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Tutti gli argomenti sono analizzati alla luce delle più recenti novità legislative,
fra le quali:
residui;
il D.L. 192/2014 (cd. decreto milleproroghe 2015), conv. in L. 11/2015,
degli enti locali, indicando nel 2015 l’anno della definitiva entrata in vigore
del nuovo regime.
SOMMARIO
Per finanziare le funzioni pubbliche che sono loro attribuite (comma 4), gli enti
citati dispongono di proprie risorse, stabiliscono e applicano tributi ed altre
forme di entrate proprie, ed inoltre dispongono di compartecipazioni al gettito di
tributi erariali che provengono dal loro territorio (comma 2). Quanto detto è
previsto compatibilmente con i principi costituzionali, con i principi di
coordinamento della finanza pubblica e col sistema tributario nazionale. Tale
riserva costituzionale, si noti, mira a dettare un minimo di coordinamento
indispensabile per la disciplina delle grandi linee dell’attività di entrata e di
spesa delle autonomie locali, soprattutto in un contesto in cui il sistema Paese
deve sempre più rapportarsi alla dimensione europea ed evitare squilibri e
scompensi nella gestione del debito pubblico.
L’intervento riequilibratore centrale è comunque assicurato, in quanto per singoli
specifici obiettivi lo Stato può destinare risorse aggiuntive ed interventi speciali
in favore di singoli enti (comma 5). Inoltre, lo Stato prevede e finanzia un fondo
perequativo per le necessità degli enti con minore capacità contributiva
(fiscale) per abitante; detto fondo è utilizzabile con margini di manovra
abbastanza liberi per lo Stato, in quanto non è sottoposto ad alcun vincolo di
destinazione (comma 3).
Le risorse degli enti locali, comunque, possono derivare anche dalla gestione e
dallo sfruttamento del loro patrimonio, attribuito secondo i principi generali
fissati con legge dello Stato, nonché dal ricorso all’indebitamento, che tuttavia è
possibile solo per finanziare le spese di investimento, e che va effettuato senza
garanzie dello Stato sui prestiti stipulati (comma 6).
B) La L. 5 maggio 2009, n. 42
Come anticipato, l’art. 119 Cost., nella nuova formulazione introdotta dalla L.
cost. 3/2001, attribuisce a Regioni ed enti locali autonomia finanziaria di entrata
e di spesa, partendo dal presupposto che, in un sistema pubblico articolato, ogni
livello di governo deve poter disporre di risorse finanziarie sottoposte al proprio
autonomo controllo e necessarie allo svolgimento delle funzioni che sono di sua
esclusiva competenza (cosiddetto principio del parallelismo tra le funzioni
esercitate dall’ente e le risorse di cui dispone per esercitare tali funzioni).
Al fine di favorire la piena attuazione di tali principi, con L. 5 maggio 2009,
n. 42, il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare una serie di decreti
legislativi in materia di federalismo fiscale, indicando nel contempo i principi
fondamentali a cui tali decreti devono attenersi.
Si noti, tuttavia, che tali scadenze non sono state del tutto
rispettate e che ad oggi solo in alcuni casi si è giunti
all’approvazione e alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei
relativi decreti.
Finora sono stati approvati otto decreti legislativi attuativi della L. 42/2009:
metropolitane e Province);
il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo
fiscale municipale);
61/2012).
C) Il T.U.E.L.
È interessante notare che molti dei principi ispiratori della legge sul federalismo
fiscale erano già contenuti nel D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico Enti Locali, d’ora in
poi T.U.E.L.). L’art. 149 T.U.E.L., infatti, riconosce a Comuni e Province,
nell’ambito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di
risorse proprie e trasferite. Inoltre, la legge assicura agli enti locali potestà
impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe, con
conseguente adeguamento della legislazione tributaria vigente. Lo stesso
articolo afferma che la finanza dei Comuni e delle Province è costituita da:
imposte proprie;
trasferimenti erariali;
trasferimenti regionali;
tasse e diritti per servizi pubblici;
altre entrate proprie, anche patrimoniali;
risorse per investimenti;
altre entrate.
2 LA POTESTÀ REGOLAMENTARE
soggetti passivi;
aliquota massima.
Per ogni altro aspetto non disciplinato dal regolamento, troveranno applicazione
le disposizioni di legge vigenti.
I regolamenti sono approvati con deliberazione (del Consiglio) entro il termine
di approvazione del bilancio di previsione ed hanno effetto dal 1° gennaio
dell’anno di riferimento (art. 53, comma 16, L. 388/2000).
Inoltre, devono essere comunicati, insieme alla relativa delibera, al Ministero
dell’Economia e delle Finanze entro 30 giorni dalla data in cui sono divenuti
esecutivi e devono essere resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale.
Il Ministero può impugnare i regolamenti, per vizi di legittimità, davanti agli
organi della giustizia amministrativa (il TAR).
Dal 2007 (L. 296/2006), per il rispetto del patto di stabilità sono
imposti determinati risultati sui saldi finanziari corrispondenti alla
differenza tra entrate finali (primi quattro titoli di bilancio
dell’entrata) e uscite finali (primi due titoli di bilancio della
spesa); tali saldi devono essere calcolati in termini di
competenza mista, risultando pari alla somma algebrica degli
importi derivanti:
Fra gli enti locali, sono soggetti al patto di stabilità (art. 31, comma 1, L.
183/2011):
le Province.
per le Province, il 19,25% per il 2014, il 17,20% per il 2015, il 18,03% per
2014, l’8,60% per il 2015, il 9,15% per gli anni 2016, 2017 e 2018.
Il comma 6bis del medesimo art. 31, come modificato dal D.L.
192/2014, conv. in L . 11/2015, prevede la possibilità di ridurre
gli obiettivi dei Comuni che gestiscono, in quanto capofila, funzioni
e servizi in forma associata e, contemporaneamente, di
aumentare gli obiettivi dei Comuni associati non capofila.
Il D.L. 19 Giugno 2015, n. 78, (cd. decreto enti locali), conv. in
L. 6 agosto 2015, n. 125, è di recente intervenuto per tenere
conto, ad esempio, dei maggiori oneri connessi ad eventi
calamitosi o alla messa in sicurezza degli edifici scolastici e del
territorio, nonché delle spese sostenute dai Comuni capofila,
attribuendo i seguenti spazi finanziari: 10 milioni di euro per le
spese per eventi calamitosi; 40 milioni di euro per le spese per
messa in sicurezza degli edifici scolastici e del territorio; 30
milioni di euro per le spese sostenute nell’esercizio delle funzioni
di ente capofila (art. 1, comma 2).
Si noti che, per ciascuno degli anni 2015-2018, gli obiettivi del
patto per i singoli Comuni sono stati approvati in sede di
Conferenza Stato-città ed autonomie locali del 19 febbraio 2015 ed
indicati nella tabella 1 allegata al D.L. 78/2015, conv. in L.
125/2015. Tali obiettivi vanno ridotti di un importo pari
all’accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato
nel bilancio di previsione di ciascun anno di riferimento.
Al fine di consentire il costante monitoraggio del rispetto dei vincoli del patto
di stabilità, gli enti locali devono inviare semestralmente alla Ragioneria
generale dello Stato le informazioni utili all’individuazione del saldo, in termini di
competenza mista, conseguito nell’anno di riferimento.
non può impegnare spese correnti in misura superiore alla media annua
dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio;
l’inadempienza.
Glossario
SOMMARIO
La revisione del sistema dei tributi comunali costituisce uno dei tasselli
fondamentali della riforma federalista avviata dalla L. 42/2009, in quanto nelle
intenzioni del legislatore dovrebbe consentire di attribuire ai Comuni un’effettiva
autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
Un primo passo importante in tale direzione è stato compiuto con
l’approvazione del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, sul cd. federalismo fiscale
municipale, destinato ad incidere profondamente sul sistema impositivo dei
Comuni. Nella sua impostazione originaria, la riforma disegnata dal suddetto
decreto prevedeva due fasi temporali.
In una prima fase, a partire dal 2011, il decreto disponeva l’attribuzione ai
Comuni del 30% del gettito delle imposte relative ai trasferimenti
immobiliari (imposta di registro, imposte ipotecarie e catastali, tributi speciali
catastali e tassa ipotecaria), limitatamente agli immobili ubicati nel loro
territorio, nonché l’intero gettito dell’IRPEF relativa ai redditi fondiari (con
esclusione del reddito agrario) e dell’imposta di registro e di bollo sui
contratti di locazione relativi ad immobili (art. 2, commi 1 e 2).
In una seconda fase, a partire dal 2014, era prevista l’istituzione di:
potrà sostituire uno o più dei seguenti tributi: Tosap, Cosap, imposta
comunale sulla pubblicità, diritti sulle pubbliche affissioni, canone per
imposta.
L’attuale assetto del sistema impositivo degli enti locali, descritto nei paragrafi
successivi, è dunque il risultato della profonda riforma operata dal D.Lgs.
23/2011 e delle successive e sostanziali modifiche apportate dal legislatore.
D/5);
previdenza agricola.
agricola.
Soggetto passivo è colui che dispone del mezzo attraverso il quale viene
diffuso il messaggio pubblicitario; colui che produce o vende la merce o
fornisce i servizi oggetto della pubblicità, tuttavia, è solidalmente obbligato al
pagamento dell’imposta.
In ordine alle modalità di applicazione, l’art. 7 del decreto citato stabilisce che
l’imposta viene determinata in base alla superficie della minima figura
geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario, indipendentemente dal
numero di messaggi in esso contenuti.
Ai sensi dell’art. 3 il Consiglio comunale è tenuto ad adottare apposito
regolamento per l’applicazione dell’imposta sulla pubblicità e per l’effettuazione
del servizio delle pubbliche affissioni.
Le tariffe sono deliberate entro il 31 marzo di ogni anno e, in deroga allo
Statuto del contribuente, si applicano a decorrere dal 1° gennaio del medesimo
anno (art. 10 L. 448/2001). In caso di mancata adozione della delibera di
modificazione delle tariffe, queste si intendono automaticamente prorogate.
dell’edilizia scolastica.
La TOSAP avrebbe dovuto essere abolita dal 1° gennaio 1999 (art. 51 D.Lgs.
446/1997) ma l’art. 31 della L. 448/1998 ha soppresso la disposizione
abrogativa. Di conseguenza, Comuni e Province possono continuare ad applicare
tale tributo oppure decidere di istituire, con apposito regolamento, un canone
di natura corrispettiva (COSAP) e che presenta numerose analogie con la
TOSAP. Il pagamento è dovuto dal titolare della concessione ed è determinato
in base a tariffa nel medesimo atto di concessione. L’art. 63 D.Lgs. 446/1997
detta, inoltre, i criteri cui deve uniformarsi il regolamento.
Anche la TOSAP e il COSAP, a partire dal 2016, potranno essere sostituiti
dall’imposta municipale secondaria (D.Lgs. 23/2011).
I) L’addizionale IRPEF
anno e che non può superare lo 0,8% (art. 1, comma 142, L. 296/2006).
L’art. 2, comma 11 della Finanziaria 2004 (come modificato dal D.L. 80/2004) ha
istituito un’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sulle
aeromobili. L’addizionale, che non si applica ai passeggeri in transito negli scali
aeroportuali nazionali, se provenienti da scali domestici (D.L. 145/2013, conv. in
L. 4/2014), è versata all’entrata del bilancio dello Stato, per la successiva
riassegnazione per la parte eccedente 30 milioni di euro in un apposito fondo
istituito presso il Ministero dell’Interno e ripartito sulla base del rispettivo
traffico aeroportuale secondo i seguenti criteri:
a. il 40 per cento del totale a favore dei Comuni del sedime aeroportuale o
ferroviarie.
A) Premessa
Ai sensi del D.Lgs. 68/2011, dal 2012 l’imposta sulle assicurazioni RCA (il
cui gettito è attribuito alle Province sin dal 1999) diviene tributo proprio delle
Province. L’aliquota, pari al 12,5%, può essere aumentata o diminuita in misura
non superiore a 3,5 punti percentuali.
Glossario
SOMMARIO
1 INTRODUZIONE
Il nuovo piano dei conti degli enti locali, di cui all’allegato 6/1 del D.Lgs.
118/2011, come modificato dal D.Lgs. 126/2014, suddivide invece i
trasferimenti nelle seguenti cinque categorie:
2 LE ENTRATE DA TRASFERIMENTI
statale;
con il comma 11, infine, si stabilisce che l’ammontare
nel triennio.
Già intorno alla metà degli anni ’90, tuttavia, la necessità di ridurre
gradualmente gli oneri a carico del bilancio dello Stato aveva spinto il
legislatore (art. 1, comma 175, della L. 662/1996) a disporre la revisione
dell’intero sistema dei trasferimenti erariali. Alla delega contenuta nel
collegato alla Finanziaria 1997 aveva dato attuazione il D.Lgs. 244/1997. Il
nuovo sistema dei trasferimenti erariali doveva entrare in funzione
contestualmente all’applicazione della nuova disciplina dei tributi locali di cui al
D.Lgs. 446/1997 e, dunque, dal 1° gennaio 1999, ma le Finanziarie successive ne
hanno rinviato l’applicazione di anno in anno. La revisione dell’art. 119 della
Costituzione ad opera della L. cost. 3/2001 e la conseguente approvazione della
L. 42/2009, attuativa del federalismo fiscale, hanno dunque reso obsoleta la
nuova disciplina ancor prima che entrasse in vigore, prevedendo, come visto in
precedenza, la graduale soppressione dei trasferimenti statali diretti al
finanziamento delle funzioni fondamentali degli enti locali.
C) I fondi europei
Negli ultimi anni il peso relativo dei fondi europei sul totale delle entrate di
Regioni ed enti locali è aumentato notevolmente, anche in relazione alla
crescente attenzione che l’Unione europea ha dedicato ai problemi di
integrazione economica e sociale delle differenti aree che la compongono e
all’intensificarsi dei divari esistenti tra tali aree conseguente all’adesione di
nuovi Stati.
integrazione europea.
Gli altri strumenti finanziari (non rientranti nella categoria dei fondi strutturali)
messi a disposizione dall’Unione europea sono:
3 LE ENTRATE EXTRA-TRIBUTARIE
Il D.P.R. 194/1996 (Regolamento per l’approvazione dei modelli di cui all’art. 114
del D.Lgs. 77/1995) distingueva le entrate extra-tributarie degli enti locali nelle
seguenti 5 categorie:
Gli schemi di bilancio previsti dal D.Lgs. 118/2011, come modificato dal
D.Lgs. 126/2014, e relativi al nuovo ordinamento contabile degli enti locali, di
cui si dirà ampiamente in seguito, si rifanno nella sostanza alla classificazione
delle entrate extra-tributarie prevista dal D.P.R. 194/1996, introducendo, tuttavia,
alcune rilevanti novità. In particolare, l’allegato 9 al suddetto decreto suddivide
tali entrate nelle seguenti cinque categorie:
Tra i servizi del primo tipo rientrano il servizio idrico integrato, il servizio del
gas metano, il servizio di distribuzione dell’energia elettrica, le farmacie
comunali e le centrali del latte.
