di
Economia Aziendale
V anno
1. IL BILANCIO D' ESERCIZIO
· è uno strumento di conoscenza della gestione e dei suoi risultati per gli amministratori
della società;
L’insieme dei prospetti che compongono il bilancio e i suoi allegati prende il nome di sistema
informativo di bilancio ed è composto
1) Dal bilancio d’esercizio, formato dallo Stato patrimoniale, dal Conto economico e dalla
Nota integrativa.
2) Dalla relazione sulla gestione che ha lo scopo di fornire un resoconto sull’andamento
dell’azienda e sulle politiche da essa perseguite.
3) Dalla relazione del collegio sindacale che deve riferire sui risultati dell’esercizio sociale e
sulle attività svolte nell’adempimento dei propri doveri.
4) Dalla relazione del soggetto incaricato della revisione legale che ha lo scopo di fornire
valutazioni in merito alla tenuta regolare della contabilità.
5) Altri documenti idonei a fornire informazioni supplementari.
Redigono il bilancio gli organi amministrativi che, almeno 30 giorni prima del termine
fissato per la discussione in assemblea debbono trasmetterlo al collegio sindacale.
Il bilancio deve essere depositato presso la sede sociale 15 giorni prima dell’assemblea
entro 30 giorni dall’approvazione una copia deve essere depositata presso l’Ufficio del
Registro delle imprese. Il bilancio d’esercizio è pubblico.
LA NORMATIVA SUL BILANCIO
A. La clausola generale fissa il principio che sta alla base della nuova regolamentazione del
bilancio e lo individua nella chiarezza con cui esso deve essere redatto e nella verità e
correttezza della rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria della società
nonché del risultato economico dell’esercizio.
1- La chiarezza del bilancio va intesa come intelligibilità da parte di persone dotate di media
cultura contabile.
2- La rappresentanza veritiera e corretta del patrimonio e del reddito d’esercizio non può
consistere nella ricerca di una impossibile verità oggettiva, ma va intesa come il comportamento in
buona fede da parte degli amministratori, che devono operare correttamente le stime e le iscrizioni
delle varie voci di bilancio.
D. Il contenuto dello Stato patrimoniale, del conto economico e della Nota integrativa.
3- Nota integrativa: che è destinata a chiarire alcuni dati contenuti nei due documenti contabili
di sopra.
Lo stato patrimoniale e il conto economico sono due schemi a struttura obbligatoria, nel senso
che le varie voci devono essere iscritte separatamente e nell’ordine indicato dalle norme che ne
stabiliscono il contenuto. Derivano direttamente dal sistema informativo contabile.
LO STATO PATRIMONIALE
2- Circa le voci del passivo il criterio è l’origine delle fonti di finanziamento: mezzi propri e
mezzi di terzi.
LA STRUTTURA
Lo stato patrimoniale è caratterizzato da una distinzione delle sue poste in raggruppamenti di vario
livello, che sono contrassegnati da caratteri alfabetici e numerici:
· numeri arabi: indicano le singole voci nell’ambito delle classi o dei raggruppamenti.
Solo i numeri arabi e le lettere minuscole possono essere raggruppate, suddivise, aggiunte o
adattate.
2- FONDI PER RISCHI E ONERI: gli accantonamenti per rischi e oneri sono destinati solo
a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile. In questo
gruppo rientrano: i fondi per trattamento di quiescenza e obblighi simili, il fondo per
imposte e gli altri fondi.
4- RATEI E RISCONTI: I ratei e i risconti possono riferirsi anche a costi e proventi comuni
a più esercizi, purché siano da ripartire per competenza economica in proporzione al tempo.
Il CONTO ECONOMICO
E’ redatto in forma scalare ed è strutturato per aree della gestione ( area della produzione, area
finanziaria, area straordinaria). Nel Conto economico sono, pertanto, evidenziati oltre al
risultato finale ( utile o perdita) anche due risultati intermedi:
- La differenza tra valore e costi della produzione, che corrisponde al risultato della
gestione caratteristica e della gestione accessoria;
- Il risultato prima delle imposte, che è al lordo delle imposte dirette.
-
I CRITERI DI VALUTAZIONE
Allo scopo di evitare comportamenti scorretti da parte degli amministratori, che possono essere
tentati di sopravvalutare il patrimonio aziendale o all'opposto di costruire riserve occulte, sono stati
imposti dei vincoli giuridici e dei vincoli tecnici.
Vincoli giuridici consistono nelle disposizioni del codice civile riguardanti la redazione del bilancio,
la struttura e i contenuti dei documenti che lo compongono e i criteri di valutazione che devono
essere osservati.
Vincoli tecnici consistono nei principi contabili di generale accettazione, ossia nelle regole di
comportamento che è necessario osservare per pervenire a una corretta rappresentazione della realtà
aziendale.
I suddetti vincoli sono finalizzati a rendere i bilanci d'esercizio documenti affidabili, redatti sulla
base di criteri uniformi nel tempo e nello spazio. Il criterio base per le valutazioni è il COSTO,
inteso come insieme degli oneri che l'impresa a sostenuto per l'acquisizione o la produzione di un
determinato bene.
Il costo, nel principio della prudenza, viene considerato il limite massimo alle valutazioni, con
alcune eccezioni:
1. la valutazione dei lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti in base ai corrispettivi
contrattuali maturati con ragionevole certezza ;
2. la valutazione delle partecipazioni in imprese controllate e collegate che possono essere iscritte in
base al criterio della frazione del patrimonio netto.
È prevista l'applicazione del FAIR VALUE (valore equo o di mercato) per valutare le attività
finanziarie detenute a scopo di negoziazione e quelle disponibili per la vendita (es. titoli quotati
iscritti in C II Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni).
I PRINCIPI CONTABILI
LE ANALISI DI BILANCIO
L’interpretazione prospettica del bilancio può essere effettuata solo dopo averlo attentamente
analizzato.
Obiettivi:
- Se l’analista è un soggetto interno all’azienda, si verificano i punti di forza e di debolezza
dell’impresa.
- Se l’analista è un soggetto esterno es. un finanziatore si interpretano i dati in relazione alla
possibilità dell’impresa di restituire o meno il credito concesso…
L’ analisi prospettica può essere effettuata attraverso :
1. L’analisi per indici effettuata sulla base di rapporti tra valori, opportunamente raggruppati.
2. L’analisi per flussi basata sullo studio dei movimenti finanziari che avvengono durante la
gestione.
EFFETTO LEVA
L’andamento dell’indebitamento incide sulla misura del ROE, attraverso il ROI, in relazione al
costo medio del denaro preso a prestito dall’azienda ( ROD).
Se ROD < ROI l’azienda a convenienza ad indebitarsi e tale convenienza può essere amplificata
tanto più elevato è l’indice di indebitamento che esercita un effetto moltiplicativo (effetto leva) sul
ROI, che a sua volta spinge verso l’alto il ROE.
Pertanto se
- ROI = ROD , la struttura finanziaria dell’azienda è neutrale rispetto al ROE
- ROI > ROD, il ROE aumenta al crescere dell’indice di indebitamento
- ROI < ROD, il ROE diminuisce al crescere dell’indice di indebitamento.
EVA ( Economic Value Added) è un indicatore che stima il valore economico creato da un’impresa
in un dato esercizio ed è misurato dalla differenza tra la redditività del capitale investito e il costo
del capitale complessivamente impiegato nell’attività aziendale, espresso in termini %, moltiplicato
per l’entità dello stesso.
EVA = ( ROI – costo del capitale investito) x totale impieghi.
L’ANALISI DELLA PRODUTTIVITA’
La capacità reddituale dell’impresa sono direttamente correlate alla produttività del capitale
investito e alla produttività del lavoro.
Maggiore è la produttività dei fattori impiegati, tanto più elevate sono la capacità reddituali
del’azienda.
INDICE DI PRODUTTIVITA’ DEL CAPITALE INVESTITO = valore aggiunto x 100
Totale impieghi
Piu tale indice assume valori prossimi allo 100% maggiore è la produttività del capitale impiegato,
quindi migliore risulta il grado di efficienza dell’mpresa.
L’ANALISI PATRIMONIALE
L’analisi patrimoniale esamina la struttura del patrimonio, al fine di accertare le condizioni di
equilibrio nella composizione degli impieghi e delle fonti di finanziamento.
COMPOSIZIONE DEGLI IMPIEGHI : l’obiettivo di misurare il grado di rigidità o di elasticità del
patrimonio e si collega strettamente alla lettura e alla interpretazione dei margini di struttura e di
tesoreria.
La composizione degli impieghi è tanto più elastica quanto più velocemente le varie classi di
investimento riescono a trasformarsi in forma liquida, quindi quanto maggiore è il peso % delle
attività correnti.
RIGIDITA’ DEGLI IMPIEGHI = immobilizzazioni x 100
Tot impieghi
ELASTICITA’ DEGLI IMPEGHI = attivo corrente x 100
Tot impieghi
Una struttura degli impieghi elastica consente all’azienda maggiori flessibilità produttive e quindi
una più elevata capacità di adattamento alle mutevoli condizioni di mercato.
INDICE DI ELASTICITA’ = attivo corrente x 100
Immobilizzazioni
L’ANALISI FINANZIARIA
L’analisi finanziaria esamina l’attitudine dell’azienda a fronteggiare i fabbisogni finanziari senza
compromettere l’equilibrio economico della gestione.
3. IL REDDITO FISCALE
Il reddito fiscale è una particolare figura di reddito che viene determinato in occasione della
compilazione della dichiarazione dei redditi, allo scopo di calcolare le imposte da pagare all'erario.
Non coincide con il reddito risultante dal bilancio d'esercizio ,perché lo scopo della dichiarazione
dei redditi è completamente diverso da quello del bilancio d'esercizio.
