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Contabilità e Bilancio (Cerbioni F, Cinquini L, Sostero U)

Istituzioni di ragioneria generale (Università degli Studi di Catania)

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CONTABILITA’ E
BILANCIO

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LEZIONE 1 (Capitolo 1)
I metodi di rilevazione possono essere classificati in due grandi classi:

- Metodi contabili, il conto è lo strumento principale di rilevazione;


- Metodi non contabili, utilizzano altri supporti o metodologie per la rilevazione.
Lo scopo generale è la produzione di flussi informativi per due categorie di portatori di interesse:

- Interni, per esigenze conoscitive ed informative;


- Esterni, per porre i terzi a conoscenza della situazione in cui versa l’unità di riferimento.

Lo studio degli andamenti aziendali è di fondamentale importanza al fine di garantire la durabilità.


La dinamica aziendale viene esaminata mediante un sistema di scritture contabili soggetti ad una
rigida normativa, al fine di tutelare i terzi che fanno affidamento sulle informazioni ottenute tramite
le scritture contabili.

La ragioneria si definisce come: scienza attraverso la quale si osservano le dinamiche aziendali


mediante la raccolta e l’elaborazione delle informazioni esprimibili in quantità e cifre monetarie.
Essa si avvale della contabilità d’impresa per rappresentare ed esprimere, attraverso il linguaggio
contabile, le operazioni aziendali.
Occorre quindi effettuare due azioni:

1) Convertire la dinamica aziendale in cifre;


2) Riconvertire le cifre in andamenti economici in modo unitario, così da utilizzare lo strumento
contabile nel migliore dei modi.
N.B. non tutto può essere oggetto di rilevazione.

L’interpretazione dei fatti di gestione è di fondamentale importanza perché in questo modo si


diffonde in un linguaggio comprensibile a tutti ciò che accade in azienda, si tratta di trasformare i
fatti aziendali in linguaggio contabile. L’azienda è un sistema all’interno della quale tutto è legato nel
tempo e nello spazio. I valori generati dai fatti aziendali sono, per questo motivo, collegati tra di loro.
Si parla infatti di sistema di valori.

La produzione e la diffusione delle informazioni di natura economica si basano su appositi sistemi


gestionali:

- Sistema informativo, l’insieme delle procedure formali mediante le quali i dati vengono
raccolti, trasformati in informazioni e distribuiti agli utenti;
- Sistema amministrativo, insieme dei meccanismi e delle risorse di rilevazione, elaborazione e
comunicazione dei dati derivanti dalle transazioni economiche conseguenti ad operazioni di
scambio, produzione e consumo.

All’interno del sistema amministrativo vi è il sistema contabile definito come l’insieme di principi,
strumenti, metodi e procedure di tipo contabile utilizzati per rilevare, classificare e rappresentare le
informazioni per i principali fruitori. Il sistema contabile può riguardare:

- Situazione di economicità globale, sistema finalizzato alla determinazione del capitale e del
risultato economico di periodo;

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- Situazioni parziali, finalizzato all’approfondimento di certi aspetti particolari dell’attività


aziendale;
- Situazioni attinenti al rapporto tra l’azienda e le principali categorie di interlocutori esterni.

Per rappresentare le differenti situazioni appena menzionate, il solo linguaggio dei valori non è
sufficiente, è infatti necessario l’utilizzo di ulteriori strumenti. Facendo riferimento a strumenti di
natura contabile, si distingue tradizionalmente in: contabilità generale e contabilità analitica.

CONTABILITA’ GENERALE CONTABILITA’ ANALITICA


Dà i risultati di sintesi dell’intera attività Fornisce risultati parziali afferenti a prescelti
d’impresa, non dà dettagli e non dà i risultati gruppi o sistemi di operazioni di gestione
parziali.
OBIETTIVI PRINCIPALI
Accertamento delle posizioni di credito e di Determinazione dei risultati particolari
debito, determinazione del risultato di periodo e
del capitale netto di funzionamento
SOGGETTI DESTINATARI
Soggetti esterni Soggetti interni all’azienda
METODO DI TENUTA
Si utilizza il metodo contabile Non si utilizza il metodo contabile
OBBLIGATORIETA’
Obbligatoria per legge Non obbligatoria per legge

Lo scopo della contabilità generale è quello di produrre sinteticamente cosa ha fatto l’impresa durante
l’anno mediante la determinazione di:

- CAPITALE NETTO DI FUNZIONAMENTO


Ricchezza di cui dispone l’azienda in un determinato momento, attività e passività a
disposizione dell’azienda;
- REDDITO DI ESERCIZIO
Variazione di ricchezza dell’azienda dovuta all’aumento o alla diminuzione di flussi in entrata
o in uscita riconducibili alla gestione.

Queste due grandezze sono tra di loro collegate, infatti il reddito è quella grandezza che fa variare
il capitale.
Le componenti del reddito sono:

- COSTI, definiti come fenomeni economici derivanti dall’acquisizione di beni e servizi.


Rappresentano gli oneri e i sacrifici sostenuti per l’approvvigionamento di tutti i fattori
produttivi necessari allo svolgimento dell’attività d’impresa.
- RICAVI, sono fenomeni economici derivanti dalla concessione di beni o servizi prodotti
dall’impresa e collocati sul mercato.

Si parla di incremento della ricchezza aziendale quando si ha un eccesso di ricavi rispetto ai costi e
si parla dunque di utile di esercizio.

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Un’azienda si definisce di successo se è capace di mantenere l’equilibrio. Esistono tre diversi tipi di
equilibrio:

1) EQUILIBRIO ECONOMICO
Attitudine dell’azienda di operare in condizioni che consentono almeno di ripristinare ka
ricchezza (=insieme di risorse a disposizione per lo svolgimento dell’attività aziendale)
consumata nello svolgimento della gestione.
È un equilibrio dinamico.
2) EQUILIBRIO FINANZIARIO
Si realizza con il bilancio dei flussi in entrata ed in uscita. È misurabile sia in un certo
intervallo di tempo che in un determinato istante. Esso può essere un equilibrio di tipo:
- Dinamico, inteso come il bilanciamento tra i movimenti finanziari che hanno determinato
variazioni finanziarie in un intervallo temporale;
- Statico, bilanciamento tra impieghi e fonti in un determinato istante.
3) EQUILIBRIO PATRIMONIALE
Attitudine dell’azienda ad accumulare e mantenere un ammontare di ricchezza (patrimonio)
che sia congruo rispetto agli investimenti necessari allo svolgimento delle sue finalità
istituzionali. In particolare, si fa riferimento al modo in cui l’azienda finanzia i suoi
investimenti.
(Fa uso del capitale proprio per gli investimenti di medio e lungo termine)

LEZIONE 2 (Capitolo 2)
Ci occuperemo dell’informativa obbligatoria e quindi del bilancio di esercizio. Esso rappresenta ciò
che inserisco all’interno della contabilità generale e ci dà informazioni su:

- Reddito di esercizio, conto economico;


- Capitale netto di funzionamento, stato patrimoniale;
- Flussi finanziari in entrata ed in uscita, rendiconto finanziario.

La ragioneria comprende un insieme di principi e tecniche fondamentali per la conoscenza della


gestione aziendale, mediante la conversione in un linguaggio e una modalità di rappresentazione
utili per comprendere e comunicare l’andamento della gestione. Per fare ciò si serve di appositi
modelli che non sono altro che delle regole di linguaggio contabile. In particolare, la contabilità
generale fa uso del MODELLO DEI CIRCUITI DI GESTIONE. Questo modello:

- Rappresentare e analizzare le posizioni di equilibrio economico- finanziario raggiunte in


azienda;
- Rappresentare i valori che scaturiscono dalla gestione aziendale vista come un susseguirsi di
atti di scambio con terze economie;
- Permette di semplificare la complessità delle operazioni di gestione;
- Garantire l’oggettività del linguaggio, garantire cioè l0omogeneità nell’interpretazione dei
fatti aziendali.

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Regole del linguaggio contabile


REGOLA 1
Per qualsiasi tipo di azienda e per qualsiasi dinamica di questa, le attività aziendali si schematizzano
in de circuiti fondamentali:

- Circuito della produzione, esso parte dal sostenimento dei costi, misurati dal valore di
acquisizione dei fattori produttivi necessari per lo svolgimento della gestione e si conclude
con la riconversione dei fattori impiegati in entrate, tramite i ricavi monetari ottenuti dal
collocamento dei prodotti finiti sul mercato di sbocco.
- Circuito dei finanziamenti, legato alle operazioni che possono essere realizzare con apporti
di mezzi propri del soggetto giuridico proprietario (finanziamenti con capitale proprio) o di
terzi finanziatori (finanziamenti con capitale di terzi) o ancora, si riferisce a finanziamenti
effettuati dall’azienda nei confronti di terzi (finanziamenti a terzi).

Ciò che contraddistingue i due circuiti è l’oggetto della transazione, nel caso del circuito della
produzione l’oggetto di scambio sono beni o servizi che caratterizzano l’attività aziendale. Nel caso,
invece, del circuito dei finanziamenti l’oggetto di scambio sono risorse finanziarie (denaro).

REGOLA 2
In entrambi i circuiti si distinguono due differenti aspetti:

- Aspetto numerario, legato alle variazioni di denaro (certe) o di variazioni ad esso


assimilabili, che misurano l’aspetto economico. Viene definito anche aspetto originario,
definito così perché è l’aspetto oggettivamente visibile. L’oggettiva misurabilità si ha
attraverso lo studio delle variazioni di denaro/ movimentazioni finanziarie.
- Aspetto economico, in quanto è connesso alla formazione di ricchezza aziendale. Si riferisce
alla causa della movimentazione finanziaria.
Definito inoltre derivato da quello numerario/originario. Un costo o un ricavo non sono,
infatti, qualificabili se non per mezzo dell’entrata o dell’uscita di denaro.

CIRCUITO DELLA PRODUZIONE


Dopo aver enunciato queste regole è possibile interpretare ciò che accade nel circuito della
produzione. Esso consta di tre fasi:

1) Acquisizione dei fattori produttivi;


2) Trasformazione degli input in output;
3) Cessione dell’output sul mercato di sbocco.

Concentrandoci sul circuito della produzione cerchiamo di capire l’aspetto originario e l’aspetto
derivato:

ASPETTO ORIGINARIO Acquisto materie prime per Cessione del prodotto per
(Ho una variazione finanziaria?) 100€ in contanti 180€ in contanti
- (- denaro) - (+ denaro)
- VFNaspetto - VFPaspetto
monetario monetario

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oggettivamente oggettivamente
rilevabile rilevabile
ASPETTO DERIVATO Acquisto materie prime Cessione del prodotto
(Perché osservo una variazione - (+ costo) - (+ ricavo)
finanziaria?) - (- ricchezza - (+ ricchezza
aziendale) aziendale)

Possiamo dire che tutti i fatti di gestione sono riconducibili a questo tipo di variazioni.
Consideriamo adesso il caso di un pagamento dilazionato:

ASPETTO ORIGINARIO Acquisto materie prime per Cessione del prodotto per
120€ pagamento a 30 giorni 180€ incasso a 60 giorni
- (+ debito di - (+ credito di
funzionamento) funzionamento)

ASPETTO DERIVATO Acquisto materie prime Cessione del prodotto


- (+ costo) - (+ ricavo)
- (- ricchezza - (+ ricchezza
aziendale) aziendale)

Crediti e debiti di funzionamento


I crediti e i debiti di funzionamento sorgono nel momento in cui avviene lo scambio, sono variazioni
finanziarie, positive o negative legate a future uscite o entrate di denaro. Possono infatti essere
considerati dei valori momentaneamente sostituti di entrate e uscite e costituiscono valori assimilabili
al denaro. Rappresentano inoltre delle dilazioni nel regolamento monetario di qualsiasi tipo di
operazione. Le entrate e le uscite di denaro, le variazioni monetarie, si manifestano alle scadenze
definite con l’incasso dei crediti ed il pagamento dei debiti.
Possiamo dire che il circuito della produzione evidenzia due differenti dinamiche:

- Dinamica monetaria, aumento o diminuzione di denaro, debiti di funzionamento e crediti di


funzionamento;
- Dinamica economica, aumento o diminuzione di costi o di ricavi.

CIRCUITO DEI FINANZIAMENTI


La differenza sostanziale esistente tra i due circuiti è l’oggetto di scambio, nel caso del circuito dei
finanziamenti (qualsiasi tipo) l’oggetto di transazione è il denaro.
Esistono quattro differenti tipologie:

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1) CIRCUITO DEI FINZANZIAMENTE ATTINTI A TITOLO DI CAPITALE


PROPRIO
Il circuito dei finanziamenti attinti serve a dotare l’impresa dei mezzi monetari indispensabili per
l’avvio e lo svolgimento della sua attività produttiva. Nel caso di finanziamenti attinti a titolo di
capitale proprio sono gli stessi proprietari dell’impresa che lo “cedono” sotto forma di capitale di
rischio. Le risorse monetarie proprietà di uno solo o di più soci vengono sottratte alla disponibilità
personale dei promotori dell’impresa e vincolate all’andamento dell’attività aziendale. Il capitale
si ritiene vincolato in modo permanente all’impresa, esso non viene restituito ai proprietari fino a
quando non diventa esuberante per le esigenze della gestione o fino a quando non si voglia cessare
l’attività aziendale. I mezzi monetari raccolti con il vincolo del capitale di proprietà sono
caratterizzati da:

- Tempi di recupero lunghi


- Remunerazione variabile, eventuale e periodica in base all’andamento dell’attività aziendale,
non si riceverà remunerazione nel caso di risultato economico negativo. Per questo motivo
esso viene anche definito capitale di rischio.

All’atto della cessazione dell’azienda, ai proprietari non vengono restituite esattamente le somme
conferite, esse possono essere incrementate o decrementate.

ASPETTO ORIGINARIO Conferimento di denaro a Rimborso del capitale proprio


titolo di capitale proprio - denaro
+ denaro
ASPETTO DERIVATO + ricchezza - ricchezza
(+ capitale) (- capitale)
N.B. non si parla di ricavo
perché non è legato alla
gestione

2) CIRCUITO DEI FINANZIAMENTI ATTINTI A TITOLO DI CAPITALE DI TERZI


Il circuito dei finanziamenti attinti serve a dotare l’impresa dei mezzi monetari indispensabili per
l’avvio e lo svolgimento della sua attività produttiva. Nel caso di mezzi monetari concessi da terzi
finanziatori, è doveroso sottolineare che essi prevedono una data di rimborso predeterminata ed
una remunerazione fissata dalle condizioni contrattuali. Tale remunerazione, rappresenta il costo
del finanziamento attinto, deve essere comunque riconosciuta al finanziatore anche in presenza di
risultati di gestione negativi. I mezzi monetari restituiti al finanziatore saranno maggiori per
l’aggiunta degli interessi.

Nell’ambito del circuito dei finanziamenti da terzi si collocano i debiti ed i crediti di


finanziamento.
N.B. l’atto della concessione presenta solo l’aspetto finanziario, l’atto della restituzione presenta
sia l’aspetto finanziario (estinzione del debito) che l’aspetto economico (interessi, costi del
finanziamento)

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CONCESSIONE DEL PRESTITO

ASPETTO ORIGINARIO Conferimento di denaro a


(Finanziario) titolo di capitale di terzi
+ denaro
ASPETTO DERIVATO + debito di finanziamento
(Finanziario) (Non vi è un aumento della
ricchezza aziendale)

RESTITUZIONE DEL PRESTITO

ASPETTO ORIGINARIO Restituzione del denaro preso


(Finanziario) a prestito
- denaro
ASPETTO DERIVATO - Debito di finanziamento
(Finanziario ed economico) + costo (interessi) (- ricchezza
aziendale)

Anche in questo circuito andiamo ad evidenziare due differenti dinamiche:

- Dinamica finanziaria
 Inizio del circuito, + denaro, + debito;
 Fine circuito, - denaro, - debito;
- Dinamica economica, esistenza di costi legati alla remunerazione, sono detti oneri finanziari
e si presentano solo alla restituzione.

3) CIRCUITO DEI FINANZIAMENTI CONCESSI A TERZI


Può succedere che in un dato istante l’azienda si trovi a disporre di mezzi monetari eccedenti e
decida di prestare del denaro ad altri al fine di ottenerne una remunerazione.

N.B. l’atto della concessione presenta solo l’aspetto finanziario, l’atto della restituzione presenta
sia l’aspetto finanziario (estinzione del credito) che l’aspetto economico (interessi, ricavi dal
finanziamento).