Quelli del secondo tipo, invece, includono le attività gestite direttamente
dall’ente su richiesta del cliente (non quindi per obbligo istituzionale); si tratta
di attività quali ad es.: asili nido, alberghi diurni, mense etc. individuate dal D.L.
55/1983 convertito nella L. 131/1983 e dal D.M. 31-12-1983.
Fra le entrate dei servizi a carattere produttivo rivestono particolare
importanza i proventi derivanti dalla gestione del servizio idrico integrato,
istituito dalla L. 36/1994 (legge Galli) e definito come l’insieme dei servizi
pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua a usi civili, di
fognatura e di depurazione delle acque reflue. La suddetta legge è stata poi
abrogata dal Testo Unico Ambiente (D.Lgs. 152/2006), che ha
sostanzialmente riproposto il suo contenuto nella sezione III della Parte III,
intitolata «Gestione delle risorse idriche».
L’art. 154 del decreto, come modificato dal D.L. 133/2014, conv. in L.
164/2014, stabilisce i criteri di determinazione della tariffa del servizio
idrico integrato, che tengono conto dei seguenti elementi:
la qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli
adeguamenti necessari;
l’entità dei costi di gestione delle opere e delle aree di salvaguardia;
Per quanto riguarda, invece, i servizi a domanda individuale, l’art. 243 del
T.U.E.L. pone una serie di obblighi a carico degli enti locali che si trovano in
condizioni strutturalmente deficitarie (che presentano, cioè, gravi ed
incontrovertibili condizioni di squilibrio). Essi devono dimostrare che il costo
complessivo della gestione dei servizi a domanda individuale sia stato coperto
con i proventi tariffari e i contributi finalizzati in misura non inferiore al 36%.
Agli enti strutturalmente deficitari che non rispettino questo livello minimo di
copertura dei costi di gestione è applicata una sanzione pari all’1% delle
entrate correnti risultanti dal certificato di bilancio del penultimo esercizio
finanziario.
Fra le entrate derivanti dalla vendita e dalla gestione dei beni rientrano,
ad esempio, i proventi derivanti dalla vendita di beni di consumo generici, di
medicinali e di altri beni di consumo di tipo sanitario, quelli relativi a canoni,
concessioni e diritti reali di godimento concessi dall’ente locale (come
l’eventuale canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche), i fitti di terreni
e le locazioni di altri beni mobili e immobili.
Fra i proventi derivanti dall’attività di controllo e repressione delle
irregolarità e degli illeciti rientrano, in particolare, le entrate derivanti da
multe, ammende e sanzioni a carico delle famiglie, delle imprese e delle altre
amministrazioni pubbliche.
Nella categoria degli interessi attivi sono compresi gli interessi da titoli o
finanziamenti a breve, medio e lungo termine.
Fra le altre entrate da redditi da capitale vanno registrati i rendimenti attivi
da fondi immobiliari o da fondi comuni di investimento, le entrate derivanti
dalla distribuzione di dividendi e di utili e i proventi derivanti dall’estinzione
anticipata di prestiti.
Infine, nella categoria rimborsi e altre entrate correnti rientrano una serie di
voci residuali quali, ad esempio, gli indennizzi di assicurazione e i rimborsi di
imposte.
Glossario
SOMMARIO
INTRODUZIONE
Sezione Prima
L’ordinamento contabile previgente
A) Il D.Lgs. 77/1995
Gli elementi più innovativi del decreto legislativo possono essere così
sintetizzati:
una nuova articolazione del bilancio di previsione, più snello e più leggibile,
con cui il Consiglio fissa gli orientamenti ed i programmi;
l’introduzione del piano esecutivo di gestione (PEG), con cui la Giunta (per
la L. 142/1990;
il D.Lgs. 77/1995 e successive modifiche;
la L. 127/1997 (cd. Bassanini bis).
gestione provvisoria;
bilancio pluriennale;
gestione delle entrate e delle spese;
risultati di amministrazione;
mantenimento degli equilibri di bilancio;
finanziamento mediante indebitamento.
Uno dei meriti del D.Lgs. 77/1995 è quello di aver reso più precisa la
contabilità finanziaria. L’aspetto positivo della nuova impostazione è che i
risultati economico-patrimoniali realizzati con la gestione potrebbero al limite
essere ricavati con l’ausilio delle sole scritture finanziarie, in quanto il divario
normalmente esistente tra i valori della contabilità finanziaria e quelli della
contabilità generale è stato eliminato per effetto del rigore e della precisione
con cui, come abbiamo detto, sono stati definiti i nuovi concetti di impegno e di
accertamento. Ciò ha fatto sì che gli accertamenti e gli impegni di parte
corrente rilevino crediti e debiti effettivi e, come tali, diventino valori
rappresentativi dei ricavi e dei costi di periodo, allorché rettificati e integrati
con le operazioni di assestamento di fine esercizio. Praticamente nel nuovo
sistema contabile il criterio della competenza finanziaria (accertamento-
impegno) si avvicina fortemente a quello della competenza economica (ricavi-
costi) e generalmente si sovrappone al criterio della competenza patrimoniale
(crediti-debiti).
L’art. 150 del T.U.E.L. chiarisce che l’ambito di applicazione della norma
riguarda:
finanziario.
in armonia con le disposizioni del Testo Unico e delle altre leggi vigenti;
le modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle
5 IL SERVIZIO ECONOMICO-FINANZIARIO
L’art. 153 del T.U.E.L. è dedicato alla disciplina del servizio economico-
finanziario (denominato anche servizio di ragioneria) cui è affidata la
fondamentale funzione di garante dell’equilibrio economico-finanziario.
Ai sensi dell’art. 153, comma 7, del T.U.E.L. ogni ente è tenuto ad istituire un
servizio economato per la gestione delle minute spese di ufficio e di
manutenzione. Il responsabile di tale servizio, lì dove le dimensioni dell’ente lo
consentano, andrebbe individuato in un soggetto distinto dal responsabile del
servizio finanziario. L’economo deve redigere il proprio conto evidenziando le
riscossioni per anticipazioni e rimborsi e i pagamenti per spese di non rilevante
ammontare.
Sezione Seconda
Il nuovo ordinamento contabile
Le Regioni e gli enti locali, nonché i loro enti strumentali, devono conformare la
propria gestione ai principi contabili generali, contenuti nell’allegato 1 al
D.Lgs. 118/2011, ed ai principi contabili applicati (cfr. §3), indicati nell’art. 3
del decreto stesso.
unitaria, per cui devono essere unici e unitari il suo bilancio di previsione,
bilancio;
integrità: tutte le entrate devono essere iscritte in bilancio al lordo delle
spese ad esse connesse (es. spese di riscossione), come pure tutte le
spese debbono essere iscritte per il loro importo integrale, senza alcuna
riduzione collegata alle entrate ad esse pertinenti;
veridicità, attendibilità, correttezza e comprensibilità: le previsioni di
governo;
congruità: tale principio richiede che i mezzi disponibili siano adeguati
rispetto ai fini stabiliti;
rispetto ai principi indicati dall’art. 162 del T.U.E.L. prima delle modifiche
apportate dal D.Lgs. 126/2014. Fra tali principi rientrava, infatti il
di rendicontazione;
competenza finanziaria: le obbligazioni attive e passive giuridicamente
perfezionate devono essere registrate nelle scritture contabili nel
prevede che gli enti destinatari della riforma stessa (ad eccezione di quelli
contabilizzazione formale.
L’art. 3 del D.Lgs 118/2011 dispone che Regioni ed enti locali conformino la
propria gestione, oltre che ai principi contabili generali di cui sopra, anche a
quattro principi contabili applicati (allegato 4/1).
triennale;
consentire una lettura non solo contabile dei documenti di
rappresentare con chiarezza non solo gli effetti contabili delle decisioni
assunte ma anche la loro coerenza con il programma politico, con il
quadro economico-finanziario e con i vincoli di finanza pubblica.
entro il 15 novembre;
il piano esecutivo di gestione e delle performances, approvato dalla Giunta
le variazioni di bilancio.
L’articolo 2 del D.Lgs. 118/2011 prevede, per gli enti in contabilità finanziaria,
l’adozione di un sistema contabile integrato che garantisca la rilevazione
unitaria dei fatti gestionali sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo
economico-patrimoniale.
il processo di programmazione;
aziende e società;
Secondo quanto stabilito dall’art. 11bis del D.Lgs. 118/2011, i Comuni devono
redigere un bilancio consolidato (cfr. Cap. 8, Sez. II, §5) che rappresenti in
modo veritiero e corretto la situazione finanziaria e patrimoniale e il risultato
economico dell’attività complessiva svolta dall’ente attraverso le proprie
articolazioni organizzative, i suoi enti strumentali e le sue società controllate e
partecipate (il cd. gruppo amministrazione pubblica).
Il bilancio consolidato è composto dal conto economico consolidato e dallo
stato patrimoniale consolidato e ad esso vanno allegati la relazione sulla
gestione consolidata (comprensiva della nota integrativa) e la relazione del
collegio dei revisori.
L’art. 11 del D.Lgs. 118/2011 (come modificato dal D.Lgs. 126/2014) dispone
che Regioni ed enti locali adottino comuni schemi di bilancio finanziari,
economici e patrimoniali, nonché comuni schemi di bilancio consolidato con i
propri enti e organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate e
altri organismi controllati. In particolare:
Oltre a tali documenti, gli enti interessati dalla riforma devono redigere un
rendiconto semplificato per il cittadino, da divulgare sul proprio sito internet, in
cui esporre sinteticamente i dati di bilancio (evidenziando le risorse umane,
finanziarie e strumentali utilizzate) e i risultati conseguiti, in termini di livello
di copertura e di qualità dei servizi pubblici forniti ai cittadini stessi.
a partire dal 2015 solo gli enti che nel 2014 hanno
partecipato alla fase di sperimentazione saranno tenuti ad
adottare i nuovi schemi di bilancio di cui al D.Lgs. 118/2011
normativa previgente;
nel 2015, per gli enti che nel 2014 non hanno partecipato alla
solo a decorrere dal 2016 tutti gli enti coinvolti nella riforma
Glossario
SOMMARIO
Sezione Prima
L’ordinamento contabile previgente
poi abbiamo la fase della gestione del bilancio, ove si rilevano i fatti
secondi alla redazione del conto del patrimonio (cfr. Cap. 8).
bilancio;
L’art. 46, comma 3, del T.U.E.L. dispone che, entro il termine fissato dallo
Statuto, il sindaco o il presidente della provincia, sentita la Giunta, presenta al
Consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare
nel corso del mandato; si tratta di quello che la dottrina ha definito il
«programma di mandato» o «programma di legislatura», vale a dire un
documento che, seppure libero nella forma, deve specificare le linee
programmatiche dell’azione di governo relative a tutta la durata del mandato
elettivo (5 anni).
investimento;
copertura;
interno.
risorse, che indicano i singoli mezzi finanziari (es. IMU, TOSAP ecc.). Per
ciascuna risorsa (righe) sono indicati (colonne):
gli accertamenti risultanti dall’ultimo esercizio chiuso;
le previsioni dell’esercizio in corso e quelle degli esercizi successivi.
distribuiti tra gli interventi (righe) afferenti ai primi tre titoli di spesa;
5 IL BILANCIO ANNUALE
A) Caratteristiche
B) Struttura
riscossione di crediti;
titolo V: entrate per accensioni di prestiti;
titolo VI: entrate da servizi per conto di terzi. Particolarità di questo titolo
è che gli stanziamenti di entrata relativi sono ordinati esclusivamente in
capitoli.
Gli stanziamenti iscritti nei primi tre titoli costituiscono le entrate correnti,
mentre quelli iscritti nel IV e V titolo rappresentano le entrate in conto
capitale, che sono destinate al finanziamento degli investimenti.
Le categorie invece indicano la specie di entrata nell’ambito di ciascuna fonte
di provenienza (es. entrate da imposte, tasse ecc.).
Infine le risorse sono le unità elementari delle entrate e indicano i singoli
mezzi finanziari (es. IMU, TOSAP ecc.). Per ciascuna risorsa (righe) sono
indicate (per colonna):
bilancio si riferisce.
ordinaria dell’ente;
titolo II: spese in conto capitale, comprendenti gli investimenti diretti ed
indiretti, le partecipazioni azionarie, i conferimenti e le concessioni di
crediti;
titolo III: spese per rimborso di prestiti, comprendenti le quote di capitale
In alcuni casi, il Testo Unico prevede una disciplina particolare per alcuni
interventi (ad esempio, l’art. 166 disciplina il fondo di riserva). Altre volte,
invece, l’iscrizione di un particolare intervento nel bilancio è facoltativa (ma
altamente opportuna): è il caso, ad esempio, del fondo svalutazione crediti.
non inferiore allo 0,3 per cento e non superiore al 2 per cento del totale
L’art. 169 afferma che sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato
dal Consiglio, l’organo esecutivo definisce, prima dell’inizio dell’esercizio, il
piano esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando
gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi.
Il piano esecutivo di gestione (PEG) è una delle più importanti novità introdotte
dal D.Lgs. 77/1995 e costituisce un fondamentale strumento per la gestione
dell’ente, in quanto deve esplicitare le scelte contenute nel bilancio di previsione
rendendole più nitide, realizzabili e specifiche.
Si attua in tal modo pienamente la separazione fra l’attività di programmazione
(che spetta all’organo consiliare grazie al bilancio di previsione) e l’attività di
indirizzo (di competenza dell’esecutivo che la esercita appunto tramite il PEG)
da una parte, e l’effettiva gestione che ormai è di esclusiva competenza dei
dirigenti/responsabili.
È questo il motivo per cui il piano ha un’articolazione più estesa rispetto al
bilancio e prevede la seguente ulteriore specificazione:
Il piano esecutivo di gestione può essere poi modificato dalla Giunta entro il
15 dicembre di ogni anno (art. 175, comma 9, T.U.E.L.).
C) Fase preparatoria
Sulla base del bilancio della gestione corrente, il servizio finanziario, con
congruo anticipo rispetto alla data in cui deve essere approvato il bilancio,
procede ad una valutazione di quanto potranno produrre i diversi cespiti
afferenti ai primi tre titoli di entrata. In tale sede bisogna prendere in
considerazione anche la delibera relativa alle tariffe dei servizi a domanda
individuale.
