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L’ordinamento contabile delle Regioni


e degli enti locali

1 L’ordinamento contabile delle Regioni


a) Dal D.Lgs. 76/2000 al D.Lgs. 118/2011
Fino al 31 dicembre 2014 i principi fondamentali e le norme di coordinamento in materia di
bilancio e di contabilità delle Regioni erano dettati dal D.Lgs. 28 marzo 2000, n. 76, attuativo
della L. 208/1999.
Negli anni successivi, tuttavia, la necessità di consentire la piena realizzazione del federali-
smo fiscale e di garantire, di conseguenza, l’uniformità e la confrontabilità dei sistemi contabili
di tutte le pubbliche amministrazioni aveva spinto il legislatore, con la L. 5 maggio 2009, n. 42,
a delegare il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi volti, fra l’altro, ad armonizzare i
sistemi contabili e gli schemi di bilancio di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, nonché
i relativi termini di presentazione e approvazione, in funzione delle esigenze di programmazione,
gestione e rendicontazione della finanza pubblica.
Tali obiettivi dovevano essere perseguiti, in particolare, attraverso l’adozione di regole contabili unifor-
mi, di un comune piano dei conti, di schemi di bilancio articolati in missioni e programmi (coerentemente
con la disciplina europea e nazionale), di un sistema di contabilità economico-patrimoniale da affiancare,
a fini conoscitivi, alla tradizionale contabilità finanziaria. Tutto ciò in coerenza con quanto disposto dalla
L. 196/2009, che aveva a sua volta delegato il Governo ad armonizzare i sistemi contabili di tutte le altre
pubbliche amministrazioni (cioè di quelle diverse dagli enti pubblici territoriali, per i quali aveva già prov-
veduto la citata L. 42/2009).

Alla delega contenuta nella L. 42/2009 ha dato attuazione il D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118,
in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli
enti locali e dei loro organismi, prevedendo in origine una fase di sperimentazione di durata
biennale (2012 e 2013, ma il D.L. 102/2013, conv. in L. 124/2013, ha poi previsto un terzo anno
di sperimentazione, il 2014) che avrebbe dovuto coinvolgere un numero limitato di enti scelti in
base alla collocazione geografica e alla dimensione demografica.
Le modifiche al D.Lgs. 118/2011 successivamente apportate dal D.Lgs. 10 agosto 2014, n.
126 hanno inciso in modo particolare sull’ordinamento contabile delle Regioni, contribuendo a
definire in modo dettagliato il nuovo regime contabile e determinando l’abrogazione, a decorrere
dal 1° gennaio 2015, del D.Lgs. 76/2000.

b) La L. cost. 1/2012 e il vincolo del pareggio di bilancio per Regioni ed enti locali
La necessità di porre un freno alla crescita del debito pubblico italiano e di risanare i conti dello
Stato ha spinto il Parlamento a introdurre nella Costituzione il vincolo del pareggio di bilancio,
attraverso una modifica dell’art. 81 attuata con la L. cost. 1/2012 e operativa a partire dal 2014.
Tale vincolo è stato, quindi, esteso, modificando l’art. 119, anche alle Regioni e agli enti
locali, laddove si dispone che, sempre a decorrere dal 2014, l’autonomia finanziaria di entrata
e di spesa che la riforma federalista ha riconosciuto a tali enti debba, tuttavia, essere esercitata
nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e concorrendo ad assicurare l’osservanza dei vincoli
economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.

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Al nuovo dettato costituzionale ha dato attuazione la L. 243/2012, la quale, dopo le modifiche


apportate dalla L. 164/2016, dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2016 i bilanci di Regioni
ed enti locali si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione che di rendi-
conto, conseguono un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e
le spese finali (art. 9, comma 1).
Qualora in sede di rendiconto si registri un saldo negativo, l’ente è tenuto ad adottare misure
correttive tali da permettere il rientro in una situazione di equilibrio entro il triennio successivo.
Spetta ad una legge dello Stato stabilire i relativi premi e sanzioni (art. 9, commi 2 e 4); al riguardo
ha provveduto, ai commi 475-479 dell’articolo unico, la L. 232/2016.

c) Il nuovo ordinamento contabile


Stante l’abrogazione del D.Lgs. 76/2000, dal 1° gennaio 2015 l’ordinamento contabile delle
Regioni è disciplinato dal Titolo III del D.Lgs. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. 126/2014, oltre
che dai principi contabili di cui al Titolo I del medesimo decreto.
Il decreto in questione individua una regola di base (art. 2), secondo la quale Regioni ed enti
locali affiancano alla contabilità finanziaria, a fini conoscitivi, una contabilità economico-
patrimoniale, al fine di garantire la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sia sotto il profilo
finanziario sia sotto quello economico e patrimoniale, e tre strumenti operativi:
— regole contabili uniformi (art. 3);
— un piano dei conti integrato (art. 4);
— schemi di bilancio comuni (art. 11).

d) Le regole contabili uniformi: principi contabili generali e applicati


Le Regioni e gli enti locali, nonché i loro enti strumentali, devono conformare la propria
gestione ai principi contabili generali, contenuti nell’allegato 1 al D.Lgs. 118/2011, ed ai prin-
cipi contabili applicati, indicati nell’art. 3 del decreto stesso, che rappresentano, in sostanza,
norme tecniche di dettaglio che servono a specificare e interpretare i principi generali, al fine di
garantirne un’applicazione corretta e uniforme.
I principi contabili generali sono: annualità; unità; universalità; integrità; veridicità, atten-
dibilità, correttezza e comprensibilità; significatività e rilevanza; flessibilità; congruità; coerenza;
prudenza; continuità e costanza; comparabilità e verificabilità; neutralità; pubblicità; equilibrio di
bilancio; competenza finanziaria; competenza economica; prevalenza della sostanza sulla forma.
Rispetto ai principi indicati in precedenza dal D.Lgs. 76/2000 e a quelli desumibili dal sistema
giuridico generale, l’elenco contenuto nell’allegato 1 al D.Lgs. 118/2011 presenta molti punti in
comune e alcune importanti novità.
Fra queste ultime va senz’altro citato il principio della competenza finanziaria, secondo il
quale le obbligazioni attive e passive giuridicamente perfezionate devono essere registrate nelle
scritture contabili nel momento in cui vengono perfezionate, ma vanno imputate all’esercizio nel
quale andranno a scadenza.
Tale principio dovrebbe consentire di:
— conoscere con precisione i debiti effettivi contratti da Regioni ed enti locali;
— evitare l’accertamento di entrate future e di impegni inesistenti;
— avvicinare la contabilità finanziaria e quella economico-patrimoniale.

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Il riaccertamento dei residui e il fondo pluriennale vincolato


Al fine di dare concreta attuazione al principio contabile generale della competenza finanziaria, l’art. 3
del D.Lgs. 118/2011, come modificato dal D.Lgs. 126/2014, dispone che Regioni ed enti locali provve-
dano annualmente al riaccertamento dei residui attivi e passivi, verificando, ai fini del rendiconto, le
ragioni del loro mantenimento.
L’attuazione del principio della competenza finanziaria si basa sulla costituzione di un fondo pluriennale
vincolato, volto a coprire gli impegni pluriennali derivanti da obbligazioni sorte negli esercizi precedenti.
Si tratta, in sostanza, di un saldo finanziario costituito da entrate già accertate, destinate al finanziamento
di obbligazioni passive già impegnate ma esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l’entrata.
Il fondo pluriennale vincolato è, quindi, un efficace strumento di rappresentazione della programma-
zione e previsione delle spese pubbliche degli enti territoriali, in quanto evidenzia in modo chiaro e
attendibile il procedimento di impiego delle risorse acquisite dall’ente che richiedono un periodo di
tempo pluriennale per il loro effettivo utilizzo (si pensi, in particolare, alla programmazione delle opere
pubbliche basata sul programma triennale e sull’elenco annuale).
Per facilitare la delicata fase di passaggio al nuovo regime contabile e adeguare lo stock di residui attivi
e passivi formatisi prima dell’entrata in vigore della riforma alla nuova configurazione del principio con-
tabile della competenza finanziaria (cd. competenza finanziaria potenziata), l’art. 3 del D.Lgs. 118/2011
prevedeva, al comma 7, che gli enti destinatari della riforma stessa (ad eccezione di quelli che nel 2014
hanno partecipato alla sperimentazione) contestualmente all’approvazione del rendiconto 2014 prov-
vedessero al riaccertamento straordinario dei residui, consistente, in sostanza, nel processo di verifica,
cancellazione e reimputazione dei crediti e dei debiti ereditati dagli esercizi precedenti all’adozione del
nuovo regime; al termine di tale processo non dovevano persistere residui cui non corrispondessero
obbligazioni giuridicamente perfezionate ed esigibili (comma 8).