CONCESSIONE DEL PRESTITO

ASPETTO ORIGINARIO Conferimento di denaro a


(Finanziario) terzi
- denaro
ASPETTO DERIVATO + credito di finanziamento
(Finanziario)

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RESTITUZIONE DEL PRESTITO

ASPETTO ORIGINARIO Restituzione del denaro


(Finanziario) concesso a prestito
+ denaro
ASPETTO DERIVATO - credito di finanziamento
(Finanziario ed economico) + ricavi (interessi) (+
ricchezza aziendale)

4) CIRCUITO DEGLI INVESTIMENTI


Tra questi, il più comune è il circuito degli investimenti accessori. Può accadere che l’azienda in
eccesso di liquidità decida di investire in investimenti non connessi al circuito dei finanziamenti
caratteristici. Per questo definiti accessori.

Concludendo possiamo vedere l’aspetto economico e l’aspetto finanziario legato alla gestione:

- ASPETTO FINANZIARIO, variazioni di denaro, crediti e debiti (sia di funzionamento che di


finanziamento)
- ASPETTO ECONOMICO, variazioni di ricchezza aziendali, variazione, quindi, di costi e di
ricavi. L’aspetto economico si trova prevalentemente nel circuito della produzione ma si può
trovare anche nel circuito dei finanziamenti/ investimenti.
Legate all’aspetto FINANZIARIO si hanno le cosiddette variazioni finanziarie:

 NEGATIVE
Meno denaro
Meno crediti di finanziamento e di funzionamento
Più debiti di finanziamento e di funzionamento
 POSITIVE
Più denaro
Più crediti di finanziamento e di funzionamento
Meno debiti di finanziamento e di funzionamento
Legate all’aspetto ECONOMICO si hanno le cosiddette variazioni economiche:

 NEGATIVE
Più costi
Meno capitale
Meno ricavi
 POSITIVE
Meno costi
Più capitale
Più ricavi

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ESEMPIO:

 1.03.15 si procede all’acquisto di materie prime per € 100 pagamento in contanti

ASPETTO ORIGINARIO Acquisto materie prime per


100€
- denaro, VFN, 100
ASPETTO DERIVATO + costo, VEN, 100
(- ricchezza aziendale)

CAPITOLO 3
Reddito di esercizio
I soggetti esterni sono un’altra categoria di soggetti interessati al risultato dell’attività aziendale.
L’indicatore di sintesi più utilizzato è il risultato economico definito come l’incremento della
ricchezza che si è avuto nel corso del periodo oggetto di osservazione per effetto delle operazioni di
gestione. Esso può essere positivo, si parla in questo caso di utile di esercizio (eccedenza di ricavi)
o negativo, si parla in questo caso di perdita di esercizio (eccedenza di costi). Si perviene al risultato
andando a sommare algebricamente i valori attribuiti ai fattori produttivi utilizzati con quelli attribuiti
ai proventi conseguiti. I componenti elementari del risultato di periodo sono costi e ricavi che si
originano a seguito di:

- Operazioni aziendali;
- Investimenti;
- Disinvestimenti.
In qualsiasi periodo quindi il risultato economico sarà dato da somma algebrica tra componenti
positivi e componenti negativi. In prima approssimazione, i ricavi da considerare saranno quelli
conseguiti nel periodo mentre i costi faranno riferimento all’utilizzazione di quei fattori che sono stati
impiegati nei vari processi per il conseguimento dei prodotti e dei servizi ai quali si riferiscono i
ricavi.
Questa configurazione di risultato globale può essere determinata facendo ricorso a tre distinti metodi:

1) Metodo finanziario, confronto tra SOMMATORIA DELLE ENTRATE E DELLE USCITE


CHE SI SONO AVUTE DURANTE L’ARCO DELLA VITA AZIENDALE;
2) Metodo patrimoniale, confronto tra IL VALORE CONFERITO DAGLI APPORTATORI
DIRISORSE AL MOMENTO DELL’AVVIO DELL’ATTIVITA AZIENDALE,
INCREMENTATO DI TUTTI QUEI CONFERIMENTI SUCCESSIVI E IL VALORE DEI
RIMBORSI EFFETTUATI AI MEDESIMI SOGGETTI, COMPRESO QUELLO FINALE;
3) Metodo reddituale, CONFRONTO TRA TUTTI I RICAVI E TUTTI I COSTI AVUTISI
DURANTE TUTTO IL PERIODO DI VITA DELL’AZIENDA.

Il risultato che si ottiene al termine della vita aziendale è tuttavia scarsamente significativo per fornire
indicazioni rilevanti per la presa di decisioni. Per poter verificare costantemente la validità delle scelte
operate e le posizioni di economicità occorrono strumenti che permettano di verificare l’andamento
con cadenza ravvicinata nel tempo. Si deve quindi operare un frazionamento della vita aziendale

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in tanti sotto periodi. Il problema è comprendere il modo in cui questo frazionamento deve avvenire.
Una cosa certa è che non può avvenire in modo costante per tutti i tipi di azienda. La scelta del periodo
risulta quindi essere convenzionale. Sulla base del dettato legislativo ci si riferisce al periodo annuale.
Tuttavia anche questa definizione risulta essere incompleta. La scelta dell’anno solare (1.01/31.12)
può non essere valida per tutti i tipi di azienda. Al fine di rendere meno incerto il processo di
determinazione, la scelta del periodo al quale riferire la determinazione del risultato dovrebbe ricadere
sul momento nel quale le operazioni in corso sono di entità minima. La correttezza nella
determinazione del risultato dipende anche dall’entità dei valori che si riferiscono alla gestione
incompiuta. A tale proposito ricordiamo che il risultato di periodo si determina dalla differenza tra
tutti i ricavi e tutti i costi che si riferiscono al periodo considerato. Nel singolo periodo l’entità delle
entrate e delle uscite non coincideranno con quella dei costi e dei ricavi riferibili all’esercizio. In
azienda sono infatti presenti dei fattori fecondità ripetuta che conferiscono la loro utilità per più cicli
produttivi e il costo relativo al loro utilizzo deve essere ripartito su tutti i cicli ai quali partecipano. Si
pone quindi il problema di determinare la quota di partecipazione alla formazione del risultato di ogni
singolo periodo. Per ovviare a questo problema si tratterà di separare:

- Costo di acquisizione, il valore per il quale il fattore produttivo è stato inserito nella
combinazione aziendale;
- Valore di utilizzazione, valore che in quel periodo può essere attribuito all’utilità ceduta da
quel fattore.
- Valore residuo, differenza tra costo di acquisizione e valore di utilizzazione, rappresenta al
termine del periodo amministrativo in oggetto il valore delle operazioni in corso di
svolgimento che troveranno compimento in periodi successivi.

Si deve determinare l’entità della quota di ammortamento cioè, del valore che può essere fatto
partecipare, come componente negativo, alla formazione del risultato di periodo.

Ai fini della determinazione del risultato di periodo non è importante il costo di acquisizione quanto
piuttosto quello di utilizzazione. Al termine del periodo in esame occorrerà stimare la quota di fattori
che non sono stati utilizzati nella produzione economica e rinviare il costo di questi.

Il valore delle utilità residue dei fattori acquisiti e dei valori finanziari presenti in azienda al termine
del periodo amministrativo rappresenta il valore della gestione incompiuta cioè, l’insieme di
elementi che verranno trasferiti ai periodi successivi e che fanno parte del capitale di funzionamento.
Dividere costi e ricavi di competenza fa emergere il principio in base al quale è possibile determinare
quali siano i costi ed i ricavi di competenza.

PRINCIPIO DI COMPETENZA
Sono considerati di competenza di un determinato periodo i ricavi per i quali si è avuta la
manifestazione finanziaria e che si riferiscono a servizi completati o a prodotti venduti nell’esercizio.
I costi vengono considerati di competenza se si riferiscono a fattori che sono stati utilizzati per il
conseguimento di quei ricavi.

PRINCIPIO DELLA PRUDENZA


Non si devono considerare ai fini della determinazione del risultato di periodo i ricavi se non sono
effettivamente conseguiti, mentre devono essere inclusi i costi anche se soltanto temuti.

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Capitale netto di funzionamento


Al termine di qualsiasi esercizi possono essere rimasti fattori da utilizzare, cicli produttivi da
completare o prodotti da vendere. Possono inoltre essere presenti crediti ancora da incassare o debiti
ancora da pagare. È quindi importante andare a determinare un’altra grandezza, il capitale di
funzionamento definito come complesso di beni o di servizi a disposizione, di diritto o di fatto, del
soggetto economico in un determinato momento.

Non sono i singoli beni e servizi a rappresentare la struttura aziendale quanto una combinazione in
termini qualitativi ed in termini quantitativi di essi. Occorre conoscere il modo mediante il quale
vengono configurati e combinati questi mezzi.

1) QUALITATIVO
Da un punto di vista qualitativo l’analisi del capitale aziendale ha lo scopo di consentire
giudizi sull’andamento gestionale. L’analisi qualitativa consiste quindi nello studio della
sua struttura in relazione alle modalità di funzionamento dell’azienda.
Se analizziamo il valore attribuito alle attività (beni a disposizione dell’azienda) si nota
che sono rappresentate mediante due grandi classi di valori:
a) Valori finanziari, mezzi liquidi, crediti di finanziamento e di funzionamento;
b) Valori economici, costi pluriennali, costi sospesi, valori che si riferiscono alla
gestione incompiuta alla data alla quale si riferisce la rappresentazione del capitale di
funzionamento.
Per quanto riguarda le passività:

a) Valori finanziari, debiti di finanziamento e di funzionamento e passività presunte;


b) Valori economici, ricavi anticipati.

La DIFFERENZA TRA ATTIVITA’ E PASSIVITA’ ESPRIME IL VALORE DEL


CAPITALE NETTO.

2) QUANTITATIVO
Dal punto di vista quantitativo il capitale viene considerato come un fondo astratto di
valori che in un dato momento indicano l’effettiva dotazione dei detentori dei mezzi
propri, dedotte le passività.
FONDO DI VALORI: si determina come differenza tra il valore di tutte le attività e quello
delle passività, omogeneizzate mediante il metro monetario.
ASTRATTO: non si identifica con singoli elementi dell’attivo e del passivo ma si ottiene
con una somma algebrica tra questi, quindi è un valore astratto derivato dal processo di
contrapposizione (attività- passività).

Quindi possiamo considerarlo come costituito da una somma algebrica, nella quale i componenti
positivi sono i valori attribuiti alle attività e quelli negativi i valori attribuiti alle passività. Il
risultato rappresenta l’entità dei mezzi a disposizione dell’azienda. Il capitale netto è un valore
incerto perché incerti sono i valori attributi ai singoli elementi dell’attivo e del passivo.
Il processo di determinazione del capitale netto si basa su giudizi soggettivi suscettibili di errore. Alla
fine di ogni periodo il capitale risulta accresciuto o diminuito per effetto del risultato economico e se
è incerta la determinazione del risultato di periodo sarà incerto il valore del capitale netto.

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Possiamo quindi dire che capitale di funzionamento e capitale netto rappresentano le modalità
mediante le quali può essere rappresentato il capitale aziendale avendo riguardo all’azienda in
funzionamento.

Quando si valuta la partecipazione alla formazione del risultato economico degli elementi che
compongono il capitale di funzionamento dell’azienda non si valutano i valori di mercato dei singoli
beni, quanto il contributo che i vari elementi, combinati con gli altri fattori conferiscono all’intera
gestione aziendale. Infatti, il valore delle singole attività non rappresenta il valore di mercato non
rappresenta la somma monetaria che si otterrebbe nel caso di scambio di beni sul mercato.
Egualmente, se consideriamo la somma algebrica di attività e passività che sono valutate secondo i
principi e i criteri di funzionamento il valore del capitale netto rappresenterà il valore di ricchezza
conferita secondo i criteri di funzionamento. Motivo per il quale, il capitale si chiama capitale netto
di funzionamento.
Il capitale netto inoltre non rappresenta il riferimento per la determinazione del valore di scambio
dell’unità aziendale. Il valore dell’azienda è infatti associato al capitale economico determinato in
funzione della redditività futura e dei rischi.

Il prospetto mediante il quale si rappresenta la struttura e la situazione del capitale è lo stato


patrimoniale, il quale esprime gli stock che compongono la struttura di un determinato istante,
a differenza del conto economico, il quale esprime il flusso di valori reddituali che si sono avuti
nel periodo di tempo considerato.

Dinamica monetaria ed economica


La determinazione del risultato facendo riferimento ad un determinato periodo di tempo fa si che
dinamica monetaria e dinamica reddituale seguano percorsi separati. Infatti, come abbiamo già
detto, possono esserci acquisizioni e dismissioni che non coincidono con la competenza economica
di costi e ricavi. Tuttavia, la connessione tra gli andamenti economici e gli andamenti finanziari è
molto forte e la dinamica monetaria rappresenta una componente molto importante nella gestione
aziendale.

ESEMPIO: Situazioni in cui pur trovandosi in presenza di andamenti economici favorevoli, gli
andamenti finanziari sono negativi e per l’azienda risulta difficile reperire le risorse per fronteggiare
il fabbisogno di finanziamento. Il problema in questi casi è che si corre il rischio di generare
comportamenti che mettono a repentaglio l’economicità.

È necessario quindi, così come avviene per la formazione di costi e ricavi, analizzare se nell’ambito
del periodo a riferimento la gestione aziendale ha generato o ha dissipato risorse liquide. In questo
modo si può ottenere una più razionale gestione finanziaria. Si tratta di utilizzare degli strumenti come
il rendiconto finanziario che consentano di confrontare entrate ed uscite di denaro con riferimento
al periodo preso in esame.

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LEZIONE 3 (Capitolo 4)
La partita doppia
Se si vogliono osservare in modo sistematico tutte le operazioni che sono legate all’andamento della
la ricchezza aziendale si deve disporre di una tecnica che sia in grado di raccogliere, classificare,
isolare ed elaborare tutte le operazioni e tutti i fenomeni e che consenta successivamente di
rappresentare le operazioni sulla base di criteri idonei ed in modo omogeneo. Occorre quindi un
metodo, un insieme di regole grazie alle quali è possibile raccogliere e analizzare tutte le operazioni
aziendali. Il metodo che viene utilizzato è la PARTITA DOPPIA, si guarda un duplice aspetto,
l’aspetto originario e l’aspetto derivato.

La contabilità generale si concentra sul risultato di periodo, sul capitale di funzionamento e sulle
posizioni di redito e di debito che si originano dalle operazioni. Il metodo della partita doppia viene
utilizzato in contabilità generale (può essere anche utilizzato nell’ambito della contabilità analitica)
per rappresentare le informazioni sopracitate ai terzi. È necessario distinguere il sistema di scritture
dal metodo:

- Il sistema, fa riferimento all’oggetto complesso attorno al quale si articola tutto il complesso


delle scritture ed in funzione del quale queste sono tenute;
- Il metodo, rappresenta l’insieme di regole necessarie affinché le scritture siano
correttamente tenute e possano soddisfare allo scopo al quale sono preposte.
La partita doppia è l’insieme di regole che rappresentano in modo ordinato le variazioni osservate.
La partita doppia è un metodo contabile che si avvale del conto come strumento di rilevazione.

Il conto
Il conto è lo strumento fondamentale per le rilevazioni in partita doppia, rappresenta in modo ordinato
le variazioni osservate nel corso della gestione ed è considerato come una serie di scritture relative
a un determinato oggetto le quali hanno lo scopo di seguire il suo ammontare e le sue variazioni.
Quando si fa riferimento ad un conto ci si riferisce a tutte le scritture che si riferiscono ad un dato
oggetto e che seguono il suo andamento mediante il linguaggio quantitativo. Le quantità di cui si
parla sono i valori. Il conto quindi andrà ad accogliere tutte le variazioni in termini di valore, sia
positive che negative, di questo oggetto nel tempo.

Variazioni economiche e variazioni finanziarie legate al medesimo oggetto sono però siti in conti
differenti, infatti:

- VARIAZIONE ECONOMICA, il nome del conto viene scelto in base al motivo che ha portato
alla variazione di ricchezza aziendale;
- VARIAZIONE FINANZIARIA, il nome del contro rappresenta la risorsa finanziaria
movimentata (la modalità di pagamento).
La forma del conto può essere varia, quella più utilizzata è a sezioni divise secondo la quale il conto
si presenta come un prospetto formato da due sezioni, una posta a sinistra e una a destra. Di queste
due sezioni, una sarà destinata ad accogliere variazioni positive, l’altra variazioni negative. La somma

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algebrica tra i totali delle due sezioni darà il saldo del conto, la consistenza dell’oggetto che si
propone di seguire in un dato momento.