L’organo esecutivo, sulla base delle disponibilità finanziarie, definisce i
programmi/progetti che con esse si possono realizzare, assegna gli obiettivi ai
vari responsabili per i servizi e contemporaneamente attribuisce loro le risorse
necessarie. La suddetta attribuzione di fondi segna il passaggio delle
consegne dall’amministratore al funzionario, in attuazione del principio della
ripartizione tra funzioni di indirizzo e controllo, spettanti agli organi politici, e le
competenze gestionali, che la riforma del pubblico impiego (D.Lgs. 29/1993, poi
abrogato e sostituito dal D.Lgs. 165/2001) invece attribuisce alla dirigenza.
Inoltre, la Giunta provvede a distribuire il complesso dei mezzi finanziari tra le
varie articolazioni del PEG (servizio elementare, centro di costo e servizio
complesso) in proporzione alla loro capacità di assorbire risorse finanziarie nel
corso dell’esercizio. Il servizio ragioneria, una volta definito nei termini visti lo
schema di PEG, può con estrema semplicità redigere per sintesi, mediante
l’aggregazione dei servizi elementari in centri di costo e di questi ultimi in
servizi complessi, lo schema di bilancio preventivo da sottoporre al Consiglio.
Questo documento contabile dovrà comunque essere pronto circa trenta giorni
prima della scadenza del termine, in modo tale da permettere all’organo politico
di predisporre i necessari aggiustamenti e all’organo di revisione economico-
finanziaria di esprimere il parere sulla proposta di bilancio. Qualora in sede di
approvazione del bilancio il Consiglio dell’ente decida di variare alcuni
stanziamenti, di ciò si dovrà tenere conto per apportare gli opportuni
aggiustamenti anche allo schema di PEG, che sarà successivamente approvato
dall’esecutivo.
bilancio e dei programmi e dei progetti, anche tenuto conto del parere
espresso dal responsabile del servizio (art. 239 T.U.E.L.);
prezzi di cessione;
il programma triennale dei lavori pubblici (di cui al D.Lgs. 163/2006).
del bilancio anche l’elenco annuale dei lavori pubblici: con esso si
individuano le priorità dei lavori e si indicano i mezzi finanziari stanziati
nel bilancio;
le deliberazioni con le quali sono determinate, per l’esercizio successivo
approvazione del bilancio (art. 53, comma 16); tariffe e prezzi, comunque,
incrementi di costo;
aggregati rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità (art. 77bis D.L.
112/2008);
il programma triennale del fabbisogno del personale;
la nota informativa degli oneri e degli impegni finanziari derivanti da
A) Approvazione
Una volta che lo schema del bilancio annuale e i suoi allegati sono stati
predisposti dalla Giunta comunale, questi devono essere presentati al Consiglio
comunale, unitamente alla relazione dell’organo di revisione, entro il termine
previsto dal Regolamento di contabilità, nel quale, altresì, dovranno essere
individuate le modalità e i termini di presentazione degli emendamenti da parte
dei Consiglieri.
Il bilancio è deliberato dal Consiglio comunale entro il 31 dicembre
dell’anno precedente quello cui si riferisce ma tale termine può essere differito
in presenza di motivate esigenze.
L’art. 161 del Testo Unico, inoltre, fa obbligo agli enti locali di redigere apposite
certificazioni di bilancio. Il certificato al bilancio, firmato dal responsabile del
servizio finanziario e dal segretario e sottoscritto dall’organo di revisione
economico-finanziaria, viene da quest’ultimo inviato, in originale e cinque copie
autenticate, all’Ufficio territoriale del Governo. La mancata presentazione del
certificato comporta, per l’ente locale, la sospensione dell’ultima rata del
contributo ordinario.
B) Esercizio provvisorio
Sezione Seconda
Il nuovo ordinamento contabile
Il DUP è composto da due sezioni (art. 151 T.U.E.L., come modificato dal
D.Lgs. 126/2014): la Sezione Strategica (SeS), che ha un orizzonte temporale
pari a quello del mandato amministrativo, e la Sezione Operativa (SeO), il cui
orizzonte coincide con quello del bilancio di previsione.
Ogni anno occorre verificare lo stato di attuazione degli obiettivi strategici che,
se necessario e dandone adeguata motivazione, possono essere opportunamente
riformulati.
La SeO è quella sezione del DUP in cui vengono definiti gli strumenti
operativi che si intendono utilizzare per conseguire gli obiettivi strategici
definiti nella SeS.
In particolare, essa definisce, per ogni singola missione, i programmi da
realizzare per conseguire gli obiettivi strategici della SeS, e per ogni singolo
programma, gli obiettivi operativi annuali da rispettare. La SeO copre un periodo
pari a quello del bilancio di previsione ed è redatta per competenza, con
riferimento all’intero periodo considerato, e per cassa, con riferimento al primo
esercizio.
una Parte I, in cui sono descritte le motivazioni alla base delle scelte
programmatiche effettuate (anche con riferimento all’eventuale gruppo
amministrazione pubblica) e sono definiti i singoli programmi da
realizzare.
Per ogni programma devono essere definite le finalità e gli obiettivi
A Definizione e funzioni
L’art. 162 del T.U.E.L., dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. 126/2014,
stabilisce che gli enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione
finanziario riferito ad almeno un triennio, comprendente le previsioni di
competenza e di cassa del primo esercizio e le previsioni di competenza degli
esercizi successivi, nel rispetto dei principi contabili generali e applicati di cui
al D.Lgs. 118/2011. Le previsioni riguardanti il primo esercizio costituiscono il
bilancio di previsione finanziario annuale.
Secondo quanto previsto dal nuovo comma 2 dell’art. 164 T.U.E.L., il bilancio di
previsione ha carattere autorizzatorio, costituendo limite, per ciascuno degli
esercizi considerati:
B La struttura
tipologia
Imposte, tasse e proventi assimiliati
101
tipologia
Compartecipazioni di tributi
104
tipologia
Fondi perequativi da Amministrazioni centrali
301
tipologia
Fondi perequativi dalla Regione o Provincia autonoma
302
tipologia
Trasferimenti correnti da Amministrazioni pubbliche
101
tipologia
Trasferimenti correnti da famiglie
102
tipologia
Trasferimenti correnti da imprese
103
tipologia
Trasferimenti correnti da Istituzioni sociali private
104
tipologia
Altre entrate da redditi da capitale
400
tipologia
Rimborsi e altre entrate correnti
500
tipologia
Tributi in conto capitale
100
tipologia
Contributi agli investimenti
200
tipologia
Altri trasferimenti in conto capitale
300
tipologia
Entrate da alienazione di beni materiali e immateriali
400
tipologia
Altre entrate in conto capitale
500
tipologia
Alienazione di attività finanziarie
100
tipologia
Riscossione crediti di breve termine
200
tipologia
Riscossione di crediti di medio-lungo termine
300
tipologia
Altre entrate per riduzione di attività finanziarie
400
tipologia
Emissione di titoli obbligazionari
100
tipologia
Accensione prestiti a breve termine
200
tipologia
Accensione mutui e altri finanziamenti a medio-lungo termine
300
tipologia
Altre forme di indebitamento
400
tipologia
Anticipazioni da istituto tesoriere/cassiere
100
tipologia
Entrate per partite di giro
100
tipologia
Entrate per conto terzi
200
Ai fini della gestione, nel piano esecutivo di gestione (cfr. §3) le
tipologie sono a loro volta classificate in categorie, capitoli ed
eventualmente articoli, secondo la natura dell’oggetto. L’elenco
completo dei titoli, delle tipologie e delle categorie di entrata degli
enti locali è contenuto nell’allegato 13/2 al D.Lgs. 118/2011.
esse destinate;
programmi, che rappresentano gli aggregati omogenei di attività volte a
MISSIONI DI SPESA
Missione 2 Giustizia
spese per le quali non sia venuta a scadere nello stesso esercizio
finanziario la relativa obbligazione giuridica. In particolare, per
In bilancio, prima di tutte le entrate e le spese, sono iscritti (art. 165, comma
7, T.U.E.L.):
precedente.
riferisce;
bilancio;
competenza finanziaria;
residui.
per titoli;
il prospetto degli equilibri di bilancio, che consente di verificare la
L’allegato 4/1 al D.Lgs. 118/2011 prevede che entro il 15 novembre di ogni anno
la Giunta approva lo schema della delibera di approvazione del bilancio di
previsione finanziario relativa almeno al triennio successivo, da sottoporre al
Consiglio, cui trasmette contestualmente, a solo scopo conoscitivo, anche la
proposta di articolazione delle tipologie di entrata in categorie e dei programmi
di spesa in macroaggregati; entro il 31 dicembre il Consiglio approva il bilancio
Si noti che il suddetto termine può essere differito, in presenza di motivate
esigenze, con decreto del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro
dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie
locali. Il termine per la presentazione del bilancio di previsione 2015 è stato
differito al 30 luglio 2015 dal D.M. 13 maggio 2015.
Qualora il Consiglio non approvi il bilancio entro la suddetta data, il nuovo
comma 1 dell’art. 163 T.U.E.L. dispone che la gestione finanziaria dell’ente si
svolga nel rispetto dei principi applicati della contabilità finanziaria riguardanti
l’esercizio provvisorio o la gestione provvisoria (di cui all’allegato 4/2 al D.Lgs.
118/2011).
L’esercizio provvisorio può essere autorizzato con legge o con il decreto del
Ministro dell’interno che, secondo quanto previsto dall’art. 151 T.U.E.L., in
presenza di motivate esigenze differisce il termine di approvazione del bilancio,
d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza
Stato-città e autonomie locali (così il nuovo comma 3 dell’art. 163 T.U.E.L.).
Nel caso in cui il bilancio non sia stato approvato entro il 31 dicembre e,
tuttavia, non sia stato autorizzato l’esercizio provvisorio (o nel caso in cui
l’ente non abbia rispettato neanche il termine differito stabilito dal decreto
ministeriale di cui sopra), è consentita esclusivamente una gestione
provvisoria nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell’ultimo
bilancio approvato per l’esercizio cui si riferisce la gestione provvisoria (art.
163, comma 2, T.U.E.L.).
e certi.
D) I documenti da allegare
esigibilità;
il prospetto dimostrativo del rispetto dei vincoli di indebitamento.
dalle Regioni;
variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali,
nonché, per i servizi a domanda individuale, i tassi percentuali di copertura
del costo di gestione dei servizi stessi;
la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà
A) Definizione e funzioni
B) La struttura
C La procedura di approvazione
Il T.U.E.L. (art. 169) dispone che la Giunta deliberi il PEG entro venti giorni
dall’approvazione del bilancio di previsione (comma 1).
L’art. 18bis del D.Lgs. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. 126/2014, dispone che
al bilancio di previsione venga allegato anche il piano degli indicatori e dei
risultati attesi di bilancio, costruito sulla base di un sistema comune di
indicatori di risultato da definirsi con decreto del Ministro dell’interno e la cui
redazione sarà obbligatoria a decorrere dall’esercizio successivo all’emanazione
del suddetto decreto.
In riferimento a ciascun programma, il piano indica gli obiettivi che l’ente
intende realizzare nel triennio di riferimento del bilancio di previsione. Il piano è
aggiornato annualmente, in relazione all’individuazione di nuovi obiettivi e per
scorrimento (allegato 4/1 al D.Lgs. 118/2011).
Glossario
SOMMARIO
Gli artt. 178-198 (Titolo III della Parte Seconda del T.U.E.L.) sono interamente
dedicati alla gestione del bilancio.
Va subito notato che tutti gli atti di gestione sono di competenza dei dirigenti
o (nei Comuni privi di personale con tale qualifica) dei responsabili dei
servizi, nel rispetto del principio di separazione fra attività di indirizzo e
attività di gestione.
Si noti, inoltre, che il D.Lgs. 126/2014 ha modificato molti degli articoli del
T.U.E.L relativi alla gestione del bilancio, al fine di adeguarne la normativa ai
principi contabili generali e applicati di cui al D.Lgs. 118/2011 e, in particolare,
al cd. principio della competenza finanziaria potenziata.
l’accertamento;
la riscossione;
il versamento.
A) L’accertamento
B) La riscossione
La riscossione (art. 180 T.U.E.L., come modificato dal D.Lgs. 126/2014) è
quella fase dell’entrata attraverso la quale i soggetti legittimati introitano
materialmente le somme accertate previa emissione di ordinativo di incasso,
sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario o da altro dipendente
individuato dal Regolamento di contabilità.
il tesoriere;
gli incaricati interni, come ad esempio il personale opportunamente
il debitore;
l’ammontare da riscuotere;
la causale;
se le entrate sono riscosse «con vincolo di destinazione»;
il titolo e la tipologia distintamente per residui o competenza;
la codifica di bilancio;
il numero progressivo;
l’esercizio finanziario e la data di emissione;
la codifica SIOPE;
pubblica;
C) Il versamento
l’impegno;
la liquidazione;
l’ordinazione;
il pagamento.
A) L’impegno
L’art. 183, comma 1, del T.U.E.L., come modificato dal D.Lgs. 126/2014,
dispone che con l’impegno, «a seguito di obbligazione giuridicamente
perfezionata» sono determinati «la somma da pagare» e « il soggetto
creditore», è «indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle previsioni di
bilancio…».
Solo a questo punto la semplice previsione di spesa si trasforma in un debito
effettivo, che verrà rilevato contabilmente dopo la regolare esecuzione della
prestazione (fase della liquidazione in cui si determina la somma certa e liquida
da pagare).
Il nuovo art. 183 stabilisce che tutte le obbligazioni passive giuridicamente
perfezionate devono essere registrate nelle scritture contabili quando
l’obbligazione è perfezionata, con imputazione all’esercizio in cui viene a
scadenza, secondo le modalità previste dal principio applicato della contabilità
finanziaria di cui al D.Lgs. 118/2011. Non possono essere riferite ad un
determinato esercizio finanziario le spese per le quali non sia venuta a scadere
nello stesso esercizio la relativa obbligazione giuridica.
Gli impegni di spesa sono assunti nei limiti dei rispettivi stanziamenti di
competenza del bilancio di previsione, con imputazione agli esercizi in cui le
obbligazioni passive sono esigibili. Sia pure con alcune eccezioni, non possono
essere assunte obbligazioni che danno luogo ad impegni di spesa corrente sugli
esercizi ancora in corso o su esercizi non considerati nel bilancio.
Gli elementi costitutivi dell’impegno sono (allegato 4/2 al D.Lgs. 118/2011):
la scadenza dell'obbligazione;
oneri riflessi;
le rate di ammortamento, gli interessi di preammortamento e gli ulteriori
oneri accessori, nei casi in cui non si sia provveduto all'impegno
Oltre che ope legis, l’impegno può essere assunto su impulso d’ufficio
attraverso determinazioni dirigenziali. Queste ultime devono essere classificate
con sistemi di raccolta che permettono di individuare la cronologia degli atti e
l’ufficio di provenienza e sono soggette alla disciplina del visto di regolarità
contabile contenente l’attestazione di copertura finanziaria.