La prima, infatti, ha lo scopo di determinare la base imponibile per il calcolo delle imposte, mentre
il secondo si propone di quantificare il reddito d'esercizio e il patrimonio di funzionamento, in
modo tale da assicurare all'impresa condizioni di continuità e quindi evitare annacquamenti di
capitale. La diversità degli scopi di reddito fiscale e reddito contabile comporta l'applicazione di
principi generali e criteri di valutazione diversi.
Dichiarazione dei redditi e Bilancio d'esercizio sono strumenti per il calcolo del reddito fiscale.
Scopo: quantificare le imposte - strumento per il calcolo del reddito d'esercizio. Scopo: quantificare
il patrimonio di funzionamento evitando annacquamenti di capitale scopi differenti causano Principi
generali e Criteri di valutazione diversi.
L'analisi dettagliata dei principi generali e dei criteri di valutazione fiscali verrà effettuata facendo
continui paragoni con gli analoghi principi e criteri civilistici, allo scopo di evidenziarne la
differenza. In ogni caso principi e criteri fiscali hanno una valenza limitata esclusivamente alla
compilazione della dichiarazione dei redditi e non devono interferire in alcun modo con quelli
civilistici, per evitare che il bilancio risulti inquinato da norme fiscali. Le norme fiscali vengono
studiate separatamente da quelle civilistiche : - le prime applicate nella dichiarazione dei redditi, ma
ignorate nella redazione del bilancio; le seconde applicate nella redazione del bilancio ma influenti
per il calcolo delle imposte.
Tali principi sono per la maggior parte diversi da quelli civilistici sanciti dall'art. 2423 bis del cc.,
poiché l'obiettivo delle norme fiscali è quello di evitare la sottrazione di materia imponibile a
tassazione, al contrario delle norme civilistiche, che sono ispirate a principi prudenziali e
all'esigenza di rendere l'informazione di bilancio la più chiara e attendibile possibile per le varie
classi di interessi coinvolte dall'attività d'impresa. Il legislatore fiscale vuole impedire la
sopravvalutazione dei costi, che abbatterebbe il reddito e quindi le imposte. Il legislatore civilistico
vuole impedire il contenimento dei costi, che accrescerebbe il reddito e potrebbe causare
annacquamenti di capitale, in caso di distribuzione di utile rilevato ma non prodotto.
Competenza costi e ricavi Competenza costi e ricavi Certezza e determinabilità oggettiva degli
oneri Prudenza, Iscrizione obbligatoria dei costi in Conto Economico, Continuità aziendale,
Inerenza dei costi a ricavi tassabili, Costanza dei criteri di valutazione, Valutazione separata
elementi eterogenei iscritti nella stessa voce. Le maggiori divergenze fra il reddito d'esercizio e
reddito fiscale sono causate essenzialmente da 2 principi fiscali: a) Quello della certezza e
determinabilità oggettiva degli oneri b) Quello dell'iscrizione obbligatoria dei costi in Conto
Economico. Entrambi suddetti principi individuano i requisiti che devono possedere i costi per
essere riconosciuti fiscalmente e quindi deducibili. In assenza di tali requisiti i costi sono
indeducibili.
I costi sono deducibili fiscalmente se hanno il requisito della certezza e determinabilità oggettiva.
Un costo è certo e determinabile in modo oggettivo quando ha originato una manifestazione
finanziaria (è documentato da una fattura emessa dal fornitore), che ne consente la quantificazione
in modo oggettivo e certo: tale principio sancisce l'indeducibilità dei costi che non sono
documentati da fattura o ricevuta, in quanto mancanti del requisito della certezza e determinabilità
oggettiva. Ciò significa che i costi contabilizzati alla fine dell'anno, in occasione delle scritture di
assestamento, non sono riconosciuti fiscalmente perché quantificati sulla base di stime e congetture
soggettive e non sulla base di manifestazioni finanziarie quantificabili in modo oggettivo.
Appartengono alla categoria dei costi stimati e congetturati: ammortamenti, indennità, tfrl e in
generale tutti i costi contabilizzati a fine anno nel rispetto del principio di prudenza (acc f.di rischi e
oneri). Il requisito di certezza e determinabilità oggettiva degli oneri è un principio fiscale
contrapposto e antitetico rispetto al principio civilistico di prudenza: il c.c. impone di iscrivere in ce
tutti i costi temuti , purché siano maturati economicamente nell'esercizio, mentre la normativa
fiscale esclude la deducibilità di tali costi, per evitare l'eccessivo abbattimento dell'utile . Il
principio di certezza e determinabilità oggettiva si applica solo ed esclusivamente ai costi, perché i
ricavi sono fiscalmente riconosciuti e, quindi, tassabili anche se presunti o sperati. I ricavi presunti ,
vietati dalla normativa civilistica allo scopo di evitare annacquamenti di capitale,sono riconosciuti
da quella fiscale ,perché fanno aumentare il reddito e quindi le imposte. Il mancato riconoscimento
da parte della normativa fiscale del principio civilistico di prudenza, ha lo scopo di impedire
all'amministratore di sfruttare tale principio per abbattere il reddito e quindi le imposte, gonfiando i
costi presunti. Tuttavia, facendo eccezione al principio generale di certezza e determinabilità
oggettiva degli oneri, il legislatore fiscale ammette la deducibilità di alcuni costi di natura stimata e
congetturata, purché rientrino nelle categorie tassative espressamente previste e non superino i
limiti massimi determinati applicando alcuni parametri rigidi .
In conclusione i costi possono essere suddivisi , fiscalmente, in due categorie: 1. costi documentati:
deducibili in modo illimitato, perché dotati del requisito di certezza (fatturati). 2. costi stimati e
congetturati: deducibili solo se rientranti in una delle eccezioni previste dalla norma fiscale per
importi massimi
Costi presunti Ricavi presunti stabiliti applicando = parametri indeducibili tassabili fiscali
(amm.ti,sval.cred,tfrl) perché non riconosciuti perché riconosciuti fiscalmente. Vi sono ,poi, alcune
spese, che, pur essendo documentate,sono indeducibili nell'esercizio del loro sostenimento, ma lo
diventeranno negli esercizi successivi , come le spese di manutenzione e riparazione.
I costi sono deducibili solo se sono stati iscritti nel conto economico di bilancio. Analogo principio
non si applica ,invece, ai ricavi che sono tassabili anche se non iscritti in ce. Al suddetto requisito di
deducibilità sono poste , tuttavia, due eccezioni:
1. sono deducibili fiscalmente, anche se non iscritti in ce, i seguenti costi: ammortamenti
ordinari,anticipati e integrali e 0,5% crediti commerciali ,come svalutazione crediti
2. Sono deducibili fiscalmente ,anche se non iscritti in ce,costi iscritti in conti economici di esercizi
precedenti , in cui erano stati considerati indeducibili.
Diventano deducibili negli esercizi successivi, al verificarsi di determinate condizioni, perché già
iscritti in ce di esercizi precedenti. Ne sono esempi gli accantonamenti ai fondi rischi e oneri non
ammessi fiscalmente (accantonamento al fondo imposte) e la svalutazione di beni pluriennali , che
sono indeducibili nel momento in cui vengono iscritti in ce, ma diventano deducibili in occasione
del sostenimento Nel caso di svalutazione di un bene pluriennale , analizziamo un esempio:
31/12/n acquistato n-1 automezzo 10000 - f.do amm. Auto 4000 - amm.to 20% - f.do sval. 1000
amm.to costo fiscalm indeduc= sval. ce anno n 2000 1000 Vendita n+1 prezzo 3500 10000 (4000 +
1000) = 5000 val. contabile 3500 pr. vendita ------1500 minusvalenza contabile 10000 4000 = 6000
val. Residuo fiscale 3500 pr. Vendita ------2500 minusvalenza fiscale nell'esempio sopra illustrato il
costo presunto per svalutazione dell'automezzo di 1000 non è riconosciuto fiscalmente nell'anno n
in cui viene iscritto nel C.E ed è indeducibile. E' ,tuttavia, riconosciuta la deducibilità di tale costo
nell'anno di vendita dell'automezzo ( n+1), anche se non risulta iscritto nel C.E di tale anno. Per
effetto dello storno contabile del fondo svalutazione automezzo, il residuo valore contabile del bene
pluriennale è minore del suo residuo valore fiscale , calcolato senza tener conto del fondo
svalutazione : conseguentemente,la minusvalenza fiscale è più alta di quella contabile di un importo
pari a quello della svalutazione. Nell'anno di vendita dell'automezzo è riconosciuto un costo per
minusvalenza (fiscale) maggiore di quello iscritto in C.E. di un ammontare pari alla svalutazione.
Per calcolare il reddito fiscale dell'anno n bisogna aggiungere al reddito contabile di bilancio il
costo fiscalmente indeducibile di 1000 (svalutazione). Tale aggiunta si chiama variazione fiscale in
aumento.