Per convenzione la sezione di sinistra di chiama dare quella di destra si chiama avere. All’inizio
questa distinzione aveva un significato, infatti esse prima rappresentavano solo variazioni finanziarie,
quando hanno cominciato a rappresentare anche variazioni economiche i soni sono diventati
convenzionali.

Quindi un conto è definito come uno strumento che classifica le operazioni in modo omogeneo e le
riferisce a oggetti dei quali si propone di seguire la grandezza variabile e misurabile. Oltre al conto a
sezioni contrapposte (tradizionale) esiste anche la forma a scalare in cui le variazioni positive e
negative sono poste una sotto l’altra.
Il metodo della partita doppia utilizza la forma a sezioni contrapposte:

Terminologia
1) Istituire un conto fissare l’oggetto del conto, sceglierne il nome. La scelta del nome del
conto è strettamente legata ad una scelta del contabile;
2) Aprire o accendere un conto se in esso sono state effettuate le prime registrazioni/
rilevazioni di variazioni
3) Chiudere un conto determinare il saldo del conto ed inserirlo nella sezione con totalità
minore;
4) Addebitare un conto iscrivere una variazione di conto in dare;
5) Accreditare un conto iscrivere una variazione di conto in avere;
6) Stornare eliminare da un conto una quantità e trasferirla in un altro conto;
7) Riepilogare/ sintetizzare trasferimento del contenuto di più conti (saldo) in uno di sintesi
o di riepilogo.
N.B. A fine esercizio per convogliare tutti i conti nei prospetti di bilancio.

Classificazione dei conti


Abbiamo diverse tipologie di conti:

1) Il relazione all’estensione dell’oggetto al quale si riferiscono e alla possibilità di essere scissi


riepilogati in altri conti, si distinguono in SINTETICI (specificità dell’oggetto) e
ANALITICI (specificità dell’oggetto).
2) In relazione alla possibilità di accogliere scritture in una sola o in entrambe le sezioni, si
distinguono in UNILATERALI (o unifase) e BILATERALI (o bifase).

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3) In relazione al tipo di quantità che accolgono, si distinguono in conti A QUANTITA’


(quantità fisiche) e conti A VALORE (quantità monetarie).

Il metodo della partita doppia


Andiamo adesso a vedere come avvengono le rilevazioni in partita doppia. Il metodo della partita
doppia non è altro che un insieme di regole:
REGOLA 1

Funzionamento antitetico delle sezioni dei conti


I conti sono raccolti all’interno del libro mastro e ogni conto contiene due sezioni, dare e avere. I
conti accolgono nelle opposte sezioni variazioni di segno opposto relative al medesimo oggetto. Di
queste due sezioni, una sarà destinata ad accogliere variazioni positive, l’altra variazioni negative.
REGOLA 2
Duplicità dell’aspetto di osservazione

Ogni fatto di gestione deve essere osservabile contemporaneamente sotto due aspetti. L’aspetto
originario rappresenta l’aspetto immediatamente percepibile e misura ciò che avviene nell’aspetto
derivato, misurato per effetto della variazione originaria.
REGOLA 3
Funzionamento antitetico delle classi di conti

I contri appartenenti a due classi diverse funzionano in modo antitetico. Se nella classe dei conti
originari variazioni positive sono iscritte in dare, variazioni positive vengono iscritte in avere dei
conti derivati e viceversa.
Da queste regole discendono delle conseguenze:

Teorema fondamentale della partita doppia


“Per ogni operazione effettuata, il totale degli addebitamenti (dare) coincide con il totale degli
accreditamenti (avere)”
Questo teorema ci permette di evitare gli errori formali ma non quelli sostanziali.

N.B. Adesso comunque il teorema risulta essere obsoleto in quanto sono stati introdotti numerosi
software di contabilità.
Il teorema presenta dei corollari:
COROLLARIO 1
La somma dei valori in dare in tutti i conti e quella dei valori avere in tutti i conti coincidono
COROLLARIO 2
La somma dei saldi dei valori in dare in tutti i conti e quella dei valori avere in tutti i conti coincidono

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COROLLARIO 3

Presi tutti i conti e divisi in sottoinsiemi, la somma dei saldi del primo sottoinsieme è uguale ed
opposta alla somma dei saldi del secondo sottoinsieme.
N.B. se vale anche solo uno dei seguenti corollari, valgono tutti.

Il metodo della partita doppia applicato al sistema del capitale e del risultato
economico
Il metodo della partita doppia può essere utilizzato per l’analisi dei fatti di gestione in modo da
rilevare le operazioni componendole a sistema. Come abbiamo precedentemente visto, avremo:

- Valori finanziari, denaro e valori assimilati crediti e debiti di funzionamento e di


finanziamento. Aspetto originario
- Valori economici, di reddito (costi, ricavi, rettifiche di costi e di ricavi), di capitale
(decremento o incremento di capitale netto). Aspetto derivato

Introducendo i conti si possono accendere conti relativi a oggetti la cui natura è riconducibile a una
delle classi suddette. In questo modo si possono raggruppare le operazioni relative allo stesso oggetto
in un conto, i cui andamenti vengono osservati mediante le registrazioni di esercizio. Al termine
dell’esercizio ogni conto, in base alla sua natura, sarà soggetto ad un trattamento differente.

Per la regola 3, abbiamo visto il funzionamento antitetico delle classi di conti, di conseguenza se si
ha una variazione positiva in un conto originario, avrò una variazione negativa in un conto derivato.
Per convenzione:
Variazione finanziaria positiva: DARE
Variazione finanziaria negativa: AVERE
Variazione economica positiva: AVERE
Variazione economica negativa: DARE

Processo di rilevazione contabile


Quel processo che porta alla formazione della documentazione che verrà poi presentata ai terzi. Essa
consta di 4 fasi:
FASE 1: selezione e raccolta dei documenti

FASE 2: prima nota: preliminare annotazione delle operazioni di gestione per tipo e carattere. È
l’analisi dei fatti di gestione ed è il momento in cui dividiamo aspetto originario e derivato.
FASE 3: movimentazione dei conti: trovare i conti in cui vanno inserite le variazioni
FASE 4: libro giornale: annotazione delle operazioni di gestione ordinate cronologicamente.

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LEZIONE 4 (Capitolo 4)
Quando si fa riferimento all’archiviazione o alla tenuta di scritture, si fa riferimento ai libri contabili.
Il legislatore impone la tenuta di scritture fondamentalmente sulla base di due tipi di disposizioni:

- Disposizioni civilistiche: l’azienda è tenuta a comunicare periodicamente la posizione


economica, finanziaria e patrimoniale mediante il bilancio di esercizio sulla base di corrette
scritture contabili.
- Disposizioni fiscali: in Italia il risultato di periodo determinato nel bilancio di esercizio
costituisce la base di partenza per la determinazione dell’imponibile fiscale.
I libri contabili si utilizzano con lo scopo di:

- Determinare il risultato di periodo ed il capitale di funzionamento e provvedere alla redazione


del bilancio economicamente corretto;
- Assolvere agli obblighi tributari e consentire l’accertamento da parte degli uffici competenti
sulla regolarità delle operazioni effettuate;
- Regolare i rapporti coni terzi anche in riferimento all’accertamento delle reciproche
condizioni di credito e di debito.
I libri contabili fondamentali per le scritture di contabilità generale sono:

LIBRO GIORNALE
Vengono rilevate giornalmente le operazioni aziendali secondo il metodo della partita doppia e
vengono descritte analiticamente le suddette operazioni

LIBRO MASTRO
È il libro che raccoglie tutti i conti.

LIBRO INVENTARI
Libro redatto da tutte le aziende alla fine del periodo amministrativo per fare un elenco delle attività
e delle passività disponibili in azienda. Il libro inventario è la base di partenza per arrivare al capitale
netto di funzionamento (al netto delle passività)

Il piano dei conti


Il piano dei conti è l’insieme dei conti utilizzati, delle regole concernenti il funzionamento dei conti
ed il loro collegamento sistematico. Questo deve essere articolato in un numero ampio di coti che
permettano all’azienda di disporre di informazioni rilevanti sia per i soggetti interno ce per i soggetti
esterni. L’architettura del piano dei conti varia in funzione del tipo di azienda, della sua forma
giuridica e delle esigenze informative interne ed esterne.
La suddivisione è la seguente:

- Raggruppamento di base, livello più elevato di aggregazione;


- Conti di mastro, in questi conti viene articolato ciascun raggruppamento di base;
- Conti, definiscono in modo dettagliato la natura dell’oggetto della rilevazione;
- Sottoconto, specifica in modo ancora più dettagliato e puntuale la natura dei singoli conti.

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LEZIONE 4 (Capitolo 5)
L’acquisizione dei fattori produttivi è l’operazione principale da cui trae origine il circuito della
produzione. Dalla successiva combinazione dei fattori, scaturiranno beni e servizi che collocati sui
mercati di sbocco consentiranno il recupero delle risorse finanziarie impiegate nella fase di acquisto.

Acquisti e vendite
La normativa relativamente a queste operazioni prevede la divisione in due momenti:

- Liquidazione, momento in cui viene ricevuta la fattura di acquisto o di vendita. La fattura è


un documento in cui sono indicate le caratteristiche qualitative e quantitative dell’acquisto o
della vendita effettuata è il documento base per la liquidazione in cui viene indicato
l’ammontare preciso di quanto dovuto al fornitore.
A prescindere dal mezzo di pagamento sorgerà un credito o un debito e si rileva il connesso
costo o ricavo.
- Incasso, momento in cui avviene il pagamento. Questo può avvenire secondo diverse
modalità, ad ognuna di esse corrisponde una variazione finanziaria negativa in un conto che
corrisponde al tipo di mezzo finanziario attivato (Banca C/C- Cassa).
È necessario effettuare rilevazioni separate per liquidazione ed incasso.
Vediamo nel dettaglio:
LIQUIDAZIONE

La liquidazione è la rilevazione che si effettua al ricevimento della fattura, tale operazione comporta
delle variazioni:

(Acquisto)
+ Debito, VFN, A, Debito V/fornitori, x + IVA
+ Costo, VEN, D, Merci C/acquisti, x
+ Credito, VFP, D, IVA a credito, IVA
Abbiamo quindi la movimentazione di due conti di natura finanziaria:

- Debito V/fornitori in avere


- IVA a credito in dare
e di un conto di natura economica

- Merci C/acquisti in dare


PAGAMENTO
Il pagamento si effettua al fine di regolare i crediti ed i debiti. Questo può avvenire:

- Immediato, pronta cassa;


- Anticipato, in anticipo rispetto a quando viene ricevuta la fattura;
- Differito, in data successiva al ricevimento della fattura.

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Abbiamo detto che esso può avvenire con modalità e mezzi differenti, poniamo l’esempio del
pagamento a mezzo banca, tale operazione comporta delle variazioni:
-Credito, VFN, A, Banca C/C, x + IVA
-Debito, VFP, D, Debito V/fornitori, x + IVA
Abbiamo quindi la movimentazione di due conti di natura finanziaria:

- Debito V/fornitori in dare


- Banca C/C in avere

L’imposta sul valore aggiunto


Le operazioni di acquisto e di vendita sono assoggettate ad una speciale imposta indiretta, imposta
sul valore aggiunto (IVA) che si applica a quasi tutte le transazioni commerciali.
L’IVA è stata istituita in Italia con il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 il quale la definisce:

“Imposta sul consumo a pagamento frazionato effettuato dai soggetti che interagiscono nel processo
produttivo distributivo di beni e servizi”

- Imposta: aggravio, meccanismo che usa lo stato per sottrarre parte del reddito delle aziende
che svolgono attività economica;

- Sul consumo: nell’iva occorre distinguere tra il soggetto inciso (colui sul quale effettivamente
grava l’imposta e che ne sostiene l’onere effettivo) ed il soggetto passivo. Il primo è il
consumatore finale, in quanto l’IVA è un’imposta che colpisce i consumi, il secondo è
l’operatore economico cioè colui che opera come intermediario tra lo Stato ed il consumatore.

- Frazionato: il pagamento è effettuato dai soggetti che partecipano al processo produttivo o


distributivo del bene

- Sul valore aggiunto: l’IVA è un’imposta che non va a colpire il numero di passaggi
nell’ambito di una filiera, bensì il valore che si aggiunge dal primo all’ultimo passaggio,
Gli aspetti importanti da considerare ai fini dell’IVA sono:

Presupposti per l’applicazione dell’imposta

1) PRESUPPOSTO TERRITORIALE
L’IVA si applica a tutti gli acquisti e a tutte le vendite poste in essere nel territorio dello Stato.
2) PRESUPPOSTO OGGETTIVO
Deve trattarsi di cessioni di beni o servizi
3) PRESUPPOSTO SOGGETTIVO
Devono essere operazioni poste in essere da un imprenditore commerciale

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Rivalsa e detrazione
Il soggetto che effettua la cessione di beni o servizi imponibile deve addebitare la relativa imposta al
cessionario o al committente. Cioè, oggi impresa che acquista beni o servizi assoggettati a IVA ha il
diritto di riportare a credito nei confronti dello stato il suddetto importo.

Le aliquote
Le aliquote d’imposta si differenzino in funzione delle tipologie di beni o servizi e sono soggette a
variare in funzione degli interventi del legislatore.

La documentazione
Gli imprenditori sono tenuti a documentare analiticamente le operazioni poste in essere per consentire
l’accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria. Le imprese emettono quindi degli appositi
documenti (fatture), li conservano e li rilevano in appositi registri che sono prescritti dalla normativa
IVA.

La liquidazione dell’imposta
Periodicamente le imprese provvedono a liquidare la posizione nei confronti dell’Erario per l’IVA e
a versare l’importo corrispondente se dalla liquidazione emerge un totale a debito.

L’IVA nel caso di acquisti


Nel caso in cui ci troviamo nelle condizioni di dover effettuare un acquisto assoggettato ad IVA,
all’atto della liquidazione movimenteremo, due conti di natura finanziaria ed uno di natura
economica.

I conti di natura finanziaria saranno Debito V/fornitori in avere e IVA a credito (ho un credito nei
confronti dello stato) in dare.
Il conto di natura economica sarà Merci C/acquisti in Dare.

L’IVA nel caso di vendite


Nel caso in cui ci troviamo nelle condizioni di dover effettuare una vendita assoggettata ad IVA,
all’atto della liquidazione movimenteremo, due conti di natura finanziaria ed uno di natura
economica.

I conti di natura finanziaria saranno Credito V/Clienti in dare e IVA a debito (ho un debito nei
confronti dello stato, sono soldi che dovrò versare come imposta) in avere.
Il conto di natura economica sarà Merci C/vendite in Avere.

Casi particolari
Il funzionamento dell’IVA è indipendente dal tipo di bene acquistato o venduto. Tuttavia si possono
avere dei casi di operazioni non imponibili o esenti. Le principali operazioni non imponibili sono
previste negli articoli, 8, 8-bis e 9 del D.P.R. 633/72. Le principali operazioni esenti sono invece
previste nell’articolo 10 del D.P.R. 633/72.

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Nel caso di operazioni non imponibili ai fini IVA oppure di operazioni esenti, l’importo della fattura
è identico a quello dell’imponibile.

Si può avere infine il caso in cui l’IVA non è detraibile, si ha generalmente quando l’operazione
viene considerata astrattamente non inerente ai fini dell’attività d’impresa. In questo caso essa
rappresenta un costo da parte dell’acquirente.

LEZIONE 5 (Capitolo 5)
Non sempre però nei rapporti commerciali le cose filano lisce. Può capitare ad esempio di aver
venduto o di aver acquistato della merce non conforme alle aspettative. Si deve dunque procedere a
delle scritture di rettifica per correggere ciò che era stato precedentemente rilevato. Si riferiscono
infatti a operazioni che si verificano successivamente all’operazione di acquisto o di vendita e si
scrivono in conti economici accesi per queste variazioni. I nuovi conti che accolgono la rettifica dei
costi o dei ricavi, avranno un nome che indica il motivo della correzione.
Esistono differenti motivi per cui si può rendere necessaria una rettifica:

- Premi, avviene una correzione in positivo; generalmente si tratta di premi in denaro


concordati;
- Ribassi- abbuoni- sconti, non avviene a seguito della restituzione della merce, si ha un
ribasso del prezzo non precedentemente pattuito;
- Errori di fatturazione, errori che rientrano in una categoria più banale;
- Resi su acquisti o su vendite, a seguito di acquisto o di vendita di merce non conforme una
parte di questa viene restituita e a ciò segue una restituzione di denaro.

