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Alla delega contenuta nella L. 42/2009 ha dato attuazione il D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118,
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli
enti locali e dei loro organismi, prevedendo in origine una fase di sperimentazione di durata
biennale (2012 e 2013, ma il D.L. 102/2013, conv. in L. 124/2013, ha poi previsto un terzo anno
di sperimentazione, il 2014) che avrebbe dovuto coinvolgere un numero limitato di enti scelti in
base alla collocazione geografica e alla dimensione demografica.
Le modifiche al D.Lgs. 118/2011 successivamente apportate dal D.Lgs. 10 agosto 2014, n.
126 hanno inciso in modo particolare sull’ordinamento contabile delle Regioni, contribuendo a
definire in modo dettagliato il nuovo regime contabile e determinando l’abrogazione, a decorrere
dal 1° gennaio 2015, del D.Lgs. 76/2000.
b) La L. cost. 1/2012 e il vincolo del pareggio di bilancio per Regioni ed enti locali
La necessità di porre un freno alla crescita del debito pubblico italiano e di risanare i conti dello
Stato ha spinto il Parlamento a introdurre nella Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio,
attraverso una modifica dell’art. 81 attuata con la L. cost. 1/2012 e operativa a partire dal 2014.
Tale vincolo è stato, quindi, esteso, modificando l’art. 119, anche alle Regioni e agli enti
locali, laddove si dispone che, sempre a decorrere dal 2014, l’autonomia finanziaria di entrata
e di spesa che la riforma federalista ha riconosciuto a tali enti debba, tuttavia, essere esercitata
nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e concorrendo ad assicurare l’osservanza dei vincoli
economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
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Fra gli altri principi non esplicitamente contenuti nel D.Lgs. 76/2000 occorre ricordare il principio della
significatività e rilevanza, secondo il quale l’informazione fornita deve essere significativa, cioè in grado di
influenzare le decisioni degli utilizzatori aiutandoli a valutare gli eventi passati, presenti o futuri, e rilevante,
nel senso che la sua omissione o errata presentazione può influenzare le decisioni dell’utilizzatore; il princi-
pio della congruità delle entrate e delle spese, consistente nel verificare l’adeguatezza dei mezzi disponibili
rispetto ai fini stabiliti; il principio della prudenza, secondo cui, ad esempio, nel bilancio di previsione devono
essere iscritte solo le componenti positive che ragionevolmente saranno disponibili nel periodo considerato
e quelle che non si realizzeranno non dovranno essere riportate nel rendiconto; il principio della continuità
e costanza, in base al quale la valutazione delle poste contabili deve essere effettuata nella prospettiva
della continuazione delle attività istituzionali dell’ente; il principio della comparabilità e verificabilità delle
informazioni, sia nel tempo sia tra enti diversi; il principio della neutralità o imparzialità, per il quale nella
redazione dei documenti contabili occorre seguire principi indipendenti e imparziali verso tutti i destinatari,
senza servire o favorire gli interessi di gruppi particolari; il principio della competenza economica, secondo
cui l’effetto delle operazioni poste in essere dall’ente deve essere rilevato contabilmente e attribuito all’eser-
cizio al quale tali operazioni si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti finanziari.
L’art. 3 del D.Lgs 118/2011 dispone che Regioni ed enti locali conformino la propria gestione, oltre
che ai principi contabili generali di cui sopra, anche a quattro principi contabili applicati, che nelle
intenzioni del legislatore dovrebbero garantire non solo l’omogeneità dei sistemi informativi ma
anche il consolidamento e la trasparenza dei conti pubblici secondo le direttive dell’Unione europea:
— il principio della programmazione (allegato 4/1), in base al quale i documenti che rientrano
nel processo di programmazione delle Regioni sono:
— il Documento di economia e finanza regionale (DEFR), che la Giunta regionale presenta al
Consiglio entro il 30 giugno;
— la Nota di aggiornamento del DEFR, da presentare al Consiglio entro trenta giorni dalla
presentazione della Nota di aggiornamento del DEF nazionale e comunque non oltre la
data di presentazione del disegno di legge di bilancio;
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— il principio relativo al bilancio consolidato (allegato 4/4). Secondo quanto stabilito dall’art.