Per calcolare il reddito fiscale dell'anno n+1 bisogna togliere dal reddito contabile di bilancio il
costo fiscalmente deducibile, nonostante la mancata iscrizione in C.E. Tale detrazione si chiama
variazione fiscale in diminuzione. Costo indeducibile = variazione fiscale in aumento Costo non
iscritto in C.E. ma deducibile = variazione fiscale in diminuzione Anche gli ammortamenti , che
sono riconosciuti fiscalmente e quindi deducibili, anche se non iscritti in C.E. , originano una
variazione fiscale in diminuzione nel passaggio del reddito contabile a quello fiscale, qualora non
siano stati contabilizzati nel conto economico. Con le sole eccezioni viste ai n. 1 e 2 tutti i costi
sono deducibili solo se iscritti in C.E. C) Principio di inerenza dei costi a ricavi tassabili Tale
principio si applica ai costi generali e agli interessi passivi, che riguardano l'impresa nel suo
complesso. Tali costi sono deducibili per intero solo se i ricavi iscritti in C.E. sono tutti tassabili ,
perché non vi sono ricavi esenti o ricavi già tassati in modo definitivo. Quando invece una parte dei
ricavi iscritti nel C.E. non è tassabile perché esente o già tassata alla fonte a titolo d'imposta, i costi
generali e gli interessi passivi , sostenuti dall'impresa per conseguire sia i ricavi tassabili che quelli
non, sono deducibili solo in proporzione al quoziente del rapporto fra i ricavi tassabili ed il totale
dei ricavi di bilancio
C) PROCEDIMENTO PER IL CALCOLO DEL REDDITO FISCALE
Tale procedimento si applica solo in occasione della compilazione della dichiarazione dei
redditi, alla quale è obbligatorio allegare una copia del bilancio civilistico. Il reddito risultante di
tale bilancio , il reddito contabile, rappresenta il punto di partenza per il calcolo del reddito
fiscale. Il procedimento di calcolo consiste nell'apportare al reddito contabile, che scaturisce
dall'applicazione dei criteri di valutazione civilistici, variazioni in aumento e/o in diminuzione ,
in modo da trasformare i valori derivanti dall'applicazione dei criteri civilistici in valori
conformi a quelli riconosciuti fiscalmente. Reddito contabile + variazioni in aumento -
variazioni in diminuzione = reddito fiscale le variazioni in aumento hanno l'effetto di rendere il
reddito fiscale più alto di quello contabile e derivano da: A) costi indeducibili: costi cioè iscritti
nel C.E. per un importo maggiore di quello massimo riconosciuto fiscalmente. La differenza
rappresenta una variazione in aumento . C.E. Amm.ti 118000 Ammortamenti riconosciuti
fiscalmente =100000 118000-110000=18000 costo indeducibile (variazione in aumento) se si
verificasse il caso opposto di costi iscritti in C.E. per un ammontare inferiore a quello massimo
riconosciuto fiscalmente, non avremmo il diritto di effettuare una variazione in diminuzione per
la differenza, perché i costi non iscritti in C.E. non sono deducibili (con le uniche eccezioni
viste in precedenza). B) ricavi tassabili non iscritti in C.E.: trattasi di ricavi che devono essere
assoggettati a tassazione, ma che non sono stati contabilizzati. Il reddito fiscale deve aumentare
per un importo pari a tali ricavi. Il principio di iscrizione in C.E., infatti, si applica solo ai costi e
non hai ricavi. Ricavi tassabili ma non iscritti =25000 (variazione in aumento 25000). Se , poi, il
valore contabilizzato di un ricavo fosse inferiore a quello imposto dalla norma fiscale, sarebbe
necessario tassare il maggior ricavo non iscritto nel conto economico, mediante una variazione
in aumento per la differenza fra il valore fiscale ed il valore contabile di tale componente
positivo di reddito. Valore fiscale minimo delle rimanenze finali = 245000 . C.E. Rimanenze
finali 230000 Variazione fiscale in aumento di 15.000 Le variazioni in diminuzione hanno
l'effetto di rendere il reddito fiscale più basso di quello contabile e derivano da: A) costi non
iscritti in C.E. ma ammessi ugualmente in deduzione, facendo eccezione alla regola generale
che impone l'iscrizione in C.E: ammortamenti , 0,5% dei crediti commerciali o costi già iscritti
in C.E. degli esercizi precedenti ( accantonamenti ai fondi rischi e oneri e svalutazione beni
strumentali) B) ricavi iscritti in C.E. ma non tassabili perché esenti da imposta o già assoggettati
a ritenuta fiscale a titolo d'imposta C.E. 3000 dividendi az. Risparmio (già tassati con ritenuta
alla fonte a titolo d'imposta)
Per imposta si intende qualsiasi prelievo coattivo, per tassa il corrispettivo per ricevere un servizio
e per contributo un corrispettivo coattivo per un servizio, quest'ultimo ha le caratteristiche sia
dell'imposta (obbligatorietà) sia della tassa (si riceve un servizio in cambio, nella fattispecie la
pensione).
Le imposte si suddividono poi in imposte dirette e imposte indirette; le imposte dirette colpiscono
la ricchezza nel momento in cui viene prodotta (reddito), mentre le imposte indirette colpiscono la
ricchezza nel momento i cui viene spesa (trasferimenti, acquisti).
Le più importanti imposte dirette si suddividono in Irpef, Ires (ex Irpeg) e Irap.
Si rammenta che le società di persone non hanno personalità giuridica, né sono persone fisiche, per
cui non scontano né IRPEF né IRES, ma soltanto l'IRAP.
IRPEF
L'Irpef è l'imposta sul reddito delle persone fisiche, è di tipo personale e progressiva che colpisce il
reddito complessivo ovunque prodotto dalle persone fisiche residenti in Italia e il reddito prodotto in
Italia da parte delle persone fisiche non residenti. L’Irpef si determina in base ad aliquote
progressive, si tratta di una progressività per scaglioni: il reddito imponibile viene frazionato e
assoggettato alle aliquote corrispondenti agli scaglioni in cui li reddito stesso rientra.
IRES
L'Ires è l'imposta sul reddito delle società, è entrata in vigore il 1° gennaio 2004 e ha sostituito
l'Irpeg. L'Ires si applica solo ai soggetti con personalità giuridica e quindi a Spa, Sapa, Srl, società
cooperative e di mutua assicurazione. Sono escluse le società di persone (Snc, Sas, società
semplici). E’ un tipo di imposta proporzionale ed è dovuta sul reddito imponibile societario nella
misura del 27,50%.
IRAP
L'Irap è l'imposta regionale sulle attività produttive. E’ un’imposta sul valore aggiunto prodotto che
colpisce la ricchezza (intesa come presupposto impositivo) allo stadio della sua produzione e non a
quello della sua percezione (come l’Irpef o l’Ires ), né a quello del suo consumo (come l’Iva), è
pertanto un’imposta a carattere reale. E’ un tipo di imposta regionale di tipo proporzionale ed è
dovuta, in Sicilia, nella misura del 4,82% .
4. LA CONTABILITA’ DI GESTIONE
Il sistema informativo direzionale è l’insieme dei processi, delle tecniche e degli strumenti con cui
si raccolgono, rappresentano, analizzano i dati e si interpretano le informazioni derivanti dalla loro
elaborazione, al fine di supportare le decisioni degli organi direzionali.
• Della contabilità generale come strumento di controllo consuntivo dei risultati globali di
gestione
• Della valutazioni delle performance come strumento di verifica e incentivazione per chi
opera nell’impresa
2 - La Contabilità Gestionale
La contabilità gestionale è quella parte del sistema informativo che consente di attuare il controllo
della gestione nell’aspetto economico, attraverso la misurazione, la rilevazione, la destinazione,
l’analisi dei costi e dei ricavi
La contabilità gestionale, detta anche contabilità industriale ha per oggetto i fatti interni di
gestione.
Misura i costi del prodotto, individua la struttura dei costi di prodotto, calcola i risultati economici
parziali.
Per gestire i costi bisogna conoscere quali fattori li originano e quali relazioni li legano agli output
dell’impresa; pertanto è anzitutto necessario procedere a:
• Costi effettivi: si determinano con riferimento a una specifica produzione già effettuata
(costi consuntivi) o da effettuare in futuro (costi previsti)
• Costi standard: si determinano in base a un’ipotetica produzione, in funzione di condizioni
poste alla base dei calcoli.
A seconda dell’oggetto per il quale sono stati impiegati i fattori produttivi consumati i costi si
distinguono in:
• Costi specifici: sono i costi dei fattori produttivi e delle attività impiegati specificamente ed
esclusivamente per ottenere un oggetto
• Costi comuni: riguardano i fattori e le attività impiegati per svolgere più produzioni nello
spazio e nel tempo. La distinzione fra costi specifici e comuni dipende dall’ampiezza
dell’oggetto di cui si calcola il costo
• Costi generali: sono sostenuti per l’impresa nel suo complesso; possono riguardare l’attività
produttiva, commerciale o amministrativa. (ES: costi degli organi sociali e le imposte di
reddito)
A seconda del modo con cui i costi dei fattori impiegati sono riferiti all’oggetto del calcolo, i costi
si distinguono in:
• Costi diretti: sono quei costi specifici che vengono riferiti a un dato oggetto in modo
immediato, in base ai consumi dei fattori produttivi e delle attività specificamente assorbiti
dall’oggetto
• Costi indiretti: vengono suddivisi tra vari oggetti di calcolo in base a criteri soggettivi di
ripartizione; corrispondono ai costi comuni e generali e a quei costi specifici che non si è in
grado o non si ritiene conveniente misurare oggettivamente per riferirli direttamente
all’oggetto.
• Costi cessanti: sono costi che non vengono più sostenuti in seguito alla decisione presa
• Costi emergenti: sono i nuovi costi che l’impresa deve sostenere in seguito alla decisione
presa
• Costi differenziali: costituiscono l’incremento (costo suppletivo) o il decremento di costo
che l’impresa subisce o ottiene in seguito alla decisione presa
Nelle decisioni riguardanti la sostituzione di un prodotto A con un prodotto B, i costi di A che non
possono essere eliminati vengono chiamati costi sommersi
A seconda della funzione aziendale a cui si riferiscono i costi si classificano per destinazione in :
• Costi preventivi: si calcolano con riferimento ad una produzione futura, prima della sua
attuazione, per rendere possibile il successivo controllo o per orientare le decisioni aziendali.