Per una maggiore trasparenza e per avere una traccia dell’avvenuta rettifica, è meglio effettuarla in
conti differenti rispetto a quelli utilizzati già in rilevazione.

Resi su acquisti
I motivi che portano un cliente a restituire la merce possono essere, la non conformità di questa, un
ritardo sui tempi di consegna, un’eccedenza o la merce può essere difettosa o avariata. Tutti questi
motivi fanno sì che si debba rettificare il costo di acquisto precedentemente rilevato e la relativa
IVA poiché parte dell’acquisto non risulta andato a buon fine. Questa operazione trova la sua
manifestazione documentale mediante l’emissione di una “nota di debito” (nel caso di vendite) o di
una “nota di credito” (nel caso di acquisti) in cui sono evidenziati l’importo del reso che costituisce
anche l’importo dell’IVA da rettificare. L’operazione è una rettifica di costo che viene accolta
nell’avere di un conto acceso per l’occasione e che prende il nome di resi su acquisti. La rettifica
dell’IVA viene invece accolta del conto IVA a credito nella sezione opposta a quella
precedentemente utilizzata. È ovvio che l’importo della nota di credito riduce l’importo complessivo
del debito nei confronti del nostro fornitore.

Sconti e abbuoni
Un altro caso di variazione rispetto alla rilevazione originaria si presenta quando vengono riconosciuti
sconti o abbuoni da parte del fornitore. I motivi possono essere molteplici come ad esempio:
campagne speciali, in alternativa al reso, un superamento della quantità, per pagamento in pronta
cassa. Gli abbuoni sono collegati a riduzioni di prezzo concesse dal fornitore in caso di difformità dei

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beni consegnati sia per qualità che per quantità. Gli sconti possono essere condizionati o
incondizionati a seconda che si applichino al verificarsi di determinate condizioni e possono essere o
meno soggetti a emissione di nota di variazione. Tuttavia, gli sconti sul listino devono essere
evidenziati in fattura e rilevati in uno specifico conto. La rettifica, come nel caso dei resi è una rettifica
di costo (economica) che va inserita in un conto specifico che prende il nome di sconti e abbuoni
attivi. La rettifica dell’IVA, che avviene anche in questo caso, viene invece accolta del conto IVA a
credito nella sezione opposta a quella precedentemente utilizzata.

LEZIONE 6 (Capitolo 9)
La vendita conclude il circuito della produzione e permette il recupero dei mezzi finanziari investiti
nella fase di approvvigionamento. È l’operazione che permette il raggiungimento dell’equilibrio
economico (capacità remunerativa dei ricavi nei confronti dei fattori produttivi e dalla possibilità di
una congrua remunerazione del rischio d’impresa). Le vendite sono infatti la fonte primaria di entrate
monetarie.

Come nel caso dell’acquisto distinguiamo due momenti: la liquidazione della fattura e l’incasso del
credito.

LIQUIDAZIONE FATTURA
Si movimentano tre conti: due di natura finanziaria, “credito V/clienti” in dare e “IVA a debito” in
avere; e uno di natura economica, “merci C/vendite”, in avere.

INCASSO DEL CREDITO


Si movimentano due conti di natura finanziaria: il primo in dare, legato al mezzo di pagamento che
viene utilizzato (banca, cassa, cambiali, ricevute bancarie); il secondo in avere in chiusura del conto
“Credito V/clienti” aperto in fase di liquidazione.
Analizziamo dei casi particolari: anticipi da clienti e problemi nella riscossione dei crediti.

ANTICIPI DA CLIENTI
Sono anticipi pagati ai clienti per future cessioni di beni e servizi. Se lo scambio è soggetto a IVA lo
sarà anche l’anticipo. Dal punto di vista contabile abbiamo diversi momenti:

1) Invio della somma a titolo di anticipo:


Comporta la movimentazione di due conti di natura finanziaria: uno in dare che riguarda il
mezzo di pagamento con cui stiamo ricevendo l’anticipo, uno in avere a seguito del sorgere
di un debito nei confronti dei nostri clienti, legato alle merci ancora da trasferire.
2) Emissione della fattura dell’anticipo:
Comporta la movimentazione tre conti di natura finanziaria: uno in dare che chiude il debito
verso fornitori nato precedentemente, da cui derivano: il sorgere di un debito in conto “merci
C/anticipi”, ed il conto “IVA a debito”.
3) Ricezione della fattura di vendita e cessione della merce
In questo caso si deve tenere conto di ciò che si è rilevato precedentemente. Le fatture di
vendita sono caratterizzate dalla presenza dell’IVA, l’erario non va ad incassare l’IVA
sull’anticipo, ma riceve solo l’IVA senza quella dell’anticipo, si parla di IVA residua.

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LEZIONE 7 (Capitolo 7)
Completiamo il circuito della produzione parlando del lavoro, esso costituisce un fondamentale
fattore produttivo nell’economia delle aziende. Il lavoro può essere una collaborazione cioè,
un’acquisizione di un servizio dall’esterno o una risorsa rappresentata dal capitale umano interno
all’azienda. Noi ci occupiamo di contabilizzare la risorsa umana. Esiste a tale proposito una
normativa:

- Tutela dei lavoratori, obbliga ad una paga più alta per quelli che sono i lavori in cui c’è un
maggior rischio di infortunio
- Versamento delle imposte, i lavoratori dipendenti sono tenuti al versamento di un’imposta
commisurata al reddito percepito.

La retribuzione
Il compenso dovuto al fattore lavoro è la retribuzione che consiste in una somma di denaro. La
retribuzione prende il nome di salario per il lavoro manuale di stipendio per il lavoro intellettuale.
Essa si compone di una paga base che è definita in base al contratto di lavoro e alla qualifica del
dipendente e di attribuzioni accessorie. Possono fare parte della retribuzione anche gli assegni
familiari importi di natura assistenziale, sono sovvenzioni date dall’INPS per quei lavoratori
dipendenti il cui reddito familiare in relazione al numero dei componenti della famiglia non supera
una certa soglia.
Esistono diverse forme di retribuzione:

- A premio, in cui una parte della retribuzione è commisurata al rendimento;


- A cottimo, proporzionale alla produzione ottenuta;
- Salario o stipendio fisso o periodico, è la forma più diffusa ed è una retribuzione
proporzionata alla durata della prestazione lavorativa indipendentemente dalla produzione
ottenuta.
Per un’azienda il costo del lavoro si compone di diversi elementi:

- La retribuzione comprensiva di tutte le sue componenti;


- I contributi previdenziali e assicurativi a carico del latore di lavoro;
- L’eventuale accantonamento per il trattamento di fine rapporto;

Liquidazione della retribuzione


La retribuzione spettante al dipendente è divisa in:

- RETRIBUZIONE LORDA: ciò che spetta al lavoratore sulla base del contratto;
- RETRIBUZIONE NETTA: quantità di denaro spendibile per il lavoratore.
La retribuzione netta è il risultato della somma algebrica si una serie di elementi:

Retribuzione lorda + assegni familiari – ritenute fiscali – ritenute previdenziali a carico dei
dipendenti = retribuzione netta.
Quindi il netto che il dipendente trova nella busta paga, è collegato, oltre che alla retribuzione
aziendale, alla presenza o meno di assegno familiari, al carico fiscale che grava sulla retribuzione

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mensile, dipendente dalle aliquote IRPEF applicabili in funzione della retribuzione annua e
all’ammontare delle quote di contributi previdenziali e assistenziali a carico del dipendente,
proporzionali alla sua retribuzione.

Nei confronti dell’INPS e dell’erario, l’azienda opera come esattore sostituto per conto del
dipendente. Quando paga i propri dipendenti entra in rapporto di debito/credito con questi istituti.
Essa sarà, creditore dell’INPS per gli assegni familiari erogati e debitore dell’INPS per le ritenute
sociali a carico del dipendente. Sarà inoltre debitore a carico dell’erario per le ritenute fiscali effettuate
su busta paga.
La rilevazione si distingue in due momenti, la liquidazione, appena vista, ed il pagamento.

Pagamento della retribuzione


Per quanto riguarda il pagamento, occorre tenere presente eventuali acconti pagati sulle retribuzioni
e delle ritenute fiscali a carico dei dipendenti. Questi vanno dedotti dal credito verso i clienti che è
sorto in fase di liquidazione e riducono l’uscita di denaro che si determina a seguito del pagamento
degli stipendi contestualmente alla chiusura del conto dipendenti C/retribuzioni. Se vi sono degli
anticipi sulle retribuzioni, la rilevazione contabile del pagamento dell’anticipo (effettuata prima della
liquidazione dell’intera busta paga) comporta una permutazione finanziaria tra una variazione
finanziaria positiva in un conto chiamato dipendenti C/anticipi e una variazione finanziaria negativa
in un conto Banca C/C.

Contributi previdenziali a carico del datore di lavoro e i rapporti con l’INPS


I contributi previdenziali gravano, oltre che sul dipendente, anche sul datore di lavoro. La parte a
carico dell’azienda genera un vero e proprio costo di esercizio che andrà a gravare sul conto
economico come componente negativa di reddito. Esso berrà rilevato in un conto economico di
reddito denominato contributi previdenziali. Contestualmente avremo un aumento del debito verso
l’INPS.

LEZIONE 8 (Capitolo 10)


Cominciamo a parlare del circuito dei finanziamenti, in particolare cominciamo con il circuito dei
finanziamenti a titolo di capitale proprio. Il capitale sociale è la ricchezza che viene trasferita dagli
imprenditori, attraverso il trasferimento di denaro o apporti di altri beni in natura a titolo di mezzi
propri per l’esercizio in forma collettiva dell’impresa. La suddivisione del capitale in quote o in azioni
aiuta a definire i rapporti di comando all’interno della società sulla base della detenzione della
maggioranza delle quote o delle azioni in cui è suddiviso il capitale sociale da parte di uno o di più
soci.

Tipi di società
La formazione del capitale iniziale segue procedure differenti in base alla forma giuridica assunta
per l’esercizio dell’impresa:

AZIENDA INDIVIDUALE
Il capitale necessario per l’avvio dell’attività viene conferito tramite denaro liquido, crediti, debiti,
meni in natura. Il conferimento di questi ultimi avviene mediante apporto disgiunto di beni un

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insieme non coordinato di beni di proprietà dell’imprenditore che sono stati trasferiti dal suo
patrimonio personale alla futura azienda sotto sotto forma di capitale di funzionamento.

SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO


Rientra tra le società di persone in cui tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per i
debiti sociali. Per essere costituita bastano almeno due soci e non necessario un capitale minimo da
sottoscrivere. Il capitale necessario per l’avvio dell’attività viene conferito tramite denaro liquido,
crediti, debiti, beni in natura. L’apporto di questi ultimi può avvenire in modo disgiunto, con le regole
uguali a quelle relative alla società individuale, o congiunto, questo si ha nel caso in cui i fattori
produttivi sono legati ad un rapporto di complementarietà che ne permette l’immediato impiego nel
processo produttivo. Si tratta di un complesso produttivo già operante sul mercato.

SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE


Due tipi di soci:

- Soci accomandatari, rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali.


Sono gli amministratori della società
- Soci accomandanti, sono tenuti esclusivamente al conferimento, sono responsabili delle
obbligazioni societarie limitatamente alle quote conferite.

SOCIETA’ PER AZIONI


Rientra nella categoria delle società di capitali. Queste sono dotate di personalità giuridica, in esse si
realizza un’autonomia patrimoniale perfetta i soci sono responsabili delle obbligazioni sociali
limitatamente alle quote conferite.

La legge tutela le società di capitali per fare in modo che queste abbiano un certo livello di patrimonio
e che questo sia garantito. È più una tutela ai terzi che fanno affidamento a questo tipo di società.

Costituzione della società


Quello che a noi contabilmente interessa è la formazione della capitale sociale di una società di
capitali. La ricchezza è distinta in varie componenti che sono parti ideali di capitale netto:

- Utili o perdite, risultato di periodo che comporta una variazione per la gestione;
- Capitale sociale, quanto conferito dai soci a titolo di capitale proprio
- Riserve di utili o di capitali, ricchezze accantonate a seguito della formazione, questo
accantonamento avviene per legge o per convenienza, in questo caso sarà volontario;
- Riserve di capitale, a garanzie di operazioni rischiose per il capitale sociale, queste sono
invece obbligatorie per legge.
Questi appena citati sono elementi di ricchezza individuabili in ogni S.P.A.

Vi sono cinque aspetti fondamentali che assumono rilievo sotto il profilo delle rilevazioni quando si
parla di costituzione di una società:

1) Sottoscrizione
Assunzione dell’impegno da parte dei soci a conferire denaro o beni di valore corrispondente
al capitale sottoscritto. È solo l’impegno a sottoscrivere il capitale.

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2) Versamento del 25% del denaro più apporto di tutti i beni in natura
È obbligatorio per legge effettuare subito il versamento del 25% del denaro sottoscritto e tutti
i beni in natura. Il denaro deve essere versato in un C/C bancario vincolato
3) Svincolo del conto corrente
Completata la procedura di iscrizione della società nel registro delle imprese, diventa soggetto
giuridico e viene così svincolato il conto corrente.
4) Richiamo del restante 75%
Questa operazione non ha un vincolo di data, è il conferimento della restante parte di denaro.
Se questa fase non avviene, non è una cosa positiva perché può essere successo:
- Scelte iniziali sbagliate
- La società lavora con un capitale sottodimensionato
5) Versamento del 75%
Viene versato nel conto corrente ormai svincolato la restante parte del denaro sottoscritto.
Questo comporta in contabilità la modifica della scadenza del scredito.

Esistono due macro classi di società, quelle che prevedono la separazione della ricchezza aziendale
da quella dei soci e quelle in cui è prevista la condivisione della ricchezza aziendale e di quella dei
soci. Nel secondo caso alcune fasi tra queste che abbiamo elencato decadono.

LEZIONE 9 (Capitolo 10)


Un evento importante nel caso delle società è la variazione del capitale sociale. Si distinguono due
casi:

- Aumento del capitale sociale, vi è la necessità di incrementare il capitale sociale


- Diminuzione del capitale sociale, è un evento più raro. Si tratta della diminuzione del bi i
capitale sociale
Entrambi i casi sono postumi alla formazione della società e a tutela dei terzi vi sono delle norme.
Ciò di cui ci occupiamo è l’aumento del capitale sociale. Il capitale verrà aumentato di una quantità
di azioni pari alla somma che serve. Vi è libertà nel numero di azioni ma non nel valore nominale, le
azioni devono avere tutte lo stesso valore nominale.

È importante sottolineare che il valore delle nuove azioni da sottoscrivere può essere fissato a un
valore superiore a quello nominale. Questa parte incrementale prende il nome di sovrapprezzo. Il
sovrapprezzo non è un valore nominale e va conferito in una riserva obbligatoria che prende il nome
di riserva sovrapprezzo azioni. Questa riserva è una riserva di capitale. Facciamo delle
considerazioni su questa:

- Se la riserva è elevata vuol dire che vi sono tanti soggetti disposti a pagare il sovrapprezzo
delle azioni;
- La presenza di questa riserva ci dice che l’azienda è avviata.

Vi sono cinque aspetti fondamentali che assumono rilievo sotto il profilo delle rilevazioni quando si
parla di costituzione di una società:

1) Versamento del 25% del denaro più apporto di tutti i beni in natura e 100%
sovrapprezzo azioni

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È obbligatorio per legge effettuare subito il versamento del 25% del denaro sottoscritto e tutti
i beni in natura. Il denaro deve essere versato nel C/C bancario svincolato (la società già esiste)
2) Richiamo del restante 75%
Questa operazione non ha un vincolo di data, è il conferimento della restante parte di denaro.
3) Versamento del 75%
Viene versato nel conto corrente la restante parte del denaro sottoscritto. Questo comporta in
contabilità la modifica della scadenza del scredito.

