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Comma 1 e 2: Il bilancio di esercizio (come specificato dall’art. 2423 del Codice civile e dal OIC 11) ha la seguente
finalità/clausola generale:
à Rappresentare in modo veritiero: (es. la società ha acquistato un fabbricato industriale 30 anni fa e lo ha iscritto
nell’attivo del SP al suo costo storico di €10.000, a distanza di 30 anni il valore del fabbricato è €150.000; quale
delle due cifre è vera? Cosa devo scrivere nello stato patrimoniale? Secondo le leggi dello stato si intende che
dobbiamo rispettare le norme tecniche e i principi contabili dell’OIC che regolano la costruzione del bilancio di
esercizio. Le leggi del codice civile e in particolare art. 2426 e OIC 16 dicono che metodo di valutazione delle
immobilizzazioni materiali deve essere il costo storico ammortizzato, se mettessi €150.000 non avrei una
rappresentazione veritiera e corretta) e corretta:
o la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa
o il risultato economico dell’esercizio
almeno una volta all’anno se il periodo amministrativo coincide con l’anno solare, il bilancio deve mirare al 31
dicembre e mostrare lo stato della posizione finanziaria e patrimoniale e il risultato economico in quella data.
Non sempre quindi il periodo amministrativo coincide con l’anno solare, per esempio: Ci sono alcune società,
solitamente società holding (società capogruppo che controllano altre società) che fissano il periodo
amministrativo dal 1 luglio al 31 giugno dell’anno seguente. L’esercizio è un concetto vicino al periodo
amministrativo, ma indica l’insieme degli accadimenti di impresa che hanno luogo nel periodo amministrativo,
quindi in un periodo di tempo di 12 mesi. L’esercizio può essere più breve di 12 mese.
Comma 3: È possibile che le norme di legge non prendano in adeguata considerazione la situazione specifica in cui
la nostra società si trova in quel momento, ciò che la legge ci chiede di fare non è sufficiente per dare una
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rappresentazione veritiera e corretta. In questo caso l’amministratore deve integrare i particolari per cui la clausola
sia sempre rispettata.
Comma 4: alcune regole civilistiche e tecniche per la redazione del bilancio sono regole complesse la cui applicazione
è complicata e richiede tempo e a volte questi metodi potrebbero essere sproporzionati. Se io devo valutare crediti
e debiti a medio e lungo termine e il tasso d’interesse di mercato è talmente basso che l’applicazione precisa di
quella regola mi cambia di pochi spiccioli il valore del debito o credito ma mi fa perdere un sacco di tempo io allora
posso non applicarla quella norma complessa purché la differenza tra l’applicazione e la non applicazione non mi
porti a differenze significative e mi mantenga il bilancio veritiero e corretto. Se la società non applica una regola
perché la ritiene sproporzionata lo deve però dichiarare nella nota integrativa. Nell’articolo 2427 viene regolato il
contenuto minimale della nota integrativa e spiega i metodi di valutazione valutati e non, come nel caso appena
spiegato. Chi decide che i risultati della non applicazione o applicazione sia irrilevante? Ciò spetta agli amministratori
e loro se ne assumono la responsabilità.
Comma 5: presenta una situazione diversa dalla precedente, nella 4 la legge ci dava il permesso e ci concedeva di
non applicare la regola a fronte di un’informazione irrilevante, qui dice che se l’applicazione di una norma è tale da
fuorviare il messaggio così che, chi legge il bilancio viene confuso, allora quella norma di legge non la devi applicare
perché andrebbe contro la rappresentazione veritiera e corretta. Es. una società italiana immobiliare che possiede
terreni e fabbricati e li usa concedendoli in locazione ad altri acquistandoli e vendendoli ad altri, ce ne saranno
alcuni utilizzati per motivi amministrativi (terreni su cui ci sono gli uffici) e quelli che vendono dati in locazione ad
altri; terreni non si ammortizzano mentre fabbricati si valutano al costo storico ammortizzato, se viene valutato in
tal modo la palazzina per gli uffici questo criterio va bene, ma per i fabbricati dati in locazione il costo storico
ammortizzato da una rappresentazione veritiera e corretta? L’informazione che arriva al pubblico con quel bilancio
dà delle basi utili per delle loro scelte di finanziamento? No, allora la legge non ci aiuta, perché andrebbe
ammortizzato mentre il principio contabile ci aiuta; se ad esempio si dimostra di aver avuto delle spese di
manutenzione pari a mantenere il valore originario del bene puoi non ammortizzare quegli immobili.
Comma 6: ci dice l’unità monetaria cioè l’euro. I bilanci validi sono solo quelli redatti in euro. E se dovessimo redigere
un bilancio consolidato con un’azienda che non utilizza l’euro? Saremmo obbligati a convertire il bilancio della società
estera in euro.
La funzione informativa verso l’esterno impone che siano seguite alcune regole al fine di:
• garantire un’informazione minima comune a tutti i portatori di interesse relativamente alla situazione
patrimoniale, finanziaria e al risultato economico di esercizio
• offrire informazioni utili (ossia comprensibili, comparabili, attendibili e significative);
• garantire il rispetto dei principi che disciplinano la redazione del bilancio.
o Occorre in sintesi fornire gli elementi informativi essenziali affinché il bilancio di esercizio possa assolvere
la sua funzione di strumento di informazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’impresa in
funzionamento (OIC 11).
o A tutela di tutti gli interlocutori esterni, gli amministratori devono determinare la situazione patrimoniale
finanziaria della società (e il risultato della gestione) in ogni “periodo amministrativo” o “esercizio”, che per
legge ha durata pari a dodici mesi e normalmente coincide con l’anno solare. Le società holding (società
capogruppo che controllano le altre) non hanno periodo coincidente come anno solare, ma bilancio finisce il
30 giugno e inizia il 1° luglio. Se finisse il 31 dicembre il bilancio verrebbe approvato ad aprile e quindi
tutto slitterebbe.
o L’accertamento della consistenza della situazione patrimoniale della società, in una logica prevalentemente
giuridica, è finalizzato a garantire l’integrità del capitale sociale: filo rosso delle norme civilistiche che sono
volte a tutelare gli azionisti e i terzi creditori.
La differenza tra le due categorie sta nella responsabilità dei soci per l’estinzione delle obbligazioni societarie:
Ø Le società di capitali NON rispondono ai propri debiti con il patrimonio personale dei soci.
Quindi se la società non riesce a pagare i propri debiti, i creditori non possono “soddisfarsi” sul patrimonio
personale dei soci.
Ø Nelle società di persone, se la società non riesce a pagare i propri debiti, i creditori possono soddisfarsi
sul patrimonio personale dei soci.
Ad integrazione ed interpretazione di tali norme nel corso del tempo alcune associazioni professionali hanno emanato
dei principi contabili. In Italia hanno assunto rilievo importante i principi contabili emanati dall’Organismo Italiano
di Contabilità (OIC). La sua funzione principale è quella di predisporre i principi contabili nazionali che non sono
norme di legge ma è la legge che fa riferimento ai principi contabili nazionali e internazionali.
Dal 2002 l’OIC:
• svolge un ruolo di impulso e di collaborazione nei confronti dello IASB (International Accounting Standard
Board); i principi contabili internazionali devono essere applicati dalle società che si quotano in un mercato
all’interno degli stati membri, è la sede presso la quale si trova il mercato in cui l’azienda è quotata che
determina quali principi vanno utilizzati; il nostro OIC è in contatto con IASB, entrambi prima di varare i
principi contabili pubblicano delle bozze di essi gli standard setter analizzano le bozze e le valutano.
• fornisce supporto per l’applicazione in Italia dei principi contabili internazionali;
• elabora interpretazioni sui principi contabili nazionali
• coadiuva il legislatore nazionale nell’emanazione della normativa contabile.
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I principi contabili emanati dall’OIC:
• forniscono, nell’ambito del quadro normativo civilistico, regole di dettaglio o di integrazione
• svolgono funzione interpretativa laddove la legge fissa alcuni principi generali sulla formazione del bilancio
e rinvia implicitamente a regole tecniche per specificazioni ed interpretazioni di tipo applicativo.
• ricoprono invece funzione integrativa laddove le norme di legge risultano insufficienti
Questi principi sono obbligatori per tutte le società e l’obbligatorietà scaturisce dal richiamo dell’art. 2423 del
codice civile.
Il provvedimento normativo più recente che ha modificato in maniera sistematica la disciplina dei bilanci d’esercizio
è rappresentato dalla Direttiva 34/2013/UE recepita in Italia dal Decreto Legislativo n. 139 del 18 agosto 2015.
Tale decreto ha aggiornato la disciplina del codice civile in merito ai bilanci d’esercizio e la disciplina del decreto
legislativo 127/1991 in tema di bilancio consolidato. Il codice civile precedente a questa direttiva veniva da altre
direttive europee, non è la prima volta che il legislatore europeo interviene sulla materia del bilancio, questo è un
aggiornamento di norme che già esistevano.
La Direttiva 34/2013/UE introduce numerose semplificazioni relativamente agli schemi di bilancio (conto economico
e stato patrimoniale) e alla nota integrativa che ne spiega il contenuto. Nell'obiettivo di ridurre gli obblighi contabili
per le imprese di più ridotte dimensioni, infatti, la nota integrativa assume un contenuto "modulare" in funzione
delle dimensioni aziendali, attraverso l’esplicitazione di un criterio di individuazione delle piccole, delle medie e delle
grandi imprese rilevante ai fini della disclosure delle informazioni da fornire. Lo scopo è stato quello di agevolare
le società di capitali di minori dimensioni nella disposizione del proprio bilancio, quindi, alle società di maggiori
dimensioni viene chiesto di predisporre un bilancio di esercizio completo con dettagli richiesti dalle norme, poi
esistono due altre classi dimensionali alle quali sono richiesti meno dettagli sia a livello di schemi che a livello di
contenuti della nota integrativa. Perché viene adottato questo criterio? Dal 2005 le società quotate devono
predisporre il loro bilancio, le precedenti norme del codice civile italiano si applicavano a tutte le società, la nuova
direttiva andrà a creare dei moduli che tende a guardare con maggiore attenzione le esigenze informative assai
minori, più deboli e sintetiche rispetto alle norme per le società quotate.
Le disposizioni del decreto legislativo 139/2015 sono entrate in vigore dal 1° gennaio 2016 e si applicano ai bilanci
relativi agli esercizi aventi inizio a partire da quella data (dal 1 gennaio in poi).
Il decreto legislativo n. 139 del 18 agosto 2015, in attuazione della direttiva 2013/34/UE, ha aggiornato il codice
civile introdotto diverse novità con riferimento alla struttura e ai contenuti del bilancio di esercizio (per
approfondimento, cfr. NT02-bis).
In merito alla struttura del bilancio di esercizio, il decreto legislativo 139/2015:
• ha modificato il comma I dell’articolo 2423 del Codice Civile attraverso l’introduzione dell’obbligo di redigere
il rendiconto finanziario, quale ulteriore elemento del bilancio di esercizio (con esclusione delle società
ammesse alla redazione del bilancio in forma abbreviata e le cd. “ micro-imprese ”); il rendiconto finanziario
è stato introdotto non è stato creato, molte società italiane già redigevano il rendiconto finanziario anche
se non era obbligatorio ed era nella nota integrativa, mentre con questa norma è diverso e non va più
scritto nella nota integrativa.
• ha introdotto l’articolo 2425-ter del Codice Civile per disciplinare il contenuto del rendiconto finanziario;
• ha introdotto l’articolo 2435-ter per creare la nuova categoria delle “micro imprese”, per le quali prevede
un regime di contabilità ulteriormente semplificato.
Il decreto legislativo 139/2015 prevede una generale graduazione degli obblighi informativi, attuata tramite
suddivisione delle imprese in segmenti dimensionali definiti da valori di bilancio e numero dei dipendenti.
In particolare, il quadro di riferimento disegnato dal decreto legislativo 139/2015 prevede tre tipologie di bilancio
in funzione della dimensione dell’impresa (concetto di “modularità” del bilancio):
Quindi gli esoneri delle Micro-imprese, esse non sono tenute alla redazione:
Ø del rendiconto finanziario;
Ø della nota integrativa quando in calce allo stato patrimoniale risultino le informazioni previste dal primo
comma dell’art. 2427 del codice civile, numeri 9) e 16);
Ø della relazione sulla gestione: quando in calce allo stato patrimoniale risultino le informazioni richieste dai
numeri 3) e 4) dell’art. 2428 del codice civile
In sintesi, l’introduzione di un regime per le cosiddette “micro imprese” ancora più semplificato rispetto a quello
previsto per le “piccole imprese”, consentirà agli operatori economici di piccolissime dimensioni di redigere un bilancio
in forma ridotta, con eliminazione di quegli oneri informativi attualmente previsti che, date le ridotte dimensioni,
costituiscono un ingiustificato onere amministrativo:
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RICAPITOLANDO:
I PARAMETRI
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PARAMETRI DIMENSIONALI DI RIFERIMENTO E FACOLTA’/OBBLIGHI CONSEGUENTI IN TEMA DI REDAZIONE
DEL BILANCIO DI ESERCIZIO (parametri per capire quale bilancio deve redigere la mia azienda)
ALCUNE PRECISAZIONI:
1. I parametri da rispettare per la redazione del bilancio in forma abbreviata non devono necessariamente essere
coincidenti nei due esercizi consecutivi. Risulta, quindi, possibile applicare il bilancio abbreviato laddove in un
esercizio non siano superati due parametri, mentre nell’esercizio successivo non siano superati parametri diversi.
2. In riferimento alle società di nuova costituzione, la facoltà di redigere il bilancio forma abbreviata sussiste già
per il bilancio relativo al primo esercizio in cui non sono superati due dei limiti indicati. Ovviamente, la verifica
può essere effettuata soltanto a posteriori.
3. Si sottolinea che le società che hanno i requisisti per redigere il bilancio di esercizio nelle forme «semplificate»
(«micro» e «abbreviato») hanno la libertà di rinunciare a tale facoltà e possono redigere il bilancio in forma
«completa».
4. Le società che possono redigere il bilancio «micro» e «abbreviato» sono escluse dall’applicazione degli IAS/IFRS,
sia che si avvalgano della facoltà di redigere il bilancio in forma semplificata («micro» o «abbreviato») sia che
rinuncino a tale possibilità redigendo il bilancio in forma «completa».
5. Il bilancio individuale di una società che è tenuta al deposito anche del bilancio consolidato deve essere redatto
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come bilancio «completo».
BILANCIO CONSOLIDATO:
In Italia, in aggiunta al bilancio di esercizio, hanno l’obbligo di redigere il bilancio consolidato (disciplinato dal D.
Lgs. 127/1991 poi modificato dal D. Lgs. 139/2015):
• le società di capitali (qualunque sia la loro veste giuridica) che controllano un’impresa (a prescindere dalla
sua veste giuridica);
• le società cooperative, le mutue assicuratrici e gli enti pubblici (che abbiano per oggetto esclusivo o
principale l’esercizio di attività commerciali) che controllano una società di capitali.
Il bilancio consolidato, che sarà approfondito nell’ultima parte del corso, ha lo scopo di esprimere un giudizio sulle
condizioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale di un gruppo di imprese considerato come un’unica entità
economica.
Nel caso delle società di capitali, l’obbligo di redigere il bilancio consolidato in aggiunta al bilancio di esercizio
sussiste qualunque sia l’impresa partecipata, come ad esempio anche se la società di capitali controlla una sola
società di persone. Mentre per le società cooperative, le mutue assicuratrici e gli enti pubblici economici l’obbligo
di redigere il bilancio consolidato sussiste solamente nel caso in cui controllino una società di capitali.
Sono previste alcune esclusioni dall’obbligo di redigere il bilancio consolidato per:
• i gruppi di modeste dimensioni che non abbiano emesso titoli quotati;
• i sottogruppi o sub-holding.
Non hanno infine l’obbligo di redigere il bilancio consolidato:
• Le imprese individuali;
• le associazioni e le fondazioni che esercitano attività d’impresa.
Le società di persone (né le persone fisiche) che controllano (anche al 100%) una o più società di capitali non hanno
l’obbligo di redigere il bilancio consolidato, salvo il caso in cui tutti i soci illimitatamente responsabili siano delle
Società per azioni, delle Società a responsabilità limitata o delle Società in accomandita per azioni.
Quindi:
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IL BILANCIO D’ESERCIZIO E FORMA GIURIDICA
Il bilancio d’esercizio deve essere redatto da tutte le imprese (art. 2217 c.c.), a prescindere dalla forma giuridica
scelta. Pertanto, hanno l'obbligo di compilare questo documento:
• le società di capitali;
• le società di persone;
• le imprese individuali.
Tuttavia, l'obbligo si presenta diversamente a seconda della forma giuridica dell'impresa:
1. le società di capitali nel predisporre il bilancio d'esercizio devono rispettare gli schemi di bilancio previsti
dal Codice Civile. Inoltre, esse sono tenute a pubblicare il bilancio. Per queste società il bilancio rappresenta
un documento pubblico che ha lo scopo di fornire, ai soci e ai terzi, informazioni sull'andamento della gestione
aziendale;
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2. le società di persone e le imprese individuali non devono attenersi a degli schemi obbligatori di bilancio e
non hanno l'obbligo di pubblicare il bilancio. Per questi soggetti, il bilancio è redatto soprattutto per finalità
interne e assume importanza all'esterno solamente:
a. per il fisco ai fini della tassazione del reddito;
b. in caso di richiesta di finanziamenti da parte dell’azienda.
Quindi il bilancio, per le società di persone e per le imprese individuali, rimane soprattutto un documento privato
che ha lo scopo di informare i soci o il proprietario sull'andamento della gestione aziendale.
RICAPITOLANDO:
La compilazione del bilancio d'esercizio è disciplinata sia dalle norme del
Codice Civile che dalla normativa fiscale. Nel Codice Civile vi è una
norma di carattere generale (art.2217) che stabilisce per tutte le
imprese l'obbligo di redigere, al termine di ogni esercizio,
l'inventario, cioè quel documento nel quale sono indicate e valutate
tutte le attività e passività. L'inventario si chiude con il bilancio. La
normativa fiscale prevede, per tutte le aziende, l'obbligo di allegare una
copia del bilancio alla dichiarazione dei redditi.
Le società di persone e le imprese individuali devono fare al termine dell’esercizio la rendicontazione contabile senza
obbligo di adottare necessariamente gli schemi previsti dal codice civile (art. 2424 e 2425). Pertanto, possono
scegliere alternativamente se:
• Predisporre una situazione patrimoniale e una situazione economica in forma libera, predisponendo un
documento nel quale risultino le attività e le passività e un altro documento che sommi algebricamente i
componenti positivi e negativi di reddito dando evidenza del risultato di esercizio;
• predisporre dei documenti che seguono gli schemi previsti per le società di capitali, eventualmente adottando
le «semplificazioni» previste per le società di minori dimensioni (bilancio della «micro impresa» o bilancio
«abbreviato»).
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QUADRO DI RIFERIMENTO DEI PRINCIPI CONTABILI ITALIANI (OIC)
Con riferimento alle norme fiscali, il legislatore italiano ha stabilito che la base imponibile su cui calcolare le
imposte sul reddito deve essere calcolata assumendo come punto di partenza alcuni elementi contenuti nel bilancio
di esercizio.
N.B. le norme fiscali sono diverse da quelle civilistiche.
In numerosi casi la normativa fiscale prevede che i componenti positivi e negativi del reddito imponibile siano
determinati in modo differente dai componenti positivi e negativi del risultato di esercizio determinato secondo il
codice civile e i principi contabili.
Le società quotate (e loro controllate) hanno come riferimento, oltre alle norme di legge, un diverso insieme di
principi contabili in sostituzione dei principi contabili nazionali (cfr. NT02-bis, lucidi 16 e 17):
Ø Il bilancio separato= è il bilancio d’esercizio di una società capogruppo (quindi è il bilancio individuale della
società capogruppo, società che redige poi il bilancio consolidato di tutto il gruppo)
• Il 25 giugno 2014 è entrato in vigore il D.L. 91/2014 del 24 giugno 2014 (noto come “decreto competitività”),
che ha modificato il D. Lgs. N.38 del 28 febbraio 2005 (conosciuto come “Decreto IAS”) con riguardo alla
possibilità di predisporre il bilancio d’esercizio in conformità agli IAS/IFRS.
• In particolare, nell’ambito della facoltà di redigere il bilancio di esercizio con applicazione dei principi
internazionali in esercizio successivo al 2005, tale decreto ha eliminato per le società non quotate il riferimento
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«a partire dall’esercizio individuato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della
giustizia».
• Poiché tale decreto non è mai stato emanato, di fatto dal 2006 ha impedito alle società non quotate la possibilità
di redigere il bilancio di esercizio in base ai principi contabili internazionali sino al 2014.
• Continuano invece a non poter applicare gli IAS/IFRS le società di persone, le imprese individuali e le società
di capitali che possono redigere il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell’art. 2435-bis C.C.
• La legge di bilancio 2019 ha inserito nel D.Lgs. 38/2005 il nuovo articolo 2.bis, che ha introdotto per i soggetti
non quotati citati nell’articolo 2 (cfr. lucido 21, riquadro A2: le società che emettono strumenti finanziari diffusi
tra il pubblico in maniera rilevante, le banche italiane, le società di intermediazione, le società di gestione del
risparmio mobiliare, gli istituti di moneta elettronica e gli istituti di pagamento, le assicurazioni) la facoltà, in
luogo dell’obbligo, di applicare i principi IAS/IFRS a decorrere dal 1° gennaio 2019.
QUINDI:
• L’ambito di applicazione dei principi contabili IAS/IFRS è stabilito dagli artt. 2 e 2 bis del D.Lgs. 136/2015.
• A seguito delle modifiche introdotte dalla L. 145 del 2018 (cd. «Legge di bilancio 2019») gli unici soggetti
obbligati all’adozione dei principi contabili internazionali (sia per il bilancio individuale sia per il bilancio
consolidato) sono le società quotate in un mercato regolamentato.
• La stessa norma non consente, infine, l’adozione dei principi contabili nazionali:
Ø alle società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata o micro (vedi sopra).
• L’esclusione dall’applicazione dei principi IAS/IFRS per le Società che possono usufruire della facoltà di redigere
il bilancio in forma «semplificata», cioè «micro» o «abbreviato», (anche laddove optino per la redazione del
bilancio in forma «completa») non va intesa in senso assoluto.
• In particolari circostanze, infatti, anche le Società che rientrano nei parametri per la redazione del bilancio
«semplificata» dovrebbero poter adottare i principi contabili IAS/IFRS per la redazione del bilancio d’esercizio
e consolidato. In particolare, è stata ritenuta legittima la decisione di applicare i principi IAS/IFRS nel bilancio
consolidato da parte di una Holding che rientra nei parametri dell’art. 2435-bis c.c. e controlla una o più
Società obbligate per legge all’adozione dei principi IAS/IFRS.
• Tali considerazioni inducono a ritenere che anche una Società appartenente a un Gruppo il cui bilancio
consolidato è redatto secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS, la quale, pur rientrando nell’ambito
di applicazione delle regole sul bilancio in forma «semplificata», sia destinataria nel corso dell’esercizio di un
conferimento di ramo d’azienda (Società conferitaria) tale da modificarne significativamente le dimensioni, sia
legittimata ad applicare i principi contabili IAS/IFRS nel bilancio d’esercizio fin dal primo esercizio in cui la
Società supera i parametri per la redazione del bilancio «semplificato».
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SCHEMA:
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SCHEMA RICAPITOLATIVO FINALE: NT02 bis slide 29
In tutti i bilanci di esercizio redatti secondo i principi contabili internazionali è previsto anche il prospetto delle
variazioni di patrimonio netto.
Il bilancio deve inoltre essere corredato da una relazione degli amministratori contenente “un’analisi fedele,
equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell’andamento e del risultato della gestione” (Relazione
sulla gestione, art. 2428 del codice civile).
Il bilancio in alcuni casi è corredato dalla relazione del collegio sindacale e dalla relazione di certificazione.
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4. COSTRUZIONE DEL BILANCIO D’ESERCIZIO:
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NT03 – LA CLAUSOLA GENERALE
INDICE:
1) Le norme che disciplinano il bilancio di esercizio (pag. 3) 2. Art. 2423 I comma (pag. 5)
2) Art. 2423 I comma (pag. 5)
3) Art. 2423 II comma (pag. 8)
4) Art. 2423 III, IV e V comma (pag. 17)
5) La clausola generale: un esempio (pag. 19)
Le prescrizioni legislative perseguono l’obiettivo di restringere e indirizzare il giudizio discrezionale di chi redige il
bilancio, che inevitabilmente inserisce una serie di elementi di natura soggettiva.
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Dato che la Nota integrativa è parte integrante del bilancio, le spiegazioni contenute in Nota integrativa possono
sanare eventuali mancanze o inesattezze negli schemi di stato patrimoniale, di conto economico o di rendiconto
finanziario?
La risposta non è univoca e convivono due orientamenti opposti:
Ø c'è unitarietà dei quattro documenti (conto economico, stato patrimoniale, rendiconto finanziario e nota
integrativa) e pertanto non costituisce violazione il fatto che alcune informazioni omesse e/o inesatte in
uno degli schemi possano essere scritte e/o precisate in nota integrativa;
Ø poiché secondo l’art. 2423ter del codice civile il raggruppamento di voci è vietato, pur se le voci sono
spiegate nella nota integrativa, si deve dedurre che la nota non supplisce alla eventuale non correttezza
di S.p. e C.e.
Il ragionamento espresso nella seconda tesi a partire dall’art. 2423 del c.c. è fondato e porta a concludere che la
Nota integrativa non sana le eventuali incompletezze e inesattezze presenti negli schemi di stato patrimoniale, di
conto economico e/o di rendiconto finanziario.
Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio e sono tutti responsabili delle informazioni in esso
contenute.
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Il bilancio prevede la determinazione della situazione patrimoniale, della situazione finanziaria e del risultato
economico dell’esercizio.
• La situazione patrimoniale trova rappresentazione in uno schema di elementi attivi e passivi che determinano
per somma algebrica il patrimonio netto.
• Il risultato di esercizio è uguale alla variazione del patrimonio netto derivante dalla gestione, misurata con la
tecnica delle rilevazioni di esercizio.
• Una rivalutazione, pur traducendosi in un aumento del patrimonio netto per effetto della gestione, è esclusa
dal risultato di esercizio in quanto è evidenziata con una tecnica di valutazione diversa.
Il D. Lgs. 139 del 18 agosto 2015 ha modificato il comma I dell’articolo 2423 del Codice Civile introducendo, a
partire dal 1° gennaio 2016, l’obbligo di redigere il rendiconto finanziario* quale elemento del bilancio di esercizio
in aggiunta agli schemi di stato patrimoniale e conto economico oltre che alla nota integrativa e alla relazione sulla
gestione.
Dal momento che il rendiconto finanziario (redatto in base alle regole disciplinate dal nuovo art. 2425-ter del Codice
Civile e dal principio contabile OIC10, aggiornato nel 2014) dà evidenza degli stock e dei flussi di natura finanziaria
dell’esercizio, a partire dall’anno 2016 il bilancio di esercizio fornisce una rappresentazione della situazione
finanziaria della società.
* Tale obbligo decade per le società di minori dimensioni che redigono il bilancio in forma «micro» o «abbreviato»
(cfr. NT02 e NT02bis).
CLAUSOLA GENERALE
“Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione
patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio” (art. 2423).
Ø CHIAREZZA: Il bilancio deve essere redatto adottando gli schemi previsti dal Legislatore, che sono ideati per
consentire ai terzi di comprendere e giudicare nel modo migliore possibile la situazione patrimoniale, la
situazione finanziaria e il risultato economico dell’esercizio.
Ø IN MODO VERITIERO: Il bilancio deve essere redatto rispettando i criteri di valutazione esposti nel codice
civile e approfonditi nei principi contabili, che sono indirizzati verso l’obiettivo di pervenire a una reale
rappresentazione della dinamica economica, ferma restando l’ineliminabile discrezionalità tecnica.
Ø IN MODO CORRETTO: Poiché il bilancio richiede delle stime, le valutazioni devono essere effettuate adottando
criteri di calcolo economico definiti in modo coerente con le norme di legge e con i principi contabili, senza
privilegiare una determinata categoria di soggetti.
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1) CHIAREZZA
Il concetto di chiarezza attiene innanzitutto alla forma di esposizione. Consiste in una forma di rappresentazione
dei conti che permetta ai fruitori del bilancio di comprenderne il contenuto.
Tale concetto trova esplicitazione normativa nell’art. 2423-ter, attraverso cui il Legislatore impone:
1) Il rispetto degli schemi di bilancio definiti; il rispetto dell’ordine di esposizione delle voci; il divieto di
raggruppamento di voci; l’obbligo di inserimento di nuove voci
2) L’adattamento delle voci quando la natura dell’attività esercitata lo esige
3) La comparabilità delle voci
4) Il divieto di compensi di partite
Tale imposizione legislativa ha il duplice obiettivo di perseguire la standardizzazione dei bilanci e di consentire
comparazioni dei bilanci nello spazio e nel tempo.
2) RAPPRESENTAZIONE VERITIERA:
• Non esiste una verità oggettiva e assoluta delle informazioni contabili
Ø Aspetto sostanziale
Capacità del bilancio di trasmettere informazioni attendibili e credibili.
—› Affidabilità delle informazioni trasmesse
3) CORRETTEZZA:
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• Coerenza dei dati con la situazione effettiva dell’impresa.
• Applicazione di criteri valutativi tecnicamente corretti (correttezza implicita nella veridicità).
• Comunicazione dei dati in modo non deviante né ingannevole (esplicitazione del principio di buona fede in senso
giuridico).
I due obiettivi di chiarezza e di rappresentazione veritiera (corrispondenza fra i fatti aziendali e i valori iscritti in
bilancio) e corretta (informazione neutrale fornita dal redattore nel rispetto delle norme del codice civile)
permettono di ottenere il cosiddetto «quadro fedele» («True and Fair View», art. 2 comma 3 della IV direttiva
CEE) definito dal Legislatore italiano nel 3 e 4 comma dell’art. 2423 del codice civile. Infatti:
La deroga quindi:
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Ø ha carattere di eccezionalità
Ø è obbligatoria
Ø è estendibile a ogni disposizione relativa al bilancio di esercizio
Ø comporta un obbligo di giustificazione ed evidenziazione delle conseguenze in nota integrativa
Ø comporta un obbligo di accantonamento degli utili che ne derivano in riserva non distribuibile
Rappresentano i concetti base che sono gerarchicamente sovraordinati a tutte le norme successivamente dettate
(schemi di rappresentazione e criteri di valutazione).
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I principi generali di redazione dettati dal codice civile sono ripresi, estesi ed esplicitati dal Principio Contabile
numero 11 definito dall’Organismo Italiano di Contabilità (OIC 11: “Bilancio di esercizio, finalità e postulati”).
L’OIC 11 espone sia la finalità del bilancio di esercizio (cfr. art. 2423 c.c.) sia i principi generali di redazione del
bilancio (sinteticamente descritti nel codice civile agli articoli 2423-bis; 2423, IV comma; 2423-ter, V comma).
Tali principi generali (detti anche postulati) costituiscono i fondamenti e le regole di carattere generale cui devono
informarsi tutti gli altri principi e criteri contabili che sono specificamente applicati alle singole voci di bilancio
esposte in stato patrimoniale, conto economico e rendiconto finanziario, incluse quelle relative alle imprese che
operano in settori specialistici.
La formazione del bilancio di esercizio inteso come strumento d'informazione patrimoniale, finanziaria ed economica
dell'impresa in funzionamento, cioè di un'impresa caratterizzata da una continuità operativa, si fonda su principi
contabili.
I principi contabili sono quei principi, ivi inclusi i criteri, le procedure ed i metodi di applicazione, che stabiliscono
l'individuazione dei fatti da registrare, le modalità di contabilizzazione degli eventi di gestione, i criteri di valutazione
e quelli di esposizione dei valori in bilancio.
I principi contabili si distinguono in principi contabili generali (anche detti postulati di bilancio) e principi contabili
applicati.
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SCHEMA GENERALE DEI PUNTI AFFRONTATI NELL’ARTICOLO 2423- bis e 2423- ter
Prudenza
Il principio di prudenza prevede che:
Ø non devono essere iscritti in bilancio gli utili non ancora realizzati alla data di chiusura dell’esercizio;
Ø devono essere iscritte in bilancio tutte le perdite (comprese quelle che sono solo presunte o probabili).
Tale principio esprime anche l’atteggiamento che il redattore del bilancio deve tenere nei confronti delle valutazioni,
senza però sconfinare in un’arbitraria riduzione del risultato di esercizio e dei valori patrimoniali.
Pertanto, in presenza di dubbio in sede di valutazione, viene iscritto il minor valore positivo per le attività e il
maggior valore negativo per le passività.
Pertanto, nella fase di preparazione del bilancio, gli amministratori devono effettuare una valutazione prospettica
della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione
di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di
riferimento del bilancio. Non si tratta tuttavia di una presunzione “assoluta” e immutabile.
23
Esempio slide 11; NT04
Con l’operazione di pronti contro termine, detta anche vendita con patto di riacquisto, il soggetto A (acquirente a
pronti) acquista una determinata quantità di titoli dal soggetto B (venditore a pronti), il quale contestualmente si
impegna a riacquistare (acquirente a termine) dal soggetto A (venditore a termine) un pari quantitativo di titoli
della stessa specie ad un termine convenuto e ad un prezzo prestabilito.
1. Quindi oggi la Banca è disposta a comprare titoli all’Impresa che riceve del denaro in cambio.
2. Le due parti si impegnano oggi a invertire i ruoli domani, : la banca venderà all’azienda la stessa quantità e
la stessa qualità di titoli all’impresa che li riacquista a un prezzo diverso (detto prezzo a termine) stabilito
oggi.
Ovviamente prezzo a cui ricomprerà l’impresa È superiore al prezzo con cui ha comprato I titoli la banca.
Il prezzo di compravendita a pronti è pari a 100. Il prezzo di compravendita a termine è pari a 102. Di fatto la
differenza tra prezzo a termine e prezzo a pronti (102 – 100 = 2) è l’interesse implicito nell’operazione di
compravendita.
Quindi la rivendita dei titoli dall’impresa alla banca consiste nella restituzione dei soldi che la banca aveva dato
l’impresa più due euro di interessi per il prestito.
24
Giuridicamente quest’operazione è una vendita, seguita da un acquisto,
Tuttavia, la sostanza di quest’operazione nel suo complesso è la richiesta di un finanziamento—› L’impresa ha bisogno
di finanziamenti.
I titoli non escono dallo SP della società, quindi non escono dal patrimonio del venditore!! Ma la “cassa” incrementa
di 100£ —› la contropartita sarà quindi un “debito” di natura finanziaria nei confronti della banca.
La sostanza rappresenta l'essenza economica dell'evento o del fatto, ossia la vera natura dello stesso. Per ciascuna
operazione o fatto aziendale, è indispensabile conoscere la sostanza economica dello stesso qualunque sia la sua
origine (contrattuale, legislativa ecc.).
Pertanto, la prima e fondamentale attività che il redattore del bilancio deve effettuare è l’individuazione dei diritti,
degli obblighi e delle condizioni ricavabili dai termini contrattuali delle transazioni e il loro confronto con le
disposizioni dei principi contabili per accertare la correttezza dell’iscrizione o della cancellazione di elementi
patrimoniali ed economici.
L'identificazione della sostanza economica delle operazioni è basilare per tutto il procedimento di formazione del
bilancio. Pertanto, è essenziale che già nella fase di rilevazione dell'operazione nelle scritture contabili si abbia la
conoscenza di tutti gli elementi pertinenti per la determinazione della relativa sostanza economica. Ciò comporta
di individuare non solo le caratteristiche dell'evento isolato, bensì anche quelle relative ad eventi ed operazioni ad
esso correlate o correlabili il cui insieme concorre a determinare l'unitarietà dell'operazione negli aspetti sostanziali.
L’analisi contrattuale è rilevante anche per stabilire l’unità elementare da contabilizzare e, pertanto, ai fini della
segmentazione o aggregazione degli effetti sostanziali derivanti da un contratto o da più contratti. Infatti, da un
unico contratto possono scaturire più diritti o obbligazioni che richiedono una contabilizzazione separata. Viceversa,
da più contratti possono discendere effetti sostanziali che richiedono una contabilizzazione unitaria.
“Il principio di competenza” esprime il principio di base impiegato per assegnare il risultato economico all’esercizio
25
cui si riferisce il bilancio.
Tale principio prevede che costi e ricavi siano imputati all’esercizio al quale possono essere ricondotte le operazioni
di impiego dei fattori produttivi cui si riferiscono i costi e le operazioni di cessione dei beni e di produzione dei
servizi cui si riferiscono i ricavi.
I RICAVI devono essere riconosciuti e sono pertanto di competenza dell’esercizio quando si verificano le seguenti
due condizioni*:
1) il processo di produzione dei beni e servizi da cui scaturisce il risultato economico è stato completato;
2) lo scambio è già avvenuto, si è cioè verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di
proprietà. Tale momento è convenzionalmente rappresentato dalla spedizione o dal momento in cui i
servizi sono stati resi e sono fatturabili.
* Regole particolari riguardano la rilevazione del valore della produzione dei lavori in corso su
ordinazione, che vengono fatturati in base allo stato di avanzamento dei lavori (cfr. infra, pag. 11).
I COSTI devono essere correlati con i ricavi dell’esercizio. Detta correlazione costituisce un corollario fondamentale
del principio di competenza e intende esprimere la necessità di contrapporre ai ricavi dell’esercizio i relativi costi,
siano essi certi o presunti.