Possono essere costi previsti o costi standard
• Costi consuntivi: si calcolano con riferimento a una produzione già effettuata; il confronto
con i costi preventivi consente di misurare gli scostamenti e analizzarne le cause;
Anche le complessità dell’ambiente esterno e la qualità sono fonti di costi per l’impresa
I costi della complessità sono i maggiori costi che l’impresa deve sostenere in seguito alla
differenziazione dei prodotti e/o dei mercati di sbocco. Sono in genere costi indiretti che variano
non in funzione dei volumi delle produzioni o delle vendite, ma in rapporto al grado di complessità
dei processi produttivi e distributivi
• Costi di prevenzione: sono sostenuti per evitare la fabbricazione di prodotti difettosi o non
rispettosi degli standard prefissati
• Costi di ispezione: sono sostenuti per verificare la qualità dei materiali da impiegare e dei
prodotti ottenuti e accertare il rispetto delle procedure stabilite dall’impresa
• Costi di non conformità: sono costi che si subiscono in caso di fabbricazione di prodotti
difettosi (interruzione delle lavorazioni, eliminazione degli scarti, sostituzione dei prodotti
già consegnati ai clienti…)
• Costi per perdite di opportunità: riguardano i danni all’immagine dell’impresa e le
vendite che si perdono per la “non qualità”; sono costi che non possono essere rilevati, in
quanto quasi invisibili.
Poiché al crescere della produzione i costi fissi vengono spalmati su una maggiore quantità di
prodotti, incrementando i volumi di produzione si realizzano le cosiddette economie di scala
Se hai responsabili dei reparti di produzione viene posto l’obbiettivo di ridurre i costi, essi cercano
di sfruttare al massimo la capacità produttiva dei singoli reparti. Ciò può causare l’accumulo di
scorte che possono risultare di difficile smercio.
Tale inconveniente può essere eliminato adottando la logica del just in time in base alla quale è la
domanda a guidare la produzione. (I beni vengono prodotti quando sono richiesti dai clienti)
Il fattore lavoro è vincolato nella sua mobilità dalle leggi, dai contratti collettivi e dall’azione
sindacale. Spesso si incontrano difficoltà a spostare la manodopera da uno stabilimento a un altro
ecc… e maggiori problemi si incontrano durante particolari periodi di crisi aziendale dove è
necessario un taglio della manodopera.
Rispetto all’impresa nel suo complesso i costi del personale possono essere considerati
prevalentemente dei costi fissi
Il diagramma di redditività mette in evidenza le relazioni tra costi variabili, costi fissi, ricavi e
volumi di produzione e consente di determinare a quale grado di sfruttamento della capacità
produttiva si realizza l’equilibrio economico
Il punto d’equilibrio o break even point corrisponde al punto di intersezione della retta che
rappresenta i costi totali con la retta che rappresenta i ricavi.
• A sinistra del punto di equilibrio i costi totali superano i ricavi e di conseguenza l’impresa è
in perdita.
• A destra del punto di equilibrio i ricavi superano i costi e l’impresa consegue utili.
• Nel punto d’equilibrio costi e ricavi sono uguali quindi il risultato economico è uguale a
zero (a pareggio)
6 - L’Oggetto di Misurazione
L’oggetto di misurazione (o oggetto di calcolo) è l’entità di cui si vuole conoscere il costo e, ove
possibile, il ricavo e il risultato economico.
Al costo di misurazione vengono riferiti i costi dei fattori produttivi impiegati e delle attività svolte
per ottenerlo, nonché i ricavi che esso genera.
La scelta dell’oggetto di misurazione può privilegiare una prospettiva di tipo produttivo: in tal caso
l’oggetto di misurazione può essere il singolo prodotto, la linea di prodotti, il processo produttivo o
le singole fasi di esso.
Altre prospettive di osservazione portano il management a scegliere oggetti di calcolo quali i canali
distributivi, il sistema clienti, le unità organizzative, le aree strategiche d’affari, le zone o le aree
geografiche ecc…
Spesso opzioni diverse vengono combinate per consentire una corretta e più completa visione del
business e una sua migliore gestione. Ecco allora che il costo del prodotto viene sempre e comune
calcolato ma tale informazione è integrata con dati relativi ad altri oggetti di misurazione che
presentano criticità dal punto di vista strategico
A seconda della modalità a cui si calcola il costo di un oggetto, la contabilità gestionale può essere
tenuta:
La contabilità gestionale a costi diretti attribuisce all’oggetto di costo dia i costi variabili sia i
costi fissi specifici (costi diretti)
I costi fissi specifici sono i costi sostenuti per una data linea di prodotti.
Sia costi variabili che costi fissi specifici possono essere riferiti direttamente ai prodotti ottenuti. Si
considerano perciò costi di prodotto.
I costi fissi legati alla struttura produttiva o organizzativa dell’impresa si considerano invece
costi di periodo e si escludono dai costi di prodotto e dal valore da attribuire alle rimanenze finali.
La differenza tra ricavi netti di vendita dei prodotti e costi diretti riferiti ai prodotti determina il
margine di contribuzione.
La contabilità gestionale a costi pieni attribuisce all’oggetto di oggetto di calcolo sia i costi
variabili sia i costi fissi.
• Costi primo: è dato dalla somma dei costi specifici imputati direttamente; è costituito
generalmente dai valori attribuiti ai consumi di materie prime e agli utilizzi di manodopera
diretta.
• Costo industriale o costo di produzione: si ottiene aggiungendo al costo primo una quota
di costi generali di produzione imputati indirettamente secondo vari possibili criteri
• Costo complessivo: si ottiene aggiungendo al costo industriale una quota di costi generali di
amministrazione e di vendita, una quota di oneri finanziari e una quota di oneri tributari.
• Costo economico-tecnico: si ottiene aggiungendo al costo complessivo quote riferibili agli
oneri figurativi.
La contabilità a full costing si basa sulla distinzione tra costi diretti e indiretti. I costi sostenuti
possono essere riferiti all’oggetto di calcolo:
• Con imputazione diretta: si tratta di costi sostenuti specificamente per l’oggetto di cui si
vuole determinare il costo. Sono riferiti all’oggetto di calcolo con misurazioni oggettive
• Con imputazione indiretta: si tratta di costi comuni generali e comuni, o anche di costi
specifici che non si ritiene opportuno imputare direttamente. Sono ripartiti tra più oggetti di
calcolo con criteri soggettivi che possono basarsi sui volumi o sulle attività necessarie alla
produzione
Quando il processo produttivo è semplice ed è possibile individuare una proporzionalità tra livello
dei costi e quantità prodotte, l’imputazione dei costi indiretti avviene proporzionalmente ai
volumi di produzione
Con l’imputazione su base unica aziendale si sommano i costi indiretti da ripartire in modo da
ottenere un unico importo che viene successivamente suddiviso tra i vari oggetti di calcolo
scegliendo una sola base di riparto
Tradizionalmente si utilizza come base di riparto la materia prima o la manodopera diretta optando
per quello che incide maggiormente sul costo primo.
Poiché è difficile trovare una fondata relazione di proporzionalità tra un complesso non omogeneo
di costi indiretti e un’unica base, si considerano più razionali i procedimenti a base multipla.
Con l’imputazione su base multipla aziendale si classificano i costi da ripartire in gruppi
omogenei e per ciascun gruppo si sceglie la base di riparto ritenuta più razionale e opportuna
I criteri di imputazione su base multipla aderiscono meglio di quelli su base unica alla variabilità dei
costi aziendali, tengono maggiormente conto dei legami esistenti tra andamenti dei costi diretti e
andamenti dei costi indiretti e sono quindi da preferirsi per effettuare un calcolo dei costi meno
arbitrario.
Il calcolo dei costi pieni diventa più accurato se i costi comuni e generali non sono immediatamente
imputati ai prodotti, ma sono dapprima riferiti ai centri di costo e successivamente, i costi di detti
centri sono imputati ai loro prodotti.
La localizzazione dei costi consiste nell’attribuzione dei costi ai centri nei quali o per i quali sono
stati sostenuti.
Accanto ai centri di costo, la struttura organizzativa dell’impresa prevede centri di ricavo e centri di
profitto che, ai fini del controllo di gestione, sono centri di responsabilità.
Un centro di responsabilità è un’unità organizzativa dove si svolge una certa attività sotto la
direzione e il controllo di un capo che ne è il responsabile
Un centro di responsabilità può coincidere con un centro di costo o coprire più centri di costo. Il
responsabile è in grado di influenzare in modo immediato e diretto i costi che rientrano nella sua
sfera decisionale e di contenerli entro i limiti prefissati dalla programmazione (budget)
Nelle imprese che presentano processi gestionali complessi è opportuno adottare la metodologia full
costing con imputazione dei costi indiretti basata sul costo delle attività svolte per ottenere il
prodotto (activity based costing)
Con l’activity based costing il costo pieno dell’oggetto di calcolo è dato dalla somma dei costi
diretti e dei costi indiretti delle attività svolte per realizzarlo e collocarlo sul mercato.
1. individuare le attività svolte per realizzare l’oggetto di misurazione: a tal fine è necessario
disaggregare i processi aziendali in attività elementari quali, per esempio, il controllo della
completezza degli ordini, ecc…
2. individuare gli elementi che generano il costo di tali attività (cost driver)
I cost driver, da un lato, sono gli elementi nei quali si manifesta l’attività produttiva e,
dall’altro, spiegano il consumo delle attività da parte dell’oggetto
3. determinare il costo di ogni attività elementare sommando i costi delle risorse utilizzate per
realizzarla
4. calcolare il costo unitario dei cost driver di ogni attività dividendo il costo dell’attività per
il numero di volte in cui il cost driver è stato attivato.
13 – I Costi Congiunti
Quando da un unico processo produttivo si ottengono contemporaneamente più prodotti, si ha la
lavorazione congiunta e i costi dei singoli prodotti sono tra loro congiunti.