11bis del D.Lgs. 118/2011, Regioni ed enti locali devono redigere un bilancio consolidato che
rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione finanziaria e patrimoniale e il risulta-
to economico dell’attività complessiva svolta dall’ente attraverso le proprie articolazioni
organizzative, i suoi enti strumentali e le sue società controllate e partecipate (il cd. gruppo
amministrazione pubblica).
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decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio di previsione (art. 36, comma 4, e allegato
4/1) e, in particolare:
— variazioni delle aliquote e di tutte le altre misure che incidono sul gettito dei tributi di com-
petenza regionale;
— rifinanziamento delle leggi di spesa regionali, ad eccezione di quelle obbligatorie e di quelle
continuative;
— riduzione, per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione, di autorizzazioni
legislative di spesa;
— rimodulazione delle quote delle spese pluriennali disposte con leggi regionali destinate a gra-
vare su ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio di previsione e sugli esercizi successivi;
— eventuali autorizzazioni di spesa per interventi la cui realizzazione si protrae oltre il periodo
di riferimento del bilancio di previsione;
— norme che comportano aumenti di entrata o riduzioni di spesa;
— norme eventualmente necessarie a garantire il rispetto del patto di stabilità interno.
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Per quanto riguarda la procedura di approvazione, l’allegato 4/1 al D.Lgs. 118/2011 prevede che:
— entro il 31 ottobre di ogni anno la Giunta approva lo schema della delibera di approvazione
del bilancio di previsione finanziario relativa almeno al triennio successivo, da sottoporre al
Consiglio, cui trasmette contestualmente, a solo scopo conoscitivo, anche la proposta di arti-
colazione delle tipologie di entrata in categorie e dei programmi di spesa in macroaggregati;
— entro il 31 dicembre il Consiglio approva il bilancio.
Contestualmente all’approvazione del bilancio da parte del Consiglio, la Giunta approva, in un docu-
mento denominato Documento tecnico di accompagnamento, la ripartizione delle tipologie di entrata
in categorie e dei programmi di spesa in macroaggregati, per ciascuno degli anni considerati nel bilancio.
Allo stesso modo, la Giunta (o il Segretario generale, se così previsto dal regolamento di contabilità) ap-
prova la ripartizione delle categorie e dei macroaggregati in capitoli ed eventualmente in articoli, sempre
per ciascuno degli anni considerati nel bilancio. Tale documento è detto Bilancio finanziario gestionale.
Qualora il Consiglio non approvi il bilancio entro il 31 dicembre, l’art. 43 del D.Lgs. 118/2011
dispone che la gestione finanziaria dell’ente si svolga nel rispetto dei principi applicati della con-
tabilità finanziaria riguardanti l’esercizio provvisorio o la gestione provvisoria (di cui all’allegato
4/2 al D.Lgs. 118/2011). L’esercizio provvisorio non può essere concesso se non per legge e per
un periodo complessivamente non superiore a quattro mesi, durante il quale non è consentito
il ricorso all’indebitamento.
La riscossione consiste nel materiale introito, da parte del tesoriere o di altri eventuali inca-
ricati, delle somme dovute all’ente (art. 54).
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Gli ordinativi d’incasso che si riferiscono ad entrate di competenza dell’esercizio in corso devono essere
tenuti distinti da quelli relativi ai residui. Tutti gli ordinativi devono essere imputati contabilmente nell’esercizio
in cui il tesoriere li ha eseguiti (cioè ha incassato le relative entrate), anche se la relativa comunicazione è
pervenuta nell’esercizio successivo.
Il versamento, infine, consiste nel materiale trasferimento delle somme incassate nelle casse
della Regione (art. 55).
La gestione delle spese si attua attraverso le fasi dell’impegno, della liquidazione, dell’ordi-
nazione e del pagamento (art. 52).
L’impegno è la fase della spesa in cui viene riconosciuta un’obbligazione passiva giuridi-
camente perfezionata ed è determinata la ragione del debito, la somma da pagare, il soggetto
credito, il vincolo costituito sullo stanziamento di bilancio e la scadenza. Gli impegni di spesa
sono assunti nei limiti dei rispettivi stanziamenti di competenza del bilancio di previsione, con
imputazione agli esercizi in cui le obbligazioni sono esigibili (art. 56).
Si noti, anche stavolta, che in base al principio della competenza finanziaria le obbligazioni passive
giuridicamente perfezionate vanno imputate contabilmente all’esercizio nel quale andranno in scadenza,
ma devono essere registrate nell’esercizio in cui sono perfezionate, anche se in quell’esercizio non deter-
minano movimenti di cassa.