ESEMPIO1:
ESEMPIO 2:
ESEMPIO 3:
ESEMPIO DI BILANCIO:
27
5. ART. 2423-BIS I COMMA (PUNTO 4): PRUDENZA E COMPETENZA
GLI EVENTI SUCCESSIVI ALLA CHIUSURA
PUNTO 4:
si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di
questo;
L’imputazione dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura del
medesimo, rafforza il precedente postulato della prudenza.
Possono verificarsi due tipi di fatti che avvengono tra la data di chiusura dell’esercizio e la data di redazione del
bilancio di esercizio da parte degli amministratori:
I. fatti che evidenziano condizioni che esistevano già alla data di riferimento del bilancio, ma che si manifestano
solo dopo la chiusura dell’esercizio e che richiedono modifiche ai valori delle attività e passività in bilancio
(fatti successivi che devono essere recepiti nel bilancio). Nel caso in cui il loro effetto non sia determinabile
se ne deve dare informazione nella nota integrativa;
II. fatti che si manifestano successivamente alla data di chiusura dell’esercizio e che determinano i presupposti
per una riduzione di valore o per una perdita che non deve essere imputata all’esercizio chiuso. Questi
fatti, pur determinando variazioni in valori esistenti alla data di chiusura dell’esercizio, devono essere
28
considerati di competenza dell’esercizio successivo. Nel caso in cui identifichino “fatti di rilevo” avvenuti
dopo la chiusura dell’esercizio, di essi si terrà conto in nota integrativa (p.to 22-quater art. 2427 cod.
civ.).
1) Esempi di eventi di cui si deve tenere conto nella redazione del bilancio di esercizio anche se conosciuti dopo la
chiusura dell’esercizio.
Ø il deterioramento della situazione finanziaria di un debitore, confermata dal fallimento del debitore dopo
la data di chiusura dell'esercizio;
Ø un prodotto presente in magazzino che, a seguito di una decisione governativa la cui procedura era iniziata
nel precedente esercizio, viene ritirato dal commercio;
Ø un aumento o una diminuzione della percentuale dei reclami su vendite con garanzia;
Ø la definizione di una causa legale in essere alla data di chiusura per un importo diverso da quello che era
noto o stimato a tale data;
Ø la definizione con le autorità fiscali, per un esercizio anteriore, di un reddito imponibile diverso da quello
dichiarato.
2) Esempi di eventi successivi alla chiusura dell’esercizio che non richiedono modifiche ai valori, ma che devono
essere menzionati in nota integrativa o, a seconda dei casi, nella relazione sulla gestione:
Ø la distruzione di impianti a causa di calamità naturali;
Ø una perdita derivante da una variazione dei tassi di cambio;
Ø la risoluzione di una causa legale, quando le circostanze che hanno dato origine alla controversia hanno
avuto luogo dopo la data di chiusura;
6. ART. 2423-BIS I COMMA (PUNTO 5): VALUTAZIONE SEPARATA DEGLI ELEMENTI ETEROGENEI DELLE
SINGOLE VOCI:
VALUTAZIONE SEPARATA DI ELEMENTI RICOMPRESI NELLE SINGOLE VOCI
Punto 5:
5) gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente;
Finalità:
Evitare che “valutazioni cumulative di beni” eterogenei compensino perdite presunte (obbligatoriamente da
iscrivere) con utili presunti (imputazione non consentita)
SPIEGAZIONE ESEMPIO:
• valore di realizzo (lo vedremo nel dettaglio più avanti anche come si calcola)=
rappresenta la quota-parte del prezzo che l'impresa ritiene di poter realizzare vendendo direttamente il bene
in rimanenza (somma che penso di ottenere per sostituire o vendere quei beni).
• costo storico:
il costo storico è il costo sostenuto per l'acquisto di un bene.
ES:
Ø se ho in magazzino due diverse tipologie di prodotti finiti X e Y.
Ø Per X l suo costo Storico è 100, mentre il valore di realizzo è 120
Ø Per Y a fronte di un costo storico di 100 il valore di realizzo è 90
Si può notare come, se io contassi tutti gli oggetti in magazzino come uno unico, quindi senza distinguerli per
29
tipologia eterogena:
Ø Avrei un costo storico complessivo di 200 e un costo di realizzo di 210.
Invece secondo questo principio bisogna distinguere i prodotti eterogenei, per evitare che i due effetti
cumulativamente si compensano.
Il magazzino complessivo dovrà essere valutato 190: (questa operazione la studiamo più avanti).
Ø Del bene X prendiamo il valore più basso 100
Ø E del bene Y prendiamo il valore più basso 90
7. ART. 2423-BIS I COMMA (PUNTO 6) E II COMMA: CONTINUITÀ DEI CRITERI DI VALUTAZIONE E DEROGHE
CONTINUITÀ DEI CRITERI DI VALUTAZIONE
PUNTO 6:
i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro.
COMA 2
Salve le disposizioni di leggi speciali per le socie- tà che esercitano particolari attività, nello stato pa- trimoniale
e nel conto economico devono essere iscritte separatamente, e nell'ordine indicato, le voci previste negli articoli
2424 e 2425.
Il principio di continuità dei criteri di valutazione stabilisce che - da un esercizio all’altro - non possano essere
modificati i criteri di valutazione.
Si tratta di una prescrizione normativa motivata dall’esigenza di comparabilità nel tempo dei valori espressi nel
bilancio di esercizio della società.
Tale principio, inoltre: rende operativa la clausola della rappresentazione veritiera e corretta; realizza il principio
della neutralità del bilancio; può essere derogato solo in casi eccezionali. L’OIC 29 “Cambiamenti di principi contabili,
cambiamenti di stime contabili, correzioni di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio” prevede
disposizioni applicative nel caso di cambiamento del criterio di valutazione.
Il bilancio d'esercizio deve esporre solo quelle informazioni che hanno un effetto significativo e rilevante sui dati di
bilancio o sul processo decisionale dei destinatari.
I destinatari primari dell’informazione del bilancio sono coloro che forniscono risorse finanziarie all’impresa: gli
investitori, i finanziatori e gli altri creditori.
30
Il comma 4 dell’articolo 2423 del codice civile prevede che non occorre rispettare gli obblighi di rilevazione,
valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una
rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture
contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione a tale principio.
Un’informazione è considerata rilevante quando la sua omissione o errata indicazione potrebbe ragionevolmente
influenzare le decisioni prese dai destinatari primari dell’informazione di bilancio sulla base del bilancio della società.
La rilevanza dei singoli elementi che compongono le voci di bilancio è giudicata nel contesto della situazione
patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa. Il concetto di rilevanza è pervasivo nel processo di formazione
del bilancio.
Per quantificare la rilevanza si tiene conto sia di elementi qualitativi che quantitativi.
I fattori quantitativi prendono in considerazione la dimensione degli effetti economici della transazione, o di un
altro evento rispetto alle grandezze di bilancio. Identificare i valori di bilancio che si prendono a riferimento per
determinare la rilevanza è un processo valutativo che può variare di caso in caso. In ogni caso è necessario
privilegiare gli elementi di bilancio che maggiormente interessano i destinatari primari del bilancio.
I fattori qualitativi di per sé trascendono gli aspetti quantitativi dal momento che riguardano caratteristiche
peculiari dell'operazione, o dell’evento, la cui importanza è tale da poter ragionevolmente influenzare le decisioni
economiche dei destinatari primari del bilancio della società.
Il presupposto giuridico dell’obbligo di fornire una specifica informazione nella nota integrativa è rappresentato
dalla decisione, consapevole, di derogare ad una statuita regola contabile, sempreché gli effetti della deroga stessa
siano irrilevanti.
Il postulato della comparabilità nel tempo dei bilanci è previsto dall’art. 2423-ter, comma 5, del codice civile: “per
ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico deve essere indicato l'importo della voce corrispondente
dell'esercizio precedente. Se le voci non sono comparabili, quelle relative all'esercizio precedente devono essere
adattate; la non comparabilità e l'adattamento o l'impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati
nella nota integrativa”.
L’OIC 29 “Cambiamenti di principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzioni di errori, fatti intervenuti
dopo la chiusura dell’esercizio” disciplina la declinazione pratica di tale previsione e, in particolare, gli effetti che
si producono sul bilancio comparativo in conseguenza dei cambiamenti di principi contabili o correzione di errori
rilevanti.
La comparabilità dipende generalmente dall'esistenza di fatti economici similari contabilizzati in bilancio con gli
stessi criteri.
Nell'ambito della stessa impresa la comparabilità dei bilanci a date diverse è possibile se sussistono le seguenti
31
condizioni:
1) la forma di presentazione deve essere costante, cioè il modo di esposizione (classificazione, separazione ed
identificazione per gruppi omogenei) delle voci deve essere uguale o almeno comparabile;
2) i criteri di valutazione adottati devono essere mantenuti costanti. L'eventuale cambiamento deve essere
giustificato da circostanza eccezionale per frequenza e natura. In ogni caso l'effetto del cambiamento dei
criteri di valutazione sul risultato dell'esercizio e sul patrimonio netto deve essere propriamente evidenziato
(cfr. anche «continuità di applicazione dei principi contabili ed in particolare dei criteri di valutazione»);
3) i mutamenti strutturali (acquisizioni, fusioni, scorpori ecc.) e gli eventi di natura straordinaria devono essere
chiaramente evidenziati.
32
NT05 – IL REDDITO IMPONIBILE
tematiche affrontate:
1. I principi fiscali di determinazione del reddito imponibile (pag. 3)
2. Deducibilità dei costi, un esempio: ammortamento (pag. 9)
3. Deducibilità dei costi, un esempio: svalutazione e perdita su crediti (pag. 12)
4. Deducibilità dei costi: esempio da bilancio (pag. 15)
APPENDICE 1: IRAP e IRES (pag. 17)
La determinazione del reddito imponibile deve essere effettuata nel rispetto delle “norme generali sui componenti
del reddito d’impresa”, previsti dall’art. 109 del TUIR:
1. competenza (comma 1 e comma 2);
2. certezza e obiettiva determinabilità degli ammontar (comma 1);
3. imputazione dei ricavi (comma 3);
4. imputazione dei costi (comma 4);
5. inerenza (comma 5).
a. COMPETENZA:
“I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi […] concorrono a formare il reddito nell’esercizio di
competenza” (art. 109, comma 1).
Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza (art. 109, comma 2):
• i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano
sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli
immobili e per le aziende oppure (se diversa e successiva) alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o
costitutivo della proprietà o altro diritto reale;
• i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si
considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate ovvero, per quelle dipendenti da
contratti di locazione, mutuo, assicurazione o contratti con corrispettivi periodici, alla data di maturazione
dei corrispettivi.
33
[…] I ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o
determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui si verificano tali
condizioni (art. 109, comma 1).
e. INERENZA
“Le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi (tranne gli oneri fiscali, contributivi e di
utilità sociale), sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri
proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi (art. 109, comma 5)”.
Ad esempio, se un’impresa che produce merendine per la prima colazione decide di acquistare un forno industriale
necessario per la cottura dei propri prodotti, può DEDURRE il costo del forno poiché INERENTE all’attività svolta.
Se, invece, questa stessa impresa compra un forno per l’abitazione del titolare tale costo NON E’ INERENTE e
quindi è INDEDUCIBILE.
Il requisito dell’inerenza dei costi non va inteso nel senso che i componenti negativi sono deducibili solo se
direttamente e immediatamente connessi ai componenti positivi di reddito, posto che è sufficiente il verificarsi di
una connessione tra i costi e l’attività: sono perciò deducibili anche oneri dai quali in proiezione futura
deriveranno proventi che concorreranno a formare il reddito. Ad esempio sono deducibili le spese per corsi di
formazione in previsione di ricavi futuri.
L’inerenza all’attività può essere:
• oggettiva, oppure
• determinata secondo convenzione dalla norma tributaria (ad esempio l’uso promiscuo degli automezzi e
della telefonia mobile e fissa).
Non esistono solo ricavi tassati o esclusi (cioè componenti positivi di reddito civilistico cui il fisco riconosce costi
fiscalmente deducibili, se inerenti), ma anche ricavi esenti.
Al pari dei ricavi esclusi, anche i ricavi esenti non sono tassati. I ricavi esenti, a differenza dei ricavi esclusi, non
danno luogo a costi deducibili (nemmeno se inerenti).
Per esempio, il costo relativo all’acquisto dei titoli di stato (commissioni) NON SONO DEDUCIBILI perché il titolo
di stato produce ricavi esenti (interessi).
In sintesi:
• i costi non inerenti all’attività d’impresa sono totalmente indeducibili;
• i costi relativi a ricavi esenti da imposta sono indeducibili;
• i costi relativi a ricavi esclusi da imposta sono deducibili;
• I costi relativi a ricavi tassati sono deducibili;
34
• i costi riferibili indistintamente ad attività inerenti e non inerenti all’attività d’impresa sono parzialmente
indeducibili.
I costi e gli oneri che si riferiscono indistintamente a ricavi o
proventi tassati (o esclusi) e a proventi esenti, come ad
esempio le spese generali, la deduzione avviene in proporzione
al rapporto tra:
• l’ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono
a formare il reddito d’impresa o che non vi concorrono
in quanto esclusi e
• l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi
(compresi quindi quelli esenti).
Ad esempio, nel caso degli ammortamenti, l’art. 102 del TUIR, co. 1 e 2, prevede che:
Ø Le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l'esercizio dell'impresa sono deducibili
a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene.
Ø La deduzione è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei
coefficienti di ammortamento stabiliti, con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, per categorie
di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi
(ammortamento ordinario); tali coefficienti sono ridotti della metà nel primo esercizio.
Ø Per gli investimenti strumentali effettuati tra il 15 ottobre 2015 e fino al 31 dicembre 2016, la Legge
208/2015 (art. 1, c.91-94 e c.97) prevede la possibilità, in sede di dichiarazione fiscale, di aumentare del
40% le aliquote di ammortamento ordinario.
Sebbene sussista l’obbligo, sancito dalla riforma del diritto societario del 2003 e dalla Legge 24 dicembre 2007 n.
244 (Finanziaria 2008) di imputare a conto economico tutti i componenti negativi di reddito al fine della loro
detraibilità fiscale, fino al 2007 la normativa fiscale ha consentito deroghe a tale principio con riguardo agli
ammortamenti, prevedendo che (art. comma 3 dell’art. 102 del TUIR):
Ø la misura massima risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti di ammortamento stabiliti con
Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze può essere superata in proporzione alla più intensa
utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore (ammortamento accelerato);
Ø la misura stessa può essere elevata fino a due volte per ammortamento anticipato nell'esercizio in cui i beni
sono entrati in funzione e nei due successivi (ammortamento anticipato).
Per applicare l’ammortamento accelerato era necessario dimostrare la più intensa utilizzazione del bene rispetto
a quella “normale” del settore di appartenenza attraverso elaborazione di prove oggettive e incontrovertibili (es.
elaborazioni statistiche). Per tale motivo, si è trattato, di fatto, di uno strumento di difficile applicazione perché
ancorato alla dimostrazione oggettiva della più intensa utilizzazione del bene rispetto a quella “normale” del
settore.
Nel caso invece dell’ammortamento anticipato, si è trattato di un’agevolazione fiscale concessa dal legislatore a
fronte dell’acquisto di beni ammortizzabili. L’agevolazione consisteva nella deducibilità di maggiori quote di
ammortamento per i primi tre esercizi (rispetto a quelle ordinariamente deducibili), consentendo in tal modo
all’impresa di posticipare il pagamento delle imposte attraverso il temporaneo abbattimento dell’utile imponibile.
Le legge 244/2007 ha eliminato la possibilità di effettuare ammortamenti accelerati o anticipati, non più
effettuabili dall’esercizio 2008:
35
In seguito alla Finanziaria 2008, nella maggior parte dei casi le imprese in sede di redazione del bilancio di esercizio
applicano coefficienti di ammortamento pari alle aliquote fiscali ordinarie.
Con l’abrogazione della facoltà di effettuare ammortamenti anticipati il legislatore ha, di fatto, allineato le aliquote
di ammortamento deducibili fiscalmente rispetto a quelle applicate dagli amministratori nella redazione del bilancio,
ottenendo in tal modo una maggiore convergenza tra valori fiscali e valori civili dei beni ammortizzabili, oltre che
del reddito imponibile rispetto al reddito di esercizio.
Secondo le regole fiscali, inoltre, la svalutazione dei crediti è deducibile se risulta da elementi certi e precisi e, in
ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali (art. 101.5).
Per poter stralciare crediti ritenuti inesigibili e dedurli legittimamente, l’impresa deve dimostrare di aver fatto
tutto il possibile per il recupero del credito in sofferenza e occorre inoltre che la perdita:
Ø risulti da elementi certi e precisi (R.M. n. 9/124 del 6.8.76, R.M. n. 16/E del 25/01/2009),
Ø abbia il requisito della oggettiva determinabilità quanto all’ammontare (R.M. n. 9/636 del 13.3.82) e o sia
definitiva (C.M. n. 39 del 10.5.02).
La perdita su crediti è in ogni caso deducibile quando il cliente durante l'esercizio sia stato dichiarato fallito,
ammesso a concordato preventivo, sottoposto a liquidazione coatta amministrativa o ad amministrazione straordinaria
(non invece se sottoposto a amministrazione controllata, Cassazione 8580 del 12/4/06).
Il momento in cui la perdita è fiscalmente deducibile è diverso a seconda del tipo di procedura: - Fallimento (data
della sentenza dichiarativa);
Ø concordato preventivo (data del decreto di ammissione alla procedura);
Ø liquidazione coatta amministrativa (data del provvedimento che la ordina);
Ø amministrazione straordinaria (data del decreto che la dispone).
In caso di accordo di ristrutturazione del debito ex art. 182 ter legge fallimentare, pur non rientrando tra le
fattispecie previste dall’art. 101.5, la deducibilità della perdita è riconosciuta a partire dalla data di omologa
dell’accordo in quanto gli elementi di certezza e precisione sussistono a partire da tale data (Circ. 42/E/2010).
In assenza di una procedura concorsuale, occorre essere in possesso di elementi probanti. Fatti che possono
avvalorare l'irrecuperabilità del credito sono:
Ø l'infruttuosa attuazione di azioni legali per il recupero del credito,
36
Ø l'esito negativo del pignoramento,
Ø la documentata mancanza di beni immobili o mobili di proprietà del debitore,
Ø la chiusura dei locali dell'impresa,
Ø l'irreperibilità del debitore,
Ø una denuncia penale per truffa,
Ø la dimostrabilità della convenienza ad abbandonare il credito.
Se il credito è di importo significativo, è sempre opportuno l'intervento di un legale per avere un supporto esterno
a sostegno della sua inesigibilità.
L’art. 13 del D. Lgs n. 147/2015 ha invece chiarito il periodo di deducibilità delle perdite su crediti nel caso di
crediti di modesta entità, cioè di quei crediti di importo compreso tra 2.500 e 5.000 euro, scaduti da oltre 6 mesi.
Tale D. Lgs ha infatti modificato l’art. 101 del TUIR inserendo il comma 5bis:
“la deduzione delle perdite dei crediti di modesta entità è ammessa ... nel periodo di imputazione in bilancio,
anche quando detta imputazione avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui ... sussistono gli elementi
certi e precisi ovvero il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale, sempreché l’imputazione non
avvenga in un periodo di imposta successivo a quello in cui, secondo la corretta applicazione dei principi contabili,
si sarebbe dovuto procedere alla cancellazione del credito dal bilancio”.
Di conseguenza la deducibilità di una perdita su crediti di modesto importo nei confronti di soggetti interessati da
procedure concorsuali è ammessa nel medesimo periodo d’imposta di imputazione della stessa a bilancio sulla base
dell’applicazione dei Principi contabili, ancorché lo stesso sia successivo a quello di manifestazione delle condizioni
per la deducibilità.
È comunque posto un limite temporale entro il quale è consentita la deducibilità, rappresentato dal periodo
d’imposta nel quale, in base ai predetti Principi contabili, il credito avrebbe dovuto essere cancellato dal bilancio
(così, ad esempio, per effetto della cessione del credito a terzi, per prescrizione, per effetto della stipula di un
accordo di saldo o di stralcio).
37
APPENDICE (IRAP e IRES)
La tassazione delle società di capitali avviene tramite due imposte:
Ø IRAP (imposta regionale sulle attività produttive)
Ø IRES (imposta sul reddito delle società)
L’Irap è un’imposta diretta con aliquota stabilita in maniera diversa a seconda della tipologia dei soggetti (pari al
3,90% nel 2020 per le società di capitali, variabile a discrezione delle Regioni fino a +/- 0,92%) che si applica alla
differenza tra il valore della produzione (lettera A dell’art. 2425 del c.c.) e i costi della produzione (lettera B
dell’art. 2425 del c.c.) al netto di spese del personale, compensi per lavoro autonomo, svalutazioni delle
immobilizzazioni, perdite sui crediti, quota interessi del canone di locazione finanziaria e perdite su crediti.
L’Ires è un’imposta diretta con aliquota unica (pari al 24% nel 2020) che si applica al reddito imponibile. I criteri
di determinazione del reddito imponibile sono disciplinati dal Testo Unico in materia di imposte sul Reddito (TUIR),
di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986 e successive modifiche e integrazioni.
Sotto il profilo contabile, le rilevazioni delle imposte si effettuano al momento della liquidazione e versamento degli
acconti d’imposta e a fine esercizio per rilevare le imposte di competenza.
IRES e IRAP sono dovute per periodi d’imposta, a ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma
(salvo il riporto a nuovo di perdite e i crediti d’imposta). Per l’IRES, il periodo d’imposta è costituito dall’esercizio,
determinato dalla legge o dall’atto costitutivo; per l’IRAP, il periodo d’imposta è determinato secondo i criteri
stabiliti ai fini delle imposte sui redditi.
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NT06 (non trattato in classe) – PRINCIPI IAS-IFRS
INDICE:
1. Principi di riferimento e meccanismo di omologazione (pag. 3)
2. Struttura dell’informativa IAS/IFRS (pag. 5)
3. Conceptual Framework for Financial Reporting (pag. 8)
4. Alcune differenze tra principi contabili nazionali e principi contabili internazionali (pag. 37)
Gli IAS/IFRS sono emanati dall’International Accounting Standard Board (IASB). Successivamente vengono omologati
con Regolamento d a l l ’ U n i o n e E u r o p e a e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE)
in ciascuna delle lingue ufficiali dell’Unione. Il Regolamento è vincolante per tutti gli Stati membri e non presuppone
un atto legislativo dei singoli stati membri, a differenza delle Direttive.
Gli IAS/IFRS (e relative interpretazioni, denominate SIC e IFRIC) costituiscono l’insieme dei principi che devono
essere applicati dalle società italiane che hanno l’obbligo o che esercitano la facoltà di redigere i bilanci consolidati
e individuali in conformità agli standard internazionali.
In aggiunta agli IAS/IFRS, nel settembre 2010 lo IASB ha emanato «il quadro concettuale per la preparazione del
bilancio» (Conceptual Framework for Financial Reporting, successivamente aggiornato nel marzo 2018), documento
che sostituisce il «quadro sistematico per la preparazione e la predisposizione del bilancio» formulato
originariamente dallo IASC nel 1989 con il nome «Framework for the Preparation and Presentation of Financial
Statements».
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Il Conceptual Framework for Financial Reporting è sovraordinato ai principi IAS/IFRS, definisce il destinatario e le
finalità del bilancio di esercizio, oltre che gli assunti fondamentali e le caratteristiche qualitative che l’informativa
di bilancio deve avere.
L’Ente che ha emanato i principi contabili internazionali ritiene che: “una migliore armonizzazione della normativa,
dei principi e delle procedure contabili connesse alla preparazione e alla presentazione dei bilanci possa essere
meglio perseguita focalizzando l’attenzione sui bilanci che sono preparati con lo scopo di fornire informazioni utili
per le decisioni economiche” (Conceptual Framework, 2018).
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3. CONCEPTUAL FRAMEWORK FOR FINANCIAL REPORTING
Lo IASB ha pubblicato nel settembre 2010 e poi aggiornato nel marzo 2018 il Conceptual Framework for financial
reporting (cfr. MT05), documento che sostituisce il quadro concettuale formulato originariamente dallo IASC nel
1989 («Framework for the Preparation and Presentation of Financial Statements»).
Il Conceptual Framework 2018 si articola in: un’introduzione sulle sue finalità, 8 capitoli e un glossario.
Formalmente, il Framework non è un principio contabile ma costituisce l’impianto concettuale di fondo che guida
l’applicazione dei singoli principi IAS/IFRS implementano.
Il Conceptual Framework for financial reporting (detto anche “The Framework”) costituisce il quadro concettuale
di riferimento per la redazione del bilancio secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS.
Tra gli utilizzatori dei bilanci vi sono: investitori (rischio e rendimento degli investimenti); dipendenti (stabilità e
redditività dei datori di lavoro); finanziatori, fornitori e altri creditori commerciali (solvibilità), clienti; governi ed
enti pubblici (definizione delle politiche fiscali); il pubblico (“salute” dell’impresa).
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Nonostante le esigenze informative dei citati utilizzatori non possano essere tutte soddisfatte dal bilancio, vi sono
alcune esigenze comuni a tutti gli utilizzatori. Poiché gli investitori sono i fornitori di capitale di rischio all’impresa,
un bilancio che soddisfi le loro esigenze informative soddisferà anche la maggior parte delle esigenze di altri
utilizzatori del bilancio.
L’architettura degli IAS/IFRS in materia di principi generali di redazione del bilancio segue un’impostazione
strutturata su tre livelli:
1) la finalità del bilancio
2) gli assunti fondamentali
3) le caratteristiche qualitative delle informazioni contabili
In sintesi, le finalità generali del bilancio (capitolo 1 del Framework, marzo 2018) sono:
Ø Fornire agli investitori attuali e potenziali, finanziatori e altri creditori, informazioni utili per prendere
decisioni sull’apporto di risorse finanziarie.
Ø Dare informazioni sulla natura e sulla quantità delle risorse per valutare punti di forza e di debolezza,
liquidità e solvibilità e capacità di ottenere finanziamenti.
Ø Dare informazioni utili per valutare la gestione da parte del management aziendale delle risorse economiche
dell’impresa.
Ø Costruire una contabilità ancorata al principio di competenza economica come miglior strumento rispetto alle
informazioni unicamente basate su incassi e pagamenti per valutare le performance passate e future
dell’impresa.
Ø Dare informazioni sui flussi di cassa del periodo che siano utili per valutare la capacità dell’impresa di
generare in futuro flussi di cassa netti positivi.
Sono due “assiomi contabili” su cui si fonda l’informazione di bilancio nonché i criteri di classificazione e di valutazione
che informano la redazione delle sintesi di esercizio.
Sui questi due assunti fondamentali si basano le caratteristiche qualitative che le informazioni finanziarie contenute
nel bilancio devono avere per essere utili.
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Competenza
Al fine di soddisfare la propria finalità, il bilancio è preparato secondo il principio della contabilizzazione per
competenza. In base a esso, gli effetti delle operazioni e degli altri eventi sono rilevati quando essi si verificano (e
non quando viene ricevuto o versato denaro o suo equivalente) ed essi sono riportati nei libri contabili e rilevati nel
bilancio degli esercizi cui essi si riferiscono.
Il principio di competenza secondo gli IAS/IFRS, pur avendo diversi elementi in comune con il principio di competenza
secondo i PC italiani, si caratterizza per scaturire da un sistema contabile di matrice patrimoniale dove i concetti
di ricavo e di costo sono legati a quelli di variazione delle attività e delle passività.
Continuità
La redazione del bilancio deve avvenire in base all’ipotesi della continuità aziendale, ovvero sull’ipotesi che l’azienda
non abbia né l’intenzione né la necessità né il bisogno di liquidare o di ridurre significativamente il livello della
propria operatività. Framework (e IAS 1) fanno riferimento ad una presunzione relativa, non ad una presunzione di
carattere assoluto. Pertanto, nel caso di incertezze sulla continuità:
Ø è necessario esplicitare tali incertezze nel bilancio redatto nella prospettiva di normale funzionamento;
Ø nei casi più gravi, è necessario assumere una diversa ipotesi di gestione, funzionale a fornire informazioni
utili per prendere decisioni economiche.
Se un bilancio non è redatto nella prospettiva di continuità, gli amministratori dovranno segnalare sia le ragioni che
li hanno spinti a non adottare la prospettiva in funzionamento, sia i criteri contabili attraverso i quali è stato
redatto il bilancio.
Lo IAS 1 specifica che la valutazione della continuità deve avvenire sulla base di tutte le informazioni disponibili
per il prevedibile futuro, che dovrebbe essere di almeno dodici mesi successivi alla chiusura dell’esercizio.
A) Rilevanza
Informazioni in grado di fare la differenza nelle decisioni prese dagli utenti. Le informazioni finanziarie sono in
grado di fare la differenza nelle decisioni se hanno valore predittivo, valore di conferma, o entrambi. La materialità
è un aspetto specifico della rilevanza basato sulla natura o grandezza (o entrambi) degli elementi a cui le
informazioni si riferiscono.
Rappresentazione fedele
una rappresentazione fedele deve tenere conto della sostanza economica piuttosto che considerare solo la forma
legale (prevalenza della sostanza sulla forma).
La rappresentazione fedele prevede 3 caratteristiche: completezza, neutralità, assenza di errori.
Ø Completezza: presenza di tutte le informazioni necessarie ad un utilizzatore per comprendere i fenomeni
rappresentati.
Ø Neutralità: assenza di pregiudizio nella selezione o presentazione dell’informazione finanziaria. La neutralità
è supportata dall’esercizio della prudenza. La prudenza richiede cautela nel formulare giudizi in presenza di
condizioni di incertezza. Prudenza significa che attività e ricavi non devono essere sopravalutati e che passività
e costi non devono essere sottovalutati. La prudenza non deve peraltro portare a sottovalutare attività e
ricavi e a sopravalutare passività e costi.
Ø Assenza di errori: mancanza di errori od omissioni nella descrizione delle operazioni e nel processo utilizzato
per produrre le informazioni.
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B) Le caratteristiche qualitative ulteriori sono quattro (cfr. lucido 17):
Ø Comparabilità
Ø Verificabilità
Ø Tempestività
Ø Comprensibilità
a) Comparabilità: confronto delle informazioni con quelle di altre entità e con quelle della stessa entità in tempi
diversi.
La comparabilità implica la costanza nei criteri di valutazione e di rappresentazione delle operazioni.
b) Verificabilità: si ha quando diversi osservatori consapevoli e indipendenti possono raggiungere il consenso nel
ritenere che la rappresentazione delle operazioni sia fedele.
c) Tempestività: informazioni disponibili in tempo per essere in grado di orientare le decisioni degli utilizzatori del
bilancio.
d) Comprensibilità: classificazione delle informazioni in modo chiaro e conciso. Le informazioni devono essere
comprensibili per utilizzatori con ragionevole conoscenza dell’attività economica dell’entità e aventi normale
diligenza.
I costi sostenuti per l’ottenimento delle informazioni finanziarie utili devono essere giustificati dai benefici ottenibili
dalle stesse informazioni.
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prevalere la considerazione di come meglio soddisfare le esigenze informative degli utilizzatori nel processo
decisionale economico.
Inoltre, i redattori del bilancio devono essere consapevoli che la ricerca di un equilibrio tra i benefici derivanti
dall’informazione e i costi per produrla rappresenta un ostacolo nella preparazione del bilancio di esercizio.
L’applicazione delle caratteristiche qualitative principali e di principi contabili appropriati normalmente si
concretizza in un bilancio che rappresenta ciò che è generalmente inteso come “una rappresentazione veritiera e
corretta” della situazione patrimoniale-finanziaria, dell’andamento economico e dei cambiamenti della situazione
patrimoniale-finanziaria di un’impresa.
Un’attività è una risorsa economica controllata dall’impresa, come risultato di eventi passati. Una risorsa economica
è un diritto che ha il potenziale per produrre benefici economici.
Una passività è un’obbligazione attuale dell'impresa a trasferire una risorsa economica a seguito di eventi passati.
Il patrimonio netto è il valore residuo delle attività dopo aver detratto tutte le passività.
1. Attività
Il beneficio economico futuro compreso in un’attività è il potenziale contributo, diretto o indiretto, ai flussi di cassa
e di mezzi equivalenti alla cassa che affluiranno all’impresa. Tale potenzialità può essere di natura produttiva ed
essere parte delle attività operative dell’impresa. Può anche prendere la forma di convertibilità in denaro o suoi
equivalenti o la possibilità di ridurre i flussi finanziari in uscita, come, per esempio, nel caso in cui un impianto
produttivo che riduca i di produzione.
I benefici economici futuri compresi in un’attività possono affluire all’impresa in diversi modi. Per esempio, un’attività
può essere:
a) usata singolarmente o in combinazione con altre attività nella produzione di beni o servizi che saranno
venduti dall’impresa;
b) scambiata con altre attività;
c) usata per estinguere passività;
d) distribuita ai proprietari dell’impresa.
Passività
Una caratteristica essenziale di una passività è che l’impresa abbia una obbligazione attuale. Un’obbligazione
rappresenta un dovere o una responsabilità a comportarsi o ad agire in una determinata maniera.
L’estinzione di una obbligazione attuale solitamente implica che l’impresa deve rinunciare a risorse che incorporano
benefici economici al fine di soddisfare il credito della controparte. L’estinzione dell’obbligazione attuale può
verificarsi in diversi modi, per esempio:
a) pagamento in contanti;
b) trasferimento di altre attività;
c) fornitura di servizi;
d) sostituzione di tale obbligazione con un’altra obbligazione;
e) trasformazione dell’obbligazione in patrimonio netto. Un’obbligazione può essere estinta anche in altri
modi, come, per esempio, nel caso in cui un creditore rinunci ai propri diritti o li cancelli.
Alcune passività possono essere valutate solo con l’uso di un notevole grado di stima (come ad esempio i fondi per
rischi e oneri).
Patrimonio netto
• Il patrimonio netto è definito come una categoria residuale e pertanto l’ammontare cui è esposto nello
• stato patrimoniale dipende dalle valutazioni della attività e delle passività.
• Il patrimonio netto può presentare delle sotto-classificazioni nello stato patrimoniale. Tali classificazioni
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possono essere significative per le esigenze del processo decisionale degli utilizzatori del bilancio quando esse
indicano restrizioni legali o di altro tipo sulla capacità dell’impresa di distribuire, o altrimenti impiegare, il
proprio patrimonio netto.
Gli elementi che riguardano direttamente la quantificazione dell’utile sono i ricavi e i costi.
La distinzione tra elementi di ricavo e costo e la loro combinazione in differenti modi consente anche di evidenziare
diversi parametri di misurazione dell’andamento economico d’impresa.
a. Ricavi
I ricavi sono incrementi nelle attività o decrementi di passività che si concretizzano in incrementi nel patrimonio
netto diversi dagli apporti eseguiti dai detentori del capitale.
I ricavi sono gli incrementi nei benefici economici di competenza dell’esercizio amministrativo, che si manifestano
sotto forma di nuove attività in entrata o di accresciuto valore delle attività esistenti o di diminuzioni delle passività
che si concretizzano in incrementi del patrimonio netto, diversi da quelli connessi alle contribuzioni da parte di
coloro che partecipano al capitale.
La definizione di ricavo comprende sia i ricavi sia i proventi.
I ricavi trovano origine nello svolgimento dell’attività ordinaria di un’impresa e a essi si fa riferimento con una
varietà di nomi, tra cui vendite, onorari, interessi, dividendi, royalties e affitti.
I proventi non sono per natura diversi dai ricavi in quanto rappresentano incrementi nei benefici economici, ma
possono non derivare dallo svolgimento dell’attività ordinaria di un’impresa. I proventi includono, per esempio, le
dismissioni di attività non correnti.
La definizione di ricavo include, inoltre, i proventi non realizzati; per esempio, quelli derivanti dalla rivalutazione di
titoli negoziabili e quelli risultanti dagli incrementi di valore contabile di attività a lungo termine.
Quando i proventi sono rilevati in conto economico, essi sono solitamente esposti separatamente poiché la loro
conoscenza è utile ai fini del processo decisionale economico.
b. Costi
I costi sono decrementi nelle attività o incrementi nelle passività che si concretizzano in decrementi nel patrimonio
netto diversi dalle distribuzioni (rimborsi e dividendi) a favore dei portatori di capitale. I costi sostenuti per
l’ottenimento delle informazioni finanziarie utili devono essere giustificati dai benefici ottenibili dalle stesse
informazioni.
I costi sono i decrementi nei benefici economici di competenza dell’esercizio amministrativo, che si manifestano sotto
forma di flussi finanziari in uscita o di riduzioni di valore di attività o di incremento di passività, che si traducono
in riduzioni di patrimonio netto diverse da quelle relative alle operazioni di distribuzione ai soci.
La definizione di costo comprende gli oneri così come tutti i costi che si originano nello svolgimento dell’attività
ordinaria dell’impresa. Gli oneri rappresentano altri elementi che soddisfano la definizione di costo e possono, o non
possono, derivare dallo svolgimento dell’attività ordinaria dell’impresa. Gli oneri rappresentano decrementi dei
benefici economici e, in quanto tali, essi non hanno natura diversa dagli altri costi.
Gli oneri includono, per esempio, quelli derivanti da disastri quali incendi e allagamenti, come anche dalla dismissione
di attività non correnti. La definizione di costo include, inoltre, gli oneri non realizzati: per esempio quelli derivanti
da effetti di incrementi nel tasso di cambio di una valuta estera in relazione ai finanziamenti contratti da un’impresa
in tale valuta.
Quando gli oneri sono rilevati in conto economico, essi sono normalmente esposti separatamente poiché la loro
conoscenza è utile ai fini del processo decisionale economico.