LEZIONE 10-11-12 (Capitolo 11)


Il circuito dei finanziamenti segue una direzione riversa rispetto al circuito della produzione. Questo
infatti comincia con un’entrata monetaria e si conclude con un’uscita monetaria. Il finanziamento è
la prima operazione necessaria per il reperimento dei mezzi finanziari che saranno poi impiegati per
l’acquisto dei fattori produttivi e durante la vita dell’azienda per affiancare le risorse che si
acquisiscono con in circuito della produzione. Parliamo del circuito dei finanziamenti con capitale
di terzi.
Diversamente da quanto detto per il capitale proprio, il capitale di terzi deve essere obbligatoriamente
remunerato e non è considerata ricchezza propria dell’azienda. In prevalenza (leasing no) ha origine
per mutazioni di tipo finanziario.
Distinguiamo due macro classi in base al tempo in cui possiamo usufruire della ricchezza:
- Finanziamenti a breve termine, con l’obbligo di restituzione in un periodo inferiore ad un anno
(esercizio amministrativo). Tra questi abbiamo:
1) Rapporti di C/C;
2) Cambiali;
3) Ricevute bancarie.
- Finanziamenti a lungo termine, con obbligo di restituzione in un periodo superiore ad un anno
(esercizio amministrativo). Alcuni di questi finanziamenti sono disciplinati da norme di legge, altri no.
Tra questi abbiamo:
4) Mutui;
5) Prestiti obbligazionari;
6) Leasing.

Finanziamenti a breve termine


1) Rapporto di conto corrente
Il finanziamento mediante affidamento su c/c bancario consente all’azienda di andare a
debito sul proprio conto fino ad un limite massimo detto fido. Si definisce finanziamento
perché è possibile prelevare od utilizzare denaro in quantità superiore rispetto a quello che ho
versato (Limite: capacità finanziaria del cliente). Questa somma in più è appunto il fido, esso
è infatti l’impegno assunto dalla banca a mettere una somma a disposizione del cliente.
Ovviamente, come per tutti i finanziamenti da terzi, è prevista una remunerazione a titolo di
interesse, questa verrà calcolata sulla somma del fido e sul tempo. I costi legati a questo tipo
di finanziamento sono di due tipi:
- Oneri bancari, una tantum e a prescindere dal fido e dai terzi, fissi;

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- Interessi passivi, costo che aumenta con l’aumento del tempo e delle risorse finanziarie a
disposizione, variabile.

2) Cambiali
Le cambiali sono titoli di credito in base ai quali un soggetto è tenuto ad effettuare una
prestazione (versare denaro) a chi li presenta, essendone legittimamente in possesso. È
sufficiente il possesso del titolo per avere il diritto alla prestazione indicata, senza dover
dimostrare le ragioni giuridiche ed economiche che hanno fatto sorgere il credito. Per essere
validi, i titoli di credito devono rispettare alcuni requisiti formali che sono indicati
puntualmente dalla legge. La particolarità della cambiale è che mette a disposizione delle
azioni legati a tutela del creditore. Essa infatti contiene un promesso o un ordine di pagare
una certa somma, ad una determinata scadenza, in un certo luogo a favore di chi risulta essere
il legittimo possessore del titolo.
N.B. la rilevanza contabile delle cambiali risiede nel voler mostrare ai terzi la volontà di
tutelarsi da eventuali insolvenze.

Tipi di cambiale
 Pagherò o vaglia cambiario è una promessa di pagamento: un soggetto (obbligato
principale o emittente) si impegna a pagare la somma di denaro indicata nel titolo ad un
altro soggetto (beneficiario).
 Cambiale tratta è un ordine di pagamento: un soggetto (traente) ordina ad un altro
(trattario) di pagare la somma di denaro indicata ad un altro soggetto (beneficiario), questo
può anche coincidere con il traente. Questo tipo di cambiale si utilizza nelle transazioni
commerciali.
In termini contabili tra i due tipi di cambiale non cambia nulla.

Operazioni con le cambiali


Le operazioni con le cambiali sono:

1) EMISSIONE, emittente promette di pagare al beneficiario una certa somma tramite


cambiale. La cambiale per essere valide deve contenere: la denominazione di cambiale, la
promessa incondizionata (nel caso del pagherò) o l’ordine incondizionato (nel caso della
tratta) di pagare una determinata somma, la data ed il luogo di emissione, il nome del
beneficiario o del trattario, il luogo del pagamento, la sottoscrizione dell’emittente, la data
di scadenza.

2) INCASSO, esso avviene generalmente tramite banca, si porta presso l’intermediario


finanziario e si chiede di riscuotere la somma. La banca chiede delle commissioni che
sono commisurate solo al servizio di riscossione. L’incasso può avvenire:
Prima della scadenza, sarà in questo caso la banca ad anticipare la somma. Si pagherà
un interesse passivo molto più alto rispetto allo sconto;
Cambiali allo sconto, portando in banca una cambiale allo sconto, la banca mi anticipa la
somma al netto di interessi e spese bancarie. Per l’azienda, accettare una cambiale allo

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sconto è un rischio in quanto nel momento in cui il cliente non versa in banca la somma,
siamo tenuti alla restituzione del denaro.
In prossimità della scadenza, in questo caso sono due i tipi da cambiali:
Salvo buon fine, portando in banca una cambiale con la clausola salvo buon fine, la banca
mi anticipa la somma al netto di interessi e spese bancarie. Per l’azienda, accettare una
cambiale allo sconto è un rischio in quanto nel momento in cui il cliente non versa in
banca la somma, siamo tenuti alla restituzione del denaro.
Dopo incasso, si porta il titolo in banca e questa accrediterà la somma solo dopo averla
incassata. In questo caso quindi non sorge un rischio per l’azienda perché la banca non
anticipa e non si è tenuti ad un eventuale rimborso.

3) TRASFERIMENTO, il trasferimento di una cambiale si effettua tramite girata, cioè,


con l’indicazione sul retro di una dichiarazione scritta con cui il girante (beneficiario)
ordina all’obbligato principale di pagare, contro la presentazione del titolo, ad un altro
soggetto, il giratario. In questo modo, il beneficiario diventa obbligato cambiario.
4) MANCATO INCASSO, qualora l’obbligato principale non ottemperi a quanto dovuto, il
possessore della cambiale può scegliere di:
Rinnovare la cambiale prorogare la scadenza, aggiungere anche interessi (interessi di
rinnovo, ricavo straordinario) e rinomare la cambiale con una differente da quella emessa
in precedenza;
Cambiale al protesto si dà incarico ad un notaio o ad un ufficiale giudiziario di elevare
il protesto. Si dà così inizio al recupero coattivo del credito, questa procedura va
comunicata ai terzi in quanto il recupero può essere un’operazione difficile. La legge in
questo caso, tutela il creditore ma non garantisce il recupero del credito. L’apertura della
procedura di protesto comporta per l’azienda taluni costi (spese di protesto, - costo) che
possono essere eventualmente recuperati all’incasso. )
Stralcio della cambiale annullamento del titolo di credito, il credito si trasforma così in
un costo (perdita su crediti). Si procede allo stralcio quando procedere con il protesto non
risulta conveniente. Si può avere: uno stralcio parziale del credito, si recupera solo una
parte o uno stralcio totale. Lo stralcio può avvenire in due momenti diversi: alla scadenza,
e si perde il valore della cambiale o dopo il protesto, in questo caso si perde il valore della
cambiale e le spese.

3) Ricevute bancarie
Le ricevute bancarie sono una valida alternativa alle cambiali molto diffuse nella prassi
commerciale. Si tratta di documenti che, riferendosi ad un credito, ne indicano l’ammontare,
il debitore, la scadenza e si presentano alla banca così che questa ne curi l’incasso. Le ricevute
bancarie non sono titoli di credito presentano quindi delle differenze con le cambiali:
NON SI POSSONO PORTESTARE, sono solo uno strumento di pagamento;
NON SI POSSONO RINNOVARE, non prescindono dal motivo per cui sono nate;
NON SONO ASTRATTE, diversamente dalle cambiali esse non sono autonome, sono
legate al motivo per cui sono nate
SONO STRUMENTI DI PAGAMENTO, affidano la riscossione di crediti a enti terzi.

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Finanziamenti a lungo termine


I finanziamenti a lungo termine sono caratterizzati da tempi di rimborso pluriennali e sono connessi
all’effettuazione di finanziamenti a lungo ciclo di rientri. Sono operazioni che hanno ad oggetto la
risorsa finanziaria per un godimento superiore ad un periodo amministrativo.

4) Mutui passivi
Il mutuo passivo è un prestito che viene chiesto alla banca per una durata pluriennale. Nel
contratto si concordano modalità e tempi di recupero. Come tutti i finanziamenti da terzi vi è
l’obbligo di remunerazione. La ricchezza data dalla banca, non entrerà a far parte della
ricchezza aziendale.
Legati al mutuo vi sono due costi, uno legato all’onere di accensione ed uno legato al
pagamento degli interessi passivi.
ONERE DI ACCENSIONE, onere fisso, da versare una tantum e sono oneri per la
contrazione del mutuo, si pagano all’accensione ed il loro importo deriva da controlli
precedentemente effettuati dalla banca all’azienda richiedente il mutuo.
INTERESSI PASSIVI, onere variabile, il valore degli interessi dipende dall’ammontare
ricevuto in prestito e dal tempo. Sono costi di periodo, fanno riferimento a sotto periodi e sono
legati al contratto.
Contabilmente avremo:
1) ACCENSIONE, a seguito dei controlli effettuati dalla banca, avviene l’accreditamento
al netto degli oneri di accensione. Si rileva l’ingresso in azienda della somma di denaro
richiesta, si mobilitano due conti di natura finanziaria “Banca C/C” in dare e “Mutuo
passivo” in avere ed un conto di natura economica “Oneri di accensione” in dare.
2) RIMBORSO PERIODICO, nel contratto sono indicate le scadenze ed il tasso di
interesse, questo generalmente è fisso. Se fosse variabile sarebbe agganciato ad un indice
che farebbe variare il tasso periodicamente. La restituzione graduale è iscritta nel piano di
ammortamento che è un programma di rimborso. All’interno vi sono le modalità di
rimborso che riguardano: tempi di rimborso, le quote di capitale che possono essere
costanti, crescenti o decrescenti ed il tasso di interesse annuo.
Ogni Rata che deve essere rimborsata è composta da due quote:
QUOTA CAPITALE: capitale totale/n° di rate; (costante)
QUOTA INTERESSE: capitale totale x tasso di interesse x tempo; (variabile perché varia
di volta in volta il capitale totale che sarà diminuito della quota capitale)

5) Prestiti obbligazionari
Questa forma di finanziamento permette alle aziende di accede, attraverso l’emissione diretta
di titoli di credito, al mercato dei capitali. Le obbligazioni sono titoli sottoscritti da soggetti
terzi finanziatori e prevedono per il possessore il rimborso, alla scadenza prefissata, del
capitale prestato e l’erogazione periodica di un ammontare di interessi come forma di
remunerazione del capitale concesso a credito. Le obbligazioni però non danno il diritto a chi
le acquista di partecipare alla gestione della società.

Elementi che caratterizzano le obbligazioni

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1) Prezzo di emissione, è quanto deve essere pagato dal soggetto acquirente al momento
dell’emissione;
2) Valore del rimborso del prestito, coincide generalmente con il valore nominare
dell’obbligazione;
3) Durata del prestito;
4) Piano di ammortamento del prestito, cioè la quantità di titoli che devono essere rimborsati;
5) Tasso di rendimento.

Tipi di obbligazione
Esistono diverse tipologie di obbligazione:
1) Obbligazioni ordinarie, sono dei titoli che fruttano al possessore un interesse periodico
fisso e le cui caratteristiche principali, sono fissate al momento dell’emissione e non
possono essere modificate;
2) Obbligazioni indicizzate, caratterizzate dal legame dell’ammontare dell’interesse e del
prezzo di rimborso all’andamento di un particolare indice individuato al momento
dell’emissione;
3) Obbligazioni convertibili, sono intermedie tra azioni e obbligazioni, affronti infatti al
sottoscrittore la possibilità di trasformare le obbligazioni in suo possesso in titoli azionari
della società emittente oppure di un’altra società sulla base di un rapporto di cambio
stabilito al momento dell’emissione.
Noi ci occupiamo del prestito obbligazionario ordinario.
Contabilmente, le fasi che ci interessano sono:

EMISSIONE, è il momento in cui sorge un credito per gli obbligazionisti a fronte di un


debito di medio e lungo termine. Al momento della vendita la quota può o meno coincidere
con la quota nominale. Distinguiamo a tale proposito tre differenti casi:
Alla pari la quota nominale è uguale al valore dell’obbligazione (prezzo di emissione);
Sopra la pari il prezzo di emissione è maggiore della quota nominale. Si paga di più
per avere una remunerazione minore, perché? Vi è una buona remunerazione degli
interessi; la differenza prende il nome di aggio di emissione ed è un ricavo pluriennale.
Sotto la pari prezzo di emissione minore del valore nominale, vendo a meno ma devo
restituire il valore nominale; la differenza prende il nome di disaggio di emissione ed è
un costo pluriennale.
COLLOCAMENTO, è l’operazione con cui gli investitori effettuano il versamento del
denaro a fronte della sottoscrizione di obbligazioni effettuata. Il versamento da parte dei
sottoscrittori può avvenire in data diversa da quella di emissione del prestito e di
decorrenza degli interessi.
Collocamento anteriore rispetto al giorno di decorrenza degli interessi, in questo caso il
capitale versato rimane infruttifero per i sottoscrittori fino alla data di decorrenza della
cedola; al momento della sottoscrizione del capitale essi ne tratterranno una parte a titolo
di conguaglio dietimi di interesse passivi
Versamento posteriore rispetto alla data di emissione del prestito e di decorrenza della
prima cedola, gli obbligazionisti dovranno versare, insieme al valore dei titoli sottoscritti,

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un interesse di conguaglio corrispondente ai giorni di ritardo del versamento dietimi di


interesse attivi.
LIQUIDAZIONE E PAGAMENTO DELLA CEDOLA, alle scadenze l’azienda è
tenuta a remunerare mediante liquidazione e pagamento gli interessi agli obbligazionisti.
È necessario distinguere le fasi di liquidazione e pagamento perché il debito dell’azienda
verso l’erario con conseguente applicazione del regime fiscale nasce nel momento in cui
vi è l’incasso della cedola da parte degli obbligazionisti. La ritenuta fiscale sugli interessi
è del 12,5%.
RIMBORSO, il rimborso può avvenire o in un’unica soluzione alla scadenza o
periodicamente in modo graduale. Quest’ultima possibilità prevede l’estrazione a sorte
secondo un piano di ammortamento.

A seguito del rimborso vi è la chiusura del circuito del finanziamenti con capitale di terzi.
Avremo, una diminuzione di denaro a fronte di una riduzione del debito e quindi del prestito
obbligazionario.

6) Leasing
Diversamente dalle operazioni di finanziamento viste fino ad ora, questa non ha ad oggetto
una risorsa finanziaria ma beni in natura. Il contratto di finanziamento consente, in cambio
del pagamento di un canone periodico, la ricezione di un bene strumentale all’attività e
di esercitare, al termine del contratto, un riscatto del bene per una cifra, pattuita in sede
di contratto, inferiore al valore di mercato del bene. Se non si riscatta il bene, alla scadenza
del contratto subentra l’obbligo di restituzione.
Esistono due tipi di leasing:
1) OPERATIVO, quando sono coinvolti solo due soggetti, chi compra il bene (parte
conduttrice) lo riceve direttamente dall’azienda produttrice.
2) FINANZIARIO, quando sono coinvolti tre soggetti, diversamente dal primo tipo, il
terzo soggetto è un intermediario tra la produttrice e la conduttrice. Opera da
intermediario finanziario stipulando il contratto di leasing.
I motivi per cui si opta per questo tipo di leasing sono 2:
a) L’azienda conduttrice vuole vagliare le molteplici alternative che le vengono
offerte dalla società di leasing;
b) L’azienda produttrice non ha la competenza per gestire i contratti di leasing.
Scegliere di optare per il leasing comporta numerosi VANTAGGI:

1) Rispetto ai mutui: più accessibile e con tempi di istruttoria più rapidi;


2) Rispetto al noleggio: al termine può esserci il riscatto;
3) Rispetto all’acquisto: dal punto di vita contabile, vi è il frazionamento dell’IVA,
lo utilizzo per beni che mi servono per un periodo, per beni che possono essere
soggetti ad obsolescenza o se non ho la disponibilità finanziaria.
4) Rispetto all’acquisto a rate: questo comporta il trasferimento della proprietà del
bene a fronte del pagamento delle rate.
Dal punto divista contabile avremo:
1) STIPULA DEL CONTRATTO E INGRESSO DEL BENE

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Stipulo il contratto per avere a disposizione il bene. Vi è la stipula del maxicanone di


leasing, canoni periodici e nel caso venga pattuito un eventuale riscatto, si stabilisce
il prezzo. A seguito della stipula del contratto vi è immediatamente la disponibilità
del bene.
È importante sottolineare che al momento della stipula contabilmente non avviene
niente, cioè non osserviamo alcuna movimentazione finanziaria. Tuttavia è necessario,
tramite l’utilizzo di conti differenti da quelli contabili, informare i terzi dell’impegno
al pagamento che è stato preso. Si fa, in questo caso, riferimento ad un sistema di
scritture supplementari, i conti d’ordine.

