti passi-
vi), tra cui gli appalti, si applica il Codice dei contratti e le procedure da
questo regolamentate; per contro ai contratti da cui deriva un’entrata per le
PP.AA. (contratti attivi), come ad esempio la vendita di immobili pubblici,
si applica il R.D. 827/1924.
Nel prosieguo della trattazione esamineremo più specificamente la di-
sciplina contenuta nel D.Lgs. 163/2006.

4. Il diritto dell’Unione europea in materia di con-


tratti pubblici e il suo recepimento
Nell’evoluzione della disciplina in tema di contratti pubblici, un ruolo fondamentale è sta-
to assunto dal legislatore comunitario, il quale, nella prospettiva della formazione di un mer-
cato unico europeo, ha adottato, di volta in volta, una normativa sempre più incentrata a rea-
lizzare il principio concorrenziale tra gli operatori economici, le quattro libertà di circo-
lazione (merci, servizi, capitali e persone), nonché i principi di efficienza ed imparzialità
dell’agire amministrativo.
In tale ottica di promozione della concorrenza, il legislatore comunitario, con l’adozione
delle direttive CE (oggi UE) n. 17 e n. 18 del 31-3-2004, ha dato un forte input riformatore alla
disciplina dei contratti pubblici.
In particolare, con la direttiva n. 17/2004 sono stati disciplinati gli appalti e le concessio-
ni nei settori (ex cd. «esclusi») che si possono definire «settori speciali» (gas, energia termi-
ca, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica), mentre con la
direttiva n. 18 del 2004 è stata unificata la disciplina degli appalti e delle concessioni di lavo-
ri, servizi e forniture nei «settori ordinari» (vale a dire tutti, tranne quelli cd. speciali e quelli
eccettuati da entrambe le direttive).
In particolare, la Direttiva Unica appalti (la 2004/18) ha riordinato la materia ed aggior-
nato i suoi contenuti sulla base di orientamenti emersi dalla giurisprudenza della Corte di giu-
stizia, intervenuta a limare gli eccessivi formalismi, presenti nella precedente normativa, or-
mai in contrasto sia con i principi di celerità e flessibilità dell’agire amministrativo sia con i
nuovi strumenti introdotti dal processo tecnologico. Per raggiungere tale obiettivo, si è reso
necessario porre sullo stesso piano i mezzi elettronici e quelli tradizionali di comunicazione,
mediante la valorizzazione degli strumenti telematici ed informatici nell’espletamento del-
le procedure di gara.
Nel rispetto del termine (31 gennaio 2006) fissato per l’attuazione delle direttive 2004/18
e 2004/17, l’art. 25 della L. 62/2005 (legge comunitaria 2004) ha delegato il Governo a rece-
pire le due normative europee, imponendo la raccolta in un unico testo sia della disciplina de-
gli appalti di rilevanza comunitaria, sia degli appalti sotto soglia comunitaria. Alla delega ha
dato attuazione il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (cd. Codice dei contratti pubblici).
130 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

5. Il Codice dei contratti pubblici e il Regolamen-


to esecutivo e attuativo
A) Struttura e disciplina
Il Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture,
si è detto, è stato adottato con il D.Lgs 12-4-2006, n. 163, successivamen-
te modificato ed integrato, e la sua ratio è stata individuata, conformemen-
te alle previsioni del legislatore comunitario, nella prospettiva del passag-
gio dalla tutela esclusiva dell’interesse pubblico della P.A. alla «cura di in-
teressi generali, quali la tutela della concorrenza, la parità di trattamento de-
gli operatori economici, la non discriminazione, la trasparenza, l’apertura
degli appalti pubblici nazionali agli imprenditori dei diversi Paesi europei,
così da assicurare un mercato concorrenziale e competitivo degli appalti»
(IMMORDINO).
Quanto alla struttura del testo, lo stesso si presenta articolato e com-
plesso, in considerazione dell’ampio oggetto della disciplina:
— artt. 1-27: principi comuni e contratti esclusi in tutto o in parte dall’ap-
plicazione del codice. Si tratta di norme relative all’oggetto, ai princi-
pi, alle definizioni, alle fonti di disciplina, al riparto competenze fra Sta-
to e Regioni, all’Autorità per la vigilanza sui contratti e all’Osservato-
rio, al responsabile del procedimento ed all’accesso agli atti nelle pro-
cedure di gara;
— artt. 28-205: contratti nei settori ordinari, sopra e sotto soglia. In tali
disposizioni è contenuta la disciplina dei contratti aventi ad oggetto la-
vori, servizi e forniture nei settori ordinari, sia sopra che sotto la soglia
comunitaria. Inoltre, è ricompresa la disciplina dei lavori relativi ad in-
frastrutture strategiche ed insediamenti produttivi e quella dei contratti
in taluni settori specifici (difesa, beni culturali);
— artt. 206-238: contratti nei settori speciali. Si tratta delle disposizioni
di recepimento del dato normativo di cui alla direttiva comunitaria n.
17/2004/CE, relativa agli appalti di lavori, servizi e forniture nei setto-
ri speciali: gas, energia termica, elettricità, acqua, servizi di trasporto,
servizi postali, sfruttamento area geografica;
— artt. 239-246: contenzioso. Si disciplinano gli strumenti stragiudiziali
e giudiziali di composizione delle liti in materia di contratti pubblici, e
in particolare: la transazione, l’accordo bonario, l’arbitrato; mentre per
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 131

le norme in tema di giurisdizione e riti speciali e la tutela ante causam


si rinvia al Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010);
— artt. 247-257: disposizioni di coordinamento, finali e transitorie –
Abrogazioni.

B) Le principali novità introdotte dal Codice


Di particolare rilievo sono anche le novità introdotte dal Codice che possono così sinte-
tizzarsi:
1.Semplificazione normativa, in quanto le disposizioni del Codice sono applicabili a tut-
te le tipologie di contratti, con la sola eccezione di quelli espressamente esclusi (per i qua-
li comunque il legislatore ha stabilito dei principi guida), cosicché può dirsi realizzato un
sistema organico, coerente e semplificato delle norme disciplinanti l’affidamento dei con-
tratti pubblici.
Sempre nell’ottica della semplificazione, il legislatore ha operato anche, sotto un profilo
diverso, quello della distinzione tra appalti sopra soglia ed appalti sotto soglia comunita-
ria. Le direttive comunitarie disciplinano, infatti, solo i contratti di importo superiore ad
una certa somma e perciò definiti di rilevanza comunitaria, mentre i contratti di importo
inferiore sono regolati dalle norme di ogni singolo Stato membro.
La somma che stabilisce il limite tra l’una e l’altra tipologia di contratti è detta soglia co-
munitaria. Il D.Lgs. 163/2006 individua i contratti di rilevanza comunitaria all’art. 28.
Sottolineiamo che le soglie comunitarie sono aggiornate periodicamente, l’ultima modi-
fica è avvenuta con regolamento UE n. 1251/2011, e la modifica è applicabile direttamen-
te negli Stati membri. Sono contratti di rilevanza comunitaria, con esclusione degli appal-
ti di forniture del Ministero della difesa, quelli il cui valore stimato, al netto dell’IVA, è
pari o superiore alle seguenti soglie:
— 130.000 euro, per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati dalle ammini-
strazioni aggiuticatrici che sono autorità governative centrali (elencate nell’Allegato IV);
— 200.000 per gli appalti di forniture e servizi aggiudicati da stazioni appaltanti diver-
se da quelle dell’Allegato IV;
— 5.000.000 euro, per gli appalti di lavori pubblici e per le concessioni di lavori pub-
blici.
2. Maggiore flessibilità e modernizzazione degli strumenti giuridici da impiegare al fine
di agevolare le amministrazioni nella gestione degli appalti pubblici; espressione con-
creta di tale decisione legislativa è data, ad esempio, dall’ampliamento del numero e del-
le tipologie di procedure utilizzabili per l’individuazione dei soggetti offerenti, rispetto al
passato (art. 54 e ss.).
Infatti sono stati introdotti, accanto ai sistemi ordinari di procedure di scelta, nuovi stru-
menti organizzativi e negoziali: il dialogo competitivo, l’accordo quadro, ed ancora, i si-
stemi dinamici di acquisizione.
3. Quanto ai criteri per la scelta dell’offerta migliore, viene introdotta l’equivalenza fra
criterio di aggiudicazione del prezzo più basso e criterio dell’offerta economicamente
132 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

più vantaggiosa: salvo ipotesi stabilite dal Codice, il potere di scelta fra i due criteri vie-
ne rimesso alla discrezionalità dell’amministrazione, la quale deve scegliere, in base alle
circostanze del caso, quello che ritiene «più adeguato in relazione alle caratteristiche
dell’oggetto del contratto» (art. 81).
4. Regime della verifica delle offerte anomale più rispettoso del diritto comunitario. Di
particolare importanza è il venir meno, in linea di massima, del sistema differenziato di
verifica dell’anomalia e di esclusione dell’offerta anomala, a seconda che gli appalti siano
di importo pari o superiore alla soglia comunitaria ovvero di importo inferiore alla stessa.
5. Maggiore utilizzabilità della procedura negoziata, con scelta delle imprese da invita-
re rimessa alla stazione appaltante.
6. Modernizzazione del settore mediante l’utilizzo degli strumenti informatici: in parti-
colare, la pubblicazione di avvisi e capitolati sul cd. profilo del committente, oppure la
presentazione delle offerte e l’introduzione di meccanismi e procedure negoziali come il
sistema dinamico di acquisizione e le aste elettroniche.
Fra le principali innovazioni introdotte dal Codice dei contratti pubblici, figura sicuramen-
te l’ampliamento dei compiti dell’Autorità per vigilanza. Istituita dalla Merloni quale Autho-
rity per vigilare esclusivamente sul mercato dei lavori pubblici e sull’applicazione della legge
quadro in tale settore, l’Autorità vede ora estendere il proprio campo di azione anche al setto-
re delle forniture e dei servizi e, di conseguenza, assume la denominazione di Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
Nell’ambito dell’Autorità opera l’Osservatorio dei contratti pubblici.
Presso l’Osservatorio è attivo il casellario informatico dei contratti pubblici, il cui fun-
zionamento è regolato dall’art. 8 del D.P.R. 207/2010, che stabilisce la sua suddivisione in
tre sezioni contenenti i dati relativi agli operatori economici per l’esecuzione di lavori, la for-
nitura di prodotti, la prestazione di servizi.
Ancora l’articolo 9 del Codice, in attuazione dell’art. 27 della Direttiva 18/2004, ha in-
trodotto la facoltà per le stazioni appaltanti di istituire un apposito sportello — lo Sportello
dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture — cui è affidato il compito di for-
nire ai partecipanti alle procedure di gara tutte le informazioni riguardanti la normativa vigen-
te nel luogo in cui verrà espletata la procedura di affidamento e di esecuzione del contratto
pubblico; la norma estende l’ambito delle informazioni fornite dallo Sportello anche alle nor-
me vigenti in materia fiscale, di tutela dell’ambiente, di sicurezza e condizioni di lavoro.
Infine, il Codice dei contratti pubblici ha esteso al settore dei servizi e delle forniture la fi-
gura del responsabile del procedimento. L’art. 10 del Codice, infatti, prescrive che per ogni
singolo intervento da realizzarsi mediante un contratto pubblico, le amministrazioni aggiudi-
catrici nominano, ai sensi della L. 241/1990, un responsabile del procedimento, unico per le
fasi della progettazione, dell’affidamento, dell’esecuzione.

C) I principi
È l’art. 2 del Codice ad elencare i principi che informano la disciplina
in tema di contratti pubblici relativamente sia alla fase di scelta del contra-
ente che a quella di esecuzione del contratto aggiudicato.
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 133

I principi sono: la qualità della prestazione, l’economicità e l’effica-


cia, la tempestività, la correttezza, la libera concorrenza, il pari tratta-
mento e la non discriminazione, la trasparenza e la pubblicità, la pro-
porzionalità.
Con il D.L. 201/2011, conv. in L. 22-12-2011, n. 214, il legislatore ha inserito nell’arti-
colo in questione i commi 1bis e 1ter, contenenti misure volte a favorire l’accesso delle pic-
cole e medie imprese agli appalti pubblici: i detti commi prevedono, infatti, rispettivamente,
l’obbligo per le stazioni appaltanti, ove possibile ed economicamente conveniente, di suddivi-
dere gli appalti in lotti funzionali nonché la garanzia di un coinvolgimento delle p.m.i. nella
realizzazione delle grandi infrastrutture e delle connesse opere integrative o compensative.

D) Ambito di applicazione del Codice: soggettivo ed oggettivo


Affinché le norme del Codice possano essere applicate è necessario in-
dividuare sia i soggetti che sono tenuti alla loro applicazione nello svolgi-
mento della propria attività contrattuale (ambito soggettivo), sia le tipolo-
gie contrattuali alle quali esse si applicano (ambito oggettivo).
Entrambi gli aspetti trovano una compiuta risposta nell’art. 3 del Codi-
ce, dove sono fornite una serie di definizioni generali che consentono di
circoscrivere l’ambito di applicazione del testo normativo.
Quanto al profilo soggettivo, la norma in questione, al comma 25, sta-
bilisce che i contratti debbano essere affidati dalle amministrazioni aggiu-
dicatrici, con tale espressione intendendosi «le amministrazioni dello Sta-
to; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli
organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comun-
que denominati, costituiti da detti soggetti».
In particolare, poi, il legislatore ha fornito una definizione di organismo di diritto pub-
blico, figura che origina dal diritto UE, individuandolo in qualsiasi organismo, anche in forma
societaria, che presenti i seguenti caratteri: a) che sia istituito per soddisfare specificatamente
esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; b) che sia do-
tato di personalità giuridica; c) che l’attività dell’organismo sia finanziata in modo maggiori-
tario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppu-
re la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministra-
zione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata
dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.
Alla detta elencazione di carattere generale devono aggiungersi le ulteriori specificazioni
operate dal legislatore in relazione alle varie parti del Codice che di volta in volta, nel caso
specifico, devono essere applicate.
Nella nozione di «enti aggiudicatori» al fine dell’applicazione delle disposizioni delle par-
ti I, III, IV e V rientrano le amministrazioni aggiudicatrici, le imprese pubbliche, e i soggetti
134 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

che, non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche, operano in virtù di dirit-
ti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente secondo le norme vigenti; mentre
negli «altri soggetti aggiudicatori», ai fini dell’applicazione della parte II, sono da ricompren-
dere i soggetti privati tenuti all’osservanza delle disposizioni del Codice. Inoltre, il legislatore
adopera l’espressione «stazione appaltante» per indicare in modo omnicomprensivo le ammi-
nistrazioni aggiudicatrici e gli altri soggetti aggiudicatori, individuati dall’art. 32 del Codice.

Quanto all’ambito oggettivo di applicazione del Codice, questo regola


prevalentemente quei contratti pubblici cd. passivi, ossia quei contratti
con i quali la pubblica amministrazione, a fronte di un esborso economi-
co, si procura beni e servizi necessari al proprio funzionamento.
In particolare, se al comma 3 dell’art. 3, infatti, il legislatore ha specificato che «i «con-
tratti» o i «contratti pubblici» sono i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto
l’acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, posti in essere
dalle stazioni appaltanti, dagli enti aggiudicatori, dai soggetti aggiudicatori», ai successivi com-
mi 6, 11 e 12 vengono, rispettivamente, fornite le definizioni dell’appalto e della concessione
(di lavori pubblici e di servizi) utili a delimitare, con maggiore precisione, la portata applica-
tiva del Codice. E, dunque, l’appalto è un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra
una stazione appaltante o un ente aggiudicatore e uno o più operatori economici, avente per
oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi.
Specificamente, poi, il contratto di appalto può avere ad oggetto: lavori; servizi; forniture.
Da altro punto di vista, le disposizioni del Codice si applicano sia ai contratti rientranti nei
cd. «settori speciali», ossia gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali,
sfruttamento di area geografica (art. 3, comma 5, del Codice), sia agli appalti ed alle conces-
sioni di lavori, servizi e forniture nei «settori ordinari», vale a dire tutti, tranne quelli cd. spe-
ciali e quelli eccettuati da entrambe le direttive. Ed ancora, sono disciplinati dalle disposizio-
ni del Codice i contratti di rilevanza comunitaria ed i contratti cd. sotto soglia, per i quali
è stato recepito dal legislatore quel processo evolutivo, essenzialmente di matrice giurispru-
denziale, che ha obbligato le amministrazioni aggiudicatrici a garantire, anche negli appalti
sotto soglia, il principio di trasparenza mediante l’utilizzazione di quella procedura pubblici-
stica finalizzata ad assicurare la più ampia applicazione del principio di concorrenzialità fra i
potenziali aggiudicatari, raffrontando tutte le offerte presentate.
La quantificazione economica della soglia, che determina la rilevanza comunitaria o meno
del contratto, come già detto, è determinata dallo stesso legislatore (artt. 32, comma 1, lett. e),
91, 99, 196, 215, 235 del Codice).
La normativa del Codice, oltre ad applicarsi ai contratti di lavori, di servizi e di forniture,
disciplina anche le ipotesi dei contratti cd. misti, ossia quelli caratterizzati dalla contempo-
ranea commissione di lavori e/o servizi e/o forniture. La disciplina è contenuta nell’art. 14
del Codice ed essa è principalmente, ma non esclusivamente, orientata, al fine di individuare
la natura del contratto, all’applicazione del criterio dell’accessorietà, di matrice comunitaria,
per la quale la stessa è desumibile dalla qualità delle prestazioni da svolgere.
Fra le ipotesi classiche di contratto misto, rientra il cd. global service, ossia quella «opera-
zione contrattuale con la quale il privato si obbliga nei confronti della P.A. ad una pluralità di at-
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 135

tività, consistenti — nell’ipotesi più ricorrente — nella gestione di un’opera, nelle forniture pe-
riodiche che occorrono per realizzarla, e nella sua manutenzione» (GAROFOLI – FERRARI).
Le previsioni codicistiche, come affermato, non hanno però carattere di esaustività, essen-
do possibili tipologie contrattuali alle quali non si applicano o si applicano solo in parte le dispo-
sizioni del D.Lgs. 163/2006: ed invero, il legislatore ha dedicato il Titolo II della Parte I (artt. da
17 a 28) a quei contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del Codice.
Per quelli tra questi ultimi esclusi dall’ambito di applicazione oggettiva del Codice, il le-
gislatore ha dettato dei principi guida, ed in particolare ha introdotto una «norma di chiusu-
ra», l’art. 27, come modificato dal D.L. 13-5-2011, n. 70, conv. dalla L. 106/2011, il quale sta-
bilisce che anche per l’affidamento degli stessi devono essere rispettati i «principi di economi-
cità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità», oltre alla pre-
visione, finalizzata a garantire il principio concorrenziale, per cui «l’affidamento deve essere
preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto».
Infine, di notevole rilevanza per l’argomento qui trattato è l’inserimento del comma 1bis
all’art. 1 del Codice ex art. 33, comma 1, del D.Lgs. 208/2011 il quale, in attuazione della di-
rettiva 2009/81/CE, ha dettato la disciplina per l’affidamento dei contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture nei settori della difesa e della sicurezza. Quest’ultimo prevede, all’art. 3,
comma 3, che le norme del Codice non si applichino nei settori speciali inerenti la difesa e la
sicurezza, i cui contratti vengono regolamentati dalle sole disposizioni specifiche previste dal-
lo stesso D.Lgs. 208/2011. Nei settori ordinari della difesa e della sicurezza invece le norme
del Codice trovano applicazione per gli istituti non regolamentati dal D.Lgs 208/2011, e sem-
pre che siano compatibili e non vengano derogate dal medesimo decreto, il Codice si applica
ai contratti inerenti la difesa e la sicurezza esclusi dall’applicazione del D.Lgs. 208/2011 i qua-
li devono essere individuati, in via residuale, per esclusione dal suo ambito di applicazione de-
finito agli artt. 1 e 2 dello stesso. Sono inoltre esclusi dall’applicazione del Codice i contratti
elencati all’art. 6 del D.Lgs. 208/2011.

E) Il Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice


L’art. 5 del Codice ha previsto che un apposito regolamento (adottato su
proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i
Ministri delle politiche comunitarie, dell’ambiente, per i beni culturali e am-
bientali, delle attività produttive, dell’economia e delle finanze, sentiti i Mi-
nistri interessati, e previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubbli-
ci) detti la disciplina esecutiva ed attuativa del Codice nelle materie ogget-
to di competenza legislativa statale esclusiva. Tale regolamento, il D.P.R. 5
ottobre 2010, n. 207, è in vigore dall’8 giugno 2011, da questa data inve-
ce sono abrogati:
— gli articoli 337, 338, 342, 343, 344, 348 della legge 20 marzo 1865, n.
2248, allegato F;
— il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 marzo 1999, n. 117;
— il decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554;
136 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

— il decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34;


— gli articoli 5, comma 1, 7, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 20, 21, 22, 23, 24,
25, 26, 28, 29, 30, 31, 33, 34 e 37, del decreto del Ministro dei lavori
pubblici 19 aprile 2000, n. 145;
— il decreto del Presidente della Repubblica 20 agosto 2001, n. 384;
— il decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101;
— il decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti 27 maggio 2005,
in tema di qualificazione del contraente generale;
— il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 18 novembre 2005,
recante «affidamento e gestione dei servizi sostitutivi di mensa».
Il nuovo Regolamento è strutturato in sette parti, per un totale di 359 articoli, e corredato
da 15 allegati:
Parte I – Disposizioni comuni;
Parte II – Contratti pubblici relativi a lavori nei settori ordinari;
Parte III – Contratti pubblici relativi a servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria nei
settori ordinari;
Parte IV – Contratti pubblici relativi a forniture e altri servizi nei settori ordinari;
Parte V – Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori speciali;
Parte VI – Contratti eseguiti all’estero;
Parte VII – Disposizioni transitorie e abrogazioni.
Va tenuto conto che, allo scopo di rendere graduale il passaggio dalla vecchia alla nuova
normativa, il D.P.R. 207/2010 prevede una serie di norme transitorie (art. 357), che dettano i
tempi e i modi di applicabilità delle disposizioni dallo stesso riportate.
La normativa regolamentare in materia di esecuzione dei lavori pubblici non risulta par-
ticolarmente modificata rispetto a quella precedente (D.P.R. 554/1999 e D.P.R. 34/2000); men-
tre il D.P.R. 207/2010 detta norme innovative nella disciplina dei contratti di forniture e servi-
zi, prevedendo in particolare la programmazione degli acquisti, la finanza di progetto nei ser-
vizi e la regolamentazione dettagliata dell’esecuzione nonché la verifica di conformità, neces-
saria a valutare la correttezza nella realizzazione del programma graduale.
Una novità di rilievo introdotta dal nuovo Regolamento e che coinvolge tutti i tipi di contrat-
ti regolati dal Codice è costituita dalle disposizioni relative alla tutela dei lavoratori (artt. 4-6).

Quale provvedimento regolamenta la tracciabilità dei flussi finanziari?


Con L. 13 agosto 2010, n. 136 è stato varato il «Piano straordinario contro le mafie, non-
ché delega al Governo in materia di normativa antimafia».
Tale normativa delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla sua entrata in vigore,
un Codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, mediante la ricogni-
zione e l’aggiornamento delle leggi vigenti in materia, nonché l’adeguamento dell’ordina-
mento interno a quello comunitario.
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 137

A tale delega ha dato attuazione il D.Lgs. 6-9-2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e
delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione an-
timafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n, 136).
Al fine di assicurare la tracciabilità dei flussi finanziari relativi ai lavori, ai servizi e alle
forniture pubblici, il successivo art. 3 prescrive poi l’utilizzo da parte degli appaltatori, dei
subappaltatori e dei subcontraenti interessati, di uno o più conti correnti dedicati, aperti
presso banche o presso Poste Italiane S.p.A., nell’ambito dei quali la generalità delle tran-
sazioni può avvenire anche con strumenti d’incasso e di pagamento diversi dai bonifici ban-
cari o postali, purché idonei a garantire la piena tracciabilità delle operazioni (art. 3, com-
ma 1 come modif. dal D.L. 187/2010, conv. in L. 217/2010).
Gli strumenti di pagamento devono riportare per ogni transazione effettuata dalla stazione
appaltante, dagli appaltatori, dai subappaltatori e dai subcontraenti il Codice identificati-
vo di gara (CIG), attribuito dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e laddove ob-
bligatorio il Codice unico di progetto (CUP).
La stazione appaltante, nei contratti relativi a lavori, servizi e forniture sottoscritti con gli
appaltatori, deve inserire, a pena di nullità assoluta, un’apposita clausola con cui essi assu-
mono gli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari.
Qualora i soggetti esecutori dei contratti di cui sopra accertino l’inadempimento di tale ob-
bligo ne danno immediata comunicazione alla stazione appaltante e alla prefettura.
I contratti di appalto, subappalto e i subcontratti da essi derivanti dovevano essere adegua-
ti alle norme sulla tracciabilità entro il 7 marzo 2011; per i contratti firmati dopo il 7 set-
tembre 2010, invece, le norme sulla tracciabilità sono pienamente operative.
Infine, altra disposizione di particolare rilievo è rappresentata dall’art. 13 della L. 136/2010,
che prescrive l’individuazione a mezzo di apposito D.P.C.M. (si veda il D.P.C.M. 30-6-2011,
in G.U. 29-8-2011, n. 200) delle modalità per l’istituzione di una o più Stazioni Uniche Ap-
paltanti in ciascuna Regione, con lo scopo di garantire la trasparenza, la regolarità e l’eco-
nomicità della gestione dei contratti pubblici e prevenire il rischio di infiltrazioni mafiose.
Il Codice dei contratti interviene sull’argomento all’art. 247 prescrivendo che «restano fer-
me le vigenti disposizioni in materia di prevenzione della delinquenza di stampo mafioso
e di comunicazioni e informazioni antimafia». Anche l’art. 176, comma 8 del D.Lgs.
163/2006 specifica che l’affidamento al contraente generale è soggetto alle verifiche anti-
mafia previste dalla vigente normativa.

6. La competenza legislativa, statale e regionale,


in materia di appalti
Il problema del riparto del potere legislativo in materia di appalti è di-
venuto di notevole portata soprattutto in seguito alla riforma del Titolo V
della Costituzione ed alla previsione, nell’ambito dell’art. 117, di una com-
petenza legislativa residuale in capo alle Regioni.
Nell’ambito del sistema omogeneo di disposizioni relative all’affidamen-
to dei contratti pubblici, delineato dal D.Lgs. 163/2006, si colloca l’art. 4 del
138 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

Codice che traccia gli ambiti di esercizio del potere legislativo rispettiva-
mente statale e regionale, ed individua, inoltre, una serie di ambiti norma-
tivi nei quali le Regioni non possono legiferare. Ed infatti, il legislatore ha
previsto che le Regioni, nel rispetto dell’art. 117, comma 2, Cost., non pos-
sono prevedere una disciplina diversa da quella del Codice, e dunque in con-
trasto con quest’ultimo, in relazione: «alla qualificazione e selezione dei
concorrenti; alle procedure di affidamento, esclusi i profili di organizzazio-
ne amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; al subappalto; ai poteri di
vigilanza sul mercato degli appalti affidati all’Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; alle attività di progettazione
e ai piani di sicurezza; alla stipulazione e all’esecuzione dei contratti, ivi
compresi direzione dell’esecuzione, direzione dei lavori, contabilità e col-
laudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilità amministra-
tive; al contenzioso».

7. Il procedimento di formazione del contratto


(l’evidenza pubblica)
Per poter addivenire alla stipula di un contratto è necessario che la pub-
blica amministrazione segua una determinata e specifica procedura, defini-
ta da regole di ordine pubblico che non possono essere derogate dalle par-
ti, con la quale renda evidenti le ragioni che la inducono a stipulare pro-
prio con un determinato soggetto: la cosiddetta evidenza pubblica.
Si tratta, quindi, di un procedimento che, volto ad attuare il principio
di trasparenza nell’attività amministrativa, è posto a tutela delle impre-
se concorrenti che partecipano ad una gara, affinché sia garantito che l’af-
fidamento del contratto avvenga in favore dell’offerta (effettivamente) più
meritevole all’esito di un confronto concorrenziale tra tutte quelle pre-
sentate.
Il procedimento di formazione del contratto secondo la procedura dell’evi-
denza pubblica si caratterizza per la coesistenza, nella sua struttura, di due
procedimenti aventi ambiti e finalità diverse; uno dei quali, tra le parti, ha
ad oggetto la formazione della volontà secondo le norme privatistiche
(sebbene con qualche variazione), mentre l’altro, costituente un vero e pro-
prio procedimento amministrativo, che si svolge tra l’autorità procedente e
l’autorità di controllo, è finalizzato ad evidenziare le ragioni di pubblico
interesse che inducono la P.A. a contrattare.
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 139

La disciplina del procedimento di evidenza pubblica può essere scom-


posta in quattro fasi principali (artt. 11 e 12, D.Lgs. 163/2006):
1. la cd. deliberazione a contrarre;
2. la scelta del contraente e aggiudicazione del contratto;
3. la stipulazione del contratto;
4. l’approvazione del contratto.

8. Segue: Deliberazione a contrarre e determina-


zione del contenuto del contratto
La realizzazione di qualsiasi negozio da parte della P.A. deve essere pre-
ceduta, secondo quanto già stabilito dalla legge sulla contabilità dello Sta-
to (R.D. 2440/1923), da un provvedimento amministrativo o da analoga
manifestazione di volontà (cd. deliberazione a contrarre) con cui si di-
chiari lo scopo da perseguire ed il modo con cui si intende realizzarlo. Tale
atto costituisce così il presupposto del futuro negozio, che è, perciò, in
rapporto di strumentalità con il detto provvedimento.
In particolare, la delibera a contrarre è l’atto (l’art. 11, comma 2, del
D.Lgs. 163/2006, del Codice espressamente stabilisce che le amministra-
zioni, prima dell’avvio delle procedure di affidamento dei contratti pubbli-
ci, decretano o determinano di contrarre) con il quale la P.A. manifesta la
propria volontà di concludere un contratto, fornisce delle indicazioni
di massima circa la futura procedura e legittima la successiva azione
dell’organo esecutivo che rappresenta l’ente; essa, in particolare, deve
individuare gli elementi essenziali del futuro contratto, la procedura di scel-
ta del contraente che l’amministrazione intende adottare nonché il criterio
da seguire per selezionare l’offerta migliore.
Anche per quanto riguarda i contratti dei Comuni e delle Province, agli
stessi deve preesistere un atto di programmazione dell’ente locale: il legi-
slatore, infatti, ha espressamente previsto che «la stipulazione dei contratti
deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del pro-
cedimento di spesa indicante (art. 192 D.Lgs 267/2000):
a) il fine che con il contratto si intende perseguire;
b) l’oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali;
c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti
in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni e le ragioni che
ne sono alla base».
140 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

Sempre con riferimento ai contratti degli enti locali, si deve segnalare un’importante no-
vità, introdotta dal legislatore con riferimento ai Comuni con meno di 5000 abitanti. L’art.
23, comma 4, D.L. 201/2011, conv. in L. 22-12-2011, n. 214 (cd. «manovra Salva Italia»), mo-
dificando l’art. 33 del Codice dei contratti, ha inibito, infatti, a detti enti di bandire autonoma-
mente gare di appalto, obbligandoli a ricorrere necessariamente a centrali di committenza, me-
diante Unioni di Comuni, ove esistenti, oppure concludendo accordi consortili. Le Unioni o i
consorzi di Comuni (la cui costituzione è resa obbligatoria dalla disposizione in commento) po-
tranno, quindi, optare o per l’adesione alla stazione unica appaltante, ove costituita, oppure ad
una centrale di committenza appositamente costituita. Tale previsione, però, si applica alle gare
bandite successivamente al 31-3-2013, stante quanto disposto dal D.L. 29-12-2011, n. 216, cd.
decreto Milleproroghe, conv. in L. 24-2-2012, n. 14 (art. 29, comma 11ter). Sull’articolo 33
è intervenuto, infine, il D.L. 95/2012 (art. 1, co. 4), che, con finalità di semplificazione e al con-
tempo per garantire il ricorso a strumenti di centralizzazione, ha previsto per i piccoli Comuni
quale adempimento all’obbligo di costituire un’apposita centrale di committenza l’utilizzo de-
gli strumenti elettronici gestiti da Consip o dalla centrale di committenza di riferimento.

Quanto all’organo competente all’adozione di tale atto, non possono es-


servi dubbi sul fatto che, in applicazione del principio della separazione
tra politica ed amministrazione, per i contratti statali, la competenza spet-
ti ai dirigenti generali ovvero agli altri dirigenti amministrativi, in virtù di
quanto stabilito dagli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 165/2001; mentre per i con-
tratti degli enti locali, il legislatore attribuisce ai dirigenti la competenza in
materia di gestione amministrativa, ivi compresa l’assunzione di impegni
di spesa, ed in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai
regolamenti dell’ente, la responsabilità delle procedure d’appalto e di con-
corso (art. 107, comma 3, D.Lgs. 267/2000).

A) Il bando di gara
Sulla base della delibera a contrarre ha luogo il primo vero atto della
procedura di evidenza pubblica, ossia quello della predisposizione e suc-
cessiva pubblicazione del bando di gara, che contiene la disciplina spe-
ciale regolante la singola procedura concorsuale e costituisce, pertanto,
la lex specialis della procedura (unitamente a tutte quelle disposizioni che
in qualche modo regolano i presupposti, lo svolgimento e la conclusione
della gara per la scelta del contraente, in qualsiasi documento contenute).
Ai sensi dell’art. 64 del Codice, infatti, il bando è l’atto con il quale una
stazione appaltante rende nota (ai terzi) l’intenzione di aggiudicare un ap-
palto pubblico o un accordo quadro mediante una specifica procedura, di
istituire un sistema dinamico di acquisizione, oppure di aggiudicare un
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 141

appalto pubblico basato su di un sistema dinamico di acquisizione. In con-


siderazione della particolare importanza del bando di gara, il legislatore ne
ha previsto un contenuto minimo inderogabile, consistente nelle indica-
zioni fissate nell’Allegato IX A del Codice lasciando in ogni caso alla sta-
zione appaltante la possibilità di inserire nello stesso «ogni altra informa-
zione ritenuta utile» ai fini dell’espletamento della gara.
I bandi inoltre sono predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di bandi-tipo approva-
ti dall’Autorità, previo parere del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e devono conte-
nere le cause tassative di esclusione di cui all’art. 46, co. 1, del D.Lgs. 163/2006. Nella deli-
bera a contrarre le stazioni appaltanti devono motivare le eventuali deroghe al bando-tipo.

L’art. 66 del Codice, prevede per il bando, una pubblicazione sovranazio-


nale sulla GUCE ed una pubblicazione in ambito nazionale. In ogni caso, solo
per gli appalti sotto soglia il legislatore, in deroga alla previsione generale,
espressamente ha previsto che non trovano applicazione le norme del Co-
dice che prevedono obblighi di pubblicità e di comunicazione in ambito
sovranazionale (art. 122 per i lavori e art. 124 per servizi e forniture).
Le modalità per la pubblicazione e la raccolta dei bandi e degli avvisi di gara, a nor-
ma dell’art. 7 del D.P.R. 207/2010, devono essere stabilite dall’Autorità e rese note con un
comunicato del suo Presidente, da inserire nel sito informatico dell’Osservatorio.

B) I capitolati
Accanto al bando di gara, il legislatore (art. 5) prevede che le stazioni appaltanti possano
approntare dei capitolati che individuano, più analiticamente, la disciplina tecnica e di det-
taglio dei contratti che si intendono porre in essere. Essi si distinguono in:
a) capitolati generali, che riguardano la generalità dei contratti di un certo tipo (es.: contrat-
ti di appalto di opere pubbliche) e fissano, in via generale, le forme e le condizioni della
stipulazione, nonché le clausole fondamentali comuni a tutti i contratti di quella specie;
b) capitolati speciali, che fissano la disciplina del singolo rapporto concreto.
Per gli appalti di lavori delle amministrazioni aggiudicatici statali, lo stesso art. 5 del Co-
dice prevede che sia adottato, con decreto del Ministero delle infrastrutture (ora Ministero del-
le infrastrutture e dei trasporti), su parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, il capi-
tolato generale che, menzionato nel bando o nell’invito, costituisce parte integrante del suc-
cessivo contratto.
Successivamente alla pubblicazione del bando, tutti i soggetti interessati, in possesso dei
requisiti richiesti, possono presentare la propria offerta.
142 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

9. Segue: Soggetti ammessi a partecipare alle pro-


cedure di affidamento dei contratti pubblici e
presentazione delle offerte
Possono partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pub-
blici (art. 34 del Codice dei contratti):
1) imprese individuali anche artigiane, società commerciali, cooperative (a
proposito di queste ultime, la L. 7-8-97 n. 267 ha fatto cadere il limite
dei 15 soci per l’ammissione agli appalti delle cooperative di produzio-
ne e lavoro);
2) consorzi tra cooperative di produzione e lavoro e tra imprese artigiane;
3) consorzi stabili, in forma di società consortili, tra imprese individuali (an-
che artigiane), società commerciali, cooperative di produzione e lavoro;
4) associazioni temporanee di imprese concorrenti tra i soggetti sopra in-
dicati, purché abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappre-
sentanza ad una capo gruppo;
5) i consorzi di concorrenti ex art. 2602 c.c., costituiti anche in forma so-
cietaria;
6) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di Gruppo europeo di inte-
resse economico (GEIE);
7) operatori economici (imprenditore, fornitore e prestatore di servizi o un
raggruppamento di essi).
Per quanto riguarda l’offerta, l’art. 11, comma 6, del Codice dei con-
tratti espressamente stabilisce che ciascun concorrente non può presen-
tare più di un’offerta. In tale prospettiva, inoltre, viene sanzionata con
l’esclusione dei concorrenti dalla procedura:
— sia l’ipotesi di partecipazione ad una gara di concorrenti che si trovino
in posizione di controllo tra loro, ai sensi dell’art. 2359 c.c.;
— sia l’ipotesi in cui risulti, sulla base di «univoci elementi» che gli stes-
si abbiano presentato offerte, formalmente autonome, ma sostanzial-
mente imputabili ad un unico centro decisionale (art. 34, comma 2).
Quanto alle modalità di presentazione della stessa, l’art. 74 del Codice
riconosce all’operatore economico, in possesso dei requisiti richiesti dal ban-
do, la possibilità di presentare la propria offerta anche per via elettronica: l’of-
ferta, infatti, può assumere la forma di un documento cartaceo o elettronico e
deve recare, rispettivamente, la sottoscrizione con firma manuale o digitale.
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 143

Una questione di rilievo è quella relativa alla presentazione di offerte


anomale ed alla possibilità dell’amministrazione di escludere le stesse dal-
la procedura concorsuale senza verificarle.

Cosa s’intende con l’espressione offerta anomala?


Il Codice dei contratti non contiene una definizione dell’offerta anomala, ma con tale espres-
sione si intende fare riferimento a quelle offerte che presentano un ribasso talmente ec-
cessivo rispetto all’oggetto del contratto (natura dei lavori, del servizio o della fornitura)
da far dubitare dell’affidabilità delle stesse.

Nel fissare i termini per la ricezione delle offerte e delle domande di partecipazione, le sta-
zioni appaltanti tengono conto della complessità della prestazione oggetto del contratto e del
tempo ordinariamente necessario per preparare le offerte.

10. Segue: La scelta del contraente, le procedure di


scelta e l’aggiudicazione del contratto
Alla presentazione delle offerte segue lo svolgimento della gara, dal
cui esito verrà individuata l’offerta migliore.
Alla scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’ammini-
strazione, si perviene all’esito di una specifica procedura. Le procedure di
aggiudicazione dei contratti rappresentano le modalità con cui si realizza-
no i precetti costituzionali di buon andamento ed imparzialità, che sono
i parametri che devono indirizzare tutta l’attività amministrativa. Nel setto-
re dei contratti pubblici, pertanto, la scelta del contraente deve avvenire se-
condo criteri oggettivi e regole procedurali definite che devono consentire
di verificare ex post la trasparenza della scelta compiuta dall’amministra-
zione aggiudicatrice.

A) Le procedure di scelta previste dal R.D. 2440/1923 e dal R.D. 827/1924


Prima del Codice dei contratti, le modalità di scelta del contraente erano sostanzialmente
individuate dalle norme in materia di contabilità dello Stato (R.D. 2440/1923 e regolamento
R.D. 827/1924):
— l’asta pubblica o il pubblico incanto: è il sistema che la legge sulla contabilità dello Stato
(R.D. 2440/1923) prevede come normale nella scelta del contraente per i contratti pubblici;
— la licitazione privata: consiste ugualmente in una gara che, però, non è aperta a chiunque
vi abbia interesse e possegga i requisiti necessari, ma soltanto a coloro che siano stati in-
vitati dalla P.A., dopo una valutazione seria ed imparziale, a partecipare.
144 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

L’Amministrazione cioè procede, sulla base delle proprie conoscenze, a invitare un certo
numero di ditte a partecipare alla gara, comunicando loro l’oggetto del contratto da stipu-
lare, le modalità accessorie e le forme di offerta;
— la trattativa privata (che è del tutto straordinaria): la P.A., dopo aver interpellato (sepa-
ratamente e riservatamente) più ditte o persone ed aver raccolto le diverse offerte, sceglie
quella ritenuta più vantaggiosa e tratta con la ditta relativa affidando ad essa i lavori o le
forniture previa stipulazione del contratto. Il sistema della trattativa privata, quindi, non
consiste nel trattare con una sola persona (anche se ciò può verificarsi), ma nello sceglier-
ne una dopo aver trattato con diverse;
— l’appalto concorso. Quando si adotta la forma dell’appalto-concorso, l’amministrazione
predispone soltanto un progetto preliminare, sulla base del quale invita i concorrenti che
partecipano alla gara a presentare il progetto esecutivo dell’opera, nonché le condizioni
alle quali sono disposti ad eseguire il contratto.
Le suddette procedure, ripetiamo, continuano ad applicarsi per i contratti attivi della P.A.
(ad esempio l’alienazione di immobili pubblici).

B) Le procedure di scelta previste dal Codice dei contratti


Il D.Lgs 163/2006 ha introdotto una serie di novità riguardanti le moda-
lità di svolgimento della gara in parte consistenti in una rinominazione di
quelle vecchie, mediante l’utilizzo della terminologia utilizzata a livello co-
munitario, ed in parte introducendone alcune assolutamente nuove.
L’art. 54 del Codice individua le seguenti procedure di scelta:
— procedure aperte: sono quelle procedure in cui ogni operatore econo-
mico interessato può presentare un’offerta;
— procedure ristrette: sono quelle in cui ogni operatore economico può
chiedere di partecipare (presentando una richiesta di invito) ed in cui
possono presentare un’offerta solo gli operatori invitati dalle stazioni
appaltanti;
— procedure negoziate, con o senza la previa pubblicazione di un ban-
do: sono quelle procedure in cui le stazioni appaltanti consultano gli
operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le
condizioni del contratto;
— dialogo competitivo: è quella procedura applicabile nei casi di appalti
particolarmente complessi. Con essa l’amministrazione aggiudicatrice
avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura, al fine di ela-
borare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue necessità e sulla base
della quale o delle quali i candidati selezionati saranno invitati a presen-
tare le offerte. Qualsiasi operatore può chiedere di partecipare.
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 145

Accanto a tali modalità, il Codice ne introduce anche altre assolutamen-


te nuove per il nostro ordinamento e tutte di matrice comunitaria. Oltre al
dialogo competitivo (art. 58 del Codice), gli artt. 59 e 60 del D.Lgs. 163/2006
disciplinano rispettivamente: gli accordi quadro ed i sistemi dinamici di
acquisizione.
L’accordo quadro assicura una maggiore flessibilità negli appalti, consentendo alla stazio-
ne appaltante di rimandare l’individuazione o l’aggiornamento di alcuni elementi del con-
tratto ad un momento successivo rispetto a quello della sua conclusione. Esso è definito come
un accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici il
cui scopo è quello di stabilire clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato
periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, eventualmente, le quantità previste
(art. 3, comma 13, del Codice). L’art. 59 del Codice, che estende l’istituto ai settori ordinari, pre-
vede l’espletamento di una gara al fine di individuare i soggetti partecipanti all’accordo quadro,
i quali saranno i soli che potranno aggiudicarsi i successivi appalti basati sull’accordo stesso.
Il sistema dinamico di acquisizione è una particolare modalità di scelta del contraente che
consente la gestione on-line dell’intera procedura di aggiudicazione per l’approvvigionamen-
to di beni e servizi. Esso è un processo di acquisizione interamente elettronico, per acqui-
sti di uso corrente, le cui caratteristiche generalmente disponibili sul mercato soddisfano
le esigenze della stazione appaltante, limitato nel tempo ed aperto per tutta la sua durata
a qualsivoglia operatore economico che soddisfi i criteri di selezione e che abbia presen-
tato un’offerta indicativa conforme al capitolato d’oneri (art. 3, comma 14, del Codice).
Una particolare menzione deve poi essere fatta all’asta elettronica che il legislatore de-
finisce come «un processo per fasi successive basato su un dispositivo elettronico di presenta-
zione di nuovi prezzi, modificati al ribasso, o di nuovi valori riguardanti taluni elementi delle
offerte, che interviene dopo una prima valutazione completa delle offerte permettendo che la
loro classificazione possa essere effettuata sulla base di un trattamento automatico» (art. 3,
comma 15 del Codice). Tale meccanismo di selezione delle offerte consente, quindi, di con-
centrare le relative operazioni, modificando l’importo delle stesse in tempo reale. Esso non può
essere utilizzato per l’affidamento di appalti aventi ad oggetto prestazioni intellettuali.
Il D.P.R. 207/2010 disciplina l’asta elettronica per ciò che concerne i lavori all’art. 122
e in relazione ai servizi e alle forniture agli artt. 288 e ss.

C) I criteri di aggiudicazione e l’aggiudicazione del contratto


Un momento importante della procedura è quello consistente nella scel-
ta del criterio in base al quale individuare l’offerta migliore, in quanto
tramite i criteri di aggiudicazione si concretizza il principio di concorrenza
negli appalti.
I criteri di aggiudicazione sono individuati all’art. 81, comma 1, del
Codice e sono: il criterio del prezzo più basso ed il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa. Il legislatore ha stabilito una piena equi-
146 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

valenza fra i detti criteri, tale che il potere di scelta fra gli stessi viene ri-
messo alla discrezionalità dell’amministrazione, e ne ha sancito l’applica-
bilità indistinta a tutti i tipi di contratti, lavori, servizi o forniture. La stazio-
ne appaltante deve indicare il criterio scelto nel bando di gara e da questo
poi non può più discostarsi.
La fase di scelta del contraente termina con l’aggiudicazione dell’appal-
to. Dapprima si procede all’aggiudicazione provvisoria della gara al miglior
offerente e, solo a seguito dei controlli opportuni e dell’approvazione dell’or-
gano competente dell’amministrazione pubblica, si formalizza l’aggiudica-
zione definitiva. Tale aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’of-
ferta, ed è subordinata alla verifica del possesso dei requisiti prescritti in capo
all’aggiudicatario; solo in caso di esito positivo, essa diviene efficace.
L’atto di aggiudicazione definitiva va tempestivamente comunicato ai
controinteressati, per consentire loro l’eventuale impugnazione. A tal fine,
il D.Lgs. 53/2010 disciplina tutte le comunicazioni che la P.A. è tenuta ad
effettuare nella procedura d’appalto.

11. Segue: La stipula del contratto


Fatti salvi i poteri di autotutela dell’amministrazione, la stipula del con-
tratto deve avvenire nel termine stabilito dal legislatore: entro 60 gg. dall’ag-
giudicazione definitiva ma non prima di 35 gg. dall’invio dell’ultima delle co-
municazioni del provvedimento di aggiudicazione (cd. stand still period) ai
sensi dell’art. 79 (art. 11 D.Lgs. 163/2006 come modificato dal D.Lgs. 53/2010).
Ai sensi del comma 10bis dell’art. 11 D.Lgs. 163/2006, novellato dall’art. 1 D.Lgs. 53/2010
e dall’art. 11 del D.L. 52/2012, conv. in L. 94/2012, il termine dilatorio di 35 giorni per la
stipulazione del contratto non si applica nei seguenti casi:
a) se, a seguito di pubblicazione di bando o avviso con cui si indice una gara o inoltro degli
inviti nel rispetto del Codice dei contratti pubblici, è stata presentata o è stata ammessa
una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o del-
la lettera di invito o queste impugnazioni risultano già respinte con decisione definitiva;
b) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro di cui all’articolo 59 e in caso di ap-
palti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all’articolo 60 nel caso
di acquisto effettuato attraverso il mercato elettronico della P.A. disciplinato dall’art. 328
del D.P.R. 207/2010.