Il dirigente, quindi, attraverso le determinazioni assume gli impegni di spesa in
attuazione dei programmi stabiliti con il P.E.G., cercando di realizzare i
corrispondenti obiettivi secondo i criteri di efficacia, efficienza ed economicità.
4 SEGUE: LA LIQUIDAZIONE
il numero progressivo;
la data di emissione;
competenza e cassa;
la codifica di bilancio;
l’indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa, del soggetto
tenuto a rilasciare quietanza, nonché il relativo codice fiscale o la partita
I.V.A.;
Gli ordini di pagamento sono disposti nei limiti dei rispettivi stanziamenti di
cassa, ad eccezione dei pagamenti riguardanti il rimborso delle anticipazioni di
tesoreria, i servizi per conto terzi e le partite di giro. Essi saranno, dunque,
emessi una volta constatata una sufficiente disponibilità di cassa.
non deve trovarsi in stato di dissesto finanziario, a meno che non sia
stato emanato il decreto di approvazione del bilancio di previsione
sanzioni amministrative per violazione del Codice della Strada (per legge,
il 50% di tali proventi devono essere destinati fra l’altro al miglioramento
6 VARIAZIONI DI BILANCIO
Gli scostamenti che alle volte si riscontrano tra i dati della programmazione e
quelli della gestione possono essere:
il frutto degli accadimenti accidentali e imprevisti che si frappongono tra i
due momenti (errori di previsione);
Qualunque sia la causa, ogni mutamento nelle traiettorie previste può rendere
inadeguato l’ammontare degli stanziamenti e, nei casi più gravi, può anche
incidere negativamente sugli equilibri di bilancio. In tali situazioni allora, avuto
riguardo alla natura autorizzatoria del bilancio, le risorse dovranno essere
ridistribuite, gli equilibri nuovamente verificati e, se necessario, ricostituiti.
Nel caso di variazioni del solo piano esecutivo di gestione si possono verificare:
variazioni della sola parte descrittiva degli obiettivi, senza che ciò
variazione della parte descrittiva del PEG, dall’altro la Giunta che invece
adotta la delibera di variazione del piano. Il servizio finanziario infine
prende atto dell’avvenuta modificazione ;
variazioni al solo livello finanziario coinvolgenti articoli di uno stesso
capitolo. In questa ipotesi il dirigente adotta determinazione contenente
Si badi che, ai sensi dell’art. 175, comma 9, del T.U.E.L. (come modificato dal
D.Lgs. 126/2014), le variazioni del piano esecutivo di gestione vanno
adottate entro il 15 dicembre di ogni anno (con alcune eccezioni indicate dal
comma 3 del medesimo articolo.
Tali variazioni sono di competenza dell’organo esecutivo (comma 5bis), con la
sola eccezione (comma 5quater) delle variazioni compensative del PEG fra
capitoli di entrata della medesima categoria e fra i capitoli di spesa del
medesimo macroaggregato, che spettano al responsabile della spesa o, in
mancanza di disciplina, al responsabile finanziario (con esclusione di quelli
riguardanti i trasferimenti correnti, i contributi agli investimenti e i
trasferimenti in conto capitale, che restano di competenza della Giunta).
per conto terzi e le partite di giro in favore di altre parti del bilancio;
l’equilibrio finanziario dei prestiti a breve (es. anticipazioni di cassa), il
quale deve sussistere sia tra le previsioni di entrata e di spesa, sia tra gli
tal fine.
A) Le segnalazioni obbligatorie
I debiti fuori bilancio sono spese assunte in maniera irregolare e cioè senza la
preventiva adozione dell’impegno di spesa: si tratta dunque di un’obbligazione
che, pur valida dal punto di vista giuridico (poiché determina l’insorgenza di un
rapporto obbligatorio in senso civilistico), risulta viziata dalla mancanza di una
previa assunzione di impegno di spesa. Per tali tipi di spese il Testo Unico ha
previsto un elenco (tassativo) di debiti che, con apposita delibera del Consiglio,
possono essere riconosciuti legittimi. La Finanziaria 2003 (L. 289/2002, art. 23)
ha inoltre previsto che la delibera di riconoscimento sia trasmessa alla procura
della Corte dei conti.
stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio (di cui all’art. 114
T.U.E.L.);
servizi pubblici locali nei limiti e nelle forme previste dal Codice Civile o
da norme speciali;
pubblica utilità.
la seconda, che si applica nei soli casi in cui lo squilibrio non sanato sia
stato causato dalla presenza di debiti fuori bilancio, comporta il divieto di
assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti
dalla legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni già
assunti nei precedenti esercizi.
Per ripianare i debiti fuori bilancio e per sanare lo squilibrio della gestione di
competenza o della gestione residui che faccia prospettare un disavanzo di
amministrazione o di gestione, in prima istanza, ove possibile, bisogna operare
tagli agli stanziamenti di spesa.
In alternativa, qualora ciò non sia praticabile, o in aggiunta, qualora ciò non sia
sufficiente, l’art. 193, comma 3 prevede la possibilità di utilizzare, per l’anno in
corso e nei due successivi, le seguenti risorse finanziarie:
Glossario
SOMMARIO
1 INTRODUZIONE
Gli enti locali, al pari delle imprese private, per poter fornire alla collettività
servizi qualificati, innovativi e veloci, devono periodicamente sostituire e
integrare gli elementi del proprio patrimonio e, quindi, devono riservare una
parte delle risorse di cui dispongono all’attività di investimento.
prestiti;
relative sanzioni;
le entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle
Regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da
In particolare, l’art. 3, comma 17, della L. 350/2003, come modificato dal D.Lgs.
118/2011, stabilisce che per gli enti locali costituiscono indebitamento
l’assunzione di mutui, l’emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni
relative a flussi futuri di entrate, a crediti e ad attività finanziarie e non
finanziarie, l’eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle
operazioni derivate di swap (cd. upfront), le operazioni di leasing finanziario
stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall’ente a seguito della
definitiva escussione della garanzia.
sia stato deliberato il bilancio annuale nel quale sono incluse le relative
previsioni;
2 L’ASSUNZIONE DI MUTUI
A) Vincoli
Nel caso dei mutui il legislatore ha posto ulteriori vincoli rispetto a quelli
generali indicati dagli artt. 202-203 del T.U.E.L. In particolare:
statali e regionali in conto interessi, non supera il 12% per il 2011, l’8%
per gli anni dal 2012 al 2014, il 10% a decorrere dal 2015, delle entrate
relative ai primi tre titoli del rendiconto del penultimo anno precedente
L’art. 5 del D.L. 16/2014, conv. in L. 68/2014, ha tuttavia stabilito che, per
favorire gli investimenti degli enti locali, per i soli anni 2014 e 2015, tali enti
possono assumere nuovi mutui ed accedere alle altre forme di finanziamento
reperibili sul mercato oltre i limiti previsti dall’art. 204 T.U.E.L., sia pure per un
importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti
obbligazionari, precedentemente contratti ed emessi, rimborsate nell’esercizio
precedente.
A quali condizioni è possibile contrarre mutui con enti non previsti dal
T.U.E.L.?
Particolari prescrizioni sono richieste per la contrazione di mutui con istituti
diversi dalla Cassa DD.PP. e dall’Istituto per il credito sportivo. Infatti
l’art. 204, comma 2, T.U.E.L. stabilisce che il contratto di assunzione deve
essere stipulato, a pena di nullità, in forma pubblica (per i contratti con la
Cassa DD.PP., a seguito del D.M. 6 ottobre 2004 non è più prevista la forma
pubblica) e deve contenere le seguenti clausole e condizioni:
le norme vigenti;
Gli enti locali (nonché i loro Consorzi e Aziende) possono assumere mutui con i
seguenti enti:
Già dal 1990 (D.L. 310/1990 convertito in L. 403/1990) non sussiste più
l’obbligo per gli enti locali di rivolgersi in via preventiva alla Cassa
DD.PP. per la concessione di mutui: è sufficiente che l’ente locale indica una
gara ad evidenza pubblica e che, al termine di essa, confronti i risultati della
gara con le condizioni (durata e tasso d’interesse) praticate dalla Cassa.
una gestione separata, che beneficia della garanzia dello Stato sulla
lo Stato;
le Regioni;
gli enti locali;
contratto).
3 I PRESTITI OBBLIGAZIONARI
disavanzo di amministrazione;
l’ultimo rendiconto della gestione, corredato dalla relazione illustrativa
dell’esecutivo, deve essere certificato dall’organo di revisione economico-
finanziaria;
L’art. 37 della L. 724/1994 ammette che anche gli enti dissestati procedano
all’emissione di prestiti obbligazionari, purché:
speciali, nonché gli eventuali disavanzi dei consorzi per la quota a carico
del singolo ente locale interessato.
La durata del prestito obbligazionario non può essere inferiore a cinque anni e
il rendimento effettivo lordo per i sottoscrittori non deve essere superiore, al
momento dell’emissione, al rendimento lordo dei titoli di Stato di pari durata
emessi nel mese precedente, maggiorato di un punto. Sugli interessi corrisposti
si applica una ritenuta del 12,5%.
4 I PRODOTTI DERIVATI
Fra gli strumenti utilizzati dagli enti locali per finanziare gli investimenti, un
ruolo particolare è stato rivestito, soprattutto negli ultimi anni, dai cosiddetti
prodotti derivati, cioè da strumenti finanziari il cui valore deriva dall’andamento
del valore di un’attività o dal verificarsi nel futuro di un evento osservabile
oggettivamente. In questa categoria rientrano, ad esempio, i contratti a termine
(forward, futures), i contratti swap e i contratti option.
Le crescenti preoccupazioni circa i rischi derivanti dalla stipulazione di tali
contratti e la conseguente necessità di una maggiore regolamentazione hanno
spinto il legislatore a vietare l’utilizzo di tali strumenti da parte degli enti locali
(art. 62, D.L. 112/2008, come modificato dalla L. 147/2013).
Il medesimo articolo prevede una serie di eccezioni a tale divieto (commi 3bis,
3ter e 3quater), disponendo tuttavia che in tali casi il soggetto competente per
l’ente alla sottoscrizione del contratto attesti per iscritto di aver preso
coscienza dei rischi e delle caratteristiche del contratto stesso (comma 4). Gli
enti locali sono, inoltre, tenuti ad allegare al bilancio di previsione e al bilancio
consuntivo una nota informativa in cui siano evidenziati gli impegni finanziari
derivanti da contratti relativi a strumenti derivati (comma 8).
5 LE APERTURE DI CREDITO
L’art. 205bis del T.U.E.L. (come modificato dal D.Lgs. 126/2014) autorizza gli
enti locali a contrarre aperture di credito: ai sensi dell’art. 1842 e ss. del codice
civile, con tale contratto una banca si obbliga a tenere a disposizione dell’altra
parte una somma di denaro per un certo periodo di tempo verso il corrispettivo
di una provvigione.
Per gli enti locali il ricorso alle aperture di credito è possibile solo se
sussistono le condizioni fissate dal T.U.E.L. per l’indebitamento: approvazione
del conto consuntivo del penultimo esercizio, approvazione del preventivo
dell’esercizio in corso e le altre previste dall’art. 203, comma 1, e nel rispetto
dei limiti di cui all’art. 204, comma 1, dello stesso T.U.E.L. calcolati con
riferimento all’importo complessivo dell’apertura di credito stipulata.
6 LA LOCAZIONE FINANZIARIA
7 LE ANTICIPAZIONI DI TESORERIA
8 IL PIANO ECONOMICO-FINANZIARIO
Glossario
SOMMARIO
Sezione Prima
L’ordinamento contabile previgente
4. i prospetti dei dati Siope (Sistema informativo delle operazioni degli enti
Viene redatto per dimostrare l’esito della gestione rispetto alle previsioni e si
conclude con la dimostrazione del risultato contabile di gestione e con quello
contabile di amministrazione, in termini di avanzo, disavanzo o pareggio.
eventuali debiti fuori bilancio e alle correlative spese per contenziosi civili.
della spesa vincolata nei termini prescritti, i valori contenuti nel fondo
rischi per la parte che non ha avuto manifestazione finanziaria e così via.
previsione agli appositi interventi di ciascun servizio del titolo primo della
bilancio di cui all’art. 193 ove non possa provvedersi con i mezzi
sede di assestamento;
Per ogni risorsa o capitolo di entrata e per ogni intervento o capitolo di spesa
sono indicati:
Il conto si conclude con i riepiloghi delle entrate e delle spese, con il quadro
generale riassuntivo dei risultati differenziali e con il quadro riassuntivo della
gestione finanziaria.
deficitari (art. 242 T.U.E.L., come modificato dal D.L. 174/2012, conv. in
L. 213/2012).
Una prima tabella annessa al conto del bilancio e da allegare al certificato del
rendiconto riguarda i parametri che indicano, in modo sintetico, le diverse
componenti della gestione dell’ente nell’arco dell’ultimo triennio.
I dati così raccolti sono raggruppati a livello nazionale, rielaborati dal Ministero
dell’Interno e pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Sarà così possibile, per il singolo
ente, ricavare informazioni sui costi sostenuti e sui ricavi conseguiti per
ciascun servizio e operare un confronto (benchmarking) con enti analoghi.
4 IL CONTO ECONOMICO
dell’utente;
i servizi amministrativi, i cui proventi sono rappresentati dai
diritti di segreteria, di stato civile e per il rilascio delle carte
di identità;
i servizi di vigilanza, le cui entrate sono costituite dalle
rientrano:
pagato per lo stesso titolo dal Comune per l’estinzione dei mutui
assunti per il conferimento del capitale di dotazione;
1. personale;
4. prestazioni di servizi;
6. trasferimenti a terzi;
pluriennale;
minusvalenze patrimoniali.
B) Le scritture di assestamento
I predetti costi e ricavi, affinché siano il frutto della gestione relativa, devono
essere opportunamente rettificati ed integrati (cd. scritture di assestamento).
In questo modo detti valori saranno attinenti allo stesso periodo produttivo, in
quanto rappresentativi delle risorse effettivamente consumate e delle utilità
generate nel corso della gestione.
corrispondenti;
nell’esercizio successivo);
4. il fondo svalutazione crediti, di cui abbiamo già discusso nel punto D) dei
gestione successiva;
rientrano altresì gli incrementi degli immobili per l’applicazione agli stessi
Il secondo comma dell’art. 229 prescrive che il conto economico debba essere
redatto secondo uno schema a struttura scalare (quindi non a sezioni divise e
contrapposte, con costi da una parte e ricavi dall’altra), il quale ha il pregio di
raffrontare aggregazioni parziali e per differenza ogni volta esprimerne il
risultato.