I costi congiunti sono costi comuni ai prodotti ottenuti e la comunanza deriva da esigenze tecniche
(non è possibile produrre certi prodotti senza ottenerne anche altri)
Per determinare il costo di ogni prodotto si calcola quindi il costo industriale del processo
produttivo e lo si suddivide soggettivamente fra i vari prodotti congiuntamente ottenuti.
A seconda delle caratteristiche dei prodotti il riparto del costo industriale del processo può avvenire
con diversi procedimenti:
14 – I Costi Standard
I costi standard sono costi predeterminati con riferimento a dati oggetti, a date quantità prodotte e
a determinate ipotesi prese a base della loro costruzione.
I costi standard rappresentano i costi che l’impresa sosterrebbe qualora operasse nelle condizioni
ipotizzate per il loro calcolo.
Il calcolo dei costi standard ha per scopo il controllo dei costi di produzione e la loro riduzione
attraverso la costruzione di modelli di efficienza, in quanto i costi standard indicano quello che
dovrebbe essere il costo di produzione riferito a determinati livelli di efficienza presi a base per la
costruzione degli standard stessi
• Se dal confronto fra costi effettivi e costi standard emergono delle differenze, queste
devono essere analizzate per scoprirne le cause, per individuare l’eventuale
responsabile e per intraprendere le azioni correttive, che possono consistere:
o In una revisione degli standard
o In un aggiornamento degli stessi
o In un richiamo ai responsabili che non hanno operato, o fatto operare, le
persone loro sottoposte gerarchicamente
4. azioni correttive per evitare che in futuro le differenze riscontrate abbiano a ripetersi
Scopo principale della contabilità gestionale è fornire informazioni di supporto alle decisioni
aziendali, che si distinguono in:
Nel caso di scelta fra più alternative si adotta l’approccio differenziale, basato sulla distinzione tra i
valori economici che si modificano per effetto della decisione e quelli che restano immutati.
In particolare il costo suppletivo (o costo differenziale) è il costo che l’impresa sostiene per
aumentare la produzione attuale di una data quantità.
Gli output d’impresa (prodotti finiti e semilavorati di produzione) vengono caricati nel magazzino
prodotti al costo di produzione.
A seconda che l’impresa adotti un sistema a direct costing o a full costing , i valori di carico sono
diversi a causa dell’esclusione o meno dei costi indiretti nel costo di produzione.
Il codice civile stabilisce che le rimanenze devono essere iscritte al costo d’acquisto o di
produzione, così calcolato: “il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili
al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al
prodotto, relativi al periodo di fabbricazione”.
17 – L’Efficacia e l’Efficienza
L’efficacia è la capacità di conseguire gli obiettivi prefissati. SI misura confrontando gli obiettivi
realizzati con quelli prestabiliti, obiettivi che possono essere espressi in termini di qualità, quantità
tempo.
L’efficienza è il rapporto tra risorse consumate e i risultati ottenuti. Indica la capacità dell’impresa
di utilizzare in modo ottimale le sue risorse. Si distingue fra:
• efficienza strutturale – rapporto tra risorse impiegate o risultati ottenuti;
• efficienza in breve – data dal rapporto tra risorse consumate e risultati ottenuti dallo
svolgimento dei processi produttivi.
18 – Il Cost Management
Il cost management è un insieme di azioni messe in atto dal management, avvalendosi dei dati di
costo, al fine di controllare migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’impresa, sia nel breve sia nel
m/l periodo.
Target costing – richiede l’identificazione delle caratteristiche del prodotto in relazione ai clienti
che deve soddisfare e l’individuazione del prezzo che il mercato è disposto a pagare.
Target cost = prezzo di mercato – margine di guadagno
4.STRATEGIE AZIENDALI
La strategia è un sistema di scelte relative alle risorse da impiegare e alle azioni da intraprendere
a livello produttivo, commerciale, amministrativo, finanziario e organizzativo affinché l'azienda
possa raggiungere i propri obiettivi.
In altri termini la strategia: indica la strada da seguire per raggiungere gli obiettivi, presuppone
determinate azioni e l'impiego di determinate risorse, è interpretabile come collegamento tra
l'impresa e l'ambiente esterno.
Gli obiettivi possono essere distinti in tre categorie:
la mission, gli obiettivi di lungo termine e gli obiettivi di breve termine. Prima di vedere gli
obiettivi bisogna pianificare la strategia per realizzarla, pianificare in modo sistematico, esplicito e
globale tutta la propria attività. La pianificazione strategica è il processo con il quale si definiscono
gli obiettivi di lungo termine dell'impresa e si elaborano in termini di risorse, operazioni e
comportamenti le strategie che consentono di conseguire gli obiettivi stessi. La mission esprime in
modo ampio gli scopi che l'impresa persegue, la sua cultura, la sua filosofia, i suoi valori chiave e
quindi in definitiva il suo orientamento strategico di fondo.
Gli obiettivi di lungo termine esprimono i risultati che, all'interno di una determinata missione
d'impresa, il management aziendale si prefigge di raggiungere nel lungo periodo, utilizzando le
risorse disponibili o che intende procurarsi sul mercato. Gli obiettivi a lungo termini possono
ricondurre ai seguenti filoni fondamentali: obiettivi di "redditività".
L'obiettivo generale dell'impresa è quello di produrre ricchezza nel tempo: obiettivi di "sviluppo".
L'espansione dell'attività porta molti vantaggi, quali la realizzazione di economie di scala. obiettivi
di "leadership".
All'azienda si chiede di raggiungere o di rafforzare una posizione guida nell'innovazione
tecnologica, nelle condizioni interne di lavoro, nel livello dei costi. obiettivi sociali. L'azienda
associa ai propri obiettivi alcuni obiettivi che sono tipici della collettività. obiettivi di "equilibrata
struttura finanziaria". Gli obiettivi elencati sopra devono essere raggiunti mantenendo le condizioni
di equilibrio nella composizione delle fonti di finanziamento. Gli obiettivi di lungo termine devono
essere misurabili e collegarsi agli obiettivi di breve termine; essi, poi, servono come punto di
riferimento per valutare a "posteriori" i risultati ottenuti e a definire la struttura organizzativa
necessaria a sviluppare le strategie. Gli obiettivi di breve termine sono le mete intermedie da
raggiungere per conseguire gli obiettivi di lungo periodo. Essi sono assegnati a specifiche aree
organizzative, devono potersi esprimere "quantitativamente" ed essere entro un termine definito.
L'analisi dell'ambiente esterno: Analizzare l'ambiente nei suoi aspetti generali significa
considerare l'ambiente politico, economico, sociale, culturale, tecnologico e naturale. Per quanto
riguarda l'ambiente politico l'imprenditore dovrà prevedere se in futuro saranno emanate leggi che
potranno cambiare gli scenari e porre nuovi vincoli alle strategie stesse. Anche le previsioni relative
all'evoluzione dell'ambiente sociale che circonda l'impresa e alla tendenza futura nei rapporti con i
lavoratori, con i consumatori e con la società sono utili all'impresa per la formulazione delle
strategie.
L'analisi del mercato : Lo scopo principale dell'analisi del mercato e del settore è quello di
individuare sia le opportunità che si presentano, sia le minacce esistenti, nonché i fattori di successo
per l'impresa stessa. Questa analisi si sviluppa attraverso le seguenti fasi.
La definizione del settore.
Il settore è l'ambiente specifico in cui l'azienda opera o intende operare.
L'analisi della domanda.
Mira a dare risposte a domande del tipo: Perché i consumatori comprano il prodotto? E' un prodotto
acquistato per la prima volta? L'analisi dei fattori produttivi. In base a come opera l'impresa bisogna
tener conto della stabilità dei prezzi delle materie prime, verificare la disponibilità di mano d'opera
L'analisi della concorrenza. E' un indagine con cui si vogliono conoscere le imprese concorrenti e le
loro strategie, così come si vuole sapere se esistono barriere all'entrata di nuovi concorrenti.
Per formulare una strategia vincente è necessario individuare i fattori sui quali in genere punta la
concorrenza.
Un'altra fase del processo di pianificazione strategica è la verifica delle risorse umane e materiali a
disposizione dell'impresa, l'analisi dei risultati operativi ottenuti, l'individuazione dei punti di forza
e di debolezza. Tutto ciò avviene attraverso delle analisi:
Analisi della redditività del capitale: si sviluppa attraverso il calcolo e l'interpretazione degli indici
di redditività e ha lo scopo di valutare se l'utile conseguito è adeguato alle risorse finanziarie
impiegate nell'impresa.
Analisi della struttura dei costi: considera il rapporto tra costi fissi e costi variabili e la capacità
delle singole produzioni di assorbire i costi fissi.
Analisi della struttura finanziaria: ha lo scopo di conoscere il grado di liquidità e di indebitamento
dell'impresa.
Analisi del portafoglio prodotti: individua la posizione di ciascun prodotto nel proprio ciclo di vita.
Le vendite hanno un andamento diverso nelle varie fasi del ciclo di vita del prodotto.
Analisi della struttura organizzativa: ha lo scopo di verificare se la struttura attuale è adeguata a
sostenere le strategie che l'impresa intende sviluppare.
Analisi dei punti di forza e dei punti di debolezza: è volta a individuare i settori e gli aspetti nei
quali l'impresa eccelle e quelli nei quali non ottiene buoni risultati.(analisi swot)
Per stabilire se i risultati delle analisi evidenziano punti di forza oppure punti di debolezza, occorre
scegliere un criterio, ossia un termine di paragone. I fattori critici di successo sono le variabili su cui
il management può agire con le sue decisioni e che possono incidere in modo consistente sulla
posizione competitiva dell'impresa all'interno del settore in cui essa opera.