La stipulazione ai sensi dell’art. 11, comma 13, del Codice dei con-
tratti, è la redazione per iscritto del contratto, che, appunto, deve essere
stipulato mediante atto pubblico notarile o attraverso forma pubblica am-
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 147

ministrativa a cura dell’ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudica-


trice, ovvero mediante scrittura privata, nonché in forma elettronica secon-
do le norme vigenti per ciascuna delle stazioni appaltanti.
Il contratto stipulato è sottoposto alla condizione sospensiva dell’esito
positivo dell’eventuale approvazione dello stesso e degli altri controlli sta-
biliti dalle stazioni appaltanti.
L’approvazione è una condicio iuris di efficacia del contratto.

12. Segue: L’approvazione e il controllo del con-


tratto
L’approvazione è il momento necessario affinché il contratto possa
esplicare i suoi effetti, al termine di un controllo di regolarità amministra-
tiva e contabile.
Il contratto stipulato, infatti, è soggetto all’eventuale approvazione da par-
te dell’organo competente, nel termine stabilito nei singoli ordinamenti del-
le specifiche stazioni appaltanti ovvero in quello di 30 giorni stabilito ex lege,
decorrenti dal ricevimento dello stesso: tale termine può essere interrotto qua-
lora l’amministrazione chieda chiarimenti e/o documenti. Decorsi i detti ter-
mini il contratto si intende approvato (art. 12, comma 2, del Codice).
Il legislatore ha poi disciplinato anche la fase dei controlli che possono
essere effettuati sull’atto di approvazione del contratto. L’art. 12, comma 3,
del Codice, infatti prevede che l’approvazione possa essere, a sua volta, og-
getto degli eventuali controlli previsti dagli ordinamenti delle diverse sta-
zioni appaltanti, nel termine ivi stabilito ovvero in quello di 30 giorni fissa-
to ex lege decorrenti dal ricevimento del contratto appaltato. Anche in tale
fase è possibile che il detto termine venga interrotto per la richiesta di ulte-
riori chiarimenti e/o documenti da parte dell’amministrazione. L’organo di
controllo si pronuncia entro 30 giorni dal ricevimento degli stessi. Decorsi
i termini il contratto diviene efficace.
L’approvazione ha un effetto retroattivo in quanto, anche se interviene
in una fase successiva, rende comunque possibile l’esplicazione degli effet-
ti del contratto sin dal momento della sua stipula.

13. Procedure in economia


Se il contratto costituisce il mezzo normale mediante il quale lo Stato ad-
diviene agli acquisti, alle vendite, ai lavori di cui abbisogna, la legge di con-
148 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

tabilità (R.D. 2440/1923) consente che la P.A. provveda, in determinate cir-


costanze, ad assicurare direttamente i suoi servizi mediante propri organi.
Incaricato è, di regola, un funzionario cui viene affidato il compito di prov-
vedere «in economia» ad una determinata necessità disponendo per l’impegno
e scegliendo il privato senza alcuna delle formalità precedentemente contem-
plate. Questo sistema riposa sulla lealtà e onestà del funzionario il quale, pur
avendo libertà di azione, deve adottare, pena la sua personale responsabilità,
tutti quegli accorgimenti idonei a garantire le migliori condizioni per la P.A.
Vantaggi di tale metodo sono la snellezza della procedura e la tempesti-
vità nella esecuzione del servizio e nel relativo pagamento.
Le procedure in economia sono consentite fino al limite di importo di (art. 125 Codice dei
contratti pubblici):
— 200.000 euro per i lavori (comma 5);
— 130.000 euro per gli appalti pubblici di forniture e servizi in cui le amministrazioni aggiu-
dicatrici sono autorità govenative centrali (Ministeri, Consip);
— 200.000 euro per gli appalti pubblici di forniture e servizi in cui le amministrazioni aggiu-
dicatrici non sono autorità governative centrali (comma 9).

Esse possono essere effettuate mediante:


— amministrazione diretta (le acquisizioni sono effettuate con materiali
e mezzi propri o appositamente noleggiati e con personale proprio);
— cottimo fiduciario (le acquisizioni di beni e servizi avvengono median-
te affidamento a persone o imprese).

14. I contratti pubblici relativi ai lavori


Ai sensi dell’art. 2 comma 1 del Codice dei contratti l’affidamento e
l’esecuzione di opere e lavori pubblici devono garantire la qualità dell’ope-
ra e il rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, e corret-
tezza. L’affidamento dei lavori pubblici deve altresì rispettare i principi di
parità, non discriminazione, trasparenza e pubblicità.
Il Codice, inoltre, art. 3 comma 8, definisce i lavori pubblici come le at-
tività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e ma-
nutenzione di opere.
Il D.Lgs. 163/2006 prevede norme specifiche riguardanti la programmazione, la direzio-
ne e l’esecuzione dei lavori pubblici. In particolare:
— l’art. 128 impone a tutte le amministrazioni aggiudicatrici una programma triennale dei
lavori pubblici di importo superiore ai 100.000 euro, con l’indicazione delle priorità e dei
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 149

mezzi finanziari a disposizione, basata su appositi studi di fattibilità. Tale programma-


zione triennale trova la sua attuazione nell’elenco dei lavori pubblici da realizzare nell’an-
no. Il D.P.R. 207/2010 raccoglie le disposizioni riguardanti la programmazione dei lavo-
ri pubblici agli artt. 11 e 13;
— l’esecutore dei lavori, oltre alle garanzie generiche previste dall’art. 75, deve stipulare una
polizza assicurativa che «tenga indenni le stazioni appaltanti da tutti i rischi di esecuzione
da qualsiasi causa determinati» (art. 129). Nel nuovo Regolamento le garanzie sono disci-
plinate dagli artt. 123-128 e il sistema di garanzia globale di esecuzione dagli artt. 129-136;
— tutte le amministrazioni aggiudicatrici per l’esecuzione di lavori pubblici affidati in appal-
to devono istituire un ufficio di direzione dei lavori costituito da un direttore dei lavori
ed eventualmente da assistenti (art. 130);
— l’art. 133 del Codice ribadisce il divieto di revisione dei prezzi e la non applicabilità del
comma 1 dell’art. 1664 c.c. per i lavori pubblici, di conseguenza è applicato il cosiddetto
prezzo chiuso, ovvero il prezzo dei lavori ridotto del ribasso d’asta e aumentato di una
percentuale fissa stabilita di volta in volta con D.M., nel caso in cui lo scostamento del
rapporto tra tasso di inflazione reale e quello programmato sia superiore al 2% dell’im-
porto dei lavori previsti per quell’anno;
— per tutti i lavori pubblici va redatto un certificato di collaudo, secondo le specifiche con-
tenute nell’art. 141; per i soli lavori inferiori a 500 mila euro il certificato di collaudo può
essere sostituito con il certificato di regolare esecuzione.

L’art. 53 del Codice dei contratti pubblici afferma espressamente che


(con l’eccezione dei contratti di sponsorizzazione e dei lavori eseguiti in
economia) i lavori pubblici possono essere realizzati esclusivamente me-
diante contratti di appalto o di concessione.
L’art. 38 del Codice elenca i requisiti generali, che si traducono in al-
trettante cause di esclusione, che i soggetti devono possedere per poter par-
tecipare alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di
lavori pubblici.
Accanto ai requisiti di ordine generale e di moralità professionale e che
tutti i concorrenti devono possedere per garantire la corretta esecuzione dell’ope-
ra (ma anche del servizio o della fornitura), il Codice dei contratti fissa, all’art.
39, i requisiti di ordine professionale. Essi hanno carattere facoltativo, nel
senso che possono o meno essere chiesti a scelta delle stazioni appaltanti, a
meno che non si tratti di autorizzazioni o abilitazioni obbligatorie per legge.
Per ciò che concerne le procedure di scelta del contraente si veda quan-
to detto in precedenza.
L’articolo 40 del D.Lgs. 163/2006, ribadendo che l’esecuzione dei con-
tratti di lavori pubblici può essere affidata soltanto a imprese qualificate, ri-
manda al regolamento il compito di disciplinare il sistema di qualificazio-
ne; infatti, il D.P.R. 207/2010 agli articoli 60-104 regola la materia.
150 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

L’art. 357 del D.P.R. 207/2010 contiene una complessa disciplina transitoria in relazione al
sistema di qualificazione delle imprese; infatti il D.L. 16-6-2012, n. 73, convertito in L. 23-7-
2012, n. 119, ha stabilito la proroga dell’entrata in vigore delle norme che regolano la qualifi-
cazione delle imprese di 180 giorni (in pratica al 5 dicembre 2012). L’Autorità in proposito ha
chiarito che ai contratti di qualificazione sottoscritti fino all’entrata in vigore del D.P.R. 207/2010
si applica la disciplina recata dal D.P.R. 34/2000.

L’art. 60, comma 2, D.P.R. 207/2010 ribadisce che la qualificazione è ob-


bligatoria per eseguire lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro.
Le imprese sono qualificate per categorie di opere generali, per cate-
gorie di opere specializzate, per prestazioni di sola costruzione e per pre-
stazioni di progettazione e costruzione, e classificate, nell’ambito delle ca-
tegorie loro attribuite, secondo determinati importi.
Le categorie sono specificate nell’allegato A del Regolamento; le clas-
sifiche sono stabilite secondo i livelli di importo in base all’art. 61, com-
ma 4, del Regolamento medesimo.
Per poter essere qualificate le imprese devono possedere il sistema
di qualità aziendale conforme alle norme europee della serie UNI EN
ISO 9000, a esclusione delle classifiche I e II. La certificazione del sistema
di qualità aziendale è riferita agli aspetti gestionali dell’impresa nel suo com-
plesso, con riferimento alla globalità delle categorie e delle classifiche. Il
possesso della certificazione di qualità aziendale, rilasciata da soggetti ac-
creditati, è attestato dagli organismi di attestazione (Società Organismi di
Attestazione, nel seguito: «SOA»), che devono verificarne la regolarità me-
diante il collegamento informatico con gli elenchi ufficiali tenuti dagli enti
partecipanti all’European cooperation for accreditation (EA).
Un’altra importante questione legata al tema della qualificazione delle imprese è quella
dell’avvalimento. Il par. 2 art. 47 della Direttiva 18/2004 stabilisce che un operatore econo-
mico può, per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a pre-
scindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, purché dimostri la disponibi-
lità dei relativi mezzi. Norma speculare è dettata, per i requisiti di capacità economico-finan-
ziaria, dall’art. 48, par. 3, Direttiva 18/2004. Il Codice dei contratti regola l’avvalimento in fase
di gara (art. 49) e l’avvalimento ai fini dell’attestazione SOA (art. 50).

A) L’appalto di lavori pubblici


Fra le figure contrattuali più importanti, sia per la frequenza con cui la
P.A. ricorre ad esso sia per la mole di provvedimenti normativi e giurispru-
denziali che di esso si occupano, assume particolare rilevanza il contratto
d’appalto.
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 151

Vale, per questa particolare tipologia, il discorso già fatto a proposito


degli altri contratti conclusi dalle pubbliche amministrazioni, per cui esso
risulta regolato, in via principale, dal diritto privato (artt. 1655-1677 c.c.),
fatta salva la copiosa produzione normativa (di natura speciale e per ciò stes-
so derogatoria alla disciplina generale privatistica) di diritto pubblico.
Il codice civile definisce l’appalto come «il contratto con il quale una par-
te assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio
rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in
denaro». Le ulteriori norme che il codice civile (artt. 1655-1677) detta in ma-
teria, trovano applicazione per quanto già più volte detto, nel caso di appal-
to di opere pubbliche, solo se non siano in contrasto con la normativa spe-
ciale di carattere pubblicistico (carattere desumibile dall’attribuzione alla
P.A. di una posizione predominante nell’ambito del rapporto giuridico).
Negli appalti relativi ai lavori, il contratto può avere ad oggetto (art. 53,
comma 2, D.Lgs. 163/2006):
a) la sola esecuzione;
b) la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori sulla base del proget-
to definitivo dell’amministrazione aggiudicatrice (cosiddetto appalto
integrato);
c) previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, la proget-
tazione esecutiva e l’esecuzione di lavori sulla base del progetto preli-
minare dell’amministrazione aggiudicatrice. Lo svolgimento della gara
è effettuato sulla base di un progetto preliminare, nonché di un capito-
lato prestazionale corredato dall’indicazione delle prescrizioni, delle
condizioni e dei requisiti tecnici inderogabili. L’offerta ha ad oggetto il
progetto definitivo e il prezzo.
L’art. 53, comma 4, stabilisce che in linea generale il contratto di ap-
palto sia stipulato a corpo per appalti di sola esecuzione e appalti di pro-
gettazione ed esecuzione; mentre è consentita la possibilità di stipulare
contratti a misura per appalti di sola esecuzione di importo inferiore a
500.000 euro e appalti riguardanti lavori di manutenzione, restauro, scavo
archeologico, opere in sotterraneo e di consolidamento di terreni.

B) La concessione di lavori pubblici


La concessione di lavori pubblici è definita (art. 3, comma 11 Codice dei
contratti pubblici) come un contratto a titolo oneroso, concluso in forma
152 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

scritta, avente ad oggetto l’esecuzione, ovvero la progettazione esecutiva e


l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva
e l’esecuzione di lavori pubblici, nonché la loro gestione funzionale ed eco-
nomica, che presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di la-
vori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamen-
te nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo.
La gestione funzionale ed economica può inoltre riguardare, anche in via
anticipata, opere o parti di opere strettamente connesse a quelle oggetto del-
la concessione e da includere nella stessa.
I presupposti e le condizioni di base che determinano l’equilibrio eco-
nomico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione vanno ri-
chiamati nelle premesse e costituiscono parte integrante del contratto.
La controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente
nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i la-
vori realizzati.
Se necessario per assicurare al concessionario l’equilibrio economico-
finanziario degli investimenti e della gestione, il soggetto concedente (la
P.A.) può provvedere di corrispondere un prezzo, stabilito in sede di gara
(può trattarsi di un finanziamento o della cessione di immobili).
Per l’affidamento della concessione l’amministrazione deve:
— redigere un progetto preliminare (corredato dalle indagini geologiche, geotecniche, idro-
logiche e sismiche);
— predisporre un piano economico-finanziario al fine di determinare il grado di copertura
economica e finanziaria degli oneri derivanti dall’intervento infrastrutturale ed il futuro
reddito per il soggetto che gestirà l’opera (il concessionario);
— ricorrere ad una delle procedure di cui all’art. 144 del Codice dei contratti pubblici, aper-
ta o ristretta, utilizzando esclusivamente il criterio dell’offerta economicamente più van-
taggiosa. Qualunque sia la procedura adottata, le stazioni appaltanti devono pubblicare
un bando, senza tuttavia l’obbligo di applicazione di specifiche procedure di gara.
A base di gara sono posti il progetto preliminare e le indagini geologiche, e l’offerta ha
ad oggetto le varianti al progetto preliminare nonché i seguenti parametri: il prezzo (il finan-
ziamento del soggetto concedente), il valore tecnico ed estetico dell’opera, il tempo di esecu-
zione, il rendimento, la durata della concessione, le modalità di gestione, il livello ed i criteri
di aggiornamento delle tariffe praticate agli utenti; altri elementi.
Le priorità fra i suddetti parametri devono essere indicate nel bando di gara. La valutazio-
ne è affidata ad una commissione giudicatrice.
Qualsiasi variazione nei presupposti che determinano l’equilibrio economico-finanziario
degli investimenti e della gestione (presupposti che costituiscono parte integrante del contrat-
to) comporta la revisione delle condizioni della concessione.
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 153

Che cos’è il project financing?


Il project financing è una tecnica di finanziamento, sviluppatasi nei paesi anglosassoni, che per-
mette a operatori privati di realizzare opere pubbliche in concessione, ottenendone in cambio la
gestione per un certo numero di anni. Introdotta nel nostro ordinamento dalla L. 415/1998 (cd.
Merloni-ter) e successivamente recepita dal Codice dei contratti (art. 153), la disciplina del project
financing è stata profondamente modificata dal D.Lgs. 152/2008 (cd. terzo correttivo al Codice
dei contratti), in particolare per ciò che riguarda le modalità di scelta del privato cui affidare la
concessione. Da ultimo l’articolo è stato sostituito dal D.L. 1/2012, conv. dalla L. 27/2012.
L’art. 153, nella nuova formulazione, dispone che per la realizzazione di lavori pubblici
o di pubblica utilità, inclusi quelli relativi alle strutture dedicate alla nautica da diporto,
finanziabili totalmente o parzialmente con capitali privati e inseriti nella programmazione
triennale predisposta dalle amministrazioni aggiudicatrici ai sensi dell’art. 128, tali ammi-
nistrazioni possano, in alternativa all’affidamento mediante concessione previsto dall’art.
143, affidare una concessione ponendo a base di gara uno studio di fattibilità e pubblican-
do un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse
totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti.

15. I contratti pubblici relativi alle forniture e ai


servizi
A) I contratti pubblici relativi alle forniture
Le disposizioni contenute nel Codice si applicano sia ai contratti di for-
niture di rilevanza comunitaria sia a quelli infracomunitari (sotto soglia).
L’art. 3, co. 9, definisce con precisione la nozione di «appalti pubblici
di forniture»: sono appalti pubblici diversi da quelli di lavori o di servizi,
aventi per oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l’ac-
quisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti.
L’art. 28 individua la soglia oltre la quale si applicheranno gli artt. 28-
120 (contratti di rilevanza comunitaria): 130.000 euro, per gli appalti pub-
blici di forniture aggiudicati dalle autorità governative centrali; 200.000
euro, per gli appalti pubblici di forniture aggiudicati da stazioni appaltanti
diverse da quelle precedenti.
L’art. 41 del Codice stabilisce che i prestatori di forniture, ma anche di
servizi, devono dimostrare la capacità economica e finanziaria con dichia-
razioni di almeno due istituti bancari autorizzati ai sensi del D.Lgs. 358/1995;
bilanci o estratti di bilanci oppure dichiarazione sottoscritta ex D.P.R. 445/2000.
L’art. 42 elenca, invece, i modi in cui negli appalti di forniture, e servi-
zi, i concorrenti possono dimostrare le capacità tecniche e professionali.
154 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

La stazione appaltante deve precisare nel bando di gara o nella lettera d’invito, quale dei
documenti sopra elencati e quali requisiti devono essere presentati o dimostrati. I requisiti pos-
sono essere dimostrati in sede di gara mediante dichiarazione sottoscritta. Il concorrente che
si aggiudica la gara è richiesta la documentazione probatoria, per confermare quanto dichiara-
to in sede di gara.

I contratti di forniture sotto soglia sono disciplinati dall’art. 124 che,


rispetto alla disciplina dettata per gli appalti sopra soglia, opera una sensibi-
le riduzione di tempi e una semplificazione di pubblicità, che non è prevista
in ambito sovranazionale. I bandi sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana, sul sito informatico dell’Osservatorio, del Mini-
stero delle infrastrutture e dei trasporti e nell’albo della stazione appaltante.

B) I contratti relativi ai servizi


Il Codice dei contratti pubblici (art. 3, comma 10) definisce gli appalti
pubblici di servizi come gli appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici
di lavori o di forniture, aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui
agli allegati II A e II B.
Il primo allegato comprende una serie di servizi definiti prioritari (ma-
nutenzione e riparazione, telecomunicazione etc.), per i quali si applicano
tutte le procedure previste dal Codice; nell’allegato II B sono invece elen-
cate 11 attività residuali (servizi di trasporto per ferrovia, servizi di collo-
camento e reperimento del personale etc.) alle quali si applicano solo le di-
sposizioni relative alle specifiche tecniche e all’avviso dell’avvenuta aggiu-
dicazione.
In presenza di appalti misti — di servizi e di lavori — si dà prevalenza
ai servizi se il contratto prevede i lavori solo a titolo accessorio rispetto
all’oggetto principale (art. 14).
Il Codice prevede le procedure di aggiudicazione già viste per gli appal-
ti di lavori e forniture ovvero procedure aperte, ristrette, negoziate, dialo-
go competitivo e accordo quadro.
Valgono inoltre le norme contenute nell’art. 38, quelle degli artt. 41 e 42
e quelle dell’art. 39 con la specificazione che se si tratta di un cittadino di
uno Stato membro non residente in Italia, può essergli richiesto di provare
la sua iscrizione, secondo le modalità vigenti nello Stato di residenza, in uno
dei registri professionali o commerciali di cui all’allegato XI C per gli ap-
palti pubblici di servizi, mediante dichiarazione giurata o secondo le moda-
lità vigenti nello Stato membro nel quale è stabilito.
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 155

Per i contratti di servizi sotto soglia, vale la disciplina prevista per quel-
li di forniture.
La pubblicazione dei bandi — il cui testo deve avere una lunghezza limitata — deve es-
sere effettuata in G.U., su due quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore
diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti (art. 66 Codice dei contratti pubblici).

In recepimento della direttiva 2004/18/CE, l’art. 30 del Codice dei con-


tratti pubblici prevede l’istituto della concessione di servizi, che si differen-
zia dall’appalto di servizi sotto due aspetti:
a) il servizio non è necessariamente prestato a favore di un’ammini-
strazione aggiudicatrice, potendo essere prestato anche a favore della
collettività (es.: trasporto su strada, servizio idrico, etc.);
b) le remunerazione del concessionario non è un prezzo, bensì il diritto
di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio.
L’affidamento di servizi attinenti all’ingegneria ed all’architettura av-
viene sulla base delle norme dettate dal Capo IV (artt. 90-112) del Codice,
concernenti la progettazione interna ed esterna e i concorsi di progettazio-
ne. Si ricorre a questi ultimi quando l’amministrazione ha la necessità di in-
dividuare non il miglior progettista, ma il miglior progetto tra i diversi ela-
borati presentati.

Quali sono le principali novità recate dal D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207
ai contratti relativi ai servizi e alle forniture?
Nell’ambito delle procedure aventi ad oggetto le forniture di beni e servizi, gli elementi più
significativi recati dal regolamento di esecuzione e attuazione del Codice dei contratti pos-
sono essere così schematizzarsi:
a) l’introduzione di una disciplina della programmazione degli appalti di forniture e
di servizi sulla falsariga di quella prevista per gli appalti di lavori, al fine di garantire
anche in tale settore una razionale ed adeguata organizzazione delle attività (art. 271);
b) gli artt. 272 e seguenti del D.P.R. 207/2010 disciplinano analiticamente i compiti e
le attività del responsabile del procedimento.
Il nuovo Regolamento ha, altresì, previsto la figura del responsabile del procedimen-
to anche nelle ipotesi di acquisto di beni e servizi tramite centrali di committenza,
accentuando in tale fattispecie i compiti di cura controllo e vigilanza nella fase di ese-
cuzione contrattuale, di collaudo e verifica della conformità delle prestazioni;
c) con il D.P.R. 207/2010 entra in vigore il nuovo sistema di affidamento del «dialogo
competitivo» che consentirà alle Amministrazioni, in caso di appalti particolarmente
complessi, di confrontarsi con gli operatori economici per individuare, con l’apporto
del mondo imprenditoriale, soluzioni in grado di soddisfare le esigenze della P.A.;
156 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

d) nel provvedimento, inoltre, sono stabiliti anche i presupposti, le condizioni e le moda-


lità di svolgimento dell’asta elettronica. Nell’ambito dell’e-procurement è stata pre-
vista una procedura interamente gestita con sistemi telematici — ivi compreso il mer-
cato elettronico per gli acquisti d’importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario;
e) nel settore dei servizi è stata introdotta, in modo inedito, la disciplina della finanza di
progetto, che si avvale di procedure semplificate rispetto a quelle previste per i lavo-
ri, la quale consentirà di attirare risorse private per la prestazione di servizi pubblici.
Infine, il D.P.R. 207/2010 definisce la disciplina attuativa applicabile agli enti operanti
nell’ambito dei settori speciali, diretta ad uniformare l’attività negoziale degli enti aggiu-
dicatori ad una serie di vincoli che, da un lato, garantiscano i principi di trasparenza, con-
correnza, non discriminazione e, dall’altro, preservino i necessari margini di flessibilità.

16. Gli appalti nei settori speciali


Le direttive comunitarie, n. 71/305, in tema di appalti di lavori pubbli-
ci, e n. 77/62, in tema di appalti di forniture, escludevano dai rispettivi cam-
pi oggettivi di applicazione determinati settori: servizi di trasporto, distri-
buzione di acqua, servizi di telecomunicazioni. Tali servizi, proprio perché
non compresi in tali direttive, prendevano il nome di «settori esclusi».
In materia è poi intervenuta la direttiva 2004/17/CE (31 marzo 2004),
in sostituzione della disciplina prevista dalla direttiva 93/38/CE. Ai sensi
della legge 62/2005 (legge comunitaria 2004), che delegava il Governo ad
emanare uno o più decreti legislativi per la sua attuazione, essa è stata re-
cepita dal Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture (parte III,
artt. 206-238). L’art. 3 del D.Lgs. 163/2006 al comma 5 definisce i «settori
speciali» dei contratti pubblici come i settori del gas, energia termica, elett-
tricità, acqua, servizi postali, sfruttamento di area geografica.
Il D.P.R. 207/2010 dedica ai contratti pubblici di cui si tratta in questo
paragrafo la Parte V. Il titolo I disciplina i contratti di rilevanza comunita-
ria (artt. 399 e 340); il titolo II disciplina, invece, i contratti sotto soglia (art.
341); il titolo III si occupa degli organi del procedimento e programmazio-
ne per i contratti nei settori speciali sia sotto sia sopra soglia comunitaria.
Sono interessati alle nuove disposizioni del Codice dei contratti pubblici, parte III:
a) le amministrazioni aggiudicatrici o le imprese pubbliche che svolgono attività nei set-
tori speciali (gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamen-
to di area geografica);
b) i soggetti che, pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche, svol-
gono una o più attività nei settori di cui sopra e operano in virtù di diritti speciali o
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 157

esclusivi concessi loro dall’autorità competente di uno Stato membro. Sono diritti specia-
li o esclusivi i diritti costituiti per legge, regolamento o in virtù di una concessione o altro
provvedimento amministrativo avente l’effetto di riservare a uno o più soggetti l’eserci-
zio di un’attività nei settori speciali e di incidere sulla capacità di altri soggetti di eserci-
tare tale attività (art. 207).
Gli articoli 208-213 forniscono puntuali chiarimenti in ordine alle attività che vanno ri-
comprese fra i cosiddetti settori speciali.
In relazione ai settori speciali, ricordiamo che la direttiva 2004/17 ha disposto l’esclusio-
ne da tale ambito del settore delle telecomunicazioni, ritenuto ormai aperto alla concorrenza
negli Stati membri, e l’ingresso del settore postale.
Per quanto riguarda le concessioni di servizi, la parte terza del Codice non si applica alle
concessioni di lavori e di servizi rilasciate da enti aggiudicatori che esercitano una o più attivi-
tà di cui agli articoli 208-213, quando la concessione ha ad oggetto l’esercizio di dette attività.
Le disposizioni della parte terza del Codice in esame si applicano sia ai contratti pubblici
nei settori speciali di rilevanza comunitaria, sia a quelli sotto soglia comunitaria.
Gli importi delle soglie sono i seguenti:
a) 400.000 euro per gli appalti di forniture e servizi;
b) 5.000.000 euro per gli appalti di lavori.

17. Gli strumenti di tutela


A) Gli strumenti deflativi del contenzioso
Il Codice dei contratti pubblici e il Codice del processo amministrativo
individuano e disciplinano, in combinato disposto, un sistema di strumenti,
stragiudiziali e giudiziali, per comporre le liti in materia di contratti pubblici.
In particolare le misure stragiudiziali deflative del contenzioso sono:
— la transazione. È sempre ammessa per la risoluzione di controversie relative a diritti sog-
gettivi derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture;
— l’accordo bonario. È consentito solo in relazione a controversie che superano un certo
valore economico, presentando, così, un campo di applicazione più circoscritto della tran-
sazione;
— l’arbitrato. Fra gli strumenti stragiudiziali di risoluzione delle controversie, il Codice in-
serisce anche l’arbitrato, per le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzio-
ne dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di
idee: nell’atto con cui viene indetta la gara (bando, avviso o invito) deve essere indicato
se il contratto conterrà o meno la clausola compromissoria. L’aggiudicatario può ricusare
la clausola compromissoria con l’effetto di escluderla dal contratto, comunicando tale in-
tenzione alla stazione appaltante entro venti giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazio-
ne. Resta sempre vietato il compromesso;
— l’informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale. Si tratta di un
nuovo strumento deflattivo del contenzioso, disciplinato dall’art. 243bis, introdotto nel
158 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

Codice dei contratti dal D.Lgs. 53/2010 (e poi modificato dal D.Lgs. 104/2010). Nelle pro-
cedure di affidamento, coloro i quali intendono proporre un ricorso giurisdizionale devo-
no preventivamente informarne la stazione appaltante, indicando, in modo sintetico e som-
mario, i presunti vizi di illegittimità ed i motivi di ricorso che si intendono articolare in
giudizio. Tale indicazione non costituisce una preclusione, essendo consentita, in sede giu-
risdizionale, la presentazione di motivi diversi. Lo scopo è di informare la P.A. di eventua-
li illegittimità della procedura, al fine di indurla a rivedere il proprio operato in autotutela.

B) La tutela giurisdizionale
La tutela giurisdizionale, è disciplinata dal Codice del processo ammi-
nistrativo, agli artt. 119 e ss.
L’art. 244 del Codice dei contratti pubblici rimanda, infatti, al Codice
del processo amministrativo per la individuazione delle controversie in ma-
teria di contratti pubblici devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo.
Ai sensi dell’art. 133 del Codice citato, sono devolute al G.A., in sede
di giurisdizione esclusiva, le controversie:
— relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture,
svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del so-
cio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei
procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o re-
gionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizio-
ne esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di
annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative;
— relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, ser-
vizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo
provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o pe-
riodica, nell’ipotesi di cui all’art. 115 del D.Lgs. 163/2006, nonché quel-
le relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi, ai
sensi dell’art. 133, commi 3 e 4, dello stesso Codice dei contratti.

18. Le convenzioni Consip


Le convenzioni quadro sono state introdotte dall’art. 26 della L. 488/1999
che ha delineato un sistema in cui, tramite le procedure previste dalla vigen-
te normativa in materia di scelta del contraente, vengono individuate impre-
se per la fornitura di beni e servizi. In particolare, l’art. 26 attribuisce al MEF
la funzione di stipulare, anche avvalendosi di società di consulenza specia-
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 159

lizzate, apposite convenzioni in base alle quali le imprese fornitrici prescel-


te si impegnano ad accettare (ai prezzi e alle condizioni ivi previsti), ordi-
nativi di fornitura sino a concorrenza della quantità massima complessiva.
In base all’art. 26, comma 3 della L. 488/1999 (più volte modificato) le am-
ministrazioni pubbliche possono fare ricorso a tali convenzioni oppure uti-
lizzarne i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l’acquisto
di beni e servizi comparabili con quelli oggetto di convenzionamento. La
stipulazione di un contratto in violazione di tali disposizioni è causa di re-
sponsabilità amministrativa; ai fini della determinazione del danno erariale
si tiene anche conto della differenza tra il prezzo previsto nelle convenzio-
ni e quello indicato nel contratto.
Per la realizzazione del sistema delle convenzioni il MEF si avvale del-
la Consip S.p.A. (Concessionaria Servizi Informatici Pubblici) alla quale è
stata affidata la gestione delle procedure per la conclusione delle conven-
zioni, la realizzazione e gestione del sistema di controllo e verifica dell’ese-
cuzione delle convenzioni stesse, nonché l’esecuzione di tutti i servizi in-
formatici, telematici, logistici e di consulenza necessari alla compiuta rea-
lizzazione del sistema stesso.
Sulla scia delle esperienze maturate in Italia con la Consip (e in altri Stati membri con or-
ganismi analoghi), la direttiva 2004/18 (art. 11) ha introdotto anche nella normativa comuni-
taria in materia di appalti la figura della centrale di committenza, vale a dire un organismo
centrale che ha come fine istituzionale l’acquisto di lavori, forniture e servizi per conto di al-
tre amministrazioni aggiudicatrici.
Il Codice dei contratti ha recepito la direttiva 2004/18, definendo la «centrale di commit-
tenza» al comma 34 dell’art. 3 e regolando gli appalti pubblici e gli accordi quadro stipulati da
centrali di committenza all’art. 33.

L’art. 29 D.L. 201/2011, conv. in L. 214/2011, ha stabilito che le ammi-


nistrazioni pubbliche centrali inserite nel conto economico consolidato del-
la pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi dell’art.
1, co. 3, L. 196/2009 (cfr. box a pag. 40), possono avvalersi per le acquisi-
zioni di beni e servizi al di sopra della soglia di rilievo comunitario, sulla
base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di Con-
sip, nella sua qualità di centrale di committenza ai sensi dell’art. 3, co. 34,
D.Lgs. 163/2006.
Ancora il D.L. 52/2012, conv. in L. 94/2012, stabilisce che possono ricor-
rere per l’acquisto di beni e di servizi alle convenzioni stipulate dalla società
Consip le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui al D.Lgs. 460/1997
160 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

e le organizzazioni di volontariato di cui alla L. 266/1991, iscritte nei registri


istituiti dalle Regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.

Il decreto “Spending review 2”e le misure per ridurre la spesa


per l’acquisto di beni e servizi
Il D.L. 95/2012, in attesa di conversione, all’art. 1 contiene numerose disposizioni miran-
ti da un lato a rafforzare il ruolo centrale della Consip negli acquisti delle P.A. e dall’altro
a rendere più trasparenti le relative procedure. Di seguito le misure più significative:
— sono nulli i contratti non stipulati attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposi-
zione da Consip, ad esclusione di quelli stipulati tramite diverse centrali di committen-
za, se questi prevedono condizioni economiche più favorevoli per le P.A. (comma 1);
— con riferimento a determinate categorie di beni e di servizi – energia elettrica, gas, car-
buranti (rete ed extra-rete), combustibili per riscaldamento e telefonia (fissa e mobile)
– viene stabilito l’obbligo assoluto per le pubbliche amministrazioni di acquistare at-
traverso gli strumenti di acquisto e di negoziazione messi a disposizione da Consip ov-
vero dalle centrali di committenza regionali. I contratti stipulati in violazione di tale
regola sono nulli e costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità am-
ministrativa (commi 7, 8 e 9);
— nei contratti in essere, validamente stipulati, viene inserita ex lege una clausola che at-
tribuisce alle amministrazioni il diritto di recesso da contratti di forniture o di servizi,
qualora le imprese non adeguino il contenuto delle prestazioni ancora da effettuare alle
migliori condizioni previste in convenzioni Consip successive alla stipula dei contrat-
ti stessi. Il mancato esercizio del diritto di recesso è comunicato dall’amministrazione
alla Corte dei conti al fine del controllo successivo sulla gestione del bilancio e del pa-
trimonio (comma 13);
— viene poi introdotto un meccanismo di riduzione delle condizioni economiche in fa-
vore delle amministrazioni che fanno ricorso alle convenzioni-quadro Consip e delle
centrali di committenza regionali (comma 12);
— si prevede l’istituzione da parte del Commissario straordinario della per la razionalizza-
zione della spesa per l’acquisto di beni e servizi, tramite Consip, di un elenco delle varie
centrali di committenza. Il Commissario deve ricevere notizia dell’avvenuta stipula dei
contratti avvenuta nel contesto di fenomeni di centralizzazioni territoriali (commi 10 e 11).

Tutte le pubbliche amministrazioni e gli altri soggetti che si avvalgono di Consip S.p.A.
possono utilizzare, a titolo gratuito, il sistema informativo in modalità ASP (Application Ser-
vice Provider) del MEF (art. 9, D.L. 52/2012).

19. Il mercato elettronico della pubblica ammini-


strazione (MEPA)
Il D.P.R. 101/2002, abrogato a partire dall’8 giugno 2011 dal D.P.R.
207/2010, ha esteso anche alle pubbliche amministrazioni la possibilità di
Capitolo Secondo - I contratti della P.A. 161

acquisire beni e servizi attraverso Internet, possibilità già diffusa nel setto-
re privato. Il ricorso al mercato elettronico è infatti considerato uno stru-
mento essenziale per ridurre la spesa per la fornitura di beni e servizi poi-
ché rende le procedure di acquisto snelle, rapide e trasparenti.
La possibilità di ricorrere a tale strumento è divenuta obbligo ad opera
dell’art. 1, comma 450, della L. 296/2006 (finanziaria 2007): dal 1° luglio
2007, le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli
istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e del-
le istituzioni universitarie, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della
soglia comunitaria, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della
pubblica amministrazione (MEPA), di cui all’art. 328 D.P.R. 207/2010. Lo
stesso comma 450 prevede che le amministrazioni pubbliche di cui all’art.
1 del D.Lgs. 165/2001 per gli acquisti di beni e servizi sotto soglia comu-
nitaria devono fare ricorso al mercato elettronico della P.A. oppure ad altri
mercati elettronici istituiti ai sensi del citato art. 328.
Ora, per i contratti di acquisto di forniture e servizi sotto la soglia co-
munitaria, il D.P.R. 207/2010 all’art. 328 stabilisce che, salvi i casi di ricor-
so obbligatorio al mercato elettronico, la stazione appaltante può decidere
di acquisire beni e servizi attraverso un proprio mercato elettronico, o uti-
lizzando il mercato elettronico della pubblica amministrazione realizzato
dal MEF sulle proprie infrastrutture tecnologiche, ovvero avvalendosi del
mercato elettronico realizzato dalle centrali di committenza di riferimento.
Il mercato elettronico consente acquisti telematici basati su un sistema
che attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via elet-
tronica e telematica, nel rispetto di determinate disposizioni e dati principi
organizzativi.
Le stazioni appaltanti abilitano al mercato elettronico i fornitori di beni e i prestatori di
servizi tramite uno o più bandi aperti per tutta la durata del mercato a qualsivoglia operatore
economico che possieda i requisiti di abilitazione. I bandi di abilitazione sono pubblicati in
conformità della disciplina applicabile per le procedure sotto soglia di cui all’art. 124, comma
5, del Codice e indicano l’indirizzo del sito informatico presso il quale è possibile consultare
la documentazione della procedura, senza subordinarlo ad oneri.
Avvalendosi del mercato elettronico le stazioni appaltanti possono effettuare acqui-
sti di beni e servizi sotto soglia:
a) attraverso un confronto concorrenziale delle offerte pubblicate all’interno del mercato elettro-
nico o delle offerte ricevute sulla base di una richiesta di offerta rivolta ai fornitori abilitati;
b) in applicazione delle procedure di acquisto in economia.
162 Parte Terza - I beni e i contratti pubblici

Per gli acquisti di servizi e forniture in economia è l’articolo 335 del


D.P.R. 207/2010 a dettare le norme in materia di mercato elettronico e uso
degli strumenti elettronici.

Glossario
Città metropolitane: le Città metropolitane sono enti territoriali previsti dall’art. 114 del-
la Costituzione, come modificato dalla L. cost. 3/2001. I Comuni di Torino, Milano, Vene-
zia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri Comuni i cui insediamenti
abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività econo-
miche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteri-
stiche territoriali, costituiscono le Aree metropolitane.
Diritto pubblico: il Diritto pubblico è costituito dal complesso di norme che disciplinano
la formazione, l’organizzazione e l’attività dello Stato e degli enti pubblici, nonché i loro
rapporti con i privati nel caso in cui lo Stato e gli enti pubblici siano in posizione di supe-
riorità derivante dal fatto che questi ultimi agiscono in veste di pubblica autorità.
Processo amministrativo: il procedimento amministrativo consiste in un’attività diretta
alla risoluzione delle controversie che sorgono nell’ambito della Pubblica Amministrazio-
ne o tra questa ed i privati. Esso ha di norma ad oggetto l’impugnativa di atti amministra-
tivi al fine di definire le posizioni soggettive delle parti in causa.
PARTE Quarta
Le Responsabilità
e i controlli

Capitolo Primo: La responsabilità nel pubblico impiego . .. Pag. 164


Capitolo Secondo: La giurisdizione della Corte dei conti
nelle materie di contabilità pubblica ............................... » 176
Capitolo Terzo: Il sistema dei controlli . ............................... » 184
Capitolo Primo
La responsabilità
nel pubblico impiego

Sommario: 1. La responsabilità in generale. - 2. La responsabilità patrimoniale. - 3.


La responsabilità amministrativa. - 4. La responsabilità contabile. - 5. Differenze tra re-
sponsabilità amministrativa e responsabilità contabile. - 6. La responsabilità civile verso
i terzi. -7. La responsabilità patrimoniale degli amministratori e dei dipendenti delle Re-
gioni e degli altri enti pubblici. - 8. La responsabilità degli amministratori degli enti lo-
cali (Rinvio).

1. La responsabilità in generale
Per «responsabilità», in genere, si intende l’assoggettabilità a sanzione
in conseguenza di comportamenti antigiuridici.
Per i pubblici dipendenti la responsabilità collegata agli effetti del loro
operato si estende oltre i limiti che le leggi civili e penali determinano per
il comune cittadino. Per quest’ultimo, infatti, si tratta:
— di rispondere del proprio operato in relazione alle conseguenze danno-
se provocate dallo stesso (responsabilità civile);
— di rispondere per la violazione di norme che, dato il loro carattere pub-
blicistico e di ordine generale, vengono imposte con speciale rigore (re-
sponsabilità penale).
Per i pubblici impiegati il campo della responsabilità è, invece, più
ampio in quanto, alle ipotesi previste dall’ordinamento generale per tutti i
cittadini, si aggiungono quelle specifiche responsabilità direttamente col-
legate alla qualità di pubblico dipendente rivestita.
L’art. 28 Cost. dispone che «I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici
sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti com-
piuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e gli enti
pubblici». La ratio della disposizione è da rinvenire nell’esigenza di offrire maggiori garanzie
ai cittadini eventualmente lesi dalla P.A. e dai suoi agenti (CARINGELLA).
Capitolo Primo - La responsabilità nel pubblico impiego 165

La responsabilità dei pubblici funzionari può essere, secondo quanto ac-


cennato, dei seguenti tipi:
1) penale;
2) disciplinare;
3) civile o, secondo la qualificazione della Corte dei conti, «patrimoniale».
Di seguito, però, tratteremo solo della responsabilità patrimoniale in
quanto più direttamente afferente alla contabilità di Stato.

2. La responsabilità patrimoniale
Gli impiegati pubblici rispondono del loro operato non soltanto sul pia-
no penale e disciplinare, ma anche su quello civile o patrimoniale, essendo
tenuti a risarcire i danni da essi causati all’Amministrazione o ai terzi.
Tale forma di responsabilità suole essere oggi definita «responsabilità
patrimoniale», secondo la terminologia adottata dalla Corte dei conti.

Quali sono i principali riferimenti normativi della responsabilità ammi-


nistrativa?
La responsabilità patrimoniale trova la sua fonte normativa innanzitutto nel citato art. 28
della Costituzione; in secondo luogo, essa viene ricondotta anche all’art. 97 Cost., in vir-
tù del quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che
siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
Altre norme che disciplinano la fattispecie della responsabilità patrimoniale del pubblico
dipendente sono contenute nella legge e nel regolamento di contabilità di Stato (artt. 81-
83), nel T.U. delle disposizioni concernenti lo Statuto degli impiegati civili dello Stato
(D.P.R. 3/1957, artt. 18-20) e nell’art. 52 T.U. delle leggi sulla Corte dei conti (R.D. 1214/36).

La responsabilità patrimoniale assume tre diversi aspetti a seconda dei


soggetti cui si riferisce, delle norme violate e del tipo di danno cagionato.
Essi sono:
— la responsabilità amministrativa;
— la responsabilità contabile;
— la responsabilità civile verso i terzi.
166 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

3. La responsabilità amministrativa
A) Inquadramento
La responsabilità amministrativa è quella in cui incorre il funzionario o
l’impiegato che, per inosservanza dolosa o colposa dei suoi obblighi di ser-
vizio, abbia cagionato un pregiudizio alla P.A. (CARINGELLA).
Gli artt. 18-20 del Testo Unico impiegati civili dello Stato (D.P.R. 3/1957)
prevedono, in proposito, che l’impiegato è tenuto a risarcire all’amministra-
zione il danno ad essa derivante da violazioni di obblighi di servizio, anche se
ha agito su delega del superiore, ad eccezione del caso in cui l’obbligo ad ese-
guire l’ordine ricevuto derivi da specifiche norme del rapporto di impiego.
La responsabilità amministrativa trova la sua disciplina fondamentale
nella legge di contabilità di Stato (R.D. 2440/1923), che delinea i profili pe-
culiari della stessa agli artt. 82 e 83. L’art. 82, in particolare, dispone che
l’impiegato è tenuto a risarcire il danno cagionato allo Stato a seguito di
azione od omissione, anche solo colposa. L’art. 83, a sua volta, prevede la
giurisdizione della Corte dei conti nei casi di cui all’art. 82.
Molte discussioni, tra gli studiosi, ha suscitato la questione relativa alla
natura di tale responsabilità che, come risulta evidente, tutela la pubblica
amministrazione nei confronti dei danni che le arreca l’impiegato o il fun-
zionario all’interno del rapporto d’ufficio.
La più recente dottrina è dell’avviso di attribuire alla responsabilità am-
ministrativa nei confronti della P.A. natura contrattuale, potendosi il dan-
no ricondurre nell’ambito del rapporto obbligatorio del dipendente verso lo
Stato, e inquadrandosi, quindi, nel principio generale dell’adempimento del-
le obbligazioni (artt. 1176 e 1218 Codice Civile).
Il giudice competente a conoscere della responsabilità amministrativa
e della relativa obbligazione risarcitoria nei confronti dello Stato è la Cor-
te dei conti.
In proposito, va detto che l’art. 1 della L. 20/1994 dispone che la respon-
sabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in ma-
teria di contabilità pubblica:
— è personale (il relativo debito si trasmette agli eredi solo nei casi di ille-
cito arricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchi-
mento degli eredi stessi);
— è limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o colpa grave.
Capitolo Primo - La responsabilità nel pubblico impiego 167

Con il D.L. 78/2009, conv. in L. 102/2009 — come corretto dal D.L.


103/2009, conv. in L. 141/2009 — il legislatore ha nuovamente inciso sull’art.
1, L. 20/1994 citato, prevedendo che è esclusa la gravità della colpa quan-
do il fatto dannoso tragga origine dall’emanazione di un atto vistato e regi-
strato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili
presi in considerazione nell’esercizio del controllo.
La norma in questione, inoltre, ha stabilito che la valutazione del giudi-
ce contabile non può estendersi al merito delle scelte discrezionali (con
ciò confermando gli orientamenti giurisprudenziali della Corte stessa).

B) I singoli elementi della responsabilità amministrativa


Gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa non diffe-
riscono da quelli della comune responsabilità civile con l’aggiunta, però,
della necessaria presenza del rapporto di servizio.
Essi sono:
a) il danno (erariale), che consiste nella lesione di un interesse patrimo-
niale economicamente valutabile; il risarcimento consiste infatti nel pa-
gamento di una somma equivalente alla misura del danno.
Esso deve anche essere effettivo ed attuale e, oltre a comprendere il dan-
no emergente (cioè la diminuzione patrimoniale subita dalla P.A.), si
estende al lucro cessante (vale a dire agli incrementi patrimoniali non
conseguiti a causa del fatto dannoso).
La Corte dei conti giudica sulla responsabilità amministrativa degli amministratori e dei
dipendenti pubblici anche quando il danno sia stato cagionato ad amministrazioni o enti
pubblici diversi da quelli di appartenenza (art. 1, comma 4, L. 20/1994);
b) il dolo o la colpa grave, che costituiscono il cosiddetto elemento sog-
gettivo della responsabilità.
Ricorre il dolo in presenza della volontà cosciente del soggetto di provocare con la sua
condotta un determinato evento dannoso. Siamo in presenza della colpa, invece, allor-
quando non vi è la precisa intenzione di arrecare un determinato danno, ma il soggetto agi-
sce trascurando gli accorgimenti dettati dalla prudenza, dall’esperienza e dall’osservanza
delle norme.