La liquidazione costituisce la fase del procedimento di spesa con la quale, in base ai docu-
menti e ai titoli atti a comprovare il diritto del creditore, si determina la somma da pagare nei
limiti dell’ammontare dell’impegno definitivo assunto (art. 57).
Si noti che la liquidazione deve essere registrata contabilmente quando l’obbligazione diviene effetti-
vamente esigibile, a seguito dell’acquisizione completa della documentazione necessaria a comprovare il
diritto del creditore e a seguito del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione e
sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite.
Le ultime fasi sono quelle dell’ordinazione e del pagamento: il pagamento è ordinato al tesoriere
mediante l’emissione di mandati di pagamento firmati dal responsabile del servizio finanziario (art. 58).
I mandati che si riferiscono a spese di competenza dell’esercizio in corso devono essere tenuti distinti
da quelli relativi ai residui. Tutti i mandati di spesa devono essere imputati contabilmente nell’esercizio in cui
il tesoriere li ha eseguiti (cioè ha effettuato il pagamento), anche se la relativa comunicazione è pervenuta
nell’esercizio successivo.
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Il conto economico evidenzia i componenti positivi (ricavi) e negativi (costi) della gestione
di competenza economica dell’esercizio considerato (rilevati dalla contabilità economico-patri-
moniale nel rispetto dei relativi principi contabili, generali e applicati, di cui al D.Lgs. 118/2011)
e rileva il risultato economico dell’esercizio.
Lo stato patrimoniale rappresenta i risultati della gestione patrimoniale e la consistenza del
patrimonio al termine dell’esercizio.
In attuazione del principio contabile generale della competenza finanziaria, le Regioni, prima
di inserire i residui attivi e passivi nel rendiconto, devono provvedere al riaccertamento dei
residui stessi, al fine di verificare le ragioni del loro mantenimento, totale o parziale.
n) Il bilancio consolidato
Il D.Lgs. 118/2011 (art. 11 bis) impone a Regioni ed enti locali di redigere un bilancio consolidato
che tenga conto anche dell’attività svolta da enti ed organismi strumentali e da società controllate
o partecipate, nel rispetto delle modalità e dei criteri indicati dall’allegato 4/4 allo stesso decreto.
Si definisce ente strumentale controllato da una Regione o da un ente locale l’azienda o l’ente, pubblico
o privato, nei cui confronti l’ente stesso ha una delle seguenti condizioni (art. 11ter):
— il possesso, diretto o indiretto, della maggioranza dei voti esercitabili nell’ente o nell’azienda;
— il potere, assegnato da legge, statuto o convenzione, di nominare o rimuovere la maggioranza di com-
ponenti degli organi decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore,
nonché a decidere in ordine all’indirizzo, alla pianificazione e alla programmazione dell’attività di un
ente o di un’azienda;
— la maggioranza, diretta o indiretta, dei diritti di voto nelle sedute degli organi decisionali, competenti
a definire le scelte strategiche e le politiche di settore, nonché a decidere in ordine all’indirizzo, alla
pianificazione e alla programmazione dell’attività dell’ente o dell’azienda;
— l’obbligo di ripianare i disavanzi, nei casi consentiti dalla legge, per percentuali superiori alla propria
quota di partecipazione;
— un’influenza dominante in virtù di contratti o clausole statutarie (come nel caso dei contratti di servizio
pubblico o di concessione stipulati con aziende che svolgono prevalentemente l’attività oggetto dei
contratti stessi.
Si definisce società controllata da un ente territoriale la società nella quale l’ente stesso ha una delle
seguenti condizioni (art. 11quater):
— il possesso, diretto o indiretto, anche sulla scorta di patti parasociali, della maggioranza dei voti eser-
citabili nell’assemblea ordinaria o dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante
sull’assemblea ordinaria;
— il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un’influenza dominante.
Occorre sottolineare che fino all’esercizio 2017 non vanno incluse nel bilancio consolidato le società quotate
(cioè quelle che emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati) e quelle da esse controllate.
Si definisce società partecipata da un ente territoriale la società nella quale l’ente stesso, direttamente
o indirettamente, dispone di una quota di voti, esercitabili in assemblea, pari o superiore al 20 per cento
(o al 10 per cento se si tratta di società quotata). Tuttavia, in fase di prima applicazione del decreto, con
riferimento agli esercizi 2015-2017, per società partecipata si intende la società a totale partecipazione
pubblica affidataria di servizi pubblici locali dell’ente, indipendentemente dalla quota di partecipazione
(art. 11 quinquies).
