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Scuola Superiore della


Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE I: ORDINAMENTO COMUNALE


RIPORTATO NEL T.U.E.L.

La disciplina degli EE.LL. alla luce della riforma del Titolo V


Costituzione

MATERIALE D’AULA

di Luca Di Maio

Giovedì 12.06.2008

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
La Riforma Costituzionale e il suo impatto sull’assetto
preesistente come determinato dal TUEL
Le novità in tema di autonomia statutaria e regolamentare
Le funzioni fondamentali del Comune
Gli organi di governo e le rispettive competenze
Regole elettorali, ineleggibilità incompatibilità decadenza
Status degli amministratori locali
Ordinamento del personale e rinvio al D.Lgs.165/2001
I Dirigenti, Il Segretario Generale, il Direttore Generale

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
LA RIFORMA COSTITUZIONALE E IL SUO IMPATTO SULL’ASSETTO PREESISTENTE
COME DETERMINATO DAL TUEL
TUEL

Art. 114 La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane,
dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono
enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla
Costituzione

Art 117.
117 ……..I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare
in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.

Art 118 Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla
base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e
le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite
con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

Art 119. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia


finanziaria di entrata e di spesa. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni
hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con
la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro
territorio.

Con l’entrata in vigore della riforma Costituzionale si determina una situazione se non
completamente nuova per gli EE.LL almeno differente in ordine ai principi generali con
importanti conseguenze operative

Innanzitutto il Comune viene messo al primo posto tra gli enti territoriali che costituiscono
la repubblica, operandosi cosi una vera e propria rivoluzione copernicana rispetto alla
tradizionale ripartizione tra regioni province e comuni propria del vecchio testo
costituzionale.
Con ciò rafforzandosi la caratteristica di ente locale rappresentativo (come del resto la
provincia) ed esponenziale della comunità (art 3 TUEL )

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Inoltre è affermato esplicitamente il principio di sussidiarietà verticale per cui le funzioni
amministrative vengono svolte dal livello di governo più vicino al cittadino.

A seguito del nuovo assetto gli EE.LL hanno proprie funzioni garantite dalla costituzione
(anche se la loro concretizzazione e’ lasciata alla legislazione esclusiva dello stato ex art
117 comma 2 lett. p ) cui possono aggiungersi funzioni attribuite dalla legge statale e
regionale.
Infatti il riconoscimento di funzioni proprie e il loro carattere di enti esponenziali implica in
potere degli EE.LL. di normazione delle posizioni giuridiche soggettive degli amministrati
appartenenti alla comunità.

LE NOVITÀ IN TEMA DI AUTONOMIA STATUTARIA E REGOLAMENTARE


Conseguenza del nuovo assetto è il forte rafforzamento dell’autonomia normativa gia
affermata nel TUEL verificandosi in sostanza un mutamento nell’ambito della gerarchia
tradizionale delle fonti del diritto.
Mentre nell’ordinamento pre vigente ci si limitava a garantire l’autonomia degli enti locali,
nel nuovo ordinamento viene individuata dalla costituzione della repubblica una disciplina
di base degli enti locali di rango superiore alla legge ordinaria e viene affermata
esplicitamente l’autonomia statutaria e regolamentare
La previsione dei contenuti sui quali esercitare tale potestà farebbe pensare secondo
alcuni, ad un a riserva costituzionale di fonte locale
Questo sistema mette il crisi il tradizionale principio di gerarchia tra le fonti e afferma
quello di separazione e di esclusività, per cui quando e’ operativo un livello di regolazione
questo determina il non intervento degli altri
Da una situazione iniziale in cui nel 1990 lo Statuto disciplinava nel rispetto dei principi
fissati dalla legge l’organizzazione e le attribuzioni degli organi, le forme di collaborazione
tra comuni e province, e i regolamenti disciplinavano l’esercizio delle funzioni nel rispetto
della legge e dello statuto (L.142/90) gia con il TUEL (art.1 ) la legislazione in materia di
EE.LL enuncia espressamente i principi limite alla loro autonomia normativa, stabilendo
che inoltre le deroghe allo stesso possono essere disposte solo in forma espressa, si
passa a un assetto in cui il potere statutario è garantito direttamente dalla Carta
Costituzionale e la fonte regolamentare non è più subordinata al rispetto della legge ma
solo ai principi fissati dalla legge e dallo statuto.

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Di conseguenza l’assetto della potestà normativa locale come determinato dal TUEL
D.Lgs 267/00 deve ritenersi costituzionalmente superato
È la costituzione stessa ad attribuire agli EE.LL funzioni proprie e queste funzioni sono
regolate dai propri statuti e regolamenti.
Lo statuto in armonia con la Costituzione e con i princìpi generali in materia di
organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in attuazione
dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, stabilisce i princìpi di
organizzazione e funzionamento dell’ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché
le garanzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare.
La disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei
Comuni,delle Province e delle Città metropolitane è riservata alla potestà regolamentare
dell’ente locale,nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i
requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto
previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione. (L.131/2002)
La legge statale e regionale può al più conferire altre funzioni agli EE.LL, ma non regolare
quelle ad esso attribuite ( che siano proprie conferite o libere ) configurandosi altrimenti
come incostituzionale. Si assiste dunque a un parallelismo fra funzioni amministrative
locali e potere regolamentare locale.
Infatti a seguito del trasferimento di funzioni agli EE.LL il nuovo asseto costituzionale
determina la potestà regolamentare locale.
La potestà regolamentare dello stato o della regione e’ alternativa a quella locale non
potendosi dare un doppio grado di normazione secondaria.
E evidente perciò che una legge statale o regionale non può disciplinare compiutamente
una materia per la quale le funzioni amministrative sono state conferire agli EE.LL..
Ne si può sottrarre in qualche misura la regolamentazione di queste funzioni alla potestà
normativa locale.

E’ ulteriormente ampliata l’autonomia finanziaria con possibilità per gli enti di istituire e
applicare tributi seppur in armonia con i principi fissati dalla costituzione e dal potere
generale di coordinamento della finanza pubblica spettante allo stato (esercitato
principalmente, ma non solo, a mezzo della legge finanziaria e dal patto di stabilità in essa
richiamato).

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A seguito della riforma e della legge 131/2002 cd “legge La Loggia” di attuazione della
medesima, si attende l’elaborazione della Carta delle Autonomie Locali che dovrebbe
recepire nella legislazione ordinaria le novità recate dalle disposizioni costituzionali

La disciplina base relativa all’organizzazione degli EE.LL. e’ tuttavia ancora contenuta per
gran parte nel TUEL come modificato e integrato a seguito delle novelle succedutesi nel
tempo, oltre che naturalmente nello statuto .

LE FUNZIONI FONDAMENTALI DEL COMUNE

Le funzioni del comune sono definite dall’art 13 TUEL, a mente del quale spettano allo
stesso tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio
comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità,
dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia
espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le
rispettive competenze.

Come si vede trattasi di un’elencazione aperta e suscettibile di integrazioni alla luce delle
esigenze del singolo ente proprio in applicazione del principio della sussidiarietà.

L’ art.14 precisa che ill comune gestisce per conto dello stato i servizi elettorali, di stato
civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica e le relative funzioni sono esercitate dal
sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell'articolo 54.

Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate
ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse
necessarie

Inoltre Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme di
decentramento.

Per il comune di Roma il decentramento e’ assicurato dalla norma statutaria che ha


previsto l’istituzione, in conformità di quanto previsto all’17 comma1 e 5 TUEL (come
modificato dalla finanziaria 2008) delle circoscrizioni di decentramento che assumono la
denominazione di municipi

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Le funzioni
funzioni della provincia sono definite all’art 19 del tuel

GLI ORGANI DI GOVERNO E LE RISPETTIVE COMPETENZE

Sono organi di governo del comune il Consiglio, la Giunta, il Sindaco. Sono organi di
governo della Provincia il Consiglio, la Giunta, il Presidente.

Il consiglio è l’organo di indirizzo e controllo politico amministrativo

Anche in relazione alla rafforzata autonomia statutaria e regolamentare è da considerarsi il


“Parlamento dell’ente locale”

In quest’ottica la presidenza del consiglio prima spettante al sindaco e’ stata resa


autonoma con la previsione che nei comuni superiori a 15.000 abitanti il consesso sia
presieduto da un presidente .Nei comuni di popolazione inferiore la figura del presidente
del consiglio può essere prevista dallo statuto

La composizione dei consigli comunali e provinciali è prevista all’art 37 TUEL

Le competenze sono fissate dall’art 42 e quindi rientrano nella stessa:

a) statuti dell'ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l'ipotesi di cui all'articolo
48, comma 3, criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi;

Rientrano in questa categoria tutti i regolamenti escluso quello per l’ordinamento degli
uffici e dei servizi per il quale l’organo deve altresì dettare i criteri generali ai quali si
dovrà attenere la giunta (art 48 TUEL)

b) programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi


triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative
variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali
per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie;

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Tutte le fasi del bilancio data la valenza programmatoria e autorizzativa di spesa sono
di competenza consiliare cosi come tutti i piani e programmi in materia di assetto e
utilizzazione del territorio.

c) convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione e


modificazione di forme associative;

d) istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e


di partecipazione;

e) organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali,


concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali,
affidamento di attività o servizi mediante convenzione;

Il ruolo primario del Consiglio in materia di gestione dei servizi pubblici locali risulta
rafforzato dall’ultima legge finanziaria, anche in materia di governance societaria e di
autorizzazione all’acquisizione, ma anche al mantenimento di partecipazioni, le quali
devono essere conformi alla mission dell’ente stesso.Sono di competenza consiliare
anche tutte le operazioni sulle partecipazioni a qualsiasi titolo detenute

f) istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle


relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi;

il comma in commento non e’ che l’esplicazione dell’autonomia in materia tributaria


prevista all’art 119.La finanziaria per il 2007 ha riportato la competenza relativa alla
determinazione dell’aliquota ICI in capo al Consiglio

g) indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti,


sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;

h) contrazione di mutui e aperture di credito non previste espressamente in atti


fondamentali del consiglio ed emissioni di prestiti obbligazionari;

i) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle
locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere
continuativo;

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
l) acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non
siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne
costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria
amministrazione di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di
altri funzionari;

Rientrano nella competenza consiliare anche la concessione di diritti reali di


qualsiasi tipo su beni immobili di proprietà comunale oltre alle concessioni di uso e
locazione superiore ai 9 anni

m) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del


comune presso enti, aziende ed istituzioni, nonché nomina dei rappresentanti del
consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla
legge.

Il consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa altresì alla definizione,
all'adeguamento e alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da
parte del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori.

A fine legislatura il consiglio può’ approvare il Bilancio di mandato che è la ricognizione dei
risultati raggiunti in ordine agli obiettivi programmati in conformità al programma politico
amministrativo del Sindaco o del Presidente

consiliare,, pur cosi estesa,


Non si può non sottolineare che la competenza consiliare estesa, e’ da
intendersi come tassativa e non derogabile, per cui l’atto
l’atto eventualmente adottato al di fuori
dei propri poteri è viziato da incompetenza.
incompetenza Le compente consiliari non possono essere
adottate in via d'urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo quelle attinenti
alle variazioni di bilancio adottate dalla Giunta da sottoporre a ratifica del consiglio nei
sessanta giorni successivi, a pena di decadenza

L’organo di governo a competenza residuale è quindi la Giunta.

La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e


dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito
dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del
numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità. Gli statuti possono
fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi.

Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori
sono nominati anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei
requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere. Lo statuto può
prevedere tale facoltà nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti.

Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, l’art 64 TUEL prevede
l’incompatibilità tra la carica di assessore e consigliere

La competenza della giunta e’ fissata all’art. 48 per il quale la Giunta compie tutti gli atti
rientranti ai sensi dell'articolo 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che
non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano nelle competenze del
sindaco o del presidente della provincia o degli organi di decentramento.

Collabora con il sindaco e con il presidente della provincia nell'attuazione degli indirizzi
generali del consiglio.
consiglio

Riferisce annualmente al consiglio sulla propria attività e svolge attività propositive e di


impulso nei confronti dello stesso.

Atti principali
principali della giunta sono a titolo meramente esemplificativo e senza alcuna pretesa
di esaustività :

• l’approvazione dello schema di bilancio di previsione e rendiconto di gestione da


sottoporre ad approvazione del consiglio,
• l’approvazione del PEG (piano esecutivo di gestione)
• l’approvazione del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi
• la fissazione delle aliquote dei tributi,
• le variazioni di bilancio in urgenza,
• la definizione delle competenze e delle attribuzioni dirigenziali,
• l’assegnazione delle somme ai dirigenti,
• la concessione di contributi e patrocinio,
• gli atti di indirizzo ai dirigenti in relazione alle successive scelte gestionali

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
• l’approvazione di progetti preliminari definitivi ed esecutivi di lavori pubblici e dei
preliminari quando essi non comportino variante agli strumenti urbanistici;

Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi rappresentativi e responsabili


dell'amministrazione del comune e della provincia.

Il mandato dura 5 anni ed essi al termine del secondo mandato non sono
immediatamente rieleggibili

Convocano e presiedono la Giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il Presidente


del Consiglio (comuni di popolazione inferiore a 15000 abitanti in assenza di previsione
statutaria)

Essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e
sovrintendono altresì all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate
al comune e alla provincia (art 55 TUEL).

Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie
previste da specifiche disposizioni di legge.

Il sindaco è titolare inoltre di un potere di ordinanza, in caso di emergenze sanitarie o di


igiene pubblica e nelle materie dell’edilizia e della polizia locale a carattere esclusivamente
locale

le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della
comunità locale anche in deroga alla legislazione vigente, salvo il rispetto dei principi
generali dell’ordinamento giuridico (ivi comprese tutte le disposizioni costituzionali) sulla
base dei seguenti requisisti :

1) efficacia limitata nel tempo al perdurare dello stato di necessità e nello spazio al
territorio di riferimento

2) stato di urgenza necessità

3) adeguata motivazione in relazione all’urgenza e alla necessità

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4) comunicazione agli interessati, e a tutti i soggetti sulla cui sfera giuridica il
provvedimento può esplicare effetti limitativi e/o negativi

Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio
comunale, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici,
nonché, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio Sulla
base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia
provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e
della provincia presso enti, aziende ed istituzioni. Il sindaco e il presidente della provincia
nominano il segretario generale il direttore generale e i responsabili degli uffici e dei
servizi, attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione
esterna, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali

REGOLE ELETTORALI:INCOMPATIBILITÀ, INELEGGIBILITÀ, DECADENZA

Il procedimento si distingue a seconda della popolazione inferiore o superiore a 15.000.


abitanti

Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, l'elezione dei consiglieri comunali si
effettua con sistema maggioritario contestualmente alla elezione del sindaco.

Ogni candidatura alla carica di sindaco è collegata ad una lista di candidati alla carica di
consigliere comunale, comprendente un numero di candidati non superiore al numero dei
consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti.

Ciascun elettore ha diritto di votare per un candidato alla carica di sindaco, segnando il
relativo contrassegno. Può altresì esprimere un voto di preferenza per un candidato alla
carica di consigliere comunale compreso nella lista

È proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene il maggior numero di voti.
Alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha riportato il maggior numero di
voti sono attribuiti due terzi dei seggi assegnati al consiglio, con arrotondamento all'unità
superiore qualora il numero dei consiglieri da assegnare alla lista contenga una cifra
decimale superiore a 50 centesimi. I restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente fra le
altre liste.

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Nell'ambito di ogni lista i candidati sono proclamati eletti consiglieri comunali secondo
l'ordine delle rispettive cifre individuali, costituite dalla cifra di lista aumentata dei voti di
preferenza.

Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il sindaco è eletto a suffragio
universale e diretto, contestualmente all'elezione del consiglio comunale.

Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare all'atto della presentazione della
candidatura il collegamento con una o più liste presentate per l'elezione del consiglio
comunale.

Ciascun elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e
per una delle liste ad esso collegate o votare per un candidato alla carica di sindaco,
anche non collegato alla lista prescelta.

È proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta
dei voti validi.

Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza, si procede ad un secondo turno


elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono
ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di sindaco che hanno ottenuto al
primo turno il maggior numero di voti. Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il
candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi.

A presidio della regolarità delle elezioni oltre che del corretto e imparziale svolgimento dei
compiti da parte degli eletti la legge prevede alcuni particolari istituti :

L’ineleggibilità che mira a garantire la genuinità e la trasparenza delle elezioni e del


relativo procedimento, in relazione a particolari cause che determinerebbero una sorta di
“captatio benevolentiae” essendo potenzialmente suscettibili di turbare la serenità e la
liberta del voto degli elettori.

Le cause di ineleggibilità sono previste agli art 60 e 61 TUEL

L’incompatibilità
L’incompatibilità è invece un ‘istituto che ha lo scopo di evitare possibili situazioni di
conflitto di interessi oltre che situazioni di coincidenza tra controllante e controllato

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Le cause di incompatibilità sono previste agli art 63,64.65 e 66 TUEL

La contestazione delle cause di ineleggibilità e incompatibilità deve essere effettuata dal


consiglio di cui l’interessato fa parte .

La decadenza è istituto che suggella le previsioni di legge sulla ineleggibilità e


incompatibilità

Status degli amministratori locali

Il sistema delineato dal TUEL al fine di permettere un accesso democratico dei cittadini
alle cariche elettive e in definitiva agli organi di governo degli EE.LL. detta una disciplina
specifica finalizzata innanzitutto a permettere che le cariche pubbliche siano
democraticamente accessibili indipendentemente dalle condizioni personali sociali e di
reddito, e in secondo luogo che chi e’ chiamato dagli elettori a svolgerle disponga del
tempo e delle risorse necessarie.

Questa disciplina rappresenta un utile corollario delle regole democratiche che presiedono
all’ elezione da parte dei cittadini

A tal fine il TUEL detta disposizioni finalizzate a garantire il tempo necessario allo
svolgimento del “munus pubblicum” : a tale scopo assolvono i permessi e le licenze di cui
all’art .79 e l’aspettativa di cui all’art 81.

Mentre per quanto riguarda il necessario ristoro economico degli oneri derivanti dalla
carica, l’art 82 come modificato dalla L. Finanziaria 2008 detta la normativa di principio
attuata poi con un Decreto ministeriale (D.M ministero dell’interno 119/2000) per la
determinazione dei gettoni di presenza e delle indennità di funzione degli amministratori
locali.

L’art 84 detta la disciplina del rimborso delle spese anch’essa modificata dalla L.
Finanziaria 2008 disponendo che agli Amministratori che, in ragione del loro mandato, si
rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa
autorizzazione, è dovuto esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente
sostenute, nonché un rimborso forfetario onnicomprensivo per le altre spese

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Le altre norme del capo completano al disciplina relativamente agli aspetti fiscali e
contributivi

Ordinamento del personale e rinvio al D.Lgs.165/2001

La disciplina base del personale degli EE.LL e’ contenuta nell’art.88 che stabilisce che per
l’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti, si
applicano le disposizioni del D.Lgs. 165/2001 e smi, e le altre disposizioni di legge in
materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni

Di conseguenza anche per gli enti locali trova applicazione la cd privatizzazione del
pubblico impiego e la sottoposizione del relativo contenzioso alla competenza del giudice
civile

L’art 89 TUEL individua una autonoma potestà regolamentare degli EE.LL. da esplicarsi
secondo principi di funzionalità ed economicità di gestione e responsabilità. da coordinarsi
con la contrattazione collettiva nazionale e naturalmente con la nuove previsioni
costituzionali e della legge di attuazione.

In tal senso la potestà normativa esplicantesi tramite il regolamento sull’ordinamento degli


uffici e dei servizi, può disciplinare. le responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori
nell'espletamento delle procedure amministrative; gli organi, uffici, modi di conferimento
della titolarità dei medesimi, princìpi fondamentali di organizzazione degli uffici;
procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro; ruoli, dotazioni
organiche e loro consistenza complessiva;disciplina della responsabilità dei dipendenti.

In materia di responsabilità i principi base sono fissati all’art 93 TUEL per il quale per il
personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilità
degli impiegati civili dello Stato.

Alla responsabilità civile si aggiunge la responsabilità contabile per la quale i tesorieri


ed ogni altro agente contabile che abbiano maneggio di pubblico denaro o siano incaricati
della gestione dei beni degli enti locali devono rendere il conto della loro gestione e sono
soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le procedure previste
dalle leggi vigenti

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Per le assunzioni l’art 91 detta il principio fondamentale del contenimento della spesa
che deve essere coniugato con i princìpi di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse
compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio.

A tal uopo occorre ricordare che le province e i comuni con popolazione superiore ai 5000
abitanti sono sottoposti al patto di stabilità e che comporta numerosi vincoli per le
assunzioni e obblighi di riduzione della spesa.

I DIRIGENTI, IL SEGRETARIO GENERALE, IL DIRETTORE GENERALE,

Per comprendere il funzionamento della cd “macchina amministrativa” degli enti locali è


fondamentale il principio di separazione tra responsabilità di indirizzo e controllo politico
amministrativo e verifica dei risultati, posti in capo agli organi politici e attività gestionale
amministrativa finanziaria e tecnica attribuita ai dirigenti (art 107 comma 1 TUEL)

Nei comuni privi di dirigenza (popolazione inferiore ai 5000) abitanti le relative


competenze di intendono attribuite ai responsabili del servizio;

Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti


amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi
espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-
amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del
segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.

L’art 107 comma 3 prevede un’elencazione non tassativa dei compiti spettanti alla
dirigenza

Completa il principio di separazione tra politica e amministrazione


amministrazione l’art 49 che prevede il
regime dei pareri obbligatori su tutte le deliberazioni che non siano mero atto di indirizzo
da parte del (dirigente) responsabile del servizio interessato (regolarità tecnica) e da parte
del responsabile del servizio ragioneria
ragioneria (regolarità contabile) o in loro assenza dal
segretario comunale

Bisogna però ricordare come il principio di cui sopra soffra eccezione per i comuni con
popolazione inferiore a 5000 abitanti, nei quali in seguito alle modifiche introdotte dalle

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Leggi finanziarie 2001 e 2002, le funzioni di responsabile del servizio, accertata al
mancanza all’interno del personale di adeguate professionalità, ai fini del contenimento
della spesa possono essere affidate previe opportune modifiche al regolamento degli uffici
e dei servizi, anche ai componenti della giunta.

Completa l’assetto della dirigenza la previsione dell’art 110 TUEL a mente del quale lo
statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici di
qualifiche dirigenziali possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto
pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando
i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e
dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori
della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte
specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti
sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della
dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva. e comunque per almeno una
unità.Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i
limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione
organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti
a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi
restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire.

Al termine del veloce excursus sul funzionamento degli EE.LL. l’esame della figura del
segretario comunale, figura di vertice prevista all’art.97 sia per il comune che per la
provincia

Il segretario comunale e provinciale, dipendente dall'Agenzia autonoma per la gestione


dell'albo dei segretari comunali e provinciali, svolge compiti di collaborazione e funzioni di
assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla
conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti e
sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività.

Svolge inoltre tutte le altre funzioni previste all’art 97

Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della
provincia, possono nominare un direttore generale,

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Il D.G. provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo
dell'ente, secondo le direttive impartite e sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo
livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la
predisposizione del piano dettagliato di obiettivi, nonché la proposta alla giunta di piano
esecutivo di gestione previsto. Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente
della provincia, previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale. Nei comuni con
popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore
generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate
raggiungano i 15.000 abitanti.

La previsione del D.G. di cui all’art 108 TUEL crea nei fatti una diarchia al vertice
amministrativo degli enti che optino per questa scelta che dovrà essere razionalizzata e
risolta dalla nuova Carta delle Autonomie non essendo sufficiente una disciplina dei
reciproci rapporti quale quella prevista all’art 107, nel rispetto dei loro distinti ed autonomi
ruoli, in quanto la situazione può essere fonte di complessi problemi gestionali al vertice
dell’ente.

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Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE N.1
L’ORDINAMENTO COMUNALE RIPORTATO NEL T.U.E.L.
(D.LGS n. 267/2000 E SUCC. MODIFICHE)

ORDINAMENTO ISTITUZIONALE RIFERITO AGLI


ORGANI, ALLE LORO COMPETENZE E ALLA
MODALITA’ DI ESPRESSIONE DELLA VOLONTA’ CON I
VARI TIPI DI ATTI ADOTTATI

DISPENSA

di Marco Di Folco

Giugno 2008
INDICE
PREMESSA .............................................................................................................. 3
CAPITOLO I - GLI ENTI LOCALI............................................................................... 4
CAPITOLO Il – IL COMUNE ...................................................................................... 4
CAPITOLO III - LA PROVINCIA ................................................................................ 5
CAPITOLO IV - LA POTESTÀ NORMATIVA DEGLI ENTI LOCALI ........................... 6
4.1 Gli statuti degli enti locali ..................................................................................6
4.2 I regolamenti degli enti locali..............................................................................7
CAPITOLO V - LE FORME ASSOCIATIVE .............................................................. 8
5.1 Le convenzioni...................................................................................................8
5.2 I consorzi ...........................................................................................................9
5.3 Le unioni di comuni ..........................................................................................10
5.4 Gli accordi di programma.................................................................................11
5.5 Le comunità montane ......................................................................................11
CAPITOLO VI - GLI ORGANI DI GOVERNO DELL’ENTE LOCALE........................ 13
6.1 Il consiglio comunale...................................................................................... 13
6.2 Il consiglio provinciale ......................................................................................16
6.3 La giunta comunale .........................................................................................16
6.4 La giunta provinciale ........................................................................................18
6.5 Il sindaco..........................................................................................................19
6.6 Il presidente della provincia .............................................................................21
CAPITOLO VII - L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA DELL’ENTE LOCALE .. 22
7.1 La dirigenza locale ...........................................................................................22
7.2 Il segretario comunale/provinciale ...................................................................24
7.3 Il city manager .................................................................................................25
CAPITOLO VIII - I CONTROLLI SUGLI ATTI E SUGLI ORGANI DELL’ENTE
LOCALE.................................................................................................................. 26

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PREMESSA

Con l’art. 31 della legge 265 del 1999 il Parlamento ha conferito al Governo la
delega ad emanare una sorta di codice delle autonomie locali, un testo unico che
riassuma e coordini, con funzione perciò non meramente compilativa, la produzione
legislativa in materia di ordinamento degli Enti locali.
Ai sensi del secondo comma di detto articolo, il testo unico contiene le disposizioni
relative a:
- ordinamento in senso proprio e struttura istituzionale;
- sistema elettorale, ivi comprese le disposizioni sull’ineleggibilità e
sull’incompatibilità;
- stato giuridico degli amministratori;
- sistema finanziario e contabile;
- controlli;
- norme fondamentali sull’organizzazione degli uffici e del personale, ivi compresi
i segretari comunali;
Il metodo redazionale prescelto è consistito nel raccogliere e coordinare le varie
norme lavorando su un impianto di riferimento costituito dalla legge 142/90, come
modificata ed integrata dai successivi interventi culminati con la legge 265 del 1999.
Nel testo unico sono state ricomprese solo disposizioni di rango legislativo e sono
state escluse, invece, le disposizioni regolamentari, anche di carattere delegificante;
si è tenuto conto della giurisprudenza costituzionale e degli orientamenti consolidati
della giurisprudenza ordinaria e amministrativa.

Il testo unico si compone di 4 parti:


1. la parte I è dedicata all’ordinamento istituzionale;
2. la parte II riguarda l’ordinamento finanziario e contabile;
3. la parte III riguarda le associazioni degli Enti locali;
4. la parte IV prevede le disposizioni transitorie e le abrogazioni.
In questa sede oggetto specifico di attenzione sono le più importanti previsioni
contenute nella parte prima del testo unico.

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CAPITOLO I - GLI ENTI LOCALI

Gli enti locali sono enti pubblici destinati ad operare in un ristretto ambito territoriale
per il perseguimento di interessi eminentemente locali. A tale scopo essi sono dotati,
a vario livello, di autonomia politica e giuridica. Si distinguono a tale proposito gli enti
locali territoriali (Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, Comunità isolane,
Unioni di Comuni e Aree metropolitane), per i quali il territorio, oltre che elemento
delimitatore della sfera d’azione, si pone anche come elemento costitutivo dell’ente
stesso, dagli altri enti locali istituzionali, comprendenti le varie strutture del potere
locale, quali le Aziende U.S.L., le Camere di commercio, gli ordini e i collegi
professionali.

CAPITOLO Il - IL COMUNE

Il Comune è un ente territoriale di base, riconosciuto a livello costituzionale, dotato di


autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché di
autonomia impositiva e finanziaria, che rappresenta la propria comunità, ne cura gli
interessi e ne promuove lo sviluppo (artt.. 3 e 13 del d..lgs. 267/2000).
Elementi costitutivi del Comune sono: il territorio, la popolazione, la personalità, il
patrimonio.
In quanto dotato della potestà di autogoverno, il Comune ha la facoltà di
amministrarsi attraverso propri organi che sono:
- il consiglio comunale, organo di indirizzo e controllo politico-amministrativo;
- la giunta comunale, organo esecutivo con competenza generale e residuale;
- il sindaco, organo individuale che svolge la duplice funzione di capo
dell’amministrazione comunale e ufficiale di Governo.
Le funzioni di competenza esclusiva del Comune rientrano essenzialmente nei settori
organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell’assetto e utilizzazione del
territorio, dello sviluppo economico.
Le funzioni esercitate per conto dello Stato riguardano i servizi di anagrafe, elettorali,
stato civile, leva militare, statistica.

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CAPITOLO III - LA PROVINCIA

La Provincia è un ente locale intermedio tra Comune e Regione, che rappresenta la


propria comunità, ne cura gli interessi, ne coordina e promuove lo sviluppo (artt. 3 e
19 del d.lgs. 267/2000).
Tale ente, dotato di autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa,
nonché di autonomia impositiva e finanziaria nell’ambito del proprio statuto e
regolamento e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica, presenta notevoli
affinità con il Comune sia per quanto riguarda la struttura organizzativa, sia perché
molte disposizioni legislative sono comuni ai due enti.
In quanto dotata della potestà di autogoverno la Provincia si amministra attraverso
propri organi che sono:
- il consiglio provinciale, con funzioni di indirizzo e di controllo politico-
amministrativo, eletto direttamente dal corpo elettorale provinciale;
- la giunta provinciale, organo esecutivo cui è affidata una competenza in materia
di amministrazione attiva generale e residuale, nominata dal Presidente della
Provincia;
- il presidente della Provincia, che è l’organo responsabile dell’amministrazione
provinciale ed è eletto a suffragio universale e diretto contestualmente
all’elezione dell’organo consiliare.
La Provincia esercita funzioni amministrative che comprendono vaste zone
intercomunali o l’intero territorio provinciale e che rientrano nei settori individuati
dall’art. 19 del D.Lgs. 267/2000 (difesa del suolo, valorizzazione dell’ambiente,
prevenzione delle calamità, tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed
energetiche, valorizzazione dei beni culturali, viabilità e trasporti, caccia e pesca
nelle acque interne, compiti connessi all’istruzione secondaria di secondo grado e
artistica etc.). Tale disposizione, che ha già operato un netto ampliamento delle
funzioni di competenza provinciale, è integrata dall’art. 20 del D.Lgs. 267/2000 che
affida alla Provincia importanti compiti di programmazione in materia economica,
ambientale, di pianificazione territoriale. Tali funzioni di programmazione vengono
esercitate dalla Provincia, secondo le disposizioni contenute in leggi regionali,
attraverso un’azione coordinata con gli altri enti territoriali (Regione e Comuni).

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CAPITOLO IV - LA POTESTÀ NORMATIVA DEGLI ENTI LOCALI

4.1 Gli statuti degli enti locali


Lo statuto è l’atto normativo fondamentale in cui si manifesta in maniera piena e
completa l’autonomia dell’ente locale.
L’art. 6 del D.Lgs. 267/2000 riconosce espressamente a Province e Comuni la
potestà di adottare un proprio statuto. Tale riconoscimento si pone in perfetta
armonia con i principi sanciti dalla Costituzione in tema di autonomie locali.
Secondo il menzionato art. 6 lo statuto deve determinare (contenuto obbligatorio):
le attribuzioni degli organi;
- le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze;
- i modi di esercizio della rappresentanza legale dell’ente, anche in giudizio;
- i criteri generali in materia di organizzazione dell’ente;
- le forme di collaborazione fra Comuni e Province;
le forme della partecipazione popolare, del decentramento, dell’accesso dei cittadini
alle informazioni ed ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone.
Lo statuto stabilisce norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e
donna ai sensi della L. 125/99, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi
nelle Giunte e negli organi collegiali del Comune e della Provincia, nonché degli enti,
aziende ed istituzioni da essi dipendenti.
Il contenuto statutario facoltativo prende in considerazione materie non menzionate
dal succitato art. 6 ma individuate da altri articoli del D.Lgs. 267/2000, e comunque
concernenti quegli elementi differenziatori di ogni Comune e di ogni Provincia, relativi
alla diversa cultura, storia, economia etc.
Lo statuto è approvato con delibera del Consiglio comunale o provinciale in seduta
pubblica e con voto palese. La delibera deve ottenere il voto favorevole dei due terzi
dei consiglieri previsti per l’ente.
Qualora tale maggioranza (quorum funzionale) qualificata non dovesse essere
raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e
lo statuto viene approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della
maggioranza assoluta dei consiglieri.
Lo statuto deve essere pubblicato in triplice forma:

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- nell’Albo pretorio dell’ente per trenta giorni consecutivi;
- nel Bollettino ufficiale della Regione (BUR);
- nella Raccolta ufficiale degli statuti conservata presso il Ministero dell’Interno.
Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all’Albo pretorio
dell’ente.
A seguito della riforma del Titolo V, parte II della Costituzione (di cui alla legge
costituzionale 3/2001), la potestà statutaria di comuni, province e città metropolitane
è espressamente prevista in costituzione (art. 114, comma 2, Cost.). In attuazione di
tale previsione l’art. 4 della l. 131/2003 dispone che lo statuto locale, in armonia con
la Costituzione e con i principi generali in materia di organizzazione pubblica e nel
rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in base all’art. 117, comma 2, lett. p),
Cost., determina i principi di organizzazione e funzionamento dell’ente, le forme di
controllo, anche sostitutivo, nonché le garanzie delle minoranze e le forme di
partecipazione popolare.

4.2 I regolamenti degli enti locali


Gli enti locali godono anche del potere di approvare regolamenti. In base all’art. 7 del
d.lgs. 267/2000, nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto, il comune e
la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in
particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi
di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle
funzioni. In linea di principio l’approvazione del regolamento compete al consiglio
comunale/provinciale (art. 42 del d.lgs. 267/2000), con la sola eccezione del
regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, la cui adozione spetta alla
giunta comunale/provinciale nel rispetto dei criteri generali fissati dal consiglio (art.
48, comma 3 del d.lgs. 267/2000).
Per effetto della riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, anche la potestà
regolamentare è oggi espressamente contemplata dalla Costituzione. Più
precisamente, l’art. 117, comma 6 Cost., dispone che comuni, province e città
metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell’organizzazione e del funzionamento delle funzioni loro attribuite. In attuazione di
tale previsione l’art. 4, comma 3 della l. 131/2003 stabilisce che l’organizzazione

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degli enti locali è disciplinata dai regolamenti nel rispetto delle norme statutarie; il
successivo comma 4 aggiunge che la disciplina dell’organizzazione, dello
svolgimento e della gestione delle funzioni dei comuni, delle province e delle città
metropolitane è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, nell’ambito della
legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di
uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli
artt. 114, 117, comma 6 e 118 della Costituzione.

CAPITOLO V - LE FORME ASSOCIATIVE

5.1 Le convenzioni
Nel quadro della parte I del d.lgs. 267/2000 assume particolare rilievo la disciplina
delle forme associative, vale a dire di quegli strumenti che consentono agli enti locali,
e in particolare ai comuni, di esercitare assieme funzioni amministrative che da soli
non sarebbero in grado di svolgere in maniera adeguata. Trattasi, in particolare: delle
convenzioni, dei consorzi, delle unioni dei comuni, degli accordi di programma e delle
comunità montane.
Le convenzioni sono accordi organizzativi con cui gli enti locali fanno fronte ad
esigenze di collaborazione grazie al coordinamento gestionale nell’esercizio di
funzioni, servizi e attività senza dar vita ad una nuova struttura organizzativa come
nel consorzio.
L’art. 30 del d.lgs. 267/2000 distingue nell’ambito delle convenzioni due tipologie a
seconda del carattere facoltativo o obbligatorio dell’accordo raggiunto dagli enti.
Le convenzioni facoltative sono deliberate dagli enti locali partecipanti per lo
svolgimento, in forma coordinata, di determinati servizi e funzioni.
Con legge, statale o regionale, secondo le rispettive competenze, possono essere
previste convenzioni obbligatorie tra enti locali, per la gestione a tempo determinato
di uno specifico servizio, o per la realizzazione di una determinata opera pubblica. In
virtù del carattere obbligatorio della convenzione gli enti non possono sottrarsi alla
costituzione del rapporto convenzionale, attivandosi in caso contrario il potere
sostitutivo dell’organo regionale di controllo oppure del difensore civico regionale,
ove costituito, per la nomina di un commissario ad acta che provvede in merito.

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L’art. 30, comma 4 del d.lgs. 267/00 prevede che le convenzioni possono costituire
uffici comuni che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti
all’accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all’accordo a
favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.

5.2 I consorzi
I consorzi sono strumenti di cooperazione per lo svolgimento in forma associata di
una o più attività, ogni qualvolta gli enti locali valutino l’opportunità di dar vita ad un
soggetto distinto dotato di personalità giuridica e di maggiore agilità operativa per
estendere o rendere uniforme, in un bacino di utenza sovracomunale, un servizio o
una funzione.
L’art. 31 del D.Lgs. 267/2000 definisce la natura delle attività consorziate
identificandole nella gestione associata di uno o più servizi e nell’esercizio associato
di funzioni, e delimita l’ambito di operatività dell’istituto consortile, configurando due
tipi di consorzio:
- di servizi. Sono quelli che gestiscono attività a rilevanza economica o servizi
sociali in forma imprenditoriale; ad essi il comma 8 dell’art. 3, citato applica
una disciplina aziendalistica rinviando alle norme previste per le aziende
speciali;
- di funzioni. Sono quelli che gestiscono servizi sociali in forma non
imprenditoriale o funzioni meramente amministrative quali ad esempio funzioni
di segreteria, tecniche e di statistica.
Diversamente dal regime previgente secondo il quale la costituzione del consorzio
richiedeva un preventivo provvedimento statale o regionale di approvazione, l’attuale
normativa dispone che esso si costituisca a seguito di una convenzione approvata da
parte dei consigli degli enti partecipanti, a maggioranza assoluta dei componenti.
Lo Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per gestire determinate
funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico.
Ai sensi dell’art. 273 del D.Lgs. 267/2000 fino al completamento delle procedure di
revisione dei consorzi e delle altre forme associative, resta fermo il disposto dell’art.
60 della L. 142/90 (e dell’art. 5, commi 11ter e 11quater del D.L. 361/95, convertito
dalla L. 437/97), secondo cui i Comuni e le Province hanno l’onere di provvedere alla

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revisione dei consorzi in atto, trasformandoli nelle forme previste dalla stessa L.
142/90, ovvero di disporne la soppressione quando siano esaurite le funzioni e le
finalità della gestione consortile.

5.3 Le unioni di comuni


Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più Comuni, di norma
contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro
competenza.
L’atto costitutivo e lo statuto dell’unione sono approvati dai Consigli dei Comuni
partecipanti, con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie.
Allo statuto è affidato il compito di definire l’assetto degli organi dell’unione di comuni
e le modalità della loro costituzione.
L’unico organo politico espressamente previsto dall’art. 32, comma 3 del d.lgs.
267/2000 è il Presidente dell’unione, il quale dovrà essere scelto tra i Sindaci dei
Comuni associati.
Gli altri organi dovranno essere individuati e disciplinati dallo statuto tenendo presenti
due vincoli:
- i componenti dovranno essere scelti tra gli amministratori (di Consiglio e di
Giunta) dei Comuni associati;
- dovrà essere garantita la rappresentanza delle minoranze.
- L’unione di comuni ha potestà regolamentare che, in particolare, concerne:
- la disciplina della propria organizzazione;
- lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate;
- i rapporti anche finanziari con i Comuni.
Alle unioni si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l’ordinamento dei
Comuni. Si applicano, in particolare, le norme in materia di composizione degli organi
dei Comuni; il numero dei componenti degli organi non può comunque eccedere i
limiti previsti per i Comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell’ente.
Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui
servizi ad esse affidati.

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5.4 Gli accordi di programma
Gli accordi di programma costituiscono uno strumento di coordinamento tra le
amministrazioni interessate alla programmazione e realizzazione di opere o interventi
che coinvolgono più livelli di governo (statale, regionale, provinciale e comunale).
Con gli accordi di programma le pubbliche amministrazioni coinvolte concordano e
coordinano le rispettive azioni ottenendo un duplice risultato: scavalcare i limiti
legislativamente imposti alla propria competenza, integrando la stessa con le
competenze delle altre amministrazioni interessate, e concludere rapidamente il
procedimento il cui ordinario svolgimento avrebbe richiesto l’espletamento di una
pluralità di subprocedimenti.
L’accordo di programma - che si perfeziona con il consenso unanime del presidente
della regione, o del presidente della provincia o del sindaco in considerazione della
competenza primaria sull’opera o sull’intervento - stabilisce i tempi, le modalità, le
forme di finanziamento dell’opera o dell’intervento da realizzare, prevedendo
eventualmente anche procedimenti di arbitrato nonché interventi surrogatori in caso
di inadempienze dei soggetti partecipanti. La vigilanza sull’esecuzione dell’accordo è
affidata ad un collegio di composizione variabile. Qualora l’accordo di programma
coinvolga due o più Regioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri è responsabile
della sua conclusione e convoca la conferenza istruttoria.
Quanto all’efficacia dell’accordo di programma esso produce, qualora venga adottato
con decreto del Presidente della Regione, gli effetti dell’intesa di cui all’art. 81 del
D.P.R. 616/77, determinando le eventuali conseguenti variazioni degli strumenti
urbanistici e sostituendo anche (con l’assenso del Comune interessato) le
concessioni edilizie. In tutti i casi in cui l’accordo comporti variazioni degli strumenti
urbanistici, l’adesione del Sindaco allo stesso deve essere ratificata dal Consiglio
comunale, entro trenta giorni a pena di decadenza.

5.5 Le comunità montane


Ai sensi dell’art. 27 del D.Lgs. 267/00 le comunità montane sono Unioni dei Comuni,
enti locali costituiti fra Comuni montani e parzialmente montani per la valorizzazione
delle zone montane, per l’esercizio di funzioni proprie, di funzioni delegate e per

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l’esercizio associato delle funzioni comunali. Le comunità possono essere istituite
anche fra Comuni appartenenti a Province diverse.
La Regione individua, concordandoli nelle apposite sedi concertative gli ambiti o le
zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, in modo da consentire
gli interventi per la valorizzazione della montagna e l’esercizio associato delle
funzioni comunali. La costituzione della comunità montane avviene con semplice
decreto del Presidente della Giunta regionale, ma la legge regionale disciplina:
- le modalità di approvazione dello statuto;
- le procedure di concertazione;
- la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;
- i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di
quelli dell’Unione europea;
- i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
Per quanto concerne gli organi, la comunità montana ha per legge un organo
rappresentativo e un organo esecutivo composti da Sindaci, assessori o consiglieri
dei Comuni partecipanti eletti con il sistema del voto limitato, garantendo la
rappresentanza delle minoranze.
A norma dell’art. 28 del D.Lgs. 267/00, le funzioni delle comunità montane, oltre a
quelle attribuite loro dalla legge possono così sintetizzarsi:
a) esercizio degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione Europea
o dalle leggi statali e regionali;
b) esercizio associato di funzioni proprie dei Comuni o a questi delegate dalla
Regione;
c) svolgimento di ogni altra funzione ad esse delegata dai Comuni, dalla
Provincia e dalla Regione;
d) adozione di piani pluriennali di opere e interventi di individuazione degli
strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, ivi
compresi quelli previsti dall’Unione Europea, dallo Stato e dalla Regione, che
possono concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione
del piano;
e) concorrenza — attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di
sviluppo — alla formazione del piano territoriale di coordinamento;

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f) adozione del piano pluriennale di sviluppo socio-economico e dei suoi
aggiornamenti che la stessa Provincia dovrà approvare secondo le procedure
previste dalla legge regionale.
Da considerare che, in base alla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione
di cui alla legge costituzionale 3/2001, le comunità montane non figurano tra gli enti
territoriali costitutivi della Repubblica; inoltre, secondo l’art. 117, comma 2, lett. p)
della Costituzione, spetta alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la disciplina
degli organi di governo, della legislazione elettorale e delle funzioni fondamentali di
comuni, province e città metropolitane (con esclusione, pertanto, degli enti montani).
Ne consegue, come puntualmente confermato dalla giurisprudenza della Corte
costituzionale, che la disciplina delle comunità montane rientra ormai nella
competenza esclusiva dei legislatori regionali, i quali ben potrebbero introdurre, in
base a questo indirizzo, regole derogatorie rispetto a quelle contenute al riguardo nel
d.lgs. 267/2000.

CAPITOLO VI - GLI ORGANI DI GOVERNO DELL’ENTE LOCALE

6.1 Il consiglio comunale


L’espressione “organi di governo” viene impiegata per alludere agli organi cui spetta
la determinazione dell’indirizzo-politico amministrativo dell’ente locale, vale a dire le
finalità e gli obiettivi che quest’ultimo si propone di perseguire in relazione alla cura
degli interessi facenti capo alle comunità territoriali di riferimento. Su questo terreno
va tenuto presente che il d.lgs. 267/2000 ha fatto proprio un approccio tradizionalista,
in virtù del quale l’organizzazione di governo dell’ente locale si articola nei tre organi
necessari (consiglio, giunta e sindaco/presidente della provincia) che da tempo
caratterizzano, nell’ordinamento italiano, la struttura di vertice dei comuni e delle
province. D’altra parte, anche dopo la riforma del Titolo V della Parte II della
Costituzione, la disciplina degli organi di governo degli enti locali spetta alla
competenza esclusiva del legislatore statale (art. 117, comma 2, lett. p), Cost.),
sicché per questa parte il testo unico degli enti locali è da considerare sottratto a
deroghe da parte delle regioni e degli stessi enti locali.

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Il consiglio comunale è il massimo organo istituzionale del Comune, rappresentativo
della collettività locale in quanto eletto direttamente dal corpo elettorale comunale cui
spettano funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo dell’ente locale.
In particolare, in base all’art. 42 del D.Lgs. 267/00 le competenze riservate al
Consiglio sono sostanzialmente di tre ordini:
- spetta ad esso la potestà normativa e pianificatoria generale con
l’approvazione degli statuti, dei regolamenti, dei bilanci, dei piani e programmi
di carattere finanziario (con complementari competenze in ordine a tributi,
contrazione di mutui, emissione di prestiti obbligazionari, spese pluriennali,
acquisti, alienazione e appalti) e territoriale-urbanistico;
- ha competenza in merito all’assetto istituzionale dell’ente Comune, sia dal
punto di vista associazionistico (es.: forme associative fra Comuni) che da
quello del decentramento territoriale e della partecipazione dei cittadini;
- sono ad esso attribuiti i poteri di gestione dei pubblici servizi, con
complementari competenze riguardanti gli enti, le aziende e le società che
svolgono la loro attività in ambito comunale, compresi gli indirizzi operativi e le
nomine in essi dei loro rappresentanti.
A norma dell’art. 38, comma 3 del d.lgs. 267/2000, i Consigli sono dotati di
autonomia funzionale ed organizzativa.
Infatti, nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto, sarà un apposito regolamento
approvato a maggioranza assoluta a disciplinare in maniera organica e dettagliata il
funzionamento dei consigli comunali.
Tale regolamento deve disciplinare:
- le modalità per la convocazione, abbandonando la necessità della
notificazione per il tramite del messo e ammettendosi forme di avviso più
moderne (ad es. il fax);
- le modalità per la presentazione delle proposte di deliberazione e per la loro
discussione;
- il numero di consiglieri necessario per la validità della seduta.
Per la validità della seduta del Consiglio è necessaria la presenza del cd. «numero
legale» o «quorum strutturale». La legge prevede che in ogni caso debba esservi la

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 14


presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all’ente, senza
computare a tal fine il Sindaco.
Un particolare quorum funzionale è necessario per deliberare su specifici argomenti
o per approvare una determinata delibera; per l’approvazione dello statuto, ad
esempio, la legge (art. 6, D.Lgs. 267/00) richiede il voto favorevole di una
maggioranza qualificata dei due terzi dei consiglieri assegnati.
La prima seduta del Consiglio, nei Comuni con popolazione superiore ai 15.000
abitanti, è convocata dal Sindaco ed è presieduta dal consigliere anziano fino alla
elezione del Presidente dell’assemblea; la seduta prosegue poi sotto la presidenza
del Presidente eletto.
Nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti la prima seduta è convocata
dal Sindaco ed è presieduta dallo stesso fino alla elezione del Presidente
dell’assemblea, se previsto dallo statuto. La prima seduta deve essere convocata nel
termine perentorio di 10 gg. dalla proclamazione e svolgersi entro il termine di 10 gg.
dalla convocazione.
La composizione numerica del Consiglio è determinata in rapporto all’entità
demografica del Comune. Il mandato del Consiglio dura cinque anni e la sua durata
in carica è protratta fino all’elezione del nuovo Consiglio.
L’elezione del consiglio avviene secondo differenti modalità a seconda
dell’appartenenza del Comune alla fascia dei Comuni con popolazione superiore ai
15.000 abitanti ovvero con popolazione sino ai 15.000 abitanti.
Nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti (e nelle province) i consigli
sono presieduti da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del
consiglio. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti lo statuto può
prevedere la figura del presidente del consiglio comunale la quale, dunque, in questa
ipotesi e a differenza della precedente è meramente facoltativa; ove ciò non avvenga
il consiglio comunale è presieduto dal sindaco (art. 39 del d.lgs. 267/2000). Al
presidente del consiglio compete, tra l’altro, la convocazione e la direzione dei lavori
dell’assemblea.
I consiglieri comunali (e provinciali) godono di una serie di diritti: hanno diritto di
iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio; hanno il diritto
di chiedere la convocazione del consiglio; hanno il diritto di presentare interrogazioni

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e mozioni(nel qual caso il sindaco, il presidente della provincia o gli assessori
delegati devono rispondere entro trenta giorni); hanno il diritto di ottenere dagli uffici
del comune (e della provincia), nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le
informazioni e le notizie in loro possesso, utili all’espletamento del loro mandato (art.
43 del d.lgs. 267/2000). Inoltre la presidenza delle commissioni consiliari aventi
funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite, spetta alle opposizioni; mentre il
consiglio, a maggioranza assoluta dei propri membri, può istituire al proprio interno
commissioni di indagine sull’attività dell’amministrazione (art. 44 del d.lgs. 267/2000).

6.2 Il consiglio provinciale


Il consiglio provinciale è organo collegiale rappresentativo con funzioni di indirizzo e
controllo politico-amministrativo nella Provincia. Per tale organo valgono le stesse
norme che disciplinano il funzionamento del consiglio comunale.
In rapporto alla popolazione residente nell’ambito circoscrizionale provinciale il (—) si
compone (art. 37 del d.lgs. 267/2000):
- di 45 membri nelle Province con popolazione residente superiore a 1.400.000
abitanti;
- di 36 membri nelle Province con popolazione residente superiore a 700.000
abitanti;
- di 30 membri nelle Province con popolazione residente superiore a 300.000
abitanti;
- di 24 membri nelle altre Province.

6.3 La giunta comunale


La giunta è l’organo esecutivo del Comune cui è affidata una competenza generale
in materia di amministrazione diretta. La giunta compie tutti gli atti di amministrazione
che non siano riservati dalla legge al Consiglio e che non rientrino nelle competenze
del Sindaco o degli organi di decentramento, provvede ad attuare gli indirizzi generali
deliberati dal Consiglio, svolge un’attività propositiva e di impulso nei confronti dello
stesso, compila una relazione annuale sull’attività svolta, da presentare al Consiglio,
esercita potestà regolamentare, ad efficacia esterna, con l’adozione del regolamento
sull’ordinamento degli uffici e dei servizi.

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Ai sensi dell’art. 47 del D.Lgs. 267/00 la giunta è composta dal Sindaco, che la
presiede, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere
superiore ad un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri
comunali computando a tal fine il Sindaco e comunque non superiore a sedici unità.
Nel rispetto di tale previsione gli statuti possono fissare il numero degli assessori
ovvero il numero massimo degli stessi.
Fino all’adozione delle relative norme statutarie le giunte sono composte da un
numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:
- non superiore a 4 nei Comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti;
- non superiore a 6 nei Comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000
abitanti;
- non superiore a 10 nei Comuni con popolazione compresa tra 100.001 e
250.000 abitanti e nei capoluoghi di Provincia con popolazione inferiore a
100.000 abitanti; non superiore a 12 nei Comuni con popolazione compresa tra
250.001 e 500.000 abitanti;
- non superiore a 14 nei Comuni con popolazione compresa tra 500.001 e
1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei Comuni con popolazione
superiore a 1.000.000 di abitanti.
Il Sindaco nomina i componenti della giunta, fra cui un Vice sindaco, e ne dà
comunicazione al Consiglio nella prima seduta susseguente all’elezione.
Poiché la giunta è nominata dal Sindaco essa dura in carica quanto quest’ultimo,
cioè cinque anni.
Prima della scadenza del mandato può verificarsi la decadenza della giunta che può
derivare:
- dall’approvazione di una mozione di sfiducia, votata per appello nominale dalla
maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio, motivata e sottoscritta da
almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il
Sindaco; essa viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre
trenta giorni dalla sua presentazione. Una volta approvata la mozione, si
procede allo scioglimento del Consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi
delle leggi vigenti (art. 52, d.lgs. 267/2000);

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- impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del Sindaco. In tal
caso si verificano gli stessi effetti dirompenti della mozione di sfiducia e cioè,
oltre alla decadenza dell’intera giunta, anche lo scioglimento del Consiglio (art.
53, d.lgs.. 267/2000). In tal caso il Consiglio e la giunta restano in carica sino
all’elezione del nuovo Consiglio e del nuovo Sindaco. Sino ad allora le funzioni
del Sindaco sono svolte dal vicesindaco.
- L’ipotesi delle dimissioni del Sindaco non costituisce una fattispecie cui è
collegata la decadenza della Giunta; ciò comporta che essa resta in carica per il
disbrigo degli affari correnti;
- scioglimento del Consiglio e negli altri casi previsti dalla legge.

6.4 La giunta provinciale


È l’organo esecutivo della Provincia, cui è affidata la competenza generale in materia
di amministrazione attiva per tutto ciò che non è attribuito ad altri organi provinciali.
La giunta provinciale è composta dal Presidente della Provincia che la nomina e
presiede, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere
superiore ad un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri
provinciali, computando al tal fine il Presidente della Provincia e comunque non
superiore a sedici unità. Nel rispetto di tale previsione normativa (art. 47, d.lgs.
267/00) gli statuti possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero
massimo degli stessi.
Fino all’adozione delle menzionate norme statutarie le giunte provinciali sono
composte da un numero di assessori stabilito nelle rispettive seguenti misure:
- non superiore a 6 per le Province a cui sono assegnati 24 consiglieri;
- non superiore a 8 per le Province a cui sono assegnati 30 consiglieri;
- non superiore a 10 per le Province a cui sono assegnati, 36 consiglieri;
- non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.
Per quanto concerne la competenza, la durata e le cause di cessazione anticipata
dalla giunta provinciale valgono le stesse norme relative alla Giunta comunale.

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6.5 Il sindaco
Il sindaco è un organo individuale del Comune nel quale si realizza un’unione reale di
uffici; infatti il sindaco è contemporaneamente capo dell’amministrazione comunale e
ufficiale di governo.
Il sindaco è eletto dai cittadini a suffragio universale e diretto: è membro del
Consiglio e nomina e revoca i componenti della Giunta;
L’elezione avviene contestualmente a quella del Consiglio con una formula
diversificata a seconda della classe di appartenenza del Comune considerato.
Così si applica la formula maggioritaria nei Comuni con meno di 15.000 abitanti, e la
formula proporzionale corretta nei Comuni con più di 15.000 abitanti.
Il sindaco cessa dalla carica al termine dei cinque anni di mandato; chi ha ricoperto
per due mandati consecutivi la carica di sindaco non è, allo scadere del secondo
mandato, immediatamente rileggibile alla medesima carica. Tuttavia è consentito un
terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata
inferiore a due anni, sei mesi e un giorno per causa diversa delle dimissioni
volontarie (art. 51, d.lgs. 267/00).
In qualità di capo dell’amministrazione comunale al sindaco spetta (art. 50, D.Lgs.
267/00):
- la rappresentanza dell’ente;
- convocare e presiedere la Giunta, nonché il Consiglio quando non è previsto un
Presidente (solo nei Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti la figura
del Presidente è facoltativa);
- sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e dell’esecuzione degli
atti;
- svolgere funzioni attribuite dalle leggi, dallo Statuto e dai regolamenti;
- sovrintendere all’espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o
delegate al Comune;
- esercitare le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste
da specifiche disposizioni di legge. In particolare, in caso di emergenze sanitarie
o di igiene pubblica a carattere locale il sindaco adotta ordinanze contingibili e
urgenti; qualora l’emergenza interessi il territorio di più Comuni il sindaco adotta
le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti;

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- il coordinamento e la riorganizzazione, sulla base degli indirizzi del Consiglio e
nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, degli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici servizi e dei servizi pubblici, nonché, di
concerto con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni
interessate, degli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel
territorio, per armonizzare l’espletamento dei servizi con le esigenze
complessive e generali degli utenti.
A tal fine la L. 53/00 prevede all’art. 24 il piano territoriale degli orari le cui
linee guida sono elaborate dal sindaco nonché attribuire e definire gli incarichi
dirigenziali e quelli di collaborazione esterna;
- nominare i responsabili degli uffici e dei servizi nonché attribuire e definire gli
incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna;
- nominare e revocare i rappresentanti dell’ente, in base agli indirizzi stabiliti dal
Consiglio, presso enti, aziende e istituzioni.
Si ricorda inoltre che a norma dell’art. 12 della L. 265/99 sono trasferite al sindaco, in
via esclusiva, le competenze del Prefetto in materia di informazione della
popolazione su situazioni di pericolo per calamità naturali, di cui all’art. 36 del D.P.R.
66/81. A tenore di tale modifica, dunque, “allorchè occorra informare le popolazioni di
situazioni di pericolo o comunque connesse con esigenze di protezione civile”, vi
provvede il sindaco, avvalendosi dei mezzi tecnici individuati nei piani provinciali di
emergenza.
Il sindaco, in qualità di ufficiale di Governo sovraintende (art. 54 del d.lgs. 267/2009):
- alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e agli adempimenti
demandatigli delle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica;
- alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in
materia di ordine e di sicurezza pubblica;
- allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle
funzioni affidategli dalla legge;
- alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico,
informandone il Prefetto.

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Il sindaco adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali
dell’ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili ed urgenti per prevenire ed
eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini.

6.6 Il presidente della provincia


Trattasi di organo monocratico della Provincia. Così come per il Sindaco nel
Comune, rappresenta l’ente, convoca e presiede il Consiglio e la Giunta e
sovraintende al funzionamento dei servizi e degli uffici, nonché all’esecuzione degli
atti (art. 50, d.lgs.. 267/2000).
Esercita altresì le funzioni attribuitegli dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e
sovraintende all’espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate
alla Provincia.
È eletto a suffragio universale e diretto contestualmente all’elezione del Consiglio
provinciale
Il presidente della provincia, sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio, provvede
alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti della Provincia presso
enti, aziende ed istituzioni, e nomina i responsabili degli uffici e dei servizi, nonché
attribuisce e definisce gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna.

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CAPITOLO VII - L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA DELL’ENTE LOCALE

7.1 La dirigenza locale


In analogia con quanto avviene per le altre amministrazioni pubbliche, anche
l’organizzazione amministrativa degli enti locali, intesa come il complesso degli
organi e degli uffici che costituiscono l’apparato burocratico, si attiene a due principi
di fondo. Da un lato sta la privatizzazione del pubblico impiego, in virtù della quale la
disciplina del rapporto d’impiego alle dipendenze dell’ente locale è contenuta
essenzialmente nel codice civile e nei contratti collettivi di comparto e le relative
controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario; dall’altro si colloca
il principio di distinzione tra politica ed amministrazione, in forza del quale, salve le
eccezioni previste dalla legge, agli organi di governo spetta la determinazione degli
indirizzi dell’ente, mentre la gestione amministrativa è riservata alla dirigenza. In
questo quadro l’attenzione sarà di seguito concentrata sulla dirigenza locale, sul
segretario comunale e sul direttore generale.
Ai sensi dell’art. 107 del D.Lgs. 267/00 compete alla dirigenza la direzione degli uffici
e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti degli
enti. In particolare alla dirigenza spettano tutti i compiti, anche con rilevanza esterna,
non ricompresi tra le funzioni degli organi di governo o non rientranti tra le funzioni
del Segretario o del Direttore generale.
Secondo un’elencazione meramente esemplificativa tra tali atti rientrano:
- la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
- la responsabilità delle procedure di appalto e di concorso;
- la stipulazione dei contratti;
- gli atti di gestione finanziaria, compresa l’assunzione di impegni di spesa;
- gli atti di amministrazione e gestione del personale;
- i provvedimenti a carattere autorizzatorio e concessorio tra cui le concessioni
edilizie, il cui rilascio presuppone un certo margine di discrezionalità nella
valutazione delle circostanze, nel rispetto della legge, del regolamento e degli
atti generali di indirizzo;

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- i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino,
nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione previsti dalla vigente
legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione
dell’abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale;
- gli atti costituenti manifestazioni di giudizio e di conoscenza quali le attestazioni,
le certificazioni, le comunicazioni, le diffide, i verbali, le autenticazioni e le
legalizzazioni;
- gli atti che lo Statuto e il regolamento attribuiscono ai dirigenti o delegati dal
Sindaco.
Nei Comuni che non hanno in organico personale di qualifica dirigenziale, le suddette
funzioni possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del Sindaco
e indipendentemente dalla qualifica funzionale rivestita dai responsabili degli uffici o
dei servizi.
Gli incarichi dirigenziali sono conferiti dal sindaco/presidente della provincia a tempo
determinato, con provvedimento motivato e con le modalità fissate dal regolamento
sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza
professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del
sindaco/presidente della provincia e sono revocati in caso di inosservanza delle
direttive del sindaco/presidente della provincia, della giunta o dell’assessore di
riferimento, o in caso di mancato raggiungimento al termine di ciascun anno
finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo di gestione o per
responsabilità particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai
contratti collettivi di lavoro (art. 109 del d.lgs. 267/2000).
Inoltre lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o
degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire
mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con
deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla
qualifica da ricoprire.
Il regolamento sull’organizzazione degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista
la dirigenza, stabilisce limiti, criteri e modalità per la stipula, al di fuori della dotazione
organica, di contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni,
fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono

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stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della
dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una
unità. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi
stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della
dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno
dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari
dell'area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali
contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della
dotazione organica dell'ente arrotondando il prodotto all'unità superiore, o ad una
unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità.
I contratti precedentemente menzionati non possono avere durata superiore al
mandato elettivo del sindaco/presidente della provincia e sono risolti di diritto nel
caso in cui l’ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni
strutturalmente deficitarie (art. 110 del d.lgs. 267/2000).

7.2 Il segretario comunale/provinciale


Figura di vertice dell’organizzazione dell’ente locale, il segretario
comunale/provinciale è stato oggetto di sostanziale trasformazione giuridica e
funzionale.
Quanto allo stato giuridico il segretario ha perso il connotato della “statizzazione”, e
da funzionario statale è stato trasformato in dipendente di un neoistituito organismo
di diritto pubblico: l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo.
Al tempo stesso il segretario è legato da un rapporto di dipendenza funzionale al
Comune e alla Provincia presso cui presta la propria attività e, più precisamente, da
un rapporto a forte connotazione fiduciaria con il Sindaco e il Presidente della
Provincia del quale segue le sorti. Nominato non prima di sessanta giorni e non oltre
centoventi giorni dalla data di insediamento del Sindaco e del Presidente della
Provincia, resta in carica per tutto il mandato elettivo del Sindaco e del Presidente
della Provincia potendo essere riconfermato in caso di sua elezione o revocato prima
della scadenza quinquennale per violazioni del dovere di ufficio. Per consentire al
Sindaco e al Presidente della Provincia di scegliere e non subire dall’esterno colui
che riveste il ruolo di più stretto collaboratore nella conduzione della cosa pubblica, è

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stato modificato il percorso formativo del segretario e, dunque, le modalità di
assegnazione della sede.
Il concorso non è più canale di immissione in ruolo, ma solo una fase preselettiva per
accedere a corsi di formazione e specializzazione al termine dei quali, conseguita
l’abilitazione, è consentita l’iscrizione nell’albo dei segretari gestito dall’Agenzia ed
articolato in sezioni regionali, dal quale il Sindaco e il Presidente della Provincia
attingono per la nomina.
Le competenze operative del segretario si sostanziano (art. 97, d.lgs. 267/2000):
- nella collaborazione con gli organi dell’ente;
- nell’assistenza giuridico-amministrativa agli organi dell’ente in ordine alla
conformità dell’azione da essi posta in essere alla legge, allo Statuto e ai
regolamenti;
- nella partecipazione con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle
riunioni del Consiglio e della Giunta curandone anche la verbalizzazione;
- nel rogare tutti i contratti nei quali l’ente è parte ed autenticare scritture private e
atti unilaterali nell’interesse dell’ente;
- nell’esercitare ogni altra funzione attribuitagli dallo Statuto o dai regolamenti, o
conferitagli dal Sindaco o dal Presidente.
La posizione di unicità rivestita dal segretario al vertice dell’organizzazione locale
viene però ridimensionata dalla eventuale nomina del city manager le cui
competenze, in funzione di supervisione sulla gestione dell’ente e di direzione e
coordinamento delle attività dirigenziali, sono ritagliate dall’ambito di spettanza del
segretario.
Per questo motivo il Sindaco e il Presidente provvedono con proprio atto a
disciplinare i rapporti fra segretario e city manager ovvero, nel caso in cui questi non
sia istituito, a conferire le relative funzioni al segretario.

7.3 Il city manager


Detto anche «direttore generale» il city manager è una nuova figura
dell’amministrazione locale già introdotta dalla L. 127/97. Trattasi di un organo
burocratico di estrazione privatistica, facoltativo, deputato a sovrintendere alla
«gestione dell’ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza». L’esigenza

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di questo ufficio nasce dalla constatazione che l’acquisita valenza economica,
tecnologica e di servizio degli enti locali richiede che alla sua gestione sia chiamato
personale dotato di particolare professionalità manageriale, doti non sempre
riscontrabili nell’attuale figura del segretario comunale e provinciale. In quest’ottica
l’art. 108 del D.Lgs. 267/00 prevede che il Sindaco dei Comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti ed il Presidente della Provincia, previa delibera della
Giunta, possono nominare il city manager al di fuori della dotazione organica e con
contratto a tempo determinato secondo criteri stabiliti dal regolamento di
organizzazione degli uffici e dei servizi.
Il city manager provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dall’organo di
governo dell’ente, secondo le direttive impartite dal Sindaco o dal Presidente della
Provincia e sovrintende alla gestione dell’ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia
ed efficienza.

CAPITOLO VIII - I CONTROLLI SUGLI ATTI E SUGLI ORGANI DELL’ENTE


LOCALE

In linea teorica i controlli costituiscono attività secondaria ed accessoria diretta a


riesaminare un’altra attività a carattere principale per verificarne la conformità alle
leggi e la corrispondenza a determinati requisiti.
I controlli amministrativi sono diretti ad esaminare l’operato di organi amministrativi
esplicanti funzioni di amministrazione attiva. Essi si distinguono, in generale, in:
Rispetto al loro intervento, si distinguono controlli ordinari e straordinari.
Altra distinzione dei controlli attiene al diverso momento in cui gli stessi intervengono
rispetto all’acquisto dell’efficacia da parte dell’atto. In particolare si distinguono:
- preventivi, se intervengono prima che l’atto già perfetto in tutti i suoi elementi,
esplichi l’efficacia che gli è propria;
- successivi, se intervengono dopo che l’atto ha prodotto i suoi effetti;
- sostitutivi, se esprimono il potere dell’autorità gerarchicamente superiore di
sostituirsi all’autorità inferiore a fronte della sua reiterata inerzia a provvedere.

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Ciò premesso si deve anzitutto sottolineare che, in seguito alla riforma del Titolo V
della Parte II della Costituzione, si è assistito al superamento dei controlli preventivi
di legittimità nei confronti degli atti degli enti locali. Infatti, nell’abrogare l’art. 130
Cost., la legge costituzionale 3/2001 ha determinato l’abrogazione implicita delle
norme del d.lgs. 267/2000 che intestavano tale forma di controllo ad un apposito
organo regionale (il cosiddetto comitato regionale di controllo, in sigla CORECO).

Vanno invece considerati tuttora operanti i controlli di tipo sostitutivo previsti dagli
artt. 136 e 137 del d.lgs. 267/2000. In base all’art. 136, qualora gli enti locali,
sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di
compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta
nominato dal difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato regionale
di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento
dell'incarico. In base all’art. 137, con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti
agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli
obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave
pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un
congruo termine per provvedere. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei
Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in
via sostitutiva.

Del pari applicabile anche dopo la riforma del Titolo V è stato considerato l’art. 138
del d.lgs. 267/2000, che intesta al Governo il potere di annullare in via straordinaria
ed a generale tutela dell’ordinamento, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità
(previa deliberazione del consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’interno e
con un atto che assume la forma giuridica del decreto del presidente della
repubblica). Si tratta tuttavia di previsioni la cui compatibilità col quadro costituzionale
vigente è assai dubbia.

Sempre in tema di controlli sostitutivi occorre tener presente che l’art. 120, comma 2
Cost. attribuisce al Governo il potere di sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città
metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme o

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trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per
l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedano la tutela dell’unità
giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei
governi locali. La disciplina del procedimento sostitutivo è demandata alla legge
(vedi, sul punto la legge 131/2003), nel rispetto del principio di sussidiarietà e di leale
collaborazione. La Corte costituzionale, per parte sua, ha ritenuto altresì ammissibili
poteri sostitutivi regionali nei confronti degli enti locali, nel caso di mancato esercizio
di funzioni amministrative obbligatorie (vedi la la sentenza 43/2004 della Corte
costituzionale).

Al superamento dei controlli preventivi di legittimità cossirponde, per altro, lo sviluppo


dei controlli interni svolti dagli stessi enti locali (art. 147 del d.lgs. 267/2000) e
l’affermazione del controllo esterno sulla gestione intestato, a complessiva garanzia
del sistema, alla Corte dei conti.

Per quanto riguarda i controlli sugli organi, di particolare rilievo sono le ipotesi di
scioglimento del consiglio comunale/provinciale che è forma di controllo sugli organi
comunali e provinciali esercitata dallo Stato. L’art. 141 del D.Lgs. 267/00 stabilisce
che il Consiglio comunale e provinciale può essere sciolto con decreto del Presidente
della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, nei seguenti casi: compimento
di atti contrari alla Costituzione; per gravi e persistenti violazioni di legge; per gravi
motivi di ordine pubblico; dimissioni, impedimento permanente, rimozione,
decadenza, decesso del Sindaco o del Presidente della Provincia; cessazione dalla
carica per dimissioni contestuali della metà più uno dei membri assegnati; riduzione
dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti;
mancata approvazione del bilancio nei termini di legge; mozione di sfiducia nei
confronti del Sindaco o del Presidente della Provincia.
Inoltre i Consigli comunali e provinciali sono sciolti:
- quando emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori
con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli
amministratori stessi;

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- a seguito di omissione della deliberazione di dissesto finanziario ai sensi dell’art.
247 del D.Lgs. 267/00;
- per inosservanza del termine per la formulazione, dopo la deliberazione di
dissesto, dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per la
risposta ai rilievi della Commissione ministeriale di ricerca per la finanza locale
(art. 262, D.Lgs. 267/00).
Nelle more della conclusione della procedura di scioglimento del Consiglio comunale
e provinciale il Prefetto, sussistendo motivi di grave e urgente necessità, può attivare
la misura cautelare della sospensione dell’organo. L’art. 141 del D.Lgs. 267/00
stabilisce che il Prefetto può, con decreto, disporre la sospensione per non più di
novanta giorni nominando contestualmente un Commissario prefettizio per la
provvisoria gestione dell’ente.
Una ulteriore ipotesi di sospensione è prevista dall’art. 143 del D.Lgs. 267/00. Tale
normativa prevede infatti che, laddove vi sia il sospetto di infiltrazioni e
condizionamenti di tipo mafioso e il decorso del tempo necessario per la
realizzazione della procedura di scioglimento possa compromettere, nei casi di
particolare gravità ed urgenza, il raggiungimento degli obiettivi della trasparenza e
del regolare funzionamento dei Consigli comunali e provinciali, il Prefetto, in attesa
del decreto di scioglimento, sospende gli organi, assicurando la provvisoria
amministrazione mediante l’invio di commissari. La sospensione non può eccedere la
durata di sessanta giorni.
Infine è prevista la possibilità di rimozione e sospensione di amministratori locali,
categoria nella quale rientrano il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei
consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i
presidenti dei consigli circoscrizionali.
L’art. 142 del d.lgs. 267/2000 stabilisce che tali organi possono essere destinatari del
provvedimento di rimozione, adottato con decreto del Ministro dell’Interno, nei
seguenti casi: quando compiano atti contrari alla Costituzione; per gravi e persistenti
violazioni di legge; per gravi motivi di ordine pubblico.
In attesa del decreto di rimozione, con provvedimento cautelare, il Prefetto può
sospendere gli amministratori da rimuovere, qualora sussistano motivi di grave ed
urgente necessità.

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 29


A ben vedere le ipotesi di rimozione sono le stesse per le quali è previsto lo
scioglimento del Consiglio comunale e provinciale.

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 30


L’ordinamento finanziario e contabile
Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n.267 ( Testo
Locale
Unico)
Parte II – ordinamento finanziario e contabile
LEZIONE II:
La parte seconda del testo unico disciplina il sistema
finanziario e contabile
L’ORDINAMENTO FINANZIARIO E
degli enti locali, intendendosi per tale la raccolta dei principi
CONTABILE in materia di:

sistema finanziario
Programmazione di bilancio;

contabile
Principi di
Regole di gestione;

e
docente: Dott.ssa Daniela Urtesi Rendiconto dell’esercizio;
Servizio di tesoreria;
Attività dell’organo di revisione

LA RELAZIONE PREVISIONALE E
LA PROGRAMMAZIONE FINANZIARIA
PROGRAMMATICA
PIANIFICAZIONE Relazione previsionale e
programmatica (art. 170)
è il documento fondamentale per la pianificazione e
programmazione dell’attività e delle risorse dell’ente.
Bilancio Suddivisione della spesa
pluriennale pluriennale per interventi,
servizi e programmi Pianificazione: intesa come individuazione degli obiettivi
da raggiungere nel rispetto dei fini istituzionali dell’Ente,
Bilancio
che trova corpo nella relazione previsionale e
Suddivisione della spesa
PROGRAMMAZIONE
annuale di annuale per interventi, programmatica e nel bilancio pluriennale.
previsione risorse e servizi Programmazione, riferita alla scelta tra le differenti
alternative praticabili, del programma più consono al
Suddivisione di
Piano raggiungimento dell’obiettivo, che trova corpo nella
GESTIONE esecutivo di ¾ risorse e interventi in
gestione capitoli
relazione previsionale e programmatica.
¾ servizi in centri di costo

Esi Esi

GLI OBIETTIVI DELLA RELAZIONE


La Relazione Previsionale e PREVISIONALE E PROGRAMMATICA
Programmatica Art. 170 6° comma - Per gli organismi gestionali dell'ente
locale la relazione indica anche gli obiettivi che si
intendono raggiungere, sia in termini di bilancio che in
I 5 momenti caratterizzanti termini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio.