Conti d’ordine
Questi sistemi di scrittura supplementari si usano solo se la partita doppia non si può
usare perché manca la manifestazione finanziaria. Cioè, per eventi che cambiano il
modo di operare dell’azienda ma che non hanno una manifestazione finanziaria. È
come se avessimo, in questi casi, una doppia contabilità.
Abbiamo diverse forme:
DISCORSIVA, spieghiamo cosa succede;
CONTABILE, con l’utilizzo, appunto, di questi conti d’ordine. Questi sono accesi a
rischi o a impegni, a beni di terzi o a beni dell’azienda a terzi. Cioè tutti eventi che
non generano una manifestazione finanziaria.
Esistono due tipologie di conti:
ALL’OGGETTO, principale, mi dice di cosa si tratta;
AL SOGGETTO, mi dice con chi mi relaziono.
Così come i conti usati in partita doppia anche in questo caso si usa convenzionalmente
DARE e AVERE.
CASO 1
Se l’impegno o il rischioso entrano, il conto all’oggetto è in dare. In questo caso, il
corrispondente conto al soggetto sarà in avere.
CASO 2
Se l’impegno o il rischio escono, il conto all’oggetto è in avere, in questo caso, il
corrispondente conto al soggetto sarà in dare.
2) PAGAMENTO DEL MAXICANONE DI LEASING
3) LIQUIDAZIONE E PAGAMENTO PERIODICO DEI CANONI
4) RISCATTO DEL BENE (Eventuale)

LEZIONE 13
Scritture di assestamento
I valori che sorgono per effetto della valutazione a fine esercizio dei processi in corso di svolgimento
sono quantitativamente diversi da quelli che vengono rilevati per effetto delle operazioni di gestione
esterna (operazioni costituite da negoziazioni con i terzi). Dagli scambi con l’esterno derivano
quantità oggettive determinate da unità monetarie che ne definiscono in modo preciso l’entità come
ad esempio, valori accertati in base a documenti contabili, entrate o uscite di cassa. Invece, i valori
che di impiegano nelle valutazioni di fine esercizio sono di gran parte costituiti da quantità oggettive
costituite da stime e congetture ad esempio, valutazione dei crediti o l’ammortamento.

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Si rileva quindi la necessità di:

1) Individuare i principi che guidano la valutazione delle quantità soggettive ai fini di una
corretta determinazione del capitale di funzionamento e del reddito;
2) Rispettare i principi che regolano la redazione del bilancio di esercizio quale documento di
sintesi nel quale sono evidenziate le due grandezze di sintesi sopracitate.

Fino ad ora ci siamo occupati degli effetti che ciascuna attività aziendale aveva sul risultato (o reddito)
di periodo (utile o perdita) e sul capitale di funzionamento. Per comprendere ciò usiamo la logica dei
circuiti di gestione e dei cicli. È la chiave di lettura che ci permette di interpretare ciò che succede
all’interno dell’azienda così è possibile trasformare le osservazioni in informazioni che verranno poi
poste in bilancio. Il principio che ci siamo preposti di adottare è il principio della manifestazione
finanziaria, osserviamo tutte e sole le operazioni che producono variazioni finanziarie (variazioni
monetari) perché la manifestazione finanziaria garantisce che le nostre rilevazioni siano oggettive.

Questo principio però non ci permette di osservare la variazione di capitale e di reddito. Per fare in
modo che tutti i valori rilevati siano utili al risultato delle grandezze di sintesi, sono necessarie delle
scritture correttive le quali hanno lo scopo di sistemare i valori rilevati per calcolare le grandezze
di sintesi. Notiamo bene, che il nostro scopo è cambiato e adesso non è più l’oggettività. Queste
scritture si dicono di fine periodo o di assestamento.

GRANDEZZE DI SINTESI COLLEGATE


Le grandezze di sintesi sono tra di loro collegate. Si parla, infatti, di reddito di esercizio e connesso
capitale di funzionamento. Perché, il capitale è la ricchezza aziendale in un certo istante, essa è
definita per l’appunto, STATICA. Il reddito di esercizio è l’insieme di ricchezza prodotta o
distrutta in un determinato periodo a seguito dell’attività produttiva essa è definita DI FLUSSO. Il
motivo di tale connessione è che il reddito di esercizio fa variare il capitale di funzionamento.

Per determinare queste grandezze seguiamo un iter che prevede:


1) Bilancio di verifica
2) Scritture di assestamento
3) Chiusura dei conti
4) Riapertura dei conti

BILANCIO DI VERIFICA (≠bilancio di esercizio)

E’ un prospetto che rileva i saldi di tutti i conti che hanno funzionato nel periodo preso in
considerazione. Tale prospetto distingue i valori dei saldi con “segno dare” da quelli con “segno
avere”, per dimostrare l’eguaglianza fra il totale degli addebitamenti ed il totale degli accreditamenti
eseguiti nei diversi conti durante il periodo considerato. Veniva utilizzato quando le scritture erano
cartacee e controllava che in partita doppia non fossero stati commessi errori di tipo formale
attraverso l’utilizzo dei tre corollari della partita doppia. Ciò non garantiva l’esattezza della tenuta di
contabilità, potevano comunque esserci errori di tipo sostanziale. Anche se adesso è tutto elettronico
non viene verificata l’esattezza sostanziale per la quale potrebbero prevedersi degli organi esterni
che controllano. È necessario stampare questo bilancio come documento che fornisca prova della
correttezza formale della contabilità.

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SCRITTURE DI ASSESTAMENTO
Le scritture di assestamento servono a determinare le grandezze di sintesi tenendo conto del fatto
che le rilevazioni fatte fino ad ora non hanno potuto tenere conto di quelle operazioni in corso di
svolgimento che possono influenzare il reddito ed il connesso capitale di funzionamento. Le
operazioni in corso di svolgimento sono di due tipi:

TIPO 1: è avvenuta la manifestazione finanziaria nell’anno in corso ma dal punto di vista economico
hanno luogo nel periodo successivo;

TIPO 2: non è avvenuta la manifestazione finanziaria nell’anno in corso ma hanno creato variazioni
di tipo economico.
Riassumendo, sono operazioni che non sono state concluse nell’esercizio amministrativo.

Si deve quindi, fittiziamente interrompere l’operazione (in entrambi i casi) per suddividere così
l’effetto economico in due differenti periodi amministrativi. L’interruzione avviene mediante
l’utilizzo delle scritture di assestamento.

Lo scopo di queste rettifiche è quello di trasformare i dati rilevati secondo il criterio della
manifestazione finanziaria in valori calcolati secondo il criterio di rilevazione economica. Come
sappiamo:
Reddito di esercizio= ricavi – costi

Che sono notoriamente dei valori economici quindi si dovrà guardare a costi e ricavi del periodo,
cioè, a variazioni economiche, anche per quelli che sono cicli considerati non conclusi (non è
avvenuto lo scambio). Si abbandona cosi la logica del metro finanziario e si perde parte
dell’oggettività. Tuttavia è necessario dare un’informazione parzialmente soggettiva, motivo per il
quale esistono delle leggi a riguardo.

L’obiettivo della nostra rilevazione è cambiato, si guarda ad un principio di competenza economica


e non più ad un principio finanziario.

Principio di competenza
Il reddito di esercizio è costituito da costi e ricavi riferibili in modo esclusivo all’esercizio in chiusura.
Cioè, quelli che hanno ad oggetto cicli economici conclusi.
In particolare:

• I ricavi sono di competenza dell’esercizio in cui ha avuto compimento il ciclo economico,


cioè, dell’esercizio in cui è avvenuto il trasferimento di proprietà ed il trasferimento di denaro.

• I costi sono di competenza dell’esercizio in cui si manifestano i correlativi ricavi. Si parla di


inerenza dei costi.
• I costi non correlabili a ricavi, presenti o futuri, sono di competenza dell’esercizio in cui si
sono manifestati. Tra questi abbiamo ad esempio i costi sostenuti per il consumo di energia
elettrica.
Per rispettare tale principio occorre:

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• Non considerare quei costi e quei ricavi che sono stati rilevati ma che non sono totalmente o
parzialmente di competenza dell’esercizio in chiusura;
• Considerare quei costi e quei ricavi che, pur non essendo ancora stati contabilizzati durante
l’esercizio - non essendo ancora avvenuta la manifestazione finanziaria - sono di competenza
dell’esercizio in chiusura.

Per consentire l’attribuzione all’esercizio in chiusura dei costi e dei ricavi di competenza, occorre
pertanto effettuare delle scritture (dette scritture di assestamento) che rettifichino i valori rilevati
durante l’esercizio

1) Scritture che mirino a togliere ricavi o costi non di competenza del periodo;
2) Scritture che mirino ad integrare quindi ad aggiungere ricavi o costi di competenza.
Si definiscono, le prime di storno, le seconde di integrazione ed infine abbiamo l’ammortamento.

Classificazione delle rettifiche


• Rettifiche di integrazione, la manifestazione finanziaria dei fatti amministrativi avrà luogo in
futuro ed è certa nella sua esistenza ma incerta nel suo ammontare;
• Rettifiche di storno, la manifestazione finanziaria dei atti amministrativi è già avvenuta;
• Ammortamento, ripartire i valori pluriennali in più esercizi è quindi assimilabile allo storno.
Cominciamo a parlare delle scritture di integrazione

Le scritture di integrazione sono quelle rilevazioni contabili che consentono di inserire quei costi e
quei ricavi che, pur non essendo ancora stati contabilizzati durante l’esercizio - non essendo ancora
avvenuta la manifestazione finanziaria - sono di competenza dell’esercizio in chiusura.
Esempio: fatture da emettere, fatture da ricevere, fondi per rischi e spese, ratei attivi o passivi.
Nel fare queste scritture viene utilizzato il metodo della partita doppia:
ASPETTO ORIGINARIO

Non sarà più finanziari ma economico, ricordiamo che l’obiettivo non è più l’oggettività. Durante
l’esercizio, infatti, abbiamo una variazione finanziaria perché si vogliono informazioni sui movimenti
monetari e finanziari (oggettive). A fine esercizio invece avremo una variazione economica perché il
nostro fine è il calcolo del reddito di esercizio (soggettive).
Abbiamo quindi, durante l’esercizio, quantità OGGETTIVE date da misurazioni finanziarie. A fine
esercizio, quantità SOGGETTIVE determinate dall’operatore economico. L’ipotesi sulle quali si
fonda l’influenza dell’operatore economico nel calcolo delle quantità soggettive sono due:

1) APPROSSIMAZIONE AL VERO: stima i fatti aziendali e quindi li verifica, è una verifica


ex-post. È una stima, un’ipotesi soggettiva verificabile.
2) INTERPRETAZIONE DEL VERO: congettura i fatti connessi a realtà non accertabili. È una
congettura e non è quindi mai verificabile.

Qualora la variazione finanziaria futura avrà importo diverso dall’importo ipotizzato a fine esercizio
si generano delle differenze economiche, ovvero componenti positive o negative di reddito di
carattere straordinario. Le componenti di reddito straordinarie sono caratterizzate da almeno uno
dei seguenti requisiti:

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- Derivano da eventi fortuiti, casuali indipendenti dalla volontà aziendale;


- Derivano da eventi occasionali e che si manifestano sporadicamente;
- Derivano da errate stime compiute in sede di assestamento negli esercizi precedenti.
Le componenti di reddito straordinarie derivanti da errate stime prendono il nome di:
SOPRAVVENIENZA: consiste nel sorgere di un elemento patrimoniale e distinguiamo:

- SOPRAVVENIENZA ATTIVA: se l’elemento che sopravviene è attivo, sopraggiungere di


un ricavo;
- SOPRAVVENIENZA PASSIVA: se l’elemento che sopravviene è passivo, sopraggiungere
di un costo.
INSUSSISTENZA: consiste nel venir meno di un elemento patrimoniale e distinguiamo:

- INSUSSISTENZA ATTIVA: la mancanza totale o parziale di un elemento passivo, venir


meno di qualcosa di negativo;
- INSUSSISTENZA PASSIVA: la mancanza totale o parziale di un elemento attivo, venir
meno di qualcosa di positivo.

LEZIONE 14
Le scritture di rettifica possono essere fatte con due diversi procedimenti:

• DIRETTO: i valori vengono rettificati nei conti accesi alle variazioni di esercizio;
• INDIRETTO: i valori vengono rettificati utilizzando conti di rettifica, vengono accesi nuovi
conti in cui vengono inseriti le rettifiche. Il metodo indiretto è quello che maggiormente si
preferisce per la trasparenza e per essere più chiari nel dare informazioni ai terzi.

Ci sono delle scritture che possono essere effettuate in entrambi i modi, altre che invece richiedono
una specifica metodologia.
Continuiamo a parlare dell’iter per la determinazione delle grandezze di sintesi:

CHIUSURA DEI CONTI


Si chiamano scritture di chiusura o di epilogo. Tutti i conti utilizzati devono essere epilogati in due
conti di sintesi: lo STATO PATRIMONIALE ed il CONTO ECONOMICO. Sono i conti più sintetici
perché accolgono al loro interno tutte le informazioni sui conti utilizzati durante l’esercizio.

Per comprendere in quale dei due conti di sintesi il conto in esame deve essere epilogato, si deve
prima di tutto capire cosa questi rappresentano:

- Conto economico, saldo RISULTATO DI ESERCIZIO;


- Stato patrimoniale, saldo CAPITALE DI FUNZIONAMENTO.

Prima vado ad epilogare tutti i conti che dovranno essere posti al conto economico: ricavi e costi di
competenza. Successivamente vado ad epilogare tutti i conti allo stato patrimoniale: tutto ciò che
non è un costo od un ricavo di competenza (costi o ricavi pluriennali, crediti, debiti, costi o ricavi non
di competenza, variazioni di capitale).

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Un’altra differenza è data dal fatto che nel conto economico vengono posti tutti i conti senza ripresa
di saldo cioè, che non saranno soggetti a riapertura. Nello stato patrimoniale, invece, verranno posti
tutti i conti con ripresa di saldo che saranno quindi soggetti a riapertura.

Il saldo del conto economico sarà un UTILE, ovvero, un eccesso di ricavi oppure una PERDITA,
ovvero, un eccesso di costi. Entrambi non sono altro che variazioni di ricchezza prodotta o distrutta
che influisce sulla ricchezza a disposizione dell’azienda. Sì epilogano sia allo stato patrimoniale che
così si chiude che al conto economico, questo perché è il collegamento tra capitale e reddito.

RIAPERTURA DEI CONTI


I conti si chiudono per dare informazioni tempestive sul risultato di periodo. La riapertura dei conti
riguarda i valori dello stato patrimoniale, infatti i conti epilogato allo SP sono gli unici con ripresa di
saldo. Sono infatti, quelli che mi danno informazioni sulla ricchezza che ho a disposizione per
continuare l’attività.

Mediante la riapertura, si ripristina la situazione esistente prima della loro chiusura, in modo da poter
continuare a rilevare le successive variazioni finanziarie ed economiche (per quanto riguarda i conti
di reddito con ripresa di saldo e i conti di patrimonio) a partire dai valori già esistenti.

N.B. Per i valori riportati in conto economico, invece, non vi è alcuna riapertura poiché si tratta di valori che
avevano la funzione di determinare il reddito dell'esercizio trascorso

Contabilmente: si riporta con la partita doppia dove erano prima nelle loro sezioni di appartenenza.