Un criterio per stabilire se l'impresa ha punti di forza e punti di debolezza consiste nel verificare se
in essa sono presenti i fattori di successo. I fattori critici di successo si modificano nel tempo per
condizioni oggettive e per scelte deliberate quale può essere la dinamicità.
Le STRATEGIE DI CORPORATE sono tipiche delle imprese di grandi dimensioni, che trattano
una pluralità di prodotti, operando in molti settori.
Le scelte strategiche definiscono:
· la priorità degli obiettivi da raggiungere;
· l'allocazione ottimale delle risorse interne tra i vari business;
· il coordinamento delle varie attività per il conseguimento degli obiettivi.
Coloro che devono formulare una strategia di gruppo possono scegliere fra le seguenti alternative:
strategie di consolidamento e strategie di sviluppo.
Strategie di consolidamento sono quelle con le quali l'impresa rafforza la posizione competitiva nei
settori in cui essa è già presente.
Strategie di sviluppo l'impresa mira a espandere la propria attività entrando in altri mercati con i
prodotti esistenti o con prodotti nuovi ma che non richiedono cambiamenti di rilievo nei processi
produttivi e nelle tecniche distributive. L'espansione può anche avvenire mediante l'acquisizione di
altre imprese operanti nello stesso settore, e allora si parla di integrazione, oppure operanti in altri
settori e si realizza un processo di diversificazione. L'integrazione può essere verticale e si attua
l'espansione dell'attività nell'ambito delle fasi del ciclo operativo che precedono o che seguono
quelle svolte dall'impresa; orizzontale e avviene tra imprese che si trovano al medesimo stadio del
ciclo operativo e che trattano prodotti con caratteristiche simili.
La diversificazione può essere attuata entrando in mercati completamente differenti da quello di
partenza, oppure può essere costruita su un punto di forza dell'impresa.
Gli obiettivi che si vogliono raggiungere attraverso l'integrazione e la diversificazione sono
principalmente i seguenti:
· sviluppo dell'impresa;
· riduzione delle forti fluttuazioni nei volumi di vendita e di produzione, con conseguente stabilità
dei profitti;
· realizzazione di economie di scala, proprie della grande dimensione;
· acquisizione di tecnologie avanzate e di elevate capacità organizzative;
· controllo di imprese concorrenti;
· utilizzazione di risorse finanziarie eccedenti il fabbisogno.
LESTRATEGIE DI BUSINESS
All’interno di ciascuna impresa che opera in più mercati e in più settori di attività (impresa multi
business) coesistono più aree strategiche di affari (ASA)
Un’area strategica di affari (ASA) è la parte di un’organizzazione che ha una propria strategia, un
proprio mercato, propri concorrenti, propri obiettivi di produzione, vendita e redditività distinti da
quelli delle altre ASA presenti nell’impresa.
Poiché non sempre è possibile concentrare le risorse su tutte le attività generatrici di valore in
uguale misura, compete alla strategia di corporate definire quali aree strategiche di affari potenziare
e quali sopprimere.
A seconda del tasso di sviluppo delle vendite rapportate alla quota di mercato detenuta, vi possono
essere:
- ASA ad alto tasso di sviluppo, con quote di mercato basse; operano in settori emergenti,
con mercato in evoluzione e occupandosi della produzione di beni in fase di lancio e con
prospettive incerte sono spesso in perdita, sostenendo costi maggiori dei ricavi.
- ASA ad alto tasso di sviluppo, con quote di mercato elevate operano in settori in fase di
sviluppo, che dominano il mercato e presentano prospettive reddituali soddisfacenti.
- ASA a basso tasso di sviluppo, con quote di mercato elevate; sviluppano produzioni
affermate, ma in settori maturi. Esse devono difendere le posizioni acquisite sul mercato.
- ASA a basso tasso di sviluppo,con quote di mercato basse; operano in declino, con un
insoddisfacente equilibrio reddituale e finanziario, quindi con scarse prospettive di
sopravvivenza durevole.
Le strategie di business riguardano:
-quale vantaggio competitivo ricercare nel mercato, ossia come affermarsi nell’ambiente
competitivo.
-come affrontare la concorrenza
-quali prodotti/servizi sviluppare e quali mercati servire affinchè i consumatori possano ritenersi
completamente soddisfatti.
Nel mercato l’obiettivo di qualsiasi impresa consiste nel conquistare e conservare le preferenze dei
consumatori al fine di ottenere un vantaggio competitivo sulle imprese concorrenti.
Il vantaggio competitivo di un’impresa è la sua capacità di creare valore per gli acquirenti dei
propri prodotti;tale valore è misurato dal prezzo che i clienti sono disposti a pagare in funzione dei
benefici che si attendono di ottenere.
Può essere raggiunto utilizzando due leve:
- Leadership di costo: l’impresa deve essere in grado di fornire prodotti equivalenti a quelli
della concorrenza ma a prezzi più bassi.
- Differenziazione: l’impresa deve essere in grado di fornire prodotti con caratteristiche
qualitative tali da distinguerla dalle imprese concorrenti e da determinare le preferenze e la
fedeltà dei clienti; in tal caso questi ultimi possono essere insensibili agli aumenti di prezzo.
Le STRATEGIE FUNZIONALI
A livello operativo le strategie coinvolgono le singole funzioni aziendali, per le quali occorre
formulare obiettivi da raggiungere e strategie adeguate a perseguirli.
- La strategia finanziaria: è l’insieme delle decisioni di lungo periodo e delle azioni che
l’impresa attua nella scelta delle forme di finanziamento, tenendo conto delle risorse
finanziarie disponibili all’interno dell’impresa stessa e delle opportunità offerte dal mercato
finanziario, in conformità alla missione aziendale.
Oggetto della strategia sono le scelte inerenti alla forma di finanziamento esterno in modo
che si abbia equilibrio tra fonti e impieghi e sull’ottimizzazione della gestione della liquidità
di cui l’impresa dispone.
- Strategie di marketing: risponde a due domande 1. Quali clienti da soddisfare (target)
2. Con quale offerta affrontare la concorrenza (posizionamento sul mercato).
- Strategie di produzione; è compito della funzione produzione progettare, pianificare e
gestire i processi di fabbricazione.
Le imprese che ritengono la chiave del successo nella competizione sia la ricerca nella
capacità di produrre a costi più bassi rispetto a quelli delle imprese concorrenti tendono
all’ottimizzazione nello sfruttamento della propria capacità produttiva. Le strategie sono:
1. Il just in time, basato sul principio “produrre solo quando effettivamente richiesto” è un
insieme di tecniche con le quali si punta a razionalizzare la produzione attraverso la
limitazione delle scorte di magazzino, la riduzione degli sprechi e dei tempi necessari
per i trasporti e i controlli.
2. Il lay-out di produzione, sviluppatosi negli anni più recenti in relazione all’esigenza di
accorpare in uno stesso reparto le attrezzature necessarie per svolgere il processo di
fabbricazione e i relativi servizi , creando delle unità tecnologiche elementari. Obiettivo:
riduzione costi di trasporto e miglioramento dell’efficienza;
3. La flessibilità produttiva, es le cartiere che, utilizzando gli stessi macchinari, sono in
grado di produrre più varietà di carta (carta per pacchi regalo, per quaderni…)
Le imprese che perseguono un obiettivo di differenziazione fanno leva sulle caratteristiche
distintive
dei propri prodotti.
- Le strategie nel mercato globale: le innovazioni tecnologiche, gestionali e organizzative
recentemente introdotte rendono possibile combinare l’esigenza di produrre a bassi costi con
quella di ottenere produzioni differenziate.
Le imprese orientate alla soddisfazione del cliente cercano di sviluppare la capacità di
rispondere con prontezza e precisione alle mutevoli richieste dei consumatori. Esse abbinano
alle tecniche di ottimizzazione della capacità produttiva soluzioni organizzative che portano
a una produzione più snella e flessibile, che si ispira al principio usa meno di tutto per
ottenere di più e si basa sulla frammentazione del sistema aziendale nei quali si lavora in
team e adottano i sistemi gestionale del time to market che si concretizza nella riduzione
dell’intervallo di tempo intercorrente tra la decisione di fabbricare un nuovo prodotto e il
suo lancio sul mercato.
5.IL BUDGET
Il budget è uno strumento che consente di esercitare un primo riscontro di fattibilità e di coerenza
delle strategie, ma rappresenta al contempo un valido strumento di indirizzo dei comportamenti e
una solida base per strutturare l'attività di controllo consuntivo: il budget, in sintesi, costringe a
programmare la gestione aziendale, agevola il coordinamento, aiuta a valutare le performance.
Distinguiamo:
• Il budget economico
• Il budget degli investimenti
• Il budget finanziario
• Il budget patrimoniale
Il budget economico definisce l'insieme dei costi e dei ricavi inerenti l'attività aziendale ed è
solitamente articolato in una serie più o meno fitta di budget settoriali, che mettono in evidenza il
contributo alla formazione del risultato economico come contrapposizione di costi e ricavi generati
dalle diverse unità aziendali: le vendite, la produzione, il magazzino, le strutture commerciali, e così
via, con l'obbiettivo finale di programmare la gestione caratteristica dell'impresa.