Ricognizione caratteristiche Scelta delle opzioni in relazione


generali alle risorse Efficacia = grado di raggiungimento degli obiettivi (es. in un settore
dell’ente, 100 pratiche contro le 130 previste oppure, nelle Scuole
dell’infanzia, n° domande accettate / n° domande presentate), grado di
soddisfazione dei cittadini (gradimento della qualità dei pasti, della pulizia
Obiettivi programmatori Individuazione dei programmi
della piscina, ecc.), capacità del servizio di rispondere, in termini
E dei progetti quantitativi e qualitativi, alla domanda dei cittadini
Efficienza (spesso in termini monetari) = rapporto tra ciò che si è
consumato e ciò che si è prodotto (input/output). Ad es. costo del lavoro
Valutazione delle risorse per produrre un atto oppure, nelle Scuole dell’infanzia, costo insegnanti /
n° bambini
Economicità = rapporto tra il valore delle risorse consumate (costo) e il
valore delle risorse reintegrate (ricavo)
Esi
IL BILANCIO ANNUALE DI PREVISIONE:
IL BILANCIO PLURIENNALE (art. 171)
FUNZIONI
• traduce in termini finanziari gli obiettivi politici indicati z è il documento fondamentale con cui il Consiglio
nella relazione previsionale e programmatica determina i programmi, individuando gli obiettivi e i limiti
•è relativo ad un periodo non inferiore a 3 anni
z è un bilancio finanziario redatto in termini di competenza
• viene redatto in termini di competenza mista (tiene conto anche dei risultati finanziari dell’esercizio
precedente)
• è uno strumento di politica economica
z ha carattere autorizzatorio
• viene aggiornato annualmente in relazione al
bilancio di previsione – per le Entrate: si possono incassare quelle indicate nel
Bilancio di previsione, senza limiti quantitativi
• ha carattere autorizzatorio
– per le Spese: si possono effettuare le spese indicate
• deve essere redatto per programmi, servizi e
nel Bilancio di previsione, entro i limiti quantitativi ivi
interventi
previsti
Esi Esi

LO STATUTO DEL COMUNE DI ROMA –


ART. 38 IL PIANO ESECUTIVO DI GESTIONE (art. 169)
IL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE FINANZIARIA Relazione Bilancio
previsionale e PEG annuale di
previsione
Unitamente alla proposta di assestamento del bilancio di programmatica
previsione La Giunta Comunale sottopone al Consiglio
Comunale il documento di programmazione • deriva direttamente dal bilancio di previsione ed è collegato alla relazione
previsionale e programmatica
finanziaria con il quale si definisce la manovra di • ha la funzione di attuare la separazione tra politica (indirizzo e controllo) e
finanza locale e si indicano i criteri ed i parametri per la gestione
formazione dei bilanci annuale e pluriennale successivi. • è predisposto dall’organo esecutivo
Il documento di programmazione finanziaria, definisce le • individua gli obiettivi di gestione dei singoli servizi
linee guida per la formazione del bilancio di previsione • è composto di una parte descrittiva e di un’analisi quantitativa, contenente
con gli indirizzi in merito a: elementi extramonetari ed elementi monetari
a) politica delle entrate correnti con esplicito riferimento • consente di dettagliare maggiormente le risorse (Entrate) e gli interventi (Spese)
alle politiche tariffarie e tributarie; • permette di dettagliare i servizi in centri di costo (es. il servizio scuola materna
potrebbe essere suddiviso in relazione alle diverse scuole)
b) politica delle spese correnti con riferimento al costo • consente una corretta valutazione degli aspetti di razionalità economica e
del personale, dell'indebitamento e dei beni e servizi; l’individuazione delle responsabilità a cui attribuire il mancato raggiungimento degli
c) politica degli investimenti con individuazione delle obiettivi
risorse complessive a tale scopo destinabili. • è obbligatorio per gli enti con 15.000 o più abitanti (escluse le Comunità montane)

Il Piano Esecutivo di Gestione Il Piano Esecutivo di Gestione

CENTRO DI RESPONSABILITA’ CENTRO DI RESPONSABILITA’


VOCE DI VOCE DI
ENTRATA SPESA
PROGETTO CHE PREVEDE PROGETTO CHE PREVEDE
L’ENTRATA LA SPESA
LA FORMAZIONE DEL BILANCIO DI Iter di formazione del bilancio di previsione
PREVISIONE Chi Cosa Entro
quando

Sindaco/Presidente Delinea gli indirizzi programmatici del prossimo triennio, d'intesa Giugno dell'anno
con l'organo esecutivo, sulla scorta del proprio programma politico, precedente
approvato dal consiglio
Predispone lo schema di bilancio Responsabile di servizio, Formula le proposte di bilancio, individuando gli obiettivi, indicando 31 luglio

Organo annuale, la relazione previsionale e d'intesa con l'assessore competente le risorse finanziarie specifiche correlate ai propri servizi o generali,
illustrando e motivando le proprie richieste
programmatica, lo schema di
esecutivo bilancio pluriennale e li presenta,
Organo esecutivo Esamina le proposte, coordinate dal Responsabile servizio
finanziario e dall'eventuale Direttore generale, ne verifica la
15 settembre

compatibilità con gli indirizzi programmatici, opera le necessarie


unitamente alla relazione modifiche ai fini del raggiungimento del pareggio finanziario, quindi
ritorna le proposte emendate ai responsabili di servizio con le
dell’organo di revisione, all’organo necessarie indicazioni per l'adeguamento

consiliare
Responsabili di servizio con Direttore Rendono le proposte conclusive di bilancio ed eventualmente di 30 settembre
generale Peg insieme con le relazioni di settore al Responsabile servizi
finanziari

Responsabile servizi finanziari Verificata la veridicità dell'entrata e la compatibilità della spesa, 15 ottobre
collaziona le relazioni di settore, redige la proposta di bilancio che,
corredata del proprio parere reso ai sensi dell'art. 49 del DLgs n.

Organo Approva il bilancio di previsione 267/2000, sottopone all'organo esecutivo

entro il 31 dicembre.
consiliare Organo esecutivo Approva lo schema di bilancio annuale, con allegati bilancio
pluriennale e relazione previsionale e programmatica, e deposita gli
30 novembre

atti in consiglio

Consiglio Esamina, eventualmente emenda, quindi approva 31 dicembre

Esi Esi

Le fasi di approvazione del bilancio di previsione 2


Le fasi di approvazione del bilancio di previsione 1
Segretario comunale Trasmette lo schema di bilancio, con gli 11 dicembre
allegati e con il parere dell'organo di
revisione, alla commissione consiliare
Chi Cosa Entro competente e al Presidente del consiglio
quando per la convocazione dello stesso con
iscrizione della proposta all'ordine del
Organo esecutivo Approva lo schema di bilancio annuale, 30 novembre
giorno
con allegati bilancio pluriennale e
relazione previsionale e programmatica Consiglieri Presentano eventuali emendamenti 21 dicembre
(ma anche Sindaco
Sindaco Dà comunicazione dell'avvenuta 30 novembre o organo esecutivo)
approvazione all'organo di revisione, al
Presidente del consiglio e ai consiglieri, Responsabile servizio Esprimono motivato parere sulle proposte 27 dicembre
con l'avvertenza che i documenti sono finanziario di emendamento
depositati presso la segreteria Responsabili servizi
comunale per prenderne visione interessati
da emendamenti
Organo di revisione Esprime motivato parere sulla proposta, 10 dicembre Organo di revisione
suggerendo eventuali misure atte ad
assicurare l'attendibilità delle Organo consiliare Vota sugli emendamenti e quindi approva il 31 dicembre
impostazioni bilancio di previsione annuale con tutti gli
allegati eventualmente rendendo
immediatamente eseguibile la relativa
deliberazione
Esi Esi

I PRINCIPI CONTABILI PER LA REDAZIONE DEL IL BILANCIO ANNUALE DI PREVISIONE:


BILANCIO DI PREVISIONE (art. 162)
CLASSIFICAZIONE DELLE ENTRATE E
Tutte le Entrate devono essere destinate a finanziare tutte le Spese (si
UNITA’ deroga a tale principio solo per le Entrate a destinazione vincolata per
funzioni delegate, per i proventi da concessioni edilizie, per i mutui di
DELLE SPESE (art. 165)
scopo, per i lasciti)
ANNUALITA’ Le previsioni si devono riferire all’anno finanziario Tit. I - Entrate tributarie Tit. I - Spese correnti

Tutte le Entrate e le Spese devono essere previste in bilancio (divieto di


Tit. II - Entrate da Tit. II - Spese in c/capitale
UNIVERSALITA’
gestioni fuori bilancio) trasferimenti
Tit. III - Spese per rimborso
INTEGRITA’
Tutte le Entrate e le Spese devono essere iscritte al lordo, senza tenere
conto rispettivamente di eventuali Spese o Entrate collegate
Tit. III - Entrate extratributarie di prestiti

I dati relativi alle Entrate e alle Spese devono essere correlati alla realtà, Tit. IV - Entrate da alienazioni Tit. IV - Spese per servizi
VERIDICITA’ tenendo conto del trend storico, del tasso di inflazione, delle prospettive di
istituzione di nuovi servizi o di potenziamento di quelli già esistenti
e riscossione crediti per conto di terzi
PAREGGIO
FINANZIARIO Il totale delle Entrate deve essere uguale al totale delle Spese Tit. V - Entrate da accensione
prestiti
PUBBLICITA’ Il Bilancio di previsione deve essere portato a conoscenza della collettività
Tit. VI - Entrate da servizi per
conto di terzi
Esi Esi
Struttura del bilancio: le entrate Struttura del bilancio: le spese

ENTRATE: sia per il bilancio preventivo che


per il consuntivo la classificazione è "per
natura"
TITOLI IN RELAZIONE AI PRINCIPALI
TITOLI fonte di provenienza TITOLI AGGREGATI ECONOMICI

CATEGORIE tipologia FUNZIONI ATTIVITA’ DELLE “FUNZIONI”


DELL’ENTE

RISORSE specifica SERVIZI CENTRI DI SPESA


individuazione
oggetto
CAPITOLI di PEG INTERVENTI NATURA ECONOMICA DEI FATTORI
PRODUTTIVI
solo nel P.E.G.

La codifica
LE ENTRATE E LE SPESE NEL MODELLO UFFICIALE DEL BILANCIO DI
sistema di codifica numerica delle parti del bilancio PREVISIONE (DPR 194/96)

PARTE ENTRATA
il codice è formato da sette numeri di cui:
- per l'entrata, il primo indica il titolo, gli altri due la Risorsa Accertamenti
Previsioni definitive
Previsione di competenza per l'esercizio al
quale si riferisce il presente bilancio
ultimo esercizio Annotazioni
categoria, gli ultimi quattro la risorsa, Codice e chiuso
esercizio in corso
Variazioni Somme
Denominazione
numero in aumento in diminuzione risultanti
- per la spesa, il primo numero indica il titolo, il secondo e 1 2 3 4 5 6 7 8
il terzo la funzione, il quarto e quinto il servizio, il sesto e
settimo l'intervento.
PARTE SPESA
Ecco uno schema sintetico:
Previsione di competenza per l'esercizio al
Intervento
Impegni ultimo Previsioni definitive quale si riferisce il presente bilancio
Annotazioni
esercizio chiuso esercizio in corso
Codice e Variazioni Somme
Denominazione
numero in aumento in diminuzione risultanti
1 2 3 4 5 6 7 8

Esi

GLI EQUILIBRI DEL BILANCIO DI PREVISIONE:


PAREGGIO FINANZIARIO E PAREGGIO I controlli del servizio finanziario
ECONOMICO
Veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle
PAREGGIO FINANZIARIO previsioni di spesa avanzate dai vari servizi in termini di
bilancio annuale che pluriennale;
Totale Entrate = Totale Spese

Verifica periodica sullo stato di accertamento delle entrate


PAREGGIO ECONOMICO
e di impegno delle spese;
Entrate correnti (titoli I+II+III dell’Entrata) – Spese correnti (titolo I della
Spesa) – Quota capitale ammortamento mutui e prestiti obbligazionari
>=0 AVANZO ECONOMICO (o Avanzo corrente)
Parere e visto di regolarità contabile attestante la copertura
finanziaria.
<0 La differenza può essere coperta con gli
oneri di urbanizzazione

Esi
Verifica periodica sullo stato di
Pareri di regolarità contabile ed attestazioni
accertamento delle entrate e di impegno
di copertura della spesa
delle spese
Il responsabile finanziario deve effettuare il controllo Obbligatorio ma non vincolante per impegni di spesa o
periodico sull'andamento della gestione ed in particolare diminuzioni di entrate
deve
controllare: Copertura di spesa su disponibilità effettive negli
che l'accertamento e la riscossione delle entrate stanziamenti
avvengano alle scadenza stabilite onde evitare la
formazione di eccessivi residui attivi che intaccano la
liquidità; Spese finanziate con entrate a destinazione vincolata fare
che gli impegni di spesa corrente avvengano con regolarità attenzione agli accertamenti
senza dar luogo a contenzioni e oneri accessori;
che le spese in conto capitale procedano secondo
programmi stabiliti.

LE FUNZIONI DEL COLLEGIOREVISORI


LE FASI DELLE ENTRATE (artt.
(art.239 comma2)
178…181)
• COLLABORAZIONE CON L’ORGANO CONSILIARE
ENTRATA
• VIGILANZA SULLA REGOLARITA’ CONTABILE,
FINANZIARIA ED ECONOMICA DELLA GESTIONE
Accertamento
• CONTROLLO SULL’ACQUISIZIONE DELLE ENTRATE
E EFFETTUAZIONE DELLE SPESE
Riscossione
• VERIFICA SULL’ATTIVITA’ CONTRATTUALE E
SULLA AMMINISTRAZIONE DEI BENI
Versamento

Esi

L’ACCERTAMENTO (art. 179) L’ACCERTAMENTO: MODALITA’

la fase di accertamento si concretizza nel modo che


L’entrata è accertata quando nasce per l’Ente il diritto a segue:
riscuotere
con l’accertamento emissione di ordinativi di incasso con relativa
a) Viene verificata della ragione del credito; consegna alla tesoreria comunale
b) verificata della sussistenza di un idoneo titolo giuridico;
c) Individuato il debitore; gli ordinativi di incasso cambiano a seconda della
d) Quantificata la somma da incassare; natura dell’entrata:
•liste di carico ed elenchi, per le entrate di natura
e) Fissata la relativa scadenza patrimoniale, per quelle provenienti da servizi produttivi,
per quelle connesse a tariffe o contribuzioni
• ruoli, per le entrate tributarie
• reversali di incasso, per le entrate ad acquisizione
diretta

Esi Esi
LA RISCOSSIONE (art. 180) IL VERSAMENTO (art. 181)

si verifica quando gli agenti incaricati della


• siverifica quando gli agenti incaricati della
riscossione incassano materialmente le somme
riscossione versano al Tesoriere dell’Ente le somme
dovute dai debitori
riscosse
l’ordinativo di incasso, firmato dal responsabile del
servizio finanziario (o da altro dipendente individuato dal
regolamento di contabilità), contiene i seguenti elementi: •il versamento deve essere effettuato nei modi fissati
il debitore, la somma da riscuotere, la causale del pagamento, dalla legge o da eventuali convenzioni
l’eventuale destinazione vincolata, la risorsa o il capitolo di bilancio,
la distinzione tra gestione in c/competenza o gestione in c/ residui, il
codice di classificazione di bilancio, il numero progressivo
dell’ordinativo, la data, l’esercizio finanziario di riferimento

Esi Esi

LE FASI DELLE SPESE (artt. 182…185) L’IMPEGNO DI SPESA (art. 183)


SPESA La fase di impegno si concretizza quando, a seguito di
un’obbligazione giuridicamente perfezionata, viene
costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio,
Impegno determinando la somma da pagare, il soggetto creditore
e la ragione della spesa
Liquidazione
gli impegni possono derivare da:
• leggi (es. per gli stipendi)
Ordinazione • contratti stipulati dalla Pubblica amministrazione
• atti amministrativi diversi dai contratti
• sentenze a carico dell’Ente
Pagamento

Esi Esi

LA LIQUIDAZIONE DELLA SPESA (art.


L’ORDINAZIONE (art. 185)
184)
• con l’ordinazione viene impartito l’ordine di effettuare il
pagamento
¾ con la liquidazione si determina la somma certa e
liquida da pagare, nei limiti dell’impegno definitivo •la forma più comune di ordinazione si verifica attraverso il
mandato di pagamento che, sottoscritto dal dipendente
assunto individuato dal regolamento di contabilità, contiene i seguenti
¾l’atto di liquidazione, sottoscritto dal responsabile del elementi:
servizio, viene trasmesso, unitamente ai documenti e •il creditore con relativo codice fiscale e/o partita Iva, la somma da
ai riferimenti contabili, al servizio finanziario per gli pagare e la relativa scadenza, la causale del pagamento,
l’eventuale destinazione vincolata, l’intervento o il capitolo di
adempimenti di controllo
bilancio, la distinzione tra gestione in c/competenza o gestione in
c/ residui, il codice di classificazione di bilancio, il numero
progressivo del mandato, la data di emissione, l’esercizio
finanziario di riferimento, eventuali modalità agevolative di
pagamento

Esi Esi
REGOLE GENERALI IN MATERIA DI
IL PAGAMENTO (art. 185) SPESA

L’effettuazione di “qualsiasi spesa” è consentita


esclusivamente se ricorrono i seguenti presupposti:
• si verifica quando viene materialmente
esistenza della deliberazione o della determinazione di
corrisposta al creditore la somma dovuta autorizzazione alla spesa (impegno), esecutiva ai sensi
di legge;
•colui che effettua il pagamento
registrazione dell’impegno contabile sul competente
(generalmente il tesoriere) deve intervento del bilancio di previsione;
verificare la regolarità del titolo di
pagamento e farvi apporre la quietanza comunicazione ai terzi interessati della deliberazione o
della determinazione e dell’avvenuta assunzione
dell’impegno.

Esi

LA SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI BILANCIO


LE DETERMINAZIONI (art. 191) (art. 193)
¾ le assunzioni degli atti di impegno da parte dei dirigenti Per la salvaguardia degli equilibri di bilancio, il responsabile del
responsabili dei servizi sono chiamate determinazioni servizio finanziario deve verificare il rispetto dei seguenti elementi:

¾ il responsabile del servizio fa apporre il visto di ¾ principio del pareggio finanziario


regolarità contabile da parte del responsabile del
¾ principio del pareggio economico
servizio finanziario ai sensi dell’art. 153, con cui si
attesta la copertura finanziaria (con tale visto si ottiene ¾ equilibrio tra interessi e entrate correnti
l’esecutività del provvedimento di spesa)
¾il responsabile del servizio
• comunica al terzo interessato l’impegno A tal fine occorre effettuare, con delibera dell’organo consiliare, la
ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi, con
assunto e la relativa copertura finanziaria
periodicità stabilita dal regolamento di contabilità e, in ogni caso
•ordina l’effettuazione della prestazione almeno una volta entro il 30 settembre
•avverte che la fattura deve essere completata
con gli estremi della suddetta comunicazione
Esi Esi

LA SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI


LA SALVAGUARDIA DEGLI EQUILIBRI DI
BILANCIO: I PROVVEDIMENTI DA
BILANCIO: LE IPOTESI PERTURBATRICI
ADOTTARE
Le ipotesi che comportano l’obbligo di procedere al riequilibrio
del bilancio sono:
I provvedimenti che si possono adottare per riequilibrare il bilancio
• i debiti fuori bilancio sono:
•il disavanzo di amministrazione risultante dall’ultimo •l’utilizzo, per l’anno in corso e per i 2 successivi, di tutte le entrate e
rendiconto approvato le disponibilità, ad eccezione di quelle provenienti dall’assunzione di
•il disavanzo di amministrazione presunto dell’esercizio prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge
finanziario in corso, dovuto a squilibri della gestione di •l’utilizzo dei proventi derivanti da alienazione dei beni
competenza o della gestione dei residui i patrimoniali disponibili
•l disavanzo di gestione, per squilibrio della gestione di
competenza

Esi Esi
Controllo di gestione
IL RICONOSCIMENTO DI LEGITTIMITA’
Definizione
DEI DEBITI FUORI BILANCIO (art. 194)
Art. 196
Il debito fuori bilancio è un’obbligazione a carico dell’ente che non ha
rappresentazione contabile nel bilancio
con deliberazione consiliare di salvaguardia degli equilibri di bilancio (art. 193), l’ente
locale riconosce la legittimità dei debiti fuori bilancio che derivano da:
PROCEDURA DIRETTA A VERIFICARE LO STATO
DI ATTUAZIONE DEGLI OBIETTIVI PROGRAMMATI
• sentenze esecutive
E, ATTRAVERSO L'ANALISI DELLE RISORSE
•copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, purché sia ACQUISITE E DELLA COMPARAZIONE TRA I
stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio (art. 114) e il disavanzo derivi da
COSTI E LA QUANTITÀ E QUALITÀ DEI SERVIZI
fatti di gestione
OFFERTI,
•ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici LA FUNZIONALITÀ DELL'ORGANIZZAZIONE
locali
DELL'ENTE, L'EFFICACIA, L'EFFICIENZA E IL
•procedure espropriative o di occupazione di urgenza per opere di pubblica utilità LIVELLO DI ECONOMICITÀ
ECONOMICITÀ NELL'ATTIVITÀ DI
•acquisizione di beni e servizi in violazione degli obblighi relativi all’assunzione REALIZZAZIONE DEI PREDETTI OBIETTIVI
di impegni, nei limiti di accertati e dimostrati utilità e arricchimento per l’ente

Esi Esi

Finalità
Oggetto

GARANTIRE LA REALIZZAZIONE DEGLI


OBIETTIVI PROGRAMMATI, LA CORRETTA ED
ECONOMICA GESTIONE DELLE RISORSE IL CONTROLLO HA PER OGGETTO
PUBBLICHE, L'IMPARZIALITÀ E IL BUON L’INTERA ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA
ANDAMENTO DELLA P.A. E LA TRASPARENZA E GESTIONALE DELL’ENTE
DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA ED HA RIFERIMENTO
AI SINGOLI SERVIZI E CENTRI DI COSTO

Esi Esi

MODALITÀ Modalità

IL CONTROLLO DI GESTIONE SI ARTICOLA


ALMENO IN TRE FASI:
LA VERIFICA DELL'EFFICACIA,
A) PREDISPOSIZIONE DI UN PIANO DETTAGLIATO DELL'EFFICIENZA E DELL'ECONOMICITÀ
DI OBIETTIVI; DELL'AZIONE AMMINISTRATIVA È SVOLTA
RAPPORTANDO LE RISORSE ACQUISITE
B) RILEVAZIONE DEI DATI RELATIVI AI COSTI E AI E I COSTI DEI SERVIZI,
PROVENTI NONCHÉ RILEVAZIONE DEI RISULTATI OVE POSSIBILE PER UNITÀ DI PRODOTTO,
RAGGIUNTI;
AI DATI RISULTANTI DAL RAPPORTO ANNUALE SUI
C) VALUTAZIONE DEI DATI PREDETTI IN PARAMETRI GESTIONALI DEI SERVIZI DEGLI ENTI
RAPPORTO AL PIANO DEGLI OBIETTIVI AL FINE DI LOCALI DI CUI AL CONTO DEL BILANCIO
VERIFICARE IL LORO STATO DI ATTUAZIONE E DI (ARTICOLO 228.7)
MISURARE L'EFFICACIA, L'EFFICIENZA E IL GRADO
DI ECONOMICITÀ DELL'AZIONE INTRAPRESA.

Esi Esi
Criteri del controllo di gestione
Perché oggi si pone molta enfasi su
NELL’AMBITO DEL CONTROLLO DI GESTIONE CONTINUANO efficacia, efficienza, economicità?
A ESSERE RICHIAMATI TRE CRITERI CHE SECONDO LE
INTENZIONI DEL LEGISLATORE DOVREBBERO GUIDARE LA E’ elevata la quota di risorse economiche destinate ai
GESTIONE DELL’ENTE:
bisogni collettivi e sottratta all’autonoma responsabilità di
individui e famiglie (tributi).
EFFICIENZA Vie è la percezione di un divario crescente tra i bisogni
(spesso garantiti in modo esplicito come diritti) e le
risposte effettive)
EFFICACIA Si è diffusa la percezione che le regole formali della P.A., le
logiche decisionali dei diversi organi (politici e burocrati)
e i comportamenti delle persone comportino sprechi
ECONOMICITA’

Esi 49

RENDICONTO DELLA GESTIONE Allegati al rendiconto


Art. 227 -
“1. La dimostrazione dei risultati di gestione avviene SONO ALLEGATI AL RENDICONTO:
mediante il rendiconto, il quale comprende:
• il conto del bilancio, • LA RELAZIONE DELL’ORGANO ESECUTIVO
• il conto economico (Art. 151/6 del D.Legs. 267/2000)
• il conto del patrimonio.
• LA RELAZIONE DEI REVISORI DEI CONTI
(Art. 239/1 lettera d. del D.Legs.267/2000)
2. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare dell'ente
entro il 30 giugno dell'anno successivo, tenuto • L’ELENCO DEI RESIDUI ATTIVI E PASSIVI
motivatamente conto della relazione dell'organo di DISTINTI PER ANNO DI PROVENIENZA
revisione (…)”

Esi

I RESIDUI ATTIVI (art. 189) I RESIDUI PASSIVI (art. 190)

Residui attivi Residui passivi

Entrate per le quali al termine dell’esercizio finanziario è Spese per le quali al termine dell’esercizio finanziario è
stata perfezionata solo la fase dell’accertamento (fase di stata perfezionata solo la fase dell’impegno (fase di
diritto) diritto)

• sorgono quando le fasi di adempimento • sorgono quando le fasi di adempimento


(riscossione, versamento) si verificano in un (liquidazione, ordinazione, pagamento) si verificano
esercizio diverso rispetto all’esercizio in cui si verifica in un esercizio diverso rispetto all’esercizio in cui si
la fase di diritto (accertamento) verifica la fase di diritto (impegno)

• nel bilancio dell’esercizio successivo vanno indicati • nel bilancio dell’esercizio successivo vanno indicati
separatamente dalle entrate di competenza separatamente dalle spese di competenza

Esi Esi
L’ANALISI ECONOMICA ATTRAVERSO LA
RENDICONTAZIONE DEI RISULTATI

Conto del
Aspetto finanziario bilancio
D. Lgs. 267/00

Conto
Analisi della economico
Aspetto economico
gestione

Conto del
Aspetto patrimoniale patrimonio

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Scuola Superiore della


Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE 2

L’ORDINAMENTO COMUNALE RIPORTATO NEL T.U.E.L.


(D.LGS n. 267/2000 E SUCC. MODIFICHE)

ELEMENTI DI CONTABILITA’ RIFERITI ALLA FASE


DELLA SPESA E ALLA FASE DELL’ENTRATA CON
PARTICOLARE RIFERIMENTO AI DOCUMENTI DI
PROGRAMMAZIONE GENERALE: BILANCIO DI
PREVISIONE E PIANO ESECUTIVO DI GESTIONE

DISPENSA

di Daniela Urtesi

Giugno 2008

1
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
INDICE

INDICE.............................................................................................................................. 2
CAPITOLO I - GLI STRUMENTI DELLA PROGRAMMAZIONE ........................................ 3
CAPITOLO II - IL BILANCIO DI PREVISIONE ANNUALE ................................................. 8
2.1 I principi fondamentali previsti dal Testo Unico n. 267/2000 ...................................... 8
CAPITOLO IV: LA STRUTTURA DEL BILANCIO ............................................................ 15
4.1 Struttura entrata....................................................................................................... 15
4.2 Struttura spesa ........................................................................................................ 15
CAPITOLO V - LE FASI DELLE ENTRATE E DELLE SPESE......................................... 18
5.1 Le fasi dell'entrata................................................................................................... 18
5.2 Le fasi della spesa .................................................................................................. 20
5.4 I Residui attivi e passivi............................................................................................ 26
5.5 Regole generali in materia di spesa......................................................................... 27
CAPITOLO VI - GLI EQUILIBRI DI BILANCIO – CONTROLLO DI GESTIONE ............... 28
6.1 I debiti fuori bilancio ................................................................................................. 29
6.2 Il controllo di gestione .............................................................................................. 29
. CAPITOLO VII - IL RENDICONTO ............................................................................... 30
Bibliografia ...................................................................................................................... 33

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
CAPITOLO I - GLI STRUMENTI DELLA PROGRAMMAZIONE

I documenti di programmazione costituiscono un organico piano contabile nel quale


sono delineati gli obiettivi e i programmi che l’ente locale intende realizzare
nell’attività di gestione e le fonti a cui attingere per svolgere detta attività
programmata.
Gli strumenti di programmazione sono costituiti dai seguenti documenti:
a. la relazione previsionale e programmatica
b. il bilancio pluriennale
c. il bilancio annuale di previsione
d. il piano esecutivo di gestione
Il Testo Unico degli Enti Locali (TUEL), D.Lgs 18 agosto 2000, n. 267, dedica a
questi documenti, nella Parte Seconda, l'intero Capo I del Titolo II, "Programmazione
e bilanci" i cui articoli sono tutti "da considerarsi come principi generali con valore di
limite inderogabile", a sensi dell' art. 152 dello stesso Testo Unico, ciò significa che il
regolamento di contabilità dell’ente non può prevedere una disciplina diversa da
quella stabilita dalla legge.
Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale applica i principi contabili
stabiliti nel Testo Unico, con modalità organizzative corrispondenti alle caratteristiche
della propria realtà territoriale e strutturale. Il regolamento di contabilità costituisce,
inoltre, il documento in cui vengono indicate le competenze specifiche di tutti i
soggetti dell’amministrazione, in ordine alla programmazione, all’adozione ed
all’attuazione degli obiettivi e dei provvedimenti di gestione a carattere finanziario e
contabile.

a. La relazione previsionale e programmatica è il documento fondamentale per


la pianificazione e programmazione dell’attività e delle risorse dell’ente.
- Pianificazione: intesa come individuazione degli obiettivi da raggiungere nel
rispetto dei fini istituzionali dell’Ente.
- Programmazione: riferita alla scelta tra le differenti alternative praticabili, del
programma più consono al raggiungimento dell’obiettivo.

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- La relazione previsionale e programmatica ha carattere generale. Illustra le
caratteristiche generali della popolazione, del territorio, dell'economia insediata
e dei servizi dell'ente, precisandone risorse umane, strumentali e tecnologiche.
Comprende, per la parte entrata, una valutazione generale sui mezzi finanziari,
individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l'andamento storico degli
stessi ed i relativi vincoli.
- L'art. 170 del D. Lgs n. 267/2000 offre una elencazione puntuale dei contenuti
della relazione stessa, ponendo in particolare evidenza il carattere generale
della relazione, con ciò significando che essa racchiude l'intero panorama
programmatorio, sia in termini di tempo, il periodo compreso nel bilancio
pluriennale, sia in termini di contenuti, comprendente cioè gli aspetti finanziari
ed economici, ma anche gli aspetti fisici, strutturali e politici, della manovra di
bilancio.
Da un punto di vista pratico la Relazione comporta varie fasi caratterizzanti:
-la ricognizione delle caratteristiche generali;
-la individuazione degli obiettivi;
-la valutazione delle risorse;
-la scelta delle opzioni;
-la individuazione dei programmi e progetti.
La ricognizione delle caratteristiche generali deriva dal dettato del secondo comma
dell'art. 170 citato, il quale utilizza una serie di verbi "illustra", "precisa", "comprende",
"valuta", "individua", "evidenzia". Un susseguirsi di azioni volte dunque ad una sorta
di monitoraggio degli oggetti puntualmente indicati:
1) popolazione;
2) territorio;
3) economia insediata;
4) servizi, con evidenziazione di risorse umane, strumentali e tecnologiche.
Ne nasce una sorta di fotografia dell'esistente, un quadro dettagliato di quello che
deve essere il punto di partenza della programmazione. In quel contesto deve quindi
costituirsi il piano di sviluppo dell'ente, compreso nel periodo interessato dalla
relazione.
Per la parte spesa, la relazione è redatta per programmi e per eventuali progetti, con
espresso riferimento ai programmi indicati nel bilancio annuale e pluriennale,.

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Per gli organismi gestionali dell'ente locale, la relazione indica anche gli obiettivi che
si intendono raggiungere, sia in termini di bilancio che in termini di efficacia,
efficienza ed economicità del servizio.

b. Il bilancio pluriennale, insieme alla relazione previsionale e programmatica è


un documento fondamentale per la programmazione a medio e lungo termine
dell’ente, esso quantifica e articola in interventi i programmi e progetti previsti
nella relazione previsionale in forma sintetica.
l bilancio pluriennale ha le seguenti caratteristiche:
- traduce in termini finanziari gli obiettivi politici indicati nella relazione
previsionale e programmatica;
- è formalmente un allegato del bilancio annuale di previsione;
- è elaborato in termini di competenza, ossia con riferimento alla fase
dell'accertamento delle entrate e dell'impegno delle spese;
- ha una durata triennale;
- presenta la classificazione della spesa secondo l'analisi funzionale che
consente l'articolazione della stessa per programmi e, ove siano specificati, per
progetti;
- individua il ricorso al mercato finanziario per le spese di investimento per
ciascuno degli anni considerati;
- va aggiornato annualmente in occasione della presentazione del bilancio
annuale di previsione;
- i valori monetari in esso contenuti sono espressi con riferimento ai periodi ai
quali si riferiscono, tenendo conto del tasso di inflazione programmato, rilevabile
dal documento di programmazione economico-finanziaria dello Stato.

c. Il bilancio annuale di previsione costituisce il documento contabile attraverso


il quale, con il collegamento alla Relazione previsionale e programmatica ed al
Bilancio pluriennale, si evidenziano gli obiettivi e le finalità dell’azione dell’Ente.
Rappresenta la quantificazione delle risorse attribuite ai programmi che si intendono
realizzare nel corso dell’anno .

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d. l Piano esecutivo di gestione rappresenta una delle novità più rilevanti
introdotte nell’ordinamento finanziario e contabile: l’art. 169 del TUEL stabilisce
che "sulla base del Bilancio di previsione annuale, deliberato dal consiglio,
l’organo esecutivo definisce prima dell’esercizio finanziario il Piano esecutivo di
gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi,
unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi". Il Piano
esecutivo di gestione è definito ed approvato dall’organo esecutivo sulla base
del Bilancio di previsione annuale e contiene non solo elementi finanziari ma
individua altresì gli obiettivi di gestione e gli strumenti e le dotazioni organiche
utilizzate per la realizzazione di essi che vengono direttamente affidati ai
responsabili dei servizi.
Il PEG è lo strumento col quale si assegnano ai responsabili della gestione, ai
vari livelli, risorse umane, finanziarie, strumentali ecc. necessarie alla
realizzazione degli obiettivi concordati, come impegno a conseguire determinati
risultati intesi come determinazioni, interventi, progetti, secondo le linee politiche
indicate nel bilancio di previsione annuale e pluriennale.
Il PEG, quindi, è uno strumento su base annuale, di esercizio, con riferimento
all'attuazione e gestione delle attività di quel periodo che, peraltro, possono
avere riferimento e impatto su programmi o progetti o interventi connessi agli
esercizi successivi previsti nel bilancio pluriennale e nella relazione previsionale
programmatica.
Attraverso il PEG si definiscono le responsabilità a tutti i livelli, si allocano le
risorse, si attua la distinzione tra funzione di governo e funzione esecutiva, si
valorizza l'autonomia gestionale, si innesca il processo di delega, si investe la
globalità dell'organizzazione.
Il PEG, se opportunamente progettato, diventa il principale strumento col quale
la Giunta governa e controlla l'ente nelle sue attività amministrative e gestionali,
durante tutto il corso dell'esercizio e diventa uno strumento di semplificazione
delle procedure burocratiche, contabili e amministrative, teso a fluidificare la
gestione di per sé rigida, consentendo l'attivazione delle assegnazioni di budget
per responsabili di attività e di gestione, secondo una correlazione tra gli
stanziamenti di risorse e la definizione degli obiettivi.

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Il PEG costituisce l'analitica rappresentazione del bilancio di esercizio come
fondamentale momento di gestione nell'ambito della programmazione su base
pluriennale, di cui la stesura "annuale" rappresenta la prima fase di sviluppo.
Funzioni del PEG sono:
- assegnare obiettivi e risorse;
- introdurre il processo di delega e valorizzare l'autonomia gestionale;
- definire responsabilità e risultati.

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CAPITOLO II - IL BILANCIO DI PREVISIONE ANNUALE

Nel nuovo ordinamento finanziario e contabile il bilancio annuale è definito


finanziario, redatto in termini di competenza, dall' art. 162 ,comma 1, del DLgs n.
267/2000, e ha carattere autorizzatorio a sensi dell' art. 164 , comma 2, del citato
Testo Unico:
- è finanziario, nel senso che prende in considerazione esclusivamente entrate e
spese che hanno una manifestazione monetaria, con esclusione pertanto dei
movimenti in natura;
- è di competenza perché riguarda le entrate che si prevede di accertare e alle
spese che si presume di impegnare durante l’esercizio finanziario e non già con
riferimento alle riscossioni e ai pagamenti;
- è autorizzatorio in quanto il consiglio con l’approvazione del bilancio autorizza
l’acquisizione delle entrate in esso previste ed al tempo stesso fissa un limite
invalicabile agli impegni di spesa.
La stessa caratteristica contraddistingue il bilancio pluriennale, e pertanto lo stesso
limite incontra l'impegno pluriennale, da accendersi sugli stanziamenti riferiti agli
esercizi successivi contemplati nello stesso bilancio.

2.1 I principi fondamentali previsti dal Testo Unico n. 267/2000


Alla formulazione del bilancio degli enti locali, cioè alla pratica elaborazione in
maniera tecnicamente compiuta e corretta del documento, attengono alcuni principi
essenziali che non possono essere disattesi senza alterare la funzionalità e l’efficacia
del bilancio e della sua gestione. Il loro elenco è rigorosamente contenuto nell’art.
162, comma 1, del DLgs n. 267/2000:
a. unità;
b. annualità;
c. universalità;
d. integrità;
e. veridicità e attendibilità;
f. pareggio finanziario;
g. pubblicità.

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a. Unità
Il bilancio è uno solo, nel senso che il complesso delle entrate previste vale a
finanziare indistintamente il complesso delle spese iscritte in bilancio, fatte salve le
eccezioni di legge. Non si possono cioè avere aree privilegiate, o riserve protette a
favore di assessorati o uffici. Tutti devono produrre entrate a vantaggio di tutti, e tutti
possono utilizzare le disponibilità così realizzate.
L’unica deroga al detto principio è quella relativa alle “entrate a destinazione
vincolata”, per le quali esiste un condizionamento posto dalla legge o dai soggetti
che trasferiscono i mezzi di finanziamento, che impone la correlazione con lo scopo
della spesa. Pertanto l’ammontare delle relative riscossioni, che pure va tenuto nel
fondo unico di cassa, non può essere utilizzato se non per lo scopo che le ha
originate.
b. Annualità
L'anno finanziario, che inizia il 1° gennaio e termina il 31 dicembre, è assunto quale
unità temporale della gestione e si definisce esercizio finanziario. Le operazioni
comprese nella gestione stessa, dagli accertamenti alle riscossioni e dagli impegni ai
pagamenti, devono tutte effettuarsi entro la fine dell'anno. Con la chiusura
dell’esercizio finanziario (31 dicembre) non è più possibile effettuare accertamenti di
entrata e impegni di spesa in conto dell’esercizio concluso.
c. Universalità
Tutte le operazioni gestionali, dagli accertamenti alle riscossioni e dagli impegni ai
pagamenti, devono essere compresi nel bilancio nel senso che debbono
necessariamente riferirsi a poste iscritte in bilancio. Sono perciò vietate le gestioni
fuori bilancio, comunque denominate e a qualunque scopo intrattenute.
d. Integrità
Tutte le entrate e tutte le spese devono essere previste e quindi gestite nella loro
interezza. Non è consentito infatti iscrivere entrate al netto delle spese di riscossione,
né iscrivere spese al netto delle entrate compensative o correlate.
Il principio impone quindi l'integrale rilevazione ed esposizione delle poste di entrata
e di spesa. Le poste compensative devono trovare spazio in movimento finanziario

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
opposto, anch'esso però rilevato ed esposto. La cosiddetta "compensazione
amministrativa" è vietata.

e. Veridicità e attendibilità
La veridicità ha come presupposto la verifica delle previsioni in rapporto a fonti certe,
quali la legge, i regolamenti, i contratti, le convenzioni, le deliberazioni, le
determinazioni, in particolare con riferimento, per l'entrata, alle aliquote e alle tariffe
applicate.
L'attendibilità attiene invece alla verifica delle previsioni in rapporto alla storicità degli
stanziamenti, ai trend e ai flussi di ciascuna posta, ai parametri riferiti a realtà similari,
a valutazioni il più possibile oggettive sulla realtà della gestione, tenuto conto anche
delle domande potenziali degli utenti dei servizi e dei programmi di sviluppo della
spesa per il loro soddisfacimento.
La previsione delle entrate non deve essere superiore alle reali possibilità di
acquisizione, né quella delle spese deve essere inferiore ai bisogni. Se il bilancio
difetta del requisito della veridicità e attendibilità si va incontro a squilibri gestionali
che inevitabilmente danneggiano la programmazione dell’ente locale e la dinamica di
realizzazione dei programmi; infatti le spese necessarie si devono comunque
sostenere anche se insufficientemente previste; per contro le entrate previste in
misura superiore alla effettiva capacità dell’ente di acquisirle non si realizzeranno.
La legge si preoccupa di assicurare al bilancio una certa flessibilità attraverso
l’iscrizione di un fondo di riserva e la previsione della disciplina degli storni di fondi e
delle variazioni di bilancio.
Il legislatore ha affidato la consegna per il rispetto dei principi di veridicità ai
responsabili di servizio che devono proporre e agli organi politici che devono
scegliere e programmare, ma ha altresì creato una sorta di corpo di vigilanza affidato
al responsabile del servizio finanziario e all'organo di revisione.
f. Pareggio
Il principio del pareggio finanziario è espresso dall'art. 162, comma 6, del D.Lgs. n.
267 del 2000, che recita: "il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario
complessivo".
Il principio del pareggio del bilancio attiene a due diverse tipologie:

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1) il pareggio finanziario per il quale il totale complessivo delle entrate deve
essere uguale al totale complessivo delle spese;
2) il pareggio economico che è detto anche equilibrio economico per il quale le
previsioni relative alle spese correnti sommate alle previsioni relative alle
quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti
obbligazionari non possono essere superiori alle previsioni dei primi tre titoli
dell’entrata.
L’equilibrio della situazione economica assicura che la gestione di competenza non
determini disavanzi a conclusione dell’esercizio. Le entrate dei primi tre titoli che
hanno carattere ricorrente e le cui previsioni hanno termini di riferimento attendibili,
assicurano la copertura delle spese correnti e delle quote capitale delle rate di
ammortamento dei prestiti.
La solidità dell’equilibrio deve essere realizzata attraverso valutazioni prudenziali
delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare.
La gestione complessiva deve rispettare non solo il pareggio in senso tecnico ma più
in generale gli equilibri di bilancio.
Il vero obiettivo del legislatore, pertanto, non è l'affermazione semplicistica che il
totale delle spese sia uguale al totale delle entrate, ma che deve esistere un continuo
equilibrio interno sia di parte corrente sia in conto capitale, con il rispetto di tutti i
tradizionali equilibri finanziari.
g. Pubblicità
Il comma 7 dell' art. 162 del DLgs n. 267/2000 dispone infine che gli enti assicurino
"ai cittadini ed agli organi di partecipazione la conoscenza dei contenuti significativi e
caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati con le modalità previste dallo
statuto e dai regolamenti".
Il controllo della programmazione, in aggiunta alle competenze più propriamente
istituzionali, diventa in qualche modo anche "popolare", assumendo connotati che
ineriscono più specificamente al campo politico. E spetta a ciascun ente, nell'ambito
della propria autonomia e con l'uso degli strumenti propri che gli sono attribuiti,
statuto e regolamenti, disciplinare nel concreto questa pubblicità, adattandone le
forme alle caratteristiche della collettività e dei suoi organi di partecipazione.

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I contenuti di tale pubblicità devono essere significativi e caratteristici, come a
stigmatizzare che l'informazione deve essere completa, puntuale e soprattutto
corretta.

2.2 I ruolo dei revisori dei conti


Relativamente alla proposta di bilancio di previsione, ai documenti allegati e alle
variazioni di bilancio l'organo di revisione deve esprimere un motivato giudizio di:
- congruità
- coerenza
- attendibilità contabile
Il parere deve tenere conto, oltre che di ogni elemento utile, del parere espresso dal
responsabile del servizio finanziario.
Il giudizio-parere dell'organo di revisione è obbligatorio e deve comprendere proposte
e suggerimenti all'organo consiliare per ricondurre all'attendibilità, congruità e
coerenza interna le previsioni, nonché per assicurare il mantenimento degli equilibri
in corso di gestione.
L'organo consiliare, al quale è trasmesso il parere, dovrà adottare i provvedimenti
conseguenti alle modifiche, integrazioni o azioni proposte dall'organo di revisione,
oppure motivarne il non accoglimento.
Ai revisori dei conti è inoltre affidato il compito di
- verificare le procedure per l’acquisizione delle entrate e per il sostenimento
delle spese;
- monitorare gli andamenti della gestione finanziaria di competenza e relativi
equilibri;
- controllare gli andamenti della gestione finanziaria di cassa e di tesoreria e
relativi equilibri;
- controllare la gestione dei residui;
- controllare l'attività contrattuale;
- controllare gli adempimenti e la tenuta della contabilità fiscale.
-

CAPITOLO III - ITER DI FORMAZIONE DEL BILANCIO DI PREVISIONE

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La costruzione del bilancio richiede il coinvolgimento di tutta la struttura
organizzativa dell’Ente che deve fornire, settore per settore, gli elementi consuntivi e
previsionali.
Il bilancio è un punto di arrivo, un risultato nel processo di programmazione.

Iter di formazione
Chi Cosa Entro
quando
Sindaco/Presidente Delinea gli indirizzi programmatici del Giugno dell'anno
prossimo triennio, d'intesa con l'organo precedente
esecutivo, sulla scorta del proprio
programma politico, approvato dal
consiglio
Responsabile di servizio, Formula le proposte di bilancio, 31 luglio
d'intesa con l'assessore individuando gli obiettivi, indicando le
competente risorse finanziarie specifiche correlate ai
propri servizi o generali, illustrando e
motivando le proprie richieste
Organo esecutivo Esamina le proposte, coordinate dal 15 settembre
Responsabile servizio finanziario e
dall'eventuale Direttore generale, ne
verifica la compatibilità con gli indirizzi
programmatici, opera le necessarie
modifiche ai fini del raggiungimento del
pareggio finanziario, quindi ritorna le
proposte emendate ai responsabili di
servizio con le necessarie indicazioni
per l'adeguamento
Responsabili di servizio Rendono le proposte conclusive di 30 settembre
con Direttore generale bilancio ed eventualmente di Peg
insieme con le relazioni di settore al
Responsabile servizi finanziari
Responsabile servizi Verificata la veridicità dell'entrata e la 15 ottobre
finanziari compatibilità della spesa, collaziona le
relazioni di settore, redige la proposta di
bilancio che, corredata del proprio
parere reso ai sensi dell'art. 49 del
DLgs n. 267/2000, sottopone all'organo
esecutivo
Organo esecutivo Approva lo schema di bilancio annuale, 30 novembre
con allegati bilancio pluriennale e
relazione previsionale e programmatica,
e deposita gli atti in consiglio
Consiglio Esamina, eventualmente emenda, 31 dicembre
quindi approva

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
La scansione temporale è ovviamente "tarata" sul termine per l'approvazione del
bilancio fissato al 31 dicembre, come disposto dall' art. 151 del DLgs n. 267/2000.
Eventuali proroghe del medesimo termine, divenute ormai la regola, spostano
conseguentemente le scadenze che precedono.

Le fasi di approvazione del bilancio di previsione


Chi Cosa Entro quando
Organo esecutivo Approva lo schema di bilancio annuale, con 30 novembre
allegati bilancio pluriennale e relazione
previsionale e programmatica
Sindaco Dà comunicazione dell'avvenuta 30 novembre
approvazione all'organo di revisione, al
Presidente del consiglio e ai consiglieri, con
l'avvertenza che i documenti sono depositati
presso la segreteria comunale per prenderne
visione
Organo di Esprime motivato parere sulla proposta, 10 dicembre
revisione suggerendo eventuali misure atte ad
assicurare l'attendibilità delle impostazioni
Segretario Trasmette lo schema di bilancio, con gli 11 dicembre
comunale allegati e con il parere dell'organo di revisione,
alla commissione consiliare competente e al
Presidente del consiglio per la convocazione
dello stesso con iscrizione della proposta
all'ordine del giorno
Consiglieri Presentano eventuali emendamenti 21 dicembre
(ma anche
Sindaco
o organo
esecutivo)
Responsabile Esprimono motivato parere sulle proposte di 27 dicembre
servizio finanziario emendamento
Responsabili
servizi interessati
da emendamenti
Organo di
revisione
Organo consiliare Vota sugli emendamenti e quindi approva il 31 dicembre
bilancio di previsione annuale con tutti gli
allegati eventualmente rendendo
immediatamente eseguibile la relativa
deliberazione

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
CAPITOLO IV - LA STRUTTURA DEL BILANCIO

4.1 Struttura entrata


La parte delle entrate nel bilancio di previsione è ordinata come segue:
1. titoli, secondo la fonte di provenienza delle entrate, ossia la natura dell’entrata
(es.: entrate tributarie, extratributarie, ecc.)
2. categorie, secondo la tipologia delle entrate all’interno della fonte di
provenienza(es.: le imposte costituiscono una categoria all’interno del titolo I –
entrate tributarie);
3. risorse, in base all’oggetto dell’entrata, specificatamente individuato all’interno
della categoria di appartenenza. Le risorse non sono definite e sono quindi
rimesse alle decisioni dell’ente locale(es.: l’imposta comunale sugli immobili
costituisce una risorsa definita nella categoria delle imposte, contenuta nel titolo
I).

L’unità elementare dell’entrata.


Per l’entrata l’unità elementare è la “risorsa”, che individua specificatamente
l’oggetto dell’entrata e riguarda la dotazione di mezzi di cui l’ente può disporre al fine
di impiegarli nell’esercizio della propria attività.
Le risorse sono indistintamente destinate ad essere impiegate nelle diverse attività di
competenza dell’ente. Soltanto la legge può disciplinare la destinazione di risorse
specifiche a particolari e precisate attività. Si tratta di risorse che individuano entrate
aventi vincolo di specifica destinazione stabilito per legge. Per tutte le altre, vale il
principio dell’unità del sistema di bilancio.

4.2 Struttura spesa


La parte spesa nel bilancio è ordinata in:
1. titoli, che individuano la natura della spesa stessa in capo a macro-aggregati
economici (es.: spese correnti, spese in c/capitale, ecc..);

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
2. funzioni, che all’interno dei titoli ed a seconda della tipologia dell’attività
esercitata dall’Ente locale, individuano le spese in maniera più articolata (es.:
funzione di istruzione pubblica);
3. servizi, ovvero i singoli uffici, o reparti organizzativi, che gestiscono un
complesso di attività;
4. interventi, che, come già evidenziato, sono relativi alla natura economica dei
fattori produttivi impiegati nell’ambito di ciascun servizio (es.: acquisto di beni di
consumo e/o materie prime).

I titoli aggregano le spese in base alla loro natura e destinazione economica.


Le funzioni individuano in modo più articolato le spese in relazione alla tipologia delle
attività espletate e cioè all’oggettivo esercizio di operazioni da parte delle
articolazioni organizzative dell’ente a cui le stesse sono affidate per l’ottenimento di
risultati.
Le funzioni considerate nella struttura di bilancio, distinte per tipologia di ente, sono
stabilite dal D.P.R. n. 194 del 1996. L'articolazione della parte spesa del bilancio
nelle funzioni così individuate non è derogabile o modificabile da parte degli enti
locali.
IPer servizio si può intendere sia il reparto organizzativo semplice o complesso
composto di persone e mezzi per l’articolazione di un’area organizzativa dell’ente, sia
le attività che vi fanno capo per l’esercizio di parte di una funzione propria dello
stesso ente deputata all’erogazione di prestazioni ai cittadini (funzioni finali) ovvero a
fini interni di supporto e di strumentalità (funzioni strumentali e di supporto). I servizi
costituiscono i centri di responsabilità, in quanto all’unità organizzativa è individuato
un soggetto responsabile, al quale, assegnati obiettivi e dotazioni economico-
finanziarie, si chiede di rispondere dei risultati conseguiti.
Il concetto di servizio consente di misurare gli effetti economici delle decisioni dei
responsabili delle singole unità organizzative elementari e costituisce quindi la base
dei sistemi di controllo direzionale.

L’unità elementare della spesa.


L’intervento contraddistingue la tipologia e l’uso dei fattori produttivi. Gli interventi
sono specificati nel D.P.R. n. 194 del 1996 e non sono assolutamente modificabili.

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
I tipi di intervento servono per specificare, qualificare e individuare le dotazioni
finanziarie costituenti parte del complessivo budget del servizio.
L’intervento è indicativo della natura economica dei fattori produttivi destinati a
ciascun servizio.

I TITOLI DEL BILANCIO


Tit. I - Entrate tributarie Tit. I - Spese correnti
Tit. II - Entrate da trasferimenti Tit. II - Spese in c/capitale
Tit. III - Entrate extratributarie Tit. III - Spese per rimborso di prestiti
Tit. IV - Entrate da alienazioni e riscossione Tit. IV - Spese per servizi per conto di terzi
crediti
Tit. V - Entrate da accensione prestiti
Tit. VI - Entrate da servizi per conto di terzi

La codifica
Le parti del bilancio come sopra descritte sono sintetizzate con un sistema di codifica
numerica. Il codice è formato da sette numeri di cui, per l'entrata, il primo indica il
titolo, gli altri due la categoria, gli ultimi quattro la risorsa, mentre per la spesa, il
primo numero indica il titolo, il secondo e il terzo la funzione, il quarto e quinto il
servizio, il sesto e settimo l'intervento.
Ecco uno schema sintetico:

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Le variazioni al bilancio. Durante la gestione dell’esercizio il Bilancio di previsione
può subire variazioni, sulle quali assume competenza il Consiglio dell’Ente; solo in
via di necessità ed urgenza tali variazioni possono essere apportate dalla Giunta,
salvo ratifica del Consiglio, a pena di decadenza, entro 60 giorni e comunque entro il
31 dicembre dell’esercizio in corso (se a tale data non è ancora scaduto tale
termine).

CAPITOLO V - LE FASI DELLE ENTRATE E DELLE SPESE.

La gestione del bilancio prende avvio concreto con l’attivazione dei processi di
entrata e di uscita.

5.1 Le fasi dell'entrata


Il procedimento di gestione del bilancio relativo alle entrate si articola nelle seguenti
fasi:
a. accertamento;
b. riscossione;
c. versamento.

a. Accertamento
Con l'accertamento, che è la prima delle fasi attraverso le quali si realizza il
processo di acquisizione delle risorse, l'entrata viene determinata nell'ammontare,
nella ragione e nella persona debitrice. Ne consegue (e ne è anche presupposto)
l'attivazione dei procedimenti che condurranno all'introito delle somme nell'esercizio,
oppure alla formazione di una situazione creditoria giuridicamente costituita.
L'entrata si considera accertata allorché, sulla base di idonea documentazione, si sia
provveduto alla:
- verifica della ragione del credito;
- verifica della sussistenza di un idoneo titolo giuridico;
- individuazione del debitore;
- quantificazione della somma da incassare;

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- fissazione della relativa scadenza nell'anno di competenza del bilancio o
successivamente.
L'accertamento è fase gestionale che presuppone sempre a supporto idonea
documentazione, ossia un atto formale che evidenzia il credito dell'ente, il soggetto
debitore e l'importo del credito scaduto o che viene a scadere, nonché la motivazione
ed il titolo giuridico con la relativa scadenza. Tale documentazione può essere
costituita da:
- ruoli;
- liste di carico;
- contratti;
- provvedimenti giudiziari;
- atti amministrativi specifici.
Si considerano, naturalmente, accertate tutte le entrate per le quali è intervenuta la
riscossione.
La competenza a rinvenire o formare gli atti documentali presupposto
dell'accertamento è propria dei soggetti preposti ai vari servizi cui è attribuito il
procedimento di gestione delle singole risorse e/o categorie di entrata.
Nei modi e nei tempi definiti dal regolamento di contabilità, il responsabile
dell'accertamento è tenuto a trasmettere la relativa documentazione al responsabile
del servizio finanziario, il quale, a sua volta, provvede ai dovuti riscontri ed
all'annotazione delle entrate accertate nelle scritture contabili.

b. Riscossione
L'entrata è riscossa a seguito del materiale introito delle somme corrisposte dai
debitori agli incaricati a esigere, interni o esterni. Gli incaricati interni, che devono
essere designati con provvedimento formale dell'amministrazione, sono l'economo e
gli altri eventuali agenti contabili autorizzati al maneggio di denaro, addetti alla
riscossione di diritti o canoni. Gli incaricati esterni sono, di norma, il tesoriere e il
concessionario del servizio di riscossione tributi.
La riscossione è disposta a mezzo di ordinativo d'incasso (reversale) trasmesso
dall'ente al tesoriere nelle forme e nei tempi stabiliti dalla convenzione di affidamento
del servizio di tesoreria. Con l'ordinativo d'incasso (reversale) si da ordine al tesoriere
di riscuotere una determinata somma dovuta all'ente.

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La reversale, sottoscritta dal responsabile del servizio finanziario o da altro soggetto
individuato dal regolamento di contabilità, deve indicare obbligatoriamente:
- codifica prevista nella struttura del bilancio;
- numero e data di emissione;
- esercizio finanziario di competenza;
- indicazione della risorsa o del capitolo cui è riferita l'entrata distintamente per
residui e competenza;
- debitore;
- ammontare della somma da riscuotere;
- causale;
- eventuale vincolo di destinazione della somma da riscuotere;
- voce economica.
Il tesoriere, oltre ad effettuare la riscossione degli ordini di incasso ricevuti, deve in
ogni caso riscuotere ogni somma a lui direttamente presentata da soggetti che a
qualsiasi titolo si dichiarano debitori dell'ente.
In tal caso il tesoriere, dopo aver rilasciato quietanza al versante, registra
l'operazione tra le partite sospese e provvede all'inoltro all'ente nei termini indicati dal
contratto di Tesoreria ai fini della sua regolarizzazione documentale

c. Versamento
La gestione dell'entrata si conclude con il versamento, che si realizza nel momento
in cui soggetti incaricati della riscossione diversi dal tesoriere versano le somme
riscosse nelle casse della Tesoreria comunale.
Se le riscossioni vengono effettuate direttamente presso il tesoriere senza il tramite
di altri agenti contabili, le fasi della riscossione e del versamento risultano coincidenti.

5.2 Le fasi della spesa


le fasi in cui il procedimento di spesa si articola sono:
a. impegno;
b. liquidazione;
c. ordinazione;
d. pagamento.

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I soggetti competenti
Il procedimento di spesa coinvolge il servizio finanziario, per la funzione generale di
coordinamento e di gestione dell'attività finanziaria. Ma coinvolge, altresì, tutti gli altri
servizi dell'ente, chiamati, nelle varie fasi, alla responsabilità operativa.

a. impegno
L'impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la quale, a
seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata sono determinati la somma da
pagare, e il soggetto creditore, è indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle
previsioni di bilancio, nell'ambito della disponibilità finanziaria.
I presupposti
1) la sussistenza di un'obbligazione giuridicamente perfezionata;
2) la somma da pagare determinata;
3) il soggetto creditore individuato;
4) la ragione del debito indicata;
5) il vincolo costituito sullo stanziamento di bilancio.
L'assunzione di un impegno è subordinata alla compresenza degli elementi sopra
riportati, La mancanza anche di uno solo dei predetti elementi non perfeziona
l'impegno, che pertanto non potrà avere il successivo corso.
La sussistenza di un'obbligazione giuridicamente perfezionata con la quale sono
determinati gli elementi sopra elencati ai punti 2, 3 e 4 potrà produrre nell'esercizio il
pagamento delle somme oppure la formazione del debito da estinguere.
L’approvazione del bilancio e di sue successive variazioni costituisce impegno,
senza necessità di ulteriori atti, per gli stanziamenti di spesa dovuti:
- per il trattamento economico tabellare, ed oneri conseguenti, del
personale dipendente;
- per le rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, interessi di
preammortamento ed oneri accessori;
- per le spese dovute nell’esercizio in base a contratti o disposizioni di
legge.
L'impegno si assume con un atto amministrativo del responsabile del servizio da
definirsi "determinazione" .

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La determinazione costituisce l'atto con il quale i dirigenti ed i responsabili degli uffici
o dei servizi, così come individuati rispettivamente negli artt. 107 e 109, comma 2,
del D.Lgs. n. 267 del 2000, approvano la spesa ed assumono l'impegno in attuazione
di quanto previsto nel bilancio e nel piano esecutivo di gestione, utilizzando le risorse
con questo assegnate.
Le determinazioni di impegno di spesa, debitamente firmate e sottoscritte, secondo
le disposizioni riportate nel regolamento di contabilità, da classificarsi con sistemi di
raccolta che individuano la cronologia degli atti e l'ufficio di provenienza, vengono
trasmesse al responsabile del servizio finanziario e divengono esecutive con
l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria (art.
183, comma 9, e art. 151, comma 4, del D.Lgs. n. 267 del 2000).
Per copertura finanziaria si intende esclusivamente l'esatta imputazione della spesa
sull’apposito intervento di bilancio ed il riscontro della disponibilità effettiva sullo
stanziamento. Per le spese finanziate con entrate aventi vincolo di destinazione,
l'attestazione può essere resa nei limiti del correlato accertamento di entrata.
L'obbligo dell'attestazione di copertura finanziaria, posto in capo al responsabile del
servizio finanziario, unitamente alla verifica periodica dello stato di accertamento
delle entrate e di impegno delle spese, conferiscono allo stesso una precisa
responsabilità, connessa alla salvaguardia degli equilibri di bilancio; l'attestazione di
copertura finanziaria apposta sulla singola spesa, infatti, implica la dichiarazione da
parte del responsabile del servizio finanziario diretta a garantire che l'insieme delle
spese già finanziate, sommate a quella in esame è coperto dal complesso delle
entrate accertate o in via di accertamento.

Ordinazione della fornitura o prestazione


Al fine di garantire il rispetto dell'obbligo della copertura finanziaria nei provvedimenti
di spesa, l' art. 191 , comma 1, del DLgs n. 267/2000, impone una nuova fase nel
procedimento, che coincide con l'ordinazione della fornitura o della prestazione.
Al fine di assicurare la protezione dei terzi interessati, la sussistenza dell'impegno
contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio e
dell'attestazione di copertura finanziaria sul provvedimento esecutivo deve essere
comunicata ai cedenti o prestatori al momento dell'ordinazione.

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Prenotazione di impegno
Durante la gestione, prima di intraprendere un'iniziativa di spesa che non si è ancora
trasformata in obbligazione giuridicamente perfezionata è possibile prenotare un
impegno, vale a dire effettuare un "vincolo di fondi".
Tale accantonamento di somme sull'apposito intervento di bilancio costituisce il
presupposto per l'avvio di tutti quei procedimenti di spesa per i quali le modalità
operative di esecuzione presentano una progressione temporale: le somme stimate
come "occorrenti" vengono "vincolate” in attesa del perfezionarsi del futuro rapporto
obbligatorio. Ciononostante, il vincolo sullo stanziamento non è assimilabile
all'impegno vero e proprio. Se entro il termine dell'esercizio non viene assunta
l'obbligazione di spesa verso i terzi, la prenotazione decade e i relativi stanziamenti
costituiscono economie di gestione, che contribuiscono a determinare il risultato di
amministrazione.
Le prenotazioni di impegno definitivamente assunte con determinazioni o
deliberazioni consentiranno, poi, a conclusione della prima fase del provvedimento di
spesa, la costituzione di un rapporto obbligatorio e dell'impegno giuridico.

Spese finanziate con entrate a destinazione vincolata


Gli interventi per spese correnti e per spese in conto capitale finanziati con entrate
aventi destinazione vincolata per legge si considerano impegnati in correlazione e
per l'ammontare del relativo accertamento di entrata.

Spese finanziate con accensione di prestiti


Il DLgs n. 267/2000, art. 183 , comma 5 prevede, alle lettere a) e c), l'automatismo
dell'impegno sullo stanziamento di bilancio per spese in conto capitale finanziate,
rispettivamente, con l'assunzione di mutui e con l'emissione di prestiti obbligazionari.

Spese in conto capitale finanziate con entrate proprie


Gli interventi per spese in conto capitale finanziati con entrate proprie, a termini del
DLgs n. 267/2000, art. 183 , comma 5, lettera d), si considerano impegnate in
corrispondenza e per l'ammontare delle entrate accertate.

Spese pluriennali

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L' art. 171 , comma 4, del DLgs n. 267/2000, attribuisce ora carattere autorizzativo
agli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, i quali costituiscono un limite agli
impegni di spesa così come quelli del bilancio di previsione annuale.

Spese per servizi per conto di terzi


I capitoli di spesa dei servizi per conto di terzi sono impegnati in misura tale da
garantire l'equivalenza con l'accertamento sul correlato capitolo delle entrate per
servizi per conto di terzi.
Le entrate e le spese relative ai servizi per conto terzi costituiscono per l’Ente locale
un debito e un credito di identico ammontare.
Sono, quindi, considerate impegnate:
a) le ritenute previdenziali e assistenziali al personale, contestualmente e per
l'ammontare di quelle operate e riscosse;
b) le ritenute erariali, contestualmente e per l'ammontare di quelle operate e riscosse
in qualità di sostituto d'imposta;
c) le altre ritenute al personale per conto di terzi, contestualmente e per l'ammontare
di quelle operate e riscosse;
d) la restituzione dei depositi cauzionali, contestualmente e per l'ammontare dei
depositi costituiti da terzi;
e) le spese per servizi conto di terzi, contestualmente e per l'ammontare delle entrate
accertate;
f) le anticipazioni di fondi per il servizio economato, per l'ammontare erogato;
g) la restituzione di depositi per spese contrattuali, contestualmente e per
l'ammontare dei depositi costituiti da terzi.

b. Liquidazione
La liquidazione rappresenta la seconda fase di gestione della spesa e consiste nella
determinazione, sulla base di idonei elementi atti a comprovare il diritto acquisito dal
terzo creditore (fatture, notule, rendiconto spese ecc.), della somma certa e liquida
da pagare all'interno del vincolo sul bilancio assunto con la fase precedente
dell'impegno.
Il servizio che ha effettuato l'atto di impegno e la successiva ordinazione dei beni o
dei servizi dovrà nella fase della liquidazione:

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- riscontrare la regolarità della fornitura o della prestazione eseguita;
- determinare la somma certa e liquida da pagare sulla base della idonea
documentazione presentata dal terzo creditore;
- predisporre l'atto di liquidazione allegando la documentazione di rito
comprovante il diritto acquisito dal terzo e facendo specifico riferimento all'atto
con il quale la spesa era stata precedentemente impegnata.
Il responsabile del servizio che ha provveduto ad effettuare l'impegno di spesa, o
persona da lui delegata secondo le disposizioni previste dal regolamento di
contabilità, dovrà sottoscrivere l'atto di liquidazione e trasmetterlo con la
documentazione allegata al servizio finanziario il quale effettuerà i controlli ed i
riscontri amministrativi, contabili e fiscali al fine di provvedere alla successiva e
conclusiva fase del pagamento.

c. l'ordinazione e pagamento
Il pagamento del debito da parte del tesoriere dell'ente al soggetto creditore
rappresenta la fase conclusiva del procedimento di gestione della spesa.
L'ente tesoriere effettua il pagamento sulla base dell'ordine impartito dall'ente
mediante il mandato di pagamento. Il mandato, deve riportare gli elementi previsti
dalla legge, deve essere firmato dal soggetto individuato dal regolamento di
contabilità e deve contenere i seguenti elementi:
- il numero progressivo del mandato per esercizio finanziario;
- la data di emissione;
- l'intervento o il capitolo per i servizi per conto di terzi sul quale la spesa è
allocata e la relativa disponibilità, distintamente per competenza o residui;
- la codifica;
- l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa, del soggetto tenuto a
rilasciare quietanza, nonché, ove richiesto, il relativo codice fiscale o la partita
IVA;
- l'ammontare della somma dovuta e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge
o sia stata concordata con il creditore;
- la causale e gli estremi dell'atto esecutivo che legittima l'erogazione della spesa;

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- le eventuali modalità agevolative di pagamento se richieste dal creditore;
- il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione.
d. pagamento
Il mandato di pagamento è controllato, per quanto attiene alla sussistenza
dell'impegno e della liquidazione, dal servizio finanziario, che provvede altresì alle
operazioni di contabilizzazione e di trasmissione al tesoriere.

5.4 I Residui attivi e passivi


Nella logica dell’applicazione del criterio di competenza finanziaria delle entrate e
delle spese, costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse entro il
termine dell’esercizio, per le quali tuttavia esista un titolo giuridico che rende l’Ente
creditore dell’entrata relativa, mentre costituiscono residui passivi le somme
impegnate e non pagate al termine dell’esercizio.
Residui attivi
Entrate per le quali al termine dell’esercizio finanziario è stata perfezionata solo la
fase dell’accertamento (fase di diritto)
- sorgono quando le fasi di adempimento (riscossione, versamento) si
verificano in un esercizio diverso rispetto all’esercizio in cui si verifica la
fase di diritto (accertamento).
- nel bilancio dell’esercizio successivo vanno indicati separatamente dalle
entrate di competenza.
Residui passivi
Spese per le quali al termine dell’esercizio finanziario è stata perfezionata solo la
fase dell’impegno (fase di diritto)
- sorgono quando le fasi di adempimento (liquidazione, ordinazione,
pagamento) si verificano in un esercizio diverso rispetto all’esercizio in cui
si verifica la fase di diritto (impegno).
- nel bilancio dell’esercizio successivo vanno indicati separatamente dalle
spese di competenza.
Le somme iscritte tra le entrate di competenza ma non accertate entro il termine
dell’esercizio, così come le somme non impegnate entro lo stesso termine,

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costituiscono minori accertamenti e economie di spesa e concorreranno a
determinare il risultato economico dell’esercizio.

5.5 Regole generali in materia di spesa


L’effettuazione di “qualsiasi spesa” è consentita esclusivamente se ricorrono i
seguenti presupposti (Art. 191 del D.Lgs. 267/2000):
a) esistenza della deliberazione o della determinazione di autorizzazione alla spesa
(impegno), esecutiva ai sensi di legge;
b) registrazione dell’impegno contabile sul competente intervento del bilancio di
previsione;
c) comunicazione ai terzi interessati della deliberazione o della determinazione e
dell’avvenuta assunzione dell’impegno.
La violazione delle regole in materia di spesa è sanzionata nel senso che “il rapporto
obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge,
tra il privato fornitore e l’amministratore o funzionario che abbiano consentita la
fornitura. Detto effetto si estende per le esecuzioni reiterate o continuative a tutti
coloro che abbiano reso possibile le singole prestazioni.” Questo significa nella
sostanza che per il pagamento dell’obbligazione insorta il fornitore non potrà
rivolgersi all’ente ma dovrà rivolgersi direttamente all’amministratore o al funzionario
che ha disposto la fornitura senza aver rispettato le regole previste dalla legge.

Spese per lavori pubblici di somma urgenza


La legge prevede un’unica eccezione: nei soli casi di lavori pubblici ordinati a seguito
di eventi eccezionali o imprevedibili, l' art. 191 , comma 3, del DLgs n. 267/2000
consente che l'atto relativo all'impegno di spesa possa essere formalizzato con
provvedimento da assumere non oltre il trentesimo giorno successivo all'ordinazione
della prestazione a carico del bilancio dell'esercizio di competenza.
Nei casi in cui si debba intervenire immediatamente per porre rimedio a pericoli gravi
per l’incolumità pubblica, la pubblica salute, la viabilità, ecc.., la normativa di
riferimento è quella di cui agli artt. 146 e 147 del regolamento della legge sui lavori
pubblici, approvato con D.P.R. 21.12.1999, n. 554. Tali articoli stabiliscono quanto
segue:

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“Art. 146 (Lavori d’urgenza) – 1. Nei casi in cui l’esecuzione dei lavori in economia è
determinata dalla necessità di provvedere d’urgenza, questa deve risultare da un
verbale in cui, in sono indicati i motivi dello stato d’urgenza, le cause che lo hanno
provocato e i lavori necessari per rimuoverlo. 2. il verbale è compilato dal
responsabile del procedimento o da un tecnico all’uopo incaricato. Il verbale è
trasmesso con una perizia estimativa alla stazione appaltante per la copertura della
spesa e l’autorizzazione dei lavori.”
“Art. 147 (Provvedimenti in casi di somma urgenza) - In circostanze di somma
urgenza, che non consentono alcun indugio, il soggetto tra il responsabile del
procedimento e il tecnico che si reca prima sul luogo, può disporre,
contemporaneamente alla redazione del verbale di cui all’articolo 146, la immediata
esecuzione dei lavori entro il limite di 200.000 EURO o comunque quanto
indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio.

CAPITOLO VI - GLI EQUILIBRI DI BILANCIO – CONTROLLO DI GESTIONE

Durante la gestione l’Ente è tenuto a rispettare il principio del pareggio finanziario,


nonché a controllare e verificare che vengano mantenuti tutti gli equilibri stabiliti in
bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti;
a questi fini, in base alla periodicità stabilita nel regolamento di contabilità proprio
dell’Ente e comunque entro il 30 settembre di ogni anno, il Consiglio deve
provvedere, con delibera, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei
programmi, dando atto, in tale sede, del permanere degli equilibri generali di bilancio
o, in caso di accertamento negativo, deliberando circa i provvedimenti necessari al
suo ripristino. Questa disposizione è contenuta nell’art. 193 d. lgs. 267/2000,
unitamente alla previsione che per il ripristino o ripiano possono essere utilizzate, per
l’anno in corso e per i due successivi, tutte le somme in entrata e le disponibilità, ad
eccezione di quelle vincolate per legge, o derivanti dall’assunzione di prestiti, o
derivanti dall’alienazione di beni patrimoniali disponibili. Il mancato rispetto degli
equilibri e la mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio sono equiparati, a
tutti gli effetti, alla mancata approvazione del bilancio di previsione.

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6.1 I debiti fuori bilancio
Fra le cause dello squilibrio finanziario degli enti locali assume particolare rilevanza
la formazione dei debiti fuori bilancio. Il debito fuori bilancio è un’obbligazione a
carico dell’ente che non ha una rappresentazione contabile all’interno del bilancio,
nel senso che non è stato costituito regolare impegno di spesa.
L’art. 194 del D.lgs. 267/2000 riserva all’organo consiliare la potestà di riconoscere la
legittimità di debiti contratti senza l’osservanza delle prescritte regole contabili e
appartenenti alle seguenti tipologe:
- sentenze esecutive;
- copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti
degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato
rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'articolo 114 ed il disavanzo
derivi da fatti di gestione;
- ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme
speciali, di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali;
- procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;
- acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3
dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per
l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza.
Il riconoscimento di questi debiti deve prevedere le modalità di pagamento (anche
con rateizzazione convenuta con i creditori, per un massimo di tre esercizi finanziari);

6.2 Il controllo di gestione


Il controllo di gestione è un controllo interno per il tramite del quale l’ente locale
verifica da un lato lo stato di attuazione degli obiettivi programmati; dall’altro
l’efficienza, l’efficacia e l’economicità nell’attività di realizzazione dei predetti obiettivi
(artt. 197 e 198 del D.Lgs. n. 267 del 2000)
Il controllo di gestione consiste quindi in una procedura diretta a verificare lo stato di
attuazione degli obiettivi programmati attraverso quattro punti base di analisi e/o
comportamenti:
- l'analisi delle risorse acquisite,
- la comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti,
- la funzionalità dell'organizzazione dell'ente,

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
- la misurazione dell'efficacia, l'efficienza, e il livello di economicità dell'attività di
realizzazione dei predetti obiettivi.
Il controllo di gestione deve avere per oggetto l’intera attività amministrativa
gestionale dell’ente locale e va svolto con cadenza periodica.
Secondo quanto stabilito dall’articolo 197, l’attuazione del controllo di gestione
avviene in tre fasi:
- predisposizione di un piano dettagliato degli obiettivi;
- rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi nonché rilevazione dei risultati
raggiunti;
- valutazione dei dati predetti in rapporto al piano dettagliato degli obiettivi, al fine
di verificare il loro stato di attuazione e di misurare l’efficacia, l’efficienza ed il
grado di economicità dell’azione intrapresa.”
L'oggetto della verifica è costituito dal grado di realizzazione degli obiettivi e dal
grado di utilizzo delle risorse umane, strumentali, finanziarie, economiche.

CAPITOLO VII - IL RENDICONTO

Abbiano visto che all'inizio di ciascun esercizio finanziario l'ente locale, con i
documenti di programmazione quali il bilancio di previsione, il bilancio pluriennale e
la relazione previsionale e programmatica stabilisce le linee gestionali da perseguire
nel periodo considerato. Questi documenti non riportano solo dati finanziari, ma
indicano anche gli obiettivi e le finalità che si intendono raggiungere, individuando le
risorse necessarie.