Una posta che risponde alla definizione e soddisfa le condizioni per la rilevazione di uno specifico elemento (per
esempio, un’attività) automaticamente richiede la rilevazione di un altro elemento, per esempio un ricavo o una
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passività.
Nei criteri di rilevazione è usato il concetto di probabilità per riferirsi al grado di incertezza che i benefici economici
futuri associati a una certa voce affluiranno o defluiranno dall’impresa. Il concetto scaturisce dall’incertezza che
caratterizza l’ambiente in cui l’impresa opera. Le valutazioni del grado di incertezza connesse al flusso di benefici
economici futuri sono effettuate sulla base delle conoscenze disponibili nel momento in cui il bilancio è preparato.
In molte circostanze, il costo o il valore deve essere stimato; l’uso di stime ragionevoli rappresenta una parte
essenziale della preparazione del bilancio e non pregiudica la loro attendibilità. Quando, invece, una stima
ragionevole non può essere effettuata, la posta non è rilevata nello stato patrimoniale o nel conto economico.
Un elemento che non possiede le condizioni previste per la rilevazione, può qualificarsi per la rilevazione a una data
successiva e può essere indicato nelle note, nel materiale esplicativo o nei prospetti supplementari.
Un’attività è rilevata in stato patrimoniale quando è probabile che i benefici economici futuri affluiranno all’impresa
e l’attività ha un costo o un valore che può essere valutato attendibilmente.
Una passività è rilevata nello stato patrimoniale quando è probabile che si verifichi un flusso in uscita di risorse
che incorporano benefici economici derivanti dall’estinzione di un’obbligazione attuale e quando l’importo al quale
avverrà l’estinzione può essere quantificato attendibilmente.
I ricavi sono rilevati in conto economico nel momento in cui ha luogo un incremento di benefici economici futuri
comportante un incremento di attività o un decremento di passività che può essere valutato attendibilmente.
I costi sono rilevati in conto economico quando ha luogo una riduzione dei benefici economici futuri comportante una
riduzione di attività o un incremento di passività che può essere valutato attendibilmente.
La rivalutazione o la riscrittura di attività e passività dà luogo a incrementi o decrementi nel patrimonio netto.
Benché tali incrementi o decrementi soddisfino la definizione di ricavo o costo, talvolta essi non sono inclusi nel
conto economico. In questi casi, tali elementi sono invece inclusi nel patrimonio netto come rettifiche per la
conservazione del capitale o riserve di rivalutazione.
Il fair value è un “valore corrente convenzionale”, astratto, non necessariamente riscontrabile in concreto sul
mercato, che può essere riconducibile a due principali categorie:
Ø il fair value espresso da prezzi fatti o negoziati sul mercato;
Ø il fair value rappresentato da valori o da stime di prezzi fattibili.
Nei principi contabili IAS/IFRS il costo coesiste con il fair value nel senso che quest’ultimo può essere il criterio di
valutazione principale (benchmark treatment), oppure si pone come alternativa (alternative treatment) al costo.
Il costo e il fair value sono due logiche di valutazione: esprimono l’idea guida del processo di valutazione e
necessitano di concreti riferimenti per trasformarsi in criteri (applicativi) di valutazione.
La logica valutativa del fair value si traduce in concreto in diverse configurazioni e criteri (applicativi) di valutazione:
o costo storico (historical cost, ad esempio per la prima valutazione di un’immobilizzazione di recente
acquisizione o per l’iscrizione – al primo anno – di un mutuo);
o costo corrente (current cost, ad esempio per l’iscrizione – successivamente al primo anno – di
un’immobilizzazione di non recente acquisizione per la quale non vi siano riferimenti attendibili in merito
al valore di mercato);
o valore netto di realizzo (realisable value, ad esempio per l’iscrizione – successivamente al primo anno –
di un’immobilizzazione di non recente acquisizione per la quale vi siano riferimenti attendibili in merito al
valore di mercato) o di estinzione (settlement value, ad esempio per i debiti verso fornitori);
o valore attuale (present value, ad esempio per un credito finanziario a lungo termine o per il TFR).
Il costo storico è il criterio comunemente previsto in sede di prima iscrizione di un’attività. Infatti le attività sono
iscritte all’importo pagato, ovvero al fair value del corrispettivo versato per acquisire le attività. Il fair value nel
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momento dell’acquisizione di un bene coincide perciò con il suo costo d’acquisto, misurato dal prezzo di scambio
nell’ambito di una normale negoziazione d’impresa.
Negli esercizi successivi il costo storico difficilmente è in grado di riflettere un valore corrente del bene per ragioni
diverse (variazione dei prezzi, utilizzo del bene, ecc.); il fair value, invece, tende a riflettere il valore più appropriato
del bene, espresso dal valore di mercato o dal suo valore economico.
Gli IAS/IFRS specificano per ciascun elemento dell’attivo e del passivo il criterio di determinazione del valore da
applicare in un momento successivo alla prima iscrizione. Tale criterio può coincidere o differire dal fair value.
Ad esempio, lo IAS 16 prevede che gli impianti e i macchinari siano iscritti originariamente al costo di acquisizione;
successivamente, tali beni possono essere iscritti al costo storico al netto degli ammortamenti accumulati e di
eventuali svalutazioni per riduzioni durevoli di valore o, in alternativa, ad un valore rideterminato (fair value) dato
dal costo corrente. Si segnala in proposito che gli impianti e macchinari sono una delle categorie di beni inclusa
nella classe immobilizzazioni tratta nello schema grafico di pagina 28. Tale costo corrente si traduce nel costo di
sostituzione del bene (poiché il valore di mercato di tali beni non risulta spesso determinabile):
Il fair value è riferito ad uno scambio potenziale fra soggetti paritari che agiscono in modo consapevole in condizioni
normali, senza influenze particolari.
L’adozione del fair value presuppone l’esistenza di un mercato attivo del bene da valutare. Un mercato attivo è un
mercato in cui si verificano contestualmente le seguenti condizioni (IAS 36, p. 5):
1) i beni commercializzati all’interno del mercato sono omogenei;
2) compratori e venditori disponibili ad operare possono essere normalmente reperiti in qualsiasi momento;
3) i prezzi sono disponibili al pubblico.
In assenza di un mercato attivo, il redattore del bilancio deve essere in grado di attuare un processo di stima
attendibile, fondata su perizie e modelli di valutazione.
Nel caso in cui la stima non presentasse le caratteristiche dell’attendibilità il costo rimane l’unico criterio di
valutazione.
I principi contabili internazionali prevedono un processo di verifica del valore (detto impairment test) allo scopo di
evitare sopravvalutazioni, attraverso l’iscrizione in bilancio di valori non recuperabili. Il processo di verifica è
attuato mediante il raffronto periodico tra il valore espresso dal principio contabile previsto e adottato e il “valore
recuperabile” definito come il valore maggiore tra:
Ø il valore netto di realizzo (prezzo di vendita stimato nel normale svolgimento dell’attività), al netto dei
costi stimati di completamento, e di quelli necessari per la vendita;
Ø il valore attuale dei flussi finanziari netti futuri attesi che si stima possano derivare dall’uso del bene
e dalla dismissione del bene al termine della vita utile.
L’adozione del fair value (imposta o consentita dai principi contabili internazionali a seconda degli elementi
patrimoniali oggetto di valutazione) può determinare la formazione di plusvalenze da valutazione. Queste ultime
non sono trattate dai principi IAS/IFRS in modo uniforme.
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In alcuni casi (ad esempio immobili impiegati nell’attività tipica, impianti, macchinari) l’importo della plusvalenza da
valutazione derivante dall’adozione del fair value in sostituzione del costo storico, ovvero l’importo dell’eseguita
rivalutazione iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale, deve essere rilevato in una riserva di patrimonio netto,
non procurando perciò alcun effetto rilevato a conto economico.
In altri casi (ad esempio immobili non impiegati nell’attività tipica, strumenti finanziari detenuti a scopo speculativo),
la plusvalenza derivante dal maggior valore da fair value attribuito a fine esercizio partecipa direttamente alla
formazione del reddito di esercizio con l’iscrizione nel conto economico.
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Esempi di componenti di reddito che partecipano alla formazione del reddito di esercizio (e che vengono pertanto
rilevati in conto economico) sono:
Ø variazioni di valore derivanti da valutazioni al fair value di investimenti in immobili che non vengono impiegati
nell’attività tipica e che costituiscono pertanto un puro investimento di liquidità;
Ø variazioni di valore derivanti da valutazioni al fair value di partecipazioni in imprese controllate;
Ø variazioni di valore derivanti da valutazioni al fair value di attività biologiche;
Ø variazioni di valore derivanti da valutazioni al fair value di attività e passività finanziarie detenute a scopo
speculativo (financial assets at fair value through P/L);
Ø utili e perdite attuariali derivanti da variazioni di valore a seguito di valutazioni al fair value di piani
pensionistici a benefici definiti;
Ø differenze di cambio su elementi monetari, ossia quegli elementi che implicano il diritto a ricevere (o
l’obbligo a pagare) un ammontare di denaro fisso o determinabile (quali cash, cash equivalent, crediti,
debiti).
Esempi di elementi che derivano dall’applicazione del fair value ad elementi patrimoniali ma che non partecipano
alla formazione del reddito di esercizio e comportano invece una modifica di riserve del patrimonio netto non
contabilizzate nel conto economico sono:
Ø variazioni di valore derivanti da valutazioni al fair value di immobilizzazioni materiali (compresi gli
investimenti in immobili che vengono impiegati nell’attività tipica) e immateriali;
Ø variazioni di valore derivanti da valutazioni al fair value di attività finanziarie disponibili per la vendita
(available for sale), ossia quelle attività finanziarie che non sono detenute a scopo speculativo (financial
assets at fair value through P/L), che non sono attività finanziarie con flussi certi o determinabili e con
scadenza prefissata che l’impresa ha la volontà e la capacità di mantenere fino alla scadenza (held to
maturity, valutate con il criterio del costo ammortizzato) e che non sono attività finanziarie con pagamenti
fissi o determinabili che non sono quotate in un mercato attivo quali i crediti (loans and receivables);
Ø differenze di cambio su elementi non monetari (quali l’avviamento, i risconti, il magazzino, i terreni e i
fabbricati).
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Conseguentemente all’adozione del criterio di valutazione del fair value, nei bilanci redatti in base ai principi
contabili internazionali:
Ø il reddito di esercizio tiene conto anche di utili non realizzati alla data di chiusura dell’esercizio;
Ø alcune variazioni di patrimonio netto derivanti dalla gestione, anch’esse espressive di utili non realizzati,
non partecipano al reddito di esercizio, ma sono comunque considerate ai fini della determinazione del
patrimonio netto.
CLAUSOLA GENERALE:
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VALORI ACCOLTI NEL BILANCIO D’ESERCIZIO:
A parte alcune eccezioni (cfr. pag. 42) il costo è il riferimento base, anche se non esclusivo, nelle misurazioni di
valore codificate dalla disciplina civilistica (art. 2426 c.c.).
Il criterio del costo viene precisato mediante l’identificazione di configurazioni di costo. Ad esempio le
immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto (comprensivo degli oneri accessori) o di produzione (comprensivo di
tutti i costi direttamente imputabili al prodotto).
In prevalenza, il costo rappresenta un limite massimo, ovvero il punto di partenza per valutazioni eventualmente
inferiori. È il caso ad esempio delle rimanenze, che sono valutate al costo di acquisto o di produzione ovvero al
valore netto di realizzo desumibile dall’andamento del mercato, se minore.
In qualche caso, il costo rappresenta un limite minimo, come ad esempio per i lavori in corso su ordinazione (in
ipotesi di commessa “in utile”), che sono iscrivibili in base al corrispettivo maturato con ragionevole certezza fino
alla fine dell’esercizio sulla base dei lavori eseguiti.
Secondo i principi contabili internazionali il criterio del costo è uno dei parametri per la misurazione del capitale e
non il parametro di riferimento come nel caso italiano.
Nei principi contabili internazionali, il fair value espresso da prezzi fatti o negoziati dal mercato è utilizzato in via
obbligatoria ad esempio per la valutazione degli strumenti finanziari detenuti per la negoziazione e degli strumenti
finanziari detenuti per la vendita (IAS 39). In questo caso, il fair value coincide con la quotazione di mercato alla
data di chiusura del bilancio.
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Il fair value rappresentato da valori o da stime di prezzi fattibili (utilizzabile in via alternativa al costo) si applica
ad esempio:
o agli immobili, impianti, macchinari (IAS 16),
o alle immobilizzazioni immateriali diverse da avviamento e marchi (IAS 38),
o agli immobili per investimento (IAS 40).
Nel caso invece delle rimanenze di magazzino (IAS 2), il costo è l’unico criterio di riferimento, a meno che il fair
value esprima un valore inferiore.
Nei principi contabili nazionali, il fair value è utilizzato come criterio di valutazione ad esempio nel caso degli
strumenti finanziari detenuti a scopo di negoziazione o disponibili per la vendita.
Il reddito emergente dal bilancio di esercizio redatto secondo la disciplina civilistica, privilegiando il costo quale
criterio di valutazione e attribuendo particolare rilevanza al principio della prudenza, si qualifica con l’espressione
di “reddito realizzato” o “distribuibile”, a cui si correla un patrimonio che, non evidenziando valori economici positivi
potenziali, ma solo realizzati, e valori negativi anche solo temuti, è posto a tutela della continuità dell’impresa e
delle obbligazioni assunte.
Il bilancio di esercizio redatto con l’adozione dei principi contabili IAS/IFRS, essendo orientato ad esprimere valori
più omogenei con quelli di mercato, tende ad evidenziare il reddito potenzialmente prodotto.
IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI
Gli IAS/IFRS sono più restrittivi di quanto previsto in Italia in tema di possibilità di iscrizione tra le immobilizzazioni
immateriali di alcune classi di costo.
Secondo i principi contabili internazionali, un’attività immateriale è iscrivibile in bilancio se è identificabile,
controllata in conseguenza di eventi passati e generatrice di benefici economici futuri (IAS 38).
Per le imprese italiane che adottano per la prima volta gli IAS/IFRS si pone la necessità di stornare dalle
immobilizzazioni immateriali i costi di impianto e ampliamento, che non possono essere iscritti in bilancio secondo i
principi contabili internazionali.
Secondo il codice civile (art. 2426, comma 6 modificato dal D. Lgs. 139/2015), l’avviamento può essere iscritto
nell’attivo di stato patrimoniale (con il consenso del collegio sindacale) solamente se è stato acquisito a titolo
oneroso e nei limiti del costo sostenuto. L’avviamento deve essere ammortizzato secondo la sua «vita utile», che
deve essere misurata dagli amministratori della società e comunque non può essere superiore a 20 anni. Solo in casi
eccezionali, in cui non è possibile stimare «attendibilmente» la vita utile, il periodo di ammortamento viene fissato
in un lasso temporale che non può essere superiore a 10 anni. Se si decide di effettuare l’ammortamento in un
periodo superiore ai dieci anni, occorre dare spiegazione in nota integrativa dei motivi sottostanti a tale scelta,
specificando quali «fatti e circostanze oggettivi» supportano tale stima.
Secondo i principi contabili internazionali, l’avviamento rappresenta un bene a vita utile indefinita, non è
ammortizzabile ed è soggetto ad «impairment test» con cadenza almeno annuale e, in ogni caso, nel momento in cui
vi è indicazione che l’ammortamento possa aver subito una riduzione di valore. Il test di impairment confronta il
valore contabile cui è iscritto l’avviamento con il suo valore recuperabile affinché l’avviamento risulti iscritto in
bilancio ad un valore non superiore rispetto a quello recuperabile.
TFR
Ø Principi nazionali: iscrizione in bilancio dell’indennità di fine rapporto di lavoro dipendente che l’impresa
dovrebbe erogare nell’ipotesi in cui tutti i dipendenti cessassero di prestare la propria opera l’ultimo giorno
dell’esercizio cui il bilancio si riferisce.
Ø Principi IAS/IFRS: il TFR deve essere esposto in bilancio al valore attuale delle indennità future.
Tale modalità di registrazione pone la necessità di:
- stimare quando i dipendenti cesseranno di prestare la propria opera;
- determinare l’importo dell’indennità che allora sarà dovuta;
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- attualizzare alla data di redazione del bilancio il flusso di cassa in uscita previsto per la liquidazione
dell’indennità.
NT07: LO STATO PATRIMONIALE
INDICE
1. Le disposizioni normative (pag. 3)
2. I principi di classificazione e di rappresentazione delle voci nello Stato patrimoniale (art. 2423-ter Cod. Civ.)
3. Lo Stato patrimoniale ex art. 2424 Cod. Civ. (pag. 11)
4. Lo Stato patrimoniale: l’attivo (pag. 23)
5. Lo Stato patrimoniale: il passivo (pag. 59)
1) DISPOSIZIONI NORMATIVE
Ø L’art. 2424 del Codice Civile disciplina lo schema obbligatorio dello Stato patrimoniale.
Ø L’art. 2423-ter del Codice Civile fornisce le indicazioni relative agli adattamenti degli schemi dello Stato
patrimoniale e del Conto economico.
Ø L’art. 2435-bis del Codice Civile disciplina la struttura degli schemi dello Stato patrimoniale e del Conto
economico in forma abbreviata.
Ø OIC 12.
Nel caso di voci con denominazione generica (ad esempio, altri crediti e altri debiti, crediti e debiti diversi, altri
ricavi e proventi, oneri diversi di gestione) di ammontare rilevante o che includono elementi rilevanti per i destinatari
del bilancio, la società fornisce un dettaglio delle voci più significative o suddividendo la voce o presentandone la
composizione nella Nota integrativa.
Si noti che l’articolo 2427, numero 7 stabilisce che in Nota integrativa occorre indicare “la composizione delle voci
“ratei e risconti attivi” e “ratei e risconti passivi”, della voce “altri fondi” dello Stato patrimoniale, nonché la
composizione della voce “ altre riserve”.
IL RAGGRUPPAMENTO DI VOCI
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Il raggruppamento di voci è consentito solo in presenza di due condizioni alternative:
Ø l’esiguità dell’importo, tale che il raggruppamento non pregiudichi la rappresentazione chiara, veritiera e
corretta;
Ø l’utilità del raggruppamento ai fini della chiarezza del bilancio.
Il raggruppamento riguarda solo voci appartenenti alla stessa classe (o sottoclasse) e non a classi (o sottoclassi)
diverse; esso dà luogo ad una nuova voce di bilancio la cui denominazione dovrebbe essere formata da una
combinazione delle denominazioni delle voci raggruppate.
Le voci precedute da lettere maiuscole dell’alfabeto (classi di voci) o da numeri romani (sottoclassi di voci) non
possono essere raggruppate. L’articolo 2423-ter, comma 3, Codice Civile prevede che “devono essere aggiunte altre
voci (agli schemi dello Stato patrimoniale e del Conto economico) qualora il loro contenuto non sia compreso in
alcune di quelle previste dagli art. 2424 e 2425”.
L’obbligo di aggiungere nuove voci non è limitato a livello delle voci precedute da numeri arabi; pertanto, in astratto,
esso potrebbe riguardare anche le sottoclassi di voci precedute da numeri romani o le classi contrassegnate da
lettere maiuscole. Tuttavia, tenuto conto dell’analiticità degli schemi obbligatori del bilancio e dell’inserimento negli
schemi di voci di chiusura, la necessità di aggiungere voci non previste dagli schemi si presenta di rado, in pratica
solo a fronte di situazioni peculiari di una determinata impresa o settore.
L’articolo 2423-ter, comma 4, Codice Civile prevede che “le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate
quando lo esige la natura dell’attività esercitata”. Le voci degli schemi possono essere adattate per imprese
appartenenti a particolari settori di attività: ad esempio le società immobiliari di gestione potrebbero avere la
necessità di adattare alcune voci del Conto economico. L’adattamento delle voci rappresenta la modifica della
struttura (ferma restando la struttura principale degli schemi formata da classi o sottoclassi), della nomenclatura
e della terminologia delle voci.
Ogni voce dello Stato patrimoniale e del Conto economico deve essere confrontata con la corrispondente voce del
bilancio del precedente esercizio, che deve avere un contenuto omogeneo. La norma facilita la comparazione tra i
bilanci di una stessa società in due esercizi differenti; il lettore del bilancio è, infatti, posto nelle condizioni di
constatare immediatamente, in base ad un unico prospetto, l’andamento di alcune voci di bilancio o di alcune classi
di valore. Ad esempio, il lettore è in grado di comprendere immediatamente se l’indebitamento bancario è aumentato
o diminuito rispetto all’esercizio precedente, o se il valore del magazzino è aumentato o si è ridotto.
L’articolo 2424 del Codice Civile prescrive uno schema obbligatorio, analitico e redatto in modo tale da evidenziare
aggregati parziali.
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ATTIVO
A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti, con separata indicazione della parte già richiamata.
B) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria:
I - Immobilizzazioni immateriali:
1) costi di impianto e di ampliamento;
2) costi di sviluppo;
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5) avviamento;
6) immobilizzazioni in corso e acconti;
7) altre.
Totale.
II - Immobilizzazioni materiali:
1) terreni e fabbricati;
2) impianti e macchinario;
3) attrezzature industriali e commerciali;
4) altri beni;
5) immobilizzazioni in corso e acconti.
Totale.
III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili
entro l’esercizio successivo:
1) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
b) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
d) imprese sottoposte al controllo delle controllanti;
d-bis) altre imprese;
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
d) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti;
d-bis) verso altri;
3) altri titoli;
4) strumenti finanziari derivati attivi.
Totale.
C) Attivo circolante
I - Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
Totale.
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II - Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio
successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
5) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti
5-bis) crediti tributari;
5-ter) imposte anticipate;
5-quater) verso altri.
Totale.
IV - Disponibilità liquide:
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) danaro e valori in cassa.
Totale.
Totale attivo circolante (C).
D) Ratei e risconti.
PASSIVO
A) Patrimonio netto:
I - Capitale
II - Riserva da sopraprezzo delle azioni
III - Riserve di rivalutazione
IV - Riserva legale
V - Riserve statutarie
VI - Altre riserve, distintamente indicate
VII – Riserva per operazioni di copertura di flussi finanziari attesi. VIII - Utili (perdite) portati a nuovo
IX - Utile (perdita) dell’esercizio
X – Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio.
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Totale.
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio
successivo:
1) obbligazioni;
2) obbligazioni convertibili;
3) debiti verso soci per finanziamenti;
4) debiti verso banche;
5) debiti verso altri finanziatori;
6) acconti;
7) debiti verso fornitori;
8) debiti rappresentati da titoli di credito;
9) debiti verso imprese controllate;
10) debiti verso imprese collegate;
11) debiti verso controllanti;
11-bis) debiti verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti;
12) debiti tributari;
13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
14) altri debiti.
Totale.
E) Ratei e risconti.
L’articolo 2424, comma 2, Codice Civile stabilisce che “se un elemento dell’attivo o del passivo ricade sotto più voci
dello schema, nella Nota integrativa deve annotarsi, qualora ciò sia necessario ai fini della comprensione del bilancio,
la sua appartenenza anche a voci diverse da quella nella quale è iscritto”.
L’iscrizione dell’elemento dell’attivo o del passivo che ricadrebbe sotto più voci è effettuata nella voce che il
redattore del bilancio ritiene possa essere più rilevante rispetto alle esigenze conoscitive degli utilizzatori del
bilancio, salvo i casi in cui singoli principi contabili prevedano un trattamento specifico.
Le immobilizzazioni devono essere iscritte nello Stato patrimoniale a valori netti; le rettifiche (ammortamenti e
svalutazioni) devono essere portate in diretta diminuzione del valore lordo.
Il dettaglio delle informazioni sulle movimentazioni delle immobilizzazioni deve essere fornito nella Nota integrativa.
La Nota integrativa deve altresì fornire adeguata informativa su qualsiasi posta rettificativa delle voci dell’attivo,
anche quando l’informazione non è espressamente richiesta dal Codice Civile.
Le immobilizzazioni immateriali sono caratterizzate dalla mancanza di tangibilità: per questo vengono definite
“immateriali”.
Esse sono costituite da costi che non esauriscono la loro utilità in un solo periodo, ma manifestano i benefici economici
lungo un arco temporale di più esercizi.
La classificazione delle immobilizzazioni immateriali prevista nello schema dello Stato patrimoniale, sotto il profilo
tecnico-contabile, può essere analizzata come segue:
Ø oneri pluriennali, cioè costi che pur non concretizzandosi nell'acquisizione o produzione interna di beni o diritti
possono essere iscritti nell’attivo patrimoniale in virtù del principio di correlazione costi/ricavi (rientrano in
tale categoria i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo);
Ø beni immateriali, cioè attività identificabili prive di consistenza fisica che non esauriscono la loro utilità in un
solo periodo amministrativo (rientrano in tale categoria i diritti di brevetto industriale, i diritti di utilizzazione
delle opere dell’ingegno, le concessioni, le licenze, i marchi e i diritti simili);
Ø avviamento;
Ø immobilizzazioni immateriali in corso e acconti.
I benefici economici futuri derivanti da un’immobilizzazione immateriale includono i proventi originati dalla vendita
di prodotti o servizi, i risparmi di costo od altri benefici derivanti dall’utilizzo dell’attività immateriale da parte
della società.
b) I beni immateriali:
Ø sono beni non monetari, individualmente identificabili, privi di consistenza fisica;
Ø sono, di norma, rappresentati da diritti giuridicamente tutelati.
In virtù di tali diritti, la società ha il potere esclusivo di sfruttare, per un periodo determinato, i benefici
futuri attesi da tali beni; essi sono suscettibili di valutazione e qualificazione autonome. Essi comprendono:
Ø i diritti di brevetto industriale;
Ø i diritt di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
Ø le concessioni (ossia provvedimenti con i quali la pubblica amministrazione trasferisce ad altri soggetti i
propri diritti o poteri, con i relativi oneri ed obblighi);
Ø le licenze (ossia le autorizzazioni con le quali si consente l'esercizio di attività regolamentate, come ad
esempio, le licenze di commercio al dettaglio, ecc.).
Ø i marchi e altri diritti simili (ossia il segno distintivo dell'azienda o di un suo prodotto fabbricato e/o
commercializzato).
c) l’avviamento
Si definisce avviamento l'attitudine di un'azienda a produrre utili che derivino o da fattori specifici che, pur
concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non
hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto
alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell'organizzazione delle risorse in un sistema efficiente.
L'avviamento può essere generato internamente, ovvero può essere acquisito a titolo oneroso (in seguito
all’acquisto di un’azienda o ramo d’azienda).
Ai fini della sua iscrizione e del suo trattamento contabile, l ’ avviamento rappresenta solo la parte di
corrispettivo riconosciuta a titolo oneroso, non attribuibile ai singoli elementi patrimoniali acquisiti di un’azienda
ma piuttosto riconducibile al suo valore intrinseco, che in generale può essere posto in relazione a motivazioni,
quali: il miglioramento del posizionamento dell’impresa sul mercato, l’extra reddito generato da prodotti
innovativi o di ampia richiesta, la creazione di valore attraverso sinergie produttive o commerciali, eccetera.
LE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI
Le immobilizzazioni materiali sono beni tangibili di uso durevole costituenti parte dell’organizzazione permanente
delle società, la cui utilità economica si estende oltre i limiti di un esercizio. Il riferirsi a fattori e condizioni
durature non è caratteristica intrinseca ai beni come tali, bensì alla loro destinazione. Esse sono normalmente
impiegate come strumenti di produzione del reddito della gestione caratteristica e non sono, quindi, destinate alla
vendita, né alla trasformazione per l’ottenimento dei prodotti della società.
Sono immobilizzazioni materiali i beni che hanno le caratteristiche di seguito riportate:
a) sono beni che hanno un’utilità pluriennale e quindi possono concorrere alla formazione del risultato
economico e dalla situazione patrimoniale-finanziaria di più esercizi;
b) sono beni materiali acquistati o prodotti, o in corso di costruzione ovvero somme anticipate a fronte
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del loro acquisto;
c) l’uso durevole delle immobilizzazioni materiali presuppone l’esistenza di fattori e condizioni
produttive la cui utilità economica si estende oltre i limiti di un esercizio; esse incorporano una
potenzialità di servizi produttivi (utilità) che si prevede saranno resi durante la loro vita utile.
LA CLASSIFICAZIONE DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI:
L’articolo 2424 Codice Civile prevede che le immobilizzazioni materiali siano iscritte nell’attivo dello Stato
patrimoniale alla voce B.II con la seguente classificazione:
1) terreni e fabbricati
2) impianti e macchinario
3) attrezzature industriali e commerciali
4) altri beni
5) immobilizzazioni in corso e acconti.
LE IMMOBILIZZAZIONI FINANZIARIE
Le immobilizzazioni finanziarie sono rappresentate da partecipazioni, crediti, titoli e azioni proprie.
La classificazione prevista dall'articolo 2424 Codice Civile è la seguente:
2) crediti:
a) verso imprese controllate
b) verso imprese collegate
c) verso controllanti
d) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti
d-bis) verso altri
3) altri titoli
le partecipazioni:
La classificazione nell’attivo immobilizzato e nell’attivo circolante dipende dalla destinazione della partecipazione.
Le partecipazioni destinate ad una permanenza durevole nel portafoglio della società si iscrivono tra le
immobilizzazioni, le altre vengono iscritte nell’attivo circolante.
Al fine di determinare l’esistenza della destinazione a permanere durevolmente nel patrimonio dell’impresa si
considerano la volontà della direzione aziendale e l’effettiva capacità della società di detenere le partecipazioni
per un periodo prolungato di tempo.
Sul significato di immobilizzazione finanziaria il Legislatore nell'articolo 2424-bis, precisa: “Gli elementi patrimoniali
destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni. Le partecipazioni in altre
imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal terzo comma dell'art. 2359 si presumono immobilizzazioni”.
Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate,
a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
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Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si
presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la
società ha azioni quotate in mercati regolamentati».
Per il Codice Civile sono immobilizzazioni finanziarie le partecipazioni destinate, per decisione degli organi
amministrativi della società ad investimento durevole e, per presunzione di legge, le partecipazioni in altre imprese
in misura non inferiore ad un quinto del capitale della partecipata, ovvero ad un decimo se quest'ultima ha azioni
quotate in mercati regolamentati.
Si tratta di presunzione non assoluta; infatti, partecipazioni superiori al quinto (o al decimo) fanno parte dell'attivo
circolante se sono destinate ad essere alienate entro breve termine.
In coerenza con quanto sopra, in relazione alle proprie strategie aziendali, gli organi amministrativi possono
destinare, nel rispetto del criterio della destinazione economica, un portafoglio di partecipazioni della medesima
specie, in parte ad investimento duraturo, da iscriversi nell’attivo immobilizzato, in parte alla negoziazione, da
iscriversi nell’attivo circolante.
i crediti
L’articolo 2424 Codice Civile prevede che i crediti iscritti nelle immobilizzazioni finanziarie siano indicati come
segue:
B.III-2 — Crediti:
a. verso imprese controllate
b. verso imprese collegate
c. verso controllanti
d. verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti
d-bis. verso altri.
La classificazione dei crediti tra l’attivo circolante e le immobilizzazioni finanziarie non è effettuata sulla base del
criterio finanziario (cioè sulla base del periodo di tempo entro il quale le attività si trasformeranno in liquidità),
bensì sulla base del ruolo svolto dalle diverse attività nell'ambito dell'ordinaria gestione aziendale. In sostanza, la
classificazione dei valori patrimoniali attivi si fonda sul criterio della “destinazione” (o dell’origine) degli stessi
rispetto all'attività ordinaria.
In particolare, il legislatore richiede la separata indicazione: dei crediti considerati tra le immobilizzazioni
finanziarie (cioè di origine finanziaria) i cui importi sono esigibili entro l'esercizio successivo (si veda voce BIII2
dell'attivo); e dei crediti ricompresi nell'attivo circolante (tendenzialmente di origine commerciale) i cui importi sono
esigibili oltre l'esercizio successivo (si veda voce CII dell'attivo).
In questo modo lo schema in esame fornisce, benché in modo frazionato e senza un riepilogo, alcune informazioni di
natura finanziaria.
LE RIMANENZE
L’articolo 2424 Codice Civile prevede che le rimanenze di magazzino siano iscritte nell’attivo dello Stato patrimoniale
alla classe C.I con la seguente classificazione:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotto in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
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Le diverse tipologie di rimanenze:
Le rimanenze di magazzino rappresentano beni destinati alla vendita o che concorrono alla loro produzione nella
normale attività della società.
Le principali tipologie di rimanenze di magazzino disciplinate sono:
Ø le materie prime, ivi compresi i beni acquistati soggetti ad ulteriori processi di trasformazione (cd.
semilavorati di acquisto);
Ø le materie sussidiarie e di consumo (costituite da materiali usati indirettamente nella produzione);
Ø i prodotti in corso di lavorazione (materiali, parti e assiemi in fase di avanzamento);
Ø i semilavorati (parti finite di produzione interna destinate ad essere utilizzate in un successivo processo
produttivo);
Ø le merci (beni acquistati per la rivendita senza subire rilevanti trasformazioni);
Ø i prodotti finiti (prodotti di propria fabbricazione).
La voce “acconti” comprende le somme corrisposte ai fornitori prima della consegna dei relativi beni.
Qualche ulteriore indicazione può essere fornita in relazione alla differenza tra i prodotti in corso di lavorazione e
i semilavorati.
In particolare, i prodotti in corso di lavorazione e i semilavorati esprimono beni ad una fase intermedia del processo
di realizzazione tecnico-economica del prodotto finito; tuttavia:
§ i prodotti in corso di lavorazione non sono dotati di un autonomo mercato ma possono essere unicamente
impiegati per il proseguimento dei processi di trasformazione tecnico-economica;
§ i semilavorati, ancorché usualmente destinati a diventare prodotti finiti, presentano una loro chiara
identificazione fisica che li connota come beni suscettibili di vendita in via autonoma.
Un lavoro in corso su ordinazione (o commessa) si riferisce a un contratto, di durata normalmente ultrannuale, per
la realizzazione di un bene (o una combinazione di beni) o per la fornitura di beni o servizi non di serie che insieme
formino un unico progetto, ovvero siano strettamente connessi o interdipendente per ciò che riguarda la loro
progettazione, tecnologia e funzione o la loro utilizzazione finale. I lavori su ordinazione sono eseguiti su ordinazione
del committente secondo le specifiche tecniche da queste richieste.
I lavori in corso su ordinazione sono normalmente affidati con contrati di appalto o altri atti aventi contenuti
economici simili (ad esempio, la vendita di cosa futura, alcuni tipi di concessioni amministrative) concernenti la
realizzazione di opere, edifici, strade, ponti, dighe, navi, impianti, la fornitura di servizi direttamente correlati alla
realizzazione di un’opera (ad esempio, servizi di progettazione) o la fornitura di più beni o servizi pattuiti come
oggetto unitario.
Per lavoro in corso su ordinazione di durata ultrannuale s’intende un contratto di esecuzione che investe un periodo
superiore a dodici mesi.
Per durata s’intende il tempo che intercorre tra la data d’inizio di realizzazione dei beni e/o servizi e la data di
ultimazione e consegna dei beni e/o prestazione dei servizi entrambe determinate dal contratto; ciò
indipendentemente dalla data in cui si è perfezionato il contratto.
I CREDITI
L’articolo 2424 Codice Civile prevede che i crediti siano esposti nell’attivo circolante dello Stato patrimoniale come
segue:
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C.II — Crediti:
1. verso clienti
2. verso imprese controllate
3. verso imprese collegate
4. verso controllanti
5. verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti
5-bis crediti tributari
5-ter imposte anticipate
5-quater. verso altri.
La scadenza dei crediti assume rilevanza per darne separata evidenza nello Stato patrimoniale.
Ai fini della classificazione, la scadenza è determinata in base ai termini di fatto del realizzo quando questi
contrastano con i presupposti contrattuali o giuridici. Va quindi effettuata una valutazione per determinare quali
crediti è ragionevole prevedere verranno incassati entro dodici mesi.
I crediti sono esposti nello Stato patrimoniale al nello di svalutazioni e altre rettifiche (ad esempio rettifiche di
fatturazione, sconti ed abbuoni) per ridurli al valore di presunto realizzo, salvo i casi in cui i crediti cui tali
accantonamenti si riferiscono non siano più iscritti in bilancio ovvero le rettifiche comportano il pagamento di somme.
In tali casi essi sono esposti come passività, nei fondi per rischi ed oneri o nei debiti, a seconda del rapporto
sottostante.
I crediti verso imprese controllate, collegate, controllanti o verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti,
come definite ai sensi dell'articolo 2359 Codice Civile, sono rilevati nelle apposite voci B.III-2 (crediti finanziari) o
C.II-4 (crediti commerciali).
Tali crediti hanno indicazione separata nello schema dello Stato patrimoniale sia perché le operazioni infragruppo
possono essere condotte su una base contrattuale non indipendente, sia perché essi possono avere caratteristiche
di realizzo diverse dagli altri crediti.
Le voci in parola sono destinate ad accogliere i crediti che derivano sia da normali operazioni commerciali di fornitura,
sia da operazioni – non riconducibili ai valori immobilizzati – di finanziamento.
LE DISPONIBILITÀ LIQUIDE
L’articolo 2424 Codice Civile prevede che le disponibilità liquide siano iscritte alla voce dell’attivo circolante C.IV
“Disponibilità liquide”, nelle seguenti voci:
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) denaro e valori in cassa.
Le disponibilità liquide così costituite possono comprendere moneta, assegni e depositi bancari e postali espressi in
valuta.
In mancanza di indicazioni specifiche, le disponibilità liquide esposte nello Stato patrimoniale si presumono essere
immediatamente utilizzabili per qualsiasi scopo della società.