Il bilancio consolidato è costituito dal conto economico consolidato e dallo stato patrimo
niale consolidato, redatti secondo lo schema previsto dall’allegato 11 al D.Lgs. 118/2011.
Al documento occorre allegare:
— la relazione sulla gestione consolidata, comprensiva della nota integrativa;
— la relazione del Collegio dei revisori dei conti.
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Per quanto riguarda poi l’applicabilità del nuovo ordinamento contabile di cui al D.Lgs.
118/2011, secondo quanto disposto dall’art. 79 del suddetto decreto, introdotto dal D.Lgs.
126/2014, anche le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono
tenute ad adeguare il proprio ordinamento contabile ai principi di armonizzazione ai bilanci pubblici
nello stesso contenuti, sia pure con modalità e decorrenza stabilite da norme di attuazione dei
rispettivi Statuti, come previsto dall’art. 27 della L. 42/2009.
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Il DUP è composto da due sezioni (art. 151 T.U., come modificato dal D.Lgs. 126/2014): la
Sezione Strategica (SeS), che ha un orizzonte temporale pari a quello del mandato amministra-
tivo, e la Sezione Operativa (SeO), il cui orizzonte coincide con quello del bilancio di previsione.
La SeS sviluppa e concretizza le linee programmatiche, presentate dal Sindaco al Consiglio all’inizio del
mandato e relative alle azioni e ai progetti che si intende realizzare nel corso del mandato stesso (art. 46, comma
3, T.U.), coerentemente con le linee di indirizzo della programmazione regionale e con gli obiettivi di finanza
pubblica definiti in ambito nazionale nel rispetto delle procedure e dei criteri stabiliti dall’Unione europea.
Nel primo anno del mandato amministrativo, la SeS deve definire, per ogni missione di bilancio, gli
obiettivi strategici da perseguire entro la fine del mandato. L’individuazione di tali obiettivi è il risultato
dell’approfondita analisi strategica di una serie di condizioni esterne e interne all’ente.
Ogni anno occorre verificare lo stato di attuazione degli obiettivi strategici che, se necessario e dandone
adeguata motivazione, possono essere opportunamente riformulati.
Al termine del mandato l’amministrazione dovrà rendere conto del proprio operato attraverso la relazio-
ne di fine mandato (art. 4, D.Lgs. 149/2011), in cui si certificano le iniziative intraprese e i risultati conseguiti.
La SeO è quella sezione del DUP in cui vengono definiti gli strumenti operativi che si intendono uti-
lizzare per conseguire gli obiettivi strategici definiti nella SeS.
In particolare, essa definisce, per ogni singola missione, i programmi da realizzare per conseguire gli
obiettivi strategici della SeS, e per ogni singolo programma, gli obiettivi operativi annuali da rispettare.
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Al bilancio di previsione vanno allegati i seguenti documenti (art. 11, comma 3, D.Lgs. 118/2011 e art.
172 T.U., come modificati dal D.Lgs. 126/2014):
— il prospetto esplicativo del presunto risultato di amministrazione;
— il prospetto concernente la composizione, per missioni e programmi, del fondo pluriennale vincolato;
— il prospetto relativo alla composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità;
— il prospetto dimostrativo del rispetto dei vincoli di indebitamento;
— il prospetto delle spese previste per l’utilizzo di contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari
e internazionali;
— il prospetto delle spese previste per lo svolgimento di funzioni delegate dalle Regioni;
— la nota integrativa;
— l’elenco degli indirizzi internet in cui sono stati pubblicati il rendiconto della gestione e il bilancio consoli-
dato deliberati e relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione,
nonché i rendiconti e i bilanci consolidati delle unioni di Comuni e dei soggetti facenti parte del gruppo
amministrazione pubblica, anch’essi relativi al penultimo esercizio antecedente quello di riferimento.