Fra gli altri principi non esplicitamente contenuti nel D.Lgs. 76/2000 occorre ricordare il principio della
significatività e rilevanza, secondo il quale l’informazione fornita deve essere significativa, cioè in grado di
influenzare le decisioni degli utilizzatori aiutandoli a valutare gli eventi passati, presenti o futuri, e rilevante,
nel senso che la sua omissione o errata presentazione può influenzare le decisioni dell’utilizzatore; il princi-
pio della congruità delle entrate e delle spese, consistente nel verificare l’adeguatezza dei mezzi disponibili
rispetto ai fini stabiliti; il principio della prudenza, secondo cui, ad esempio, nel bilancio di previsione devono
essere iscritte solo le componenti positive che ragionevolmente saranno disponibili nel periodo considerato
e quelle che non si realizzeranno non dovranno essere riportate nel rendiconto; il principio della continuità
e costanza, in base al quale la valutazione delle poste contabili deve essere effettuata nella prospettiva
della continuazione delle attività istituzionali dell’ente; il principio della comparabilità e verificabilità delle
informazioni, sia nel tempo sia tra enti diversi; il principio della neutralità o imparzialità, per il quale nella
redazione dei documenti contabili occorre seguire principi indipendenti e imparziali verso tutti i destinatari,
senza servire o favorire gli interessi di gruppi particolari; il principio della competenza economica, secondo
cui l’effetto delle operazioni poste in essere dall’ente deve essere rilevato contabilmente e attribuito all’eser-
cizio al quale tali operazioni si riferiscono e non a quello in cui si concretizzano i relativi movimenti finanziari.

L’art. 3 del D.Lgs 118/2011 dispone che Regioni ed enti locali conformino la propria gestione, oltre
che ai principi contabili generali di cui sopra, anche a quattro principi contabili applicati, che nelle
intenzioni del legislatore dovrebbero garantire non solo l’omogeneità dei sistemi informativi ma
anche il consolidamento e la trasparenza dei conti pubblici secondo le direttive dell’Unione europea:
— il principio della programmazione (allegato 4/1), in base al quale i documenti che rientrano
nel processo di programmazione delle Regioni sono:
— il Documento di economia e finanza regionale (DEFR), che la Giunta regionale presenta al
Consiglio entro il 30 giugno;
— la Nota di aggiornamento del DEFR, da presentare al Consiglio entro trenta giorni dalla
presentazione della Nota di aggiornamento del DEF nazionale e comunque non oltre la
data di presentazione del disegno di legge di bilancio;

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— il disegno di legge di stabilità regionale, da presentare al Consiglio entro il 31 ottobre e


comunque non oltre trenta giorni dalla presentazione del disegno di legge di bilancio
dello Stato;
— il disegno di legge di bilancio, da presentare al Consiglio entro il 31 ottobre e comunque
non oltre trenta giorni dall’approvazione del disegno di legge di bilancio dello Stato;
— il piano degli indicatori di bilancio, approvato dalla Giunta entro trenta giorni dall’appro-
vazione del bilancio di previsione e dall’approvazione del rendiconto;
— il disegno di legge di assestamento del bilancio, presentato al Consiglio entro il 30 giugno;
— gli eventuali disegni di legge di variazione di bilancio;
— gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di bilancio, da presentare al Consiglio
entro il 31 ottobre;
— gli specifici strumenti di programmazione regionale, formulati in attuazione di programmi
statali, comunitari e regionali e definiti dalle specifiche normative regionali in materia di
programmazione generale e settoriale;
— il principio della contabilità finanziaria (allegato 4/2), che disciplina nel dettaglio le moda-
lità di contabilizzazione dei fatti gestionali che abbiano contenuto finanziario, economico e
patrimoniale, stabilendo che, nelle amministrazioni pubbliche che la adottano, la contabilità
finanziaria costituisce il sistema contabile principale e fondamentale per fini autorizzatori e
di rendicontazione della gestione.
La contabilità finanziaria rileva le obbligazioni, attive e passive, gli incassi ed i pagamenti
riguardanti tutte le transazioni poste in essere da una amministrazione pubblica, anche se
non determinano flussi di cassa effettivi;
— il principio della contabilità economico-patrimoniale (allegato 4/3). L’articolo 2 del D.Lgs.
118/2011 prevede, per gli enti in contabilità finanziaria, l’adozione di un sistema contabile
integrato che garantisca la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sia sotto il profilo finanziario
che sotto il profilo economico-patrimoniale.
Nell’ambito di tale sistema integrato, la contabilità economico patrimoniale affianca la contabilità finan-
ziaria, che, come si è appena visto, costituisce il sistema contabile principale e fondamentale per fini
autorizzatori e di rendicontazione della gestione, per rilevare i costi/oneri e i ricavi/proventi derivanti
dalle transazioni poste in essere dall’ente, al fine di:
a) predisporre il conto economico per rappresentare le utilità economiche acquisite ed utilizzate nel
corso di un esercizio, anche se non direttamente collegate ai relativi movimenti finanziari, e per
alimentare il processo di programmazione;
b) consentire la predisposizione dello stato patrimoniale, e rilevare, in particolare, le variazioni del
patrimonio dell’ente che costituiscono un indicatore dei risultati della gestione;
c) permettere l’elaborazione del bilancio consolidato di ogni amministrazione pubblica con i propri
enti e organismi strumentali, aziende e società;
d) predisporre la base informativa necessaria per la determinazione analitica dei costi;
e) consentire la verifica nel corso dell’esercizio della situazione patrimoniale ed economica dell’ente
e del processo di provvista e di impiego delle risorse;
f) conseguire le altre finalità previste dalla legge e, in particolare, consentire ai vari portatori d’interesse
di acquisire ulteriori informazioni concernenti la gestione delle singole amministrazioni pubbliche;

— il principio relativo al bilancio consolidato (allegato 4/4). Secondo quanto stabilito dall’art.
11bis del D.Lgs. 118/2011, Regioni ed enti locali devono redigere un bilancio consolidato che
rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione finanziaria e patrimoniale e il risulta-
to economico dell’attività complessiva svolta dall’ente attraverso le proprie articolazioni
organizzative, i suoi enti strumentali e le sue società controllate e partecipate (il cd. gruppo
amministrazione pubblica).