I depositi bancari e postali sono disponibilità presso il sistema bancario o l'amministrazione postale, aventi il requisito
di poter essere incassati a pronti o a breve termine.
Gli assegni sono titoli di credito bancari (di conto corrente, circolari e simili) esigibili a vista, nazionali ed esteri.
Il denaro e i valori in cassa sono costituiti da moneta e valori bollati (francobolli, marche da bollo, carte bollate,
ecc.).
La contropartita nel Conto economico dell’iscrizione di un rateo attivo trova collocazione fra i proventi secondo la
natura del rapporto economico.
La contropartita nel Conto economico dell’iscrizione di un risconto attivo trova collocazione a rettifica del correlato
costo.
La rettifica così attuata produce la diretta riduzione dell’onere originariamente rilevato in modo che, nel Conto
economico, emerga la sola quota di competenza dell’esercizio.
Il capitale sociale rappresenta l’importo nominale dei conferimenti in denaro e in natura che i soci hanno effettuato
a tale titolo e di quelli che si sono impegnati ad effettuare in sede di sottoscrizione del capitale, aggiornato per le
modifiche dovute ad altre operazioni sul capitale (aumenti gratuiti e riduzioni del capitale).
L’utile (perdita) dell’esercizio è il risultato economico netto dell’esercizio che scaturisce dal Conto economico e
rappresenta la differenza tra i ricavi e i costi di competenza dell’esercizio. Tale risultato determina un incremento
(decremento) del patrimonio netto della società riconducibile alla gestione e determinato secondo la tecnica di
valutazione di esercizio, ovvero senza ricorrere a operazioni di rivalutazione.
Le riserve di utili sono generalmente costituite in sede di riparto dell’utile netto risultante dal bilancio d’esercizio
approvato, mediante esplicita destinazione a riserva, o mediante semplice delibera di non distribuzione in modo che
l’eventuale utile residuo venga accantonato nella voce A.VIII “Utili (perdite) portati a nuovo” del passivo dello
Stato patrimoniale.
Le riserve di capitale rappresentano le quote di Patrimonio netto che derivano, per esempio, da ulteriori apporti dei
soci, dalla conversione di obbligazioni in azioni, dalle rivalutazioni monetarie e dalla rinuncia di crediti da parte dei
soci.
Nella voce A.I “Capitale” si iscrive l’importo nominale del capitale sociale di costituzione e delle successive
sottoscrizioni degli aumenti di capitale da parte dei soci anche se non ancora interamente versati, aggiornato per
le modifiche dovute ad altre operazioni sul capitale (aumenti gratuiti e riduzioni del capitale). Il credito verso soci
per versamenti ancora dovuti (con separata indicazione della parte già richiamata) è iscritto nella voce A “Crediti
verso soci per versamenti ancora dovuti” dell’attivo dello Stato patrimoniale.
Nella voce A.III “Riserve di rivalutazione” si iscrivono le rivalutazioni dei beni materiali ed immateriali e delle
attività finanziarie previste dalle leggi speciali in materia, alcune delle quali possono prevedere una specifica
evidenza in bilancio.
Nella voce A.IV “Riserva legale” si iscrive la quota dell’utile dell’esercizio che l’assemblea ha destinato a tale
riserva. L’articolo 2430 Codice Civile obbliga ad accantonare in tale riserva almeno il 5% dell’utile dell’esercizio
fino a quando l’importo della riserva non abbia raggiunto il quinto del capitale sociale.
Nel caso in cui, per qualsiasi ragione, l’importo della riserva legale scenda al di sotto del limite del quinto del
capitale sociale occorre provvedere al suo reintegro con il progressivo accantonamento di almeno il ventesimo degli
utili netti.
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Se è stato emesso un prestito obbligazionario ed il capitale è stato ridotto in conseguenza di perdite, la riserva
legale deve essere reintegrata finché l’ammontare del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili
non sia pari alla metà dell’ammontare delle obbligazioni in circolazione (articolo 2413 Codice Civile).
Nella voce A.V “Riserve statutarie” si iscrivono tutte le tipologie di riserve previste dallo statuto della società.
Le condizioni, i vincoli e le modalità di formazione e movimentazione di queste riserve sono disciplinate dallo statuto.
Nella voce A.VI “Altre riserve” si classificano tutte le altre riserve che non sono già state iscritte nelle precedenti
voci del patrimonio netto.
Rientrano, ad esempio, in questa voce le seguenti riserve:
§ una riserva facoltativa nella prassi spesso chiamata “Riserva straordinaria”, generalmente di tipo generico,
salvo che l’assemblea ne disciplini una specifica destinazione. In questo caso, il suo utilizzo è sottoposto
alle formalità richieste per il futuro atto di destinazione;
§ la “Riserva da deroghe ex articolo 2423 Codice Civile”, che si costituisce nei casi eccezionali in cui
l’applicazione di una disposizione del Codice Civile, riguardante le regole di redazione del bilancio, sia
incompatibile con il principio di rappresentazione veritiera e corretta. In tali casi, gli eventuali utili
derivanti dall’applicazione della deroga, ai sensi dell’articolo 2423, comma 5, Codice Civile devono essere
iscritti in della riserva, non distribuibile se non in misura pari al valore recuperato
§ la “Riserva azioni (quote) della società controllante”, che ai sensi dell’art. 2359-bis, comma 4, del Codice
Civile è indisponibile e accoglie l’importo delle azioni o quote della società controllante possedute dalla
controllata fin tanto che non sono trasferite;
§ la “Riserva da rivalutazione delle partecipazioni”, che non è distribuibile e le plusvalenze, derivanti
dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore delle partecipazioni indicato nel bilancio
dell’esercizio precedente (vedi OIC 17 “Bilancio consolidato e metodo del patrimonio netto”);
§ i “Versamenti in conto aumento di capitale” che rappresentano una riserva di capitale, con un preciso vincolo
di destinazione, la quale accoglie gli importi di capitale sottoscritti dai soci, in ipotesi di aumento di capitale
scindibile, quando la procedura di aumento del capitale sia ancora in corso alla data di chiusura del bilancio;
§ i “Versamenti in conto futuro aumento” di capitale che rappresentano una riserva di capitale avente uno
specifico vincolo di destinazione, nella quale sono iscritti i versamenti non restituibili effettuati dai soci in
via anticipata, in vista di un futuro aumento di capitale;
§ i “Versamenti in conto capitale” che rappresentano una riserva di capitale che accoglie il valore di nuovi
apporti operati dai soci, pur in assenza dell’intendimento di procedere a futuri aumenti di capitale;
§ i “Versamenti a copertura perdite” effettuati dopo che si sia manifestata una perdita; in tal caso, la riserva
che viene a costituirsi presenta una specifica destinazione.
Nella voce A.VIII “Utili (perdite) portati a nuovo” si iscrivono i risultati netti di esercizi precedenti che non siano
stati distribuiti o accantonati ad altre riserve e le perdite non ripianate.
Nella voce A.IX “Utile (perdita dell’esercizio)” si iscrive il risultato dell’esercizio che scaturisce dal Conto
economico.
Nella voce A.X “Riserva negativa per azioni proprie in portafoglio” si iscrive (con segno negativo) il valore delle
azioni proprie acquistate dalla società. Essa è iscritta al momento in cui le azioni sono entrate nel patrimonio della
società ed è destinata ad accogliere il valore delle azioni proprie.
Tenuto conto dei requisiti per la rilevazione di un accantonamento, un fondo per rischi o per oneri non può iscriversi
per:
Ø rettificare i valori dell’attivo;
Ø coprire rischi generici, in quanto non correlati a perdite o debiti con natura determinata e, pertanto, non
riferibili a situazioni e condizioni che alla data del bilancio hanno originato una passività;
Ø effettuare accantonamenti per oneri o perdite derivanti da eventi avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio
e relativi a situazioni che non erano in essere alla data di bilancio;
Ø rilevare passività potenziali ritenute probabili, ma il cui ammontare non può essere determinato se non in
modo aleatorio ed arbitrario. Conseguentemente, la relativa perdita, ancorché probabile, non è suscettibile
di alcuna stima attendibile, neanche di un importo minimo o di un intervallo di valori;
Ø rilevare passività potenziali ritenute possibili o remote.
Per potenzialità si intende una situazione, una condizione od una fattispecie esistente alla data di bilancio,
caratterizzate da uno stato d’incertezza, che al verificarsi o meno di uno o più eventi futuri, potranno concretizzarsi
in una perdita (passività potenziale), ovvero in un utile (attività potenziale).
Le passività potenziali rappresentano passività connesse a “potenzialità”, cioè a situazioni già esistenti alla data di
bilancio, ma con esito pendente in quanto si risolveranno in futuro.
In relazione al loro grado di realizzazione e di avveramento, gli eventi futuri possono classificarsi in probabili,
possibili o remoti. In particolare:
Ø un evento è probabile quando il suo accadimento è ritenuto più verosimile, piuttosto che il contrario (cioè
non meramente eventuale), in base a motivi ed argomenti oggettivi e attendibili, ma non certi. Opinione
probabile è del resto quella basata su ragioni tali da meritare l’assenso di persona prudente;
Ø un evento è possibile quando dipende da una circostanza che può o meno verificarsi; quindi il grado di
accadimento dell’evento futuro è inferiore al probabile. Si tratta dunque di eventi contraddistinti da una
ridotta probabilità di realizzazione;
Ø un evento è remoto quando ha scarsissime possibilità di verificarsi; ovvero, potrà accadere solo in situazioni
eccezionali.
La voce pertanto comprende i fondi per fronteggiate determinati rischi e oneri futuri e non costituisce una posta
rettificativa o correttiva di valori iscritti all'attivo.
Le passività che danno luogo alla costituzione degli accantonamenti possono essere di due tipi:
quelli relativi a passività certe, il cui ammontare o la cui data di sopravvenienza sono indeterminati (fondi per oneri);
quelli per passività probabili relative a perdite originate da situazioni esistenti alla data di bilancio ma
caratterizzate da uno stato di incertezza (fondi per rischi).
Ad esempio:
Ø il fondo garanzia prodotti accoglierà la stima degli oneri connessi alla copertura dei costi dipendenti
72
dall’attivazione delle garanzie contrattuali a fronte di ricavi già conseguiti;
Ø il fondo controversie legali sarà finalizzato alla copertura dei rischi che derivano da contenziosi legali in
essere, tenuto conto delle probabili conseguenze economiche che da tali contenziosi possono derivare.
Nell’illustrazione della composizione della voce “altri fondi” la Nota integrativa deve fornire:
Ø la descrizione della situazione d’incertezza e l’indicazione dell’ammontare dello stanziamento, relativo alla
perdita connessa da considerarsi probabile;
Ø l’evidenza del rischio di ulteriori perdite, se vi è la possibilità di subire perdite addizionali rispetto agli
ammontari degli accantonamenti iscritti;
Ø nel caso di passività potenziali ritenute probabili, ma il cui ammontare non può essere determinato se non
in modo aleatorio ed arbitrario, l’indicazione che l’evento è probabile e le stesse informazioni da fornire
nel caso di passività potenziali ritenute possibili;
Ø l’evidenza della possibilità di sostenere perdite connesse alla mancata assicurazione di rischi solitamente
assicurati (ad esempio, quando l’impresa decide di auto assicurarsi), ovvero nel caso di indisponibilità di
assicurazione;
Ø l’evidenza delle variazioni dei fondi relative ad accantonamenti che hanno trovato contropartita in voci del
Conto economico diverse dalle voci B.12 e B.13.
Nel caso di passività potenziali ritenute possibili, sono indicate in Nota integrativa le seguenti informazioni:
Ø la situazione d’incertezza, ove rilevante, che procurerebbe la perdita;
Ø l’importo stimato o l’indicazione che lo stesso non può essere determinato;
Ø altri possibili effetti se non evidenti;
Ø l’indicazione del parere della direzione dell’impresa e dei suoi consulenti legali ed altri esperti, ove
disponibili.
Lo schema previsto dal Codice Civile individua la seguente classificazione dei fondi per rischi ed oneri come segue:
• la voce B.1 “per trattamento di quiescenza e obblighi simili”, accoglie i fondi previdenziali integrativi, diversi
dal trattamento di fine rapporto ex articolo 2120 Codice Civile, nonché le indennità una tantum, quali ad
esempio:
Ø Fondi di indennità per cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
Ø Fondi di indennità per cessazione di rapporti di agenzia, rappresentanza, ecc.;
Ø Fondi di indennità suppletiva di clientela;
Ø Fondi per premi di fedeltà riconosciuti ai dipendenti.
• la voce B.3 “strumenti finanziari derivati passivi” accoglie gli strumenti finanziari derivati con fair value
negativo alla data di valutazione. Per la definizione di strumento derivato, le modalità di rilevazione e
valutazione in bilancio, i relativi obblighi di informativa e le disposizioni di prima applicazione si rinvia all’apposito
principio contabile nazionale (OIC 32 – Strumenti finanziari derivati);
• la voce B.4 “altri” accoglie le tipologie di fondi per rischi e oneri diverse da quelle precedenti, quali ad
esempio:
Ø Fondi per cause in corso;
Ø Fondi per garanzie prestate;
Ø Fondi per eventuali contestazioni da parte di terzi;
Ø Fondi per manutenzione ciclica;
Ø Fondi per manutenzione e ripristino dei beni gratuitamente devolvibili;
Ø Fondi per operazioni e concorsi a premio;
Ø Fondi per resi di prodotti;
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Ø Fondi per recupero ambientale;
Ø Fondi per prepensionamento e ristrutturazioni aziendali;
Ø Fondi per contratti onerosi.
I debiti:
Ø sono passività di natura determinata ed esistenza certa, che rappresentano obbligazioni a pagare ammontari
fissi o determinabili di disponibilità liquide, o di beni/servizi aventi un valore equivalente, di solito ad una
data stabilita. Tali obbligazioni sono nei confronti di finanziatori, fornitori e altri soggetti;
Ø differiscono dai fondi per rischi e per oneri che, invece, accolgono gli accantonamenti destinati a coprire
perdite o debiti aventi natura determinata, esistenza certa o probabile ed il cui ammontare o data di
sopravvenienza è indeterminato alla chiusura dell’esercizio;
Ø differiscono dagli impegni che rappresentano accordi per adempiere in futuro a certe obbligazioni assunte o
a svolgere o eseguire determinate azioni o attività.
L’articolo 2424 Codice Civile richiede la separata indicazione, per ciascuna voce dei debiti, dell’importo esigibile
entro ed oltre l’esercizio successivo.
La classificazione dei debiti tra esigibili entro e oltre l’esercizio successivo è effettuata con riferimento alla loro
scadenza contrattuale o legale, tenendo conto anche di fatti ed eventi previsti nel contratto che possono
determinare una modifica della scadenza originaria, avvenuti entro la data di riferimento del bilancio.
Nel caso in cui la società violi una clausola contrattuale prevista per un debito a lungo termine entro la data di
riferimento del bilancio, con la conseguenza che il debito diventa immediatamente esigibile, essa classifica il debito
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come esigibile entro l’esercizio, a meno che tra la data di chiusura dell’esercizio e prima della data di formazione
del bilancio, non intervengano nuovi accordi contrattuali che legittimano la classificazione come debiti a lungo
termine.
Nel caso di sostituzione di un prestito a breve con un presto a lungo termine si concluda tra la data di riferimento
del bilancio e la data di formazione del bilancio, il debito continua ad essere classificato come esigibile entro
l’esercizio successivo.
D.6 Acconti.
La voce D.6 accoglie gli anticipi ricevuti dai clienti per forniture di beni o servizi non ancora effettuate; inoltre
accoglie i debiti per acconti, con o senza funzione di caparra, su operazioni di cessione di immobilizzazioni materiali,
immateriali e finanziarie.
D.9, D.10, D.11 e D.11-bis Debiti verso imprese controllate, collegate, controllanti e verso imprese sottoposte
al controllo delle controllan2.
Le voci D.9, D.10, D.11 e D.11-bis accolgono rispettivamente i debiti verso imprese controllate, collegate e
controllanti e verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti, come definite ai sensi dell’articolo 2359
Codice Civile. La voce D.11 accoglie anche i debiti verso le controllanti che controllano la società, indirettamente,
tramite loro controllate intermedie. La voce D.11-bis accoglie i debiti verso imprese soggette a comune controllo
(cd. imprese sorelle), diverse dalle imprese controllate, collegate o controllanti.
Tali debiti hanno indicazione separata nello schema di bilancio sia perché le operazioni infragruppo possono essere
condotte su una base contrattuale non indipendente, sia perché essi possono avere caratteristiche di rimborso
diverse dagli altri debiti.
INDICE
a. Le disposizioni normative
b. I principi di classificazione e di rappresentazione delle voci nel Conto economico
c. Il Conto economico ex art. 2425 Cod. Civ.
d. Il Conto economico: Macroclasse A
e. Il Conto economico: Macroclasse B
f. Il Conto economico: la differenza tra Valore della produzione e Costi della produzione (A-B)
g. Il Conto economico: Macroclasse C
h. Il Conto economico: Macroclasse D
i. Il Conto economico: Imposte sul reddito
1. DISPOSIZIONI NORMATIVE
a. L’art. 2425 del Codice Civile disciplina lo schema obbligatorio del Conto economico.
b. L’art. 2423-ter del Codice Civile fornisce le indicazioni relative agli adattamenti degli schemi del Stato
patrimoniale e del Conto economico.
c. L’art. 2435-bis del Codice Civile disciplina la struttura degli schemi dello Stato patrimoniale e del Conto
economico in forma abbreviata.
d. OIC 12.
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cessione; svalutazioni e ripristini di valore tutti relativi a titoli, partecipazioni, conti bancari, crediti iscritti nelle
immobilizzazioni e finanziamenti di qualsiasi natura attivi e passivi; utili e perdite su cambi.
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Risultato prima delle imposte (A - B +/- C +/- D)
20) imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite e anticipate
21) utile (perdite) dell’esercizio
Contiene tutti gli elementi che concorrono alla determinazione del valore della produzione ottenuta
indipendentemente dall’effettiva vendita del prodotto. Sono ricavi che appartengono sia alla gestione caratteristica
sia alla gestione extracaratteristica
A.5) ALTRI RICAVI E PROVENTI, CON SEPARATA INDICAZIONE DEI CONTRIBUTI IN CONTO ESERCIZIO
La voce comprende tutti i componenti positivi di reddito non finanziari, riguardanti l’attività accessoria.
Il suo contenuto può essere così schematizzato:
a) Proventi derivanti dalle attività accessorie (specie immobiliare ed agricola), al netto anche delle relative
rettifiche:
i. fitti attivi di terreni, fabbricati, impianti, macchinari, ecc.;
ii. canoni attivi e royalty da brevetti, marchi, diritti d’autore, ecc.;
iii. ricavi derivanti dalla gestione di aziende agricole.
c) Ripristini di valore
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§ La voce A5 comprende i ripristini di valore (nei limiti del costo) a seguito di precedenti svalutazioni delle
immobilizzazioni materiali ed immateriali nonché dei crediti iscritti nell’attivo circolante e delle disponibilità
liquide (se le precedenti svalutazioni sono state iscritte alla voce B10).
I contributi in conto esercizio sono rilevati nell’esercizio in cui è sorto con certezza il diritto a percepirli, che può
essere anche successivo all’esercizio al quale essi sono riferiti. Devono essere rilevati anche i contributi erogati in
occasione di fatti eccezionali (ad esempio, calamità naturali come terremoti, inondazioni, ecc.).
Tra i contributi in conto esercizio sono compresi quelli relativi all’acquisto di materiali. Ai fini della valutazione
delle rimanenze, tali contributi sono portati in diminuzione del costo di acquisto dei materiali: in questo modo, la
valutazione delle rimanenze permette di sospendere i costi effettivamente sostenuti, ossia al netto dei contributi
ricevuti.
Pertanto, i costi sostenuti per gli acquisti di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci sono rilevati tra i costi
della produzione, alla voce B6), al lordo dei contributi in conto esercizio ricevuti per tali acquisti; la variazione delle
rimanenze di materie prime, semilavorati e prodotti finiti è indicata nelle voci B11) o A 2) al netto dei contributi
ricevuti (cfr. paragrafo 15 OIC 13 “Rimanenze”,).
La voce A.5) comprende anche i proventi derivanti dalla prescrizione dei debiti e la quota, di competenza
dell’esercizio in corso, dei contributi pubblici commisurati al costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali,
che vengono differiti attraverso l’iscrizione di un risconto passivo. Ove il contributo stesso venga invece portato in
detrazione del costo dell’immobilizzazione, il beneficio di competenza derivante dal contributo affluisce al conto
economico attraverso il minor onere di ammortamento.
Con riferimento all’imposte indirette relative ad esercizi precedenti, nell’esercizio di definizione del contenzioso o
dell’accertamento, se l’ammontare accantonato nel fondo imposte oppure già pagato risulta eccedente rispetto
all’ammontare dovuto, la differenza è imputata nella voce A.5).
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5. IL CONTO ECONOMICO: CONTENUTI DI DETTAGLIO DELLA MACROCLASSE B
Macroclasse B): Costi della produzione
Si tratti di:
Ø costi inerenti al valore della produzione, che quindi risultano strettamente correlati con i valori inseriti nella
macroclasse A) del Conto economico;
Ø classificati per natura, ovvero in base alla causa economica che li ha generati
Si rilevano in questa voce anche i costi per prestazioni di servizi riguardanti il personale, ma non rilevabili nella
voce B9, come le seguenti:
Ø prestazioni di personale esterno e altre prestazioni d’opera per mense aziendali, colonie, asili, circoli ricreativi,
ecc.;
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Ø costi per mense gestite da terzi in base a contratti di appalto o di somministrazione o di altre forme di
convenzione al netto dei costi addebitati ai dipendenti;
Ø costi di buoni pasto distribuiti ai dipendenti;
Ø costi per corsi di aggiornamento professionale dei dipendenti;
Ø costi per servizi di vitto e alloggio di dipendenti in trasferta.
Nella voce B.7) sono rilevati i costi per i servizi eseguiti da banche ed imprese finanziarie, diversi dagli oneri
finanziari veri e propri, come: noleggio di cassette di sicurezza, servizi di pagamento di utenze, costi per la custodia
di titoli, commissioni per fidejussioni (purché non finalizzate all’ottenimento di finanziamenti), spese e commissioni
di factoring (ma non quelle aventi natura di oneri finanziari).
83
Si tratta degli accantonamenti ad eventuali fondi di previdenza integrativi diversi dal TFR e previsti in genere dai
contratti collettivi di lavoro, da accordi aziendali o da norme aziendali interne. La voce 9.d) rileva l’importo
dell’accantonamento a questi fondi, nonché gli eventuali importi maturati per una frazione d’esercizio, se il diritto
a percepire il trattamento per il dipendente sorge nel corso dell’anno.
A titolo esemplificativo e non esaustivo si indicano gli accantonamenti ai seguenti fondi per oneri:
Ø fondo per garanzia prodotti;
Ø fondo per manutenzione ciclica (di impianti, navi, aeromobili. ecc.);
Ø fondo per buoni sconti e concorsi a premio;
Ø fondo manutenzione e ripristino dei beni gratuitamente devolvibili;
Ø fondo manutenzione e ripristino dei beni di azienda condotta in affitto o in usufrutto;
Ø fondo per perdite previste su commesse per lavori su ordinazione, nel caso in cui le perdite siano superiori
al valore dei lavori in corso;
Ø fondo recupero ambientale.
6. IL CONTO ECONOMICO: LA DIFFERENZA TRA VALORE DELLA PRODUZIONE E COSTI DELLA PRODUZIONE
(A-B)
Differenza tra valore e costi della produzione (A – B)
Si tratta di un risultato intermedio che non distingue l’area della gestione caratteristica da quella della gestione
extra caratteristica.
87
C.17) Interessi e altri oneri finanziari
La voce comprende tutti gli oneri finanziari qualunque sia la loro fonte. L’importo da iscrivere è pari a quanto
maturato nell’esercizio, al netto dei relativi risconti.
Si indicano, a titolo esemplificativo e non esaustivo, le seguenti tipologie di oneri finanziari:
− interessi passivi su dilazioni ottenute da fornitori ed interessi di mora;
− sconti finanziari passivi che non hanno concorso al computo del costo ammortizzato perché non prevedibili al
momento della rilevazione inziale del credito;
− minusvalenze da alienazione (compresa la permuta) di titoli e partecipazioni iscritti nell’attivo immobilizzato e
circolante;
− oneri, per la quota di competenza dell’esercizio, relativi ad operazioni di compravendita con obbligo di
retrocessione a termine (pronti contro termine) ivi compresa la differenza tra prezzo a pronti e prezzo a
termine;
− interessi passivi su debiti maturati nell’esercizio secondo il criterio del tasso effettivo di interesse;
− l’eventuale differenza, se positiva/negativa, tra il valore rideterminato del debito/credito alla data di revisione
della stima dei flussi futuri e il suo precedente valore contabile alla stessa data;
− la differenza tra le disponibilità liquide erogate ed il valore attuale dei flussi finanziari futuri è rilevata tra
gli oneri finanziari del conto economico al momento della rilevazione iniziale, salvo che la sostanza
dell’operazione o del contratto non inducano ad attribuire a tale componente una diversa natura;
− nel caso di debiti commerciali oltre i 12 mesi senza corresponsione di interessi o con interessi significativamente
diversi dai tassi di interesse di mercato la differenza tra valore di rilevazione iniziale e il valore a termine del
debito;
− perdite derivante dalla negoziazione anticipata di titoli immobilizzati e non immobilizzati per effetto della
differenza negativa fra valore contabile e il prezzo di cessione;
− perdite realizzate su crediti iscritti nelle immobilizzazioni finanziarie per la parte che eccede l’importo del
credito già svalutato.
La voce, come si è rilevato a proposito della voce A.4), comprende anche gli interessi ed altri oneri finanziari
capitalizzati. Essa deve essere suddivisa in sotto-voci, in relazione agli oneri riguardanti imprese controllate,
collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste ultime.
In ipotesi di contributi di enti pubblici o di privati che riducono gli interessi sui finanziamenti l’importo dei contributi
è portato a riduzione della voce C.17), se conseguito nel medesimo esercizio in cui vengono contabilizzati gli interessi
passivi; se conseguito in esercizi successivi, va iscritto alla voce C.16)d).
Non è prevista nello schema di Conto economico alcuna suddivisione degli utili e delle perdite su cambi in funzione
delle operazioni che li hanno originate.
Si tratta di componenti reddituali attinenti alle attività finanziarie di origine valutativa in sede di assestamento
(svalutazioni e rivalutazioni di partecipazioni, di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni e
di titoli iscritti all’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni).
Si iscrivono altresì in tale macroclasse le rivalutazioni e le svalutazioni degli strumenti finanziari derivati.
D – Rettifiche di valore di attività e passività finanziarie
Le voci D.18) e D.19) a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, comprendono:
− svalutazioni delle partecipazioni e dei titoli a reddito fisso iscritte nell’attivo immobilizzato per perdite durevoli
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di valore e successivi ripristini di valore entro il limite di quanto precedentemente svalutato;
− svalutazioni dei titoli iscritti nell’attivo circolante per il presumibile minor valore di realizzo sul mercato e
successivi ripristini di valore entro il limite di quanto precedentemente svalutato;
− differenze positive e negative di valore delle partecipazioni valutate col metodo del patrimonio netto (cfr.
paragrafi 170 e 176 dell’OIC 17 “Bilancio consolidato e metodo del patrimonio ne8o”);
− accantonamenti al fondo per copertura perdite di società partecipate (ad esempio quote di perdite della
partecipata che eccedono il valore contabile della partecipazione);
− le svalutazioni dei credi9 finanziari immobilizzati (cfr. par. 25 dell’OIC 15 “Credi9”);
− le variazioni al fair value positive e negative degli strumenti finanziari derivati attivi e passivi come disciplinato
dai paragrafi 32-34 dell’OIC 32 “Strumenti finanziari derivati”.
Nella voce 20, le imposte sul reddito dell’esercizio sono suddivise in:
a) imposte correnti, che accoglie le imposte dovute sul reddito imponibile dell’esercizio o di esercizi precedenti.
La voce comprende anche le eventuali sanzioni pecuniarie e gli interessi maturati attinenti ad eventi
dell’esercizio o di esercizi precedenti (ad esempio, ritardato versamento degli acconti ed altre irregolarità);
b) imposte relative a esercizi precedenti che accoglie le imposte relative ad esercizi precedenti che possono
derivare, ad esempio, da iscrizioni a ruolo, avvisi di liquidazione, avvisi di pagamento, avvisi di accertamento
e di rettifica ed altre situazioni di contenzioso con l’Amministrazione Finanziaria. La voce comprende altresì
la differenza positiva (o negativa) tra l’ammontare dovuto a seguito della definizione di un contenzioso o di
un accertamento rispetto al valore del fondo accantonato in esercizi precedenti
c) imposte differite e anticipate, che accoglie: i) con segno positivo l’accantonamento al fondo per imposte
differite e l’utilizzo delle attività per imposte anticipate; e ii) con segno negativo, le imposte anticipate e
l’utilizzo del fondo imposte differite.
La voce accoglie sia le imposte differite e anticipate dell’esercizio sia quelle provenienti da esercizi
precedenti. Più in generale, tutte le variazioni delle attività per imposte anticipate e delle passività per
imposte differite sono iscritte nel conto economico nella voce 20 relativa ad imposte differite e anticipate;
d) proventi da consolidato fiscale, che accoglie il compenso riconosciuto dalla consolidante alla consolidata,
nell’ambito del consolidato fiscale, per il trasferimento alla consolidante delle perdite fiscali generate dalla
stessa consolidata.
Le imposte anticipate e differite sono rilevate come proventi o oneri del conto economico (voce 20), salvo che
l’imposta derivi da un’operazione o un fatto rilevato direttamente al patrimonio netto o da un’operazione
straordinaria (cfr. paragrafo 28 dell’OIC 25 “Imposte sul reddito”).
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NT09 LA NOTA INTEGRATIVA:
INDICE
1. Disposizioni normative (pag. 3)
2. Le funzioni della Nota integrativa (pag. 4)
3. Le informazioni richieste dall’art. 2427 e dall’art. 2427-bis del Codice Civile (pag. 6)
4. Il contenuto della Nota integrativa secondo l’art. 2427 e l’art. 2427-bis del Codice Civile (pag. 9)
5. La Nota integrativa: esempi tratti dal bilancio Lavazza, esercizio 2019 (pag. 22)
1. DISPOSIZIONI NORMATIVE
L’art. 2423, comma 1, del Codice Civile precisa che il bilancio è composto dallo Stato patrimoniale, dal Conto
economico, dal rendiconto finanziario e dalla Nota integrativa. Il contenuto della Nota integrativa è definito dalle
seguenti fonti normative:
• l’articolo 2427 “Contenuto della Nota integrativa” del Codice Civile;
• l’articolo 2427-bis “Informazioni sul fair value degli strumenti finanziari” del Codice Civile;
• l’articolo 2423 “Redazione del bilancio” del Codice Civile che stabilisce, al comma 3, una prescrizione
generale riguardante le informazioni complementari;
• altre norme del Codice Civile diverse dalle precedenti;
• altre disposizioni diverse dal Codice Civile; •OIC 12.
3. LE INFORMAZIONI RICHIESTE DAGLI ARTICOLI 2427 E 2427- BIS DEL CODICE CIVILE
Le informazioni richieste dagli articoli 2427 e 2427-bis del Codice Civile e che devono essere fornite nella Nota
integrativa possono essere raggruppate in quattro categorie:
• l’illustrazione dei criteri contabili adottati;
90
• l’indicazione delle informazioni, dei dettagli e, in taluni casi, delle motivazioni relative all’iscrizione di voci
nello Stato patrimoniale;
• l’indicazione delle informazioni, dei dettagli e, in taluni casi, delle motivazioni relative all’iscrizione di voci
nel Conto economico;
• altre informazioni di varia natura.
L’articolo 2427, al numero 1, richiede l’indicazione dei “criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio e
delle rettifiche di valore”. L’illustrazione dei criteri di valutazione adottati dalla società nella Nota integrativa
deve essere effettuata in modo chiaro seppur sintetico e deve riguardare le principali voci del bilancio, ossia
quelle che hanno un rilievo nella rappresentazione della situazione patrimoniale - finanziaria ed economica della
società.
L’illustrazione non deve limitarsi ad un riferimento ai criteri indicati nell’articolo 2426 Codice Civile, ma deve
evidenziare anche la scelta fatta dalla società tra più criteri di valutazione ammessi dalla norma.
Ad esempio, con riferimento alle partecipazioni di controllo o di collegamento iscritte tra le immobilizzazioni
finanziarie, la Nota integrativa deve illustrare se tali partecipazioni sono state valutate secondo il criterio del
costo o con il metodo del patrimonio netto.
L’articolo 2427, al numero 4 richiede l’indicazione delle “variazioni intervenute nella consistenza delle altre voci
dell’attivo e del passivo, e, in particolare per le voci del patrimonio netto, per i fondi, e per il trattamento di fine
rapporto, la formazione e le utilizzazioni”.
Poiché gli schemi di Stato patrimoniale e di Conto economico indicano, per ogni voce, gli importi dell’esercizio
precedente (e quindi raffrontano i saldi dei due esercizi), l’informazione in Nota integrativa non può limitarsi ad
evidenziare le variazioni intervenute nella consistenza delle voci, ma deve identificare, i principali motivi che le
hanno determinate.
4. IL CONTENUTO DELLA NOTA INTEGRATIVA SECONDO L’ART. 2427 E L’ART. 2427-BIS DEL CODICE
CIVILE
L’art. 2427 del Codice Civile individua il contenuto minimo obbligatorio della Nota integrativa, come riportato di
seguito.
L’art. 2427-bis richiede, poi, alcune informazioni relative al valore equo “fair value” degli strumenti finanziari,
come riportato di seguito.
Nella Nota integrativa sono indicati:
1. per ciascuna categoria di strumenti finanziari derivati:
a) il loro fair value;
b) informazioni sulla loro entità e sulla loro natura, ,compresi i termini e le condizioni significative che
possono influenzare l'importo, le scadenze e la certezza dei flussi finanziari futuri;
b-bis) gli assunti fondamentali su cui si basano i modelli e le tecniche di valutazione, qualora il fair value
non sia stato determinato sulla base di evidenze di mercato;
b-ter) le variazioni di valore iscritte direttamente nel Conto economico, nonché quelle imputate alle
riserve di patrimonio netto;
b-quater) una tabella che indichi i movimenti delle riserve di fair value avvenuti nell'esercizio;
2. per le immobilizzazioni finanziarie iscritte a un valore superiore al loro fair value, con esclusione delle
partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi dell’art. 2359 e delle partecipazioni in joint venture:
a)il valore contabile e il fair value delle singole attività, o di appropriati raggruppamenti di tali attività;
b)i motivi per i quali il valore contabile non è stato ridotto, inclusa la natura degli elementi sostanziali sui
quali si basa il convincimento che tale valore possa essere recuperato.
2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del comma 1, sono considerati strumenti finanziari derivati anche
quelli collegati a merci che conferiscono all'una o all'altra parte contraente il diritto di procedere alla
liquidazione del contratto per contanti o mediante altri strumenti finanziari, ad eccezione del caso in cui si
verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni:
a) il contratto sia stato concluso e sia mantenuto per soddisfare le esigenze previste dalla società che
redige il bilancio di acquisto, di vendita o di utilizzo delle merci;
b) il contratto sia stato destinato a tale scopo fin dalla sua conclusione;
c) si prevede che il contratto sia eseguito mediante consegna della merce.
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b) al valore che risulta da modelli e tecniche di valutazione generalmente accettati, per gli strumenti per i quali
non sia possibile individuare facilmente un mercato attivo; tali modelli e tecniche di valutazione devono assicurare
una ragionevole approssimazione al valore di mercato.
4. Il fair value non è determinato se l’applicazione dei criteri indicati al comma precedente non dà un risultato
attendibile”.
5. LA NOTA INTEGRATIVA: ESEMPI TRATTI DAL BILANCIO LAVAZZA, ESERCIZIO 2020
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NT010 - LA RELAZIONE SULLA GESTIONE
INDICE
1. La normativa di riferimento (pag. 3)
2. Le finalità della relazione sulla gestione (pag. 7)
3. Gli indicatori «finanziari» (pag. 9)
4. Gli indicatori «non finanziari» (pag. 15)
5. L’evoluzione prevedibile della gestione (pag. 21)
6. Le attività di ricerca e di sviluppo (pag. 22)
7. La descrizione dei principali rischi ed incertezze (pag. 23)
8. Le informazioni sui rischi finanziari (pag. 27)
1. LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Art. 2423 c.c.: il bilancio di esercizio è costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto
finanziario e dalla nota integra4va
Art. 2428 c.c., comma 1: “Il bilancio deve essere corredato da una relazione degli amministratori, che contenga una
analisi fedele, equilibrata ed esauriente della situazione della società e dell’andamento e del risultato della gestione,
nel suo complesso e nei vari settori in cui essa ha operato, anche attraverso imprese controllate, con particolare
riguardo ai costi, ai ricavi e agli investimenti, nonché una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società
è esposta.”
Art 2428 c.c., comma 2: “L’analisi di cui al primo comma è coerente con l’entità e la complessità degli affari della
società e contiene, nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società e dell’andamento e del
risultato della sua ges4one, gli indicatori di risultato finanziari e, se del caso, quelli non finanziari per4nen4
all’attività specifica della società, comprese le informazioni aDnen4 all’ambiente e al personale. L’analisi con4ene,
101
ove opportuno, riferimenti agli importi riportati nel bilancio e chiarimenti aggiuntivi su di essi.”