Tali documenti vanno allegati al bilancio di previsione qualora non integralmente pubblicati nei siti
internet indicati nell’elenco;
— la deliberazione, da adottarsi annualmente, con cui i Comuni verificano la quantità e qualità di aree e
fabbricati da destinarsi alla residenza o alle attività produttive o terziarie che potranno essere ceduti in
proprietà o in diritto di superficie;
— le deliberazioni con cui sono determinati, per l’esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d’imposta e le
eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché,
per i servizi a domanda individuale, i tassi percentuali di copertura del costo di gestione dei servizi stessi;
— la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale prevista dalle
disposizioni vigenti;
— il prospetto per la verifica del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di cui all’allegato 9 del D.Lgs. 118/2001
(L. 232/2016, comma 468);
— il programma biennale degli acquisti di beni e servizi, a decorrere dal bilancio di previsione per l’esercizio
2018 (L. 232/2016, comma 424).
L’art. 18bis del D.Lgs. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. 126/2014, dispone che al bilancio di previsione
venga allegato anche il piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio, costruito sulla base di un
sistema comune di indicatori di risultato da definirsi con decreto del Ministro dell’interno e la cui redazione
sarà obbligatoria a decorrere dall’esercizio successivo all’emanazione del suddetto decreto. Al riguardo ha
provveduto il D.M. 22 dicembre 2015.
In riferimento a ciascun programma, il piano indica gli obiettivi che l’ente intende realizzare nel triennio
di riferimento del bilancio di previsione. Il piano è aggiornato annualmente, in relazione all’individuazione
di nuovi obiettivi e per scorrimento (allegato 4/1 al D.Lgs. 118/2011).
Per quanto riguarda la procedura di approvazione, l’allegato 4/1 al D.Lgs. 118/2011 prevede che:
— entro il 15 novembre di ogni anno la Giunta approva lo schema della delibera di approvazione
del bilancio di previsione finanziario relativa almeno al triennio successivo, da sottoporre al
Consiglio, cui trasmette contestualmente, a solo scopo conoscitivo, anche la proposta di arti-
colazione delle tipologie di entrata in categorie e dei programmi di spesa in macroaggregati;
— entro il 31 dicembre il Consiglio approva il bilancio.
Il suddetto termine può essere differito, in presenza di motivate esigenze, con decreto del Ministro dell’inter-
no, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Qualora il Consiglio non approvi il bilancio entro la suddetta data, il nuovo comma 1 dell’art.
163 T.U. dispone che la gestione finanziaria dell’ente si svolga nel rispetto dei principi applicati
della contabilità finanziaria riguardanti l’esercizio provvisorio o la gestione provvisoria (di cui
all’allegato 4/2 al D.Lgs. 118/2011).
L’esercizio provvisorio può essere autorizzato con legge o con il decreto del Ministro dell’in-
terno che, secondo quanto previsto dall’art. 151 T.U., in presenza di motivate esigenze differisce
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il termine di approvazione del bilancio, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze,
sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali (così il nuovo comma 3 dell’art. 163 T.U.).
Il suddetto comma precisa che nel corso dell’esercizio provvisorio non è consentito il ricorso all’indebi-
tamento ed è possibile impegnare solo le spese correnti, le eventuali spese correlate riguardanti le partite
di giro, i lavori pubblici o gli altri interventi di somma urgenza.
Nel caso in cui il bilancio non sia stato approvato entro il 31 dicembre e, tuttavia, non sia
stato autorizzato l’esercizio provvisorio (o nel caso in cui l’ente non abbia rispettato neanche
il termine differito stabilito dal decreto ministeriale di cui sopra), è consentita esclusivamente
una gestione provvisoria nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell’ultimo bilancio
approvato per l’esercizio cui si riferisce la gestione provvisoria (art. 163, comma 2, T.U.).
Nel corso della gestione provvisoria l’ente può:
— assumere solo obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi o tassativamente
regolate dalla legge o, ancora, necessarie ad evitare all’ente danni patrimoniali gravi e certi;
— disporre pagamenti solo per l’assolvimento delle obbligazioni già assunte e di quelle derivanti da
provvedimenti giurisdizionali esecutivi o da obblighi tassativamente regolati dalla legge, nonché per le
spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse e per quelle necessarie
ad evitare all’ente danni patrimoniali gravi e certi.
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a seguito della verifica della completezza della documentazione prodotta e della idoneità della
stessa a comprovare il diritto di credito del creditore, corrispondente ad una spesa che è stata
legittimamente posta a carico del bilancio e regolarmente impegnata. Alla fine dell’esercizio,
gli impegni contabili non liquidati o non liquidabili sono annullati e reimputati all’esercizio in
cui l’obbligazione risulta esigibile.