Tra i casi di esclusione della colpa, oltre allo stato di incapacità di in-
tendere e di volere, lo stato di necessità, il caso fortuito, la forza mag-
giore e la buona fede degli organi politici nel caso di atti tecnici o am-
168 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

ministrativi, rientra anche l’ipotesi in cui si sia agito in esecuzione di un


ordine che si era obbligati ad eseguire.
L’obbedienza agli ordini dei superiori gerarchici costituisce un dovere specifico dell’im-
piegato pubblico (art. 16 T.U. impiegati civili dello Stato). Tuttavia, affinché l’esecuzio-
ne di un ordine illegittimo non sia fonte di responsabilità, occorre che sussistano le se-
guenti condizioni:
— la competenza dell’organo superiore ad emanare l’ordine e quella dell’organo infe-
riore ad eseguirla;
— la regolarità formale dell’ordine;
— l’atto ordinato non deve costituire un reato;
— l’ordine non deve essere palesemente illegittimo, ma, anche in questo caso, l’impie-
gato che lo ha eseguito non è responsabile se l’ordine è rinnovato per iscritto;

c) il nesso di causalità. Il nesso eziologico, ossia il collegamento tra atto


dannoso e condotta del soggetto è un presupposto fondamentale per con-
testare la legittimità comportamentale (LIBERATI).
Il rapporto di causalità deve essere diretto ed immediato.
Il giudizio di responsabilità si svolge davanti alle sezioni giurisdizionali regionali della
Corte dei conti con l’iniziativa del Procuratore regionale, e tende all’accertamento del «quan-
tum » del danno arrecato dal funzionario alla Amministrazione pubblica. Individuato il danno
patrimoniale la Corte può, però, valutato il comportamento del soggetto nella sua globalità, ri-
durre l’imputazione di esso al soggetto stesso (cfr. art. 83 legge contabilità di Stato).
Nel giudizio di responsabilità, inoltre, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi
conto dei vantaggi comunque conseguiti dall’amministrazione di appartenenza, o da altra am-
ministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministra-
tori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità (art. 1, comma 1bis, intro-
dotto dal D.L. 543/1996, conv. in L. 639/1996 e successivamente modificato dal D.L. 78/2009,
conv. in L. 102/2009).
Se, però, il fatto posto a base del giudizio di responsabilità patrimoniale costituisce ogget-
to di un giudizio penale in corso, il giudizio dinanzi alla Corte dei conti ha luogo necessaria-
mente dopo la definizione del giudizio penale; inoltre, pur potendo la Corte dei conti dare va-
lutazioni quantitative del danno diverse da quelle emesse in sede di giudizio penale, non può
comunque affermare la responsabilità del soggetto se questa è stata esclusa in sede penale (es.
se un pubblico funzionario è stato rinviato a giudizio per peculato e viene assolto dal reato per-
ché il fatto non sussiste, la Corte dei conti non può ritenerlo responsabile patrimonialmente per
quello stesso fatto).

Che cosa è il danno all’immagine della pubblica amministrazione?


L’esigenza di assicurare un’amministrazione improntata a canoni di trasparenza, efficienza,
efficacia ed economicità impone una corretta gestione ed organizzazione delle risorse pub-
bliche. Qualsivoglia deviazione da tali parametri ha, come diretta e naturale conseguenza,
Capitolo Primo - La responsabilità nel pubblico impiego 169

quella di diffondere nella collettività una sensazione di inadeguatezza, disorganizzazione e


inaffidabilità dell’apparato amministrativo, con inesorabile lesione dell’immagine della P.A.
Il danno all’immagine della P.A., quindi, non attiene mai semplicemente al rapporto tra
dipendente e cittadini coinvolti dalle sue azioni o omissioni, ma a quello, più generale, tra
la comunità sociale e le istituzioni (cfr. Corte dei conti, sez. III Giur. Centr. App., 9-4-
2009, n. 143), minando profondamente alla base la stessa fiducia e senso di appartenenza
dei cittadini nelle Istituzioni. Il ripristino dell’immagine della P.A. è, dunque, essenziale
per la sua stessa esistenza.
L’ordinamento ha, quindi, la necessità di prevedere un’azione di responsabilità in caso di
lesione della propria immagine, sia per ripristinare la fiducia dei consociati, sia per risarci-
re i costi che, in termini economici, l’amministrazione abbia dovuto (o dovrà) sostenere in
conseguenza delle illegittimità.
La responsabilità per danno all’immagine, pertanto, sussiste a fronte di fatti di tale e com-
provata gravità dai quali l’immagine della P.A. non può che uscirne deteriorata.
È stato sottolineato, infatti, che il danno all’immagine di un ente pubblico va configurato
non soltanto quale danno non patrimoniale ex art. 2059 cod. civ., ma anche come danno
patrimoniale in senso ampio, inquadrandosi nella più generale figura del danno esistenzia-
le (CARINGELLA).
L’esercizio dell’azione di responsabilità amministrativa per lesione all’immagine della P.A.
è disciplinata dall’art. 17, comma 30ter, del D.L. 1-7-2009, n. 78, conv. in L. 3-8-2009,
n. 102, nel testo corretto dall’art. 1 del D.L. 3-8-2009, n. 103, conv. in L. 3-10-2009, n. 141,
sul quale v. amplius infra.

4. La responsabilità contabile
Tutti coloro che maneggiano denaro o valori della P.A. sono tenuti, in
quanto agenti contabili, al cd. obbligo di rendiconto.
Fra i contabili si distingue colui che svolge tale funzione in base a nor-
me, a rapporto di impiego o a contratto (contabile di diritto) e quello che,
di propria iniziativa o per necessità, ha maneggio di denaro o beni (conta-
bile di fatto).
Sotto il profilo processuale entrambi sono soggetti al medesimo giudi-
ce, la Corte dei conti, e tenuti a rendere il conto.
Tale regola discende dal principio che chiunque ha amministrato beni
altrui è tenuto, salvo che non vi sia stata dispensa, a rendere ragione del suo
operato a prescindere dalla denuncia di presunte o reali irregolarità.
Occorre, comunque, distinguere tra il conto-documento (detto anche ren-
diconto) dal rendimento del conto, che è il procedimento amministrativo
volto alla presentazione del conto al giudice contabile, nonché tra l’obbli-
go del rendiconto a carattere di obbligazione da quello che costituisce un
170 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

obbligo di servizio, proprio di alcuni pubblici dipendenti che maneggiano


valori o sono consegnatari di beni.
Il rendimento del conto è un procedimento che serve ad accertare come si sia adempiuto
ad un obbligo specifico, ovvero quello di amministrare. Tale procedimento consta di una fase
propedeutica e di alcune fasi proprie (presentazione del conto, esame della fondatezza del con-
to, approvazione dello stesso).

L’agente contabile è necessariamente un pubblico dipendente?


In materia di responsabilità per danno erariale, le Sezioni Unite della Cassazione hanno
statuito che il punto di discrimine della giurisdizione ordinaria dalla contabile si è sposta-
to dalla qualità del soggetto agente — che ben può essere un privato o un ente pubblico
non ecoomico — alla natura del denaro gestito e degli scopi perseguiti; pertanto, il priva-
to che incida negativamente sullo sviluppo del programma imposto dalla P.A. nell’impie-
go di fondi pubblici, sì da determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, realizza un
danno per l’ente pubblico, di cui è chiamato a rispondere dinnanzi alla magistratura con-
tabile. Si tratta di un orientamento ormai consolidato della Cassazione (sent. 4511/2006) il
quale, per discriminare la giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale da quella
ordinaria, tenuto conto del sempre più frequente operare della P.A. al di fuori degli schemi
del regolamento di contabilità di Stato e tramite soggetti in essa non organicamente inse-
riti, ha reputato irrilevante il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svol-
ta (in tal senso, cfr. Corte dei conti, sez. giur. Sicilia, 27-2-2012, n. 653).

5. Differenze tra responsabilità amministrativa e


responsabilità contabile
Secondo lo schema delineato da BUSCEMA, si evidenziano i seguenti elementi di diffe-
renziazione del regime giuridico delle due forme di responsabilità:
a) la responsabilità contabile si fonda sul maneggio, di diritto o di fatto, del denaro o, in ge-
nere, dei valori della P.A., mentre la responsabilità amministrativa trova il suo fondamen-
to in un danno patrimoniale (doloso o colposo) cagionato alla P.A.;
b) la responsabilità contabile deriva dall’inadempimento di un obbligo di restituire valori
avuti in consegna, ispirandosi perciò alla responsabilità del depositario, il quale è libera-
to dall’obbligo di restituzione soltanto se dimostra che la perdita è avvenuta per causa a
lui non imputabile (art. 1780 cod. civ.); la responsabilità amministrativa, invece, si basa
sulla diligenza nell’adempimento dei doveri nascenti dal rapporto di servizio, ispirandosi
pertanto ai criteri di valutazione della diligenza del debitore nell’adempimento di cui all’art.
1176 cod. civ.;
c) la responsabilità contabile attiene all’obbligo di restituire cose già appartenenti alla P.A.;
la responsabilità amministrativa, invece, deriva da un comportamento (doloso o colposo),
conseguente ad una omessa o mal adempiuta prestazione, da cui sia derivato un danno pa-
trimoniale alla P.A.;
Capitolo Primo - La responsabilità nel pubblico impiego 171

d) la responsabilità amministrativa presuppone in ogni caso un rapporto di servizio; la re-


sponsabilità contabile grava anche sui contabili di fatto, derivando dall’obiettiva esisten-
za di una gestione;
e) nella responsabilità contabile, si ritiene escluso il cd. potere riduttivo che consente al giu-
dice contabile di quantificare il risarcimento a carico dell’accertato responsabile in una
somma anche inferiore all’importo dell’intero danno proporzionando — in tal modo —
l’entità del danno «alla misura della riprovevolezza del comportamento colposo» (sent.
Corte dei conti n. 88 del 12-10-1972).
L’art. 83 del R.D. 2440/1923 e l’art. 52 del T.U. 1214/1934 relativo alla Corte dei conti
sanciscono, infatti, che la Corte dei conti «valutate le singole responsabilità può porre a
carico dei responsabili tutto a parte del danno arrecato o del valore perduto».
Diversamente, l’applicazione dell’istituto del potere riduttivo al giudizio volto all’accer-
tamento della responsabilità amministrativa è ammissibile. Ma siffatto limite è stato re-
centemente disatteso dalla giurisprudenza la quale, ritenendo unica la fonte dell’obbliga-
zione risarcitoria gravante sul responsabile amministrativo o su quello contabile, poiché
entrambe scaturiscono dal rapporto di servizio, ha affermato il carattere generale e non ec-
cezionale dell’esercizio del potere riduttivo dell’addebito;
f) il giudizio di responsabilità contabile è instaurato all’atto della presentazione del conto
giudiziale, a prescindere dall’eventuale denuncia di irregolarità; il giudizio di responsabi-
lità amministrativa è invece promosso dal Procuratore regionale presso la Corte dei con-
ti, d’ufficio o su denuncia dei funzionari che vengano a conoscenza dei fatti che possono
essere fonte di responsabilità.
In argomento occorre anche ricordare quanto disposto dall’art. 17, comma 30ter del D.L. 1°
luglio 2009, n. 78, conv. in L. 3 agosto 2009, n. 102, nel testo corretto dall’art. 1 del D.L. 3 ago-
sto 2009, n. 103, conv. in L. 3 ottobre 2009, n. 141: le Procure della Corte dei conti esercitano
l’azione per il risarcimento del danno erariale a fronte di una specifica e precisa notizia di danno
e, pertanto, «qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione delle disposi-
zioni di cui al presente comma, salvo che sia stata già pronunciata sentenza anche non definitiva
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è nullo e la relativa
nullità può essere fatta valere in ogni momento, da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla com-
petente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, che decide nel termine perentorio di trenta
giorni dal deposito della richiesta» (cd. lodo Bernardo, dal nome del deputato proponente).
Ciò vuol dire, dunque, che, per perseguire un dipendente pubblico che ha causato, con
dolo o colpa grave, un danno all’amministrazione, è necessario che al pubblico ministero con-
tabile giunga una notizia ben circostanziata e non ipotetica, non generica né astratta; la vio-
lazione della regola della «specificità e concretezza» viene colpita con la nullità degli atti istrut-
tori o processuali e tale nullità può essere fatta valere in ogni momento e da chiunque ne ab-
bia interesse.

6. La responsabilità civile verso i terzi


Dopo aver considerato la responsabilità del pubblico impiegato nei con-
fronti dello Stato e dell’Amministrazione pubblica in genere e quella dell’agen-
172 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

te contabile, passiamo al terzo aspetto che assume l’istituto della responsa-


bilità patrimoniale del dipendente pubblico: la responsabilità civile verso
terzi.
Con l’entrata in vigore della Costituzione, si è individuata una respon-
sabilità solidale dell’Amministrazione e del funzionario nel caso di danno
nei confronti del cittadino (art. 28 Cost.), per cui quest’ultimo attualmente
può escutere, a sua scelta, sia l’Amministrazione pubblica che l’impiegato
agente.
Questa norma pone a carico dello Stato e dei pubblici impiegati le con-
seguenze relative ad atti che ingenerano, secondo le norme comuni, respon-
sabilità da parte dell’agente. Ed è da notare che la responsabilità dello Sta-
to è diretta, come lo è quella del suo dipendente. Entrambi sono sul mede-
simo piano nei confronti del civilmente danneggiato. La Corte Costituzio-
nale parla, infatti, di responsabilità concorrente.
Viene meno la responsabilità dell’Amministrazione allorché il danno de-
riva da comportamento posto in essere da funzionari od impiegati al di fuo-
ri di ogni manifestazione di attività amministrativa (atti personali degli agen-
ti, ovvero atti viziati da incompetenza assoluta, ovvero da comportamenti
posti in essere dolosamente in violazione di norme penali).
Negli altri casi l’Amministrazione risponde in quanto l’operato dei suoi
agenti, nell’esercizio delle funzioni ad essi affidate, si presenta come pro-
veniente dalla Amministrazione stessa.
Il dettato costituzionale, di natura precettiva, è stato recepito dalle nor-
me del T.U. impiegati civili dello Stato. Esso, infatti, prescrive che l’impie-
gato il quale, nell’esercizio delle attribuzioni a esso conferite dalle leggi o
dai regolamenti, cagioni ad altri un danno ingiusto è personalmente obbli-
gato a risarcirlo. L’azione di risarcimento nei suoi confronti può essere eser-
citata congiuntamente con l’azione diretta nei confronti dell’Amministra-
zione qualora, in base alle norme ed ai principi vigenti, sussista anche la re-
sponsabilità dello Stato.
Nel testo della legge viene anche precisato il concetto di danno ingiu-
sto, che è quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che l’im-
piegato abbia commesso per dolo o per colpa grave. Naturalmente, la re-
sponsabilità dell’impiegato sussiste, oltre che a seguito del compimento di
atti o di operazioni, anche in caso di omissione o ritardo nel compimento di
atti cui sia obbligato per legge.
Capitolo Primo - La responsabilità nel pubblico impiego 173

Va peraltro notato che non esiste perfetta coincidenza fra i casi di re-
sponsabilità dell’impiegato e quelli di responsabilità della P.A. Infatti:
— ai sensi dell’art. 23 T.U. impiegati civili dello Stato, l’impiegato è re-
sponsabile verso i terzi solo per i danni ad essi arrecati, agendo con dolo
o colpa grave. In caso di colpa lieve o lievissima risponde soltanto l’Am-
ministrazione: ciò va incontro all’esigenza di garantire all’impiegato una
fascia di sicurezza, perché la preoccupazione di dover rispondere verso
i terzi anche per una lieve negligenza potrebbe paralizzare l’attività am-
ministrativa (così VIRGA);
— d’altro canto, si ritiene che il fatto dannoso non è riferibile all’Ammini-
strazione se esso deriva da comportamenti posti in essere dolosamente
per conseguire un fine illecito ed estraneo ai fini istituzionalmente per-
seguiti dall’Amministrazione; in questa ipotesi, perciò, responsabile ver-
so i terzi è solo l’impiegato.
Pertanto, salvo i casi appena indicati, è sancito che l’azione di risarci-
mento del terzo danneggiato può essere esercitata congiuntamente o sepa-
ratamente nei confronti dell’Amministrazione e del dipendente.
Risulta, però, diverso il grado di intensità della responsabilità.
Come è già stato accennato, infatti, l’obbligazione personale risarcito-
ria dell’impiegato sussiste solo ove questi provochi un danno ingiusto ov-
vero un danno derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che l’impie-
gato abbia commesso per dolo o colpa grave.
Ne discende che appare, spesso, più agevole per il terzo danneggiato
esercitare l’azione nei confronti della P.A. (piuttosto che dell’impiegato re-
sponsabile) sia per una garanzia di maggiore solvibilità sia per il minor gra-
do di colpa caratterizzante questo tipo di responsabilità (colpa lieve).
La P.A. può, successivamente, rivalersi nei confronti del proprio dipen-
dente mediante l’azione di responsabilità (di rivalsa) esercitata dal Procu-
ratore regionale presso la Corte dei Conti.
La responsabilità dell’impiegato verso i terzi, ai sensi dell’art. 29 reg.
cont., è poi esclusa:
— quando l’impiegato ha agito per legittima difesa di sé o di altri;
— quando è stato costretto all’azione od omissione dannosa da violenza fi-
sica esercitata sulla persona;
— quando ha agito perché costrettovi dalla necessità di salvare sé o altri
dal pericolo attuale di un danno grave alla persona ed il pericolo non è
174 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile (in tal


caso è dovuto un indennizzo dall’Amministrazione cui l’impiegato ap-
partiene).
Affinché la responsabilità, in questi casi, sia esclusa è nondimeno ne-
cessario che l’impiegato informi i superiori prima di essere convenuto in
giudizio dal danneggiato per il risarcimento o prima che gli sia stata notifi-
cata la diffida a recedere dall’illegittimo comportamento omissivo.

Che si intende per responsabilità disciplinare del pubblico dipendente?


Per completezza di esposizione, si ritiene di menzionare anche l’ulteriore figura della re-
sponsabilità disciplinare, la quale deriva dalla violazione dei doveri inerenti al rapporto
d’impiego da parte del dipendente.
Al fine di integrare un illecito disciplinare occorre un’azione od omissione, compiuta in
violazione di legge, di regolamento o di contratto e, in particolare, dei doveri previsti da
quest’ultimo.
La materia è stata profondamente innovata a seguito della riforma Brunetta, recata dal
D.Lgs. 150/2009, di attuazione della legge delega n. 15 del 2009, che ha provveduto da un
lato, ad ampliare le ipotesi in cui il pubblico dipendente può incorrere (soprattutto in caso
di false attestazioni di presenza e falsi certificati medici), dall’altro lato, a dettare una di-
sciplina maggiormente organica e completa relativamente ai procedimenti disciplinari non-
ché ai rapporti tra procedimento penale e disciplinare.

7. La responsabilità patrimoniale degli amministra-


tori e dei dipendenti delle Regioni e degli altri
enti pubblici
Per quanto concerne la responsabilità patrimoniale degli amministrato-
ri e dei dipendenti delle Regioni (sia a Statuto ordinario che a Statuto spe-
ciale), vigono le stesse disposizioni che si applicano per l’Amministrazio-
ne dello Stato.
In particolare, per ciò che concerne le Regioni a Statuto ordinario l’art.
33 del D.Lgs. 76/2000 disciplina l’intera materia (cfr. Cap. 2, § 4 di questa
stessa parte).
Oltre che nei confronti dei dipendenti statali e regionali, la giurisdizio-
ne della Corte dei conti si estende ormai anche ai dipendenti degli altri enti
pubblici. Per quanto riguarda gli enti parastali, l’art. 8 della L. 70/1975 (leg-
ge sul parastato) dispone che, in materia di responsabilità dei dipendenti per
i danni arrecati all’amministrazione o ai terzi, si applicano le disposizionio
Capitolo Primo - La responsabilità nel pubblico impiego 175

stabilite per gli impiegati civili dello Stato. Da questa disposizione si dedu-
ce l’estensione a tale responsabilità della giurisdizione della Corte.
Per gli altri enti pubblici, è stata la stessa Corte ad affermare la propria
giurisdizione, ponendo a fondamento di tale soluzione l’art. 103 Cost., secon-
do il quale essa «ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica …».
L’orientamento espresso al riguardo dalla Corte è stato avallato, sia dal-
la Corte Costituzionale (sent. 31-5-1965, n. 17) che ha inteso in tal modo
evitare un grave vuoto legislativo, sia dalla Corte di Cassazione, la quale ha
tuttavia escluso che la giurisdizione in esame si estenda anche agli ammi-
nistratori e ai dipendenti degli enti pubblici economici.

8. La responsabilità degli amministratori degli enti


locali (rinvio)
Con l’emanazione del D.Lgs. 267/2000 la disciplina concernente la re-
sponsabilità degli amministratori degli enti locali è stata risistemata e me-
glio definita. Per un più approfondito esame dell’argomento si rinvia al Cap.
2, §4 di questa stessa parte.

Glossario
Dolo: si intende ogni artificio o raggiro con cui un soggetto induce un altro soggetto in er-
rore, spingendolo a porre in essere un negozio che altrimenti non sarebbe stato concesso o
lo sarebbe stato in condizione diverse.
Nesso di casualità: è la relazione che lega un atto, o un fatto, e l’evento che vi discende;
in altre parole, è il legame causa-effetto che deve collegare la condotta con l’evento, nel
senso che l’azione deve essere causa diretta e immediata del danno.
Capitolo Secondo
La giurisdizione della Corte dei Conti
nelle materie di contabilità pubblica

Sommario: 1. Generalità. - 2. I giudizi di conto. - 3. I giudizi di responsabilità. - 4.


La giurisdizione nei confronti degli amministratori e dipendenti delle Regioni e degli Enti
locali. - 5. Il potere riduttivo dell’addebito. - 6. L’esecuzione delle decisioni di condanna
della Corte dei conti.

1. Generalità
La Costituzione ha attribuito alla Corte dei conti due ruoli:
— massimo organo di controllo sull’Amministrazione dello Stato;
— suprema magistratura nelle materie di contabilità pubblica.
Abbiamo già elencato le materie su cui si estende il giudizio ed il sin-
dacato della Corte dei conti; qui interessano due elementi di questa mate-
ria: la giurisdizione sui conti e la giurisdizione sulla responsabilità patrimo-
niale.
La giurisdizione della Corte dei conti è:
— una giurisdizione amministrativa speciale: essa è infatti esercitata solo nelle materie tas-
sativamente indicate dalla legge e si contrappone perciò alla giurisdizione amministrati-
va generale, che compete al TAR e al Consiglio di Stato e si estende a tutta la materia am-
ministrativa non assegnata dalla legge ad altri giudici;
— una giurisdizione esclusiva, perché comprende, nelle materie ad essa attribuite dalla leg-
ge, sia le questioni relative ai diritti soggettivi che quelle riguardanti gli interessi legitti-
mi. Il potere della Corte si estende poi a tutte le questioni pregiudiziali ed incidentali, sal-
vo l’incidente di falso (di competenza dei giudici civili) e le questioni di legittimità costi-
tuzionali delle leggi (riservate alla Corte costituzionale).

La Corte dei conti ha inoltre ampi poteri inquisitori di accertamento, so-


prattutto nei giudizi di responsabilità, per cui le indagini istruttorie non sono
vincolate alle richieste delle parti: una volta investita della causa, la Corte
procede all’affermazione del diritto in piena autonomia e può estendere il
giudizio anche a soggetti diversi da quelli indicati nell’atto introduttivo. Per
queste ragioni la giurisdizione della Corte è detta sindacatoria.
Capitolo Secondo - La giurisdizione della Corte dei conti nella contabilità pubblica 177

Altra caratteristica del giudizio che si svolge dinanzi alla Corte dei con-
ti è la presenza del Procuratore Generale o Vice Procuratore Generale.
Ciò si spiega agevolmente con la considerazione che non si tratta di at-
tività giurisdizionale svolta nell’interesse di parti, alle quali è anche affida-
to il compito di indirizzare l’andamento del processo nel modo che ritenga-
no più confacente ai loro scopi, bensì trattasi di un procedimento messo in
moto e che procede ad impulso dello Stato, del quale il Procuratore Gene-
rale (ora regionale) è il rappresentante.

2. I giudizi di conto
La Corte giudica sui conti dei tesorieri, dei ricevitori, dei cassieri e de-
gli agenti incaricati di riscuotere, di pagare, di conservare e di maneggiare
denaro pubblico o di tenere in custodia valori e materie di proprietà dello
Stato e di coloro che si ingeriscono anche senza legale autorizzazione, ne-
gli incarichi attribuiti ai detti agenti.
In tale ultimo caso, si suole parlare di contabili di fatto, per i quali pe-
raltro non ha luogo nessuna deroga rispetto alla procedura normale.
Gli agenti contabili dello Stato devono presentare i loro rendiconti alle
Amministrazioni centrali o periferiche dello Stato competenti per materia,
le quali, entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio cui il conto si riferi-
sce, devono trasmetterli alla Ragioneria dello Stato; quest’ultima, a sua
volta, è tenuta a trasmetterli alla Corte dei conti entro due mesi dalla rice-
zione.
L’agente viene costituito in giudizio all’atto della presentazione del con-
to (art. 45, T.U. 1214/1934, perciò si parla di «conto giudiziale»).
Nel caso, peraltro, di cessazione dell’agente dell’amministrazione dall’uf-
ficio, di deficienze accertate dall’amministrazione e di ritardo nel presenta-
re i conti nei termini stabiliti, il giudizio può essere iniziato anche ad istan-
za del pubblico ministero e su decreto della Sezione regionale competente
da notificarsi all’agente, con la fissazione di un termine a presentare il con-
to. I conti sono depositati nella segreteria della sezione competente, che li
trasmette al magistrato designato dal Presidente quale relatore.
Questi procede all’esame del conto stesso concludendo per il discarico
del contabile o per la condanna del medesimo. In quest’ultimo caso, il Pre-
sidente ordina la trasmissione del conto al Procuratore Regionale dopo aver
fissato l’udienza per la discussione del giudizio di conto.
178 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

Nel caso di discarico, la relazione sul conto viene presentata direttamen-


te al Procuratore Regionale che vi appone il suo visto o manifesta il suo con-
trario avviso.
Quando la proposta del relatore e le conclusioni del Procuratore Regio-
nale concordino per il discarico, il Presidente dà approvazione al conto con
decreto.
Qualora manchi l’accordo di cui sopra, ovvero il Presidente dissenta ed
in ogni caso di proposta di condanna o interlocutoria, il conto viene inscrit-
to al ruolo di udienza.
Se l’addebito a carico dell’agente contabile risulta non superiore a 2.582,28
euro e l’agente contabile stesso (o i suoi eredi) dichiara di accettarlo, l’udien-
za può essere evitata (cd. giudizio monitorio).
In tal caso, il Presidente dispone la cancellazione dal ruolo del conto e
traduce in ordinanza avente valore di titolo esecutivo la precedente deter-
minazione sul conto. Siffatta forma di snellimento processuale si applica
anche nei giudizi di responsabilità negli stessi limiti di importo dell’adde-
bito. Qualora, invece, vi sia esplicita dichiarazione di non accettazione o sia
infruttuosamente decorso il termine assegnato, si procede al normale giudi-
zio dinanzi alla Sezione.
Questa, se riconosce che i conti furono saldati o si bilanciano in favore
dell’agente dell’amministrazione, pronuncia il discarico del medesimo e la
liberazione, ove occorra, della cauzione nonché la cancellazione delle ipo-
teche. Nel caso opposto, liquida il debito dell’agente e pronuncia, se del
caso, la condanna al pagamento e l’alienazione della cauzione.
Ove sussista concorso di responsabilità amministrativa di altri dipenden-
ti accanto alla responsabilità contabile dell’agente, i giudizi vengono riuni-
ti con attrazione del secondo al primo.
L’art. 2 della L. 14-1-1994, n. 20 contiene la revisione e lo snellimento
del procedimento relativo ai giudizi di conto di cui al regio decreto 13 ago-
sto 1933, n. 1038.
Viene infatti previsto che «decorsi cinque anni dal deposito del conto ef-
fettuato a norma dell’art. 27 del R.D. 13-8-1933, n. 1038, senza che sia sta-
ta depositata presso la segreteria della sezione la relazione prevista dall’art.
29 dello stesso decreto o siano state elevate contestazioni a carico del teso-
riere o del contabile da parte dell’amministrazione, degli organi di control-
lo o del procuratore regionale, il giudizio sul conto si estingue, ferma re-
stando l’eventuale responsabilità amministrativa e contabile a carico dell’agen-
Capitolo Secondo - La giurisdizione della Corte dei conti nella contabilità pubblica 179

te contabile; il conto stesso e la relativa documentazione vengono restituiti


alla competente amministrazione».

3. I giudizi di responsabilità
In ordine ai giudizi di responsabilità la normativa di riforma prevede che:
a) la responsabilità è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commes-
si con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito
delle scelte discrezionali. È sempre esclusa la gravità della colpa quan-
do il fatto dannoso trae origine dall’emanazione di un atto vistato e re-
gistrato in sede di controllo preventivo di legittimità, relativamente ai
profili presi in considerazione nell’esercizio del controllo. Il relativo de-
bito si trasmette agli eredi secondo le leggi vigenti nei casi di illecito ar-
ricchimento del dante causa e di conseguente indebito arricchimento de-
gli eredi stessi;
b) il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque
anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero,
in caso di occultamento doloso del danno, dalla sua scoperta;
c) nel caso di deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si imputa
esclusivamente a coloro che hanno espresso voto favorevole. Nel caso
di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o am-
ministrativi la responsabilità ai titolari di organi politici che in buona
fede li abbiano approvati ovvero ne abbiano autorizzato o consentito
l’esecuzione;
d) la Corte giudica sulla responsabilità degli amministratori e dipendenti
pubblici anche quando il danno sia cagionato ad amministratori od enti
diversi da quelli di appartenenza.
Sul versante squisitamente processuale, l’art. 5 del D.L. 453/1993, con-
vertito dalla L. 19/1994, statuisce che il procuratore regionale, prima di
emettere l’atto di citazione in giudizio, invita il presunto responsabile del
danno a depositare entro un termine non inferiore a 30 gg. dalla notifica del-
la relativa comunicazione, le proprie deduzioni ed eventuali documenti. Nel-
lo stesso termine il presunto responsabile può chiedere di essere sentito per-
sonalmente.
Il procuratore regionale emette l’atto di citazione in giudizio entro 120
giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da
parte del presunto responsabile del danno.
180 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

Eventuali proroghe di questo termine possono essere autorizzate solo


dalla sezione giurisdizionale; in caso di mancata autorizzazione il procura-
tore deve emettere l’atto di citazione o disporre l’archiviazione entro i suc-
cessivi 45 giorni.
Quando ne ricorrano le condizioni, anche contestualmente all’invito di
cui sopra, il procuratore regionale può chiedere, al presidente della sezione
competente a conoscere del merito del giudizio, il sequestro conservativo
di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stes-
so dovute, nei limiti di legge.
Sulla domanda il presidente della sezione giurisdizionale regionale prov-
vede con decreto motivato e procede contestualmente a:
a) fissare l’udienza di comparizione delle parti innanzi al giudice designa-
to, entro un termine non superiore a 45 gg.;
b) assegnare al procuratore regionale un termine perentorio non superiore
a 30 gg. per la notificazione della domanda e del decreto.
All’udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i
provvedimenti emanati con il decreto. Nel caso in cui la notificazione deb-
ba effettuarsi all’estero, i termini sono quadruplicati. Con l’ordinanza di ac-
coglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell’inizio della cau-
sa di merito, viene fissato un termine non superiore a 60 gg. per il deposi-
to, presso la segreteria della sezione giurisdizionale regionale, dell’atto di
citazione per il correlativo giudizio di merito. Il termine decorre dalla data
di comunicazione del provvedimento all’ufficio del procuratore regionale.
Il procuratore regionale, nelle istruttorie di sua competenza, può altresì
disporre:
a) l’esibizione di documenti, nonché ispezioni ed accertamenti diretti pres-
so le pubbliche amministrazioni ed i terzi contraenti o beneficiari di prov-
videnze finanziarie a carico dei bilanci pubblici;
b) il sequestro dei documenti, nelle forme previste dal c.p.c.;
c) audizioni personali;
d) perizie e consulenze.
L’istruttoria può chiudersi:
— con il provvedimento di archiviazione;
— con la citazione a giudizio dei presunti responsabili.
Capitolo Secondo - La giurisdizione della Corte dei conti nella contabilità pubblica 181

Nel secondo caso, il procuratore emana l’atto di citazione a comparire


davanti alla sezione competente. Tale atto segna il passaggio dalla fase istrut-
toria alla fase dibattimentale.
Le udienze di trattazione dinanzi alla Corte dei conti sono pubbliche e
si svolgono con la presenza e con l’intervento del Procuratore Regionale in
veste di pubblico ministero. La causa è introdotta con l’esposizione degli
antefatti da parte del relatore e prosegue con il contraddittorio tra pubblico
ministero e la difesa del responsabile.
La Corte al termine dell’udienza si riunisce in camera di consiglio e pro-
nuncia la decisione «in nome del popolo italiano», come tutte le decisioni
giurisdizionali. Quest’ultima può essere anche interlocutoria; ciò avviene,
ad esempio, nel caso in cui si renda necessario integrare il contradditorio,
oppure procedere ad ulteriori accertamenti e, in ogni caso, quando la stes-
sa non definisce il giudizio di responsabilità.
La pubblicazione della decisione ha luogo mediante la lettura del dispo-
sitivo ad opera del segretario del Collegio giudicante in una delle udienze
successive a quella in cui la medesima è stata adottata. Naturalmente, aven-
dosene interesse, si può ottenere copia dell’intera sentenza.
Se trattasi di decisioni di condanna, la medesima viene spedita in forma
esecutiva (cioè con l’apposizione della formula esecutiva) al Procuratore
Regionale che ne cura l’inoltro alle Amministrazioni interessate e al Dipar-
timento del Tesoro.
In caso di definitivo proscioglimento di coloro che sono stati sottoposti
al giudizio della Corte dei conti, le spese legali sono rimborsate dalle am-
ministrazioni competenti (art. 3 D.L. 543/1996 comma 2bis, convertito in
L. 639/1996), nei limiti riconosciuti congrui dall’Avvocatura dello Stato
(art. 18, D.L. 67/1997, convertito in L. 135/1997).

4. La giurisdizione nei confronti degli amministra-


tori e dipendenti delle Regioni e degli enti lo-
cali
Secondo l’art. 33 del D.Lgs. 76/2000 (Principi fondamentali e norme di
coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni), la giu-
risdizione della Corte dei conti nei confronti dei dipendenti e degli ammi-
nistratori della Regione, che hanno arrecato danni nell’esercizio delle loro
funzioni, è esercitata nei casi e nei limiti previsti dalle leggi nn. 20/1994 e
182 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

639/1996. In tale ipotesi di responsabilità si applicano gli istituti processua-


li valevoli per i dipendenti delle amministrazioni statali.
Per gli enti locali vale la disciplina dettata dal D.Lgs. 18 agosto 2000,
n. 267 (T.U.E.L.) all’art. 93, che prevede che il «tesoriere ed ogni altro
agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato
della gestione dei beni degli enti locali» (es. consegnatario ed economo,
cosiddetti agenti contabili interni) «nonché coloro che si ingeriscono ne-
gli incarichi attribuiti a detti agenti devono» (cosiddetti agenti contabili
di fatto) «rendere il conto della loro gestione e sono soggetti alla giurisdi-
zione della Corte dei conti», secondo la normativa di specie (art. 93, com-
ma 2).
Il T.U.E.L. dispone inoltre che, salva espressa richiesta della Corte dei
conti, gli agenti contabili degli enti locali non sono tenuti alla trasmissione
della documentazione occorrente per il giudizio di conto, ai sensi dell’art.
74 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 e degli artt. 44 ss. R.D. 12
luglio 1934, n. 1214.

5. Il potere riduttivo dell’addebito


Una delle caratteristiche peculiari del processo contabile è costituito dal
potere riduttivo dell’addebito: si tratta della facoltà, già prevista dalla leg-
ge di contabilità del 1869 e in seguito riprodotta nella legge del 1923, in
base alla quale la Corte «valutate le singole responsabilità può porre a cari-
co dei responsabili tutto o una parte del danno arretrato o del valore per-
duto» (art. 83, R.D. 2440/1923).
Numerose sono state le tesi apportate a fondamento di tale previsione:
parte della dottrina, per esempio, vi ha ravvisato l’esercizio di un potere me-
ramente discrezionale. Altri, invece, hanno sostenuto la tesi della parziale
rinuncia al credito, derivante dalla valutazione del giudice contabile piutto-
sto che del creditore.
La giurisprudenza della Corte, da parte sua, ha configurato il potere ri-
duttivo come il potere di stabilire «se ed in che misura il danno erariale deb-
ba essere riferito al comportamento colposo del soggetto» tenuto conto di
una eventuale responsabilità concorrente dell’Amministrazione (omissioni
o carenze nelle attività di vigilanza, controllo o modulo organizzativo).
D’altra parte, come la stessa Corte ha riconosciuto con sentenza 19 apri-
le 1990, n. 662, nonostante l’abbondante casistica giurisprudenziale, «non
Capitolo Secondo - La giurisdizione della Corte dei conti nella contabilità pubblica 183

risulta possibile tipizzare singole circostanze personali, di tempo e di luogo


al fine di escludere dalla facoltà equitativa ogni arbitrarietà».

6. L’esecuzione delle decisioni di condanna della


Corte dei Conti
Abbiamo detto della spedizione in forma esecutiva della decisione del-
la Corte dei conti e della sua comunicazione all’Amministrazione da cui di-
pende l’agente o l’impiegato responsabile.
Per ciò che concerne la riscossione dei crediti liquidati dalla Corte, il
D.P.R. 24-6-1998, n. 260 (emanato in attuazione dell’art. 20, comma 8, del-
la L. 59/1997) stabilisce che ad essa provvede l’amministrazione o l’ente ti-
tolare del credito attraverso l’ufficio designato con decreto del Ministro com-
petente o con provvedimento dell’organo di governo dell’amministrazione
o degli enti stessi.
I suddetti crediti possono essere recuperati mediante ritenuta su tutte le
somme spettanti ai responsabili del danno erariale in base al rapporto di la-
voro, di impiego o di servizio nonché il trattamento di fine rapporto e quel-
lo di quiescenza.
Per gli enti locali l’esecuzione delle sentenze di condanna della Corte,
sempre secondo quanto disposto dal D.P.R. 260/1998 (art. 2 comma 4), può
essere affidata ai concessionari del servizio di riscossione.

Glossario
Consiglio di Stato: è un organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della
giustizia nell’amministrazione.
Avvocatura dello Stato: gruppo di giuristi specializzati che rappresenta e difende in giu-
dizio l’amministrazione statale e, più in generale, tutti i poteri dello Stato quando svolga-
no attività sostanzialmente amministrative. L’Avvocatura dello Stato tutela in sede giudi-
ziaria gli interessi patrimoniali e non patrimoniali dello Stato e di altri enti ammessi al pa-
trocinio, ai quali presta pure la propria consulenza senza limiti di materia.
Corte di Cassazione: è organo di vertice dell’organizzazione giudiziaria, con sede a Roma
e giurisdizione in tutto il territorio nazionale. I giudici della Corte esaminano le questioni
relative alla materia civile, penale e di lavoro e risolvono le questioni che coinvolgono il
Consiglio di Stato e la Corte dei conti. La Corte di Cassazione giudica i ricorsi proposti
contro le sentenze di appello. In tal modo verifica l’esatta osservanza della legge e assicu-
ra la sua uniforme interpretazione, dettando i criteri interpretativi cui i giudici di grado in-
feriore devono attenersi nelle loro decisioni.
Capitolo terzo
Il sistema dei controlli

Sommario: 1. I controlli in generale. - 2. I controlli del Dipartimento della Ragione-


ria Generale dello Stato. - 3. Il monitoraggio e controllo dei conti pubblici. - 4. L’analisi
e la valutazione della spesa. - 5. I controlli interni di gestione. - 6. La riforma dei control-
li di regolarità amministrativa e contabile: il D.Lgs. 30 giugno 2011, n. 123. - 7. Segue:
Il controllo di regolarità amministrativa e contabile sugli atti delle amministrazioni sta-
tali. - 8. Segue: I controlli dei collegi dei revisori dei conti e sindacali presso gli enti e or-
ganismi pubblici. - 9. Segue: Le verifiche sulla regolarità amministrativa e contabile. -
10. Il controllo esterno: La Corte dei conti. - 11. I controlli per le Regioni.

1. I controlli in generale
A) Caratteri generali
La funzione di controllo costituisce una delle tre fondamentali estrinse-
cazioni dell’attività amministrativa, insieme con quella attiva e quella con-
sultiva.
Principali fonti normative del sistema di controllo che caratterizza la fi-
nanza pubblica italiana sono gli artt. 100, 103, 125 della Costituzione. Sa-
rebbe però erroneo considerare le previsioni costituzionali in materia di con-
trollo sulle pubbliche amministrazioni come un sistema in sé concluso e per-
fetto: nulla preclude al legislatore ordinario di introdurre nuove forme di
controllo purché per queste ultime sia rintracciabile nella Costituzione un
adeguato fondamento normativo (così la Corte Costituzionale con senten-
za 29/1995).
Perché vi sia attività di controllo è necessaria la sussistenza di due pre-
supposti: la diversità di organi (si parla di rapporto interorganico) e la so-
vraordinazione dell’organo controllante nei confronti di quello controllato.

Quali tipi di controllo ha individuato la dottrina più accreditata?


La dottrina distingue i controlli in:
a) controlli di legittimità e controlli di merito, a seconda che si limitino ad accertare la
sola legittimità dell’operato dell’organo controllato oppure estendano il sindacato
all’opportunità ed alla convenienza che hanno ispirato tale operato;
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 185

b) controlli preventivi e controlli successivi, a seconda che intervengano prima o dopo il


momento in cui l’atto, già formato, produce i suoi effetti;
c) controlli repressivi e controlli sostitutivi, a seconda che l’organo controllante abbia o
meno il potere di sostituirsi nell’emanazione dell’atto all’organo controllato.

B) Controlli interni e controlli esterni


Passando ad esaminare più specificamente l’attività di controllo eserci-
tata sull’operato dell’amministrazione in materia di contabilità, ci occupia-
mo di due categorie di controlli: controlli interni ed esterni, così qualifica-
ti poiché i primi provengono da organi facenti parte dell’amministrazione
stessa, mentre i secondi sono effettuati da organi esterni all’amministrazio-
ne controllata.
I controlli interni si suddividono in:
a) controlli gerarchici. Sono quelli esercitati dall’autorità gerarchica im-
mediatamente sovraordinata all’organo i cui atti sono sottoposti a con-
trollo. In genere, tale tipo di controllo consente la riforma, la revoca,
l’annullamento dell’atto preso in esame, in conformità dei principi ge-
nerali che regolano la subordinazione gerarchica;
b) controlli di ragioneria. Attraverso di essi viene effettuato il controllo di
ordine tecnico più importante sulle attività relative od in qualunque modo
connesse ad operazioni contabili.
I controlli esterni sono costituiti, in genere, da:
a) controllo giurisdizionale. È quello esercitato dagli organi giurisdiziona-
li che, nell’esercizio delle loro funzioni, si imbattono in atti della Pub-
blica Amministrazione sui quali, ciascuno in relazione alla sfera della
propria giurisdizione, deve portare il suo sindacato;
b) controllo parlamentare. Fino alla L. 196/2009 la funzione di controllo
esercitata dal Parlamento era legata prevalentemente al suo compito isti-
tuzionale di approvare i bilanci; la nuova legge di contabilità e finanza
invece valorizza e potenzia il suo ruolo di controllo e monitoraggio at-
traverso innanzi tutto l’arricchimento informativo dei principali docu-
menti di finanza pubblica; la compilazione di note esplicative riguardo
le tecniche di previsione impiegate; la redazione di allegati informativi
sull’efficacia delle manovre di finanza pubblica e sul monitoraggio del-
le entrate, delle spese e del fabbisogno del settore statale nel corso dell’an-
186 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

no e così via, tutte informazioni queste che potranno aiutare l’organo co-
stituzionale a capire in che modo le risorse sono state impiegate negli
esercizi precedenti e i risultati raggiunti.
L’art. 6 della L. 196/2009, inoltre, allo scopo di rafforzare il ruolo di controllo della Ca-
mera e del Senato sulla finanza pubblica ha introdotto il principio di accesso da parte del-
le due assemblee a tutte le banche dati rilevanti per monitoraggio della finanza pubblica e
ogni altra fonte utile.
A tal fine, il comma 2 dello stesso art. 6, stabilisce quali disegni di legge e leggi, compre-
si gli allegati, devono essere pubblicati nel sito del MEF in formato elettronico; mentre i
decreti di variazione al bilancio relativi all’approvazione di provvedimenti legislativi sono
pubblicati sul sito del MEF il giorno dopo a quello della loro registrazione da parte della
Corte dei conti.
Sono soggette al controllo delle Camere anche le delibere del CIPE, che le invia, per via
telematica, entro 10 giorni dalla data di registrazione da parte della Corte dei conti, se sono
sottoposte a tale procedura, in caso contrario entro 10 giorni dalla loro adozione;

c) controllo amministrativo. Si tratta dell’attività volta a verificare la ri-


spondenza dell’operato della Pubblica amministrazione ai normali cri-
teri di buona amministrazione.
L’organo di controllo preposto al controllo esterno è per le Amministra-
zioni dello Stato la Corte dei conti, sia per il controllo preventivo di le-
gittimità che per il controllo successivo sulla gestione (art. 100, comma
2 Cost.); il controllo esterno sugli enti pubblici è esercitato dai Ministe-
ri titolari del potere di vigilanza e dalla stessa Corte dei conti, mentre
per le Amministrazioni regionali e degli enti locali il controllo succes-
sivo sui risultati delle gestioni è attribuito alla Corte dei conti, ai sensi
della L. 20/1994.

2. I controlli del Dipartimento della ragioneria


generale dello Stato
Il controllo esercitato dalla Ragioneria generale viene generalmente qua-
lificato come un controllo interno, un controllo che, cioè, si svolge ad ope-
ra di organi che sono parte integrante della Pubblica Amministrazione.
Il D.P.R. 43/2008 ha disposto che il Dipartimento si occupi del settore
politiche di bilancio e del coordinamento e della verifica degli andamenti di
finanza pubblica, monitorando gli eventuali scostamenti dalle previsioni
nonché dei controlli e delle verifiche previste dall’ordinamento comprese le
funzioni ispettive e i controlli di regolarità amministrativa e contabile.
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 187

Il controllo della Ragioneria generale viene esercitato dagli Uffici cen-


trali del bilancio, costituiti presso i Ministeri, e dalle Ragionerie territoria-
li dello Stato (operanti presso gli organi decentrati delle amministrazioni
dello Stato).
La Ragioneria generale è normalmente presente, presso gli enti pubbli-
ci sovvenzionati dallo Stato, mediante uno o più membri con funzione di
sindaci o revisori dei conti, mentre non le compete il controllo contabile su-
gli atti degli enti locali territoriali, che viene invece espletato da appositi uf-
fici interni di ragioneria.
Al DRGS il D.Lgs. 123/2011 (riforma dei controlli di regolarità ammini-
strativo-contabile)— di cui si dirà approfonditamente nei prossimi paragrafi
— affida, nell’ambito delle proprie competenze istituzionali e attraverso i pro-
pri uffici centrali e periferici e i Servizi ispettivi di finanza pubblica, un ruolo
fondamentale nei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenzia
il suo ruolo nell’ambito dell’analisi e della valutazione della spesa pubblica.