Art 2428 c.c., comma 3: richiede di includere nella relazione sulla ges4one altre informazioni specifiche. Le
ripor4amo qui di seguito:
1. le attività di ricerca e di sviluppo;
2. i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo di queste ultime;
3. il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie, sia delle azioni o quote di società controllanti possedute
dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, con l’indicazione della parte
di capitale corrispondente;
4. il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie, sia delle azioni o quote di società controllanti acquistate
o alienate dalla società nel corso dell’esercizio, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta
persona, con l’indicazione della parte di capitale corrispondente, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti
e delle alienazioni;»
5. [abrogato: prima del 2016 riguardava i fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio, ora inclusi nella nota
integrativa];
6. l’evoluzione prevedibile della gestione;
6-bis) in relazione all’uso da parte della società di strumenti finanziari e se rilevanti per la valutazione della
situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio:
Ø gli obiettivi e le politiche della società in materia di gestione del rischio finanziario, includendo la politica
di copertura per ciascuna principale categoria di operazioni previste
Ø l’esposizione della società al rischio di prezzo, al rischio di credito, al rischio di liquidità, al rischio di
variazione dei flussi finanziari.»
Art 2428 c.c., comma 5: «Dalla relazione deve inoltre risultare l’elenco delle sedi secondarie della società.» [Nota:
il comma 4 è stato abrogato nel 2007]
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3. GLI INDICATORI «FINANZIARI» - ALCUNE OSSERVAZIONI
• Il termine “indicatori finanziari” è utilizzato in modo improprio dal legislatore e si ritiene che, più correttamente,
esso comprenda gli indicatori desumibili dalla contabilità generale, atti a illustrare in modo più completo la
situazione aziendale.
• In tal senso, si ritiene opportuno esporre gli indicatori relativi almeno a due esercizi consecutivi (quello a cui il
bilancio di esercizio si riferisce e quello dell’esercizio precedente), alcuni risultati parziali ritenuti significativi
e i correlati indici (ROS, ROI, ROE, ecc.).
• Può altresì essere utile riportare alcune serie storiche concernenti le principali componenti del Conto economico,
quali il fatturato (Voce A1) “Ricavi delle vendite” del conto economico) o il valore della produzione (macro-
classe A “Valore della produzione” del conto economico) o il Risultato prima delle imposte (A-B+-C+-D) almeno
degli ultimi due esercizi. L’analisi dello sviluppo di tali indicatori evidenzia il trend dei principali veicoli di
produzione del reddito della società.
1. indicatori basati sull’efficienza (tempo e produttività): es. ricavi per dipendente, valore aggiunto per
dipendente, produttività del lavoro, tempo medio di lavorazione
2. indicatori basati sulla qualità/servizio offerto: es. numero dei reclami, % degli scarti, numero interventi in
garanzia
3. indicatori di crescita e posizionamento sul mercato: es. quota di mercato, quantità vendute per
marchio/area, numero clienti fedeli, numero punti di vendita
4. indicatori basati sulle condizioni di gestione relative alla struttura ed ai volumi di attività: es. capacità
produttiva disponibile ed utilizzata.
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INDICATORI NON FINANZIARI PERTINENTI ALL’AMBIENTE E AL PERSONALE:
A) AMBIENTE
• informazione relative all’impresa nel suo complesso (spese ambientali, investimenti ambientali etc.);
• informazioni sui risultati della gestione ambientale (materiali utilizzati, consumi energetici ed idrici, rifiuti e
scarti etc.).
B) PERSONALE
• composizione del personale, turnover, sicurezza e salute sul luogo di lavoro.
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6. LE ATTIVITÀ DI RICERCA E DI SVILUPPO – GRUPPO LAVAZZA
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• Esempi di rischi da evidenziare:
§ rischi di mercato (concorrenza, prezzi, domanda e offerta, ...);
§ rischi lega8 a tecniche produttive;
§ rischi di perdita del personale qualificato.
L’informativa deve essere fornita “in relazione all’uso da parte della società di strumenti finanziari e se rilevanti
per la valutazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell'esercizio”.
Agli amministratori è in sostanza richiesto di operare una valutazione sul grado di dettaglio dell’informativa da
fornire basandosi sia sulla quantità sia sulla tipologia degli strumenti finanziari utilizzati dalla società, in dipendenza
delle caratteristiche di gestione operativa dell’oggetto sociale esercitato.
NOTA: L’OIC 3 (Le informazioni sugli strumenti finanziari da includere nella nota integrativa e nella relazione sulla
gestione - artt. 2427-bis e 2428, comma 2, n. 6- bis c.c.) individua nell’IFRS 7 (Strumenti finanziari: informazioni
integrative) la principale fonte interpretativa del dettato normativo previsto dal Codice Civile.
107
NT11 – IL RENDICONTO FINANZIARIO
INDICE
1. Disposizioni normative
2. Il rendiconto finanziario: l’OIC 10
3. I flussi finanziari dell’attività operativa
4. I flussi finanziari dell’attività di investimento
5. I flussi finanziari dell’attività di finanziamento
6. Gli schemi di riferimento per la redazione del rendiconto finanziario
7. La redazione del rendiconto finanziario secondo i principi contabili internazionali
1. DISPOSIZIONI NORMATIVE
La redazione del rendiconto finanziario per le imprese che redigono il bilancio in forma ordinaria è prevista dal
comma 1 dell’art. 2423 del Codice Civile che prevede che:
«Gli amministratori devono redigere il bilancio di esercizio, costituito dallo stato patrimoniale, dal conto economico,
dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa.»
«Dal rendiconto finanziario risultano, per l’esercizio a cui è riferito il bilancio e per quello precedente, l’ammontare
e la composizione delle disponibilità liquide, all’inizio e alla fine dell’esercizio, ed i flussi finanziari dell’esercizio
derivanti dall’attività operativa, da quella di investimento, da quella di finanziamento, ivi comprese, con autonoma
indicazione, le operazioni con i soci.»
Il principio contabile nazionale OIC10 disciplina il contenuto e le modalità di redazione del rendiconto finanziario
I flussi finanziari rappresentano un aumento o una diminuzione dell’ammontare delle disponibilità liquide.
Le disponibilità liquide sono rappresentate dai depositi bancari e postali, dagli assegni e dal denaro e valori in cassa.
Le disponibilità liquide comprendono anche depositi bancari e postali, assegni e denaro e valori in cassa espressi in
valuta estera (cfr. OIC 14 “Disponibilità liquide”).
L’attività operativa comprende generalmente le operazioni connesse all’acquisizione, produzione e distribuzione di
beni e alla fornitura di servizi, anche se riferibili a gestioni accessorie, nonché le altre operazioni non ricomprese
nell’attività di investimento e di finanziamento.
L’attività di investimento comprende le operazioni di acquisto e di vendita delle immobilizzazioni materiali,
immateriali e finanziarie e delle attività finanziarie non immobilizzate.
108
L’attività di finanziamento comprende le operazioni di ottenimento e di restituzione delle disponibilità liquide sotto
forma di capitale di rischio o di capitale di debito.
L’ammontare del flusso finanziario derivante dall’attività operativa è importante in quanto costituisce l’anello di
congiunzione fra l’aspetto economico e l’aspetto finanziario della gestione.
Esso consente di comprendere come l’andamento economico della gestione si ripercuota sulla dinamica finanziaria
dell’impresa.
L’ammontare del flusso finanziario derivante dall’attività di investimento è importante in quanto consente di
analizzare i pagamenti effettuati per acquisire attività (i.e. immobilizzazioni) destinate a produrre ricavi negli
esercizi futuri.
L’ammontare del flusso finanziario derivante dall’attività di finanziamento è importante in quanto è utile per
comprendere le disponibilità liquide incassate o corrisposte a titolo di capitale di rischio o di capitale di debito.
Il rendiconto finanziario include tutti i flussi finanziari in uscita e in entrata delle disponibilità liquide avvenute
nell’esercizio.
Nel rendiconto finanziario i singoli flussi finanziari sono presentati distintamente in una delle seguenti categorie:
a. attività operativa;
b. attività di investimento;
c. attività di finanziamento.
Le categorie di flussi finanziari sono presentate nella sequenza sopra indicata. Il flusso finanziario dell’attività
operativa può essere determinato:
• con il metodo indiretto (rettificando l’utile o la perdita d’esercizio riportato nel conto economico);
• con il metodo diretto (evidenziando i flussi finanziari associati alle singole specie di componenti di reddito).
La somma algebrica dei flussi finanziari di ciascuna categoria sopraindicata rappresenta la variazione netta
(incremento o decremento) delle disponibilità liquide avvenuta nel corso dell’esercizio.
ESEMPIO LAVAZZA:
Alcuni esempi di flussi finanziari generati o assorbiti dalla attività operativa sono:
• incassi dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi;
• incassi da royalty, commissioni, compensi, rimborsi assicurativi e altri ricavi;
• pagamenti per l’acquisto di materia prima, semilavorati, merci e altri fattori produttivi;
• pagamenti per l’acquisizione di servizi;
• pagamenti a, e per conto di, dipendenti;
• pagamenti e rimborsi di imposte;
• incassi e pagamenti per proventi e oneri finanziari.
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La attività operativa è composta da operazioni che si concretizzano in ricavi e in costi necessari per produrre tali
ricavi. Le operazioni dell’attività operativa sono riflesse nel conto economico e rappresentano anche le fonti di
finanziamento dell’impresa, in particolare quelle dell’autofinanziamento. Da esse si genera la liquidità necessaria
per finanziare la gestione futura.
Il flusso finanziario derivante dalla attività operativa può essere determinato alternativamente:
•con il metodo diretto
•con il metodo indiretto.
Con il metodo diretto il flusso finanziario derivante dalla attività operativa è determinato presentando i flussi
finanziari positivi e negativi lordi derivanti dalle singole specie di componenti di reddito riconducibili alla attività
operativa.
Le rettifiche apportate all’utile/perdite con il metodo indiretto hanno lo scopo di trasformare i componenti positivi
e negativi di reddito in incassi e pagamenti (cioè in variazioni di disponibilità liquide).
Con il metodo indiretto il flusso finanziario derivante dalla attività operativa è determinato dall’utile (o dalla
perdita) dell’esercizio, oppure dall’utile (o dalla perdita) prima delle imposte, rettificato per tenere conto di:
• elementi di natura non monetaria, ossia poste contabili che non hanno richiesto esborso/incasso di disponibilità
liquide nel corso dell’esercizio e che non hanno avuto contropartita nel capitale circolante netto;
Alcuni esempi sono: ammortamenti di immobilizzazioni, accantonamenti ai fondi rischi e oneri, accantonamenti
per trattamento di fine rapporto, svalutazioni per perdite durevoli di valore; utili non distribuiti relativi a
partecipazioni in società collegate valutate con il metodo del patrimonio netto.
• variazioni del capitale circolante netto connesse ai costi o ricavi della attività operativa. In particolare, il
capitale circolante netto è determinato escludendo le disponibilità liquide e i debiti finanziari e risulta pertanto
dalla somma di: crediti verso clienti (+), rimanenze (+), altre attività correnti diverse dalle disponibilità liquide
(+), debiti verso fornitori (-), altre passività correnti diverse dai debiti finanziari a breve termine (-)
Alcuni esempi sono: variazioni di rimanenze, variazioni di crediti verso clienti e di debiti verso fornitori, variazioni
di ratei e risconti attivi/passivi.
• operazioni i cui effetti sono ricompresi tra i flussi derivanti dall’attività di investimento e finanziamento. Alcuni
esempi sono: le plusvalenze o minusvalenze derivanti dalla cessione di attività
Schema 2. Rendiconto con flusso della attività operativa determinato con il metodo diretto (1/2)
Il rendiconto finanziario, se utilizzato unitamente alle altre parti del bilancio, fornisce informazioni che permettono
agli utilizzatori di valutare le variazioni nell’attivo netto dell’impresa, la sua struttura finanziaria (compresa la sua
liquidità e solvibilità) e la sua capacità di influire sulla dimensione e sulla tempistica dei flussi finanziari allo scopo
111
di adeguarsi ai cambiamenti e alle opportunità. Le informazioni sui flussi finanziari sono utili per accertare la
capacità dell’impresa di generare disponibilità liquide e mezzi equivalenti e mettono in grado gli utilizzatori di
sviluppare sistemi per accertare e confrontare il valore attuale dei futuri flussi finanziari di differenti imprese.
Tali informazioni, inoltre, migliorano la confrontabilità dei risultati operativi tra imprese differenti perché eliminano
gli effetti dell’impiego di trattamenti contabili differenti per i medesimi fatti e operazioni.
Informazioni storiche sui flussi finanziari vengono spesso impiegate come un indicatore dell’ammontare, della
tempistica e del grado di certezza dei flussi finanziari futuri. Esse sono utili anche per controllare la precisione
delle stime passate dei flussi finanziari futuri e per esaminare la relazione tra redditività e flussi finanziari netti
e l’effetto di cambiamenti dei prezzi.
L’attività operativa:
L’ammontare dei flussi finanziari derivanti dall’attività operativa è un indicatore chiave della misura in cui l’attività
dell’impresa ha generato flussi finanziari sufficienti a rimborsare prestiti, a mantenere la capacità operativa
dell’impresa, a pagare i dividendi e a effettuare nuovi investimenti finanziari senza ricorrere a fonti di finanziamento
esterne all’impresa. Le informazioni riguardo i singoli componenti dei valori storici dei flussi finanziari operativi sono
utili, unite ad altre informazioni, nella previsione dei futuri flussi finanziari operativi. I flussi finanziari generati
dall’attività operativa derivano principalmente dalle principali attività generatrici di ricavi dell’impresa. Perciò essi
derivano, solitamente, dalle operazioni di gestione e dagli altri fatti e operazioni che partecipano alla determinazione
dell’utile o della perdita d’esercizio:
a) incassi dalla vendita di prodotti e dalla prestazione di servizi;
b) incassi da royalties, compensi, commissioni e altri ricavi;
c) pagamenti a fornitori di merci e servizi;
d) pagamenti a, e per conto di, lavoratori dipendenti;
e) incassi e pagamenti di un’impresa assicuratrice per premi e risarcimenti, annualità e altre indennità previste
dalla polizza;
f) pagamenti o rimborsi di imposte sul reddito a meno che essi non possano essere specificatamente fatti
rientrare nell’attività finanziaria e di investimento; e
g) incassi e pagamenti derivanti da contratti stipulati a scopo di negoziazione o commerciale.
112
L’attività di investimento
L’ informazione distinta relativa ai flussi finanziari derivanti dall’attività di investimento è importante perché tali
flussi finanziari rappresentano la misura in cui i costi sono stati sostenuti per acquisire risorse destinate a produrre
futuri proventi e flussi finanziari. Soltanto i costi che danno luogo a un ’attività rilevata nel prospetto della
situazione patrimoniale-finanziaria sono classificabili come attività di investimento. Esempi di flussi finanziari
derivanti da attività di investimento sono:
a) pagamenti per acquistare immobili, impianti e macchinari, beni immateriali e altri beni immobilizzati. Questi
pagamenti comprendono quelli relativi ai costi di sviluppo capitalizzati e a immobili, impianti e macchinari di
costruzione interna;
b) entrate dalla vendita di immobili, impianti e macchinari, attività immateriali e altre attività a lungo termine;
c) pagamenti per l’acquisizione di strumenti rappresentativi di capitale o di debito di altre imprese e
partecipazioni in joint venture (diversi dai pagamenti per i titoli assimilati alle disponibilità liquide equivalenti
o posseduti a scopo di negoziazione commerciale);
d) incassi dalla vendita di strumenti rappresentativi di capitale o di debito di altre imprese e partecipazioni in
joint venture (diverse dalle entrate per i titoli assimilati alle disponibilità liquide equivalenti o posseduti a
scopo di negoziazione commerciale);
e) anticipazioni e prestiti fatti a terzi (diversi da anticipazioni e prestiti fatti da un istituto finanziario);
f) incassi derivanti dal rimborso di anticipazioni e prestiti fatti a terzi (diversi da anticipazioni e prestiti fatti
da un istituto finanziario);
g) pagamenti per contratti per consegna a termine, contratti a termine, contratti a premio e contratti swap
eccetto quando i contratti sono posseduti a scopo di negoziazione commerciale, o i pagamenti rientrano
nell’attività finanziaria; e
h) incassi derivanti da contratti per consegna a termine, contratti a termine, contratti a premio e contratti
swap eccetto quando i contratti sono posseduti a scopo di negoziazione commerciale, o gli incassi rientrano
nell’attività finanziaria.
L’attività finanziaria
L’indicazione distinta dei flussi finanziari derivanti dall’attività finanziaria è importante perché essa è utile nella
previsione di richieste sui futuri flussi finanziari da parte di chi fornisce i capitali all’impresa. Esempi di flussi
finanziari derivanti dall’attività finanziaria sono:
a) incassi derivanti dall’emissione di azioni o altri strumenti rappresentativi di capitale;
b) pagamenti agli azionisti per acquistare o liberare le azioni della società;
c) incassi derivanti dall’emissione di obbligazioni, prestiti, cambiali, titoli a reddito fisso, mutui e altri
finanziamenti a breve o a lungo termine;
d) rimborsi di prestiti;
e) pagamenti da parte del locatario per la riduzione delle passività esistenti relative a un leasing finanziario.
113
NT12 – IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI
INDICE
1. Guida allo studio (pag. 3)
2. Definizione (pag. 5)
3. Le disposizioni del Codice Civile (pag. 7)
4. I principi contabili nazionali: OIC 16 e OIC 9 (pag. 47)
5. La normativa fiscale (pag. 64)
2. DEFINIZIONE
Le immobilizzazioni materiali sono fattori di produzione di uso durevole, la cui utilizzazione si estende oltre un
esercizio.
Le immobilizzazioni materiali hanno la caratteristica di non poter essere, per principio, distolte dall’economia di una
impresa senza arrecare pregiudizio al normale svolgimento delle combinazioni produttive di cui sono parte. Non
hanno cioè né destinazione commerciale, né sono destinate alla trasformazione.
Essi sono beni a «realizzo di funzionamento» il cui costo, cioè, viene reintegrato nel tempo mediante i ricavi di
esercizio che deriveranno dalla vendita sul mercato dei prodotti ottenibili con l’utilizzo anche dei beni
ammortizzabili.
Diversamente dalle immobilizzazioni immateriali sono cespiti fisicamente individuabili.
114
Art. 2424:
B) Immobilizzazioni, con separata indicazione di quelle concesse in locazione finanziaria:
II – Immobilizzazioni materiali:
1) terreni e fabbricati;
2) impianti e macchinario;
3) attrezzature industriali e commerciali;
4) altri beni;
5) immobilizzazioni in corso e acconti.
Totale.
Art. 2425:
A) Valore della produzione:
4) Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) Altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio (es. plusvalenze da alienazione)
B) Costi della produzione
8) per godimento di beni di terzi;
10) ammortamenti e svalutazioni:
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni
14) oneri diversi di gestione (es. minusvalenze da alienazione)
NB. le operazioni di rivalutazione monetaria non transitano invece dal conto economico
Bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.) e bilancio delle micro-imprese (art. 2435-ter c.c.)
Ai sensi dell’articolo 2435-bis del codice civile nel bilancio in forma abbreviata, “lo stato patrimoniale comprende
solo le voci contrassegnate nell’art. 2424 con lettere maiuscole e con numeri romani”. Pertanto, le immobilizzazioni
materiali sono esposte nell’attivo dello Stato Patrimoniale nel loro complesso, come unica voce. Le stesse
semplificazioni si applicano nel bilancio delle micro-imprese ai sensi dell’art. 2435-ter del codice civile.
Articolo 2435-bis, comma 3: “Nel conto economico del bilancio in forma abbreviata le seguenti voci previste dall’art.
2425 possono essere tra loro raggruppate: • …. • voci B10(a), B10(b), B10(c); • voci C16(b) e C16(c); • voci D18(a),
D18(b), D18(c) e D18(d); • voci D19(a), D19(b), D19(c) e D19(d).”. Le stesse semplificazioni si applicano nel bilancio
delle micro-imprese ai sensi dell’art. 2435-ter del codice civile.
Il costo d’acquisto è l’importo monetario o equivalente corrisposto o il presumibile valore di mercato di altri
corrispettivi dati per acquisire un bene, al momento dell’acquisto o della costruzione. I costi accessori d’acquisto
comprendono tutti i costi collegati all’acquisto che la società sostiene affinché l’immobilizzazione possa essere
utilizzata e i costi sostenuti per portare il cespite nel luogo e nelle condizioni necessarie perché costituisca bene
duraturo per la società. Il costo di acquisto è quindi determinato sommando: il prezzo di acquisto (inclusa eventuale
115
IVA indetraibile e al netto degli sconti commerciali), gli oneri accessori (es. trasporto, montaggio, collaudo,
consulenze…) ed eventuali oneri finanziari (a specifiche condizioni, cfr lucido 16)
Possono essere capitalizzati gli oneri finanziari che rispettano le seguenti condizioni:
• devono essere di costi di competenza, quindi devono essere interessi maturati durante il periodo di
fabbricazione (ovvero dal momento dell’esborso dei fondi al fornitore al momento in cui le immobilizzazioni
risultano pronte all’uso);
• gli interessi derivano da finanziamento specificatamente ottenuto per l’acquisizione dell’immobilizzazione.
NB. AD OGNI MODO, SEMPRE (ANCHE NEL CASO DI COSTRUZIONE IN ECONOMIA) il valore del cespite, inclusi gli
interessi, non può eccedere il valore recuperabile tramite l’uso.
ESEMPIO 1.
Acquisto impianto Si acquista un impianto al prezzo di Euro 100+Iva 20%, oneri accessori di installazione pari a
Euro 30 + Iva 20%, pagamento a mezzo conto corrente bancario.
Valore da iscrivere a bilancio (e ammortizzare): 100+30=130
Cfr. scritture contabili NC06
ESEMPIO 2.
Costruzioni in economia Sostenendo costi diretti del personale interno di 160 e di materie prime di 60 la società
costruisce in economia un impianto. La quota di costi indiretti ragionevolmente imputabile è pari a 40. Gli oneri
finanziari sostenuti specificamente per la realizzazione in economia dell’impianto sono pari a 10.
Valore da iscrivere a bilancio (e ammortizzare)= 160+60+40+10=270
Cfr. scritture contabili NC06
Soluzione:
1. Determinazione del valore da ammortizzare:
à € 1.500.000 + oneri accessori
à 1.500.000 + 50.000 + 150.000 = € 1.700.000
2. Determinazione della quota annua di ammortamento
à Quota ammortamento (1.700.000/10)= 170.000 €
3. Determinazione del valore di iscrizione nello Stato patrimoniale degli impianti al 31/12/n:
à (1.700.000-(170.000*7))= € 510.000 (Valore contabile < Valore recuperabile)
ESEMPI DI RIEPILOGO
La società industriale Alfa S.p.A. deve redigere il Bilancio dell’esercizio 2018 ai sensi della normativa nazionale. A
tal fine, si proceda alla determinazione del valore contabile netto delle immobilizzazioni da iscrivere in Bilancio,
sulla base delle informazioni riportate nel seguito.
1. Impianti
Alla fine dell’esercizio 2018, la società Alfa S.p.A. possiede degli impianti impiegati nella produzione fin dal 1 luglio
2015. In relazione all’acquisto e alla messa in funzione di tali impianti, la società ha sostenuto i seguenti costi:
• costo d’acquisto, secondo quanto fatturato dal produttore, pari a € 220.000;
• costo di trasporto € 7.000 e spese di assicurazione per il trasporto € 4.000, come risulta dalla fattura
dello spedizioniere;
• spese di installazione e collaudo fatturate dal progettista € 3.000;
• interessi passivi relativi ad un prestito contratto pochi giorni dopo l’acquisto degli impianti per finanziare
la gestione caratteristica della società pari a € 2.500; la richiesta di tale prestito è funzione dell’acquisto
degli impianti, che ha assorbito gran parte delle risorse finanziarie della società. La vita utile degli impianti
è stimata in 10 anni e l’ammortamento è eseguito a quote costanti.
2. Macchinari
All’inizio dell’esercizio 2018 la società Alfa S.p.A. disponeva di un macchinario del costo storico di € 40.000, già
ammortizzato per 4 esercizi con un’aliquota dell’8%.
Nel mese di gennaio 2018 la società dispone interventi di manutenzione e riparazione periodica del macchinario, in
relazione ai quali riceve fatture per € 4.200.
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Nello stesso periodo la società esegue internamente lavori di trasformazione e ammodernamento del macchinario,
sostenendo costi per un importo stimato in € 8.000. Questi ultimi interventi si considerano costi incrementativi del
valore del macchinario in quanto determinano un prolungamento della vita utile dello stesso.
In seguito a tali interventi, peraltro, la stima circa l’utilizzabilità del bene viene rivista in complessivi 15 anni.
3. Fabbricati
In data 1 luglio 2016 la società ha ultimato la produzione di un fabbricato. A fronte di tale produzione Alfa S.p.A.
ha sostenuto i seguenti costi:
• costo delle materie prime impiegate nella produzione € 120.000;
• costo della manodopera impiegata nella costruzione € 150.000;
• costi per servizi diversi impiegati nella costruzione € 45.000;
• quota di ammortamenti macchinari impiegati nella costruzione € 32.000;
• compensi dell’ingegnere e dell’architetto che hanno progettato il fabbricato € 35.000;
• altri costi indiretti industriali ragionevolmente imputabili al fabbricato € 60.000;
• oneri finanziari relativi a debiti accesi per finanziare la gestione operativa della società € 2.500;
• Altri costi generali e amministrativi € 27.000;
• oneri finanziari sostenuti durante il periodo di fabbricazione in relazione ad un finanziamento specifico ed
effettivamente utilizzato per la costruzione in economia € 8.000.
L’1 luglio 2016, al termine della produzione, era possibile acquistare sul mercato un fabbricato con le stesse
caratteristiche di quello costruito dall’impresa sostenendo un costo di € 440.000.
La durata utile del fabbricato viene stimata in 20 anni.
Al termine del 2018, peraltro, le condizioni del mercato di riferimento cambiano inaspettatamente; di conseguenza,
Alfa S.p.A. si trova costretta a cambiare le proprie strategie e stima che il fabbricato perda il 60% del suo valore
residuo.
118
4. Automezzi
In data 15 giugno 2017 la società Alfa S.p.A. ha acquistato un automezzo, sostenendo i seguenti costi:
• costo d’acquisto € 81.600;
• sconto incondizionato € 1.600;
• IVA € 16.000, di cui € 1.600 per IVA indetraibile;
• oneri finanziari sostenuti per finanziare l’acquisto € 830.
In data 30 giugno 2017, inoltre, la società ha sostenuto spese di immatricolazione per € 5.000. Le spese annue di
assicurazione e bollo ammontano a € 6.800.
La vita utile dell’automezzo è stimata pari a 5 anni; le quote di ammortamento sono costanti.
Gli acconti ai fornitori per l’acquisto di immobilizzazioni materiali iscritti nella voce BII5 sono rilevati inizialmente
alla data in cui sorge l’obbligo al pagamento di tali importi.
Le immobilizzazioni materiali sono iscritte al costo d’acquisto o di produzione. In generale, sono capitalizzabili solo
i costi sostenuti per l’acquisto o la costruzione di nuovi cespiti (costi originari) e per ampliare, ammodernare,
migliorare o sostituire cespiti già esistenti, purché tali costi producano un incremento significativo e misurabile di
capacità, di produttività o di sicurezza dei cespiti per i quali sono sostenuti ovvero ne prolunghino la vita utile.
LE SVALUTAZIONI
«La svalutazione è la riduzione del valore contabile di un’immobilizzazione per adeguarla al valore recuperabile. Il
valore recuperabile di un’immobilizzazione è pari al maggiore tra il valore d’uso e il suo valore equo (fair value), al
netto dei costi di vendita.» (OIC 16)
Su questo punto l’OIC 16 rimanda all’OIC 9 “Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni
materiali e immateriali” che stabilisce che: «Se il valore recuperabile di un’immobilizzazione è inferiore al suo
valore contabile l’immobilizzazione si rileva a tale minor valore. La differenza è imputata nel conto economico come
perdita durevole di valore. »
120
La società deve quindi valutare se esiste un indicatore che un’immobilizzazione possa aver subito una riduzione di
valore e procedere alla stima del valore recuperabile. Tale processo di verifica è definito “Impairment test”. Sul
tema si rimando a quanto riportato nella NT12 relativa alle immobilizzazioni immateriali.
La svalutazione quindi può essere fatta solo in caso di perdita di valore durevole (permanente) rispetto al valore
recuperabile tramite l’uso.
Serve per riallineare il valore contabile residuo del cespite (Costo – ammortamenti) al valore effettivamente
recuperabile.
La svalutazione può avere natura ordinaria o straordinaria. In entrambi i casi le perdite durevoli di valore sono
riportate nel conto economico nella voce B10c) “altre svalutazioni delle immobilizzazioni”.
Nel caso in cui vengano meno i motivi della svalutazione, si deve rilevare un ripristino di valore, classificato nella
voce A5 “altri ricavi e proventi”.
Generano una riduzione duratura del grado di utilità delle immobilizzazioni, con la conseguenza che i flussi di ricavi
attesi risulteranno insufficienti a coprire tutti i costi incluso l’ammortamento.
Si procede alla svalutazione, in ottemperanza al principio di prudenza art. 2423 c.c.
NB. La verifica con il valore recuperabile tramite l’uso deve essere fatta anche nel caso di costruzione in economia
dell’immobilizzazione materiale e quindi anche il costo di produzione di tali immobilizzazioni iscritto a bilancio non
può eccedere il valore recuperabile.
121
ESEMPIO 6. Valutazione delle costruzioni in economia (segue)
Con riferimento all’impianto costruito in economia nell’anno N, la quota di ammortamento di competenza dell’esercizio
N+1 è pari a 40.
Al 31/12/N+1 il valore recuperabile tramite l’uso dell’impianto è pari a 160.
Valore da iscrivere in bilancio al 31/12/N+1= 160
Cfr. scritture contabili NC06
L’AMMORTAMENTO:
L’ammortamento costituisce un processo “sistematico” di ripartizione del costo sostenuto sulla intera durata di
utilizzazione (durata economica).
L’avverbio “sistematicamente” mira ad evitare che gli ammortamenti vengano accelerati o rallentati nei vari esercizi
a seconda della convenienza, anziché essere effettuati in conformità a piani. Essendo inoltre possibile che i piani di
ammortamento mutino per il mutare dei piani aziendali di utilizzazione dei cespiti, si è consentita la modificazione
dei criteri e dei coefficienti applicati per la strutturazione originaria del piano, imponendone però la motivazione
nella nota integrativa.
L’ammortamento decorre dal momento in cui l'immobilizzazione è disponibile per l’utilizzo o comunque comincia a
produrre benefici economici per l'impresa.
• Il costo delle immobilizzazioni la cui utilizzazione è limitata nel tempo deve essere sistematicamente
ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la residua possibilità di utilizzazione (durata fisica, durata
economica).
• Sistematicamente: in conformità a piani aziendali prestabiliti che consentono di individuare la residua vita
utile del bene.
La vita utile residua di un cespite varia nel tempo al variare degli interventi di manutenzione, di utilizzo del bene,
di condizioni di senescenza e obsolescenza, che fanno variare la durata economica del bene.
Per questo motivo, il piano di ammortamento deve essere annualmente rivisto se la vita utile residua dovesse
modificarsi rispetto a quella originariamente congetturata per motivi di carattere ordinario (piano di ammortamento
non rigido).
Gli ammortamenti vanno stanziati in ogni esercizio anche se la gestione è in perdita. La misura dell’ammortamento
non può essere determinata a piacimento.
L’ammortamento può essere anche a quote non costanti.
Il piano d’ammortamento deve essere periodicamente rivisto per verificare se sono intervenuti cambiamenti tali da
richiedere una modifica delle stime effettuate nella determinazione della residua possibilità di utilizzazione. Se
quest’ultima è modificata, il valore contabile dell’immobilizzazione (valore originario al netto degli ammortamenti
fino a quel momento effettuati) al tempo di tale cambiamento è ripartito sulla nuova vita utile residua del cespite.
RIVALUTAZIONE MONETARIA
Le immobilizzazioni materiali possono essere rivalutate solo nei casi in cui la legge lo preveda o lo consenta.
Non sono ammesse rivalutazioni discrezionali o volontarie delle immobilizzazioni materiali ovvero rivalutazioni che
non derivino dall’applicazione della legge. I criteri seguiti per procedere alla rivalutazione, le metodologie adottate
per la sua applicazione e i limiti entro cui la rivalutazione viene effettuata devono conformarsi a quanto stabilito
dalla legge in base alla quale la rivalutazione è effettuata.
122
Il limite massimo della rivalutazione di un’immobilizzazione materiale è il valore recuperabile dell’immobilizzazione
stessa che in nessun caso può essere superato. L’effetto netto della rivalutazione non costituisce un ricavo ed è
accreditato tra le riserve di patrimonio netto, alla voce AIII “Riserve di rivalutazione” (cfr. OIC 28 “Patrimonio
netto”), salvo diversa disposizione di legge.
L’iscrizione in bilancio dei costi di manutenzione dipende dalla tipologia di manutenzione. Si distingue tra:
5. LA NORMATIVA FISCALE
I COSTI DI AMMORTAMENTO SONO DEDUCIBILI?
• Le quote di ammortamento sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene (art. 102
TUIR), con la conseguenza che un’immobilizzazione è ammortizzabili solamente a partire dall’esercizio nel
quale è stata effettivamente inserita nel processo produttivo
• L’ammortamento è deducibile per un importo non superiore a quello risultante dall'applicazione al costo dei
beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (art. 102 TUIR). I
coefficienti sono stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo
nei vari settori produttivi.
• I coefficienti sono ridotti alla metà per il primo esercizio (art. 102 TUIR)
123
• Per specifici settori produttivi possono essere stabiliti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze,
diversi criteri e modalità di deduzione.
L’eventuale eccedenza è deducibile a quote costanti nei 5 periodi d’imposta successivi.
Sono invece totalmente deducibili i compensi periodici di manutenzione dovuti contrattualmente per certi beni; tali
costi sono esclusi dalla base di computo del 5%.
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NT13 – IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI
INDICE
1. Guida allo studio (pag. 3)
2. Definizione (pag. 5)
3. Le disposizioni del Codice Civile (pag. 7)
4. I principi contabili nazionali: OIC 24 e OIC 9 (pag. 28)
5. I principi contabili internazionali: IAS 38 (pag. 63)
6. La normativa fiscale (pag. 64)
2. DEFINZIONE
Le immobilizzazioni immateriali sono valori comuni a più esercizi relativi a beni (privi di consistenza fisica o
tangibilità), diritti e costi, la cui utilità economica sia ritenuta estensibile a più esercizi, e quindi produttivi di flussi
di reddito prospettici.
Essi comprendono:
• Beni immateriali in senso stretto (diritti con autonoma identificazione e valore e caratterizzati da
trasferibilità, cioè attitudine ad essere ceduti in via autonoma – diritti di brevetto industriale, diritti di
utilizzazione delle opere dell’ingegno, concessioni, licenze, marchi e diritti simili)
• Costi pluriennali (inseparabili dal complesso aziendale e non autonomamente alienabili - costi di impianto
e ampliamento, costi di sviluppo)
• Avviamento (Attitudine dell’impresa a generare utili in misura superiore a quella ordinaria. Non è dotato
di trasferibilità autonoma perché congiunto al complesso aziendale oggetto di acquisto, conferimento,
fusione)
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• Prodotte internamente Comprendono anche i costi interni ed esterni sostenuti per beni immateriali in corso
di produzione o di acquisto, compresi i relativi acconti (immobilizzazioni in corso e acconti).
Art. 2425:
A) Valore della produzione:
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) Altri ricavi e proventi (plusvalenze e ripristini di valore)
«3. l’immobilizzazione che, alla data della chiusura dell’esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello
determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minor valore; questo non può essere mantenuto nei
successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata; questa disposizione non si applica a
rettifiche di valore relative all’avviamento».
Quindi, a prescindere dalla modalità di acquisizione, il valore di iscrizione in bilancio non può eccedere il VALORE
RECUPERABILE, ossia il valore prospettico di realizzo dell’immobilizzazione.
«6. L’avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio sindacale, se acquisito a
titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto. L’ammortamento dell’avviamento è effettuato secondo la sua
vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne attendibilmente la vita utile, è ammortizzato entro un
periodo non superiore a dieci anni. Nella nota integrativa è fornita una spiegazione del periodo di ammortamento
dell’avviamento”.
Il legislatore ha quindi previsto alcune “cautele” rispetto a questa voce:
• consenso del Collegio: deve verificare l’esistenza di ragioni economiche che permettono la capitalizzazione
• adeguata informativa nella nota integrativa
INFO RELATIVE ALLE SOCIETA CHE REDIGONO IL BILANCIO IN FORMA ABBREVIATA (ART 2435-BIS)
Con riferimento alle immobilizzazioni immateriali, nella nota integrativa del bilancio in forma abbreviata sono fornite
le seguenti informazioni richieste dagli articoli 2426 e 2427 del codice civile:
• “una spiegazione del periodo di ammortamento dell’avviamento” (art. 2426, co. 1, n. 6);
• “i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei
valori non espressi all'origine in moneta avente corso legale nello Stato” (art. 2427, co. 1, n. 1);
• “i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo; le precedenti rivalutazioni,
ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenuti
nell’esercizio; le rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell’esercizio; il totale delle
rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla chiusura dell’esercizio” (art. 2427, co. 1, n. 2);
• “l'ammontare degli oneri finanziari imputati nell'esercizio ai valori iscritti nell'attivo dello stato patrimoniale,
distintamente per ogni voce” (art. 2427, co. 1, n. 8);
• “l’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo stato
patrimoniale, con indicazione della natura delle garanzie reali prestate” (art. 2427, co. 1, n. 9).