5 IL PROSPETTO DI CONCILIAZIONE
Abbiamo visto in precedenza (Cap. 4) che una delle novità introdotte dal D.
Lgs. 118/2011, coerentemente con quanto previsto dalla L. 42/2009,
riguarda l’adozione da parte degli enti territoriali di un sistema di contabilità
economico-patrimoniale da affiancare, sia pure a soli fini conoscitivi, al
tradizionale sistema di contabilità finanziaria.
Il suddetto decreto prevede, tuttavia, una fase di sperimentazione della durata
di tre anni che ha coinvolto un numero limitato di enti, per cui il nuovo regime
è entrato in vigore solo nel 2015; nel frattempo, la contabilità finanziaria ha
continuato ad essere la sola contabilità obbligatoria per le fasi della
programmazione (bilancio di previsione annuale e pluriennale) e della gestione.
Essa però andava già obbligatoriamente integrata dalla contabilità
economico-patrimoniale nella fase della rendicontazione; l’art. 227,
comma 1, T.U.E.L., infatti, dispone, come visto in precedenza, che il rendiconto
della gestione comprende il conto del bilancio (che dimostra i risultati finali
della gestione finanziaria), il conto economico (che evidenzia i componenti
positivi e negativi secondo criteri di competenza economica) e il conto
patrimoniale (che rileva i risultati della gestione patrimoniale).
Lo strumento contabile che permette questo «livello minimale» di
trasformazione delle rilevazioni finanziarie in rilevazioni economiche è costituito
dal prospetto di conciliazione previsto dall’art. 229 T.U.E.L.; si tratta di un
prospetto mediante il quale, partendo dai dati finanziari della «gestione
corrente» (accertamenti e impegni di competenza), si perviene al risultato
economico finale.
Questa complessa operazione è stata resa possibile grazie alla particolare
puntualità e precisione con cui è stato definito l’accertamento (art. 179
T.U.E.L.), il quale sussiste solo se a supporto vi sia un idoneo titolo giuridico e,
inoltre, sia individuato il debitore e quantificata la somma da incassare. Il
predetto rigore è ulteriormente rafforzato dall’art. 189, che vieta la
conservazione di somme tra i residui attivi, se non esiste «un titolo giuridico
che costituisca l’ente locale creditore della correlativa entrata …». Gli
accertamenti di parte corrente sono, pertanto, crediti effettivi, i quali,
debitamente rettificati ed integrati, rappresentano i ricavi di esercizio.
Stesso discorso vale per l’impegno, il quale è regolarmente assunto solo «a
seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata…». Questa condizione così
forte non lascia spazio a dubbi o perplessità in ordine alla volontà del
legislatore di vietare qualsiasi atto di impegno dal quale non discenda un
«debito effettivo» nei confronti di terzi. Il rigore della norma è inoltre esteso
anche ai residui passivi, per i quali è prevista la conservazione in tale conto
solo allorché risultino impegnati secondo il predetto criterio, fatte salve
ovviamente le eccezioni previste dalla legge (art. 183, commi 2 e 5, T.U.E.L.). Di
conseguenza gli impegni di parte corrente sono debiti effettivi, i quali, una volta
rettificati ed integrati (operazioni di assestamento di fine periodo), sono
espressivi dei costi di esercizio.
6 IL CONTO DEL PATRIMONIO
A Le attività
Tra le attività sono incluse le immobilizzazioni, l’attivo circolante e i ratei e i
risconti attivi.
a. Le immobilizzazioni.
immobilizzazioni in corso.
può variare:
annuo.
svalutazioni crediti;
disponibilità liquide.
Invece nella categoria dei beni fungibili rientrano tutte quelle cose
dell’intero ammontare.
1. il fondo cassa;
2. i depositi bancari.
effettuata secondo le norme del Codice Civile (art. 230, comma 4, lett.
g) T.U.E.L.), delle quali però nessuna dispone in tal senso, mentre solo
B) Le passività
patrimoniale;
b. i conferimenti da trasferimenti in conto capitale e da concessioni
III. debiti per IVA ove, oltre ad essere contenuto l’eventuale saldo
spesa;
istituzioni;
VII. altri debiti. È una categoria residuale nella quale, tra l’altro,
nell’esercizio in chiusura.
C) I conti d’ordine
beni di terzi.
Il totale dei conti d’ordine iscritti dopo l’attivo deve sempre coincidere con il
totale dei corrispondenti conti posti dopo il passivo.
A) Formazione
Sono agenti contabili tutti coloro che hanno maneggio o custodia di denaro o
di altri beni o valori pubblici (agenti contabili interni), nonché coloro che si
ingeriscono di fatto negli incarichi di detti agenti (agenti contabili di fatto), e in
pratica:
l’economo;
il consegnatario di beni;
l’agente contabile a denaro.
L’economo, la cui figura deve essere prevista per tutti gli enti
dal regolamento di contabilità, deve redigere il proprio conto
evidenziando le riscossioni per anticipazioni e rimborsi ed i
pagamenti per spese di non rilevante ammontare.
Il consegnatario di beni è, invece, responsabile dell’assegnazione
o consegna di beni alle varie strutture, ne vigila la conservazione e
ne dispone il trasferimento.
La consegna dei beni si realizza per mezzo di inventari per cui i
consegnatari sono personalmente responsabili della buona
conservazione dei beni fino a quando non ne ottengono il discarico.
Ogni consegnatario renderà conto della propria gestione
evidenziando la consistenza iniziale dei beni, quella finale e i
movimenti di carico e di scarico che hanno interessato i beni nel
periodo di riferimento.
Gli agenti a denaro, tra i quali rientrano i tesorieri, devono
compilare il proprio conto registrando tutte le somme riscosse, in
contanti o attraverso conto corrente postale, e i relativi
versamenti in tesoreria.
Attraverso la resa del conto, gli agenti contabili interni descrivono tutti i fatti
che hanno inciso sulla gestione dei beni e valori di cui sono stati consegnatari
nel corso dell’esercizio. Pertanto le operazioni che con detti conti vengono
rilevate sono fondamentalmente di due tipi:
Il risultato delle predette operazioni è quindi iscritto nel carico del conto
dell’anno successivo per il principio della continuità della gestione.
Il conto del tesoriere, redatto su modello ufficiale, deve essere reso entro 30
giorni dalla chiusura dell’esercizio finanziario (art. 226, comma 1, T.U.E.L.) e
deve essere inviato alla Corte dei conti entro 60 giorni dall’approvazione del
rendiconto; ad esso deve essere allegata la seguente documentazione:
capitolo;
gli ordinativi di riscossione e pagamento emessi nell’esercizio;
la parte delle quietanze originali emesse a fronte degli ordinativi suddetti
B) Predisposizione
tesoriere, dei conti degli agenti contabili e del rendiconto della gestione;
lo schema di rendiconto;
la proposta di relazione illustrativa con la quale l’esecutivo esprime la
valutazione sulla efficacia dell’azione condotta, comparando gli obiettivi
C) Decisione
Si noti che gli enti locali con meno di 5.000 abitanti che si
avvalgono della facoltà, prevista per loro dall’art. 232 T.U.E.L., di
rinviare al 2017 la tenuta della contabilità economico-patrimoniale,
non sono tenuti nel frattempo a predisporre il conto economico, lo
stato patrimoniale e il bilancio consolidato (art. 227, comma 3,
T.U.E.L.).
capitolo;
l’elenco di crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al
pubblica;
la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà
strutturale;
il piano degli indicatori e dei risultati di bilancio.
Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione rispetto alle
autorizzazioni contenute nel primo esercizio considerato nel bilancio di
previsione e va redatto secondo i modelli previsti dall’allegato 10 al D.Lgs.
118/2011 (art. 228 T.U.E.L., dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs.
126/2014).
Per ciascuna tipologia di entrata e per ciascun programma di spesa, il conto del
bilancio comprende, distintamente per residui e competenza:
ancora da riscuotere;
per la spesa le somme impegnate, distinguendo la parte pagata, quella
ancora da pagare e quella impegnata con imputazione agli esercizi
Al conto del bilancio sono allegati la tabella dei parametri di riscontro della
situazione di deficitarietà strutturale e il piano degli indicatori e dei risultati di
bilancio.
pagate;
esigibili;
la reimputazione degli impegni di spesa è effettuata incrementando, di
pari importo, il fondo pluriennale di spesa, al fine di consentire,
Esercizio 2015
Entrate Spese
Totale
200.000 Totale uscite 200.000
entrate
nel 2016 si avvierà la costruzione del palazzetto, con una spesa pari a
80.000 euro; nell’entrata del fondo si iscriverà la voce Utilizzo Fondo
residuo:
Esercizio 2016
Entrate Spese
Realizzazione
80.000
impianto
Utilizzo fondo
pluriennale vincolato Fondo
150.000
palazzetto dello pluriennale
sport vincolato 70.000
palazzetto dello
sport
Esercizio 2017
Entrate Spese
Si noti, tuttavia, che tale operazione può influire negativamente sul risultato di
amministrazione, determinando un cd. disavanzo tecnico (in quanto dovuto
esclusivamente al passaggio al nuovo regime contabile) che può essere coperto
con le risorse dell’esercizio o negli esercizi successivi.
In questo caso, il legislatore introduce una deroga al principio contabile generale
del pareggio, stabilendo che gli esercizi nei quali si è determinato il disavanzo
tecnico possono essere approvati in disavanzo di competenza, per un importo
non superiore allo stesso disavanzo tecnico (comma 13). Le modalità e i tempi
di copertura dell’eventuale disavanzo tecnico sono stati definiti con D.M. 2
aprile 2015.
C) Il risultato di amministrazione
Il conto del bilancio si conclude con la dimostrazione del risultato della gestione
di competenza e della gestione di cassa e del risultato di amministrazione alla
fine dell’esercizio (art. 228, comma 4, T.U.E.L.).
Il risultato di amministrazione alla fine dell’esercizio è costituito dal fondo
cassa esistente al 31 dicembre, al quale vanno aggiunti i residui attivi e
sottratti i residui passivi, debitamente riaccertati (art. 186, comma 1, T.U.E.L.).
fondi vincolati.
regionali;
fondi accantonati.
esigibilità;
spese e rischi).
fondi liberi.
ordinari;
c. per il finanziamento di spese di investimento;
non permanente;
3 IL CONTO ECONOMICO
• proventi da tributi
• prestazioni di servizi
• trasferimenti e contributi
• personale
• ammortamenti e svalutazioni
• altri accantonamenti
Proventi finanziari
• proventi da partecipazioni
Oneri finanziari
• rivalutazioni
• svalutazioni
• proventi straordinari
• oneri straordinari
Totale proventi ed oneri straordinari (E)
imposte
RISULTATO DELL’ESERCIZIO
4 LO STATO PATRIMONIALE
Immobilizzazioni
• immateriali
• materiali
• finanziarie
Attivo circolante
• rimanenze di magazzino
• crediti
• disponibilità liquide
CONTI D’ORDINE
Patrimonio netto
Debiti
CONTI D’ORDINE
Qual è la prima attività da compiere per l’adozione della contabilità
economico-patrimoniale?
5 IL BILANCIO CONSOLIDATO
In base all’art. 11bis del D.Lgs. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. 126/2014,
i Comuni devono redigere il bilancio consolidato con i propri enti e organismi
strumentali, aziende, società controllate e partecipate (cd. gruppo
amministrazione pubblica), secondo le modalità e i criteri individuati dal
principio contabile applicato del bilancio consolidato, di cui all’allegato 4/4 al
decreto stesso.
nell’ente o nell’azienda;
il potere, assegnato da legge, statuto o convenzione, di nominare o
rimuovere la maggioranza di componenti degli organi decisionali,
Occorre sottolineare che fino all’esercizio 2017 non vanno incluse nel bilancio
consolidato le società quotate (cioè quelle che emettono strumenti finanziari
quotati in mercati regolamentati) e quelle da esse controllate.
Si definisce società partecipata da un ente locale la società nella quale l’ente
stesso, direttamente o indirettamente, dispone di una quota di voti, esercitabili
in assemblea, pari o superiore al 20 per cento (o al 10 per cento se si tratta di
società quotata). Tuttavia, in fase di prima applicazione del decreto, con
riferimento agli esercizi 2015-2017, per società partecipata si intende la società
a totale partecipazione pubblica affidataria di servizi pubblici locali dell’ente,
indipendentemente dalla quota di partecipazione (art. 11 quinquies).
Il bilancio consolidato è costituito dal conto economico consolidato e dallo
stato patrimoniale consolidato, cui vanno allegati una relazione sulla
gestione consolidata (comprendente la nota integrativa) e una relazione del
collegio dei revisori. Lo schema comune del bilancio consolidato è riportato
nell’allegato 11 al D.Lgs. 118/2011.
L’allegato 4/4 definisce nel dettaglio le modalità e i criteri da seguire per la
redazione di tale bilancio, stabilendo, fra l’altro, che l’area di consolidamento
debba essere individuata dall’ente capogruppo alla data del 31 dicembre
dell’esercizio di riferimento e che il bilancio consolidato debba essere approvato
entro il 30 settembre dell’esercizio successivo a quello di riferimento.
Si noti, infine, che, secondo quanto previsto dall’allegato 4/4 e dall’art. 233bis
T.U.E.L. (introdotto dal D.Lgs. 126/2014), per i Comuni con almeno 5.000
abitanti l’obbligo di redazione del bilancio consolidato decorre dal 2015 (i
Comuni con popolazione inferiore saranno obbligati solo a decorrere
dall’esercizio finanziario 2018, con riferimento all’esercizio 2017), tuttavia l’art.
11bis del D.Lgs. 118/2011, al comma 4, concede la possibilità di rinviare la
redazione di tale documento al 2016 (con la sola eccezione dei Comuni che nel
2014 hanno partecipato alla sperimentazione).
CAPITOLO 9
LA REVISIONE ECONOMICO-FINANZIARIA
SOMMARIO
1 PREMESSA
Per garantire che l’attività amministrativa sia svolta in conformità agli obiettivi
prefissati dalla legge e per tutelare gli interessi della collettività, fornendo ai
cittadini i servizi pubblici nel modo più efficiente possibile e allo stesso tempo
con il minor dispendio di risorse, la L. 142/1990, all’art. 57, aveva introdotto
l’istituto della revisione economico-finanziaria. Tale istituto è stato in
parte derogato e in parte completato dalle disposizioni del Capo VII, artt. 100-
107 del D.Lgs. 77/1995, ora confluiti negli artt. 234-241 T.U.E.L.