Con la chiusura dell'esercizio finanziario l'Amministrazione dovrà quindi dare atto di


quanto è stato effettivamente realizzato rispetto a quanto previsto e dimostrare quali
e quante risorse sono state acquisite e spese, quali esigenze sono state soddisfatte
e quali fini sono stati raggiunti.

L’art. 227 del D.Lgs 267/2000 stabilisce che la dimostrazione dei risultati di gestione
avviene mediante il rendiconto, il quale comprende:
- il conto del bilancio;
- il conto economico;
- il conto del patrimonio.

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Questi documenti misurano la gestione nel triplice aspetto: finanziario, economico e
patrimoniale.
Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione autorizzatoria contenuta
nel bilancio annuale rispetto alle previsioni esponendo l'avvenuta gestione solo sotto
l'aspetto finanziario, ossia presta la sua attenzione solo all'aspetto contabile delle
entrate accertate e riscosse nonché delle spese impegnate e pagate nel corso
dell'anno. È praticamente la visualizzazione, dal punto di vista numerico, dei
movimenti finanziari.
Con il conto del bilancio viene accertato il risultato contabile di amministrazione che è
pari al fondo di cassa, aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi; tale
risultato, se positivo, costituisce l’avanzo di amministrazione, se negativo, il
disavanzo di amministrazione.
Il risultato contabile di amministrazione è dato dalla seguente somma algebrica:

+ Fondo finale di cassa


+ Residui attivi
- Residui passivi
= Risultato contabile di amministrazione

Somma algebrica che vista in un'ottica complessiva della gestione dell'esercizio


finanziario di competenza diviene:

+ Fondo iniziale di cassa


+ Riscossioni
- Pagamenti
= Fondo finale di cassa
+ Residui attivi
- Residui passivi
= Risultato contabile di amministrazione

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Il conto economico, disciplinato ora dall'art. 229 del D.Lgs. n. 267 del 2000, dimostra
invece il risultato economico della gestione, rappresentando i componenti positivi e
negativi della gestione stessa secondo criteri di competenza economica.
I componenti negativi si riferiscono al consumo dei fattori produttivi utilizzati durante
la gestione, quelli positivi si riferiscono a proventi e ricavi formatisi con il
concretizzarsi delle risorse previste nel bilancio preventivo.
Il conto del patrimonio, integrandosi con gli altri due conti, consente di conoscere
nella sua interezza la reale situazione economico-patrimoniale dell'ente pubblico: la
sua approvazione diventa un'occasione di riflessione sulla validità degli obiettivi
programmatici e sulle effettive capacità in termini di risorse da trarre dai beni
patrimoniali di cui ogni ente
dispone.
Il conto del bilancio, il conto economico ed il conto del patrimonio, pur essendo
quindi tre documenti distinti e deputati alla dimostrazione di tre diversi risultati,
rispettivamente:
- i risultati finali della gestione autorizzatoria (gestione residui e gestione
competenza),
- i componenti positivi e negativi dell'attività dell'ente secondo criteri di
competenza economica,
- i risultati della gestione patrimoniale - consistenza del patrimonio e variazioni,
si integrano e si alimentano l'un con l'altro proprio al fine di evidenziare lo stato di
salute complessivo dell'ente.
Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 giugno dell'anno
successivo al relativo esercizio finanziario e ad sono allegati:
1) la relazione della Giunta che esprime valutazioni di efficacia dell’azione
condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi e ai costi
sostenuti;
2) la relazione dell'organo di revisione che attesta la corrispondenza del
rendiconto alle risultanze della gestione ed esprime rilievi e proposte per
conseguire una migliore efficienza ed economicità della gestione;
3) l’elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza.
Con il rendiconto si chiude il ciclo che era iniziato con la programmazione.

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CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Tuttavia il rendiconto non è un documento fine a se stesso e finalizzato solamente a
dimostrare i risultati raggiunti nell'esercizio ormai chiuso, ma è uno dei fattori che
dovrà alimentare la stessa attività di programmazione degli esercizi futuri in un
processo senza soluzione di continuità in cui ciascuna fase alimenta l'altra.

Bibliografia
Arcidiacono S. - "I bilanci e la nuova gestione contabile del Comune", Maggioli,
Rimini, 1998

Bruno F., Delfino F., Farneti G., Principato L., Ravelli G. "Enti locali - La gestione
economico-finanziaria", IPSOA, Milano, 1998

Farneti G. - "Gestione e contabilità dell'ente locale", Collana Svimap, Maggioli,


Rimini 1999

33
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE 2

L’ORDINAMENTO COMUNALE RIPORTATO NEL T.U.E.L.


(D.LGS N. 267/2000 E SUCC. MODIFICHE)

ELEMENTI DI CONTABILITA’ RIFERITI ALLA FASE DELLA


SPESA E ALLA FASE DELL’ENTRATA CON PARTICOLARE
RIFERIMENTO AI DOCUMENTI DI PROGRAMMAZIONE
GENERALE: BILANCIO DI PREVISIONE E PIANO ESECUTIVO
DI GESTIONE

RISPOSTE AL TEST
A RISPOSTA MULTIPLA

di Daniela Urtesi

giugno 2008
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
In grassetto le risposte corrette

N.1 – COS’E’ IL BILANCIO DI PREVISIONE DEL COMUNE ?

a) E’ il documento nel quale vengono riportate tutte le previsioni di entrata e di


spesa aventi natura finanziaria, riferite all’esercizio finanziario.
b) E’ il documento contabile nel quale vengono indicate le entrate effettivamente riscosse
e le spese effettivamente pagate dal comune nel corso degli anni.
c) E’ la previsione di quanto il comune incasserà nel corso di ogni anno.

N.2 – DA CHI VIENE APPROVATO IL BILANCIO DI PREVISIONE ED ENTRO QUALI


TERMINI ?

a) Dal consiglio comunale, sulla base della proposta della giunta comunale, entro il 30
novembre di ogni anno. Può essere deliberato in pareggio finanziario.
b) Dal consiglio comunale, entro il 31 ottobre di ogni anno. Deve essere deliberato in
pareggio finanziario.
c) Dal consiglio comunale, sulla base della proposta della giunta comunale, entro il
31 dicembre di ogni anno. Viene deliberato in pareggio finanziario complessivo.

N. 3 – COS’E’ E DA CHI VIENE APPROVATA LA RELAZIONE PREVISIONALE E


PROGRAMMATICA ?

a) E’ una relazione, predisposta dal consiglio comunale, che illustra le caratteristiche


generali del comune, nonché le finalità che il comune intende perseguire, ponendosi
quale importante strumento di programmazione, che prevede gli obiettivi da
raggiungere, sia in termini finanziari- economici, sia in termini di efficacia, efficienza ed
economicità. E’ da approvarsi, unitamente al bilancio di previsione annuale e
pluriennale, da parte del consiglio comunale stesso, entro il 31 ottobre di ogni anno.

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b) E’ una relazione della giunta comunale sull’andamento dei conti del comune relativi
all’esercizio finanziario . Viene approvata dal consiglio comunale entro il 30 novembre
di ogni anno, quale allegato del bilancio di previsione annuale.
c) E’ una relazione, predisposta dalla giunta comunale, che illustra le
caratteristiche generali del comune, nonché le finalità che il comune intende
perseguire, ponendosi quale importante strumento di programmazione, che
prevede gli obiettivi da raggiungere, sia in termini finanziari-economici , sia in
termini di efficacia, efficienza ed economicità. E’ da approvarsi, unitamente al
bilancio di previsione annuale e pluriennale, da parte del consiglio comunale,
entro il 31 dicembre di ogni anno e copre un periodo pari a quello del bilancio
pluriennale.

N. 4 - QUALE DURATA HA IL BILANCIO PLURIENNALE DI UN ENTE LOCALE?:

a) quinquennale
b) triennale
c) biennale

N.5 - COME VIEN DEFINITO LO SPAZIO DI TEMPO IN CUI VIENE RIPARTITA


L’ATTIVITA’ DELL’ENTE LOCALE?:

a) Anno finanziario
b) Esercizio finanziario
c) Rendiconto di gestione

N.6 – COS’ E’ IL PIANO ESECUTIVO DI GESTIONE (P.E.G.) ?

a) E’ il piano strategico-gestionale con cui ogni amministrazione comunale, sulla


base del bilancio di previsione, approvato, determina gli obiettivi della gestione
annuale, affidando ai responsabili dei servizi le risorse necessarie per il
raggiungimento di tali obiettivi (viene anche denominato “piano dettagliato degli
obiettivi”). E’ approvato dalla giunta comunale, su proposta del direttore generale,
ove esista, cui compete predisporre direttamente il P.E.G..

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b) E’ il piano operativo con cui ogni amministrazione comunale, sulla base del bilancio di
previsione approvato, determina gli obiettivi della gestione, affidando agli assessori le
risorse necessarie per il raggiungimento di tali obiettivi. Viene approvato dal consiglio
comunale, su proposta del segretario comunale, cui compete predisporre direttamente il
P.E.G..
c) E’ il piano pluriennale gestionale, approvato dal consiglio comunale per programmare
l’organizzazione dei servizi gestionali e del personale comunale. Viene predisposto dal
responsabile del servizio finanziario.

N. 7- I PRINCIPI GENERALI CHE REGOLANO LA FORMAZIONE DEL BILANCIO


ANNUALE DI PREVISIONE SONO:

a) l’unità, l’annualità, l’universalità, la specificazione, la veridicità, il pareggio finanziario e


la pubblicità
b) l’unità, l’annualità, l’universalità, l’integrità, la veridicità, il pareggio finanziario e
la pubblicità
c) l’unità, l’annualità, l’universalità, l’integrità, la veridicità, il pareggio finanziario e la
codificazione

N.8 – COS’E’ L’IMPEGNO DI SPESA ?

a) E’ fase inderogabile del procedimento di spesa con la quale viene determinata la


somma certa e liquida da pagare da pagare al soggetto creditore ed impartito ordine al
tesoriere per costituire il vincolo sulle previsioni di bilancio.
b) E’ la prima fase inderogabile del procedimento di spesa con la quale viene
determinata la somma da pagare, nonché individuato il soggetto creditore ed
altresì viene costituito il vincolo sulle previsioni di bilancio..
c) E’ l’atto con cui avviene il trasferimento delle somme riscosse nelle casse dell’ente, al
fine di poterne disporre per tutte le spese che annualmente si presentano nella
gestione del comune.

N.9 – QUALI SONO LE SPESE CORRENTI?

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a) Le spese correnti sono quelle che attengono al pagamento di tutte le poste relative ai
mutui contratti dal comune.
b) Le spese correnti comprendono tutte le poste relative al patrimonio immobiliare e
mobiliare del comune.
c) Le spese correnti sono quelle che attengono al normale funzionamento dei
servizi comunali.

N.10 LE FASI DI GESTIONE DELL’ENTRATA DELL'ENTE LOCALE SONO:

a) Accertamento, riscossione, versamento.


b) Accertamento, ordinazione, versamento
c) Accertamento, liquidazione, ordinazione, versamento

N.11 – COS’E’ LA REVERSALE DI CASSA ?

a) La reversale di cassa ( o ordinativo di incasso), è il titolo mediante il quale l’Ente ordina


al proprio economo di incassare una determinata somma da un suo debitore.
b) La reversale di cassa è la somma che il comune incassa in caso di alienazione di propri
beni mobili.
c) La reversale di cassa (o ordinativo di incasso), è il titolo mediante il quale l’Ente
ordina al tesoriere di incassare una determinata somma da un suo debitore.

N.12 – COS’E’ IL MANDATO DI PAGAMENTO ?

a) Il mandato (ordinativo) di pagamento, l’ordine del sindaco del comune alla banca del
comune di pagare i creditori, attraverso assegno bancario.
b) Il mandato di pagamento ( ordinativo di pagamento), è l’ordine, dato al tesoriere,
di pagare una determinata somma ad uno o più creditori determinati.
c) Il mandato di pagamento (ordinativo di pagamento), è l’ordine, dato al responsabile del
servizio finanziario, di pagare una determinata somma ad uno o più creditori
determinati.

N.13 – QUALE E’ LA PROCEDURA PREVISTA DALLA LEGGE PER LA EFFETTUAZIONE


DI SPESE ?
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a) Non viene prevista alcuna particolare procedura per l’effettuazione delle spese da
parte del comune che, tuttavia, in base alla propria autonomia, può liberamente
disciplinarla in apposito regolamento consiliare.
b) L’effettuazione di qualsiasi spesa è consentita esclusivamente se sussistano la
deliberazione o la determinazione del responsabile del servizio autorizzativa, o da
autorizzarsi, in sanatoria, entro il termine massimo dei due mesi successivi
all’effettuazione della spesa medesima.
c) L’effettuazione di qualsiasi spesa è consentita esclusivamente se sussiste
l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio
di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria, tramite la
determinazione del responsabile del servizio autorizzativa, nelle forme previste
dalla legge. L’impegno contabile registrato sul competente capitolo o intervento
del bilancio di previsione, è da comunicare ai terzi interessati, contestualmente
all’ordinazione della prestazione.

N.14 – COSA SONO I DEBITI FUORI BILANCIO ?

a) I debiti fuori bilancio sono debiti assunti indipendentemente ( e quindi fuori) dalla
regolare gestione del bilancio di previsione operante per l’anno dell’assunzione
stessa.
b) Sono debiti assunti per spese necessarie ed a cui non si possa far fronte.
c) Sono debiti assunti in mancanza di copertura finanziaria.

N. 15 – COSA SONO I RESIDUI?

a) Non tutte le entrate accertate in un esercizio sono effettivamente riscosse


nell’esercizio medesimo e non tutte le spese impegnate in un esercizio sono
effettivamente pagate nell’esercizio medesimo. Tali somme ancora da riscuotere
o da pagare costituiscono i residui, che si dividono in residui attivi, se si
riferiscono alle entrate, ed in residui passivi e si riferiscono alle uscite.
b) Sono le entrate e le spese che rimangono nel bilancio qualora vi sia un disavanzo, cioè
se il bilancio non riesce a pareggiare né in entrata né in uscita; pertanto hanno la
funzione di riequilibrio finanziario
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c) Costituiscono residui attivi le somme accertate, ma non pagate entro il termine
dell'esercizio finanziario, mentre sono passivi i residui che costituiscono somme pagate,
ma non impegnate.

N. 16 – COSA SONO LE ENTRATE E LE SPESE DA SERVIZI PER CONTO TERZI?

a) Comprendono esclusivamente entrate e spese che si effettuano per conto del comune
dall'economo comunale.
b) Sono quelle che avvengono tramite un giro di contabili obbligatorie.
c) le entrate da servizi per conto terzi e le spese da servizi per conto terzi,
comprendono esclusivamente entrate e spese che si effettuano per conto terzi,
pertanto costituiscono per l’Ente locale un debito e un credito di identico
ammontare.

N.17 LE FASI DI GESTIONE DELLA SPESA DELL'ENTE LOCALE SONO:

a) la liquidazione, il versamento ed il pagamento;


b) l’impegno, la liquidazione, l’ordinazione ed il pagamento
c) l’ordinazione, la liquidazione ed il pagamento.

N. 18 IN RELAZIONE AGLI ENTI LOCALI, LA LIQUIDAZIONE CONSISTE:

a) nella determinazione della somma certa e liquida da pagare in base all’impegno


assunto;
b) nella disposizione impartita al tesoriere di provvedere al pagamento della spesa;
c) nel versamento dell’importo della spesa a favore del creditore.

N.19 - CHI ASSUME, NELL’AMBITO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE, LE


DETERMINAZIONI PER L’ACQUISTO DI BENI E SERVIZI?

a) Gli organi preposti alla gestione.


b) Un organo esterno all’amministrazione interessata.
c) Gli organi di controllo.

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N. 20 LE DETERMINAZIONI DEI DIRIGENTI CHE COMPORTANO IMPEGNO DI SPESA
QUANDO DIVENTANO ESECUTIVE? (ARTT. 151, 153 D.LGS. 267/2000)

a) Con l'apposizione, da parte del responsabile del servizio finanziario, del visto di
regolarità contabile attestante la copertura finanziaria.
b) All'atto della firma.
c) Dopo trenta giorni di pubblicazione.

N.21 - A NORMA DEL TESTO UNICO DELLE LEGGI SULL’ORDINAMENTO DEGLI ENTI
LOCALI (D. LGS. N. 267 DEL 2000), SECONDO LA DISCIPLINA DELLA GESTIONE DEL
BILANCIO DEGLI ENTI LOCALI, IL VERSAMENTO:

a) costituisce l'ultima fase dell'entrata, consistente nel trasferimento delle somme


riscosse nelle casse dell'ente.
b) costituisce l’ultima fase della spesa attraverso la quale, in base ai documenti ed ai titoli
atti a comprovare il diritto acquisito del creditore, il tesoriere eroga la somma dovuta
dall’ente locale.
c) consiste nella disposizione impartita, mediante il mandato di pagamento, al tesoriere
dell'ente locale di provvedere al pagamento delle spese.

N. 22 – NEL BILANCIO DI PREVISIONE LA SPESA E’ STRUTTURATA IN:

a) titoli, funzioni, risorse, interventi


b) titoli, funzioni, servizi, interventi.
c) titoli, funzioni, servizi, capitoli

N. 23 – COS'È IL RENDICONTO DI GESTIONE)?

a) Il rendiconto è un documento contabile col quale si riassume la gestione di un esercizio


trascorso. Grazie ad esso, contabili ed amministratori rendono al Sindaco il conto di
ciascun anno finanziario ed espongono fino a quale punto hanno avuto realizzazione le
previsioni del bilancio, nonché i motivi di eventuali differenze tra previsioni e risultati
b) Il rendiconto è un documento contabile, è un documento contabile col quale si
riassume la gestione di un esercizio trascorso. Grazie ad esso, contabili ed
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amministratori rendono al consiglio comunale il conto di ciascun anno
finanziario ed espongono fino a quale punto hanno avuto realizzazione le
previsioni del bilancio, nonché i motivi di eventuali differenze tra previsioni e
risultati. Per rispondere alle predette finalità, la legge stabilisce che il rendiconto
di gestione comprenda il conto del bilancio, il conto economico ed il conto del
patrimonio..
c) È un'analisi dettagliata dei risultati attivi o passivi raggiunti durante un determinato
periodo dell'anno finanziario effettuato dal consiglio comunale..

N. 24 – ENTRO QUALE TERMINE IL CONSIGLIO DEVE APPROVARE IL RENDICONTO ?

a) Entro il 30 settembre dell'anno successivo.


b) Entro il 30 giugno dell'anno successivo.
c) Entro il 30 novembre dell'anno successivo.

N. 25 – QUALE RELAZIONE VA ALLEGATA AL RENDICONTO?

a) La relazione previsionale e programmatica.


b) La relazione illustrativa dei risultati raggiunti, predisposta dal consiglio comunale.
c) Una relazione illustrativa della giunta, che esprima le valutazioni di efficacia
dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi
ed ai costi sostenuti.

N. 26 – COSA SONO L'AVANZO E IL DISAVANZO DI AMMINISTRAZIONE?

a) Nel quadro riassuntivo della gestione finanziaria la posta attiva è costituita dal
fondo di cassa alla fine dell'esercizio più i residui attivi, mentre la posta passiva
è costituita dai residui passivi. Qualora vi sia eccedenza dell'attività sulla
passività c'è un avanzo di amministrazione; nel caso inverso c'è un disavanzo di
amministrazione.
b) L’avanzo di amministrazione è ciò che rimane nel dopo che tutte le spese necessarie
siano state effettuate e non vi siano più residue entrate finanziarie, mentre, nel caso in
cui vi siano spese non effettuate, vi sarà un disavanzo.

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c) L’avanzo è ciò che rimane come attivo di bilancio al termine dell'esercizio finanziario,
mentre, nel caso in cui vi siano ancora debiti per il comune, vi sarà un disavanzo.

N.27 - SONO DEFINITI RESIDUI ATTIVI LE SOMME:

a) relative al disavanzo del precedente anno contabile;


b) accertate e non riscosse entro i sei mesi successivi al termine dell’esercizio.
c) accertate e non riscosse entro il termine dell’esercizio.

N.28 - QUALE ORGANO DEL COMUNE APPROVA IL RENDICONTO?

a) La Giunta Comunale
b) Il Collegio dei revisori.
c) Il Consiglio Comunale

N. 29 IL RENDICONTO DELL'ENTE LOCALE È COSTITUITO:

a) dal conto di bilancio , dal conto economico e dalla relazione;


b) dal conto del bilancio, dal conto economico e dal conto del patrimonio.
c) dal conto di bilancio e dal conto del patrimonio;

N. 30 – CHE DIFFERENZA C'È TRA IL CONTO DEL BILANCIO, IL CONTO ECONOMICO


ED IL CONTO DEL PATRIMONIO?

a) Una differenza solamente formale, in quanto si riferiscono sempre ai contenuti del


rendiconto di gestione.
b) Non vi è alcuna differenza, in quanto fanno tutti .riferimento al risultato finale della
gestione finanzia ed economica del comune.
c) Il conto del bilancio evidenzia i risultati finali della gestione finanziaria; il conto
economico evidenzia le componenti reddituali (positive e negative) della
gestione, in termini di di competenza economica (proventi e costi); Il conto del
patrimonio, rileva i risultati della gestione patrimoniale (la consistenza lancio
approvato e nella sola misura del cinquanta del patrimonio del comune).

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Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE 3:

IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
E L’ATTIVITA’ DELLA P.A.

docente: Dott.ssa Daniela Urtesi


Il procedimento amministrativo

Il procedimento amministrativo è il mezzo attraverso


il quale viene adottato il provvedimento, che, tra i vari
atti amministrativi, è quello dotato della capacità di
incidere sulle posizioni giuridiche dei cittadini,
procurando ad essi vantaggi o svantaggi.

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Il procedimento amministrativo

Prima del 1990 non esisteva una disciplina generale del


procedimento, il quale era regolato solo con riferimento ad
alcuni tipi di atti: la conseguenza di ciò era un’eccessiva
discrezionalità della pubblica amministrazione, con la
conseguente incertezza nei rapporti tra la stessa ed i privati
cittadini.

Con la legge 241, invece, vengono introdotti nell’ordinamento i


principi cardine dell’attività procedimentale generalmente
intesa, grazie ai quali l’attività amministrativa diviene non solo
più trasparente ed equa, ma anche più efficiente ed economica.
PRINCIPI CARDINE DELL’ATTIVITÀ
PROCEDIMENTALE
• Il procedimento deve concludersi entro termini
prefissati

• ll provvedimento deve essere motivato

• Il diritto di partecipare al procedimento

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Il procedimento deve concludersi entro
termini prefissati

La legge 241 stabilisce, innanzitutto, che ogni


procedimento debba concludersi entro termini
prestabiliti, e che in mancanza di previsioni speciali
dovrà adottarsi il termine generale di novanta giorni (art.
2).

La previsione di un termine di durata massima del


procedimento è di fondamentale importanza, poiché
consente ai privati coinvolti dall’attività amministrativa, o
alla medesima interessati, di veder definita la propria
posizione giuridica in tempi ragionevoli e, soprattutto,
noti.
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E se la p.a. non adotta il provvedimento?
In alcuni casi il provvedimento si avrà per adottato (si
tratterà, a seconda dei casi, di un’autorizzazione, di una
licenza, abilitazione, nulla osta, permesso, etc.), salva la
possibilità per l’amministrazione di revocarlo ove
sussistano ragioni di pubblico interesse.

In tutti gli altri casi, invece, il provvedimento dovrà


considerarsi rifiutato, e ciò, teoricamente, dovrebbe
consentire di proporre ricorso nelle sedi competenti
contro tale implicito atto negativo.

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Il provvedimento deve essere motivato
Ogni provvedimento amministrativo deve contenere
l’indicazione delle ragioni di fatto e di diritto sulla base
delle quali ne è stato determinato il contenuto (art. 3).

L’obbligo della motivazione si traduce, in sostanza,


nell’onere della P.A. di riprodurre nel provvedimento
amministrativo (o in altro documento accessibile
all’interessato) le situazioni di fatto e le giustificazioni
giuridiche che hanno influito sulla particolare decisione
assunta dalla P.A. a conclusione del procedimento
amministrativo.

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LA FINALITA’ DELLA MOTIVAZIONE

Il privato cittadino deve infatti essere messo in condizione


di poter valutare la legittimità dell’atto che sia andato ad
incidere sulla propria sfera giuridica, di poter verificare la
completezza dell’istruttoria, la corretta valutazione dei
fatti, la logicità di ciò che da essi viene dedotto, la
corretta applicazione delle norme di legge, etc.
L’obbligo di motivazione del provvedimento è dunque
funzionale all’effettiva possibilità, per il privato, di
esercitare il proprio diritto, costituzionalmente garantito,
alla difesa.
Il diritto di partecipare al procedimento

La legge 241 mira ad incentivare la collaborazione tra


p.a. e cittadini, al fine generale di migliorare i rapporti
tra questi intercorrenti, di migliorare l’efficienza
dell’azione amministrativa (la prospettazione degli
interessi dei privati è infatti utile anche alla corretta
definizione dell’interesse generale) e di garantirne la
trasparenza (il privato avrà più consistenti occasioni
di verificare che siano rispettati i propri diritti ed
interessi).

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Il responsabile del procedimento

E’ il soggetto che si occupa dell’istruttoria procedimentale,


quindi della raccolta e della valutazione dei fatti e di tutti
gli elementi rilevanti per l’emanazione del
provvedimento.

E’ l’interlocutore naturale, il soggetto al quale rivolgere


richieste, presentare documenti e scritti, domandare
informazioni.

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Le fasi del procedimento
Prima fase
La prima fase consiste nell’atto iniziale che dà impulso al procedimento. Può
avvenire d’iniziativa dell’interessato (istanza di parte) o d’ufficio,.
Seconda fase
La seconda fase è quella della comunicazione dell’avvio del procedimento. La
comunicazione va fatta anche quando il procedimento è ad istanza di parte, sia
perché al richiedente devono essere comunicate le ulteriori informazioni
indicate nella legge, sia perché la comunicazione deve essere fatta anche a
soggetti, diversi dall’istante, precisati dall’art. 7, 1° comma, della stessa legge.
Terza fase
La terza fase, varia da atto ad atto e può consistere nei più svariati adempimenti
istruttori, quali ad es., quelli che portano all’acquisizione di documenti,
attestazioni, pareri, valutazioni tecniche, accertamenti tecnici, ecc.
Quarta fase
E’ la fase conclusiva del procedimento e si sostanzia nell’adozione del
provvedimento.

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I PRINCIPI COSTITUZIONALI
DELL’ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA

L’art. 97 della costituzione delinea i principi fondamentali


che governano l’attività amministrativa

• 1. il principio di legalità
2. il principio d'imparzialità
3. il principio di buon andamento

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I PRINCIPI STABILITI DALLA LEGGE
241/90 – ART. 1
L’ART. 1 – DELLA LEGGE 241/90 STABILISCE CHE:
L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla
legge ed è retta da criteri:
- di economicità,
- di efficacia,
- di pubblicità
- di trasparenza

E’ retta inoltre dai princìpi dell’ordinamento comunitario.


L’ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA

L'attività amministrativa giuridicamente rilevante si esprime


attraverso:

1. atti giuridici (di diritto pubblico e di diritto privato)

2. operazioni (comportamenti giuridici che si traducono


in semplici attività "operative". In tale categoria, invero,
trovano posto le attività di esecuzione degli atti
amministrativi es. notificazioni)

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ATTI AMMINISTRATIVI

Sono atti amministrativi gli atti giuridici compiuti dai soggetti


attivi della pubblica amministrazione nell’esercizio di una
potestà amministrativa.
elementi essenziali
• SOGGETTO (deve essere un’autorità amministrativa)
• OGGETTO (destinatari dell’atto, possono essere
persone o beni)
• CONTENUTO (la disposizione dell’atto)
• FINALITA’ (lo scopo che si persegue)
• FORMA (la veste sotto cui l’atto si presenta al mondo
esterno)

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ELEMENTI FORMALI DEGLI ATTI
AMMINISTRATIVI

• L’ intestazione (l’indicazione del soggetto o dell’organo che emana


l’atto)

• Il preambolo (è la parte introduttiva dell’atto amministrativo)


• Il dispositivo (è il contenuto dell’atto, cioè quello che viene disposto,
stabilito)

• La motivazione (l’indicazione delle ragioni di fatto e di diritto che sono


la causa dell’emanazione di un determinato atto)

• La sottoscrizione (attesta l’autorità che ha emanato l’atto)

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Tutti questi elementi non sono decorativi, ma costitutivi
il che vuol dire: essenziali, indispensabili

Potrebbero essere paragonati alle colonne che


reggono un edificio: se manca una di esse, l’intero
edificio crolla. Se un atto amministrativo non ha uno
di questi elementi, manca di base e può essere
annullato, o addirittura riconosciuto nullo, cioè come
se non fosse nato.

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I vizi dell'atto amministrativo,

l'incompetenza (sussiste quando una autorità abbia emanato un provvedimento al


di là dei poteri ad essa assegnati sconfinando nell'ambito dei poteri conferiti ad un'altra
autorità amministrativa)

l'eccesso di potere (sussiste tutte le volte in cui l'atto amministrativo presenta


una deviazione dalla sua finalità istituzionale, è un vizio della funzione, riguarda il non
corretto esercizio del potere discrezionale)

la violazione di legge. (contrasto tra l'atto e la norma, sia essa primaria (le
leggi) che secondaria (i regolamenti)

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I sintomi dell’eccesso di potere

intrinseci all’atto:
illogicità nei criteri di valutazione
Manifesta ingiustizia
la motivazione insufficiente
la motivazione incongrua
la motivazione dubbiosa.
estrinseci all'atto
l'esistenza di una prassi in senso contrario
la contraddittorietà di comportamento
la scorrettezza nello svolgimento della procedura.
Travisamento dei fatti

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L’autotutela

E’ il potere dell’amministrazione pubblica di risolvere in via


amministrativa i conflitti insorgenti con altri soggetti in
relazione ai suoi provvedimenti.

E’ l’attività giuridica con cui la pubblica amministrazione


reagisce contro i propri provvedimenti invalidi nella
legittimità o nel merito.

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I PROVVEDIMENTI DI AUTOTUTELA

ANNULLAMENTO D’UFFICIO (Eliminazione dell’atto


illegittimo fin dall’origine – efficacia retroattiva)

LA REVOCA (il ritiro di un atto inopportuno per una diversa


valutazione degli interessi coinvolti – non ha efficacia
retroattiva)

LA SANATORIA (eliminazione del vizio dell’atto mediante


modifiche – integrazioni – riforme ecc.)

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Tecniche
di redazione degli atti amministrativi

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INTESTAZIONE
contiene:
• L’indicazione dell’autorità o Ente che emana l’atto, il
nome del settore competente a formulare le proposte di
atto amministrativo nella materia cui si riferisce l’atto
stesso (es. Area Economico finanziaria);

• il nome dell’eventuale sotto – articolazione del settore che


ha predisposto l’atto (es. ufficio economato);

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OGGETTO
L’ oggetto riassume, in estrema sintesi, il contenuto
dell’atto amministrativo e, in particolare, della parte
dispositiva.
Per garantire la corrispondenza tra l’oggetto e la parte
dispositiva, si consiglia di redigere l’oggetto dopo aver
scritto il dispositivo, estrapolando direttamente da esso
quanto serve.

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PREAMBOLO
Il preambolo in un atto amministrativo non è una formula rituale da
trascurare bensì è un elemento che regge la legittimità dell’atto
stesso.
Nello spazio riservato alla compilazione e alla redazione del preambolo,
possono essere utilizzate o inserite formule del tipo:
• “Premesso che”;
• “Dato atto che” e “Preso atto che”;
• “Accertato che”, “Verificato che”, “Riscontrato che” e “Constatato
che”;
• “Rilevato che”;
• “Visto” e “Richiamato”

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MOTIVAZIONE
Nello spazio riservato alla compilazione e alla redazione
della motivazione, possono essere utilizzate o inserite
formule del tipo
“Ritenuto che”,
“Considerato che”
“Valutato che”.

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Prima sequenza
1. Parte iniziale del preambolo;
2. Motivazione;
3. Parte finale del preambolo

Seconda sequenza
1. Preambolo;
2. Motivazione

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Suggerimenti
Il primo è quello di evitare la prassi, di ripetere nella parte finale dello
spazio sotto la voce “Il Consiglio”, “La Giunta”, ecc., quanto viene
successivamente scritto nella parte dispositiva.
Detta prassi, oltre che far perdere tempo nella redazione e nella
battitura della proposta di deliberazione, non è corretta sul piano
tecnico.
Infatti, la funzione del preambolo e della motivazione è quella di
introdurre e giustificare il dispositivo e non di ripeterlo.
Inoltre va rilevato che solo ciò che è scritto nel dispositivo costituisce
l’oggetto della statuizione dell’atto amministrativo e, pertanto, sono
irrilevanti le disposizioni contenute nel preambolo e nella
motivazione e non riportate nella parte dispositiva

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Suggerimenti
Il secondo suggerimento è il seguente: nel caso si debba scrivere più
concetti utilizzando la stessa formula, si consiglia, quando questi
concetti hanno contenuti identici o similari e sono strettamente
concatenati tra loro, di usare la formula una sola volta, senza
ripeterla; così ad es., anziché scrivere:
• “Considerato che…”;
• “Considerato che…”;

è preferibile scrivere:
• “Considerato che:
• …………………..;
• ………………….”

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DISPOSITIVO

Lo spazio sotto il verbo “Delibera”, “Ordina”, “Dispone”, “Determina”, ecc.,


va compilato e redatto con il dispositivo e con alcune formule finali.
Ovviamente, la formulazione del dispositivo, poiché è retta dal verbo
“Delibera”, “Ordina”, “Dispone”, “Determina” ecc., inizia sempre con la
preposizione “di”; così ad esempio:
DELIBERA
1. di………
2. di………
3. di………
Dopo la manifestazione di volontà (o di scienza – conoscenza o di
valutazione – giudizio, ecc.) il dispositivo solitamente si conclude con
delle formule finali che precisano alcuni aspetti relativi:
• all’esecutività dell’atto:
• ai soggetti cui va comunicato o trasmesso:
• ai soggetti o uffici che devono provvedere all’esecuzione dell’atto;

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Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE 3

ELEMENTI E NOZIONI DI DIRITTO


AMMINISTRATIVO, CON PARTICOLARE
RIFERIMENTO AL PROCEDIMENTO
AMMINISTRATIVO DI CUI ALLA LEGGE
241/90 E SUCC. MODIFICHE, E AGLI ATTI
DELLA P.A. ED EVENTUALI VIZI
 

SOLUZIONI AL TEST A RISPOSTA MULTIPLA

di Marco Di Folco

giugno 2008

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1. A
2. C
3. A
4.B
5.B
6.A
7.B
8.C
9.A
10. B
11. A
12. C
13. B
14. C
15. A
16. B
17. B
18. A
19 . C
20. B
21. B
22. A
23. A
24. B
25. C
26. A
27. B
28. A
29. A
30. C
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Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE 3

ELEMENTI E NOZIONI DI DIRITTO


AMMINISTRATIVO, CON
PARTICOLARE RIFERIMENTO AL
PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
DI CUI ALLA LEGGE 241/90 E SUCC.
MODIFICHE, E AGLI ATTI DELLA P.A.
ED EVENTUALI VIZI

DISPENSA

di Marco Di Folco

Giugno 2008
INDICE
CAPITOLO 1 -LA NOZIONE DI PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E I
PRINCIPI DELLA L. 241/1990...........................................................................3
CAPITOLO 2 - IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO ............................8
CAPITOLO 3 - LA PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO
AMMINISTRATIVO .........................................................................................10
CAPITOLO 4 - IL DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI13
CAPITOLO 5 - LA SEMPLIFICAZIONE DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA.....16
CAPITOLO 6. - LE MODIFICHE ALLA L. 241/1990 APPORTATE DALLA L.
15/2005 ...........................................................................................................18
CAPITOLO 7 - LE MODIFICHE ALLA L. 241/2005 APPORTATE DALLA
L.80/2005 ........................................................................................................25
CAPITOLO 8 - IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO ..............................29
CAPITOLO 9 - L’INVALIDITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO ...31

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CAPITOLO 1 -LA NOZIONE DI PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO E I
PRINCIPI DELLA L. 241/1990

Fino all’entrata in vigore della legge n. 241 del 1990 mancava


nell’ordinamento giuridico italiano una disciplina generale del procedimento
amministrativo.
Con tale espressione si indica l’insieme di atti, fatti ed attività, tutti tra loro
connessi in quanto concorrono allo scopo unitario e comune dell’emanazione
del provvedimento amministrativo.
Secondo la dottrina prevalente il procedimento amministrativo si articola
nelle seguenti fasi:
- fase dell’iniziativa: è la fase in cui il procedimento amministrativo ha
inizio; ciò può avvenire o d’ufficio, vale a dire per spontanea determinazione
dell’amministrazione stessa, ovvero su istanza di parte, e cioè su richiesta del
privato;
- fase istruttoria: è la fase centrale del procedimento amministrativo, quella
nella quale l’amministrazione raccoglie, anche avvalendosi della partecipazione
degli interessati, tutti gli elementi, giuridici e di fatto, necessari ai fini
dell’assunzione della decisione conclusiva;
- fase decisoria: è la fase nella quale l’amministrazione forma il
provvedimento conclusivo del procedimento, sulla base degli elementi acquisiti
in sede di istruttoria;
- fase integrativa dell’efficacia: è la fase in cui si collocano le attività
necessarie a far sì che un provvedimento amministrativo già formatosi divenga
efficace, e cioè capace di produrre gli effetti giuridici che gli sono propri. Si deve
infatti tener conto che non sempre un provvedimento venuto ad esistenza è
altresì efficace, occorrendo a tal riguardo ulteriori operazioni: si pensi, ad
esempio, alle ipotesi nelle quali il provvedimento deve essere sottoposto a
controlli preventivi prima di poter produrre i propri effetti.

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Sul versante teorico il procedimento è diventato oggetto di attenzione
verso la metà del XIX° secolo, studiato prima nella sua struttura, individuando le
fasi in cui si scompone e le relazioni tra gli atti endoprocedimentali – o, interni –
e l’atto finale (fondamentale in tal senso è l’opera di Aldo Sandulli del 1940) e
poi nei suoi aspetti funzionali (in questo caso sono rilevanti i lavori di Feliciano
Benvenuti, il quale definisce il procedimento amministrativo come “forma della
funzione”). Con tale ultima espressione si pone l’accento sulle modalità e sul
momento in cui il potere amministrativo si traduce in provvedimento finale,
evidenziando che il passaggio dall’attribuzione del potere – come possibilità
astratta di produrre effetti giuridici – alla concreta produzione dell’effetto finale è
contraddistinto da una serie coordinata di attività e di atti endoprocedimentali,
che costituisce la funzione. Questa (la funzione) fa da tramite tra una situazione
statica (il potere) e un’altra situazione statica (l’effetto prodotto dall’atto). In tale
ambito, secondo la ricostruzione del Benvenuti, si colloca il procedimento
amministrativo, che dà evidenza a questo momento, rappresentando la forma
esteriore con la quale si manifesta l’azione amministrativa.
In estrema sintesi il procedimento amministrativo tende a soddisfare talune
esigenze e risponde a certe caratteristiche peculiari o particolarmente avvertite
nel diritto pubblico, tra le quali, in particolare:
a) la necessità di rendere evidenti le modalità di scelta effettuate
dall’Amministrazione per il perseguimento dell’interesse pubblico;
b) l’importanza di enucleare i vari passaggi che conducono alla
decisione finale per consentire il sindacato da parte del giudice amministrativo,
il quale così non solo valuterà il provvedimento finale ma potrà esaminare
anche l’intero iter che ha condotto all’emanazione del provvedimento finale
(ossia le modalità del farsi dell’azione);
c) l’esistenza di norme giuridiche alle quali è soggetta
l’amministrazione nel corso della sua attività;
d) la configurazione del procedimento in modo da permettere
l’evidenziazione degli interessi coinvolti nella ponderazione (che, come è noto,
costituisce aspetto essenziale della discrezionalità amministrativa) e da

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consentire, così, agli interessati di intervenire nel corso del procedimento per
rappresentare il proprio punto di vista.
Ponendo nuovamente l’attenzione sulla legge, non è secondario, dunque,
rilevare che tale disciplina mette a valore quanto è emerso sia dalla
elaborazione giurisprudenziale sviluppatasi e consolidatasi nel corso del tempo
che dal dibattito dottrinario.
A conferma dell’influenza che ha avuto il dibattito dottrinario nel concreto
processo di formazione di questa legge, va rilevato che i lavori preparatori della
stessa sono stati svolti da una Commissione di studio, composta in prevalenza
da professori universitari.
Come si diceva poco prima, dunque, una soluzione ai problemi derivanti
da tale lacuna normativa – cui comunque sopperì la giurisprudenza
amministrativa – è provenuta, quindi, proprio dalla legge n. 241 del 1990, che
costituisce il primo concreto ed organico tentativo del legislatore di dare
attuazione ai principi posti al primo comma dell’art. 97 della Costituzione, in
base al quale i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, ed
in modo tale che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’azione
amministrativa.
La legge in esame è stata, peraltro, di recente modificata dalle disposizioni
delle leggi 11 febbraio 2005 n. 15 e 14 maggio 2005, n. 80.
Si tratta, dunque, di una normativa che, in armonia con l’art. 97 della
Costituzione, fissa taluni principi:
1) principio del giusto procedimento, che – in conformità con l’art.
97 della Costituzione, nonché in aderenza con i principi dell’ordinamento
comunitario contenuti in norme del Trattato ed elaborati dalla Corte di giustizia
europea – attraverso il riconoscimento del diritto di partecipazione consacra la
dialettica tra interessi pubblici e privati tendendo alla composizione degli stessi;
2) il principio di trasparenza, in forza del quale deve essere
consentito ai cittadini l’esercizio di un controllo democratico su tutti i momenti ed
i passaggi in cui si esplica l’operato della pubblica amministrazione, al fine di
verificarne la correttezza e l’imparzialità.

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Attraverso tale principio si afferma l’obbligo della motivazione dei
provvedimenti amministrativi, il diritto di accesso ai documenti della pubblica
amministrazione, l’obbligo di identificare il responsabile del procedimento.
3) il principio di semplificazione, che, in conformità al principio di
buona amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, introduce o rafforza
taluni istituti diretti a snellire e rendere più celere l’azione amministrativa, quali:
il silenzio assenso, la denuncia in luogo di autorizzazione, la conferenza di
servizi, l’autocertificazione.
A tali principi sono informate le regole generali contenute nella legge:
1) economicità, efficacia, pubblicità – già esplicitamente previsti dal
legislatore del ’90 – e trasparenza, (art. 1, comma 1) quest’ultimo aggiunto dalla
legge n. 15 del 2005 unitamente al riferimento ai principi dell’ordinamento
comunitario per quanto attiene alle modalità specifiche di attuazione.
In definitiva, si può dire che queste regole/criteri generali riflettono la
volontà di informare l’azione amministrativa ai principi cui sono ispirati
l’organizzazione ed il funzionamento delle imprese private.
La regola/criterio dell’economicità, esplicitamente previsto all’art.1, di cui
può considerarsi espressione anche la disciplina sulla semplificazione, tende a
raggiungere le finalità pubbliche attraverso percorsi che comportano risparmio
di attività amministrativa.
La regola/criterio di efficacia, posto anch’esso nell’art.1 della legge,
costituisce una esplicitazione del principio costituzionale di buon andamento e
deve essere inteso come adeguatezza e funzionalità dell’azione amministrativa,
nel senso di essere commisurata giustamente rispetto al fine da perseguire. A
tal proposito, è da rilevare che oggi è abbastanza pacifico e acquisito sostenere
che la discrezionalità amministrativa è orientata a raggiungere più l’utilità che la
mera legittimità, nel senso che non è più sufficiente ottenere una legittimità
formale, richiedendosi un’azione improntata anche “alla logica del manager”.
Anche il criterio dell’efficienza, inteso come la necessità di raggiungere il
rapporto ottimale costi-benefici, è espressione del principio costituzionale di
buon andamento. Un’applicazione pratica di tale criterio può essere rinvenuta

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nella disposizione contenuta nell’art. 3-bis introdotto dalla l.m.15/2005, relativa
all’uso della telematica nella P.A.
La regola/criterio generale di trasparenza, in attuazione del principio di
imparzialità dell’ azione amministrativa di cui all’art. 97 comma 1 Cost., è stato
esplicitamente introdotto nell’art. 1, comma 1, dalla legge n. 15 del 2005 ed ha
la finalità di creare un corretto rapporto con il cittadino per ridurre il tasso di
contenzioso.
Un’applicazione di tale criterio può rinvenirsi, ad esempio, nella previsione
di cui all’art. 10 bis, introdotto dalla legge di modifica n. 15 del 2005, che nei
procedimenti ad istanza di parte, obbliga il responsabile del procedimento o
l'autorità competente, prima della eventuale formale adozione di un
provvedimento negativo, a comunicare tempestivamente agli istanti i motivi che
ostano all'accoglimento della domanda.
Tale comunicazione è finalizzata a consentire agli interessati di presentare
eventuali osservazioni e documenti dei quali l’amministrazione dovrà tenere
conto ai fini della decisione finale. L’amministrazione, infatti, se conferma
definitivamente il rigetto dell’istanza, deve dare conto nelle motivazioni delle
ragioni che hanno portato al mancato accoglimento delle ulteriori considerazioni
della parte istante.
2) divieto di aggravamento del procedimento che costituisce una
specificazione delle suddette regole di economicità ed efficacia, in virtù della
quale, “la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non
per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell'istruttoria”
(art. 1, comma 2);
3) obbligo di conclusione esplicita del procedimento entro termini certi e
prestabiliti (art. 2), in forza del quale l’Amministrazione ha il dovere di
concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso,
sia che il procedimento “consegua obbligatoriamente ad una istanza” sia che
questo “debba essere iniziato d'ufficio”. Tale obbligo costituisce
un’estrinsecazione del principio di speditezza e, con esso, del principio di
certezza del tempo dell’azione.

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4) obbligo generale di motivazione del provvedimento amministrativo (art.
3), che recepisce a livello legislativo il frutto della precedente elaborazione
giurisprudenziale, con la differenza che, per effetto della previsione legislativa, il
provvedimento immotivato o insufficientemente motivato è viziato per violazione
di legge e non più, come si riteneva in passato, di eccesso di potere. Attraverso
l’esplicitazione della motivazione del provvedimento amministrativo, ossia
l’indicazione “dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno
determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze
dell'istruttoria”, in ossequio al principio di comprensibilità, si persegue la finalità
di rendere maggiormente comprensibile al cittadino l’azione amministrativa. Va
inoltre tenuto presente che l’art. 3 della l. 241/1990 specifica la sussistenza
dell’obbligo di motivazione anche per i provvedimenti concernenti
l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il
personale, mentre lo esclude con riferimento agli atti normativi e a quelli a
contenuto generale. Infine è ammessa la cosiddetta motivazione per
relationem, effettuata cioè attraverso il rinvio ad un atto del procedimento che
precede il provvedimento finale. Dispone infatti il comma 3 della norma qui in
esame che, se le ragioni della decisione risultano da altro atto
dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla
comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile anche
l’atto cui essa si richiama.

CAPITOLO 2 - IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO

Una delle più importanti novità introdotte dalla legge 241 del 90 (Capo II,
artt. 4-6) è senz’altro rappresentata dalla necessità imposta legislativamente di
individuare il responsabile del procedimento, rendendo così effettivamente
operante il principio di trasparenza dell’attività amministrativa.
Fino a quando non si provvede a questa individuazione, è considerato
responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto alla unità

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organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento
procedimentale, nonché dell'adozione del provvedimento finale.
In particolare, tale soggetto costituisce una sorta di autorità guida cui la
legge attribuisce il compito di gestire l’iter procedimentale dalla fase
dell’iniziativa a quella conclusiva.
Al riguardo, giova evidenziare che l’ultimo comma dell’articolo 6, nel testo
oggi vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 15 del 2005,
prevede che “l'organo competente per l'adozione del provvedimento finale, ove
diverso dal responsabile del procedimento, non può discostarsi dalle risultanze
dell'istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indicandone
la motivazione nel provvedimento finale”.
Per completezza, è da rilevare che, ai sensi dell’art. 6, il responsabile del
procedimento:
a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di
legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione di
provvedimento;
b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo
necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento
dell'istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica
di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti
tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali;
c) propone l'indizione o, avendone la competenza, indìce le conferenze di
servizi;
d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le modificazioni previste dalle
leggi e dai regolamenti;
e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero
trasmette gli atti all'organo competente per l'adozione

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CAPITOLO 3 - LA PARTECIPAZIONE AL PROCEDIMENTO
AMMINISTRATIVO

Le disposizioni sulla partecipazione (Capo III, artt.7-13) – ai sensi


dell’articolo 13 – non si applicano nei confronti dell'attività della pubblica
amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi
generali, di pianificazione e di programmazione, nonché ai procedimenti
tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la
formazione.
Per tutti gli altri procedimenti, invece, le disposizioni sulla partecipazione
prevedono:
1) obbligo di comunicazione di avvio del procedimento (artt.7e 8); in
particolare l’art. 7 della l. 241/1990 dispone che, ove ciò non sia impedito da
particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio di quest’ultimo deve
essere comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento è
destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi;
parimenti, laddove da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a
soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari,
l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia
dell’inizio del procedimento. La comunicazione dell’avvio del procedimento va
effettuata di norma mediante comunicazione personale; se però per via
dell’elevato numero di destinatari tale modalità risulti impossibile o comunque
troppo gravosa, si può procedere mediante differenti forme di pubblicità di volta
in volta stabilite dall’amministrazione stessa. Da rilevare infine che la
comunicazione deve contenere alcuni dati specificamente indicati dalla legge e
cioè: l’amministrazione competente; l’oggetto del procedimento promosso;
l’ufficio e la persona responsabile del procedimento; la data entro la quale deve
concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia della pubblica
amministrazione; nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di
presentazione della relativa istanza; l’ufficio in cui si può prendere visione degli
atti.

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2) diritto degli interessati a intervenire nel procedimento (art.9); in
particolare la l. 241/1990 riconosce il diritto di intervenire nel procedimento ad
un’ampia gamma di soggetti, sostanzialmente coincidente con tutti coloro che
sono a vario titolo toccati dal procedimento stesso. Più precisamente si tratta
dei portatori di interessi pubblici o privati, nonché dei portatori di interessi diffusi
costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal
provvedimento. Il diritto di prender parte allo svolgimento del procedimento
amministrativo si concretizza nei poteri indicati nei due successivi numeri;
3) diritto degli interessati di prendere visione degli atti del
procedimento; si tratta, a ben guardare, di un ipotesi di accesso ai documenti
amministrativi che può essere esercitata prima ancora che il procedimento si
concluda (cosiddetto accesso endoprocedimentale);
4) diritto degli interessati di presentare memorie scritte e documenti,
che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del
procedimento; naturalmente ciò non vuol dire che le indicazioni fornite dal
soggetto che partecipa siano vincolanti per l’amministrazione, ma
semplicemente che quest’ultima deve considerare, tra i diversi elementi raccolti
nella fase istruttoria, anche quelli apportati da colui che pone in essere
l’intervento. Ne consegue che, ove l’amministrazione ritenga di non uniformarsi
alle memorie scritte e ai documenti, deve dar conto delle ragioni attraverso la
motivazione del provvedimento finale;
5) possibilità di stipulazione di accordi integrativi o sostitutivi del
provvedimento, ai sensi dell’art. 11 della l. 241/1990. Si tratta di un istituto
certamente innovativo, il quale attenua il carattere tradizionalmente unilaterale e
autoritativo dell’attività amministrativa di diritto pubblico, consentendo che il
procedimento amministrativo si concluda con una decisione frutto del consenso
tra l’amministrazione e i privati.
In particolare si tratta di accordi con i quali la P.A. e i privati, in sede di
confronto dialettico, definiscono il contenuto del provvedimento amministrativo
finale (accordi integrativi) o sostituiscono quest’ultimo con essi (accordi
sostitutivi di provvedimenti).

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Nel primo caso, dunque, uno degli atti dell’iter procedimentale non viene
dalla P.A. ma è da essa concordato col destinatario dell’emanando
provvedimento finale (es.: nel procedimento espropriativo l’accordo
sull’indennizzo); nel secondo, invece, l’iter procedimentale si chiude non con un
atto autoritativo, ma con una deliberazione concordata (es.: nell’espropriazione,
l’accordo di cessione volontaria dell’area esproprianda). In sostanza, mentre
nell’ipotesi degli accordi integrativi l’amministrazione e i privati concordano il
contenuto del provvedimento finale che comunque viene emanato ed esiste,
nell’ipotesi degli accordi sostitutivi non vi è alcun provvedimento finale, in luogo
del quale sta, appunto, l’accordo. Da segnalare che prima del 2005 era stabilito
che gli accordi sostitutivi potevano essere stipulati solo nei casi specificamente
previsti dalla legge; in base alle modifiche apportate alla l. 241/1990 dalla l.
15/2005 tale limite è stato superato, cosicché l’accordo sostitutivo è divenuto
istituto di generale applicazione. In ogni caso l’amministrazione può concludere
accordi con gli interessati in accoglimento di osservazioni e proposte presentate
in sede di partecipazione al procedimento, perseguendo comunque il pubblico
interesse e senza pregiudizio dei diritti degli interessati.
Gli accordi devono essere stipulati per atto scritto a pena di nullità e ad
essi si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti,
in quanto compatibili; le controversie in materia di formazione, conclusione ed
esecuzione degli accordi sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo.
L’amministrazione conserva pur sempre il potere di recedere
unilateralmente dall’accordo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, nel
qual caso deve però provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione
agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato.
Infine, a garanzia dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione
amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude
accordi nelle ipotesi passate in rassegna, la stipulazione dell’accordo è
preceduta da una determinazione dell’organo che sarebbe competente per
l’adozione del provvedimento.

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6) predeterminazione e pubblicazione da parte delle amministrazioni
procedenti dei criteri e delle modalità per la concessione di sovvenzioni,
contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici.

CAPITOLO 4 - IL DIRITTO DI ACCESSO AI DOCUMENTI AMMINISTRATIVI

Una delle principali innovazioni contenute nella l. 241/1990 consiste nella


generalizzazione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, il quale può
essere esercitato non solo, come precedentemente detto, mentre il
procedimento amministrativo è ancora in corso in funzione di partecipazione al
medesimo (accesso endoprocedimentale), ma anche a procedimento
amministrativo già concluso (accesso esoprocedimentale). In questa sede si
illustreranno i principali profili dell’accesso esoprocedimentale, la cui disciplina è
stata profondamente modificata dalla l. 15/2005.
Per quanto riguarda i soggetti, il diritto di accesso può essere esercitato
dagli interessati, vale a dire da tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di
interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale,
corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al
documento al quale è chiesto l’accesso. E’accessibile ogni rappresentazione
grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del
contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento,
detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico
interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro
disciplina sostanziale.
Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei
documenti amministrativi, sulla base di una richiesta che deve essere motivata
e rivolta all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene
stabilmente.
Per quanto riguarda i limiti, il diritto di accesso è escluso anzitutto in una
serie di ipotesi direttamente individuate dalla stessa l 241/1990, tra le quali
spiccano quella dei documenti coperti da segreto di stato e quella dei

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documenti contenenti informazioni psico attitudinali relative a terzi . Per il resto
le singole amministrazioni hanno il potere di individuare le categorie di
documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti
all’accesso.
Oltre ai casi di esclusione, l’art. 24 della l. n. 241/90 prevede la
possibilità di differire l’accesso ai documenti da parte dei soggetti
indicati nell’art. 23, “sino a quando la conoscenza di essi possa
impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell’azione
amministrativa” (art. 24, comma 6).
I commi dal 4 al 6 dell’art. 25, al fine di offrire una piena tutela del
diritto soggettivo di informazione, configurano un’ipotesi di
giurisdizione esclusiva avverso il mancato accoglimento della richiesta
di accesso.
A tal fine, è previsto che, tanto per il caso di diniego esplicito che
per inerzia della p.a. protrattasi oltre trenta giorni, il richiedente è
legittimato ad esperire, entro il termine di trenta giorni, ricorso al T.a.r..
Questo dovrà pronunciarsi in camera di consiglio, entro trenta giorni
dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso (art. 25, comma
5). In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6
dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può
essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata
presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa
notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con
ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio.
In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso, il giudice
amministrativo, ove ne ricorrano i presupposti, ordina l’esibizione dei
documenti richiesti (art. 25, ult. comma).
Appaiono evidenti le differenze tra i ricorsi ordinari e la procedura
in discorso, che si caratterizza sia per la chiara natura acceleratoria
del termine per la notificazione (di trenta giorni, anziché sessanta), sia,
soprattutto, per il breve termine di durata del giudizio, ossia trenta
giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso.

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Va detto, inoltre, che risulta ridotto anche il termine per appellare
la decisione di primo grado, che è di trenta giorni invece di quello
ordinario di sessanta.
Lo stesso art. 25 prevede, al comma 4, un’ulteriore forma di tutela
avverso il diniego o il differimento dell’accesso.
Al riguardo, l’interessato può anche chiedere, nei confronti degli
atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore
civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia
riesaminata la determinazione di diniego o differimento. Qualora tale
organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore
civico competente per l'ambito territoriale immediatamente superiore.
Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello
Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso di
cui all'articolo 27. Il difensore civico o la Commissione per l'accesso si
pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza.
Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto.
Se il difensore civico o la Commissione per l'accesso ritengono
illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo
comunicano all'autorità disponente. Se questa non emana il
provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal
ricevimento della comunicazione del difensore civico o della
Commissione, l'accesso è consentito.
Se l'accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati
personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede,
sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si
pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso
inutilmente il quale il parere si intende reso.

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CAPITOLO 5 - LA SEMPLIFICAZIONE DELL’AZIONE AMMINISTRATIVA

Il Capo IV (artt.14-21) della legge 241 del 1990 contiene una serie di
disposizioni di notevole rilievo, tese a snellire l’azione amministrativa, in
armonia con i già detti principi di economicità ed efficacia.
Al fine di snellire e semplificare l’azione amministrativa, la legge 241 del
1990 prevede:
a) Conferenze di servizi. Tale istituto, che è sicuramente tra quelli più
innovativi introdotti da questa legge (e che è stato di recente oggetto delle
modifiche apportate dalla legge n. 15 del 2005), costituisce una forma di
cooperazione tra le amministrazioni pubbliche che ha lo scopo di realizzare,
attraverso l’esame contestuale dei vari interessi coinvolti, la semplificazione di
taluni procedimenti amministrativi particolarmente complessi.
b) Accordi fra amministrazioni pubbliche: finalizzati a disciplinare lo
svolgimento di attività di pubblico interesse in collaborazione.
c) La facoltà per le amministrazioni di procedere prescindendo da un
parere obbligatorio che non sia stato espresso nei termini previsti.
In particolare, in base all’art. 16 della l. 241/1990, gli organi consultivi delle
pubbliche amministrazioni sono tenuti a rendere i pareri ad essi
obbligatoriamente richiesti entro quarantacinque giorni dal ricevimento della
richiesta. Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare
immediata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il
quale il parere sarà reso.
Se il termine decorre senza che il parere sia stato comunicato o senza che
l’organo consultivo interpellato abbia rappresentato esigenze istruttorie,
l’amministrazione richiedente ha facoltà di procedere indipendentemente
dall’acquisizione del parere. Come si vede le previsioni dell’art. 16 hanno
l’effetto di rendere facoltativi pareri sulla carta obbligatori, laddove essi non
siano espressi entro i termini perentori previsti dalla legge; è questo il motivo
per il quale l’istituto in esame viene sintetizzato dalla dottrina con l’espressione
“silenzio facoltativo”.

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Va però considerato che siffatte previsioni non si applicano in caso di
pareri che debbono essere rilasciati da amministrazioni preposte alla tutela
ambientale, paesaggistica, territoriale e della salute dei cittadini. In sostanza
l’istituto del silenzio facoltativo non si applica nelle ipotesi in cui l’attività
consultiva delle pubbliche amministrazioni sia finalizzata alla cura di interessi
pubblici considerati dal legislatore di particolare rilievo.
d) Il potere/dovere di richiedere ad altri organi valutazioni tecniche di
necessaria acquisizione che gli organi precedentemente chiamati a renderle
non abbiano ancora effettuato.
In particolare, l’art. 17 della l. 241/1990 stabilisce che, ove per espressa
previsione di legge o di regolamento sia previsto che per l’adozione di un
provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni
tecniche di organi od enti appositi e tali organi ed enti non provvedano o non
rappresentino esigenze istruttorie nei termini prefissati dalla disposizione
stessa, o, in mancanza, entro novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il
responsabile del procedimento deve richiedere le suddette valutazioni tecniche
ad altri organi dell’amministrazione pubblica o ad enti pubblici che siano dotati
di qualificazione e capacità tecnica equipollenti, ovvero ad istituti universitari. In
questa ipotesi, a differenza di quella relativa ai pareri passata in rassegna al
punto precedente, l’amministrazione non può prescindere dalla valutazione
tecnica, ma ha la possibilità di richiederla ad un soggetto diverso da quello in
origine interpellato; per questa ragione si discorre al riguardo di “silenzio
devolutivo”.
Tale disposizione, però, non si applica in caso di valutazioni che debbano
essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale e della salute dei cittadini.
e) Autocertificazione, che consente al privato di poter provare, nei
suoi rapporti con la P.A., determinati fatti, stati e qualità a prescindere dalla
esibizione dei relativi certificati, semplicemente presentando una dichiarazione
sostitutiva. Tale istituto è più dettagliatamente disciplinato dal DPR 28
dicembre 2000, n. 445.

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f) Istituto della dichiarazione di inizio attività, totalmente riformulato dalla
legge n 80 del 2005.
g) Generalizzazione del silenzio-assenso, ad opera delle modifiche
apportate dalla legge n 80 del 2005.

Il Capo IV – Bis (Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo.


revoca e recesso) è stato integralmente introdotto dalla legge n. 15 del 2005 e
lo esamineremo in eseguito, nell’illustrare le modifiche apportate dalla
menzionata legge. Stessa cosa dicasi per l’accesso ai documenti amministrativi
(Capo V), in quanto anch’esso interessato dall’intervento di riforma del 2005.

CAPITOLO 6. - LE MODIFICHE ALLA L. 241/1990 APPORTATE DALLA L.


15/2005

L’intervento di riforma è stato predisposto per apportare alla legge


241/1990, quelle correzioni e integrazioni resesi necessarie per adeguarla alle
innovazioni del sistema costituzionale e normativo e alle indicazioni provenienti
dalla giurisprudenza a circa quattordici anni dalla sua entrata in vigore.
Il legislatore della riforma ha agito in più direzioni apportando delle
modifiche significative alla legge 241: dal regime sull’efficacia e sull’invalidità
del provvedimento alla disciplina della conferenza di servizi, dalle modalità di
accesso ai documenti amministrativi alla necessità di utilizzo da parte della
P.A., in maniera sempre più diffusa, di strumenti di natura privatistica.
Si riportano di seguito le principali novità introdotte.
Trai principi generali dell’attività amministrativa (articolo 1) la riforma
mantiene fermo il principio di legalità (“L’attività amministrativa persegue i fini
determinati dalla legge”). Con riguardo all’agire amministrativo affianca ai criteri
di economicità, efficacia e pubblicità il rispetto dei principi del diritto comunitario
e – come già evidenziato in precedenza – nell’ottica di un rapporto sempre più
paritario e garantistico tra cittadini e amministrazione, il principio di trasparenza.

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Viene sancito, inoltre, l’obbligo per la P.A. di agire secondo le norme di
diritto privato ad eccezione dei casi in cui la stessa adotti atti di natura
autoritativa o in cui la legge disponga diversamente. Tale previsione sancisce
una linea di tendenza connotata dal superamento del dogma che storicamente
attribuiva all’amministrazione il dovere di agire mediante poteri di imperio e atti
unilaterali e riconosce, sul piano normativo, la preferenza accordata a soluzioni
in cui le amministrazioni pubbliche operino in via generale attraverso gli
strumenti del diritto privato.
Va segnalato, inoltre, come il principio dell’accesso ai documenti
amministrativi è elevato, in ragione delle sue finalità di interesse pubblico, a
principio generale dell’attività amministrativa ed è ricondotto all’interno della
clausola dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che, in base all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, spetta
alla potestà legislativa esclusiva dello Stato garantire uniformemente su tutto il
territorio nazionale.
La disposizione, volta ad adeguare la disciplina del diritto di accesso alle
modifiche costituzionali intervenute con la revisione del Titolo V della
Costituzione, fa comunque salva la potestà delle regioni e degli enti locali di
garantire livelli ulteriori di tutela nell’ambito delle rispettive competenze e
nell’esercizio dei propri poteri normativi.
La riforma, inoltre, mira a rafforzare l’istituto della partecipazione
procedimentale e il principio di trasparenza.
In seguito alle modifiche apportate dalla legge n. 15 del 2005, infatti, l’art.
8 della legge 241 del 1990 stabilisce che, nella comunicazione con cui si dà
notizia dell’avvio del procedimento, l’amministrazione debba indicare anche:
a) la data di conclusione dello stesso nonché le conseguenze e i rimedi
esperibili dall’interessato in caso di inerzia della medesima amministrazione;
b) la data di presentazione dell’istanza, nei casi in cui il procedimento
avviene ad iniziativa di parte.
Qualora – come già rilevato in precedenza – l’Amministrazione ritenga di
non poter accogliere un’istanza è tenuta ad informare gli interessati dei motivi

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ostativi, prima che il procedimento si concluda formalmente con l’adozione di un
provvedimento negativo.
Tale comunicazione è finalizzata a consentire agli interessati di presentare
eventuali osservazioni e documenti dei quali l’amministrazione dovrà tenere
conto ai fini della decisione finale. L’amministrazione, infatti, se conferma
definitivamente il rigetto dell’istanza, deve dare conto nelle motivazioni delle
ragioni che hanno portato al mancato accoglimento delle ulteriori considerazioni
della controparte.
Con riferimento, inoltre, alla figura del responsabile del procedimento, si
ribadisce che a seguito delle modifiche apportate, laddove l’organo competente
all’adozione del provvedimento finale sia diverso dal responsabile del
procedimento, tale organo non possa discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria
svolta dallo stesso responsabile, se non indicando specificamente le
motivazioni della difforme conclusione nel provvedimento finale.
Vengono apportate anche alcune rilevanti modifiche alla disciplina della
conferenza di servizi così come regolata dagli articoli 14 e seguenti della legge
241/1990.
In particolare, fra le novità vi sono:
a) nell’ipotesi in cui l’amministrazione procedente non ottenga il
necessario assenso di altre amministrazioni, la conferenza di servizi è indetta
dopo 30 giorni dalla data di ricezione della richiesta e non, come in precedenza,
decorsi 15 giorni dall’inizio del procedimento (cfr. l’attuale art. 14, secondo
comma della l. 241/1990);
b) la conferenza che riguardi l’affidamento di concessione di lavori
pubblici può essere convocata non solo dal concedente, ma anche ad istanza
del concessionario, fermo restando il consenso del concedente al quale spetta,
in ogni caso, il diritto di voto.
Particolare rilevanza assume anche l’art. 14-ter, ai sensi del quale la
determinazione adottata in esito ai lavori della conferenza deve tener conto
delle posizioni prevalenti espresse in quella sede.
Con riguardo all’espressione del dissenso da parte di una o più
amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi e alle ripercussioni di tale

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dissenso sul procedimento, la riforma interviene in maniera incisiva sul testo
dell’ art. 14-quater della l. 241/1990.
Le modifiche introdotte si muovono in una duplice direzione.
a) Elencano gli interessi sensibili costituzionalmente protetti, rispetto ai
quali si prevede che la conferenza di servizi non possa superare il motivato
dissenso dell’amministrazione preposta alla relativa tutela, e che tale dissenso
determini la rimessione della decisione ad altra superiore istanza. All’insieme
degli interessi sensibili già presenti sul piano normativo quali: la tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio e della salute, viene ad
aggiungersi la tutela della pubblica incolumità.
b) Ridefiniscono quali sono gli organi chiamati ad assumere la
determinazione sostitutiva, adeguandola al nuovo sistema multilivello delle
competenze introdotto con la riforma del Titolo V della parte seconda della
Costituzione.
La legge n. 15 del 2005 introduce nella l. 241/1990 l’art. 14-quinquies, che
prevede la partecipazione alla conferenza di servizi indetta per l’approvazione
del progetto definitivo nei casi previsti dagli articoli 37-bis e seguenti della legge
n. 109 del 1994 in materia di lavori pubblici, anche dei soggetti aggiudicatari di
concessione individuati all’esito della procedura regolata dall’art. 37-quater della
legge quadro sui lavori pubblici, ovvero delle società di progetto di cui all’art. 37-
quinquies della medesima legge.
L’articolo, in pratica, dispone un’estensione della platea dei partecipanti
alla conferenza di servizi. In particolare, oltre ai soggetti che rappresentano i
vari interessi pubblici coinvolti, si consente la partecipazione dei soggetti
aggiudicatari di concessione ai sensi dell’art. 37-quater della legge 109/1994 o
di quei soggetti privati che intervengono in un’operazione di project financing.
La disposizione, tuttavia, chiarisce che tale partecipazione avviene con
l’esclusione del diritto di voto.
La riforma – non discostandosi da quanto affermato dalla giurisprudenza –
introduce, inoltre, una serie di disposizioni relative all’efficacia, all’invalidità, alla
revoca e al recesso del provvedimento amministrativo. In particolare, con
riferimento all’istituto dell’invalidità, una delle novità di maggior rilievo concerne

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l’eventuale violazione da parte della P.A. delle norme sul procedimento o sulla
forma degli atti amministrativi. Il legislatore prevede che tali tipi di violazioni non
diano luogo ad annullabilità del provvedimento, se il contenuto di quest’ultimo
non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato in concreto.
La mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, inoltre, non
consente di invocare l’annullabilità del provvedimento qualora l’amministrazione
dimostri in giudizio che il contenuto dello stesso non avrebbe potuto essere
diverso da quello adottato. Viene così introdotto sul piano normativo un istituto,
quello dell’irregolarità, fino ad ora frutto di una elaborazione della
giurisprudenza e della dottrina. Secondo il prevalente orientamento
giurisprudenziale e dottrinale esistono alcune anormalità di minima rilevanza tali
da non dare luogo ad invalidità dei provvedimenti amministrativi, dal momento
che l’interesse pubblico non ne risulta leso. Si ritiene, in pratica, che
l’irregolarità non comporta delle conseguenze per il regime giuridico dell’atto
che resta valido.
La legge in esame positivizza, quindi, l’istituto dell’irregolarità relativa alla
violazione di norme o di regole sulla corretta redazione degli atti, prescriventi
adempimenti di carattere formale, o comunque marginali rispetto alla sostanza
della fattispecie. Tutto questo nella convinzione che “l’illegittimità formale
assume rilievo, ai fini dell’annullamento, solo quando essa riverbera i propri
effetti, diretti o indiretti, sul contenuto del provvedimento”.
Con riguardo all’annullabilità l’art. 21-nonies disciplina gli istituti
dell’annullamento d’ufficio e della convalida dei provvedimenti amministrativi
annullabili. Il legislatore si fa carico, anche in questo caso, delle principali
indicazioni che emergono dalla giurisprudenza: la prima tendente
tradizionalmente a riconoscere il potere di annullamento, in presenza di
determinati presupposti, in capo ad ogni autorità amministrativa e la seconda
che prende in considerazione il c.d. “fattore tempo” nell’esercizio di tale potere
(in tal senso si era espressa la giurisprudenza, secondo la quale non esistono
termini perentori che circoscrivono nel tempo il potere di annullamento della
P.A., essendo solo sufficiente che quest’ultimo sia esercitato in ragionevole
collegamento logico e causale con la situazione illegittima da rimuovere).

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A questo proposito la legge di riforma prevede che il provvedimento
illegittimo possa essere annullato d’ufficio dall’organo che lo ha emanato o da
altro organo previsto dalla legge:
a) qualora sussistano delle ragioni di pubblico interesse;
b) entro un termine ragionevole;
c) compiendo una valutazione complessiva degli interessi dei destinatari e
dei controinteressati.
La convalida del provvedimento annullabile, invece, può essere disposta in
presenza di ragioni di interesse pubblico e sempre che ciò avvenga entro un
ragionevole lasso di tempo.
La legge n. 15 del 2005 inoltre riscrive, in parte, l’art. 22 della legge n. 241
sul diritto di accesso.
Il diritto di accesso viene individuato nel diritto, riconosciuto ai soggetti
interessati, di prendere visione dei documenti amministrativi e di ottenerne
copia.
Si definisce, in maniera specifica, l’ambito soggettivo attivo del diritto di
accesso designando come titolari tutti i privati e ricomprendendo tra essi anche
i portatori di interessi pubblici o diffusi (associazioni, comitati, etc.) i quali
dimostrino di avere un interesse diretto, concreto ed attuale, che corrisponda ad
una situazione giuridicamente tutelata e connessa al documento al quale si
richiede l’accesso. Viene così riconosciuto dal legislatore ciò che emerse agli
inizi degli anni ’90, allorquando la giurisprudenza aveva individuato un ambito di
soggetti legittimati più ampio di quello dei portatori dei diritti e degli interessi
(recependo così gli orientamenti della giurisprudenza che da tempo affermava
che il riferimento della norma è “ad una posizione non necessariamente
individuale, purché funzionalmente collegata ad una situazione rilevante per
l’ordinamento”).
I soggetti controinteressati sono individuati nei soggetti terzi che hanno
interesse alla riservatezza dei documenti richiesti con la domanda di accesso,
mentre l’oggetto di tale diritto viene indicato in tutti quei documenti
amministrativi o comunque atti inerenti ad un procedimento amministrativo
detenuti dall’amministrazione e che si riferiscano ad un’attività di pubblico

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interesse, prescindendo dalla natura pubblicistica o privatistica della loro
disciplina sostanziale.
L’ampia formulazione della norma consente di ricomprendere nella
nozione di documento amministrativo anche gli atti formati dai soggetti privati,
purché significativamente collegati con lo svolgimento dell’attività
amministrativa (anche in questo caso vengono recepiti gli orientamenti del
Consiglio di Stato con cui si è chiarito che la disciplina dell’accesso si estende
anche agli atti di diritto privato, purché correlati al perseguimento degli interessi
pubblici affidati alla pubblica amministrazione).
La legge n. 15/2005 enuclea i soggetti nei confronti dei quali può essere
esercitato il diritto di accesso. Oltre ai soggetti di diritto pubblico sono
ricompresi anche coloro che svolgono un’attività di pubblico interesse
regolamentata dalla normativa nazionale o comunitaria.
La riforma si occupa, inoltre, delle problematiche sottese al diritto di
accesso in relazione al valore costituzionale della riservatezza. Con riguardo,
infatti, alle ipotesi in cui il diritto di accesso può essere escluso si prevede che il
Governo, con regolamento, possa delineare dei casi di esclusione quando i
documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone
giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli
interessi epistolari, sanitari, professionali, finanziari, industriali e commerciali.
Continua ad essere comunque consentito l’accesso ai documenti amministrativi
a coloro i quali la conoscenza risulti necessaria per curare o difendere i propri
interessi giuridici.
Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è
consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti
dall’art. 60 del Codice sulla privacy, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di
salute e la vita sessuale. In base a tale disposizione i dati cosiddetti
“supersensibili” possono essere oggetto di trattamento da parte della P.A., al
fine di corrispondere ad una richiesta di accesso ai documenti, quando la
situazione giuridicamente rilevante che si intende far valere è di rango almeno
pari ai diritti dell’interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in
un altro diritto o libertà fondamentale o inviolabile.