Infine, il provvedimento di liquidazione, insieme a tutti i documenti giustificativi (fatture, buono d’ordine
ecc.), viene trasmesso al servizio finanziario, il quale provvede a richiamare la fattura, precedentemente
registrata, e ad effettuare i controlli e i riscontri amministrativi, contabili e fiscali.
L’ordinazione (art. 185 T.U., come modificato dal D.Lgs. 126/2014) consiste nella disposizione
impartita al tesoriere dell’ente di provvedere al pagamento ad un soggetto specificato. L’atto
che contiene l’ordinazione è detto mandato di pagamento o ordine di pagamento.
Una volta rilevata una disponibilità di cassa sufficiente, il dipendente dell’ente individuato dal Regola-
mento di contabilità firma il mandato di pagamento. Quest’ultimo è poi controllato dal servizio finanziario,
il quale, dopo aver apposto il visto che attesta la verifica della sussistenza dell’impegno e della liquidazio-
ne, provvede alle relative operazioni di contabilizzazione e all’invio del provvedimento al tesoriere per il
pagamento (quarta fase), accompagnandolo da un elenco in duplice esemplare la cui copia deve essere
restituita per ricevuta.
Il tesoriere, anche in assenza del mandato, è tenuto al pagamento di somme derivanti da obblighi tri-
butari (cartelle esattoriali di imposte per le quali l’ente è soggetto passivo), da somme iscritte a ruolo, da
delegazioni di pagamento (per mutui assunti e prestiti obbligazionari emessi) e da altri obblighi di legge
(art. 185). In questo caso il responsabile del servizio finanziario deve emettere tale atto nel termine di 30
giorni, imputandolo contabilmente all’esercizio in cui il tesoriere ha effettuato il pagamento, anche se la
relativa comunicazione è pervenuta all’ente nell’esercizio successivo.
Il conto si conclude con la dimostrazione del risultato della gestione di competenza e della
gestione di cassa e del risultato di amministrazione alla fine dell’esercizio.
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Al conto del bilancio sono allegati la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà
strutturale e il piano degli indicatori e dei risultati di bilancio.
Il conto economico evidenzia i componenti positivi (ricavi) e negativi (costi) della gestione
di competenza economica dell’esercizio considerato (rilevati dalla contabilità economico-patri-
moniale nel rispetto dei relativi principi contabili, generali e applicati, di cui al D.Lgs. 118/2011)
e rileva il risultato economico dell’esercizio.
Tale documento va redatto secondo lo schema previsto dall’allegato 10 al D.Lgs. 118/2011
(art. 229 T.U., dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. 126/2014).
Lo stato patrimoniale rappresenta i risultati della gestione patrimoniale e la consistenza del
patrimonio al termine dell’esercizio ed è predisposto nel rispetto dei principi della contabilità
economico-patrimoniale di cui al D.Lgs. 118/2011 (art. 230 T.U., dopo le modifiche introdotte
dal D.Lgs. 126/2014).
Il documento deve essere redatto secondo lo schema previsto dall’allegato 10 al D.Lgs.
118/2011, mentre l’allegato 4/3 contiene le modalità di valutazione dei beni del demanio e del
patrimonio.
g) Il bilancio consolidato
In base all’art. 11bis del D.Lgs. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. 126/2014, anche i Comuni
devono redigere il bilancio consolidato con i propri enti e organismi strumentali, aziende, società
controllate e partecipate (cd. gruppo amministrazione pubblica), secondo le modalità e i criteri
individuati dal principio contabile applicato del bilancio consolidato, di cui all’allegato 4/4 al
decreto stesso. Si veda, al riguardo, quanto detto a proposito delle Regioni.
h) Il deficit strutturale
Sono considerati in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano
gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio (art. 242 T.U.); tali condizioni sono rilevabili da
una apposita tabella, allegata al certificato sul rendiconto della gestione del penultimo esercizio,
contenente parametri obiettivi: qualora almeno la metà di tali parametri presenti valori deficitari,
l’ente è dichiarato strutturalmente deficitario.
Gli enti che si trovino in condizioni di deficitarietà strutturale sono soggetti al controllo cen-
trale della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali istituita presso il Ministero
dell’Interno (art. 155 T.U.) che ha il compito di verificare la compatibilità finanziaria dei provvedi-
menti con i quali si approvano le dotazioni organiche e si provvede all’assunzione di personale.