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e) Il piano dei conti integrato


Un altro strumento fondamentale per facilitare il processo di armonizzazione dei bilanci
degli enti territoriali è rappresentato dall’adozione di un piano dei conti integrato (art. 4) che
renda possibile il confronto tra i dati forniti dai vari enti e, soprattutto, il consolidamento e il
monitoraggio dei conti pubblici.
Tale piano è costituito dall’elenco delle articolazioni delle unità elementari del bilancio fi-
nanziario gestionale e dei conti economico-patrimoniali, in modo da evidenziare le modalità di
raccordo fra i dati finanziari e quelli economico-patrimoniali, consentendo così la rilevazione
unitaria dei fatti gestionali.
Occorre sottolineare, a tale riguardo, che le modifiche all’art. 4 del D.Lgs. 118/2011 introdotte dal D.Lgs.
126/2014 vanno tutte nella direzione di assicurare il massimo coordinamento tra il processo di armonizzazio-
ne dei sistemi contabili degli enti territoriali (di cui al suddetto decreto) e il parallelo processo di armonizza-
zione che sta interessando le altre amministrazioni pubbliche (di cui al D.Lgs. 91/2011), soprattutto laddove
dispongono che il piano dei conti integrato sia raccordato all’analogo piano dei conti previsto da quest’ultimo
decreto e che Regioni ed enti locali debbano trasmettere le previsioni di bilancio alla banca dati unitaria
delle amministrazioni pubbliche istituita dalla L. 196/2009 (si veda, al riguardo, il D.M. 12 maggio 2016).
L’allegato 6 al D.Lgs. 118/2011 definisce nel dettaglio il piano dei conti finanziario (allegato 6/1), econo-
mico (allegato 6/2) e patrimoniale (allegato 6/3) cui devono uniformarsi gli enti destinatari delle disposizioni
di cui al decreto stesso. Si noti che tali piani dei conti sono stati successivamente modificati, da ultimo,
dal D.M. 11 agosto 2017, che ha recepito le indicazioni della Commissione per l’armonizzazione degli enti
territoriali. Le versioni aggiornate, comprensive della matrice di correlazione tra piano finanziario, conto
economico e stato patrimoniale, sono sempre disponibili sul sito www.rgs.mef.gov.it.

f) Gli schemi di bilancio comuni


L’art. 11 del D.Lgs. 118/2011 dispone che Regioni ed enti locali adottino comuni schemi di bilancio
finanziari, economici e patrimoniali, nonché comuni schemi di bilancio consolidato con i propri
enti e organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate e altri organismi controllati.
In particolare:
— lo schema del bilancio di previsione finanziario (allegato 9), comprendente le previsioni delle
entrate e delle spese, di cassa e di competenza, del primo esercizio, delle entrate e delle spese
di competenza degli esercizi successivi, nonché i relativi riepiloghi e i prospetti riguardanti il
quadro generale riassuntivo e gli equilibri;
— lo schema del rendiconto della gestione (allegato 10), che comprende il conto del bilancio
(con i relativi riepiloghi, i prospetti riguardanti il quadro generale riassuntivo e la verifica
degli equilibri), lo stato patrimoniale e il conto economico;
— lo schema del bilancio consolidato (allegato 11).

g) Il Documento di economia e finanza regionale (DEFR)


Il Documento di economia e finanza regionale (DEFR) descrive gli scenari economico-finanziari
internazionali, nazionali e regionali, le politiche da adottare e gli obiettivi della manovra di bilancio
regionale, indicando tutte le risorse disponibili per il perseguimento degli obiettivi e gli strumenti
attuativi. Esso rappresenta, in sostanza, lo strumento a supporto di tutto il processo della program-
mazione e in base al suo contenuto devono essere predisposti gli altri documenti previsionali.

h) La legge di stabilità regionale


In relazione alle esigenze derivanti dalla fiscalità regionale, la Regione adotta una legge di
stabilità regionale contenente esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanziari con

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decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio di previsione (art. 36, comma 4, e allegato
4/1) e, in particolare:
— variazioni delle aliquote e di tutte le altre misure che incidono sul gettito dei tributi di com-
petenza regionale;
— rifinanziamento delle leggi di spesa regionali, ad eccezione di quelle obbligatorie e di quelle
continuative;
— riduzione, per ciascuno degli anni considerati nel bilancio di previsione, di autorizzazioni
legislative di spesa;
— rimodulazione delle quote delle spese pluriennali disposte con leggi regionali destinate a gra-
vare su ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio di previsione e sugli esercizi successivi;
— eventuali autorizzazioni di spesa per interventi la cui realizzazione si protrae oltre il periodo
di riferimento del bilancio di previsione;
— norme che comportano aumenti di entrata o riduzioni di spesa;
— norme eventualmente necessarie a garantire il rispetto del patto di stabilità interno.

i) Il bilancio di previsione finanziario


L’art. 36 del D.Lgs. 118/2011 dispone che le Regioni deliberano ogni anno il bilancio di pre-
visione finanziario, riferito ad almeno un triennio, che rappresenta il quadro delle risorse che
l’ente prevede di acquisire e di impiegare nel periodo considerato, esponendo separatamente
l’andamento delle entrate e delle spese in base alla legislazione statale e regionale in vigore.
Elaborato sulla base delle linee strategiche contenute nel DEFR, tale documento rappresenta, in prati-
ca, lo strumento attraverso il quale gli organi di governo dell’ente distribuiscono le risorse finanziarie tra i
differenti programmi, in coerenza con quanto previsto nel DEFR stesso.
In particolare, il bilancio comprende le previsioni di competenza e di cassa del primo esercizio e le
previsioni di competenza degli esercizi successivi; le previsioni riguardanti il primo esercizio costituiscono
il bilancio di previsione finanziario annuale.
Per ciascuno degli esercizi in cui è articolato, il bilancio è deliberato in pareggio finanziario di competenza,
comprensivo dell’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione,
garantendo un fondo di cassa finale non negativo (art. 40).

Il bilancio di previsione ha carattere autorizzatorio, costituendo limite:


— agli accertamenti e agli incassi riguardanti le accensioni di prestiti;
— agli impegni e ai pagamenti di spesa (non comportano, tuttavia, limiti alla gestione le previ-
sioni riguardanti i rimborsi delle anticipazioni di tesoreria e le partite di giro).
Il bilancio di previsione è composto da due parti, relative rispettivamente all’entrata e alla
spesa, ed è redatto secondo lo schema previsto dall’allegato 9 al D.Lgs. 118/2011.
Le entrate sono classificate in (art. 15 D.Lgs. 118/2011):
— titoli, definiti in funzione della fonte di provenienza delle entrate;
— tipologie, definite in base alla natura delle entrate, nell’ambito di ciascuna fonte di provenienza.
Le spese sono classificate in (art. 14 D.Lgs. 118/2011):
— missioni, che rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti dall’ente
utilizzando le risorse finanziarie, umane e strumentali ad esse destinate;
— programmi, che rappresentano gli aggregati omogenei di attività volte a perseguire gli obiettivi
definiti nell’ambito delle missioni. I programmi sono ripartiti in titoli.
Al bilancio di previsione vanno allegati i seguenti documenti (art. 11, comma 3, e art. 39,
comma 11, D.Lgs. 118/2011, come modificati dal D.Lgs. 126/2014):
— il prospetto esplicativo del presunto risultato di amministrazione;

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— il prospetto concernente la composizione, per missioni e programmi, del fondo pluriennale


vincolato;
— il prospetto relativo alla composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità;
— il prospetto dimostrativo del rispetto dei vincoli di indebitamento;
— la nota integrativa;
— la relazione del Collegio dei revisori dei conti;
— l’elenco dei capitoli che riguardano le spese obbligatorie;
— l’elenco delle spese che possono essere finanziate con il fondo di riserva per spese impreviste.
L’art. 41 del D.Lgs. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. 126/2014, dispone che, al fine di consentire la com-
parazione dei bilanci, entro trenta giorni dall’approvazione del bilancio di previsione le Regioni presentino
un piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio, costruito sulla base di un sistema comune di
indicatori di risultato definito dal decreto 9 dicembre 2015.

Per quanto riguarda la procedura di approvazione, l’allegato 4/1 al D.Lgs. 118/2011 prevede che:
— entro il 31 ottobre di ogni anno la Giunta approva lo schema della delibera di approvazione
del bilancio di previsione finanziario relativa almeno al triennio successivo, da sottoporre al
Consiglio, cui trasmette contestualmente, a solo scopo conoscitivo, anche la proposta di arti-
colazione delle tipologie di entrata in categorie e dei programmi di spesa in macroaggregati;
— entro il 31 dicembre il Consiglio approva il bilancio.
Contestualmente all’approvazione del bilancio da parte del Consiglio, la Giunta approva, in un docu-
mento denominato Documento tecnico di accompagnamento, la ripartizione delle tipologie di entrata
in categorie e dei programmi di spesa in macroaggregati, per ciascuno degli anni considerati nel bilancio.
Allo stesso modo, la Giunta (o il Segretario generale, se così previsto dal regolamento di contabilità) ap-
prova la ripartizione delle categorie e dei macroaggregati in capitoli ed eventualmente in articoli, sempre
per ciascuno degli anni considerati nel bilancio. Tale documento è detto Bilancio finanziario gestionale.