3. Il monitoraggio e controllo dei conti pubblici


L’art. 14 della L. 196/2009 in tema di monitoraggio e controllo dei con-
ti pubblici fissa i compiti in tale ambito dei dipartimenti del MEF.
Il DRGS, con riferimento alle attività di verifica e monitoraggio, deve:
— consolidare le operazioni delle amministrazioni pubbliche e valutare la
coerenza dell’evoluzione della grandezze di finanza pubblica nel corso
della gestione con gli obiettivi indicati nel DEF, verificandone il rag-
giungimento;
— monitorare gli effetti finanziari delle misure previste dalla manovra di fi-
nanza pubblica e dei principali provvedimenti adottati in corso d’anno;
— verificare la regolarità della gestione amministrativo-contabile delle am-
ministrazioni pubbliche, escluse le Regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano;
— monitorare i flussi di cassa delle pubbliche amministrazioni, tenendo
conto anche delle risultanze del SIOPE.
Inoltre, il DRGS è incaricato del monitoraggio dell’andamento delle en-
trate contributive.
Riguardo gli strumenti di carattere informativo, il DRGS deve mensil-
mente, entro il mese successivo a quello di riferimento, pubblicare una re-
188 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

lazione sul conto consolidato di cassa dell’amministrazione centrale,


con indicazioni settoriali sugli enti degli altri comparti delle amministrazio-
ni pubbliche tenendo conto anche delle informazioni fornite dal SIOPE; allo
stesso modo mensilmente il dipartimento deve pubblicare un rapporto sull’an-
damento delle entrate contributive.
Al Dipartimento delle finanze spetta monitorare:
— l’andamento delle entrate tributarie;
— gli effetti finanziari sul lato delle entrate delle misure tributarie previste
dalla manovra di bilancio e dai principali provvedimenti tributari adot-
tati nel corso dell’anno.
Infine, il Ministro dell’economia entro il 31 maggio ed entro il 30 settembre e il 30 novem-
bre presenta alle Camere una relazione sul conto consolidato di cassa delle amministrazio-
ni pubbliche riferita, rispettivamente, al primo trimestre, al primo semestre e ai primi nove mesi
dell’anno, evidenziando laddove opportuno l’aggiornamento delle stime per sotto settori previ-
sto dalla seconda sezione del DEF, lett. b), nonché sulla consistenza del debito pubblico.
Fino all’istituzione della banca dati prevista dall’art. 13 della L. 196/2009, per consentire
il controllo e il monitoraggio dei conti pubblici le amministrazioni pubbliche e gli enti e so-
cietà tenuti all’invio dei bilanci alle amministrazioni vigilanti, inviano telematicamente al
DRGS i dati relativi ai bilanci di previsione, alle relative variazioni, e ai conti consuntivi non-
ché tutte le informazioni necessarie alle verifiche di ragionerie sin qui descritte.
Per rafforzare il controllo e il monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica, nell’am-
bito dei collegi di revisione o sindacali delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione de-
gli enti e organismi pubblici territoriali, deve essere inserito un rappresentante del MEF
senza però aumentare il numero dei revisori o dei sindaci. I collegi riferiscono tramite verbali
circa l’osservanza degli adempimenti previsti dalla L. 196/2009 e dei componenti del collegio.
Ai fini del monitoraggio della spesa pubblica, l’art. 22 D.L. 201/2011, conv. in L. 214/2011,
stabilisce che gli enti e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto priva-
to, escluse le società, che beneficiano di contributi statali, sono tenuti, se i rispettivi ordinamen-
ti non lo prevedono, a trasmettere alle amministrazioni vigilanti e al DRGS i bilanci entro die-
ci giorni dalla delibera o approvazione.

4. L’analisi e la valutazione della spesa


La L. 196/2009 dedica un Capo, il IV, all’analisi e alla valutazione della
spesa; in particolare, l’art. 39 dispone che il MEF collabori con le ammi-
nistrazioni centrali dello Stato allo scopo di contribuire alla verifica dei
risultati programmatici (previsti nella prima sezione del DEF) e degli obiet-
tivi assegnati alle missioni di bilancio. Tale collaborazione si instaura
nell’ambito di appositi nuclei di analisi e valutazione della spesa, istituiti
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 189

senza nuovi e maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le attività svol-
te dai nuclei di valutazione sono funzionali alle proposte di rimodulazione
delle risorse finanziarie tra i diversi programmi nella fase di formazione del
disegno di legge di bilancio e alla predisposizione del rapporto sui risultati
esposto nella prima sezione della nota integrativa al rendiconto generale.
Il MEF fornisce altresì alle amministrazioni il supporto metodologico
per la definizione delle previsioni di spesa e dei fabbisogni relativi ai pro-
grammi e agli obiettivi indicati nella nota integrativa al bilancio di previ-
sione, e per gli indicatori ad essi associati.
Ogni tre anni a partire dalla creazione della banca dati di cui all’art. 13 della L. 196/2009
il MEF, attraverso il DRGS, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri/Dipartimento del-
la funzione pubblica, elabora un Rapporto sulla spesa delle pubbliche amministrazioni del-
lo Stato. Esso è predisposto entro il 20 luglio dell’ultimo anno di ciascun triennio e deve es-
sere inviato al Parlamento.
Nell’ambito della banca dati di cui sopra, il MEF istituisce e condivide con le amministra-
zioni centrali un’apposita sezione che raccoglie tutte le informazioni necessarie alla realizza-
zione delle attività si qui descritte.

Strettamente connesso agli artt. 39 e 41 è l’art. 49 della L. 196/2009 che


contiene la delega al Governo per la revisione dei controlli di ragioneria e
del programma di analisi e valutazione della spesa che dovrà essere esteso
a tutte le amministrazioni pubbliche.
Tale delega è stata attuata con il D.Lgs. 123/2011 che all’articolo 4 ne
definisce il significato: «L’analisi e valutazione della spesa è l’attività siste-
matica di analisi della programmazione e della gestione delle risorse finan-
ziarie e dei risultati conseguiti dai programmi di spesa, finalizzata al miglio-
ramento del grado di efficienza ed efficacia della spesa pubblica anche in
relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica». L’articolo
citato esplicita anche le finalità di questo tipo di analisi, indica i soggetti
coinvolti e le attività da svolgere nell’ambito di questo processo.
L’analisi e la valutazione della spesa delle amministrazioni centrali
dello Stato si svolge nell’ambito dei nuclei di analisi e valutazione, su ci-
tati. Ciascun nucleo è costituito da rappresentanti del Ministero interessato
e del MEF/DRGS, che ne cura il coordinamento (art. 25, D.Lgs. 123/2011).
I nuclei di valutazione svolgono la loro funzione seguendo un programma di lavoro trien-
nale e redigono annualmente una relazione illustrativa delle attività svolte e degli obiettivi rag-
giunti, entrambi i documenti devono essere trasmessi, annualmente, ai Ministri competenti. I
risultati conseguiti sono utilizzati per elaborare il rapporto triennale della spesa di cui all’arti-
190 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

colo 41 della L. 196/2009, su visto. Il rapporto va inviato alle Camere entro il 30 settembre del
triennio di riferimento, per l’esame delle Commissioni parlamentari competenti per materia e
per profili finanziari, nonché alle sezioni riunite della Corte dei conti.

Concorrono all’attività di analisi e valutazione della spesa: a) gli Uffici


centrali di bilancio, attraverso la partecipazione ai nuclei di cui sopra; b)
le Ragionerie territoriali, attraverso l’analisi delle spese statali soggette al
loro controllo e il concorso al monitoraggio del rispetto del patto di stabili-
tà degli enti locali presenti sul territorio di propria competenza; c) i Servi-
zi ispettivi di finanza pubblica, attraverso il monitoraggio necessario alla
verifica dell’efficacia delle azioni messe in atto per raggiungere degli obiet-
tivi di finanza pubblica, al miglioramento dell’efficienza nell’impiego del-
le risorse pubbliche destinante a sostenere altrettante spese.
L’articolo 26 del D.Lgs. 123/2011 prevede il potenziamento delle strutture e degli stru-
menti del DRGS, chiamato a svolgere con il coordinamento dei nuclei di analisi e valutazio-
ne della spesa un ruolo molto importante. In particolare, l’articolo in questione sottolinea la
necessità per il Dipartimento di rafforzare la presenza di personale con formazione e compe-
tenze specialistiche nell’ambito dell’analisi e valutazione della spesa.
L’articolo 27 contiene una serie di disposizioni per promuovere e migliorare le basi in-
formative utilizzate per l’attività di cui si discute tramite la realizzazione e la condivisione di
banche dati tra amministrazioni.
Per rendere effettivo il coordinamento dei soggetti coinvolti, l’art. 27 prevede che tutti i
dati raccolti utili al monitoraggio sistematico o che abbiano caratteristiche di continuità per
l’analisi e la valutazione della spesa, confluiscano nella banca unitaria delle amministrazioni
pubbliche, in caso di mancata comunicazione dei dati sono previste sanzioni amministrative
pecuniarie a carico dei dirigenti responsabili delle amministrazioni interessate e commisurate
ad una percentuale, compresa tra il 2 e il 7%, della loro retribuzione di risultato.
Infine, l’articolo 28 stabilisce che il programma di analisi e valutazione della spesa, ini-
zialmente previsto per le sole amministrazioni centrali dello Stato, sarà progressivamente este-
so, e in via sperimentale, anche alle altre amministrazioni sottoposte alla vigilanza dei Mini-
steri. Rimangono escluse le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti lo-
cali e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le amministrazioni locali in virtù dell’autono-
mia costituzionale di cui godono. Per tali enti, tuttavia, le disposizioni del D.Lgs. 123/2011
sono norme di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

5. I controlli interni di gestione


Per lungo tempo sconosciuti al nostro ordinamento (soltanto la L. 335/1976
sulla contabilità delle Regioni a statuto ordinario sembrava farvi cenno), i
controlli interni sull’economicità della gestione, condotti sulla base di indi-
catori economici, finanziari, di rendimento e di risultato, sono unanimemen-
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 191

te considerati uno degli strumenti più efficaci per garantire il buon anda-
mento amministrativo e l’oculata gestione delle risorse pubbliche.
La disciplina dei controlli interni è contenuta nel D.Lgs. 286/1999, che
ne individua quattro diversi tipi:
1. il controllo di regolarità amministrativa e contabile, volto a garanti-
re la legittimità, regolarità e correttezza dell’azione amministrativa. Esso
è svolto dagli organi già previsti dalle disposizioni vigenti nei diversi
comparti della pubbliche amministrazioni, e in particolare dagli «organi
di revisione, ovvero gli uffici di ragioneria, nonché dai servizi ispettivi»
(art. 2, comma 1), ivi compresi i servizi ispettivi di finanza della ragio-
neria generale dello Stato e quelli con competenze di carattere generale;
2. il controllo di gestione, volto a verificare l’efficacia, l’efficienza ed eco-
nomicità dell’azione amministrativa al fine di ottimizzare, anche median-
te tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;
3. la valutazione dei dirigenti, diretta a valutare le prestazioni del perso-
nale con qualifica dirigenziale;
4. il controllo strategico, volto a valutare l’adeguatezza delle scelte com-
piute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di de-
terminazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risul-
tati conseguiti e obiettivi predefiniti. Quest’ultima tipologia di control-
li deve supportare l’attività di programmazione strategica e di indirizzo
politico ed è svolta da strutture che rispondono direttamente agli organi
di indirizzo politico-amministrativo.
Il D.Lgs. 150/2009, di attuazione della “Riforma Brunetta”, è interve-
nuto massicciamente sul sistema dei controlli interni così come delineato
dal D.Lgs. 286/1999.
Infatti, dal 30 aprile 2010 è abrogata la disciplina sulla valutazione della
dirigenza (art. 5 D.Lgs. 286/1999), che viene sostituita da quella relativa alla
misurazione e valutazione della performance svolta dagli Organismi indi-
pendenti di valutazione della performance, i quali sostituiscono a loro vol-
ta i servizi di controllo interno, comunque denominati, di cui al D.Lgs. 286/1999.
L’Organismo indipendente, infatti, monitora il funzionamento comples-
sivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei control-
li interni ed elabora una relazione annuale sullo stato dello stesso; garanti-
sce, altresì, la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, nel ri-
spetto del principio di valorizzazione del merito e della professionalità.
192 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

Ulteriore novità recata dal D.Lgs. 150/2009 è costituita dalla confluen-


za della funzione di valutazione e controllo strategico — nei termini di cui
all’art. 6, comma 1, D.Lgs. 286/1999 — nella competenza dagli Organismi
in questione. A tal fine, questi ultimi riferiscono direttamente all’organo di
indirizzo politico-amministrativo.
I controlli di regolarità amministrativa e contabile, che esaminiamo nei
paragrafi successivi, sono stati, a loro volta, innovati dal D.Lgs 30-6-2011,
n. 123. La riforma attiene unicamente alle procedure del controllo, non an-
dando a incidere sulla formazione degli atti controllati e la sua ratio è da
rinvenire, essenzialmente, nell’esigenza di razionalizzazione e riorganizza-
zione delle norme in materia, contenute in svariati testi normativi.
Nel caso specifico delle Regioni è invece intervenuto l’art. 14, com-
ma 1, del D.L. 138/2011, convertito in L. 148/2011, disponendo l’istituzio-
ne, sulla falsariga di quanto già avviene per gli enti locali, di un Collegio
dei revisori dei conti quale organo incaricato di vigilare, a decorrere dal 1°
gennaio 2012, sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica dell’en-
te, operando in stretto contatto con le sezioni regionali di controllo della
Corte dei conti. Il suddetto provvedimento prevede che i revisori vengano
estratti da un elenco i cui iscritti devono possedere i requisiti previsti dai
principi contabili internazionali, avere la qualifica di revisori legali (di cui
al D.Lgs. 39/2010) ed essere in possesso di una specifica qualificazione pro-
fessionale in materia di contabilità pubblica e gestione economica e finan-
ziaria degli enti territoriali, secondo criteri individuati dalla Corte dei conti.
Il D.L. 138/2011 modifica anche le modalità di nomina dei revisori dei
conti degli enti locali, stabilendo che, a decorrere dal primo rinnovo dell’or-
gano successivo all’entrata in vigore del decreto stesso, essi vengano scel-
ti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti i sog-
getti iscritti, a livello regionale, al Registro dei revisori legali, nonché quel-
li iscritti all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
La legge finanziaria 2008 (L. 244/2007), come si vedrà anche in seguito,
è intervenuta in più punti in tema di controlli. Così il comma 69, art. 3, sta-
bilisce che il Comitato tecnico-scientifico per il controllo strategico nelle
amministrazioni dello Stato, entro il mese di gennaio, deve impartire ai ser-
vizi di controllo interno (ora organismo di valutazione) le linee guida che que-
sti devono seguire per compiere l’istruttoria su cui si basa la relazione che
ogni Ministro deve trasmettere alle Camere, entro il 15 giugno di ogni anno,
per l’esame da parte delle Commissioni parlamentari competenti, sullo stato
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 193

della spesa, sull’uso razionale delle risorse da parte delle amministrazioni


di competenza e sul grado di efficienza dell’azione amministrativa svolta in
relazione alle missioni e ai programmi su cui si basa il bilancio dello Stato.

6. La riforma dei controlli di regolarità ammini-


strativa e contabile: il D.Lgs. 30 giugno 2011, n. 123
In attuazione dell’articolo 49 della L. 196/2009 è stato emanato il D.Lgs.
30-6-2011, n. 123, recante la riforma dei controlli di regolarità amministra-
tiva e contabile e potenziamento dell’attività di analisi e valutazione della
spesa (di questo ultimo aspetto si è detto nel §4). Va detto innanzi tutto che
il decreto non ha riflessi sull’attività di controllo di legittimità della Corte
dei conti, ma attiene unicamente ai controlli di regolarità amministrativo-
contabile di cui al D.Lgs. 286/1999 (cfr. §5).

A) I principi del controllo amministrativo-contabile


Il tipo di controllo in esame ha per oggetto gli atti che hanno riflessi finan-
ziari sui bilanci dello Stato, delle altre amministrazioni pubbliche e degli
organismi pubblici. Esso si svolge in via preventiva o successiva rispetto al mo-
mento in cui l’atto di spesa produce i suoi effetti e ha come fini quelli di assicu-
rare la trasparenza, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa.
Sono fatte salve le disposizioni specifiche riguardanti i controlli delle
amministrazioni, degli organismi e degli organi dello Stato dotati di auto-
nomia finanziaria e contabile.

B) Gli organi di controllo


I soggetti titolari della funzione del controllo di regolarità amministra-
tivo-contabile sugli atti adottati dalle amministrazioni statali centrali e pe-
riferiche sono, rispettivamente, gli Uffici centrali del bilancio e le Ragio-
nerie territoriali dello Stato secondo il proprio ambito di competenza, che
sono detti uffici di controllo.
Gli atti adottati dalle amministrazioni periferiche organizzate su base in-
terprovinciale e interregionale sono sottoposti all’ufficio di controllo terri-
torialmente competente.
Il controllo sui decreti interministeriali è svolto dagli Uffici centrali del
bilancio, individuati in relazione agli stati di previsione della spesa sui qua-
li il decreto produce effetti finanziari.
194 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

Infine, il controllo sugli atti adottati dagli enti e organismi pubblici è


svolto dal collegio dei revisori dei conti e sindacali (cfr. §8).

7. Segue: Il controllo di regolarità amministrati-


va e contabile sugli atti delle amministrazioni
statali
A) Il controllo preventivo
L’articolo 5 del D.Lgs. 123/2011 fissa un principio generale secondo cui
sono sottoposti al controllo preventivo di regolarità amministrativa e contabile
tutti gli atti dai quali derivino effetti finanziari per il bilancio dello Stato, ad ec-
cezione di quelli posti in essere dalle amministrazioni, dagli organismi e dagli
organi dello Stato dotati di autonomia finanziaria e contabile (quali ad esempio
la Corte costituzionale, le Agenzie, il Consiglio di Stato). Il comma 2 stabilisce
che alcune tipologie di atti devono comunque essere assoggettati al controllo
preventivo, indipendentemente, quindi, dall’immediata produzione di effetti fi-
nanziari. Si tratta di:
a) atti soggetti a controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti;
b) decreti di approvazione di contratti o atti aggiuntivi, atti di cottimo
e affidamenti diretti, atti di riconoscimento di debito;
c) provvedimenti o contratti di assunzione di personale a qualsiasi titolo;
d) atti relativi al trattamento giuridico ed economico del personale sta-
tale in servizio;
e) accordi in materia di contrattazione integrativa, di qualunque livello,
intervenuti ai sensi della vigente normativa legislativa e contrattuale. Gli
accordi locali stipulati dalle articolazioni centrali e periferiche dei Mini-
steri sono sottoposti al controllo da parte del competente Ufficio centrale
del bilancio;
f) atti e provvedimenti comportanti trasferimenti di somme dal bilan-
cio dello Stato ad altri enti o organismi;
g) atti e provvedimenti di gestione degli stati di previsione dell’entra-
ta e della spesa, nonché del conto del patrimonio.
I contratti dichiarati segretati o che esigono particolari misure di sicurezza (art. 17,
D.Lgs. 163/2006) sono sottoposti unicamente al controllo contabile, fatto salvo, in ogni caso,
il controllo della Corte dei conti.
Gli atti sottoposti al controllo preventivo sono corredati da titoli, documenti, certificazio-
ni previste da specifiche norme e da ogni altro atto o documento giustificativo degli stessi.
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 195

Sono fatte salve le disposizioni in materia di dematerializzazione degli atti e dei flussi in-
formativi tra le pubbliche amministrazioni, con particolare riferimento alle disposizioni in ma-
teria di Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005).

1) Il controllo contabile
L’articolo 6 del D.Lgs. 123/2011 regola una particolare tipologia di control-
lo preventivo: il controllo contabile. Esercitato dagli uffici di controllo, esso è di
tipo finanziario. Gli uffici di controllo, infatti, devono effettuare la registrazione
contabile delle somme relative agli atti di spesa elencati in precedenza, con il con-
seguente effetto di rendere indisponibili ad altri fini le somme ad essa riferite.
Gli atti di spesa non possono essere registrati quando:
— pervengono oltre il 31 dicembre, termine perentorio di ricevibilità dell’esercizio finanzia-
rio cui si riferisce la spesa, fatti salvi quelli che derivano direttamente dall’applicazione
di provvedimenti legislativi pubblicati nell’ultimo quadrimestre dell’anno;
— la spesa ecceda lo stanziamento del capitolo di bilancio, ovvero dell’articolo, qualora il
capitolo sia suddiviso in articoli;
— la spesa sia imputata erroneamente rispetto al capitolo di bilancio o all’esercizio finanzia-
rio, o alla competenza piuttosto che ai residui;
— siano violate le disposizioni che prevedono specifici limiti a talune categorie di spesa;
— non si rinviene la compatibilità dei costi della contrattazione integrativa con i vincoli di
bilancio (art. 40bis D.Lgs. 165/2001).

2) Il controllo amministrativo
Consiste nel raffronto tra l’atto di spesa che è stato sottoposto al control-
lo contabile e la norma sostanziale che regola l’atto stesso. Fino a che il con-
trollo amministrativo non è terminato le somme registrate sono accantona-
te e rese indisponibili fino al momento del pagamento. In caso di esito ne-
gativo del controllo di regolarità amministrativa, gli atti non producono ef-
fetti a carico del bilancio dello Stato, salvo che sia esplicitamente richiesto
di dare ulteriore corso al provvedimento, sotto la responsabilità del dirigen-
te titolare della spesa.
3) I termini del controllo preventivo
Gli atti sottoposti a controllo preventivo, contestualmente alla loro adozio-
ne, sono inviati all’ufficio di controllo che, entro trenta giorni dal ricevimen-
to, provvede all’apposizione del visto di regolarità amministrativa e contabile.
Per i provvedimenti o contratti di assunzione di personale a qualsiasi ti-
tolo e per gli atti relativi al trattamento giuridico ed economico del perso-
nale statale in servizio, l’ufficio di controllo si pronuncia entro sessanta
196 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

giorni. Per gli accordi in materia di contrattazione integrativa, restano fer-


mi i termini previsti dalle vigenti disposizioni contrattuali.
Trascorsi il termine di trenta giorni senza che l’ufficio di controllo ab-
bia formulato osservazioni o richiesto ulteriore documentazione, l’atto ac-
quista efficacia e viene restituito vistato.
Se ci sono osservazioni o richiesta di chiarimenti, i termini per l’esple-
tamento del controllo sono interrotti fino al momento in cui l’ufficio di con-
trollo riceve i documenti o i chiarimenti richiesti.
Il controllo degli atti di cui lettere b), c) e d), su elencate (lett. A), può
essere esercitato secondo un programma annuale approvato dal Ragionie-
re generale dello Stato, basato sulla complessità degli atti, sulla loro rile-
vanza ai fini della finanza pubblica e sull’efficacia dell’esercizio del con-
trollo.
Il dirigente responsabile, ricevute le osservazioni o le richieste di chia-
rimenti da parte dell’ufficio di controllo, comunica, entro trenta giorni, se
intende modificare o ritirare il provvedimento, per conformarsi alle indica-
zioni ricevute dall’ufficio di controllo.
Entro lo stesso termine il dirigente responsabile, sotto la propria respon-
sabilità, può disporre di dare comunque seguito al provvedimento, che ac-
quista efficacia pur in presenza di osservazioni. In tali casi l’ufficio di con-
trollo ne prende atto e trasmette l’atto, corredato dalle osservazioni e dalla
relativa documentazione, al competente ufficio di controllo della Corte dei
conti.
Nei casi in cui il termine di trenta giorni decorra senza alcuna disposi-
zione impartita dal dirigente responsabile, il provvedimento oggetto di ri-
lievo non acquista efficacia, è improduttivo di effetti contabili e viene resti-
tuito, non vistato, all’amministrazione emittente.
Non è possibile disporre l’ulteriore corso del provvedimento nei seguen-
ti casi:
1. provvedimenti non sorretti da un’obbligazione giuridicamente perfezio-
nata o che dispongono l’utilizzo di somme destinate ad altre finalità;
2. provvedimenti concernenti pagamenti in conto sospeso (art. 14 D.L.
669/1996, conv. in L. 30/1997) non derivanti da provvedimenti giurisdi-
zionali o da lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva.
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 197

B) Il controllo successivo
Sono sottoposti al controllo successivo di regolarità amministrativa e
contabile i seguenti atti (art. 11):
— rendiconti amministrativi relativi alle aperture di credito alimentate con
fondi di provenienza statale resi dai funzionari delegati titolari di contabi-
lità ordinaria e speciale. Il controllo per questa tipologia di atti può essere
esercitato secondo un programma elaborato sulla base dei criteri definiti
con decreto del MEF; tale programma deve in ogni caso comprendere i
rendiconti assoggettati annualmente al controllo della Corte dei conti;
— rendiconti amministrativi resi dai commissari delegati titolari di conta-
bilità speciale di cui all’articolo 5, comma 5-bis, della 225/1992 (Istitu-
zione del Servizio nazionale della protezione civile), nonché da ogni al-
tro soggetto gestore, comunque denominato;
— rendiconti amministrativi afferenti a un’unica contabilità speciale alimen-
tata con fondi di provenienza statale e non statale per la realizzazione di
accordi di programma. Qualora la quota parte di finanziamento statale
sia maggioritaria, il riscontro viene effettuato dal competente ufficio di
controllo del DRGS. Diversamente, il competente organo di controllo è
individuato in sede di accordo di programma o dall’ordinamento dell’am-
ministrazione che mette a disposizione la prevalente quota di finanzia-
mento. In ogni caso, gli esiti del controllo sono comunicati a tutte le am-
ministrazioni partecipanti per i relativi provvedimenti di competenza;
— ogni altro rendiconto previsto da specifiche disposizioni di legge.
Per tutti i suddetti atti i soggetti gestori dei fondi devono rendere il con-
to finanziario della loro gestione al competente ufficio di controllo al termi-
ne di ciascun esercizio finanziario, nonché alla conclusione dell’intervento
delegato.
Sono inoltre sottoposti al controllo successivo di regolarità amministra-
tivo-contabile i conti giudiziali.
Per particolari tipologie di rendiconti resi da commissari delegati o com-
missari straordinari o funzionari delegati alla realizzazione di opere speci-
fiche o urgenti, possono essere stabilite procedure di controllo di tipo con-
comitante sui contratti di particolare rilevanza e complessità, secondo cri-
teri e modalità da definirsi con decreto del MEF, di concerto con i Ministri
titolari della spesa, fermo restando l’obbligo di rendicontazione.
198 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

1) Il procedimento di controllo dei rendiconti


I rendiconti amministrativi sono presentati all’ufficio di controllo com-
petente entro il venticinquesimo giorno successivo al termine dell’eser-
cizio finanziario di riferimento, corredati dalla documentazione giustifi-
cativa della spesa in originale, o in copia conforme. Per le Prefetture tale
termine è fissato al quarantesimo giorno. Sono fatte salve tutte le disposi-
zioni normative di carattere speciale che prevedono termini diversi o la pre-
ventiva trasmissione dei rendiconti alla competente amministrazione cen-
trale per i riscontri che ritenga necessari.
Nel caso di avvicendamento tra funzionari delegati, il rendiconto è reso
a cura del funzionario delegato in carica alla data prevista per la sua presen-
tazione, sulla base di specifici passaggi di consegne. I relativi verbali sono
allegati al rendiconto. In caso di oggettiva impossibilità, al rendiconto è al-
legata una specifica dichiarazione del funzionario in carica che ne attesti le
ragioni. In tale ipotesi, ciascun funzionario delegato è comunque responsa-
bile per gli atti di spesa della propria gestione.
Gli uffici di controllo:
— esaminano i rendiconti e la relativa documentazione, verificando che sia
data dimostrazione delle aperture di credito ricevute, dei titoli estinti e del-
le somme restanti e, separatamente, delle somme prelevate in contanti;
— entro l’esercizio finanziario successivo alla presentazione dei rendicon-
ti, provvedono al discarico di quelli ritenuti regolari e li restituiscono al
funzionario delegato muniti del visto di regolarità amministrativo-conta-
bile, unitamente alla documentazione originale, debitamente obliterata;
— nel caso in cui riscontrano irregolarità, non discaricano i rendiconti e in-
viano al funzionario delegato una nota di osservazione. I funzionari de-
legati rispondono ai rilievi entro trenta giorni dal ricevimento della pre-
detta nota di osservazione;
— restituiscono i rendiconti al funzionario delegato responsabile (non di-
scaricandoli), informandone contestualmente l’amministrazione che ha
disposto l’apertura di credito, quando il funzionario delegato non forni-
sca riscontro alle osservazioni dell’ufficio di controllo o le controdedu-
zioni rese non siano idonee a superare i rilievi formulati.
Nei due ultimi casi, l’ufficio di controllo informa la competente sezione di
controllo della Corte dei conti. Fatte salve le eventuali responsabilità ammini-
strativo-contabili e disciplinari, del comportamento del funzionario si tiene con-
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 199

to anche ai fini della corresponsione della quota del trattamento economico ac-
cessorio collegato alla produttività individuale e della retribuzione di risultato.
Nel caso di mancata presentazione del rendiconto nel termine previsto,
l’ufficio di controllo diffida il funzionario delegato inadempiente assegnan-
dogli un termine per la presentazione, e ne informa l’amministrazione cen-
trale di appartenenza. Decorso senza esito tale termine, il rendiconto è pre-
disposto d’ufficio a cura dell’amministrazione che ha disposto l’apertura di
credito, con oneri finanziari a carico del funzionario delegato inadempiente.
2) La Relazione sulla realizzazione degli interventi delegati
L’articolo 15 dispone che i funzionari delegati, i commissari delegati, i
commissari di Governo o in qualunque altro modo denominati, oltre al ren-
diconto amministrativo, devono presentare annualmente all’ufficio di con-
trollo, una relazione sullo stato degli interventi, indicando, eventualmente,
i motivi che non hanno consentito di concludere le opere ad essi delegate
nei tempi previsti. Si tratta in sostanza di una rendicontazione per progetto,
novità questa introdotta dalla riforma e che consente di valutare in concre-
to l’impiego dei fondi pubblici stanziati per la realizzazione di talune ope-
re. La relazione è trasmessa all’ufficio di controllo per il successivo inoltro
al Ministero delegante ed anche alla competente sezione di controllo della
Corte dei conti. Di essa si tiene conto anche ai fini della valutazione della
performance individuale.
3) Il controllo dei conti giudiziale
Si veda Parte I, Cap. 6, §3
4) I controlli sull’attività di riscossione
Si veda Parte I, Cap. 6, §4

C) La Relazione annuale sull’esito del controllo


L’articolo 18 del D.Lgs. 123/2011 completa il sistema dei controlli di cui si discute, preveden-
do la redazione annuale (entro il mese di febbraio) da parte degli uffici di controllo di una relazio-
ne in cui viene indicata a ciascuna amministrazione interessata le principali irregolarità riscontrate
nell’esercizio negli atti sottoposti al controllo sia preventivo sia successivo relativo all’anno prece-
dente. Nella relazione devono essere indicati i casi in cui non è stato apposto il visto di regolarità.
La relazione deve essere inviata anche alla Corte dei conti e all’Ispettorato generale di finanza.
Il DRGS riferisce annualmente al Ministro dell’economia e delle finanze riguardo le atti-
vità di verifica, valutazione e monitoraggio espletate, nell’ambito della relazione prevista dall’ar-
ticolo 25 del D.Lgs. 123/2011 (cfr. §4). A tale fine gli uffici di controllo effettuano un costan-
te monitoraggio finanziario sugli andamenti delle spese, per singola legge o per determinate
200 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

tipologie di spese, secondo le disposizioni e con le modalità indicate dalle leggi vigenti. Le
conclusioni del monitoraggio finanziario sono trasmesse anche al Ministero competente all’ado-
zione delle misure correttive. Nella relazione viene dato conto, in particolare, della comples-
siva attività di monitoraggio svolta in relazione alle clausole di salvaguardia specificando per
ciascuna l’andamento effettivo degli oneri rispetto alle previsioni di spesa.

8. Segue: I controlli dei collegi dei revisori dei con-


ti e sindacali presso gli enti e organismi pubblici
L’articolo 19 del D.Lgs. 123/2011, premessa la delimitazione dell’am-
bito applicativo rappresentato unicamente dagli enti e dagli organismi pub-
blici, con esclusione, quindi, delle società in quanto queste sono regolate
dalle disposizioni del Codice civile, stabilisce che i collegi dei revisori dei
conti e sindacali degli enti ed organismi pubblici, sono costituiti con la no-
mina disposta da parte della amministrazione vigilante oppure mediante de-
liberazioni dei competenti organi degli enti e organismi stessi.
Per garantire la continuità all’attività degli organi interni di controllo l’ar-
ticolo 19 citato dispone che se entro quarantacinque giorni non si provvede alla
costituzione dei collegi, l’amministrazione vigilante nomina in via straordina-
ria, nei successivi trenta giorni, un collegio di tre componenti in possesso dei
requisiti prescritti. Decorso inutilmente il predetto termine di trenta giorni, vi
provvede il MEF nominando propri funzionari. Il collegio straordinario cessa
le proprie funzioni nel momento in cui viene nominato il nuovo collegio.
L’articolo 20 del D.Lgs. 123/2011 elenca minuziosamente i compiti dei
collegi dei revisori dei conti e sindacali; tra questi spicca quello del moni-
toraggio della spesa pubblica e la vigilanza sull’osservanza delle dispo-
sizioni di legge, regolamentari e statutarie; provvedono poi agli altri com-
piti ad essi demandati dalla normativa vigente.
Gli schemi dei bilanci preventivi, delle variazioni ai bilanci preventivi,
delle delibere di accertamento dei residui, del conto consuntivo o bilancio
d’esercizio sono sottoposti, corredati dalla relazione illustrativa o da analo-
go documento, almeno quindici giorni prima della data della relativa deli-
bera, all’esame del collegio dei revisori dei conti o sindacale. Il collegio re-
dige apposita relazione da allegare ai predetti schemi, nella quale sono sin-
tetizzati anche i risultati del controllo svolto durante l’esercizio.
L’attività dei collegi dei revisori e sindacali deve conformarsi ai princi-
pi della continuità, del campionamento e della programmazione dei control-
li, principi questi mutuati dalla disciplina propria dei soggetti privati.
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 201

Di ogni verifica, ispezione e controllo, anche individuale, nonché delle


risultanze dell’esame collegiale dei bilanci preventivi e relative variazioni
e dei conti consuntivi o bilanci d’esercizio è redatto apposito verbale.
L’articolo 21 seguente precisa il principio d’indipendenza dei compo-
nenti dell’organo di controllo interno per il quale rinvia all’articolo 2378
del Codice civile.
I rappresentanti del MEF che compongono gli organi di controllo inter-
no devono trasmettere i verbali e i documenti contabili al DRGS, anche me-
diante forme di comunicazione telematica, secondo la normativa vigente,
nonché fornire allo stesso ogni informazione richiesta.

9. Segue: Le verifiche sulla regolarità amministra-


tiva e contabile
I Servizi ispettivi di finanza pubblica svolgono le verifiche ammini-
strativo-contabili in conformità agli obiettivi generali delineati nelle diret-
tive annuali del Ministro dell’economia e delle finanze (art. 14, D.Lgs.
165/2001).
L’attività ispettiva è diretta, oltre che a ricondurre a economicità e rego-
larità amministrativo-contabile le gestioni pubbliche, anche a verificare la
regolare produzione dei servizi e a suggerire i provvedimenti dai quali pos-
sano derivare miglioramenti dei saldi delle gestioni finanziarie pubbliche e
della qualità della spesa.
I soggetti destinatari dei controlli ispettivi sono tenuti a consentire l’ac-
cesso all’ispettore incaricato e ad esibire allo stesso e, su sua richiesta, a ri-
lasciargli copia, atti, documenti e dati, anche rilevati dai sistemi informati-
ci, ritenuti necessari ai fini della verifica.
A seguito della verifica, l’ispettore incaricato predispone la relazione
ispettiva. Le criticità eventualmente riscontrate, unitamente al testo della re-
lazione, sono comunicate ai soggetti sottoposti a verifica ed alle ammini-
strazioni vigilanti, ai fini dell’adozione delle opportune misure correttive. I
soggetti ispezionati devono fornire ai Servizi ispettivi di finanza pubblica
le risposte ai rilievi formulati ed ogni inerente e successiva informazione.
Nel caso in cui la relazione evidenzi ipotesi di danno erariale, è effettua-
ta un’apposita segnalazione alla Procura regionale della Corte dei conti com-
petente per territorio (art. 6, L. 1291/1962).
202 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

10. Il controllo esterno: La Corte dei Conti


Istituita con legge 14-8-1862, n. 800, la Corte dei conti costituisce orga-
no della giustizia amministrativa con giurisdizione sulle questioni inerenti
alla contabilità pubblica e su quelle espressamente indicate dalla legge; è,
inoltre, la suprema magistratura di controllo.
La Costituzione della Repubblica ha pienamente recepito e suggellato
la posizione della Corte nell’ordinamento sancendo, all’art. 100, che «la
Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del
Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato.
Partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla ge-
stione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Ri-
ferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito».
All’art. 103, poi, aggiunge che «la Corte dei conti ha giurisdizione nel-
le materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge».
Nell’ambito del nostro ordinamento giuridico la Corte dei conti occupa,
quindi, una posizione di rilevanza costituzionale, dal momento che essa co-
stituisce uno degli organi dello Stato che svolgono una funzione organica-
mente autonoma, in posizione di indipendenza e di insindacabilità nei con-
fronti di altri organi e del potere esecutivo in particolare.

A) L’articolazione
La Corte è così articolata:
— sezioni riunite, costituiscono l’organo di chiusura del sistema di giurisdizione ammini-
strativo-contabile, con competenza a decidere sulle questioni di massima e sui conflitti di
competenza; sono titolari delle attività del giudizio di parificazione del rendiconto gene-
rale dello Stato;
— una sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle ammini-
strazioni dello Stato, ex art. 3 delib. 14/2000, come mod. dal provv. del 24-6-2011 della
Corte dei conti;
— una sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato (sud-
divisa in due collegi), ex art. 7 delib. 14/2000, come mod. dalla delib. 229/2008;
— una sezione di controllo sugli enti, esercitante il controllo sulla gestione finanziaria de-
gli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (L. 259/1958);
— una sezione delle autonomie, esercitante i controlli finanziari e le analisi comparative su-
gli andamenti complessivi della finanza regionale e locale;
— una sezione di controllo per gli affari comunitari ed internazionali (ex art. 10 delib.
14/2000, come modif. dalla delib. 229/2008);
— sezioni regionali di controllo, istituite (ex art. 2 delib. 14/2000, come modif. dalla delib.
229/2008) in ogni Regione ad autonomia ordinaria, esercitano il controllo sulla gestione
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 203

delle amministrazioni regionali e loro enti strumentali per relazionarne ai Consigli regio-
nali, nonché il controllo sulla gestione degli enti locali territoriali e loro enti strumentali,
delle università e delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella Regione.
Esse, inoltre, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verificano il rispetto degli
equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in rela-
zione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unio-
ne europea. Il comma 8bis dell’art. 7 L. 131/2003, introdotto dall’art. 11, comma 4, L.15/2009,
stabilisce che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono essere integra-
te, da due componenti designati, salva diversa previsione dello Statuto della Regione, ri-
spettivamente dal Consiglio regionale e dal Consiglio delle autonomie locali oppure, ove
tale organo non sia stato istituito, dal Presidente del Consiglio regionale su indicazione del-
le associazioni rappresentative dei Comuni e delle Province a livello regionale;
— tre sezioni giurisdizionali centrali d’Appello;
— sezioni giurisdizionali regionali, istituite in tutte le Regioni nonché nelle Province auto-
nome di Trento e di Bolzano;
— sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana.

B) Le attribuzioni
Le attribuzioni della Corte dei conti comprendono l’esercizio di funzioni:
— di controllo;
— giurisdizionali;
— consultive;
— amministrative.
Le attribuzioni giurisdizionali della Corte riguardano la materia del contenzioso contabi-
le (su tutte le irregolarità nella gestione del denaro e dei beni dello Stato giudica esclusivamente
la Corte dei conti), la materia delle pensioni, e la responsabilità civile dei funzionari dello Stato.
Le attribuzioni consultive hanno un ambito segnato da disposizioni specifiche. Già l’art.
13 del T.U. delle leggi sulla Corte dei conti (R.D. 1214/1934) prevedeva un’attività consulti-
va della magistratura contabile. Quest’ultima espone il suo parere in prevalenza in occasione
dell’emissione di norme regolamentari che hanno per oggetto la gestione del patrimonio del-
lo Stato e l’attività contabile.
Le funzioni amministrative consistono nell’emissione di atti e nell’esperimento di atti-
vità collegate alla gestione dell’istituto stesso.

C) La funzione di controllo
La funzione di controllo esercitata dalla Corte dei conti prevede le se-
guenti principali aree d’intervento:
— controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo. La Corte ve-
rifica che gli atti sottoposti al suo controllo rispettino le norme di legge (in
particolare quelle di bilancio) e siano, quindi, esenti da vizi di legittimità.
204 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

Il controllo incide sull’efficacia degli atti, paralizzandola qualora la Cor-


te ricusi il visto. L’atto da controllare è inviato alla Corte, che esercita il
controllo a mezzo di un consigliere delegato, coadiuvato da appositi uf-
fici di controllo: se emerge un’illegittimità, il vizio viene contestato
all’amministrazione, che può sanarlo oppure non tener conto del rilie-
vo, riproponendo l’atto nella sua formulazione originaria. In tal caso vie-
ne attivata la sezione di controllo, che può confermare il rifiuto del vi-
sto, costringendo l’amministrazione a richiedere un’apposita delibera-
zione del Consiglio dei Ministri: a quest’organo spetta, infatti, decidere
se l’atto, per superiori interessi pubblici, debba comunque proseguire il
suo corso. In tal caso, le Sezioni riunite della Corte, ove non ritengano
venute meno le ragioni del rifiuto del visto, appongono il visto con ri-
serva all’atto e ne ordinano la registrazione.
Ogni 15 giorni la Corte trasmette al Parlamento un elenco di tutti i prov-
vedimenti registrati con riserva, affinché possa esercitare il controllo po-
litico sul Governo e far valere la sua responsabilità, qualora ritenga che
i superiori interessi posti a base della richiesta di registrazione con riser-
va non sussistano. Tuttavia, per alcuni atti, espressamente previsti dall’art.
25 R.D. 1214/1934, recante Testo unico sulla Corte dei conti, il rifiuto
di registrazione è assoluto e non ammette riserve.
Sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità (art. 3 L. 20/1994
come mod. dal D.L. 225/2010, conv. in L. 10/2011):
— provvedimenti emanati a seguito di deliberazione del Consiglio dei
Ministri;
— atti che hanno una rilevante incidenza sul bilancio (regolamenti, no-
mine di dirigenti, atti generali di indirizzo, atti di disposizione del
patrimonio immobiliare etc.);
— atti cd. a rischio, come gli atti per il cui corso sia stato necessario
l’ordine scritto del Ministro o che la Corte deliberi di assoggettare a
controllo per un periodo determinato in relazione a situazioni di dif-
fusa e ripetuta irregolarità rilevate in sede di controllo successivo;
— atti che il Presidente del Consiglio richieda di sottoporre tempora-
neamente a controllo preventivo;
— atti e contratti relativi a incarichi individuali, di natura occasionale
o coordinata e continuativa, di cui all’art. 7, comma 6, D.Lgs. 165/2001,
nonché atti e contratti concernenti studi e consulenze conferiti a sog-
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 205

getti estranei all’amministrazione e di cui al comma 9 dell’art. 1 del-


la L. 266/2005 (art. 3, comma 1, lett. f-bis) e f-ter), L. 20/1994, come
modificato dal D.L. 78/2009, conv. in L. 102/2009);
— provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze
del Presidente del Consiglio dei Ministri in casi di emergenza (art.
3, comma 1, lett. c-bis), L. 20/1994, come modificato dal D.L.
225/2010, conv. in L. 10/2011);
— controllo successivo sulla gestione delle PP.AA. In base alla L. 20/1994,
e ss. mm., la Corte dei conti verifica la legittimità e la regolarità delle
gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna ammi-
nistrazione. In base all’esito dei controlli, accerta che i risultati dell’at-
tività amministrativa siano conformi agli obiettivi stabiliti dalla legge
valutando, in maniera comparata, modi, tempi e costi dello svolgimen-
to dell’attività amministrativa.
I programmi e i criteri di riferimento di controllo, definiti annualmente dalla Corte dei con-
ti, dovranno essere determinati tenendo conto delle priorità deliberate dalle competenti
Commissioni parlamentari a norma dei rispettivi regolamenti (art. 3, comma 4, terzo pe-
riodo L. 20/1994, come modificato dall’art. 1, comma 473, L. 296/2006 - Finanziaria 2007).
La Finanziaria 2008 (art. 3 comma 65) aggiunge allo stesso articolo che la Corte dei con-
ti dovrà svolgere tale attività «anche tenendo conto, ai fini di referto per il coordinamen-
to del sistema di finanza pubblica, delle relazioni redatte dagli organi, collegiali o mono-
cratici, che esercitano funzioni di controllo o vigilanza su amministrazioni, enti pubblici,
autorità amministrative indipendenti o società a prevalente capitale pubblico».
La L. 244/2007 interviene ancora in tema di controllo sulla gestione stabilendo che al fine
di razionalizzare la spesa, di vigilare sulle entrate e di potenziare il controllo esercitato
dalla Corte, le amministrazioni che non ritengano di ottemperare ai rilievi formulati dalla
Corte stessa al termine dei controlli da essa eseguiti sulla gestione in base all’art. 3 della
L. 20/1994 devono adottare, entro trenta giorni dal ricevimento dei rilievi, un provvedi-
mento motivato che deve essere reso noto alle Presidenze delle Camere, alla Presidenza
del Consiglio dei ministri e alla Presidenza della Corte dei conti;

— controllo economico-finanziario con funzione referente. Rientrano in


tale ambito:
— il controllo sulla gestione finanziaria degli enti sovvenzionati. In tal
caso, la Corte vigila affinché gli enti che gestiscono quote di risorse
pubbliche si attengano a parametri di legittimità ed improntino la
loro gestione a criteri di efficacia ed economicità. Effettuate le pro-
prie valutazioni, la Corte adotta una relazione che viene inviata al
Parlamento per l’esercizio del suo controllo politico-finanziario;
206 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

— il giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato. Il giu-


dizio di parificazione è finalizzato ad accertare che i risultati del ren-
diconto dello Stato siano conformi alla legge di bilancio. La Corte
dei conti verifica il rendiconto generale dello Stato e ne confronta i
risultati con le leggi di bilancio;
— il controllo sulla copertura finanziaria delle leggi che comportano
nuove o maggiori spese oppure minori entrate, al fine di garantire il
rispetto degli equilibri finanziari e dei vincoli di bilancio;
— la certificazione finanziaria dei contratti collettivi nazionali di lavo-
ro (art. 47 D.Lgs. 165/2001), al fine di certificare che i costi derivan-
ti dal contratto siano compatibili con gli strumenti della programma-
zione e del bilancio;
— il controllo sulla finanza regionale e locale, che tiene conto sia dei
referti delle single sezioni di controllo sia del rispetto del quadro del-
le compatibilità generali di finanza pubblica poste dall’Unione euro-
pea e dal bilancio dello Stato;
— il controllo di regolarità contabile e finanziaria sui bilanci di pro-
vince, comuni ed enti del servizio sanitario nazionale (L. 266/2005):
le sezioni regionali della Corte dei conti verificano il rispetto, da par-
te di Province, Comuni ed enti del SSN, degli obiettivi posti dal pat-
to di stabilità interno.