Le scritture di integrazione
1) FATTURE DA EMETTERE O DA RICEVERE
A fine esercizio può verificarsi il caso in cui, a fronte dell’acquisto di merci o di servizi già
consegnati o effettuati, di cui, quindi, è avvenuta la manifestazione economica, la fattura non
sia ancora giunta in azienda, cioè, non è avvenuta la manifestazione finanziaria. In questo
caso, i costi o i ricavi vengono rilevati, perché legati a cicli già conclusi.
Sorge allora l’esigenza di utilizzare il conto fatture da ricevere per rispondere alla necessità
di inserire in contabilità il presunto costo di acquisto dei beni/servizi goduti ma non ancora
fatturati.
A fine esercizio può verificarsi il caso opposto: a fronte della vendita di beni già usciti dal
magazzino, la fattura non è ancora stata emessa
Può sorgere l’esigenza di utilizzare il conto fatture da emettere per rispondere alla necessità
di inserire in contabilità il presunto ricavo di vendita dei beni/servizi goduti ma non ancora
fatturati.
Si può avere una stima corretta o una stima errata. Nel secondo caso avremo il
sopraggiungere di un costo o di un ricavo straordinario.

LEZIONE 15
I fondi
I fondi sono parte delle scritture di integrazione. I fondi misurano componenti negativi di reddito
relativi a spese future, rischi, perdite non ancora manifestatisi numericamente, ma di competenza

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dell’esercizio in chiusura. Si tratta di accantonamenti di denaro per spese che potrebbero


sopraggiungere nell’esercizio futuro. Sono infatti valori di competenza dell’esercizio ma che avranno
manifestazione finanziaria futura. Non si sono manifestate dal punto di vista numerario ma
potrebbero comportare dei costi. Tali valori possono essere certi o congetturati ed in quest’ultimo
caso costituiscono valori numerari presunti.
I fondi accesi si distinguono in:

- Fondi accesi alle spese future si distinguono in: trattamento di fine rapporto dei dipendenti,
fondo manutenzioni cicliche o programmate. Sono caratterizzati dalla certezza del verificarsi
e dall’incertezza del momento;
- Fondi rischi si distinguono in: fondo svalutazione crediti, fondo rischi su crediti. Sono
caratterizzati dall’incertezza del verificarsi e dall’incertezza del momento.
La differenza tra le due classi risiede quindi nel grado di incertezza del verificarsi dei costi.

1) FONDI ACCESI PER SPESE FUTURE


Sono vere e proprie passività, incerte nel quantum, ma che avranno certa manifestazione
numeraria in futuro. Sono quindi accantonamenti di fine periodo per costi futuri considerati
di competenza economica dell’esercizio.
Le incertezze sull’ammontare delle variazioni finanziarie future e sui tempi in cui esse si
verificheranno determinano di norma incertezze sulle quote da considerare di competenza
dell’esercizio in chiusura e, quindi, sull’ammontare degli accantonamenti.

a) Trattamento di fine rapporto


La retribuzione spettante al personale dipendente viene erogata con due distinte modalità:
• Una parte periodicamente, durante l’anno, di solito alla fine di ogni mese
• Una parte in unica soluzione, al momento della cessazione del rapporto di lavoro,
sotto forma di indennità di anzianità (o trattamento di fine rapporto).
Il fondo TFR accoglie, a fine esercizio, gli accantonamenti effettuati per far fronte alla
retribuzione differita (indennità di anzianità) che verrà corrisposta ai dipendenti al
momento della risoluzione del rapporto di lavoro, tale fondo, pertanto, mette in evidenza
il debito dell’azienda verso i dipendenti per il trattamento di fine rapporto.
Generalmente viene accantonata una mensilità per ogni anno di lavoro del dipendente.

b) Fondo manutenzioni cicliche o programmate


Spesso le imprese si avvalgono, per la propria attività produttiva, di beni strumentali che
necessitano di interventi manutentivi e riparativi programmabili con anticipo, in
quanto collegati alle modalità di funzionamento o all’intensità del loro sfruttamento.
Gli accantonamenti a tale fondo sono destinati a ripartire fra i vari esercizi, secondo il
principio della competenza, le spese per le manutenzioni cicliche pluriennali di solito di
importo rilevante che si riferiscono all’usura dei beni verificatasi anche negli esercizi
precedenti a quello in cui la manutenzione viene eseguita.
N.B. si tratti di stime e quindi sono soggette a verifiche.
Vi sono delle condizioni previste per poter effettuare accantonamenti periodici a questo
fondo sono le seguenti:

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1) Si tratta di manutenzioni che verranno sicuramente eseguite, perché già pianificate,


a intervalli periodici;
2) Vi è la ragionevole certezza che il bene continuerà ad essere utilizzato dall’impresa
almeno fino al prossimo ciclo di manutenzione;
3) La manutenzione ciclica non può essere sostituita dalla manutenzione ordinaria, i cui
costi vengono sistematicamente addebitati all’esercizio.

2) FONDI ACCESI PER RISCHI


Sono fondi costituiti per fronteggiare rischi specifici d’impresa e sono caratterizzati
dall’incertezza sia nel quantum che nel momento di manifestazione dell’evento. L’evento
per il quale essi nascono può, infatti, non verificarsi mai.
Anche essi accolgono accantonamenti di fine periodo relativi a operazioni che hanno origine
economicamente nell’esercizio in chiusura (o in quelli precedenti) e le cui manifestazioni
finanziarie sono proiettate nel futuro
Tra i fondi accesi per rischi abbiamo:
a) Fondi per perdita su crediti
A fine esercizio, l’impresa valuta l’esigibilità dei suoi crediti, se li dovesse reputare crediti
di dubbia esigibilità, cioè, se valutasse l’insicurezza della riscossione, parziale o totale,
allora può decidere di accantonare un fondo per perdita su crediti. Esistono due
differenti tipi di fondi:
1) FONDO RISCHI SU CREDITI
Esso si calcola sulla percentuale dell’ammontare dei crediti a carico dell’azienda.
È un fondo rischi che si costituisce per la copertura di presunte perdite sui crediti
generici dell’azienda. Si utilizza, a fine esercizio, per coprire le eventuali perdite
relative a crediti sorti in precedenti esercizi che si sono rilevate nel corso del periodo
in chiusura. Può succedere che venga effettuata un’errata stima al momento della
svalutazione. In questo caso, se il fondo risultasse inferiore all’ammontare delle
perdite e le perdite subite non fossero coperte dal fondo resterebbero a carico
dell’esercizio. Nel caso in cui, invece, il fondo presentasse un’eccedenza, questa sarà
portata ai futuri esercizi in quanto il fondo rischi su crediti NON MUORE CON IL
CREDITO.
2) FONDO SVALUTAZIONE CREDITO
Questo fondo per perdita su crediti può essere accantonato solo se, a seguito di
molteplici analisi, si è accertata la dubbia esigibilità del credito. È un fondo rischi che
si costituisce per la copertura di presunte perdite su crediti specifici (crediti
commerciali, crediti verso il cliente x).
Così come il fondo rischi su crediti, si utilizza a fine esercizio per coprire le perdite
relative a crediti sorti in precedenti esercizi che si sono rilevate nel corso del periodo.
A seguito di un’errata stima, se il fondo è inferiore all’ammontare delle perdite, le
perdite subite non coperte dal fondo restano a carico dell’esercizio. Diversamente dal
fondo rischi, se vi è un’eccedenza esso deve essere necessariamente estinto e si
possono seguire due strade:
SOPRAVVENIENZA ATTIVA, ricavo straordinario;
STORNO AL FONDO RISCHI SU CREDITI, in questo modo si incrementa il fondo
generico che può essere utilizzato per qualsiasi tipo di credito.

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I fondi sono tenuti sotto controllo dalla contabilità. Sul risultato di periodo si avrà infatti meno utile.
Questo spesso viene utilizzato per effettuare manovre che abbassano il risultato di periodo.

N.B. Nel caso dei fondi, di qualsiasi tipo, la rettifica è di tipo indiretto. Uso cioè, conti accesi apposta
per la rettifica.

LEZIONE 16
I ratei
Parliamo di operazioni particolari che hanno corso tra due esercizi consecutivi. Affinché
un’operazione sia di questo tipo devono sussistere due condizioni:

1) Devono essere operazioni di durata, devono esser operazioni non interamente comprese in
un unico esercizio e i cui costi o ricavi maturano in un certo intervallo di tempo;
2) Devono essere operazioni a cavallo tra due esercizi consecutivi.

Se valgono queste due condizioni, allora occorre procedere alla ripartizione del valore tra i due
esercizi, che può avvenire secondo due criteri:

 Criterio del tempo fisico, costi e ricavi maturati nello stesso modo per tutto l’intervallo di
tempo, in questo caso, infatti, si presume una ripartizione solo in funzione del tempo. Non è
richiesta giustificazione.
 Criterio del tempo economico, in questo caso si considera l’utilizzo effettivo del bene. È
richiesta una giustificazione sul perché e sul come viene calcolato e suddiviso il valore con i
parametri.

La ripartizione del valore si fonda sull’ipotesi di soggettiva interpretazione del vero, cioè, il soggetto
conosce il fatto aziendale, ma non la suddivisione temporale dello stesso.

Se viene utilizzato il criterio del tempo fisico per suddividere i costi ed i ricavi, si devono utilizzare
delle grandezze che mi permettano di rappresentare i costi e i ricavi che si manifestano in futuro.
Sorgerà una manifestazione finanziaria presunta che verrà rilevata in un conto che avrà il nome di
RATEO ATTIVO, se siamo in presenza di un credito presunto oppure RATEO PASSIVO se siamo
in presenza di un debito presunto. Sono infatti, crediti o debiti presunti relativi a quote di costo o di
ricavo di competenza dell’esercizio in chiusura la cui collegata manifestazione finanziaria avrà
luogo negli esercizi successivi.

N.B. Nel caso dei ratei la rettifica avviene in modo diretto vengono, infatti usati conti già accesi
nell’esercizio in chiusura.
Contabilmente:
A chiusura di esercizio, contabilizzato il –costo/-ricavo all’aspetto originario e il +debito
presunto/+credito presunto all’aspetto derivato, si dovranno chiudere i conti sia al conto economico
che allo stato patrimoniale. In particolare, il conto “rateo attivo/passivo” verrà chiuso allo stato
patrimoniale e sarà quindi soggetto a riapertura. Al momento della riapertura, questo conto viene
chiuso al ricevimento dell’estratto conto della banca a gennaio del successivo esercizio, quando si
manifesta effettivamente la variazione finanziaria.

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Le scritture di storno
Le scritture di storno a differenza di quelle di assestamento, fanno riferimento ad operazioni che da
un punto di vista finanziario abbiamo già rilevato ma che non si sono verificate economicamente.
Per queste scritture usiamo la partita doppia e avremo:

ASPETTO ORIGINARIO
Una riduzione di costi o di ricavi.

ASPETTO DERIVATO
Scritture di trasferimento di costi o ricavi da un esercizio ad un altro. Con le scritture di storno si
realizza una permutazione economica fra valori che esprimono componenti di reddito aventi segno
opposto ed eguale importo.
N.B. Avremo variazioni economiche sia all’aspetto originario che all’aspetto economico.
Tra queste scritture abbiamo:

- I risconti attivi e passivi;


- Le costruzioni in economia;
- Le rimanenze;

I risconti
I risconti ricorrono nelle stesse condizioni in cui ricorrono i ratei:

1) Devono essere operazioni di durata, devono esser operazioni non interamente comprese in
un unico esercizio e i cui costi o ricavi maturano in un certo intervallo di tempo;
2) Devono essere operazioni a cavallo tra due esercizi consecutivi.

Anche se vengono associati per queste due condizioni, i ratei e i risconti hanno logiche e significati
differenti.

Il risconto esprime quote di costo o di ricavo non di competenza, con riferimento ad operazioni che
si sono formate finanziariamente nell’esercizio e sono economicamente “a cavallo” tra l’esercizio in
corso e quello successivo, risconti in senso proprio, o tra l’esercizio in corso e quelli successivi,
risconti pluriennali. Tra i risconti pluriennali abbiamo: aggio e disaggio di emissione, maxicanone di
leasing e oneri di accensione mutuo.

I risconti sono quote di costo o di ricavo che hanno avuto manifestazione finanziaria nell’esercizio
in chiusura, ma sono di competenza di esercizi successivi.
Qualora si tratti di un costo, il risconto è attivo; quando si tratta di un ricavo, il risconto è passivo.

Contabilmente:
A chiusura di esercizio, contabilizzato il –costo/-ricavo all’aspetto originario e il + costo
sospeso/ricavo sospeso all’aspetto derivato, si dovranno chiudere i conti sia al conto economico che
allo stato patrimoniale. In particolare, il conto “risconto attivo/passivo” verrà chiuso allo stato
patrimoniale e sarà quindi soggetto a riapertura. Al momento della riapertura, avremo il conto

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“risconti attivi/passivi iniziali”. Questo conto per funzione sono nell’istante dell’apertura, esso viene
immediatamente chiuso riportando il suo valore nello specifico conto acceso al costo/ricavo che si
era manifestato nel precedente esercizio.

LEZIONE 17
Costruzioni in economia
Le costruzioni in economia sono un modo alternativo mediante il quale un’azienda può acquistare
cespiti ad utilità pluriennale. Se nel corso dell’esercizio in chiusura l’impresa ha sostenuto costi al
fine di fabbricare internamente dei beni strumentali non destinati alla vendita, bensì alla
permanenza all’interno dell’azienda stessa, questi vengono contabilizzati in sede di assestamento. Il
motivo di ciò è che questi costi non sono rilevati in contabilità generale. Questa rileva infatti dolo
manifestazioni dovute ai rapporti che l’azienda intrattiene con i terzi e soprattutto, rileva
manifestazioni di natura finanziaria. Nel caso della costruzione interna del cespite, vengono a
mancare entrambe. Contabilmente ce ne occuperemo quando il bene sarà completato e sarà in grado
di restituire utilità. Tuttavia è necessario dare giustificazione ai terzi dell’esistenza di questo bene.

Andremo a contabilizzare un costo pluriennale perché in azienda è presente un bene a fecondità


ripetuta che ha prodotto dei costi che fino a quel momento non erano stati rilevati. Per il principio di
competenza i costi in esame non sono di competenza perché non sono legati a ricavi di competenza.
Quindi, quando parliamo di costruzioni in economia sono due le cose rilevanti:

1) Il momento in cui la costruzione viene ultimata;


2) Come distribuire la competenza dei costi, a tale proposito esistono due casi:
a) Il completamento della costruzione si verifica nel corso dell’esercizio in chiusura;
b) Il completamento della costruzione si verifica a cavallo tra due esercizi.
Al completamento della costruzione deve avvenire la capitalizzazione dei costi sostenuti, cioè, si
devono trasformare in costi pluriennali. Si tratta semplicemente di uno storno di costo.

Nel caso a) vi sarà solo la capitalizzazione dei costi sostenuti, nel caso b) invece, si dovrà fare prima
l’assestamento e poi, al completamento, la capitalizzazione dei costi sostenuti.
In partita doppia avremo:

ASPETTO ORIGINARIO
-Costo perché viene trasferito ai futuri esercizi;

ASPETTO DERIVATO
+Costo pluriennale a seguito del completamento nel corso dell’esercizio in chiusura;
+Costo sospeso se non viene completo nell’esercizio in chiusura.

Quando effettuiamo queste scritture, si può operare in modo diretto o in modo indiretto. Nel secondo
caso, si parla di storno indistinto cioè si utilizza un solo conto nuovo per rettificare tutti i costi.
Questo è il metodo preferito perché in bilancio il legislatore ha predisposto un conto che racchiude
questi costi “incremento di immobilizzazioni per lavori interni”. In questo modo è possibile passare
direttamente dalla contabilità al bilancio.

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Le rimanenze
Le rimanenze sono beni che l’impesa acquista e che alla data di chiusura dell’esercizio sono ancora
in attesa di destinazione finale.
Tra le rimanenze abbiamo:

- Le materie prime, principali materiali usati per la produzione;


- Le materie sussidiarie, altri materiali usati nella produzione;
- Le materie di consumo, materiali usati indirettamente nella produzione, non vengono
incorporati nei prodotti finiti;
- I prodotti in corso di lavorazione, materiale in corso di lavorazione senza una precisa
identità fisica;
- I semilavorati, parti finite di produzione interna destinate ad essere utilizzate in un successivo
processo produttivo;
- I prodotti finiti, beni che derivano dall’attività di trasformazione compiuta all’interno
dell’impresa;
- Le merci, beni acquistati per essere rivenduti senza aver subito trasformazioni fisiche.