Qualora il Consiglio non approvi il bilancio entro il 31 dicembre, l’art. 43 del D.Lgs. 118/2011
dispone che la gestione finanziaria dell’ente si svolga nel rispetto dei principi applicati della con-
tabilità finanziaria riguardanti l’esercizio provvisorio o la gestione provvisoria (di cui all’allegato
4/2 al D.Lgs. 118/2011). L’esercizio provvisorio non può essere concesso se non per legge e per
un periodo complessivamente non superiore a quattro mesi, durante il quale non è consentito
il ricorso all’indebitamento.

l) La gestione del bilancio


Gli artt. 52-58 del D.Lgs. 118/2011, introdotti dal D.Lgs. 126/2014, disciplinano la gestione
del bilancio delle Regioni.
La gestione delle entrate si attua attraverso le fasi dell’accertamento, della riscossione e del
versamento (art. 52).
Con l’accertamento il funzionario competente verifica la ragione del credito e la sussistenza
di un idoneo titolo giuridico che genera un obbligazione attiva giuridicamente perfezionata, in-
dividua il debitore, quantifica la somma da incassare, individua la relativa scadenza e registra il
diritto di credito imputandolo contabilmente all’esercizio finanziario nel quale viene a scadenza.
È quindi vietato l’accertamento attuale di entrate future (art. 53).
Si noti che in base al principio della competenza finanziaria, le obbligazioni attive giuridicamente perfe-
zionate vanno imputate contabilmente all’esercizio nel quale andranno in scadenza, ma devono essere regi-
strate nell’esercizio in cui sono perfezionate, anche se in quell’esercizio non determinano movimenti di cassa.

La riscossione consiste nel materiale introito, da parte del tesoriere o di altri eventuali inca-
ricati, delle somme dovute all’ente (art. 54).

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Gli ordinativi d’incasso che si riferiscono ad entrate di competenza dell’esercizio in corso devono essere
tenuti distinti da quelli relativi ai residui. Tutti gli ordinativi devono essere imputati contabilmente nell’esercizio
in cui il tesoriere li ha eseguiti (cioè ha incassato le relative entrate), anche se la relativa comunicazione è
pervenuta nell’esercizio successivo.

Il versamento, infine, consiste nel materiale trasferimento delle somme incassate nelle casse
della Regione (art. 55).
La gestione delle spese si attua attraverso le fasi dell’impegno, della liquidazione, dell’ordi-
nazione e del pagamento (art. 52).
L’impegno è la fase della spesa in cui viene riconosciuta un’obbligazione passiva giuridi-
camente perfezionata ed è determinata la ragione del debito, la somma da pagare, il soggetto
credito, il vincolo costituito sullo stanziamento di bilancio e la scadenza. Gli impegni di spesa
sono assunti nei limiti dei rispettivi stanziamenti di competenza del bilancio di previsione, con
imputazione agli esercizi in cui le obbligazioni sono esigibili (art. 56).
Si noti, anche stavolta, che in base al principio della competenza finanziaria le obbligazioni passive
giuridicamente perfezionate vanno imputate contabilmente all’esercizio nel quale andranno in scadenza,
ma devono essere registrate nell’esercizio in cui sono perfezionate, anche se in quell’esercizio non deter-
minano movimenti di cassa.

La liquidazione costituisce la fase del procedimento di spesa con la quale, in base ai docu-
menti e ai titoli atti a comprovare il diritto del creditore, si determina la somma da pagare nei
limiti dell’ammontare dell’impegno definitivo assunto (art. 57).
Si noti che la liquidazione deve essere registrata contabilmente quando l’obbligazione diviene effetti-
vamente esigibile, a seguito dell’acquisizione completa della documentazione necessaria a comprovare il
diritto del creditore e a seguito del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della prestazione e
sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite.

Le ultime fasi sono quelle dell’ordinazione e del pagamento: il pagamento è ordinato al tesoriere
mediante l’emissione di mandati di pagamento firmati dal responsabile del servizio finanziario (art. 58).
I mandati che si riferiscono a spese di competenza dell’esercizio in corso devono essere tenuti distinti
da quelli relativi ai residui. Tutti i mandati di spesa devono essere imputati contabilmente nell’esercizio in cui
il tesoriere li ha eseguiti (cioè ha effettuato il pagamento), anche se la relativa comunicazione è pervenuta
nell’esercizio successivo.

m) Il rendiconto della gestione


Il rendiconto generale della gestione è approvato con legge regionale entro il 31 luglio
dell’anno successivo a quello di riferimento (art. 66 D.Lgs. 118/2011).
Tale documento è composto dal conto del bilancio relativo alla gestione finanziaria (nonché
dai relativi riepiloghi e dai prospetti riguardanti il quadro generale riassuntivo e la verifica degli
equilibri), dal conto economico e dallo stato patrimoniale, ed è redatto secondo lo schema di cui
all’allegato 10 al medesimo decreto.
Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione rispetto alle autorizzazioni con-
tenute nel primo esercizio considerato nel bilancio di previsione.
Per ciascuna tipologia di entrata e per ciascun programma di spesa, tale documento com-
prende, distintamente per residui e competenza:
— per l’entrata le somme accertate, distinguendo la parte riscossa da quella ancora da riscuotere;
— per la spesa le somme impegnate, distinguendo la parte pagata, quella ancora da pagare e
quella impegnata con imputazione agli esercizi successivi (rappresentata dal fondo pluriennale
vincolato).

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Il conto economico evidenzia i componenti positivi (ricavi) e negativi (costi) della gestione
di competenza economica dell’esercizio considerato (rilevati dalla contabilità economico-patri-
moniale nel rispetto dei relativi principi contabili, generali e applicati, di cui al D.Lgs. 118/2011)
e rileva il risultato economico dell’esercizio.
Lo stato patrimoniale rappresenta i risultati della gestione patrimoniale e la consistenza del
patrimonio al termine dell’esercizio.
In attuazione del principio contabile generale della competenza finanziaria, le Regioni, prima
di inserire i residui attivi e passivi nel rendiconto, devono provvedere al riaccertamento dei
residui stessi, al fine di verificare le ragioni del loro mantenimento, totale o parziale.

n) Il bilancio consolidato
Il D.Lgs. 118/2011 (art. 11 bis) impone a Regioni ed enti locali di redigere un bilancio consolidato
che tenga conto anche dell’attività svolta da enti ed organismi strumentali e da società controllate
o partecipate, nel rispetto delle modalità e dei criteri indicati dall’allegato 4/4 allo stesso decreto.
Si definisce ente strumentale controllato da una Regione o da un ente locale l’azienda o l’ente, pubblico
o privato, nei cui confronti l’ente stesso ha una delle seguenti condizioni (art. 11ter):
— il possesso, diretto o indiretto, della maggioranza dei voti esercitabili nell’ente o nell’azienda;
— il potere, assegnato da legge, statuto o convenzione, di nominare o rimuovere la maggioranza di com-
ponenti degli organi decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore,
nonché a decidere in ordine all’indirizzo, alla pianificazione e alla programmazione dell’attività di un
ente o di un’azienda;
— la maggioranza, diretta o indiretta, dei diritti di voto nelle sedute degli organi decisionali, competenti
a definire le scelte strategiche e le politiche di settore, nonché a decidere in ordine all’indirizzo, alla
pianificazione e alla programmazione dell’attività dell’ente o dell’azienda;
— l’obbligo di ripianare i disavanzi, nei casi consentiti dalla legge, per percentuali superiori alla propria
quota di partecipazione;
— un’influenza dominante in virtù di contratti o clausole statutarie (come nel caso dei contratti di servizio
pubblico o di concessione stipulati con aziende che svolgono prevalentemente l’attività oggetto dei
contratti stessi.
Si definisce società controllata da un ente territoriale la società nella quale l’ente stesso ha una delle
seguenti condizioni (art. 11quater):
— il possesso, diretto o indiretto, anche sulla scorta di patti parasociali, della maggioranza dei voti eser-
citabili nell’assemblea ordinaria o dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante
sull’assemblea ordinaria;
— il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un’influenza dominante.
Occorre sottolineare che fino all’esercizio 2017 non vanno incluse nel bilancio consolidato le società quotate
(cioè quelle che emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati) e quelle da esse controllate.
Si definisce società partecipata da un ente territoriale la società nella quale l’ente stesso, direttamente
o indirettamente, dispone di una quota di voti, esercitabili in assemblea, pari o superiore al 20 per cento
(o al 10 per cento se si tratta di società quotata). Tuttavia, in fase di prima applicazione del decreto, con
riferimento agli esercizi 2015-2017, per società partecipata si intende la società a totale partecipazione
pubblica affidataria di servizi pubblici locali dell’ente, indipendentemente dalla quota di partecipazione
(art. 11 quinquies).