L’evoluzione della normativa relativa al controllo della Corte


dei conti sugli enti locali
Dal 1982 l’attività finanziaria e contabile degli enti locali è sottoposta al controllo della
Corte dei conti. L’intervento legislativo in materia si è realizzato dapprima con la L. 51/1982
(di conversione del D.L. 786/1981), poi con la più volte citata L. 20/1994, infine con la L.
cost. 3/2001 e la L. 131/2003.
Il primo provvedimento (L. 51/1982):
— ha istituito un’apposita Sezione della Corte dei conti (la Sezione Enti Locali, che ha
assunto l’attuale denominazione di Sezione Autonomie);
— ha stabilito che tutte le Province ed i Comuni con popolazione superiore agli 8.000 abi-
tanti trasmettano i propri conti consuntivi a tale Sezione;
— dispone che la Sezione, entro il 31 luglio, comunichi ai Presidenti delle Camere il pia-
no delle rilevazioni che si propone di compiere ed i criteri cui intende attenersi nell’esa-
me dei conti medesimi; in ogni caso la Corte esamina la gestione di tutti gli enti i cui
consuntivi si chiudono in disavanzo ovvero rechino l’indicazione di debiti fuori bi-
lancio;
Capitolo Terzo - Il sistema dei controlli 207

— prevede che la Corte, infine, riferisca annualmente al Parlamento i risultati dell’esame


compiuto sulla gestione finanziaria e sul buon andamento dell’azione amministrativa
degli enti.
Il controllo così configurato dalla L. 51/1982 non ha per oggetto singoli atti ma tende a co-
stituire un’attività di conoscenza e di informazione alle Camere affinché queste ultime pos-
sano, con cognizione di causa, svolgere la loro funzione di controllo politico e di coordi-
namento della finanza statale con quella degli enti locali.
Il secondo provvedimento, la più volte citata L. 20/1994, ha introdotto, come visto in pre-
cedenza (cfr. par. 10) il controllo successivo sulla gestione. Tale forma di controllo è eser-
citata non solo sugli enti di originaria competenza (amministrazioni provinciali, Comuni
con popolazione superiore a 8.000 abitanti, Comunità montane) ma anche su tutti gli enti
locali territoriali, nonché sugli enti pubblici locali e sulle Camere di Commercio.
Con tale tipologia di controllo, oltre a verificare la legittimità e regolarità delle gestioni ed
il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione, la Corte dei conti accer-
ta ex post se le procedure ed i mezzi utilizzati, esaminati in comparazione con quelli im-
piegati in situazioni omogenee, siano stati ottimali quanto a costi, speditezza ed efficienza
organizzativa (così la delibera n. 107 del 1° agosto 1995).
Con la L. cost. 3/2001 e, soprattutto, con la successiva L. 131/2003, infine, si è andato de-
lineando un’ulteriore forma di controllo della gestione contabile e finanziaria degli enti lo-
cali: il controllo collaborativo. L’art. 7 della L. 131/2003, in particolare, prevede che la
Corte, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifichi il rispetto degli equilibri
di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al
patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, nel rispetto del-
la natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti
dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva competen-
za, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli
interni e riferiscono sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai Consigli degli enti control-
lati. Inoltre, ai sensi del comma 168 della Finanziaria 2006 (L. 266/2005), le sezioni re-
gionali, qualora accertino comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il man-
cato rispetto degli obiettivi stabiliti dal patto, devono adottare specifica pronuncia e vigi-
lare sull’adozione da parte dell’ente locale delle necessarie misure correttive.
In tal senso dispone anche l’art. 11 della L. 4 marzo 2009, n. 15, stabilendo che le sezio-
ni regionali, previo concerto con il Presidente della Corte stessa, possono effettuare con-
trolli sulla gestione degli enti locali anche in corso di svolgimento e, ove accertino gravi
irregolarità gestionali o gravi deviazioni da obiettivi a procedere previsti dalle norme,
provvedono ad informare gli organi di governo locali affinché adottino i provvedimenti
necesssari.
Il D.Lgs. 149/2011 ha notevolmente potenziato il ruolo della Corte dei conti nell’ambito
della procedura di dissesto dell’ente locale, ampliandone i poteri preventivi e repressivi.
Per quanto riguarda i primi, ad esempio, l’art. 6, comma 2, del suddetto decreto assegna
alle sezioni regionali di controllo della Corte il compito di verificare l’esistenza di even-
tuali comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o di violazioni degli obiettivi
della finanza pubblica o, ancora, di irregolarità o di squilibri strutturali del bilancio in gra-
208 Parte Quarta - Le responsabilità e i controlli

do di provocarne il dissesto finanziario e di segnalare, quindi, all’ente le misure da adotta-


re, entro un congruo termine, per il ripristino degli equilibri di bilancio. Se l’ente si dimo-
stra inadempiente, la Corte trasmette gli atti alla Conferenza permanente per il coordina-
mento della finanza pubblica e al Prefetto, il quale assegna al Consiglio un termine non su-
periore a venti giorni per deliberare il dissesto. Se il Consiglio non provvede in tal senso,
il Prefetto nomina un commissario ad acta con il compito di deliberare il dissesto e avvia-
re la procedura di scioglimento del Consiglio prevista dall’arte. 141 del T.U.
Per quanto riguarda, invece, i poteri respressivi si rinvia al Cap. 3, Parte V, §10.
Infine, ai sensi dell’art. 198 bis del Testo Unico Enti Locali, il referto relativo al control-
lo di gestione va trasmesso (oltre che agli amministratori ed ai responsabili del servizio)
anche alla Corte dei conti.

11. I controlli per le Regioni


Prima delle modifiche introdotte dalla L. cost. 3/2001, la Costituzione prevedeva una for-
ma di controllo di legittimità da parte dello Stato sia sulle leggi regionali (art. 127) sia sugli
atti amministrativi regionali (art. 125, comma 1), attribuendo la veste di organo controllore, ri-
spettivamente, al Governo e ad un’apposita Commissione statale di controllo.
La volontà di garantire alle Regioni una maggiore autonomia in tutti gli ambiti di opera-
tività ha, però, spinto il legislatore, attraverso la citata L. cost. 3/2001, ad abolire tali forme di
controllo, disponendo che la legge regionale possa essere eccepita esclusivamente sotto il pro-
filo della legittimità costituzionale quando ecceda la competenza della Regione.
L’abolizione di ogni forma di controllo tanto sulle leggi regionali quanto sugli atti ammi-
nistrativi non deve far ritenere, tuttavia, che l’operato delle Regioni sia totalmente sganciato
da qualsiasi vincolo, ovvero, per contro, da qualsiasi garanzia posta a presidio dell’unità del-
la Repubblica.
La nuova formulazione dell’art. 120, comma 2, Cost. prevede, infatti, il meccanismo del
potere sostitutivo dello Stato nei confronti dell’operato degli enti territoriali quando:
— non sia rispettoso di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria;
— sia fonte di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica;
— lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tute-
la dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
La legge 131/2003 ha disciplinato la procedura di tale intervento sostitutivo, introducen-
do un meccanismo di controllo collaborativo: il Presidente del Consiglio dei Ministri, su pro-
posta del Ministro competente ma su iniziativa anche delle Regioni e degli enti locali, assegna
all’ente interessato un congruo termine per provvedere, scaduto il quale il Consiglio dei Mi-
nistri o un apposito commissario nominato ad acta adotta i provvedimenti necessari, anche
normativi (non però legislativi). La legge prevede anche procedura d’urgenza nel caso in cui
l’intervento non sia procrastinabile.
Per quanto attiene al controllo esercitato dalla Corte dei conti sulle Regioni si rinvia al §10.
PARTE Quinta
Regioni, Enti locali,
Enti pubblici istituzionali,
università, ausl,
e camere di commercio

Capitolo Primo: Finanza e contabilità delle Regioni ........... Pag. 210


Capitolo Secondo: La finanza degli enti locali ..................... » 226
Capitolo Terzo: L’ordinamento contabile degli enti locali .. » 241
Capitolo Quarto: L’ordinamento contabile degli enti pubblici
istituzionali ......................................................................... » 260
Capitolo Quinto: L’ordinamento contabile di Università,
AUSL e Camere di Commercio......................................... » 271
Capitolo Primo
Finanza e contabilità
delle Regioni

Sommario: 1. L’autonomia finanziaria delle Regioni. - 2. Le entrate tributarie delle


Regioni a statuto ordinario. - 3. I contributi speciali e il ricorso all’indebitamento. - 4. I
principi in materia di bilancio e contabilità delle Regioni. - 5. Gli strumenti di program-
mazione finanziaria e di bilancio. - 6. La presentazione del bilancio, l’esercizio provvi-
sorio, variazioni e assestamento del bilancio. - 7. Il rendiconto. - 8. L’autonomia finan-
ziaria e contabile delle Regioni a statuto speciale.

1. L’autonomia finanziaria delle Regioni


A) Le modifiche al Titolo V della Costituzione
L’approvazione della L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Tito-
lo V della parte seconda della Costituzione) ha rappresentato un fondamen-
tale punto di svolta nella definizione dei principi dell’ordinamento finanzia-
rio e contabile delle Regioni.
Prima di tale legge, infatti, l’autonomia finanziaria delle Regioni a sta-
tuto ordinario trovava riconoscimento (anche se limitato) nel disposto degli
artt. 117-119 della Costituzione e nelle successive leggi e decreti delegati di
attuazione, mentre quella delle Regioni a statuto speciale è stata da subito
garantita dagli stessi statuti regionali, approvati con leggi costituzionali.
In particolare, l’art. 119, nella sua versione originale, stabiliva che le Re-
gioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leg-
gi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Pro-
vince e dei Comuni. Questa forma di autonomia finanziaria, tuttavia, si tra-
duceva, secondo la dottrina prevalente, in una semplice autonomia di spe-
sa e di bilancio (VIRGA), in virtù della quale le Regioni a statuto ordina-
rio potevano amministrare direttamente le entrate stabilite da leggi statali.
Nell’ambito dell’autonomia finanziaria così intesa, si era soliti distinguere:
— la finanza ordinaria, che trovava riconoscimento nel secondo comma
dell’art. 119 Cost. secondo il quale alle Regioni sono attribuiti tributi
propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni
Capitolo Primo - Finanza e contabilità delle Regioni 211

per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali. In tale


accezione i tributi propri non sono tributi imposti dalle Regioni con pro-
prie leggi, ma tributi stabiliti da leggi dello Stato ed il cui gettito viene
attribuito alle Regioni;
— la finanza straordinaria, prevista dal terzo comma dell’art. 119 Cost.,
secondo cui per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per
valorizzare il Mezzogiorno e le isole, lo Stato assegna per legge, a sin-
gole Regioni, contributi speciali.
L’art. 119 stabiliva, inoltre, che la Regione ha un proprio demanio e pa-
trimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica, riferen-
dosi (come precisa la L. 281/1970) ai beni del demanio regionale e a quel-
li del demanio statale trasferiti alle Regioni, nonché ai beni del patrimonio
regionale quali foreste, cave, torbiere etc.
Nell’ambito della riforma federalista della Carta costituzionale, il nuo-
vo art. 119, interamente modificato dalla L. cost. 3/2001, evidenzia la dif-
ferente impostazione sin dal primo comma, laddove riconosce alle Regioni
(oltre che ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane) autonomia
finanziaria di entrata e di spesa.
Si noti che la L. cost. 1/2012, nell’introdurre il vincolo del pareggio di
bilancio per lo Stato (cfr. Parte II. Cap. 1), ha esteso tale vincolo, attraver-
so la modifica dell’art. 119, anche alle Regioni e agli enti locali, disponen-
do che, a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014, l’auto-
nomia finanziaria di entrata e di spesa debba essere esercitata da tali enti nel
rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e concorrendo ad assicurare l’os-
servanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento del­
l’Unione europea.
Un ulteriore limite all’autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti
locali deriva poi dal D.L. 52/21012, conv. in L. 94/2012, che, nel definire
una serie di misure volte a ridurre l’incidenza della spesa pubblica (cd. spen-
ding review), attribuisce ad un Commissario straordinario il potere di defi-
nire, per voci di costo, il livello di spesa per acquisti di beni e servizi da par-
te di tutte le amministrazioni pubbliche, erodendo in modo sostanziale l’au-
tonomia di spesa sancita dal 1° comma dell’art. 119 della Costituzione.
La novità fondamentale risiede, quindi, nel riconoscimento di un’effet-
tiva autonomia finanziaria di entrata, la cui portata è precisata dal secon-
do comma del medesimo articolo, in cui si afferma che le Regioni, oltre a
212 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

disporre di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al proprio


territorio, hanno risorse autonome e possono stabilire e applicare tribu-
ti ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e con i principi di co-
ordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
Un apposito fondo di perequazione (comma 3), istituito con legge del-
lo Stato e senza vincolo di destinazione, è chiamato a integrare le risorse fi-
nanziarie dei territori con minore capacità fiscale per abitante.
Tali risorse devono consentire a questi enti di finanziare integralmente
le funzioni pubbliche loro attribuite (comma 5).
Inoltre, per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solida-
rietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire
l’effettivo esercizio dei diritti della persona o per provvedere a scopi diver-
si dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiun-
tive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Provin-
ce, Città metropolitane e Regioni.
L’ultimo comma, infine, riconosce che Comuni, Province, Città metro-
politane e Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i prin-
cipi generali determinati dalla legge dello Stato. Gli enti territoriali posso-
no altresì ricorrere all’indebitamento ma solo per finanziare spese di inve-
stimento e senza alcuna garanzia dello stato sui prestiti contratti.
Occorre sottolineare che la citata L. cost. 1/2012, modificando anche l’ultimo comma
dell’art. 119, dispone che il ricorso all’indebitamento debba avvenire con la contestuale defi-
nizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna
Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio, secondo modalità che dovranno essere definite,
entro il 28 febbraio 2013, con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di cia-
scuna Camera. Anche tale disposizione, tuttavia, si applicherà a decorrere dall’esercizio finan-
ziario relativo all’anno 2014.

B) La L. 5 maggio 2009, n. 42
Come risulta evidente, l’art. 119, nella nuova formulazione introdotta
dalla L. cost. 3/2001, dispone una riorganizzazione in senso federalista
della finanza locale, partendo dal presupposto che, in un sistema pubblico
articolato, ogni livello di governo deve poter disporre di risorse finanziarie
sottoposte al proprio autonomo controllo e necessarie allo svolgimento del-
le funzioni che sono di sua esclusiva competenza (cosiddetto principio del
parallelismo tra le funzioni esercitate dall’ente e le risorse di cui dispone
per esercitare tali funzioni).
Capitolo Primo - Finanza e contabilità delle Regioni 213

Al fine di favorire la piena attuazione dell’art. 119 della Costituzione, e


cioè l’effettiva autonomia finanziaria di Regioni, Province, Comuni e Città
metropolitane, con L. 5 maggio 2009, n. 42, il Parlamento ha delegato il Go-
verno ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di federalismo fi-
scale, indicando nel contempo i principi fondamentali a cui tali decreti do-
vranno attenersi.
Uno dei temi principali affrontati dalla L. 42/2009 riguarda la regolamen-
tazione dei rapporti finanziari tra Stato e Regioni (artt. 7-10); in particolare,
viene affermato il principio secondo il quale le Regioni a statuto ordinario
devono disporre di tributi e di compartecipazioni al gettito dei tributi eraria-
li, al fine di finanziare le spese che relative all’esercizio delle funzioni che la
Costituzione attribuisce alla loro competenza residuale e concorrente.
Viene, inoltre, precisato che nella categoria tributi delle Regioni rien-
trano (art. 7):
— i tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali e il cui gettito
è attribuito alle Regioni;
— le addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali;
— i tributi propri istituiti dalle Regioni con proprie leggi in relazione ai pre-
supposti non già assoggettati ad imposizione erariale.
Per una parte rilevante dei tributi e delle aliquote disciplinati da leggi
statali, le Regioni possono modificare, con propria legge, le aliquote e le
modalità di calcolo della base imponibile, entro i limiti stabiliti dalla legi-
slazione statale. Esse possono, inoltre, stabilire esenzioni, detrazioni e de-
duzioni, nonché introdurre particolari agevolazioni.
Un altro elemento di grande rilevanza riguarda, poi, la territorialità dei
criteri di attribuzione alle Regioni del gettito dei tributi propri derivati (cioè,
istituiti da leggi statali) e della compartecipazione ai tributi erariali; l’art. 7
del provvedimento dispone, infatti, che si debba considerare:
— il luogo di consumo, per i tributi aventi quale presupposto i consumi;
— la localizzazione dei cespiti, per i tributi basati sul patrimonio;
— il luogo di prestazione del lavoro, per i tributi basati sulla produzione;
— la residenza del percettore o il luogo di produzione del reddito, per i tri-
buti riferiti ai redditi.
L’art. 9 chiarisce, inoltre, che il fondo perequativo statale a favore del-
le Regioni con minore capacità fiscale per abitante sarà assegnato senza vin-
214 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

colo di destinazione e tenendo conto della dimensione demografica e dello


sforzo fiscale autonomamente realizzato. Il fondo sarà finanziato dal getti-
to prodotto nelle singole Regioni da una compartecipazione al gettito IVA
e dall’addizionale regionale IRPEF.

2. le entrate tributarie delle Regioni a Statuto


ordinario
A) La riforma del sistema impositivo delle Regioni a statuto ordinario:
il D.Lgs. 68/2011
Un passo importante per l’attuazione dei principi contenuti nella L. 42/2009
è stato compiuto con l’approvazione del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, in
tema di autonomia finanziaria delle Regioni a statuto ordinario, che ridise-
gna in modo graduale ma sostanziale il sistema impositivo delle Regioni, al
fine di attribuire loro un’effettiva autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
In sostanza, il decreto prevede, da un lato, la soppressione, a decorrere
dal 2013, di tutti i trasferimenti statali di parte corrente (e, ove non finan-
ziati tramite il ricorso all’indebitamento, in conto capitale) alle Regioni de-
stinati all’esercizio delle competenze regionali, ad eccezione di quelli rela-
tivi al fondo perequativo, e, dall’altro lato, il rafforzamento della capaci-
tà impositiva delle Regioni, da realizzarsi principalmente attraverso l’ad-
dizionale regionale IRPEF (aumentando l’aliquota di base e concedendo
maggiori margini di manovra alle Regioni), la compartecipazione regiona-
le all’IVA e la possibilità di istituire nuovi tributi regionali e locali con leg-
ge regionale, con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione
da parte dello Stato.

In che modo il D.Lgs. 68/2011 ridisegna i rapporti tra Regioni ed enti


locali?
Il principio applicato ai rapporti tra Stato e Regioni, basato sulla soppressione dei trasferi-
menti statali e sul contestuale rafforzamento della capacità impositiva di queste ultime, vie-
ne utilizzato in modo speculare anche nei rapporti tra Regioni e Comuni, disponendosi in
tal senso la soppressione, dal 2013, dei trasferimenti regionali di parte corrente (e, ove non
finanziati tramite il ricorso all’indebitamento, in conto capitale) diretti al finanziamento
delle spese comunali; nel contempo, ai Comuni dovrà essere riconosciuta una comparteci-
pazione all’addizionale regionale IRPEF, calcolata in modo tale da compensare i trasferi-
menti soppressi e il cui gettito confluirà in parte in un fondo sperimentale di riequilibrio.
Capitolo Primo - Finanza e contabilità delle Regioni 215

B) L’IRAP
L’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), istituita con
D.Lgs. 446/1997, è dovuta da tutti coloro che esercitano abitualmente, nel
territorio della Regione, un’attività autonomamente organizzata diretta alla
produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi (com-
presi enti e amministrazioni pubbliche).
L’imposta si calcola applicando un’aliquota del 3,9% (ma sono previ-
ste aliquote diverse per taluni settori) al valore della produzione netta de-
rivante dallo svolgimento di tale attività; questo valore viene calcolato se-
condo criteri specifici per ogni categoria di soggetti passivi. Le Regioni han-
no facoltà di aumentare l’aliquota ordinaria fino ad un massimo di un pun-
to percentuale.
Ai sensi del D.Lgs. 68/2011, a partire dal 2013 le Regioni potranno ri-
durre l’aliquota IRAP fino ad azzerarla, purché la maggiorazione dell’ali-
quota IRPEF (cfr. punto A) non superi lo 0,5%.

C) Altri tributi propri


Gli altri tributi delle Regioni a Statuto ordinario sono:
a) la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), che
le Regioni possono trasformare in un canone;
b) l’imposta sulle concessioni statali, che si applica alla concessione per
l’occupazione e l’uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibi-
le dello Stato che si trovano nel territorio regionale;
c) le tasse sulle concessioni regionali, che si applicano agli atti e ai prov-
vedimenti (autorizzazioni, licenze, abilitazioni) adottati dalle Regioni
per consentire ai cittadini che ne fanno richiesta di esercitare alcune par-
ticolari attività (caccia, pesca in acque interne etc.). Le Regioni posso-
no non applicarle;
d) l’addizionale regionale all’accisa sul gas naturale usato come com-
bustibile per impieghi diversi da quelli delle imprese industriali e arti-
giane (artt. 9-16, D.Lgs. 398/1990);
e) l’imposta regionale sulla benzina per autotrazione (art. 17 D.Lgs.
398/1990) erogata da impianti di distribuzione siti sul territorio regio-
nale; inoltre alle Regioni è riconosciuta una quota pari a 0,129 euro ai
sensi dell’art. 4 D.Lgs. 56/2000 dell’accisa sulla benzina erogata all’in-
terno del proprio territorio. Infine, l’art. 1, comma 295, della L. 244/2007
216 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

(Finanziaria 2008), al fine di promuovere lo sviluppo dei servizi del tra-


sporto pubblico locale, ha riconosciuto alle Regioni a statuto ordinario
una compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotra-
zione;
f) le tasse automobilistiche regionali, che si applicano a veicoli e auto-
scafi già assoggettati alla corrispondente tassa erariale di possesso, non-
ché ai veicoli e autoscafi per i quali non è previsto un documento di cir-
colazione, di proprietà di soggetti residenti nella Regione;
g) la tassa regionale per il diritto allo studio universitario istituita dal-
la L. 549/1995 quale tributo proprio delle Regioni e Province autonome
al fine di incrementare le disponibilità finanziarie per l’erogazione di
borse di studio e di prestiti d’onore agli studenti universitari capaci e
meritevoli ma privi di mezzi;
h) il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi istitui-
to dalla L. 549/1995 al fine di favorire la minore produzione dei rifiuti
e il recupero dagli stessi di materia prima ed energia;
i) l’addizionale regionale all’IRPEF, prevista dall’art. 50 del D.Lgs. 446/1997
titolare del tributo è la Regione, determinata in base al Comune di residen-
za del contribuente. L’aliquota di base è pari all’1,23% ma, a decorrere
dal 2012, le Regioni sono libere di aumentare o diminuire tale aliquota,
purché le maggiorazioni non siano superiori allo 0,5% per gli anni 2012 e
2013, all’1,1% per il 2014 e al 2,1% a partire dal 2015 (art. 6, D.Lgs.
68/2011, come modificato dal D.L. 201/2011, convertito in L. 214/2011).
Dal 2013 l’aliquota di base sarà rideterminata con decreto del Presiden-
te del Consiglio dei Ministri, su proposta del MEF (art. 2, D.Lgs. 68/2011);
l) la compartecipazione regionale all’IVA (art. 2 D.Lgs. 56/2000). Fissata
inizialmente al 25,7% del gettito complessivo del penultimo anno ed attri-
buita utilizzando come indicatore di base imponibile la media dei consu-
mi finali delle famiglie rilevati dall’ISTAT a livello regionale, tale aliquo-
ta è stata più volte rideterminata con D.P.C.M. Ai sensi del D.Lgs. 68/2011,
a decorrere dal 2013 l’aliquota di compartecipazione sarà definita, sempre
con D.P.C.M., in modo tale da assicurare la copertura delle spese relative
ai livelli essenziali delle prestazioni (spese per la sanità, per l’assistenza
sociale, per l’istruzione scolastica e per il trasporto pubblico locale). Sem-
pre dallo stesso anno, le modalità di attribuzione del gettito alle Regioni
saranno definite in base al criterio della territorialità, cioè tenendo con-
to del luogo di consumo;
Capitolo Primo - Finanza e contabilità delle Regioni 217

m) l’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (istituita


dall’art. 90 L. 342/2000). Obbligato al pagamento è l’esercente dell’ae-
romobile e il gettito è destinato prioritariamente al disinquinamento acu-
stico;
n) tassa sulla caccia. L’art. 66, comma 14, L. 388/2000 ha previsto che dal
2004 il 50% dell’introito derivante dalla tassa erariale sulla caccia sia
attribuito alle Regioni;
o) tassa per l’abilitazione professionale (art. 190 R.D. 1592/1933) dovu-
ta da quanti conseguono l’abilitazione all’esercizio professionale e han-
no conseguito il titolo accademico in una Università con sede legale nel-
la Regione.

Le entrate tributarie delle Regioni a Statuto Ordinario


IRAP.
Addizionale regionale IRPEF.
Compartecipazione regionale all’IVA.
Imposta sulle concessioni statali.
Tasse sulle concessioni regionali.
Tassa automobilistica regionale.
Tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche.
Addizionale regionale all’accisa sul gas naturale.
Imposta regionale sulla benzina per autotrazione.
Tassa regionale per il diritto allo studio universitario.
Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi.
Imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili.
Tassa sulla caccia.
Tassa per l’abilitazione professionale.

3. I contributi speciali e il ricorso all’indebita-


mento
A) I contributi speciali
L’art. 119, comma 5, Cost. prescrive che «per promuovere lo sviluppo
economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri
economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della perso-
na, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzio-
ni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favo-
re di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni».
218 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

I contributi speciali sono assegnati alle Regioni ordinarie con apposite


leggi in relazione alle indicazioni del programma economico nazionale e
degli eventuali programmi di sviluppo regionali.
Il D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88, attuativo della L. 42/2009, ha provve-
duto a definire nel dettaglio le modalità per la destinazione e l’utilizzazio-
ne di risorse aggiuntive, nonché per l’individuazione e l’effettuazione degli
interventi speciali previsti dall’art 119 Cost., intervenendo, in particolare,
sulla disciplina del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), che viene ride-
nominato Fondo per lo sviluppo e la coesione, ed individuando nuovi stru-
menti volti a rendere più efficace la politica di riequilibrio economico e so-
ciale tra le diverse aree del Paese.
Tra le risorse aggiuntive di cui possono disporre le Regioni vanno citate anche quelle de-
rivanti da finanziamenti dell’Unione europea, che negli ultimi anni hanno assunto sempre
maggior rilievo. Tra i compiti dell’Unione, infatti, vi è anche quello di promuovere la coesio-
ne economica e sociale delle varie regioni europee, predisponendo strumenti ad hoc (i cd. fon-
di strutturali) per lo sviluppo delle aree depresse.

B) Il ricorso all’indebitamento
L’art. 10 della L. 16 maggio 1970, n. 281 prevede che le Regioni pos-
sono contrarre mutui ed emettere obbligazioni esclusivamente per prov-
vedere a spese di investimento o per assumere partecipazioni in società fi-
nanziarie regionali (la disposizione è ribadita dall’art. 30, comma 15, L.
289/2002 secondo cui se gli enti territoriali ricorrono all’indebitamento per
finanziare spese diverse da quelle di investimento, i relativi atti e contratti
sono nulli e la Corte dei conti può irrogare agli amministratori che hanno
assunto le relative delibere sanzioni pecuniarie da 5 a 20 volte l’indennità
di carica percepita).
L’importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e
interessi dei mutui e delle altre forme di indebitamento in estinzione nell’eser-
cizio considerato non può comunque superare il 20 per cento dell’ammon-
tare complessivo delle entrate tributarie non vincolate della Regione ed a
condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell’am-
bito del bilancio pluriennale della Regione stessa (così dopo le modifiche
apportate dalla L. 183/2011).
In virtù dell’art. 20 del D.L. 8/1993 (convertito con modifiche nella L. 68/1993), però, le
Regioni sono autorizzate a contrarre mutui, anche in deroga alle limitazioni stabilite dalla le-
gislazione statale vigente, al fine di ripianare eventuali disavanzi di amministrazione.
Capitolo Primo - Finanza e contabilità delle Regioni 219

Possono avvalersi di tali disposizioni solo le Regioni che hanno espresso nella misura mas-
sima la propria autonomia impositiva. L’ammortamento dei mutui è a carico delle Regioni; è,
tuttavia, il Ministro dell’Economia e delle Finanze a provvedere materialmente al pagamento
a favore degli istituti mutuanti, utilizzando quote dal fondo comune spettanti alle Regioni.
Le Regioni che ricorrano a tale forma di ripiano, per un triennio non potranno:
— coprire posti in organico rimasti vacanti;
— iscrivere in bilancio spese per attività discrezionali, salvo quelle relative a finanziamen-
to per l’attuazione di politiche comunitarie;
— impegnare somme superiori a quelle impegnate nell’anno precedente per l’acquisto e la
manutenzione di autoveicoli per il trasporto di persone, spese postali e telefoniche, abbo-
namenti a pubblicazioni, partecipazioni a convegni, consulenze esterne.

La disciplina dell’emissione di titoli obbligazionari da parte delle Re-


gioni (i cd. BOR) è stata riconfermata dall’art. 35 della L. 724/1994; tale
ultima normativa ha però previsto che non possano emettere obbligazioni
le Regioni che hanno ripianato i disavanzi di amministrazione utilizzando i
mutui di cui all’art. 20 del D.L. 8/1993, nonché quelle che si trovano in si-
tuazione di dissesto o in situazioni strutturalmente deficitarie.
Inoltre, a partire dall’anno 2006 i mutui e i prestiti obbligazionari posti
in essere dalle Regioni per il finanziamento degli investimenti devono es-
sere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli
obiettivi del patto di stabilità interno (art. 1, comma 35, L. 311/2004).

4. I principi in materia di bilancio e contabilità del-


le regioni
Il D.Lgs. 28 marzo 2000, n. 76 detta i principi fondamentali e le nor-
me di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regio-
ni, in attuazione dell’art. 1, comma 4, della L. 208/1999. Tale misura rap-
presenta la prima riforma strutturale del bilancio delle Regioni dopo venti-
cinque anni dall’emanazione della L. 335/1976 (provvedimento definitiva-
mente abrogato a decorrere dal 31 dicembre 2001).
Con il D.Lgs. 170/2006, che ripropone in gran parte i principi contenuti
nel suddetto decreto legislativo, sono stati dettati, quindi, i principi per l’ar-
monizzazione dei bilanci pubblici; in particolare, il Capo II (Principi per l’ar-
monizzazione dei bilanci regionali) riporta i principi fondamentali e le norme
di coordinamento in materia di bilancio e contabilità delle Regioni e le relati-
ve procedure di consolidamento dei conti pubblici, anche ai fini di garanzia de-
gli equilibri di finanza pubblica e del rispetto del patto di stabilità e crescita.
220 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

Le Regioni hanno, dunque, provveduto con propria legge ad adeguare


la formazione e la struttura del bilancio e le procedure di gestione del bilan-
cio stesso ai principi contenuti nel D.Lgs. 76/2000 e nel D.Lgs. 170/2006.
Va sottolineato, tuttavia, che la materia è in piena evoluzione; infatti, in seguito ad una mo-
difica introdotta dalla L. 196/2009, la delega al Governo contenuta nella L. 42/2009 ha ad
oggetto non solo la piena realizzazione dell’autonomia finanziaria ma anche l’armonizzazio-
ne dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni e degli altri enti territoriali,
nonché dei relativi termini di presentazione e approvazione, allo scopo di garantire l’uniformi-
tà, e dunque la confrontabilità, dei sistemi contabili di tutte le pubbliche amministrazioni.
Tali obiettivi dovranno essere perseguiti anche attraverso l’adozione di regole contabili
uniformi, di un comune piano dei conti e di schemi di bilancio articolati in missioni e program-
mi, coerentemente con quanto previsto dalla disciplina europea e nazionale. È previsto, inol-
tre, l’affiancamento alla contabilità finanziaria, a soli fini conoscitivi, di un sistema di conta-
bilità economico-patrimoniale.
In attuazione della delega contenuta nella L. 42/2009, il Governo ha approvato il D.Lgs. 23
giugno 2011, n. 118, in tema di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
degli enti pubblici territoriali. Tale provvedimento riprende in toto i principi e gli obiettivi fis-
sati dalla legge-delega ma rinvia a sua volta ad ulteriori provvedimenti normativi (decreti legi-
slativi integrativi o decreti del presidente del Consiglio dei Ministri) il compito di definirne nel
dettaglio la disciplina e gli aspetti operativi. La macchina messa in moto dall’esecutivo è dun-
que ben lungi dall’essere operativa, in quanto lo stesso decreto prevede, a decorrere dal 2012,
l’avvio di una fase di sperimentazione della durata di due esercizi finanziari volta a verificare
l’effettiva rispondenza del nuovo assetto contabile alle esigenze conoscitive di finanza pubbli-
ca e ad individuare eventuali criticità. Tale sperimentazione, che coinvolge un numero limitato
di enti individuati con D.P.C.M. 25 maggio 2012 tenendo conto della collocazione geografica
e della dimensione demografica, si concluderà nel 2014, quando le disposizioni contenute nel
decreto entreranno definitivamente in vigore.

5. Gli strumenti di programmazione finanziaria e


di bilancio
Come lo Stato, anche le Regioni (art. 1 D.Lgs. 76/2000 e art. 3 D.Lgs.
170/2006) nell’impostazione delle previsioni di entrata e di spesa devono
ispirarsi al metodo della programmazione economico-finanziaria. A tale sco-
po ogni anno esse devono adottare un bilancio annuale e un bilancio plu-
riennale. Gli obiettivi dei bilanci annuali e pluriennali delle Regioni devo-
no essere coerenti con gli obiettivi programmatici risultanti dal Documen-
to di economia e finanza (art. 8, comma 1, L. 196/2009).
Le Regioni possono inoltre adottare una legge finanziaria regionale che
contenga il quadro di riferimento finanziario per il periodo compreso nel bi-
lancio pluriennale (che non può comunque essere superiore a cinque anni).
Capitolo Primo - Finanza e contabilità delle Regioni 221

La legge finanziaria disciplinata con legge regionale può riportare solo nor-
me da cui scaturiscano effetti finanziari a partire dal primo anno considera-
to nel bilancio pluriennale.

A) Il bilancio pluriennale
Il bilancio pluriennale ha la funzione di definire il quadro delle risorse
che la Regione prevede di ottenere e di impiegare nel periodo considerato
(massimo 5 anni).
Le previsioni di entrata e di spesa del bilancio pluriennale devono esse-
re effettuate sia in base alla legislazione statale e regionale già in vigore
(bilancio pluriennale a legislazione vigente), sia in base ai previsti nuovi in-
terventi legislativi (bilancio pluriennale programmatico).
L’adozione del bilancio pluriennale non comporta l’autorizzazione a ri-
scuotere le entrate e ad eseguire le spese in esso riportate. Il bilancio plu-
riennale è allegato al bilancio annuale di previsione.

B) Il bilancio annuale
L’art. 4 del D.Lgs. 76/2000 prescrive che le previsioni del bilancio an-
nuale delle Regioni siano formulate in termini di competenza e di cassa e
che siano articolate, sia per le entrate che per le spese, in unità previsiona-
li di base. Queste ultime sono determinate seguendo il principio dell’omo-
geneità delle attività in cui si articolano le competenze delle Regioni.
Le contabilità speciali sono invece articolate, per le entrate e per le spe-
se, in capitoli.
Per ogni unità previsionale di base devono essere indicati:
— l’ammontare presunto dei residui attivi e passivi dell’esercizio precedente rispetto a quel-
lo cui il bilancio si riferisce;
— l’ammontare delle entrate che si prevede di accertare o delle spese di cui si autorizza l’im-
pegno nell’esercizio cui il bilancio si riferisce;
— l’ammontare delle entrate che si prevede di riscuotere o delle spese di cui si autorizza il
pagamento nell’esercizio stesso, senza distinzioni fra riscossioni e pagamenti in conto
competenze e in conto capitale.

Come sono suddivise le unità previsionali di base?


In allegato al bilancio annuale di previsione, le unità previsionali di base vengono sud-
divise in capitoli, determinati in relazione al rispettivo oggetto per l’entrata e secondo l’og-
getto e il contenuto economico e funzionale per la spesa, ai fini della gestione; inoltre, nel-
222 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

lo stesso allegato devono essere indicati, disaggregati per capitoli, i contenuti di ciascuna
unità previsionale di base nonché il carattere obbligatorio o discrezionale della spesa, in-
dicando di volta in volta le fonti legislative cui si riferiscono.

Il bilancio annuale di previsione deve rispondere ai principi di annua-


lità, universalità e integrità (artt. 6 e 7, D.Lgs. 76/2000).
Il bilancio ha un quadro generale riassuntivo che riporta distintamente
per titoli e per funzioni-obiettivo il totale delle entrate e il totale delle spese.
Al quadro generale riassuntivo è allegato un prospetto che mette a con-
fronto le entrate, relative ad assegnazioni dell’Unione europea e dello Sta-
to, con l’indicazione della destinazione specifica che risulta dalla legge o
dai provvedimenti di assegnazione o di riparto, e le spese correlate alle as-
segnazioni predette. Sia le entrate che le spese devono essere distinte in uni-
tà previsionali di base.
Dalla redazione del bilancio secondo il criterio della competenza (ac-
canto al bilancio di cassa) deriva la formazione dei residui: essi si distin-
guono in attivi e passivi.
I residui attivi sono l’espressione di entrate accertate (per le quali sussiste un diritto alla
riscossione), ma non ancora effettivamente riscosse alla fine dell’esercizio finanziario o sono
espressione di entrate riscosse ma non ancora versate alla tesoreria dell’ente: rappresentano,
in definitiva, delle situazioni di credito dell’ente nei confronti di terzi.
I residui passivi sono l’espressione di spese già impegnate (per le quali l’ente ha assun-
to il relativo obbligo) ma non ancora pagate entro i termini dell’esercizio.
I residui passivi relativi alle spese correnti possono essere conservati nell’apposito conto
(conto residui) non oltre i due anni successivi a quello in cui l’impegno di spesa si è perfezio-
nato, mentre i residui passivi relativi alle spese in conto capitale non possono essere conser-
vati per più di sette anni (art. 21, commi 2 e 3, D.Lgs. 76/2000).

6. La presentazione del bilancio, l’esercizio prov-


visorio, variazioni e assestamento del bilancio
A) Presentazione del bilancio
Il bilancio di previsione, predisposto dalla Giunta regionale, viene pre-
sentato al Consiglio regionale per l’approvazione. Secondo l’art. 8, comma
1, D.Lgs. 76/2000, il Consiglio regionale approva ogni anno con legge il bi-
lancio di previsione, nei modi e nei termini previsti dallo Statuto e dalle leg-
gi regionali.
Capitolo Primo - Finanza e contabilità delle Regioni 223

B) L’esercizio provvisorio
Qualora il bilancio non sia approvato nel termine prescritto, può essere
autorizzato con legge l’esercizio provvisorio secondo le modalità previste
dagli Statuti e dalle leggi regionali. L’esercizio provvisorio non può pro-
trarsi oltre quattro mesi.

C) Variazioni
La legge di approvazione del bilancio regionale può autorizzare variazioni al
bilancio medesimo (art. 16 D.Lgs. 76/2000). Tali variazioni vengono appronta-
te nel corso dell’esercizio mediante provvedimenti amministrativi, al fine di isti-
tuire nuove unità previsionali di base, per l’iscrizione di entrate provenienti da as-
segnazioni vincolate a scopi specifici da parte dello Stato o dell’Unione europea
e, infine, per l’iscrizione delle relative spese, quando queste siano tassativamen-
te regolate dalla legislazione in vigore. Secondo il comma 2 dell’art. 16 del D.
Lgs. 76/2000, la Giunta regionale può effettuare, mediante provvedimenti am-
ministrativi, variazioni compensative fra capitoli di una stessa unità previsiona-
le di base ad eccezione delle autorizzazioni di spesa a carattere obbligatorio, in
annualità e a pagamento differito e delle spese regolate direttamente con legge.
Le variazioni di bilancio, ad esclusione di quelle autorizzate dalla legge
di approvazione del bilancio regionale, non possono essere deliberate dopo
il 30 novembre dell’anno cui il bilancio stesso si riferisce.

D) Assestamento
Entro il 30 giugno di ogni anno la Regione delibera con legge l’asse-
stamento del bilancio. Con la stessa legge procede all’aggiornamento dei re-
sidui attivi e passivi nonché del saldo finanziario e della giacenza di cassa.
L’aggiornamento dei suddetti elementi del bilancio deve comunque ri-
spettare i vincoli necessari a garantire l’equilibrio del bilancio.
Il rispetto dell’equilibrio del bilancio regionale è sancito dall’art. 5
del D.Lgs. 76/2000, secondo cui in ciascun bilancio il totale dei pagamen-
ti non può essere superiore al totale delle entrate che si prevede di riscuote-
re sommato alla presunta giacenza di cassa.

7. Il rendiconto
Nel rendiconto generale annuale sono riassunti e dimostrati i risultati
conseguiti dalla Regione nella gestione dell’anno finanziario.
224 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

Il D.Lgs. 76/2000, artt. 25-27, detta i principi fondamentali per la for-


mazione, la struttura e l’approvazione del rendiconto delle Regioni. Tale do-
cumento si compone del conto del bilancio e del conto del patrimonio.
Nel conto del bilancio le risultanze della gestione delle entrate e delle
spese devono essere esposte seguendo la stessa struttura del bilancio di pre-
visione, in modo da consentire la valutazione delle politiche pubbliche di
settore adottate dalla Regione e la verifica economica e finanziaria delle ri-
sultanze di entrata e di spesa, in relazione agli obiettivi stabiliti e agli indi-
catori di efficacia e di efficienza. Tale disposizione consente di poter legge-
re e controllare, attraverso il confronto fra il bilancio e il conto consuntivo,
i risultati della gestione finanziaria delle Regioni.
Il conto del patrimonio indica:
— le attività e le passività finanziarie;
— i beni mobili e immobili;
— ogni altra attività o passività;
— le poste rettificative.
Il rendiconto è approvato con legge regionale entro il 30 giugno dell’an-
no successivo a quello cui il rendiconto si riferisce; invece, spetta allo sta-
tuto e alle leggi regionali stabilire le modalità e i termini della presentazio-
ne del documento al Consiglio regionale. Sulle leggi di approvazione del
rendiconto generale il Governo, entro il 30 settembre di ogni anno, presen-
ta al Parlamento una relazione che espone i rilievi circa l’osservanza di quan-
to disposto dal D.Lgs. 76/2000 sul rendiconto generale delle Regioni a sta-
tuto ordinario. Entro il 15 novembre la relazione è integrata dai rilievi e dai
risultati che sono scaturiti dalle leggi regionali rinviate al nuovo esame del
Consiglio regionale o per le quali il Governo ha promosso la questione di
legittimità davanti alla Corte costituzionale.

8. L’autonomia finanziaria e contabile delle Regio-


ni a statuto speciale
Per motivi di carattere politico, etnico ed economico, la Costituzione ha riservato un trat-
tamento giuridico differenziato a cinque Regioni denominate ad autonomia speciale.
Alla Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia Giulia sono
infatti riconosciute condizioni particolari di autonomia, secondo gli Statuti speciali adottati
con leggi costituzionali (art. 116 Cost.).
Capitolo Primo - Finanza e contabilità delle Regioni 225

La possibilità di acquisire mezzi finanziari sufficienti per il raggiungimento dei propri fini
istituzionali e per la realizzazione dei propri compiti trova, nelle Regioni ad autonomia spe-
ciale, la sua più alta espressione.
Tale autonomia, sul versante delle entrate, giunge fino al punto di riconoscere il potere di istitu-
ire tributi propri (solo per la Regione Sicilia) fissandone i caratteri, gli elementi e la configurazione.
Prescrive infatti l’art. 36 dello Statuto della Regione Sicilia (R.D.Lgs. 15-5-1946, n. 455)
che al fabbisogno della Regione si provvede con i redditi patrimoniali della Regione medesi-
ma a mezzo di tributi deliberati dalla stessa. Sono però riservate allo Stato le imposte di pro-
duzione e le entrate dei monopoli dei tabacchi e delle lotterie nazionali.
Altro aspetto interessante dell’autonomia finanziaria delle Regioni ad autonomia specia-
le attiene alla fase dei controlli. La gestione dei bilanci di tali Regioni è infatti sottratta a qual-
siasi ingerenza politica statale: è previsto però il controllo della Corte dei Conti, esercitato da
apposite Sezioni (per la Valle d’Aosta da una commissione di coordinamento).
Per quanto riguarda, invece, il controllo della gestione, nei confronti delle amministrazioni
regionali è limitato all’esame relativo al «perseguimento degli obiettivi stabiliti dalle leggi di
principio e programma». Gli esiti di tali controlli sono riferiti al Parlamento ed ai Consigli regio-
nali nonché alle amministrazioni interessate, alle quali la Corte formula le proprie osservazioni.
In materia di bilancio, per le Regioni a Statuto speciale valgono, in primo luogo, le nor-
me contenute nei rispettivi Statuti adottati con legge costituzionale dello Stato, come disposto
dall’art. 116 Cost.; vanno poi prese in considerazione le leggi, emanate da ciascuna Regione,
per la disciplina delle modalità di formazione ed approvazione del bilancio, nel rispetto delle
norme di coordinamento della finanza nazionale con la finanza locale.
Leggi di attuazione e Statuti, inoltre, rinviano espressamente al sistema contabile dello
Stato, per cui le Regioni a Statuto speciale hanno sostanzialmente fatto proprie le linee portan-
ti della L. 468/1978 e della L. 94/1997. In modo più esplicito, la L. 196/2009 (che ha abroga-
to la L. 468/1978) dispone che le norme in essa contenute si applichino anche a tali Regioni,
sia pure nel rispetto di quanto previsto dai relativi statuti.

Glossario
Fondi strutturali: strumenti finanziari previsti dall’Unione europea e volti a promuovere
lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle aree a sviluppo ritardato o in declino indu-
striale, a lottare contro la disoccupazione strutturale, a facilitare l’inserimento professiona-
le dei giovani e ad accelerare la riforma del sistema agrario. Attualmente sono previsti due
fondi strutturali: il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), finalizzato a sostenere lo
sviluppo armonioso e la coesione economica delle diverse aree dell’UE, e il Fondo socia-
le europeo (FSE), che si occupa dei problemi legati al mondo del lavoro.
Fondo per lo sviluppo e la coesione: principale strumento strategico ed operativo previ-
sto dal D.Lgs. 88/2011 per dare unità programmatica e finanziaria agli interventi speciali
dello Stato (di cui al comma 5 dell’art. 119 della Costituzione) attuati per ridurre gli squi-
libri economici e sociali tra le diverse aree del territorio. Spetta alla legge di stabilità defi-
nire la dotazione del fondo e la sua ripartizione annuale.
Capitolo Secondo
La finanza
degli enti locali

Sommario: 1. Autonomia finanziaria dei Comuni e delle Province. - 2. Il patto di sta-


bilità interno. - 3. La riforma del sistema impositivo dei Comuni: il D.Lgs. 23/2011. - 4.
Le entrate tributarie dei Comuni. - 5. Le principali entrate tributarie delle Province. - 6.
Altre entrate.

1. Autonomia finanziaria dei Comuni e delle province


Come si è visto nel capitolo precedente, la nuova formulazione dell’art.
119 Cost. riconosce a Regioni ed enti locali autonomia finanziaria di en-
trata e di spesa, con conseguente possibilità di stabilire ed applicare tri-
buti ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princì-
pi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
Si noti che, come si è già visto in precedenza a proposito delle Regioni (Parte V, Cap. I),
la L. cost. 1/2012, introducendo alcune modifiche all’art. 119 della Costituzione, ha esteso an-
che agli enti locali il vincolo del pareggio di bilancio previsto per lo Stato dal nuovo art. 81,
disponendo che la loro autonomia finanziaria di entrata e di spesa debba essere esercitata, a
decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014, nel rispetto dell’equilibrio dei re-
lativi bilanci e concorrendo ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari de-
rivanti dall’ordinamento dell’Unione europea. La legge dispone, inoltre, che gli enti locali
possano ricorrere all’indebitamento con la contestuale definizione di piani di ammortamento
e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio
di bilancio, secondo modalità che dovranno essere definite, entro il 28 febbraio 2013, con leg-
ge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera.