CRITERI DI VALUTAZIONE
Il valore originario d’iscrizione di un’immobilizzazione immateriale è costituito dal costo di acquisto o di produzione.
• Il costo d’acquisto è l’importo monetario o equivalente corrisposto o il fair value di altri corrispettivi dati
per acquisire un bene, al momento dell’acquisto o della costruzione. Il costo di acquisto include anche gli
oneri accessori.
• Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili; inoltre può includere anche costi
indiretti per la quota ragionevolmente imputabile alla immobilizzazione.
Impairment test (cfr principio OIC 9 - Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e
immateriali)
Oggetto: riguarda la svalutazione per “perdite durevoli di valore” delle immobilizzazioni
Finalità: evita che le attività siano iscritte a un valore superiore a quello recuperabile
Obiettivo: consente di verificare se l’attività ha subìto una riduzione durevole di valore, confrontando il suo valore
recuperabile con il suo valore contabile
Periodicità: l’impresa deve valutare, ad ogni reporting date, se vi sono indicatori di possibili perdite durevoli di
valore.
Si definisce perdita durevole di valore la diminuzione di valore che rende il valore recuperabile di un’immobilizzazione,
determinato in una prospettiva di lungo termine, inferiore rispetto al suo valore netto contabile.
Le perdite durevoli di valore sono rilevate nel conto economico nella voce B10c) “altre svalutazioni delle
immobilizzazioni”.
Il valore recuperabile di un’attività è il maggiore tra il suo fair value e il suo valore d’uso.
Il fair value è il prezzo che si percepirebbe per la vendita di un’attività in una regolare operazione transazione
ordinaria tra operatori di mercato alla data di valutazione. La migliore evidenza del fair value di un’attività è il
prezzo pattuito in un accordo vincolante di vendita stabilito in una libera transazione o il prezzo di mercato in un
mercato attivo. Se non esiste un accordo vincolante di vendita né alcun mercato attivo per un’attività, il fair value
è determinato in base alle migliori informazioni disponibili per riflettere l’ammontare che la società potrebbe
ottenere, alla data di riferimento del bilancio, dalla vendita dell’attività in una libera transazione tra parti
consapevoli e disponibili. Nel determinare tale ammontare, la società considera il risultato di recenti transazioni per
attività similari effettuate all’interno dello stesso settore industriale. Ai fini della determinazione del valore
recuperabile, al valore fair value sono sottratti i costi di vendita.
Il valore d’uso è determinato sulla base del valore attuale dei flussi finanziari futuri che si prevede abbiano origine
da un’attività lungo la sua vita utile. Il calcolo del valore d’uso comprende le seguenti fasi:
1. stimare i flussi finanziari futuri in entrata e in uscita che deriveranno dall’uso continuativo dell’attività e
dalla sua dismissione finale, e
2. applicare il tasso di attualizzazione appropriato a quei flussi finanziari futuri.
130
Nel determinare il valore d’uso, le stime dei flussi finanziari futuri comprendono:
1. le proiezioni dei flussi finanziari in entrata derivanti dall’uso continuativo dell’attività;
2. le proiezioni dei flussi finanziari in uscita che si verificano necessariamente per generare flussi finanziari in
entrata dall’uso continuativo dell’attività (inclusi i flussi finanziari in uscita per rendere l’attività utilizzabile)
e che possono essere direttamente attribuiti o allocati all’attività in base a un criterio ragionevole e coerente;
3. i flussi finanziari netti, se esistono, che si prevede di ricevere (o erogare) per la dismissione dell’attività alla
fine della sua vita utile, in una transazione regolare tra operatori di mercato alla data di valutazione.
Nel valutare se esiste un’indicazione che un’attività possa aver subito una perdita durevole di valore, la società
considera, come minimo, i seguenti indicatori:
1. il valore di mercato di un’attività è diminuito significativamente durante l’esercizio, più di quanto si prevedeva
sarebbe accaduto con il passare del tempo o con l’uso normale dell’attività in oggetto;
2. durante l’esercizio si sono verificate, o si verificheranno nel futuro prossimo, variazioni significative con effetto
negativo per la società nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo in cui la società opera o
nel mercato cui un’attività è rivolta;
3. nel corso dell’esercizio sono aumentati i tassi di interesse di mercato o altri tassi di rendimento degli
investimenti, ed è probabile che tali incrementi condizionino il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo
del valore d’uso di un’attività e riducano il valore recuperabile;
4. il valore contabile delle attività nette della società è superiore al loro fair value stimato della società (una
tale stima sarà effettuata, per esempio, in relazione alla vendita potenziale di tutta la società o parte di
essa);
5. l’obsolescenza o il deterioramento fisico di un’attività risulta evidente;
6. nel corso dell’esercizio si sono verificati significativi cambiamenti con effetto negativo sulla società, oppure si
suppone che si verificheranno nel prossimo futuro, nella misura o nel modo in cui un’attività viene utilizzata o
ci si attende sarà utilizzata.
RIPRISTINO DI VALORE
La norma di legge prevede che quando vengono meno in tutto o in parte le cause che hanno determinato la
svalutazione, questa non può essere mantenuta: il valore originario deve essere ripristinato al netto degli ulteriori
ammortamenti non calcolati a causa della precedente svalutazione. Non è possibile ripristinare la svalutazione
rilevata sull’avviamento e sugli oneri pluriennali.
I ripristini di valore sono rilevati nella voce A5 “altri ricavi e proventi”.
RIVALUTAZIONE
Il valore di bilancio di talune immobilizzazioni immateriali (quali i beni immateriali) può comprendere rivalutazioni
del costo, solamente se queste vengono effettuate in applicazione di leggi speciali. Non sono ammesse rivalutazioni
discrezionali o volontarie delle immobilizzazioni immateriali ovvero rivalutazioni che non derivino dall’applicazione
della legge.
131
L’accresciuto valore di un bene immateriale derivante dal processo inflattivo non può essere considerato di per sé
ragione sufficiente per la sua rivalutazione, né può costituire un “caso eccezionale” di deroga al divieto di
rivalutazione.
I criteri seguiti per procedere alla rivalutazione, le metodologie adottate per la sua applicazione ed i limiti entro
cui la rivalutazione viene effettuata devono conformarsi a quanto stabilito dalla legge in base alla quale la
rivalutazione è effettuata.
AMMORTAMENTO
Il costo delle immobilizzazioni immateriali, la cui utilizzazione è limitata nel tempo, deve essere sistematicamente
ammortizzato in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione. Il valore da ammortizzare
è la differenza tra il costo dell’immobilizzazione immateriale e, se determinabile, il suo presumibile valore residuo
al termine del periodo di vita utile.
La quota di ammortamento imputata a ciascun esercizio si riferisce alla ripartizione del costo sostenuto sull’intera
durata di utilizzazione. L'ammortamento decorre dal momento in cui l’immobilizzazione è disponibile e pronta per
l'uso.
La sistematicità dell’ammortamento è definita nel piano di ammortamento, che è funzionale alla correlazione dei
benefici attesi. Oltre all’utilizzo di piani di ammortamento a quote costanti, è ammesso anche l'utilizzo di piani a
quote decrescenti, oppure parametrati ad altre variabili quantitative.
La sistematicità dell’ammortamento non presuppone necessariamente l’applicazione del metodo a quote costanti.
Non è invece ammesso l’utilizzo di metodi di ammortamento a quote crescenti, in quanto tale metodo tende a porsi
in contrasto con il principio della prudenza. Non è altresì ammesso l’utilizzo di metodi dove le quote di ammortamento
sono commisurate ai risultati d'esercizio della società o di un suo ramo o divisione.
Per calcolare il valore da ammortizzare, il valore residuo di un bene immateriale si presume pari a zero, a meno
che:
• vi sia un impegno da parte di terzi ad acquistare il bene immateriale alla fine della sua vita utile; o
• sia dimostrabile l’esistenza di un mercato del bene dal quale trarre un valore oggettivo che permetta di
effettuare una stima attendibile del valore realizzabile dalla alienazione dell’attività immateriale al termine
della vita utile e: (i) il valore residuo può essere determinato facendo riferimento a tale mercato; e (ii) è
probabile che tale mercato esisterà alla fine della vita utile dell’attività.
Il valore residuo di un onere pluriennale è sempre pari a zero.
Gli oneri pluriennali possono essere iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale solo se:
• è dimostrata la loro utilità futura;
• esiste una correlazione oggettiva con i relativi benefici futuri di cui godrà la società;
• è stimabile con ragionevole certezza la loro recuperabilità.
Essendo la recuperabilità caratterizzata da alta aleatorietà, essa va stimata dando prevalenza al principio della
prudenza.
L’utilità pluriennale è giustificabile solo in seguito al verificarsi di determinate condizioni gestionali, produttive, di
mercato che al momento della rilevazione iniziale dei costi devono risultare da un piano economico della società.
I costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo sono iscrivibili solo con il consenso del collegio sindacale,
ove esistente.
I costi di impianto e di ampliamento devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni.
I costi di sviluppo sono ammortizzati secondo la loro vita utile; nei casi eccezionali in cui non è possibile stimarne
attendibilmente la vita utile, essi sono ammortizzati entro un periodo non superiore a cinque anni.
Fino a che l’ammortamento dei costi di sviluppo, di impianto e di ampliamento non è completato, possono essere
distribuiti dividendi solo se residuano riserve disponibili sufficienti a coprire l’ammontare dei costi non ammortizzati.
2. Una seconda tipologia di beni immateriali sono i DIRITTI DI UTILIZZAZIONE DELLE OPERE DELL’INGEGNO
Includono i diritti d'autore legati a opere dell'ingegno di carattere creativo, che appartengono alle scienze, alla
letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro e alla cinematografia, o a altri mezzi
multimediali di espressione qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.
Il diritto si acquisisce con la creazione dell'opera, momento dal quale compete all'autore il diritto esclusivo di
pubblicare l'opera e di utilizzarla in ogni forma e modo nei limiti fissati dalla legge.
133
La voce BI3 “diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno” comprende:
• i costi sia di produzione interna sia di acquisizione esterna dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
• i costi per l’acquisizione o la produzione di brevetti industriali, di brevetti per modelli di utilità e per modelli
e disegni ornamentali;
• i costi per i diritti in licenza d’uso di brevetti;
• i costi relativi all’acquisto a titolo di proprietà e a titolo di licenza d'uso del software applicativo sia a
tempo determinato che a tempo indeterminato;
• i costi sostenuti per la produzione ad uso interno di un software applicativo tutelato ai sensi della legge
sui diritti d'autore;
• i costi di know-how, sia nel caso in cui sono sostenuti per la produzione interna che nel caso di acquisto da
terzi, quando è tutelato giuridicamente.
I diritti di brevetto industriale e i diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno possono essere trasmessi con
licenza d’uso. Sebbene i diritti siano assimilabili dal punto di vista utilizzativo, è evidente che il brevetto implica un
concetto di trasferibilità e di proprietà (anche se limitata nel tempo) che la licenza d'uso normalmente non ha.
Tuttavia, privilegiando gli aspetti sostanziali e considerando l’utilizzo economico del bene immateriale, è preferibile
classificare nella stessa voce BI3 anche le licenze d'uso per brevetti e beni simili.
3. Una terza tipologia di beni immateriali sono i DIRITTI DI CONCESSIONE. Nel diritto amministrativo, le concessioni
sono provvedimenti con i quali la pubblica amministrazione trasferisce ad altri soggetti i propri diritti o poteri, con
i relativi oneri ed obblighi.
4. Una quarta tipologia di beni immateriali sono i MARCHI. Il marchio (insieme alla ditta e all'insegna) è uno dei
segni distintivi dell'azienda (o di un suo prodotto fabbricato e/o commercializzato) e può consistere in un emblema,
in una denominazione e/o in un segno.
Al marchio che risponde ai requisiti di novità, originalità e liceità è riconosciuta una particolare tutela giuridica
(marchio registrato).
L'iscrivibilità del marchio tra le immobilizzazioni immateriali può avvenire sia a seguito di produzione interna, sia a
seguito di acquisizione a titolo oneroso da terzi, mentre non è iscrivibile il marchio ricevuto a titolo gratuito.
APPROFONDIMENTO SULL’AVVIAMENTO:
Si definisce avviamento l'attitudine di un'azienda a produrre reddito (o meglio, a produrre un reddito in misura
superiore a quella mediamente richiesta dal settore per un’azienda avente un patrimonio netto rettificato pari a
quello dell’azienda considerata del settore). Esso è rappresentato da un insieme indistinto di condizioni immateriali
che esprimono la capacità competitiva dell’impresa (immagine aziendale, clientela, organizzazione, management,
prodotti, rete commerciale)
Il valore dell'avviamento da iscrivere nel bilancio d'esercizio, si determina per differenza fra il prezzo complessivo
sostenuto per l'acquisizione dell'azienda (o il valore di conferimento della medesima) ed il valore corrente (di mercato)
attribuito agli altri elementi patrimoniali attivi e passivi che la compongono.
134
Può essere capitalizzato solo l’avviamento acquisito a titolo oneroso (pagamento di un prezzo in moneta o in azioni
a fronte di un’incorporazione o conferimento aziendale).
L’ammortamento dell’avviamento è effettuato secondo la sua vita utile. Nei casi eccezionali in cui non sia possibile
stimarne attendibilmente la vita utile, è ammortizzato entro un periodo non superiore a dieci anni.
Si ricorda che, in base al Codice Civile l’iscrizione dell’Avviamento in bilancio può avvenire solo nel rispetto delle
seguenti condizioni:
• Consenso Collegio Sindacale
• Acquisizioni a titolo oneroso
• Nei limiti del costo sostenuto
L’ammortamento del diritto di usufrutto su azioni è effettuato sulla base della durata del diritto. L’ammortamento
del costo del software non tutelato è effettuato nel prevedibile periodo di utilizzo. L’ammortamento del software
di base, essendo strettamente correlato all’hardware, è trattato all’interno dell’OIC 16. L'ammortamento dei costi
per migliorie dei beni di terzi si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e
quello residuo della locazione, tenuto conto dell'eventuale periodo di rinnovo, se dipendente dal conduttore.
L’ammortamento dei costi per il trasferimento e il riposizionamento di cespiti in essere avviene prudenzialmente in
un periodo di tempo relativamente breve (da tre a cinque anni).
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Sono distinte in due categorie:
a) attività immateriali a vita utile definita
b) attività immateriali a vita utile indefinita
Le attività a vita utile definita devono essere ammortizzate. Il valore ammortizzabile deve essere ripartito in base
a un criterio sistematico lungo la vita utile del bene
Le attività a vita utile indefinita (cioè quelle per cui non è possibile individuare un esercizio in cui termina la
generazione dei flussi finanziari netti in entrata per l’impresa) non si ammortizzano, ma devono essere assoggettate,
almeno annualmente all’impairment test.
L’avviamento costituisce sempre un’attività a vita utile “indefinita”.
I costi pluriennali rappresentati da spese di impianto e ampliamento non sono riconoscibili tra le immobilizzazioni
immateriali, ma devono essere iscritti a conto economico
I costi di ricerca (sia di base sia applicata) non sono iscrivibili tra le immobilizzazioni immateriali, ma devono essere
iscritti a conto economico
I costi di sviluppo, alle condizioni del par. 57 dello IAS 38, sono invece capitalizzabili
I costi di pubblicità e propaganda non sono iscrivibili tra le immobilizzazioni immateriali ma devono essere iscritti a
conto economico
L’avviamento è pari all’eccedenza del costo di un’acquisizione aziendale rispetto alla quota di interessenza del
valore di mercato delle attività e delle passività dell’impresa acquisita. L’avviamento generato internamente non
può essere rilevato come immobilizzazione immateriale.
CRITERI DI VALUTAZIONE
Per la VALUTAZIONE INIZIALE il costo storico è il criterio previsto in sede di prima iscrizione di un’attività. Infatti
le attività sono iscritte all’importo pagato, ovvero al fair value del corrispettivo versato per acquisire le attività.
Il fair value nel momento dell’acquisizione di un bene coincide perciò con il suo costo d’acquisto, misurato dal prezzo
di scambio nell’ambito di una normale negoziazione d’impresa.
Per la VALUTAZIONE NEGLI ESERCIZI SUCCESSIVI, il modello del costo “rettificato” (cioè al netto di
ammortamenti e svalutazioni) rappresenta il benchmark treatment (tale trattamento coincide con quello previsto
dalla disciplina italiana).
E’ prevista però la possibilità di scegliere (alternative treatment) il modello della rideterminazione del valore
(valutazione a fair value).
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Il valore contabile è il valore al quale l’attività risulta iscritta nel Bilancio dell’esercizio precedente, pari al costo
di acquisto o di produzione (o al valore rideterminato), al netto dell’eventuale fondo ammortamento e di precedenti
perdite durevoli di valore.
Il valore recuperabile è il maggiore tra il fair value al netto dei costi di vendita (fair value less costs to sell) e il
valore d’uso dell’attività (value in use)
Il fair value less costs to sell rappresenta l’ammontare ottenibile dalla vendita dell’attività in una libera transazione
fra parti consapevoli e disponibili, dedotti i costi della dismissione.
I termini di riferimento per la stima del fair value sono, in ordine di importanza:
• il prezzo pattuito in un accordo vincolante di vendita stabilito in una operazione tra controparti indipendenti;
• il prezzo di mercato dell’attività, se la stessa è commercializzata in un mercato attivo;
• il prezzo dell’operazione più recente, purché non siano intervenuti significativi cambiamenti nel contesto
economico tra la data dell’operazione e quella in cui la stima è effettuata;
• se non esiste alcun accordo vincolante di vendita né alcun mercato attivo per un’attività, il fair value dedotti
i costi di vendita è determinato in base alle migliori informazioni disponibili per riflettere l’ammontare che
l’entità potrebbe ottenere, alla data di riferimento del bilancio, dalla dismissione dell’attività in una libera
transazione tra parti consapevoli e disponibili. Nel determinare questo ammontare, la società considera il
risultato di recenti transazioni per attività similari effettuate all’interno dello stesso settore industriale.
Il value in use rappresenta, invece, il valore attuale dei flussi finanziari futuri che si prevede abbiano origine
dall’attività, sia per mezzo del suo utilizzo che di una sua eventuale cessione.
Ai fini del calcolo del valore d’uso è necessario:
• stimare i flussi finanziari futuri in entrata e in uscita che deriveranno dall’uso continuativo dell’attività e
dalla sua dismissione finale; e
• applicare a tali flussi finanziari il tasso di attualizzazione appropriato; tale saggio è determinato sommando
il tasso che riflette il valore temporale del denaro (tasso risk-free) e il tasso che riflette i rischi specifici
dell’attività aziendale (risk premium).
I principi guida da osservare in relazione alla stima dei cash flows oggetto di attualizzazione sono i seguenti:
• le proiezioni devono basarsi su presupposti ragionevoli e sostenibili, che rappresentino la migliore stima
effettuabile dalla direzione aziendale delle condizioni economiche che esisteranno lungo la restante vita
utile del bene; peraltro, il management è tenuto ad attribuire maggiore peso alle evidenze provenienti
dall’esterno rispetto alle supposizioni interne;
• le previsioni dei flussi devono essere fondate sui più recenti budget approvati dalla direzione aziendale e
non devono estendersi, di norma, per più di 5 anni;
• i flussi finanziari che vanno dalla fine del periodo cui si riferisce il budget alla data di dismissione del bene
sono stimati mediante l’estrapolazione delle proiezioni fondate sui business plan disponibili utilizzando un
tasso di crescita che rifletta le previsioni in merito all’andamento del settore o del mercato in cui l’impresa
opera;
• i flussi devono essere stimati facendo riferimento alle condizioni correnti dell’azienda, ossia senza
considerare gli ulteriori flussi che possono essere assorbiti o generati da future operazioni di
ristrutturazione nelle quali l’azienda stessa non è ancora impegnata o da miglioramenti/aumenti nel livello
di prestazione dell’attività;
• i flussi oggetto di attualizzazione non devono considerare i flussi derivanti dalla gestione finanziaria e
dall’imposizione fiscale
138
Al 31/12/n+1 l’impresa sceglie di adottare il metodo del fair value per la valutazione dei marchi. Il fair value di
tali diritti al 31/12/N+1 è pari a 150.
Valore da iscrivere a bilancio= 150
ESEMPIO 9:
ESEMPIO 10:
ESEMPIO 11
139
6. LA NORMATIVA FISCALE
QUALI COSTI SONO DEDUCIBILI?
140
NT14 RIMANENZE DI MAGAZZINO
INDICE
1. Guida allo studio (pag. 3)
2. Definizione (pag. 5)
3. Le disposizioni del Codice Civile (pag. 11)
4. I principi contabili nazionali: OIC 13 (pag. 33)
5. La normativa fiscale (pag. 66)
2. DEFINIZIONE
Le rimanenze di magazzino sono valori economici comuni a due esercizi e riguardano processi produttivi, iniziati e
non conclusi alla fine del periodo amministrativo, che troveranno compimento in quello successivo mediante il realizzo
diretto per i beni destinati al mercato e indiretto per quelli che dovranno subire ulteriori trasformazioni.
Le rimanenze di magazzino assumono importanza particolare nelle imprese industriali e commerciali.
Le rimanenze di magazzino rappresentano beni destinati alla vendita o che concorrono alla loro produzione nella
normale attività della società.
Le principali tipologie di rimanenze di magazzino disciplinate sono:
• le materie prime, ivi compresi i beni acquistati soggetti ad ulteriori processi di trasformazione (cd.
semilavorati di acquisto);
141
• le materie sussidiarie e di consumo (costituite da materiali usati indirettamente nella produzione);
• i prodotti in corso di lavorazione (materiali, parti e assiemi in fase di avanzamento);
• i semilavorati (parti finite di produzione interna destinate ad essere utilizzate in un successivo processo
produttivo);
• le merci (beni acquistati per la rivendita senza subire rilevanti trasformazioni);
• i prodotti finiti (prodotti di propria fabbricazione).
• Sono considerate materie prime tutti quei materiali che sono alla base per la fabbricazione e produzione di
altri beni tramite l'utilizzo di opportune lavorazioni e processi industriali che permettono di ottenere il
prodotto finale desiderato.
• Le materie sussidiarie e i materiali di consumo sono assimilabili alle materie prime, in quanto anch’essi
debbono concorrere al processo produttivo, con la peculiarità che il loro contributo è indiretto, in quanto
svolgono una funzione strumentale o complementare.
• I prodotti in corso di lavorazione sono il risultato di lavorazioni iniziate e non ancora completate. Trattasi
di materiali, parti e insiemi di beni nei differenti stadi di lavorazione, con identità fisica non ancora definita.
• Sono considerati semilavorati quei beni che, pur non avendo ancora terminato il ciclo di produzione, hanno
raggiunto una loro identità fisica e contabile.
• Sono considerati prodotti finiti quei beni che sono pronti per la vendita
3. CODICE CIVILE
RICHIAMO PRINCIPI DI REDAZIONE DEL BILANCIO
L’art. 2423-bis (nuovo) definisce i principi di redazione del bilancio:
• la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione
dell’attività;
• la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del
contratto;
142
• si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la
chiusura di questo;
• i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro. La nota integrativa deve
motivare la deroga e indicarne l ’ influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria
e del risultato economico.
Costanza di applicazione dei metodi prescelti nella valutazione delle rimanenze di magazzino
L’uniformità di metodo (ad esempio, LIFO, FIFO, costo medio ponderato) nella valutazione del magazzino è condizione
essenziale per la corretta determinazione dei risultati dell’esercizio. Le rimanenze finali si valutano con gli stessi
metodi delle rimanenze iniziali. Nei casi eccezionali in cui si cambi il metodo di valutazione (ad esempio, da costo
LIFO a costo FIFO) si determina l’effetto di tale cambiamento. Il cambiamento di metodo per la determinazione del
costo dei beni fungibili in rimanenza costituisce un cambiamento di principio contabile (cfr. OIC 29 “Cambiamenti di
principi contabili, cambiamenti di stime contabili, correzione di errori, fatti intervenuti dopo la chiusura
dell’esercizio”).
CLASSIFICAZIONE
Art. 2424:
C) Attivo circolante:
I – Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti
Totale
La voce “acconti” comprende le somme corrisposte ai fornitori prima della consegna dei relativi beni.
Le svalutazioni dei beni inclusi nelle rimanenze di magazzino sono rilevate a rettifica diretta dei relativi valori
iscritti all’attivo. I ripristini di valore determinano un incremento delle rimanenze finali di magazzino, nei limiti del
costo originariamente sostenuto.
Le relative componenti negative o positive di conto economico si riflettono, a seconda della natura della rimanenza
cui si riferiscono, nelle voci A2 “variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti”
e B11 “variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci”.
I contributi in conto esercizio ricevuti per l’acquisto di beni inclusi nelle rimanenze sono rilevati nella voce A5 “altri
ricavi e proventi”, in linea con quanto espressamente previsto dall’articolo 2425 codice civile. I costi sostenuti per
gli acquisti di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci sono rilevati tra i costi di produzione, alla voce B6, al
lordo dei contributi in conto esercizio ricevuti per tali acquisti. Alla chiusura dell’esercizio, la variazione delle
rimanenze di materie prime, semilavorati e prodotti finiti è rilevata nelle voci B11 “variazioni delle rimanenze di
materie prime, sussidiarie e di consumo e merci” o A2 “variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione,
semilavorati e finiti” al netto dei contributi ricevuti.
Bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.) e bilancio delle micro-imprese (art. 2435-ter c.c.)
Ai sensi dell’articolo 2435-bis, del codice civile nel bilancio in forma abbreviata “lo stato patrimoniale comprende
solo le voci contrassegnate nell’art. 2424 con lettere maiuscole e con numeri romani”. Pertanto le rimanenze sono
esposte nell’attivo dello stato patrimoniale nel loro complesso sotto la voce CI Rimanenze. Le stesse semplificazioni
si applicano nel bilancio delle micro-imprese ai sensi dell’art. 2435-ter del codice civile.
Nel conto economico del bilancio in forma abbreviata le voci A2 “variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di
lavorazione, semilavorati e finiti” e A3 “variazioni dei lavori in corso su ordinazione” possono essere tra loro
raggruppate in un’unica voce denominata A2-3 “variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione,
semilavorati e finiti e dei lavori in corso su ordinazione”. Le stesse semplificazioni si applicano nel bilancio delle
microimprese ai sensi dell’art. 2435-ter del codice civile.
La regola imposta dal punto n. 9 dell’art. 2426, fa di fatto prevalere il principio della prudenza su quello della
competenza economica. Infatti, dal punto di vista economico aziendale la regola di valutazione delle rimanenze più
corretta sarebbe quella di caricare nel valore delle rimanenze finali non solo il costo di acquisto/di produzione, ma
anche il corrispondente margine in corso di formazione (valore di mercato). Trattasi tuttavia di un margine non
ancora realizzato e per questo motivo il legislatore preferisce non riconoscerlo, privilegiando il principio della
prudenza su quello della competenza economica
144
«1. le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto si computano anche
i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere
anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al
momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al
finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi».
«10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli “primo entrato,
primo uscito” o “ultimo entrato, primo uscito”; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi
correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa».
Pertanto, la valorizzazione quantità in giacenza secondo l’art. 2426 c.c., punto 9 deve essere effettuata al:
à minore tra il costo di acquisto o di produzione e il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato
Dove, il costo di acquisto o di produzione può essere determinato:
• in modo specifico (art. 2426 c.c., punto 1)
• per i beni fungibili, adottando uno dei seguenti metodi di calcolo (art. 2426 c.c., punto 10):
– Costo medio ponderato
– Lifo (Last in, first out - Ultimo entrato, primo uscitonon ammesso dagli Ias)
– Fifo (First in, first out – Primo entrato, primo uscito)
146
DETERMINAZIONE COSTO DI PRODUZIONE DEI BENI NON FUNGIBILI
Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al bene.
Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al bene, relativi al periodo di
fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato. Con gli stessi criteri possono essere aggiunti
gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi. I costi di distribuzione non possono
essere computati nel costo di produzione.
Possono quindi essere inclusi nel costo di produzione:
• Costi direttamente imputabili: costo dei materiali utilizzati, manodopera diretta, altri costi direttamente
sostenuti per la produzione (NO costi di distribuzione)
• Costi indiretti: es. spese generali di fabbricazione, spese di manutenzione, spese per le utenze, ammortamenti
(calcolati ipotizzando un uso normale della capacità produttiva), stipendi del capo-reparto ecc. (No costi di
distribuzione)
Non concorrono alla formazione del costo di produzione, oltre alle spese di distribuzione, le spese generali e le spese
amministrativi poiché non afferiscono al processo produttivo. Questa configurazione di costo è quella definita del
“full cost” o “costo pieno industriale”
Gli oneri finanziari sono generalmente esclusi dalla determinazione del costo delle rimanenze.
La capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa solo con riferimento a beni che richiedono un periodo di
produzione (ad esempio, per la maturazione o l’invecchiamento) significativo.
Il limite della capitalizzazione degli oneri finanziari è rappresentato dal valore realizzabile del bene desumibile
dall’andamento del mercato. Sulla misura e sui requisiti per la capitalizzazione degli oneri finanziari si veda la NT13
sulle “Immobilizzazioni materiali”.
147
DETERMINAZIONE COSTO DI ACQUISTO DEI BENI FUNGIBILI
Per i beni specifici che compongono il magazzino (e cioè autonomamente identificabili) è facile (e obbligatorio)
attribuire un costo di acquisto specifico (cfr lucidi precedenti).
Le rimanenze finali di magazzino però possono essere costituite anche da beni fungibili, ossia quei beni non dotati
di individualità, che possono essere sostituiti con altri della stessa specie. (es. sabbia, grano, farine, liquidi…ecc.)
Per valutare le rimanenze finali dei beni fungibili è necessario ricorrere a metodologie convenzionali, fondate su
specifiche assunzioni inerenti al flusso delle quantità e dei costi. Le metodologie previste dall’art. 2426 n. 10 sono:
• Costo medio ponderato
• Lifo (last in, first out)
• Fifo (first in, first out)
Il metodo del costo medio ponderato considera i diversi acquisti o produzioni sviluppate «ponderandoli» con la
quantità di ciascun acquisto o produzione.
Il FIFO assume, per convenzione, che i beni acquistati o prodotti in tempi più lontani siano i primi ad essere prelevati
dal magazzino. Di conseguenza, le rimanenze finali di magazzino sono valutate utilizzando i costi dei beni formatisi
in tempi più recenti. Quindi in un contesto di prezzi crescenti, il metodo del FIFO rappresenta meglio il valore di
mercato degli stessi.
Il LIFO assume, per convenzione, che le quantità acquistate o prodotte in tempi più vicini siano le prime ad essere
prelevate dal magazzino per essere vendute o utilizzate per la produzione. Di conseguenza, il valore utilizzato per
la stima delle rimanenze finali di magazzino si riferisce al costo dei beni formatisi in magazzino in tempo più lontano,
e quindi si riferisce ai primi acquisti o alle prime produzioni. Quindi, in un contesto di prezzi dei beni crescenti, il
LIFO sottostima il valore del magazzino finale, creando le cd. «Riserve LIFO», allontanandolo dal valore di mercato
(infatti gli Ias/Ifrs non ammettono il LIFO) .
148
FIFO
Convenzionalmente si considerano venduti o consumati i beni entrati per primi (in tempo più lontano) in magazzino.
Di conseguenza, si considerano giacenti in magazzino le quantità relative agli acquisti più recenti.
Le tecniche sopra esposte relativamente al costo medio ponderato (“per movimento o continuo” e per periodo o a
scatti”) sono indifferenti se applicate al metodo FIFO, in quanto si ottiene il medesimo risultato sia nel caso in cui
si seguano cronologicamente i movimenti delle singole partite entrate e uscite, sia nel caso in cui si effettui il
calcolo globalmente a intervalli di tempo.
LIFO
Convenzionalmente si considerano venduti o consumati i beni entrati per ultimi (in tempo più recente) in magazzino.
Di conseguenza, si considerano giacenti in magazzino i beni relativi agli acquisti più remoti.
Il LIFO può essere applicato:
• Per movimento (o continuo): la logica LIFO viene applicata ad ogni singolo movimento, in questo modo si
segue il flusso fisico delle merci
149
• Per periodo (o a scatti): le rimanenze finali di magazzino sono valutate senza tener conto delle variazioni
delle singole entrate/uscite di beni intervenute nel periodo di tempo considerato (mese, trimestre, o anno).
Per ogni periodo si formano delle “fasce/classi LIFO”. Il LIFO si applica alle fasce. Questa tecnica, benché
meno precisa è di più facile applicazione
Questo metodo stratifica” le rimanenze considerandole separatamente per esercizio di formazione.
RIASSUMENDO….
VALORE RIMANENZE FINALI:
- Costo medio ponderato continuo: 4.932.280
- Costo medio ponderato a scatti: 4.912.157
- Fifo: 4.960.000
- Lifo continuo: 4.800.000
In ipotesi di prezzi crescenti:
• il metodo LIFO contrappone i ricavi ai costi più recenti. Le rimanenze risultano, a parità di condizioni,
sottovalutate rispetto al metodo FIFO. Questo porta con sé la formazione di riserve implicite.
• il FIFO contrappone ai ricavi più recenti i costi formatisi in tempi più lontani, tendendo a determinare i cd
«profitti di magazzino».
Per questo motivo, l’art. 2426 n.10 dispone che «..se il valore calcolato con il metodo della media ponderata, del
primo entrato/primo uscito o ultimo entrato/primo uscito, differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla
chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categorie di beni, nella nota integrativa»
150
Ai sensi dell’articolo 2423, comma 4, codice civile, ai fini della determinazione del costo delle rimanenze di beni
fungibili si possono utilizzare, per motivi di semplificazione, anche metodi alternativi al LIFO, FIFO e costo medio a
condizione che producano valori assimilabili, con scostamenti trascurabili, a quelli prodotti dalle configurazioni di
costo previste dall’articolo 2426, numero 10 del codice civile. Rientrano tra i metodi alternativi utilizzabili:
- il metodo dei prezzi al dettaglio;
- il metodo dei costi standard.
151
Metodo dei costi standard
I costi standard sono costi determinati in anticipo rispetto alla produzione tramite l’uso di specifiche tecniche,
elenchi materiali, ore normali di lavoro, in condizioni normali o predeterminate di utilizzo della capacità produttiva
degli impianti.
I costi standard possono essere usati nella valutazione del magazzino solo se rappresentativi dei costi effettivi.
I costi standard sono aggiornati periodicamente per riflettere cambiamenti sia nei prezzi che nelle condizioni di
costo, quali ad esempio i mutamenti dei processi e dell’efficienza.
Non sono invece rettificati per riflettere l’inefficienza inclusa tra i costi consuntivi. Gli scostamenti tra costi
standard e costi effettivi che si originano da inefficienza di produzione, costi anomali, scioperi, impianti inattivi ecc.
costituiscono elementi negativi del reddito dell’esercizio in cui si verificano e non quindi sono considerati nella
valutazione del magazzino.
152
Il valore di realizzazione desumibile dall’andamento di mercato è determinato:
• per materie prime, di consumo e sussidiarie e per i semilavorati, con riferimento al costo attuale di riacquisto
o di sostituzione, ossia il costo di nuova negoziazione o di riproduzione del bene in condizioni normali di
gestione;
• per i prodotti in corso di lavorazione dal prezzo netto di realizzo del bene completato al netto dei costi
ancora da sostenere per il suo completamento;
• per prodotti finiti e merci, con riferimento al presumibile prezzo netto di vendita del bene sul mercato.
5. NORMATIVA FISCALE
• Come la normativa civilistica, anche quella fiscale prevede che le variazioni delle rimanenze finali rispetto
alle esistenze iniziali concorrono a formare il reddito dell’esercizio (art. 92 co. 1 TUIR), in virtù del principio
della competenza.
• Nel calcolo della variazione, il TUIR consente di mantenere il valore delle rimanenze determinato nel bilancio
civilistico, indipendentemente dal criterio di valutazione adottato (costo specifico, costo medio ponderato, a
Lifo o a Fifo). Nel caso in cui però l’impresa utilizzi metodi diversi da quelli previsti dal C.C., il valore delle
rimanenze deve essere maggiore o uguale a quello che si otterrebbe con il metodo del LIFO a scatti.
• Se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato con i criteri civilistici, risultasse superiore
al valore normale medio di essi nell’ultimo mese dell’esercizio, l’intera categoria di rimanenze,
indipendentemente dal periodo di formazione, deve essere valutata a tale minor valore normale (art. 92 co.
5 TUIR).
153
NT15 LAVORI IN CORSO SU ORDINAZIONE
INDICE
1. Guida allo studio (pag. 3)
2. Definizione (pag. 4)
3. Le disposizioni del Codice Civile (pag. 7)
4. I principi contabili nazionali: OIC 23 (pag. 16)
5. La normativa fiscale (pag. 39)
2. DEFINIZIONE
I lavori in corso su ordinazione (LCO) si riferiscono a forniture di beni e servizi effettuati su commessa di un cliente
finale, che risultano non terminati alla fine dell’esercizio. Si tratta di lavorazioni, opere, servizi effettuate per
conto di terzi, normalmente derivanti da un contratto di appalto o di somministrazione. Un esempio potrebbe essere
la costruzione di una nave commissionata da una compagnia di navigazione dedicata all’attività crocieristica (cliente).
Gli LCO esprimono processi produttivi pluriennali in fase di svolgimento alla chiusura dell’esercizio; gli effetti
economici di tali processi interessano pertanto la costruzione di bilanci relativi ad esercizi successivi.