Il bilancio consolidato è costituito dal conto economico consolidato e dallo stato patrimo­
niale consolidato, redatti secondo lo schema previsto dall’allegato 11 al D.Lgs. 118/2011.
Al documento occorre allegare:
— la relazione sulla gestione consolidata, comprensiva della nota integrativa;
— la relazione del Collegio dei revisori dei conti.

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o) L’ordinamento contabile delle Regioni a statuto speciale


In materia di bilancio, per le Regioni a statuto speciale valgono, in primo luogo, le norme
contenute nei rispettivi Statuti adottati con legge costituzionale dello Stato, come disposto
dall’art. 116 Cost.; vanno poi prese in considerazione le leggi, emanate da ciascuna Regione, per
la disciplina delle modalità di formazione ed approvazione del bilancio, nel rispetto delle norme
di coordinamento della finanza nazionale con la finanza locale.
Si noti, in proposito, che di norma le leggi regionali di attuazione e gli Statuti rinviano
espressamente al sistema contabile dello Stato, per cui le Regioni a statuto speciale hanno
sostanzialmente fatto proprie le linee portanti della L. 468/1978 e della L. 94/1997. In modo più
esplicito, la L. 196/2009 (che ha abrogato la L. 468/1978) dispone che le norme in essa contenute
si applichino anche a tali Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, sia pure nel
rispetto di quanto previsto dai relativi Statuti.
In particolare, il rendiconto delle Regioni a statuto speciale ha sempre presentato molte analogie con il
rendiconto generale dello Stato, in relazione non solo al contenuto e alla struttura, ma anche al regime dei con-
trolli. Infatti, per tali Regioni (con la sola eccezione della Valle d’Aosta) era già previsto il controllo della Corte dei
conti (cd. parificazione), controllo che è stato poi esteso dal D.L. 174/2012 anche alle Regioni a statuto ordinario.

Per quanto riguarda poi l’applicabilità del nuovo ordinamento contabile di cui al D.Lgs.
118/2011, secondo quanto disposto dall’art. 79 del suddetto decreto, introdotto dal D.Lgs.
126/2014, anche le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono
tenute ad adeguare il proprio ordinamento contabile ai principi di armonizzazione ai bilanci pubblici
nello stesso contenuti, sia pure con modalità e decorrenza stabilite da norme di attuazione dei
rispettivi Statuti, come previsto dall’art. 27 della L. 42/2009.

2 L’ordinamento contabile degli enti locali


a) Il nuovo ordinamento contabile
Nel modificare il D.Lgs. 118/2011, il D.Lgs. 126/2014 ha sostanzialmente riscritto le norme
relative all’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, contenute nella Parte II del
D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali, T.U.E.L.), al fine di adeguarle ai nuovi principi di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio prescritti dalla L. 42/2009.
Anche gli enti locali, nell’affiancare la contabilità economico-patrimoniale a quella fi-
nanziaria, devono rispettare i principi contabili, generali e applicati, descritti in precedenza a
proposito delle Regioni, adottando un piano dei conti integrato e schemi di bilancio comuni.
Si ricordi che la L. cost. 1/2012, nel modificare l’art. 119 Cost., ha imposto anche a tali enti
il vincolo del pareggio di bilancio. A tale disposizione ha dato attuazione la L. 243/2012, di
recente modificata dalla L. 164/2016, specificando che cosa debba intendersi per equilibrio di
bilancio (si veda quanto detto in precedenza, a proposito delle Regioni).

b) Il Documento unico di programmazione (DUP)


Il Documento unico di programmazione (DUP), che la Giunta deve presentare al Consiglio
entro il 31 luglio, è il principale strumento per la guida strategica e operativa degli enti locali e
rappresenta, sia temporalmente che sostanzialmente, il presupposto necessario di tutti gli altri
strumenti di programmazione previsti dall’allegato 4/1 del D.Lgs. 118/2011.
Si noti che gli enti locali con popolazione non superiore a 5.000 abitanti predispongono una versione
semplificata del DUP (allegato 4/1).

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Il DUP è composto da due sezioni (art. 151 T.U., come modificato dal D.Lgs. 126/2014): la
Sezione Strategica (SeS), che ha un orizzonte temporale pari a quello del mandato amministra-
tivo, e la Sezione Operativa (SeO), il cui orizzonte coincide con quello del bilancio di previsione.
La SeS sviluppa e concretizza le linee programmatiche, presentate dal Sindaco al Consiglio all’inizio del
mandato e relative alle azioni e ai progetti che si intende realizzare nel corso del mandato stesso (art. 46, comma
3, T.U.), coerentemente con le linee di indirizzo della programmazione regionale e con gli obiettivi di finanza
pubblica definiti in ambito nazionale nel rispetto delle procedure e dei criteri stabiliti dall’Unione europea.
Nel primo anno del mandato amministrativo, la SeS deve definire, per ogni missione di bilancio, gli
obiettivi strategici da perseguire entro la fine del mandato. L’individuazione di tali obiettivi è il risultato
dell’approfondita analisi strategica di una serie di condizioni esterne e interne all’ente.
Ogni anno occorre verificare lo stato di attuazione degli obiettivi strategici che, se necessario e dandone
adeguata motivazione, possono essere opportunamente riformulati.
Al termine del mandato l’amministrazione dovrà rendere conto del proprio operato attraverso la relazio-
ne di fine mandato (art. 4, D.Lgs. 149/2011), in cui si certificano le iniziative intraprese e i risultati conseguiti.
La SeO è quella sezione del DUP in cui vengono definiti gli strumenti operativi che si intendono uti-
lizzare per conseguire gli obiettivi strategici definiti nella SeS.
In particolare, essa definisce, per ogni singola missione, i programmi da realizzare per conseguire gli
obiettivi strategici della SeS, e per ogni singolo programma, gli obiettivi operativi annuali da rispettare.

c) Il bilancio di previsione finanziario


Gli enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario riferito ad
almeno un triennio, comprendente le previsioni di competenza e di cassa del primo esercizio e
le previsioni di competenza degli esercizi successivi, nel rispetto dei principi contabili generali
e applicati di cui al D.Lgs. 118/2011. Le previsioni riguardanti il primo esercizio costituiscono il
bilancio di previsione finanziario annuale.
Il bilancio di previsione finanziario è il documento in cui vengono rappresentate contabilmente le pre-
visioni di natura finanziaria riferite a ciascun esercizio compreso nell’arco temporale considerato nel DUP;
esso rappresenta, in sostanza, lo strumento attraverso il quale gli organi di governo dell’ente definiscono
la distribuzione delle risorse finanziarie tra i programmi e le attività che l’amministrazione deve svolgere,
secondo quanto previsto dal DUP stesso.