In tale ottica, la L. 42/2009 introduce un’importante novità stabilendo


(art. 11) che il finanziamento delle spese relative alle funzioni fondamenta-
li degli enti locali deve essere assicurato:
— dai tributi propri;
— da compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e da addi-
zionali a tali tributi;
— dal fondo perequativo.
Capitolo Secondo - La finanza degli Enti locali 227

Conseguentemente, è prevista la soppressione dei trasferimenti stata-


li diretti al finanziamento di tali spese, ad eccezione degli stanziamenti de-
stinati ai fondi perequativi. Il medesimo articolo prevede, inoltre, che nella
definizione delle spese relative a tali funzioni il criterio della spesa storica
venga sostituito dal criterio del fabbisogno standard (in pratica, per ogni
servizio erogato dagli enti locali verrà stabilito un costo standard), al fine di
eliminare il meccanismo perverso che finora, facendo riferimento alla spe-
sa storica, finiva con il premiare con maggiori risorse gli enti che spende-
vano di più.
Un primo passo in tale direzione è stato compiuto con l’approvazione
del D.Lgs. 26 novembre 2010, n. 216, recante disposizioni in materia di
determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metro-
politane e Province.
Tale decreto detta i principi per la determinazione dei fabbisogni stan-
dard, delineando un iter piuttosto articolato e complesso che prevede una
lunga fase transitoria prima delle definitiva entrata a regime del nuovo si-
stema (art. 2); il processo inizierà, infatti, entro il 31 marzo 2013 (termine
così fissato dal D.L. 216/2011, convertito in L. 14/2012) con la definizione
dei fabbisogni standard, che entreranno in vigore nel 2013, relativi ad alme-
no due terzi delle funzioni fondamentali dei Comuni e delle Province, e si
concluderà nel 2014 con l’entrata in vigore dei fabbisogni relativi a tutte le
funzioni fondamentali.
Si noti, tuttavia, che la L. 94/2012, di conversione del D.L. 52/2012, prevede che il Gover-
no, ai fini di un’effettiva revisione della spesa pubblica, verifichi prioritariamente l’attuazione
della procedura di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard da parte di Regioni ed enti
locali, provvedendo all’acquisizione dei dati necessari entro il 31 dicembre 2012 e ridetermi-
nando i termini per l’attuazione dei decreti attuativi entro il primo quadrimestre del 2013.

L’art. 12 della L. 42/2009 indica i principi e i criteri a cui i decreti dele-


gati devono uniformarsi in tema di coordinamento e di autonomia tributa-
ria degli enti locali. In particolare, è stabilito che dovrà essere la legge sta-
tale a individuare i tributi propri di Comuni e Province, definendo nel det-
taglio i relativi presupposti, i soggetti passivi, le basi imponibili e le aliquo-
te di riferimento.
È prevista, inoltre, la possibilità per gli enti locali di modificare, nei li-
miti fissati dalla legge, le aliquote dei tributi loro attribuiti, nonché di intro-
durre agevolazioni e di variare le modalità di calcolo delle basi imponibili
228 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

(si rinvia al §3 per l’analisi del D.Lgs. 23/2011, che ha riformato il sistema
impositivo dei Comuni in attuazione della L. 42/2009).
Un ulteriore elemento di novità in tema di autonomia riguarda la possi-
bilità per le Regioni di istituire, nell’ambito dei propri poteri legislativi in
materia tributaria, nuovi tributi comunali, provinciali e metropolitani, chia-
rendo gli ambiti di autonomia riconosciuti all’ente locale. Comuni e Pro-
vince dovranno disporre anche di piena autonomia nella fissazione delle ta-
riffe per prestazioni o servizi offerti anche su richiesta di singoli cittadini.
Viene, inoltre, prevista (art. 13) l’istituzione di due fondi perequativi
(uno a favore dei Comuni, l’altro a favore di Province e Città metropolita-
ne), inseriti nel bilancio regionale ma finanziati dallo Stato, a titolo di con-
corso per il finanziamento delle funzioni svolte dagli enti locali.

2. Il patto di stabilità interno


L’accresciuta autonomia finanziaria ha comportato anche una maggiore
responsabilizzazione degli enti locali. A partire dalla Finanziaria 1999 (art.
28 L. 448/1998), le Regioni e gli enti locali (limitatamente alle Province e
ai Comuni con più di 5.000 abitanti) sono stati chiamati a concorrere al ri-
sanamento della finanza pubblica e al rispetto del Patto di stabilità e cresci-
ta firmato in sede di Unione Europea. In particolare, il cd. patto di stabili-
tà interno (le cui disposizioni costituiscono principi fondamentali del co-
ordinamento della finanza pubblica) ha il duplice obiettivo di:
— ridurre il disavanzo finanziario;
— concorrere alla riduzione del debito pubblico.
Dal 2007 (L. 296/2006), per il rispetto del patto di stabilità interno sono
imposti risultati sui saldi finanziari (e non più sui tetti di spesa, come av-
veniva in precedenza), calcolati in termini di competenza mista, vale a dire
pari alla somma algebrica degli importi derivanti:
— per la parte corrente, dalla differenza tra accertamenti di entrata e impe-
gni di spesa;
— per la parte in conto capitale, dalla differenza tra incassi e pagamenti.
La disciplina del patto di stabilità relativo al triennio 2011-2013 è stata
disegnata congiuntamente dal D.L. 78/2010, convertito in L. 122/2010, e
dalla L. 220/2010 (legge di stabilità 2011) ed è stata successivamente sot-
toposta ad una serie di modifiche e di integrazioni principalmente ad opera
Capitolo Secondo - La finanza degli Enti locali 229

del D.L. 98/2011, convertito in L. 111/2011, del D.L. 138/2011, convertito


in L. 148/2011, e della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012). L’applicazio-
ne di tale disciplina sarà estesa dal 2013 ai Comuni con popolazione supe-
riore a 1.000 abitanti e dal 2014 alle Unioni di Comuni formate da enti con
popolazione fino a 1.000 abitanti (art. 16, commi 5 e 31, D.L. 138/2011).

3. La riforma del sistema impositivo dei comuni: il


d.Lgs. 23/2011
La revisione del sistema dei tributi comunali costituisce uno dei tassel-
li fondamentali della riforma federalista avviata dalla L. 42/2009, in quan-
to dovrebbe consentire di attribuire ai Comuni un’effettiva autonomia finan-
ziaria di entrata e di spesa.
Un passo fondamentale in tale direzione è stato compiuto con l’appro-
vazione del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, sul cd. federalismo fiscale mu-
nicipale, in cui si dispone, a partire dal 2011, l’attribuzione ai Comuni, in
tutto o in parte, del gettito relativo a una serie di imposte (imposte legate ai
trasferimenti immobiliari, IRPEF sui redditi fondiari, imposta di registro e
di bollo sui contratti di locazione di immobili) e l’istituzione di una nuova
imposta, la cd. cedolare secca sugli affitti, che il proprietario di immobili
locati ad uso abitativo può scegliere in sostituzione del regime attuale e il
cui gettito è in parte devoluto ai Comuni.
In una seconda fase, a partire dal 2014, è prevista l’istituzione di un’im-
posta municipale propria, che sostituirà l’ICI (ma, come vedremo nel pa-
ragrafo seguente, il D.L. 201/2011 ne ha anticipato al 2012 l’applicazione in
via sperimentale), e di un’imposta municipale secondaria, che potrà sosti-
tuire, ad esempio, la TOSAP e l’imposta comunale sulla pubblicità.
Tali novità andranno, dunque, ad innestarsi gradualmente nel sistema
impositivo dei Comuni, descritto nel paragrafo seguente, modificandolo in
modo rilevante.

4. Le entrate tributarie dei comuni


A) L’imposta municipale propria
Ai sensi del D.L. 201/2011, convertito in L. 214/2011, l’applicazione
dell’imposta municipale propria (IMU) viene anticipata in via sperimenta-
le al 2012 ed estesa anche alle abitazioni principali.
230 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

Il presupposto dell’imposta, identico a quello della vecchia ICI (impo-


sta comunale sugli immobili), è dato dal possesso di fabbricati, aree fabbri-
cabili e terreni agricoli. Come per l’ICI (che cessa di esistere), anche la base
imponibile dell’IMU viene calcolata utilizzando una serie di coefficienti
variabili in funzione del tipo di fabbricato e della categoria catastale di ap-
partenenza.
L’imposta si calcola applicando alla base imponibile un’aliquota dello
0,76%, ma i Comuni hanno la possibilità di modificare tale aliquota sino a
0,3 punti percentuali in aumento o in diminuzione.
L’aliquota è ridotta allo 0,4% per le abitazioni principali (modificabile
dai Comuni non oltre 0,2 punti percentuali in aumento o in diminuzione) e
allo 0,2% per i fabbricati rurali.
Nel caso delle abitazioni principali, dall’ammontare dell’imposta calco-
lato nel modo appena descritto si detrae l’importo di 200 euro, al quale va
aggiunto, solo per gli anni 2012 e 2013, l’ulteriore importo di 50 euro per
ogni figlio di età non superiore a 26 anni che dimora abitualmente e risiede
anagraficamente in quell’abitazione.

B) L’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affis-


sioni
Il presupposto dell’imposta sulla pubblicità consiste, in via residuale ri-
spetto al diritto sulle pubbliche affissioni, nella diffusione di messaggi in
qualsiasi modo effettuati in luoghi pubblici o in locali aperti al pubblico o
che siano da tali luoghi percepibili (art. 5 D.Lgs. 507/1993). L’art. 10 della
L. 448/2001 dispone che l’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio
di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistin-
guono la sede dove si svolge l’attività, se di superficie complessiva fino a 5
metri quadrati. I Comuni possono, con proprio regolamento, prevedere l’esen-
zione dal pagamento dell’imposta per insegne di superficie maggiore.
Soggetto passivo è colui che dispone del mezzo attraverso il quale vie-
ne diffuso il messaggio pubblicitario. Colui che produce o vende la merce
o fornisce i servizi oggetto della pubblicità, tuttavia, è solidamente obbliga-
to al pagamento dell’imposta.
L’art. 62 del D.Lgs. 446/1997 dà facoltà ai Comuni di escludere l’appli-
cazione dell’imposta e istituire un canone per l’installazione di mezzi pub-
blicitari in base ad apposita tariffa.
Capitolo Secondo - La finanza degli Enti locali 231

I diritti sulle pubbliche affissioni, invece, sono quei diritti che devono
essere versati da chi vuole diffondere un messaggio pubblicitario attraver-
so l’affissione di manifesti su impianti del Comune a ciò destinati. L’entità
dei diritti viene stabilita con regolamento comunale.
Ai sensi del D.Lgs. 23/2011, a partire dal 2014 l’imposta comunale sul-
la pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni potranno essere sostituiti,
con deliberazione consiliare, dall’imposta municipale secondaria.

C) L’imposta di scopo per opere pubbliche


In base alla L. 296/2006, i Comuni possono istituire un’imposta di sco-
po destinata alla parziale copertura (massimo 30%) delle spese per la rea-
lizzazione di opere pubbliche. I Comuni che intendono introdurre questa
imposta devono redigere un regolamento che indichi l’opera da realizzare,
l’ammontare della spesa, l’aliquota e le modalità di versamento.
Tra le opere pubbliche la cui realizzazione è finanziabile parzialmente con l’imposta di
scopo troviamo:
— opere per il trasporto pubblico;
— opere viarie, con l’esclusione della manutenzione straordinaria e ordinaria delle opere esi-
stenti;
— opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;
— opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini;
— opere di restauro;
— opere di conservazione dei beni artistici e architettonici;
— opere relative a nuovi spazi per eventi e attività culturali, allestimenti museali e biblioteche;
— opere di realizzazione e manutenzione straordinaria dell’edilizia scolastica.

L’imposta, che è dovuta per un periodo massimo di cinque anni, è de-


terminata applicando alla base imponibile dell’ICI (equivalente, come si è
visto in precedenza, a quella dell’attuale IMU) un’aliquota massima dello
0,5 per mille.
Se entro due anni dalla data prevista l’opera non è stata iniziata, i con-
tribuenti possono chiedere il rimborso dei versamenti effettuati.
Il D.Lgs. 23/2011, come modificato dal D.L. 16/2012, conv. in L. 44/2012,
ha disposto che i Comuni possano, con regolamento, ampliare la tipologia
di opere pubbliche finanziabili, aumentare da 5 a 10 anni la durata massima
di applicazione dell’imposta e dare la possibilità di finanziare l’intero am-
montare della spesa.
232 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

D) L’imposta di soggiorno
I Comuni capoluogo di provincia, le Unioni di Comuni e i Comuni in-
clusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono
istituire, con deliberazione del Consiglio, un’imposta di soggiorno a carico
di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate nel proprio territo-
rio, da applicare, in proporzione al prezzo, sino a un massimo di 5 euro per
notte. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turi-
smo, compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi
di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali loca-
li e dei relativi servizi pubblici locali (art. 4, D.Lgs. 23/2011).
Si noti che, ai sensi del comma 3bis del medesimo art. 4, introdotto dal D.L. 16/2012,
conv. in L. 44/2012, i Comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori o nel cui territorio
insistono isole minori possono istituire con regolamento, in alternativa all’imposta di soggior-
no, un’imposta di sbarco, fino ad un massimo di 1,50 euro, da riscuotere unitamente al prez-
zo del biglietto da parte delle compagnie di navigazione che forniscono collegamenti maritti-
mi di linea. Sono esentati dal pagamento i residenti, i lavoratori, gli studenti pendolari e i com-
ponenti dei nuclei familiari dei soggetti che risultano aver pagato l’imposta municipale pro-
pria e che, pertanto, sono parificati ai residenti.

E) L’addizionale IRPEF
Il D.Lgs. 360/1998 ha istituito un’addizionale comunale all’IRPEF ca-
ratterizzata da due componenti:
— un’aliquota base (cd. aliquota di compartecipazione) definita con uno
o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con
il Ministro dell’interno;
— un’aliquota facoltativa aggiuntiva, che i Comuni possono deliberare
ogni anno e che non può superare lo 0,8% (art. 1, comma 142, L. 296/2006).
Dal 2011 le delibere di variazione dell’addizionale IRPEF hanno effetto dal 1° gennaio
dell’anno di pubblicazione sul sito www.finanze.it, a condizione che detta pubblicazione
avvenga entro il 20 dicembre dell’anno a cui la delibera afferisce (art. 14, comma 8, del
D.Lgs. 23/2011, come modificato dal D.L. 16/2012, conv. in L. 44/2012).

F) La compartecipazione IVA
Ai sensi del D.Lgs. 23/2011 (art. 2, comma 4), dal 2011 ai Comuni è at-
tribuita una compartecipazione all’IVA, la cui aliquota deve essere definita
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Mi-
nistro dell’Economia e delle Finanze e previa intesa in sede di Conferenza
Capitolo Secondo - La finanza degli Enti locali 233

unificata, in misura finanziariamente equivalente alla compartecipazione del


2% all’IRPEF. A tale disposizione ha dato seguito il D.P.C.M. 17 giugno
2011, fissando l’aliquota al 2,58% del gettito IVA.

G) L’addizionale comunale sui diritti di imbarco


L’art. 2, comma 11 della L. 350/2003 ha istituito un’addizionale comunale sui diritti d’im-
barco di passeggeri sulle aeromobili. L’addizionale è pari a 5,50 euro per passeggero imbarca-
to (valore così incrementato dal D.L. 134/2008, conv. in L. 166/2008) ed è versata all’entrata
del bilancio dello Stato, per la successiva rassegnazione per la parte eccedente 30 milioni di
euro in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’interno e ripartito sulla base del ri-
spettivo traffico aeroportuale secondo i seguenti criteri:
a) il 40 per cento del totale a favore dei Comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso con-
finanti;
b) il 60 per cento del totale per il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contra-
sto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nel-
le principali stazioni ferroviarie.

H) La tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche


Il tributo si riferisce all’occupazione: di spazi di qualsiasi natura in stra-
de, piazze, mercati appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile
dei Comuni; di spazi sottostanti o sovrastanti il suolo pubblico; di suolo pri-
vato gravato da servitù di pubblico passaggio (D.Lgs. 507/1993).
La tassa è dovuta al Comune dal titolare dell’atto di concessione o di au-
torizzazione o, in mancanza, dall’occupante (anche abusivo) in proporzio-
ne della superficie effettivamente sottratta all’uso pubblico.
L’art. 51, D.Lgs. 446/1997 ne aveva previsto l’abolizione a far data dal
1° gennaio 1999, ma l’art. 31 della L. 448/1998 ha abrogato tale disposizio-
ne. Di conseguenza, Comuni e Province possono continuare ad applicare il
tributo oppure decidere di istituire, con apposito regolamento, un canone
(di natura corrispettiva cd. COSAP) sostitutivo della TOSAP. Anche la TO-
SAP e il COSAP a partire dal 2014 potranno essere sostituiti dall’imposta
municipale secondaria (D.Lgs. 23/2011).

I) La tassa per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani


Il tributo in parola colpisce i soggetti che occupano o detengono locali
ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio
comunale in cui è istituito e attivato, o comunque reso in maniera continua-
tiva, il servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani (D.Lgs. 507/1993).
234 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

Le tariffe sono determinate dal Comune, secondo il rapporto di coper-


tura del costo prescelto, entro i limiti di legge, moltiplicando il costo di smal-
timento per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l’anno suc-
cessivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa.
Va segnalato che, per effetto dell’art. 49 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (decreto «Ron-
chi») in materia di rifiuti e di imballaggi, emanato in attuazione di diverse direttive comunita-
rie, la TARSU avrebbe dovuto essere sostituita dal 1° gennaio 1999 da una tariffa deno-
minata Tariffa d’Igiene Ambientale (cd. TIA 1) composta:
— da una quota fissa determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servi-
zio di gestione dei rifiuti;
— da una quota variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e
all’entità dei costi di gestione.
Le istruzioni per il calcolo della tariffa normalizzata sono state dettate con D.P.R. 158/1999,
ma prima la L. 448/1998 (art. 31, comma 7) poi la L. 488/1999 (art. 33) hanno prorogato i cri-
teri di calcolo della TARSU. Era stata comunque data facoltà ai Comuni di adottare in via spe-
rimentale la nuova tariffa.
Nell’ambito di una più generale rivisitazione delle norme ambientali, il D.Lgs. 152/2006
(Testo Unico Ambiente), ha disposto la soppressione della tariffa di cui all’articolo 49 del
D.Lgs. 22/1997, istituendo una Tariffa Integrata Ambientale (cd. TIA 2) la cui entrata in vi-
gore era tuttavia subordinata all’approvazione di un apposito regolamento attuativo. Non es-
sendo stato ancora emanato tale regolamento, dal 30 giugno 2010 i Comuni possono comun-
que adottare la nuova tariffa ai sensi delle disposizioni legislative e regolamentari esistenti.
La tariffa prevista dal Testo Unico Ambiente colpisce tutti coloro che possiedono o deten-
gono locali o aree scoperte ad uso privato o pubblico, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone
del territorio comunale, che producono rifiuti urbani (art. 238, comma 1). L’importo compren-
de una quota fissa, commisurata alle componenti essenziali del servizio, ed una quota rapporta-
ta alle quantità e qualità medie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e
alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri che tengano conto anche delle fasce di
utenza territoriali (comma 2). In sede di determinazione della tariffa, possono essere previste
agevolazioni per le utenze domestiche e per quelle adibite ad uso stagionale o non continuativo.
Si noti, infine, che a decorrere dal 2013 sarà istituito il nuovo tributo comunale sui rifiu-
ti e sui servzi, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti e di quelli relati-
vi ai servizi indivisibili dei Comuni. I presupposti del tributo sono definiti dall’art. 14 del D.L.
201/2011, mentre i criteri per la determinazione della tariffa dovranno essere stabili con rego-
lamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012 su proposta del Ministro dell’Economia e delle
Finanze e del Ministro dell’Ambiente.

5. le principali entrate tributarie delle Province


Come abbiamo già visto a proposito delle Regioni, il D.Lgs. 68/2011,
nel disporre la soppressione dei trasferimenti statali (dal 2012) e regionali
(dal 2013), si preoccupa di assicurare anche alle Province un’effettiva au-
Capitolo Secondo - La finanza degli Enti locali 235

tonomia di entrata. Il suddetto decreto potenzia soprattutto i tributi connes-


si al trasporto su gomma (in coerenza con quanto previsto dalla L. 42/2009),
stabilendo in particolare che, a partire dal 2012, l’imposta sulle assicura-
zioni RCA (il cui gettito è attribuito alla Province sin dal 1999) divenga tri-
buto proprio delle Province, e che, dal 2013, venga istituita dalle Regioni
una compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica regiona-
le, in misura tale da garantire alle Province un importo corrispondente ai
trasferimenti regionali soppressi.

A) Il tributo per l’esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igie-


ne dell’ambiente
Il gettito del tributo in esame è attribuito dall’art. 19 del D.Lgs. 504/1992
alle Province a fronte delle funzioni amministrative assolte dalle stesse in
tema di tutela ambientale e dei suoli, di smaltimento dei rifiuti e controllo
degli scarichi ed emissioni. Tale tributo costituisce, dunque, una sorta di so-
prattassa rispetto alla TARSU, andando ad incidere sugli stessi soggetti te-
nuti al pagamento della suddetta tassa.
Si badi che l’art. 19 del suddetto decreto era stato abrogato dall’art. 264 del D.Lgs. 152/2006
recante «Norme in materia ambientale». Tuttavia, l’art. 2, comma 44, del D.Lgs. 4/2008 ha, a
sua volta, abrogato il suddetto art. 264, facendo nuovamente salva l’applicazione del tributo a
partire dall’entrata in vigore del decreto medesimo.

B) La tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche


Il comma 4 dell’art. 38 del D.Lgs. 507/1993 precisa che sono le Provin-
ce (e non i Comuni) legittimate a riscuotere la tassa in oggetto per gli spa-
zi e aree pubbliche realizzate su strade provinciali che attraversano Comu-
ni con meno di 10.000 abitanti e questo anche se il soggetto competente per
il rilascio delle concessioni o autorizzazioni è il Comune stesso.
Il titolo III del D.Lgs. 446/1997, riordinando la disciplina dei tributi loca-
li, ha previsto — a partire dal 1° gennaio 1999 — la possibilità per Comuni e
Province di sostituire la tassa in oggetto con un canone di natura corrispettiva.

C) L’imposta provinciale di trascrizione (IPT)


Le Province hanno facoltà di istituire un’imposta provinciale sulle for-
malità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al Pub-
blico Registro Automobilistico (art. 56, D.Lgs. 446/1997).
236 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

L’imposta, istituita con apposito regolamento che va trasmesso al MEF


entro 30 giorni dalla data in cui è divenuto esecutivo, è commisurata (D.M.
435/1998) al tipo ed alla potenza dei veicoli: le Province hanno però facol-
tà di deliberare un aumento di tale misura fino ad un massimo del 30%.

D) L’imposta sulle assicurazioni RCA


Ai sensi del D.Lgs. 68/2011, dal 2012 l’imposta sulle assicurazioni
RCA (il cui gettito è attribuito alla Province sin dal 1999) diviene tributo
proprio delle Province. L’aliquota è pari al 12,5%, ma le Province possono
aumentarla o diminuirla in misura non superiore a 3,5 punti percentuali.

E) L’addizionale provinciale all’IRPEF


Istituita dall’art. 12 della L. 133/1999, tale addizionale è finalizzata a co-
prire gli oneri derivanti dal trasferimento di funzioni alle Province operato
dalla L. 59/1997. L’aliquota è determinata con decreto del Ministro dell’eco-
nomia e delle finanze.

F) La compartecipazione provinciale al gettito dell’IRPEF


Istituita dall’art. 31, comma 8, della L. 289/2002 (Finanziaria 2003) e
successivamente confermata da vari interventi legislativi (per il 2011 ha
provveduto il D.L. 225/2010, conv. in L. 10/2011), è pari all’1% del riscos-
so IRPEF affluito al bilancio dello Stato. Dal 2012 l’aliquota sarà rideter-
minata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in modo tale
da assicurare entrate corrispondenti ai trasferimenti statali soppressi.

6. Altre entrate
A) Le entrate da trasferimenti
Le entrate derivanti da trasferimenti e contributi da parte dello Stato,
delle Regioni e di altri enti del settore pubblico hanno rappresentato stori-
camente la quota preponderante delle entrate degli enti locali. Ovviamente,
all’interno di questo titolo, i contributi statali rivestivano un ruolo di parti-
colare rilevanza.
Capitolo Secondo - La finanza degli Enti locali 237

In base a quali criteri devono essere ripartiti i trasferimenti erariali


secondo il TUEL?
L’art. 149 del D.Lgs. 267/2000 prescrive che i trasferimenti erariali siano ripartiti in base
a criteri obiettivi che tengano conto della popolazione, del territorio e delle condizioni so-
cio-economiche, nonché in base ad una perequata distribuzione delle risorse che tenga con-
to degli squilibri di fiscalità locale. La garanzia statale per i servizi ritenuti necessari non è
però totale, dovendo comunque essere integrata dalle entrate fiscali (art. 149, comma 7).

La necessità di ridurre gli oneri a carico del bilancio dello Stato e di re-
sponsabilizzare gli enti locali nell’utilizzo delle risorse pubbliche ha però spin-
to il legislatore a disporre la revisione dell’intero sistema dei trasferimenti
erariali, nell’ambito della riforma federalista. La L. 42/2009 prevede, infatti,
la graduale soppressione dei trasferimenti statali e regionali diretti al fi-
nanziamento delle spese relative alle funzioni fondamentali degli enti locali.
In attesa che entri in vigore una legge specifica, ai sensi dell’art. 14, comma 27, del D.L.
78/2010, convertito in L. 122/2010, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Province sono
quelle provvisoriamente individuate dall’art. 21, commi 3 e 4, della L. 42/2009; si tratta, es-
senzialmente, delle funzioni amministrative, di gestione e di controllo, di polizia locale, di
istruzione pubblica, di viabilità e trasporti, di gestione del territorio e dell’ambiente e, in ge-
nerale, di quelle relative all’ambito sociale.

B) Le entrate extra-tributarie
Il D.P.R. 194/1996 (Regolamento per l’approvazione dei modelli di cui
all’art. 114 del D.Lgs. 77/1995) distingue le entrate extra-tributarie degli
enti locali nelle seguenti 5 categorie:
— proventi da servizi pubblici;
— proventi dalla gestione patrimoniale;
— proventi finanziari (interessi su depositi, su capitale conferito ad azien-
de speciali e partecipate);
— proventi per utili da aziende speciali e partecipate;
— proventi diversi (categoria a carattere residuale).

C) Entrate da accensione di prestiti


Fra le entrate da accensione di prestiti il D.P.R. 194/1996 individua le
seguenti 4 categorie:
— anticipazioni di cassa;
— finanziamenti a breve termine;
238 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

— assunzione di mutui e prestiti;


— emissione di prestiti obbligazionari.
In aggiunta a queste quattro categorie l’art. 205 bis del TUEL autorizza gli enti locali a
contrarre aperture di credito.
Gli enti locali (nonché i loro Consorzi e Aziende) possono assumere mutui con i seguenti enti:
— la Cassa depositi e prestiti;
— l’Istituto per il Credito Sportivo (che concede mutui per la costruzione di impianti sporti-
vi e che opera in stretto collegamento con il CONI);
— istituti assicurativi e previdenziali (quali l’INPDAP);
— le imprese bancarie;
— istituzioni comunitarie (la Banca Europea per gli Investimenti).

A quali condizioni gli enti locali possono ricorrere alle entrate da ac-
censione di prestiti?
Questi strumenti di credito possono essere attivati qualora sussistano le seguenti condizioni:
— sia stato approvato il rendiconto del penultimo esercizio precedente quello in cui si in-
tende deliberare il ricorso all’indebitamento;
— sia stato deliberato il bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni;
— il ricorso all’indebitamento deve essere finalizzato esclusivamente alla realizzazione
degli investimenti (si tratta, infatti, di entrate a destinazione vincolata).
Altro vincolo introdotto dalla Finanziaria 2005 (art. 1, comma 35) è che l’ente locale sia
in regola con il patto di stabilità. L’art 77bis del D.L. 112/2008, stabilisce che i mutui e
i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finan-
ziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attestazione, da cui risul-
ti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno precedente. In
caso di mancato rispetto del patto (o di mancata presentazione dell’attestazione), l’ente non
può ricorrere all’indebitamento nell’anno successivo a quello dell’inadempienza.
Condizioni aggiuntive sono inoltre previste per l’assunzione dei mutui (art. 204). La prima
di esse stabilisce che l’ente locale può deliberare nuovi mutui e accedere ad altre forme di fi-
nanziamento reperibili sul mercato solo se l’importo annuale degli interessi, sommato a quel-
lo dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari emessi ed a quello
derivante da garanzie fideiussorie, prestate per operazioni di indebitamento di aziende, socie-
tà, consorzi o Comunità montane di cui l’ente fa parte, al netto dei contributi statali e regiona-
li in conto interessi, non superi l’8% per il 2012, il 6% per il 2013 e il 4% a decorrere dal 2014
(così dopo le modifiche introdotte dalla L. 183/2011) delle entrate relative ai primi tre titoli
del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene deliberata l’assunzione.

D) L’emissione di prestiti obbligazionari


L’art. 205 del TUEL autorizza gli enti locali ad attivare prestiti obbliga-
zionari (i cd. BOC) «nelle forme consentite dalla legge» (nella fattispecie,
la L. 724/1994).
Capitolo Secondo - La finanza degli Enti locali 239

In base a tale normativa, Province, Comuni, Città metropolitane, Comu-


nità montane, i loro Consorzi e le Regioni possono deliberare l’emissione
di prestiti obbligazionari destinati esclusivamente al finanziamento degli in-
vestimenti. L’emissione è consentita solo agli enti locali che non si trovino
in situazioni di dissesto o di deficit strutturale (art. 35) o che, in caso di dis-
sesto, presentino le seguenti condizioni:
— che gli enti abbiano registrato un avanzo di amministrazione nei conti
consuntivi relativi all’ultimo e al penultimo esercizio precedente quello
dell’emissione del prestito e dopo l’approvazione dell’ipotesi di bilan-
cio stabilmente riequilibrato;
— che gli enti abbiano interamente ripianato gli eventuali disavanzi di ge-
stione dei servizi pubblici gestiti a mezzo di aziende municipalizzate ri-
sultanti dai conti consuntivi del servizio pubblico relativi all’ultimo e al
penultimo esercizio precedente a quello dell’emissione del prestito.

E) I prodotti derivati
Fra gli strumenti utilizzati dagli enti locali per finanziare gli investimenti, un ruolo parti-
colare è stato rivestito, soprattutto negli ultimi anni, dai cosiddetti prodotti derivati, cioè da
strumenti finanziari il cui valore deriva dall’andamento del valore di un’attività o dal verifi-
carsi nel futuro di un evento osservabile oggettivamente. In questa categoria rientrano, ad esem-
pio, i contratti a termine (forward, futures), i contratti swap e i contratti option.
Le crescenti preoccupazioni circa i rischi derivanti dalla stipulazione di tali contratti e la
conseguente necessità di una maggiore regolamentazione hanno spinto il legislatore a vietare,
almeno temporaneamente, l’utilizzo di tali strumenti da parte degli enti locali.
L’art. 62 del D.L. 112/2008 prevede a questo proposito l’emanazione di un regolamento
del Ministro dell’Economia e delle Finanze, sentite la Banca d’Italia e la CONSOB (Commis-
sione Nazionale per le Società e la Borsa), al fine di individuare la tipologia dei contratti rela-
tivi a strumenti finanziari derivati che gli enti locali possono sottoscrivere, indicando le com-
ponenti derivate che gli stessi enti possono prevedere nei contratti di finanziamento e le infor-
mazioni che tali contratti devono contenere per garantire la massima trasparenza.
Lo stesso articolo prevede che chi sottoscrive per l’ente pubblico un contratto di questo
tipo deve attestare per iscritto di essere a conoscenza dei rischi e delle caratteristiche. Gli enti
locali sono, inoltre, tenuti ad allegare al bilancio di previsione e al bilancio consuntivo una nota
informativa in cui siano evidenziati gli impegni finanziari derivanti da contratti relativi a stru-
menti derivati.
In ogni caso, fino all’entrata in vigore di tale regolamento è fatto divieto agli enti locali di
stipulare contratti relativi a tali strumenti finanziari.
240 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

SCHEMA RIASSUNTIVO
Imposte
Tributarie Tasse
Contributi
Dallo Stato
Le principali
Trasferimenti Dalla Regione
entrate
Da altri enti pubblici
dei Comuni
e delle Province Proventi da servizi pubblici
Proventi della gestione patrimoniale
Extratributarie Proventi finanziari
Proventi per utili da aziende speciali e partecipate
Proventi diversi
IMU
Imposta comunale sulla pubblicità (sostituibile con un canone)
Addizionale comunale IRPEF
Le principali
TARSU/TIA
entrate tributarie
TOSAP (sostituibile con un canone)
dei Comuni
Addizionale sui diritti d’imbarco
Imposta di scopo
Imposta di soggiorno (solo per alcuni Comuni) e imposta di sbarco
Tributo per l’esercizio di funzione di tutela, protezione
Le principali e igiene dell’ambiente
entrate tributarie TOSAP (sostituibile con un canone)
delle Province Imposta provinciale di trascrizione (IPT)
Addizionale provinciale IRPEF

Glossario
Aliquota è la misura dell’imposta calcolata in percentuale sulla base imponibile al fine di
individuare l’esatto ammontare del tributo. Le aliquote possono essere costanti o progres-
sive. Sono costanti se non crescono all’aumentare del livello della base imponibile, come
nel caso delle aliquote IVA. Nel caso contrario sono progressive (come ad esempio le ali-
quote IRPEF).
Base imponibile: è il valore, attribuito alla situazione di fatto presa in esame ai fini fisca-
li, in relazione al quale viene calcolata l’imposta.
Potestà impositiva: è il potere attribuito allo Stato, e da questi delegabile ad altri enti come
le Regioni, le Province e i Comuni, di imporre tributi nonché di attivare tutte le procedure
(accertamento, riscossione etc.) per una loro corretta e legale applicazione.
Capitolo Terzo
L’ordinamento contabile
degli enti locali

Sommario: 1. Fonti normative. - 2. L’ambito di applicazione e la potestà regolamen-


tare. - 3. Principi, caratteristiche e struttura del bilancio. - 4. Il piano esecutivo di gestio-
ne (PEG). - 5. Predisposizione e approvazione del bilancio. - 6. Gli allegati al bilancio di
previsione annuale. - 7. La gestione del bilancio. - 8. I risultati della gestione. - 9. Il con-
trollo della gestione e la revisione economico-finanziaria. - 10. Il dissesto e il riequilibrio.

1. Fonti normative
In seguito alla delega contenuta nell’art. 31 della L. 265/1999, il Governo
ha riunito nel TUEL (Testo Unico Enti Locali, D.Lgs. 267/2000) tutte le di-
sposizioni legislative vigenti in materia di ordinamento degli enti locali; nella
Parte II (artt. 149-269) sono confluite tutte le norme relative all’ordinamento
finanziario e contabile e, in particolare, quelle previste dal D.Lgs. 77/1995,
provvedimento che aveva introdotto numerosi elementi innovativi, tra i quali:
— una nuova articolazione del bilancio di previsione, più snello e più leg-
gibile, con cui il Consiglio fissa gli orientamenti ed i programmi;
— l’introduzione del piano esecutivo di gestione (PEG), con cui la Giunta
(per il tramite di dirigenti e funzionari) specifica le singole iniziative;
— l’introduzione del controllo di gestione, con cui si verifica lo stato di at-
tuazione degli obiettivi programmati;
— più in generale, l’introduzione di un sistema di contabilità più vicino alle
logiche aziendalistiche.
Salvo espresse eccezioni, i riferimenti agli artt. del D.Lgs. 77/1995 con-
tenuti in altre norme devono ora intendersi alle corrispondenti disposizioni
del testo unico.
Anche per gli enti locali vale quanto si è visto in precedenza (Cap. 1,
§4) a proposito delle Regioni a statuto ordinario: con la L. 42/2009, come
modificata dalla L. 196/2009, il Parlamento ha delegato il Governo ad adot-
tare uno o più decreti legislativi volti non solo ad assicurare la piena auto-
nomia finanziaria degli enti locali stessi ma anche ad armonizzare i sistemi
242 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

contabili e gli schemi di bilancio dei medesimi enti e i relativi termini di


presentazione e approvazione, in funzione delle esigenze di programmazio-
ne, gestione e rendicontazione della finanza pubblica (art. 2, comma 1).
Si tratta, in sostanza, di facilitare il confronto fra i dati di bilancio degli
enti pubblici territoriali (Regioni ed enti locali), anche e soprattutto allo sco-
po di favorire un maggiore coinvolgimento di tali enti nella definizione e
nel raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, nell’ambito di quel
processo di riqualificazione della spesa e, più in generale, di responsabiliz-
zazione degli enti territoriali che costituisce l’altra fondamentale faccia del-
la medaglia del federalismo fiscale, cioè del riconoscimento di una maggio-
re autonomia finanziaria.
Alla delega contenuta nella L. 42/2009 ha dato una prima attuazione il
già citato D.Lgs. 118/2011 che ha previsto, tuttavia, una fase di sperimen-
tazione che durerà due esercizi finanziari (2012 e 2013) e che coinvolgerà
un numero limitato di enti individuati con D.P.C.M 25 maggio 2012. Il nuo-
vo regime contabile dovrebbe, dunque, entrare definitivamente in vigore nel
2014; nel frattempo, la normativa di riferimento, tuttora contenuta princi-
palmente nel TUEL, è quella descritta nelle pagine seguenti.

2. L’ambito di applicazione e la potestà regolamen-


tare
L’art. 150 del TUEL chiarisce l’ambito di applicazione della norma che
riguarda:
— sotto l’aspetto soggettivo l’attività contabile svolta da Province, Comu-
ni, Comunità montane, Comunità isolane, Città metropolitane, Unioni
di Comuni;
— sotto l’aspetto oggettivo le attività di programmazione, gestione, ren-
dicontazione.
I regolamenti di contabilità disciplinano (artt. 152-153):
— le norme relative alle competenze specifiche dei soggetti dell’ammini-
strazione preposti alla programmazione, adozione ed attuazione dei prov-
vedimenti di gestione che hanno carattere finanziario e contabile, in ar-
monia con le disposizioni del TUEL e delle altre leggi vigenti;
— le modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sul-
le proposte di deliberazione e viene apposto il visto di regolarità conta-
bile sulle determinazioni dei soggetti abilitati;
Capitolo Terzo - L’ordinamento contabile degli Enti locali 243

— i criteri di segnalazione di fatti e valutazioni che il responsabile finan-


ziario è tenuto a rendere al Sindaco o al Presidente, al Segretario e al
Collegio dei revisori laddove nella gestione di entrate e spese correnti si
rilevino situazioni che possono rendere precari gli equilibri di bilancio;
— l’istituzione di un servizio di economato, cui viene preposto un respon-
sabile, per la gestione di cassa delle spese di ufficio di non rilevante am-
montare.

3. Principi, caratteristiche e struttura del bilancio


A) I principi del bilancio
L’art. 162 del TUEL stabilisce che gli enti locali deliberano annualmen-
te il bilancio di previsione finanziario redatto in termini di competenza, per
l’anno successivo. Come le Regioni, anche gli enti locali sono tenuti a de-
finire gli obiettivi dei propri bilanci annuali (e pluriennali) in coerenza con
gli obiettivi programmatici del Documento di Economia e Finanza.
Competente per l’approvazione del bilancio di previsione è il Consiglio
dell’ente, quale organo di indirizzo, mentre alla Giunta spetta la predispo-
sizione dello stesso.
La situazione economica non può presentare un disavanzo. Le previ-
sioni di competenza relative alle spese correnti non possono essere comples-
sivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell’en-
trata (entrate tributarie — entrate per contributi o trasferimenti da parte del-
lo Stato o di altri enti pubblici — entrate extratributarie) e non possono ave-
re altra forma di finanziamento. Il totale delle entrate finanzia indistintamen-
te il totale delle spese. L’unità temporale della gestione è l’anno finanziario,
che inizia il 1° di gennaio e termina il 31 di dicembre dello stesso anno; dopo
tale termine non possono più effettuarsi accertamenti di entrate ed impegni
di spesa in conto dell’esercizio scaduto (art. 162, comma 3). La gestione fi-
nanziaria è unica come il relativo bilancio di previsione; sono infatti vie-
tate le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in bilancio.

B) Caratteristiche del bilancio


Gli artt. 164 e 165 del TUEL sono dedicati alle caratteristiche e alla strut-
tura del bilancio.
L’unità elementare del bilancio per l’entrata è la risorsa mentre per la
spesa è l’intervento. In particolare ciascuna risorsa dell’entrata e ciascun
244 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

intervento della spesa devono indicare l’ammontare degli accertamenti (le


risorse) o degli impegni (gli interventi) risultanti dal rendiconto del penul-
timo anno precedente all’esercizio di riferimento e la previsione aggiorna-
ta relativa all’esercizio in corso nonché l’ammontare delle entrate che si pre-
vede di accertare o delle spese che si prevede di impegnare nell’esercizio
cui il bilancio si riferisce.

A quale scopo sono stati accorpati più capitoli del bilancio?


L’accorpamento di più capitoli in un minor numero di voci, operato dal D.Lgs. 77/1995,
ha lo scopo di rendere non solo più leggibile il bilancio degli enti pubblici ma, soprattutto,
di introdurre anche nella P.A. la contabilità economica. Inoltre, ed è novità di non poco
conto, l’accorpamento delle voci favorisce una più netta distinzione fra le funzioni proprie
dell’organo consiliare e quelle dell’esecutivo: il primo si limiterà a definire la politica ge-
nerale di bilancio, senza dover valutare dettagli di natura strettamente tecnica; al secondo,
invece, spetterà la valutazione e la ripartizione più dettagliata di ciascuna voce.

Il bilancio di previsione annuale ha carattere autorizzatorio (fatta ecce-


zione per i servizi per conto di terzi); infatti svolge una funzione di limite
agli impegni di spesa che possono essere assunti solo per gli importi previ-
sti nel bilancio.
In sede di predisposizione del bilancio il Consiglio dell’ente deve inol-
tre assicurare un idoneo finanziamento agli impegni pluriennali assunti nel
corso degli esercizi precedenti.

C) Struttura del bilancio


Per quanto riguarda la struttura, l’art. 165 afferma che il bilancio di pre-
visione annuale è composto da due parti, relative rispettivamente all’entra-
ta e alla spesa, e che prima di tutte le entrate e di tutte le spese siano iscrit-
ti in bilancio l’avanzo e il disavanzo di amministrazione.
Secondo il D.P.R. 194/1996, le entrate di Province, Comuni, Città me-
tropolitane e Unioni di Comuni sono classificate sulla base dello schema
seguente.
Capitolo Terzo - L’ordinamento contabile degli Enti locali 245

Le entrate
Titolo I: Entrate tributarie
categoria 1: imposte
categoria 2: tasse
categoria 3: tributi speciali ed altre entrate tributarie proprie

Titolo II: Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Re-
gione e di altri enti pubblici anche in rapporto all’esercizio di funzioni dele-
gate dalla Regione
categoria 1: entrate derivanti da trasferimenti correnti dello Stato
categoria 2: entrate derivanti da trasferimenti correnti delle Regioni
categoria 3: contributi e trasferimenti della Regione per funzioni delegate
categoria 4: contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari e internazionali
categoria 5: contributi e trasferimenti correnti da altri enti del settore pubblico

Titolo III: Entrate extra-tributarie


categoria 1: proventi dei servizi pubblici
categoria 2: proventi dei beni dell’ente
categoria 3: interessi su anticipazioni e crediti
categoria 4: utili netti delle aziende speciali e partecipate, dividendi di società
categoria 5: proventi diversi

Titolo IV: Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossio-


ne di crediti
categoria 1: alienazione di beni patrimoniali
categoria 2: trasferimenti di capitali dallo Stato
categoria 3: trasferimenti di capitale dalla Regione
categoria 4: trasferimenti di capitale da altri enti del settore pubblico
categoria 5: trasferimenti di capitale da altri soggetti
categoria 6: riscossioni di crediti

Titolo V: Entrate derivanti da accensione di prestiti


categoria 1: anticipazioni di cassa
categoria 2: finanziamenti a breve termine
categoria 3: assunzione di mutui e prestiti
categoria 4: emissione di prestiti obbligazionari

Titolo VI: Entrate da servizi per conto di terzi


Per le Comunità montane la ripartizione è identica a quella adottata per gli altri enti pubbli-
ci territoriali, con la sola, ovvia, eccezione del Titolo relativo alle entrate tributarie.
246 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

Le spese risultano così suddivise:


— titoli, sulla base degli aggregati economici più rilevanti (spese correnti,
spese in conto capitale etc.);
— funzioni, in relazione alle spese sostenute per i diversi tipi di attività svol-
ta dall’ente e che sostituiscono le sezioni previste dalla previgente disci-
plina;
— servizi, in relazione alle spese sostenute dai singoli uffici che gestiscono
un complesso di attività; va detto che a ciascun servizio è correlato un re-
parto organizzativo, semplice o complesso, composto da persone e mez-
zi cui è preposto un responsabile; inoltre a ciascun servizio è affidato, con
il bilancio di previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati ne-
gli interventi assegnati, del quale risponde il responsabile del servizio;
— interventi, in relazione alle singole spese sostenute in riferimento di cia-
scun servizio per l’attribuzione degli strumenti necessari all’esercizio
della loro attività (è quindi una ulteriore classificazione all’interno dei
servizi).

I Titoli di spesa
Titolo I: Spese correnti
Titolo II: Spese in conto capitale
Titolo III: Spese per rimborso prestiti
Titolo IV: Spese per servizi per conto terzi.

4. Il piano esecutivo di gestione (PEG)


L’art. 169 del TUEL afferma che, sulla base del bilancio di previsione
annuale deliberato dal Consiglio, l’organo esecutivo (la Giunta) definisce,
prima dell’inizio dell’esercizio e su proposta del Direttore generale, il pia-
no esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando
gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi.
Il piano esecutivo di gestione (PEG) è una delle più importanti novità
introdotte dal D.Lgs. 77/1995 e costituisce un fondamentale strumento per
la gestione dell’ente. In particolare, essendo il piano strettamente legato ai
contenuti del bilancio di previsione, attribuisce a questo necessariamente
una maggiore valenza come documento di programmazione avente un con-
tenuto strategico.
Capitolo Terzo - L’ordinamento contabile degli Enti locali 247

Il piano esecutivo deve, quindi, esplicitare le scelte contenute nel bilan-


cio di previsione rendendole più nitide, realizzabili e specifiche. Si attua in
tal modo pienamente la separazione fra l’attività di programmazione (che
spetta all’organo consiliare grazie al bilancio di previsione) e l’attività di
indirizzo (di competenza dell’esecutivo che la esercita appunto tramite il
PEG) da una parte, e l’effettiva gestione che ormai è di esclusiva competen-
za dei dirigenti/responsabili.
È questo il motivo per cui il piano ha un’articolazione più estesa rispet-
to al bilancio e prevede la seguente ulteriore specificazione:
— le risorse di entrata sono distinte in capitoli;
— i servizi sono suddivisi in centri di costo;
— gli interventi di spesa sono distinti in capitoli.
Il piano esecutivo di gestione, la cui redazione è facoltativa per gli enti
con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e per le Comunità montane (art.
169, comma 3, TUEL), può essere poi modificato dalla Giunta entro il 15
dicembre di ogni anno (art. 175).

5. Predisposizione e approvazione del bilancio


La Giunta, in quanto organo esecutivo dell’ente, redige lo schema di bi-
lancio annuale che va presentato al Consiglio corredato degli allegati rela-
tivi e della relazione curata dall’organo di revisione.
Il regolamento di contabilità dell’ente fissa i termini per la redazione e
presentazione del citato documento e per la produzione di emendamenti agli
schemi di bilancio predisposti da parte dell’organo consiliare. In ogni caso,
la delibera di approvazione del bilancio di previsione va adottata entro il 31
dicembre (art. 151 TUEL) ma tale termine può essere differito, in presenza
di motivate esigenze, con decreto del Ministro dell’interno; in questo caso
si intende automaticamente autorizzato l’esercizio provvisorio del bilancio
(art. 163, comma 3, TUEL), durante il quale l’ente non può effettuare spe-
se per ciascun intervento mensilmente superiori ad un dodicesimo degli stan-
ziamenti previsti nell’ultimo bilancio definitivamente approvato, con esclu-
sione delle spese tassativamente regolate dalla legge e di quelle non frazio-
nabili in dodicesimi.
Un ruolo importante, inoltre, spetta ai pareri espressi dall’organo di re-
visione nella relazione, da esso compilata ed allegata al bilancio annuale.
248 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

Nei pareri, infatti è espresso un motivato giudizio di congruità, di co-


erenza e di attendibilità delle previsioni di bilancio tenendo conto del pare-
re espresso dal responsabile del servizio finanziario e dei parametri di defi-
citarietà strutturale. I pareri sono obbligatori (art. 239, TUEL).