Richiedono un processo di valutazione specifico rispetto a quello delle rimanenze di magazzino. Il problema valutativo
fondamentale dei lavori in corso su ordinazione è come attribuire i ricavi e i costi di commessa (e quindi il margine
della commessa ricavi-costi) nei diversi esercizi in cui i lavori pluriennali si svolgono, rispettando al medesimo tempo
i principi della competenza economica e della prudenza
3. CODICE CIVILE
154
CLASSIFICAZIONE DEI LCO
Nello Stato Patrimoniale (art. 2424 c.c.):
C) Attivo circolante:
I – Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
à 3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti
Nella classe B del passivo “Fondi per rischi e oneri” sono rilevati nella voce “Altri” tutti gli eventuali accantonamenti
per i costi da sostenersi dopo la chiusura della commessa, nonché quelli relativi al fondo per perdite probabili su
commessa.
Articolo 2435-bis, comma 3: Nel conto economico del bilancio in forma abbreviata le voci A2 “variazioni delle
rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti” e A3 “variazioni dei lavori in corso su ordinazione”
possono essere tra loro raggruppate in un’unica voce denominata “variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di
155
lavorazione, semilavorati e finiti e dei lavori in corso su ordinazione”. Le stesse semplificazioni si applicano nel
bilancio delle micro-imprese ai sensi dell’art. 2435-ter del codice civile.
156
I ricavi di commessa (o ricavi a preventivo) sono costituiti dai corrispettivi complessivi pattuiti tra il committente e
l’appaltatore per l’esecuzione o la fornitura dei beni e/o servizi previsti nel contratto.
I costi di commessa (o costi a preventivo) comprendono i costi attribuibili a una commessa che si stima di sostenere
per l’esecuzione o la fornitura dei beni e/o servizi previsti nel contratto.
Il risultato (o margine) di commessa rappresenta la differenza tra i ricavi di commessa e i costi di commessa.
Le condizioni previste dai principi contabili nazionali per l’applicazione del criterio della “percentuale di
completamento” sono le seguenti:
• contratto vincolante
• identificabilità delle opere
• capacità di adempiere del committente
• stima attendibile costi sostenuti e da sostenere, dei ricavi e del margine della commessa
• stima attendibile dello stato avanzamento lavori (S.A.L.)
Esempi di parametri che possono essere utilizzati per la determinazione della percentuale di completamento (S.I.L.
- Stato interno lavori): costo sostenuto/ ore lavorate/ unità consegnate/ misurazioni fisiche
157
CRITERIO DELLA COMMESSA COMPLETATA
• I costi di commessa sono rilevati nell’esercizio in cui i lavori sono eseguiti, (fatto salvo il caso delle perdite
probabili da sostenere per il completamento della commessa che sono rilevate nell’esercizio in cui sono
prevedibili)
• La valutazione delle rimanenze per lavori in corso su ordinazione avviene in base ai costi sostenuti fino alla
chiusura dell’esercizio
• In questo modo si rinvia la contabilizzazione del margine in corso di formazione all’esercizio in cui sarà
completata la commessa ed eseguito il contratto.
Con questo criterio si fa sostanzialmente prevalere il principio della prudenza su quello della competenza economica,
con effetti distorsivi sul reddito di esercizio.
158
COMMESSE IN PERDITA
A prescindere dal criterio di valutazione adottato, se è probabile che i costi totali stimati di una singola commessa
eccedano i ricavi totali stimati (es. ricavi pattuiti 200 e costi di commessa totali 205), la perdita probabile per il
completamento della commessa deve essere rilevata a decremento dei lavori in corso su ordinazione. Se tale perdita
è superiore al valore dei lavori in corso, l’appaltatore rileva un apposito fondo per rischi e oneri pari all’eccedenza.
La rilevazione della perdita deve essere effettuata nell’esercizio in cui essa è quantificata in base a stime attendibili
dei costi.
La perdita è rilevata indipendentemente dallo stato di avanzamento della commessa. Non è possibile compensare
tale perdita con margini positivi previsti su altre commesse. Al fine del riconoscimento delle perdite, le commesse
sono quindi considerate individualmente.
5. NORMATIVA FISCALE
159
Come la normativa civilistica, anche quella fiscale prevede che le variazioni di lavori in corso su ordinazione rispetto
alle esistenze iniziali concorrono a formare il reddito dell’esercizio, in virtù del principio di competenza.
La valutazione deve essere fatta sulla base del criterio della percentuale di completamento, in base ai corrispettivi
pattuiti (art. 93 co. 2), ovvero ai corrispettivi liquidati per la parte di opere, forniture e servizi coperta da Stato
Avanzamento Lavori. Non è ammessa ai fini fiscali la valutazione delle rimanenze di LCO in base al criterio del
costo.
Si precisa che i corrispettivi liquidati a titolo definitivo vanno considerati ricavi, mentre la valutazione tra le
rimanenze è limitata alla parte non ancora liquidata in via definitiva (art. 93 co. 4).
E’ richiesto di allegare alla dichiarazione dei redditi un prospetto analitico per ciascuna opera, che riporti gli estremi
del contratto, le generalità del committente, la scadenza prevista, e tutti gli elementi utilizzati per la definizione
dello stato di esecuzione dei lavori in corso su ordinazione e quindi per la valutazione degli stessi.
160
NT16 PARTECIPAZIONI
INDICE
1. Guida allo studio (pag. 3)
2. Definizione (pag. 5)
3. Le disposizioni del Codice Civile (pag. 9)
4. I principi contabili nazionali: OIC 21 e 17 (pag. 46)
5. La normativa fiscale (pag. 91)
2. DEFINIZIONE
Con il termine partecipazioni si intendono i titoli espressivi dei diritti sul capitale posseduti da una società in altre
imprese, qualunque sia la loro forma giuridica. In particolare, rientrano tra le partecipazioni le azioni e le quote di
società di capitali.
Le partecipazioni sono rappresentate nel bilancio di esercizio in relazione alla loro destinazione economica, e cioè:
• Investimento di medio-lungo periodo: Partecipazioni - Immobilizzazioni finanziarie (SPA BIII);
• Investimento di breve periodo: Partecipazioni - Attivo circolante (SPA CIII)
161
Si tratta quindi delle partecipazioni acquistate con finalità speculative e destinate ad un rapido smobilizzo per
cogliere opportunità di rendimenti a breve termine.
3. CODICE CIVILE
RICHIAMO PRINCIPI DI REDAZIONE DEL BILANCIO
L’art. 2423-bis definisce i principi di redazione del bilancio:
1. la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione
dell’attività; 1bis. La rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza
dell’operazione o del contratto;
2. Si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio;
3. Si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data
dell’incasso o del pagamento;
4. si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura
di questo;
5. i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro. Deroghe sono consentite in casi
eccezionali. La nota integrativa deve motivarne la deroga e indicarne l’influenza sulla rappresentazione della
situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico.
CLASSIFICAZIONE
L’art 2424 del codice civile
Articolo 2359:
“Sono considerate società controllate:
1. le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
2. le società in cui un'altra società dispone dei voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante
nell'assemblea ordinaria;
3. le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con
essa.
Ai fini dell'applicazione dei nn. 1 e 2 del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a
società fiduciarie e a persone interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole.
L’influenza notevole si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti
ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati”.
Il controllo si dice:
• Controllo di diritto, quando esso è realizzato in forza di maggioranze assembleari assolute o relative
detenute nella partecipata;
• Controllo di fatto, quando l’influenza dominante è realizzata (seppure in mancanza della maggioranza
assoluta o relativa dei voti nell’assemblea della partecipata) attraverso, ad esempio, contratti di fornitura
o di approvvigionamento rilevanti con la partecipata, oppure attraverso continui e sistematici rapporti
finanziari, o ancora mediante interscambi rilevanti di personale con la partecipata ecc..
162
art. 2359 bis del codice civile (acquisto di azioni o quote da parte di società controllate)
«1. La società controllata non può acquistare azioni o quote della società controllante se non nei limiti degli utili
distribuibili o delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere
acquistate soltanto azioni interamente liberate (…).
3. In nessun caso il valore nominale delle azioni acquistate a norma dei commi primo e secondo puo' eccedere la
quinta parte del capitale della societa' controllante qualora questa sia una societa' che faccia ricorso al mercato
del capitale di rischio (…)
4. Una riserva indisponibile, pari all’importo delle azioni o quote della società controllante iscritto nell’attivo deve
essere costituita e mantenuta finché le azioni o quote non siano trasferite».
I proventi dell’investimento in partecipazioni costituiti dai dividendi sono rilevati nella voce C15) “proventi da
partecipazioni”, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate, collegate e di quelli relativi a
controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime.
Non rileva, ai fini della classificazione, il fatto che la partecipazione sia iscritta nelle immobilizzazioni o nell’attivo
circolante.
Gli utili o le perdite che derivano dalla cessione di partecipazioni immobilizzate o iscritte nel circolante, quale
differenza tra il valore contabile e il prezzo di cessione, sono iscritti rispettivamente nella voce C15) “proventi da
partecipazioni”, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate, collegate e di quelli relativi a
controllanti e a imprese sottoposte al controllo di queste ultime, e nella voce C17) “interessi e altri oneri finanziari”,
con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate, collegate e di quelli relativi a controllanti e a
imprese sottoposte al controllo di queste ultime
La svalutazione di partecipazioni (sia immobilizzate, sia iscritte nell’attivo circolante) rispetto al valore di iscrizione
nell’attivo è rilevata nella voce D19a) “svalutazioni di partecipazioni”.
Il ripristino di valore, nel caso in cui sia venuta meno la ragione che aveva indotto gli organi amministrativi a
svalutare in precedenza una partecipazione, è rilevato nella voce D18a) “rivalutazioni di partecipazioni”.
Bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.) e bilancio delle micro-imprese (art. 2435-ter c.c.)
Ai sensi dell’articolo 2435-bis del codice civile, nel bilancio in forma abbreviata, “lo stato patrimoniale comprende
solo le voci contrassegnate nell’art. 2424 con lettere maiuscole e con numeri romani”. Pertanto, le partecipazioni
163
sono esposte nello stato patrimoniale nella voce BIII Immobilizzazioni finanziarie o nella voce CIII Attività
finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni.
Inoltre, nel conto economico del bilancio in forma abbreviata le seguenti voci previste dall’art. 2425 possono essere
tra loro raggruppate:
- voci D18(a), D18(b), D18(c) e D18(d);
- voci D19(a), D19(b), D19(c) e D19(d).
Le stesse semplificazioni si applicano ai bilanci delle micro-imprese, ai sensi dell’art. 2435-ter del codice civile.
164
Art. 2426 del codice civile (segue):
Il METODO DEL PATRIMONIO NETTO
«4) le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono essere valutate, con
riferimento ad una o più tra dette imprese, anziché secondo il criterio indicato al n. 1), per un importo pari alla
corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle imprese medesime, detratti i
dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie
per il rispetto dei principi indicati negli articoli 2423 e 2423-bis. »
«Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto
superiore al valore corrispondente del patrimonio netto riferito alla data di acquisizione o risultante dall’ultimo
bilancio dell’impresa controllata o collegata può essere iscritto nell’attivo, purché ne siano indicate le ragioni nella
nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o all’avviamento, deve essere
ammortizzata.
Negli esercizi successivi le plusvalenze, derivanti dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore
indicato nel bilancio dell’esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile.»
165
9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di
acquisto o di produzione, calcolato secondo il n. 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del
mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i
motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione”.
«10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli “primo entrato,
primo uscito” o “ultimo entrato, primo uscito”; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi
correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa»
166
«8-bis) le attività e passività monetarie in valuta sono iscritte al cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio;
i conseguenti utili o perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l’eventuale utile netto è
accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le attività e passività in valuta non monetarie
devono essere iscritte al cambio vigente al momento del loro acquisto»
Per comprendere la distinzione tra elementi monetari e non monetari è necessario fare riferimento alla definizione
dell’OIC 26 (operazioni in valuta):
• Per elementi monetari si intendono le attività e passività che comportano il diritto ad incassare o l’obbligo
di pagare, a date future, importi di denaro in valuta determinati o determinabili. Sono elementi monetari: i
crediti e debiti, le disponibilità liquide, i ratei attivi e passivi e i titoli di debito.
• Per elementi non monetari si intendono le attività e le passività che non comportano il diritto ad incassare
o l’obbligo di pagare importi di denaro in valuta determinati o determinabili. Sono elementi non monetari: le
immobilizzazioni materiali e immateriali, le partecipazioni e altri titoli che conferiscono il diritto a
partecipare al capitale di rischio dell’emittente, le rimanenze, gli anticipi per l’acquisto o la vendita di beni
e servizi, i risconti attivi e passivi.
Quindi, le partecipazioni, in quanto elementi non monetari, sono iscritte a bilancio al cambio vigente alla data di
acquisto e non al cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio.
Se la partecipazioni è valutata al costo, però, per poter stabilire se tale costo possa essere mantenuto in bilancio
occorre confrontarlo, secondo i principi contabili di riferimento, con il valore recuperabile (per le partecipazioni
immobilizzate) o con il valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato (per le partecipazioni iscritte
nell’attivo circolante). In questo processo valutativo, gli effetti legati alla variazione del cambio sono uno degli
elementi da considerare nella determinazione del valore iscrivibile in bilancio per le singole attività.
167
5) l’elenco delle partecipazioni, possedute direttamente o per tramite di società fiduciaria o per interposta persona,
in imprese controllate e collegate, indicando per ciascuna la denominazione, la sede, il capitale, l’importo del
patrimonio netto, l’utile o la perdita dell’ultimo esercizio, la quota posseduta e il valore attribuito in bilancio o il
corrispondente credito;
9) l’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo stato
patrimoniale, con indicazione della natura delle garanzie reali prestate; gli impegni esistenti in materia di
trattamento di quiescenza e simili, nonché gli impegni assunti nei confronti di imprese controllate, collegate, nonché
controllanti e imprese sottoposte al controllo di quest’ultime sono distintamente indicati;
11) l’ammontare dei proventi da partecipazioni, indicati nell’articolo 2425 n.
15), diversi dai dividendi.
Infine l’Articolo 2427-bis, comma 1, numero 2 prevede l’obbligo di inserire in Nota Integrativa: “per le
immobilizzazioni finanziarie iscritte a un valore superiore al loro fair value, con esclusione delle partecipazioni in
società controllate e collegate ai sensi dell’articolo 2359 e delle partecipazioni in joint venture:
a) il valore contabile e il fair value delle singole attività, o di appropriati raggruppamenti di tali attività;
b) i motivi per i quali il valore contabile non è stato ridotto, inclusa la natura degli elementi sostanziali sui quali si
basa il convincimento che tale valore possa essere recuperato”.
168
I principi contabili OIC 21 e 17 trattano:
• La valutazione iniziale della partecipazioni immobilizzate e di quelle non immobilizzate
• Le valutazioni successive, anche in questo caso distinguendo tra partecipazioni immobilizzate e non
immobilizzate
Nel caso delle partecipazioni immobilizzate vengono inoltre previste regole specifiche per:
• Le partecipazioni non di controllo e di collegamento
• Le partecipazioni di controllo e di collegamento
La perdita durevole non va confusa con temporanee fluttuazioni al ribasso delle quotazioni:
• per i titoli quotati, deve trattarsi “di un significativo ribasso nel listino che ha espresso un carattere di
persistenza temporale e l’assenza di elementi che lascino fondatamente ritenere probabile un’inversione di
tendenza”
• per i titoli non quotati, occorre fare riferimento alle condizioni economiche e finanziarie della società
emittente
Ripristino di valore
E’ necessario procedere al ripristino di valore nel caso in cui venissero meno le ragioni della svalutazione operata
precedentemente.
169
Cambio di destinazione economica della partecipazione immobilizzata non di controllo
Se nel corso dell’esercizio muta la destinazione economica della partecipazione immobilizzata non di controllo,
destinandola alla vendita, allora il costo di acquisto dovrà essere confrontato con il presunto valore di realizzo e la
partecipazione dovrà essere valutata a quest’ultimo valore, se minore.
Il cambio di destinazione delle partecipazioni implica una precisa assunzione di responsabilità da parte degli
amministratori e quindi deve essere adeguatamente illustrato in nota integrativa, insieme agli effetti che tale
cambio di destinazione ha generato sul risultato economico dell’esercizio
Come nel caso delle immobilizzazioni non di controllo, il costo sostenuto all’atto dell'acquisto di una partecipazione
immobilizzata è mantenuto nei bilanci dei successivi esercizi, a meno che si verifichi una perdita durevole di valore.
In linea di principio le perdite durevoli di valore trovano fondamento nelle condizioni economico-finanziarie della
partecipata e in particolare, nell’accertata presenza di perdite di esercizio non episodiche, né temporanee, ma
strutturali, tali cioè da intaccare la consistenza patrimoniale della partecipata.
Oppure occorre obbligatoriamente svalutare la partecipazione di controllo nel caso in cui il costo di acquisto
sostenuto risultasse superiore al valore patrimoniale della partecipata a causa di un acquisto rivelatosi in seguito
malaccorto o sbagliato.
170
Per poter procedere alla svalutazione per perdite durevoli del valore di una partecipazione immobilizzata di controllo
o collegamento devono quindi sussistere condizioni economiche negative della partecipata e con carattere di
permanenza temporale.
I riferimenti per considerare durevole la perdita di valore sono:
a. per le partecipazioni in imprese controllate e collegate immobilizzate quotate, una consistente riduzione
nel corso di borsa con carattere di persistenza temporale, unito a condizioni economico-finanziarie della
società partecipata;
b. per le medesime partecipazioni non quotate, l’accertamento di risultati di esercizio negativi persistenti della
società partecipata.
In entrambi i casi, la partecipazione va svalutata senza indugio.
Come nel caso delle partecipazioni immobilizzate non di controllo, occorre procedere al ripristino qualora in tempo
successivo vengano meno le circostanze che hanno giustificato la precedente svalutazione.
Il ripristino di valore può essere giustificato solo da un radicale cambiamento nelle condizioni economiche della
società partecipata (es. a seguito di un processo di ristrutturazione aziendale che porta la società all’equilibrio
economico-finanziario)
171
METODO DEL PATRIMONIO NETTO
La valutazione delle partecipazioni immobilizzate di controllo con il metodo del patrimonio netto può essere
utilizzata:
1. Come alternativa al criterio del costo di acquisto per partecipazioni immobilizzate di controllo e di
collegamento
2. Come elemento di raffronto rispetto al costo (art. 2426, punto 4)
Utilizzo del metodo del patrimonio netto come alternativa al criterio del costo di acquisto
Il criterio del costo di acquisto presenta alcuni limiti indicati in precedenza sul piano della rappresentazione veritiera
e corretta, poiché esprime un valore non collegato ai risultati della partecipata, arrivando anche in taluni casi a
esprimere un valore della partecipazione non significativo o addirittura inattendibile.
Il metodo del patrimonio netto è il criterio di stima più corretto per le partecipazioni immobilizzate in società
controllate e collegate, poiché il valore della partecipazione è periodicamente aggiornato in funzione dei risultati
della partecipata, prescindendo dal fatto che gli utili vengano o meno distribuiti e che le perdite vengano o meno
portate a riduzione del capitale della partecipata.
Con il metodo del patrimonio netto il valore della partecipazione viene riesaminato e rettificato in più o in meno, di
esercizio in esercizio, allo scopo di riflettere nel bilancio della partecipante, secondo competenza economica, la
quota di spettanza degli utili o delle perdite conseguiti dalla partecipata. Di conseguenza, il risultato economico
della società partecipata genera, di riflesso, un aumento o una diminuzione nel valore patrimoniale della
partecipazione.
Una volta prescelto il metodo del patrimonio netto in un esercizio non è più consentita l’adozione del metodo del
costo di acquisto (continuità dei criteri di valutazione)
Con il metodo del patrimonio netto:
1. la partecipante attribuisce al proprio bilancio, nel medesimo esercizio in cui la partecipata consegue un
utile o una perdita, la quota-parte di sua spettanza;
2. assume rilevanza il principio della competenza economica.
Esistono due modalità di calcolo del patrimonio netto della partecipata identificate dalla dottrina aziendale:
172
• Simple equity method (i valori per il calcolo del PN della partecipata sono quelle risultanti dal suo bilancio
di esercizio)
• Complex equity method (i valori di riferimento sono preliminarmente rettificati secondo la stessa tecnica
utilizzata ai fini della redazione del bilancio consolidato):
Il Complex equity method è quello più accreditato nella prassi professionale e anche quello previsto dal
legislatore al punto n. 4 dell’art. 2426 del codice civile (cfr supra):
“Le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate possono essere valutate,
con riferimento ad una o più tra dette imprese, anziché secondo il criterio indicato al n. 1), per un importo
pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio delle imprese medesime,
detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi di redazione del bilancio consolidato nonché
quelle necessarie per il rispetto dei principi indicati negli articoli 2423 e 2423-bis.
Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta in base al metodo del patrimonio netto, il costo di
acquisto superiore al valore corrispondente del patrimonio netto riferito alla data di acquisizione o risultante
dall’ultimo bilancio dell’impresa controllata o collegata può essere iscritto nell’attivo, purché ne siano
indicate le ragioni nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o
all’avviamento, deve essere ammortizzata.
Negli esercizi successivi le plusvalenze, derivanti dall’applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto
al valore indicato nel bilancio dell’esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile. »
Come si calcola il PN della partecipata secondo il punto n. 4 dell’art. 2426 del codice civile?
Quattro «pilastri» :
1. prendere i valori contenuti nel bilancio di esercizio della partecipata e scomporre le determinanti del costo
di acquisto della partecipazione iscritta per la prima volta a bilancio
2. eliminare i dividendi corrisposti dalla partecipata
3. effettuare le rettifiche previste per il bilancio consolidato (con particolare riguardo al trattamento dei
cosiddetti «utili interni»)
4. rispettare gli articoli 2423 e 2423 bis del codice civile
In aggiunta alle precedenti, il patrimonio netto della partecipata deve essere rettificato anche a seguito dei
seguenti fatti (i quali non riflettono una variazione del valore della partecipazione per effetto della gestione della
partecipata):
• l’aumento a pagamento del capitale sociale o per rivalutazione monetaria disposta in forza di leggi speciali
• la riduzione del capitale sociale per rimborso dello stesso o per distribuzione delle riserve.
A tale proposito si ricorda però che l’art. 31 del D.lgs. 127/1991 che disciplina le rettifiche per la formazione del
bilancio consolidato consente che non si faccia luogo all’eliminazione degli utili interni se essi derivano da operazioni
correntemente effettuate dall’impresa, concluse a normali condizioni di mercato, se la loro eliminazione comporta
costi sproporzionati.
174
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Il Metodo del patrimonio netto viene usato anche come elemento di raffronto rispetto al costo di acquisto delle
partecipazioni immobilizzate di controllo e di collegamento.
Cfr supra, art. art. 2426 del codice civile (punto 3):
«Per le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate che risultino iscritte per un
valore superiore a quello derivante dal metodo del patrimonio netto previsto dal n. 4)» nel caso in cui l’impresa sia
tenuta a redigere il bilancio consolidato, «o se non vi sia obbligo di redigere il bilancio consolidato, al valore
corrispondente alla frazione di patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio dell’impresa partecipata, la differenza
dovrà essere motivata nella nota integrativa»
Ciò si può verificare poiché l’impiego del criterio del costo di acquisto non porta ad imputare nel bilancio della
partecipante il risultato economico della partecipata secondo competenza economica, con la conseguenza che il
valore della partecipazione resta costante nel tempo e quindi non riflette la dinamica del patrimonio netto della
partecipata.
Alla luce di questo limite del criterio del costo di acquisto, per rispettare il principio della rappresentazione veritiera
e corretta, si richiede tale informativa in nota integrativa.
L’eccedenza del costo della partecipazione rispetto al patrimonio netto contabile della partecipata può essere
motivata facendo riferimento sia all’esistenza nel bilancio della partecipata di beni il cui valore corrente è superiore
rispetto a quello iscritto a bilancio, sia all’avviamento riconosciuto alla partecipata all’atto dell’acquisizione
177
Per quanto riguarda l’identificazione del valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, occorre
distinguere tra:
• le partecipazioni costituite da azioni per le quali esiste un mercato attivo (titoli quotati in borsa o al
mercato ristretto), per le quali ci si può riferire alla quotazione formatasi alla data di chiusura dell’esercizio,
o successiva qualora essa si manifesti sempre più al ribasso;
• le partecipazioni non costituite da azioni quotate, per le quali, mancando un riferimento di mercato, il
presunto valore di realizzo è espresso dal prezzo che l’impresa partecipante ritiene di poter ragionevolmente
ricavare dalla vendita in condizioni normali.
5. NORMATIVA FISCALE
LE PLUSVALENZE E LE MINUSVALENZE DA PARTECIPAZIONI CONCORRONO A FORMARE IL REDDITO
FISCALE?
Il trattamento fiscale di plusvalenze e minusvalenze da cessione di partecipazioni dipende dalle loro caratteristiche:
• Partecipazioni che non rispettano le condizioni previste dall’art. 87 del TUIR
• Partecipazioni che rispettano le condizioni previste dall’art. 87 del TUIR - beneficiano della “Partecipation
exemption” (PEX)
L’art. 87 del TUIR prevede le seguenti condizioni per le partecipazioni in società (residenti e non residenti) per
fruire della “Partecipation exemption” (PEX):
• la partecipazione è ininterrottamente posseduta dal primo giorno del dodicesimo mese precedente alla
cessione (metodo applicato: LIFO);
• le partecipazioni sono classificate come immobilizzazioni nel primo bilancio chiuso durante il periodo di
possesso;
• la partecipata non risiede in stati / territori caratterizzati da regime fiscale privilegiato (per le holding di
partecipazioni il requisito si verifica quando è rispettato dalle società indirettamente partecipate che
rappresentano la maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante);
• la partecipata esercita una effettiva attività commerciale (per le holding di partecipazioni il requisito si
verifica quando è rispettato dalle società indirettamente partecipate che rappresentano la maggior parte
del valore del patrimonio sociale della partecipante. Inoltre, tale requisito non rileva per le partecipate
quotate).
Per le partecipazioni che non rispettano le condizioni previste dall’art. 87 del TUIR (Partecipazioni non PEX):
• le plusvalenze da cessione concorrono a formare il reddito nell’esercizio di realizzo, oppure a scelta del
contribuente in quote costanti nell’esercizio e nei successivi ma non oltre il quarto (se la partecipazione è
stata posseduta per un periodo non inferiore a 3 anni)
• le minusvalenze da cessione sono deducibili
Le plusvalenze e minusvalenze da valutazione, invece, non concorrono a formare il reddito imponibile (cioè le
plusvalenze non sono tassabili e le minusvalenze sono indeducibili).
PARTECIPAZIONI IMMOBILIZZATE
178
PARTECIPAZIONI NON IMMOBILIZZATE
179
NT17 CREDITI E DEBITI
INDICE
1. Guida allo studio (pag. 3)
2. CREDITI: Definizione (pag. 4)
3. CREDITI: Le disposizioni del Codice Civile (pag. 7)
4. CREDITI: I principi contabili nazionali –OIC 15 (pag. 17)
5. CREDITI: La normativa fiscale (pag. 38)
6. DEBITI: Definizione (pag. 43)
7. DEBITI: Le disposizioni del Codice Civile (pag. 44)
8. DEBITI: I principi contabili nazionali –OIC 19 (pag. 55)
2. CREDITI: DEFINIZIONE
Rappresentano il diritto a ricevere determinate somme ad una data scadenza da soggetti identificati
I crediti rappresentano diritti ad esigere, ad una scadenza individuata o individuabile, ammontari fissi o determinabili
di disponibilità liquide, o di beni/servizi aventi un valore equivalente, da clienti o da altri soggetti. Tra i crediti sono
ricomprese le cambiali attive e le ricevute bancarie (o RIBA).
Il valore nominale di un credito è l’ammontare, definito contrattualmente, che si ha diritto di esigere.
Il tasso di interesse nominale di un credito è il tasso di interesse contrattuale che, applicato al suo valore nominale,
consente di determinare i flussi finanziari costituiti da interessi attivi nominali lungo la durata del credito.
L’attualizzazione, sotto il profilo finanziario, è il processo che consente, tramite l’applicazione di un tasso di sconto,
di determinare il valore ad oggi di flussi finanziari che saranno incassati in una o più date future.
180
B.III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili
entro l'esercizio successivo:
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
d) sottoposte al controllo delle controllanti
d bis) verso altri.
C.II - Attivo circolante. Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio
successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti
5) verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti
5-bis) crediti tributari;
5-ter) imposte anticipate;
5- quater) verso altri
La classificazione dei crediti tra l’attivo circolante e le immobilizzazioni finanziarie prescinde dal principio
dell’esigibilità (cioè sulla base del periodo di tempo entro il quale le attività si trasformeranno in liquidità,
convenzionalmente rappresentato dall’anno), bensì è effettuata sulla base del ruolo svolto dalle diverse attività
nell’ambito dell’ordinaria gestione aziendale…
In sostanza, la classificazione dei valori patrimoniali attivi si fonda sul criterio della “destinazione” (o dell’origine)
degli stessi rispetto all’attività ordinaria:
• Crediti di finanziamento: SPA BIII
• Crediti di funzionamento: SPA CII
I crediti sono esposti nello stato patrimoniale al netto di svalutazioni necessarie per ricondurli al valore di
presumibile realizzo.
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Nella voce CII possono essere ricomprese le voci A “Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti” e D “Ratei e
risconti”. In ogni caso nella voce CII, devono essere separatamente indicati i crediti esigibili oltre l’esercizio
successivo.
Nel conto economico del bilancio in forma abbreviata le seguenti voci previste dall’art. 2425 possono essere tra
loro raggruppate: voci C16(b) e C16(c); voci D18(a), D18(b), D18(c) e D18(d); voci D19(a), D19(b), D19(c) e D19(d).
Le stesse semplificazioni si applicano nel bilancio delle micro-imprese ai sensi dell’art. 2435-ter del codice civile.
Pertanto, le società di cui agli artt. 2435-bis e 2435-ter c.c. possono non rispettare la separata evidenza delle
voci D19b), D18b) e C16)).
L’ammortamento dei costi di transazione, delle eventuali commissioni attive e di ogni differenza tra valore iniziale
e valore nominale a scadenza integra gli interessi attivi calcolati al tasso nominale.
Il tasso di interesse effettivo è il tasso interno di rendimento, costante lungo la durata del credito, che rende
uguale il valore attuale dei flussi finanziari futuri derivanti dal credito e il suo valore di rilevazione iniziale.
Il procedimento per determinare, successivamente alla rilevazione iniziale, il valore dei crediti valutati al costo
ammortizzato da iscrivere in bilancio è il seguente:
a) determinare l’ammontare degli interessi calcolati con il criterio del tasso di interesse effettivo sul valore contabile
del credito all’inizio dell’esercizio, o alla più recente data di rilevazione iniziale;
b) aggiungere l’ammontare degli interessi così ottenuto al precedente valore contabile del credito;
c) sottrarre gli incassi per interessi e capitale intervenuti nel periodo;
d) sottrarre le svalutazioni al valore di presumibile realizzo e le perdite su crediti.
183
Indipendentemente dal criterio di valutazione utilizzato (al costo ammortizzato o al valore nominale), coerentemente
con quanto previsto dal codice civile, i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione.
Il valore dei crediti è pertanto rettificato per tenere conto di:
• perdite previste per inesigibilità,
• rettifiche di fatturazione,
• sconti ed abbuoni,
• altre cause di minor realizzo.
Contabilmente la rettifica avviene tramite un fondo di svalutazione per tenere conto della possibilità che il debitore
non adempia integralmente ai propri impegni contrattuali:
• Fondo svalutazione crediti: fondo costituito a fronte di ipotesi di presunte insolvenze future da parte dei
clienti.
• Consente di rilevare componenti economici negativi di competenza: il credito viene svalutato nell’esercizio
in cui si ritiene probabile che il credito abbia perso valore.
Il fondo svalutazione crediti accantonato alla fine dell’esercizio è utilizzato negli esercizi successivi a copertura di
perdite realizzate sui crediti.
La determinazione della quota di svalutazione dei crediti può avvenire con procedimento analitico o sintetico:
184
valore nominale o di acquisizione dei crediti. Nel computo si tiene conto anche di accantonamenti per rischi
su crediti
• La deduzione non è più ammessa quando l’ammontare complessivo di svalutazioni e accantonamenti ha
raggiunto il 5% del valore nominale o di acquisizione dei crediti a fine esercizio. Di conseguenza, se in un
esercizio l’ammontare complessivo delle svalutazioni eccede il 5% del valore nominale o di acquisizione dei
crediti, l’eccedenza concorre a formare il reddito dell’esercizio stesso.
• Sono deducibili le perdite su crediti, se risultanti da elementi certi e precisi, limitatamente alla parte che
eccede l’ammontare complessivo di svalutazioni e accantonamenti dedotti nei precedenti esercizi
6. DEBITI: DEFINIZIONE
I debiti sono passività di natura determinata ed esistenza certa, che rappresentano obbligazioni a pagare ammontari
determinati di solito ad una data stabilita. I debiti derivano generalmente dall’acquisto di prodotti, merci e servizi;
essi comprendono anche gli ammontari che devono essere pagati per il personale, per le imposte, per le royalty, per
i dividendi, per l’acquisizione di finanziamenti ed altri.
I debiti differiscono dai fondi per rischi e per oneri che, invece, accolgono gli accantonamenti destinati a coprire
perdite o debiti aventi natura determinata, esistenza certa o probabile ed il cui ammontare o data di sopravvenienza
è indeterminato alla chiusura dell’esercizio.
185
L’articolo 2424 del codice civile richiede la separata indicazione, per ciascuna voce dei debiti, degli importi esigibili
oltre l’esercizio successivo.
Ai fini dell’indicazione degli importi esigibili entro o oltre l’esercizio, la classificazione è effettuata con riferimento
alla loro scadenza contrattuale o legale, tenendo conto anche di fatti ed eventi previsti nel contratto che possono
determinare una modifica della scadenza originaria, avvenuti entro la data di riferimento del bilancio.
VALUTAZIONE
Articolo 2426, numero 8:
«I crediti e di debiti sono rilevati in bilancio secondo il criterio del costo ammortizzato, tenendo conto del fattore
temporale»
Art. 2435 bis, comma 7, c.c.:
«Le società che redigono il bilancio in forma abbreviata, in deroga a quanto disposto dall’art. 2426, hanno la facoltà
di iscrivere i titoli al costo di acquisto, i crediti al valore di presumibile realizzo e i debiti al valore nominale»
Quando un debito è rilevato per la prima volta, il valore di iscrizione iniziale è rappresentato dal valore nominale
del debito al netto dei costi di transazione e di tutti i premi, gli sconti, gli abbuoni direttamente derivanti dalla
transazione che ha generato il debito.
I costi di transazione, quali le spese di istruttoria, gli oneri di perizia del valore dell’immobile e altri costi accessori
per l’ottenimento di finanziamenti e mutui ipotecari, le eventuali commissioni attive e passive iniziali, le spese di
emissione (es.: spese legali e commissioni iniziali) sostenuti per l’ emissione di prestiti obbligazionari, gli aggi e i
disaggi di emissione dei prestiti obbligazionari e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza
sono inclusi nel calcolo del costo ammortizzato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo, che implica che essi
siano ammortizzati lungo la durata attesa del debito.
Il tasso di interesse effettivo è il tasso interno di rendimento, costante lungo la durata del debito, che rende uguale
il valore attuale dei flussi finanziari futuri derivanti dal debito e il suo valore di rilevazione iniziale.
187
Il tasso di interesse effettivo, secondo il criterio dell’interesse effettivo, è calcolato al momento della rilevazione
iniziale del debito ed è poi utilizzato per la sua valutazione successiva
188
NT18 FONDI RISCHI E ONERI
INDICE
1. Guida allo studio (pag. 3)
2. Definizione (pag. 5)
3. Le disposizioni del Codice Civile (pag. 13)
4. I principi contabili nazionali –OIC 31 (pag. 27)
5. La normativa fiscale (pag. 36)
6. Le rilevazioni contabili (pag.38
2. DEFINIZIONE
Gli accantonamenti ai fondi sono destinati a coprire perdite o debiti aventi le seguenti caratteristiche:
• natura determinata;
• esistenza certa o probabile;
• ammontare o data di sopravvenienza indeterminati alla chiusura dell’esercizio.
In ragione di tali caratteri, occorre imputare per competenza i componenti negativi all’esercizio in chiusura.
I fondi accolgono valori stimati.
189
Come si stanziano e si gestiscono i fondi
1. Si stanzia un costo per accantonamento sulla base di probabili oneri o perdite future.
2. In contropartita si accende un Fondo nel passivo dello Stato Patrimoniale.
3. Il Fondo potrà essere incrementato negli anni per far fronte a maggiori perdite temute o a maggiori oneri.
4. Nel momento in cui si verificherà l’evento temuto il Fondo verrà utilizzato.
5. Il Fondo andrà stornato dalla contabilità se l’evento temuto non si verificherà (originando una insussistenza
attiva che andrà iscritta nel Conto economico).
FONDI ONERI:
I fondi per oneri rappresentano passività certe nella loro esistenza, ma stimate nell’importo e/o nella data di
estinzione.
Sono passività correlate a componenti negativi di reddito di competenza dell’esercizio in chiusura ma che avranno
manifestazione numeraria negli esercizi successivi.