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CAPITOLO 7 - LE MODIFICHE ALLA L. 241/2005 APPORTATE DALLA
L.80/2005

La Legge 14 maggio 2005, n. 80 introduce modifiche agli artt. 18


(sull’autocertificazione), 19 (denuncia di inizio attività), 20 (silenzio assenso),
21, sulle disposizioni sanzionatorie, e 25.
All’art. 18 viene aggiunto il comma 2, che, nell’ottica di ulteriormente
alleggerire il cittadino quanto più possibile dall’onere di produzione
documentale, dispone “I documenti attestanti atti, fatti, qualita' e stati soggettivi,
necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono
in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti,
istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione
procedente puo' richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca
dei documenti”.
Viene, inoltre, riscritto l’articolo 19, già modificato prima dalla legge n. 15
del 2005.
Il vigente articolo fissa la regola generale per cui “ogni atto di
autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta
comunque denominato, […] il cui rilascio dipenda esclusivamente
dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a
contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o
specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi,
[…]e' sostituito da una dichiarazione dell'interessato corredata, anche per
mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni
normativamente richieste. L'amministrazione competente puo' richiedere
informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualita' soltanto qualora non
siano attestati in documenti gia' in possesso dell'amministrazione stessa o non
siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni”.
In questo caso,l’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata
decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione

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all'amministrazione competente; l'interessato deve darne contestualmente
all'inizio dell'attività comunicazione all'amministrazione competente.
All’Amministrazione competente residua senz’altro il compito di verificare
la sussistenza delle necessarie condizioni di legittimazione e , in caso di
accertata carenza di queste, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della
comunicazione da parte del “denunciante”, adotta motivati provvedimenti di
divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che,
sempre che sia possibile, l'interessato provveda a conformare detta attività ed i
suoi effetti alla normativa vigente entro un termine fissato dall'amministrazione,
che in ogni caso non può essere inferiore a trenta giorni.
In capo all’Amministrazione competente vi è comunque potere di
assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies
(revoca) e 21-nonies (annullamento d’ufficio).
Tale regola generale in materia di denunzia d’inizio attività, prevista
dall’art. 19, non trova applicazione, per espressa previsione del medesimo
articolo, con riferimento agli “atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla
difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'amministrazione
della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti
concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla
tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e
paesaggistico e dell'ambiente, nonchè degli atti imposti dalla normativa
comunitaria”.
Particolarmente significativa è la disposizione di cui al vigente art. 20 sul
silenzio-assenso, riscritto integralmente dalla legge n. 80 del 2005. In base al
testo vigente, è espressa la regola generale per la quale, fatto salvo quanto
appena detto con riguardo alla denunzia d’inizio attività, nei procedimenti ad
istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio
dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento
della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima
amministrazione, nel termine previsto per la conclusione del procedimento, non
comunica all'interessato il provvedimento di diniego.

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Anche in questo caso, tuttavia, l'amministrazione competente può
assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies
(revoca) e 21-nonies (annullamento d’ufficio).
La regola appena esposta, però, sempre per espressa previsione dell’art.
20, non si applica “agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e
paesaggistico, l'ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e
l'immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa
comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in
cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza,
nonchè agli atti e procedimenti individuati con uno o piu' decreti del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di
concerto con i Ministri competenti”.
Infine, all’art. 21, viene aggiunto il comma 2-bis, che fa salve le
“attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di
assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche
se e' stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20”.
All’art. 25, comma 5, viene aggiunto un periodo per affermare che “le
controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”.
Campo di applicazione della legge 241 del 1990
È l’art. 29 della legge 241 del 1990, nel testo modificato dalla legge n. 15
del 2005, a definire il campo di applicazione della disciplina in esame.
Il nuovo testo dell’art. 29 tiene evidentemente conto delle modifiche
costituzionali al titolo V della Carta e dispone, al primo comma, che la legge si
applica alle amministrazioni statali ed agli enti pubblici nazionali e, per quanto
stabilito in materia di giustizia amministrativa, sostanzialmente cioè per la
procedura dell’accesso agli atti dell’amministrazione e verosimilmente per il
silenzio, a tutte le amministrazioni pubbliche; al secondo comma si rivolge a
regioni ed enti locali prevedendo una autonoma regolamentazione della
materia, secondo le rispettive competenze, nel rispetto del sistema
costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione
amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla stessa legge 241.

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Peraltro, anche il nuovo art. 1 comma 1-ter contiene una disposizione utile
a tal proposito quando prevede che “i soggetti privati preposti all'esercizio di
attività amministrative assicurano il rispetto dei princìpi di cui al comma 1”.
Al riguardo, secondo una prima lettura di alcuni Autori, la nuova
disposizione riguardante le autonomie locali non sarebbe sostanzialmente
diversa da quella originaria, in quanto non vi sarebbe differenza sostanziale tra
principi generali dell’ordinamento e principi posti a garanzia del cittadino nei
confronti dell’amministrazione. Del resto le materie disciplinate dalla legge 241
sarebbero in gran parte di competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell’art.
117 comma 2 lett. l) od m).
Tuttavia, una prima significativa differenza sussiste, e consiste nel fatto
che la precedente normativa prevedeva una diretta applicazione della legge
241 per tutto il tempo in cui la regione non avesse disciplinato autonomamente
la materia; disposizione che non si rintraccia più nel nuovo testo e che ha
portato la giurisprudenza ad affermare che, medio tempore, non si applica la
legge 241 bensì la normativa regionale vigente in materia (TAR Puglia Bari sez.
II 6 dicembre 2005 n.5196), quindi non si applicano direttamente tutte le nuove
norme introdotte con le leggi 15 ed 80 del 2005, fermo restando che,
verosimilmente, ogni regione già possiede una disciplina del procedimento
modellata sul vecchio testo della legge 241.
Di segno diverso è l’opinione del TAR Sicilia Palermo (sez. II 3 novembre
2005 n. 4414) il quale afferma che anche dopo la novella, nemmeno le regioni a
statuto speciale possono derogare ai principi generali posti dalla legge 241,
potendo introdurre solo garanzie ulteriori per il cittadino, con la conseguenza
che detti principi s’impongono subito direttamente, a prescindere da una norma
regionale che ne replichi il contenuto: così si è stabilita l’immediata applicabilità
nell’ambito regionale dell’art. 2 comma 4 bis in base al quale, decorsi i termini di
cui ai precedenti commi 2 e 3, il ricorso avverso il silenzio può essere proposto
anche senza preventiva diffida ad adempiere, perdurando l’inadempienza.
Peraltro, in base al comma 1 novellato, non dovrebbero sussistere dubbi
che tutte le disposizioni attinenti alla giustizia amministrativa si applicano da
subito anche agli enti locali; tra queste non solo quelle sull’accesso ma anche

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 28


quella sull’impugnazione del silenzio, nei termini sopra indicati, senza necessità
cioè di previa diffida ove permanga l’inadempienza (TAR Puglia Bari, sez. III 6
settembre 2005 n.3801).
Anche le nuove disposizioni sull’efficacia ed invalidità del provvedimento
amministrativo, contenute negli artt. da 21-bis a 21-nonies, rientrerebbero per
alcuni nell’ambito delle norme sulla giustizia amministrativa, opinione che invero
desta qualche perplessità avendo le disposizioni sulla validità, efficacia, revoca
e recesso dell’atto una rilevanza solo indiretta sulla giustizia, non potendosi
considerare certo norme processuali, se non limitatamente ad alcuni aspetti.

CAPITOLO 8 - IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Di norma il procedimento amministrativo si conclude con l’adozione, da


parte dell’amministrazione, di un provvedimento finale1. Con tale espressione si
intende fare riferimento ad una particolare categoria di atti amministrativi,
attraverso la quale le pubbliche amministrazioni curano un interesse pubblico
primario individuato dalla legge incidendo unilateralmente sulla sfera giuridica
dei privati. Secondo la prevalente impostazione della dottrina il provvedimento
amministrativo presenta le seguenti caratteristiche:
- tipicità: il provvedimento amministrativo deve essere previsto
dall’ordinamento; si tratta di una manifestazione del generale principio di
legalità, in forza del quale i poteri amministrativi devono necessariamente
trovare il proprio fondamento in una previa norma giuridica. Dalla tipicità
discende che le pubbliche amministrazioni non possono porre in essere
provvedimenti non previsti dalle norme.
- Unilateralità: il contenuto del provvedimento amministrativo si basa sulla
sola volontà della pubblica amministrazione.

1
Come si è rilevato in precedenza, però, il procedimento può concludersi anche con un atto consensuale,
e cioè con un accordo, nonché col silenzio della pubblica amministrazione.

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 29


- Imperatività/autoritatività: il provvedimento amministrativo è in grado di
incidere sulla sfera giuridica dei destinatari senza che rilevi a tal riguardo
la volontà di questi ultimi.
- Esecutorietà: le pubbliche amministrazioni possono portare ad esecuzione
il provvedimento amministrativo, anche contro la volontà dei destinatari,
senza il necessario intervento del giudice.
- Inoppugnabilità: i provvedimenti amministrativi possono essere impugnati
dinanzi agli organi della giustizia amministrativa entro stretti termini di
decadenza, al cui decorso consegue la perdita del potere di ricorso. Si
deve dunque prestare particolare attenzione a sottolineare che per
inoppugnabilità non si intende radicale impossibilità di ricorrere contro
provvedimenti illegittimi (ciò che sarebbe in contrasto con l’art. 113 della
costituzione in virtù del quale contro gli atti della pubblica amministrazione
è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi
legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa), ma
soggezione del potere di ricorrere a rigidi termini di decadenza.
Gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo sono i seguenti:
- il soggetto: corrisponde all’organo titolare del potere amministrativo; è
individuato dalla legge.
- L’oggetto: si tratta della persona, della cosa o della situazione giuridica
sulla quale si producono gli effetti del provvedimento.
- La causa: si tratta dell’interesse pubblico primario che, in base alle
previsioni di legge, il provvedimento amministrativo è chiamato a curare.
- La motivazione.
- La forma: la forma del provvedimento amministrativo è tendenzialmente
libera, potendo esso assumere forma scritta (es. un verbale), orale (es. un
ordine), o simbolica (es. un segnale stradale). In genere è la legge a
stabilire quale forma il provvedimento debba assumere.

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 30


CAPITOLO 9 - L’INVALIDITÀ DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Il provvedimento amministrativo può essere affetto da vizi che ne

determinano l’invalidità, la quale può assumere le forme della nullità o

dell’annullabilità

La nullità corrisponde a difetti insanabili, e fa sì che il provvedimento

amministrativo sia in radice incapace di produrre gli effetti suoi propri; essa è

inoltre rilevabile d’ufficio e senza limiti temporali. Secondo l’art. 21-septies della

l. 241/1990 è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi

essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione (nel senso che il

potere non sussiste in capo all’amministrazione che lo ha esercitato), che è

stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi

previsti dalla legge.

L’annullabilità corrisponde a difetti in principio sanabili e non impedisce che il

provvedimento amministrativo produca i propri effetti fintanto che non sia

annullato. Inoltre essa è rilevabile unicamente dai soggetti interessati, entro

termini prestabiliti di prescrizione o di decadenza. Secondo l’art. 21-octies della

l. 241/1990 è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione

di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.

In particolare:

- l’incompetenza consiste nella violazione della norma circa la competenza

dell’organo, nel senso che il potere sussiste in capo all’amministrazione

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 31


ma il provvedimento è emanato da un organo diverso da quello previsto

dalla legge.

- L’eccesso di potere consiste in uso scorretto, da parte

dell’amministrazione, del proprio potere discrezionale, sindacabile

attraverso le cosiddette figure sintomatiche. Con questa espressione si

intende fare riferimento ad un complesso di sintomi dai quali si può

dedurre l’irragionevolezza della decisione assunta dall’amministrazione (si

pensi ad ipotesi quali l’incompletezza dell’istruttoria, la disparità di

trattamento, l’ingiustizia manifesta, ecc.).

- La violazione di legge: è figura residuale, nel senso che essa raccoglie

tutte le ipotesi di illegittimità del provvedimento che non rientrino nelle due

poc’anzi passate in rassegna. In questa categoria rientrano, tra l’altro, i vizi

formali del provvedimento amministrativo (ad es. la mancanza della

motivazione), i quali però, in base all’art. 21-octies, comma 2, della l.

241/1990, non danno luogo ad annullamento del provvedimento se

l’amministrazione dimostra in giudizio che il contenuto del medesimo non

avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente adottato, in

considerazione della natura vincolata del potere esercitato.

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Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE 3

ELEMENTI E NOZIONI DI DIRITTO


AMMINISTRATIVO, CON PARTICOLARE
RIFERIMENTO AL PROCEDIMENTO
AMMINISTRATIVO DI CUI ALLA LEGGE
241/90 E SUCC. MODIFICHE, E AGLI ATTI
DELLA P.A. ED EVENTUALI VIZI

TEST A RISPOSTA MULTIPLA

di Marco Di Folco

giugno 2008

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi


1. In base alla l. 241/1990 l’obbligo di motivazione sussiste:
a) per tutti i provvedimenti amministrativi, salve le eccezioni previste dalla legge
b) per i soli atti normativi
c) per i soli atti a contenuto generale

2. In base alla l. 241/1990 quali sono i contenuti necessari della motivazione del
provvedimento amministrativo?
a) Le sole ragioni giuridiche della decisione
b) i soli presupposti di fatto della decisione
c) sia le ragioni giuridiche che i presupposti di fatto della decisione

3. In base alla l. 241/1990 i provvedimenti amministrativi concernenti i pubblici


concorsi:
a) devono essere motivati
b) possono essere motivati
c) non possono essere motivati

4. Il procedimento amministrativo può avere inizio:


a) esclusivamente d’ufficio
b) sia d’ufficio che su istanza di parte
c) esclusivamente su istanza di parte

5. In base alla l. 241/1990 il procedimento amministrativo:


a) può concludersi con un provvedimento espresso
b) deve concludersi con un provvedimento espresso
c) non può concludersi con un provvedimento espresso

6. Qual è la fase del procedimento amministrativo nella quale l’amministrazione


raccoglie gli elementi necessari per la decisione?
a) la fase istruttoria
b) la fase decisoria

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c) la fase integrativa dell’efficacia

7. Qual è la fase del procedimento amministrativo nella quale l’amministrazione


adotta formalmente il provvedimento?
a) la fase istruttoria
b) la fase decisoria
c) la fase integrativa dell’efficacia

8. Qual è la fase del procedimento amministrativo volta a far sì che un provvedimento


già adottato divenga altresì efficace?
a) la fase istruttoria
b) la fase decisoria
c) la fase integrativa dell’efficacia

9. In base alla l. 241/1990 quali, tra i seguenti atti, non vanno motivati?
a) gli atti normativi
b) le autorizzazioni
c) le concessioni

10. In base alla l. 241/1990, salvo eccezioni, l’avvio del procedimento amministrativo:
a) non deve essere comunicato
b) deve essere comunicato
c) non può essere comunicato

11. In base alla l. 241/1990 l’avvio del procedimento amministrativo va di norma


comunicato:
a) mediante comunicazione personale
b) mediante pubblicazione sulla stampa
c) mediante pubblicazione sulla gazzetta ufficiale

12. In base alla l. 241/1990 a quali soggetti va di norma comunicato l’avvio del
procedimento amministrativo?
a) esclusivamente ai diretti destinatari del provvedimento finale
b) esclusivamente ai terzi che possono ricevere pregiudizio dal provvedimento finale
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c) ai diretti destinatari del provvedimento finale, ai soggetti che per legge devono
intervenire nel procedimento amministrativo, ai terzi che possono ricevere
pregiudizio dal provvedimento finale

13. In base alla l. 241/1990 in quale ipotesi l’amministrazione può omettere la


comunicazione dell’avvio del procedimento?
a) in tutti i casi in cui lo ritenga opportuno
b) ove ricorrano esigenze di celerità del procedimento
c) mai

14. In base alla l. 241/1990 quali soggetti hanno facoltà di intervenire nel procedimento
amministrativo?
a) esclusivamente i soggetti portatori di interessi pubblici
b) esclusivamente i soggetti portatori di interessi privati
c) i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, nonché i soggetti portatori di
interessi diffusi costituiti associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio
dal provvedimento

15. In base alla l. 241/1990 in quali diritti consiste la partecipazione al procedimento


amministrativo?

a) nel diritto, salve eccezioni, di prendere visione degli atti del procedimento e nel
diritto di presentare memorie scritte e documenti
b) esclusivamente nel diritto di presentare memorie scritte e documenti
c) esclusivamente nel diritto, salve eccezioni, di prendere visione degli atti del
procedimento

16. In base alla l. 241/1990 la richiesta di accesso ai documenti amministrativi:


a) non deve essere motivata
b) deve essere motivata
c) non può essere motivata

17. Il provvedimento amministrativo viziato da eccesso di potere è: nullo


a) annullabile
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b) inesistente

18. In base alla l. 241/1990 quale forma è richiesta per gli accordi sostitutivi del
provvedimento?
a) Necessariamente la forma scritta
b) Necessariamente la forma orale
c) O la forma scritta o quella orale
I
19. In base alla l. 241/1990 le controversie in materia di accordi sostitutivi del
provvedimento sono attribuite alla giurisdizione:
a) Della corte costituzionale
b) Del giudice ordinario
c) Del giudice amministrativo

20. In base alla l. 241/1990 le controversie in materia di diritto di accesso ai documenti


amministrativi sono attribuite alla giurisdizione:
a) Della corte costituzionale
b) Del giudice amministrativo
c) Del giudice ordinario

21. In base alla l. 241/1990 il diritto di accesso può essere esercitato:


a) Esclusivamente mediante visione del documento
b) Mediante visione ed estrazione di copia del documento
c) Esclusivamente mediante estrazione di copia del documento

22. In base alla l. 241/1990, decorsi inutilmente 30 giorni dalla richiesta di accesso,
questa si intende:
a) Respinta
b) Accolta
c) Rinviata

23. In base alla l. 241/1990, ove non diversamente disposto, entro quale termine si
deve concludere il procedimento amministrativo?
a) Entro novanta giorni
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b) Entro trenta giorni
c) Entro sessanta giorni

24. In base alla l. 241/1990, in sede di comunicazione dell’avvio del procedimento, il


nominativo del responsabile del procedimento:
a) Non deve essere comunicato
b) Deve essere comunicato
c) Non può essere comunicato

25. In base alla l. 241/1990 in quali ipotesi è possibile comunicare l’avvio del
procedimento secondo modalità diverse dalla comunicazione personale?
a) Mai
b) Sempre
c) Solo ove il numero dei destinatari sia troppo elevato

26. Il principio in forza del quale ogni provvedimento amministrativo deve essere
previsto dall’ordinamento è detto:
a) di tipicità
b) di imperatività
c) di unilateralità

27. Gli accordi che determinano il contenuto del provvedimento finale del
procedimento sono detti:
a) Accordi sostitutivi
b) Accordi integrativi
c) Pareri

28. Gli accordi che tengono luogo del provvedimento finale sono detti:
a) Accordi sostitutivi
b) Accordi integrativi
c) Pareri

29. In base alla l. 241/1990 può l’amministrazione recedere unilateralmente da un


accordo sostitutivo del provvedimento?
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a) Sì, per sopravvenuti motivi di interesse pubblico
b) No
c) Sì, sempre

30. In base alla l. 241/1990 ove l’amministrazione receda unilateralmente da un


accordo sostitutivo il privato che ne sia danneggiato:
a) Può ricevere un indennizzo
b) Non può ricevere un indennizzo
c) Deve ricevere un indennizzo

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Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE N.4

IL LAVORO ALLE DIPENDENZE


DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
ED IL PERSONALE DIPENDENTE DEGLI
ENTI LOCALI.
D.LGS N.165/2001

DISPENSA

di Ivan Bechini

Giugno 2008

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1
INDICE
CAPITOLO I - IL LAVORO PUBBLICO................................................................................ 4
1.1. Caratteristiche originarie ............................................................................................ 4
CAPITOLO 2 - EVOLUZIONE NORMATIVA ..................................................................... 5
2.1. L'ordinamento originario............................................................................................. 5
2.2. I primi interventi di riforma legislativa: la privatizzazione del pubblico impiego.6
2.3. La seconda privatizzazione. ...................................................................................... 7
CAPITOLO 3 - LA DISCIPLINA ATTUALE: IL DECRETO LEGISLATIVO 30 MARZO
2001, N. 165 ............................................................................................................................. 8
3.1. Caratteristiche, articolazione ed ambito di applicazione della norma................. 8
3.2. L'accesso al lavoro pubblico.................................................................................... 10
3.2.1. L'accesso tramite procedure selettive. ............................................................10
3.2.2. L'accesso tramite procedure non selettive. .................................................... 11
3.2.3. Le incompatibilità. ............................................................................................... 11
3.2.4. Il contratto individuale di lavoro. .......................................................................12
3.2.5. Periodo di prova e formazione del personale. ...............................................13
3.3. Gli effetti della privatizzazione: dal pubblico impiego al lavoro pubblico. Il ruolo
della contrattazione collettiva.......................................................................................... 13
3.3.1. Il procedimento di contrattazione collettiva. ...................................................15
3.4. La normativa applicabile al lavoro pubblico. ......................................................... 16
3.4.1. Poteri del privato datore di lavoro. ...................................................................17
3.4.1.1. Nuove forme di discriminazione: il fenomeno del mobbing......................... 18
3.5. La struttura del pubblico impiego............................................................................ 19
3.5.1. Pianta organiche, dotazione e ruolo. ...............................................................19
3.5.2. Qualifica funzionale. ...........................................................................................20
3.6. I doveri dell'impiegato............................................................................................... 20
3.7. I diritti del dipendente pubblico. .............................................................................. 21
3.7.1. Il diritto all'ufficio..................................................................................................21
3.7.2. Il diritto alla funzione. .........................................................................................22
3.7.2.1. La disciplina delle mansioni.............................................................................. 22
3.7.2.2. Altri istituti modificativi del rapporto di impiego. ............................................ 23
3.7.2.3. Il divieto di dequalificazione.............................................................................. 24

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2
3.7.3. Il diritto al trasferimento. ....................................................................................25
4.1. La responsabilità disciplinare. ................................................................................. 26
4.1.1. Il procedimento disciplinare. .............................................................................26
4.1.1.1. Principi generali. ................................................................................................. 26
4.1.1.2. Svolgimento del procedimento disciplinare. .................................................. 27
4.1.1.3. La giurisdizione................................................................................................... 28
4.1.2. Rapporti tra procedimento penale e disciplinare. ..........................................29
CAPITOLO 5 - LA MOBILITÀ ............................................................................................. 30
5.1. La mobilità volontaria................................................................................................ 30
5.2. La mobilità collettiva.................................................................................................. 32
CAPITOLO 6 - ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI IMPIEGO ...................................... 32
CAPITOLO 7 - IL RAPPORTO DI LAVORO FLESSIBILE ............................................ 33

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3
CAPITOLO I - IL LAVORO PUBBLICO

1.1. Caratteristiche originarie


Il rapporto di lavoro pubblico trova la sua origine nel rapporto speciale che intercorre
tra il soggetto privato e la pubblica amministrazione, riassumibile nella nozione di
Stato apparato.
Una simile specialità si fonda sulla peculiarità della prestazione lavorativa del
dipendente pubblico, inestricabilmente connessa con la cura dell'interesse generale,
tanto che da essa discendono una serie di obblighi e doveri che travalicano la sfera
lavorativa e impongono un adeguato comportamento anche nella vita privata.
La figura dell'impiegato pubblico si caratterizzava per una duplicità di profilo:
1. funzionario dello Stato, per cui l'impiegato immedesimava la Pubblica
Amministrazione tanto che diveniva una parte legittimata ad esprimerne la
volontà (cd. rapporto organico);
2. lavoratore subordinato, per cui in capo al lavoratore dipendente sorgevano una
serie di diritti e di obblighi in tutto simili a quelli stabiliti per il lavoratore privato
nell'ambito dell'ordinario rapporto di lavoro subordinato (cd. rapporto di
servizio).
Tra i due elementi costituenti il rapporto di lavoro pubblico, l'aspetto rappresentativo
della funzione pubblica, ovvero il rapporto organico, finì per essere prevalente, con
conseguenze importanti sulla disciplina legislativa della materia, quali:
1. la supremazia della Pubblica Amministrazione sui propri dipendenti;
2. la collocazione del pubblico impiego entro l'ambito del diritto amministrativo;
3. la qualificazione delle pretese dei lavoratori pubblici come interessi legittimi
anziché diritti soggettivi;
4. l'attribuzione della giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo sulle
controversie di lavoro pubblico.
Di tali origini troviamo traccia in una recente sentenza della Corte Costituzionale1
nella quale la Corte stessa, a riconferma di una propria giurisprudenza, ammette al
possibilità di una disciplina differenziata del rapporto di lavoro pubblico rispetto a

1 Sent. 16 maggio 2008, n. 146. V. anche C. Cost. 275/2001; 82/2003; 199/2003; 367/2006.

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4
quello privato, in quanto il processo di omogeneizzazione incontra il limite della
specialità del rapporto e delle esigenze del perseguimento degli interessi generali. La
pubblica amministrazione infatti conserva sempre una connotazione peculiare,
essendo tenuta al rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon
andamento, che al contrario non si applicano al rapporto di lavoro privato. Per altro,
argomenta sempre la Corte, la stessa disciplina contrattualistica presenta delle
differenze di trattamento, tant'è vero che il contratto collettivo del pubblico impiego è
efficace erga omnes, inderogabile sia in peius che in melius ed è oggetto di diretto
sindacato da parte della Corte di Cassazione per violazione o falsa applicazione, con
conseguente influenza sul piano processuale.
Da tutto ciò si ricava che le differenze ancora esistenti tra il rapporto di lavoro
pubblico e quello privato sono legittime e non consentono di invocare il principio di
uguaglianza per estendere singole norme o disposizioni di favore previste per il
rapporto di lavoro privato.
Tali osservazioni preliminari devono essere tenute presenti poiché rivestono ancora
un carattere di attualità. Le radici pubblicistiche della disciplina del rapporto di lavoro
alle dipendenze della Pubblica Amministrazione influenzano ancora il legislatore ed il
comportamento dei giudici del lavoro.

CAPITOLO 2 - EVOLUZIONE NORMATIVA

2.1. L'ordinamento originario.


La normativa speciale in materia di pubblico impiego risale al D.P.R. 30 giugno 1957,
n. 3 “Testo Unico degli impiegati civili dello Stato”. La norma si caratterizza per la
netta prevalenza data al rapporto organico, fino a rendere irrilevante la fonte
contrattuale collettiva ed a prevedere che il rapporto si costituisse con un decreto di
nomina, dunque con un atto unilaterale della Pubblica Amministrazione, al posto del
contratto.
Anche la Costituzione dedica numerose norma al pubblico impiego, a riprova della
particolarità di questo rapporto. Si tratta in particolare dei seguenti articoli:
- art. 51, il quale afferma che tutti i cittadini possono accedere ai pubblici uffici in
condizioni di uguaglianza;

5
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
- art. 54; che stabilisce il dovere dei cittadini cui sono affidate pubbliche funzione
di adempierle con disciplina e onore;
- art. 97; che fissa la regola del concorso per l'accesso agli impieghi pubblici e
sancisce il principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione e
stabilisce anche una riserva di legge in tema di organizzazione dei pubblici
uffici;
- art. 98; il quale proclama che “i pubblici impiegati sono al servizio della
nazione”.

2.2. I primi interventi di riforma legislativa: la privatizzazione del pubblico impiego.


Nel corso dei decenni si sono succeduti vari provvedimenti normativi di riforma del
settore che hanno preparato il terreno giuridico e dottrinale che ha consentito di
addivenire alla disciplina attuale. In particolare sono da segnalare due norme:
1. la L. 29 marzo 1983, n. 93 “Legge quadro sul pubblico impiego”;
2. il D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29.
La legge del 1983 in particolare ha riconosciuto il ruolo della contrattazione collettiva
nella disciplina degli aspetti del pubblico impiego non sottoposti a riserva di legge o
ad atti unilaterali della Pubblica Amministrazione.
Tuttavia la fonte negoziale, per dispiegare i propri effetti, deve essere oggetto di una
complessa procedura che prevede il recepimento del contratto collettivo tramite un
decreto del Presidente della Repubblica. Comunque sia la norma pone per la prima
volta dei principi importanti: efficienza del settore pubblico; perequazione e
trasparenza del trattamento economico; riassetto dei profili professionali. Tutti questi
principi sono stati ripresi ed implementati dal D. Lgs. 29/19932.
La norma ha senza dubbio una portata realmente riformatrice del settore poiché,
insieme alla L. 23 ottobre 1992, n. 421, si realizza la “privatizzazione” o
“contrattualizzazione” del pubblico impiego.
La riforma poggia su tre pilastri:

2 La norma è stata integrata e parzialmente modificata dai decreti legislativi 247/1993; 470/1993; 546/1993 e
dalla L. 273/1995. In seguito la norma è stata oggetto di profonde revisioni per effetto della L. 59/1997 (c.d.
Legge Bassanini), in base alla quale sono stati emanati i decreti legislativi 396/1997 in materia di
contrattazione collettiva; 80/1998 in materia di organizzazione, di rapporto di lavoro e di giurisdizione nelle
controversie di lavoro; 387/1998 modificativo dei decreti legislativi 29/1993 e 80/1998.
6
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
1. estensione delle norme del diritto privato al rapporto di pubblico impiego;
2. diretta applicabilità della disciplina della contrattazione collettiva;
3. attribuzione al datore di lavoro pubblico degli stessi poteri di gestione del
rapporto propri del datore di lavoro privato.

2.3. La seconda privatizzazione.


Una seconda fase di riforme risale alle c.d. Leggi Bassanini, in particolare:
1. la L. 59/1997;
2. la L. 127/1997;
Entrambe le norme riaprono i termini della legge delega contenuta nella L. 421/1992
e pongono ulteriori principi direttivi:
- estensione delle norme di diritto privato anche al rapporto di lavoro dei dirigenti;
- creazione di un ruolo unico della dirigenza;
- semplificazione e riordino della contrattazione collettiva;
- definitiva devoluzione al giudice ordinario di tutte le controversie di lavoro;
- previsione di procedure di consultazione delle organizzazioni sindacali
firmatarie dei contratti collettivi prima dell'adozione di atti di organizzazione
interna;
- creazione di un codice di comportamento dei dipendenti ed adozione di codici
analoghi da parte delle singole amministrazioni.
Sulla base di questi criteri viene emanato il D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che ha
riscritto gran parte del D. Lgs. 29/1993 ed inserito le seguenti finalità:
- separazione degli atti (di diritto pubblico) di organizzazione degli uffici e gli atti
(di diritto privato) di regolazione del rapporto di lavoro;
- valorizzazione del ruolo della contrattazione collettiva con devoluzione
esclusiva della disciplina dei trattamenti retributivi;
- netta separazione tra atti di indirizzo politico, spettante agli organi di governo, e
potere gestionale, spettante alla dirigenza;
- contrattualizzazione del rapporto di impiego dei dirigenti;
- revisione delle regole organizzative dei pubblici uffici ed attribuzione
dell'autonomia gestionale ai dirigenti;
- revisione delle regole relative al reclutamento del personale;

7
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
- estensione della legislazione privatistica in tema di impiego flessibile;
- estensione della disciplina privatistica in tema di mansioni, mobilità e
trasferimento di attività;
In seguito, con L. 16 giugno 1998, n. 191, c.d. Bassanini ter, è stato emanato il D.
Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387, che ha introdotto notevoli innovazioni, soprattutto in
tema di:
- accesso alla dirigenza, prevedendo l'obbligo dei concorsi per esami;
- formazione dei dirigenti;
- durata degli incarichi dirigenziali;
- possibilità per i dipendenti pubblici di essere destinati temporaneamente presso
pubbliche amministrazioni di Stati comunitari;
- collocamento in disponibilità, con l'introduzione della previsione che la disciplina
della mobilità collettiva si applica anche quando le dichiarazioni di eccedenze
siano fatte in occasioni distinte durante l'anno;
- nuovi requisiti per i concorsi pubblici;
- revisione più puntuale della disciplina concernente l'esperimento del tentativo
obbligatorio di conciliazione, con la previsione che il giudice, rilevato che la
domanda giudiziale sia stata posta prima della scadenza del termine di 90
giorni dalla promozione del tentativo, deve sospendere il giudizio e fissare un
termine perentorio di 60 giorni per la sua promozione ex art. 412 bis c.p.c.
Infine il D. Lgs. 267/2000, Testo Unico degli Enti Locali (T.U.E.L.) ha raccolto, agli
artt. 88 e seguenti, le norme specifiche applicabili al personale degli enti locali.

CAPITOLO 3 - LA DISCIPLINA ATTUALE: IL DECRETO LEGISLATIVO 30 MARZO


2001, N. 165

3.1. Caratteristiche, articolazione ed ambito di applicazione della norma.


Questo lungo percorso riformatore ha portato da ultimo alla emanazione del D. Lgs.
30 marzo 2001, n. 165, “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche”, attuativo della delega contenuta nella L. 24
novembre 2000, n. 340.
Il D. Lgs. 165/2001 ha una natura compilativa, nel senso che non innova rispetto al

8
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
D. Lgs. 29/1993, limitandosi ad inserire alcune norme di raccordo ed a colmare
alcune lacune normative.
Il nuovo assetto normativo scaturente dal D. Lgs. 165/2001 presenta alcune
caratteristiche fondamentali:
1. separazione tra materie riservate alla legge e agli atti unilaterali della Pubblica
Amministrazione e materie assoggettate alla disciplina privatistica;
2. separazione tra compiti di indirizzo politico-amministrativo e compiti di
organizzazione gestionale degli uffici e dei rapporti di lavoro;
3. ampliamento della contrattazione collettiva;
4. riforma della disciplina della dirigenza pubblica;
5. allineamento della disciplina del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti a
quella privatistica, con particolare riferimento al tema della mobilità individuale e
collettiva;
6. devoluzione del contenzioso al giudice ordinario ed applicazione del tentativo
obbligatorio di conciliazione.
La struttura del D. Lgs. 165/2001 può essere così schematizzata:
1. Titolo I (art. 1-9): principi generali;
2. Titolo II (art. 10-39):organizzazione, suddiviso in più capi relativi alla
trasparenza amministrativa (art. 10-12), disciplina dei dirigenti (artt. 13-29),
mobilità del dipendente pubblico (artt. 30-34bis) e reclutamento del personale
(artt. 35-39)
3. Titolo III (artt. 40-50): contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale;
4. Titolo IV (artt. 51-57): disciplina del rapporto di lavoro;
5. Titolo V (artt. 58-62): spesa del personale della Pubblica Amministrazione;
6. Titolo VI (artt. 63-66): devoluzione della giurisdizione al giudice ordinario;
7. Titolo VII (artt. 67-73): norme transitorie e finali.
La disciplina del decreto legislativo si applica a tutte le pubbliche amministrazioni3,

3 Art. 1, comma 2, D. Lgs. 165/2001: “Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni
dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed
amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità
montante, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non
economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di
cui al secreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.
9
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con le sole eccezioni previste dal successivo art. 34
3.2. L'accesso al lavoro pubblico.
3.2.1. L'accesso tramite procedure selettive.
Anche se il legislatore ha portato avanti un processo di privatizzazione del pubblico
impiego, ciò non esclude che vi siano delle peculiarità dettate dalla natura pubblica
del datore di lavoro.
Il combinato disposto dell'art. 97 della Costituzione e delle norme speciali sopra
richiamate stabilisce che l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni avvenga:
1. tramite procedure selettive volte ad accertare la professionalità e che
garantiscano imparzialità, oggettività, trasparenza e celerità;
2. mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento, per le qualifiche
per le quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo;
3. attraverso l'assunzione obbligatoria dei soggetti appartenenti a categorie
protette, secondo quanto stabilito dalla L. 68/1999.
La norma ha lo scopo di assicurare imparzialità ed efficienza dell'azione
amministrativa, poiché il meccanismo concorsuale dovrebbe garantire la selezione
per personale qualificato.
Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale con sentenza 5 luglio 2004, n. 205
che ha ribadito l'inderogabilità del principio del concorso pubblico e che tale regola
può dirsi rispettata solo quando le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed
irragionevoli prove di restrizione dell'ambito dei soggetti legittimati a partecipare.
Pertanto il principio è incompatibile con la riserva integrale dei posti disponibili nel
ruolo in favore di personale interno.
L'art. 35 D. Lgs. 165/2001 prevede che la selezione debba avvenire nel rispetto di
alcuni principi fondamentali:
1. adeguata pubblicità della selezione e delle modalità di svolgimento che
garantiscano imparzialità ed economicità;
2. adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti per la verifica dei requisiti
attitudinali e professionali richiesti;

4 Eccezioni sono previste per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili; per avvocati e procuratori dello
Stato; per il personale militare, delle forze di polizia, della carriera diplomatica e prefettizia; per i dipendenti
degli enti che svolgono la propria attività nelle materie del risparmio, credito e valuta, nonché tutela del
risparmio, dei valori mobiliari della concorrenza e del mercato; dipendenti di organi costituzioni ed alcune
autorità indipendenti; personale della carriera dirigenziale penitenziaria.
10
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
3. rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
4. decentramento delle procedure;
5. composizione delle commissioni esclusivamente con esperti nelle materie del
concorso e che non ricoprano incarichi politici o sindacali.

3.2.2. L'accesso tramite procedure non selettive.


Per le qualifiche ed i profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola
dell'obbligo, l'assunzione avviene mediante avviamento degli iscritti nelle liste di
collocamento.
Infine la legge 68/1999 disciplina il tema del collocamento obbligatorio ai fini
dell'inserimento lavorativo delle c.d. categorie protette, vale a dire le persone disabili.
L'art. 35, comma 2, D. Lgs. 165/2001 fa esplicito richiamo alla normativa del 1999 ed
impone l'obbligo di assunzione delle persone disabili, con precisi criteri di
proporzione numerica e previa verifica della compatibilità della invalidità con le
mansioni da svolgere.
Da notare che sul tema è intervenuta la Cass. Sez. lav. con sent. 3120/1999
negando l'esistenza di un diritto soggettivo all'assunzione per gli appartenenti alle
categorie protette, ma soltanto l'esistenza di un interesse legittimo, al quale si correla
la discrezionalità amministrativa nella valutazione dei requisiti.

3.2.3. Le incompatibilità.
Dall'art. 98 della Costituzione deriva un regime di incompatibilità tra rapporto di
lavoro pubblico ed altre attività di lavoro (c.d. dovere di esclusività del dipendente
pubblico). Il D. Lgs. 165/2001 stabilisce una rigida incompatibilità, che tuttavia non si
applica ai dipendenti pubblici in regime di tempo parziale con prestazione lavorativa
non superiore al 50% di quella a tempo pieno.
Il D. Lgs. 165/2001 prevede inoltre un regime in materia di cumulo di incarichi, che
ha come regola generale il divieto. L'art. 53, comma 2, afferma espressamente che
“Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non
compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o
disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente
autorizzati”.

11
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Dunque il divieto non è assoluto e dalla norma in esame si possono trarre le seguenti
conclusioni:
1. le amministrazioni di appartenenza possono conferire incarichi aggiuntivi in
presenza di una apposita previsione legislativa o con espressa autorizzazione
che tenga conto delle specifiche competenze e professionalità del dipendente
incaricato;
2. le pubbliche amministrazioni possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di
altre amministrazioni solo con la preventiva autorizzazione dell'amministrazione
di appartenenze;
3. i soggetti pubblici o privati che intendono conferire un incarico a un dipendente
pubblico devono preventivamente richiedere, anche per mezzo del dipendente
stesso, l'autorizzazione all'amministrazione di appartenenza.
La violazione delle norme in questione è punita con l'acquisizione da parte
dell'amministrazione di appartenenza del compenso ricevuto dal dipendente, fermo
restando la responsabilità disciplinare.

3.2.4. Il contratto individuale di lavoro.


Una volta espletata la procedura di selezione viene stipulato il contratti individuale di
lavoro con i candidati che l'abbiano superata.
Il rapporto di lavoro pubblico sorge da un contratto individuale di lavoro, ovvero
dall'accordo mediante il quale una parte si obbliga, a fronte di una retribuzione, a
prestare la propria attività intellettuale o manuale. Per la sua sussistenza è
necessaria la presenza di alcuni elementi caratterizzanti, al di là delle denominazioni
formali, quali ad esempio la subordinazione gerarchica del prestatore di lavoro ed il
suo inserimento nell'organizzazione interna.
La sottoscrizione di questo contratto ha sostituito il provvedimento di nomina, che
prima della contrattualizzazione del pubblico impiego, rappresentava l'atto con il
quale si determinava l'immissione in servizio del dipendente. È solo con la firma del
contratto individuale che si formalizza il rapporto di lavoro5. Da ciò consegue che la
tutela giurisdizionale del dipendente deve ritenersi soggetta a prescrizione e non a

5 Cons. Stato, Sez. I, 1849/2002.


12
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
termine di decadenza6 e che il potere di autotutela dell'amministrazione non può
estendersi al contratto di lavoro individuale7.
Quindi la fase di stipulazione del contratto individuale di lavoro è una fase ben
distinta e successiva alla fase di espletamento delle procedure concorsuali che si
conclude con l'approvazione delle graduatorie, restando quest'ultima sottoposta alla
disciplina dei provvedimenti amministrativi.
Va tenuto presente che i dipendenti pubblici, con la sottoscrizione del contratto
individuale di lavoro, accettano che la fonte regolatrice del rapporto sia la disciplina
contenuta nel contratto collettivo, al quale il contratto individuale rinvia8

3.2.5. Periodo di prova e formazione del personale.


L'impiegato assunto in servizio non ottiene subito l'iscrizione in ruolo vale a dire la
stabilità, ma deve soggiacere ad un periodo di prova di quattro mesi (o due mesi per
le professionalità inferiori) ai fini del quale si computa soltanto il periodo di servizio
effettivamente reso.
Infine l'art. 7 bis, D. Lgs. 165/2001 prevede, al fine di mantenere ed accrescere la
competenza del personale dipendente, che le pubbliche amministrazioni
predispongano annualmente un piano di formazione del proprio personale.

3.3. Gli effetti della privatizzazione: dal pubblico impiego al lavoro pubblico. Il ruolo
della contrattazione collettiva.
Il processo di privatizzazione del pubblico impiego ha apportato profonde modifiche
al procedimento di contrattazione.
Innanzitutto il D. Lgs. 29/1993 ha abolito la previsione per la quale il contratto
collettivo acquistava efficacia solo a seguito del recepimento di quest'ultimo ad opera
di un D.P.R., rendendo così la contrattazione collettiva una fonte primaria di
disciplina del rapporto di lavoro pubblico, analogamente a quanto avviene per il
rapporto di lavoro privato.
In base all'art. 40 D. Lgs. 165/2001, che ha sostituito l'art. 45 D. Lgs. 29/1993, “La
contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed

6 Cfr. Tar Lombardia, Sez. II, n. 5944/2000.


7 Cfr. Tar Toscana, Sez. I, n. 707/1999.
8 Tar Lazio, Sez. I, sent. n. 1323/1998.
13
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
alle relazioni sindacali” e si sviluppa su due livelli:
1. contratti nazionali collettivi di comparto;
2. contratti collettivi decentrati integrativi9.
La contrattazione collettiva di comparto, ovvero per settori affini, rappresenta l'unità
fondamentale della contrattazione collettiva10 e si svolge tra l'ARAN e le
confederazioni sindacali maggiormente rappresentative. La contrattazione collettiva
disciplina la durata dei contratti collettivi nazionali ed integrativi, la struttura
contrattuale ed i rapporti tra i diversi livelli. Nei limiti fissati dalla contrattazione
nazionale, le pubbliche amministrazioni devono attivare autonomi livelli di
contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dalla
programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Ovviamente
non è possibile sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi in contrasto con i
vincoli e gli obblighi derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale, pena la nullità
di ogni clausola difforme11.
L'art. 41, secondo comma, D. Lgs. 165/2001 fa riferimento ad accordi che
definiscono o modificano i comparti di contrattazione o che regolano istituti comuni a
più pubbliche amministrazioni. Si tratta della contrattazione di livello
intercompartimentale, che tuttavia, a seguito della valorizzazione della contrattazione
collettiva nazionale ed integrativa ha visto di molto erodere il proprio ambito.
Merita inoltre evidenziare la particolare attenzione che il legislatore della riforma ha
posto sui c.d. vincoli di bilancio. In materia è prevista un'apposita procedura per
l'accertamento della compatibilità economica e finanziaria ed un successivo sistema
di verifica12, del quale sono investiti i comitati di settore, il Governo e gli organi di
controllo interno di ciascuna amministrazione. Al buon esito di queste procedure è
subordinata la stipula del contratti collettivi integrativi.
Per quanto attiene al trattamento economico del dipendenti pubblici, questa materia

9 Per la disciplina delle materie comuni a più comparti sono previsti i c.d. contratti o accordi quadro, che
sostituiscono il livello intercompartimentale e sono validi per tutti i lavoratori e per tutte le amministrazioni.
10 I contratti collettivi di contrattazione sono stati definiti con appositi Contratti Collettivi Nazionali Quadro
(CCNQ), l'ultimo dei quali, per il quadriennio 2002-2005, è stato sottoscritto con accordo de 18/12/2002. I
comparti di contrattazione collettiva sono i seguenti: Ministeri; Enti pubblici non economici; Regioni ed
autonomie locali; Sanità; Ricerca; Scuola; Università; Aziende; Presidenza del Consiglio; Agenzie fiscali;
Accademie di belle arti, di danza ed arte drammatica; Enti ex. art. 70 D. Lgs. 165/2001). I dirigenti
costituiscono infine un'ulteriore e distinta area contrattuale, così come i vicedirigenti.
11 V. art. 40, terzo comma, D. Lgs. 165/2001.
12 V. artt. 39, comma 3 ter, L. 449/1997 e 40 bis, D. Lgs. 165/2001.
14
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
è di esclusiva competenza della contrattazione collettiva nazionale13. La riserva fa
riferimento ai minimi tabellari che devono essere garantiti dalle pubbliche
amministrazioni; mentre per quanto attiene ai trattamenti economici accessori, questi
rientrano nel potere gestionale dei dirigenti, benché nel rispetto di quanto stabilito in
sede di contrattazione collettiva, la quale deve indicare i criteri oggettivi per
l'attribuzione di tali trattamenti, con particolare riferimento:
1. alla produttività individuale;
2. alla produttività collettiva tenendo conto dell'apporto di ciascun dipendente;
3. all'effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate obiettivamente
pericolose o dannose per la salute.
La contrattazione collettiva si svolge tra l'ARAN (Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni) ed i sindacati maggiormente
rappresentativi.
Nel settore pubblico la maggiore rappresentatività è sottoposta a criteri oggettivi di
accertamento definiti dall'art. 43 D. Lgs. 165/200114.

3.3.1. Il procedimento di contrattazione collettiva.


L'art. 47 D. Lgs. 165/2001 disciplina il procedimento di contrattazione, riassumibile in
quest'ordine:
1. i comitati di settore deliberano gli indirizzi cui deve attenersi l'Aran, che poi darà
avvio alle trattative;
2. una volta raggiunta l'ipotesi di accordo, l'Aran invia il testo al comitato di settore
per acquisirne il parere, che deve essere reso entro 5 giorni;
3. in caso di parere negativo si riaprono le trattative. In caso di parere favorevole
l'Aran trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei Conti per
la certificazione della compatibilità del contratto con i vincoli di bilancio. La
Corte deve deliberare entro 15 giorni;

13 V. art. 45, D. Lgs. 165/2001.


14 Art. 43, primo comma, D. Lgs. 165/2001: “L'Aran ammette alla contrattazione collettiva nazionale le
organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5 per
cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è
espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle
deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti
nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito
considerato”.
15
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
4. in caso di parere positivo (o decorsi inutilmente 15 giorni), l'Aran sottoscrive
l'accordo. In caso di parere negativo devono essere assunte le iniziative
necessarie per riportare i costi contrattuali all'interno dei vincoli di bilancio
oppure riavviate le procedure negoziali;
La procedura di certificazione deve comunque concludersi entro 40 giorni, salvo una
ulteriore sospensione per l'esame dell'ipotesi di accordo da parte del Consiglio dei
Ministri. In ogni caso decorsi 55 giorni i contratti sono efficaci15. Sempre in tema di
efficacia del contratto, l'art. 40, quarto comma,. D. Lgs. 165/2001 dispone che “Le
pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi
nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano
l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti”.
Questa previsione elimina alla radice ogni problema circa la vincolatività dei contratti
per la pubblica amministrazione, che è comunque rappresentata da un organismo
unitario; eccezion fatta per l'importante deroga introdotta dall'art. 17, L. 448/2001
(Legge Finanziaria per il 2002)16. Diverso è invece il discorso per il singolo
dipendente. L'esclusione del recepimento del contratto con atto regolamentare da
parte della pubblica amministrazione ha posto il problema della sua applicabilità erga
omnes. Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale con sent. 30/09/1997
affermando che: “il pubblico dipendente (...) rinviene nel contratto individuale di
lavoro (...) la fonte regolatrice del proprio rapporto: l'obbligo di conformarsi,
negozialmente assunto, nasce proprio dal rinvio alla disciplina collettiva contenuto
[necessariamente, n.d.a.] in tale contratto”.

3.4. La normativa applicabile al lavoro pubblico.


Il rapporto di lavoro pubblico, per quanto attiene alla normativa civilistica, è oggi
disciplinato dalle seguenti norme:
1. artt. 2094-2129 c.c. (sezioni II e III, capo I, titolo II del Libro V);
2. leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell'impresa17;

15 Previsione introdotta dall'art. 1, comma 548, L. 296/2006 (Legge finanziaria 2007).


16 La norma, modificando il D. Lgs. 165/2001, ha previsto che, qualora i comitati di settore, di cui ne è istituito
uno per ciascun comparto di contrattazione, rilevino costi non compatibili con i vincoli di bilancio a norma
dell'art. 40 D. Lgs. 165/2001, le relative clausole dell'accordo integrativo siano nulle di diritto e non possono
essere applicate.
17 Tra le quali spicca, per importanza, il D. Lgs. 626/1994 in tema di salute e sicurezza sul luogo di lavoro.
16
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
3. Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970), applicabile a prescindere dal numero dei
dipendenti.
Oltre a quanto detto in tema di assunzione, le eccezioni più rilevanti che si
riscontrano rispetto al modello normativo generale riguardano la disciplina delle
mansioni e quella della mobilità.

3.4.1. Poteri del privato datore di lavoro.


Tra i punti più qualificanti della riforma del lavoro pubblico vi è l'art. 5, D. Lgs.
165/2001, secondo il quale: “le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le
misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti
alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro”.
Ciò implica che la pubblica amministrazione non si trova più nella posizione di
supremazia speciale, bensì in una posizione paritaria rispetto al lavoratore. Inoltre la
qualificazione come atti di diritto privato, anziché provvedimenti amministrativi, degli
atti di gestione del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni, determina alcune conseguenze importanti, nel senso che tali atti:
- non hanno più l'obbligo della motivazione, se non nei casi espressamente
previsti dalla legge;
- non perseguono direttamente un interesse pubblico, ma semplicemente
l'ordinario interesse del dirigente che li pone in essere, identificabile con le
esigenze organizzative.
Non essendo atti amministrativi, gli atti di gestione non devono necessariamente
essere assunti nella forma della delibera o del decreto o della determinazione
dirigenziale; bensì mediante l'adozione di regolamenti interni, analogamente ai
regolamenti aziendali; la stipula di contratti individuali e la sottoscrizione delle
comunicazioni rivolte ai lavoratori.
A ciò consegue la subordinazione del dipendente nei confronti del datore di lavoro,
identificabile nell'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo,
disciplinare e di controllo del datore, il quale incontra il limite del principio di non
discriminazione, ovvero nel divieto di condotta antisindacale, nel divieto di
discriminazione politica, razziale, religiosa, di lingua o sesso, anche se si concretizza
nella concessione di trattamenti economici di maggior favore, ma fondate su tali

17
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
motivi.

3.4.1.1. Nuove forme di discriminazione: il fenomeno del mobbing.


Un fenomeno che da tempo ormai è venuto all'attenzione dell'opinione pubblica è
quello del mobbing. Sul tema la giurisprudenza ha iniziato una propria elaborazione
volta a positivizzare gli elementi costitutivi di questa forma di discriminazione.
A tal proposito la configurazione più diffusa tra la giurisprudenza di merito consiste
nell'attuazione di pratiche dirette ad isolare il lavoratore dall'ambiente lavorativo,
marginalizzandone il ruolo nella comunità di lavoro e isolandolo, sia logisticamente
che funzionalmente, dai colleghi.
La Corte Costituzionale ha definito il mobbing come un complesso fenomeno
consistente in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in
essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in
cui è inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed
emarginazione finalizzato (mobbing strategico) o no (mobbing persecutorio)
all'obiettivo primario di escludere la vittima18. Dunque non si deve credere che il
mobbing sia un comportamento che soltanto il datore di lavoro possa mettere in atto,
ben potendo, un simile atteggiamento, provenire dai colleghi, anche di grado
inferiore.
Nonostante il tema sia di stretta attualità, ancora non è semplice identificare i casi
reali di mobbing e capire quando veramente si possa parlare di mobbing.
L'INAIL, con circolare 71/2003 ha elencato le situazioni tipiche del mobbing:
- marginalizzazione dell'attività lavorativa;
- svuotamento di mansioni e mancata assegnazione dei compiti e degli strumenti
lavorativi;
- ripetuti trasferimenti ingiustificati;
- prolungata attribuzione di compiti dequalificanti od esorbitanti rispetto al profilo
professionale ed alle eventuali condizioni psichiche e fisiche;
- impedimento sistematico e strutturale all'accesso alle notizie, anche in relazione
all'ordinaria attività di lavoro;
- esercizio esasperato ed eccessivo delle forme di controllo.

18 Corte Cost. 359/2003.


18
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Allo stato attuale tuttavia manca una normazione primaria che consenta di
identificare chiaramente il mobbing; anche se la giurisprudenza di legittimità ha
rinvenuto nel mobbing una violazione degli obblighi contrattuali derivanti dal rapporto
di lavoro, indipendentemente dalla natura dei danni subiti19.
Anche in considerazione della natura della responsabilità, è di notevole importanza
che il CCNL Regioni e Autonomie Locali punisca quei comportamenti che, alla luce di
quanto detto sopra, possono essere identificati come mobbing.
Il CCNL 11 aprile 2008, riprendendo una previsione già contenuta nel previgente
CCNL, punisce con la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della
retribuzione fino ad un massimo di 10 giorni in caso di “sistematici e reiterai atti o
comportamenti aggressivi, ostili e denigratori che assumano forme di violenza morale
o di persecuzione psicologica nei confronti di un altro dipendente” e con la più grave
sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un
minimo di 11 giorni fino ad un massimo di 6 mesi per “esercizio, attraverso
sistematici e reiterati atti e comportamenti aggressivi, ostili e denigratori, di forme di
violenza morale o di persecuzione psicologica nei confronti di un altro dipendente al
fine di procurargli un danno in ambito lavorativo o addirittura di escluderlo dal
contesto lavorativo”20.

3.5. La struttura del pubblico impiego.


3.5.1. Pianta organiche, dotazione e ruolo.
La struttura del pubblico impiego si suddivide in:
1. Pianta organica, che individua il complesso delle posizioni lavorative previste
dal disegno organizzativo dell'ente;
2. Dotazione organica, che indica il numero complessivo dei posti effettivamente
assegnati a ciascuna amministrazione;
3. Ruoli, che rappresentano i posti stabili e permanenti nel tempo presenti in
pianta organica. A sua volta i ruoli si possono distinguere in centrali o periferici;
tecnici o amministrativi e ad esaurimento.
In base all'art. 6, D. Lgs. 165/2001, l'organizzazione e la disciplina degli uffici, la loro

19 Cass. S.U., n. 8438/2004.


20 Art. 3, comma 5, lett. l) e comma 6, lett. c), CCNL Regioni e Autonomie Locali 2006-2009.
19
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
consistenza e la determinazione delle dotazioni organiche, sono stabilite in funzione
dell'accrescimento dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni, della
razionalizzazione del costo del lavoro e della migliore utilizzazione delle risorse
umane. Naturalmente non possono essere individuate posizioni in soprannumero.

3.5.2. Qualifica funzionale.


La disciplina della qualifica funzionale e delle aree di classificazione è lasciata alla
contrattazione collettiva, che ha sostituito la precedente disciplina, dettata dalla L.
312/1980. Attualmente il sistema della classificazione delle qualifiche prevede la
suddivisione in aree, all'interno delle quali sono collocati i profili professionali, che
descrivono i contenuti specifici relativi all'area di appartenenza. All'interno della
singola area, ogni profilo si contraddistingue per differenti gradi di complessità e
pertanto può essere collocato su posizioni economiche diverse, ciascuna
contrassegnata da un numero.
In particolare per quanto riguarda il personale inquadrato all'interno del CCNL
Regioni ed Autonomie Locali sono previste quattro categorie così suddivise:
- categoria A, nella quale sono state accorpate le precedenti qualifiche da I a III;
- categoria B, nella quale sono state accorpate le precedenti qualifiche IV e V;
- categoria C, che coincide con la precedente qualifica VI;
- categoria D, nella quale sono state accorpate le precedenti qualifiche VII e VIII.
L'art. 17 bis, D. Lgs. 165/2001 ha previsto la vice dirigenza, che ancora non è stata
istituita e che dovrebbe andare a sostituire le “posizioni organizzative”.
In tal modo i dirigenti degli uffici pubblici possono delegare funzioni proprie a
personale con posizione a partire dalle categorieC2, C3 o equivalenti e la
conseguente responsabilità della gestione della materia affidata.

3.6. I doveri dell'impiegato.


La materia dei doveri dell'impiegato è disciplinata dagli artt. 54 e 55 D. Lgs.
165/2001, in base ai quali i doveri sono definiti dal codice di comportamento uniforme
adottato dal Dipartimento della Funzione Pubblica, sentite le confederazioni sindacali
maggiormente rappresentative e dai codici di comportamento adottati dalle singole
pubbliche amministrazioni, i quali contengono eventuali integrazioni e specificazioni.

20
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
In linea generale i doveri del dipendente pubblico possono essere suddivisi in due
tipologie:
- doveri di carattere pubblicistico: si tratta del dovere di fedeltà alla Repubblica di
cui all'art. 51 Cost.; rispetto dei principi di imparzialità e buon andamento di cui
all'art. 97 Cost;
- doveri di carattere privatistico; si tratta dei doveri di diligenza, obbedienza e
fedeltà sanciti dagli artt. 2104 e 2105 c.c. per il rapporto di lavoro privato.
L'elencazione più in dettaglio dei singoli doveri è lasciata ai CCNL, in particolare si
tratta degli obblighi di:
1. imparzialità, correttezza, collaborazione e trasparenza nei confronti dei cittadini
e dell'utenza;
2. efficienza nello svolgimento delle funzioni;
3. attenersi scrupolosamente agli standard di qualità riportati dalle Carte dei
Servizi;
4. responsabilizzazione in relazione ai compiti svolti e di informazione e relazione
agli uffici di controllo interno;
5. semplificazione delle attività amministrative in favore dei cittadini e delle
imprese;
e dei divieti di :
6. sfruttare nella vita sociale la posizione pubblica ricoperta;
7. divulgare notizie di ufficio;
8. partecipare ad organizzazioni la cui attività possa arrecare danni
all'amministrazione e di collaborare con soggetti professionali che abbiano
interessi economici afferenti alle attività istituzionali della pubblica
amministrazione.

3.7. I diritti del dipendente pubblico.


3.7.1. Il diritto all'ufficio.
In questo caso è più opportuno parlare di legittima aspettativa e si fa riferimento
all'aspettativa del dipendente pubblico di non essere rimosso dal proprio ufficio se
non nei casi previsti dalla legge, quali gravi malattie o infortuni che rendano
impossibile svolgere qualsiasi lavoro, o dai contratti collettivi.

21
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
3.7.2. Il diritto alla funzione.
Il diritto alla funzione consiste nel diritto all'esercizio delle funzioni inerenti alla propria
qualifica. In base all'art. 52 D. Lgs. 165/2001 il dipendente pubblico può essere
adibito:
- alle mansioni per le quali è stato assunto;
- alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione
professionale prevista dai contratti collettivi;
- alle mansioni corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente
acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o
selettive.

3.7.2.1. La disciplina delle mansioni.


In tema di mansioni si deve partire dall'art. 2103 c.c., il quale fissa due principi:
1. l'applicazione a mansioni superiori comporta il diritto al conseguente
trattamento economico e la definitività di tali mansioni, purché ciò non sia stato
determinato dalla necessità di sostituire personale assente con diritto alla
conservazione del posto, dopo un periodo predeterminato dai contratti collettivi
e comunque non superiore a tre mesi;
2. il divieto assoluto dell'applicazione a mansioni inferiori
La disciplina civilistica si applica solo parzialmente al pubblico impiego, in quanto
l'art. 52 D. Lgs. 165/2001 prevede una disciplina ad hoc, che si fonda su due principi:
1. il lavoratore può essere assegnato soltanto a mansioni per le quali è stato
assunto;
2. il lavoratore deve essere assegnato a mansioni corrispondenti alla qualifica
superiore che abbia successivamente acquisito a seguito di procedure
concorsuali o selettive.
Al di fuori di questi casi l'esercizio di fatto di mansioni diverse dalla qualifica di
appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore.
Tuttavia per obiettive esigenze di servizio, il dipendente pubblico può essere
temporaneamente adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente
superiore:
1. in caso di vacanza di posto in organico, per un periodo non superiore a 6 mesi,

22
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
prorogabili fino a 12 purché siano state avviate le procedure per la copertura dei
posti vacanti;
2. nel caso di sostituzione di personale assente con diritto alla conservazione del
posto, ad eccezione dell'assenza per ferie.
In tali casi, e soltanto per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al
trattamento economico superiore. Al di fuori di questi casi l'assegnazione è nulla,
fermo restando il diritto del dipendente alla percezione del trattamento economico
superiore. Nel pubblico impiego non trova quindi applicazione l'art. 2103 c.c.
La disciplina delle mansioni superiori si applica solo quando l'attribuzione dei compiti
sia contemporaneamente prevalente sotto il profilo:
1. qualitativo;
2. quantitativo;
3. temporale21.

3.7.2.2. Altri istituti modificativi del rapporto di impiego.


Il rapporto di impiego e dunque le mansioni svolte dal dipendente possono trovare
occasione di modifica e variazione a seguito dell'applicazione dei seguenti istituti:
1. aspettativa; determina la sospensione dell'obbligo della prestazione lavorativa,
la perdita della retribuzione e non è utile ai fini del computo dell'anzianità di
servizio. Può essere concessa per i seguenti motivi:
c servizio militare;
c comprovati motivi personali o di famiglia;
c mandato parlamentare, amministrativo o sindacale;
c svolgimento di attività presso soggetti od organismi pubblici o privati,
anche internazionali, ai sensi dell'art. 23 bis, D. Lgs. 165/2001.
2. collocamento in disponibilità; può essere attivato a seguito dell'infruttuosità della
procedura di mobilità collettiva od immediatamente se le eccedenze sono
inferiori a 10 unità. Anche in questo caso non vi è più l'obbligo della
prestazione, si determina la perdita della retribuzione ed il periodo non è

21 V. Cass. sent. n. 4272/2007: il temporaneo svolgimento di mansioni superiori a quelle previste dalla categoria
di inquadramento non determina automaticamente un diritto per il lavoratore alla promozione di qualifica.
Poiché, a tale fine, è necessario che le diverse mansioni abbiano non solo una rilevanza qualitativa, ma anche
una quantitativa, ovvero di frequenza e ripetitività, rispetto a quelle assegnate al momento dell'assunzione.
23
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
computabile ai fini dell'anzianità di servizio;
3. comando; è l'ipotesi in cui il dipendente viene chiamato a prestare servizio
presso un'altra amministrazione pubblica diversa rispetto a quella di
appartenenza. Il comando è un istituto eccezionale e può essere disposto per
riconosciute esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale
competenza. In pendenza del procedimento di comando, l'amministrazione può
concedere l'immediata utilizzazione del dipendente, ai sensi dell'art. 17, L.
127/1997;
4. distacco; è un istituto introdotto dalla prassi amministrativa con il quale si indica
la posizione del dipendente che venga assegnato dalla pubblica
amministrazione a prestare servizio in un ufficio diverso da quello nel quale è
formalmente incardinato, al fine di sopperire ad esigenze temporanee od in
attesa del provvedimento di trasferimento;
5. collocamento fuori ruolo; si ha quando un pubblico dipendente viene destinato a
svolgere presso una struttura amministrativa diversa da quella di appartenenza
una funzione che è comunque attinente ad interessi della propria
amministrazione, ma che non rientrano nei compiti istituzionali propri di
quest'ultima. Il collocamento fuori ruolo non prevede una durata temporale ed è
sempre autorizzato da specifiche previsioni legislative;
6. temporaneo servizio all'estero; è una novità introdotta dal D. Lgs. 165/2001
nell'ottica di favorire lo scambio di esperienze tra amministrazioni dei Paesi
comunitari o di Stati con i quali vi siano specifici accordi

3.7.2.3. Il divieto di dequalificazione.


Al diritto alla funzione si correla il divieto di demansionamento. Proprio in quanto
diritto soggettivo, il legislatore è intervenuto applicando anche al lavoratore pubblico
il divieto, già vigente nel lavoro privato, di mutare in senso qualitativamente
peggiorativo le mansioni22.
Tale divieto opera anche quando al lavoratore siano di fatto assegnate mansioni
sostanzialmente inferiori. Dunque l'accertamento non si limita al riferimento astratto
alla categoria di assegnazione, ma ben può estendersi ad accertare che le nuove

22 Art. 25 D. Lgs. 80/1998, abrogativo dell'art. 56, comma 2, D. Lgs. 29/1993.


24
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
mansioni attribuite siano aderenti alla specifica competenza del dipendente in modo
tale da salvaguardarne il livello professionale ed accrescerne le capacità23.
Si deve comunque precisare che se l'attività prevalente del lavoratore rientra tra le
mansioni corrispondenti alla qualifica di appartenenza, l'adibizione a mansioni
inferiori accessorie rispetto alle prime non è lesivo di tale divieto24.

3.7.3. Il diritto al trasferimento.


Anche in questo caso è più opportuno parlare di interesse legittimo.
Quello che va sotto il nome di “diritto al trasferimento” è infatti il semplice interesse
del dipendente pubblico ad essere trasferito ad altra sede. Resta tuttavia fermo il
principio che il trasferimento in una sede piuttosto che in un'altra rientra nella potestà
discrezionale dell'amministrazione, benché entro limiti legislativamente stabiliti

CAPITOLO 4 - La responsabilità del dipendente pubblico.25

L'inosservanza di norme giuridiche determina la responsabilità dei dipendenti pubblici


e la relativa irrogazione di sanzioni civili, penali ed amministrative.
La responsabilità dell'impiegato pubblico può essere di tre tipi:
1. penale; si ha quando la trasgressione dei doveri di ufficio integra una fattispecie
di reato,
2. civile; si ha quando dalla trasgressione dei doveri di ufficio deriva un danno per
l'ente pubblico, ovvero una responsabilità patrimoniale e dunque una
responsabilità contrattuale che determina l'obbligo al risarcimento del danno,
purché vi sia dolo o colpa grave;
3. amministrativa; si ha quando l'inosservanza, dolosa o colposa degli obblighi di
servizio, comporti un danno patrimoniale all'amministrazione.
4. contabile; è una forma di responsabilità che si inquadra entro la responsabilità
amministrativa e che emerge in caso di violazione di norme sui procedimenti di

23 Cass. 4773/2004.
24 Cass. 11045/2004.
25 In tema di responsabilità pare opportuno rinviare, oltre che ai paragrafi successivi, anche al contenuto degli
artt. 3 (Codice disciplinare), 4 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale), 5 (Sospensione
cautelare in caso di procedimento penale) del nuovo CCNL Regioni e Autonomie Locali stipulato l'11 aprile
scorso.
25
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
spesa e di custodia del denaro e dei beni pubblici da parte di chi ne sia abilitato
e tenuto al maneggio. In tal caso giudice competente sono le sezioni
giurisdizionali della Corte dei Conti.

4.1. La responsabilità disciplinare.


In tema di responsabilità disciplinare, l'art. 55 D. Lgs. 165/2001 prevede
l'applicazione dell'art, 2106 c.c. e dell'art 7, commi 1 (affissione delle norme
disciplinari in luogo accessibile a tutti i dipendenti), 5 (decorso del termine di 5 giorni
dalla contestazione scritta del fatto per l'irrogazione di sanzioni disciplinari più gravi
del rimprovero orale) e 8 (estinzione di tutti gli effetti delle sanzioni disciplinari dopo
che siano trascorsi due anni dalla loro applicazione), L. 300/1970, ferma restando la
disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civili, amministrativa,
penale e contabile.
La definizione delle tipologie di infrazioni è materia di esclusiva competenza della
contrattazione collettiva nazionale, alla quale vanno aggiunte le previsioni dei codici
di comportamento di cui all'art. 54 D. Lgs. 165/200126.

4.1.1. Il procedimento disciplinare.


4.1.1.1. Principi generali.
Ogni amministrazione è tenuta a dotarsi di un Ufficio competente per i provvedimenti
disciplinari, il quale istruisce il procedimento ed applica la sanzione, su segnalazione
del capo della struttura in cui il dipendente lavora. Il capo della struttura può
provvedere direttamente all'erogazione della sanzione soltanto nei casi di rimprovero
verbale.
Negli altri casi le contestazioni devono essere fatte per iscritto entro 20 giorni dal
momento in cui l'ufficio istruttore è venuto a conoscenza del fatto e previa escussione
del dipendente che può farsi assistere da un legale o da un rappresentante
sindacale. Ad essi deve essere garantito l'accesso a tutti gli atti istruttori riguardanti il

26 A norma dell'art. 3 CCNL Regioni e Autonomie Locali dell'11 Aprile 2008 le sanzioni previste sono le
seguenti: rimprovero verbale, rimprovero scritto o censura, multa di importo variabile fino ad un massimo di
4 giorni di retribuzione, sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino a 10 giorni e, in alcuni casi, da 11
giorni a sei mesi, licenziamento con preavviso, licenziamento senza preavviso.
Per i rapporti non soggetti a privatizzazione si continuano ad applicare le norme previste dall'art. 78 T.U.
3/1957, il quale prevede il seguente elenco tassativo di sanzioni irrogabili: censura, riduzione dello stipendio,
sospensione della qualifica, destituzione.
26
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
procedimento.
La disciplina contrattualistica si ispira ai criteri di gradualità e proporzionalità27 delle
sanzioni in relazione alla violazione commessa ed in relazione:
1. al tipo e l'entità di ciascuna sanzione è determinato in relazione
a. alla intenzionalità del comportamento, alla rilevanza della violazione di
norme o disposizioni;
b. al grado di disservizio e di pericolo provocato dalla negligenza, imprudenza
o imperizia, tenuto conto anche della prevedibilità dell'evento;
c. alla eventuale sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti;
d. alla responsabilità derivanti dalla posizione di lavoro occupata dal
dipendente;
e. al concorso nella mancanza di più lavoratori in accordo tra loro;
f. al comportamento complessivo del lavoratore, con particolare riguardo ai
precedenti disciplinari nell'ambito del biennio precedente;
g. al comportamento verso gli utenti;
2. al lavoratore che abbia commesso mancanze della stessa natura già
sanzionate nel biennio precedente, nel qual caso si applica una sanzione
maggiore;
3. al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od
omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con
unico procedimento, si applica la sanzione prevista per la mancanza più grave.
Il diritto di difesa deve essere esercitato entro 15 giorni dalla contestazione
dell'addebito, il mancato rispetto di questo termine rende illegittima l'eventuale
sanzione irrogata28.

4.1.1.2. Svolgimento del procedimento disciplinare.


Quando il capo della struttura in cui opera il dipendente viene a conoscenza
dell'infrazione, se ritiene che il fatto addebitabile sia sanzionabile con il rimprovero
verbale procede direttamente all'irrogazione, senza bisogno di contestare
previamente l'addebito e senza alcuna necessità di ascoltare il dipendente. Se

27 Cass. 13883/2004, 7193/2001, 767/1999.


28 Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 1232/2007.
27
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
invece ritiene che debba applicarsi la censura, provvede direttamente ma deve
contestare l'addebito per iscritto non oltre 20 giorni da quando è venuto a
conoscenza del fatto, e deve sentire il dipendente a sua difesa.
Qualora ritenga che sia da applicarsi una sanzione più grave, segnala entro dieci
giorni all'ufficio competente per i procedimenti disciplinari i fatti fa contestare al
dipendente per l'istruzione del procedimento, dando contestuale comunicazione
all'interessato.
In tutti i casi in cui è prevista la sanzione della censura od una più grave, la
convocazione scritta per la difesa non può avvenire prima che siano trascorsi cinque
giorni lavorativi dalla contestazione del fatto che vi ha dato causa. Trascorsi
inutilmente 15 giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione
viene applicata nei successivi 15 giorni.
A seguito della contestazione e della convocazione a difesa, il procedimento
disciplinare deve concludersi entro 120 giorni dalla data di contestazione
dell'addebito, in caso contrario la procedura si estingue.
La procedura si conclude con l'irrogazione della sanzione o con il non luogo a
procedere disciplinarmente, dandone comunicazione all'interessato.
Con il consenso del dipendente si può accedere ad una sorta di “patteggiamento”,
consistente nella riduzione della sanzione con contestuale rinuncia all'impugnazione.
In alternativa, e qualora i contratti collettivi non prevedano procedure di conciliazione,
entro 20 giorni, anche per mezzo di un procuratore o di un rappresentante sindacale,
la sanzione può essere impugnata dinnanzi al collegio arbitrale di disciplina
dell'amministrazione presso cui il dipendente sanzionato lavora.

4.1.1.3. La giurisdizione.
Il processo di privatizzazione del pubblico impiego ha avuto riflessi anche in ordine
processuale, in quanto la materia del rapporto di lavoro pubblico è stata devoluta al
giudice ordinario.
Rilevante è in proposito l'art. 63 D. Lgs. 165/2001: la competenza del giudice
ordinario comprende “tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni (...) incluse le controversie concernenti
l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la

28
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto
(...)”. Restano invece devolute al giudice amministrativo “...le controversie in materia
di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni (...)”.
In alternativa alle procedure prima esposte, è possibile fare ricorso alla procedura
arbitrale prevista dai contratti collettivi nazionali29 oppure alla procedura stragiudiziale
di conciliazione in sede di Direzione provinciale del lavoro ai sensi dell'art. 410 c.p.c.
e 65 D. Lgs. 165/2001. Se il tentativo viene esperito senza successo, o se decorre
vanamente il termine di 90 giorni dalla sua introduzione, è possibile ricorrere
all'autorità giudiziaria ordinaria in funzione di giudice del lavoro.

4.1.2. Rapporti tra procedimento penale e disciplinare.


Non è infrequente il caso in cui per una stessa violazione si possano integrare profili
di responsabilità penale, oltre che disciplinare, con conseguenze instaurazione di
due distinti procedimenti: disciplinare e penale in sede giudiziaria.
La materia è disciplinata dall'art. 1 della legge 97/2001 recante “Norme sul rapporto
tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale
nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche”.
In particolare si prevede che la sentenza penale irrevocabile di condanna abbia
efficacia di giudicato nel giudizio di responsabilità disciplinare30. Non hanno invece
altrettanta efficacia vincolante:
1. alle sentenze assolutorie con formule diverse da quelle di assoluzione per
difetto di imputabilità, per assenza di dolo o colpa o perché il fatto è stato
compiuto in presenza di una causa di giustificazione;
2. alle sentenze di improcedibilità.
Se in pendenza di un procedimento disciplinare viene disposta una misura restrittiva
della libertà, è prevista obbligatoriamente la sospensione dal servizio del dipendente
con privazione della retribuzione per la durata dello stato restrittivo. Nel caso di rinvio
a giudizio, e soltanto in tale caso, è prevista la sospensione facoltativa.
A seguito di condanna, anche non definitiva, il dipendente pubblico è sospeso dal

29 A tal proposito si veda il CCNQ 23/01/2001 istitutivo dell'arbitro unico.


30 Il Consiglio di Stato con sent. 681/1996 ha ritenuto che la sentenza penale pronunciata a seguito di
patteggiamento non assuma rilevanza in sede di procedimento disciplinare.
29
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
servizio, anche in caso di sospensione condizionale della pena. La sospensione è
revocata in caso di assoluzione, proscioglimento o prescrizione del reato31.
Al dipendente sospeso viene corrisposta un'indennità pari al 50% dello stipendio, che
in caso di assoluzione o proscioglimento con formula piena, verrà conguagliato con
quanto gli sarebbe spettato se fosse rimasto in servizio.
In caso di pronuncia di sentenza di condanna definitiva alla reclusione per non meno
di tre anni per uno dei reati contro la pubblica amministrazione, si prevede la pena
accessoria dell'estinzione del rapporto di impiego, oltre alla interdizione dai pubblici
uffici.
Inoltre viene ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a
commettere il reato ed relativo prodotto o profitto.
Le disposizioni di legge in materia si applicano con prevalenza sulle disposizioni
contrattuali collettive contrarie, precedenti o future che siano.