La stesura del budget economico presuppone il coinvolgimento di molte persone e diversi livelli
organizzativi dell'impresa, che devono fornire le necessarie informazioni a chi redige i vari budget;
il numero di persone e la varietà di livelli cambia in base alle dimensioni dell'azienda. Il punto di
partenza per la strutturazione del budget economico è dato dal budget delle vendite, ove sono
riassunte le previsioni sull'andamento della domanda di mercato, le attese sulla quota di mercato
ottenibile dall'impresa, le scelte in merito alle politiche di prezzo da effettuare e le politiche
riguardanti le condizioni di vendita: l'output di questo budget sarà quindi una stima del fatturato
atteso per il periodo amministrativo successivo. Sulla base delle rimanenze finali desiderate, delle
rimanenze iniziali già esistenti di magazzino e dei dati di vendita presunta contenuti nel budget
delle vendite, il budget della produzione definisce le quantità di prodotto da generare per
raggiungere gli obiettivi di fatturato e di magazzino prima descritti e, attraverso la definizione di un
rapporto di produttività fra output (i prodotti finiti) e input (le materie prime), stabilisce la quantità
di materie prime necessaria per la produzione. Sarà poi possibile stabilire la quantità di materie
prime da acquistare per supportare i livelli produttivi, definendo così il budget degli acquisti, ove
sono evidenziate anche le politiche di prezzo e le condizioni di scambio ottenibili dai fornitori.
Si può quindi definire il budget della manodopera, che riguarda l'impiego del fattore umano nei
processi di produzione, quantificandone il relativo costo. Aggregando i dati di tutti questi budget
settoriali si ottiene una prima importante determinazione di sintesi nel budget del costo del venduto,
ove si definisce il risultato atteso della gestione industriale dell'impresa. Infine, considerando i dati
di altri budget settoriali, quali il budget della ricerca e sviluppo, il budget dei costi amministrativi e
il budget dei costi commerciali, si arriva a definire l'obiettivo tipico del livello economico della
programmazione: il budget del risultato della gestione caratteristica.
Un secondo livello di articolazione del budget, si riferisce al budget degli investimenti. In questo
caso, l'attività di programmazione si riferisce alla previsione del fabbisogno relativo ai fattori
produttivi a lungo ciclo di utilizzo. In questa fase sono concretizzate le scelte di impiego che
evidenziano ampie ricadute sulle diverse aree aziendali, quali, ad esempio: gli investimenti
informatici che riguardano l'amministrazione o l'organizzazione.
Il terzo livello di articolazione si riferisce invece al budget finanziario. Una corretta ed efficace
attività di programmazione economica non può infatti prescindere dall'analisi delle ricadute
monetarie e finanziarie relative alle decisioni intraprese, anche perché, nel breve periodo, la verifica
dell'equilibrio finanziario e della fattibilità economica dei percorsi strategici risulta fondamentale.
Sarà innanzitutto predisposto un budget fonti e impieghi, con l'obiettivo di verificare la
compatibilità finanziaria delle scelte aziendali sulla base delle risorse disponibili e, in seconda
battuta, il profilo finanziario della programmazione sarà completato con la redazione di un budget
di cassa, nel quale sono rappresentate le entrate e le uscite monetarie attese in base ai programmi
delle varie funzioni aziendali, verificando le condizioni di liquidità e solvibilità della gestione.
L'ultimo livello di articolazione del budget aziendale riguarda il budget patrimoniale, processo che
prevede la stesura di uno stato patrimoniale preventivo e relativo al periodo amministrativo
successivo.
IL BUSINESS PLAN
Quando si avvia un’azienda è di fondamentale importanza redigere il business plan per non
incorrere in brutte sorprese!
Il business plan è un documento di programmazione, che determina gli obiettivi che l’imprenditore
vuole raggiungere con la sua nuova impresa, la strategia che intende adoperare per raggiungerli e,
inoltre, serve a mettere in luce tutti i problemi e i pericoli che potrebbero presentarsi durante questo
percorso.
Spesso viene fornito agli intermediari finanziari (banche, finanziarie e assicurazioni), per aiutarli a
valutare il rischio intrinseco delle attività della nascente impresa che, non avendo uno storico, è
di difficile calcolo. In questo modo si agevola la pratica per la concessione di un finanziamento e il
calcolo del premio, nel caso l’imprenditore volesse garantire alla sua azienda un’adeguata copertura
assicurativa.
Tuttavia, l’importanza del business plan trascende l’utilizzo appena menzionato in quanto si è
visto, negli anni successivi la sua “invenzione”, che esso è fondamentale anche nella creazione
dell’azienda e, successivamente, nel controllo di gestione dopo che l’impresa è stata avviata.
L’aiuto che dà questo documento dipende dal modo in cui esso viene redatto, che prevede un elenco
di domande a cui si deve rispondere in modo sintetico, ma non troppo. Man mano che
l’imprenditore si pone le domande, si accorgerà in automatico dei punti deboli della sua idea.
Ecco ad esempio un elenco di domande da porsi nel caso se ne voglia svilupparne uno.
Tuttavia si tenga presente che, nel caso si desideri sfruttare il business plan per le start-up, ci sono
alcuni accorgimenti di cui si dovrà tenere conto e che non sono presenti in quello standard, questo a
motivo di alcune leggi speciali di agevolazione per alcuni tipi di imprese nascenti.
In ogni caso, i 10 punti da compilare sono:
► Descrizione del progetto: consiste nella descrizione dell’idea imprenditoriale, cioè dell’idea di
business che c’è alla base. La descrizione deve essere sintetica e deve trattare tutti i prodotti o
servizi che si vogliono commercializzare.
Di ogni prodotto bisogna illustrare le caratteristiche, i processi produttivi che si vuole usare per
produrlo, i materiali utilizzati, cosa ha di innovativo (se vi è un’innovazione rispetto a ciò che il
mercato ha offerto fino a quel momento), quali sono i punti di forza – che secondo l’ideatore
dovrebbero rendere il prodotto appetibile – e i punti deboli (e come si è pensato di superarli).
E’ molto gradita anche un’idea approssimativa dei costi di produzione e del prezzo di vendita (più
questi dati sono precisi, meglio è), dei ricavi che ci si aspetta e soprattutto il confronto con i costi
della concorrenza.
Inoltre si può cercare di anticipare, per quanto possibile, quali sono i volumi di vendite previsti (e
perché), quali sono i volumi minimi richiesti per andare in break-even (punto di pareggio) e qual
è il massimo di capacità produttiva che si potrebbe raggiungere, dato l’apparato organizzativo che si
sta cercando di mettere in piedi.
Insomma, per fare un esempio, si vogliono produrre bottiglie di vetro che l’azienda potrà produrre
di vario formato (1 litro, 1,5 litri, 0,66 cl, 0,33 cl, eccetera). Inoltre si illustrerà se esse hanno
un’innovazione particolare rispetto a quelle già in commercio (ad esempio: sono infrangibili,
oppure hanno una miscela più economica a parità di qualità, oppure sono anti-ribaltamento,
eccetera).
Poi si passa a un’analisi dei costi di produzione per ciascuna bottiglia e al prezzo al quale si intende
vederla. Ad esempio: la produzione della bottiglia da un litro costa 60 centesimi e si può vendere
tranquillamente ai grossisti ad un euro al pezzo con un margine di 40 centesimi. Se esiste un
prodotto simile, si può fare il confronto con i prezzi della concorrenza, altrimenti si può fare un
confronto con un prodotto vagamente somigliante e giustificare il prezzo maggiore con
l’innovazione.
Poi, dato il ricavo per bottiglia (specificare per tutti i modelli), si può stabilire, in base ai costi di
ammortamento dei macchinari (che si fa in un altro punto del business plan), quante bottiglie si
devono produrre per andare almeno a pareggio (nelle produzioni industriali se si produce meno di
una certa quantità si va in perdita). Oltre a questo si indicherà, al massimo regime con i macchinari
e il personale previsto, quante se ne possono produrre giornalmente.
Tutto ciò serve a valutare se l’ idea imprenditoriale può far guadagnare oppure, già dai calcoli,
sembra essere solo una perdita di tempo.
► Forma giuridica della società: questa sezione del business plan è fondamentale, anche se molti
non le danno peso, in quanto ne va della vita dell’imprenditore.
Spesso, quando si apre un’attività imprenditoriale, si ha il problema della sotto-capitalizzazione. In
pratica si apre un’azienda con i soldi appena sufficienti a comprare le prime cose . A questo punto si
cerca di tagliare in ciò che a prima vista sembra un capriccio o, comunque, una cosa non
strettamente necessaria in un primo momento.
Ovviamente la prima cosa che salta all’occhio è la forma giuridica che si sceglie per fondare la
società.
.► Organico e compagine sociale: in questa sezione si fa un punto sulle esperienze e le
competenze di tutti gli interessati nell’organizzazione o, per lo meno, di chi deve effettivamente
lavorarci dentro (escluso i dipendenti). Si deve poi chiarire come funzionerà la struttura, come
saranno gestite le risorse umane, quali competenze si cercheranno nel mercato, eccetera.
L’amministratore delegato (chi in pratica sarà destinato a dirigere l’azienda) è qualificato per farlo?
Ha già diretto un’azienda? Soprattutto, ha già avuto a che fare con il settore (nel nostro esempio,
della produzione di recipienti in vetro). Qual è il suo know-how che dà garanzie di una corretta
gestione?
Il resto dei soci o delle figure chiave aziendali ha esperienze al riguardo? E infine si trovano
facilmente queste qualifiche, oppure potrebbero esserci problemi nel caso ci si voglia
approvvigionare all’esterno? Per esempio: se servono qualifiche particolari, ma l’azienda è in un
punto un po’ decentrato, potrebbero esserci problemi a trovare il personale che accetti di fare il
pendolare su lunghe distanze… motivo per il quale le grosse aziende tendono a essere ubicate
vicino grandi città e assi viari importanti.
► Analisi di mercato: è piuttosto ovvio che il punto cardine di ogni attività di impresa è l’analisi
del mercato. Si deve quindi illustrare quali sono le richieste del mercato (insomma la gente cerca
attivamente quello che vuoi proporre?) e spiegare perché si pensa di agire proprio in quel settore.
In pratica, bisogna chiedersi se ciò che si vuole offrire esiste già o meno. Se non esiste, come mai
nessuno l’ha proposto prima? Non ci hanno pensato oppure non c’è richiesta? Oppure, perché i
potenziali clienti dovrebbero venire da me invece che rimanere con la concorrenza?