Gli stessi enti deficitari sono inoltre sottoposti al controllo centrale sul rispetto di percen-
tuali prestabilite di copertura del costo di alcuni servizi mediante l’onere di presentazione di
apposita certificazione. Quegli enti locali strutturalmente deficitari che non rispettino queste
percentuali di copertura vengono sanzionati con la riduzione dell’1% del contributo statale
ordinario spettante per l’anno nel quale si è verificata l’inadempienza.
I Comuni e le Province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni
regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di
provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 (salvaguardia degli
equilibri di bilancio e riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio) non siano sufficienti a superare
le condizioni di squilibrio rilevate, possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di rie-
quilibrio finanziario pluriennale (art. 243bis T.U., come modificato dalla L. 205/2017).
Entro novanta giorni dalla data di esecutività della delibera, il Consiglio dell’ente è tenuto a deliberare
un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, corredato del
parere dell’organo di revisione, contenente tutte le misure necessarie a superare le condizioni di squilibrio.
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i) Il dissesto finanziario
Qualora un ente locale non possa garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indi-
spensabili, oppure esistano nei confronti dell’ente locale crediti di terzi non validamente fron-
teggiabili, il Titolo VIII della Parte II del T.U. prevede (per i soli Comuni e Province) l’attivazione
di una complessa procedura per la rilevazione ed il pagamento dei debiti, da una parte, e per il
risanamento finanziario dell’ente dall’altra.
La procedura si apre con la deliberazione di dissesto adottata dal Consiglio dell’ente: la de-
liberazione, che non è revocabile, è trasmessa entro 5 giorni al Ministero dell’Interno ed è pub-
blicata per estratto sulla Gazzetta Ufficiale insieme al decreto del Presidente della Repubblica
con cui si nomina l’organo straordinario di liquidazione, il cui compito è quello di ripianare
l’indebitamento pregresso dell’ente.
La deliberazione di cui sopra va inoltre trasmessa (insieme ad una dettagliata relazione del
Collegio dei revisori) alla Corte dei conti.
Per ciò che concerne i poteri repressivi della Corte dei conti, si evidenzia quanto disposto dal comma
5, art. 248 del T.U. (inserito dal D.Lgs. 149/2011). Secondo tale norma, in caso di dissesto finanziario gli
amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di aver contri-
buito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto
stesso, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti
di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati.
I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono
candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente
di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e
dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo.
Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale,
provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Ai medesimi soggetti,
se ritenuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione
pecuniaria variabile da cinque a venti volte la retribuzione mensile.
Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello
svolgimento dell’attività del Collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le nor-
mative vigenti, delle informazioni, i componenti del Collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio
della predetta Corte non possono essere nominati nel Collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed
organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata.
La Corte dei conti trasmette l’esito dell’accertamento anche all’ordine professionale di appartenenza
dei revisori per valutazioni relative all’eventuale avvio di procedimenti disciplinari. Anche a tali soggetti la
Corte può irrogare sanzioni pecuniarie nella misura descritta in precedenza a proposito degli amministratori.
È inoltre previsto un meccanismo semplificato per l’estinzione dei debiti: l’organo straordi-
nario di liquidazione, infatti, può proporre all’ente locale di definire in via transattiva le pretese
dei creditori, se l’ente accetta, ai creditori è offerta una somma compresa fra il 40 e il 60% del
debito (così l’art. 258 del T.U.). Da tale tipo di transazione sono comunque esclusi i debiti relativi
alle retribuzioni dei dipendenti (che vanno liquidate per intero).
In modo parallelo all’attività dell’organo di liquidazione si svolge quella degli organi istitu-
zionali dell’ente: compito principale di questi ultimi è quello di assicurare condizioni stabili di
equilibrio finanziario e rimuovere le cause strutturali che hanno determinato il dissesto.
A tal fine, entro 30 giorni dalla deliberazione di dissesto, il Consiglio dell’ente è tenuto a fissare le aliquote
dei tributi locali e le tariffe nella misura massima consentita (art. 251); la delibera con cui sono fissati questi
aumenti non è revocabile ed ha efficacia per 5 anni a partire da quello cui si riferisce l’ipotesi di bilancio
riequilibrato, in cui il riequilibrio è realizzato aumentando le entrate proprie e riducendo le spese correnti
(rideterminazione della pianta organica, riorganizzazione dei servizi).
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