6. Gli allegati al bilancio di previsione annuale


A) La relazione previsionale e programmatica
Un primo documento che gli enti locali devono allegare al bilancio è la
relazione previsionale e programmatica. A mente dell’art. 170 la relazione
è predisposta dall’organo esecutivo (vale a dire la Giunta) ed è da questo
presentata all’organo consiliare (il Consiglio) al quale compete l’approva-
zione.
La relazione, che copre un periodo pari a quello del bilancio pluriennale, ha carattere ge-
nerale; essa illustra anzitutto le caratteristiche generali della popolazione, del territorio,
dell’economia insediata e dei servizi dell’ente, precisandone risorse umane, strumentali e tec-
nologiche (si tratta, cioè, di una rappresentazione della realtà dell’ente che deve essere gesti-
to). Essa costituisce un importante riferimento per gli organismi gestionali dell’ente in quan-
to indica anche gli obiettivi che si intendono raggiungere, sia in termini di bilancio che in ter-
mini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio. La relazione fornisce poi adeguati ele-
menti che dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti ur-
banistici con particolare riferimento ad un altro allegato del bilancio, la delibera, da adottarsi
annualmente prima dell’approvazione del bilancio, con la quale i Comuni verificano la quan-
tità e la qualità di aree e di fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attività produttive e
terziarie che potranno essere cedute in proprietà o in diritto di superficie e con la quale stabi-
liscono il prezzo di cessione per ciascun tipo di area o di fabbricato.
La relazione previsionale e programmatica si conclude con una motivata dimostrazione
delle variazioni intervenute rispetto all’esercizio precedente. I valori monetari in essa conte-
nuti sono espressi, con riferimento ai periodi ai quali si riferiscono, tenendo conto del tasso di
inflazione programmato.

B) Il bilancio pluriennale di competenza


Al bilancio annuale di previsione è altresì allegato il bilancio plurienna-
le di competenza, di durata pari a quella del bilancio pluriennale della Re-
gione di appartenenza e comunque non inferiore ai tre anni (art. 171). Lo
schema di bilancio pluriennale è predisposto dalla Giunta ed è da questa
presentata al Consiglio per l’approvazione.
Capitolo Terzo - L’ordinamento contabile degli Enti locali 249

Quali sono le modalità di redazione del bilancio pluriennale di com-


petenza?
Tale documento deve essere redatto nel rispetto dei principi di bilancio e deve dare una
rappresentazione dell’insieme dei mezzi finanziari che si prevede di destinare per ciascu-
no degli anni considerati sia per la copertura di spese correnti che per il finanziamento del-
le spese di investimento. Esso è suddiviso, per quanto attiene alle spese, in: programmi, ti-
toli, servizi ed interventi.

Gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, che per il primo anno
coincidono con quelli del bilancio annuale di competenza, hanno carattere
autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, e sono aggiornati
annualmente in sede di approvazione del bilancio di previsione (art. 171).
Anche i valori monetari contenuti nel bilancio pluriennale sono espres-
si, con riferimento ai periodi ai quali si riferiscono, tenendo conto del tasso
di inflazione programmato.

C) Altri allegati
Gli altri allegati al bilancio di previsione sono:
— la relazione dell’organo di revisione, che esprime un motivato giudi-
zio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni
di bilancio e dei programmi e dei progetti, anche tenuto conto del pare-
re espresso dal responsabile del servizio (art. 239 TUEL);
— il rendiconto deliberato del penultimo esercizio antecedente quello
cui si riferisce il bilancio di previsione;
— le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle Unioni di comuni,
aziende speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali costituite per l’eser-
cizio dei servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente.
Questi primi allegati hanno lo scopo di avvalorare le previsioni conte-
nute nel bilancio annuale.
Accanto ad essi abbiamo:
— la deliberazione, adottata prima dell’approvazione del bilancio di previsione, con la qua-
le si individuano le aree e i fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attività produttive
e terziarie da cedere in proprietà o in diritto di superficie. Con la stessa delibera si deter-
minano anche i prezzi di cessione;
— il programma triennale dei lavori pubblici (di cui al D.Lgs. 163/2006). Tale programma
indica i lavori pubblici che le amministrazioni intendono realizzare nel triennio successivo
250 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

e le relative fonti di finanziamento. L’art. 128 del D.Lgs. 163/2006 dispone, inoltre, che co-
stituisce parte integrante del bilancio anche l’elenco annuale dei lavori pubblici: con esso
si individuano le priorità dei lavori e si indicano i mezzi finanziari stanziati nel bilancio;
— le deliberazioni con le quali sono determinate, per l’esercizio successivo, le aliquote d’im-
posta e le eventuali maggiori detrazioni concernenti i tributi locali. Vale la pena sottoline-
are che in seguito alla L. 388/2000, il termine per deliberare tariffe e aliquote è stabilito en-
tro la data di approvazione del bilancio (art. 53, comma 16); tariffe e prezzi, comunque, pos-
sono essere modificati nel corso dell’esercizio, in presenza di rilevanti incrementi di costo;
— le deliberazioni con le quali sono determinati i tassi di copertura in percentuale del co-
sto di gestione dei servizi a domanda individuale;
— la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà struttura-
le prevista dalle disposizioni vigenti in materia;
— il piano delle alienazioni immobiliari, comprendente i beni immobili non strumentali
all’esercizio delle funzioni istituzionali suscettibili di valorizzazione o di dismissione (art.
58 D.L. 112/2008);
— una nota informativa che evidenzia gli impegni finanziari derivanti da contratti relativi
a strumenti finanziari derivati (art. 3, comma 8, L. 203/2008);
— il prospetto contenente le previsioni di competenza e di cassa degli aggregati rilevanti
ai fini del rispetto del patto di stabilità interno.

7. La gestione del bilancio


Il Titolo III della Parte II (artt. 178-198 del TUEL) è interamente dedi-
cato alla gestione del bilancio: è la parte forse più delicata del testo, perché
vengono illustrati con dovizia di dettaglio le fasi dei procedimenti di gestio-
ne finanziaria.
Va subito notato che tutti gli atti di gestione sono di competenza dei dirigenti o (nei Co-
muni privi di personale con tale qualifica) dei responsabili dei servizi.
La competenza dirigenziale negli atti di gestione è ribadita dall’art. 107 del TUEL; in
esso si afferma che:
— spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti ammi-
nistrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, non ricompresi espressamen-
te dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrati-
vo degli organi di governo dell’ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del di-
rettore generale;
— ai dirigenti sono attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi de-
finiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi;
— tali attribuzioni dei dirigenti possono essere derogate solo espressamente e ad opera di
specifiche disposizioni legislative;
— le disposizioni che conferiscono al Consiglio, alla Giunta o al Sindaco l’adozione di atti
di gestione o di provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa com-
petenza spetta ai dirigenti.
Capitolo Terzo - L’ordinamento contabile degli Enti locali 251

Per i soli enti locali con meno di 5 mila abitanti la Finanziaria 2001 (L. 388/2000, art.
53, comma 23) e quella 2002 (L. 448/2001, art. 29) hanno previsto una deroga al principio di
separazione fra indirizzo e gestione: tali enti possono attribuire ai componenti dell’esecutivo
la responsabilità degli uffici e dei servizi e il potere di adottare atti anche di natura gestionale.

Se si prescinde da questa deroga (applicabile, come visto, solo negli enti


di dimensioni più piccole) il principio generale affermato dall’art. 107 del
Testo Unico prevede una completa separazione fra attività di indirizzo ed
attività di gestione anche nei Comuni medio-piccoli. Di conseguenza:
— il Consiglio ha il compito di indicare le linee guida dell’attività dell’en-
te e di approntare (in via generale) le risorse disponibili mediante l’ap-
provazione del bilancio;
— alla Giunta compete definire specificamente gli obiettivi e assegnare le
risorse ai dirigenti/responsabili mediante il PEG;
— gli atti di gestione e la competenza ad assumere gli impegni di spesa
ricadono esclusivamente sui dirigenti/responsabili dei servizi; le de-
terminazioni di questi ultimi, dunque, costituiscono attuazione degli
obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dalla
Giunta.
Ne consegue che, poiché gli impegni possono essere adottati solo dai responsabili dei ser-
vizi, anche i Comuni che, avendo meno di 15 mila abitanti, ne sono esonerati, dovrebbero tro-
vare più conveniente l’adozione del PEG.
Si discute, inoltre, se la competenza dei responsabili dei servizi debba essere estesa anche
agli atti di amministrazione diretta (atti di indirizzo che producono automaticamente effet-
ti esterni) ed agli atti caratterizzati da un’elevata discrezionalità: solo in tali limitati ed ec-
cezionali casi sembra sussistere la possibilità che gli organi politici adottino un impegno di
spesa con propria delibera.

A) Le fasi dell’entrata: l’accertamento, la riscossione, il versamento


La gestione delle entrate si articola in tre fasi: accertamento, riscossio-
ne e versamento.
L’accertamento (art. 179) costituisce la prima fase di gestione dell’en-
trata mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene verifi-
cata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico; vie-
ne quindi individuato il debitore, quantificata la somma da incassare ed in-
fine fissata la relativa scadenza.
Competente all’accertamento è il responsabile del procedimento che
deve trasmettere l’idonea documentazione sulla cui base si è svolto l’accer-
252 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

tamento al responsabile del servizio finanziario ai fini dell’annotazione nel-


le scritture contabili.
In particolare l’accertamento delle entrate avviene in diverso modo in relazione al diver-
so tipo di entrata. L’art. 179 afferma infatti che:
— per le entrate di carattere tributario l’accertamento avviene a seguito di emissione di ruo-
li o a seguito di altre forme stabilite dalla legge;
— per le entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione dei servizi a carattere
produttivo e di quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell’utenza, l’accertamento è ef-
fettuato a seguito di acquisizione diretta, di emissione di liste di carico o di ruoli;
— per le entrate relative a partite compensative delle spese, l’accertamento avviene in cor-
rispondenza dell’assunzione del relativo impegno di spesa;
— per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, l’accertamento avviene median-
te contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici.

La riscossione è la seconda fase di gestione dell’entrata e consiste (art.


180) nell’effettivo introito da parte del tesoriere, o di altri eventuali incari-
cati, delle somme dovute all’ente. Essa avviene sulla base di un ordinativo
di incasso che è sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario nei
modi e nei tempi stabiliti dal regolamento di contabilità dell’ente. Il teso-
riere è comunque tenuto ad accettare qualsiasi forma di versamento opera-
ta in favore dell’ente, anche se non preceduta dall’emissione dell’ordinati-
vo: in questo ultimo caso il tesoriere ne dà immediata comunicazione all’en-
te richiedendone la regolarizzazione.
La terza ed ultima fase di gestione dell’entrata consiste nel versamen-
to (art. 181), ovvero nell’effettivo trasferimento delle somme riscosse nel-
le casse dell’ente: in pratica gli incaricati della riscossione, interni ed ester-
ni, versano al tesoriere le somme riscosse.

B) Le fasi della spesa: l’impegno, la liquidazione, l’ordinazione, il pa-


gamento
La gestione della spesa si articola in quattro fasi: l’impegno, la liquida-
zione, l’ordinazione e il pagamento.
La prima fase è quella dell’impegno (art. 183) e trova il suo presupposto
in una obbligazione giuridicamente perfezionata che l’ente assume. In que-
sta prima fase di gestione della spesa si determina la somma da pagare non-
ché il soggetto creditore di detta somma; si indica, quindi, la ragione dell’im-
pegno e viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio, nell’ambito del-
le disponibilità finanziarie accertate dal responsabile del servizio finanziario.
Capitolo Terzo - L’ordinamento contabile degli Enti locali 253

Va ricordato, infatti, che gli impegni di spesa non possono essere assunti senza attesta-
zione della relativa copertura finanziaria da parte del ragioniere responsabile del servizio
finanziario (art. 153, comma 5 e art. 151, comma 4). Senza tale attestazione l’atto è ineffica-
ce. Infatti gli impegni di spesa devono essere assunti nei limiti dello stanziamento di compe-
tenza del bilancio in corso.
Con l’approvazione del bilancio e le successive variazioni, e senza la necessità di ulterio-
ri atti, è costituito automaticamente impegno sugli stanziamenti relativi alle spese di cui
all’art. 183, comma 2.
Ad eccezione delle succitate spese, e di quelle in conto capitale finanziate nei modi di cui
all’art. 183, comma 5, per i cui impegni provvede direttamente il servizio di tesoreria dopo
l’approvazione del bilancio, per le altre l’impegno di spesa è assunto:
— con determinazione dai responsabili dei servizi, previa apposizione del visto di regola-
rità contabile contenente l’attestazione della copertura finanziaria (art. 183, comma 9 e
art. 151, comma 4);
— con deliberazione della Giunta e del ­Consiglio dell’ente locale (in casi eccezionali e co-
munque espressamente e tassativamente previsti dalla legge), previo parere di regolari-
tà tecnica del responsabile del servizio; in tali casi è altresì dovuto il parere di regolari-
tà contabile, espresso dal responsabile del servizio finanziario (art. 49 del TUEL).

L’art. 184 del TUEL riguarda la seconda fase della gestione della spesa
che è quella della liquidazione della spesa attraverso la quale, sulla scorta
dei documenti e dei titoli che comprovano il diritto acquisito dal creditore,
viene determinato l’ammontare della somma certa e liquida da pagare, nei
limiti dell’impegno di spesa assunto (comma 1).
Terza fase della gestione della spesa è l’ordinazione che consiste, ai
sensi dell’art. 185, in una disposizione, contenuta in un mandato di paga-
mento, rivolta al tesoriere locale dell’ente perché provveda al pagamento
delle spese.
Il pagamento (art. 185) è la fase finale ed è eseguita dal tesoriere.

8. I risultati della gestione


Per rendere il conto dei risultati della gestione l’ente deve redigere una
serie di documenti a carattere consuntivo:
— il rendiconto, articolato in:
— conto del bilancio;
— conto economico;
— conto del patrimonio;
— i conti degli agenti contabili interni.
254 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

La normativa in esame è significativa per l’attuazione di una delle prin-


cipali novità apportate dal D.Lgs. 77/1995: l’introduzione della contabili-
tà economica in sostituzione della tradizionale contabilità finanziaria.
In base ai nuovi criteri, infatti, è possibile una dimostrazione dei risulta-
ti, allo stesso tempo, sotto il profilo finanziario, economico e patrimoniale.

A) Il rendiconto della gestione


Lo strumento contabile di dimostrazione dei risultati di gestione è il ren-
diconto di gestione (o conto consuntivo), che si articola in conto del bilan-
cio, conto economico e conto del patrimonio.
Il rendiconto della gestione deve essere deliberato dal Consiglio dell’en-
te entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello cui si riferisce (art. 227).
Per gli enti locali maggiori (Province, città metropolitane e Comuni con
più di 8.000 abitanti) che presentino un disavanzo o debiti fuori bilancio il
rendiconto deve essere trasmesso alla Corte dei conti — Sezione Autono-
mie — anche mediante strumenti informatici se ciò è reso possibile dall’or-
ganizzazione dell’ente. La stessa Sezione, nell’effettuare il controllo suc-
cessivo della gestione del bilancio e del patrimonio, può chiedere ad ogni
ente locale i relativi rendiconti.
Al rendiconto seguono una serie di allegati:
1) la relazione della Giunta al rendiconto della gestione;
2) la relazione del Collegio dei revisori che in conformità con lo statuto ed il regolamento
dell’ente collabora con il Consiglio nella sua funzione di indirizzo e di controllo vigilando
sulla regolarità contabile della gestione dell’ente; il Collegio attesta l’esistenza di tale re-
golarità e la corrispondenza quindi del rendiconto alle risultanze della gestione proprio me-
diante tale relazione che accompagna la proposta di deliberazione del conto consuntivo;
3) l’elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza;
4) i prospetti dei dati Siope e delle disponibilità liquide.
Particolare importanza riveste la relazione della Giunta: già prevista nell’ordinamento pre-
cedente, questa relazione esplicita i criteri di valutazione del patrimonio e delle componenti eco-
nomiche, nonché l’analisi dei risultati difformi dalle previsioni con le relative giustificazioni.

B) Il conto del bilancio


Viene redatto per dimostrare l’esito della gestione rispetto alle previsio-
ni e si conclude con la dimostrazione del risultato contabile di gestione e
del risultato contabile di amministrazione, in termini di avanzo, disavan-
zo o pareggio (art. 228).
Capitolo Terzo - L’ordinamento contabile degli Enti locali 255

In particolare, per le entrate distingue le somme accertate e riscosse da quelle ancora da


riscuotere mentre per le spese individua le somme impegnate e pagate da quelle impegnate ma
ancora da pagare: tale distinzione viene effettuata sia per le risorse in entrata, sia per gli inter-
venti di spesa, sia per i capitoli dei servizi per conto terzi.
Al conto vanno allegate due tabelle esplicative contenenti l’una i parametri di riscontro
del deficit strutturale e l’altra i parametri della gestione nel triennio; possono poi essere usate
ulteriori tabelle individuate dal regolamento di contabilità di ciascun ente.
I dati rilevati sono analizzati ed aggregati dal Ministero dell’interno che ne fa oggetto di
studi e di pubblicazioni.

C) Il conto economico
Con esso si evidenziano «analiticamente» i costi (componenti negativi)
ed i ricavi (componenti positivi) della gestione e dalla loro differenza emer-
ge il risultato economico. Quest’ultimo, se positivo, sarà detto reddito, al-
trimenti perdita di esercizio.
La disciplina del conto economico è contenuta nell’art. 229 del TUEL. Tale
disciplina, però, non si applica ai Comuni con popolazione inferiore a 3.000
abitanti, come stabilito dall’art. 1, comma 164, L. 266/2005 (finanziaria 2006).
Il conto comprende gli accertamenti d’entrata e gli impegni di spesa del
conto del bilancio opportunamente rettificati in modo che siano rappresen-
tativi della dimensione finanziaria dei valori economici della gestione.
Il conto economico è corredato da un prospetto di conciliazione che
consente la determinazione del risultato economico di esercizio partendo
dai dati del conto di bilancio ed aggiungendovi i dati e gli elementi econo-
mici dello stesso.
Tutti i valori ed i dati relativi alla gestione non corrente sono riferiti al
patrimonio.

D) Il conto del patrimonio


Il conto del patrimonio riporta i risultati della gestione patrimoniale
ed evidenzia la consistenza del patrimonio a chiusura dell’esercizio, dan-
do conto delle variazioni che, nel corso dell’anno, hanno mutato la consi-
stenza iniziale.
Fa parte del patrimonio degli enti locali il complesso dei beni e dei rap-
porti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun ente (purché siano
suscettibili di valutazione).
Di tali beni viene fornita nel conto del patrimonio la rappresentazione
contabile e si determina il risultato finale differenziale che indica la consi-
256 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

stenza netta del patrimonio. Anche i beni del demanio vanno inclusi nel con-
to, ovviamente nel rispetto delle distinzioni operate dal codice civile.
L’art. 230 del TUEL prevede le diverse modalità di valutazione dei beni
del patrimonio comprensivi anche delle manutenzioni straordinarie che ad
essi si riferiscono.

9. Il controllo della gestione e la revisione eco-


nomico-finanziaria
A) Il sistema dei controlli interni in base al D.Lgs. 267/2000
L’art. 147 del TUEL prevede per gli enti locali le medesime quattro for-
me di controllo interno indicate dal già citato D.Lgs. 286/1999 (cfr. Parte
IV, cap. III, §5). Di tali forme di controllo, l’unica che il TUEL disciplina
in modo organico è il controllo di gestione.

B) Il controllo di gestione
Ai sensi dell’art. 196 del TUEL il fine del controllo di gestione è quel-
lo di garantire:
— la realizzazione degli obiettivi programmati;
— la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche;
— l’imparzialità ed il buon andamento della Pubblica Amministrazione;
— la trasparenza dell’azione amministrativa.
Tali fini vengono perseguiti attraverso l’analisi delle risorse acquisite e
della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la
funzionalità dell’organizzazione dell’ente, l’efficacia, l’efficienza ed il li-
vello di economicità nell’attività di realizzazione dei predetti obiettivi.

Quali sono le fasi attraverso le quali si realizza il controllo di gestione?


La realizzazione del controllo di gestione avviene in tre fasi (art. 197):
— elaborazione di un piano degli obiettivi. Compete al Direttore generale, nei Comuni e
Province ove tale figura è prevista (art. 108);
— rilevazione dei dati inerenti ai costi e ai proventi e dei dati riguardanti i risultati
raggiunti;
— valutazione complessiva dell’attuazione degli obiettivi e misurazione dell’efficacia,
efficienza ed economicità dell’azione.
Capitolo Terzo - L’ordinamento contabile degli Enti locali 257

Per l’effettivo sviluppo del controllo di gestione occorre dotarsi di strumenti che permet-
tano la comparazione fra obiettivi assegnati, attività svolta e costi sostenuti. È dunque neces-
sario elaborare degli indicatori di risultato, ovvero quozienti fra quantità e/o valori tratti dai
documenti contabili e capaci di misurare i risultati raggiunti.
È possibile elaborare diverse tipologie di indicatori (monetari; fisici; temporali; qualitati-
vi etc.) ma la suddivisione più nota (e più utile) è quella fra:
— indicatori di efficienza, che esprimono il rapporto fra il costo e il prodotto di una determi-
nata attività;
— indicatori di efficacia, che esprimono il rapporto fra il prodotto di una determinata attivi-
tà e l’obiettivo assegnato. Possono essere di natura quantitativa (es: numero di domande
soddisfatte/numero di domande presentate) o qualitativa (es: grado di soddisfazione degli
utenti/aspettative qualitative degli stessi);
— indicatori di economicità, che esprimono il grado di copertura dei costi di gestione del ser-
vizio attraverso un determinato ammontare di proventi generati dal servizio stesso.

C) Il Collegio dei revisori


Ai sensi dell’art. 234 del TUEL, il Collegio dei revisori è composto da tre membri (a meno
che l’ente non abbia un numero di abitanti inferiore a 15.000, nel qual caso l’organo di revi-
sione è monocratico):
— il presidente del Collegio, che deve essere iscritto nel registro dei revisori contabili;
— un membro scelto tra gli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti;
— un membro scelto tra gli iscritti nell’albo dei ragionieri.
Occorre sottolineare che il D.Lgs. 139/2005 ha disposto, a partire dal 2008, l’unificazione dell’or-
dine dei dottori commercialisti e dell’ordine dei ragionieri e periti commerciali nell’ordine dei dot-
tori commercialisti e degli esperti contabili e la conseguente creazione di un unico albo avente iden-
tica denominazione. Se ne può dedurre, quindi, che la norma contenuta nel TUEL debba essere oggi
intesa nel senso che i due componenti del Collegio dei revisori diversi dal Presidente debbano esse-
re entrambi scelti fra gli iscritti al nuovo albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Per quanto riguarda le modalità di scelta, l’art. 16, comma 25, del D.L. 138/2011, conver-
tito in L. 148/2011, ha disposto che, a decorrere dal primo rinnovo dell’organo di revisione
successivo all’entrata in vigore del decreto stesso (cioè al 13 agosto 2011), i revisori dei con-
ti dell’ente locale vengano scelti mediante estrazione da un apposito elenco regionale nel qua-
le possono essere iscritti i soggetti già iscritti nel registro dei revisori legali o appartenenti
all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
In via generale competono ai Collegi dei revisori le seguenti funzioni:
— collaborazione con il Consiglio secondo le disposizioni dello Statuto e del regolamento
dell’ente;
— pareri sulla proposta di bilancio di previsione, sui documenti ad esso allegati e sulle va-
riazioni di bilancio;
— vigilanza sulla regolarità contabile (adempimenti fiscali e contabili), finanziaria ed econo-
mica della gestione, in relazione ad entrate, spese, contratti, adempimenti fiscali, tenuta
della contabilità;
258 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

— relazione (contenente un’attestazione della corrispondenza del rendiconto alle risultanze


della gestione) sulla proposta di deliberazione del Consiglio del rendiconto della gestio-
ne e sullo schema di rendiconto.
La relazione va redatta entro il termine, comunque non inferiore ai 20 giorni, previsto dal
regolamento di contabilità dell’ente;
— referto all’organo consiliare su eventuali gravi irregolarità di gestione, provvedendo a denun-
ciare le stesse ai competenti organi giurisdizionali se si configurano ipotesi di responsabilità;
— effettuare verifiche di cassa e gestione dei servizi di tesoreria e degli agenti contabili interni;
— relazione da allegare al provvedimento che dichiara lo stato di dissesto;
— apposizione della firma sulla certificazione che gli enti locali sono tenuti a redigere sui
principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto (art. 161 TUEL, come modifica-
to dall’art. 2quater, comma 5, L. 189/2008).

D) I controlli esterni: la Corte dei conti


Oltre ai già citati controlli rileva, per quanto più strettamente attiene il
sistema finanziario e contabile degli enti locali, il ruolo svolto dalla Corte
dei conti per la cui disamina si rinvia alla Parte IV, cap. III, §10.

10. Il dissesto e il riequilibrio


Qualora un ente locale non possa garantire l’assolvimento delle funzio-
ni e dei servizi indispensabili, oppure esistano nei confronti dell’ente loca-
le crediti di terzi non validamente fronteggiabili, il Titolo VIII della Parte
II del TUEL prevede (per i soli Comuni e Province) l’attivazione di una
complessa procedura per la rilevazione ed il pagamento dei debiti, da una
parte, e per il risanamento finanziario dell’ente dall’altra.

Qual è l’iter della deliberazione di dissesto?


La procedura si apre con la deliberazione di dissesto adottata dal Consiglio dell’ente: la de-
liberazione, che non è revocabile, è trasmessa entro 5 giorni al Ministero dell’Interno ed è
pubblicata per estratto sulla Gazzetta Ufficiale insieme al decreto del Presidente della Re-
pubblica con cui si nomina l’organo straordinario di liquidazione. Compito di quest’ul-
timo è quello di ripianare l’indebitamento pregresso dell’ente.

La deliberazione di cui sopra va inoltre trasmessa (insieme ad una det-


tagliata relazione del Collegio dei revisori) alla Corte dei conti.
Quest’ultima accerta, tra l’altro, se il dissesto è diretta conseguenza delle azioni od omis-
sioni degli amministratori in carica nei 5 anni precedenti: gli amministratori che la Corte dei
conti riconosce responsabili di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni prece-
Capitolo Terzo - L’ordinamento contabile degli Enti locali 259

denti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni,
incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali pres-
so altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, nel caso in cui la Corte, valutate le cir-
costanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguen-
za delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore è stato riconosciuto responsabile. I
Sindaci e i Presidenti di Provincia ritenuti responsabili, inoltre, non sono candidabili, per un
periodo di dieci anni, alle cariche di Sindaco, di Presidente di Provincia, di Presidente di Giun-
ta regionale, nonché di membro dei Consigli comunali e provinciali, delle assemblee e dei Con-
sigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire per un
periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né al-
cuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Qualora, a seguito della dichiarazio-
ne di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell’attività del
Collegio dei revisori, i componenti del Collegio riconosciuti responsabili non possono essere
nominati nel Collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi ricon-
ducibili per un periodo massimo di dieci anni, in funzione della gravità accertata (art. 248,
comma 5, TUEL, come modificato dal D.Lgs. 149/2011).

È inoltre previsto un meccanismo semplificato per l’estinzione dei de-


biti: l’organo straordinario di liquidazione, infatti, può proporre all’ente lo-
cale di definire in via transattiva le pretese dei creditori; se l’ente accetta,
ai creditori è offerta una somma compresa fra il 40 e il 60% del debito (così
l’art. 258 del TUEL. Da tale tipo di transazione sono comunque esclusi i de-
biti relativi alle retribuzioni dei dipendenti (che vanno liquidate per intero).
In modo parallelo all’attività dell’organo di liquidazione si svolge quel-
la degli organi istituzionali dell’ente: compito principale di questi ultimi è
quello di assicurare condizioni stabili di equilibrio finanziario e rimuovere
le cause strutturali che hanno determinato il dissesto.
A tal fine, entro 30 giorni dalla deliberazione di dissesto, il Consiglio dell’ente è tenuto a
fissare le aliquote dei tributi locali e le tariffe nella misura massima consentita (art. 251); la
delibera con cui sono fissati questi aumenti non è revocabile ed ha efficacia per 5 anni a parti-
re da quello cui si riferisce l’ipotesi di bi­lancio riequilibrato in cui il riequilibrio è realizza-
to aumentando le entrate proprie e riducendo le spese correnti (rideterminazione della pianta
organica, riorganizzazione dei servizi).

Glossario
Deficit: eccedenza delle uscite rispetto alle entrate, con riferimento sia al bilancio delle im-
prese sia al bilancio dello Stato e degli altri enti pubblici.
Efficacia: capacità di realizzare un obiettivo, viene generalmente valutata confrontando il
risultato realizzato con l’obiettivo prefissato.
Efficienza: capacità di svolgere un’attività con il minor dispendio di risorse e ottenendo il
miglior risultato possibile.
Capitolo Quarto
L’ordinamento contabile
degli enti pubblici istituzionali

Sommario: 1. Introduzione. - 2. Pianificazione, programmazione e budget. - 3. I do-


cumenti previsionali. - 4. Classificazione delle entrate e delle spese. - 5. Assestamento,
variazioni e storni del bilancio. - 6. Il rendiconto generale. - 7. I bilanci in forma abbre-
viata. - 8. Il sistema dei controlli. - 9. La gestione di tesoreria e la gestione patrimoniale.

1. Introduzione
La L. 70/1975 (cd. legge sul parastato) oltre a suddividere in sette cate-
gorie gli enti pubblici ritenuti necessari ha disposto (art. 30) anche che cia-
scuno degli enti menzionati nella tabella annessa alla legge compili ogni
anno un bilancio di previsione ed un conto consuntivo. Inoltre ciascun Mi-
nistero deve trasmettere al Parlamento, entro il 31 luglio, una relazione
sull’attività svolta e sui bilanci di previsione degli enti sottoposti alla sua vi-
gilanza: a tale relazione vanno allegati bilanci e conti consuntivi dell’ente.

Quali sono gli enti pubblici necessari?


Secondo l’art. 1 della L. 70/1975 gli enti pubblici necessari sono:
— enti che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza;
— enti di assistenza generica;
— enti di promozione economica;
— enti preposti a servizi di pubblico interesse;
— enti preposti ad attività sportive, turistiche e del tempo libero;
— enti scientifici di ricerca e sperimentazione;
— enti culturali e di promozione artistica.

Riguardo l’ordinamento contabile, il D.P.R. 97/2003 «Regolamento con-


cernente l’amministrazione e la contabilità degli enti pubblici di cui alla
legge 20 marzo 1975, n. 70» fornisce una nuova e organica raccolta di di-
sposizioni sul sistema amministrativo e contabile degli enti pubblici non
economici, seguendo una serie di principi volti, fra l’altro, a:
— armonizzare i sistemi contabili degli enti pubblici non economici ai prin-
cipi dettati dall’art.1, comma 3, della L. 208/1999;
Capitolo Quarto - L’ordinamento contabile degli Enti pubblici istituzionali 261

— avvicinare il sistema contabile pubblico ai principi civilistici e a quelli


adottati dai Consigli nazionali dei dottori commercialisti e dei ragionie-
ri, anche in materia di revisione;
— raccordare la contabilità finanziaria con quella analitica, allo scopo di
determinare il costo dei servizi ceduti;
— prevedere per gli enti pubblici di minore dimensione un sistema di con-
tabilità più semplice;
— conformare l’attività negoziale alle regole dell’Unione europea.
Gli enti destinatari del regolamento in questione, tenendo conto dell’as-
setto dimensionale e organizzativo, devono integrare con proprio regola-
mento l’amministrazione e la contabilità nelle materie non specificamente
previste nel regolamento stesso.
Il regolamento contiene 17 allegati che dettano principi e forniscono
schemi relativi a documenti della gestione finanziaria e contabile.
Da ultimo va sottolineato che la L. 196/2009 allo scopo di rendere con-
frontabili i sistemi contabili di tutte le amministrazioni pubbliche (compre-
se nell’elenco compilato dall’Istat di cui all’art. 1 L. 311/2004) all’art. 2
contiene una delega al Governo, da attuare entro un anno dall’entrata in vi-
gore della legge stessa, per l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli
schemi di bilancio, e dei relativi termini di presentazione e approvazione,
delle stesse amministrazioni ad esclusione di Regioni ed enti locali. Per cui
gli enti istituzionali compresi nell’elenco di cui sopra sono destinatari di tali
disposizioni.

2. Pianificazione, programmazione e budget


Il processo di pianificazione, programmazione e budget è rappresentato
dalla formazione dei seguenti documenti:
— la relazione programmatica;
— il bilancio pluriennale;
— il bilancio di previsione;
— la tabella dimostrativa del presunto risultato di amministrazione;
— il budget (finanziario ed economico) dei centri di responsabilità di 1° li-
vello.
Della relazione programmatica e del bilancio pluriennale ci occupere-
mo in questo paragrafo, nei successivi tratteremo degli altri documenti.
262 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

A) La relazione programmatica
La relazione programmatica è un documento che descrive le linee strategiche dell’ente da
intraprendere o sviluppare, coordinate con le direttive e le scelte pluriennali e di programma-
zione del Paese. La relazione è redatta dall’organo di vertice dell’ente e abbraccia un arco tem-
porale generalmente di durata pari al suo mandato.
Per la parte delle entrate la relazione deve comprendere una descrizione dettagliata delle
fonti di finanziamento necessarie per la realizzazione delle strategie evidenziandone le opportu-
nità ed i vincoli di acquisizione. Per le uscite, invece, sono indicate le principali voci di impegni
che debbono essere previste nel periodo preso a base della programmazione amministrativa.
Le valutazioni finanziarie di competenza trovano riscontro nel bilancio di previsione plu-
riennale, mentre relativamente all’anno di competenza coincidono con il preventivo finanzia-
rio del bilancio di previsione annuale.

B) Il bilancio pluriennale
Il bilancio pluriennale è redatto in termini di competenza per un periodo non inferiore al
triennio, tenendo conto delle strategie e del piano pluriennale approvati dagli organi di verti-
ce. Il bilancio descrive in termini finanziari gli obiettivi evidenziati nella relazione program-
matica ripartendoli poi nelle scelte operative di ogni unità amministrativa.
Il bilancio pluriennale è redatto distintamente per centri di responsabilità corrispondenti alle
unità previsionali di base (UPB) di primo livello sia di entrate che di uscite e riporta un’artico-
lazione delle poste di bilancio coincidente con quella del preventivo finanziario decisionale.
Ogni anno il bilancio viene aggiornato in occasione della presentazione del bilancio di
previsione e non forma oggetto di approvazione. Nel caso in cui il bilancio pluriennale sia mo-
dificato da bilanci di previsioni successivi le variazioni devono essere motivate in sede di ap-
provazione annuale.

3. I documenti previsionali
Secondo il D.P.R. 97/2003 sono documenti previsionali degli enti pub-
blici istituzionali:
— il bilancio di previsione;
— il preventivo finanziario;
— il preventivo economico;
— la tabella dimostrativa del presunto risultato di amministrazione;
— il budget del centro di responsabilità di primo livello.

A) Il bilancio di previsione
Il bilancio di previsione è predisposto dal direttore generale ed è delibe-
rato dal competente organo di vertice entro il 31 ottobre dell’anno pre-
cedente cui il bilancio si riferisce. A tale scopo i titolari dei centri di respon-
Capitolo Quarto - L’ordinamento contabile degli Enti pubblici istituzionali 263

sabilità comunicano al direttore generale e al servizio ragioneria entro il 31


luglio tutti gli elementi relativi agli obiettivi da conseguire nonché i fabbi-
sogni finanziari per la realizzazione degli stessi nell’esercizio successivo.
Il bilancio annuale di previsione ha carattere autorizzatorio; esso infat-
ti costituisce limite agli impegni di spesa. È approvato dall’amministrazio-
ne vigilante sentito il MEF.
Il bilancio di previsione è composto dal preventivo finanziario, dal qua-
dro generale riassuntivo della gestione finanziaria, dal preventivo econo-
mico.
Sono, invece, allegati al bilancio di previsione: il bilancio plurienna-
le, la relazione programmatica, la tabella dimostrativa del presunto risul-
tato di amministrazione, la relazione del collegio dei revisori dei conti.
Come anzi detto in allegato al bilancio di previsione, fra altro, vi è la re-
lazione del collegio dei revisori dei conti.
Nel caso in cui l’approvazione del bilancio di previsione è demandata all’amministrazio-
ne vigilante e detta approvazione non interviene prima dell’inizio dell’esercizio cui il bilancio
stesso si riferisce, l’amministrazione vigilante può autorizzare l’esercizio provvisorio del bi-
lancio deliberato dall’ente per non più di quattro mesi, limitatamente, per ogni mese, ad un do-
dicesimo degli stanziamenti previsti in ciascun capitolo. Nel caso in cui si tratti di spese ob-
bligatorie e non suscettibili di impegno e pagamento frazionabili in dodicesimi il limite è pari
alla maggiore spesa necessaria.
In tutti i casi in cui manchi il bilancio di previsione o non sia intervenuta l’autorizzazio-
ne all’esercizio provvisorio è consentita la gestione provvisoria commisurando i dodicesimi
all’ultimo bilancio di previsione regolarmente approvato. Infine, se il bilancio non è sottopo-
sto all’approvazione dell’amministrazione vigilante l’esercizio provvisorio è deliberato dall’or-
gano di vertice.

B) Il preventivo finanziario
Secondo l’art. 11 del nuovo Regolamento il preventivo finanziario si di-
stingue in decisionale e gestionale ed è formulato in termini di competen-
za e di cassa.
Il preventivo finanziario si articola, sia per le entrate sia per le spese, in
centri di responsabilità di primo livello determinati con riferimento ad aree
omogenee di attività in cui si articolano le competenze istituzionali di cia-
scun ente. I centri di responsabilità di primo livello sono stabiliti in modo
da far sì che a ciascun centro corrisponda un unico responsabile con incari-
co dirigenziale, o funzionario, cui è affidata la gestione delle entrate e del-
le spese.
264 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

Una nota preliminare illustra il preventivo finanziario. Più precisamente nella nota sono
indicati:
— gli obiettivi, i programmi, i progetti e le attività che i centri di responsabilità intendono
perseguire in termini di servizi e prestazioni;
— il collegamento fra i suddetti obiettivi e programmi e le linee strategiche individuate nel-
la relazione programmatica;
— gli indicatori di efficacia ed efficienza che si intendono impiegare per valutare i risultati;
— i tempi di esecuzione dei programmi e dei progetti finanziati nell’ambito del bilancio;
— i criteri generali cui i titolari dei centri di responsabilità di livello inferiore devono ade-
guare la loro gestione.

Il preventivo finanziario decisionale è corredato della pianta organica


del personale e degli allegati previsti dall’art. 60 comma 1 del D.Lgs.
165/2001.
Infine, il preventivo finanziario decisionale è deliberato dal competente
organo di vertice.

C) Il preventivo economico
Il preventivo economico è formato dalla somma dei budget economici
dei centri di responsabilità di primo livello e racchiude le misurazioni eco-
nomiche dei costi e/o proventi che, in via anticipata, si prevede di realizza-
re durante la gestione nei diversi centri di responsabilità di primo livello cui
si riferiscono le valutazioni economiche programmate. Il preventivo econo-
mico pone a raffronto non solo i proventi e i costi della gestione d’eserci-
zio, ma anche le poste economiche che non avranno la manifestazione fi-
nanziaria nello stesso esercizio e le altre poste economiche relative all’uti-
lità dei beni patrimoniali da impiegare nella gestione a cui il preventivo eco-
nomico si riferisce. Il preventivo diventa operativo nel momento in cui il
preventivo finanziario è stato autorizzato dagli organi di vertice.
Infine, il preventivo economico è corredato da un quadro di riclassifica-
zione dei risultati economici.

D) La tabella dimostrativa del presunto risultato di amministrazione


Come detto, in allegato al bilancio di previsione vi è una tabella che di-
mostra il risultato di amministrazione presunto al 31 dicembre dell’eserci-
zio precedente a quello cui il bilancio si riferisce. Essa, in particolare, deve
dare adeguata dimostrazione del processo di stima ed indicare gli eventua-
li vincoli che gravano sul relativo importo.
Capitolo Quarto - L’ordinamento contabile degli Enti pubblici istituzionali 265

Nel caso in cui si evidenzi un presunto avanzo di amministrazione se ne


potrà disporre quando sia dimostrata l’effettiva esistenza e nella misura in
cui l’avanzo stesso risulti realizzato.
Nel caso in cui, invece, si evidenzi un presunto disavanzo, di esso si do-
vrà tenere obbligatoriamente conto all’atto della formazione del bilancio di
previsione, ciò allo scopo di consentire l’assorbimento di tale disavanzo.
All’organo di vertice dell’ente spetterà il compito di illustrare i criteri adot-
tati per pervenire a tale riassorbimento nella relativa deliberazione.
Infine, nel caso in cui in sede di consuntivo si accerti un peggioramen-
to del risultato di amministrazione rispetto a quello presunto, l’organo di
vertice dell’ente deve informare l’amministrazione vigilante, il MEF e la
Corte dei conti, deliberando i provvedimenti necessari ad eliminare gli ef-
fetti di tale scostamento.

E) Il budget del centro di responsabilità di primo livello


Il budget del centro di responsabilità di primo livello coincide con il bi-
lancio di previsione dell’ente, nel caso in cui quest’ultimo abbia un’unica
direzione con un’unica unità organizzativa. In tutti gli altri casi il budget è
un documento autonomo redatto in conformità alle specifiche disposizioni
degli organi di vertice. Esso è composto dal budget finanziario di compe-
tenza e di cassa e dal budget economico, disciplinato dal regolamento di
contabilità dell’ente.
Il budget di ogni centro di responsabilità è il risultato della somma dei
budget dei centri di responsabilità di livello inferiore o dei centri di costo.
Ogni centro di responsabilità, comunque subordinato ai centri di responsa-
bilità di primo livello, anche se non rappresentato dalle UPB, dà origine ad
un budget finanziario e ad un budget economico, mentre i centri di costo,
comunque subordinati ai centri di responsabilità di primo livello, danno vita
ad un budget economico rappresentato da soli costi.

4. Classificazione delle entrate e delle spese


Il regolamento di contabilità all’art. 12 provvede a classificare le entra-
te e le spese per il preventivo finanziario. Facciamo notare che il regolamen-
to introduce le unità previsionali di base, seguendo le disposizioni conte-
nute nella L. 208/1999. In particolare, il preventivo finanziario decisionale
è ripartito sia per l’entrata sia per la spesa in UPB che formano oggetto di
266 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

deliberazione da parte degli organi competenti. Le UPB costituiscono l’in-


sieme organico delle risorse finanziarie affidate alla gestione di un unico
centro di responsabilità amministrativa. Nel preventivo finanziario decisio-
nale esse si sviluppano su quattro livelli (categoria).
Il livello di responsabilità amministrativa, in relazione al quale sono poi
determinate le UPB di primo livello, è individuato in modo tale da consen-
tire il continuo adeguamento della struttura del preventivo finanziario agli
ordinamenti legislativi e alle altre disposizioni normative di organizzazio-
ne dell’ente. Se si verificano modificazioni delle UPB di primo livello ri-
spetto al precedente anno esse saranno illustrate nella relazione program-
matica.
Per ciò che concerne le UPB di primo livello delle entrate, esse sono ripartite in:
— titoli (UPB di secondo livello) a seconda che il gettito derivi dalla gestione corrente (Ti-
tolo I: entrate correnti), in conto capitale (Titolo II: entrate in conto capitale) o dalle
partite di giro (Titolo III: entrate per partite di giro);
— unità previsionali di terzo livello, a fini dell’accertamento dei cespiti. A loro volta le UPB
di terzo livello sono suddivise nella parte corrente, in base alla natura contributiva o im-
positiva, in trasferimenti correnti e in entrate diverse; nella parte in conto capitale, in pra-
tica entrate che derivano dall’alienazione dei beni patrimoniali e dalla riscossione dei cre-
diti, da trasferimenti in conto capitale o dall’accensione di prestiti;
— categorie (UPB di quarto livello) secondo la specifica natura dei cespiti;
— capitoli secondo il rispettivo oggetto ai fini della gestione e della rendicontazione.
Le UPB di primo livello delle uscite sono, invece, ripartite in:
— funzioni-obiettivo, individuate in modo da definire le politiche di settore e misurare i ri-
sultati conseguiti dalle attività amministrative anche in termini di prestazioni e servizi resi
ai cittadini; tale classificazione è riportata in un quadro contabile allegato al preventivo fi-
nanziario decisionale solo quando le funzioni-obiettivo dell’ente siano più di una;
— titoli (UPB di secondo livello) a seconda che l’uscita sia relativa alla gestione corrente
(Titolo I: uscite correnti), in conto capitale (Titolo II: uscite in conto capitale) o delle
partite di giro (Titolo III: uscite per partite di giro);
— unita previsionali di terzo livello, livello in cui:
— le uscite correnti sono ripartite in unità relative alle spese di funzionamento, unità per
interventi, unità per oneri comuni, per trattamenti di quiescenza e simili e per even-
tuali accantonamenti a fondi rischi e oneri;
— le uscite in conto capitale comprendono le unità per investimenti, gli oneri comuni,
eventuali accantonamenti per le spese future e ripristino investimenti, ed in via resi-
duale altre uscite;
— categorie (UPB di quarto livello) secondo la specifica natura economica;
— capitoli ai fini della gestione e della rendicontazione, secondo l’oggetto e il contenuto eco-
nomico e funzionale della spesa.
Capitolo Quarto - L’ordinamento contabile degli Enti pubblici istituzionali 267

5. Assestamento, variazioni e storni del bilancio


Entro il 30 luglio di ciascun anno è deliberato l’assestamento del bilan-
cio secondo le procedure e le norme viste a proposito dell’approvazione del
bilancio stesso.
L’art. 20 del D.P.R. 97/2003 dispone che i titolari dei centri di respon-
sabilità di primo livello possono disporre variazioni compensative nell’am-
bito della stessa unità previsionale di base, ad eccezione delle unità il cui
stanziamento è stato stabilito per coprire oneri inderogabili ovvero spese
obbligatorie. Parimenti la stessa procedura può essere eseguita se si utiliz-
zano le risorse finanziarie accantonate nell’avanzo di amministrazione per
specifiche finalità.
Variazioni al bilancio di previsione di competenza e di cassa, comprese
quelle relative ai fondi accantonati, possono essere deliberate entro il mese
di novembre. I relativi provvedimenti devono essere completati con un sin-
tetico quadro riepilogativo delle variazioni disposte. Le variazioni per nuo-
ve o maggiori spese devono sempre trovare necessaria copertura finanziaria.
Non possono essere adottati provvedimenti di variazione al bilancio du-
rante l’ultimo mese dell’esercizio finanziario salvo in casi eccezionali che
vanno comunque adeguatamente motivati.
Infine, sono vietati gli storni nella gestione dei residui, nonché tra la ge-
stione dei residui e quella di competenza o viceversa.

6. Il rendiconto generale
Il processo gestionale degli enti pubblici istituzionali si conclude con
l’illustrazione dei risultati conseguiti dall’ente stesso, riportata nel rendi-
conto generale.
Il rendiconto generale è deliberato dall’organo di vertice entro il mese
di aprile successivo alla chiusura dell’esercizio finanziario (salvo disposi-
zioni diverse stabilite da leggi o da disposizione statutaria) ed è trasmesso
entro dieci giorni dalla data di deliberazione al Ministero vigilante e al MEF,
corredato dei relativi allegati. A questo proposito, l’art. 38 del regolamento
stabilisce che al rendiconto generale devono essere allegati:
— la situazione amministrativa;
— la relazione sulla gestione;
— la relazione del collegio dei revisori dei conti.
268 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

Il rendiconto generale è costituito da:


— il conto di bilancio, che evidenzia le risultanze della gestione delle entrate e delle spese
e si articola in rendiconto finanziario decisionale e rendiconto finanziario gestionale;
— il conto economico, redatto secondo le disposizioni contenute nell’art. 2425 del codice
civile per quanto applicabili, che evidenzia i componenti positivi e negativi della gestio-
ne secondo criteri di competenza economica;
— lo stato patrimoniale, redatto secondo lo schema previsto dall’art. 2424 del codice civile,
che comprende le attività e passività finanziarie, i beni mobili e immobili, ogni altra attivi-
tà e passività, nonché le poste rettificative. Lo stato patrimoniale, inoltre, contiene la dimo-
strazione dei punti di concordanza tra la contabilità di bilancio e quella del patrimonio;
— la nota integrativa è un documento illustrativo di natura tecnico-contabile riguardante
l’andamento della gestione dell’ente nei suoi settori operativi, nonché i fatti di rilievo ve-
rificatisi dopo la chiusura dell’esercizio ed ogni eventuale informazione e schema utile ad
una migliore comprensione dei dati contabili.