Tali stanziamenti vanno effettuati sulla base di una stima realistica dell’onere necessario per soddisfarli, tenendo
conto di tutti gli aumenti di costo documentati e verificabili, già noti che dovranno essere sostenuti per soddisfare
le obbligazioni assunte
Esempi:
Fondi per garanzia prodotti • Fondi manutenzione ciclica • Fondi manutenzione e ripristino dei beni gratuitamente
devolvibili e dei beni d’azienda ricevuti in affitto • Fondo per copertura perdite di società partecipate • Fondi per
operazioni e concorsi a premio • Fondi per resi di prodotti • Fondi recupero ambientale • Fondi per prepensionamento
e ristrutturazioni aziendali • Fondi per contratti onerosi
FONDI RISCHI:
I fondi per rischi sono passività incerte, connesse a rischi in essere il cui verificarsi è reputato probabile. Tali
situazioni di incertezza potranno concretizzarsi in perdite. Gli accantonamenti ai suddetti fondi devono fondarsi su
una stima realistica dell’onere necessario per soddisfarle.
Il trattamento contabile di tali perdite probabili dipende da due elementi:
1. grado di realizzazione dell’evento futuro (eventi probabili, possibili o remoti);
2. possibilità concreta di stimare l’ammontare delle perdite.
Esempi:
Fondi legati alle seguenti circostanze:
• Soccombenza in una causa passiva
• Inosservanza di una norma di legge o di una clausola contrattuale
• Richiesta di escussione di garanzie prestate
• Rischi non assicurati
• Minaccia di espropri
Fondi rischi per cause in corso, Fondi rischi di eventuali contestazioni da parte di terzi, Fondi rischi per garanzie
prestate, Fondo rischi su crediti ceduti
190
3. CODICE CIVILE
DEFINIZIONE:
L’art. 2423-bis, comma 1, numero 4, codice civile, prevede che: “si deve tener conto dei rischi e delle perdite di
competenza dell'esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo”.
L’Art. 2424 bis, comma 3 c.c.: “Gli accantonamenti per rischi e oneri sono destinati a coprire soltanto perdite o
debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio sono
indeterminati o l’ammontare o la data di sopravvenienza”.
à rappresentano quindi elementi patrimoniali passivi
CLASSIFICAZIONE:
Art 2424
I fondi per rischi e oneri sono esposti nello stato patrimoniale nelle classi previste dal nuovo articolo 2424, codice
civile:
B) Fondi per rischi e oneri
1) Per trattamento di quiescenza ed obblighi simili
2) Per imposte, anche differite
3) Strumenti finanziari derivati passivi
4) Altri
La voce B1 ”per trattamento di quiescenza e obblighi simili”, accoglie i fondi previdenziali integrativi, diversi dal
trattamento di fine rapporto ex articoli 2120 codice civile, nonché le indennità una tantum, quali ad esempio:
• fondi di indennità per cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
• fondi di indennità per cessazione di rapporti di agenzia, rappresentanza, ecc;
• fondi di indennità suppletiva di clientela;
• fondi per premi di fedeltà riconosciuti ai dipendenti.
La voce B3 “strumenti finanziari derivati passivi” accoglie gli strumenti finanziari derivati con fair value negativo
alla data di valutazione.
Per la definizione di strumento derivato, le modalità di rilevazione e valutazione in bilancio, i relativi obblighi di
informativa e le disposizioni di prima applicazione cfr. OIC XX “Strumenti finanziari derivati”.
La voce B4 “altri” accoglie le tipologie di fondi per rischi e oneri diverse da quelle precedenti, quali ad esempio:
· fondi per cause in corso;. · fondi per garanzie prestate; · fondi per eventuali contestazioni da parte di terzi; ·
fondi per manutenzione ciclica; · fondi per manutenzione e ripristino dei beni gratuitamente devolvibili; · fondi per
operazioni e concorsi a premio; · fondi per resi di prodotti; · fondi per recupero ambientale; · fondi per
prepensionamento e ristrutturazioni aziendali; · fondi per contratti onerosi
191
Gli accantonamenti ai fondi rischi e oneri sono iscritti fra le voci dell’attività gestionale a cui si riferisce l’operazione
(caratteristica, accessoria o finanziaria) dovendo prevalere il criterio della classificazione “per natura” dei costi.
Gli accantonamenti per rischi e oneri relativi all’attività caratteristica e accessoria sono iscritti prioritariamente
fra le voci della classe B del conto economico, diverse dalla voce B12 e dalla B13.
Gli accantonamenti per rischi e oneri relativi all’attività finanziaria sono iscritti fra le voci della classe C.
Nel conto economico gli accantonamenti ai fondi per trattamento di quiescenza ed obblighi simili sono in linea
generale rilevati alla voce B9d. Si rilevano, tuttavia, alla voce B7, gli altri accantonamenti relativi a trattamenti
di fine rapporto, diversi da quelli di lavoro subordinato.
BILANCIO IN FORMA ABBREVIATA (ART. 2435-BIS C.C.) E BILANCIO DELLE MICRO-IMPRESE (ART. 2435-
TER C.C.)
L’articolo 2435-bis, codice civile che disciplina il bilancio in forma abbreviata, prevede che “lo stato patrimoniale
comprende solo le voci contrassegnate nell’art. 2424 con lettere maiuscole e con numeri romani”. Pertanto, in detto
bilancio, i fondi rischi e oneri sono esposti nel loro complesso come un’unica voce.
L’articolo 2435-ter, codice civile, che disciplina il bilancio delle micro-imprese, prevede che gli schemi di bilancio e
i criteri di valutazione sono determinati secondo quando disposto dall’articolo 2435-bis codice civile .
L’articolo 2426 codice civile non detta criteri di valutazione specifici per gli accantonamenti ai fondi per rischi e
oneri; nella valutazione degli stessi si applicano, quindi, i principi generali del bilancio.
Nella valutazione iniziale e successiva di un fondo oneri si tiene conto del fattore temporale se sono soddisfatti
tutti i seguenti requisiti:
• esiste alla data di riferimento di bilancio un’obbligazione certa, in forza di un vincolo contrattuale o di
legge;
192
• l’esborso connesso all’obbligazione è differito per un periodo di tempo sufficientemente lungo, tale da
rendere significativamente diverso il valore attuale dell’obbligazione e la passività stimata al momento
dell’esborso;
• è possibile operare una stima attendibile dell’esborso connesso all’obbligazione e della data in cui si
verificherà l’obbligazione.
A titolo esemplificativo alcune fattispecie di fondi cui è applicabile tale disciplina sono rappresentate dai fondi oneri
per smantellamento e ripristino e dai fondi stanziati a fronte di contratti onerosi di lungo termine.
Per il calcolo del fattore temporale si utilizza come tasso di sconto il tasso di interesse di mercato. Nel caso un
cui non sia possibile stimare attendibilmente il tasso di interesse di mercato, la società utilizza il tasso medio di
indebitamento.
Il tasso di sconto utilizzato in sede di rilevazione iniziale deve essere aggiornato nelle valutazioni successive, se
significativamente diverso da quello utilizzato nella stima del fondo dell’esercizio precedente.
Valutazioni successive
La valutazione della congruità dei fondi rientra nelle normali operazioni da effettuare alla fine di ciascun esercizio.
I fondi per rischi e oneri iscritti in un periodo precedente sono quindi oggetto di riesame per verificarne la corretta
misurazione alla data di bilancio.
E’ insito nello stesso concetto di fondo per rischi e oneri, un normale e ricorrente aggiornamento dei relativi valori.
5. NORMATIVA FISCALE
Non sono ammesse deduzioni per accantonamenti diversi da quelli esplicitamente previsti dalla normativa (Art 107,
c. 4 TUIR). Di conseguenza gli accantonamenti diversi da quelli esplicitamente previsti, operati in ossequio a
disposizioni civilistiche, sono fiscalmente INDEDUCIBILI e vanno recuperati con variazione in aumento in sede fiscale.
Accantonamenti deducibili:
1. Accantonamenti a fronte di maggiori imposte accertate e non ancora definite, in relazione alle imposte
deducibili → sono deducibili nei limiti dell’importo esposto in bilancio (e alle dichiarazioni presentate), a
quello accertato o stabilito dai provvedimenti degli uffici e dalle decisioni delle Commissioni tributarie (art.
99, c.2 TUIR) (Deroga al principio generale della deducibilità nell’esercizio di pagamento - art. 99 c.1)
193
2. Manutenzione e revisione di navi e aeromobili Gli accantonamenti a fronte delle spese per lavori ciclici di
manutenzione e revisione delle navi e degli aeromobili sono deducibili nei limiti del 5 per cento del costo di
ciascuna nave o aeromobile quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili. La
differenza tra l'ammontare complessivamente dedotto e la spesa complessivamente sostenuta concorre a
formare il reddito, o è deducibile se negativa, nell’esercizio in cui ha termine il ciclo. (Art. 107, c.1 TUIR)
3. Operazioni e concorsi a premio Gli accantonamenti a fronte degli oneri derivanti da operazioni a premio e
da concorsi a premio sono deducibili in misura percentuale dell’ammontare degli impegni assunti nell’esercizio.
La deduzione è ammessa a condizione che gli oneri siano distinti per esercizio di formazione. La percentuale
ammessa non può essere superiore : -Al 30% per le operazioni a premio -Al 70% per i concorsi a premio
Successivamente gli oneri relativi ai singoli esercizi devono essere confrontati con i relativi accantonamenti
sulla base del valore unitario di formazione degli stessi. Le eventuali differenze rispetto a tale valore
costituiscono sopravvenienze attive (tassabili) o passive (deducibili). L'ammontare dei fondi non utilizzato al
termine del terzo esercizio successivo a quello di formazione concorre a formare il reddito dell'esercizio
stesso. (Art. 107, c. 3 TUIR)
INDICE
1. La fiscalità differita (pag. 5)
2. Il calcolo delle imposte correnti, anticipate, differite e di competenza: un’esemplificazione (pag 17)
1. FISCALITA’ DIFFERITA
L’aliquota fiscale che determina l’ammontare di imposte da versare all’erario non è applicata al risultato di esercizio
ante imposte (RAI) rilevato in conto economico, bensì al reddito imponibile (RI) individuato applicando la normativa
fiscale.
Il risultato di esercizio ante imposte determinato in applicazione delle norme e dei principi contabili e il reddito
imponibile determinato in applicazione delle norme e dei principi fiscali possono assumere valori diversi a causa delle
differenze tra i criteri di determinazione del risultato di esercizio previsti dalla normativa civile e i criteri di
determinazione del reddito imponibile previsti dalle norme tributarie.
Il reddito imponibile è la base del prelievo tributario e deve essere quantificato con parametri rigidi al fine di
impedirne la sottovalutazione e in modo tale da semplificare il processo di accertamento.
Il reddito imponibile è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo
all’esercizio chiuso nel periodo di imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione dei
criteri stabiliti nelle successive disposizioni (art. 83, I comma del Testo Unico delle Imposte sui Redditi)
Le variazioni da apportare al risultato di esercizio stabilite dal TUIR per giungere alla determinazione del reddito
imponibile possono essere di due tipi:
• Permanenti
• Temporanee
Le differenze permanenti sorgono con riferimento a casi in cui la normativa fiscale prevede l’esclusione perpetua
dalla determinazione del reddito imponibile di alcuni componenti positivi e/o negativi iscritti nel bilancio di esercizio.
Tali differenze hanno natura definitiva e non sono destinate a compensarsi negli anni successivi.
Si tratta cioè di costi che non saranno mai deducibili (ad esempio le sanzioni) e di ricavi che non saranno mai
imponibili (ad esempio il 95% dei dividendi).
Le differenze temporanee “hanno origine in un esercizio e si annullano in uno o più esercizi successivi” (OIC 25).
Le differenze temporanee in sostanza determinano lo spostamento della tassazione da un esercizio a un altro perché
esistono differenti modalità di imputazione dei costi e dei ricavi in base all’applicazione della normativa civilistica
rispetto a quella tributaria.
194
Lo sfasamento temporale comporta un anticipo o un differimento dell’imposizione fiscale (cosiddetta fiscalità
differita) rispetto alle imposte imputate nel bilancio di esercizio in base all’applicazione dei principi di prudenza e
competenza.
Le variazioni temporanee danno origine a fiscalità differita in quanto nel bilancio di esercizio devono essere recepite:
• le imposte di competenza di esercizi futuri ma esigibili con riferimento all’esercizio in corso;
• le imposte di competenza dell’esercizio ma che si renderanno esigibili in esercizi futuri.
In particolare, per il principio contabile OIC 25, le imposte sul reddito hanno natura di oneri sostenuti dall’impresa
per la produzione del risultato di esercizio e in base al principio di competenza nel bilancio di esercizio devono
essere recepite:
• Le imposte di competenza. Sono le imposte sul reddito di esercizio e esprimono il costo di natura fiscale da
sottrarre al risultato prima delle imposte espresso in conto economico al fine di pervenire al risultato di
esercizio. Tale costo è individuato sommando alle imposte correnti le imposte differite e sottraendo le
imposte anticipate.
• Le imposte correnti. Sono le imposte da liquidare all’Amministrazione Tributaria, determinate in sede di
redazione della dichiarazione dei redditi annuale moltiplicando il reddito imponibile (individuato in base
all’applicazione delle norme fiscali) per l’aliquota fiscale in vigore. Le imposte correnti vanno liquidate
nell’anno successivo alla chiusura dell’esercizio e rappresentano pertanto l’effettivo debito tributario (di
natura certa) da esporre nel bilancio di esercizio.
• Le imposte anticipate. Sono le imposte pagate nell’esercizio pur se di competenza di esercizi futuri. Sono
generate da differenze temporanee che anticipano la tassazione attraverso una minore imputazione di costi
o una maggiore iscrizione di ricavi. Rappresentano quella parte di imposte correnti che sono pagate in più
nell’esercizio in corso rispetto a quanto si sarebbe dovuto pagare applicando le norme del codice civile e
che saranno recuperate attraverso minori pagamenti negli esercizi successivi.
• Le imposte differite. Sono le imposte che saranno pagate in futuri esercizi pur se di competenza
dell’esercizio in corso. Sono generate da differenze temporanee che rinviano la tassazione attraverso una
maggiore imputazione di costi o una minor iscrizione di ricavi. Rappresentano quella parte di imposte di
competenza che non sono pagate nell’esercizio in corso ma che si sarebbe dovuto pagare applicando le
norme del codice civile e che saranno liquidate attraverso maggiori pagamenti negli esercizi successivi.
In sintesi, le imposte trovano iscrizione nel bilancio di esercizio nelle seguenti poste di:
In base alle indicazioni dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC12, p.28), le imposte relative agli anni precedenti
(ad esempio le iscrizioni a ruolo, gli avvisi di liquidazione, gli avvisi di accertamento e in generale di tutte le altre
situazioni di contenzioso con l’amministrazione finanziaria riferite ad esercizi precedenti) sono da iscrivere alla voce
B14 di conto economico se si tratta di imposte indirette mentre sono da iscrivere alla voce CE20 nel caso di le
imposte dirette
Le DIFFERENZE TEMPORANEE ATTIVE hanno origine quando i componenti negativi di reddito contabilizzati nell’anno
in corso in base alle norme del codice civile saranno soggetti a deduzione fiscale in esercizi successivi (costi differiti
fiscalmente).
Si aumenta pertanto il reddito imponibile dell’esercizio in corso e si diminuiscono i redditi imponibili degli esercizi
futuri (attività per imposte differite).
In presenza di differenze temporanee attive:
imposte di competenza < delle imposte dovute
Le imposte anticipate sono costi con manifestazione monetaria anticipata, non di competenza dell’esercizio in corso.
195
Il principio contabile OIC 25, in applicazione del principio della prudenza, ammette la contabilizzazione delle imposte
anticipate soltanto qualora sussista la ragionevole certezza di ottenere in futuro redditi imponibili sufficienti per
assorbire la deduzione dei maggiori costi fiscali.
In tal caso, sarà possibile iscrivere in bilancio:
• il valore delle imposte anticipate in attivo di stato patrimoniale (alla voce C II 5- ter);
• l’iscrizione, con segno meno, di imposte anticipate in conto economico (alla voce 20), al fine di ridurre il
valore delle imposte di competenza.
Le DIFFERENZE TEMPORANEE PASSIVE generano valori in diminuzione della base imponibile. Si considerano
temporaneamente non imponibili componenti positivi di reddito iscritti in base alle norme del codice civile, che
saranno soggetti a tassazione in esercizi successivi (ricavi differiti fiscalmente). Si riduce pertanto il reddito
imponibile dell’esercizio in corso e si aumentano i redditi imponibili degli esercizi futuri (passività per imposte
differite).
In presenza di differenze temporanee passive:
imposte di competenza > delle imposte dovute
e comprendono anche la quota che viene differita ai prossimi periodi (imposte differite).
Le imposte differite sono costi presunti, già maturati e con manifestazione monetaria in esercizi futuri.
Per tale motivo, le imposte di competenza da iscrivere in conto economico (voce 20) comprendono:
• imposte correnti, con contropartita derivante dall’applicazione del metodo della partita doppia in passivo di
stato patrimoniale tra i debiti tributari (voce D12);
• imposte differite, con contropartita derivante dall’applicazione del metodo della partita doppia in passivo di
stato patrimoniale tra i fondi per imposte differite (voce B2);
196
Il fondo per imposte differite sarà utilizzato per coprire le maggiori imposte gravanti sugli esercizi successivi, nel
corso dei quali la differenza temporanea troverà compensazione. In caso di mancato utilizzo, il fondo per imposte
differite genererà sopravvenienze straordinarie attive.
Si tratta di un esempio certamente semplificato rispetto alle operazioni che le imprese svolgono in sede di
dichiarazione dei redditi, ma al tempo stesso sufficientemente reale da rappresentare compiutamente la logica (e i
197
calcoli) che portano all’identificazione e all’iscrizione delle imposte di competenza da iscrivere nel bilancio di
esercizio.
Una condizione necessaria (forse anche sufficiente!) per capire questo esempio è riflettere sul fatto che le Società
«escono», per così dire, dalla dichiarazione dei redditi con l’informazione (cioè l’importo) delle imposte correnti che
devono versare all’erario (cfr. NT05, pag. 5 e 6). In altre parole hanno applicato al reddito ante imposte (calcolato
come somma algebrica dei componenti positivi e negativi di reddito determinati sulla base delle indicazioni contenute
nel codice civile e nei principi contabili) quelle «correzioni» dettate dalle norme fiscali indicate nel TUIR (Testo
Unico delle Imposte sui Redditi). Per l’Erario la «questione tasse finisce lì», con il calcolo delle imposte correnti e
il conseguente credito nei confronti della Società che è tenuta a versarle.
Gli amministratori della Società, invece, devono «chiudere» il conto economico e presentare ai soci in assemblea un
bilancio che contenga informazioni in merito alle imposte di competenza dell’anno. Se, ad esempio, il TUIR concede
a una Società di pagare nel 2017 anziché nel 2016 una parte delle imposte (imposte differite 2016), allora quella
Società dovrà comunicare ai soci che oltre alle imposte da versare all’erario (imposte correnti 2016) ci sono altre
imposte da considerare nel 2016. Questo è il motivo per cui le imposte differite sono aggiunte a quelle correnti:
semplicemente per comunicare ai Soci che la società (correttamente, viste le indicazioni del TUIR) non le ha pagate
quell’anno (2016), ma che senza quell’agevolazione fiscale avrebbe invece dovuto liquidarle e comunque dovrà pagale
nell’anno successivo (2017).
Cosa succede infatti nel 2017? Supponiamo per semplicità che il TUIR non conceda alla Società altri differimenti
di imposte né che ci siano altri differimenti temporali di imposte. Nel 2017 la Società dovrà versare le imposte
maturate nel 2017 più quella parte di imposte che non ha versato nel 2016 (imposte differite 2016). Ecco che
allora gli Amministratori della Società dovranno spiegare ai Soci che le imposte da pagare del 2017 (imposte correnti
2017) sono più alte di quelle in realtà maturate durante l’anno. Useranno pertanto la voce 20 di Conto Economico
per sottrarre alle imposte da pagare (imposte correnti 2017) quelle differite (cioè «ereditate» per così dire)
dall’anno precedente (storno di imposte differite 2016).
Se poi anche nel 2017, diversamente dall’ipotesi sopra considerata, il TUIR concedesse alla Società di differire
nuovamente una parte delle imposte al 2018 (imposte differite 2017), alla voce 20 di Conto Economico si troverebbe
un «effetto netto» che considera le imposte differite 2017 (da aggiungere a quelle correnti 2017 appunto perché
non pagate, seppur di competenza del 2017) e gli storni di imposte differite 2016 (da sottrarre a quelle correnti
2017 perché pagate nel 2017 ma solo in quanto «ereditate» dal 2016).
Partendo sempre dal concetto di imposte correnti dell’anno X, ragionamenti e esempi analoghi possono essere fatti
con riferimento a quelle imposte che il TUIR impone alla Società di pagare in anticipo (imposte anticipate X, che
vanno sottratte alle imposte correnti dell’anno X per spiegare ai soci che sono state liquidate in anticipo rispetto
all’anno successivo X+1) e che l’anno successivo (X+1) vanno aggiunte alle imposte correnti (storno imposte anticipate
anno X) per comunicare ai soci che c’è una parte di imposte che non risultano da pagare (perché già pagate in
anticipo l’anno X) ma che sono di competenza dell’anno X+1.
La slide che segue illustra graficamente quanto spiegato in questa premessa all’esemplificazione sul calcolo delle
imposte correnti, anticipate e differite (che trovate nei lucidi 21-29).
198
Le imposte differite originano da variazioni temporanee di imposte in diminuzione relative a componenti di reddito
di competenza dell’esercizio “n”.
Le imposte anticipate originano da variazioni temporanee di imposte in aumento relative a componenti di reddito di
competenza dell’esercizio “n”.
Gli storni di imposte differite originano da variazioni di imposte in aumento che fanno seguito (negli esercizi “n+1”,
“n+2”, ecc.) alla rilevazione di imposte differite nell’esercizio “n”.
Gli storni di imposte anticipate originano da variazioni di imposte in diminuzione che fanno seguito (negli esercizi
“n+1”, “n+2”, ecc.) alla rilevazione di imposte anticipate nell’esercizio “n”.
Al 31/12/200X la Alfa S.p.A., società che opera nel settore industriale, presenta, tra gli altri, i seguenti conti
Si procede alla determinazione delle imposte di competenza (correnti, anticipate e differite) della società Alfa
S.p.A., tenendo conto delle indicazioni che seguono.
1. La cessione di una attrezzatura (posseduta da più di tre anni) ha dato luogo nell’anno X alla realizzazione
di una plusvalenza; inoltre, nell’anno X-1, era stata realizzata una plusvalenza di euro 10.000 a seguito
della cessione di un macchinario (posseduto da sei anni);
2. Il reddito ante imposte risultante dal conto economico del 200X è pari a € 200.000; l’aliquota d’imposta
IRES è pari al 24%.
199
200
201
NT20 IL BILANCIO CONSOLIDATO
INDICE
1. Il gruppo di imprese e il bilancio consolidato (pag. 4)
2. L’area di consolidamento (pag. 20)
3. Gli assestamenti propedeutici al consolidamento (pag. 27)
4. I metodi di consolidamento (pag. 32)
5. Le rettifiche di consolidamento (pag. 49)
Nell’ambito del corso, il tema del bilancio consolidato viene trattato nell’ultima lezione con un triplice obiettivo:
• comprendere il significato di «gruppo di imprese» (cfr. pag. 5 e 6) e di «bilancio consolidato» (cfr. pag. 7-
11);
• conoscere i soggetti obbligati alla redazione (o esonerati dalla redazione) del bilancio consolidato (cfr. pag
12-18);
• conoscere gli elementi base della tecnica di costruzione del bilancio consolidato (cfr. pag. 19-50).
Tutti e tre gli obiettivi didattici sopra illustrati fanno parte del programma del corso e vanno pertanto acquisiti
per avere una preparazione adeguata in sede di esame
202
La redazione del bilancio consolidato è prevista solamente per i gruppi verticali. Un gruppo verticale si connota per
la presenza di una capogruppo che controlla, direttamente o indirettamente, una o più imprese attraverso un legame
prevalentemente finanziario, definito partecipazione.
La partecipazione può essere classificata secondo a due elementi:
a. il grado di intensità
b. la forma assunta
IL BILANCIO CONSOLIDATO
203
L’art. 7, comma 3, lett. a) del D.Lgs. 139/2015 prevede l’introduzione del Rendiconto finanziario all’interno della
documentazione che compone il Bilancio Consolidato (Conto Economico, Stato Patrimoniale e Nota Integrativa),
parimenti a quanto previsto dal medesimo decreto legislativo con riferimento al Bilancio di Esercizio.
Con riguardo alla struttura ed al contenuto del rendiconto finanziario, è previsto che si faccia riferimento a quanto
previsto per i bilanci di esercizio delle imprese incluse nel consolidamento, fatti salvi gli eventuali, necessari,
adeguamenti. Qualora ai diversi bilanci si applichino delle discipline diverse, devono essere utilizzati i criteri
maggiormente idonei a garantire la chiarezza e la rappresentazione veritiera e corretta del bilancio consolidato.
L’art. 7, comma 3, lett. a) del D.Lgs. 139/2015 prevede diverse novità in merito alle informazioni da riportare nella
nota integrativa del bilancio consolidato. Tra le principali novità riguardanti la Nota integrativa consolidata, si
ricorda in primo luogo che a partire dai Bilancio riferiti all’esercizio 2016 i costi di ricerca e sviluppo non saranno
più capitalizzabili, pertanto viene eliminata l’informativa richiesta in nota integrativa relativamente a dette
immobilizzazioni immateriali.
E’ stata eliminata dallo stato patrimoniale la sezione relativa ai conti d’ordine, tuttavia la relativa informativa
dovrà essere fornita all’interno della Nota integrativa, ove pertanto sarà necessario dare conto di impegni, garanzie
e passività potenziali.
Specularmente a quanto previsto per il bilancio di esercizio, è stata eliminata la sezione straordinaria dal conto
economico consolidato, venendo al contempo richiesta l’indicazione in nota integrativa dell’importo e della natura
dei singoli elementi di ricavo e di costo di entità od incidenza eccezionali.
Con riguardo ai rapporti economici intercorrenti tra società ed amministratori e sindaci, viene integrata la previsione
che attualmente richiede l’indicazione in nota integrativa dei compensi spettanti ad amministratori e sindaci,
stabilendo che debbano essere indicati anche:
• l’ammontare delle anticipazioni e dei crediti concessi agli amministratori ed ai sindaci;
• precisando il tasso d’interesse, le principali condizioni e gli importi eventualmente rimborsati, cancellati o
oggetto di rinuncia, nonché gli impegni assunti per loro conto per effetto di garanzie di qualsiasi tipo
prestate, precisando il totale per ciascuna categoria.
L’informativa riguardante i fatti di rilievo intervenuti dopo la data di riferimento del bilancio consolidato, dovrà
essere inserita nella Nota integrativa e non più nella Relazione sulla gestione, con indicazione di effetti patrimoniali,
finanziari ed economici di tali eventi.
E’ richiesta peraltro l’indicazione di una serie di ulteriori informazioni per circoscrivere ulteriormente la
configurazione soggettiva delle imprese facenti parte del gruppo, in quanto viene ora richiesto di indicare in nota
integrativa:
• il nome e la sede legale dell’impresa che redige il bilancio consolidato dell’insieme più grande di imprese di
cui l’impresa fa parte in quanto impresa controllata, nonché il luogo in cui è disponibile la copia del bilancio
consolidato“;
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• il nome e la sede legale dell’impresa che redige il bilancio consolidato dell’insieme più piccolo di imprese di
cui l’impresa fa parte in quanto impresa controllata nonché il luogo in cui è disponibile la copia del bilancio
consolidato.
Infine, l’art. 7, co. 9, lett. l) del D.Lgs. modifica il contenuto dell’informativa che deve essere fornita con riguardo
agli strumenti finanziari derivati, prevedendo ora che debba essere indicato con riferimento a ciascuna categoria:
• i termini e le condizioni significative che possono influenzare l’importo, le scadenze e la certezza dei flussi
finanziari futuri;
• gli assunti fondamentali su cui si basano i modelli e le tecniche di valutazione, qualora il fair value non sia
stato determinato sulla base di evidenze di mercato;
• le variazioni di valore iscritte direttamente nel conto economico, nonché quelle imputate alle riserve di
patrimonio netto;
• una tabella che indichi i movimenti delle riserve di fair value avvenuti nell’esercizio.
L’esonero implicito riguarda alcuni soggetti che non sono stati indicati anche se controllano una società di capitale:
• le società di persone;
• le associazioni e le fondazioni svolgenti attività economica;
• le imprese individuali.
La ragione della loro esclusione risiede nel fatto che tali categorie giuridiche non hanno l’obbligo di pubblicazione
del bilancio di esercizio.
La riforma del diritto societario ha tuttavia imposto la redazione del bilancio alle società in nome collettivo o in
accomandita semplice nel caso in cui tutti i soci illimitatamente responsabili siano società di capitali. In questo caso,
quindi, cade l’esonero dalla predisposizione del bilancio consolidato.
1. La società controllante è esonerata dall’obbligo di redazione se, unitamente alle imprese controllate, non
vengono superati, per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti:
a. totale attività: 20.000.000 euro;
b. totale ricavi delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 euro;
c. numero medio di dipendenti occupati nel periodo: 250. L
La norma lascia intendere che:
• per beneficiare dell’esonero è sufficiente non superare, in ognuno dei periodi, due qualsiasi dei limiti
stabiliti;
• la verifica del rispetto dei vincoli va effettuata attraverso un “bilancio-somma”;
• l’esonero non si applica se una società del gruppo è quotata.
Malgrado l’apparente semplicità del criterio, in fase applicativa emergono non poche problematiche.
a) Se il bilancio di una delle società da consolidare non è omogeneo rispetto agli altri, deve essere
direttamente utilizzato o sottoposto a modifica?
- La conversione dei bilanci esteri va effettuata utilizzando il cambio corrente.
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- In caso di difformità delle data di chiusura si può utilizzare l’ultimo bilancio approvato o disponibile,
oppure predisporre il bilancio annuale intermedio.
b) Quali sono le società da considerare per la verifica del non superamento dei limiti?
- Tutte le società controllate o, meglio, solo le società controllate che, in caso di predisposizione del
bilancio, sarebbero incluse nell’area.
2. Nei gruppi verticali, cioè con più livelli di controllo, la sub-holding non è soggetta alla predisposizione
del consolidato al verificarsi delle seguenti condizioni:
a. la predisposizione non è richiesta, almeno sei mesi prima della data di chiusura del bilancio, da
almeno il 5% del capitale sociale;
b. la controllante è titolare di oltre il 95% delle sue azioni o quote alla data di chiusura del bilancio
consolidato; c) la controllante, diretta o indiretta, è soggetta al diritto di uno degli stati membri
dell’Unione Europea (in questo caso la capogruppo deve pubblicare e sottoporre a controllo il bilancio
consolidato secondo i principi della VII direttiva CEE); d) non ha emesso titoli quotati in borsa.
L’esonero è stato previsto in quanto esiste già un bilancio consolidato che assorbe il bilancio che la sub-
holding dovrebbe predisporre. Tale norma genera tuttavia una significativa perdita di informazioni se la sub-
holding è deputata al governo di uno specifico settore di attività economica.
A fronte della agevolazione sono previsti alcuni obblighi informativi nell’ambito della NI:
1. nel caso dei gruppi di modeste dimensioni, è richiesta l’indicazione delle ragioni dell’esclusione supportata
da informazioni quantitative sul valore dei parametri utilizzati per ottenere il beneficio, nonché l’indicazione
delle società considerate ai fini della verifica;
2. nel caso delle sub-holding:
a. devono essere indicate la denominazione e la sede della società controllante che pubblica il
consolidato, nonché le ragioni dell’esonero;
b. deve essere depositato presso l’ufficio del registro delle imprese in cui la sub-holding ha la sede
copia del bilancio consolidato, della redazione sulla gestione, della redazione dell’organo di controllo.
2. AREA DI CONSOLIDAMENTO
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I CRITERI PER LA DEFINIZIONE
La definizione dell’area di consolidamento rappresenta l’aspetto più critico del processo di consolidamento, in quanto
individua l’oggetto del bilancio consolidato.
Per la definizione dell’area di consolidamento si possono seguire due criteri:
a. l’area di consolidamento è composta da tutte le aziende sottoposte alla direzione unitaria della capogruppo,
cioè al controllo sostanziale, indipendentemente dal tipo di collegamento esistente;
b. l’area di consolidamento coincide con tutte le aziende sottoposte al controllo formale della capogruppo, cioè
quelle in cui la capogruppo detiene una partecipazione di maggioranza.
In Italia si è prescelto un criterio misto: l’area di consolidamento è composta sia da unità sottoposte a controllo
formale, sia da unità sottoposte a controllo sostanziale.
Definire l’area di consolidamento significa quindi delineare il perimetro specifico del gruppo, cioè individuare le
società sulle quali vi è potere di controllo e delle quali i bilanci saranno consolidati attraverso il metodo integrale
e, in alcuni casi, proporzionale.
Si possono individuare almeno due concetti di perimetro:
a. uno generale, comprendente tutte le imprese rientranti nella sfera economica della controllante;
b. uno specifico, che viene definito in fase di costruzione del bilancio consolidato, attraverso la selezione delle
sole imprese sulle quali si esercita il controllo (area di consolidamento).
LE IMPRESE DA CONSOLIDARE
Sono soggette a consolidamento tutte le imprese controllate italiane e estere, ovvero le società in cui la capogruppo:
a. dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
b. dispone di un numero di voti sufficiente per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
c. esercita un’influenza dominante in seguito ad una clausola statutaria o ad un contratto, laddove la legge lo
consenta;
d. controlla la maggioranza dei diritti di voto attraverso accordi con altri soci (patti di sindacato).
A partire dal 2016, non sono previsti casi di esclusione obbligatoria dall’area di consolidamento.
L’esclusione è, invece, facoltativa se il legislatore prevede la facoltà di escludere un’azienda senza peraltro vietarne,
qualora lo si ritenga opportuno, l’inclusione nell’area di consolidamento.
La scelta va fatta considerando il costo dell’inserimento e il beneficio informativo che ne deriva. L’esclusione è
possibile:
a. quando la loro inclusione risulti irrilevante (per la dimensione o la strategia) ai fini della rappresentazione
veritiera e corretta;
b. qualora l’esercizio effettivo dei diritti della controllante sia soggetto a gravi e durature restrizioni
(ingerenze nelle scelte gestionali, minacce di nazionalizzazione, procedure concorsuali, ecc.);
c. quando non sia possibile ottenere tempestivamente e senza spese sproporzionate – in caso di evento
eccezionale e non ripetibile - le necessarie informazioni (ad es. per la recente acquisizione);
d. quando le azioni o quote delle controllate sono detenute esclusivamente allo scopo della successiva
alienazione (nel breve termine).
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UNIFORMITA’ DELLA MONETA DI CONTO:
• Coincide con la moneta di conto del Paese in cui ha sede la capogruppo
• Impiego del metodo dei cambi correnti, ossia del cambio di fine esercizio per lo Stato patrimoniale e del
cambio medio di periodo per il Conto economico
• Differenze di conversione imputate in una riserva di patrimonio netto
Nell’ambito del CE, l’operazione consiste nell'integrazione del totale dei costi e dei ricavi, al fine di determinare il
reddito di gruppo.
Il metodo del consolidamento integrale si articola nei seguenti momenti:
a) ripresa integrale dei valori di bilancio delle singole controllate;
b) eliminazione delle partecipazioni contro la frazione di patrimonio netto;
c) determinazione e trattamento dell'eventuale differenza di consolidamento;
d) determinazione e iscrizione degli interessi di minoranza a fronte di partecipazioni non totalitarie;
e) trattamento delle azioni proprie e delle partecipazioni reciproche e circolari.
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LE DIFFERENZE DI CONSOLIDAMENTO
In sede di applicazione del metodo del consolidamento integrale possono verificarsi due situazioni:
1. il valore delle partecipazioni è uguale alla frazione del patrimonio netto contabile della controllata: in
questo caso non emerge alcuna differenza contabile;
2. il valore della partecipazione è differente dalla frazione del patrimonio netto della controllata: in questo
caso emerge una differenza contabile che può essere positiva o negativa a seconda che il valore della
partecipazione sia superiore o inferiore alla frazione del patrimonio netto contabile.
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ESEMPIO 1:
ESEMPIO 2:
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La differenza negativa può derivare da:
1. il differente valore degli elementi patrimoniali, cioè di una sottovalutazione contabile delle passività o di
una sopravvalutazione contabile delle attività; in questo caso la differenza è attribuita alle passività o alle
attività;
2. l'esistenza di un valore di avviamento negativo (o badwill), in questo caso la differenza non è associabile ad
alcuno specifico elemento e va attribuita ad un fondo rischi utilizzabile a copertura delle perdite attese;
3. l’errata valutazione, nel caso in cui si sia trattato di un buon affare, la differenza va attribuita alla riserva
di consolidamento.
SINTESI:
IL CONSOLIDAMENTO PROPORZIONALE:
Nel caso in cui il controllo avvenga congiuntamente con altri soci esterni al gruppo e in base ad accordi definiti,
senza tuttavia che qualcuno abbia una posizione di dominio (ad esempio una joint venture):
a. esiste la facoltà e non l'obbligo di consolidare la controllata (l'influenza notevole si presume se i diritti di
voto sono > 1/5, o >1/10 se la società è quotata);
b. il consolidamento avviene con il metodo proporzionale, cioè con l'integrazione delle attività e passività
limitata alla quota di partecipazione.
A differenza del consolidamento integrale:
1. non si evidenziano interessi di minoranza, perché viene eliminata solo la quota di patrimonio netto di
pertinenza della capogruppo;
2. concettualmente si segue l'impostazione della teoria della proprietà, che vede l'interesse della capogruppo
come l'unica ragione sottostante al consolidato;
3. il valore delle attività / passività e dei costi / ricavi viene a dipendere dalla percentuale di possesso e può
subire variazioni nel tempo solamente per la variazione di tale percentuale.
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ESEMPIO:
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