CAPITOLO 5 - LA MOBILITÀ
Il titolo II, capo III, D. Lgs. 165/2001 ha riordinato al materia della mobilità individuale
e collettiva prevedendo:
1. la cessione del contratto di lavoro del personale per il passaggio da
un'amministrazione ad un'altra, ovvero la mobilità volontaria;
2. la mobilità collettiva.
La mobilità è uno dei principali strumenti con il quale si realizza quella corretta
gestione delle risorse umane, che è uno dei principi fondanti l'azione e
l'organizzazione amministrativa32 ed infatti l'art. 30 D. Lgs. 165/200133 prevede un
obbligo generalizzato di procedere all'esperimento delle procedure di mobilità
laddove prevede che le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di gare
concorsuali, debbano attivare le procedure di mobilità di cui al primo comma del
medesimo art. 30.
5.1. La mobilità volontaria.

31 La Corte Costituzionale con sent. 145/2002, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 4, comma 2. L. 97/2001 nella
parte in cui dispone che la sospensione perde efficacia decorso un periodo di tempo pari a quello di
prescrizione del reato, ma irragionevolmente non adegua il tempo massimo di durata della misura cautelare ai
5 anni, secondo quanto disposto dalla L. 19/1990.
32 A tal proposito si veda la circolare 3/2006 del Dipartimento della Funzione Pubblica.
33 Così come modificato dal D.L. 7/2005, convertito in L. 43/2005.
30
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
L'art. 30 poi disciplina il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse34.
Il trasferimento di personale a livello individuale può avvenire in tre modalità:
1. nell'ambito dello stesso comparto o di un comparto diverso, qualora sia
necessario ricoprire posti vacanti in organico, con il consenso del dipendente e
delle amministrazioni di appartenenza e di destinazione;
2. con trasferimento presso organismi comunitari, amministrazioni pubbliche di
Stati comunitari o istituzioni internazionali cui l'Italia aderisce. tale trasferimento
è temporaneo e si configura come distacco, missione o trasferta.
3. trasferimento di attività; questo caso si verifica quando si ha un passaggio di
attività e servizi pubblici ad enti e società pubbliche o private. In tal caso viene
trasferito anche il personale, ferma restando la vigenza dell'art. 2112 c.c. circa il
mantenimento dei diritti e l'art. 47, commi da 1 a 4, L. 428/199035.
Il procedimento di mobilità volontaria richiede dunque il consenso di tre soggetti:
l'amministrazione di provenienza alla quale appartiene il lavoratore; il lavoratore
stesso e l'amministrazione di destinazione tramite l'emanazione di un nulla osta;

34 Da notare che il primo comma parla di “cessione del contratto”. L'espressione non è di poco conto, perché in
tal modo il legislatore ha risolto una disputa interpretativa assai rilevante. Infatti una prima tesi sosteneva che
la mobilità volontaria determinasse l'interruzione del rapporto di lavoro del dipendente presso
l'amministrazione di provenienza e la costituzione di un nuovo rapporto presso l'amministrazione di
destinazione e dunque non una cessione di contratto, bensì un nuovo contratto di lavoro. Una seconda tesi
riteneva invece che vi fosse una cessione di contratto e che dunque il rapporto di lavoro proseguisse senza
soluzione di continuità.
35 Art. 47 “Trasferimento d'azienda”, L. 428/1990 (Estratto): “1. Quando si intenda effettuare, ai sensi dell'art.
112 del codice civile, un trasferimento d'azienda in cui sono complessivamente occupati più di quindici
lavoratori, anche nel caso in cui il trasferimento riguardi una parte d'azienda, ai sensi del medesimo articolo
2112, il cedente ed il cessionario devono darne comunicazione per iscritto almeno venticinque giorni prima
che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti,
se precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali
aziendali costituite, a norma dell'articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nelle unità produttive
interessate, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle
imprese interessate al trasferimento. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo
l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi e
può essere assolto dal cedente e dal cessionario per il tramite dell'associazione sindacale alla quale
aderiscono o conferiscono mandato. L'informazione deve riguardare: a) la data o la data proposta del
trasferimento; b) i motivi del programmato trasferimento d'azienda; c) le sue conseguenze giuridiche,
economiche e sociali per i lavoratori; d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi. 2. Su
richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, comunicata entro sette giorni dal
ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare, entro
sette giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti.
La consultazione si intende esaurita qualora, decorsi dieci giorni dal suo inizio, non sia stato raggiunto un
accordo. 3. Il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli obblighi previsti dai commi 1 e
2 costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. 4. Gli
obblighi di informazione e di esame congiunto previsti dal presente articolo devono essere assolti anche nel
caso in cui la decisione relativa al trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante. La mancata
trasmissione da parte di quest'ultima delle informazioni necessarie non giustifica l'inadempimento dei
predetti obblighi.”
31
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
mentre per l'amministrazione di provenienza sarà sufficiente comunicare il proprio
consenso al lavoratore ed all'amministrazione di destinazione perché si determini la
novazione soggettiva del rapporto di lavoro.

5.2. La mobilità collettiva


La mobilità collettiva si applica quando la pubblica amministrazione rileva
un'eccedenza di personale e l'esubero riguarda almeno 10 dipendenti36. Una volta
conclusa la procedura prevista dagli artt. 33 e 34 D. Lgs. 165/2001, l'amministrazione
colloca il dipendente in disponibilità. Una volta avvenuto il collocamento in
disponibilità tutte le obbligazioni inerenti il rapporto di lavoro vengono sospese ed il
lavoratore percepirà un'indennità pari all'80% dello stipendio per non più di 24 mesi,
decorsi i quali il rapporto è risolto definitivamente.
Infine l'art. 31 D. Lgs. 165/2001 prevede una mobilità per effetto di trasferimento o
conferimento di attività ad altri soggetti pubblici o privati. In tal caso si applica l'art.
2112 c.c. che prevede la continuazione del rapporto di lavoro con l'acquirente e la
conservazione dei diritti che ne derivano.

CAPITOLO 6 - ESTINZIONE DEL RAPPORTO DI IMPIEGO


Le vicende estintive del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica
amministrazione trovano tre fonti normative:
1. disciplina pattizia, tramite le previsioni contenute nei contratti collettivi:
- superamento del periodo di comporto in caso di assenza per malattia, anche se
dovuta a cause di servizio;
- licenziamento disciplinare con o senza preavviso;
- compimento del limite di età;
- dimissioni o decesso del dipendente;
- annullamento della procedura concorsuale o di selezione;
- dispensa dal servizio per inidoneità fisica o psichica;
- assenza ingiustificata dal servizio o abbandono arbitrario per un periodo
superiore a 10 giorni consecutivi lavorativi;
- utilizzo di documenti falsi per l'ottenimento del posto;

36 Tale numero si intende raggiunto anche se vi sono più eccedenze distinte nell'arco di un anno.
32
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
- costante e persistente rendimento insufficiente;
2. disciplina pubblicistica, per le ipotesi residuali contenute nelle norme precedenti
all'entrata in vigore della contrattazione collettiva e tutt'ora in vigore;
- accettazione di missione presso un'autorità straniera senza l'autorizzazione del
Ministero competente;
- mancata cessazione delle cause di incompatibilità, nonostante la diffida
ricevuta;
- perdita della cittadinanza italiana;
- superamento del periodo di 24 mesi di collocamento in disponibilità senza che
sia stato possibile ricollocare il dipendente;
3. disciplina privatistica, in virtù del richiamo al codice civile effettuato dall'art. 2, D.
Lgs. 165/2001:
- per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 c.c., quando non sia più possibile la
prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto;
- per giustificato motivo soggettivo, determinato dal notevole inadempimento
degli obblighi contrattuali da parte del dipendente;
- per giustificato motivo oggettivo, inerenti a ragioni organizzative, produttive e
del regolare funzionamento.

CAPITOLO 7 - IL RAPPORTO DI LAVORO FLESSIBILE

Soltanto fino a qualche mese fa, il tema del lavoro flessibile nella pubblica
amministrazione avrebbe potuto formare parte integrante della disciplina del rapporto
di lavoro pubblico, costituendone un aspetto per certi versi fisiologico e forse anche
patologico, per via del massiccio ricorso che vi si è fatto. È sulla scorta di questa
valutazione che il legislatore è intervenuto con una radicale inversione di rotta,
riportando la situazione al periodo precedente l'avvio della privatizzazione del
pubblico impiego.
L'art. 3, comma 79, L. 244/2007 (Finanziaria per l'anno 2008) ha riscritto l'art. 36, D.
Lgs. 165/2001 in maniera assai netta. Il primo comma infatti recita: “Le pubbliche
amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a
tempo indeterminato e non possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro

33
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
flessibile previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato
nell'impresa se non per esigenze stagionali o per periodi non superiori a tre mesi,
fatte salve le sostituzioni per maternità relativamente alle autonomie territoriali (...).”
La norma prosegue vietando il rinnovo dei contratti di lavoro flessibile; ma ribadisce
anche il principio per cui la violazione di disposizioni imperative riguardanti
l'assunzione da parte delle pubbliche amministrazioni non può mai comportare la
costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, contrariamente a quanto
accade in ambito di rapporto di lavoro subordinato privato; ferma restando il diritto al
risarcimento del danno.
La norma pone delle eccezioni per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali, gli organi
di direzione, consultivi e di controllo; nonché gli uffici di diretta collaborazione degli
amministratori pubblici, i c.d. staff politici.

34
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale

Le sanzioni disciplinari ed il relativo


procedimento
di Arturo Bianco

Aggiornato a Maggio 2007

SSPAL – Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale 1


INDICE

I principi generali..........................................................................................................3

Le norme di legge ........................................................................................................5

Le fasi del procedimento ..............................................................................................6

Il codice disciplinare.....................................................................................................7

Il procedimento .............................................................................................................8

Il codice di comportamento ........................................................................................11

Gli obblighi dei dipendenti ..........................................................................................13

Il codice disciplinare...................................................................................................14

Il procedimento penale...............................................................................................16

Le sospensioni cautelari.............................................................................................16

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I principi generali

Le disposizioni in materia disciplinare sono contenute negli articoli 55 e 56 del


DLgs n. 165/2001 e negli articoli 24 e 25 del CCNL 6/7/1995, per come modificati
dagli analoghi articoli del CCNL 22.1.2004. Specifiche regole sono dettate, ed
anch’ esse trovano una specifica disciplina contrattuale, nel caso di sanzioni e
procedimenti disciplinari collegati a procedimenti penali.
Le norme di legge rinviano alla disciplina contrattuale la individuazione delle
sanzioni e delle infrazioni. Stabiliscono la costituzione obbligatoria di uno specifico
ufficio che, su impulso del dirigente del settore presso cui presta servizio il
dipendente, contesta gli addebiti, istruisce il relativo procedimento e commina la
sanzione. Le sanzioni del rimprovero verbale e della censura sono comminate
direttamente dal dirigente del settore presso cui presta servizio il dipendente.
Tutti i provvedimenti che vanno oltre il rimprovero verbale devono essere
preceduti da una contestazione scritta dell’ addebito e dal sentire il dipendente, che
può farsi assistere. La sanzione, con il consenso del dipendente, può essere ridotta,
ma in questo caso diventa non impugnabile. E’ ammessa l’ impugnazione tramite
le procedure di arbitrato e di conciliazione, oltre che con ricorso al giudice del lavoro.
Le sanzioni previste dal CCNL, sulla base delle modifiche dettate dal contratto
del 22.1.2004, sono le seguenti sette:
1) rimprovero verbale,
2) rimprovero scritto o censura;
3) multa fino a 4 ore di retribuzione;
4) sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a 10 giorni;
5) sospensione dal servizio e dalla retribuzione da 11 giorni a sei mesi;
6) licenziamento con preavviso;
7) licenziamento senza preavviso.
Si prevede l’ obbligo della contestazione scritta, salvo il caso del rimprovero
verbale, e di sentire il dipendente, che può farsi assistere da un legale o dalla
associazione sindacale. La contestazione deve essere effettuata entro il termine di
20 giorni dal momento in cui il responsabile ha avuto conoscenza del fatto o dal
momento in cui la struttura responsabile ha avuto conoscenza su segnalazione del
responsabile della struttura presso cui il dipendente presta servizio, segnalazione

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che deve essere fatta, a pena di responsabilità, entro 10 giorni. Se nel corso del
procedimenti il dirigente della struttura presso cui il dipendente presta servizio
verifica la sua non competenza alla irrogazione della sanzione, trasmette gli atti
all’ ufficio competente entro 5 giorni. Il dipendente è convocato per iscritto non
prima di 5 giorni dalla contestazione e decorsi inutilmente 15 giorni la sanzione è
applicata nei successivi 15. La malattia non è causa ostativa del procedimento
disciplinare. Le sanzioni non sono sospese in caso di assenza per malattia.
E’ consentito al dipendente il diritto di accesso.
Si deve evidenziare che viene previsto il principio della “ relativa tassatività” ,
in base al quale possono essere sanzionate anche le mancanze non espressamente
previste, in particolare dall’ articolo 25 del CCNL 22.1.2004, purchè costituiscano
violazione degli obblighi dei dipendenti.
Il procedimento si deve comunque concludere entro 120 giorni dalla
contestazione dell’ addebito, a pena di estinzione. Le sanzioni sono irrogate
dall’ ufficio competente che comunica la eventuale chiusura del procedimento. Non
si tiene conto delle sanzioni irrogate prima di due anni. Sono perentori i termini
iniziale (contestazione entro 20 giorni) e finale (120 giorni dall’ addebito).
L’ articolo 25 detta le regole da rispettare per la irrogazione delle sanzioni, cd
codice disciplinare. Al codice essere data ampia pubblicità, in particolare mediante
affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti, forma di pubblicità che è tassativa.
I criteri di carattere generale sono i seguenti otto:
1) intenzionalità, grado di negligenza, imprudenza o imperizia; prevedibilità
dell’ evento;
2) rilevanza degli obblighi violati;
3) responsabilità connessa alla posizione di lavoro;
4) grado di danno o di pericolo o di disservizio provocati;
5) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, ivi compresi i precedenti
disciplinari negli ultimi due anni ed al comportamento verso gli utenti;
6) concorso di più lavoratori;
7) recidiva;
8) applicazione della sanzione più grave in caso di più mancanze compiute con una
unica azione o omissione.
Le amministrazioni possono dare utilmente vita, in particolare, nelle realtà di
piccole dimensioni alla istituzione di forme di gestione associata. Si ricorda che, con

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l’ entrata in vigore del Contratto Collettivo Nazionale Quadro del 23.1.2001, per
come modificato da quello del 24.7.2003, sull’ arbitrato non è più necessario che sia
istituito nel singolo ente o, in forma associata, un collegio di disciplina: il ricorso
contro le sanzioni disciplinari può infatti essere proposto dinanzi all’ arbitro o può
essere avviato il contenzioso dinanzi al giudice del lavoro.

Le norme di legge

Gli articoli 54, 55 e 56 del DLgs n. 165/2001 dettano i principi legislativi che
sono applicabili in materia di sanzioni disciplinari e di relativo procedimento.
L’ articolo 54 prevede il codice di comportamento. Esso viene adottato dal
Dipartimento della Funzione Pubblica e le singole Pa possono, tramite l’ Aran,
avanzare specifiche segnalazioni e richiesta di modifica a tale organismo, nonché
segnalare le esigenze di raccordo con le disposizioni contrattuali. Gli organi di vertice
delle singole amministrazioni, nel caso degli enti locali ci si deve riferire alla giunta,
ne verificano, anche sentendo le organizzazioni sindacali e le associazioni degli
utenti e dei cittadini, la applicabilità e le modifiche da apportare, anche al fine di
giungere alla sua personalizzazione per la specifica amministrazione. E’ suggerita
la realizzazione di attività di formazione dei dipendenti ai fini della conoscenza del
codice di comportamento. Al CCNL del 22.1.2004 è allegato il codice di
comportamento dei dipendenti delle PA.
L’ articolo 55 detta le regole per il procedimento disciplinare e per le
responsabilità. Esso prevede la contrattualizzazione della disciplina della materia.
Stabilisce inoltre che tutte le sanzioni più gravi del rimprovero verbale e di quello
scritto, che sono irrogate dal dirigente della struttura, siano irrogate da uno specifico
ufficio per il procedimento disciplinare che deve essere istituito in ogni ente: è questa
una condizione di legittimità del procedimento disciplinare. La sede più idonea
appare il regolamento sull’ ordinamento degli uffici e dei servizi; normalmente esso
viene individuato nell’ ufficio del personale o in quello del segretario.
Prima della irrogazione della sanzione al dipendente deve essere contestata
l’ infrazione ed egli ha il diritto di essere ascoltato, anche accompagnato dal legale
e/o da un rappresentante sindacale. Si prevede che le parti possano convenire la
riduzione della sanzione, che così diviene non impugnabile.

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Contro il provvedimento, se non disposto diversamente dai contratti collettivi
nazionali di lavoro, è ammesso entro 20 giorni il ricorso al collegio arbitrale di
disciplina, che è composto da rappresentanti dell’ ente e dei lavoratori e che può
essere costituito anche in forma associata tra più amministrazioni. Negli enti locali
questa norma non si applica perché è prevista la possibilità di ricorso all’ arbitro.
L’ articolo 56 prevede la possibilità, in assenza di norme contrattuali, di
impugnare le sanzioni disciplinari dinanzi al collegio di conciliazione costituito
nell’ ambito della Direzione provinciale del lavoro.

Le fasi del procedimento


procedimento

Le fasi del procedimento disciplinare sono quattro:


- la fase preistruttoria;
- la fase della contestazione;
- la fase di garanzia;
- la fase di decisione.
La fase preistruttoria si apre con la conoscenza del fatto specifico. Da questo
momento decorrono 20 giorni di tempo per potere procedere alla contestazione
formale. La contestazione formale può essere effettuata direttamente dal dirigente,
nel caso in cui la sanzione disciplinare non ecceda la censura scritta, ovvero
dall’ ufficio per i procedimenti disciplinari nel caso in cui la sanzione da irrogare sia
più pesante, previa trasmissione ad esso da parte dei dirigenti In questa fase non vi
sono vincoli di tipo formale e vi è una ampia autonomia in capo all’ ente. In questa
fase il dirigente acquisisce ulteriori elementi, anche in direzione della individuazione
del responsabile. Si ricorda che la sanzione potrà essere disposta solo in presenza di
contestazioni specifiche e puntuali da evidenziare nello specifico provvedimento,
elementi che in gran parte devono essere acquisiti proprio in questa fase per potere
essere utilmente contestati al dipendente nel corso della sua audizione. Nella
preistruttoria si deve inoltre accertare se vi sono delle mancanze addebitate al
dipendente nel corso dei due anni immediatamente precedenti e ciò al fine di
valutare la presenza di condizioni di recidiva che influiscono sulla sanzione
disciplinare. In questa fase occorre infine valutare se è pendente per lo stesso fatto
un procedimento penale o se esso vada aperto: in presenza di un procedimento

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penale quello disciplinare viene aperto e viene sospeso fino alla conclusione
definitiva del primo.
La fase della contestazione si traduce in due momenti: la contestazione
dell’ addebito e la convocazione del dipendente per essere sentito a sua difesa.
Anche in questi casi i termini sono fissati direttamente dal CCNL ed essi sono da
intendersi come vincolanti, in particolare per ciò che riguarda il termine di 20 giorni
dalla notizia del fatto o dalla trasmissione all’ ufficio per i procedimenti disciplinari.
Tali termini, oltre che dai CCNL, sono previsti dal DLgs n. 165/2001, articolo 55.
Viene prescritta la necessità della forma scritta.
La fase di garanzia si articola in due momenti: l’ audizione del dipendente e la
garanzia del diritto di accesso. La audizione del dipendente è un obbligo per le
amministrazioni. Il dipendente può farsi assistere da un legale o da un
rappresentante sindacale. Essa deve essere svolta entro 15 giorni e l’ ente non può
assumere decisioni senza avere svolto questo passaggio, fatto salvo il caso in cui
esso non sia stato esercitato per volontà del dipendente. Nella stessa fase il
dipendente può esercitare il diritto di accesso.
La fase di decisione si deve concludere entro 120 giorni dalla sua apertura,
termine che è imposto in modo vincolante e la cui inosservanza è sanzionata con la
irregolarità della condanna. In caso di sussistenza del fatto occorre tenere conto dei
seguenti dati: rispetto dei principi di gradualità e di proporzionalità delle sanzioni;
l’ intenzionalità; il grado di negligenza; la rilevanza degli obblighi violati ed il grado di
danno cagionato.

Il codice disciplinare

Per potere avviare legittimamente qualsiasi azione disciplinare occorre che sia
stato affisso il codice disciplinare. In mancanza di questo elemento il procedimento è
da considerare illegittimo: siamo dinanzi ad un vincolo di tipo formale che ha il
massimo rilievo, essendo posto a garanzia del dipendente.
Il codice disciplinare è contenuto nell’ articolo 25 del CCNL 6.7.1995, per
come modificato dall’ articolo 25 del CCNL 22.1.2004.
Ad esso gli enti devono dare la massima diffusione e comunque devono
affiggerlo in un luogo accessibile a tutti i dipendenti. Tale pubblicità, ai sensi
dell’ articolo 28 del CCNL 22.1.2004 deve essere disposta per almeno 15 giorni: la

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irrogazione delle sanzioni richiede come condizione di legittimità tale requisito e si
dispone che le sanzioni diventino applicabili decorsi 15 giorni da tale pubblicazione.
La nozione in luogo accessibile a tutti i dipendenti deve, prudenzialmente,
essere intesa nel senso che in caso di pluralità di sedi dell’ ente l’ affissione deve
avvenire in ognuna delle sedi. Tale forma di pubblicità può essere accompagnata,
ma non sostituita dalla comunicazione personale a tutti i dipendenti.
La pubblicità deve riguardare necessariamente il codice disciplinare, contenuto
nell’ articolo 25 del citato CCNL, ma essa può essere disposta utilmente per tutti gli
articoli dettati in materia di procedimento disciplinare.

Il procedimento

Il procedimento disciplinare è regolamentato dall’ articolo 24 del CCNL


22.1.2004. Esso dispone che esso debba essere necessariamente avviato entro il
termine di 20 giorni. Tale termine decorre dal momento in cui il dirigente è venuto a
conoscenza del fatto (vedi in precedenza fase preistruttoria) ovvero entro 20 giorni
da quando lo specifico ufficio ha avuto conoscenza del fatto tramite la segnalazione
del dirigente della struttura competente. Da evidenziare che tale termine ha natura
perentoria, per cui la sua violazione determina la irrogazione della sanzione della
illegittimità dell’ intero procedimento disciplinare.
L’ avvio del procedimento disciplinare si concretizza nella contestazione
mossa al dipendente. Si sfugge a questo vincolo procedurale solo nel caso in cui la
sanzione sia il rimprovero verbale. La contestazione può essere mossa dal dirigente
del settore competente nel caso in cui si ritiene che la sanzione irrogabile sia quella
del rimprovero verbale o scritto. Deve essere mossa dallo specifico ufficio nei casi in
cui si ritiene che la sanzione da irrogare sia più grave. Da sottolineare che, a
conclusione del procedimento, l’ ufficio per le sanzioni disciplinari può irrogare la
sanzione di competenza del dirigente, ma mai il dirigente può irrogare una sanzione
più pesante di quelle di sua competenza.
La contestazione deve essere formalizzata nei confronti del dipendente
attraverso uno degli strumenti previsti dalla normativa in materia di notificazioni. In
altri termini può avvenire attraverso la consegna diretta nel luogo di lavoro, facendo
firmare al dipendente una ricevuta; attraverso una raccomandata con ricevuta di

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ritorno; attraverso la notifica a mezzo posta che vale ai sensi della legge n. 890/1982
anche come prova della avvenuta notificazione.
Occorre inoltre garantire il rispetto della privacy, per cui essa può essere
disposta unicamente attraverso una busta chiusa.
La trasmissione dal dirigente allo specifico ufficio può avvenire:
1) immediatamente, cioè nella fase preistruttoria, sulla base della valutazione
operata dal dirigente che la sanzione irrogabile è più grave della censura scritta.
Tale comunicazione deve essere effettuata entro 10 giorni; in caso di violazione di
questa regola il dirigente diventa passibile di sanzione disciplinare o, meglio, di
accertamento della responsabilità;
2) nel corso del procedimento disciplinare, ove emerga che la sanzione è più grave
della censura. In questo caso la trasmissione deve essere effettuata entro 5 giorni
ed occorre darne comunicazione in modo contestuale allo stesso dipendente. Si
prescrive che, in questo caso, non vi sia soluzione di continuità, cioè che l’ ufficio
riprenda il procedimento dallo stato in cui lo ha lasciato il responsabile.
Nella comunicazione allo specifico ufficio si prevede che il dirigente non si limiti
alla mera comunicazione ma che evidenzi la necessità di avvio del procedimento
disciplinare.
La conoscenza del fatto può essere realizzata da parte del dirigente in tutte le
forme possibili, non è cioè prevista alcuna formalità o vincolo procedurale.
Sicuramente la segnalazione da parte di un amministratore costituisce una
condizione che realizza tale elemento, così come la segnalazione da parte di un
utente. Nel caso in cui la contestazione sia effettuata direttamente da parte dello
specifico ufficio per i procedimenti disciplinari è utile che la comunicazione sia inviata
per conoscenza anche al dirigente della struttura presso cui presta servizio il
dipendente.
Il passaggio immediatamente successivo alla contestazione è costituito
dall’ audizione del dipendente. Tale audizione non può essere disposta prima che
siano decorsi 5 giorni lavorativi dalla ricezione della contestazione da parte del
dipendente, tempo minimo che è posto a sua difesa e che non può essere mai
ridotto. Nel caso in cui decorrano inutilmente 15 giorni il dirigente o l’ ufficio
competente alla gestione dei procedimenti disciplinari possono disporre che la
sanzione sia irrogata decorsi altri 15 giorni. Questa comunicazione può essere
allegata anche a quella con cui si avvia il procedimento disciplinare, cioè alla

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contestazione iniziale. Essa deve comunque essere notificata al dipendente. Si
suggerisce che la data e l’ ora della audizione siano rimessi alla indicazione del
dipendente. In caso che ciò non si realizzi, è necessario fissare uno specifico
appuntamento. Comunque si può ricordare che il dipendente, in aggiunta o in
alternativa alla audizione diretta, può presentare una nota scritta.
Il dipendente può farsi assistere nella audizione dal suo difensore e/o da un
rappresentante sindacale. Appare opportuno che di tale audizione venga redatto uno
specifico verbale.
Non siamo dinanzi ad un procedimento amministrativo, per come
regolamentato dalla legge n. 241/1990, ma ad una attività di diritto privato ascrivibile
all’ esercizio dei poteri datoriali da parte del dirigente. Non è quindi possibile
nominare un responsabile del procedimento; sulla base dei principi generali il
dirigente può al più delegare in tutto o in parte le sue incombenze ad un dipendente
dell’ ente
Il dipendente, ai sensi della legge n. 241/1990, per come modificata dalla
legge n. 15/2005, ha diritto di accesso a tutti gli atti in possesso dell’ ente che lo
riguardino direttamente. Si deve intendere in senso assai ampio tale diritto, per cui in
linea generale esso deve essere considerato come prevalente rispetto alle esigenze
di tutela della privacy. Ricordiamo che, peraltro, esso potrebbe anche essere limitato,
per specifiche e comprovate esigenze, anche al diritto alla visione.
Il procedimento disciplinare si conclude con la irrogazione della sanzione
ovvero con l’ archiviazione o “ assoluzione” del dipendente. Si deve ricordare che
per la conclusione del procedimento disciplinare è stabilito il termine insuperabile di
120 giorni dalla sua apertura; tale termine è superabile solo nel caso di procedimento
penale aperto per lo stesso fatto per il quale è avviato il procedimento disciplinare. In
questo caso il procedimento disciplinare rimane sospeso fino alla conclusione
definitiva del procedimento penale e da quel momento deve essere riavviato e
concluso entro i 120 giorni successivi. Anche in questo caso il termine è imperativo e
la sua violazione determina la illegittimità dell’ intero procedimento e della eventuale
sanzione.
Il provvedimento deve essere adottato dal dirigente della struttura presso cui il
dipendente presta la sua attività nel caso di rimprovero verbale o scritto o dal
dirigente dell’ ufficio per i procedimenti disciplinari per le sanzioni più gravi. Occorre
anche in questo caso rispettare la tutela del diritto alla privacy. Il provvedimento non

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è una determinazione, ma un atto gestionale di diritto privato compiuto
nell’ esercizio dei poteri e delle capacità del privato datore di lavoro. Non occorre,
perciò, una specifica motivazione. Ma è quanto mai opportuno che essa sia
comunque contenuta nel provvedimento di irrogazione della sanzione: la motivazione
appare necessaria per dimostrare la correttezza dell’ operato dell’ ente.
Si ricorda che il dipendente e l’ ente possono convenire, nel qual caso è
inibito però ogni tipo di ricorso, che la sanzione sia ridotta in quella immediatamente
meno grave, ragione che ha portato il CCNL del 22.1.2004 ad introdurre, tra il
licenziamento con preavviso e la sospensione fino a 10 giorni, la sanzione intermedia
della sospensione da 11 giorni a 6 mesi.
La sanzione irrogata dall’ ente è operativa dai 20 giorni successivi al
momento in cui viene comunicata al dipendente. Nel caso in cui essa sia impugnata
dinanzi all’ arbitro la sua applicazione è differita all’ esito del giudizio arbitrale. Nel
caso in cui sia impugnata dinanzi al giudice ordinario essa viene invece eseguita
immediatamente decorso il periodo di tentativo obbligatorio di conciliazione.

Il codice di comportamento

Come prima ricordato, al CCNL del 22.1.2004 è allegato il codice di


comportamento adottato dal Dipartimento della Funzione Pubblica per tutti i
dipendenti delle PA.
Esso consta di 13 articoli che, nell’ ordine, dettano le seguenti prescrizioni:
1) Obblighi di lealtà, diligenza ed imparzialità;
2) Obbligo di servire esclusivamente la Nazione e di rispettare i principi di buon
andamento ed imparzialità della amministrazione; nonchè di rispettare la legge e
di perseguire esclusivamente l’ interesse pubblico. Ed ancora dovere di
indipendenza e di astensione in caso, anche solo apparente, di conflitto di
interessi. Obbligo di rispetto dell’ orario di lavoro, di uso corretto e custodia dei
beni affidatigli e di non utilizzazione delle informazioni acquisite per scopi privati.
Obbligo di favorire l’ instaurazione di un rapporto di fiducia e collaborazione tra
cittadini e PA, nonché di favorire il diritto di accesso e di limitare gli adempimenti
posti a carico dei cittadini ed infine di favorire l’ applicazione del principio della
sussidiarietà.

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3) Obbligo di non chiedere né accettare regali, fatta eccezione per quelli di modico
valore e che appartengono a regole di uso comune, né da parte di coloro che
sono in stretto rapporto con la sua attività, né dai collaboratori o congiunti.
4) Obbligo di comunicazione, salvo che nel caso di partiti e sindacati, delle
associazioni a cui aderisce se le stesse possono essere coinvolte nell’ attività
dell’ ufficio e divieto di costringere altri dipendenti ad aderire ad associazioni.
5) Obbligo di comunicazione per iscritto di tutti gli incarichi di collaborazione retribuiti
intercorsi negli ultimi 5 anni; obbligo per i dirigenti di comunicazione di tutte le
partecipazioni azionarie con strutture che possono avere rapporto con l’ ufficio.
Tali obblighi si estendono anche alla posizione degli immediati congiunti. A
richiesta, obbligo per il dirigente di comunicare la propria posizione fiscale e
patrimoniale.
6) Obbligo di astensione dal partecipare alle decisioni in cui si possa avere interesse
diretto o di parenti fino al quarto grado ed in tutti i casi in cui siano interessati
soggetti con i quali ha una grave inimicizia. Esso si estende a tutti i casi in cui vi
siano gravi ragioni di convenienza. Sulle astensioni decide il dirigente.
7) Obbligo di non accettare incarichi, retribuzioni o utilità da soggetti con cui si abbia
un rapporto per ragioni di ufficio, anche nell’ ultimo biennio.
8) Obbligo di imparzialità e di rigetto di qualsiasi pressione o segnalazione, anche se
proveniente dal dirigente.
9) Divieto di sfruttare la propria posizione per scopi di tipo personale.
10) Obbligo di non ritardare e divieto di assegnare ad altri compiti che devono essere
da lui svolti, nonché di limitare le assenze, di non utilizzare a fini privati le
attrezzature, ivi compreso il telefono, e di non accettare utilità per l’ acquisto di
beni dell’ ente.
11) Obbligo di prestare adeguata attenzione alle domande dei cittadini, di rispettarne
le esigenze, di non ritardare agli appuntamenti, di rispondere ai reclami, di seguire
l’ ordine cronologico nella trattazione delle pratiche, di astenersi da dichiarazioni
pubbliche che vadano a detrimento dell’ ente, fatti salvi i casi tutela di diritti
sindacali, e di informare il dirigente dei rapporti con la stampa. Divieto di
assumere impegni che possano generare sfiducia nei confronti della
amministrazione. Obbligo di usare un linguaggio chiaro e di rispettare gli standard
di qualità, di garantire la continuità del servizio.

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12) Divieto di ricorre a mediazioni nella conclusione dei contratti e di concluderli con
soggetti privati con i quali ha avuto rapporti negli ultimi 2 anni, in questo caso
astenendosi.
13) Obbligo di cooperare con gli uffici per il controllo interno al fine di garantire la
valutazione delle attività svolte.
Da ricordare che l’ articolo 25 del CCNL 5.10.2001 prevede che le singole
amministrazioni si diano uno specifico codice di comportamento per le molestie
sessuali nei luoghi di lavori, anche utilizzando le linee guida dettate a livello
nazionale.

Gli obblighi dei dipendenti

L’ articolo 23 del CCNL 6.7.1995, come modificato dall’ articolo 23 del CCNL
22.1.2004, disciplina gli obblighi dei dipendenti.
Esso prevede l’ obbligo di servire la Repubblica e di rispettare i principi di
imparzialità e buon andamento della attività amministrativa, nonché la applicazione
del codice di comportamento allegato al contratto (vedi prima). Egli deve favorire la
instaurazione di buoni rapporti tra cittadini e PA. Ed in particolare deve:
a) collaborare con diligenza, applicando le norme contrattuali e le disposizioni
dettate a tutela della sicurezza sul lavoro;
b) rispettare il segreto d’ ufficio;
c) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui è a conoscenza per ragioni
d’ ufficio;
d) rispettare e garantire il diritto di accesso e la applicazione delle norme sulla
semplificazione della documentazione amministrativa;
e) rispettare l’ orario e le procedure di controllo e non assentarsi dal luogo di lavoro
senza autorizzazione;
f) mantenere comportamenti corretti durante l’ orario di lavoro;
g) non ritardare la guarigione e, durante i periodi di malattia, non occuparsi di altre
attività;
h) eseguire gli ordini, chiedendone al più la conferma per iscritto, salvo che gli stessi
contengano un reato o costituiscano illecito amministrativo;
i) vigilare sui propri collaboratori;
j) avere cura dei beni affidati;

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k) non utilizzare i beni dell’ ente per finalità private;
l) non chiedere né accettare incarichi, compensi, regali o altre utilità;
m) osservare le disposizioni sull’ accesso all’ ente e non introdurre soggetti
estranei;
n) comunicare la residenza o la propria dimora, anche temporanea;
o) dare tempestiva comunicazione al proprio ufficio della malattia;
p) astenersi dalle decisioni e dalle attività che riguardano interessi propri o di parenti
fino al quarto grado.

Il codice disciplinare

L’ articolo 25 del CCNL 6.7.1995, per come modificato dall’ articolo 25 del
CCNL 22.1.2004, detta il codice disciplinare. Tale articolo (vedi in precedenza) deve
essere stato affisso nell’ ente per almeno 15 giorni consecutivi in luoghi facilmente
accessibili ai dipendenti. Le mancanze non tipicizzate sono punite con la
applicazione delle sanzioni per fattispecie analoghe.
I criteri di carattere generale che, in applicazione dei principi di carattere
generale della gradualità e proporzionalità delle sanzioni, regolano la materia della
irrogazione delle sanzioni disciplinari sono i seguenti sei:
1) intenzionalità, grado di negligenza, imprudenza o imperizia; prevedibilità
dell’ evento;
2) rilevanza degli obblighi violati;
3) responsabilità connessa alla posizione di lavoro occupata;
4) grado di danno o di pericolo o di disservizio provocati;
5) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, ivi compresi i precedenti
disciplinari negli ultimi due anni ed al comportamento verso gli utenti;
6) concorso di più lavoratori.
Ed ancora si stabilisce che in caso di recidiva sia irrogata la sanzione di maggiore
gravità tra quelle previste e che si dia corso alla applicazione della sanzione più
grave in caso di più mancanze compiute con una unica azione o omissione.
Il codice passa quindi ad indicare le sanzioni da irrogare per ogni mancanza:
a) dal rimprovero verbale o scritto alla multa fino a 4 ore (che è introitata dall’ ente
per finalità sociali a favore dei dipendenti) per: inosservanza delle norme di
servizio, sulle assenze per malattia e dell’ orario; condotta non corretta;

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negligenza nella attività e nella custodia dei beni; inosservanza delle norme di
sicurezza se non ne siano scaturiti danni o disservizi; rifiuto di assoggettarsi a
visite personali finalizzate alla tutela del patrimonio dell’ ente e insufficiente
rendimento sul lavoro;
b) sanzione della sospensione dal servizio fino a 10 giorni per: recidiva per le
mancanze più leggere; particolare gravità delle mancanze più leggere; assenza
ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni o arbitrario abbandono; ingiustificato
ritardo a trasferirsi nella nuova sede; attività che ritardano la guarigione;
testimonianza falsa o rifiuto della stessa nei procedimenti disciplinari;
comportamenti minacciosi o ingiuriosi o calunniosi; alterchi; manifestazioni
ingiuriose nei confronti dell’ ente; molestie sessuali; violazione di obblighi da cui
sia derivato disservizio; sistematici comportamenti aggressivi o denigratori;
c) sanzione della sospensione dal servizio da 11 giorni a 6 mesi (con privazione
della retribuzione per i primi 10 giorni e per gli altri con stipendio ridotto al 50% e
non computo nella anzianità di servizio di tutto il periodo) per: recidiva nel biennio
delle sanzioni punite con la sospensione fino a 10 giorni; assenza ingiustificata da
10 a 15 giorni; occultamento di circostanze sulla sottrazione di denaro o beni
dell’ ente; persistente cattivo rendimento dovuto a fatti dolosi o colposi; esercizio
di forme di violenza morale nei confronti di altro dipendente per procurargli un
danno (mobbing); molestie sessuali di particolare gravità;
d) sanzione del licenziamento con preavviso per: recidiva plurima di almeno 3 volte
nell’ anno delle mancanze di cui ai precedenti 2 punti o recidiva di almeno 1
volta nel biennio per le mancanze di cui al precedente punto; recidiva nella
assenza ingiustificata dal servizio da 10 a 15 giorni; ingiustificato rifiuto di
trasferimento; mancata ripresa del servizio; continuità nel biennio delle gravi
carenze nella attività amministrativa; recidiva del mobbing ad altro dipendente;
recidiva di molestie sessuali; condanna definitiva per reati che, commessi al di
fuori dell’ orario di lavoro, sono gravi ed impediscono la prosecuzione del
rapporto di lavoro; violazione dei doveri che impediscono la prosecuzione del
rapporto di lavoro; reiterati comportamenti che danneggiano l’ ente;
e) sanzione del licenziamento senza preavviso per: terza recidiva nel biennio delle
vie di fatto; accertamento dell’ uso di documenti falsi per entrare in servizio;
condanna passata in giudicato per i reati indicati e per gravi delitti commessi in
servizio; condanna definitiva da cui scaturisce l’ interdizione perpetua dai

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pubblici uffici; condanna definitiva per reato commessi fuori dall’ ufficio e che non
consente la prosecuzione del rapporto di lavoro neppure provvisoriamente; gravi
ed intenzionali violazioni degli obblighi che non consentono la prosecuzione
neppure provvisoria del rapporto.

Il procedimento penale

In caso di fatti commessi in servizio che hanno rilevanza penale vi è l’ obbligo


di informare l’ autorità giudiziaria attraverso una denuncia e di aprire il procedimento
disciplinare, che rimane sospeso fino alla sentenza definitiva, principio che si applica
anche nel caso in cui l’ obbligo della denuncia emerga nel corso del procedimento
disciplinare. La stessa regola si applica anche nel caso in cui l’ ente venga a
conoscenza di un processo penale per fatti oggetti di procedimento disciplinare.
Questo è avviato nel caso in cui la sanzione può essere disposta solo a seguito di
condanna definitiva.
Il procedimento disciplinare è riattivato entro 180 giorni dalla sentenza
definitiva, ridotti a 90 per i casi di cui all’ articolo 5, comma 2, della legge n. 97/2001,
e concluso entro i successivi 120 giorni.
L’ irrogazione della sanzione disciplinare non ha carattere automatico a
seguito della condanna penale, salvo i casi di cui all’ articolo 5, comma 2, della
legge n. 97/2001 ed all’ articolo 28 del codice penale per la pena accessoria della
interdizione perpetua dai pubblici uffici. In caso di assoluzione con formula piena
l’ ente dispone la chiusura del procedimento disciplinare, fatta salva la
contestazione di altre violazioni. In caso di licenziamento a seguito di condanna e di
successiva revisione il dipendente ha diritto ad essere nuovamente assunto, con la
corresponsione di quanto maturato, fatti salvi gli istituti legati alla presenza.

Le sospensioni cautelari

Le sospensioni cautelari possono essere disposte sia nell’ ambito dei procedimenti
disciplinari che di quelli penali.
Per i procedimenti disciplinari l’ istituto è applicabile per le fattispecie sanzionabili con
la sospensione dal servizio e dalla retribuzione. Si dispone l’ allontanamento dal
servizio per un periodo non superiore a 30 giorni, con conservazione della retribuzione

SSPAL – Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale 16


e valutazione ai fini della anzianità. Tale periodo è calcolato in caso di condanna, ivi
compresa la esclusione dal calcolo della anzianità.
Nel caso di procedimenti penali la sospensione è disposta automaticamente a seguito
della privazione della libertà personale, per tutta la durata di tale periodo e l’ente può
prolungarla dopo la scarcerazione fino alla sentenza definitiva. L’ente deve applicare
tale sanzione nei casi previsti dalle norme contrattuali. La sospensione può essere
disposta, a seguito di rinvio a giudizio, per procedimenti che attengono alla sua attività e
per i quali, in caso di condanna, è prevista la sanzione del licenziamento con o senza
preavviso. Essa non può mai superare la durata di 5 anni. Spetta al dipendente una
indennità pari al 50% della retribuzione con eventuale conguaglio a seguito del
provvedimento finale emesso dall’autorità giudiziaria.

SSPAL – Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale 17


Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE 4

NOZIONI IN MATERIA DI PUBBLICO


IMPIEGO PRESSO GLI ENTI LOCALI
D.LGS N.165/2001 E SUCC. MODIFICHE

SOLUZIONI AL TEST A RISPOSTA MULTIPLA

di Ivan Bechini

Giugno 2008

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi


1. B
2. C
3. C
4. C
5. C
6. B
7. A
8. B
9. B
10. C
11. C
12. B
13. C
14. B
15. C
16. A
17. C
18. B
19. B
20. C
21. A
22. B
23. B
24. A
25. C
26. C
27. C
28. C
29. A
30. C

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi


Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE N.4

IL LAVORO ALLE DIPENDENZE


DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
ED IL PERSONALE DIPENDENTE DEGLI
ENTI LOCALI.
D.LGS N.165/2001

QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA E SOLUZIONI

di Ivan Bechini

Giugno 2008

1
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA

1. Il D. Lgs. 165/2001 concerne:


A) Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
locali
B) Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche
C) Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze della Presidenza
della Repubblica

2. Ai sensi del D. Lgs. 165/2001 per amministrazioni pubbliche si intendono, tra le altre:
A) Tutte le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, nonché le
regioni, le province, i comuni e le comunità montane, i loro consorzi ed associazioni, con
esclusione delle sole istituzioni universitarie
B) Tutte le amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, nonché le
regioni, le province, i comuni e le comunità montane, ma non i loro consorzi ed associazioni
C) Tutte le amministrazioni dello Stato, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad
ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e i loro
consorzi ed associazioni

3. L'accesso al lavoro pubblico può avvenire:


A) Esclusivamente tramite procedure selettive per qualsiasi tipo di incarico;
B) Tramite procedure selettive e non selettive a discrezione della pubblica
amministrazione;
C) Sempre tramite procedure selettive, tranne i casi consentiti dalla legge;
4. Il regime di incompatibilità tra lavoro pubblico e altre attività di lavoro si applica:
A) A tutti i dipendenti pubblici;
B) Soltanto ai dipendenti pubblici con prestazione lavorativa a tempo pieno;
C) Ai dipendenti pubblici con prestazione lavorativa superiore al 50%;

5. Il contratto individuale di lavoro:

2
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
A) Costituisce l'atto conclusivo della procedura concorsuale;
B) È un provvedimento unilaterale della pubblica amministrazione;
C) È l'atto con il quale si formalizza il rapporto di lavoro;

6. Il contratto individuale di lavoro deve contenere un rinvio al contratto collettivo nazionale


(CCNL):
A) No, perché il CCNL è comunque recepito con un atto amministrativo;
B) Sì, sempre;
C) Sì, ma solo per i dirigenti;

7. La contrattazione collettiva:
A) Costituisce fonte primaria di disciplina del rapporto di lavoro pubblico;
B) È fonte indiretta di disciplina del rapporto di lavoro pubblico;
C) Si svolge esclusivamente a livello nazionale;

8. Una volta raggiunta l'ipotesi di accordo, l'ARAN deve trasmettere il testo del contratto
collettivo:
A) Alla Corte dei Conti;
B) Al Comitato di settore;
C) Al Presidente del Consiglio dei Ministri;

9. La Legge 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) si applica alle pubbliche amministrazioni:
A) Sì, ma solo per la parte che tutela la libertà sindacale;
B) Sì e a prescindere dal numero dei dipendenti;
C) Sì, ma solo alle amministrazioni con più di 50 dipendenti in pianta organica;

10. A norma dell'art. 5, D. Lgs. 165/2001 gli atti di organizzazione degli uffici e le misure
inerenti la gestione del rapporto di lavoro:
A) Sono assunti dai dirigenti con determina;
B) Sono assunti dagli organi preposti alla gestione con decreto o con altro atto
amministrativo ritenuto idoneo;
C) Sono assunti dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del
privato datore di lavoro;

3
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
11. Per gli atti di organizzazione degli uffici e le misure interenti la gestione del rapporto di
lavoro:
A) È previsto l'obbligo di motivazione, sempre e a pena di nullità;
B) È previsto l'obbligo di motivazione perché perseguono direttamente un interesse
pubblico;
C) Non è previsto alcun obbligo di motivazione, tranne i casi previsti dalla legge

12. Il mobbing è un fenomeno complesso consistente in una serie di atti o comportamenti


vessatori:
A) Propri ed esclusivi del datore di lavoro contro il dipendente;
B) Che possono essere posti in essere dal datore di lavoro o dai colleghi;
C) Di discriminazione contro le donne

13. La pianta organica di una pubblica amministrazione individua:


A) Il complesso dei posti dotati di stabilità;
B) Il complesso dei posti effettivamente assegnati;
C) Il complesso dei posti previsti dal disegno organizzativo;

14. La disciplina delle qualifiche funzionali:


A) È definita dalla pubblica amministrazione tramite un processo valutativo annuale;
B) È una materia oggetto di contrattazione collettiva;
C) È definita dal Ministro della Funzione Pubblica;

15. I doveri dell'impiegato:


A) Sono definiti dai codici di comportamento e dallo Statuto dei Lavoratori;
B) Sono definiti dai codici di comportamento, dalla Costituzione e dal codice civile;
C) Sono definiti dai codici di comportamento, dalla Costituzione e dalla normativa
civilistica e pattizia;

16. L'applicazione a mansioni superiori, nei casi previsti dalla legge:


A) Comporta il diritto al conseguente trattamento economico ma in nessun caso la
definitività di tali mansioni;

4
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
B) Comporta il diritto al conseguente trattamento economico e sempre la definitività
di tali mansioni;
C) Comporta il diritto al conseguente trattamento economico e la definitività di tali
mansioni, purché non sia stato determinato dalla necessità di sostituire del personale
assente con diritto alla conservazione del posto;

17. La disciplina delle mansioni superiori si applica:


A) Quando al lavoratore è attribuita una mansione superiore a causa di sostituzione
di personale per ferie;
B) Quando l'attribuzione dei compiti sia prevalente sotto il profilo qualitativo e
quantitativo;
C) Quando al lavoratore è attribuita una mansione superiore a causa di vacanza di
posto in organico per un periodo non superiore a sei mesi;

18. Il collocamento in disponibilità:


A) Può essere attivato soltanto a seguito della infruttuosità della procedura di
mobilità collettiva;
B) Determina la perdita della retribuzione;
C) Può essere attivato immediatamente se le eccedenze sono superiori a dieci
unità;

19. La definizione delle tipologie di infrazioni che determinano responsabilità disciplinare:


A) È affidata alla legge;
B) È affidata alla contrattazione collettiva ed ai codici di comportamento
C) È affidata alla contrattazione collettiva e alla legge

20. La sanzione disciplinare applicabile al pubblico dipendente può essere ridotta.


A) Sì, su richiesta dell'organizzazione sindacale di appartenenza del dipendente, ma
in tal caso non è più suscettibile di impugnazione
B) No, in nessun caso
C) Sì, con il consenso del dipendente, ma in tal caso non è più suscettibile di
impugnazione

5
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
21. In materia di applicazione delle sanzioni disciplinari, il D. Lgs. 165/2001 dispone che:
A) Il capo della struttura in cui il dipendente lavora provveda direttamente se la
sanzione da applicare sia il rimprovero verbale o la censura
B) Il capo della struttura in cui il dipendente lavora non possa in nessun caso
procedere direttamente all'applicazione della sanzione
C) Il capo della struttura in cui il dipendente lavora possa provvedere direttamente
se la sanzione da applicare sia il rimprovero verbale

22. Il passaggio di dipendenti da un'amministrazione ad un'altra richiede:


A) Un apposito accordo stipulato tra le amministrazioni
B) Il consenso delle amministrazioni di appartenenza e di destinazione e quello del
dipendente
C) Il consenso del dipendente, dell'amministrazione di destinazione e delle
organizzazioni sindacali

23.La mobilità volontaria determina:


A) La chiusura del rapporto di lavoro presso l'amministrazione di appartenenza e
l'instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro con l'amministrazione di destinazione;
B) Una novazione soggettiva del rapporto di lavoro tramite cessione del contratto di
lavoro
C) Un distacco senza termine temporale del lavoratore presso l'amministrazione di
destinazione autorizzato dall'amministrazione di appartenenza

24. Il trasferimento di attività:


A) Si verifica quando si ha un passaggio di attività e servizi pubblici ad enti o società
pubbliche o private;
B) Si verifica quando si ha una mobilità collettiva a seguito delle dichiarazioni di
eccedenza di personale effettuate al termine di un processo di privatizzazione
C) Si verifica quando il dirigente di struttura ritiene che l'attività da trasferite non
rientri più tra le finalità istituzionali dell'amministrazione

25. La mobilità collettiva,


A) Si applica quando la pubblica amministrazione rileva un'eccedenza di personale

6
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
e l'esubero riguarda almeno dieci dipendenti contemporaneamente
B) Si applica quando la pubblica amministrazione rileva un'eccedenza di personale
a seguito di trasferimento di attività
C) Si applica quando la pubblica amministrazione rileva un'eccedenza di personale
e l'esubero riguarda almeno dieci dipendenti anche se vi sono più eccedenze distinte
nell'arco di un anno

26. L'assunzione di personale nelle Pubbliche Amministrazioni può avvenire:


A) Solo con contratto di inserimento
B) Solo con contratto a tempo pieno e determinato
C) Esclusivamente a tempo indeterminato

27. Le controversie in ambito di rapporto di lavoro pubblico sono devolute:


A) Al giudice amministrativo
B) Alla giurisdizione della Corte dei Conti
C) Al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro

28. Nei procedimenti disciplinari può impugnare la sanzione:


A) Solo attraverso le procedure previste dai contratti collettivi
B) Attraverso un ricorso gerarchico
C) Anche dinnanzi al collegio arbitrale di disciplina

29. Prima di adire il giudice competente, ai fini dell'impugnazione della sanzione il lavoratore
deve:
A) Esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione
B) Esperire ricorso amministrativo
C) Esperire ricorso straordinario al Capo dello Stato

30. Tra le cause di estinzione del rapporto di impiego vi è:


A) La mobilità volontaria
B) L'assenza ingiustificata dal servizio per 5 giorni consecutivi lavorativi
C) La giusta causa ai sensi dell'art. 2119 c.c.

7
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
SOLUZIONE DEI QUESITI A RISPOSTA MULTIPLA

1 B

2 C

3 C

4 C

5 C

6 B

7 A

8 B

9 B

10 C

11 C

12 B

13 C

14 B

15 C

16 A

17 A

18 B

19 B

20 C

21 A

22 B

23 B

24 A

8
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
25 C

26 C

27 C

28 C

29 A

30 C

9
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
Scuola Superiore della
Elementi costitutivi del Reato
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE V:
Concezione tripartita del Beling

NOZIONI DI DIRITTO PENALE


Fatto Tipico Antigiuridicità Colpevolezza

docente: Avv. Vittorio De Chiara

Fatto Tipico Nella fattispecie oggettiva


Insieme di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi riscontriamo:
che il fatto deve contenere per corrispondere alla
fattispecie descritta dalla norma • Soggetto Attivo
• Soggetto Passivo
La Fattispecie si articola in
• Oggetto o Bene Giuridico
• Oggetto Materiale
Soggettiva Oggettiva
• Condotta
• Evento
• Rapporto di Causalità

Nella fattispecie soggettiva


Cause di esclusione della tipicità
riscontriamo:
• Coscienza e Volontà(art. 42 c.1 c.p.) • Forza Maggiore, Caso Fortuito.(art.45 c.p.)
• Dolo(43 c.1 c.p.) • Costringimento Fisico.(46 c.p.)
• Colpa(43 c.3 c.p.) • Reato Putativo e Reato Impossibile.(49
c.p.)

1
Antigiuridicità
Colpevolezza: elementi
Le Scriminanti o Cause di Giustificazione
• Consenso dell’Avente Diritto(50 c.p.)
A - Imputabilità – Art.85 c.p.
• L’esercizio di un Diritto(51 c.p.) • Cause di esclusione:
• Adempimento di un Dovere(52 c.p.) 1. Minore Età (97- 98 c.p.)
• La Legittima Difesa(52 c.p.) 2. Infermità di Mente (88
- 89 c.p.)
• Uso Legittimo di Armi(53 c.p.) 3. Sordomutismo (96 c.p.)
• Stato di Necessità(54 c.p.)
4. Ubriachezza, Volontaria, Abituale
• Reazione legittima agli atti arbitrari del P.U.( art.4 D.Lgt
288/1944) 5. Ubriachezza Preordinata(Actio libera in causa)
• Scriminanti non codificate: attività medico-chirurgiche e 6. Cronica Intossicazione da Alcool o
violenza sportiva Stupefacenti
• L’Eccesso colposo(55 c.p.)
• Scriminante putativa (59 3°Comma cp)

LA RESPONSABILITA’PENALE
Il Concorso di Reati
• B - Principio della personalità della • Concorso Materiale
Responsabilità Penale • Concorso Formale di Reati(art 81 c.1 c.p.)
(Art. 27 co.1 Costituzione)
• Reato Continuato(81 c.2 c.p.)
1. Responsabilità Oggettiva (Art.42 c. 2°c.p.) • Concorso Apparente di Norme(15 c.p.)
2. Reati Commessi a Mezzo Stampa
3. Delitto Preterintenzionale (Art. 43 e 584 c.p.)
4. Morte o Lesioni come conseguenza di altro
delitto (Art. 586 c.p.)

Il Concorso di Persone nel Reato Nozioni


1. Concorso necessario (vincolo strutturale es. rissa,
duello, incesto ecc..)

Art. 110 c.p. 2. Concorso eventuale (vincolo contingente es.


concorso in rapina, furto, omicidio ecc…)
Concorso 3. Reato associativo (vincolo stabile, organizzazione
Nozione Struttura
anomalo gerarchica e divisione dei compiti)

4. Concorso esterno ( occasionale ma con contributo


concreto finalizzato agli scopi dell’associazione)

5. Concorso morale (occasionale ma con condotte di


avallo e fiancheggiamento anche senza partecipazione diretta)

2
Casi di Concorso Anomalo Le Circostanze nel Concorso
1. Reato diverso voluto da taluno dei
Concorrenti (art. 116 cp) Tipologie
2. Mutamento del titolo del Reato per
Circostanze Aggravanti Circostanze Attenuanti
Taluno dei concorrenti (art 117 cp) (art 112 cp) (art. 114 cp)

3. Cooperazione colposa (art.113 cp)

Le Conseguenze del reato:


Principi costituzionali della pena
la pena
Sussidiarietà e Frammentarietà del Principio di Legalità e Costituzione
Diritto Penale 1. Personalità della responsabilità penale – 27
c.1° Cost.
2. Umanizzazione della pena – 27 c.3° Cost.
La Funzione della Pena 3. Principi rieducativi – 27 c.3° Cost.
1. Retribuzione Morale e Giuridica 4. Rispetto dei diritti umani del condannato – art.
2. Prevenzione Generale e Speciale 2 Cost.
3. Sistema del Doppio Binario 5. Esclusione della pena di morte - 27 c.4° Cost.

Criteri per la determinazione della


Tipologie di Pene pena
(Artt.132-133-133bis c.p.)
• Pene Principali
• Pene Accessorie
• Sanzioni Sostitutive • La Gravità del Reato
• Misure Alternative alla Detenzione • La Capacità a Delinquere
• Sanzioni Atipiche del Giudice di Pace • Le Condizioni Economiche
• Limiti Quantitativi per il Cumulo di Pene

3
Le Misure di Sicurezza
Finalità:
• Prevenzione Speciale
• Difesa Sociale I Delitti Contro la Pubblica
Funzione: Amministrazione
1. Emenda del Condannato
Durata Alcune Principali Tipologie
Natura
Presupposti
Tipologia

Nozione di pubblico ufficiale ed incaricato di


Gli obblighi e le sanzioni
pubblico servizio (artt. 357 e 358 c.p.p.)
• Nozione oggettiva di pubblica • Omessa denuncia di reato da parte del
amministrazione: pubblico ufficiale (art. 361 c.p.)
• amministrativa • I comportamenti penalmente rilevanti
• legislativa • L’esercente un servizio di pubblica
• giudiziaria necessità (art.359 c.p.)
• Le qualifiche previste dalla legge

Delitti dei Pubblici ufficiali contro la


P.A.
• Le due fattispecie di peculato ( artt. 314 e • Istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.)
316 c.p .) • L’abuso in atto d’ufficio (art.323 c.p.)
• La malversazione ai danni dello • Rivelazione ed utilizzazione di segreti
Stato(artt.316bis c.p.) d’ufficio (art. 326 c.p.)
• Concussione (art. 317 c.p.) • Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione (art.328
• I delitti di corruzione (artt. 318, 322 c.p.) c.p.)
• Corruzione in atti giudiziari (art.319 ter
c.p.)

4
Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE N.5

NOZIONI DI DIRITTO PENALE CON


PARTICOLARE RIFERIMENTO AI REATI
CONTRO LA PA; LIMITATAMENTE AL TITOLO II
CAP. I “ DEI DELITTI DEI PUBBLICI UFFICILI
CON TRO LA P.A.
REGOLE GENERALI DI COMPORTAMENTO DEL
PERSONALE ALLE DIPENDENZE DELLE P.a. E
DIRITTI E DOVERI DEI PUBBLICI DIPENDENTI

DISPENSA

di Vittorio De Chiara

Giugno 2008

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 1


INDICE

CAPITOLO 1 - GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL REATO ......................................................... 3


1.1 Fatto Tipico.................................................................................................................................. 3
1.2 Antigiuridicita’ .............................................................................................................................. 7
1.3 Colpevolezza............................................................................................................................... 8
CAPITOLO 2 - LE CONSEGUENZE DEL REATO. ......................................................................... 8
2.1 La pena ........................................................................................................................................ 8
2.2 Le funzioni della pena:............................................................................................................... 8
2.3 I Principi. ...................................................................................................................................... 9
2.4 Tipi di pene .................................................................................................................................. 9
2.5 Criteri per la determinazione della pena: .............................................................................. 10
2.6 Le misure di sicurezza Artt. 199 e succ. c.p......................................................................... 10
I Delitti Contro La Pubblica Amministrazione (Libro II – Titolo II – Capo 1° Codice Penale) ....... 11
CAPITOLO 3 - NOZIONI GENERALI............................................................................................... 11
CAPITOLO 4. I CONCETTI DI PUBBLICO UFFICIALE E INCARICATO DI UN PUBBLICO
SERVIZIO ............................................................................................................................................. 13
4.1Le Qualificazioni Soggettive..................................................................................................... 13
CAPITOLO 5 - GLI OBBLIGHI E LE SANZIONI ............................................................................ 16
CAPITOLO 6 - LE SINGOLE FATTISPECIE DELITTUOSE...................................................... 17
6.1Peculato ...................................................................................................................................... 17
6.2 Peculato mediante profitto dell’errore altrui - art 316 c.p. .................................................. 20
6.3 Malversazione a danno dello stato - art 316 bis c.p. .......................................................... 20
6.4 Concussione-art 317 c.p. ........................................................................................................ 21
CAPITOLO 7 - I DELITTI DI CORRUZIONE .................................................................................. 23
7.1 Nozioni generali ........................................................................................................................ 23
7.2 Corruzione propria – art. 319 c.p. e artt. 320 e 321 c.p...................................................... 24
7.3 L’ipotesi di cui all’ art. 319 bis c.p. ......................................................................................... 26
4.4 Corruzione impropria antecedente e susseguente art. 318 1°e 2°comma c.p. .............. 26
7.5 Corruzione in atti giudiziari – art.319 ter c.p......................................................................... 27
7.6 L’ipotesi attenuata dell’incaricato di pubblico servizio – art. 320 c.p. ............................... 29
7.7 Le sanzioni per il corruttore – Art. 321 c.p............................................................................ 29
7.8 Istigazione alla corruzione – art 322 c.p. .............................................................................. 29
7.9 Abuso d’ufficio – art 323 c.p.................................................................................................... 30
7.10 Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio - art.326 c.p. .......................................... 33
7.11 Rifiuto di atti di ufficio. omissione – art 328 c.p. ................................................................ 34

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 2


CAPITOLO 1 - GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL REATO
Gli elementi costitutivi del reato sono:
- Fatto tipico
- Antigiuridicità
- Colpevolezza

1.1 Fatto Tipico


Il fatto cui si riferisce il reato viene detto tipico quando contiene l’insieme di tutti gli
elementi oggettivi e soggettivi che servono per la corrispondenza dello stesso alla così
detta Fattispecie di reato descritta nella norma incriminatrice.
Esso si articola in:
- Fattispecie oggettiva quale insieme di tutti gli elementi materiali : soggetto attivo;
soggetto passivo (e/o danneggiato dal reato); oggetto o bene giuridico; oggetto
materiale; condotta; rapporto di causalità materiale; evento.
- Fattispecie soggettiva quale insieme degli elementi riferiti al nesso psichico:
coscienza e volontà, dolo, colpa.

1.1.1 Elementi della fattispecie oggettiva:


Soggetto attivo.
L’art. 27 della Costituzione sancisce il principio di personalità della responsabilità penale
secondo cui la natura strettamente personale del reato implica che nessuno possa essere
considerato responsabile per un fatto compiuto da altre persone. Da tale principio
consegue che tutte le persone fisiche possono essere considerate soggetti attivi del reato
(l’età, le situazioni di anormalità psico-fisica e le immunità non escludono la sussistenza
del reato ma incidono solo ed esclusivamente sull’applicabilità o meno della sanzione
penale) e quindi assoggettabili alla sanzione penale mentre restano escluse da
responsabilità penale le persone giuridiche. (Enti, società, organizzazioni, ecc.).
Diverse sono state le opinioni della dottrina su come potesse conciliarsi il principio di
personalità della responsabilità penale o quello di colpevolezza con la natura e la struttura
della persona giuridica.
L’orientamento prevalente preferisce parlare in questi casi di responsabilità amministrativa
dell’ente collettivo, la quale comunque assume rilevanza in veste penale dato che anche

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 3


tale responsabilità si lega ad un fatto di reato ed il suo accertamento avviene proprio
nell’ambito del processo penale.
(Responsabilità amministrativa per il fatto del dipendente D.LGS. 231/01)
Soggetto passivo.
E’ la persona fisica o giuridica titolare del bene leso. Persona offesa. Danneggiato.
Oggetto o bene giuridico.
E’ l’oggetto della tutela della norma in relazione anche alle scelte operate dal legislatore
sulla base dei Principi di legalità e riserva di legge; frammentarietà e sussidiarietà del
diritto penale; tassatività della norma. Certezza del diritto.
La condotta e l’evento.
La condotta è il comportamento posto in essere dal soggetto attivo del reato.
Per quanto concerne l’evento invece, sussistono due concezioni prevalenti:
Secondo la concezione naturalistica l'evento consiste nella modificazione della realtà
esteriore. Tale concezione ritiene che possano esistere dei reati senza evento come ad
es. nell'ipotesi dei reati di mera condotta in cui si ha la consumazione del reato con la
semplice realizzazione della condotta tipica (es. omissione di referto). Secondo la
concezione giuridica, invece, l'evento si riferisce all'offesa del bene o al valore tutelato
dalla norma penale, offesa che può manifestarsi nelle due forme della lesione o della
messa in pericolo. Tale teoria sostiene, al contrario della precedente, che non possono
esistere dei reati senza evento perché lo stesso reato si sostanzia nell'aggressione di un
bene giuridico. A seconda del comportamento del soggetto agente, si possono distinguere
i reati commissivi ( quando l’evento si verifica per un comportamento attivo e volontario del
soggetto agente che provoca una lesione a un bene tutelato giuridicamente) e i reati
omissivi (quando il danno si concretizza a seguito di una condotta omissiva del soggetto
agente). Per quest’ultima ipotesi, va detto che l’Ordinamento, tra le sue regole generali,
impone a chi si trova in determinate situazioni, di agire in un determinato modo. Ai sensi di
quanto dispone il secondo comma dell’art. 40 c.p. “non impedire un evento, che si aveva
l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Rapporto di causalità.
Il rapporto di causalità esprime, il nesso che lega la condotta all’evento e la sua esistenza
incide, dunque, in modo decisivo sulla realizzazione del fatto tipico, il quale consisterà
proprio nell’abbinamento tra condotta umana e situazione di danno o di pericolo
causalmente concatenati fra loro”

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1.1.2 Elementi della fattispecie soggettiva:
Coscienza e volontà (42 c.p.)
Costituiscono il requisito minimo di attribuibilità psichica del fatto al soggetto.
Dolo (43 c.p. comma 1)
Il dolo è l’elemento costitutivo del fatto illecito ed è la forma più grave in cui quest’ultimo
può realizzarsi.
Il reato è doloso quando il soggetto agente ha piena coscienza e volontà delle proprie
azioni.
Il dolo può essere: diretto o intenzionale, quando il soggetto agente assume un
comportamento voluto; indiretto quando da parte del soggetto agente vi è la
consapevolezza che il proprio comportamento potrebbe sfociare in un fatto illecito;
generico quando l’agente vuole realizzare la condotta tipica incriminata dalla norma, es.
omicidio; specifico quando alla previsione e alla volontà si aggiunge il perseguimento di un
fine ulteriore, es. arricchimento in caso di furto; di danno quando il soggetto agente
provoca un danno a un bene tutelato giuridicamente; di pericolo quando il soggetto ha
l’intenzione di danneggiare o minacciare il bene protetto dalla norma; iniziale quando il
dolo sussiste solo nel momento iniziale della condotta criminosa, concomitante quando
persiste anche durante lo svolgimento della condotta criminosa; successivo quando il dolo
si manifesta solo dopo il compimento di una certa condotta non dolosa.
A seconda dell’intensità, del dolo si può distinguere la premeditazione o reato di proposito,
che si verifica quando il colpevole cura nei minimi particolari i dettagli dell’esecuzione del
reato e, il reato da impeto che si verifica quando la decisione di commettere un reato è del
tutto improvvisa;

Colpa ( 43 c.p. comma 3):


La colpa si realizza quando il soggetto attivo commette un reato non perché aveva la
volontà di provocalo ma perché non ha utilizzato la dovuta e richiesta diligenza.
La colpa può essere: generica quando deriva da imprudenza, negligenza o imperizia;
specifica quando deriva dall’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline ovvero
di norme che impongono determinate cautele; propria quando l’evento non è voluto
dall’agente; impropria quando l’evento è voluto dall’agente ma non tanto da farlo rientrare
nell’ipotesi del dolo; incosciente quando manca la volontà di cagionare un evento e la
previsione dello stesso; cosciente quando manca la volontà ma non anche la previsione;

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professionale quando riguarda attività professionali di per sé pericolose ma che
l’Ordinamento consente e autorizza nel loro svolgimento in quanto produttive di risultati
ritenuti socialmente utili.
Cause di esclusione della tipicità:
Sono cause in presenza delle quali viene meno la colpevolezza (elemento soggettivo) del
reato.
Le cd. scusanti possono essere distinte in quelle che:
- determinano l’esclusione del nesso psichico: incoscienza indipendente da volontà: il
soggetto pone in essere una condotta criminosa trovandosi in uno stato di
incoscienza; caso fortuito o forza maggiore (art. 45 c.p.): “non è punibile chi ha
commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore”. Il primo caso (caso fortuito)
non è sempre relativo alla mancanza di colpevolezza e si verifica quando il fatto
(evento lesivo) deriva dall’incrocio tra un accadimento naturale e la condotta umana.
Il secondo (forza maggiore) invece si verifica quando la volontà del soggetto viene
annullata giacché lo stesso è costretto da una forza esterna che, per il suo potere
superiore, inevitabilmente, lo obbliga a compiere l’azione incriminata
dall’Ordinamento; costringimento fisico (art. 46 c.p.): ”non è punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto, mediante violenza fisica, alla quale non
poteva resistere o comunque sottrarsi. In tal caso, del fatto commesso dalla persona
costretta risponde l’autore della violenza”. E’ la tipica ipotesi di forza maggiore in cui
la forza esterna è determinata dalla violenza fisica di un altro soggetto. Il reato quindi
non viene commesso da chi agisce materialmente ma da chi ha posto in essere la
costrizione.
- Quelle che determinano la mancanza di dolo e colpa: caso fortuito (art. 45 c.p.): si
verifica quando un evento dannoso si realizza a causa di un comportamento
dell’agente posto in essere senza la sua volontà né da lui causato per imprudenza
e/o diligenza (es. ferito da una terza persona che muore dopo il ricovero a causa di
un incendio fortuitamente scoppiato in ospedale). Il caso fortuito non esclude
l’esistenza dell’azione ma impedisce che l’agente possa essere chiamato a
rispondere dell’evento cagionato con il concorso di fattori che esulano dall’ordine
normale delle cose; errore sul fatto costituente reato (art. 47 c.p.) l’’errore sul fatto si
ha quando il soggetto che agisce ha un’errata percezione della realtà, è cioè
convinto di porre in essere un fatto concreto diverso da quello vietato dalla norma

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penale. Per essere rilevante l’errore deve essere essenziale (cadere cioè su uno o
più elementi essenziali richiesti per la sussistenza del reato) e scusabile.
- Reato putativo e reato impossibile (art. 49 cp)
La norma definisce putativo il reato commesso dall’agente nella convinzione
(determinata da errore di fatto o di diritto) che si tratti di reato. Il soggetto commette
un fatto lecito (ovvero non punito dall’Ordinamento) ma per errore, si trova nella
convinzione che abbia violato una norma penale da cui la legge fa discendere
l’applicazione di una sanzione.
Il reato putativo non è quindi punibile e ciò nel rispetto dei principi della legalità e
della materialità che vigono all’interno dell’Ordinamento giuridico.
Il secondo comma dell’art. 49 c.p. (reato impossibile) stabilisce che “la punibilità è
altresì esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di
essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso”. Esempio classico è quello
dell’utilizzo di una pistola giocattolo, o della sostanza non velenosa utilizzata per
provocare il decesso di una persona: in questi casi non si può ipotizzare un tentativo
inidoneo ma molto più semplicemente si è in presenza di un reato impossibile per
inidoneità dell’azione

1.2 Antigiuridicita’
Qualora il fatto umano, si configura come fatto tipico, perché possa sussistere un illecito
penale, lo stesso deve essere anche antigiuridico, ossia, deve essere realmente contrario
ad una norma di legge e portatore di una lesione del bene giuridico protetto
dall'ordinamento . Si ricorre a questo requisito per introdurre accanto al fatto umano e alla
colpevolezza un elemento negativo nella struttura del reato cioè l'assenza di scriminati:
cause di esclusione del reato
Le cause di esclusione del reato sono tassativamente individuate dalla legge ed escludono
l’antigiuridicità di una condotta che, in loro assenza sarebbe penalmente rilevante e
sanzionabile. Sono situazioni normativamente previste in presenza delle quali viene meno
il contrasto tra un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice e l’intero ordinamento
giuridico.
In presenza di tali circostanze, infatti, una condotta (altrimenti dalla legge punibile), diviene
lecita e ciò in quanto una norma, desumibile dall’intero ordinamento giuridico, la ammette
e/o la impone.

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Le cause di giustificazione sono desumibili dall’intero Ordinamento giuridico e, pertanto, la
loro efficacia non è limitata al solo diritto penale ma si estende a tutti i rami del diritto (civile
e amministrativo), si tratta tra le altre del Consenso dell’avente diritto della legittima difesa
(52 c.p.); dello Stato di necessità (54 c.p.) ecc.

1.3 Colpevolezza

La colpevolezza è un concetto giuridico del diritto penale che racchiude il complesso


degli elementi soggettivi sui quali si fonda la responsabilità penale. Tale concetto, pur
non essendo esplicitato nel nostro ordinamento giuridico (il codice penale italiano,
infatti, non utilizza questo termine), ne rappresenta un imprescindibile fondamento
giacché ha per funzione la delimitazione dell'area del penalmente illecito e costituisce il
presupposto per l'applicabilità della pena.

CAPITOLO 2 - LE CONSEGUENZE DEL REATO.

2.1 La pena
In diritto penale, la pena è la conseguenza giuridica della violazione di un precetto
penale. Caratteristica essenziale è l'afflittività; essa consiste, nella privazione o
diminuzione di un bene individuale (libertà, vita, patrimonio).
La pena viene applicata dall'autorità giudiziaria con le forme e le garanzie scaturenti
dal processo penale.
La pena può essere definita come la sofferenza comminata dalla legge penale ed
irrogata dall'autorità giudiziaria mediante processo a colui che viola un comando o un
divieto della legge medesima.

2.2 Le funzioni della pena:


La pena può svolgere varie funzioni: una funzione retributiva (o assoluta), una funzione
di prevenzione generale e una funzione di prevenzione speciale.
Secondo la teoria retributiva, la sanzione penale deve servire a punire il colpevole per
il male provocato dalla sua azione illecita: l'idea retributiva implica il concetto di
personalità, di determinatezza, di proporzionalità e di inderogabilità della pena
medesima. Secondo la teoria della prevenzione generale, la pena consiste in una
minaccia che serve a distogliere la generalità dei consociati dal compiere atti
socialmente dannosi. Infine, secondo la teoria della prevenzione speciale, la pena

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svolge un compito intimidatorio volto alla dissuasione del singolo (condannato) dal
commettere nuovi reati e, contemporaneamente, compiti rieducativi e correttivi che le
varie modalità di esecuzione (misure alternative, sostitutive, accessorie) dispiegano sui
condannati.

2.3 I Principi.
I principi che regolano la pena sono:
- il principio di personalità: la pena è personalissima e colpisce solo l'autore del
reato art. 27 Cost.;
- il principio di legalità, che in sede penale si specifica in riserva di legge (la pena
non può essere comminata da fonti sub legislative), tassatività-determinatezza
(divieto di interpretazione analogica sfavorevole al reo) e favor rei (divieto di
applicazione retroattiva sfavorevole al reo e, viceversa, applicazione retroattiva
della medesima laddove favorevole);
- il principio di inderogabilità: una volta minacciata la pena deve essere applicata
all'autore della violazione (ma vi sono deroghe con l'introduzione delle liberazioni
condizionali e del perdono giudiziale);
- il principio di proporzionalità: la pena deve essere proporzionata al reato.
Costituiscono deroga a tale principio l'aumento facoltativo di pena previsto per i
recidivi, l'art. 133 c.p. impone al giudice di tener conto, nell'applicazione della
pena, anche della capacità criminale del reo.