Lo schema di rendiconto generale, unitamente alla relazione illustrativa


del presidente dell’ente, è sottoposto, a cura del direttore generale, almeno
quindici giorni prima del termine previsto per la sua deliberazione, all’esa-
me del collegio dei revisori che redige apposita relazione che sarà allegata
al suddetto schema.

7. I bilanci in forma abbreviata


Il regolamento prevede all’art. 48 la possibilità per gli enti pubblici di piccole dimensio-
ne di redigere sia il bilancio di previsione sia il rendiconto generale in forma abbreviata. Tale
agevolazione è consentita a condizione che nel primo esercizio o, successivamente, per due
esercizi consecutivi gli enti interessati non superino due parametri dimensionali, desunti dagli
ultimi rendiconti generali approvati ed in pratica:
— totale dell’attivo dello stato patrimoniale non superiore a 2,5 milioni di euro;
— totale delle entrate accertate, ad esclusione delle partite di giro, non superiore a 1 milione
di euro;
— numero di dipendenti in servizio al 31 dicembre di ciascun anno considerato non superio-
re a 25 unità.

8. Il sistema dei controlli


A) Il sistema di controllo interno
Secondo l’art. 78 del nuovo Regolamento, gli enti pubblici in questione
devono disciplinare il sistema dei controlli interni conformemente alle di-
sposizioni contenute nel D.Lgs. 286/1999.
Capitolo Quarto - L’ordinamento contabile degli Enti pubblici istituzionali 269

B) Il controllo del collegio dei revisori dei conti


Un ruolo prioritario nel sistema dei controlli interni è svolto dal colle-
gio dei revisori dei conti. L’attuale riferimento legislativo per tale tipo di
controllo è il D.Lgs. 123/2011, per il cui contenuto si rinvia alla Parte IV,
Cap. III, §8.

C) Il controllo di gestione
Il controllo di gestione si articola in tre fasi:
— la predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi;
— la rilevazione dei dati relativi ai costi e ai proventi, e alle rilevazioni dei
risultati raggiunti;
— la valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine
di verificare il loro stato di attuazione e di misurare l’efficacia, l’efficien-
za ed il grado di economicità dell’azione intrapresa.
La verifica dell’efficacia, dell’efficienza e della economicità dell’azio-
ne amministrativa è svolta rapportando le risorse acquisite ed i costi dei ser-
vizi secondo gli indicatori di efficacia ed efficienza fissati nella nota preli-
minare allegata al preventivo finanziario.
La struttura operativa affidataria della funzione del controllo di gestio-
ne informa circa le sue conclusioni sul controllo stesso gli amministratori
dell’ente.

9. La gestione di tesoreria e la gestione patrimo-


niale
A) La gestione di tesoreria
Il servizio di cassa o tesoreria è affidato con apposita convenzione ad
imprese autorizzate all’esercizio dell’attività bancaria. Il servizio è affidato
attraverso una apposita gara ad evidenza pubblica.
Le modalità per l’espletamento del servizio di tesoreria devono essere
coerenti con le disposizioni sulla tesoreria unica (L. 720/1984).
Il tesoriere o cassiere può, su richiesta dell’ente (corredata dalla delibe-
razione dell’organo di vertice), concedere all’ente stesso anticipazioni di te-
soreria entro il limite massimo di tre dodicesimi delle entrate accertate
nell’anno precedente.
Il cassiere o tesoriere è responsabile di tutti i depositi intestati all’ente.
270 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

B) La gestione patrimoniale
Per ciò che riguarda la gestione del patrimonio, il nuovo Regolamento
riprende la classificazione dei beni mobili e immobili del codice civile (art.
812 e seguenti) e distingue fra beni materiali ed immateriali, lasciando al
regolamento dell’ente il compito di disciplinare le modalità di inventaria-
zione, di classificazione e di gestione dei beni, nonché la nomina dei con-
segnatari.
Per ciò che attiene alla valutazione dei beni in questione il regolamento
rinvia alle norme del codice civile, mentre per i criteri di iscrizione e valu-
tazione rinvia all’allegato 14 al regolamento stesso.
L’ente deve provvedere alla ricognizione e alla valutazione, e quindi al
rinnovo degli inventari in conformità dei criteri fissati nell’allegato 14, ogni
5 anni per i beni mobili e ogni 10 anni per quelli immobili, sentito il colle-
gio dei revisori.

Glossario
Contabilità analitica: è un sistema di rilevazioni utilizzato per la predeterminazione, la
contabilizzazione, la localizzazione, l’imputazione, il controllo e l’analisi dei costi, dei ri-
cavi e dei risultati economici riguardanti singole parti dell’impresa o oggetti particolari
come singoli prodotti, singole operazioni, centri di responsabilità e così via, al fine di co-
stituire un supporto all’attività decisionale e di controllo.
Capitolo Quinto
L’ordinamento contabile
di università, ausl e
camere di commercio

Sommario: 1. L’ordinamento contabile delle Università. - 2. L’ordinamento contabi-


le delle Aziende Unità Sanitarie Locali (AUSL). - 3. L’ordinamento contabile delle Ca-
mere di commercio.

1. L’ordinamento contabile delle Università


L’autonomia contabile delle Università trova il suo riconoscimento nel
comma 7 dell’art. 7 della L. 168/1989, istitutiva del Ministero dell’Univer-
sità e della Ricerca scientifica (oggi Ministero dell’Istruzione, dell’Univer-
sità e della Ricerca).
Il suddetto comma, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. 18/2012,
di cui parleremo in seguito, stabiliva che le Università possono adottare un
regolamento di ateneo per l’amministrazione, la finanza e la contabilità,
anche in deroga alle norme dell’ordinamento contabile dello Stato e degli
enti pubblici, ma comunque nel rispetto dei relativi principi.
La possibilità di adottare un proprio regolamento in materia di contabi-
lità consentiva ai singoli atenei di optare liberamente tra un sistema di con-
tabilità finanziaria, fondato sulla semplice rilevazione dei movimenti fi-
nanziari in entrata e in uscita nel momento stesso in cui avvengono, e uno
di contabilità economico-patrimoniale, in base al quale, invece, i ricavi e
i costi derivanti dalle operazioni di gestione vengono rilevati e attribuiti
all’esercizio cui tali operazioni si riferiscono, indipendentemente dal mo-
mento in cui esse hanno determinato un’entrata o un’uscita.
Si noti che la maggior parte delle Università, nell’adottare il proprio regolamento conta-
bile, si è largamente ispirata nella sostanza ad uno schema-tipo di regolamento contenuto nel
D.P.R. 371/1982. Tale schema prevede la redazione di un bilancio di previsione, da adottar-
si entro il 30 novembre e da redigersi in termini di competenza, e di un conto consuntivo, da
deliberarsi entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento, composto da un ren-
diconto finanziario, dal conto economico e dalla situazione patrimoniale.
272 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

Un primo vincolo sostanziale all’autonomia contabile delle Università


è stato rinvenuto, tuttavia, nella progressiva estensione a tutte le ammini-
strazioni pubbliche dei principi contenuti nel D.Lgs. 279/1997 e, in parti-
colare, di un sistema di contabilità economica fondata su rilevazioni anali-
tiche per centri di costo che facilita la valutazione economica dei servizi
erogati, grazie al costante monitoraggio dei costi, dei rendimenti e delle at-
tività svolte da ogni amministrazione.
Un altro importante vincolo è determinato dal fatto che le Università de-
vono esercitare l’autonomia contabile nel rispetto dei principi dell’ordina-
mento contabile dello Stato e degli altri enti pubblici. Tale principio, già
contenuto, come si è visto, nella versione previgente del comma 7 dell’art.
7 della L. 168/1989, è stato in seguito ribadito dall’art. 1 della L. 196/2009,
laddove si afferma che tutti gli enti e i soggetti rientranti nel settore istitu-
zionale delle amministrazioni pubbliche, individuati annualmente dall’ISTAT
e fra i quali rientrano le Università pubbliche, concorrono al perseguimen-
to degli obiettivi di finanza pubblica sulla base dei principi fondamentali
dell’armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza
pubblica. A tale disposizione ha dato attuazione il citato D.Lgs. 91/2011.
Anche la L. 240/2010 (Norme in materia di organizzazione delle Uni-
versità, di personale accademico e di reclutamento, nonché delega al Go-
verno per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario) va
nella medesima direzione laddove delega il Governo ad adottare uno o più
decreti legislativi volti, fra l’altro:
— ad introdurre un sistema di contabilità economico-patrimoniale e ad
adottare un bilancio consolidato di ateneo sulla base di principi conta-
bili e di schemi di bilancio stabiliti dal MIUR;
— a predisporre, ai fini del consolidamento e del monitoraggio dei conti
delle amministrazioni pubbliche, documenti contabili (bilancio preven-
tivo e rendiconti) conformi alla disciplina dettata dalla L. 196/2009;
— ad adottare un piano economico-finanziario triennale, allo scopo di
garantire la sostenibilità di tutte le attività dell’ateneo;
— a prevedere la declaratoria di dissesto finanziario, nell’ipotesi in cui
l’Università non sia in grado di assolvere alle proprie funzioni fondamen-
tali o non riesca a far fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei
terzi, e a disciplinare le conseguenze del dissesto, prevedendo che il Mi-
nistro dell’Interno solleciti l’ateneo a predisporre un piano di rientro da
Capitolo Quinto - Ordinamento contabile di Università, AUSL e Camere di commercio 273

attuare entro cinque anni e ricorrendo al commissariamento in caso di


mancata approvazione o di incompleta attuazione del piano stesso.
Al primo punto ha dato attuazione il D.Lgs. 18/2012, disponendo l’ado-
zione, nell’ambito di un percorso di avvicinamento graduale che dovrà co-
munque completarsi entro il 1° gennaio 2014, di un sistema di contabilità
economico-patrimoniale basato sui seguenti documenti (art. 1, comma 2):
— un bilancio unico d’ateneo di previsione annuale, composto da bud-
get economico e budget degli investimenti, da predisporre entro il 31 di-
cembre dell’anno precedente all’esercizio di riferimento (art. 5);
— un bilancio unico d’ateneo di previsione triennale, composto anch’es-
so da budget economico e budget degli investimenti (art. 5); la predi-
sposizione di tale documento sarà comunque obbligatoria a partire dal
2014, ai sensi di quanto previsto dal D.Lgs. 49/2012.
— un bilancio unico d’ateneo d’esercizio, da approvarsi entro il 30 apri-
le di ogni anno, composto da stato patrimoniale, conto economico, ren-
diconto finanziario, nota integrativa e corredato da una relazione sulla
gestione (art. 5);
— un bilancio consolidato in cui si tenga conto delle aziende, delle socie-
tà e degli altri enti controllati, composto da stato patrimoniale, conto
economico e nota integrativa (art. 6).

2. L’ordinamento contabile delle Aziende Unità Sa-


nitarie Locali (AUSL)
L’art. 5 del D.Lgs. 502/1992 (Riordino della disciplina in matera sani-
taria), così come modificato dal D.Lgs. 229/1999 (Norme per la raziona-
lizzazione del Servizio sanitario nazionale), demanda alle Regioni l’ema-
nazione di norme che regolino la gestione economica, finanziaria e patri-
moniale delle AUSL e delle aziende ospedaliere. Tali norme devono però
essere informate ai principi del codice civile e devono regolare:
— la tenuta del libro delle deliberazioni del direttore generale;
— l’adozione del bilancio economico pluriennale di previsione nonché del
bilancio preventivo economico annuale relativo all’esercizio successivo;
— la destinazione dell’eventuale avanzo e le modalità di copertura degli
eventuali disavanzi di esercizio;
— la tenuta di una contabilità analitica per centri di costo e responsabilità
che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati;
274 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

— l’obbligo delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di ren-


dere pubblici, con cadenza annuale, i risultati delle proprie analisi dei
costi, dei rendimenti e dei risultati per centri di costo e responsabilità;
— il piano di valorizzazione del patrimonio immobiliare anche attraverso
eventuali dismissioni e conferimenti.
La disciplina introdotta dal D.Lgs. 229/1999 da un lato ha riconfermato il passaggio per
le AUSL alla gestione economico finanziaria e patrimoniale ispirata ai principi civilistici, dall’al-
tro ha introdotto alcune importanti novità. L’art. 5, infatti, prevede che la contabilità analitica
debba essere redatta, oltre che per centri di costo, anche per responsabilità. Tale sistema con-
sente la valutazione economica dei servizi e delle attività prodotte attraverso il collegamento
fra le risorse umane, finanziarie e strumentali con i risultati conseguiti dai centri di responsa-
bilità amministrativi. Il sistema si realizza attraverso il monitoraggio dei costi, dei rendimen-
ti e dell’attività svolta da ogni centro di responsabilità amministrativo. Le AUSL, inoltre, han-
no l’obbligo di rendere pubblici i risultati delle proprie analisi dei costi, dei rendimenti e dei
risultati per centri di costo e responsabilità.

L’art. 5 del D.Lgs. 502/1992 ha disposto la soppressione della conta-


bilità finanziaria (comma 7), in coerenza con l’autonomia imprenditoria-
le attribuita alle AUSL, che ora sono tenute a seguire principi contabili ci-
vilistici.
In base a tale sistema di contabilità, ciascuna azienda sanitaria è tenuta
ad adottare:
— un bilancio economico pluriennale di previsione che traduca le scelte
compiute e le priorità individuate in termini economici, finanziari e patri-
moniali. Evidenziando gli investimenti previsti, indicando le modalità di
copertura e i presunti riflessi sui costi e sui ricavi, tale documento permet-
te a ciascuna AUSL di pianificare la propria attività e di controllare le mo-
dalità di utilizzo delle risorse. Per quanto riguarda l’arco temporale con-
siderato, tutte le norme regionali prevedono oggi che esso coincida con
quello relativo al piano sanitario regionale, vale a dire un triennio, o, lad-
dove previsto, al documento di programmazione dell’AUSL stessa;
— un bilancio economico annuale di previsione in cui vengano indicati
i costi di gestione e tutti gli altri oneri che l’AUSL prevede di sostenere
nell’esercizio successivo nonché i ricavi e i proventi di qualsiasi natura
che prevede di realizzare.
Il D.Lgs. 118/2011 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e de-
gli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi), nel conferma-
re sostanzialmente il contenuto dell’art. 5 del D.Lgs. 502/1992, precisa che, a decorrere
Capitolo Quinto - Ordinamento contabile di Università, AUSL e Camere di commercio 275

dal 2012, il bilancio annuale di previsione delle AUSL deve contenere un conto economi-
co preventivo e un piano dei flussi di cassa, redatti secondo schemi uniformi previsti dal
medesimo decreto. Il bilancio deve essere poi corredato da una nota illustrativa, dal pia-
no degli investimenti e da una relazione redatta dal direttore generale, nonché dalla rela-
zione del collegio sindacale (art. 25);

— un bilancio d’esercizio (consuntivo) da redigere in base ai principi fis-


sati dal codice civile (in particolare, dagli artt. 2423-2428) e composto,
dunque, dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota inte-
grativa.
Ai tre suddetti documenti l’art. 26 del D.Lgs. 118/2011 aggiunge un rendiconto finanzia-
rio, disponendo, nel contempo, che il bilancio di esercizio venga corredato da una relazione
sulla gestione sottoscritta dal direttore generale e sia da questi adottato entro il 30 aprile dell’an-
no successivo a quello di riferimento (art. 31).

Per conferire una struttura uniforme alle voci dei bilanci preventivi e
consuntivi, l’art. 26, comma 3, del D.Lgs. 118/2011 impone alle AUSL di
redigere tali bilanci attenendosi allo schema indicato nell’allegato 2 al me-
desimo decreto. Va detto che, in realtà, il problema di garantire una certa
uniformità alla struttura dei bilanci delle AUSL, al fine non solo di favori-
re il confronto tra differenti aziende sanitarie ma anche di armonizzare i bi-
lanci di tutte le pubbliche amministrazioni, era sentito da tempo dal legisla-
tore che, infatti, aveva provveduto, con il D.M. 11 febbraio 2002, ad ap-
provare uno schema di bilancio che ha rappresentato fino ad ora il principa-
le punto di riferimento legislativo per la redazione dei bilanci delle aziende
sanitarie e ospedaliere.
Si noti che, in base a quanto previsto dall’art. 11 del Patto per la salute relativo al trien-
nio 2010-2012, secondo il quale le Regioni si impegnano ad avviare le procedure per perse-
guire la certificazione dei bilanci delle AUSL, attraverso un percorso volto a garantire l’ac-
certamento della qualità delle procedure amministrativo-contabili sottostanti alla corretta con-
tabilizzazione dei fatti aziendali, il Ministro della Salute, d’intesa con il Ministro dell’Econo-
mia e delle Finanze, ha emanato il D.M. 18 gennaio 2011, contenente le disposizioni metodo-
logiche volte a facilitare tale processo. Il decreto delinea una metodologia di analisi articolata
in 4 fasi ed indica i termini entro i quali le Regioni erano tenute a completare tale percorso di
accertamento (28 febbraio 2011, per le Regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi, 30
giugno 2011 per tutte le altre). Si tratta di un primo ma importante passo nel percorso che do-
vrà condurre alla certificazione dei bilanci delle AUSL.
276 Parte Quinta - Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali

3. L’ordinamento contabile delle Camere di com-


mercio
L’art. 4bis della L. 580/1993 (Riordinamento delle Camere di commer-
cio, industria, artigianato e agricoltura), introdotto dal D.Lgs. 23/2010 (Ri-
forma dell’ordinamento relativo alle Camere di commercio, industria, ar-
tigianato e agricoltura), prevede che sia il Ministro dello sviluppo econo-
mico, a stabilire con decreto le norme che disciplinano la gestione patrimo-
niale e finanziaria delle Camere di commercio e delle loro aziende specia-
li, nel rispetto dei principi di armonizzazione della finanza pubblica.
Il primo regolamento in materia è stato emanato con D.M. 23 luglio 1997,
n. 287, la cui disciplina si caratterizzava per il tentativo di coniugare il ri-
spetto delle procedure giuridico-formali con un impianto contabile di tipo
privatistico, più attento all’efficienza e all’efficacia dell’azione delle Came-
re di commercio. Nella stessa direzione è andato il D.P.R. 2 novembre 2005,
n. 254, che ha abrogato il D.M. 287/1997, introducendo rilevanti modifiche.
L’innovazione più importante riguarda l’adozione di una contabilità di
tipo economico-patrimoniale al posto di una prettamente finanziaria, nell’ot-
tica di un progressivo trasferimento agli enti pubblici dei principi civilisti-
ci vigenti nella formazione e nella gestione del bilancio.
In attesa che venga emanato il nuovo regolamento, previsto dall’art. 4bis
del D.Lgs. 23/2010, la disciplina di riferimento è tuttora quella contenuta
nel D.P.R. 254/2005.
L’art. 4 del D.P.R. 254/2005 prevede che sia il Consiglio a determinare
gli indirizzi generali e ad approvare il programma pluriennale per il perio-
do corrispondente alla durata del mandato. Tale programma viene poi ag-
giornato annualmente tramite la relazione previsionale e programmatica
(art. 5).
Nel preventivo annuale (art. 6), vengono riportati, coerentemente con
quanto indicato nella relazione previsionale, i proventi e gli oneri previsti
in relazione alla gestione corrente, alla gestione finanziaria ed alla gestione
straordinaria nonché il piano degli investimenti.
Il preventivo deve essere redatto dalla Giunta sulla base della program-
mazione degli oneri e della prudenziale valutazione dei proventi e secondo
il principio del pareggio (art. 2, comma 2). Al preventivo sono allegate:la
relazione del collegio dei revisori dei conti (art. 6, comma 2) e la relazio-
ne al preventivo (art. 7).
Capitolo Quinto - Ordinamento contabile di Università, AUSL e Camere di commercio 277

La Giunta, dopo l’approvazione del preventivo da parte del Consiglio,


su proposta del segretario generale, approva il budget direzionale (art. 8),
i cui criteri di formazione sono indicati dettagliatamente dall’art. 10.
Il bilancio di esercizio, infine, approvato dal Consiglio su proposta del-
la Giunta e redatto secondo il principio della competenza economica, è co-
stituito:
— dal conto economico (art. 21), dal quale emerge il risultato economico
dell’esercizio e la consistenza del reddito alla fine dell’esercizio stesso;
— dallo stato patrimoniale (art. 22), che indica la consistenza degli ele-
menti patrimoniali attivi e passivi al termine dell’esercizio e li pone a
confronto con quelli dell’esercizio precedente, evidenziando la variazio-
ne del patrimonio netto iniziale per effetto della gestione;
— dalla nota integrativa (art. 23), che indica, fra le altre cose, i criteri di
valutazione dei beni patrimoniali, i movimenti delle immobilizzazioni, la
composizione dei ratei e dei risconti e degli oneri e proventi finanziari.
Per quanto riguarda i termini di approvazione dei suddetti documenti
contabili, seguendo quanto stabilito dalla nota esplicativa del Ministero
dello sviluppo economico n. 49229 del 24 febbraio 2012, la quale dispo-
ne, in sostanza, che le Camere di commercio debbano adeguarsi ai principi
riportati nel D.Lgs. 91/2011; essi sono:
— il 31 ottobre per la relazione previsionale e programmatica;
— il 31 dicembre per il preventivo annuale;
— il 30 aprile dell’anno successivo per il bilancio d’esercizio.
Indice analitico

A Beni patrimoniali
— disponibili, 116
Accordo quadro (v. Contratti della P.A. → — indisponibili, 114
procedure di aggiudicazione dei) Beni pubblici, 108-125
Agenti — alienazione dei, 121
— consegnatari di materiale, 101 — amministrazione dei, 118
— contabili di fatto, 101 — categorie, 108
— della riscossione, 100 — dismissione dei, 122
Agenzia — inventari dei, 119
— del demanio, 19 — tutela dei, 116
— del territorio, 19 — utilizzazione dei, 115
— delle dogane, 19 — valorizzazione dei, 121
— delle entrate, 18 — valutazione dei, 121
Agenzie fiscali, 18 Bilancio dello Stato
Amministrazione finanziaria, 11 — annuale, 49-56
Amministrazioni aggiudicatrici, 133 — quadro generale riassuntivo, 54
Amministrazioni autonome, 22 — stati di previsione dell’entrata e della
Amministrazioni pubbliche, 40 spesa, 53
Analisi e valutazione della spesa pubblica, 188 — approvazione del, 35-36, 59
Anno finanziario, 29 — assestamenti e variazioni del, 62
Appalti pubblici (v. Contratti della P.A.) — ciclo del, 39
Arbitrato (v. Contratti della P.A.) — classificazione delle entrate nel, 66-67
Asta — classificazione delle spese nel, 68
— elettronica (v. Contratti della P.A. → pro- — definizione, 28
cedure di aggiudicazione dei) — economie di, 70
— pubblica (v. Contratti della P.A. → pro- — effetti giuridici del, 60
cedure di aggiudicazione dei) — esercizio provvisorio del, 35, 36, 61
Autorità per la vigilanza sui contratti pubbli- — fondi di, 69
ci di lavori, servizi e forniture, 132 — formazione del, 56
Aziende autonome, 22 — funzioni del, 29
Aziende unità sanitarie locali (AUSL), ordi- — gestione fuori del, 72
namento contabile delle, 273 — obbligo di copertura, 35, 37
— pluriennale, 56
— presentazione del, 56-57
B — principi del
— annualità, 34
Bando di gara, 140 — chiarezza, 33
Beni demaniali, 109 — integrità, 33
— tipi di, 110-112 — pareggio, 34
— regime giuridico dei, 112 — pubblicità, 33
— tutela dei, 116 — specificazione, 34
— utilizzazione dei, 115 — unità, 34
Indice Analitico 279

— universalità, 33 Collegio dei revisori


— veridicità, 33 — negli enti locali, 257
— residui, 72 — controllo dei, 200
— semplificato, 68 Camere di commercio, ordinamento contabi-
— tipi di le delle, 276
— consuntivo, 31 Comitato tecnico-scientifico per il controllo
— di cassa, 31, 49 strategico nelle amministrazioni dello Sta-
— di competenza, 32, 49 to, 192
— economico, 30 Commissione tecnica paritetica per l’attua-
— finanziario, 30 zione del federalismo fiscale, 13
— vincolo del pareggio del, 34-35 Concessione
Bilancio degli enti locali, — di lavori, 151
— caratteristiche del, 243 — di servizi, 155
— principi del, 243 Consip S.p.A., 159
— struttura del, 244 Contabilità analitica, 270
Bilancio degli enti pubblici istituzionali, 262 — per centri di costo, 30, 54
Bilancio di previsione delle Regioni a statu- Contabilità pubblica
to ordinario — definizione e natura, 6
— assestamento del, 223 — cenni storici, 6
— bilancio annuale, 221 — fonti della, 7
— bilancio pluriennale, 221 — Aziende unità sanitarie locali, 7
— esercizio provvisorio, 223 — Camere di commercio, 7
— presentazione del, 222 — enti locali, 7
— variazioni del, 223 — enti pubblici istituzionali, 7
Buoni ordinari del Tesoro, 91 — Regioni, 7
Budget dei costi delle amministrazioni, 54 — università, 7
Conti degli agenti contabili
— amministrativi, 99, 100
C — consegnatari di materiali, 103
— dei tesorieri, 104
Capitolati — giudiziali, 99, 101
— generali, 141 Conto consuntivo del bilancio dello Stato, 94
— speciali, 141 Conto generale del patrimonio dello Stato, 94
Casellario informatico dei contratti pubblici, Contratti della P.A.
132 — di lavori, 148
Cassa Depositi e Prestiti, 21 — appalto, 150
Cauzione, 104 — concessione, 151
Centrale di committenza, 159 — criteri di aggiudicazione dei, 145
Centri di costo, 65 — di forniture, 153
Ciclo del bilancio, 39 — di servizi, 154
CIPE (Comitato Interministeriale per la Pro- — evidenza pubblica nei, 127
grammazione Economica), 20 — fonti dei, 128
Clausole di salvaguardia, 38 — misti, 134
Codice dei contratti pubblici, 130 -135 — nei settori speciali, 156
— regolamento esecutivo e attuativo del, 135 — privati, regime giuridico dei, 127
Codice identificativo di gara (CIG), 137 — procedimento di formazione dei (eviden-
Codice unico di progetto (CUP), 137 za pubblica)
COFOG-nomenclatura (Classification of — approvazione, 147
Functions of Government), 51, 52, 68 — deliberazione a contrarre, 139-41
280 Indice Analitico

— scelta del contraente e aggiudicazio- — di regolarità amministrativo contabile, 193


ne, 143 — sugli atti delle amministrazioni stata-
— stipula, 146 li, 194
— procedure di aggiudicazione dei — interni di gestione, 185, 191
— accordo quadro, 145 — sulle Regioni, 208
— aperte, 144 — verifiche sulla regolarità amministrativa
— appalto concorso, 144 e contabile, 201
— asta elettronica, 145 Convenzioni quadro, 158
— asta pubblica, 143 Corte dei Conti
— dialogo competitivo, 144 — attribuzioni della, 176
— in economia, 147 — giudizi di conto della, 177
— licitazione privata, 143 — giudizi di responsabilità della, 179
— negoziate, 44 — giurisdizione nei confronti degli ammini-
— ristrette, 144 stratori e dipendenti della Regione e de-
— sistemi dinamici di acquisizione, 145 gli enti locali, 181
— soggetti ammessi a partecipare alle,
142 D
— trattativa privata, 144
— soglie comunitarie nei, 131 Debito fluttuante, 91
— tipi di Decisione di finanza pubblica (DFP), 41
— attivi, 127 Deconti, 102
— commerciali, 127 Demanio
— di diritto pubblico, 127 — accidentale
— ordinari, 127 — aeronautico, 111
— passivi, 127 — acquedotti, 111
— speciali di diritto privato, 127 — culturale, 111
— tutela nei — ferroviario, 111
— accordo bonario, 157 — stradale, 111
— arbitrato, 157 — comunale, 112
— transazione, 157 — necessario
— informativa in ordine all’intento di pro- — idrico, 110
porre ricorso giurisdizionale, 157 — marittimo, 110
— giurisdizionale, 158 — militare, 110
Controlli, 184 — provinciale, 112
— dei servizi ispettivi di finanza pubblica, — regionale, 111
190, 201 Dialogo competitivo (v. Contratti della P.A.
— degli Uffici centrali del bilancio, 190, 193 → procedure di aggiudicazione dei)
— del Dipartimento della Ragioneria gene- Dipartimento
rale dello Stato, 186, 187 — del Tesoro, 15
— del Dipartimento delle finanze, 188 — dell’amministrazione generale del perso-
— della Corte dei Conti, 202 nale e dei servizi, 18
— preventivo di legittimità sugli atti di — della Ragioneria generale dello Stato, 15-17
Governo, 203 — delle Finanze, 13-14
— successivo, 205 Documento di economia e finanza (DEF), 42
— sugli enti locali, 206 — allegati al, 44
— sugli enti sovvenzionati, 205 — nota di aggiornamento al, 44
— sulle finanza regionale, 206 Documento di programmazione economico-
— delle Ragionerie territoriali, 190, 193 finanziaria (DPEF), 42
Indice Analitico 281

E Fondi
— di riserva, 69
Ecorendiconto, 94 — per le autorizzazioni di cassa, 70
Enti — per le spese impreviste, 69
— economici, 24 — per le spese obbligatorie, 69
— di erogazione, 24 — speciali, 70
— non territoriali, 24 Forniture pubbliche (v. Contratti della P.A.)
— territoriali, 24
— istituzionali, 260 G
Enti locali
— autonomia finanziaria, 226 Giudizi
— bilancio degli, 243, 248 — di conto, 177
— conto del bilancio, 254 — di responsabilità, 179
— conto del patrimonio, 255
— conto economico, 255 L
— controllo sui risultati di gestione dei, 263
e ss. Lavori pubblici (v. Contratti della P.A.)
— dissesto finanziario, 258 Legge
— entrate — di bilancio, 59
— da accensione di prestiti, 237 — di stabilità, 47
— da prodotti derivati, 239 — finanziaria, 46
— da trasferimenti, 236 Leggi di spesa
— emissioni di prestiti obbligazionari, 238 — pluriennali, 71
— extra-tributarie, 237 — a carattere permanente, 72
— tributarie, 229, 234 Licitazione privata, (v. Contratti della P.A. →
— ordinamento contabile, 241 e ss. procedure di aggiudicazione dei)
— piano esecutivo di gestione, 246
— prospetto di conciliazione, 255 N
— rendiconto della gestione, 254
— riequilibrio, 259 Nuclei di analisi e valutazione, 189
Enti pubblici istituzionali, 7, 260 e ss.
Entrate dello Stato M
— classificazione delle, 66
— regime giuridico delle, 75 Mandato informatico, 79, 80
— accertamento, 76 Manovra di finanza pubblica, 46
— riscossione, 76 — disegni di legge collegati alla, 60
— versamento, 76 Mercato elettronico della pubblica ammini-
— voci di, 67 strazione, 160
E-procurement, 160-161 Ministero dell’economia e delle finanze, 11 e ss.
Esercizio finanziario, 29 Missioni, 49, 66
Esercizio provvisorio, 61 Modificazione del bilancio dello Stato
— variazione delle entrate, 62
— variazioni di spesa, 62
F
O
Federalismo fiscale, 212
Fermo amministrativo, 82 Offerte anomale, 143
Flussi finanziari, tracciabilità dei, 136 Ordini di accreditamento, 79, 81
282 Indice Analitico

Organismo di diritto pubblico, 133 — fondo di perequazione, 212


Organismo indipendente della valutazione — indebitamento delle, 218
della performance, 191 — legge finanziaria, 220
Osservatorio dei contratti pubblici, 132 — patrimonio delle, 212
— quadro generale riassuntivo, 222
— rendiconto, 223
P — residui attivi e passivi, 222
— tributi propri, 215
Patrimonio pubblico, 105 Regioni a statuto speciale, autonomia finan-
Patto di stabilità e di crescita, 41 ziaria delle, 224-225
Patto di stabilità interno, 228 Relazione generale sulla situazione economi-
Perenzione amministrativa, 74 ca del Paese, 41
Piano dei conti, 65 Rendiconto generale dello Stato
Piano esecutivo di gestione (PEG), 246 — formazione del, 95
Potere riduttivo dell’addebito, 182 — funzioni del, 92
Procedure di aggiudicazione dei contratti pub- — esame e approvazione del, 97
blici (v. Contratti della P.A.) — parificazione del, 96
Programma di stabilità, 41 — struttura del, 93
Programma nazionale di riforma, 42 — conto consuntivo del bilancio, 94
Programmazione, principio del, 39 — conto generale del patrimonio, 94
Programmi, 49, 66 Rendiconti speciali, 99 e ss.
Project financing, 153 Responsabilità dei dipendenti pubblici
— amministrativa, 166
— civile verso i terzi, 171
Q — contabile, 169
— disciplinare, 174
Quadro generale riassuntivo del bilancio del- — patrimoniale, 165
lo Stato
— indebitamento o accrescimento netto, 55 S
— ricorso al mercato, 55
— risparmio pubblico, 55 SACE S.p.A. (Servizi assicurativi del Com-
— saldo netto da finanziare, 55 mercio estero), 22
Scuola superiore della pubblica amministra-
zione, 13
R Semestre europeo, 42
Servitù di uso pubblico, 118
Ragioneria generale dello Stato, 15-17 Servitù prediali pubbliche, 117
Ragionerie territoriali dello Stato, 17 Servizi ispettivi di finanza pubblica, 190
Rapporto sulla spesa delle pubbliche ammi- Sessione di bilancio, 58
nistrazioni dello Stato, 189 Sistema di Contabilità Gestionale Finanzia-
Regioni a statuto ordinario ria (SICOGE), 79
— autonomia finanziaria, 210 Sistema dinamico di acquisizione (v. Contrat-
— finanza ordinaria, 210 ti della P.A. → procedure di aggiudicazio-
— finanza straordinaria, 211 ne dei)
— bilancio annuale, 221 Sistema Informativo della Ragioneria gene-
— bilancio pluriennale, 221 rale dello Stato (SIRGS), 79
— contributi speciali, 217 Sistema informativo delle operazioni degli
— entrate tributarie, 214 enti pubblici (SIOPE), 86
— esercizio provvisorio, 223 Sistema informativo entrate (SEI), 76
Indice Analitico 283

Sistema Informatizzato dei Pagamenti della T


Pubblica Amministrazione (SIPA), 79
Sistema unico di contabilità economica per Tesoreria
centri di costo, 54 — centrale, 85
Spending review, 49-51 — gestione di, 84 e ss., 269
Spese — mista, 89
— classificazione delle, 68 — unica, 88
— controllo sui titoli di, 82 Tesorerie provinciali, 87
— in economia, 77 Titoli di Stato, 91
— non rimodulabili, 52 Trattativa privata (v. Contratti della P.A.)
— regime giuridico delle, 77 Tributi propri
— impegno, 77 — delle Regioni, 215
— liquidazione, 78 — degli enti locali, 229
— ordinazione, 78
— rimodulabili, 52 U
— voci di, 68
Sportello dei contratti pubblici relativi a la- Uffici centrali del bilancio, 17
vori, servizi e forniture, 132 Unità di voto parlamentare, 51
Stazione appaltante, 134 Unità previsionali di base, 221
Stazione unica appaltante, 137 Università, ordinamento contabile delle, 271
Indice Generale

PARTE PRIMA
Fonti e soggetti della contabilità pubblica

Capitolo Primo: Fonti normative


1. Contabilità pubblica: definizione e natura............................................................ Pag. 6
2. Cenni storici......................................................................................................... » 6
3. Le fonti della contabilità pubblica........................................................................ » 7

Capitolo Secondo: L’apparato economico-finanziario


1. L’amministrazione finanziaria.............................................................................. » 11
2. Il Ministero dell’economia e delle finanze........................................................... » 11
3. I dipartimenti del Ministero dell’economia e delle finanze.................................. » 13
4. Le agenzie fiscali.................................................................................................. » 18
5. Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica....................... » 20
6. La Cassa Depositi e Prestiti.................................................................................. » 21
7. Altri soggetti della contabilità pubblica............................................................... » 22

PARTE Seconda
Il bilancio dello Stato

Capitolo Primo: Il bilancio di previsione e le modificazioni


1. Il bilancio dello Stato in generale......................................................................... » 28
2. Tipi di bilancio..................................................................................................... » 29
3. Principi del bilancio............................................................................................. » 33
4. I bilanci dello Stato e l’articolo 81 della Costituzione......................................... » 34
5. La copertura finanziaria delle leggi...................................................................... » 37
6. Il ciclo del bilancio e il principio della programmazione..................................... » 39
7. I rapporti con l’UE in tema di finanza pubblica: il Programma di stabilità e il
Programma nazionale di riforma.......................................................................... » 41
8. Il Documento di economia e finanza.................................................................... » 42
9. La manovra di finanza pubblica........................................................................... » 46
10. Segue: La legge di stabilità.................................................................................. » 46
11. Segue: Il bilancio annuale di previsione.............................................................. » 49
12. Segue: Il bilancio pluriennale............................................................................... » 56
13. Segue: La formazione e l’approvazione del bilancio........................................... » 56
14. Segue: I disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica.................. » 60
15. L’esercizio provvisorio......................................................................................... » 61
16. Assestamento e variazioni di bilancio.................................................................. » 62
Indice Generale 285

Capitolo Secondo: La struttura del bilancio


1. Classificazione delle entrate e delle spese............................................................ Pag. 66
2. Fondi di bilancio.................................................................................................. » 69
3. Le leggi di spesa pluriennali e a carattere permanente......................................... » 71
4. Le gestioni fuori bilancio..................................................................................... » 72
5. I residui................................................................................................................. » 73

Capitolo Terzo: L’esecuzione del bilancio


1. Premessa............................................................................................................... » 75
2. Le entrate e il loro regime giuridico..................................................................... » 75
3. Le spese e il loro regime giuridico....................................................................... » 77
4. La semplificazione delle procedure di spesa: il mandato informatico................. » 80
5. Il controllo sui titoli di spesa (rinvio)................................................................... » 82
6. Il fermo amministrativo........................................................................................ » 82
7. Compensazione e adempimento parziale............................................................. » 83

Capitolo Quarto: La gestione di tesoreria


1. Il servizio di tesoreria........................................................................................... » 84
2. La tesoreria centrale............................................................................................. » 85
3. Le tesorerie provinciali......................................................................................... » 87
4. La tesoreria unica................................................................................................. » 88

Capitolo Quinto: Il rendiconto generale dello Stato


1. Funzioni del rendiconto........................................................................................ » 92
2. Il contenuto e la struttura del rendiconto.............................................................. » 93
3. La formazione del rendiconto generale dello Stato.............................................. » 95
4. La parificazione.................................................................................................... » 96
5. L’esame e l’approvazione del rendiconto............................................................. » 97

Capitolo Sesto: I rendiconti speciali: i conti amministrativi e i conti giudiziali


1. Premessa............................................................................................................... » 99
2. Tipologia dei conti amministrativi....................................................................... » 100
3. I conti giudiziali................................................................................................... » 101
4. I conti degli agenti della riscossione.................................................................... » 102
5. I conti degli agenti consegnatari di materiale....................................................... » 103
6. I conti dei tesorieri................................................................................................ » 104
7. La cauzione.......................................................................................................... » 104

PARTE Terza
I beni e i contratti pubblici

Capitolo Primo: I beni dello Stato e degli enti pubblici


1. I beni pubblici....................................................................................................... » 108
2. Categorie di beni pubblici: beni demaniali e patrimoniali................................... » 108
286 Indice Generale

3. I beni demaniali.................................................................................................... Pag. 109


4. I beni patrimoniali indisponibili........................................................................... » 114
5. Utilizzazione e tutela dei beni pubblici................................................................ » 115
6. I beni patrimoniali disponibili.............................................................................. » 116
7. I diritti reali della P.A. su beni altrui.................................................................... » 117
8. L’amministrazione dei beni pubblici.................................................................... » 118
9. Gli inventari.......................................................................................................... » 119
10. La valutazione dei beni pubblici.......................................................................... » 121
11. La valorizzazione, la dismissione e l’alienazione dei beni pubblici.................... » 121

Capitolo Secondo: I contratti della P.A.


1. L’attività di diritto privato della P.A..................................................................... » 126
2. Regime giuridico dei contratti privati della P.A................................................... » 127
3. Fonti normative.................................................................................................... » 128
4. Il diritto dell’Unione europea in materia di contratti pubblici e il suo recepimento... » 129
5. Il Codice dei contratti pubblici e il Regolamento esecutivo e attuativo............... » 130
6. La competenza legislativa, statale e regionale, in materia di appalti................... » 137
7. Il procedimento di formazione del contratto (l’evidenza pubblica)..................... » 138
8. Segue: Deliberazione a contrarre e determinazione del contenuto del contratto. » 139
9. Segue: Soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei con-
tratti pubblici e presentazione delle offerte.......................................................... » 142
10. Segue: La scelta del contraente, le procedure di scelta e l’aggiudicazione del con-
tratto..................................................................................................................... » 143
11. Segue: La stipula del contratto............................................................................. » 146
12. Segue: L’approvazione e il controllo del contratto.............................................. » 147
13. Procedure in economia......................................................................................... » 147
14. I contratti pubblici relativi ai lavori...................................................................... » 148
15. I contratti pubblici relativi alle forniture e ai servizi . ......................................... » 153
16. Gli appalti nei settori speciali............................................................................... » 156
17. Gli strumenti di tutela........................................................................................... » 157
18. Le convenzioni Consip......................................................................................... » 158
19. Il mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA).......................... » 160

PARTE Quarta
Le responsabilità e i controlli

Capitolo Primo: La responsabilità nel pubblico impiego


1. La responsabilità in generale................................................................................ » 164
2. La responsabilità patrimoniale............................................................................. » 165
3. La responsabilità amministrativa......................................................................... » 166
4. La responsabilità contabile................................................................................... » 169
5. Differenze tra responsabilità amministrativa e responsabilità contabile.............. » 170
6. La responsabilità civile verso i terzi..................................................................... » 171
7. La responsabilità patrimoniale degli amministratori e dei dipendenti delle Regio-
ni e degli altri enti pubblici.................................................................................. » 174
8. La responsabilità degli amministratori degli enti locali (rinvio).......................... » 175
Indice Generale 287

Capitolo Secondo: La giurisdizione della Corte dei conti nelle materie di conta-
bilità pubblica
1. Generalità............................................................................................................. Pag. 176
2. I giudizi di conto.................................................................................................. » 177
3. I giudizi di responsabilità..................................................................................... » 179
4. La giurisdizione nei confronti degli amministratori e dipendenti delle Regioni e
degli enti locali..................................................................................................... » 181
5. Il potere riduttivo dell’addebito............................................................................ » 182
6. L’esecuzione delle decisioni di condanna della Corte dei conti........................... » 183

Capitolo Terzo: Il sistema dei controlli


1. I controlli in generale........................................................................................... » 184
2. I controlli del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato..................... » 186
3. Il monitoraggio e controllo dei conti pubblici...................................................... » 187
4. L’analisi e la valutazione della spesa................................................................... » 188
5. I controlli interni di gestione................................................................................ » 190
6. La riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile: il D.Lgs. 30
giugno 2011, n. 123.............................................................................................. » 193
7. Segue: Il controllo di regolarità amministrativa e contabile sugli atti delle am-
ministrazioni statali.............................................................................................. » 194
8. Segue: I controlli dei collegi dei revisori dei conti e sindacali presso gli enti e
organismi pubblici................................................................................................ » 200
9. Segue: Le verifiche sulla regolarità amministrativa e contabile.......................... » 201
10. Il controllo esterno: La Corte dei conti................................................................ » 202
11. I controlli per le Regioni...................................................................................... » 208

PARTE Quinta
Regioni, Enti locali, Enti pubblici istituzionali,
università, ausl, e camere di commercio

Capitolo Primo: Finanza e contabilità delle Regioni


1. L’autonomia finanziaria delle Regioni................................................................. » 210
2. Le entrate tributarie delle Regioni a statuto ordinario.......................................... » 214
3. I contributi speciali e il ricorso all’indebitamento............................................... » 217
4. I principi in materia di bilancio e contabilità delle Regioni................................. » 219
5. Gli strumenti di programmazione finanziaria e di bilancio.................................. » 220
6. La presentazione del bilancio, l’esercizio provvisorio, variazioni e assestamento
del bilancio........................................................................................................... » 222
7. Il rendiconto......................................................................................................... » 223
8. L’autonomia finanziaria e contabile delle Regioni a statuto speciale.................. » 224

Capitolo Secondo: La finanza degli enti locali


1. Autonomia finanziaria dei Comuni e delle Province........................................... » 226
2. Il patto di stabilità interno.................................................................................... » 228
3. La riforma del sistema impositivo dei Comuni: il d.Lgs. 23/2011....................... » 229
4. Le entrate tributarie dei Comuni.......................................................................... » 229
288 Indice Generale

5. Le principali entrate tributarie delle Province...................................................... Pag. 234


6. Altre entrate.......................................................................................................... » 236

Capitolo Terzo: L’ordinamento contabile degli Enti locali


1. Fonti normative.................................................................................................... » 241
2. L’ambito di applicazione e la potestà regolamentare........................................... » 242
3. Principi, caratteristiche e struttura del bilancio.................................................... » 243
4. Il piano esecutivo di gestione (PEG).................................................................... » 246
5. Predisposizione e approvazione del bilancio....................................................... » 247
6. Gli allegati al bilancio di previsione annuale....................................................... » 248
7. La gestione del bilancio........................................................................................ » 250
8. I risultati della gestione........................................................................................ » 253
9. Il controllo della gestione e la revisione economico-finanziaria.......................... » 256
10. Il dissesto e il riequilibrio..................................................................................... » 258

Capitolo Quarto: L’ordinamento contabile degli Enti pubblici istituzionali


1. Introduzione......................................................................................................... » 260
2. Pianificazione, programmazione e budget........................................................... » 261
3. I documenti previsionali....................................................................................... » 262
4. Classificazione delle entrate e delle spese............................................................ » 265
5. Assestamento, variazioni e storni del bilancio..................................................... » 267
6. Il rendiconto generale........................................................................................... » 267
7. I bilanci in forma abbreviata................................................................................ » 268
8. Il sistema dei controlli.......................................................................................... » 268
9. La gestione di tesoreria e la gestione patrimoniale.............................................. » 269

Capitolo Quinto: L’ordinamento contabile di Università, Ausl e Camere di com-


mercio
1. L’ordinamento contabile delle Università............................................................ » 271
2. L’ordinamento contabile delle Aziende Unità Sanitarie Locali (AUSL)............. » 273
3. L’ordinamento contabile delle Camere di commercio......................................... » 276

Indice Analitico........................................................................................................ » 278


COLLANA TIMONE
GUIDE ALLO STUDIO RAPIDO

Con i last minute bastano pochi giorni e pochi euro per prepararsi ad
esami e concorsi.
I last minute sono testi avanzati e aggiornati, dal taglio semplice e
sistematico, concepiti per uno studio rapido ed efficace.

I volumi della collana si caratterizzano per:


U due livelli di lettura: il primo (in carattere più grande) per fissare le
nozioni essenziali; il secondo (in corpo più piccolo) per rifinire e
approfondire la preparazione;
U brevi glossari delle parole chiave riportati a fine capitolo;
U esempi chiarificativi;
U linguaggio agevole e d’immediata comprensione;
U uso del corsivo e del neretto per individuare immediatamente i percorsi
di lettura e i concetti fondamentali.

Ogni volume last minute tratta tutti gli argomenti istituzionali del programma
d’esame.

www.simone.it/social

www.simone.it

Potrebbero piacerti anche