Il bilancio di previsione ha carattere autorizzatorio, costituendo limite, per ciascuno degli


esercizi considerati:
— agli accertamenti e agli incassi riguardanti le accensioni di prestiti;
— agli impegni e ai pagamenti di spesa (non comportano, tuttavia, limiti alla gestione le previ-
sioni riguardanti i rimborsi delle anticipazioni di tesoreria e le partite di giro).
Il documento è composto da due parti, relative rispettivamente all’entrata e alla spesa, ed è
redatto secondo lo schema previsto dall’allegato 9 al D.Lgs. 118/2011.
Le entrate sono classificate in (art. 165, comma 2, T.U. e art. 15 D.Lgs. 118/2011):
— titoli, definiti in funzione della fonte di provenienza delle entrate;
— tipologie, definite in basa alla natura delle entrate, nell’ambito di ciascuna fonte di prove-
nienza.
Le spese sono classificate in (art. 165, comma 4, T.U. e art. 14 D.Lgs. 118/2011):
— missioni, che rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti dall’ente
utilizzando risorse finanziarie, umane e strumentali ad esse destinate;
— programmi, che rappresentano gli aggregati omogenei di attività volte a perseguire gli obiettivi
definiti nell’ambito delle missioni. I programmi sono ripartiti in titoli.

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Al bilancio di previsione vanno allegati i seguenti documenti (art. 11, comma 3, D.Lgs. 118/2011 e art.
172 T.U., come modificati dal D.Lgs. 126/2014):
— il prospetto esplicativo del presunto risultato di amministrazione;
— il prospetto concernente la composizione, per missioni e programmi, del fondo pluriennale vincolato;
— il prospetto relativo alla composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità;
— il prospetto dimostrativo del rispetto dei vincoli di indebitamento;
— il prospetto delle spese previste per l’utilizzo di contributi e trasferimenti da parte di organismi comunitari
e internazionali;
— il prospetto delle spese previste per lo svolgimento di funzioni delegate dalle Regioni;
— la nota integrativa;
— l’elenco degli indirizzi internet in cui sono stati pubblicati il rendiconto della gestione e il bilancio consoli-
dato deliberati e relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione,
nonché i rendiconti e i bilanci consolidati delle unioni di Comuni e dei soggetti facenti parte del gruppo
amministrazione pubblica, anch’essi relativi al penultimo esercizio antecedente quello di riferimento.
Tali documenti vanno allegati al bilancio di previsione qualora non integralmente pubblicati nei siti
internet indicati nell’elenco;
— la deliberazione, da adottarsi annualmente, con cui i Comuni verificano la quantità e qualità di aree e
fabbricati da destinarsi alla residenza o alle attività produttive o terziarie che potranno essere ceduti in
proprietà o in diritto di superficie;
— le deliberazioni con cui sono determinati, per l’esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d’imposta e le
eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché,
per i servizi a domanda individuale, i tassi percentuali di copertura del costo di gestione dei servizi stessi;
— la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale prevista dalle
disposizioni vigenti;
— il prospetto per la verifica del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di cui all’allegato 9 del D.Lgs. 118/2001
(L. 232/2016, comma 468);
— il programma biennale degli acquisti di beni e servizi, a decorrere dal bilancio di previsione per l’esercizio
2018 (L. 232/2016, comma 424).
L’art. 18bis del D.Lgs. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. 126/2014, dispone che al bilancio di previsione
venga allegato anche il piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio, costruito sulla base di un
sistema comune di indicatori di risultato da definirsi con decreto del Ministro dell’interno e la cui redazione
sarà obbligatoria a decorrere dall’esercizio successivo all’emanazione del suddetto decreto. Al riguardo ha
provveduto il D.M. 22 dicembre 2015.
In riferimento a ciascun programma, il piano indica gli obiettivi che l’ente intende realizzare nel triennio
di riferimento del bilancio di previsione. Il piano è aggiornato annualmente, in relazione all’individuazione
di nuovi obiettivi e per scorrimento (allegato 4/1 al D.Lgs. 118/2011).

Per quanto riguarda la procedura di approvazione, l’allegato 4/1 al D.Lgs. 118/2011 prevede che:
— entro il 15 novembre di ogni anno la Giunta approva lo schema della delibera di approvazione
del bilancio di previsione finanziario relativa almeno al triennio successivo, da sottoporre al
Consiglio, cui trasmette contestualmente, a solo scopo conoscitivo, anche la proposta di arti-
colazione delle tipologie di entrata in categorie e dei programmi di spesa in macroaggregati;
— entro il 31 dicembre il Consiglio approva il bilancio.
Il suddetto termine può essere differito, in presenza di motivate esigenze, con decreto del Ministro dell’inter-
no, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Qualora il Consiglio non approvi il bilancio entro la suddetta data, il nuovo comma 1 dell’art.
163 T.U. dispone che la gestione finanziaria dell’ente si svolga nel rispetto dei principi applicati
della contabilità finanziaria riguardanti l’esercizio provvisorio o la gestione provvisoria (di cui
all’allegato 4/2 al D.Lgs. 118/2011).
L’esercizio provvisorio può essere autorizzato con legge o con il decreto del Ministro dell’in-
terno che, secondo quanto previsto dall’art. 151 T.U., in presenza di motivate esigenze differisce

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il termine di approvazione del bilancio, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze,
sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali (così il nuovo comma 3 dell’art. 163 T.U.).
Il suddetto comma precisa che nel corso dell’esercizio provvisorio non è consentito il ricorso all’indebi-
tamento ed è possibile impegnare solo le spese correnti, le eventuali spese correlate riguardanti le partite
di giro, i lavori pubblici o gli altri interventi di somma urgenza.

Nel caso in cui il bilancio non sia stato approvato entro il 31 dicembre e, tuttavia, non sia
stato autorizzato l’esercizio provvisorio (o nel caso in cui l’ente non abbia rispettato neanche
il termine differito stabilito dal decreto ministeriale di cui sopra), è consentita esclusivamente
una gestione provvisoria nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell’ultimo bilancio
approvato per l’esercizio cui si riferisce la gestione provvisoria (art. 163, comma 2, T.U.).
Nel corso della gestione provvisoria l’ente può:
— assumere solo obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi o tassativamente
regolate dalla legge o, ancora, necessarie ad evitare all’ente danni patrimoniali gravi e certi;
— disporre pagamenti solo per l’assolvimento delle obbligazioni già assunte e di quelle derivanti da
provvedimenti giurisdizionali esecutivi o da obblighi tassativamente regolati dalla legge, nonché per le
spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse e per quelle necessarie
ad evitare all’ente danni patrimoniali gravi e certi.

d) Il piano esecutivo di gestione


Il piano esecutivo di gestione (PEG) è il documento che permette di declinare in maggior
dettaglio la programmazione operativa contenuta nell’apposita sezione (SeO) del DUP, definendo
gli obiettivi di gestione e assegnando le risorse necessarie al loro raggiungimento.
In tal senso, esso costituisce l’ideale elemento di raccordo fra l’organo esecutivo dell’ente e
i responsabili dei servizi, cui tali obiettivi e risorse vengono assegnati.
L’art. 169 T.U., come modificato dal D.Lgs. 126/2014, dispone che la Giunta deliberi il PEG
entro venti giorni dall’approvazione del bilancio di previsione e che il documento, che ha lo stesso
orizzonte temporale del bilancio, venga redatto per competenza e per cassa limitatamente al
primo esercizio e solo per competenza negli esercizi successivi (comma 1).
La predisposizione del PEG è facoltativa per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000
abitanti (comma 3), per i quali il legislatore si limita ad auspicarne l’adozione, anche in forma
semplificata (allegato 4/1 al D.Lgs. 118/2011).
Nel PEG le entrate sono articolate in titoli, tipologie, categorie, capitoli ed eventualmente in
articoli, mentre le spese sono articolate in missioni, programmi, titoli, macroaggregati, capitoli
ed eventualmente in articoli (comma 2).

e) La gestione del bilancio


La gestione delle entrate si articola in tre fasi: accertamento, riscossione e versamento.
L’accertamento (art. 179) costituisce la prima fase di gestione dell’entrata mediante la quale,
sulla base di idonea documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un
idoneo titolo giuridico; viene quindi individuato il debitore, quantificata la somma da incassare
ed infine fissata la relativa scadenza. In questa fase la semplice previsione di entrata si trasforma
in un credito effettivo.
Competente all’accertamento è il responsabile del procedimento, che deve trasmettere
l’idonea documentazione sulla cui base si è svolto l’accertamento al responsabile del servizio
finanziario ai fini dell’annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi e i modi previsti dal re-
golamento di contabilità dell’ente, nel rispetto del principio generale della competenza finanziaria
e del principio applicato della contabilità finanziaria di cui agli allegati 1 e 4/2 del D.Lgs. 118/2011.