2.4 Tipi di pene

Le Pene principali per i delitti sono: ergastolo, reclusione, arresto, multa e ammenda
Le Pene accessorie sono: interdizione o sospensione dai P.U., interdizione o
sospensione dalla professione, interdizione o sospensione da uffici direttivi di persone
giuridiche ed imprese, incapacità di contrattare con la P.A., decadenza o sospensione
dalla potestà genitoriale, interdizione legale, estinzione del rapporto di lavoro o di
impiego, pubblicazione della sentenza.(artt.29/36 c.p.)
Sanzioni sostitutive sono:(L.689/81) semidetenzione , libertà controllata , pena
pecuniaria
Misure alternative alla detenzione (L.354/75) sono: affidamento in prova al servizio
sociale, semilibertà, liberazione anticipata, detenzione domiciliare.

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Sanzioni atipiche del giudice di pace sono: obbligo di permanenza domiciliare,lavoro di
pubblica utilità

2.5 Criteri per la determinazione della pena:

I criteri per la determinazione della pena sono individuati dagli artt.132-133-133bis del
codice penale e si esauriscono nella dimensione della gravità del reato; nella capacità
a delinquere del soggetto attivo; nell’analisi delle condizioni economiche del soggetto
attivo nel caso di pene pecuniarie
Il codice inoltre individua dei limiti quantitativi in caso di cumulo di pene diverse.

2.6 Le misure di sicurezza Artt. 199 e succ. c.p.

Le misure di sicurezza sono provvedimenti adottati per "risocializzare" il condannato


ritenuto socialmente pericoloso.
Può essere promossa l'educazione o la cura del soggetto a seconda delle esigenze al
fine di neutralizzarne la pericolosità.
Vanno distinte dalla pena che ha una funzione retributiva quando il soggetto è
condannato ed è proporzionata al reato commesso.
Le misure di sicurezza possono essere rinnovate ad intervallo di sei mesi, a seguito di
una valutazione in cui emerge che la pericolosità permane. Si può applicare la misura
di sicurezza a qualsiasi soggetto che, non punibile o non imputabile, abbia commesso
un delitto o un quasi delitto (artt. 49 e 115 codice penale).
Il soggetto è socialmente pericoloso perché si ritiene probabile che possa commettere
altri reati.
Le misure di sicurezza possono applicarsi solo se la legge lo prevede nella singola
fattispecie di reato. È il giudice, dove previsto, a valutare se sussiste la pericolosità
sociale del reo. A valutarene la pericolosità sociale attenendosi ai criteri stabiliti
dall'articolo 133 codice penale:
Le misure di sicurezza si dividono in:
Personali:
- Detentive: per soggetti imputabili: colonia agricola o casa di lavoro; per soggetti
semi-imputabili: casa di cura e di custodia; per soggetti non imputabili: ospedale
psichiatrico giudiziario; per i minori: riformatorio giudiziario

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- Non detentive: libertà vigilata, divieto di soggiorno, espulsione dello straniero,
divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche.
Pecuniarie: cauzione di buona condotta, confisca

I Delitti Contro La Pubblica Amministrazione (Libro II – Titolo II –


Capo 1° Codice Penale)

CAPITOLO 3 - NOZIONI GENERALI

In diritto penale il concetto di Pubblica Amministrazione viene riferito sia a tutte le


pubbliche funzioni imputabili allo Stato o ad altro ente pubblico; sia agli organi preposti
all’esercizio di tutte le funzioni amministrative in senso lato: quindi anche giudiziaria e
legislativa.
Rispetto alla struttura generale del reato il concetto di Pubblica Amministrazione
costituisce il bene giuridico tutelato dalla norma, inteso come l’intera attività dello Stato
e degli altri enti pubblici, sia essa amministrativa in senso stretto che legislativa e
giudiziaria (si veda ad es. i reati contro l’amm/ne della giustizia) e pertanto meritevole
di protezione da ogni specie di condotta tesa a ledere o mettere in pericolo tutte le
prerogative dell’organizzazione statale nella sua globalità riferite non alle semplici
competenze attribuite ai singoli organi ma quale espressione della sovranità dello
Stato.
Il legislatore, per la configurazione delle singole fattispecie si è ispirato a precisi criteri
i:
1. potenziare la risposta punitiva dell’ordinamento di fronte alle condotte illecite
poste in essere dai soggetti rivestiti di funzioni pubbliche;
2. evitare un ingiustificato sindacato del magistrato penale nel merito delle scelte
amministrative;
3. limitare l’ambito della repressione penale ai fatti intrinsecamente lesivi degli
interessi della P.A. e dei cittadini;
Con la prima legge di riforma del Titolo II del Libro II del codice penale – Legge 26
aprile 1990 n.86 – il legislatore si è proposto di:

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- potenziare il controllo penale delle forme di illecita appropriazione delle risorse
pubbliche, delle condotte di arricchimento ingiustificate e di prevaricazione del
cittadino
- creare nuove fattispecie di reato più rispondenti alla realtà come il peculato d’uso,
la corruzione in atti giudiziari e l’istigazione alla corruzione, la malversazione a
danno dello Stato ovvero estendere l’abuso d’ufficio e la concussione anche
all’incaricato di pubblico servizio,
- avere come punto di riferimento, nella tipicità delle condotte, il contrasto tra quelle
effettivamente tenute dal P.U. ed il corretto modello di comportamento che
avrebbe dovuto avere in conformità dei doveri di imparzialità e buon andamento
della P.A.
Il Legislatore ha cercato anche di evitare il rischio di supplenza giudiziaria da parte della
magistratura inquirente attraverso una indebita ingerenza nel merito delle scelte della P.A.
ovvero di una ingiustificata criminalizzazione di fatti privi di effettivo disvalore penale. Le
cause di tale rischio sono da riscontrarsi in:
- mancanza o inefficacia dei controlli interni agli organi di P.A.;
- confusione tra le attività di mera amministrazione ed intromissione dei partiti politici
che sono chiamati a dialogare con la P.A. attraverso gli organi elettivi, cui spesso
spetta il potere di nomina rispetto ai primi, col rischio di servire ad interessi privati;
- debordare dalla funzione giurisdizionale in ingerenza nelle scelte discrezionali della
P.A. attraverso un meccanismo sia di decisioni giudiziarie a favore o contro una
parte, sia con sentenze di legittimità (Corte di Cassazione) tese a mutare spesso il
modo di applicare leggi e regolamenti.
Si tratta evidentemente di contemperare due esigenze confliggenti:
- libertà di azione degli operatori pubblici eliminando un invasivo rischio penale;
- repressione dell’affarismo e della disonestà dei pubblici funzionari.

In tale ottica il diritto penale si pone come estrema ratio rispetto ad una doverosa
attenzione al prevalere degli interessi privati nei confronti di quelli pubblici ed alla
creazione di efficaci mezzi di controllo amministrativo interno ed esterno.
La delinquenza politico/amministrativa ha assunto nel nostro paese un carattere
“sistemico” come fenomeno non più occasionale ed isolato ma vera e propria patologia dei
rapporti tra l’apparato politico/amministrativo e quello economico.

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Di qui la necessità di distinguere tra l’abuso penalmente rilevante e la semplice illegittimità
o irregolarità amministrativa.
In tale direzione si è mossa la nuova Legge 25 giugno 1999 n. 205 i cui punti salienti sono
stati:
- l’abrogazione e/o la depenalizzazione di fattispecie incriminatici minori ritenute prive
di disvalore sociale
- la creazione di fattispecie nuove in relazione ai fenomeni di corruzione internazionale
e di aggressione agli interessi finanziari dell’Unione Europea che con la Legge
20.09.00 n. 300 si pone come obiettivo il contrasto della criminalità economica
internazionale e il perseguimento dei funzionari corrotti della Comunità o dei singoli
stati aderenti,con l’introduzione in particolare:
o art.322 bis c.p. sulla tutela della P.A. straniera, comunitaria ed
internazionale
o art.316 ter a tutela del bilancio comunitario da condotte fraudolente
o art.322 ter, confisca obbligatoria dei proventi dei reati di peculato(314
c.p.) e corruzione (320 c.p.) e la confisca per equivalente dei beni del reo
corrispondenti per valore al maltolto.

CAPITOLO 4. I CONCETTI DI PUBBLICO UFFICIALE E INCARICATO DI UN PUBBLICO


SERVIZIO

4.1Le Qualificazioni Soggettive


L’art. 357 c.p. definisce la nozione di Pubblico Ufficiale “Agli effetti della legge penale,
sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria
o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto
pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della
volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi
o certificativi.”
E’ prevalente nel diritto penale la concezione oggettivo-funzionale di pubblico ufficiale,
cioè la qualifica non è in relazione al rapporto di dipendenza tra il soggetto e l’ente
pubblico, ma è connotata dai caratteri dell’attività oggettivamente esercitata.
Quindi è irrilevante l’esistenza o meno di un rapporto di impiego permanente o
temporaneo tra il soggetto e l’ente, ma conta che il soggetto svolga anche di fatto una
funzione oggettivamente pubblica e prescinde dal fatto che l’ente o la società abbia una
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partecipazione pubblico/privata, per es. nel settore edilizio o dei trasporti. Quindi la
concezione oggettiva di P.U. significa che ai fini della esistenza di tale qualifica è
sufficiente il solo concreto esercizio delle funzioni pubbliche,senza investiture formali e
quindi tale è anche il soggetto che svolge di fatto una pubblica funzione senza
possederne i requisiti previsti ma con l’acquiescenza a la tolleranza della P.A. da cui
dipende, eccezion fatta per il caso di usurpazione di pubbliche funzioni (art.347 c.p.)
Quanto alle funzioni esercitate esse vanno poste in relazione alla tipologia di attività che
tradizionalmente in base alla natura della disciplina si suole distinguere in:
Funzione amministrativa, attraverso il criterio formale, riferito alla natura della disciplina,
che è qualificata da:
- Sottoposizione a norme di diritto pubblico ovvero ad atti autoritativi in quanto non tutte
le attività disciplinate da norme di diritto pubblico si esternano o sono oggetto di atti
riconducibili immediatamente alla categoria degli atti pubblici
- Caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della P.A. o del
suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi che consistono nella realizzazione dei
fini della P.A. mediante veri e propri comandi rispetto a cui il privato è in posizione di
soggezione (es. esercizio del potere di coazione come l’arresto o la perquisizione) e
di contestazione (es. accertamento di violazioni amm/ve) o di supremazia gerarchica
nei pubblici uffici rispetto ai sottoposti; e certificativi cioè un’attività con particolare
efficacia probatoria: atti di attestazione, documentazione, vidimazione (es. un notaio
che autentica una firma in calce ad un atto)
Funzione legislativa, riconosciuta nel nostro sistema costituzionale ai parlamentari
nazionali (deputati e senatori) e ai consiglieri regionali. Per i parlamentari, quanto ai delitti
contro la P.A., si ripropone l’applicabilità delle norme di diritto penale,poiché i loro atti
sono caratterizzati dal principio di irresponsabilità per i voti e le opinioni espresse
nell’esercizio delle funzioni (art. 68 c.I Cost.) e del mancato assoggettamento dei
parlamentari ai principi di imparzialità e buon andamento nella rappresentanza degli
interessi politici e nel decidere il proprio trattamento economico.
Funzione Giudiziaria intesa sia come
- Funzione giurisdizionale in senso proprio spettante ai giudici cd. Togati, ai giudici
onorari quali giudici di pace, giudici onorari di Tribunale. giudici popolari in Corte di
assise
- Funzione requirente dei pubblici ministeri e vice procuratori onorari

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- Giudici della Corte Costituzionale per i quali però vige il principio di irresponsabilità
per quanto attiene alle attività amministrative connesse al funzionamento della Corte
medesima(Legge 11.03.1953 art.5), ma non per quanto riguarda eventuali reati
nell’esercizio della funzione giurisdizionale (es. corruzione, abuso d’ufficio ecc..)
L’art.358 c.p. definisce la nozione di Incaricato di Pubblico servizio“ Agli effetti della legge
penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano
un pubblico servizio .
Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della
pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e
con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di
opera meramente materiale.
Secondo le norme di diritto comune il servizio pubblico ha le seguenti caratteristiche:
- Viene disciplinato da norme di diritto pubblico e dalla mancanza di poteri di natura
deliberativa, autorizzativi o certificatoria tipici della pubblica funzione
- Non può mai costituire servizio pubblico lo svolgimento di semplici mansioni di ordine
( bidello, custode ecc) o prestazioni di opere meramente materiali.
Bisogna tuttavia chiarire che le definizioni che precedono non hanno tenuto presente che
con la legge 11 luglio 2000 n. 321, le carriere impiegatizie sono state riordinate in
qualifiche funzionali e che pertanto è mancata una verifica interdisciplinare tra la
definizione amministrativistica di P.U. ed Inc. di P. Serv. e quella penalistica.
Si osserva inoltre che spesso non basta che ci sia un atto di concessione di un pubblico
servizio (es. la concessione radiotelevisiva) perché esso sia tale, ma è necessario che le
singole attività svolte siano a loro volta soggette ad una disciplina di tipo pubblicistico,
laddove se sono soggette al comune regime privatistico (es. raccolta di pubblicità) non
costituiscono pubblico servizio.
C’è da aggiungere che si assiste alla tendenza persistente della magistratura ad applicare
in maniera estensiva le categorie di P.U. ed Inc. di P.Serv. per mantenere un controllo
penale forte a causa della criminalità politico/amm.va diffusa a tutti i livelli, utilizzando il
concetto di “strumentalità” o “accessorietà” rispetto all’attività pubblica in senso stretto (
es. una commissione di esperti per un incarico tecnico) ed anche quello di “sintomaticità”
nel senso di valutare, ai fini di cui sopra e pure in presenza di enti privati o privatizzati, la
eventuale sottoposizione ad attività di controllo e di indirizzo per gli scopi sociali, ovvero di
nomina e revoca degli amministratori, da parte della P.A. Oppure anche l’esistenza di un
rapporto di convenzione o concessione ovvero di finanziamenti elargiti dallo Stato.

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CAPITOLO 5 - GLI OBBLIGHI E LE SANZIONI
Resta preminente un corpus legislativo che si caratterizza per uno specifico orientamento
a far corrispondere l’obbligo di determinati comportamenti per il solo fatto di rivestire la
qualifica indicata nell’espletamento delle proprie funzioni.
Prima di tutto rilevano due fattispecie di reato immediatamente riferibili alle figure
anzidette. Esse sono quelle previste dagli articoli 361 e 362 c.p., Omissione di denuncia
da parte del Pubblico Ufficiale. “Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare
all’Autorità giudiziaria, od ad un’altra Autorità che a quella abbia l’obbligo di riferirne, un
reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni,è punito con la
multa da € 30 a € 516.
La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale od un agente di
polizia giudiziaria che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare
rapporto.Le disposizioni precedenti non ai applicano se si tratta di delitto punibile a querela
della persona offesa. Il successivo articolo 362 estende la condotta incriminata anche
all’incaricato di un pubblico servizio.
Invero le due fattispecie si collocano tra i reati contro l’amministrazione della giustizia ed
in particolare nel capo I del titolo III tra i delitti contro l’attività giudiziaria. Esse stabiliscono
un obbligo penalmente sanzionato che impone ai dipendenti pubblici ,che rivestono le
qualifiche anzidette, di attivarsi affinchè acquisiscano, nell’espletamento della propria
attività di pubblici funzionari, una notizia di reato: si pensi all’organo tecnico del comune al
quale il richiedente un permesso a costruire accluda alla domanda una falsa planimetria
dei luoghi per aggirare eventuali vincoli paesaggistici od ambientali.
Questo non implica da parte del dipendente un’attività di indagine ovvero un
giudizio di responsabilità penale verso il presunto autore del fatto di reato, ma solo che
egli sia consapevole, in quel momento, che vi siano gli elementi essenziali di una condotta
illecita.
Non è necessario riferirsi direttamente alle forze di polizia o ai carabinieri ma basta
comunicare i succitati elementi al proprio superiore gerarchico. Se l’organo è collegiale –
si pensi ad un organo di controllo di gestione al quale l’ente controllato presenta bilanci
alterati – anche uno solo dei componenti può adempiere l’obbligo.
E’ punibile sia l’omessa denuncia che una denuncia volutamente incompleta o superficiale
tale da impedire l’esatta individuazione del fatto e dei suoi autori. Lo stesso vale se il
pubblico ufficiale od incaricato di un pubblico servizio ritarda volutamente l’esposizione dei
fatti illeciti all’autorità competente.

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Nel solo caso in cui per errore incolpevole ovvero per materiale impossibilità a percepire
l’illecito in tutti i suoi elementi non si sia proceduto all’esposizione dei fatti a chi di dovere,
l’autore o gli autori saranno esenti da responsabilità penale.
L’art. 359 c.p. definisce la nozione di “Esercente un servizio di pubblica necessità” “ Agli
effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità:
1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui
esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando
dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi ;
2) i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico
servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della
pubblica Amministrazione [360] .
L’espressione del codice “ quando dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a
valersi” va riferita alle altre professioni che non siano forensi o sanitarie cui si debba per
forza ricorrere ad es. un architetto per la redazione di un progetto o un ingegnere per i
calcoli da depositare al genio civile ecc…
L’atto con cui al privato viene affidato il servizio di pubblica necessità è un provvedimento
di “ autorizzazione” e non concessione che riguarda il pubblico servizio esercitato dal
privato
Le qualifiche di Pubblico Ufficiale, Incaricato di un pubblico servizio o Esercente un sevizio
di pubblica necessità sono relative sia al soggetto attivo del reato quindi colui che agisce
come autore della fattispecie descritta nella norma, sia al soggetto passivo quando tale
qualifica è elemento costitutivo del reato ovvero circostanza aggravante, es. oltraggio a
magistrato in udienza.
L’art. 360 c.p. specifica che la cessazione della qualifica (per passaggio ad altre mansioni
ovvero per interruzione del rapporto di impiego) non esclude il reato allorché essa ne è
elemento costitutivo o circostanza aggravante, ancorché il fatto sia commesso dopo la
cessazione, purché esso sia in rapporto di nesso funzionale con la qualifica: es. un P.U.
che rivela un segreto d’ufficio dopo aver lasciato il servizio (art. 326 c.p.).

CAPITOLO 6 - LE SINGOLE FATTISPECIE DELITTUOSE

6.1Peculato
L’art. 314 c.p. stabilisce “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio [358], che,
avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di

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denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria , è punito con la reclusione da tre a
dieci anni .
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al
solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata
immediatamente restituita.”
Per quanto riguarda l’ipotesi del 1° comma: cd. appropriazione indebita da parte di un
pubblico funzionario:
- non c’è più il cd. peculato per “distrazione”, perché era troppo rigorista l’ipotesi di
punire l’eventuale modificazione della destinazione di denaro o cose mobili in
relazione alle prescrizioni dettate per il funzionamento interno dell’ente, ma usate per
il raggiungimento di altre finalità proprie dell’ente stesso. Nel qual caso può
prospettarsi il reato di abuso d’ufficio.
- il denaro o bene mobile può essere sia del privato che della Pubblica
amministrazione essendo stata abolita l’ipotesi di malversazione a danno di privati.
- bene protetto è in senso stretto il patrimonio della P.A., in senso lato è il buon
andamento e l’imparzialità della P.A.
- soggetti attivi sono il Pubblico Ufficiale o incaricato di P.S. e quindi esso è un reato
“proprio”
- la condotta consiste nell’appropriazione della cosa mobile o del denaro altrui
attraverso la cd.” interversione del possesso”: cioè il funzionario si comporta nei
confronti del bene come se ne fosse il proprietario e quindi vengono punite tutte le
condotte di dissipazione, alienazione o rifiuto di restituzione di beni della P.A.
Esempi: 1- Un messo comunale che faccia uso personale di somme ricevute a titolo
di pagamento imposte (ICI, TARSU ecc…);2- Il curatore di un fallimento che si
appropria di somme di denaro incassate nell’esercizio delle sue funzioni non
versandole al Giudice delegato;3- Un ufficiale giudiziario che omette di versare
somme riscosse a seguito di ingiunzioni di pagamento.
- non deve trattarsi di appropriazione a profitto altrui ma solo proprio, perché la
fattispecie non contempla questa ipotesi, nel qual caso si può delineare un abuso
d’ufficio ex art. 323 c.p.
- oggetto materiale è il denaro sia liquido che con assegni bancari o circolari, oppure
cose mobili aventi valore economico e quindi per es. non biglietti usati del treno o
carte telefoniche usate per farne collezione. Ma è compresa anche ogni altra energia
che abbia valore economico: es. quella elettrica per far funzionare un ventilatore

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portato da casa, o telefonica chiamando casa o navigando in Internet e ponendo i
costi a carico della P.A.
- altruità della cosa, nel senso che il pubblico funzionario ha il possesso o la
disponibilità di cose che appartengono direttamente alla P.A. oppure al privato che è
in rapporto istituzionale con la P.A. es. un privato che affitta in leasing macchinari
ma non il caso di colui che dimentichi il portafogli o la carta di credito in un pubblico
ufficio, nel qual caso vi sarà un furto o una appropriazione indebita da parte
dell’impiegato.
- possesso per ragioni di ufficio o servizio o comunque disponibilità:
o Ragioni di ufficio o servizio, secondo la giurisprudenza dominante basta
l’occasionalità, cioè il possesso deve esistere in occasione dell’espletamento
delle funzioni connesse all’ufficio o al servizio, con esclusione quindi dei casi di
usurpazione di funzioni pubbliche. Secondo altri vale il criterio della competenza
oggettiva e soggettiva, vale a dire il complesso di poteri attribuiti al pubblico
funzionario e quindi con esclusione di tutte le attività svolte al di fuori della sfera
di competenza attribuita. Altri infine adottano il criterio della funzionalità intesa
quale possesso o disponibilità che spettano al pubblico funzionario in ragione
dell’espletamento della sua attività, per legge, per regolamento interno, per
consuetudine o per prassi.

- possesso o disponibilità ma non solo possesso materiale anche disponibilità giuridica,


cioè un autonomo potere di destinare il bene funzionalmente all’esercizio dell’ufficio o
del servizio, es. custodia, uso, destinazione con l’obbligo di restituzione o vincolato
quanto alla destinazione.
- dolo generico inteso quale consapevolezza di appropriarsi di cose o denaro altrui
nell’espletamento della propria attività pubblica e nell’ottica di un personale
vantaggio.
Per quanto riguarda l’ipotesi del 2° comma: c.d. peculato d’uso, essa è un’autonoma figura
delittuosa di peculato e non rappresenta una circostanza attenuante.
Es.: un funzionario della tesoreria comunale si appropria di denaro in suo possesso per
ragioni dell’ufficio (cd. vuoto di cassa) ma restituisce il maltolto prima della scadenza del
rendiconto.
Requisiti di questa fattispecie sono:l’uso momentaneo cioè temporaneo del bene al di
fuori degli scopi istituzionali; la restituzione immediata e spontanea, vale a dire non a

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richiesta del superiore gerarchico, e non perché impaurito dalle conseguenze, perché in
questo caso si avrà un tentativo di peculato nella specie della prima ipotesi

6.2 Peculato mediante profitto dell’errore altrui - art 316 c.p.


L’art. 316 C.p. definisce il Peculato mediante il profitto dell’errore altrui.” Il pubblico ufficiale
o l’incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio,
giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro
od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.”
- Oggetto della tutela è il regolare funzionamento della Pubblica Amministrazione
- Condotta: ricezione o ritenzione nel senso di accettazione di bene mobile o fungibile
dato dal terzo in buona fede e senza sollecitazione da parte del pubblico funzionario
che però non lo restituisce.Es.: un impiegato postale che riceve per una vaglia dall’
utente una somma maggiore di quella che serve (capitale più costo del servizio) e ne
trattiene per sé il surplus destinandolo a sé medesimo oppure ad un collega.
- La fattispecie si realizza mediante l’errore altrui sia sul quantum debeatur (quanto è
dovuto) che sull’ an debeatur (se sia dovuto qualcosa). L’errore deve essere
spontaneo e non riconducibile ad una azione di induzione o sollecitazione del
pubblico funzionario che si deve limitare solo a trarne profitto.
- Deve avvenire nell’esercizio delle funzioni o del servizio e non quindi mentre si è in
congedo, ferie od altro
- Il dolo è generico ed è escluso nei casi in cui si dimostri che il pubblico funzionario ha
errato anche lui sulle norme o sui regolamenti che andavano applicati al caso di
specie.

6.3 Malversazione a danno dello stato - art 316 bis c.p.


L’art. 316bis.c.p. stabilisce”Chiuhiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo
ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi,
sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere
od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è
punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni [32quater].
- Oggetto o interesse protetto è la corretta gestione delle risorse pubbliche destinate a
fini di incentivazione economica.
- Scopo della norma è sanzionare le frodi nei finanziamenti pubblici
- Soggetto attivo è un privato estraneo alla Pubblica amministrazione beneficiario del
finanziamento
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- La condotta è articolata in due momenti
o Percepire legalmente e regolarmente (in caso contrario si avrebbe truffa ex
art. 640 bis c.p.) dallo Stato, Comuni, Regioni o CEE, denaro destinato per
realizzare opere,manufatti o attività (per es. corsi di formazione) di pubblico
interesse
o Non destinarli consapevolmente a queste finalità sia omettendo di utilizzarli
nei modi e nei tempi previsti, sia spostandoli su opere od attività diverse da
quelle per le quali si è ottenuto il finanziamento.
Di qui sovente, per evitare i rigori della legge, la tendenza a realizzare opere pubbliche
comunque ( ospedali, scuole ma anche carceri, aeroporti ecc..) che restano inutilizzati per
sempre in quanto non più utili o funzionali alle esigenze che hanno determinato le
originarie richieste di finanziamento.

6.4 Concussione-art 317 c.p.


L’art. 317 c.p. stabilisce”Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che,
abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a
promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la
reclusione da quattro a dodici anni [32quater].”
- Bene tutelato è il regolare funzionamento della Pubblica Amministrazione ex art. 97
Cost. Lo scopo della norma è quello di impedire la strumentalizzazione dell’ufficio
ricoperto per ottenere vantaggi personali attraverso l’intimidazione del privato
- Soggetto attivo è sia il pubblico ufficiale che l’incaricato di un pubblico servizio
La fattispecie si distingue in:
- Concussione per costrizione
o Costrizione intesa come coazione psichica attraverso la minaccia di un male
ingiusto percepito come tale dal concusso ma altresì seria ed oggettivamente
idonea ad esercitare una pressione nel senso voluto, per es. il componente la
commissione tecnica del Comune il cui parere favorevole al permesso a
costruire – e che spetta di diritto al richiedente- viene vincolato alla promessa di
vendergli uno degli appartamenti da costruire a prezzo sottoscosto.
o Il soggetto passivo ha titolo legittimo alla prestazione da parte della PA. e non
chiede nulla che non gli spetti né vuole pagare sua sponte alcunchè; nel caso
che la prestazione sia illecita e dietro retribuzione o vantaggi per il pubblico
ufficiale si configura la fattispecie di corruzione.

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- Concussione per induzione
o Induzione intesa come stato di soggezione psicologica comunque creata che
determini il soggetto passivo a dare o promettere utilità al pubblico ufficiale
nella consapevolezza che nulla sia dovuto ma che è opportuno farlo per evitare
un male. Es. un ufficiale della guardia di finanza che chiede ed ottiene da un
azienda uno sconto fuori mercato sui beni da questa prodotti, facendo balenare
accertamenti fiscali mirati e particolari.
o L’induzione può anche essere generata da una pratica corrente e consolidata
per cui il soggetto passivo, pur sapendo di non dovere nulla,è convinto che
solo così facendo eviterà danni. Si avrà in tal caso la figura della cd.
Concussione ambientale
Abuso della qualità o dei poteri di Pubblico Ufficiale. La distinzione va definita in relazione
alla competenza, nel senso che l’abuso della qualità di P.U. si tradurrebbe in una
mancanza di competenza del soggetto pubblico a compiere una certa attività e, nel
dettaglio,in una strumentalizzazione della propria qualifica soggettiva per far sorgere in
altri la rappresentazione di dovere dare una prestazione non dovuta.Per es. un vigile
urbano che facendo credere di poter intervenire in favore del rilascio di una concessione
edilizia si fa promettere danaro o utilità.
L’abuso dei poteri presuppone invece la piena competenza all’atto da compiere e che
oggettivamente compete al P.U., ma esercitato in maniera tale che le attribuzioni
dell’ufficio vanno al di là dei limiti stabiliti dalla legge per materia o funzionali : es il
componente di una commissione tecnica edilizia del Comune il quale chieda una somma
di denaro perché fa credere che in sede di formulazione del parere nel rilascio del
permesso a costruire egli può influire sulla decisione degli altri componenti o su quella
finale.
Le due ipotesi valgono sia per attività discrezionali che per attività vincolate.
- Il” taluno” è la persona fisica vittima della concussione mentre il soggetto passivo
leso in senso proprio è la Pubblica Amministrazione.
- Dazione è il passaggio materiale del bene o dell’utilità da un soggetto all’altro,
mentre promessa è l’assunzione di un impegno ad effettuare la prestazione. Laddove
il soggetto concusso ha la riserva mentale nel senso dell’intenzione di una promessa
che non intende mantenere ad es. denunciando il concussore, avremo in tal caso
solo un tentativo di concussione.

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- Utilità è ogni cosa che comporti un vantaggio per il patrimonio o la persona del
concussore, anche se non giuridicamente valutabile per es. sconti particolari, uso
gratuito della casa, prestazioni di opera ed anche prestazioni sessuali.
- Indebitamente significa che nulla è dovuto né per legge né per consuetudine sia che
la richiesta venga fatta come pubblico ufficiale sia come privato ma abusando della
qualità e dei poteri: es. un magistrato che chieda uno sconto particolare nell’acquisto
della propria auto.
- Il “terzo” è chiunque sia estraneo alla attività del P.U. es. un amico o un parente
ovvero anche una società, un’azienda od anche un ente pubblico come un fondo di
beneficenza costituito presso il Comune cui il privato è indotto a versare un somma
di denaro.
- Dolo generico è la consapevolezza della abusività della propria condotta oltre che del
carattere indebito della prestazione.

CAPITOLO 7 - I DELITTI DI CORRUZIONE

7.1 Nozioni generali


La corruzione è un reato unico, anche se si atteggia in molteplici fattispecie e modalità
esplicative, a concorso necessario in quanto deve coesistere la presenza di un corrotto e
di un corruttore, che si sostanzia in un accordo avente per oggetto un fatto illecito e cioè la
compravendita dell’attività funzionale della pubblica amministrazione.
Strutturalmente la corruzione può essere : propria, come compravendita di un atto
contrario ai doveri di ufficio, es. viene concesso un permesso a costruire che il richiedente
non potrebbe avere per mancanza dei requisiti ( art.219 c.p.); impropria come
compravendita di un atto conforme ai doveri dell’ufficio, es. pago un dipendente della
motorizzazione civile per avere presto le targhe della nuova auto appena comprata
(art.318 c.p.); antecedente, se il pubblico ufficiale riceve una retribuzione o la sua
promessa prima del compimento dell’atto; susseguente, se dazione o promessa
avvengono ad atto compiuto. Nell’art. 319 c.p. le due ipotesi di corruzione propria
antecedente o susseguente risultano unificate ai fini della pena quali ipotesi più gravi di
corruzione. Nell’art. 318 c.p. è contemplata l’ipotesi più lieve sotto la specie di corruzione
impropria susseguente, es. mancia o gratificazione per un atto legittimo e dovuto. Il bene
protetto o tutelato in linea generale e comune a tutte le ipotesi è il dovere di onestà,
correttezza e lealtà del pubblico funzionario, ferme restando le peculiarità delle singole
fattispecie di reato.
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Differenze logico-giuridiche tra corruzione e concussione vengono individuate come
segue. Secondo la dottrina tradizionale il criterio discretivo si sostanziava nella
provenienza dell’iniziativa che, se partiva dal privato configurava l’ipotesi di corruzione se
invece dal pubblico funzionario quella della concussione. Ma quid juris nel caso di
concussione per induzione, in cui il pubblico funzionario induca il privato a versargli una
somma o altra utilità e questi volentieri si adegui ed aderisca in quanto sa di poterne trarre
vantaggio ? Se verrà contestata la concussione sarà punito il solo p.u., se corruzione la
punizione sarà per entrambi.
Attualmente la dottrina e la giurisprudenza si basano sul seguente criterio: ci sarà
corruzione se il p.u. ed il privato realizzano un accordo paritario e vantaggioso per
entrambi sulla base della legge della domanda e dell’offerta, indipendentemente da chi sia
a prendere l’iniziativa; ci sarà concussione allorché il p.u. intimorisce il privato in forza
della sua posizione e conclude un accordo vantaggioso soprattutto per sé, quasi di tipo
estorsivo. In quest’ultimo caso c’è uno stato di soggezione o paura da parte del privato
mentre nella corruzione c’è un libero accordo per un vantaggio reciproco.
Vi sono situazioni border line come quando il p.u. prospetta al privato la dazione quale
modo di evitare un pagamento, es. una multa, ed il privato vi aderisce. In tal caso vi sarà
corruzione e non concussione in quanto si tratta di cooperazione per un vantaggio
reciproco e non di sottostare ad una pressione del funzionario.

7.2 Corruzione propria – art. 319 c.p. e artt. 320 e 321 c.p.
Ai sensi dell’art. 319 c.p. “Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver
omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto
contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne
accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni [32quater] .
- Bene tutelato è il buon andamento della pubblica amministrazione volto alla
protezione delle normali regole di esercizio delle funzioni amministrative nonchè
l’imparzialità, nel senso del dovere della p.a. di collocarsi in una posizione neutra
rispetto ad interessi particolari e quindi di considerare le istanze motivate e legittime
dei cittadini tutte uguali rispetto al proprio dovere di soddisfarle.
- Soggetto attivo sono il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ed il
privato corruttore. Le qualifiche devono esistere al momento del fatto e non essere
future.

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- Condotta bifasica per il pubblico funzionario che consiste nel ricevere od accettare la
promessa di denaro o utilità; per il privato nel dare o promettere tali vantaggi. La
dottrina tradizionale richiede anche il requisito del sinallagma nel senso che nella
condotta di corruzione propria antecedente deve esserci proporzione tra la
ricompensa o retribuzione ed il compimento dell’atto contrario ai doveri di ufficio oltre
che un collegamento diretto tra prestazione e controprestazione. Pertanto l’ipotesi
delittuosa non si avrebbe nel caso ad es. di piccoli donativi, omaggi, biglietti del teatro
e similaria rispetto ad una concessione edilizia di milioni di euro.
- Nella seconda fase della condotta il pubblico funzionario deve omettere o aver
omesso, ritardare o aver ritardato un atto del suo ufficio ovvero compiere o aver
compiuto un atto contrario ai doveri d’ufficio. Requisiti sono:
o La competenza dell’ufficio
o Atto da valutarsi con riferimento non ai doveri generici di imparzialità e
correttezza ma in relazione ai singoli e particolari obblighi dell’ufficio
o Valutazione fatta con rinvio alle norme di diritto amm/vo che regolano e
disciplinano lo svolgimento dell’attività dell’ufficio e che si sostanzia nella
illegittimità dell’atto. Per es. un permesso a costruire in mancanza dei requisiti,
oppure ammissione alle scuole materne comunali di bambini non aventi diritto
ecc..)
o Gli atti discrezionali quanto al contenuto ovvero all’emanazione costituiscono un
dato da considerare con riferimento alla imparziale valutazione degli interessi
pubblici coinvolti nell’atto stesso sia nel senso della rinuncia a tale valutazione
sia nel senso di valutazione volutamente erronea o dannosa per la P.A.
- Oggetto materiale è il danaro o qualunque utilità anche non patrimoniale né
materiale, purché esso si presti ad essere valutato come una retribuzione. La
Cassazione ha ritenuto non costituire utilità l’amplesso sessuale di donna per bene e
costumata, mentre lo è quello di una prostituta in quanto costei rinuncia ad un
compenso economico in cambio dell’atto del p.u. contrario ai doveri di ufficio. La
prestazione deve essere comunque sempre indebita.
- Dolo specifico come coscienza e volontà della condotta e consapevolezza di
compiere un atto contrario ai compiti dell’ufficio ovvero di omettere o ritardare l’atto
dell’ufficio. E’ irrilevante che il p.u. accetti la ricompensa con l’intenzione di agire
comunque indipendentemente dal privato, ovvero di non compiere o ritardare l’atto

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contrario. Se poi decide di compiere un atto dovuto si avrà l’ipotesi di cui all’art. 318
c.p.

7.3 L’ipotesi di cui all’ art. 319 bis c.p.


L’art. 319bis. Stabilisce “La pena è aumentata se il fatto di cui all’art. 319 ha per oggetto il
conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei
quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene [32quater]”
.
Tale articolo prevede l’ipotesi di aggravante dell’atto compiuto per far occupare un impiego
ovvero stipendi, pensioni o stipula di contratti della P.A. cui appartiene il soggetto corrotto.

4.4 Corruzione impropria antecedente e susseguente art. 318 1°e 2°comma c.p.
L’art. 318.c.p. recita “Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve,
per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne
accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui giàcompiuto, la pena
è della reclusione fino a un anno [32quater] .”
L’ipotesi di cui al 1° comma si riferisce ai seguenti elementi:
- Fattispecie dell’accordo tra pubblico ufficiale e privato consistente nella
compravendita di un atto conforme ai doveri dell’ufficio: è antecedente quando la
dazione o la promessa avvengono prima del compimento dell’atto.
- Bene tutelato è l’imparzialità della P.A. in quanto il pubblico funzionario, accettando
la retribuzione o la promessa non è più terzo estraneo agli interessi del privato come
ha l’obbligo di essere, ed in più radica nel cittadino il convincimento che gli atti della
P.A. anche quelli dovuti e conformi ai suoi interessi vanno comunque pagati
privatamente a parte.
- Soggetto attivo è il pubblico ufficiale e l’incaricato di un pubblico servizio (ex
art.320 1° comma c.p.)
- Condotta è connotata dal criterio della proporzione sinallagmatica tra prestazione e
controprestazione.Deve esserci una valutazione oggettiva nel senso della cd.
adeguatezza sociale tra l’una e l’altra: es. € 1000 per l’autorizzazione ad un posto
per una bancarella al mercatino comunale; ovvero € 100.000 per un permesso a
costruire. Ma altresì una valutazione soggettiva in relazione all’importanza dell’atto

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rispetto a chi riceve anche se esso è di bassa entità: es. un abbonamento alle linee
di trasporto urbano per un disoccupato.
- Non costituiscono reato le controprestazioni del privato cd. d’uso o di cortesia o
regalie, es. il caffè al bar ai membri di una commissione edilizia che ha dato parere
favorevole al permesso a costruire, ovvero per motivi di amicizia o di affetto.
- La retribuzione deve essere naturalmente non dovuta nel senso che essa non sia
prevista per quel tipo di attività della P.A. né per l’an né per il quantum.
- Atto che deve rientrare nella competenza dell’ufficio ed essere legittimo
- Dolo consistente nella consapevolezza da parte del p.u. di ricevere o accettarne la
promessa e da parte del privato di dare o promettere per comprare un atto
dell’ufficio.
L’ipotesi di cui al 2° comma si riferisce ai seguenti elementi:
- Soggetto attivo può essere anche l’incaricato di un pubblico servizio che abbia la
qualità di pubblico impiegato
- Condotta consistente nel pagamento ovvero promessa successivi al compimento
dell’atto
- Non è prevista la punibilità per il corruttore per ragioni di politica criminale ispirate al
principio di equità (art. 321 c.p.)

7.5 Corruzione in atti giudiziari – art.319 ter c.p.


Ai sensi dell’art319ter.c.p. “ Se i fatti indicati negli artt. 318 e 319 sono commessi per
favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica
la pena della reclusione da tre a otto anni.
Se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque
anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l’ingiusta condanna alla
reclusione superiore a cinque anni o all’ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti
anni.”
La fattispecie richiama le seguenti considerazioni:
- Figura autonoma di reato per il maggior disvalore sociale della corruzione nelle
attività giurisdizionali.
- Soggetti attivi sono pubblici ufficiali e privati stante la struttura plurisoggetiva della
fattispecie

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- Condotta consiste nei comportamenti di corruzione propria ed impropria, antecedente
e susseguente previsti e sanzionati dagli artt. 318 e 319 c.p. con la specificità che
l’atto d’uffico o contrario ai doveri d’ufficio ha la finalità concordata di favorire o
danneggiare una parte in un processo penale, civile od amministrativo.
- Reato a tutela penale anticipata in quanto la punibilità scatta quando è provato che
l’atto di corruzione era finalizzato al raggiungimento dello scopo illecito anche se
questo poi non è raggiunto. Per es. un Pubblico Ministero che accetta denaro od
utilità per ammorbidire un’indagine al fine di richiedere al GIP un’archiviazione che
però questi successivamente non ritiene nella sua autonomia di dover concedere.
- Il fatto corruttivo deve essere ingiusto, cioè non solo pilotato nel senso voluto dai
soggetti, ma anche che il vantaggio o il danno subito dalle parti processuali,che può
anche non identificarsi necessariamente con il soggetto corruttore, non è quello che
si sarebbe prodotto se l’atto o gli atti giudiziari fossero stati conformi alla legge ed
alle procedure.Per es.decreto di dissequestro di una costruzione abusiva anzicchè
l’emissione di un ordine di demolizione.
- Nell’ipotesi di corruzione impropria susseguente resta il dubbio se l’atto
astrattamente conforme alle norme abbia comunque arrecato un danno ad una parte
e vantaggio all’altra ( es. una sentenza esecutiva di sfratto) ed il giudice che l’ha
emesso abbia avuto un donativo per un provvedimento almeno formalmente corretto.
La norma in questione non esclude questa ipotesi ,restando poi da dimostrare la
volontà di corruzione dei soggetti implicati.
- La sfera di discrezionalità del magistrato è molto più ampia di quella di qualunque
altro Pubblico Ufficiale, in quanto egli per legge trae dal suo libero convincimento le
nozioni e gli elementi necessari per l’emissione dei provvedimenti, avverso i quali
esistono i rimedi procedurali, come le impugnazioni, il riesame, il ricorso per
Cassazione ecc…
- La piena operatività della norma si ha solo nel caso in cui vi sia dazione o promessa
per un atto giudiziario contrario ai doveri d’ufficio quale corruzione propria
antecedente o susseguente. Nella funzione giurisdizionale vanno ricompresi anche
gli atti non riferibili strettamente alla attività jusdicente ma anche a quella requirente.

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7.6 L’ipotesi attenuata dell’incaricato di pubblico servizio – art. 320 c.p.
Ai sensi dell’art. 320 c. p. “ Le disposizioni dell’art. 319 si applicano anche all’incaricato di
un pubblico servizio; quelle di cui all’art. 318 si applicano anche alla persona incaricata di
un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo [32quater] “

7.7 Le sanzioni per il corruttore – Art. 321 c.p.


321. Pene per il corruttore. — Le pene stabilite nel primo comma dell’articolo 318, nell’art.
319, nell’art. 319bis, nell’articolo 319ter e nell’art. 320 in relazione alle suddette ipotesi
degli artt. 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o
all’incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità [32quater] .

7.8 Istigazione alla corruzione – art 322 c.p.


L’art. 322 c.p. recita “Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un
pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di
pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora
l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’art. 318,
ridotta di un terzo.
Se l’offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un
pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto
contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia
accettata, alla pena stabilita nell’art. 319, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico
servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione
di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall’art. 318.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un
pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro ad altra utilità da parte di
un privato per le finalità indicate dall’art. 319 [32quater]”
Rispetto alla descritta fattispecie di reato individuiamo le seguenti considerazioni.
- Scopo della norma è quello di punire le condotte sia del pubblico ufficiale che
dell’incaricato del pubblico servizio che rivesta la qualità di impiegato,sia del privato
che non integrino il tentativo di corruzione propria ed impropria in quanto i
comportamenti non sono delineati in tutto i loro elementi. Per es. promessa di denaro
o utilità che pur non essendo accettata non viene nemmeno rifiutata per ragioni di
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opportunità temporale o fattuale. In tale ipotesi il tentativo di corruzione è di difficile
configurazione in quanto esso presuppone che tutti gli elementi della fattispecie sono
presenti e l’evento non si verifica per ragioni indipendenti dalla volontà dei soggetti,
es. l’impossibilità sopravvenuta della prestazione o della controprestazione. Nella
prima ipotesi la sola offerta o promessa non seguita da accettazione configura il
delitto di istigazione. Lo stesso dicasi per il p.u. che sollecita la promessa ovvero la
dazione diretta del denaro o utilità e questa non avviene.
- Condotte :
o Istigazione alla corruzione cd. attiva, in cui è il privato che offre o promette
concretamente e seriamente, per l’entità dell’offerta o la qualità economica di
entrambi,( es. di un concessionario d’auto che offre a prezzo notevolmente
scontato un auto di grossa cilindrata ad un semplice impiegato) al pubblico
ufficiale che però non accetta.
o Istigazione alla corruzione cd. passiva, in cui è il p.u. che sollecita il privato
alla dazione o promessa ( che costui non accetta) che è al limite del tentativo
di concussione ed in cui il discrimine è costituito dal fatto che non c’è
costrizione o induzione ma solo un invito a pagare senza minaccia di
ritorsioni o negazione del provvedimento.
- Non è prevista l’istigazione alla corruzione in atti giudiziari e non può operarsi una
interpretazione analogica per il limite stabilito dal principio di legalità. Tale ipotesi è
punibile solo a titolo di tentativo di corruzione sussistendone tutti gli elementi.

7.9 Abuso d’ufficio – art 323 c.p.


L’art. 323. stabilisce che ”Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato il pubblico
ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del
servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in
presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti,
intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca
ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante
gravità”
- Scopo della norma è limitare il controllo penale sulle attività dei pubblici ufficiali e
amministratori rispettando i principi costituzionali sulla divisione dei poteri. Ciò si
realizza attraverso una compiuta descrizione della fattispecie legale onde evitare

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sconfinamenti ingiustificati del giudice penale sugli amministratori pubblici col rischio
di realizzare una vera e propria surroga dei poteri di scelta e discrezionalità che la
legge attribuisce a costoro.
- La condotta consiste nella violazione di norme e regolamenti oppure non astenendosi
dal compiere atti in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto e nei
casi in cui la legge lo richiede, per realizzare un vantaggio solo patrimoniale.
- Bene tutelato è il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.
- Soggetti attivi sono sia i pubblici ufficiali che gli incaricati di un pubblico servizio in
quanto spesso questi ultimi hanno la titolarità di servizi pubblici di particolare
importanza come trasporti, fornitura gas o elettricità.
- Elementi oggettivi del reato:
- Evento inteso come effettivo verificarsi del vantaggio o del danno e non
semplicemente compiere un atto finalizzato.
- Vantaggio solo patrimoniale cioè con una valenza economica tale da concretizzare
un arricchimento del destinatario, es. modificare il piano regolatore in modo da
rendere edificabile un suolo che prima non lo era.
- Danno che può essere sia economico che non economico, morale o affettivo es.
inserendo un parente tra coloro che aspirano all’assegnazione di un impiego facendo
parte quale membro della commissione di concorso, oppure, per danneggiare
l’amministrazione per motivi elettorali.
- Danno e vantaggio devono essere ingiusti nel senso che devono derivare dalla
violazione delle norme e dei regolamenti e non per es. da inimicizia tra le parti ma
nel rispetto formale delle regole della buona amministrazione.
- Condotta tipizzata:
- Violazione di norme di legge o di regolamento e non semplicemente eccesso o
sviamento di potere (per il quale v’è rimedio con il ricorso al T.A.R.) altrimenti il
controllo penale diverrebbe una invasione sulle scelte di ordine amministrativo.
Quindi per es. dare un permesso a costruire ad un parente e negarlo ad un nemico
ostile non è reato se avviene nel rispetto formale e sostanziale delle norme e dei
regolamenti.
o Illiceità amm/va ed illiceità penale sono due aspetti differenti e non
necessariamente coincidenti. La violazione di legge, quale vizio tipico degli atti
amm/vi, relativi al soggetto, al contenuto ed alla forma dell’atto o al
procedimento, può essere elemento costitutivo del reato di abuso ma non è

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 31


detto che sia sufficiente ad integrare gli estremi di un abuso penalmente
rilevante. Ad es. la mancanza di motivazione o carenza di motivazione è
sicuramente qualificabile come illecito amm/vo e come tale ricorribile al T.A.R.
ex L. 241/90, ma è solo un elemento da valutare da parte del giudicante come
base di partenza per verificare se si è realizzata la fattispecie dell’art 323 c.p.
o Il riferimento alla violazione dei regolamenti è consentito dalla possibilità che la
norma penale integri il precetto con riferimento a norme anche secondarie tratte
da altri rami dell’ordinamento (ipotesi di cd. norme penali in bianco)
Omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo
congiunto. Si tratta di un dovere di astensione che si sostanzia in un obbligo giuridico
che discende dalla legge per gli amministratoriri locali ex art. 78 dlg. 18/08/2000 n.267
e per i pubblici dipendenti ex DM 31/03/94 n. ed altre fonti quali la legge 142/90 art. 64.
o Deve trattarsi di atti di cui il p.u. ha competenza per lo svolgimento di
funzioni o servizi in quanto”intraneus” alla P.A.
o La clausola “salvo che il fatto non costituisca più grave reato”, indica che
la fattispecie ex art 323 è sussidiaria rispetto a fatti di abuso più gravi che
abbiano connotazioni precipue tipiche ad es. della concussione
,corruzione ecc…
- Dolo intenzionale nel senso che il p.u. commette l’abuso sapendo di agire allo scopo
di avvantaggiare o danneggiare qualcuno. Se lo scopo ( non i moventi che possono
essere i più vari) è diverso, per es. il p.u. che abusa del suo ufficio solo per far
mostra di potere e quindi ingraziarsi ed ottenere i favori sessuali di una vigilessa, il
reato è escluso.
- Inoltre occorre la consapevolezza di stare violando norme o regolamenti e non un
mero errore nell’applicazione della legge extrapenale che per il disposto dell’art. 47
u.c. c.p. esclude la punibilità quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce
il reato: per es. il p.u. che respinge una richiesta di sgravio fiscale ritenendo
erroneamente che la norma non si applichi al caso concreto. In tal caso l’errore sulla
interpretazione della norma invocata dal privato ha indotto senza colpa il p.u. a
commettere un fatto di reato che altrimenti non avrebbe compiuto.
- Il reato si perfeziona col conseguimento del vantaggio o il prodursi del danno.
Altrimenti si configura il tentativo.
- Ai fini della punibilità è considerata circostanza aggravante la rilevante entità del
danno o del vantaggio.

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7.10 Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio - art.326 c.p.
L’art. 326 sancisce “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio
[358], che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della
sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in
qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé
o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le
quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il
fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o
di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni .
- Oggetto della tutela è impedire che alla P.A. possa derivare pregiudizio o danno dalla
rivelazione di notizie destinate a rimanere segrete.
o Es.: da una commissione di concorso viene fuori per un candidato il testo
del tema che verrà dettato in aula.
o Es.: un quotidiano pubblica i verbali di interrogatorio di un arrestato
passati al redattore dal cancelliere del Pubblico Ministero che l’ha
condotto.
- Condotta incriminata consiste nel rivelare o agevolare la conoscenza di notizie
dell’ufficio destinate a rimanere segrete. E’ il cd. segreto d’ufficio cioè conoscenze
che rientrano nella competenza funzionale dell’ufficio ( e non quindi apprese a causa
dell’ufficio cioè non sue proprie) e coperte da segreto nel senso che non possono
essere comunicate a terzi estranei all’ufficio : 1- per legge; -2 per regolamento; 3- per
ordine legittimo dell’autorità. Ad es. il DPR 10.01.1077 n.3 che impone il segreto agli
impiegati pubblici; oppure ai sensi dell’art 366 2° co. c.p.p. che prevede la
segregazione per 30 giorni dei verbali di interrogatori disposta dal Pubblico Ministero
anche nei confronti del difensore dell’indagato.
- Violazione dei doveri inerenti alle funzioni o al servizio o abusando della qualità di
p.u.. Quest’ultima precisazione è pleonastica in quanto comunque rivelando notizie di
ufficio si viola e si abusa delle funzioni e della qualità.
- Agevolazione significa facilitare la conoscenza da parte di terzi di fatti e notizie
destinate a rimanere segrete agendo anche colposamente: es. lasciando aperto il
cassetto di uno schedario in cui sono contenuti dati cd. sensibili.

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- Il reato si consuma nel momento in cui il terzo apprende le informazioni coperte da
segreto. Colui che riceve tali informazione non è punibile in quanto la norma non lo
prevede.
- La prima ipotesi del comma 3°: utilizzazione di notizie segrete dell’ufficio a fini
patrimoniali.Vi è ricompreso qualunque profitto personale o di terzi che derivi dalla
utilizzazione della notizia: es. rivelazione dietro compenso del contenuto delle offerte
in una gara di appalto ovvero senza compenso ma per farla aggiudicare ad un amico
o parente.
- La seconda ipotesi del comma 3°: utilizzazione per un vantaggio non patrimoniale,
cioè non economicamente valutabile: es. una prestazione sessuale. Ovvero solo per
cagionare danno al terzo. Il danno è ingiusto in quanto deriva da una condotta
improntata allo spregio ed alla violazione di norme, di regolamenti oltre che al dovere
di correttezza ed imparzialità che deve improntare l’azione del pubblico funzionario.Il
danno può essere patrimoniale ovvero non patrimoniale es. il danno di immagine che
deriva dal rivelare il contenuto del certificato penale di un soggetto la cui attività è
legata alla pubblica fama.

7.11 Rifiuto di atti di ufficio. omissione – art 328 c.p.


L’art. 328.stabilisce ”Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che
indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza
pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo , è
punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico
servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto
del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione
fino ad un anno o con la multa fino a milletrentadue euro. Tale richiesta deve essere
redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta
stessa.
La prima ipotesi prevede il rifiuto indebito, cioè non dovuto e quindi non giustificato da
parte del pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio. Requisiti sono:
- Deve trattarsi di un atto del suo ufficio per il quale ha la cd. competenza funzionale;
atto “qualificato” nel senso che deve essere finalizzato a ragioni di giustizia,
sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità e che “deve essere compiuto
senza ritardo”.

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- Il rifiuto per essere tale presuppone quindi una richiesta di sollecito adempimento che
può provenire sia dal privato che da un altro ufficio della P.A. o da un superiore
gerarchico dello stesso ufficio. Il diniego può essere esternato in qualsiasi forma:
orale, scritto e deve essere indebito nel senso che il soggetto attivo non può
giustificarlo richiamandosi a norme di carattere amm.vo o penale come nel caso in
cui gli si richieda di compiere un atto illegittimo o penalmente rilevante.
- Per il principio di tassatività l’atto rifiutato deve appartenere solo alle categorie
indicate nella fattispecie e non altre (ad es. in materia ambientale) a meno che non
possa essere sussunto in una di quelle previste.
La seconda ipotesi prevede la cd. omissione punibile i cui requisiti sono
- Che vi sia una richiesta di adempimento da parte del terzo rispetto ad un atto della
P.A. che tarda ad essere compiuto (quindi non tra quelli che devono essere compiuti
senza ritardo previsti nella prima ipotesi)
- Che il p.u. entro trenta giorni dalla richiesta non compie l’atto e non risponde per
esporre le ragioni del ritardo.
- Scopo della norma è impedire l’inadempimento o il ritardo ingiustificato di un atto
d’ufficio quando non è previsto un termine per il compimento dell’atto stesso.
- Si pone un problema di compatibilità di termini allorché la legge amm.va fissa termini
diversi in ragione della tipologia degli atti. Infatti la L. n. 241/90 sulla trasparenza e
sull’accesso agli atti, all’art. 2 delega alla P.A., per ciascun tipo di procedimento la
determinazione della durata dello stesso che solo in mancanza è di 30 giorni. Per cui
ne deriva che nel caso in cui il termine fissato sia più lungo, solo elasso questo
scatta la possibilità di richiesta di adempimento e le conseguenze che la legge
penale ne fa derivare.
- Di conseguenza il p.u. potrebbe non adempiere l’atto, riservandosi di dare
spiegazioni alla eventuale successiva richiesta. In tal caso, per evitare che si
realizzino così prassi omissive tacite, il giudice dovrà valutare non solo perché l’atto
non è stato compiuto, ma anche la fondatezza o meno delle giustificazioni addotte.

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Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE N.5

NOZIONI DI DIRITTO PENALE CON


PARTICOLARE RIFERIMENTO AI REATI
CONTRO LA PA; LIMITATAMENTE AL TITOLO II
CAP. I “ DEI DELITTI DEI PUBBLICI UFFICILI
CON TRO LA P.A.
REGOLE GENERALI DI COMPORTAMENTO DEL
PERSONALE ALLE DIPENDENZE DELLE P.a. E
DIRITTI E DOVERI DEI PUBBLICI DIPENDENTI

DISPENSA

di Vittorio De Chiara

Giugno 2008

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 1


INDICE

CAPITOLO 1 - GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL REATO ......................................................... 3


1.1 Fatto Tipico.................................................................................................................................. 3
1.2 Antigiuridicita’ .............................................................................................................................. 7
1.3 Colpevolezza............................................................................................................................... 8
CAPITOLO 2 - LE CONSEGUENZE DEL REATO. ......................................................................... 8
2.1 La pena ........................................................................................................................................ 8
2.2 Le funzioni della pena:............................................................................................................... 8
2.3 I Principi. ...................................................................................................................................... 9
2.4 Tipi di pene .................................................................................................................................. 9
2.5 Criteri per la determinazione della pena: .............................................................................. 10
2.6 Le misure di sicurezza Artt. 199 e succ. c.p......................................................................... 10
I Delitti Contro La Pubblica Amministrazione (Libro II – Titolo II – Capo 1° Codice Penale) ....... 11
CAPITOLO 3 - NOZIONI GENERALI............................................................................................... 11
CAPITOLO 4. I CONCETTI DI PUBBLICO UFFICIALE E INCARICATO DI UN PUBBLICO
SERVIZIO ............................................................................................................................................. 13
4.1Le Qualificazioni Soggettive..................................................................................................... 13
CAPITOLO 5 - GLI OBBLIGHI E LE SANZIONI ............................................................................ 16
CAPITOLO 6 - LE SINGOLE FATTISPECIE DELITTUOSE...................................................... 17
6.1Peculato ...................................................................................................................................... 17
6.2 Peculato mediante profitto dell’errore altrui - art 316 c.p. .................................................. 20
6.3 Malversazione a danno dello stato - art 316 bis c.p. .......................................................... 20
6.4 Concussione-art 317 c.p. ........................................................................................................ 21
CAPITOLO 7 - I DELITTI DI CORRUZIONE .................................................................................. 23
7.1 Nozioni generali ........................................................................................................................ 23
7.2 Corruzione propria – art. 319 c.p. e artt. 320 e 321 c.p...................................................... 24
7.3 L’ipotesi di cui all’ art. 319 bis c.p. ......................................................................................... 26
4.4 Corruzione impropria antecedente e susseguente art. 318 1°e 2°comma c.p. .............. 26
7.5 Corruzione in atti giudiziari – art.319 ter c.p......................................................................... 27
7.6 L’ipotesi attenuata dell’incaricato di pubblico servizio – art. 320 c.p. ............................... 29
7.7 Le sanzioni per il corruttore – Art. 321 c.p............................................................................ 29
7.8 Istigazione alla corruzione – art 322 c.p. .............................................................................. 29
7.9 Abuso d’ufficio – art 323 c.p.................................................................................................... 30
7.10 Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio - art.326 c.p. .......................................... 33
7.11 Rifiuto di atti di ufficio. omissione – art 328 c.p. ................................................................ 34

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CAPITOLO 1 - GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL REATO
Gli elementi costitutivi del reato sono:
- Fatto tipico
- Antigiuridicità
- Colpevolezza

1.1 Fatto Tipico


Il fatto cui si riferisce il reato viene detto tipico quando contiene l’insieme di tutti gli
elementi oggettivi e soggettivi che servono per la corrispondenza dello stesso alla così
detta Fattispecie di reato descritta nella norma incriminatrice.
Esso si articola in:
- Fattispecie oggettiva quale insieme di tutti gli elementi materiali : soggetto attivo;
soggetto passivo (e/o danneggiato dal reato); oggetto o bene giuridico; oggetto
materiale; condotta; rapporto di causalità materiale; evento.
- Fattispecie soggettiva quale insieme degli elementi riferiti al nesso psichico:
coscienza e volontà, dolo, colpa.

1.1.1 Elementi della fattispecie oggettiva:


Soggetto attivo.
L’art. 27 della Costituzione sancisce il principio di personalità della responsabilità penale
secondo cui la natura strettamente personale del reato implica che nessuno possa essere
considerato responsabile per un fatto compiuto da altre persone. Da tale principio
consegue che tutte le persone fisiche possono essere considerate soggetti attivi del reato
(l’età, le situazioni di anormalità psico-fisica e le immunità non escludono la sussistenza
del reato ma incidono solo ed esclusivamente sull’applicabilità o meno della sanzione
penale) e quindi assoggettabili alla sanzione penale mentre restano escluse da
responsabilità penale le persone giuridiche. (Enti, società, organizzazioni, ecc.).
Diverse sono state le opinioni della dottrina su come potesse conciliarsi il principio di
personalità della responsabilità penale o quello di colpevolezza con la natura e la struttura
della persona giuridica.
L’orientamento prevalente preferisce parlare in questi casi di responsabilità amministrativa
dell’ente collettivo, la quale comunque assume rilevanza in veste penale dato che anche

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tale responsabilità si lega ad un fatto di reato ed il suo accertamento avviene proprio
nell’ambito del processo penale.
(Responsabilità amministrativa per il fatto del dipendente D.LGS. 231/01)
Soggetto passivo.
E’ la persona fisica o giuridica titolare del bene leso. Persona offesa. Danneggiato.
Oggetto o bene giuridico.
E’ l’oggetto della tutela della norma in relazione anche alle scelte operate dal legislatore
sulla base dei Principi di legalità e riserva di legge; frammentarietà e sussidiarietà del
diritto penale; tassatività della norma. Certezza del diritto.
La condotta e l’evento.
La condotta è il comportamento posto in essere dal soggetto attivo del reato.
Per quanto concerne l’evento invece, sussistono due concezioni prevalenti:
Secondo la concezione naturalistica l'evento consiste nella modificazione della realtà
esteriore. Tale concezione ritiene che possano esistere dei reati senza evento come ad
es. nell'ipotesi dei reati di mera condotta in cui si ha la consumazione del reato con la
semplice realizzazione della condotta tipica (es. omissione di referto). Secondo la
concezione giuridica, invece, l'evento si riferisce all'offesa del bene o al valore tutelato
dalla norma penale, offesa che può manifestarsi nelle due forme della lesione o della
messa in pericolo. Tale teoria sostiene, al contrario della precedente, che non possono
esistere dei reati senza evento perché lo stesso reato si sostanzia nell'aggressione di un
bene giuridico. A seconda del comportamento del soggetto agente, si possono distinguere
i reati commissivi ( quando l’evento si verifica per un comportamento attivo e volontario del
soggetto agente che provoca una lesione a un bene tutelato giuridicamente) e i reati
omissivi (quando il danno si concretizza a seguito di una condotta omissiva del soggetto
agente). Per quest’ultima ipotesi, va detto che l’Ordinamento, tra le sue regole generali,
impone a chi si trova in determinate situazioni, di agire in un determinato modo. Ai sensi di
quanto dispone il secondo comma dell’art. 40 c.p. “non impedire un evento, che si aveva
l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Rapporto di causalità.
Il rapporto di causalità esprime, il nesso che lega la condotta all’evento e la sua esistenza
incide, dunque, in modo decisivo sulla realizzazione del fatto tipico, il quale consisterà
proprio nell’abbinamento tra condotta umana e situazione di danno o di pericolo
causalmente concatenati fra loro”

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1.1.2 Elementi della fattispecie soggettiva:
Coscienza e volontà (42 c.p.)
Costituiscono il requisito minimo di attribuibilità psichica del fatto al soggetto.
Dolo (43 c.p. comma 1)
Il dolo è l’elemento costitutivo del fatto illecito ed è la forma più grave in cui quest’ultimo
può realizzarsi.
Il reato è doloso quando il soggetto agente ha piena coscienza e volontà delle proprie
azioni.
Il dolo può essere: diretto o intenzionale, quando il soggetto agente assume un
comportamento voluto; indiretto quando da parte del soggetto agente vi è la
consapevolezza che il proprio comportamento potrebbe sfociare in un fatto illecito;
generico quando l’agente vuole realizzare la condotta tipica incriminata dalla norma, es.
omicidio; specifico quando alla previsione e alla volontà si aggiunge il perseguimento di un
fine ulteriore, es. arricchimento in caso di furto; di danno quando il soggetto agente
provoca un danno a un bene tutelato giuridicamente; di pericolo quando il soggetto ha
l’intenzione di danneggiare o minacciare il bene protetto dalla norma; iniziale quando il
dolo sussiste solo nel momento iniziale della condotta criminosa, concomitante quando
persiste anche durante lo svolgimento della condotta criminosa; successivo quando il dolo
si manifesta solo dopo il compimento di una certa condotta non dolosa.
A seconda dell’intensità, del dolo si può distinguere la premeditazione o reato di proposito,
che si verifica quando il colpevole cura nei minimi particolari i dettagli dell’esecuzione del
reato e, il reato da impeto che si verifica quando la decisione di commettere un reato è del
tutto improvvisa;

Colpa ( 43 c.p. comma 3):


La colpa si realizza quando il soggetto attivo commette un reato non perché aveva la
volontà di provocalo ma perché non ha utilizzato la dovuta e richiesta diligenza.
La colpa può essere: generica quando deriva da imprudenza, negligenza o imperizia;
specifica quando deriva dall’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline ovvero
di norme che impongono determinate cautele; propria quando l’evento non è voluto
dall’agente; impropria quando l’evento è voluto dall’agente ma non tanto da farlo rientrare
nell’ipotesi del dolo; incosciente quando manca la volontà di cagionare un evento e la
previsione dello stesso; cosciente quando manca la volontà ma non anche la previsione;

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professionale quando riguarda attività professionali di per sé pericolose ma che
l’Ordinamento consente e autorizza nel loro svolgimento in quanto produttive di risultati
ritenuti socialmente utili.
Cause di esclusione della tipicità:
Sono cause in presenza delle quali viene meno la colpevolezza (elemento soggettivo) del
reato.
Le cd. scusanti possono essere distinte in quelle che:
- determinano l’esclusione del nesso psichico: incoscienza indipendente da volontà: il
soggetto pone in essere una condotta criminosa trovandosi in uno stato di
incoscienza; caso fortuito o forza maggiore (art. 45 c.p.): “non è punibile chi ha
commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore”. Il primo caso (caso fortuito)
non è sempre relativo alla mancanza di colpevolezza e si verifica quando il fatto
(evento lesivo) deriva dall’incrocio tra un accadimento naturale e la condotta umana.
Il secondo (forza maggiore) invece si verifica quando la volontà del soggetto viene
annullata giacché lo stesso è costretto da una forza esterna che, per il suo potere
superiore, inevitabilmente, lo obbliga a compiere l’azione incriminata
dall’Ordinamento; costringimento fisico (art. 46 c.p.): ”non è punibile chi ha
commesso il fatto per esservi stato costretto, mediante violenza fisica, alla quale non
poteva resistere o comunque sottrarsi. In tal caso, del fatto commesso dalla persona
costretta risponde l’autore della violenza”. E’ la tipica ipotesi di forza maggiore in cui
la forza esterna è determinata dalla violenza fisica di un altro soggetto. Il reato quindi
non viene commesso da chi agisce materialmente ma da chi ha posto in essere la
costrizione.
- Quelle che determinano la mancanza di dolo e colpa: caso fortuito (art. 45 c.p.): si
verifica quando un evento dannoso si realizza a causa di un comportamento
dell’agente posto in essere senza la sua volontà né da lui causato per imprudenza
e/o diligenza (es. ferito da una terza persona che muore dopo il ricovero a causa di
un incendio fortuitamente scoppiato in ospedale). Il caso fortuito non esclude
l’esistenza dell’azione ma impedisce che l’agente possa essere chiamato a
rispondere dell’evento cagionato con il concorso di fattori che esulano dall’ordine
normale delle cose; errore sul fatto costituente reato (art. 47 c.p.) l’’errore sul fatto si
ha quando il soggetto che agisce ha un’errata percezione della realtà, è cioè
convinto di porre in essere un fatto concreto diverso da quello vietato dalla norma

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penale. Per essere rilevante l’errore deve essere essenziale (cadere cioè su uno o
più elementi essenziali richiesti per la sussistenza del reato) e scusabile.
- Reato putativo e reato impossibile (art. 49 cp)
La norma definisce putativo il reato commesso dall’agente nella convinzione
(determinata da errore di fatto o di diritto) che si tratti di reato. Il soggetto commette
un fatto lecito (ovvero non punito dall’Ordinamento) ma per errore, si trova nella
convinzione che abbia violato una norma penale da cui la legge fa discendere
l’applicazione di una sanzione.
Il reato putativo non è quindi punibile e ciò nel rispetto dei principi della legalità e
della materialità che vigono all’interno dell’Ordinamento giuridico.
Il secondo comma dell’art. 49 c.p. (reato impossibile) stabilisce che “la punibilità è
altresì esclusa quando, per la inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di
essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso”. Esempio classico è quello
dell’utilizzo di una pistola giocattolo, o della sostanza non velenosa utilizzata per
provocare il decesso di una persona: in questi casi non si può ipotizzare un tentativo
inidoneo ma molto più semplicemente si è in presenza di un reato impossibile per
inidoneità dell’azione

1.2 Antigiuridicita’
Qualora il fatto umano, si configura come fatto tipico, perché possa sussistere un illecito
penale, lo stesso deve essere anche antigiuridico, ossia, deve essere realmente contrario
ad una norma di legge e portatore di una lesione del bene giuridico protetto
dall'ordinamento . Si ricorre a questo requisito per introdurre accanto al fatto umano e alla
colpevolezza un elemento negativo nella struttura del reato cioè l'assenza di scriminati:
cause di esclusione del reato
Le cause di esclusione del reato sono tassativamente individuate dalla legge ed escludono
l’antigiuridicità di una condotta che, in loro assenza sarebbe penalmente rilevante e
sanzionabile. Sono situazioni normativamente previste in presenza delle quali viene meno
il contrasto tra un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice e l’intero ordinamento
giuridico.
In presenza di tali circostanze, infatti, una condotta (altrimenti dalla legge punibile), diviene
lecita e ciò in quanto una norma, desumibile dall’intero ordinamento giuridico, la ammette
e/o la impone.

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Le cause di giustificazione sono desumibili dall’intero Ordinamento giuridico e, pertanto, la
loro efficacia non è limitata al solo diritto penale ma si estende a tutti i rami del diritto (civile
e amministrativo), si tratta tra le altre del Consenso dell’avente diritto della legittima difesa
(52 c.p.); dello Stato di necessità (54 c.p.) ecc.

1.3 Colpevolezza

La colpevolezza è un concetto giuridico del diritto penale che racchiude il complesso


degli elementi soggettivi sui quali si fonda la responsabilità penale. Tale concetto, pur
non essendo esplicitato nel nostro ordinamento giuridico (il codice penale italiano,
infatti, non utilizza questo termine), ne rappresenta un imprescindibile fondamento
giacché ha per funzione la delimitazione dell'area del penalmente illecito e costituisce il
presupposto per l'applicabilità della pena.

CAPITOLO 2 - LE CONSEGUENZE DEL REATO.

2.1 La pena
In diritto penale, la pena è la conseguenza giuridica della violazione di un precetto
penale. Caratteristica essenziale è l'afflittività; essa consiste, nella privazione o
diminuzione di un bene individuale (libertà, vita, patrimonio).
La pena viene applicata dall'autorità giudiziaria con le forme e le garanzie scaturenti
dal processo penale.
La pena può essere definita come la sofferenza comminata dalla legge penale ed
irrogata dall'autorità giudiziaria mediante processo a colui che viola un comando o un
divieto della legge medesima.

2.2 Le funzioni della pena:


La pena può svolgere varie funzioni: una funzione retributiva (o assoluta), una funzione
di prevenzione generale e una funzione di prevenzione speciale.
Secondo la teoria retributiva, la sanzione penale deve servire a punire il colpevole per
il male provocato dalla sua azione illecita: l'idea retributiva implica il concetto di
personalità, di determinatezza, di proporzionalità e di inderogabilità della pena
medesima. Secondo la teoria della prevenzione generale, la pena consiste in una
minaccia che serve a distogliere la generalità dei consociati dal compiere atti
socialmente dannosi. Infine, secondo la teoria della prevenzione speciale, la pena

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svolge un compito intimidatorio volto alla dissuasione del singolo (condannato) dal
commettere nuovi reati e, contemporaneamente, compiti rieducativi e correttivi che le
varie modalità di esecuzione (misure alternative, sostitutive, accessorie) dispiegano sui
condannati.

2.3 I Principi.
I principi che regolano la pena sono:
- il principio di personalità: la pena è personalissima e colpisce solo l'autore del
reato art. 27 Cost.;
- il principio di legalità, che in sede penale si specifica in riserva di legge (la pena
non può essere comminata da fonti sub legislative), tassatività-determinatezza
(divieto di interpretazione analogica sfavorevole al reo) e favor rei (divieto di
applicazione retroattiva sfavorevole al reo e, viceversa, applicazione retroattiva
della medesima laddove favorevole);
- il principio di inderogabilità: una volta minacciata la pena deve essere applicata
all'autore della violazione (ma vi sono deroghe con l'introduzione delle liberazioni
condizionali e del perdono giudiziale);
- il principio di proporzionalità: la pena deve essere proporzionata al reato.
Costituiscono deroga a tale principio l'aumento facoltativo di pena previsto per i
recidivi, l'art. 133 c.p. impone al giudice di tener conto, nell'applicazione della
pena, anche della capacità criminale del reo.

2.4 Tipi di pene

Le Pene principali per i delitti sono: ergastolo, reclusione, arresto, multa e ammenda
Le Pene accessorie sono: interdizione o sospensione dai P.U., interdizione o
sospensione dalla professione, interdizione o sospensione da uffici direttivi di persone
giuridiche ed imprese, incapacità di contrattare con la P.A., decadenza o sospensione
dalla potestà genitoriale, interdizione legale, estinzione del rapporto di lavoro o di
impiego, pubblicazione della sentenza.(artt.29/36 c.p.)
Sanzioni sostitutive sono:(L.689/81) semidetenzione , libertà controllata , pena
pecuniaria
Misure alternative alla detenzione (L.354/75) sono: affidamento in prova al servizio
sociale, semilibertà, liberazione anticipata, detenzione domiciliare.

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Sanzioni atipiche del giudice di pace sono: obbligo di permanenza domiciliare,lavoro di
pubblica utilità

2.5 Criteri per la determinazione della pena:

I criteri per la determinazione della pena sono individuati dagli artt.132-133-133bis del
codice penale e si esauriscono nella dimensione della gravità del reato; nella capacità
a delinquere del soggetto attivo; nell’analisi delle condizioni economiche del soggetto
attivo nel caso di pene pecuniarie
Il codice inoltre individua dei limiti quantitativi in caso di cumulo di pene diverse.