In particolare, la revisione economico-finanziaria è funzionale al conseguimento
di una maggiore efficienza, economicità ed efficacia della gestione dell’ente,
attraverso la creazione di una struttura organizzativa di tipo aziendale e
l’individuazione di un «manager» che si assuma integralmente la responsabilità
dell’intera gestione. In questo contesto, quindi, si viene affermando l’esigenza di
introdurre un meccanismo di controllo complessivo della gestione, che
consenta, attraverso l’analisi del rapporto prestazioni erogate/obiettivi, di
misurare l’adeguatezza dell’organizzazione a perseguire gli obiettivi individuati
in modo efficiente ed efficace.
L’art. 234 T.U.E.L. dispone che i Consigli comunali, provinciali e delle Città
metropolitane eleggono, con voto limitato a due componenti, un Collegio dei
revisori composto da tre membri.
Solo in caso di Comuni con meno di 15.000 abitanti, di Unioni di
Comuni e di Comunità montane l’organo di revisione è
monocratico ed è eletto dal Consiglio dell’ente.
il presidente, che deve essere iscritto nel registro dei revisori contabili;
Per quanto riguarda le modalità di scelta, l’art. 16, comma 25, del D.L.
138/2011, convertito in L. 148/2011, ha disposto che, a decorrere dal primo
rinnovo dell’organo di revisione successivo all’entrata in vigore del decreto
stesso (cioè al 13 agosto 2011), i revisori dei conti dell’ente locale vengano
scelti mediante estrazione da un apposito elenco regionale nel quale possono
essere iscritti i soggetti già iscritti nel registro dei revisori legali o appartenenti
all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Le cause di incompatibilità ed ineleggibilità a membro del Collegio sono
indicate dall’art. 236 T.U.E.L., secondo il quale:
degli organi dell’ente locale e da coloro che hanno ricoperto tale incarico
nel biennio precedente alla nomina, dal segretario e dai dipendenti dell’ente
Altri due sono i motivi per cui può cessare l’incarico del revisore, oltre alla
scadenza del mandato:
le dimissioni volontarie;
l’impossibilità a svolgere l’incarico a qualsiasi motivo essa sia imputabile.
3 PREROGATIVE E FUNZIONI
A) Prerogative
impegno;
B) Funzioni
bilancio;
di:
attendibilità.
apposizione della firma sulla certificazione che gli enti locali sono tenuti a
redigere sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto (art.
161 T.U.);
verifica del rispetto del contratto di servizio in caso di affidamento dei
servizi pubblici locali ai sensi dell’art. 23bis, comma 3, del D.L. 112/2008
(cd. affidamento in house) (art. 8, comma 10, D.P.R. 168/2010);
invio alle competenti sezioni regionali della Corte dei conti di una relazione
sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto
enti locali devono trasmettere entro il 31 maggio di ogni anno alla Corte
dei conti e inviando annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze
decisioni adottate.
l’omessa denuncia di reato (art. 361 c.p.). Infatti i revisori, quali pubblici
ufficiali, hanno l’obbligo della denuncia sia in sede di giurisdizione penale
l’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.). Si commette tale reato sotto il profilo
materiale allorché il pubblico ufficiale ecceda dai limiti della sua
attività, ovvero faccia uso dei poteri discrezionali per uno scopo diverso
da quello per cui gli furono conferiti. Però, affinché tale reato sia
loro ufficio;
la falsità ideologica (art. 479 c.p.) connessa con l’attività di certificazione
ed attestazione contabile cui sono tenuti i revisori.
Glossario
Efficacia: capacità di realizzare un obiettivo, viene generalmente valutata
confrontando il risultato realizzato con l’obiettivo prefissato.
SOMMARIO
A) Definizione
Ai sensi dell’art. 242 T.U.E.L., come modificato dal D.L. 174/2012, conv. in L.
213/2012, sono considerati in condizioni strutturalmente deficitarie gli
enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di
squilibrio; tali condizioni sono rilevabili da una apposita tabella (di cui abbiamo
già parlato nel Capitolo 8), allegata al rendiconto della gestione relativo al
penultimo esercizio precedente quello di riferimento, contenente parametri
obiettivi: qualora almeno la metà di tali parametri presenti valori deficitari,
l’ente è dichiarato strutturalmente deficitario. Per il triennio 2013-2015, i
parametri obiettivi sono stati fissati con D.M. 18-2-2013.
B) Conseguenze
L’art. 243, comma 1, T.U.E.L., come modificato dal D.L. 174/2012, dispone
che gli enti che si trovano in condizioni di deficitarietà strutturale, come
definita dall’art. 242, sono soggetti al controllo centrale della Commissione
per la stabilità finanziaria degli enti locali, istituita presso il Ministero
dell’interno (art. 155 T.U.E.L.), che ha il compito di verificare la compatibilità
finanziaria dei provvedimenti con i quali si approvano le dotazioni organiche e si
provvede all’assunzione di personale.
Gli stessi enti deficitari sono inoltre sottoposti al controllo centrale sul rispetto
di percentuali prestabilite di copertura del costo di alcuni servizi, mediante
l’onere di presentazione di apposita certificazione dalla quale deve risultare che:
costi della gestione degli asili nido soltanto per il 50% del loro
ammontare;
il costo del servizio acquedotto deve essere coperto almeno nella misura
dell’80%;
il costo del servizio di smaltimento dei rifiuti urbani ed equiparati deve
essere coperto nella misura prevista di volta in volta dalla legislazione
vigente.
integrale dei costi della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti
dell’art. 259, comma 6, fermo restando che la stessa non può essere
Il piano, entro dieci giorni dalla data della delibera di adozione, è trasmesso alla
competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e alla
Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali. Quest’ultima, entro
sessanta giorni dalla trasmissione, svolge la necessaria istruttoria e redige una
relazione finale da inviare alla Corte dei conti, cui spetta l’approvazione o il
diniego del piano.
In caso di approvazione, è la Corte stessa che vigila sulla realizzazione del
piano, avvalendosi anche di un’apposita relazione semestrale sullo stato di
attuazione redatta dall’organo di revisione.
Nel caso in cui la Corte non approvi il piano, oppure registri il mancato rispetto
degli obiettivi intermedi o il mancato raggiungimento dell’equilibrio finanziario al
termine del piano, si applica la procedura prevista dall’art. 6, comma 2, del
D.Lgs. 149/2011, che prevede l’assegnazione al Consiglio dell’ente, da parte
del Prefetto, di un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del
dissesto (art. 243quater).
2 IL DISSESTO FINANZIARIO
art. 193, comma 3: utilizzo per l’anno in corso e per i due successivi
di tutte le entrate e le possibili economie;
3 LA DELIBERAZIONE DI DISSESTO
quali l’ente non si sia opposto nei termini o sia stata rigettata
l’opposizione;
cinque anni una tariffa che assicuri la copertura totale dei costi sostenuti
per la gestione del servizio.
4 IL RISANAMENTO
dai ratei dei mutui disponibili in quanto non ancora utilizzati dall’ente;
È stabilito, inoltre, che nei confronti della massa attiva non siano ammessi
sequestri o procedure esecutive e, laddove queste ultime siano intraprese, non
determinano vincoli sulle somme (art. 255, comma 12).
Infine, qualora la massa attiva sia insufficiente e non vi sia modo di
incrementarla, il Ministro dell’interno, su proposta della Commissione per la
stabilità finanziaria degli enti locali, può stabilire misure straordinarie, anche in
deroga alla normativa vigente, per il pagamento integrale della massa passiva
affinché non sia irrimediabilmente compromesso il risanamento dell’ente. In tal
caso, però, nessun onere sarà a carico dello Stato (art. 256, comma 12).
D) Il piano di estinzione
L’art. 257 stabilisce che deve essere allegato al decreto di approvazione del
piano di estinzione l’elenco delle pretese escluse dalla liquidazione il cui onere
grava sui soggetti responsabili e non sull’ente locale. Entro 60 giorni dalla
notifica del decreto, quindi, il Consiglio dell’ente individua, con delibera, i
soggetti responsabili di cui sopra, comunicandoli ai relativi creditori. In caso di
mancata attivazione entro i termini del Consiglio, il difensore civico regionale
nomina un commissario ad acta per l’adozione entro 60 giorni dei necessari
provvedimenti.
In tali casi, il Ministro dell’Interno, d’intesa con il sindaco dell’ente, dispone con
proprio decreto una chiusura anticipata e semplificata della procedura del
dissesto con riferimento a quanto già definito entro il trentesimo giorno
precedente.
A seguito della procedura straordinaria di dissesto a chi è affidata la
prosecuzione della gestione?
La prosecuzione della gestione è affidata ad una apposita Commissione
(nominata dal Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno)
composta da 3 membri, in carica per un anno prorogabile per un altro anno, i
cui poteri e le cui attività gestionali ricalcano quelli dell’organo straordinario di
liquidazione. L’art. 268bis T.U.E.L. prevede un’ulteriore proroga di un anno di tale
commissione, previa richiesta motivata dell’ente, nel caso in cui l’organo
straordinario di liquidazione non riesca a concludere entro i termini di legge la
procedura di dissesto. La nuova disposizione, inoltre, estende la procedura
straordinaria per la prosecuzione del dissesto anche agli enti dissestati per i
quali gli organi di liquidazione hanno già approvato il rendiconto, senza che,
però, sia stato raggiunto un reale risanamento finanziario.
L’ente locale, dal canto suo, è tenuto ad accantonare un’apposita somma
(considerata spesa eccezionale a carattere straordinario) nei bilanci annuale e
pluriennale; tale somma è resa congrua con apposita delibera ogni anno. I piani
di impegno annuale e pluriennale sono sottoposti per il parere alla Commissione
per la stabilità finanziaria degli enti locali e sono approvati con decreto del
Ministro dell’Interno. Qualora i piani risultino non idonei a soddisfare i debiti
pregressi, il Ministro dell’Interno con apposito decreto, su parere della predetta
Commissione, dichiara la chiusura del dissesto.
Glossario
Deficit: eccedenza delle uscite rispetto alle entrate, con riferimento sia al
bilancio delle imprese sia al bilancio dello Stato e degli altri enti pubblici.
CAPITOLO 11
LA TESORERIA
SOMMARIO
1 IL SERVIZIO DI TESORERIA
L’art. 208 T.U.E.L., come modificato dal D.Lgs. 126/2014, dispone che il
servizio di tesoreria può essere affidato:
altri soggetti autorizzati per legge (quindi, Poste Italiane S.p.A. ai sensi
dell’art. 40 L. 488/1998 e concessionari della riscossione tributi ai sensi
Il rapporto che si costituisce tra l’ente e l’affidatario del servizio viene regolato
con una convenzione, deliberata dall’organo consiliare.
Ciascun soggetto abilitato può assumere il servizio di tesoreria per conto di più
enti locali, purché mantenga contabilità separata. In ogni caso egli risponde con
tutte le proprie attività ed il proprio patrimonio per eventuali danni recati
all’ente così come è responsabile di tutti i depositi da lui gestiti intestati
all’ente (art. 211).
rodaggio, per cui solo a partire dal 2010, come previsto dal D.M.
a. gli allegati di svolgimento per ogni singola tipologia di entrata e per ogni
Il sistema della tesoreria unica era stato introdotto dalla L. 720/1984, al fine di
evitare dispersioni di fondi e di incentivare gli enti pubblici ad un più efficiente
uso delle risorse a propria disposizione ed era obbligatorio per tutti gli enti ed
organismi pubblici elencati nelle tabelle A e B allegate alla L. 720/1984.
Ciascuno degli enti compresi nella tabella A, fra cui rientra la maggior parte
degli enti locali, deve avvalersi di una banca per lo svolgimento del servizio di
tesoreria vero e proprio; tali banche (cui viene attribuita la qualifica giuridica di
organo di esecuzione) hanno l’obbligo di accendere presso la tesoreria
provinciale dello Stato (Banca d’Italia) delle contabilità speciali (fruttifere ed
infruttifere) sulle quali avviene effettivamente l’esecuzione delle operazioni di
incasso e di pagamento. La natura di queste contabilità speciali dipende dalle
caratteristiche delle entrate che le alimentano: le entrate proprie dell’ente
(proventi di servizi pubblici erogati, gestione di beni patrimoniali etc.) sono
depositate su di una contabilità speciale fruttifera, mentre quelle derivanti da
trasferimenti dello Stato o da mutui sono depositate su contabilità speciali
infruttifere. Le operazioni di pagamento, inoltre, sono addebitate in primo luogo
alla contabilità speciale fruttifera, fino all’esaurimento dei relativi fondi.
Il sistema di tesoreria unico era stato introdotto dalla L. 720/1984 allo scopo di
creare un sistema unitario di gestione delle giacenze di cassa, in un periodo
storico in cui si parlava ancora poco di autonomia degli enti locali e, anzi, si
sentiva la necessità di sollecitare tali enti ad un uso più produttivo delle
risorse.
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, tuttavia, si è sentita l’esigenza
di responsabilizzare gli amministratori locali attribuendo loro una maggiore
autonomia gestionale in materia finanziaria e di cassa e decidendo di sostituire
gradualmente il sistema di tesoreria unica con un sistema cd. misto (art. 7,
D.Lgs. 279/1997).
In base a tale sistema, le entrate proprie degli enti locali non devono essere più
versate alla tesoreria provinciale ma rimangono nelle giacenza di cassa
detenuta presso il proprio tesoriere. Resta invece acceso il conto corrente
infruttifero destinato ad accogliere le entrate derivanti da contributi statali.
dal 1° luglio 1998 i Comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti (L.
449/1997);
dal 1° gennaio 1999 i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti (D.
Lgs 279/1997);
dal 1° marzo 2001 le Province e i Comuni con meno di 10.000 abitanti (L.
388/2000);
Il D.L. 112/2008 ha completato tale percorso disponendo che tutti gli enti locali
siano assoggettati al sistema misto a partire dal 1° gennaio 2009.
Glossario
SOMMARIO
Il D.Lgs. 286/1999
L’esposizione del sistema dei controlli interni negli enti locali non può
prescindere da una, sia pure sommaria, analisi del D.Lgs. 286/1999, attuativo
della L. 59/1997 (cd. Legge Bassanini). Tale provvedimento, invero, ha disposto
il Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e
valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle
amministrazioni pubbliche.
Esso costituisce una decisa rivitalizzazione dei controlli di risultato e dei
controlli interni, contenendo precise indicazioni di metodo, di merito e di
organizzazione per la diffusione della «cultura della valutazione» anche
nell’amministrazione italiana.