Nel caso delle bottiglie di vetro che ho portato precedentemente come esempio, bisogna chiedersi se
la nostra bottiglia anti-ribaltamento ha una richiesta nel mercato oppure no. Insomma, qualcuno le
sta già cercando? Se no, non le cerca perché non ci pensa o perché non lo ritiene una cosa utile? Se
sì, è disposto a spendere di più per averla oppure la sceglierebbe solo se costasse uguale? E’
motivato ad averla, oppure la trova una cosa curiosa ma sotto sotto non la trova interessante?
Se dall’analisi risulta che l’idea sembra piacere e che l’acquirente medio sembra disposto a
spendere per avere il nuovo bene, allora si può procedere alle altre parti del business plan.
Altrimenti, forse è il caso di interrogarsi se, dopo tutto, il nostro prodotto non è poi questa gran
trovata…
Fare quindi un’attenta analisi di mercato può evitare gli errori più macroscopici ed evitare quindi di
perdere intere fortune, nonché una marea di tempo, in un’attività che si poteva capire essere
perdente prima ancora di partire. Se non si è in grado di fare un analisi di mercato valida ci si può
sempre rivolgere a un professionista.
► Strategia di marketing: in base a quanto emerso dalle analisi di mercato, in un buon business
plan occorre anche pianificare una strategia di marketing. In particolar modo si deve far emergere il
bisogno del mercato, e quindi trovare il modo di colmarlo in base al prodotto disponibile. In realtà,
per essere più corretti, occorre che il prodotto si crei di proposito in base al bisogno del mercato.
Poi si deve illustrare come si intende distribuire il prodotto (in pratica mettere in evidenza il sistema
della filiera formata da venditori, distributori, assistenza pre e post-vendita, eccetera.
Oltre a ciò, in questa parte si deve delineare il consumatore tipo del prodotto/servizio attorno al
quale si pianificherà il marketing e il modo per raggiungerlo.
Per ritornare all’esempio delle bottiglie: ci sono clienti disponibili a cui serve la bottiglia anti-
ribaltamento? Se si è fatta la giusta analisi di mercato, a questa domanda abbiamo già risposto. La
vendita di tali bottiglie avverrà tramite dettaglianti per raggiungere il cliente finale, oppure è meglio
vendere direttamente ad aziende che imbottigliano e lasciar perdere il cliente privato?
Inoltre, ci affideremo a rappresentanti oppure vendiamo con un vettore esterno già collaudato? C’è
modo di personalizzare la bottiglia (assistenza pre-vendita) oppure non si può cambiare? Nel caso di
prodotti in garanzia, l’assistenza è assegnata a imprese esterne oppure abbiamo una nostra filiera?
► Come si intende raggiungere l’obiettivo: questa è la parte più tecnica in quanto deve illustrare
come si produrrà e come si ha intenzione di raggiungere l’obiettivo.
Quanto è grande il capannone industriale (oppure il negozio, il garage, eccetera), quali macchinari
occorrono, quali licenze si devono ottenere, dove accantoniamo le materie prime e i semilavorati e
dove stocchiamo i beni finiti.
Inoltre, qual è il flusso della lavorazione per ottenere il prodotto? E per finire: si ha già in mente
come potrebbe evolvere l’organizzazione qualora tutto vada, oppure tutto va male o, caso più
comune, se solo alcune cose vano bene e altre meno?
Per ritornare al solito esempio, lo stabilimento per produrre le bottiglie quanti metri quadri deve
essere grande? Si può fare ovunque oppure la lavorazione è particolarmente rumorosa (o
puzzolente), per cui si è costretti ad impiantarla lontano dai centri? Abbiamo già la lista dei fattori
produttivi che servono a produrre il bene? Abbiamo già in mano il flusso produttivo che sforna il
prodotto? Abbiamo già tutte le licenze in materia per la produzione (sicurezza, antinquinamento,
eccetera)?
Se tutto va per il verso giusto, come si ha intenzione di far evolvere l’impresa? Si punta a mercati
esteri? Si amplia il catalogo? Si raggiungono altre categorie di clienti modificando alcuni prodotti?
Si diversifica in altre attività parallele? Oppure si verticalizza la produzione (ad esempio oltre che
alla produzione si pensa anche alla vendita diretta)?
In pratica, ci buttiamo nella produzione di bottiglie di diverso tipo oppure vendiamo a fasce di
clienti diversi? Vogliamo produrre anche bicchieri oppure preferiamo organizzare una nostra filiera
di venditori e non passare più da intermediari?
Se invece, come spesso capita, solo una parte dell’idea è buona ma un’altra parte non funziona, si
ha già in mano un piano alternativo che permetta di rimediare (il cosiddetto piano B) con altro,
oppure l’impresa non può andare avanti?
Nel caso delle bottiglie, se si scopre che quelle da 33 e 66 cl non vendono perché ritenute troppo
care per la taglia, comporta un problema non produrle più? Oppure si può modificare il processo
produttivo per farle rientrare in parametri migliori?
O ancora, se l’idea dell’anti-ribaltamento non dovesse funzionare (magari in laboratorio la cosa
funzionava ma si scopre che producendo in serie le bottiglie hanno poi un comportamento
differente), si può passare alla produzione di bottiglie normali o con altre caratteristiche in modo
da salvare il salvabile?
Se va tutto male, si ha in mente un modo per riottenere dei soldi indietro, anche se magari non tutti?
Ovvero, è possibile vendere facilmente i macchinari, i capannoni, eccetera, oppure sono tutte cose
che ad altri non interessano? Si può produrre qualcosa di totalmente diverso con gli stessi
macchinari o con un investimento relativamente piccolo, oppure è tutto perso? Cioè, possiamo
metterci a produrre bicchieri se con le bottiglie non va bene?
► Aspetti organizzativi della società: rispetto ai dipendenti dell’organizzazione, ci sono percorsi
formativi da erogare? È previsto un piano di crescita formativa del personale oppure sono lavori
generici? Sono previsti piani di carriera? Come si muoverà l’ufficio delle risorse del personale?
► Piano finanziario: e veniamo alle note dolenti! Quanto costa avviare la nostra start-up?
Abbiamo già i soldi oppure ci servono finanziamenti? In quanto tempo possiamo rimborsare il
finanziamento? Quali sono i piani di ammortamento dei macchinari e a quanto ammontano?
La copertura finanziaria dove la troviamo? Le materie prime si possono pagare in modo dilazionato
oppure si devono pagare in contanti? Il nostro cliente tipo pagherà in contanti alla consegna o per
vendere si necessita di poter fare dei pagamenti dilazionati al cliente?
Questo è tutto molto importante in quanto, se non abbiamo copertura finanziaria per svolgere il
lavoro, rischiamo di avviare un’impresa ma non poterci permettere di comprare dai fornitori, oppure
di vendere incassando a 90 giorni rischiando il fallimento per via di un errato calcolo del bilancio
d’esercizio.
► Promozione e pubblicità: bene, ora dobbiamo mettere nero su bianco il modo con cui abbiamo
intenzione di far conoscere il prodotto. Ci affidiamo alle TV, alla carta stampata, alle riviste di
settore? Oppure andiamo su una promozione via internet con pubblicità mirata? Oppure ancora
abbiamo intenzione di far conoscere il prodotto con il passaparola?
In base al tipo di promozione si andrà ad avere più o meno credibilità negli intermediari finanziari.
Una cosa è dire che abbiamo un budget di tot milioni di euro per pubblicizzarci in RAI, un’altra è
dire che confidi nei venditori porta a porta e nel classico passaparola (del tipo il prodotto si vende
da solo…).
► Motivazione: dulcis in fundo, cosa ti spinge ad avviare quest’impresa? Può sembrare scontato
(voglio fare soldi) ma non lo è!
La motivazione dell’imprenditore indica la forza di volontà dello stesso ad ottenere i risultati anche
in presenza di condizioni avverse o quando tutto sembra perduto. Se non sei fortemente motivato a
raggiungere il tuo obiettivo, è facile che non riuscirai mai a raggiungerlo.
Sai quante volte capita che qualcuno apra una pizzeria, un ristorante, un franchising solo per
ottenere un lavoro e perde tutti i risparmi suoi e dei suoi genitori? Solo chi è veramente motivato
ottiene risultati e sarà sufficientemente reattivo in quanto smuoverà mari e monti per far quadrare
tutto.
Ciò detto, redigere un business plan richiede a volte anche diversi mesi di lavoro preliminare
(non tanto la redazione scritta del documento quanto tutto il lavoro di ricerca, analisi del mercato,
reperimento dei costi dei fattori produttivi, eccetera) che culminano nel documento finale.
Una “vulgata” di imprenditori lo ritengono un lavoro inutile e preferiscono navigare a vista, altri
non si alzerebbero nemmeno dal letto senza avere un piano su come farlo. I Quelli che possono
permettersi di non redigerne uno sono quegli imprenditori che hanno un’attività così semplice da
non necessitare né di finanziamenti né tanto meno di spese ingenti da sostenere.
Ad esempio, se vuoi fare il venditore porta a porta per piazzare aspirapolveri, ovviamente non ti
serviranno spese per cominciare (se non andare qualche volta a seguire le lezioni aziendali) e
neanche se vuoi aprire la bancarella al mercato rionale per vendere calzini visto che comunque è
un’attività abbastanza semplice da organizzare.
Tuttavia, se la tua idea di business prevede già l’affitto di immobili, l’acquisto seppur minimo di
macchinari, di fare spese pubblicitarie, di ottenere una qualche licenza, eccetera, per non avere
sgradite sorprese non potrai fare a meno di redigere un buon business plan.