2.6 Le misure di sicurezza Artt. 199 e succ. c.p.

Le misure di sicurezza sono provvedimenti adottati per "risocializzare" il condannato


ritenuto socialmente pericoloso.
Può essere promossa l'educazione o la cura del soggetto a seconda delle esigenze al
fine di neutralizzarne la pericolosità.
Vanno distinte dalla pena che ha una funzione retributiva quando il soggetto è
condannato ed è proporzionata al reato commesso.
Le misure di sicurezza possono essere rinnovate ad intervallo di sei mesi, a seguito di
una valutazione in cui emerge che la pericolosità permane. Si può applicare la misura
di sicurezza a qualsiasi soggetto che, non punibile o non imputabile, abbia commesso
un delitto o un quasi delitto (artt. 49 e 115 codice penale).
Il soggetto è socialmente pericoloso perché si ritiene probabile che possa commettere
altri reati.
Le misure di sicurezza possono applicarsi solo se la legge lo prevede nella singola
fattispecie di reato. È il giudice, dove previsto, a valutare se sussiste la pericolosità
sociale del reo. A valutarene la pericolosità sociale attenendosi ai criteri stabiliti
dall'articolo 133 codice penale:
Le misure di sicurezza si dividono in:
Personali:
- Detentive: per soggetti imputabili: colonia agricola o casa di lavoro; per soggetti
semi-imputabili: casa di cura e di custodia; per soggetti non imputabili: ospedale
psichiatrico giudiziario; per i minori: riformatorio giudiziario

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- Non detentive: libertà vigilata, divieto di soggiorno, espulsione dello straniero,
divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche.
Pecuniarie: cauzione di buona condotta, confisca

I Delitti Contro La Pubblica Amministrazione (Libro II – Titolo II –


Capo 1° Codice Penale)

CAPITOLO 3 - NOZIONI GENERALI

In diritto penale il concetto di Pubblica Amministrazione viene riferito sia a tutte le


pubbliche funzioni imputabili allo Stato o ad altro ente pubblico; sia agli organi preposti
all’esercizio di tutte le funzioni amministrative in senso lato: quindi anche giudiziaria e
legislativa.
Rispetto alla struttura generale del reato il concetto di Pubblica Amministrazione
costituisce il bene giuridico tutelato dalla norma, inteso come l’intera attività dello Stato
e degli altri enti pubblici, sia essa amministrativa in senso stretto che legislativa e
giudiziaria (si veda ad es. i reati contro l’amm/ne della giustizia) e pertanto meritevole
di protezione da ogni specie di condotta tesa a ledere o mettere in pericolo tutte le
prerogative dell’organizzazione statale nella sua globalità riferite non alle semplici
competenze attribuite ai singoli organi ma quale espressione della sovranità dello
Stato.
Il legislatore, per la configurazione delle singole fattispecie si è ispirato a precisi criteri
i:
1. potenziare la risposta punitiva dell’ordinamento di fronte alle condotte illecite
poste in essere dai soggetti rivestiti di funzioni pubbliche;
2. evitare un ingiustificato sindacato del magistrato penale nel merito delle scelte
amministrative;
3. limitare l’ambito della repressione penale ai fatti intrinsecamente lesivi degli
interessi della P.A. e dei cittadini;
Con la prima legge di riforma del Titolo II del Libro II del codice penale – Legge 26
aprile 1990 n.86 – il legislatore si è proposto di:

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- potenziare il controllo penale delle forme di illecita appropriazione delle risorse
pubbliche, delle condotte di arricchimento ingiustificate e di prevaricazione del
cittadino
- creare nuove fattispecie di reato più rispondenti alla realtà come il peculato d’uso,
la corruzione in atti giudiziari e l’istigazione alla corruzione, la malversazione a
danno dello Stato ovvero estendere l’abuso d’ufficio e la concussione anche
all’incaricato di pubblico servizio,
- avere come punto di riferimento, nella tipicità delle condotte, il contrasto tra quelle
effettivamente tenute dal P.U. ed il corretto modello di comportamento che
avrebbe dovuto avere in conformità dei doveri di imparzialità e buon andamento
della P.A.
Il Legislatore ha cercato anche di evitare il rischio di supplenza giudiziaria da parte della
magistratura inquirente attraverso una indebita ingerenza nel merito delle scelte della P.A.
ovvero di una ingiustificata criminalizzazione di fatti privi di effettivo disvalore penale. Le
cause di tale rischio sono da riscontrarsi in:
- mancanza o inefficacia dei controlli interni agli organi di P.A.;
- confusione tra le attività di mera amministrazione ed intromissione dei partiti politici
che sono chiamati a dialogare con la P.A. attraverso gli organi elettivi, cui spesso
spetta il potere di nomina rispetto ai primi, col rischio di servire ad interessi privati;
- debordare dalla funzione giurisdizionale in ingerenza nelle scelte discrezionali della
P.A. attraverso un meccanismo sia di decisioni giudiziarie a favore o contro una
parte, sia con sentenze di legittimità (Corte di Cassazione) tese a mutare spesso il
modo di applicare leggi e regolamenti.
Si tratta evidentemente di contemperare due esigenze confliggenti:
- libertà di azione degli operatori pubblici eliminando un invasivo rischio penale;
- repressione dell’affarismo e della disonestà dei pubblici funzionari.

In tale ottica il diritto penale si pone come estrema ratio rispetto ad una doverosa
attenzione al prevalere degli interessi privati nei confronti di quelli pubblici ed alla
creazione di efficaci mezzi di controllo amministrativo interno ed esterno.
La delinquenza politico/amministrativa ha assunto nel nostro paese un carattere
“sistemico” come fenomeno non più occasionale ed isolato ma vera e propria patologia dei
rapporti tra l’apparato politico/amministrativo e quello economico.

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Di qui la necessità di distinguere tra l’abuso penalmente rilevante e la semplice illegittimità
o irregolarità amministrativa.
In tale direzione si è mossa la nuova Legge 25 giugno 1999 n. 205 i cui punti salienti sono
stati:
- l’abrogazione e/o la depenalizzazione di fattispecie incriminatici minori ritenute prive
di disvalore sociale
- la creazione di fattispecie nuove in relazione ai fenomeni di corruzione internazionale
e di aggressione agli interessi finanziari dell’Unione Europea che con la Legge
20.09.00 n. 300 si pone come obiettivo il contrasto della criminalità economica
internazionale e il perseguimento dei funzionari corrotti della Comunità o dei singoli
stati aderenti,con l’introduzione in particolare:
o art.322 bis c.p. sulla tutela della P.A. straniera, comunitaria ed
internazionale
o art.316 ter a tutela del bilancio comunitario da condotte fraudolente
o art.322 ter, confisca obbligatoria dei proventi dei reati di peculato(314
c.p.) e corruzione (320 c.p.) e la confisca per equivalente dei beni del reo
corrispondenti per valore al maltolto.

CAPITOLO 4. I CONCETTI DI PUBBLICO UFFICIALE E INCARICATO DI UN PUBBLICO


SERVIZIO

4.1Le Qualificazioni Soggettive


L’art. 357 c.p. definisce la nozione di Pubblico Ufficiale “Agli effetti della legge penale,
sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria
o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto
pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della
volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi
o certificativi.”
E’ prevalente nel diritto penale la concezione oggettivo-funzionale di pubblico ufficiale,
cioè la qualifica non è in relazione al rapporto di dipendenza tra il soggetto e l’ente
pubblico, ma è connotata dai caratteri dell’attività oggettivamente esercitata.
Quindi è irrilevante l’esistenza o meno di un rapporto di impiego permanente o
temporaneo tra il soggetto e l’ente, ma conta che il soggetto svolga anche di fatto una
funzione oggettivamente pubblica e prescinde dal fatto che l’ente o la società abbia una
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partecipazione pubblico/privata, per es. nel settore edilizio o dei trasporti. Quindi la
concezione oggettiva di P.U. significa che ai fini della esistenza di tale qualifica è
sufficiente il solo concreto esercizio delle funzioni pubbliche,senza investiture formali e
quindi tale è anche il soggetto che svolge di fatto una pubblica funzione senza
possederne i requisiti previsti ma con l’acquiescenza a la tolleranza della P.A. da cui
dipende, eccezion fatta per il caso di usurpazione di pubbliche funzioni (art.347 c.p.)
Quanto alle funzioni esercitate esse vanno poste in relazione alla tipologia di attività che
tradizionalmente in base alla natura della disciplina si suole distinguere in:
Funzione amministrativa, attraverso il criterio formale, riferito alla natura della disciplina,
che è qualificata da:
- Sottoposizione a norme di diritto pubblico ovvero ad atti autoritativi in quanto non tutte
le attività disciplinate da norme di diritto pubblico si esternano o sono oggetto di atti
riconducibili immediatamente alla categoria degli atti pubblici
- Caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della P.A. o del
suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi che consistono nella realizzazione dei
fini della P.A. mediante veri e propri comandi rispetto a cui il privato è in posizione di
soggezione (es. esercizio del potere di coazione come l’arresto o la perquisizione) e
di contestazione (es. accertamento di violazioni amm/ve) o di supremazia gerarchica
nei pubblici uffici rispetto ai sottoposti; e certificativi cioè un’attività con particolare
efficacia probatoria: atti di attestazione, documentazione, vidimazione (es. un notaio
che autentica una firma in calce ad un atto)
Funzione legislativa, riconosciuta nel nostro sistema costituzionale ai parlamentari
nazionali (deputati e senatori) e ai consiglieri regionali. Per i parlamentari, quanto ai delitti
contro la P.A., si ripropone l’applicabilità delle norme di diritto penale,poiché i loro atti
sono caratterizzati dal principio di irresponsabilità per i voti e le opinioni espresse
nell’esercizio delle funzioni (art. 68 c.I Cost.) e del mancato assoggettamento dei
parlamentari ai principi di imparzialità e buon andamento nella rappresentanza degli
interessi politici e nel decidere il proprio trattamento economico.
Funzione Giudiziaria intesa sia come
- Funzione giurisdizionale in senso proprio spettante ai giudici cd. Togati, ai giudici
onorari quali giudici di pace, giudici onorari di Tribunale. giudici popolari in Corte di
assise
- Funzione requirente dei pubblici ministeri e vice procuratori onorari

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- Giudici della Corte Costituzionale per i quali però vige il principio di irresponsabilità
per quanto attiene alle attività amministrative connesse al funzionamento della Corte
medesima(Legge 11.03.1953 art.5), ma non per quanto riguarda eventuali reati
nell’esercizio della funzione giurisdizionale (es. corruzione, abuso d’ufficio ecc..)
L’art.358 c.p. definisce la nozione di Incaricato di Pubblico servizio“ Agli effetti della legge
penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano
un pubblico servizio .
Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della
pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e
con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di
opera meramente materiale.
Secondo le norme di diritto comune il servizio pubblico ha le seguenti caratteristiche:
- Viene disciplinato da norme di diritto pubblico e dalla mancanza di poteri di natura
deliberativa, autorizzativi o certificatoria tipici della pubblica funzione
- Non può mai costituire servizio pubblico lo svolgimento di semplici mansioni di ordine
( bidello, custode ecc) o prestazioni di opere meramente materiali.
Bisogna tuttavia chiarire che le definizioni che precedono non hanno tenuto presente che
con la legge 11 luglio 2000 n. 321, le carriere impiegatizie sono state riordinate in
qualifiche funzionali e che pertanto è mancata una verifica interdisciplinare tra la
definizione amministrativistica di P.U. ed Inc. di P. Serv. e quella penalistica.
Si osserva inoltre che spesso non basta che ci sia un atto di concessione di un pubblico
servizio (es. la concessione radiotelevisiva) perché esso sia tale, ma è necessario che le
singole attività svolte siano a loro volta soggette ad una disciplina di tipo pubblicistico,
laddove se sono soggette al comune regime privatistico (es. raccolta di pubblicità) non
costituiscono pubblico servizio.
C’è da aggiungere che si assiste alla tendenza persistente della magistratura ad applicare
in maniera estensiva le categorie di P.U. ed Inc. di P.Serv. per mantenere un controllo
penale forte a causa della criminalità politico/amm.va diffusa a tutti i livelli, utilizzando il
concetto di “strumentalità” o “accessorietà” rispetto all’attività pubblica in senso stretto (
es. una commissione di esperti per un incarico tecnico) ed anche quello di “sintomaticità”
nel senso di valutare, ai fini di cui sopra e pure in presenza di enti privati o privatizzati, la
eventuale sottoposizione ad attività di controllo e di indirizzo per gli scopi sociali, ovvero di
nomina e revoca degli amministratori, da parte della P.A. Oppure anche l’esistenza di un
rapporto di convenzione o concessione ovvero di finanziamenti elargiti dallo Stato.

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CAPITOLO 5 - GLI OBBLIGHI E LE SANZIONI
Resta preminente un corpus legislativo che si caratterizza per uno specifico orientamento
a far corrispondere l’obbligo di determinati comportamenti per il solo fatto di rivestire la
qualifica indicata nell’espletamento delle proprie funzioni.
Prima di tutto rilevano due fattispecie di reato immediatamente riferibili alle figure
anzidette. Esse sono quelle previste dagli articoli 361 e 362 c.p., Omissione di denuncia
da parte del Pubblico Ufficiale. “Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare
all’Autorità giudiziaria, od ad un’altra Autorità che a quella abbia l’obbligo di riferirne, un
reato di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni,è punito con la
multa da € 30 a € 516.
La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale od un agente di
polizia giudiziaria che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare
rapporto.Le disposizioni precedenti non ai applicano se si tratta di delitto punibile a querela
della persona offesa. Il successivo articolo 362 estende la condotta incriminata anche
all’incaricato di un pubblico servizio.
Invero le due fattispecie si collocano tra i reati contro l’amministrazione della giustizia ed
in particolare nel capo I del titolo III tra i delitti contro l’attività giudiziaria. Esse stabiliscono
un obbligo penalmente sanzionato che impone ai dipendenti pubblici ,che rivestono le
qualifiche anzidette, di attivarsi affinchè acquisiscano, nell’espletamento della propria
attività di pubblici funzionari, una notizia di reato: si pensi all’organo tecnico del comune al
quale il richiedente un permesso a costruire accluda alla domanda una falsa planimetria
dei luoghi per aggirare eventuali vincoli paesaggistici od ambientali.
Questo non implica da parte del dipendente un’attività di indagine ovvero un
giudizio di responsabilità penale verso il presunto autore del fatto di reato, ma solo che
egli sia consapevole, in quel momento, che vi siano gli elementi essenziali di una condotta
illecita.
Non è necessario riferirsi direttamente alle forze di polizia o ai carabinieri ma basta
comunicare i succitati elementi al proprio superiore gerarchico. Se l’organo è collegiale –
si pensi ad un organo di controllo di gestione al quale l’ente controllato presenta bilanci
alterati – anche uno solo dei componenti può adempiere l’obbligo.
E’ punibile sia l’omessa denuncia che una denuncia volutamente incompleta o superficiale
tale da impedire l’esatta individuazione del fatto e dei suoi autori. Lo stesso vale se il
pubblico ufficiale od incaricato di un pubblico servizio ritarda volutamente l’esposizione dei
fatti illeciti all’autorità competente.

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Nel solo caso in cui per errore incolpevole ovvero per materiale impossibilità a percepire
l’illecito in tutti i suoi elementi non si sia proceduto all’esposizione dei fatti a chi di dovere,
l’autore o gli autori saranno esenti da responsabilità penale.
L’art. 359 c.p. definisce la nozione di “Esercente un servizio di pubblica necessità” “ Agli
effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità:
1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui
esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando
dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi ;
2) i privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico
servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della
pubblica Amministrazione [360] .
L’espressione del codice “ quando dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a
valersi” va riferita alle altre professioni che non siano forensi o sanitarie cui si debba per
forza ricorrere ad es. un architetto per la redazione di un progetto o un ingegnere per i
calcoli da depositare al genio civile ecc…
L’atto con cui al privato viene affidato il servizio di pubblica necessità è un provvedimento
di “ autorizzazione” e non concessione che riguarda il pubblico servizio esercitato dal
privato
Le qualifiche di Pubblico Ufficiale, Incaricato di un pubblico servizio o Esercente un sevizio
di pubblica necessità sono relative sia al soggetto attivo del reato quindi colui che agisce
come autore della fattispecie descritta nella norma, sia al soggetto passivo quando tale
qualifica è elemento costitutivo del reato ovvero circostanza aggravante, es. oltraggio a
magistrato in udienza.
L’art. 360 c.p. specifica che la cessazione della qualifica (per passaggio ad altre mansioni
ovvero per interruzione del rapporto di impiego) non esclude il reato allorché essa ne è
elemento costitutivo o circostanza aggravante, ancorché il fatto sia commesso dopo la
cessazione, purché esso sia in rapporto di nesso funzionale con la qualifica: es. un P.U.
che rivela un segreto d’ufficio dopo aver lasciato il servizio (art. 326 c.p.).

CAPITOLO 6 - LE SINGOLE FATTISPECIE DELITTUOSE

6.1Peculato
L’art. 314 c.p. stabilisce “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio [358], che,
avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di

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denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria , è punito con la reclusione da tre a
dieci anni .
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al
solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata
immediatamente restituita.”
Per quanto riguarda l’ipotesi del 1° comma: cd. appropriazione indebita da parte di un
pubblico funzionario:
- non c’è più il cd. peculato per “distrazione”, perché era troppo rigorista l’ipotesi di
punire l’eventuale modificazione della destinazione di denaro o cose mobili in
relazione alle prescrizioni dettate per il funzionamento interno dell’ente, ma usate per
il raggiungimento di altre finalità proprie dell’ente stesso. Nel qual caso può
prospettarsi il reato di abuso d’ufficio.
- il denaro o bene mobile può essere sia del privato che della Pubblica
amministrazione essendo stata abolita l’ipotesi di malversazione a danno di privati.
- bene protetto è in senso stretto il patrimonio della P.A., in senso lato è il buon
andamento e l’imparzialità della P.A.
- soggetti attivi sono il Pubblico Ufficiale o incaricato di P.S. e quindi esso è un reato
“proprio”
- la condotta consiste nell’appropriazione della cosa mobile o del denaro altrui
attraverso la cd.” interversione del possesso”: cioè il funzionario si comporta nei
confronti del bene come se ne fosse il proprietario e quindi vengono punite tutte le
condotte di dissipazione, alienazione o rifiuto di restituzione di beni della P.A.
Esempi: 1- Un messo comunale che faccia uso personale di somme ricevute a titolo
di pagamento imposte (ICI, TARSU ecc…);2- Il curatore di un fallimento che si
appropria di somme di denaro incassate nell’esercizio delle sue funzioni non
versandole al Giudice delegato;3- Un ufficiale giudiziario che omette di versare
somme riscosse a seguito di ingiunzioni di pagamento.
- non deve trattarsi di appropriazione a profitto altrui ma solo proprio, perché la
fattispecie non contempla questa ipotesi, nel qual caso si può delineare un abuso
d’ufficio ex art. 323 c.p.
- oggetto materiale è il denaro sia liquido che con assegni bancari o circolari, oppure
cose mobili aventi valore economico e quindi per es. non biglietti usati del treno o
carte telefoniche usate per farne collezione. Ma è compresa anche ogni altra energia
che abbia valore economico: es. quella elettrica per far funzionare un ventilatore

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portato da casa, o telefonica chiamando casa o navigando in Internet e ponendo i
costi a carico della P.A.
- altruità della cosa, nel senso che il pubblico funzionario ha il possesso o la
disponibilità di cose che appartengono direttamente alla P.A. oppure al privato che è
in rapporto istituzionale con la P.A. es. un privato che affitta in leasing macchinari
ma non il caso di colui che dimentichi il portafogli o la carta di credito in un pubblico
ufficio, nel qual caso vi sarà un furto o una appropriazione indebita da parte
dell’impiegato.
- possesso per ragioni di ufficio o servizio o comunque disponibilità:
o Ragioni di ufficio o servizio, secondo la giurisprudenza dominante basta
l’occasionalità, cioè il possesso deve esistere in occasione dell’espletamento
delle funzioni connesse all’ufficio o al servizio, con esclusione quindi dei casi di
usurpazione di funzioni pubbliche. Secondo altri vale il criterio della competenza
oggettiva e soggettiva, vale a dire il complesso di poteri attribuiti al pubblico
funzionario e quindi con esclusione di tutte le attività svolte al di fuori della sfera
di competenza attribuita. Altri infine adottano il criterio della funzionalità intesa
quale possesso o disponibilità che spettano al pubblico funzionario in ragione
dell’espletamento della sua attività, per legge, per regolamento interno, per
consuetudine o per prassi.

- possesso o disponibilità ma non solo possesso materiale anche disponibilità giuridica,


cioè un autonomo potere di destinare il bene funzionalmente all’esercizio dell’ufficio o
del servizio, es. custodia, uso, destinazione con l’obbligo di restituzione o vincolato
quanto alla destinazione.
- dolo generico inteso quale consapevolezza di appropriarsi di cose o denaro altrui
nell’espletamento della propria attività pubblica e nell’ottica di un personale
vantaggio.
Per quanto riguarda l’ipotesi del 2° comma: c.d. peculato d’uso, essa è un’autonoma figura
delittuosa di peculato e non rappresenta una circostanza attenuante.
Es.: un funzionario della tesoreria comunale si appropria di denaro in suo possesso per
ragioni dell’ufficio (cd. vuoto di cassa) ma restituisce il maltolto prima della scadenza del
rendiconto.
Requisiti di questa fattispecie sono:l’uso momentaneo cioè temporaneo del bene al di
fuori degli scopi istituzionali; la restituzione immediata e spontanea, vale a dire non a

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richiesta del superiore gerarchico, e non perché impaurito dalle conseguenze, perché in
questo caso si avrà un tentativo di peculato nella specie della prima ipotesi

6.2 Peculato mediante profitto dell’errore altrui - art 316 c.p.


L’art. 316 C.p. definisce il Peculato mediante il profitto dell’errore altrui.” Il pubblico ufficiale
o l’incaricato di un pubblico servizio, il quale, nell’esercizio delle funzioni o del servizio,
giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro
od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.”
- Oggetto della tutela è il regolare funzionamento della Pubblica Amministrazione
- Condotta: ricezione o ritenzione nel senso di accettazione di bene mobile o fungibile
dato dal terzo in buona fede e senza sollecitazione da parte del pubblico funzionario
che però non lo restituisce.Es.: un impiegato postale che riceve per una vaglia dall’
utente una somma maggiore di quella che serve (capitale più costo del servizio) e ne
trattiene per sé il surplus destinandolo a sé medesimo oppure ad un collega.
- La fattispecie si realizza mediante l’errore altrui sia sul quantum debeatur (quanto è
dovuto) che sull’ an debeatur (se sia dovuto qualcosa). L’errore deve essere
spontaneo e non riconducibile ad una azione di induzione o sollecitazione del
pubblico funzionario che si deve limitare solo a trarne profitto.
- Deve avvenire nell’esercizio delle funzioni o del servizio e non quindi mentre si è in
congedo, ferie od altro
- Il dolo è generico ed è escluso nei casi in cui si dimostri che il pubblico funzionario ha
errato anche lui sulle norme o sui regolamenti che andavano applicati al caso di
specie.

6.3 Malversazione a danno dello stato - art 316 bis c.p.


L’art. 316bis.c.p. stabilisce”Chiuhiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo
ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità Europee contributi,
sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere
od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità, è
punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni [32quater].
- Oggetto o interesse protetto è la corretta gestione delle risorse pubbliche destinate a
fini di incentivazione economica.
- Scopo della norma è sanzionare le frodi nei finanziamenti pubblici
- Soggetto attivo è un privato estraneo alla Pubblica amministrazione beneficiario del
finanziamento
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- La condotta è articolata in due momenti
o Percepire legalmente e regolarmente (in caso contrario si avrebbe truffa ex
art. 640 bis c.p.) dallo Stato, Comuni, Regioni o CEE, denaro destinato per
realizzare opere,manufatti o attività (per es. corsi di formazione) di pubblico
interesse
o Non destinarli consapevolmente a queste finalità sia omettendo di utilizzarli
nei modi e nei tempi previsti, sia spostandoli su opere od attività diverse da
quelle per le quali si è ottenuto il finanziamento.
Di qui sovente, per evitare i rigori della legge, la tendenza a realizzare opere pubbliche
comunque ( ospedali, scuole ma anche carceri, aeroporti ecc..) che restano inutilizzati per
sempre in quanto non più utili o funzionali alle esigenze che hanno determinato le
originarie richieste di finanziamento.

6.4 Concussione-art 317 c.p.


L’art. 317 c.p. stabilisce”Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che,
abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a
promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la
reclusione da quattro a dodici anni [32quater].”
- Bene tutelato è il regolare funzionamento della Pubblica Amministrazione ex art. 97
Cost. Lo scopo della norma è quello di impedire la strumentalizzazione dell’ufficio
ricoperto per ottenere vantaggi personali attraverso l’intimidazione del privato
- Soggetto attivo è sia il pubblico ufficiale che l’incaricato di un pubblico servizio
La fattispecie si distingue in:
- Concussione per costrizione
o Costrizione intesa come coazione psichica attraverso la minaccia di un male
ingiusto percepito come tale dal concusso ma altresì seria ed oggettivamente
idonea ad esercitare una pressione nel senso voluto, per es. il componente la
commissione tecnica del Comune il cui parere favorevole al permesso a
costruire – e che spetta di diritto al richiedente- viene vincolato alla promessa di
vendergli uno degli appartamenti da costruire a prezzo sottoscosto.
o Il soggetto passivo ha titolo legittimo alla prestazione da parte della PA. e non
chiede nulla che non gli spetti né vuole pagare sua sponte alcunchè; nel caso
che la prestazione sia illecita e dietro retribuzione o vantaggi per il pubblico
ufficiale si configura la fattispecie di corruzione.

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- Concussione per induzione
o Induzione intesa come stato di soggezione psicologica comunque creata che
determini il soggetto passivo a dare o promettere utilità al pubblico ufficiale
nella consapevolezza che nulla sia dovuto ma che è opportuno farlo per evitare
un male. Es. un ufficiale della guardia di finanza che chiede ed ottiene da un
azienda uno sconto fuori mercato sui beni da questa prodotti, facendo balenare
accertamenti fiscali mirati e particolari.
o L’induzione può anche essere generata da una pratica corrente e consolidata
per cui il soggetto passivo, pur sapendo di non dovere nulla,è convinto che
solo così facendo eviterà danni. Si avrà in tal caso la figura della cd.
Concussione ambientale
Abuso della qualità o dei poteri di Pubblico Ufficiale. La distinzione va definita in relazione
alla competenza, nel senso che l’abuso della qualità di P.U. si tradurrebbe in una
mancanza di competenza del soggetto pubblico a compiere una certa attività e, nel
dettaglio,in una strumentalizzazione della propria qualifica soggettiva per far sorgere in
altri la rappresentazione di dovere dare una prestazione non dovuta.Per es. un vigile
urbano che facendo credere di poter intervenire in favore del rilascio di una concessione
edilizia si fa promettere danaro o utilità.
L’abuso dei poteri presuppone invece la piena competenza all’atto da compiere e che
oggettivamente compete al P.U., ma esercitato in maniera tale che le attribuzioni
dell’ufficio vanno al di là dei limiti stabiliti dalla legge per materia o funzionali : es il
componente di una commissione tecnica edilizia del Comune il quale chieda una somma
di denaro perché fa credere che in sede di formulazione del parere nel rilascio del
permesso a costruire egli può influire sulla decisione degli altri componenti o su quella
finale.
Le due ipotesi valgono sia per attività discrezionali che per attività vincolate.
- Il” taluno” è la persona fisica vittima della concussione mentre il soggetto passivo
leso in senso proprio è la Pubblica Amministrazione.
- Dazione è il passaggio materiale del bene o dell’utilità da un soggetto all’altro,
mentre promessa è l’assunzione di un impegno ad effettuare la prestazione. Laddove
il soggetto concusso ha la riserva mentale nel senso dell’intenzione di una promessa
che non intende mantenere ad es. denunciando il concussore, avremo in tal caso
solo un tentativo di concussione.

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- Utilità è ogni cosa che comporti un vantaggio per il patrimonio o la persona del
concussore, anche se non giuridicamente valutabile per es. sconti particolari, uso
gratuito della casa, prestazioni di opera ed anche prestazioni sessuali.
- Indebitamente significa che nulla è dovuto né per legge né per consuetudine sia che
la richiesta venga fatta come pubblico ufficiale sia come privato ma abusando della
qualità e dei poteri: es. un magistrato che chieda uno sconto particolare nell’acquisto
della propria auto.
- Il “terzo” è chiunque sia estraneo alla attività del P.U. es. un amico o un parente
ovvero anche una società, un’azienda od anche un ente pubblico come un fondo di
beneficenza costituito presso il Comune cui il privato è indotto a versare un somma
di denaro.
- Dolo generico è la consapevolezza della abusività della propria condotta oltre che del
carattere indebito della prestazione.

CAPITOLO 7 - I DELITTI DI CORRUZIONE

7.1 Nozioni generali


La corruzione è un reato unico, anche se si atteggia in molteplici fattispecie e modalità
esplicative, a concorso necessario in quanto deve coesistere la presenza di un corrotto e
di un corruttore, che si sostanzia in un accordo avente per oggetto un fatto illecito e cioè la
compravendita dell’attività funzionale della pubblica amministrazione.
Strutturalmente la corruzione può essere : propria, come compravendita di un atto
contrario ai doveri di ufficio, es. viene concesso un permesso a costruire che il richiedente
non potrebbe avere per mancanza dei requisiti ( art.219 c.p.); impropria come
compravendita di un atto conforme ai doveri dell’ufficio, es. pago un dipendente della
motorizzazione civile per avere presto le targhe della nuova auto appena comprata
(art.318 c.p.); antecedente, se il pubblico ufficiale riceve una retribuzione o la sua
promessa prima del compimento dell’atto; susseguente, se dazione o promessa
avvengono ad atto compiuto. Nell’art. 319 c.p. le due ipotesi di corruzione propria
antecedente o susseguente risultano unificate ai fini della pena quali ipotesi più gravi di
corruzione. Nell’art. 318 c.p. è contemplata l’ipotesi più lieve sotto la specie di corruzione
impropria susseguente, es. mancia o gratificazione per un atto legittimo e dovuto. Il bene
protetto o tutelato in linea generale e comune a tutte le ipotesi è il dovere di onestà,
correttezza e lealtà del pubblico funzionario, ferme restando le peculiarità delle singole
fattispecie di reato.
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Differenze logico-giuridiche tra corruzione e concussione vengono individuate come
segue. Secondo la dottrina tradizionale il criterio discretivo si sostanziava nella
provenienza dell’iniziativa che, se partiva dal privato configurava l’ipotesi di corruzione se
invece dal pubblico funzionario quella della concussione. Ma quid juris nel caso di
concussione per induzione, in cui il pubblico funzionario induca il privato a versargli una
somma o altra utilità e questi volentieri si adegui ed aderisca in quanto sa di poterne trarre
vantaggio ? Se verrà contestata la concussione sarà punito il solo p.u., se corruzione la
punizione sarà per entrambi.
Attualmente la dottrina e la giurisprudenza si basano sul seguente criterio: ci sarà
corruzione se il p.u. ed il privato realizzano un accordo paritario e vantaggioso per
entrambi sulla base della legge della domanda e dell’offerta, indipendentemente da chi sia
a prendere l’iniziativa; ci sarà concussione allorché il p.u. intimorisce il privato in forza
della sua posizione e conclude un accordo vantaggioso soprattutto per sé, quasi di tipo
estorsivo. In quest’ultimo caso c’è uno stato di soggezione o paura da parte del privato
mentre nella corruzione c’è un libero accordo per un vantaggio reciproco.
Vi sono situazioni border line come quando il p.u. prospetta al privato la dazione quale
modo di evitare un pagamento, es. una multa, ed il privato vi aderisce. In tal caso vi sarà
corruzione e non concussione in quanto si tratta di cooperazione per un vantaggio
reciproco e non di sottostare ad una pressione del funzionario.

7.2 Corruzione propria – art. 319 c.p. e artt. 320 e 321 c.p.
Ai sensi dell’art. 319 c.p. “Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver
omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto
contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne
accetta la promessa, è punito con la reclusione da due a cinque anni [32quater] .
- Bene tutelato è il buon andamento della pubblica amministrazione volto alla
protezione delle normali regole di esercizio delle funzioni amministrative nonchè
l’imparzialità, nel senso del dovere della p.a. di collocarsi in una posizione neutra
rispetto ad interessi particolari e quindi di considerare le istanze motivate e legittime
dei cittadini tutte uguali rispetto al proprio dovere di soddisfarle.
- Soggetto attivo sono il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ed il
privato corruttore. Le qualifiche devono esistere al momento del fatto e non essere
future.

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- Condotta bifasica per il pubblico funzionario che consiste nel ricevere od accettare la
promessa di denaro o utilità; per il privato nel dare o promettere tali vantaggi. La
dottrina tradizionale richiede anche il requisito del sinallagma nel senso che nella
condotta di corruzione propria antecedente deve esserci proporzione tra la
ricompensa o retribuzione ed il compimento dell’atto contrario ai doveri di ufficio oltre
che un collegamento diretto tra prestazione e controprestazione. Pertanto l’ipotesi
delittuosa non si avrebbe nel caso ad es. di piccoli donativi, omaggi, biglietti del teatro
e similaria rispetto ad una concessione edilizia di milioni di euro.
- Nella seconda fase della condotta il pubblico funzionario deve omettere o aver
omesso, ritardare o aver ritardato un atto del suo ufficio ovvero compiere o aver
compiuto un atto contrario ai doveri d’ufficio. Requisiti sono:
o La competenza dell’ufficio
o Atto da valutarsi con riferimento non ai doveri generici di imparzialità e
correttezza ma in relazione ai singoli e particolari obblighi dell’ufficio
o Valutazione fatta con rinvio alle norme di diritto amm/vo che regolano e
disciplinano lo svolgimento dell’attività dell’ufficio e che si sostanzia nella
illegittimità dell’atto. Per es. un permesso a costruire in mancanza dei requisiti,
oppure ammissione alle scuole materne comunali di bambini non aventi diritto
ecc..)
o Gli atti discrezionali quanto al contenuto ovvero all’emanazione costituiscono un
dato da considerare con riferimento alla imparziale valutazione degli interessi
pubblici coinvolti nell’atto stesso sia nel senso della rinuncia a tale valutazione
sia nel senso di valutazione volutamente erronea o dannosa per la P.A.
- Oggetto materiale è il danaro o qualunque utilità anche non patrimoniale né
materiale, purché esso si presti ad essere valutato come una retribuzione. La
Cassazione ha ritenuto non costituire utilità l’amplesso sessuale di donna per bene e
costumata, mentre lo è quello di una prostituta in quanto costei rinuncia ad un
compenso economico in cambio dell’atto del p.u. contrario ai doveri di ufficio. La
prestazione deve essere comunque sempre indebita.
- Dolo specifico come coscienza e volontà della condotta e consapevolezza di
compiere un atto contrario ai compiti dell’ufficio ovvero di omettere o ritardare l’atto
dell’ufficio. E’ irrilevante che il p.u. accetti la ricompensa con l’intenzione di agire
comunque indipendentemente dal privato, ovvero di non compiere o ritardare l’atto

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contrario. Se poi decide di compiere un atto dovuto si avrà l’ipotesi di cui all’art. 318
c.p.

7.3 L’ipotesi di cui all’ art. 319 bis c.p.


L’art. 319bis. Stabilisce “La pena è aumentata se il fatto di cui all’art. 319 ha per oggetto il
conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei
quali sia interessata l’amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene [32quater]”
.
Tale articolo prevede l’ipotesi di aggravante dell’atto compiuto per far occupare un impiego
ovvero stipendi, pensioni o stipula di contratti della P.A. cui appartiene il soggetto corrotto.

4.4 Corruzione impropria antecedente e susseguente art. 318 1°e 2°comma c.p.
L’art. 318.c.p. recita “Il pubblico ufficiale, che, per compiere un atto del suo ufficio, riceve,
per sé o per un terzo, in denaro o altra utilità, una retribuzione che non gli è dovuta, o ne
accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il pubblico ufficiale riceve la retribuzione per un atto d’ufficio da lui giàcompiuto, la pena
è della reclusione fino a un anno [32quater] .”
L’ipotesi di cui al 1° comma si riferisce ai seguenti elementi:
- Fattispecie dell’accordo tra pubblico ufficiale e privato consistente nella
compravendita di un atto conforme ai doveri dell’ufficio: è antecedente quando la
dazione o la promessa avvengono prima del compimento dell’atto.
- Bene tutelato è l’imparzialità della P.A. in quanto il pubblico funzionario, accettando
la retribuzione o la promessa non è più terzo estraneo agli interessi del privato come
ha l’obbligo di essere, ed in più radica nel cittadino il convincimento che gli atti della
P.A. anche quelli dovuti e conformi ai suoi interessi vanno comunque pagati
privatamente a parte.
- Soggetto attivo è il pubblico ufficiale e l’incaricato di un pubblico servizio (ex
art.320 1° comma c.p.)
- Condotta è connotata dal criterio della proporzione sinallagmatica tra prestazione e
controprestazione.Deve esserci una valutazione oggettiva nel senso della cd.
adeguatezza sociale tra l’una e l’altra: es. € 1000 per l’autorizzazione ad un posto
per una bancarella al mercatino comunale; ovvero € 100.000 per un permesso a
costruire. Ma altresì una valutazione soggettiva in relazione all’importanza dell’atto

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rispetto a chi riceve anche se esso è di bassa entità: es. un abbonamento alle linee
di trasporto urbano per un disoccupato.
- Non costituiscono reato le controprestazioni del privato cd. d’uso o di cortesia o
regalie, es. il caffè al bar ai membri di una commissione edilizia che ha dato parere
favorevole al permesso a costruire, ovvero per motivi di amicizia o di affetto.
- La retribuzione deve essere naturalmente non dovuta nel senso che essa non sia
prevista per quel tipo di attività della P.A. né per l’an né per il quantum.
- Atto che deve rientrare nella competenza dell’ufficio ed essere legittimo
- Dolo consistente nella consapevolezza da parte del p.u. di ricevere o accettarne la
promessa e da parte del privato di dare o promettere per comprare un atto
dell’ufficio.
L’ipotesi di cui al 2° comma si riferisce ai seguenti elementi:
- Soggetto attivo può essere anche l’incaricato di un pubblico servizio che abbia la
qualità di pubblico impiegato
- Condotta consistente nel pagamento ovvero promessa successivi al compimento
dell’atto
- Non è prevista la punibilità per il corruttore per ragioni di politica criminale ispirate al
principio di equità (art. 321 c.p.)

7.5 Corruzione in atti giudiziari – art.319 ter c.p.


Ai sensi dell’art319ter.c.p. “ Se i fatti indicati negli artt. 318 e 319 sono commessi per
favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica
la pena della reclusione da tre a otto anni.
Se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque
anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l’ingiusta condanna alla
reclusione superiore a cinque anni o all’ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti
anni.”
La fattispecie richiama le seguenti considerazioni:
- Figura autonoma di reato per il maggior disvalore sociale della corruzione nelle
attività giurisdizionali.
- Soggetti attivi sono pubblici ufficiali e privati stante la struttura plurisoggetiva della
fattispecie

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- Condotta consiste nei comportamenti di corruzione propria ed impropria, antecedente
e susseguente previsti e sanzionati dagli artt. 318 e 319 c.p. con la specificità che
l’atto d’uffico o contrario ai doveri d’ufficio ha la finalità concordata di favorire o
danneggiare una parte in un processo penale, civile od amministrativo.
- Reato a tutela penale anticipata in quanto la punibilità scatta quando è provato che
l’atto di corruzione era finalizzato al raggiungimento dello scopo illecito anche se
questo poi non è raggiunto. Per es. un Pubblico Ministero che accetta denaro od
utilità per ammorbidire un’indagine al fine di richiedere al GIP un’archiviazione che
però questi successivamente non ritiene nella sua autonomia di dover concedere.
- Il fatto corruttivo deve essere ingiusto, cioè non solo pilotato nel senso voluto dai
soggetti, ma anche che il vantaggio o il danno subito dalle parti processuali,che può
anche non identificarsi necessariamente con il soggetto corruttore, non è quello che
si sarebbe prodotto se l’atto o gli atti giudiziari fossero stati conformi alla legge ed
alle procedure.Per es.decreto di dissequestro di una costruzione abusiva anzicchè
l’emissione di un ordine di demolizione.
- Nell’ipotesi di corruzione impropria susseguente resta il dubbio se l’atto
astrattamente conforme alle norme abbia comunque arrecato un danno ad una parte
e vantaggio all’altra ( es. una sentenza esecutiva di sfratto) ed il giudice che l’ha
emesso abbia avuto un donativo per un provvedimento almeno formalmente corretto.
La norma in questione non esclude questa ipotesi ,restando poi da dimostrare la
volontà di corruzione dei soggetti implicati.
- La sfera di discrezionalità del magistrato è molto più ampia di quella di qualunque
altro Pubblico Ufficiale, in quanto egli per legge trae dal suo libero convincimento le
nozioni e gli elementi necessari per l’emissione dei provvedimenti, avverso i quali
esistono i rimedi procedurali, come le impugnazioni, il riesame, il ricorso per
Cassazione ecc…
- La piena operatività della norma si ha solo nel caso in cui vi sia dazione o promessa
per un atto giudiziario contrario ai doveri d’ufficio quale corruzione propria
antecedente o susseguente. Nella funzione giurisdizionale vanno ricompresi anche
gli atti non riferibili strettamente alla attività jusdicente ma anche a quella requirente.

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7.6 L’ipotesi attenuata dell’incaricato di pubblico servizio – art. 320 c.p.
Ai sensi dell’art. 320 c. p. “ Le disposizioni dell’art. 319 si applicano anche all’incaricato di
un pubblico servizio; quelle di cui all’art. 318 si applicano anche alla persona incaricata di
un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo [32quater] “

7.7 Le sanzioni per il corruttore – Art. 321 c.p.


321. Pene per il corruttore. — Le pene stabilite nel primo comma dell’articolo 318, nell’art.
319, nell’art. 319bis, nell’articolo 319ter e nell’art. 320 in relazione alle suddette ipotesi
degli artt. 318 e 319, si applicano anche a chi dà o promette al pubblico ufficiale o
all’incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità [32quater] .

7.8 Istigazione alla corruzione – art 322 c.p.


L’art. 322 c.p. recita “Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un
pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di
pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio, soggiace, qualora
l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’art. 318,
ridotta di un terzo.
Se l’offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un
pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto
contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia
accettata, alla pena stabilita nell’art. 319, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico
servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato che sollecita una promessa o dazione
di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall’art. 318.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all’incaricato di un
pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro ad altra utilità da parte di
un privato per le finalità indicate dall’art. 319 [32quater]”
Rispetto alla descritta fattispecie di reato individuiamo le seguenti considerazioni.
- Scopo della norma è quello di punire le condotte sia del pubblico ufficiale che
dell’incaricato del pubblico servizio che rivesta la qualità di impiegato,sia del privato
che non integrino il tentativo di corruzione propria ed impropria in quanto i
comportamenti non sono delineati in tutto i loro elementi. Per es. promessa di denaro
o utilità che pur non essendo accettata non viene nemmeno rifiutata per ragioni di
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 29
opportunità temporale o fattuale. In tale ipotesi il tentativo di corruzione è di difficile
configurazione in quanto esso presuppone che tutti gli elementi della fattispecie sono
presenti e l’evento non si verifica per ragioni indipendenti dalla volontà dei soggetti,
es. l’impossibilità sopravvenuta della prestazione o della controprestazione. Nella
prima ipotesi la sola offerta o promessa non seguita da accettazione configura il
delitto di istigazione. Lo stesso dicasi per il p.u. che sollecita la promessa ovvero la
dazione diretta del denaro o utilità e questa non avviene.
- Condotte :
o Istigazione alla corruzione cd. attiva, in cui è il privato che offre o promette
concretamente e seriamente, per l’entità dell’offerta o la qualità economica di
entrambi,( es. di un concessionario d’auto che offre a prezzo notevolmente
scontato un auto di grossa cilindrata ad un semplice impiegato) al pubblico
ufficiale che però non accetta.
o Istigazione alla corruzione cd. passiva, in cui è il p.u. che sollecita il privato
alla dazione o promessa ( che costui non accetta) che è al limite del tentativo
di concussione ed in cui il discrimine è costituito dal fatto che non c’è
costrizione o induzione ma solo un invito a pagare senza minaccia di
ritorsioni o negazione del provvedimento.
- Non è prevista l’istigazione alla corruzione in atti giudiziari e non può operarsi una
interpretazione analogica per il limite stabilito dal principio di legalità. Tale ipotesi è
punibile solo a titolo di tentativo di corruzione sussistendone tutti gli elementi.

7.9 Abuso d’ufficio – art 323 c.p.


L’art. 323. stabilisce che ”Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato il pubblico
ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del
servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in
presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti,
intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca
ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante
gravità”
- Scopo della norma è limitare il controllo penale sulle attività dei pubblici ufficiali e
amministratori rispettando i principi costituzionali sulla divisione dei poteri. Ciò si
realizza attraverso una compiuta descrizione della fattispecie legale onde evitare

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 30


sconfinamenti ingiustificati del giudice penale sugli amministratori pubblici col rischio
di realizzare una vera e propria surroga dei poteri di scelta e discrezionalità che la
legge attribuisce a costoro.
- La condotta consiste nella violazione di norme e regolamenti oppure non astenendosi
dal compiere atti in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto e nei
casi in cui la legge lo richiede, per realizzare un vantaggio solo patrimoniale.
- Bene tutelato è il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.
- Soggetti attivi sono sia i pubblici ufficiali che gli incaricati di un pubblico servizio in
quanto spesso questi ultimi hanno la titolarità di servizi pubblici di particolare
importanza come trasporti, fornitura gas o elettricità.
- Elementi oggettivi del reato:
- Evento inteso come effettivo verificarsi del vantaggio o del danno e non
semplicemente compiere un atto finalizzato.
- Vantaggio solo patrimoniale cioè con una valenza economica tale da concretizzare
un arricchimento del destinatario, es. modificare il piano regolatore in modo da
rendere edificabile un suolo che prima non lo era.
- Danno che può essere sia economico che non economico, morale o affettivo es.
inserendo un parente tra coloro che aspirano all’assegnazione di un impiego facendo
parte quale membro della commissione di concorso, oppure, per danneggiare
l’amministrazione per motivi elettorali.
- Danno e vantaggio devono essere ingiusti nel senso che devono derivare dalla
violazione delle norme e dei regolamenti e non per es. da inimicizia tra le parti ma
nel rispetto formale delle regole della buona amministrazione.
- Condotta tipizzata:
- Violazione di norme di legge o di regolamento e non semplicemente eccesso o
sviamento di potere (per il quale v’è rimedio con il ricorso al T.A.R.) altrimenti il
controllo penale diverrebbe una invasione sulle scelte di ordine amministrativo.
Quindi per es. dare un permesso a costruire ad un parente e negarlo ad un nemico
ostile non è reato se avviene nel rispetto formale e sostanziale delle norme e dei
regolamenti.
o Illiceità amm/va ed illiceità penale sono due aspetti differenti e non
necessariamente coincidenti. La violazione di legge, quale vizio tipico degli atti
amm/vi, relativi al soggetto, al contenuto ed alla forma dell’atto o al
procedimento, può essere elemento costitutivo del reato di abuso ma non è

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 31


detto che sia sufficiente ad integrare gli estremi di un abuso penalmente
rilevante. Ad es. la mancanza di motivazione o carenza di motivazione è
sicuramente qualificabile come illecito amm/vo e come tale ricorribile al T.A.R.
ex L. 241/90, ma è solo un elemento da valutare da parte del giudicante come
base di partenza per verificare se si è realizzata la fattispecie dell’art 323 c.p.
o Il riferimento alla violazione dei regolamenti è consentito dalla possibilità che la
norma penale integri il precetto con riferimento a norme anche secondarie tratte
da altri rami dell’ordinamento (ipotesi di cd. norme penali in bianco)
Omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo
congiunto. Si tratta di un dovere di astensione che si sostanzia in un obbligo giuridico
che discende dalla legge per gli amministratoriri locali ex art. 78 dlg. 18/08/2000 n.267
e per i pubblici dipendenti ex DM 31/03/94 n. ed altre fonti quali la legge 142/90 art. 64.
o Deve trattarsi di atti di cui il p.u. ha competenza per lo svolgimento di
funzioni o servizi in quanto”intraneus” alla P.A.
o La clausola “salvo che il fatto non costituisca più grave reato”, indica che
la fattispecie ex art 323 è sussidiaria rispetto a fatti di abuso più gravi che
abbiano connotazioni precipue tipiche ad es. della concussione
,corruzione ecc…
- Dolo intenzionale nel senso che il p.u. commette l’abuso sapendo di agire allo scopo
di avvantaggiare o danneggiare qualcuno. Se lo scopo ( non i moventi che possono
essere i più vari) è diverso, per es. il p.u. che abusa del suo ufficio solo per far
mostra di potere e quindi ingraziarsi ed ottenere i favori sessuali di una vigilessa, il
reato è escluso.
- Inoltre occorre la consapevolezza di stare violando norme o regolamenti e non un
mero errore nell’applicazione della legge extrapenale che per il disposto dell’art. 47
u.c. c.p. esclude la punibilità quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce
il reato: per es. il p.u. che respinge una richiesta di sgravio fiscale ritenendo
erroneamente che la norma non si applichi al caso concreto. In tal caso l’errore sulla
interpretazione della norma invocata dal privato ha indotto senza colpa il p.u. a
commettere un fatto di reato che altrimenti non avrebbe compiuto.
- Il reato si perfeziona col conseguimento del vantaggio o il prodursi del danno.
Altrimenti si configura il tentativo.
- Ai fini della punibilità è considerata circostanza aggravante la rilevante entità del
danno o del vantaggio.

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 32


7.10 Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio - art.326 c.p.
L’art. 326 sancisce “Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio
[358], che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della
sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in
qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sé
o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le
quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il
fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o
di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni .
- Oggetto della tutela è impedire che alla P.A. possa derivare pregiudizio o danno dalla
rivelazione di notizie destinate a rimanere segrete.
o Es.: da una commissione di concorso viene fuori per un candidato il testo
del tema che verrà dettato in aula.
o Es.: un quotidiano pubblica i verbali di interrogatorio di un arrestato
passati al redattore dal cancelliere del Pubblico Ministero che l’ha
condotto.
- Condotta incriminata consiste nel rivelare o agevolare la conoscenza di notizie
dell’ufficio destinate a rimanere segrete. E’ il cd. segreto d’ufficio cioè conoscenze
che rientrano nella competenza funzionale dell’ufficio ( e non quindi apprese a causa
dell’ufficio cioè non sue proprie) e coperte da segreto nel senso che non possono
essere comunicate a terzi estranei all’ufficio : 1- per legge; -2 per regolamento; 3- per
ordine legittimo dell’autorità. Ad es. il DPR 10.01.1077 n.3 che impone il segreto agli
impiegati pubblici; oppure ai sensi dell’art 366 2° co. c.p.p. che prevede la
segregazione per 30 giorni dei verbali di interrogatori disposta dal Pubblico Ministero
anche nei confronti del difensore dell’indagato.
- Violazione dei doveri inerenti alle funzioni o al servizio o abusando della qualità di
p.u.. Quest’ultima precisazione è pleonastica in quanto comunque rivelando notizie di
ufficio si viola e si abusa delle funzioni e della qualità.
- Agevolazione significa facilitare la conoscenza da parte di terzi di fatti e notizie
destinate a rimanere segrete agendo anche colposamente: es. lasciando aperto il
cassetto di uno schedario in cui sono contenuti dati cd. sensibili.

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 33


- Il reato si consuma nel momento in cui il terzo apprende le informazioni coperte da
segreto. Colui che riceve tali informazione non è punibile in quanto la norma non lo
prevede.
- La prima ipotesi del comma 3°: utilizzazione di notizie segrete dell’ufficio a fini
patrimoniali.Vi è ricompreso qualunque profitto personale o di terzi che derivi dalla
utilizzazione della notizia: es. rivelazione dietro compenso del contenuto delle offerte
in una gara di appalto ovvero senza compenso ma per farla aggiudicare ad un amico
o parente.
- La seconda ipotesi del comma 3°: utilizzazione per un vantaggio non patrimoniale,
cioè non economicamente valutabile: es. una prestazione sessuale. Ovvero solo per
cagionare danno al terzo. Il danno è ingiusto in quanto deriva da una condotta
improntata allo spregio ed alla violazione di norme, di regolamenti oltre che al dovere
di correttezza ed imparzialità che deve improntare l’azione del pubblico funzionario.Il
danno può essere patrimoniale ovvero non patrimoniale es. il danno di immagine che
deriva dal rivelare il contenuto del certificato penale di un soggetto la cui attività è
legata alla pubblica fama.

7.11 Rifiuto di atti di ufficio. omissione – art 328 c.p.


L’art. 328.stabilisce ”Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che
indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza
pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo , è
punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico
servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto
del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione
fino ad un anno o con la multa fino a milletrentadue euro. Tale richiesta deve essere
redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta
stessa.
La prima ipotesi prevede il rifiuto indebito, cioè non dovuto e quindi non giustificato da
parte del pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio. Requisiti sono:
- Deve trattarsi di un atto del suo ufficio per il quale ha la cd. competenza funzionale;
atto “qualificato” nel senso che deve essere finalizzato a ragioni di giustizia,
sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità e che “deve essere compiuto
senza ritardo”.

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 34


- Il rifiuto per essere tale presuppone quindi una richiesta di sollecito adempimento che
può provenire sia dal privato che da un altro ufficio della P.A. o da un superiore
gerarchico dello stesso ufficio. Il diniego può essere esternato in qualsiasi forma:
orale, scritto e deve essere indebito nel senso che il soggetto attivo non può
giustificarlo richiamandosi a norme di carattere amm.vo o penale come nel caso in
cui gli si richieda di compiere un atto illegittimo o penalmente rilevante.
- Per il principio di tassatività l’atto rifiutato deve appartenere solo alle categorie
indicate nella fattispecie e non altre (ad es. in materia ambientale) a meno che non
possa essere sussunto in una di quelle previste.
La seconda ipotesi prevede la cd. omissione punibile i cui requisiti sono
- Che vi sia una richiesta di adempimento da parte del terzo rispetto ad un atto della
P.A. che tarda ad essere compiuto (quindi non tra quelli che devono essere compiuti
senza ritardo previsti nella prima ipotesi)
- Che il p.u. entro trenta giorni dalla richiesta non compie l’atto e non risponde per
esporre le ragioni del ritardo.
- Scopo della norma è impedire l’inadempimento o il ritardo ingiustificato di un atto
d’ufficio quando non è previsto un termine per il compimento dell’atto stesso.
- Si pone un problema di compatibilità di termini allorché la legge amm.va fissa termini
diversi in ragione della tipologia degli atti. Infatti la L. n. 241/90 sulla trasparenza e
sull’accesso agli atti, all’art. 2 delega alla P.A., per ciascun tipo di procedimento la
determinazione della durata dello stesso che solo in mancanza è di 30 giorni. Per cui
ne deriva che nel caso in cui il termine fissato sia più lungo, solo elasso questo
scatta la possibilità di richiesta di adempimento e le conseguenze che la legge
penale ne fa derivare.
- Di conseguenza il p.u. potrebbe non adempiere l’atto, riservandosi di dare
spiegazioni alla eventuale successiva richiesta. In tal caso, per evitare che si
realizzino così prassi omissive tacite, il giudice dovrà valutare non solo perché l’atto
non è stato compiuto, ma anche la fondatezza o meno delle giustificazioni addotte.

CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi 35


Scuola Superiore della
Pubblica Amministrazione
Locale

LEZIONE 5

NOZIONI DI DIRITTO PENALE CON


PARTICOLARE RIFERIMENTO AI REATI
CONTRO LA PA; LIMITATAMENTE AL
TITOLO II CAP. I “ DEI DELITTI DEI
PUBBLICI UFFICILI CON TRO LA P.A.
REGOLE GENERALI DI COMPORTAMENTO
DEL PERSONALE ALLE DIPENDENZE
DELLE P.a. E DIRITTI E DOVERI DEI
PUBBLICI DIPENDENTI

TEST A RISPOSTA MULTIPLA

di Vittorio De Chiara

Giugno 2008

1
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
1)Quali sono tra i seguenti gli elementi costitutivi del reato:

a)fatto tipico, antigiuridicità e colpevolezza


b)fatto tipico, soggetto attivo e soggetto passivo
c)colpevolezza, coscienza e volontà

2)Secondo la teoria generale sulla struttura del reato, solo la persona fisica può
essere
autore di fatti illeciti?

a) si sempre
b) no
c) a seconda del reato

3 Il soggetto passivo del reato è colui che viene danneggiato dal fatto illecito?

a) si
b) no
c) non sempre

4 La colpa si realizza quando il soggetto attivo commette un reato perché non ha


utilizzato la dovuta e richiesta diligenza?

a)si
b)no è necessario che avesse la volontà di provocarlo
c)si, nella prevalenza dei casi

5 La colpa è cosciente“cosciente”:

2
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
a) Quando manca la volontà e la previsione
b) Quando manca la volontà ma non anche la previsione
c) Quando manca la previsione ma non anche la volontà

6 Coscienza e volontà costituiscono il requisito minimo di attribuibilità psichica


del reato al soggetto

a) no, mai
b) si ma dipende dai casi
c) si, sempre

7 Il caso fortuito è:

a) una causa di esclusione della tipicità del reato


b) è una scriminante
c) è un’attenuante

8 è un elemento negativo nella struttura del reato?

a) si solo se non c’è la colpevolezza


b) si
c)no

9 Secondo la teoria della prevenzione generale, la sanzione penale


a) serve a punire il colpevole per il male provocato
b) svolge un compito intimidatorio
c) consiste in una minaccia che serve a distogliere la generalità dei consociati dal
compiere atti socialmente dannosi

3
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
10 La pena inflitta viene determinata sulla base esclusiva della gravità del reato:

a) si
b) no anche su altri elementi
c) sulla cattiveria del reo

11 La proporzionalità è uno dei principi che regolano la pena?:


a) si
b) no,
c) no, solo la legalità

12 L’affidamento in prova al servizio sociali è:

a) una pena accessoria


b) una pena principale
c) una misura alternativa alla detenzione

13 L’incapacità a contrattare con la P.A.:

a) una sanzione sostitutiva


b) una pena accessoria
c)una misura alternativa alla detenzione

14 La libertà vigilata è una misura di sicurezza:

a) detentiva
b) semidetentiva
c) non detentiva

4
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
15 In diritto penale per P.U. si intendono solo gli organi che svolgono attività
amministrativa:

a) no, anche giudiziaria e legislativa


b) si solo amministrativa
c) si, ma dipende dal tipo di funzioni svolte

16 Secondo il diritto penale i gli avvocati sono:

a) incaricati di un pubblico servizio


b) pubblici ufficiali
c) esercenti un servizio di pubblica necessità

17 Il Pubblico ufficiale che ometta o ritardi denunciare un reato di cui abbia avuto notizia
nell’esercizio o a causa delle sue funzioni:
a) viene punito con la reclusione fino ad un hanno
b) viene punito con il pagamento di una multa da € 30 ad € 516
c) non viene punito

18 la cessazione della qualifica di pubblico ufficiale od incaricato di un pubblico servizio


esclude il reato?:
a) si sempre
b) no mai
c) no allorchè la qualifica sia elemento costitutivo o circostanza aggravante, purchè il fatto
commesso sia in rapporto di nesso funzionale con la qualifica

19 Nel delitto di peculato (314 c.p.) l’autore distrae somme di denaro o altre cose per:

a) profitto proprio

5
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
b) per profitto altrui
c) per vantaggio suo e di altri

20 Nel delitto di peculato i beni sottratti sono solo della pubblica amministrazione

a) si
b) no, anche di terzi privati
c) solo di privati cittadini

21 Nel delitto di concussione (317 c.p.) il reo costringe o induce il privato a dare
solo denaro:

a) si
b) no, solo beni di valore
c) entrambi

22 Nel delitto di concussione il profitto va ad esclusivo beneficio dell’autore:

a) no, anche ad altri


b) si, solo all’autore
c) solo a terzi estranei alla P.A.

23 L’ipotesi delittuosa di corruzione propria antecedente (1^ ipotesi del 319 c.p.) si basa
sull’iniziativa del p.u.:

a) si
b) no, in tal caso è concussione
c) si se c’è convenienza per entrambi

24 La corruzione impropria susseguente(318 II c. c.p.)è l’ipotesi sanzionata più lievemente:

6
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
a) no
b)si
c) a seconda del denaro incassato dal P.U.

25 Nella corruzione in atti giudiziari ( 319 ter c.p.) l’autore viene punito solo se c’è condanna
penale del terzo estraneo:

a) si
b) no, anche se c’è assoluzione
c) solo in caso di condanna grave

26 Il reato di istigazione alla corruzione (322 c.p.) si applica solo al privato che si rivolge al
pubblico impiegato:

a) si
b)no,anche alle persone giuridiche
c) no, anche ai P.U. ed incaricati di pubblico servizio

27 Nel reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) il “danno ingiusto “ è solo di natura patrimoniale:

a) no, può essere di qualsiasi specie


b) si, solo patrimoniale
c) solo in danaro

28 Nel delitto di abuso d’ufficio non è necessaria la competenza dell’ufficio da parte


dell’autore:

a)si, non è necessaria

7
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
b) no, deve essere competente dell’ufficio o del servizio
c) è indifferente

29 Nel delitto di rivelazioni di segreti (326 c.p.)deve trattarsi di segreti propri dell’ufficio
dell’autore:

a) si
b) no, possono essere di qualunque ufficio
c) no, esclusivamente di altri uffici

30 Il delitto di rifiuto di atto d’ufficio (328 c.p.) può riferirsi anche a materie non previste:

a) si
b)no
c) solo se vengono fatte rientrare nelle categorie elencate

8
CORSO DI RIQUALIFICAZIONE: Operatore servizi amministrativi e informativi
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Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica


del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Regole e suggerimenti
per la redazione
degli atti amministrativi

a cura di

Gabriella Alfieri (Università di Catania), Marco Biffi (Accademia della Crusca), Agostino
Bultrini (Ancitel spa), Barbara Cacelli (Comune di Livorno), Paolo Cappelletto
(Consiglio delle Autonomie Locali - Regione Toscana), Massimo Carli (Università di
Firenze), Andrea Chiari (Tecnodiritto srl), Costantino Ciampi (ITTIG-CNR),
Sebastiano Faro (ITTIG-CNR), Angela Frati (Accademia della Crusca), Anna Gentile
(Consiglio regionale Toscana), Mario Grassia (Comune di Livorno), Stefania Iannizzotto
(Accademia della Crusca), Graziella Launaro (Comune di Livorno), Raffaele Libertini
(ITTIG-CNR), Nicoletta Maraschio (Accademia della Crusca), Pietro Mercatali
(ITTIG-CNR), Giancarlo Minutoli (Comune di Livorno), Carla Paradiso (Consiglio
regionale Toscana), Sabrina Pellegrino (Comune di Livorno), Marta Picchi (Università di
Firenze), Marina Pietrangelo (ITTIG-CNR), Cecilia Robustelli (Università di Modena e
Reggio Emilia), Francesco Romano (ITTIG-CNR), Costanza Sanchini (Università di
Firenze), Rosaria Sardo (Università di Catania), Pierluigi Spinosa (ITTIG-CNR)

Giugno 2010
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Regole e suggerimenti
per la redazione degli atti amministrativi
INDICE

GRUPPO DI LAVORO
1. Membri ed enti di appartenenza

PRESENTAZIONE
1. Esigenze
2. Destinatari
3. Fonti di riferimento
4. Struttura del Manuale
5. Il gruppo di lavoro e le finalità del Manuale

PREAMBOLO: I PRINCIPI GENERALI PER LA REDAZIONE DEI TESTI


AMMINISTRATIVI

PARTE PRIMA
REGOLE LINGUISTICHE PER LA STESURA DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

1. Stile
2. Brevità del periodo
3. Il testo e le connessioni tra le frasi
4. Congiunzioni congiuntive e disgiuntive
5. Tipi di enumerazioni
6. Frasi condizionali e congiunzioni pertinenti
7. Frasi negative
8. Tempi modi e costrutti verbali
9. Verbi modali
10. Scelta e uso di forma attiva passiva e impersonale dei verbi
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4 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

11. Scelta e uso dei termini


12. Termini giuridici o tecnici
13. Interpretazione di termini che hanno diversi significati:
contesto e definizioni
14. Arcaismi, latinismi, neologismi
15. Forestierismi
16. Espressioni non discriminatorie
17. Omogeneità terminologica
18. Uso di pronomi e aggettivi
19. Uso di abbreviazioni e sigle
20. Uso delle lettere maiuscole
21. Maiuscole nei nomi di enti e organi composti da più parole
22. Usi e funzioni della punteggiatura
23. Apostrofo e accenti
24. Scrittura dei numeri
25. Date e ore
26. Unità di misura e monetarie
27. Simboli convenzionali propri di linguaggi tecnici o scientifici
28. Presentazione grafica del testo
29. Verifica della stesura del testo

PARTE SECONDA
LA STRUTTURA DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO

30. Struttura ed elementi del provvedimento amministrativo


31. Intestazione
32. Preambolo
33. Motivazione
34. Paragrafi di preambolo e motivazione
35. Dispositivo
36. Proposizioni prive di significato dispositivo
37. Formule inserite dopo il dispositivo
38. Sottoscrizione
39. Allegati
40. Redazione degli allegati
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 5

PARTE TERZA
RIFERIMENTI AD ALTRI ATTI
Sezione I - Riferimenti (o rinvii) ad atti normativi

41. Definizione di riferimento o rinvio normativo


42. Citazione di testi normativi
43. Citazione di atti non normalizzati
44. Scrittura della citazione
45. Regole particolari nella scrittura delle citazioni
46. Citazione di partizioni di atti comunitari o internazionali
47. Riferimenti all’articolo o a partizioni inferiori all’articolo
48. Riferimenti a partizioni superiori all’articolo
49. Riferimenti ad atti modificati
50. Riferimenti ad atti antichi e difficili da reperire

Sezione II - Riferimenti (o rinvii) ad atti amministrativi

51. Definizione di riferimento amministrativo


52. Elementi che compongono la citazione
53. Citazione di atti amministrativi modificati (o corretti)
da atti successivi
54. Citazione di partizioni di atti amministrativi o di loro allegati

ALLEGATI

A. Citazione dei testi normativi


B. Guida per il controllo finale del testo
C. Griglia per l’analisi di un atto amministrativo
D. Glossario
E. Atti ben formati e mal formati
F. Schemi e modelli di atti amministrativi
G. Mappa concettuale di tutti gli atti amministrativi

INDICE ANALITICO
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GRUPPO DI LAVORO
Membri ed enti di appartenenza
Accademia della Crusca
Marco Biffi, Angela Frati, Stefania Iannizzotto, Nicoletta Maraschio
Ancitel spa
Agostino Bultrini
Comune di Livorno
Barbara Cacelli, Mario Grassia, Graziella Launaro, Giancarlo Minutoli,
Sabrina Pellegrino
Consiglio delle Autonomie Locali - Regione Toscana
Paolo Cappelletto
Consiglio regionale della Toscana
Anna Gentile, Carla Paradiso
Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica del CNR
Costantino Ciampi, Sebastiano Faro, Raffaele Libertini, Pietro
Mercatali, Marina Pietrangelo, Francesco Romano, Pierluigi Spinosa
Tecnodiritto srl
Andrea Chiari
Università di Catania
Gabriella Alfieri, Rosaria Sardo
Università di Firenze
Massimo Carli, Marta Picchi, Costanza Sanchini
Università di Modena e Reggio Emilia
Cecilia Robustelli
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PRESENTAZIONE
1. Esigenze
Non è facile definire le regole per la scrittura degli atti amministrativi,
universo molto eterogeneo sia a causa della pluralità dei soggetti emitten-
ti e dei destinatari e sia a causa della molteplicità delle funzioni dell’atto.
Perché allora proporre un manuale di regole per scrivere gli atti ammi-
nistrativi? Le esigenze che hanno dettato questa necessità sono essenzial-
mente tre.
1. L’atto amministrativo è non solo un atto tecnico-giuridico, ma
anche un atto comunicativo con il quale la pubblica amministrazione deve
farsi capire e farsi conoscere dai cittadini. Se gli atti sono redatti secondo
regole che ne aumentino l’omogeneità e ne diminuiscano le imprecisioni
allora saranno certamente più comprensibili.
2. Le regole mirano a omogeneizzare le modalità di scrittura per evi-
tare le difficoltà nell’applicazione e nell’interpretazione che rendono
incerta l’efficacia e non favoriscono la comunicazione. Pertanto, le rego-
le responsabilizzano l’autore dell’atto non solo sotto il profilo della legit-
timità, ma anche sotto quello della sua funzione comunicativa.
3. La recente pubblicazione del Codice dell’amministrazione digitale è l’ul-
timo atto di un più che decennale percorso normativo che intende sosti-
tuire una pubblica amministrazione composta da monadi non comuni-
canti con un unico sistema informativo pubblico fortemente intercon-
nesso. In tale quadro l’interoperabilità dei dati è elemento centrale. È di
nuovo ovvio che gli standard linguistico-documentari prima ancora che
quelli tecnico-informatici faciliteranno tale interoperabilità. La diffusione
delle nuove tecnologie in ambito pubblico, in presenza di un linguaggio
amministrativo farraginoso e oscuro, rischia di rendere ancora meno tra-
sparente l’azione amministrativa, trasferendo la gestione e il controllo del-
l’informazione dall’ambito politico-amministrativo a quello tecnico e arri-
vando persino a mettere in discussione i ruoli d’imparzialità e di garanzia
propri della pubblica amministrazione.
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10 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

2. Destinatari
Il manuale Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi (chiama-
to da ora Manuale), che nasce per fornire una guida alla redazione degli atti per
tutti i funzionari della pubblica amministrazione, può essere utile soprattutto a
quelli che, provenendo da percorsi formativi tecnico-scientifici o umanistico-
letterari, non hanno una specifica formazione giuridica. Potrà quindi essere
adottato non solo dagli enti locali, ma anche da altri enti pubblici. Sarebbe
auspicabile che i vertici politici dei singoli enti si facessero promotori dell’ado-
zione del Manuale con apposite direttive che rimarchino l’utilità e la necessità
di tale strumento di lavoro e che a tale indicazione politica seguissero iniziati-
ve di formazione mirate e continuate nel tempo, riproponendo così un model-
lo sperimentato con successo nel corso degli anni dalle assemblee legislative.
Ma soprattutto ci auguriamo che i cittadini - disponendo di atti ammi-
nistrativi più chiari, più efficaci e facilmente accessibili - siano i veri bene-
ficiari dell’iniziativa.

3. Fonti di riferimento
Punto di partenza del Manuale sono le regole contenute nella Direttiva
sulla semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi del Ministero della
Funzione Pubblica, emanata nel maggio del 2002, e nel manuale Regole e sug-
gerimenti per la redazione dei testi normativi (2007) adottato dalle Regioni italiane.
Si è cercato di confermare, per quanto possibile, le regole esistenti per
rispondere all’esigenza di uno standard comune. Le regole linguistiche,
relative a ortografia, morfologia, lessico e sintassi sono state riviste e appro-
fondite da un gruppo di linguisti. Per le regole riguardanti la struttura del-
l’atto e alcune peculiari disposizioni normative, data la loro specificità, non
si è potuto fare riferimento alle regole già esistenti ma sulla base della pras-
si e della dottrina abbiamo ricavato un primo gruppo di regole per defini-
re una struttura standard di provvedimento amministrativo. Tali regole
potranno essere ulteriormente migliorate se una prima applicazione del
Manuale facesse emergere delle difficoltà nell’uso da parte degli uffici.
Per quanto riguarda infine le regole di citazione degli atti normativi
sono state confermate le regole contenute nel manuale Regole e suggerimen-
ti per la redazione dei testi normativi mentre per i rinvii ad atti amministrativi
si è dettato un nuovo standard.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 11

4. Struttura del Manuale


Il Manuale è diviso in tre parti relative alla lingua degli atti, alla struttu-
ra del provvedimento amministrativo e al rinvio ad altri atti.
La direttiva di semplificazione e il manuale Regole e suggerimenti per la
redazione degli atti normativi prevedono regole sull’uso della lingua italiana
nei testi legislativi e amministrativi. In particolare, la direttiva fornisce
indicazioni circa l’organizzazione concettuale e strutturale, lo stile e le tec-
niche di controllo linguistico dei testi, mentre il manuale Regole e suggeri-
menti per la redazione degli atti normativi propone regole che disciplinano non
solo gli aspetti stilistici ma anche quelli morfologici, sintattici e lessicali
(uso dei verbi, delle congiunzioni, della terminologia tecnico-giuridica
ecc.). Tali regole per alcuni aspetti seguono la grammatica della lingua ita-
liana, per altri ne fanno un uso linguistico-testuale peculiare alla lingua
della pubblica amministrazione (si pensi, ad esempio, alle indicazioni sul-
l’opportunità della ripetizione di termini).
Le regole linguistiche, raccolte nella prima parte del Manuale, sono pre-
cedute da un preambolo che contiene alcuni principi generali che assicu-
rano l’efficacia comunicativa del testo amministrativo. Le regole riguarda-
no segni tipografici e indicazioni morfologiche, sintattiche e lessicali e
suggeriscono alcune modalità per la verifica della correttezza del testo.
Inoltre, per una maggiore chiarezza, sono spesso corredate da esemplifi-
cazioni e spiegazioni.
Nella consapevolezza che un linguaggio amministrativo chiaro e preci-
so, che risponda a molteplici esigenze comunicative, è il risultato del rispet-
to delle regole linguistiche abbinate alla competenza e alle conoscenze del
redattore, le regole della prima parte sono state compilate seguendo un
doppio binario prescrittivo e illustrativo: la regola breve è stata corredata da
un approfondimento grammaticale e da una puntuale esemplificazione.
Nella seconda parte del Manuale è stata definita la struttura essenziale
del provvedimento amministrativo, facendo riferimento solo al provvedi-
mento e non al ben più ampio e variegato universo degli atti amministra-
tivi. Se infatti gli aspetti linguistici degli atti amministrativi possono esse-
re ricondotti a regole comuni, la loro struttura è riconducibile a moltepli-
ci modelli. È stato scelto di disciplinare la struttura del provvedimento in
quanto atto diffuso che ha trovato sia in dottrina sia in giurisprudenza
un’approfondita elaborazione del proprio modello teorico. In tal senso
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12 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

andrà sottolineato che questo Manuale intende essere un testo “aperto” a


cui sarà possibile introdurre ulteriori regole che definiscano la struttura di
altri atti amministrativi.
La forma e la funzione del provvedimento amministrativo richiedono la
presenza di alcuni elementi che servono alla sua identificazione e di altri che
ne garantiscono l’efficacia giuridica. Sono stati identificati e descritti tali ele-
menti e accorpati in tre parti distinte del provvedimento amministrativo, in
modo da ottenere una organizzazione formale, funzionale e contenutistica
idonea a una formulazione omogenea, chiara e sistematica dell’atto stesso.
La parte iniziale contiene la denominazione dell’atto (es. decreto, delibera-
zione, ordinanza, determinazione), l’intestazione che deve indicare l’autorità
emanante, il numero di protocollo dell’atto e l’oggetto (o titolo) che esprime la
funzione e il contenuto dell’atto. La parte centrale dell’atto contiene il
preambolo con l’illustrazione del procedimento che ha portato all’emana-
zione dell’atto e di quanto ne è emerso; la motivazione che contiene i pre-
supposti di fatto e le ragioni giuridiche alla base della decisione; e infine
il dispositivo che racchiude la parte propriamente prescrittiva. La parte con-
clusiva dell’atto deve invece necessariamente prevedere il luogo in cui l’at-
to amministrativo è stato adottato, la data di adozione dello stesso e la sua
sottoscrizione.
L’ultima parte del Manuale riguarda le tecniche di redazione delle cita-
zioni per il rinvio ad altri atti. Le tecniche di redazione delle citazioni di
atti normativi sono mutuate direttamente dal manuale di tecnica legislati-
va in modo da riproporre anche negli atti amministrativi gli standard già
consolidati negli atti normativi.
Quanto alle modalità di scrittura di citazioni di atti amministrativi, si è
invece proposto uno standard che garantisse l’univocità del rinvio e al
tempo stesso la sua intellegibilità. Lo schema di citazione completa indi-
viduato è il seguente:
a) denominazione formale dell’atto;
b) autorità emanante;
c) data;
d) numero dell’atto;
e) oggetto.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 13

5. Il gruppo di lavoro e le finalità del Manuale


La redazione di questo Manuale si inserisce nell’ambito di un progetto
di ricerca condotto in ITTIG che ha portato alla creazione e all’imple-
mentazione di un portale di supporto per i redattori di atti delle pubbliche
amministrazioni locali della Toscana. Nell’ambito di tale progetto è stata
realizzata una prima versione del Manuale disponibile on line per gli utenti
del portale. Il numero elevato e sorprendente di accessi a tale documento
ha fatto subito capire quanto fosse sentita l’esigenza di avviare anche in
questo settore il percorso già intrapreso in passato per gli atti normativi. Si
è dunque pensato che tale versione del Manuale dovesse essere rivista insie-
me ad altri studiosi ed esperti (linguisti, giuristi, tecnici informatici, comu-
nicatori e funzionari delle pubbliche amministrazioni). Questo approfon-
dimento è stato indispensabile non solo per integrare e modificare il
Manuale in alcune sue parti che risultavano carenti, ma soprattutto per ini-
ziare un’opera di condivisione di queste regole che si spera ne favorisca l’a-
dozione presso gli enti pubblici e le renda in tal modo effettive. In tale
senso il gruppo di lavoro diverrà permanente sia per promuovere il
Manuale attraverso convegni e seminari, che per proporre agli enti pubbli-
ci di adottarlo. In particolare, occorre suggerire l’adozione formale del
Manuale sulla base di un’indicazione generale da parte dell’ANCI, dell’UPI
e dei Consigli delle autonomie locali istituiti dalle Regioni che, dopo aver
dato un giudizio favorevole su questo strumento, dovrebbero elaborare
un’apposita circolare da indirizzare agli enti locali affinché il Manuale sia
utilizzato dal personale nella stesura degli atti. In seguito analoghe circola-
ri dovrebbero essere emanate anche dalle singole amministrazioni locali.
Andrà intrapreso un analogo percorso presso il Ministero della Funzione
Pubblica per l’adozione da parte delle amministrazioni centrali.
Il gruppo di lavoro si occuperà anche di monitorare l’applicazione
delle regole del Manuale individuando, all’interno della amministrazione
competente, soggetti e organismi che controllino l’uso effettivo del
Manuale nell’attività corrente di predisposizione degli atti da parte del per-
sonale, facendo di questo uso, eventualmente, un elemento di valutazio-
ne dei risultati dei dipendenti.
Analogamente si dovranno prevedere applicazioni informatiche che facili-
tino l’applicazione delle regole (si pensi a sistemi di controllo della leggibilità
degli atti e a editori specializzati simili a quelli già usati per gli atti normativi).
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14 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

Tali attività oltre a contribuire alla diffusione e al consolidamento del


Manuale dovranno consentire una periodica verifica della validità e del-
l’efficacia delle regole e un aggiornamento e un adeguamento degli stru-
menti di supporto. Si è infatti previsto di allegare al Manuale alcuni docu-
menti che ne facilitino l’applicazione e che saranno resi disponibili anche
su un sito web in cui gli utenti potranno suggerire integrazioni e modifi-
che. In particolare gli allegati previsti sono:
- un elenco delle forme di citazione degli atti normativi all’interno
dell’atto amministrativo;
- alcune liste di controllo (check list) che esplicitano con istruzioni pun-
tuali le verifiche che garantiscono la completezza e correttezza dell’atto;
- una raccolta di esempi di atti bene e mal formati;
- una raccolta di modelli di atti;
- un approfondimento per specifiche regole grammaticali;
- un glossario.
Infine è essenziale ribadire che per il miglioramento della qualità degli
atti amministrativi è assolutamente necessaria una forte e costante attività
formativa del personale affinché abbandoni vecchie abitudini e ne acquisti
di nuove che rendano gli atti amministrativi più accessibili ai cittadini.
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PREAMBOLO
I PRINCIPI GENERALI PER LA REDAZIONE DEI TESTI AMMINISTRATIVI
Nella tipologia amministrativa, diversamente dall’ambito normativo, si
trovano testi molto diversi tra loro. Non è facile dunque fornire principi
univoci che valgano per tutte le diverse tipologie. Tuttavia attenersi ai
principi fondamentali di una comunicazione efficace e alle massime che
regolano la stesura di testi pienamente fruibili servirà a evitare fraintendi-
menti, ambiguità e imprecisioni che inquinano il diritto a un’informazio-
ne regolativa il più possibile trasparente. I principi qui enunciati non sono
espressione di ideali estetici o di modelli formali, ma sono strumenti per
garantire la qualità degli atti amministrativi.
La redazione dei testi amministrativi perciò risponde a criteri di
chiarezza, precisione, uniformità, semplicità, economia. Deve dun-
que mirare a rendere il testo comprensibile a tutti i suoi fruitori, in ter-
mini di contenuti e di scelte linguistiche che li veicolano.
Un testo è chiaro se i suoi contenuti informativi sono ben riconosci-
bili e interpretabili da parte del destinatario, se la loro concatenazione
logica rispetta uno sviluppo coerente e graduale rispetto alle conoscenze
pregresse del destinatario e alle sue aspettative di conoscenza dell’argo-
mento trattato. Chi scrive il testo dovrebbe seguire una progressione
informativa rispettosa dei punti cardine di un testo ben formato (Chi?,
Che cosa?, Perché?, Dove?, Quando?) in modo da rendere chiaro con la mas-
sima evidenza: il soggetto che adotta l’atto, l’oggetto dell’atto e la deci-
sione che è stata presa insieme alle motivazioni che la giustificano, modi
e tempi di applicazione del testo.
Un testo è preciso se le parole usate e le connessioni logiche tra le
frasi risultano univoche ed esplicite. La vaghezza e l’ambiguità lessicali,
infatti, favoriscono incertezze nell’interpretazione del testo, e connettivi
frasali troppo lunghi, arcaici o involuti ne rallentano la comprensione.
Un testo è uniforme dal punto di vista linguistico se permette di rico-
noscere senza equivoci quando ci si riferisce a uno stesso argomento e
permette anche di seguirne lo sviluppo logico.
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16 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

Un testo è semplice se dà la preferenza a parole conosciute dalla mag-


gior parte dei cittadini o se riesce a parafrasare, spiegare con sinonimi o
esempi gli inevitabili tecnicismi, e se organizza i periodi in modo lineare
con poche subordinate e con un uso adeguato della punteggiatura.
Un testo è economico se contiene tutto quello che è necessario e solo
quello che è adeguato allo sviluppo del suo contenuto. In particolare, un
testo ben costruito è privo di ridondanze, cioè parole e frasi che ribadi-
scono concetti già espressi in precedenza.
I principi di chiarezza, precisione, uniformità, semplicità ed economia
possono, in singoli contesti, entrare in conflitto tra di loro. Si tratta di
trovare, di volta in volta, il punto di equilibrio tra questi principi.
Un testo amministrativo deve essere linguisticamente accessibile a qual-
siasi cittadino, nei limiti permessi dalla complessità dei suoi contenuti. Nella
redazione si deve tener conto delle conoscenze linguistiche e delle esigen-
ze di comprensione di coloro ai quali i testi si rivolgono e di coloro che li
applicano. In ogni caso vanno escluse formulazioni inutilmente complesse.
Per garantire la fruibilità linguistica di un testo si deve porre attenzione
anzitutto alla sua strutturazione generale, che deve rispondere a principi
comunicativi fondamentali quali: la coesione sintattica e grammaticale tra
gli elementi linguistici che lo compongono e la loro coerenza logica in ter-
mini di contenuti e di progressione informativa; e l’accettabilità del con-
tenuto da parte del destinatario in termini di possibili conoscenze dell’ar-
gomento e della forma linguistica che lo deve veicolare. In tal senso è fon-
damentale la pianificazione del testo che garantisce una distribuzione razio-
nale, coerente e logicamente connessa dei contenuti. Si devono costruire le
frasi tenendo conto dei limiti di leggibilità secondo gli indici correnti, e si
devono scegliere le parole secondo il principio di economia linguistica
(massima evidenza del contenuto e minimo sforzo di lettura da parte del
destinatario), facilitando il processo di decodificazione del testo con appo-
site strategie didascaliche (l’uso di sinonimi o di parafrasi per rendere accet-
tabile il tecnicismo, l’esemplificazione per rendere evidente il contenuto
stesso). Punteggiatura e organizzazione grafica sono elementi essen-
ziali per rappresentare visivamente la strutturazione del testo e garantirne la
leggibilità. Tutti questi principi comunicativi e testuali andranno tenuti in
considerazione anche nella revisione finale del testo, che è operazione
fondamentale di ogni processo di scrittura efficace.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 17

PARTE I
REGOLE LINGUISTICHE PER LA STESURA DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

1. Stile
1. Non perseguire l’eleganza o la sinteticità a scapito della completez-
za e dell’univocità.
2. Usare uno stile essenziale.
Occorre evitare sia parole ed espressioni ridondanti, perché appe-
santiscono inutilmente il testo, sia lo stile telegrafico che può nasconde-
re nessi logico-grammaticali fra le varie porzioni di testo: in entrambi i casi
l’efficacia informativa risulta intaccata.
Si raccomanda di usare uno stile essenziale, fornendo soltanto le
informazioni necessarie disposte in ordine logico: la presenza di informa-
zioni non necessarie può influire negativamente sull’efficacia comunicativa
del testo e risultare perfino fuorviante.