Il riordino di cui al D.Lgs. 286/1999 rappresenta un punto di partenza e allo
stesso tempo la necessaria conclusione di una operazione di globale riforma
dell’intera amministrazione pubblica che, da una anacronistica valutazione
unilaterale degli interessi pubblici, tende sempre più a porsi al servizio dei
cittadini garantendo una migliore qualità dei servizi offerti. Ciò grazie
all’introduzione del concetto aziendalistico di «sana amministrazione», che
concretizza i criteri dell’efficienza, efficacia ed economicità mediante la
valutazione e misurazione dell’attività svolta.
Il D.Lgs. 286/1999 individua quattro diversi sistemi di controllo (art. 1,
comma 1):
risultati;
Nella sua versione originaria, l’art. 147 del T.U. riproponeva sostanzialmente le
quattro forme di controllo previste dal D.Lgs. 286/1999, lasciando all’autonomia
normativa e organizzativa degli enti locali il compito di individuare gli strumenti
e le metodologie necessari e disciplinando in modo più puntuale e dettagliato il
solo controllo di gestione (cfr. §2).
T.U.E.L.)
approvate dal Consiglio, gli enti locali con popolazione superiore a 100.000
abitanti (ma tale obbligo è esteso dal 2014 agli enti con più di 50.000
abitanti e dal 2015 a quelli con più di 15.000 abitanti) definiscono, secondo
T.U.E.L.)
Gli enti locali con popolazione superiore a 100.000 abitanti (obbligo esteso
dal 2014 agli enti con più di 50.000 abitanti e dal 2015 a quelli con più di
organi di governo, del direttore generale, ove previsto, del segretario e dei
Costituzione.
2 IL CONTROLLO DI GESTIONE
Introduzione
La quinta forma di controllo indicata dall’art. 147 T.U.E.L. è rappresentata dal
controllo di gestione; si tratta dell’unico tipo di controllo che il Testo Unico
disciplinava in modo organico ancor prima delle modifiche introdotte dal D.L.
174/2012.
Ai sensi degli artt. 196-198 T.U.E.L., il controllo di gestione deve essere
esercitato «al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati, la
corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l’imparzialità ed il buon
andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza dell’azione
amministrativa».
Tale dettagliata disciplina definisce le finalità, l’oggetto, i modi di esercizio e i
referenti del controllo. Tuttavia, tranne la previsione dell’art. 196 che qualifica il
controllo di gestione, l’autonomia organizzativa degli enti locali può esercitarsi
tramite i regolamenti di contabilità sui restanti aspetti dello stesso controllo, a
norma dell’art. 152 del T.U.E.L.
Il controllo di gestione deve riguardare «l’intera attività amministrativa e
gestionale» degli enti. La finalità del controllo di gestione viene individuata
nella verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati, della
funzionalità dell’organizzazione dell’ente, nonché della efficacia ed efficienza
dell’attività svolta.
Il controllo stesso si articola in almeno tre fasi che comprendono:
A) La contabilità analitica
Per l’effettivo sviluppo del controllo di gestione occorre dotarsi di strumenti che
permettano la comparazione fra obiettivi assegnati, attività svolta e costi
sostenuti. È dunque necessario elaborare degli indicatori di risultato, ovvero
quozienti fra quantità e/o valori tratti dai documenti contabili e capaci di
misurare i risultati raggiunti.
degli equilibri di bilancio, attività che l’art. 193 del T.U. dispone venga
effettuata almeno una volta all’anno entro il 30 settembre (termine poi
anticipato al 31 luglio dal D.Lgs. 126/2014);
Glossario
Corte dei conti: La Corte dei conti non costituisce organo costituzionale,
ma di rilevanza costituzionale perché, sebbene nominato nella Costituzione,
è privo di poteri sovrani.
Ai sensi degli articoli 100 e 103 Cost. la Corte dei conti è la suprema
magistratura di controllo.
CAPITOLO 13
I BENI DEGLI ENTI LOCALI
SOMMARIO
1 I BENI PUBBLICI
le Regioni;
le Province ed i Comuni;
gli enti istituzionali, siano essi economici o di mera erogazione di servizi,
comunque titolari di una competenza territoriale più o meno vasta e
pertanto — come osserva BUSCEMA — operanti nell’orbita di un ente
territoriale.
beni demaniali;
2 I BENI DEMANIALI
Sono quei beni che, per natura o per espressa disposizione di legge, servono in
modo diretto a soddisfare bisogni collettivi, onde vengono sottoposti a speciali
vincoli (BENNATI).
beni del demanio necessario: vi rientrano quei beni che, per la loro
utilità generale, non possono che appartenere allo Stato o ad altri enti
pubblici territoriali (demanio idrico, marittimo, militare);
beni del demanio accidentale: vi rientrano quei beni che possono anche
non essere demaniali e che tali sono solo se appartenenti ad un ente
sono inalienabili, per cui ogni atto di trasferimento del bene demaniale
dell’economia e delle finanze che destinerà il bene ad altro uso (art. 829
c.c.);
non sono acquisibili per usucapione da parte di nessuno, in quanto non
godimento dei beni demaniali da parte della collettività (es.: i beni del
demanio marittimo, idrico e stradale);
beni demaniali per natura: per quei beni che sono demaniali per natura
(fiumi, laghi etc.), l’acquisto o la perdita della demanialità coincide con
fiume).
inclusione nel patrimonio dello Stato può avvenire solo con atto
dell’autorità competente che sdemanializzi il bene. In tal modo si farà
6 I BENI PATRIMONIALI
I beni patrimoniali sono beni che, pur essendo preordinati in modo diretto al
pubblico interesse, tuttavia non rivestono carattere tale da richiedere
l’assoggettamento al regime speciale dei beni demaniali (BENNATI).
Si tratta di beni pubblici che, a differenza dei beni demaniali:
beni patrimoniali indisponibili: sono quei beni che non possono essere
sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalla legge;
a tale vincolo.
Un’elencazione dei beni patrimoniali indisponibili è fornita dall’art. 826 C.C. che,
in tal modo, dà anche una definizione residuale per i beni patrimoniali
disponibili.
La loro caratteristica comune è quella della indisponibilità: cioè tali beni sono
vincolati ad una destinazione di utilità pubblica, e non possono essere sottratti
a tale destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (art.
828, comma 2, C.C.).
le foreste;
le miniere;
le acque minerali e termali;
le cave e le torbiere;
beni di interesse storico-archeologico-artistico;
beni militari non rientranti nel demanio militare (caserme, armamenti,
navi militari, automezzi, polveriere, arsenali, etc. rientrano tutti nel
patrimonio indisponibile dello Stato);
funzione;
gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi e gli altri beni
che non pregiudichi la destinazione dei beni stessi al pubblico servizio; non
Fanno parte del patrimonio disponibile dello Stato e degli altri enti pubblici tutti
i beni ad essi appartenenti, diversi da quelli demaniali e da quelli patrimoniali
indisponibili.
I beni patrimoniali disponibili non sono beni pubblici, bensì soltanto beni di
proprietà di un ente pubblico. Generalmente si tratta di beni produttivi di reddito
per l’ente.
Tali beni possono fornire i mezzi per la soddisfazione di un pubblico interesse e
in tal caso hanno carattere strumentale per l’esercizio di un pubblico servizio.
quello che apparteneva allo Stato nelle fasi precedenti alla sua
il patrimonio viene ora attribuito non solo alle Regioni, ma anche agli altri
enti territoriali, ovvero Comuni, Province e Città metropolitane;
della distinzione, tuttavia, non può essere interpretata come volontà del
costituzionale.
È costituito, a norma dell’art. 824 C.C., dai beni elencati al comma 2 dell’art.
822 (demanio accidentale) allorquando appartengono a Province e Comuni. Allo
stesso regime sono sottoposti i cimiteri e i mercati comunali che sono
qualificati demaniali solo se appartenenti a Comuni o a loro Consorzi. Tale
demanio è definito, perciò, demanio comunale specifico ex art. 824 C.C. comma
2.
Come già accennato, l’art. 826 C.C. definisce i beni patrimoniali secondo un
criterio negativo. Pertanto i beni appartenenti alle Province ed ai Comuni, non
rientranti nell’elenco (tassativo) dei beni demaniali, costituiscono il patrimonio
provinciale e comunale.
Fanno parte del patrimonio indisponibile delle Province e dei Comuni gli
edifici destinati a sede di pubblici uffici, con i loro arredi, e gli altri beni
destinati a un pubblico servizio.
Il Codice considera bene patrimoniale indisponibile ogni bene destinato
direttamente al conseguimento di un fine proprio della Provincia o del Comune:
è l’esistenza di tale rapporto che esige l’indisponibilità del bene.
Tra i beni indisponibili destinati a pubblici servizi sono da ricordare gli impianti,
i materiali, i magazzini ed ogni altro bene immobile occorrente per il
funzionamento di servizi quali la nettezza urbana, l’illuminazione pubblica, etc.,
nonché i beni che fanno parte dei pubbici servizi municipalizzati (es. trasporti
urbani). Tutti gli altri beni comunali e provinciali sono beni patrimoniali
disponibili e su di essi l’ente può esercitare tutti i diritti e le facoltà connesse
al regime privatistico che regola la proprietà di questi beni.
Va sottolineato, a tal proposito, che l’art. 58 del D.L. 112/2008, convertito con
modificazioni dalla L. 133/2008, contenente norme relative alla valorizzazione
del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri enti locali,
stabilisce che tali enti debbano individuare, sulla base della documentazione
esistente nei propri archivi e uffici, i beni immobili ricadenti nel territorio di
competenza che, non essendo strumentali all’esercizio delle funzioni
istituzionali, siano suscettibili di valorizzazione o di dismissione.
Tali beni devono essere inseriti in un documento, detto piano delle alienazioni
e valorizzazioni immobiliari, che i Comuni devono redigere a partire dal 2008.
L’inserimento in tale documento determina la classificazione di tali immobili
come patrimonio disponibile, fatto salvo il rispetto della tutela di natura
storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico-ambientale (così
dopo le modifiche disposte dal D.L. 201/2011, conv. in L. 214/2011).
A) Demanio
Tra i beni del demanio degli enti territoriali meritano particolare menzione:
il demanio stradale
Appartengono a tale demanio:
1. Le strade regionali
Regione;
2. Le strade provinciali
3. Le strade comunali
sottopassaggi);
gli acquedotti
Gli acquedotti fanno parte del demanio accidentale (non del demanio idrico
che è necessario), indipendetemente dal fatto che convoglino acque
pubbliche o meno. Essi comprendono anche i canali.
2. provinciali;
anche le fontane in cui essi sfociano, i laghi artificiali che essi creano,
nonché i pozzi e le cisterne ad essi collegati, ed in genere tutte le loro
pertinenze in quanto assolvono funzioni di soddisfacimento dei bisogni
B Patrimonio indisponibile
Tra i beni del patrimonio indisponibile degli enti territoriali meritano particolare
menzione:
le foreste
le cave e le torbiere
Ancor prima che la riforma costituzionale del 2001 modificasse l’art. 119 della
Costituzione, attribuendo a Regioni ed enti locali un’effettiva autonomia
finanziaria di entrata e di spesa (cfr. Parte I, Cap. I), il legislatore aveva sentito
l’esigenza di facilitare il trasferimento agli enti locali di quei beni del demanio e
del patrimonio indisponibile dello Stato che risultavano impiegati in modo non
ottimale, al fine di garantirne, appunto, una migliore utilizzazione.
Un primo passo in tale direzione fu l’approvazione della L. 579/1993, con la
quale si autorizzava il Ministro dell’economia a trasferire, con propri decreti,
agli enti territoriali i beni del demanio pubblico e del patrimonio indisponibile
dello Stato dei quali gli enti suddetti facciano richiesta per la realizzazione di
opere o per lo svolgimento di attività di interesse pubblico di propria
competenza e che risultino alla data di emanazione del decreto non utilizzati in
conformità al soddisfacimento degli interessi pubblici cui sono destinati. L’ente
richiedente deve indicare nella richiesta la destinazione finale del bene oggetto
della domanda e fornire le indicazioni essenziali sui tempi e sulle modalità di
realizzazione e di gestione dell’opera o di svolgimento dell’attività progettata.
Il prezzo della cessione non può essere inferiore alla metà del valore
determinato dall’ufficio tecnico erariale territorialmente competente, su
richiesta dell’Amministrazione finanziaria.
Una volta effettuato il trasferimento, i beni ceduti, che restano comunque
assoggettati ai vincoli urbanistici e a quelli posti a tutela di interessi storici,
artistici, paesaggistici o ambientali, entrano a far parte del demanio o del
patrimonio indisponibile dell’ente territoriale.
Analogamente, la L. 549/1995 prevedeva, all’art. 2, comma 37, la possibilità
di trasferire ai Comuni o ad altri enti locali richiedenti, ad un prezzo pari ad
almeno i due terzi del valore determinato dall’ufficio tecnico erariale, i beni
immobili demaniali e patrimoniali dello Stato che, alla data del 30 giugno 1995,
risultavano non utilizzati o comunque non più utili ai fini istituzionali dello Stato
stesso.
Va ricordato, inoltre, che la L. 311/2004 dispone che rientrino nel patrimonio
indisponibile dei Comuni che ne fanno richiesta, a titolo oneroso e con vincolo
decennale di inalienabilità, le aree appartenenti allo Stato sulle quali i Comuni
stessi hanno realizzato opere di urbanizzazione.
Infine, l’art. 19 della L. 42/2009 sul federalismo fiscale dispone,
coerentemente con l’ultimo comma dell’art. 119 della Costituzione, nella nuova
formulazione introdotta dalla L. cost. 3/2001, che i decreti legislativi di
attuazione prevedano l’attribuzione a Regioni ed enti locali di un proprio
patrimonio; tale attribuzione dovrà essere effettuata a titolo non oneroso e
dovrà riguardare distinte tipologie di beni a seconda delle caratteristiche
dell’ente (dimensioni territoriali, capacità finanziarie, competenze e funzioni
svolte).
Per i soli beni immobili l’attribuzione avviene in base al criterio della
territorialità e previa intesa in sede di Conferenza unificata.
Dai beni trasferibili vanno esclusi particolari tipologie di beni aventi rilevanza
nazionale e, in particolare, i beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale.
All’art. 19 della L. 42/2009 ha dato attuazione il D.Lgs. 28 maggio 2010, n.
85 (cd. federalismo demaniale), che prevede che lo Stato, previa intesa in sede
di Conferenza unificata, individui i beni facenti parte del proprio demanio da
attribuire a titolo non oneroso agli enti pubblici territoriali che ne facciano
richiesta, affinché questi ultimi possano garantirne la massima
valorizzazione.
interesse nazionale;
e. gli altri beni immobili dello Stato, ad eccezione di quelli per i quali
Non possono, invece, essere trasferiti (art. 5, comma 2), fra gli altri, gli
immobili utilizzati per finalità istituzionali dalle amministrazioni statali e da
altri enti pubblici, i porti e gli aeroporti di rilevanza strategica nazionale e
internazionale, i beni appartenenti al patrimonio culturale, i parchi nazionali e le
riserve naturali statali, le reti di interesse statale, comprese quelle stradali ed
energetiche.