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L’accertamento delle entrate è effettuato nell’esercizio in cui sorge l’obbligazione attiva,


con imputazione contabile all’esercizio in cui il credito scade. Non possono essere riferite ad
un determinato esercizio, dunque, le entrate il cui diritto di credito non venga a scadenza nel
medesimo esercizio finanziario.
La riscossione (art. 180) è la seconda fase di gestione dell’entrata e consiste nell’effettivo
introito da parte del tesoriere, o di altri eventuali incaricati, delle somme dovute all’ente. Essa
avviene sulla base di un ordinativo di incasso che è sottoscritto dal responsabile del servizio
finanziario nei modi e nei tempi stabiliti dal regolamento di contabilità dell’ente.
Comunque, anche in mancanza di tale documento, il tesoriere è tenuto a ricevere qualsiasi
importo a qualsiasi titolo, salvo chiedere immediatamente all’amministrazione il relativo ordi-
nativo di incasso. L’ente provvede alla regolarizzazione dell’incasso entro i successivi 60 giorni,
e comunque entro i termini previsti per la resa del conto del tesoriere.
La terza ed ultima fase di gestione dell’entrata consiste nel versamento (art. 181), ovvero
nell’effettivo trasferimento delle somme riscosse nelle casse dell’ente: in pratica gli incaricati della
riscossione, interni ed esterni, versano al tesoriere le somme riscosse.
La gestione della spesa si articola in quattro fasi: l’impegno, la liquidazione, l’ordinazione e
il pagamento.
L’art. 183, comma 1, del T.U., come modificato dal D.Lgs. 126/2014, dispone che con l’im-
pegno, «a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata» sono determinati «la somma
da pagare» e « il soggetto creditore», è «indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle
previsioni di bilancio…».
Solo a questo punto la semplice previsione di spesa si trasforma in un debito effettivo, che verrà
rilevato contabilmente dopo la regolare esecuzione della prestazione (fase della liquidazione in
cui si determina la somma certa e liquida da pagare).
Tutte le obbligazioni passive giuridicamente perfezionate devono essere registrate nelle
scritture contabili quando l’obbligazione è perfezionata, con imputazione all’esercizio in
cui viene a scadenza, secondo le modalità previste dal principio applicato della contabilità
finanziaria di cui al D.Lgs. 118/2011. Non possono essere riferite ad un determinato esercizio
finanziario le spese per le quali non sia venuta a scadere nello stesso esercizio la relativa obbli-
gazione giuridica.
Il responsabile della spesa che adotta provvedimenti che comportano impegni di spesa ha
l’obbligo di accertare preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti sia com-
patibile con i relativi stanziamenti di cassa e con gli obiettivi di finanza pubblica.
I provvedimenti che comportano impegni di spesa vengono trasmessi al responsabile del
servizio finanziario (art. 151, comma 4, T.U.), il quale verifica se l’importo impegnato è sostenuto
da una sufficiente capienza del relativo intervento o capitolo di bilancio e valuta, alla luce della
consistenza dei flussi di cassa, se le risorse finanziarie saranno effettivamente disponibili nel
momento in cui è necessario sostenere la spesa (cd. criterio della copertura finanziaria effettiva).
In caso positivo, egli appone il visto di regolarità contabile attestante la copertura finan-
ziaria, senza il quale il provvedimento non ha alcun valore esecutivo.
L’ufficio che assume l’impegno definitivo, regolarmente costituito, dispone la liquidazione del-
la spesa. Si tratta della seconda fase della gestione della spesa: con essa, sulla scorta dei documenti
e dei titoli che comprovano il diritto acquisito dal creditore, viene determinato l’ammontare della
somma certa e liquida da pagare, nei limiti dell’impegno di spesa assunto (art. 184, comma 1, T.U.).
L’atto di liquidazione, che assume la veste amministrativa della determinazione, «constata»
l’esistenza di un debito effettivo e ne quantifica l’esatto importo (la somma certa e liquida da
pagare) nei limiti dell’ammontare dell’impegno definitivo assunto.
Nonostante l’art. 184 non abbia subito modifiche, l’allegato 4/2 al D.Lgs. 118/2011 precisa che
la liquidazione è registrata contabilmente quando l’obbligazione diviene effettivamente esigibile,

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a seguito della verifica della completezza della documentazione prodotta e della idoneità della
stessa a comprovare il diritto di credito del creditore, corrispondente ad una spesa che è stata
legittimamente posta a carico del bilancio e regolarmente impegnata. Alla fine dell’esercizio,
gli impegni contabili non liquidati o non liquidabili sono annullati e reimputati all’esercizio in
cui l’obbligazione risulta esigibile.
Infine, il provvedimento di liquidazione, insieme a tutti i documenti giustificativi (fatture, buono d’ordine
ecc.), viene trasmesso al servizio finanziario, il quale provvede a richiamare la fattura, precedentemente
registrata, e ad effettuare i controlli e i riscontri amministrativi, contabili e fiscali.

L’ordinazione (art. 185 T.U., come modificato dal D.Lgs. 126/2014) consiste nella disposizione
impartita al tesoriere dell’ente di provvedere al pagamento ad un soggetto specificato. L’atto
che contiene l’ordinazione è detto mandato di pagamento o ordine di pagamento.
Una volta rilevata una disponibilità di cassa sufficiente, il dipendente dell’ente individuato dal Regola-
mento di contabilità firma il mandato di pagamento. Quest’ultimo è poi controllato dal servizio finanziario,
il quale, dopo aver apposto il visto che attesta la verifica della sussistenza dell’impegno e della liquidazio-
ne, provvede alle relative operazioni di contabilizzazione e all’invio del provvedimento al tesoriere per il
pagamento (quarta fase), accompagnandolo da un elenco in duplice esemplare la cui copia deve essere
restituita per ricevuta.
Il tesoriere, anche in assenza del mandato, è tenuto al pagamento di somme derivanti da obblighi tri-
butari (cartelle esattoriali di imposte per le quali l’ente è soggetto passivo), da somme iscritte a ruolo, da
delegazioni di pagamento (per mutui assunti e prestiti obbligazionari emessi) e da altri obblighi di legge
(art. 185). In questo caso il responsabile del servizio finanziario deve emettere tale atto nel termine di 30
giorni, imputandolo contabilmente all’esercizio in cui il tesoriere ha effettuato il pagamento, anche se la
relativa comunicazione è pervenuta all’ente nell’esercizio successivo.

f) Il rendiconto della gestione


La dimostrazione dei risultati conseguiti nel corso dell’esercizio finanziario avviene mediante
il rendiconto della gestione, composto dal conto del bilancio, dal conto economico e dallo stato
patrimoniale.
Il rendiconto è deliberato dal Consiglio dell’ente entro il 30 aprile dell’anno successivo a
quello di riferimento, tenendo motivatamente conto della relazione dell’organo di revisione
(così il nuovo art. 227 T.U.).
Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione rispetto alle autorizzazioni con-
tenute nel primo esercizio considerato nel bilancio di previsione e va redatto secondo i modelli
previsti dall’allegato 10 al D.Lgs. 118/2011 (art. 228 T.U., dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs.
126/2014).
Per ciascuna tipologia di entrata e per ciascun programma di spesa, il conto del bilancio
comprende, distintamente per residui e competenza:
— per l’entrata le somme accertate, distinguendo la parte riscossa da quella ancora da riscuotere;
— per la spesa le somme impegnate, distinguendo la parte pagata, quella ancora da pagare e
quella impegnata con imputazione agli esercizi successivi (rappresentata dal fondo pluriennale
vincolato).
Prima di inserire nel conto i residui attivi e passivi, l’ente locale deve provvedere all’operazione di ri-
accertamento degli stessi (di cui all’art. 3, comma 4, del D.Lgs. 118/2011), consistente nella revisione delle
ragioni del mantenimento, totale o parziale, dei residui e della corretta imputazione in bilancio.