2. Brevità del periodo


1. Formulare periodi brevi e chiari.
2. Usare preferibilmente frasi semplici.
3. Nelle frasi complesse la proposizione principale precede, preferi-
bilmente, le proposizioni subordinate che devono essere di numero ridot-
to. Evitare, se possibile, gli incisi.
Nella stesura di un testo si consiglia di disporre le informazioni in
singole frasi. Inoltre è opportuno iniziare il periodo con la frase prin-
cipale e far seguire le subordinate. Le singole frasi devono essere ordi-
nate in una sequenza logica, per esempio il passaggio dall’informazione più
importante a quella meno importante.
Si ricorda di adottare in ciascuna frase l’ordine soggetto-verbo-oggetto
diretto-oggetto indiretto (il modulo Y è reperibile nell’ufficio X non nell’ufficio X è reperi-
bile il modulo Y) evitando di inserire frasi o elementi tra il soggetto e il verbo, tra l’au-
siliare e il verbo, e in generale tra un elemento e un altro strettamente collegati (a pro-
cedura finita è necessario inviare l’avviso non è necessario a procedura finita inviare l’avviso).
Gli incisi e le frasi tra parentesi costringono il lettore a memorizzare
troppi elementi prima di dare un senso compiuto al periodo ed è per que-
sto che si consiglia di limitarne l’uso ai casi strettamente necessari.
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18 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

3. Il testo e le connessioni tra le frasi


1. Esplicitare i nessi logici tra le frasi con congiunzioni o avverbi.
2. Esprimere il significato delle congiunzioni in modo chiaro e univoco.
3. Preferire le proposizioni esplicite alle proposizioni implicite.
Evitare in particolare le proposizioni con il verbo al gerundio.
Avverbi e congiunzioni usati in funzione di connettivi testuali (dunque,
mentre, successivamente, inoltre, ad esempio, al contrario ecc.) rendono chiari ed evi-
denti i legami logico-grammaticali che esistono tra le singole frasi che essi
collegano ed esplicitano così la relazione tra le varie informazioni. Un uso
appropriato dei connettivi contribuisce sia alla coerenza tematica del
testo, perché assicura la progressione logica delle informazioni, sia alla
coesione testuale, perché rende il testo compatto. Proprio per questa
importante funzione che i connettivi svolgono all’interno del testo è prefe-
ribile usare proposizioni esplicite, che ne richiedono l’uso, anziché implici-
te (participio, gerundio ecc.).
La coerenza tematica e la coesione del testo devono essere assicurate
anche dagli altri rimandi che si trovano all’interno del testo, e in particola-
re da un attento uso dei pronomi, che devono corrispondere perfettamen-
te in genere e numero ai nomi che sostituiscono. Si ricordi che le ripetizio-
ni garantiscono l’eliminazione di ogni ambiguità.

4. Congiunzioni congiuntive e disgiuntive


1. Usare la congiunzione e nelle relazioni congiuntive e la congiunzio-
ne o (o oppure) nelle relazioni disgiuntive (sia inclusive che esclusive).

La congiunzione e è riservata alle relazioni congiuntive, cioè quelle in


cui la fattispecie (il fatto determinato) si realizza quando tutti gli elementi
correlati si avverano.
La congiunzione o (o oppure) esprime una relazione tra elementi tale
per cui la fattispecie si realizza - e quindi si verificano le conseguenze - sia
quando si avvera uno solo dei due elementi, sia quando si avverano ambe-
due (relazione disgiuntiva inclusiva).
La congiunzione o (o oppure) può esprimere anche una relazione tra
elementi tale per cui la fattispecie si realizza - e quindi si verificano le con-
seguenze - quando si avvera uno solo dei due elementi, ma non ambedue
(relazione disgiuntiva esclusiva). Se questa relazione non risulta eviden-
te dal contesto, esplicitarla con formule del tipo o soltanto A o soltanto B, A
o B ma non entrambi e simili.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 19

2. In generale preferire il ricorso all’elencazione, che rende il testo più


chiaro e incontrovertibile.
3. In particolare evitare la formulazione e/o che può essere facilmen-
te sostituita dall’elencazione esplicita dei casi nei quali la relazione tra gli
elementi si realizza e dei casi nei quali non si realizza.

5. Tipi di enumerazioni
1. Le enumerazioni possono avere carattere tassativo o esemplificati-
vo, oppure carattere cumulativo o alternativo.
2. Occorre sempre esplicitare il tipo e il carattere dell’enumerazione
che si sta trattando.
Il carattere tassativo di una enumerazione si esplicita attraverso l’uso
di avverbi quali soltanto, esclusivamente, unicamente.
Il carattere esemplificativo di una enumerazione si esplicita attraver-
so l’uso di locuzioni quali in particolare, tra l’altro.
Il carattere cumulativo di una enumerazione si esplicita attraverso struttu-
re come Perché si applichi la conseguenza X devono avverarsi tutte le seguenti condizioni:
a) …
b) …
c) …
Il carattere alternativo di una enumerazione si esplicita in due modi
diversi a seconda del carattere inclusivo o esclusivo della relazione:
- per esplicitare una relazione di tipo inclusivo si usa la struttura:
Perché si applichi la conseguenza X deve attuarsi almeno una delle seguenti condizioni:
a) …
b) …
c) …
- per esplicitare una relazione di tipo esclusivo si usa la struttura: Perché
si applichi la conseguenza X deve attuarsi una e una sola delle seguenti condizioni:
a) …
b) …
c) …

6. Frasi condizionali e congiunzioni pertinenti


1. Nella protasi del periodo ipotetico (la proposizione che esprime la
condizione) preferire la congiunzione se ad altre più complesse e di più
difficile comprensione.
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20 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

Es. se il bilancio di previsione non viene approvato non nel caso in cui il bilancio
di previsione non venga approvato.
Es. se si verifica un abbassamento repentino (meglio ancora se si abbassa repenti-
namente) non qualora si verifichi un abbassamento repentino.

2. La congiunzione se senza ulteriori precisazioni si usa nelle disposi-


zioni condizionali quando si intende che la conseguenza deriva dalla fat-
tispecie espressa nella frase introdotta da se, ma può derivare anche da
altre. Le disposizioni condizionali sono riconducibili alla formula se F allo-
ra G, dove F è la protasi, cioè la fattispecie condizionante, e G l’apodosi,
cioè la conseguenza giuridica.
3. Se si intende invece che la conseguenza viene prodotta soltanto
dalla fattispecie espressa nella frase introdotta da se e non da altre fatti-
specie, è necessario esplicitare la circostanza usando l’espressione solo se
(o espressioni equivalenti come solo nel caso in cui).

7. Frasi negative
1. Preferire le frasi affermative a quelle negative.
Le frasi affermative sono preferibili a quelle negative perché la loro
maggiore brevità e la struttura più semplice, unite all’espressione diretta e
inequivoca del contenuto, le rendono più facilmente comprensibili e, insie-
me, più incisive: si confronti è vietato con non è permesso, respinto con non accet-
tato ecc. Si tenga conto che la funzione attenuativa che il costrutto nega-
tivo può assumere rispetto a quello affermativo può indurre a interpreta-
zioni di tipo possibilista di cui chi scrive deve essere consapevole.
Es. la S.V. non è stata inclusa nella graduatoria anziché la S.V. è stata esclu-
sa dalla graduatoria.

2. Evitare le frasi con la doppia negazione.


La doppia negazione rende la frase eccessivamente complessa e
aumenta il rischio di una interpretazione erronea o ambigua (si deve esprime-
re invece di non si può non esprimere).

8. Tempi, modi e costrutti verbali


1. Assicurare l’uniformità nell’uso dei modi e dei tempi verbali.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 21

Il testo amministrativo, come del resto il testo normativo, è un testo di


carattere assertivo: richiede un uso calibrato e pertinente dei verbi. Si racco-
manda, pertanto, un uso uniforme di modi, tempi e persona dei verbi:
a. se i verbi sono sullo stesso livello temporale non passare dal pre-
sente al passato prossimo o all’imperfetto;
b. non cambiare, se non è necessario, la persona da singolare a plura-
le o da impersonale a plurale.

2. Di regola usare l’indicativo presente.


a. Preferire costruzioni sintattiche che richiedano l’indicativo al
posto del congiuntivo (se si verifica non nel caso in cui si verifichi);
b. nelle formulazioni prescrittive usare solo l’indicativo presente
Es. Il sindaco provvede alle nomine e alle designazioni di propria competenza. I
rappresentanti dell’Ente, nominati sulla scorta dei presenti criteri, cessano in forma
automatica dagli incarichi loro conseguiti con lo scadere del mandato amministrativo del
Sindaco.

In questo caso l’indicativo presente ha valore prescrittivo e la frase


significa che Il sindaco deve provvedere alle nomine e alle designazioni di propria com-
petenza ...

3. Preferire formulazioni dirette e concrete.


Per evitare l’ambiguità il testo scritto richiede formulazioni dirette e
concrete. A tal fine si consiglia di:
a. evitare la nominalizzazione che consiste nel preferire il nome al
verbo come portatore di significato: invece di Il pagamento si effettua allo sportello,
scrivere più semplicemente Si paga allo sportello o Pagare allo sportello. Sono da evi-
tare inoltre inutili perifrasi come apporre la firma, quando si può scrivere firmare.
È più chiaro e più breve (c’è un risparmio di circa il 20% delle parole);
b. evitare i costrutti sintetici come:
- l’enclisi del -si (vale a dire la sua inclusione nella parola precedente),
nel caso in cui sia retta da verbo modale (si possono effettuare non possono effet-
tuarsi) o in stereotipi come trattasi e dicasi (si tratta non trattasi);
- le forme implicite del verbo, come gerundi o participi, quando
potrebbero essere usate le forme esplicite. Per di più una frase implicita è
spesso ambigua: Avendo pubblicato la delibera può essere trasformata, a
seconda dei contesti, in frasi con senso diverso come Poiché abbiamo/avete
pubblicato la delibera, Quando abbiamo/avete pubblicato la delibera, Dopo che abbia-
mo/avete pubblicato la delibera ecc.; lo stesso vale per l’uso dell’infinito in frasi
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22 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

dipendenti da verbi come pensare, dire, credere, ritenere ecc. (si ritiene che la pro-
cedura si sia bloccata a causa di non la procedura si ritiene essersi bloccata a causa di).
c. Evitare le concordanze a senso (la maggior parte dei maestri della
scuola primaria chiede di avere… non la maggior parte dei maestri della scuola pri-
maria chiedono di avere…).

9. Verbi modali
1. Di regola evitare l’uso dei verbi modali (dovere, potere, volere). In partico-
lare, in considerazione del valore imperativo dell’indicativo presente, non usare
di regola il verbo dovere per esplicitare l’obbligatorietà di una disposizione.
Es. I lavori sopra citati sono eseguiti deviando il flusso di traffico di via Credenzieri
non I lavori sopra citati devono essere eseguiti deviando il flusso di traffico di via
Credenzieri.
Es. La Ditta, durante i lavori sopra citati, attiva i seguenti provvedimenti… non
La Ditta, durante i lavori sopra citati, deve attivare i seguenti provvedimenti…
Es. Ogni precedente disposizione contraria a quelle contenute nella presente ordinan-
za è sospesa non Ogni precedente disposizione contraria a quelle contenute nella presente
ordinanza deve ritenersi sospesa.

2. È possibile usare il verbo potere per indicare una facoltà e non un


comportamento doveroso in presenza di determinate circostanze.
Es. I cittadini italiani e i cittadini stranieri, in possesso del titolo di studio che per-
metta l’accesso all’università, e che intendano completare o integrare il proprio percorso
formativo presso l’Università di Ferrara, possono chiedere l’iscrizione a corsi singoli atti-
vati nell’ambito dei corsi di studio, purché tali corsi non siano a numero programmato.

10. Scelta e uso di forma attiva, passiva e impersonale dei verbi


1. Di regola usare la forma attiva del verbo.
2. Se si usa il passivo esplicitare l’agente, cioè chi compie l’azione.
3. Limitare l’uso dell’impersonale ai casi in cui non è possibile esplici-
tare il soggetto.
Il passivo e l’impersonale permettono di non esprimere il soggetto
delle azioni: possono essere utili in determinati contesti (ad esempio quando
l’amministrazione vuole creare un distacco tra sé e il destinatario e non vuole
essere troppo diretta nell’esprimere un divieto come nell’avviso Si prega di non
fumare), ma a volte aumentano la difficoltà di lettura e di comprensione.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 23

Si consiglia quindi di usare preferibilmente la forma attiva del verbo:


Abbiamo inviato la lettera in data 14 febbraio 2010 non La lettera è stata inviata in
data 14 febbraio 2010.
Anche la forma impersonale, se è noto il soggetto, è da evitare: invece di
Si è ritenuto preferibile inviare il documento in tre copie si può scrivere L’amministrazione
ha preferito inviare il documento in tre copie. Più chiaro e anche più breve.

11. Scelta e uso dei termini


1. Scegliere la parola che esprime un dato concetto nel modo più pre-
ciso, chiaro e univoco, usando di preferenza parole dell’italiano comune.

Rispetto alle 90-120.000 parole che sono registrate nei dizionari dell’u-
so, il cosiddetto vocabolario comune ne annovera circa la metà: si tratta
di parole note a tutte le persone con istruzione medio-alta, capite e usate
anche da chi non è uno specialista di un determinato settore.
Il vocabolario di base della lingua italiana contiene meno di 7.000
parole e sono quelle da preferire per essere capiti facilmente da chi legge.
Pertanto, quando è possibile, occorre scegliere le parole del vocabolario
di base, preferendole a quelle più rare, dato che sono più diffuse e dun-
que note a tutti i parlanti.
Bisogna scegliere parole che esprimano un concetto in modo ade-
guato, preciso e univoco, evitando quelle ricercate e preferendo quelle
dell’italiano comune (pagamento e non erogazione; timbrare e non obliterare);
occorre inoltre evitare le perifrasi cristallizzate (impedimento e non condi-
zione ostativa, un modulo e non breve modulistica).
Una delle caratteristiche del linguaggio burocratico è quella di preferire
parole artificiose, e spesso inutilmente lunghe e complesse, a sinonimi più
semplici e concreti. È opportuno, al contrario, usare problema e non proble-
matica, nome e non nominativo ecc.

2. Se per un concetto specifico non esistono parole dell’italiano


comune caratterizzate da precisione, chiarezza e univocità si può ricorre-
re a termini giuridici o tecnici, a neologismi o forestierismi, purché segui-
ti da una perifrasi esplicativa.

Es. sinallagma, cioè obbligazione reciproca che in un contratto vincola entrambe le


parti a prestazioni corrispettive.
Es. revolving, cioè metodo di restituzione rateizzato e protetto.
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24 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

12. Termini giuridici o tecnici


1. Usare in modo appropriato i termini specialistici attinti dal linguag-
gio giuridico o da un altro linguaggio tecnico, tenendo conto del signifi-
cato loro assegnato dalla scienza o tecnica che li concerne.
2. Nell’uso dei termini giuridici, tener conto in primo luogo del signi-
ficato desumibile dalle definizioni contenute nei codici o in altre leggi; in
secondo luogo, e in via subordinata, di quello attribuito dalla giurispru-
denza consolidata; in terzo luogo, e in modo ancora subordinato, dalla
dottrina prevalente.
I tecnicismi sono le parole che indicano concetti, nozioni e strumenti
tipici di un determinato settore. Si distinguono i tecnicismi specifici, cioè
propri ed esclusivi di ciascun settore (es. evizione, termine del lessico giuri-
dico che indica ‘la perdita totale o parziale dei diritti di proprietà su un bene
legittimamente rivendicato da un terzo’) e tecnicismi collaterali, il cui uso
non è legato a effettive necessità comunicative ma alla intenzione di usare
uno stile ricercato che si allontani dal linguaggio comune (procedere alla escus-
sione per interrogare; porre in essere per realizzare).
In un “testo di servizio” (un testo che informa o fornisce istruzioni) e
in un testo amministrativo il numero di tecnicismi effettivamente necessa-
ri è alquanto ridotto: in media sono meno di cinque su cento. Quando è
necessario ricorrere a un tecnicismo è bene spiegarne il significato in
una nota, almeno la prima volta, o farlo seguire da una breve perifrasi
esplicativa (rogito, ovvero atto notarile).

13. Interpretazione di termini che hanno diversi significati: conte-


sto e definizioni
1. Se un termine del linguaggio giuridico o di un altro linguaggio tec-
nico ha un significato diverso da quello che ha nel linguaggio comune,
fare in modo che dal contesto sia chiaro in quale delle due accezioni il ter-
mine è impiegato. Se si ritiene necessario corredarlo di una definizione.

Se un tecnicismo giuridico ha un significato diverso da quello che ha


nel linguaggio corrente (attore per soggetto, persona fisica o giuridica, che promuo-
ve un giudizio) - o è usato in un’accezione diversa da quella del linguaggio
comune o del linguaggio tecnico (emulazione per atto di emulazione che è quel-
lo compiuto dal proprietario al solo scopo di nuocere o di recare molestia
a terzi) - è opportuno farlo seguire da una definizione e fare in modo che
il contesto renda evidente l’accezione specifica del termine.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 25

14. Arcaismi, latinismi, neologismi


1. Limitare l’uso di arcaismi e latinismi.

La lingua amministrativa ha una spiccata tendenza conservativa per la


quale mantiene in vita parole o locuzioni arcaiche e latinismi.
Per rendere più comprensibile il testo è bene evitare termini o locuzio-
ni come all’uopo, testé, altresì, nonché, onde e ove con valore ipotetico, l’uso
negativo di alcuno invece di nessuno, le formule addì o lì inteso come avver-
bio di luogo; o addirittura termini e formule latini come ostensibile (cioè con-
sultabile), de iure (cioè di diritto), de facto (cioè di fatto), de cuius (espressione che
indica una persona che lascia un’eredità).

2. Usare neologismi solo se sono di uso comune nella lingua italiana,


nel linguaggio normativo e amministrativo.
3. Se il significato del neologismo non è chiaro e univoco, corredarlo
di una definizione.
È opportuno usare neologismi solo se effettivamente insostituibili e
già in uso nella lingua comune (es. autentica per autenticazione: L’autentica può esse-
re effettuata anche da notai, cancellieri e funzionari competenti a ricevere la documentazione).

15. Forestierismi
1. Usare parole straniere solo se sono di uso comune nella lingua ita-
liana, nel linguaggio normativo e amministrativo e non hanno termini
corrispondenti in italiano.
2. Se il significato della parola straniera non è chiaro e univoco, cor-
redarla di una definizione.
3. La parola straniera assunta nella lingua italiana è invariabile.

È preferibile che chi scrive i testi dell’amministrazione eviti l’uso di


parole straniere che potrebbero rendere poco leggibile il testo. Tali sono
ad esempio project manager per capo progetto, meeting per riunione, planning per
piano e staff per personale. In particolare, quando un testo amministrativo fa
riferimento a un altro testo è bene che non si trovino parole straniere al
posto dei termini italiani della fonte.
Tuttavia, in mancanza di un termine italiano corrispondente, è oppor-
tuno usare parole straniere (es. drafting normativo per regole e tecniche di reda-
zione delle leggi) e se necessario farle seguire da una perifrasi esplicativa (es.
welfare ovvero affari sociali, previdenza e assistenza sociale).
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26 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

16. Espressioni non discriminatorie


1. Evitare le espressioni discriminatorie.
Non usare espressioni discriminatorie verso gruppi sociali minori-
tari o emarginati, o verso minoranze etniche, politiche, religiose ecc.

2. Preferire le espressioni che consentono di evitare l’uso del maschi-


le come neutro universale.
Evitare il maschile come neutro universale (persone e non uomini) e decli-
nare il nome al maschile e al femminile (lavoratori e lavoratrici anziché lavoratori; let-
tori e lettrici anziché lettori ecc.). Nella formulazione di bandi o annunci relativi alla
formazione professionale o a offerte di lavoro occorre specificare entrambi i
generi grammaticali per evitare che sorgano dubbi sulla possibilità di accesso da
parte delle persone di entrambi i sessi (funzionario/funzionaria; segretario/segretaria).
Negli atti chiusi, diretti cioè a persone di cui si conoscono le generali-
tà, è preferibile invece usare il genere grammaticale appropriato.
È opportuno evitare asimmetrie linguistiche derivanti da stereotipi culturali che
possono discriminare i sessi (es. in un testo riguardante i minori, anziché richiedere
la professione del padre e la condizione della madre, richiedere attività del padre e della madre).
Quando i nomi invariabili di una professione o di una carica si riferi-
scono alle donne è opportuno farli precedere dall’articolo femminile (la
giornalista, la giudice, una analista).

17. Omogeneità terminologica


1. All’interno del testo esprimere lo stesso concetto con il medesimo
termine e non impiegare termini identici con accezioni diverse.
2. L’omogeneità terminologica va rispettata anche nel caso in cui il
testo si rapporti a testi dello stesso ambito tematico.
3. Quando si modificano testi superati nella terminologia o nello stile
è preferibile riformulare l’intero testo usando termini più aggiornati.
In un atto amministrativo è opportuno evitare l’ambiguità e raggiunge-
re il massimo di esplicitezza: è consigliabile pertanto, anche a costo di
numerose ripetizioni, usare sempre lo stesso termine per designare la
stessa azione, lo stesso concetto o la stessa persona.
Nell’atto amministrativo e negli eventuali allegati devono essere usati
sempre gli stessi termini in riferimento agli stessi concetti o a istituti con
denominazioni identiche, basandosi sulle definizioni contenute nelle leggi
che disciplinano la materia.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 27

18. Uso di pronomi e aggettivi


1. Evitare l’uso di pronomi personali e aggettivi dimostrativi per rife-
rirsi a termini o soggetti usati precedentemente nel testo se questo gene-
ra ambiguità per la sua comprensione.
Evitare l’uso di pronomi personali o di pronomi e aggettivi dimo-
strativi per rendere ciò che si è detto o per anticipare ciò che si dirà
più avanti. Essi sono opportuni solo in posizione molto ravvicinata e
quando si è sicuri che non generino ambiguità, come accade invece nel con-
testo riportato di seguito:
Il pannello collocato nel lato destro dell’incrocio con piazza Marina informa chi
transita in direzione via Credenzieri/via Paternostro della chiusura a causa dei lavori
in corso in via Lungarini. Esso sarà rimosso alla fine di questi.
In un caso simile sarebbe stato meglio invece evitare l’uso dei pronomi
e ripetere i nomi:
Il pannello collocato nel lato destro dell’incrocio con piazza Marina informa chi
transita in direzione via Credenzieri/via Paternostro della chiusura a causa dei lavori
in corso in via Lungarini. Tale pannello sarà rimosso alla fine dei lavori.

19. Uso di abbreviazioni e sigle


1. È bene limitare l’uso di abbreviazioni e sigle: spesso sono ovvie per
chi scrive ma non sono chiare per chi legge.
Affinché i testi amministrativi risultino chiari a tutti i destinatari, è pre-
feribile usare con parsimonia abbreviazioni e sigle; se il loro uso è utile
per alleggerire un testo rendendolo più scorrevole ed eliminando pesanti
ripetizioni, si ricordi che l’importante è non abusarne e adoperare criteri
omogenei di scrittura.

2. Se in un testo si usa un’abbreviazione o una sigla per la prima volta è


opportuno farla precedere dall’espressione per intero e racchiuderla tra
parentesi tonde; nelle citazioni successive si riporta solo la sigla o l’abbrevia-
zione. Fanno eccezione abbreviazioni e sigle d’uso consolidato e molto note.
Le abbreviazioni sono costituite dalla lettera iniziale (n. per numero) o
dalle prime lettere di una parola (tab. per tabella, Trib. per Tribunale ecc.) e
possono essere occasionali in caso di parole ricorrenti nel stesso testo
oppure convenzionali (p. per pagina).
Sono seguite dal punto eccetto alcuni casi:
- se la parola abbreviata riporta la lettera iniziale e finale (ca per circa);
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28 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

- se la frase si conclude con l’abbreviazione, perché il punto dell’abbre-


viazione è inglobato nel punto fermo (a fine frase scrivere leggere a p. 56 e sgg.
e non leggere a p. 56 e sgg..).
Il carattere minuscolo/maiuscolo dell’abbreviazione deve rispecchiare
quello del termine originale.
In molte abbreviazioni si ha un’unica forma sia per il singolare che per il plu-
rale; in certi casi il plurale viene espresso raddoppiando le singole iniziali o finali
(voll. per volumi). L’articolo sarà comunque al singolare o al plurale, al maschile o
al femminile, a seconda del numero e genere dell’abbreviazione che accompagna.
Le sigle sono abbreviazioni particolari che si ottengono conservando le ini-
ziali di più parole che costituiscono un termine composto (AO per Azienda
Ospedaliera, TCI per Touring Club Italiano ecc.) e servono spesso per designare enti
(INPS), organizzazioni (ONU), imposte (IVA, IRE), nomi di prodotti com-
merciali ecc. Gli acronimi sono sia le sigle vere e proprie (come definite sopra),
sia le parole composte che si ottengono mettendo in sequenza più di una lette-
ra delle parole abbreviate (ASSITERM per Associazione Italiana di Terminologia).
Sigle e acronimi non sono seguiti dal punto e sono scritti sempre con let-
tere maiuscole, eccetto il caso di sigle ormai entrate nel lessico comune come
vip, radar ecc. Essendo assimilabili ai nomi propri, le sigle e gli acronimi sono
al singolare o al plurale a seconda dell’espressione scelta (TG per telegiornale;
TIF per Trasporti internazionali ferroviari). Il genere e il numero dell’articolo che
precede la sigla o l’acronimo dipende dal genere e numero della denomina-
zione completa. In alcuni casi però, con sigle e acronimi che iniziano con
consonante, la scelta dell’articolo è regolata dalla struttura fonetica dell’acro-
nimo (lo SNALS anche se sta per il Sindacato Autonomo Lavoratori della Scuola).

3. In alcuni atti amministrativi può essere funzionale l’uso di forme


abbreviate al posto di denominazioni complesse, quando queste siano
particolarmente ricorrenti. In tal caso la prima volta si riporta la denomi-
nazione complessa per esteso, seguita dall’espressione di seguito denomina-
ta/o/e/i e dalla denominazione abbreviata.
Nelle denominazioni abbreviate, se possibile, la forma abbreviata
deve contenere un’indicazione che renda trasparente la pertinenza o il ruolo
della denominazione complessa, anche per agevolarne la comprensione e la
ricerca all’interno del testo (es. in un contratto d’appalto si può scrivere:
Immobiliare Alfa s.r.l. di seguito denominata Imm. Alfa oppure appaltante).

20. Uso delle lettere maiuscole


1. La maiuscola serve a distinguere i nomi propri e non a conferire
importanza o considerazione a un soggetto.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 29

2. L’uso della maiuscola iniziale è obbligatorio nei seguenti casi:


a. all’inizio del testo e dopo ogni punto fermo;
b. per i nomi propri di persona;
c. per i nomi propri geografici;
d. per i nomi di enti, organismi istituzionali e organi individui.

L’ortografia italiana prevede l’obbligo della maiuscola iniziale in due


casi fondamentali: per segnalare l’inizio di un periodo e con i nomi propri.
Più specificatamente, la maiuscola iniziale è richiesta anche per i nomi
geografici (Arno), di enti, organismi istituzionali e organi individui (la
Camera dei deputati, il Capo dello Stato), per le nozioni astratte e gli organismi
pubblici (la Legge, la Borsa, il Consiglio, la Chiesa, lo Stato, il Paese, la Regione),
per divinità, oggetti di culto (Dio, Sindone), corpi celesti (Marte), feste
(Natale), per le indicazioni dei secoli (il Novecento), per i nomi dei punti car-
dinali (Nord, Sud ecc.), per i sostantivi derivati da un nome geografico (nel
Milanese), per una strada provinciale, regionale e nazionale (l’Umbro-
Casentinese), per gli abitanti di un certo territorio (i Toscani, gli Italiani), per i
titoli di opere artistiche (Le nozze di Figaro). L’uso della maiuscola è esteso
per intero alle sigle (CEE).
I testi amministrativi spesso affidano alle maiuscole contenuti stilistici di
rispetto, di gerarchia, di enfasi (come ad esempio le forme di cortesia pro-
nominali: ci rivolgiamo a Lei; anche in forma enclitica: desideriamo comunicarLe):
si tratta di un retaggio di una cultura retorica che può appesantire lo stile
e il tono della comunicazione e, in certi casi, introdurre elementi di ambigui-
tà e di ostacolo alla comprensione. Questo uso deve essere pertanto elimina-
to, o ridotto quanto più è possibile alle situazioni di estrema formalità.

21. Maiuscole nei nomi di enti e organi composti da più parole


1. Nei nomi di organi o enti composti da più parole solo l’iniziale del
primo sostantivo si scrive in maiuscolo.
Es. Consiglio comunale, Ufficio di presidenza.

2. Quando una denominazione ne contiene un’altra, ciascuna inizia


con lettera maiuscola.
Es. Presidente del Consiglio regionale.

3. Quando la prima parola è un aggettivo seguito da un sostantivo,


entrambi iniziano con lettera maiuscola.
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30 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

Es. Alto Commissariato.

22. Usi e funzioni della punteggiatura


1. Usare con attenzione la punteggiatura in quanto è un mezzo essenziale per
segnalare al lettore i confini delle frasi e i rapporti che esistono al loro interno.

La punteggiatura ha come ruolo primario quello di segnalare al lettore:


a) la segmentazione interna al testo separandone visivamente i nuclei
informativi;
b) le relazioni di significato all’interno delle singole proposizioni. Le rego-
le per un uso corretto della punteggiatura non possono codificarsi in maniera
assoluta, ma devono rapportarsi ai tipi di testo e alla situazione comunicativa.

2. Il punto fermo divide una frase, semplice o complessa, dalla successiva.

Il punto fermo segnala la fine di una frase semplice o complessa e la


conclusione di un nucleo informativo autonomo. Il punto a capo si usa per
indicare lo stacco tra nuclei informativi all’interno di testi, o tra proposi-
zioni all’interno di un periodo in corrispondenza di un cambio di tema
ovvero di una nuova informazione.

3. Il punto e virgola divide una frase, semplice o complessa, dalla suc-


cessiva, ma è un segno più debole del punto fermo; si usa, quindi, quan-
do il legame logico o semantico tra le due frasi è più forte.
Il punto e virgola separa proposizioni autonome sul piano sintattico ma
collegate sul piano del significato: si sviluppa il medesimo tema, ma si aggiungo-
no via via ulteriori contenuti informativi. In particolare, il punto e virgola si usa:
a. prima di un connettivo (come pertanto, in altri termini) che abbia la fun-
zione di interpretare e chiarire un contenuto informativo precedentemente
espresso (rispetto al 1980 si dà più spazio al ruolo dei funzionari dipartimentali, un tipo
di funzionari che prima erano scarsamente operativi in certe condizioni: ad esempio quan-
do si passava da un direttore di dipartimento all’altro o quando si passava da un Rettore
all’atro; insomma in tutti quei casi che imponevano una pausa forzata ma non strategica);
b. negli elenchi:
per poter partecipare al bando occorre possedere i seguenti requisiti:
- essere cittadini italiani o dell’Unione Europea o cittadini extra-comunitari con carta
di soggiorno;
- non avere usufruito di altre agevolazioni per le stesse finalità previste da questo bando;
- non possedere altro alloggio nel territorio.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 31

c. nelle enumerazioni quando i singoli elementi della lista sono espres-


sioni o costrutti più o meno lunghi o intere frasi (La informiamo che: il respon-
sabile del procedimento è XXX; l’ufficio competente è XXX; il numero di protocollo
della sua pratica è XXX.).

4. La virgola:
a. separa gli elementi che costituiscono un’enumerazione semplice;
b. separa frasi coordinate;
c. isola incisi e apposizioni;
d. separa due frasi che non sono gerarchicamente sullo stesso piano.
a. La virgola all’interno di una frase semplice va usata per separare i ter-
mini nelle enumerazioni semplici; in tal caso all’ultimo elemento si fa pre-
cedere la congiunzione e (Negli anni Ottanta all’interno di Arpanet si formarono
tre network distinti: NSFnet, BITnet e CSnet).
All’interno di un periodo invece è obbligatoria per:
b. separare le proposizioni coordinate in assenza di congiunzioni
(asindeto): Ma la scuola non ha il monopolio dell’educazione, esistono le famiglie, le
associazioni culturali, gli oratori ecc.
c. delimitare, prima e dopo, un inciso (indipendentemente dal fatto che
esso sia costituito da una semplice congiunzione come infatti o però, un costrut-
to o un’intera frase): Il Senato Accademico, con riunione del 16 giugno 1997 e successiva
delibera del 15 luglio 1997, n. 8, ha nominato una apposita commissione per il risanamento del
bilancio economico. Se si vuole dare all’espressione incidentale maggiore evidenza si
possono utilizzare le lineette (o trattini lunghi [-]): Oltre alla documentazione richiesta
per l’immatricolazione, gli studenti devono presentare idonea documentazione relativa alla pre-
cedente carriera e - se richiesto dal personale di segreteria - esibire un documento di identità.
d. separare una subordinata che segue la principale e che presenta
un contenuto informativo autonomo rispetto a essa: Il corso di formazione si terrà
a giugno, nonostante i lavori di ristrutturazione proseguono all’interno dell’edificio scolastico.

Inoltre essa è consigliabile:


- per separare una subordinata che precede la principale e la prin-
cipale stessa: Consegnata la documentazione richiesta, attendere il proprio turno.
- per separare la principale da una relativa esplicativa: Si ringra-
ziano tutti i soci della Cooperativa, che sono stati in prima linea nella raccolta fondi.
- tra due proposizioni coordinate introdotte dalle congiunzioni
ma ed e: Il provvedimento si applica ai precari della scuola, ma entra in vigore solo se
sono in possesso del punteggio necessario; La Fondazione delibera l’ammissione o meno
del richiedente alle facilitazioni previste dalla Convenzione, e comunica la propria deci-
sione contestualmente alla banca e all’interessato.
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32 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

- tra due proposizioni coordinate dalla congiunzione disgiunti-


va o oppure ovvero: Le condizioni degli operai tedeschi, o rimasero stazionarie, o
addirittura peggiorarono.

La virgola non si usa mai nell’ambito della frase semplice per separa-
re gli elementi di una struttura logico-sintattica unitaria, in particolare tra:
- soggetto e predicato (la ditta si impegna… non la ditta, si impegna alla
restituzione della quota versata ma), anche in caso di soggetto dotato di espan-
sioni determinative come attributi, avverbi, complementi indiretti (il ricono-
scimento del debito fatto da uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri)
o una relativa restrittiva (La trattativa che abbiamo intrapreso è conveniente);
- predicato e complemento oggetto (Il sottoscritto chiede il rilascio della
carta d’identità non Il sottoscritto chiede, il rilascio della carta d’identità);
- elemento reggente e complemento di specificazione (Si attesta
che la fotografia riproduce l’immagine del sig. Rossi non Si attesta che la fotografia
riproduce l’immagine, del sig. Rossi);
- sostantivo e aggettivo (effetto risolutivo; valenze formative).
La virgola non si usa mai nell’ambito di un periodo per separare pro-
posizioni fortemente connesse sul piano logico:
- tra reggente e proposizioni soggettive (Ai Sindacati sembra che la
situazione possa degenerare non Ai Sindacati sembra, che la situazione possa degenera-
re) e oggettive (La ditta ha dichiarato di essere costretta a ricorrere alla Cassa integra-
zione non La ditta ha dichiarato, di essere costretta a ricorrere alla Cassa integrazione).
- tra reggente e relativa restrittiva, atta cioè a precisare il significa-
to di un elemento antecedente (Presentare il documento che è stato richiesto).

5. I due punti:
a. introducono una spiegazione;
b. introducono un elenco;
c. introducono una citazione:
I due punti rispondono a tre funzioni fondamentali sul piano testuale
e sintattico:
a. funzione testuale-argomentativa, se stanno al posto di una con-
giunzione coordinante o subordinante per indicare le conseguenze logiche di
un evento o gli effetti prodotti da una causa (Il bene pubblico è un valore inaliena-
bile: l’abbiamo ereditato dai nostri predecessori);
b. funzione descrittiva, se esplicitano i particolari di un insieme, elen-
candone i singoli elementi o evidenziandone un tratto saliente equivalente a un
commento critico (Il progetto di agevole realizzazione, in parte ancora abbozzato: due
piani e un copertura coibentata alla periferia di Motta S. Anastasia, un paese nei pressi
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 33

della vecchia zona coltivata a ulivi). I due punti non vanno usati per introdurre enu-
merazioni sintatticamente legate alla frase che precede, nel qual caso bisogna
inserire un complemento oggetto generico e poi esplicitare gli elementi da
elencare (Si adduce la sommatoria dei seguenti requisiti e titoli: titoli di merito, incarichi
ecc. non Si adduce la sommatoria di: titoli di merito, incarichi ecc.);
c. funzione segmentatrice, se servono a introdurre discorso diretto o
una citazione.

6. Nei testi amministrativi non si usano punto esclamativo, punto


interrogativo, puntini di sospensione.
23. Apostrofo e accenti
1. Non confondere l’uso dell’apostrofo e degli accenti.

In italiano apostrofo (’) e accenti (à è é ì ò ù) hanno funzioni diverse:


a. l’apostrofo si usa per indicare l’elisione, cioè l’eliminazione della
vocale finale di parola dinnanzi a parola iniziante per vocale (l’ufficio al
posto di lo ufficio; pover’uomo al posto di povero uomo), o il troncamento, cioè
la caduta della parte finale di una parola (un po’ al posto di un poco);
b. gli accenti invece sono posti sopra le vocali finali per indicarne una mag-
giore intensità (città, più, perché). L’italiano distingue l’accento acuto, posto sulle
vocali chiuse (né, poiché), dall’accento grave, posto sulle vocali aperte (è, caffè).
Dunque non confondere i diversi segni e soprattutto non usare l’apo-
strofo per l’accento: però non pero’, po’ non pò, È non E’ (la tastiera del
computer dispone delle vocali minuscole accentate presenti in italiano; la
tabella dei simboli dispone di tutte le altre).

24. Scrittura dei numeri


1. In genere i numeri sono scritti in lettere, salvo quando sono inclu-
si in tabelle, elenchi e simili.
Es. il termine di dieci giorni.

2. I capitoli di bilancio, le quantità percentuali e quelle accompagnate


da unità di misura e monetarie si scrivono in cifre. In questi casi per sepa-
rare le centinaia dalle migliaia, le migliaia dai milioni ecc., si usa il punto
fermo in basso, e non in alto; per separare i numeri interi dai decimali si
usa la virgola e non il punto.
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34 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

Es. uso del punto separatore: 120.678.


Es. uso della virgola: 14,02.

3. Gli importi monetari dell’ordine di milioni o miliardi si possono scrive-


re in forma mista di cifre e lettere, soprattutto quando questa contribuisca a
rendere più immediata e più chiara l’espressione. Questa regola non si osser-
va nelle tabelle, in cui le espressioni numeriche si riportano sempre in cifre.

Es. 3 milioni, 14 miliardi anziché 3.000.000 o 14.000.000.000.

4. I numeri ordinali si scrivono in lettere (sesto) o in numeri romani (VI).

I numeri ordinali non si possono scrivere con la cifra araba seguita da o


e a in esponente (6° o 6a). L’unica eccezione a questa regola si ha nelle date,
quando si vuole indicare il primo giorno del mese (1° maggio), ma non se
tratta degli estremi di una legge.

25. Date e ore


1. Le date si scrivono indicando il giorno (in cifre arabe), il mese (in
lettere minuscole) e l’anno (sempre a quattro cifre).
Es. 12 giugno 2010.
Quando la data è preceduta dal luogo di emissione del documento talvolta
si trova la forma antica dell’articolo plurale li (spesso erroneamente accentata
lì): Firenze, li 31 marzo 2010. Tale uso è ormai desueto e va pertanto evitato.

2. Le ore si scrivono in lettere.


Es. entro le ore diciassette.

26. Unità di misura e monetarie


1. Le unità di misura e monetarie si scrivono per esteso: solo all’inter-
no di tabelle, elenchi o simili è ammesso l’uso di simboli convenzionali o
abbreviazioni che vanno anteposte alle cifre.

Es. chilogrammo/i, dollaro/i, euro (invariabile).


Es. kg 18, € 32.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 35

2. Per scrivere le unità di misura attenersi all’allegato del decreto del


Presidente della Repubblica 12 agosto 1982, n. 802 (Attuazione della
direttiva 80/181/CEE relativa alle unità di misura), nel testo in vigore.

27. Simboli convenzionali propri di linguaggi tecnici o scientifici


1. I simboli convenzionali propri di linguaggi tecnici o scientifici sono
ammessi quando strettamente necessari alla formulazione degli atti ammi-
nistrativi. Quando non vi è accordo sul significato attribuito al simbolo o
esso non è di dominio comune, specificare il significato attribuito nel
testo al simbolo in questione.
2. Le percentuali vengono indicate per esteso. Il simbolo % è ammes-
so solo in tabelle, elenchi e simili.
Es. 14,02 per cento.

3. Il segno di paragrafo (§) non è ammesso; al suo posto usare l’e-


spressione estesa paragrafo, abbreviabile in par. se seguita da un numero.
Es. nel precedente paragrafo; al par. 3.

28. Presentazione grafica del testo


1. Curare con particolare attenzione la composizione grafica del testo.
Nel decidere la composizione grafica del testo è bene tenere presente un
principio generale: tutte le scelte hanno lo scopo di assicurare massima leggi-
bilità al documento. La chiarezza della struttura logica infatti non basta: deve
essere accompagnata da una presentazione grafica altrettanto chiara. L’obiettivo
è una pagina pulita, ben spaziata, con i capoversi chiaramente delineati, con un
uso corretto, moderato e coerente delle possibilità che il carattere offre.

2. È bene non abusare delle possibilità di scelte grafiche e tipografi-


che messe a disposizione dai sistemi di videoscrittura (neretti, sottolinea-
ture, corsivi ecc.).

Il testo deve essere scritto di norma in carattere tondo. Il corsivo deve


essere usato per i titoli e per le parole straniere e i latinismi, ma non per
mettere in evidenza parte del testo. A questo scopo si può invece usare il
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36 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

neretto, ma con parsimonia. Ad esempio può essere utile per evidenziare


il titolo del documento, la descrizione dell’ordine del giorno o alcune frasi
o parole su cui vogliamo attirare l’attenzione di chi legge. Il maiuscolo può
essere utilizzato per evidenziare alcuni titoli, purché siano brevi. Il sottoli-
neato non va mai usato.
Usare un carattere semplice e ben leggibile, evitando di cambiare la
dimensione del corpo del carattere all’interno del testo (di solito compresa tra
10 e 14, salvo ovviamente tipi di testo destinati a essere letti anche da lontano).
Se si sceglie di introdurre dei corpi diversi per le titolazioni, assicurarsi che al
medesimo corpo tipografico corrisponda sempre lo stesso tipo di titolo. Si
sconsiglia l’uso del colore perché non rilevabile nelle stampe in bianco e nero.

3. Nel caso in cui si ricorra a effetti grafici e tipografici, questi vanno


usati con coerenza in tutto il testo.

29. Verifica della stesura del testo


1. Verificare la completezza e la correttezza delle informazioni.
L’informazione giuridica - che determina la legittimità dell’atto - e l’in-
formazione comunicativa - che rende l’atto comprensibile - devono esse-
re complete e corrette.

La revisione è parte integrante della scrittura testuale intesa come pro-


cesso distinto in tre fasi: ideazione, stesura e verifica. Rileggere e rivedere
un testo non significa solo correggere l’ortografia ed eliminare i refusi, ma
significa soprattutto controllare l’organizzazione del testo sia dal punto di
vista tecnico (completezza e correttezza delle informazioni giuridiche che
danno la legittimità dell’atto) sia dal punto di vista dell’efficacia comunica-
tiva (l’atto deve rispondere ai requisiti tipologici del testo amministrativo).

2. Verificare la semplicità e la comprensibilità del testo.


La rilettura consente di verificare sul piano testuale la completezza
informativa, la correttezza formale e l’adeguatezza del testo al desti-
natario e alla situazione. La revisione è assolutamente necessaria per
controllare se il testo regge, se presenta squilibri, contraddizioni, vuoti
informativi. Pertanto un’efficace revisione deve consistere in due opera-
zioni diverse, entrambe importanti:
a. un controllo di superficie, atto a eliminare errori linguistici, di digi-
tazione o di impostazione pagina, nonché incongruenze o ridondanze pro-
dotte dall’uso di stralci o di modelli precedenti, ovvero dal copia e incolla
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 37

dei programmi di scrittura (ad esempio in questa fase è opportuno ricon-


trollare l’uso di accenti e apostrofi, spesso modificati in maniera erronea dai
programmi di controllo ortografico);
b. un controllo in profondità esercitato sulla qualità informativa e
sulla distribuzione di concetti e dati all’interno dei singoli nuclei informati-
vi e nell’economia complessiva del testo.
Nel rivedere un testo dal punto di vista del processo informativo, biso-
gna tener conto del destinatario e del modo in cui un argomento è stato trat-
tato dal punto di vista del rapporto cruciale tra informazione nota e infor-
mazione nuova. Inoltre l’informazione è completa quando l’atto ammini-
strativo risponde al requisito dell’adeguatezza, cioè se dice al destinatario
in maniera chiara ed esauriente tutto quanto deve sapere e deve fare.
Controllare la comprensibilità di un testo, cioè che esso risulti di
immediata comprensione, significa verificare che sia strutturato e formula-
to in modo lineare e accessibile. Semplice infatti non deve significare bana-
le o piatto, ma di agevole decodificazione sul piano dei contenuti informa-
tivi e della formulazione sintattica, lessicale e terminologica. Anche in que-
sto caso vanno richiamati i requisiti testuali di adeguatezza, informatività e
situazionalità. Le informazioni salienti devono essere disposte in sequenza
logica, evidenziate in maniera chiara, non offuscate dalla densità di dati e
riferimenti. I nuclei informativi devono essere espressi in strutture perio-
dali adeguatamente articolate ma lineari, con la reggente all’inizio e le
dipendenti poste in successione ordinata e sequenziale in modo da coglie-
re immediatamente la gerarchia tra informazione principale e informazioni
accessorie. Il lessico e la fraseologia devono essere selezionati in base a
requisiti di chiarezza ma soprattutto di pertinenza sul piano tematico e ter-
minologico: a una parola comune ma generica va preferita comunque una
parola o una locuzione tecnica, ma di significato univoco.
Si suggerisce eventualmente, nei casi che lo richiedano, l’impiego di pro-
grammi informatici per l’edizione e l’analisi dei testi dal punto della leggibilità.

3. Una volta terminata la redazione di un testo, questo va sempre rilet-


to e, se possibile, va sottoposto a un ulteriore controllo di una persona
competente.

Per il controllo finale del testo ci si può avvalere anche delle due guide
allegate (all. B e C).
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PARTE II
LA STRUTTURA DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO

30. Struttura ed elementi del provvedimento amministrativo


1. Per struttura del provvedimento si intende la sua organizzazione interna.
2. Una volta distinte e indicate le varie parti di un provvedimento, sce-
gliere la struttura giuridica più adeguata.
3. Il provvedimento amministrativo si suddivide in tre parti:
a) la parte iniziale che comprende:
1) la denominazione formale del tipo di provvedimento ammini-
strativo (es. decreto, deliberazione, ordinanza, determinazione ecc.);
2) l’intestazione che contiene l’autorità emanante;
3) l’oggetto che esprime la funzione del provvedimento nel caso
concreto (es. autorizzazione all’apertura del locale X, revoca del-
l’autorizzazione all’apertura del locale X ecc.);
4) il numero, che esprime il codice di protocollo per l’identifica-
zione univoca del provvedimento o comunque il numero
assegnato al provvedimento dall’ente emanante;
b) la parte centrale che comprende:
1) il preambolo;
2) la motivazione;
3) il dispositivo;
c) la parte finale che comprende:
1) il luogo in cui il provvedimento è stato adottato;
2) la data di adozione del provvedimento;
3) la sottoscrizione.
4. La redazione della struttura del provvedimento amministrativo segue
le regole della presente Parte. Si raccomanda di non redigere il provvedimen-
to amministrativo in forma di articolato. Se si ricorre comunque a tale strut-
tura seguire le regole contenute nel manuale Regole e suggerimenti per la redazio-
ne dei testi normativi (promosso dalla Conferenza dei Presidenti dei Consigli
regionali con il supporto dell’Osservatorio legislativo interregionale).
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40 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

5. Nel caso di provvedimento in formato digitale nella parte iniziale si inse-


risce un identificativo univoco (URN) per facilitarne il reperimento in rete.

31. Intestazione
1. L’intestazione coincide con l’autorità che adotta il provvedimento
amministrativo.
2. Se si tratta di organo monocratico (individuale) si indica la deno-
minazione dell’organo che ha adottato (sottoscritto) il provvedimento

Es. sindaco, dirigente, responsabile dei servizi ecc.

3. Se si tratta di organo collegiale si indica la denominazione dell’or-


gano deliberante con la precisazione delle persone che hanno partecipa-
to alla seduta (presenti) e delle persone che, pur non avendovi partecipa-
to, fanno parte dell’organo, al fine di documentare l’esistenza del quorum
necessario per la validità dell’adunanza (quorum costitutivo). Si indica
anche il quorum deliberativo e pertanto il numero dei votanti, degli aste-
nuti e dei voti favorevoli e contrari.
4. La denominazione dell’autorità che adotta il provvedimento contie-
ne tutte le informazioni utili alla sua individuazione univoca elencate in
ordine dal generale al particolare

Es. Comune di Firenze, Assessorato alla pubblica istruzione, Centro di formazio-


ne professionale.

32. Preambolo
1. Il preambolo contiene:
a) gli elementi di fatto e di diritto pertinenti e rilevanti per lo speci-
fico provvedimento amministrativo adottato quali:
1) fatti;
2) atti;
3) accertamenti;
4) norme giuridiche;
b) l’indicazione delle fasi significative del procedimento ammini-
strativo svolto quali:
1) iniziativa (istanza di parte, iniziativa d’ufficio ecc.);
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 41

2) conferenza dei servizi;


3) parere;
4) valutazione tecnica;
5) comunicazione dell’avvio del procedimento.
2. Il preambolo si suddivide in paragrafi. Il preambolo è composto da
uno o più paragrafi (vedi regola 34).
3. Ciascun paragrafo è introdotto dal termine Visto (con iniziale maiuscola).
4. I paragrafi del preambolo sono ordinati in base ai concetti e alle
informazioni che contengono, secondo la seguente sequenza:
a) gli elementi che hanno determinato l’avvio del procedimento;
b) gli elementi di diritto e altri elementi quali proposte, raccoman-
dazioni, progetti, domande e pareri pertinenti e rilevanti;
c) gli elementi obiettivi che l’ente emanante riporta così come
sono, sia che si siano realizzati in seno all’ente, sia che si siano
realizzati all’esterno dell’ente;
d) gli accertamenti, le verifiche, le circostanze, i fatti, i comportamen-
ti, le istanze, i pareri e i controlli da registrare dopo le attività di
verifica;
e) la valutazione su elementi accertati o noti, che spesso introduce
la motivazione vera e propria.

33. Motivazione
1. Ogni provvedimento amministrativo è motivato.
2. Sono esclusi, di regola, dall’obbligo di motivazione gli atti a conte-
nuto generale quali i bilanci preventivi, i conti consuntivi, i programmi, i
piani, gli strumenti urbanistici, i piani commerciali e tutti gli altri atti che
ne siano espressamente esentati dalla legge.
3. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giu-
ridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione in rela-
zione alle risultanze dell’istruttoria richiamando espressamente quanto
esposto nel preambolo.
4. La motivazione si suddivide in paragrafi. La motivazione è compo-
sta da uno o più paragrafi (vedi regola 34).
5. Ciascun paragrafo è introdotto dal termine Considerato (sempre con ini-
ziale maiuscola) che introduce l’esposizione di fatti, interessi e norme che
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42 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

motivano il provvedimento amministrativo o il richiamo ai presupposti di fatto


e alle ragioni giuridiche che inquadrano il provvedimento amministrativo.
6. Le ragioni giuridiche coincidono con le argomentazioni giuridiche
che sono di supporto al provvedimento amministrativo e si riportano
secondo la seguente sequenza:
a) disposizioni normative (rispettare la gerarchia fra le norme e, se
si citano norme di pari grado, citare prima quelle di principio);
b) eventuali orientamenti giurisprudenziali (riportare per primi
quelli delle magistrature superiori);
c) eventuali indirizzi dottrinari.
34. Paragrafi di preambolo e motivazione
1. Ciascun paragrafo del preambolo e della motivazione è contrasse-
gnato con lettere minuscole dell’alfabeto italiano (comprese j, k, w, x, y)
seguite da un punto (a. b. c. ecc.) e termina con un punto e virgola (;) e a
capo. L’elencazione è sequenziale e continua tra preambolo e motivazio-
ne. Se le lettere dell’alfabeto non sono sufficienti a esaurire l’elencazione,
si prosegue a lettere raddoppiate e se occorre triplicate.
2. Quando una delle espressioni introduttive dei paragrafi di preambolo
e motivazione introduce più concetti collegati o collegabili tra loro, il para-
grafo si suddivide in sottoparagrafi. L’alinea del paragrafo inizia con il nume-
ro del paragrafo seguito dall’espressione introduttiva e termina con due punti
(:) e a capo. All’alinea seguono i sottoparagrafi numerati secondo la sequen-
za a.1., a.2. ecc. che terminano ciascuno con un punto e virgola (;) e a capo.
Esempio:
a. Visto il Regolamento urbanistico vigente e, in particolare le schede n.
1 e n. 2;
b. Considerato di modificare la disciplina urbanistica vigente, allo scopo
di consentire la ricostruzione degli edifici sulla piazza del Luogo Pio, con
lo scopo, conforme a finalità di interesse pubblico, di ripristinare l’immagi-
ne storica della piazza;
c. Considerato pertanto necessario procedere all’adozione di una
variante al Regolamento urbanistico vigente avente ad oggetto:
c.1. la modifica della Tavola n. 1 “gruppi di edifici”;
c.2. la modifica della Tavola n. 2 “aree normative”;
c.3. la modifica delle schede normative n. 1 e n. 2 dell’Allegato A;
....
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 43

3. Solo nel caso in cui una medesima espressione introduttiva si rife-


risca a più concetti non collegati e non collegabili tra loro, si ricorre a più
paragrafi introdotti dalla medesima espressione.
4. Se è necessario inserire all’interno del sottoparagrafo un’elenca-
zione, gli elementi di tale elencazione sono numerati secondo la sequen-
za a.1.1., a.1.2., a.1.3. ecc. e terminano ciascuno con un punto e virgola
(;) e a capo.

35. Dispositivo
1. Il dispositivo contiene la parte prescrittiva del provvedimento
amministrativo.
2. Il dispositivo è introdotto da verbi quali: delibera, decreta, ordina,
determina, dispone a seconda del tipo di provvedimento e dell’autorità ema-
nante.
3. Se il provvedimento comporta una spesa, nel dispositivo esplicita-
re il mezzo e il modo per la sua copertura.
4. Il dispositivo si suddivide in paragrafi. Il dispositivo è composto da
uno o più paragrafi. Ciascun paragrafo è contrassegnato da un numero in
cifre arabe seguito da un punto (1. 2. 3. ecc.) e termina con un punto (.)
e a capo. La numerazione è sequenziale e continua.
5. Se il paragrafo si suddivide in sottoparagrafi, l’alinea del paragrafo
inizia con il numero del paragrafo e termina con due punti (:) e a capo.
All’alinea seguono i sottoparagrafi numerati secondo la sequenza 1.1. 1.2.
ecc. che terminano ciascuno con un punto e virgola (;) e a capo. L’ultimo
sottoparagrafo termina con punto e a capo.
6. Se è necessario inserire all’interno del sottoparagrafo un’elenca-
zione, gli elementi di tale elencazione sono numerati secondo la sequen-
za 1.1.1. 1.1.2. 1.1.3. ecc. e terminano ciascuno con un punto e virgola
(;) e a capo.

36. Proposizioni prive di significato dispositivo


1. Limitare l’uso di proposizioni prive di diretto significato dispositi-
vo ai casi in cui ciò è necessario per chiarire il significato della disposi-
zione o comunque è richiesto dalla natura dell’atto. Sono esempi di pro-
posizioni prive di diretto significato dispositivo gli auspici, le raccoman-
dazioni, le dichiarazioni d’intenti e le previsioni.
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44 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

37. Formule inserite dopo il dispositivo


1. Il dispositivo è seguito da indicazioni relative:
a) all’autorità cui è possibile ricorrere contro quanto disposto dal
provvedimento;
b) ai termini entro i quali ricorrere.
2. Possono seguire il dispositivo alcune formule che dichiarano moda-
lità e termini del provvedimento quali:
a) l’esecutività del provvedimento;
b) i soggetti cui il provvedimento va comunicato, notificato, trasmesso;
c) i soggetti ai quali compete provvedere all’esecuzione o che devo-
no controllare che essa avvenga.

38. Sottoscrizione
1. Il provvedimento amministrativo riporta la sottoscrizione dell’au-
torità che lo ha adottato.
2. Per gli atti di organi individuali, la sottoscrizione consiste nella
firma apposta dall’Autorità (persona fisica) che adotta il provvedimento.
3. Per gli atti di organi collegiali, la sottoscrizione del verbale di delibe-
razione consiste nella firma apposta da chi rappresenta l’organo (Es. il
Presidente del Collegio) e da chi ne verbalizza la volontà (Es. il Segretario).
4. La sottoscrizione può essere:
a) autografa;
b) a stampa;
c) digitale.

39. Allegati
1. Il testo del provvedimento contiene le informazioni essenziali alla
sua immediata comprensione.
2. Le altre informazioni, spesso di natura tecnica, sono inserite negli
allegati.
3. Il testo del provvedimento amministrativo cui è collegato oggettiva-
mente l’allegato deve contenere un rinvio espresso all’allegato o agli allegati.
4. Inserire gli allegati al termine del provvedimento amministrativo.
5. Si distinguono dagli allegati propriamente detti che integrano e
completano le informazioni contenute nel testo del provvedimento, i testi
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 45

(regolamenti, bilanci ecc.) che costituiscono l’oggetto su cui verte l’atto


(atti di approvazione, autorizzazione ecc.).
40. Redazione degli allegati
1. Gli allegati contengono tabelle, elenchi, prospetti e simili, prescri-
zioni tecniche lunghe e dettagliate, rappresentazioni grafiche quali carto-
grafie, disegni e altri documenti che altrimenti appesantirebbero il testo
del provvedimento amministrativo.
2. Non inserire negli allegati elementi collocabili nel provvedimento
amministrativo.
3. Intestare gli allegati con la denominazione Allegato e contraddistin-
guerli con una lettera maiuscola.
4. Corredare gli allegati con una rubrica che indichi il contenuto del-
l’allegato e, fra parentesi, la citazione del punto del provvedimento che fa
rinvio a esso.
5. Se l’allegato contiene un atto normativo si applicano le regole di
strutturazione dell’articolato, contenute nel manuale Regole e suggerimenti
per la redazione dei testi normativi.
6. Fuori dai casi di cui al punto 5, la partizione interna degli allegati
deve consentire con chiarezza la citazione delle singole parti in cui si sud-
divide l’allegato.
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PARTE III
RIFERIMENTI AD ALTRI ATTI

SEZIONE I - RIFERIMENTI (O RINVII) AD ATTI NORMATIVI

41. Definizione di riferimento o rinvio normativo


1. Il riferimento (o rinvio) normativo si ha tutte le volte in cui il testo del-
l’atto amministrativo si riferisce a un atto normativo.
2. I criteri formali per la scrittura delle citazioni dei testi normativi
sono riportati nei punti da 42 a 50.

42. Citazione di testi normativi


1. Per le citazioni di testi normativi italiani, comunitari e internazionali
attenersi alle formule e ai criteri contenuti nell’allegato A1.
2. Per le citazioni di partizioni interne agli atti normativi attenersi alle
formule e ai criteri contenuti nell’allegato A2.
3. Per le citazioni di pubblicazioni ufficiali attenersi alle formule e ai
criteri contenuti nell’allegato A3.
4. Se la denominazione ufficiale dell’atto non include la menzione del-
l’autorità che lo ha emanato, integrare la denominazione con tale menzione.
5. Per individuare univocamente l’atto, quando non è numerato, ricor-
darne il titolo o altri elementi sufficienti a identificarlo, come gli estremi
di pubblicazione.
6. Dare un’indicazione sull’oggetto delle disposizioni citate, in modo
da facilitare la comprensione del rinvio. Se l’atto è citato per la prima
volta, riportarne il titolo completo (tra parentesi tonde, dopo la data e il
numero dell’atto). In alternativa riportare il titolo breve se è indicato nel-
l’intestazione ufficiale. Se il titolo dell’atto è troppo lungo lo si riassume.
Se il titolo dell’atto non permette d’individuare l’argomento del rinvio (ad
esempio se si rinvia a disposizioni intruse, o a disposizioni contenute in
leggi finanziarie), si indica l’oggetto delle disposizioni citate.
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48 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

7. Nell’ambito delle forme di citazione contenute nell’allegato A, sce-


gliere un’unica formula di citazione semplificata da usare in tutti i testi per
garantire l’omogeneità della citazione.
43. Citazione di atti non normalizzati
1. La citazione dell’atto deve rispettare la struttura dell’atto citato così
come si presenta, anche se esso non è stato redatto secondo i criteri indi-
cati, e seguire per quanto possibile i criteri formali indicati nel manuale
Regole e suggerimenti per la redazione degli atti normativi.
2. Se la citazione di disposizioni redatte secondo criteri diversi da quelli
indicati può generare confusione a causa della contraddittorietà con i nuovi
criteri, è preferibile usare formulazioni magari ineleganti ma inequivoche,
quali ad esempio citazioni complete del testo che cominciano con la parola
iniziale e terminano con la parola finale della disposizione richiamata.
44. Scrittura della citazione
1. Quando si cita una parte di un atto normativo, ad esempio un
comma o una singola disposizione, contenuta in un atto diverso o nello
stesso atto, si menzionano, oltre all’atto, le partizioni interne che conten-
gono tale parte. Le partizioni sono citate in ordine decrescente, separate
da virgole e precedono la citazione dell’atto.

Es. articolo 1, comma 2, lettera b) della legge 23 agosto 1988, n. 400.

2. Per ragioni di chiarezza, la citazione deve arrivare sino alla partizione


del livello più basso necessario per individuare la parte del testo citato.
3. Quando si citano articoli raggruppati in partizioni di livello supe-
riore, è superfluo menzionare tali partizioni, poiché la numerazione degli
articoli è continua nel corso dell’atto.
4. Se si citano partizioni di livello superiore all’articolo nella loro inte-
rezza, la citazione va fatta in ordine decrescente, a partire dalla partizione
di livello più alto.
45. Regole particolari nella scrittura delle citazioni
1. I commi numerati si citano con il numero cardinale; i commi non nume-
rati con il numero ordinale (es. Comma 6, sesto comma). Non usare grafie quali 6º
o VI né espressioni quali ultimo comma o penultimo comma o ultimi due commi.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 49

2. Citare le lettere e i numeri che contrassegnano partizioni interne ai


commi usando la denominazione lettera e numero, seguita dalla lettera del-
l’alfabeto o dalla cifra araba e da una parentesi tonda di chiusura.
Es. lettera a), numero 7).

3. Citare la parte del comma che introduce una modifica testuale, con-
sistente in un articolo o in uno o più commi, lettere o numeri, con la
denominazione di alinea.
4. Citare le parti del testo non contrassegnate da lettere, cifre o altre
espressioni (es. allegati non numerati, frasi contraddistinte da trattini o
altri segni tipografici) usando il numero ordinale scritto in lettere che con-
traddistingue la partizione (primo allegato, primo trattino ecc.), evitando le
parole ultimo, penultimo, ultimi due o simili.
5. Se le forme di citazione non risultano del tutto chiare o se s’inten-
de citare parti di testo (frasi, parole, insiemi di parole) che non costitui-
scono formalmente unità autonome nella struttura dell’atto, la citazione
riporta per esteso, fra virgolette, la parte di testo che si intende citare.

46. Citazione di partizioni di atti comunitari o internazionali


1. Quando si citano partizioni di atti comunitari o internazionali,
seguire la terminologia adoperata in tali testi.

47. Riferimenti all’articolo o a partizioni inferiori all’articolo


1. Il riferimento normativo indica di norma con precisione il numero
dell’articolo contenente le disposizioni richiamate e indica anche, se il
riferimento non è a tutto l’articolo, le partizioni inferiori.

48. Riferimenti a partizioni superiori all’articolo


1. In certi casi, prevedibilmente rari, può essere opportuno o neces-
sario rinviare a una partizione dell’atto normativo superiore all’articolo.
Tale tipo di riferimento è ammesso solo se esso comprende tutte le dispo-
sizioni della partizione richiamata; ad esempio va evitata l’espressione si
applicano le disposizioni del Titolo I nel caso in cui solo alcune disposizioni del
Titolo I si possono applicare.
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50 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

49. Riferimenti ad atti modificati


1. Nei riferimenti ad atti modificati, oltre a una funzione normativa, si
può rintracciare una funzione informativa.
2. Il riferimento svolge una funzione informativa se vengono men-
zionate le modificazioni all’atto o alla disposizione citata.
3. Quando il riferimento svolge una funzione informativa vanno
menzionate le modificazioni dell’atto (se viene citato l’atto, più articoli o
partizioni superiori all’articolo) o dell’articolo (se viene citato un articolo
o sue partizioni). Nel primo caso basta ricordare l’atto modificativo; nel
secondo bisogna citare i singoli articoli modificativi. Non occorre ricor-
dare l’oggetto dell’atto o degli articoli modificativi. La menzione delle
modifiche è necessaria solo nella prima citazione.
4. Se si fa riferimento a disposizioni che sono state sostituite, aggiun-
te o modificate da atti successivi, bisogna citare l’atto base, e non gli atti
modificativi.
Il riferimento, specie se lungo e con l’indicazione delle successive
modificazioni, può essere messo in nota.
5. Evitare i riferimenti a catena.

Es. si rinvia all’art. x che a sua volta rinvia all’art. y.

50. Riferimenti ad atti antichi e difficili da reperire


1. In caso di riferimenti ad atti antichi e difficili da reperire si deve
facilitare la comprensione e la conoscenza del testo o evitando il rinvio e
riproducendo il testo, o citando i dati di pubblicazione dell’atto.

SEZIONE II - RIFERIMENTI (O RINVII) AD ATTI AMMINISTRATIVI

51. Definizione di riferimento o rinvio amministrativo


1. Il riferimento (o rinvio) amministrativo si ha tutte le volte in cui il testo
dell’atto amministrativo si riferisce a un altro atto amministrativo.

52. Elementi che compongono la citazione


1. Il riferimento amministrativo va espresso con citazione esplicita testua-
le dell’atto cui ci si riferisce che garantisce l’univocità del riferimento stesso.
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Regole e suggerimenti per la redazione degli atti amministrativi 51

2. La citazione è completa per garantire la funzione comunicativa, la


chiarezza e l’univocità del riferimento. La citazione completa è costituita,
nell’ordine, dai seguenti elementi scritti per esteso:
a) denominazione formale dell’atto;
b) autorità emanante;
c) data e numero di protocollo (o il numero assegnato all’atto dal-
l’ente emanante) separati da una virgola;
d) oggetto racchiuso tra parentesi.
3. In caso di ripetute citazioni del medesimo atto, è ammessa, limita-
tamente alle citazioni dopo la prima, la citazione abbreviata. La citazione
abbreviata è costituita, nell’ordine, dalla denominazione formale dell’atto,
dall’autorità emanante, dal numero e dall’anno dell’atto.

Esempio di citazione completa: Deliberazione del Consiglio Comunale di


Firenze 23 maggio 2009, n. 9 (Piano strutturale).
Esempio di citazione abbreviata: Deliberazione del Consiglio Comunale di
Firenze n. 9/2009 oppure Deliberazione del Consiglio Comunale di Firenze n. 9 del 2009.

53. Citazione di atti amministrativi modificati (o corretti) da atti


successivi
1. Se si fa riferimento a un atto amministrativo modificato o corretto
da un atto successivo, si cita l’atto modificato seguito da espressioni del
tipo: così come modificato da e dalla citazione dell’atto o degli atti modifican-
ti. Se gli atti modificanti siano molteplici, è consigliabile elencare i singo-
li atti; se ciò non è possibile usare l’espressione e successive modificazioni.
2. Il riferimento, specie se lungo e con l’indicazione delle successive
modificazioni, può essere messo in nota.
3. Se si fa riferimento a parti che sono state sostituite, aggiunte o modi-
ficate da atti successivi, bisogna citare l’atto base, e non gli atti modificativi.
4. Evitare i riferimenti a catena.

Es. si rinvia al paragrafo x che a sua volta rinvia al paragrafo y.

54. Citazione di partizioni di atti amministrativi o di loro allegati


1. Le partizioni sono citate attraverso il termine paragrafo seguito dall’i-
dentificatore del paragrafo o sottoparagrafo cui segue la citazione dell’atto.
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52 GRUPPO DI LAVORO PER IL MANUALE DI REDAZIONE DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI

Es. paragrafo a., paragrafo b.2., paragrafo 4., paragrafo 8.2.

2. Le partizioni di un allegato di un atto amministrativo sono citate in


maniera analoga.
3. L’indicazione dell’allegato precede quella dell’atto.
Es. Allegato C della Deliberazione del Consiglio Comunale di Firenze 23 maggio
2009, n. 9 (Piano strutturale).

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