In linea generale, i beni indicati dall’art. 5 sono attribuiti ai Comuni, a meno che
esigenze di carattere unitario legate alla particolare tipologia del bene non
rendano necessaria la loro attribuzione a Province, Città metropolitane o
Regioni, cioè a livelli di governo più idonei a garantire la tutela, la gestione e la
valorizzazione dei beni stessi (art. 2, comma 5). A tal proposito, l’art. 3,
comma 1, dispone che:
SOMMARIO
1 INTRODUZIONE
Oltre che nelle forme del diritto pubblico, gli enti locali territoriali possono
agire anche nelle forme del diritto privato: essi possono obbligarsi, anche
contrattualmente, al fine di costituire, regolare o estinguere rapporti giuridici
patrimoniali con altre parti (altri enti pubblici o soggetti privati).
La disciplina cui tali negozi giuridici soggiacciono non presenta significative
difformità rispetto a quella regolante i contratti dello Stato, vale a dire quei
contratti cui le amministrazioni statali ricorrono per procurarsi i beni e servizi
di cui abbisognano. Ne consegue che anche per i contratti degli enti locali può
trovare applicazione la classificazione, ampiamente accettata, in contratti
ordinari, contratti speciali di diritto privato, contratti ad oggetto pubblico.
gli artt. 1321 e ss. e 1470 e ss. del codice civile, disciplinanti i contratti in
generale;
la legge di contabilità di Stato, approvata con R.D. 2440/1923, più volte
modificata;
Il Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture è stato adottato con
il D.Lgs 12-4-2006, n. 163, successivamente modificato ed integrato.
artt. 28-205: contratti nei settori ordinari, sopra e sotto soglia. In tali
disposizioni è contenuta la disciplina dei contratti aventi ad oggetto lavori,
servizi e forniture nei settori ordinari, sia sopra che sotto la soglia
comunitaria. Inoltre, è ricompresa la disciplina dei lavori relativi ad
infrastrutture strategiche ed insediamenti produttivi e quella dei contratti
B) I principi
L’art. 2 del Codice detta una serie di principi generali che devono governare la
procedura di scelta del contraente a garanzia della qualità delle prestazioni.
In tale prospettiva, da una parte, viene stabilito che deve essere garantita la
qualità delle prestazioni ed il rispetto dei principi di economicità,
efficacia, tempestività e correttezza, con evidente richiamo al dato
normativo costituzionale, e dall’altra, si pone l’accento sulla necessità di
procedere all’affidamento nel rispetto dei principi di libera concorrenza,
parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità
e pubblicità, tutti di matrice comunitaria, frutto della elaborazione
giurisprudenziale della Corte di giustizia e capisaldi della legislazione
comunitaria.
L’appalto è un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto tra una stazione
appaltante o un ente aggiudicatore e uno o più operatori economici, aventi per
oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi;
e più specificamente:
legislatore;
prodotti.
ordinari;
Parte III – Contratti pubblici relativi a servizi attinenti
all’architettura e all’ingegneria nei settori ordinari;
Parte IV – Contratti pubblici relativi a forniture e altri servizi
A) La deliberazione a contrarre
appaltanti;
condizioni dell’appalto;
fra tutti che abbia presentato un’offerta più vicina ad una cifra
Molto più estesi sono, invece, i poteri ed i compiti dei dirigenti: ad essi
spetta l’effettiva attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti
di indirizzo adottati dall’organo politico. In particolare secondo la formulazione
dell’art. 107 sono attribuit i ai dirigenti (in via esemplificativa):
gli atti ad essi attribuiti dallo statuto, dal regolamento o delegati del
Sindaco.
Secondo l’art. 3, comma 8, del Codice dei contratti pubblici, con il termine
lavori pubblici si fa riferimento alle attività di costruzione, demolizione,
recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere.
realizzare nell’anno;
l’esecutore dei lavori, oltre alle garanzie generiche previste dall’art. 75,
(art. 129);
130);
l’art. 133 del Codice ribadisce il divieto di revisione dei prezzi e la non
stabilita di volta in volta con D.M., nel caso in cui lo scostamento del
rapporto tra tasso di inflazione reale e quello programmato sia superiore
al 2% dell’importo dei lavori previsti per quell’anno;
per tutti i lavori pubblici va redatto un certificato di collaudo, secondo le
specifiche contenute nell’art. 141; per i soli lavori inferiori a 500 mila euro
il certificato di collaudo può essere sostituito con il certificato di
regolare esecuzione.
L’art. 53 del Codice dispone che (con l’eccezione dei contratti di
sponsorizzazione e dei lavori eseguiti in economia) i lavori pubblici possono
essere realizzati esclusivamente mediante contratti di appalto o di
concessione.
A differenza dell’esecuzione in economia, la concessione e l’appalto
presuppongono un contratto fra la P.A. ed un privato.
A L’appalto
Il codice civile definisce l’appalto come «il contratto con il quale una parte
assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio
rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in
denaro». Le ulteriori norme che il codice civile (artt. 1655-1677) detta in
materia, trovano applicazione nel caso di appalto di opere pubbliche, solo se non
siano in contrasto con la normativa speciale di carattere pubblicistico
(carattere desumibile dall’attribuzione alla P.A. di una posizione predominante
nell’ambito del rapporto giuridico).
Ma la principale fonte normativa in materia è costituita oramai dal Codice dei
contratti pubblici di lavori, servizi, forniture (D.Lgs. 163/2006), che, in
attuazione della legge comunitaria 62/2005, recepisce le direttive 2004/18/CE e
2004/17/CE, accorpando, così, in un unico testo la disciplina di appalti e
concessioni, sia sopra soglia che sotto soglia, sia nei settori «ordinari» che in
quelli «speciali».
I contratti sopra soglia o di rilevanza comunitaria sono quelli il cui valore
supera una determinata soglia, mentre i contratti sotto soglia o infracomunitari
sono figure negoziali che non superano la suddetta soglia.
414.000 euro per gli appalti di forniture e di servizi nei settori speciali.
In merito alla distinzione tra settori «ordinari» e settori «speciali»,
Le direttive 2004/18 e 2004/17 hanno introdotto nuovi istituti, ora recepiti dal
Codice dei contratti pubblici, volti a rendere più flessibile e trasparente l’attività
contrattuale della pubblica amministrazione e a garantire la concorrenza. Tra
essi, i più importanti sono: l’accordo quadro, il dialogo competitivo,
l’avvalimento, l’appalto integrato, il sistema dinamico di acquisizione e la
contrattazione tramite centrali di committenza.
Negli appalti relativi ai lavori, il contratto può avere ad oggetto (art. 53,
comma 2):
a. la sola esecuzione;
appalto integrato);
Con la modifica agli artt. 53, commi 2, lett. c), e 4, apportata dal D.Lgs.
152/2008 il legislatore ha previsto che in linea generale il contratto di appalto
sia stipulato a corpo per appalti di sola esecuzione e appalti di progettazione
ed esecuzione; mentre è consentita la possibilità di stipulare contratti a
misura per appalti di sola esecuzione di importo inferiore a 500.000 euro e
appalti riguardanti lavori di manutenzione, restauro, scavo archeologico, opere in
sotterraneo e di consolidamento di terreni.
Il D.P.R. 207/2010 regola l’appalto, inteso come sistema di realizzazione dei
lavori pubblici, nella Parte II, titolo V, per ciò che concerne i settori ordinari;
nella Parte V per ciò che concerne i settori speciali.
B) La concessione
C) I lavori in economia
Secondo l’art. 125, commi 5 e 6, del Codice dei contratti pubblici, i lavori
eseguibili in economia sono ammessi fino all’importo di 200.000 euro e
sono individuati da ciascuna stazione appaltante, con riguardo alle proprie
specifiche competenze e nell’ambito delle seguenti categorie generali:
Ai lavori in economia il D.P.R. 207/2010 dedica gli artt. 173-177, Parte II, titolo
VIII.
Il D.Lgs. 163/2006 (art. 3, comma 10) definisce gli appalti pubblici di servizi
come gli appalti pubblici diversi dagli appalti pubblici di lavori o di forniture,
aventi per oggetto la prestazione dei servizi di cui agli allegati II A e II B.
Il primo allegato comprende una serie di servizi definiti prioritari (manutenzione
e riparazione, telecomunicazione etc.), per i quali si applicano tutte le procedure
previste dal Codice; nell’allegato II B sono invece elencate 11 attività residuali
(servizi di trasporto per ferrovia, servizi di collocamento e reperimento del
personale etc.) alle quali si applicano solo le disposizioni relative alle specifiche
tecniche e all’avviso dell’avvenuta aggiudicazione.
In presenza di appalti misti — di servizi e di lavori — si dà prevalenza ai
servizi se il contratto prevede i lavori solo a titolo accessorio rispetto
all’oggetto principale (art. 14).
Il Codice prevede le procedure di aggiudicazione già viste per gli appalti di
lavori e forniture ovvero procedure aperte, ristrette, negoziate, dialogo
competitivo e accordo quadro.
Valgono inoltre le norme contenute nell’art. 38, quelle degli artt. 41 e 42 e
quelle dell’art. 39 con la specificazione che se si tratta di un cittadino di uno
Stato membro non residente in Italia, può essergli richiesto di provare la sua
iscrizione, secondo le modalità vigenti nello Stato di residenza, in uno dei
registri professionali o commerciali di cui all’allegato XI C per gli appalti
pubblici di servizi, mediante dichiarazione giurata o secondo le modalità vigenti
nello Stato membro nel quale è stabilito.
L’art. 30 del Codice dei contratti pubblici prevede l’istituto della concessione di
servizi, che si differenzia dall’appalto di servizi sotto due aspetti:
servizio.
delle telecomunicazioni;
esercizio di un’attività in merito alla quale l’applicabilità dell’art. 219,
per gli appalti di lavori, al fine di garantire anche in tale settore una
amministrativa.
dell’amministrazione aggiudicatrice.
rilievo comunitario.
pubblici.
Sono interessati alle disposizioni del Codice dei contratti pubblici, parte III:
geografica);
Gli articoli 208-213 forniscono puntuali chiarimenti in ordine alle attività che
vanno ricomprese fra i cosiddetti settori speciali.
servizio.
(art. 217);
(art. 219).
Per quanto riguarda le concessioni di servizi, la parte terza del Codice non si
applica alle concessioni di lavori e di servizi rilasciate da enti aggiudicatori che
esercitano una o più attività di cui agli articoli 208-213, quando la concessione
ha ad oggetto l’esercizio di dette attività.
Le disposizioni della parte terza del Codice in esame si applicano sia ai
contratti pubblici nei settori speciali di rilevanza comunitaria, sia a quelli sotto
soglia comunitaria.
Il D.P.R. 101/2002, abrogato a partire dall’8 giugno 2011 dal D.P.R. 207/2010, ha
esteso anche alle pubbliche amministrazioni la possibilità di acquisire beni e
servizi attraverso Internet, possibilità già diffusa nel settore privato. Il ricorso
al mercato elettronico è infatti considerato uno strumento essenziale per
ridurre la spesa per la fornitura di beni e servizi poiché rende le procedure di
acquisto snelle, rapide e trasparenti.
La possibilità di ricorrere a tale strumento è divenuta obbligo ad opera dell’art.
1, comma 450, della L. 296/2006 (finanziaria 2007): dal 1° luglio 2007, le
amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle
scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni
universitarie, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia
comunitaria, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica
amministrazione (MEPA), di cui al D.P.R. 207/2010.
Le Regioni, le Province, le Città metropolitane, i Comuni e le Comunità montane
possono applicare le disposizioni del regolamento se così dispongono nell’ambito
della propria autonomia e salvo che non aderiscano alle convenzioni stipulate
tramite Consip.
Il MEPA è un mercato digitale in cui le amministrazioni abilitate possono
acquistare, per valori inferiori alle soglie comunitarie, i beni e i servizi offerti
da fornitori abilitati a presentare i propri cataloghi su tale mercato (per
maggiori approfondimenti si veda il sito www.acquistinretepa.it).
In questo caso è la Consip che definisce con appositi bandi le tipologie di beni e
servizi e le relative condizioni generali di fornitura e che gestisce l’abilitazione
dei fornitori e la pubblicazione e l’aggiornamento dei cataloghi. Accedendo alla
vetrina del mercato elettronico o navigando sul catalogo prodotti, le
amministrazioni possono verificare direttamente l’offerta di beni e/o servizi e,
una volta abilitate, effettuare acquisti on line, confrontando le proposte dei
diversi fornitori e scegliendo quella più rispondente alle proprie necessità.
I principali vantaggi di tale sistema sono (fonte: www.acquistinretepa.it):
per le amministrazioni:
sotto soglia;
il territorio nazionale;
per i fornitori:
vendita;
accesso al mercato della Pubblica Amministrazione;
occasione per valorizzare la propria impresa anche se di piccole
dimensioni;
concorrenzialità e confronto diretto con il mercato di riferimento;
opportunità di proporsi su tutto il territorio nazionale;
Lo stesso comma 450 precisa poi che le altre amministrazioni pubbliche di cui
all’art. 1 del D.Lgs. 165/2011 (tra cui gli enti locali), per gli acquisti di beni e
servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria, sono tenute a fare ricorso al
MEPA ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi dell’art. 328 del D.P.R.
207/2010 ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale
regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure.
Per i contratti di acquisto di forniture e servizi sotto la soglia comunitaria, il
D.P.R. 207/2010, all’art. 328, stabilisce che, salvi i casi di ricorso obbligatorio al
mercato elettronico, la stazione appaltante può decidere di acquisire beni e
servizi attraverso un proprio mercato elettronico, o utilizzando il mercato
elettronico della pubblica amministrazione realizzato dal MEF sulle proprie
infrastrutture tecnologiche, ovvero avvalendosi del mercato elettronico
realizzato dalle centrali di committenza di riferimento.
Il mercato elettronico consente acquisti telematici basati su un sistema che
attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via elettronica
e telematica, nel rispetto di determinate disposizioni e dati principi
organizzativi.
Le stazioni appaltanti abilitano al mercato elettronico i fornitori di beni e i
prestatori di servizi tramite uno o più bandi aperti per tutta la durata del
mercato a qualsivoglia operatore economico che possieda i requisiti di
abilitazione. I bandi di abilitazione sono pubblicati in conformità della disciplina
applicabile per le procedure sotto soglia di cui all’art. 124, comma 5, del Codice
e indicano l’indirizzo del sito informatico presso il quale è possibile consultare
la documentazione della procedura, senza subordinarlo ad oneri.