Il conto si conclude con la dimostrazione del risultato della gestione di competenza e della
gestione di cassa e del risultato di amministrazione alla fine dell’esercizio.

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Al conto del bilancio sono allegati la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà
strutturale e il piano degli indicatori e dei risultati di bilancio.

Il conto economico evidenzia i componenti positivi (ricavi) e negativi (costi) della gestione
di competenza economica dell’esercizio considerato (rilevati dalla contabilità economico-patri-
moniale nel rispetto dei relativi principi contabili, generali e applicati, di cui al D.Lgs. 118/2011)
e rileva il risultato economico dell’esercizio.
Tale documento va redatto secondo lo schema previsto dall’allegato 10 al D.Lgs. 118/2011
(art. 229 T.U., dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. 126/2014).
Lo stato patrimoniale rappresenta i risultati della gestione patrimoniale e la consistenza del
patrimonio al termine dell’esercizio ed è predisposto nel rispetto dei principi della contabilità
economico-patrimoniale di cui al D.Lgs. 118/2011 (art. 230 T.U., dopo le modifiche introdotte
dal D.Lgs. 126/2014).
Il documento deve essere redatto secondo lo schema previsto dall’allegato 10 al D.Lgs.
118/2011, mentre l’allegato 4/3 contiene le modalità di valutazione dei beni del demanio e del
patrimonio.

g) Il bilancio consolidato
In base all’art. 11bis del D.Lgs. 118/2011, introdotto dal D.Lgs. 126/2014, anche i Comuni
devono redigere il bilancio consolidato con i propri enti e organismi strumentali, aziende, società
controllate e partecipate (cd. gruppo amministrazione pubblica), secondo le modalità e i criteri
individuati dal principio contabile applicato del bilancio consolidato, di cui all’allegato 4/4 al
decreto stesso. Si veda, al riguardo, quanto detto a proposito delle Regioni.

h) Il deficit strutturale
Sono considerati in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano
gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio (art. 242 T.U.); tali condizioni sono rilevabili da
una apposita tabella, allegata al certificato sul rendiconto della gestione del penultimo esercizio,
contenente parametri obiettivi: qualora almeno la metà di tali parametri presenti valori deficitari,
l’ente è dichiarato strutturalmente deficitario.
Gli enti che si trovino in condizioni di deficitarietà strutturale sono soggetti al controllo cen-
trale della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali istituita presso il Ministero
dell’Interno (art. 155 T.U.) che ha il compito di verificare la compatibilità finanziaria dei provvedi-
menti con i quali si approvano le dotazioni organiche e si provvede all’assunzione di personale.
Gli stessi enti deficitari sono inoltre sottoposti al controllo centrale sul rispetto di percen-
tuali prestabilite di copertura del costo di alcuni servizi mediante l’onere di presentazione di
apposita certificazione. Quegli enti locali strutturalmente deficitari che non rispettino queste
percentuali di copertura vengono sanzionati con la riduzione dell’1% del contributo statale
ordinario spettante per l’anno nel quale si è verificata l’inadempienza.
I Comuni e le Province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni
regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di
provocare il dissesto finanziario, nel caso in cui le misure di cui agli articoli 193 e 194 (salvaguardia degli
equilibri di bilancio e riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio) non siano sufficienti a superare
le condizioni di squilibrio rilevate, possono ricorrere, con deliberazione consiliare, alla procedura di rie-
quilibrio finanziario pluriennale (art. 243bis T.U., come modificato dalla L. 205/2017).
Entro novanta giorni dalla data di esecutività della delibera, il Consiglio dell’ente è tenuto a deliberare
un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, corredato del
parere dell’organo di revisione, contenente tutte le misure necessarie a superare le condizioni di squilibrio.

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i) Il dissesto finanziario
Qualora un ente locale non possa garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indi-
spensabili, oppure esistano nei confronti dell’ente locale crediti di terzi non validamente fron-
teggiabili, il Titolo VIII della Parte II del T.U. prevede (per i soli Comuni e Province) l’attivazione
di una complessa procedura per la rilevazione ed il pagamento dei debiti, da una parte, e per il
risanamento finanziario dell’ente dall’altra.
La procedura si apre con la deliberazione di dissesto adottata dal Consiglio dell’ente: la de-
liberazione, che non è revocabile, è trasmessa entro 5 giorni al Ministero dell’Interno ed è pub-
blicata per estratto sulla Gazzetta Ufficiale insieme al decreto del Presidente della Repubblica
con cui si nomina l’organo straordinario di liquidazione, il cui compito è quello di ripianare
l’indebitamento pregresso dell’ente.
La deliberazione di cui sopra va inoltre trasmessa (insieme ad una dettagliata relazione del
Collegio dei revisori) alla Corte dei conti.
Per ciò che concerne i poteri repressivi della Corte dei conti, si evidenzia quanto disposto dal comma
5, art. 248 del T.U. (inserito dal D.Lgs. 149/2011). Secondo tale norma, in caso di dissesto finanziario gli
amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di aver contri-
buito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto
stesso, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti
di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati.
I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono
candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente
di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e
dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo.
Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale,
provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Ai medesimi soggetti,
se ritenuti responsabili, le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano una sanzione
pecuniaria variabile da cinque a venti volte la retribuzione mensile.
Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello
svolgimento dell’attività del Collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le nor-
mative vigenti, delle informazioni, i componenti del Collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio
della predetta Corte non possono essere nominati nel Collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed
organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata.
La Corte dei conti trasmette l’esito dell’accertamento anche all’ordine professionale di appartenenza
dei revisori per valutazioni relative all’eventuale avvio di procedimenti disciplinari. Anche a tali soggetti la
Corte può irrogare sanzioni pecuniarie nella misura descritta in precedenza a proposito degli amministratori.

È inoltre previsto un meccanismo semplificato per l’estinzione dei debiti: l’organo straordi-
nario di liquidazione, infatti, può proporre all’ente locale di definire in via transattiva le pretese
dei creditori, se l’ente accetta, ai creditori è offerta una somma compresa fra il 40 e il 60% del
debito (così l’art. 258 del T.U.). Da tale tipo di transazione sono comunque esclusi i debiti relativi
alle retribuzioni dei dipendenti (che vanno liquidate per intero).
In modo parallelo all’attività dell’organo di liquidazione si svolge quella degli organi istitu-
zionali dell’ente: compito principale di questi ultimi è quello di assicurare condizioni stabili di
equilibrio finanziario e rimuovere le cause strutturali che hanno determinato il dissesto.
A tal fine, entro 30 giorni dalla deliberazione di dissesto, il Consiglio dell’ente è tenuto a fissare le aliquote
dei tributi locali e le tariffe nella misura massima consentita (art. 251); la delibera con cui sono fissati questi
aumenti non è revocabile ed ha efficacia per 5 anni a partire da quello cui si riferisce l’ipotesi di bi­lancio
riequilibrato, in cui il riequilibrio è realizzato aumentando le entrate proprie e riducendo le spese correnti
(rideterminazione della pianta organica, riorganizzazione dei servizi).

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