Criterio di valutazione
Il codice civile stabilisce che le rimanenze vengano valutate al costo di acquisto o di produzione. Il
principio generale di valutazione delle rimanenze, prevede di identificare:

- Il costo delle rimanenze che sarà un costo di acquisto per materie prime, sussidiarie, di
consumo e per le merci (rimanenze composte da beni che sono nelle stesse condizioni nei
quali sono state acquistati). Il costo di acquisto comprende anche i costi accessori. Sarà invece
un costo di produzione per i prodotti in corso di lavorazione, i semilavorati e per i prodotti
finiti;
- Il valore di realizzazione che si desume dall’andamento di mercato.

Alla chiusura dell’esercizio, dopo aver identificato queste grandezze, la valutazione avviene
assegnando alle rimanenze il valore più basso tra i due.

Le rimanenze non hanno una rilevazione contabile continua durante tutto l’esercizio, essa è
intermittente perché i loro conti vengono accesi a fine esercizio e immediatamente estinti all’inizio
dell’esercizio successivo.

Il valore che si adotta alla fine di ogni esercizio per la rilevazione delle rimanenze considera ex-novo
le quantità dei beni ed il valore unitario da attribuire. Quindi, la variazione tra rimanenze iniziali e
rimanenze finali e che in conto economico contribuisce alla determinazione del reddito di esercizio,
comprende al suo interno:

1) La variazione della quantità dei beni in giacenza;


2) La variazione dei valori unitari attribuiti a quelle quantità.
Contabilmente:

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Sono legate a cicli economici che non hanno avuto un ricavo si competenza. Hanno generato costi
rilevati in contabilità ma che non sono correlabili a ricavi di competenza. Sono quindi valori da
rinviare al futuro. Per determinare il valore di questi beni, a fine periodo si effettua un inventario.

Anche in questo caso la rettifica può essere effettuate in modo diretto o in modo indiretto. Tuttavia,
come nei casi precedenti, il modo indiretto è il preferito. Questo per due motivi:

1) Si vuole garantire trasparenza;


2) Esiste, come nel caso delle costruzioni in economia, in bilancio un conto che racchiude le
rettifiche già determinato dal legislatore “Rimanenze finali”.
In partita doppia avremo:

ASPETTO ORIGINARIO
-Costo nel conto “variazione delle rimanenze”

ASPETTO DERIVATO
+Costo nel conto “rimanenze finali”
Tra le rimanenze possiamo distinguere:

- Beni acquistati in attesa di trasformazione;


- Beni acquistati o prodotti ma non ancora venduti;
- Beni in corso di trasformazione.
N.B. non è rilevante il tipo, si chiamano tutte “rimanenze finali”.

Per il principio di competenza, è necessario che i costi di materie, merci e prodotti in rimanenza
siano stornati dall’esercizio in corso e rinviati a carico dell’esercizio successivo.

LEZIONE 6-18
Immobilizzazioni e ammortamento
Le immobilizzazioni sono fattori a fecondità ripetuta, cioè partecipano a più cicli produttivi e cedono
la loro utilità nel tempo, sono anche detti fattori pluriennali. La caratteristica delle immobilizzazioni
dipende dalla modalità con la quale questi fattori vengono reintegrati o riconvertiti in forma
monetaria. Per questi fattori infatti la conclusione di un ciclo produttivo consente solo un reintegro
parziale ed è solo alla fine della pluralità dei cicli nell’arco della vita utile del bene che è possibile
ricostruire il valore consumato durante la gestione. I mezzi finanziari utilizzati per l’acquisto del bene
si rigenerano in un arco di tempo pluriennale.
Esistono diversi tipi di immobilizzazioni:

- Immobilizzazioni finanziarie, che hanno carattere finanziario (crediti di durata pluriennale


concessi ad altre aziende e investimenti in titoli).
- Immobilizzazioni tecniche, che costituiscono la struttura operativa dell’azienda. Si
distinguono in beni materiali (macchinari, immobili, terreni) e beni immateriali (brevetti,
licenze, concessioni).

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- Oneri a utilità pluriennale, costi che non si incorporano in beni specifici


- Avviamento, differenza fra il corrispettivo pagato per l’acquisto di un complesso aziendale
funzionante e il capitale netto rivalutato dello stesso.
Ci sono tre fasi che assumono rilievo nell’ambito della contabilizzazione delle immobilizzazioni:

ACQUISIZIONE
Le immobilizzazioni possono entrare in azienda:

- A titolo di godimento, prestato da un soggetto per un certo periodo (costo di natura periodica
per avere usufruito del bene), in questo caso si parla di locazione in senso proprio (affitto)
oppure di leasing;
- Per conferimento da parte dell’imprenditore al momento della costituzione dell’azienda
- Per acquisto a titolo oneroso da fornitori esterni;
- Per costruzione interna mediante l’utilizzo di fattori produttivi aziendali;

L’operazione di acquisto di immobilizzazioni materiali è riconducibile all’operazione di acquisto


di beni e di servizi già vista. Avremo la movimentazione di tre conti, due di natura finanziaria “debito
V/fornitori” e “IVA a credito” ed uno di natura economica relativo al bene acquistato. Esso,
diversamente da ciò che abbiamo visto fino ad ora sarà però un costo pluriennale.

UTILIZZO
L’utilizzo dell’immobilizzazione è caratterizzata da una cessione graduale dell’utilità al processo
produttivo; questa partecipazione si concretizza, sotto l’aspetto economico, mediante la
determinazione di una quota detta quota di ammortamento dove ammortamento è il processo di
ripartizione del costo pluriennale nel tempo di vita utile del fattore che subentra quando il bene è già
in azienda ed è quindi avvenuta la manifestazione finanziaria. E classificato tra le scritture di
assestamento ed è misto tra integrazione e storno. Viene classificato tra le scritture di assestamento
perché permette di ripartire tutti i costi plurimi. Si usa infatti non solo per le immobilizzazioni ma
anche per il maxicanone di leasing, per gli aggi o i disaggi di emissione e per gli oneri di accensione.

L’ammortamento è un processo con cui si esegue sistematicamente (la ripartizione del costo avviene
ex-ante sulla base del piano di ammortamento nel quale si definiscono le modalità attraverso le
quali il costo viene ripartito), secondo un piano prefissato, la ripartizione del costo di beni strumentali
ad utilizzazione limitata nel tempo fra gli esercizi nei quali essi rilasciano la loro utilità rispettando il
principio di competenza.
È importante sottolineare che nessuno ex-post sarà in grado di dire se la ripartizione del costo è stata
effettuata correttamente. Per limitare la soggettività, ci sono delle regole che ci danno informazioni
su come questi costi devono essere ripartiti. Esistono dei vincoli (fissati ex-ante e modificabili solo
in determinate situazioni) che i contabili devono tenere in considerazione. Si vuole evitare che
qualcuno usi tale soggettività per influenzare a suo piacimento il risultato di esercizio:

a) ABBASSANDOLO, imputando all’esercizio quote di ammortamento più alte;


b) ALZANDOLO, si possono in alcuni anni abbassare le quote di ammortamento per poi alzarle
l’anno successivo. Si usa per far vedere ai terzi la bravura nel produrre reddito.

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È fondamentale sottolineare che l’ammortamento si utilizza solo per i beni ad utilità limitata. I beni
che man mano che vengono utilizzati non perdono valore, non sono soggetti ad ammortamento
(opere d’arte). Il motivo di ciò va ricercato nella metodologia del calcolo della quota di
ammortamento:
Costo di acquisto/tempo di utilità stimato

Se il tempo fosse illimitato, avremmo una quota di ammortamento pari a zero. Il costo del bene il cui
valore è illimitato nel tempo o aumenta con l’utilizzo, graverà sull’esercizio in cui è avvenuto
l’acquisto.
La redazione del piano di ammortamento presuppone la conoscenza di:

- Valore da ammortizzare, costituito dal costo di acquisizione delle singole immobilizzazioni


tecniche, aumentato delle eventuali spese di installazione, collaudo, montaggio e diminuito
dell’eventuale valore presunto di recupero finale; nel caso delle immobilizzazioni
immateriali, il valore da ammortizzare è costituito dal costo che si è sostenuto per ottenere il
bene. N.B. il valore presunto di recupero è difficile da stimare perché più lungo è il tempo di
utilizzo del bene, più questo tenderà a zero.

- Vita utile del bene, legata alla durata economica del bene dal punto di vista sia fisico che
economico. La durata fisica è legata all’usura dell’immobilizzazione dovuta al suo impiego
nella produzione. La durata economica è il periodo durante il quale l’azienda fa uso del bene
ed è legata al fenomeno dell’invecchiamento economico (obsolescenza) che può essere più
breve della durata fisica. La durata a cui fare riferimento è la durata economica che dipende
anche dalla manutenzione e dalle migliorie che accrescono la capacita produttiva e la durata
della vita

- Criterio di ripartizione nel tempo del valore da ammortizzare, a tale proposito


distinguiamo differenti criteri:
CRITERI MATEMATICI
Quelli più conosciuti sono il criterio delle quote costanti, crescenti e decrescenti.
1) Criterio delle quote costanti
Si tratta di suddividere il valore da ammortizzare per il presunto numero di anni di vita
utile del bene.
2) Criterio delle quote crescenti
Si tratta di dare al primo anno una quota del costo pluriennale minore e ai successivi una
quota sempre maggiore.
3) Criterio delle quote decrescenti
Si tratta di dare al primo anno una quota del costo pluriennale maggiore e ai successivi
una quota sempre minore.
CRITERI ELSTICO
CRITETI ECONOMICI
Quando parliamo di ammortamento, sappiamo che è già avvenuta la manifestazione finanziaria. Si
dovranno fare quindi della scritture di storno per sistemate costi e ricavi che non sono interamente

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di competenza dell’esercizio. La rettifica avviene in modo indiretto all’interno di un conto


denominato fondo di ammortamento e quindi appare come una scrittura di integrazione.

Fino al 1993 il legislatore consentiva la rettifica in modo diretto, si perdeva negli anni il valore iniziale
del bene. Con il metodo indiretto mantengo separati il valore iniziale del bene e quello rimanente nel
fondo di ammortamento.

Interpretazione dei conti


Dai due conti si possono ottenere numerose informazioni. Ad esempio, se un’azienda ha
immobilizzazioni ammortizzate per il 90% ha dei fattori produttivi ormai “vecchi” e necessita quindi
di ulteriori investimenti. Acquistare tali beni nell’immediato richiederebbe un basso investimento ma
che in futuro ci saranno investimenti di rinnovo globale. Se invece l’ammortamento è basso, si è in
presenza di impianti “nuovi” che se acquistati nell’immediato richiedono alti investimenti ma in realtà
poi non avranno bisogno di manutenzioni.

DISMISSIONE
Il bene viene alienato sul mercato o viene permutato o ritirato. In tutti questi casi, la sua
alienazione deve riflettersi nelle scritture contabili dell’azienda, si richiede che tutti i conti legati a
quel bene cessino di esistere.

La dimissione può dare luogo o ad un costo di dismissione o ad un ricavo che prende il nome, nel
primo caso di minusvalenza e nel secondo caso di plusvalenza. Si origina dal confronto tra il valore
recuperato del bene ed il valore di acquisto del bene.

Il valore recuperato del bene si ottiene in due modi: durante la gestione tramite l’ammortamento e
al momento della cessione tramite il valore recuperato dalla vendita che è il prezzo di cessione.
Il valore d’acquisto è il prezzo di acquisto incrementato degli oneri accessori connessi.

Si presenta una minusvalenza se il valore d’acquisto è superiore al valore di recupero, viceversa per
la plusvalenza.
Si può procedere in due modi per determinare la presenza di una plusvalenza e di una minusvalenza:

1) Confrontare il valore di recupero con il costo di acquisizione;


2) Evidenziare il valore contabile e confrontarlo con il prezzo di cessione.

Per quanto riguarda l’aspetto contabile si procede come una normale vendita stando attenti a rilevare
il costo o il ricavo relativo alla minusvalenza o alla plusvalenza.

Manutenzioni straordinarie sulle immobilizzazioni


Si parla di manutenzione straordinaria quando si punta ad aumentare la vita utile del bene in
questione. Il costo sostenuto per essa va ad incrementare il valore del bene.

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IL BILANCIO DI ESERCIZIO
Il bilancio di esercizio è un documento obbligatorio che viene redatto da chi di dovere all’interno
dell’azienda. Esso è un modello, in quanto, accoglie schematizzandoli, gli effetti del sistema di
operazioni che sono riassumibili utilizzando il metro monetario e che influenzano la ricchezza
aziendale e l’andamento finanziario e patrimoniale.
Al suo interno troviamo due prospetti di sintesi:
1) Il conto economico che contiene al suo interno le variazioni di natura economica:
2) Lo stato patrimoniale che contiene al suo interno variazioni di natura finanziaria. Nello stato
patrimoniale non sono però presenti solo variazioni di natura finanziaria, vi sono anche
componenti di natura economica:
- Di natura pluriennale, costituiscono il patrimonio dell’azienda;
- Componenti economiche sospese.
N.B. lo stato patrimoniale è il prospetto che si pone come collegamento tra un esercizio ed un
altro.

L’obiettivo del legislatore è di rendere obbligatoria la stesura del bilancio in modo che l’azienda possa
rendicontare l’andamento della gestione. È inoltre lo strumento contabile che ci permette di
effettuare una valutazione tra due aziende operanti nel medesimo settore.
Possiamo quindi dire che le funzioni del bilancio di esercizio sono:

- Rappresentare il modo in cui si sono formati il risultato di periodo ed il connesso capitale di


funzionamento;
- Rendere visibile ai terzi i risultati della gestione, infatti, la funzione di rappresentazione può
essere esercitata tanto verso l’interno (ai manager e in generale a tutti coloro che devono
prendere delle decisioni) quanto verso l’esterno (a tutti i soggetti esterni interessati a
conoscere l’andamento aziendale);
- Fungere da rendiconto della gestione;
- Permettere una comparazione tra aziende operanti nello stesso settore.

ITER DI APPROVAZIONE DEL BILANCIO


Viene prima di tutto redatta una bozza dal consiglio di amministrazione, viene successivamente
approvato dall’assemblea dei soci ed infine pubblicato.

La normativa di riferimento
La forma del bilancio dovrà essere adattata in funzione delle necessità dei soggetti fruitori. Ai fini
esterni, esigenze di tutela dell’informazione, fanno sì che il legislatore intervenga dettando la struttura
da dare al bilancio. Dal momento che il bilancio è uno strumento di rappresentazione della situazione
aziendale anche nei confronti dell’esterno, la sua forma non è libera ma è dettata dal legislatore. La
normativa di riferimento è composta da:

- Il codice civile, interviene stabilendo principi e criteri a cui attenersi, detta anche le regole per
formare il bilancio e stabilisce quali siano i documenti da utilizzare per l’informazione esterna.
Presenta al suo interno lo schema rigido sia del conto economico che dello stato patrimoniale.

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- I principi contabili internazionali, e si occupano sia della forma del bilancio sia dei
documenti destinati all’esterno vengono adottati dalle aziende che adottano un bilancio
seguendo un trattamento delle poste differente rispetto a quello nazionale;
- I principi contabili nazionali, sono a supporto della normativa prevista dal codice civile,
vengono elaborati dagli organi che si occupano di bilancio e chiariscono l’applicazione dei
principi di valutazione di alcune poste. Danno delle indicazioni o dei suggerimenti a chi deve
redigere il bilancio cu come trattare quelle poste.

I soggetti obbligati
I soggetto obbligati alla redazione del bilancio sono:

1) Le società di capitali obbligate sia alla redazione che alla pubblicazione;


2) Le società di persone con soci società di capitali.
Le società di persone redigono il bilancio ma il reddito va a confluire al socio quindi non vi è
l’obbligo di depositare il bilancio perché il risultato della gestione poi confluisce nel reddito della
persona fisica che dichiarerà il risultato.

La riforma del D.lgs. 139/2015 entrato in vigore l’1 Gennaio del 2016 ha modificato la struttura del
bilancio a livello del conto economico e dello stato patrimoniale (inserimento o eliminazione di
alcune poste) ed ha inoltre suddiviso le imprese obbligate alla redazione del bilancio in categorie sulla
base dei seguenti parametri:

- Numero medio di dipendenti;


- Totale attivo dello stato patrimoniale;
- Ammontare dei ricavi.
In base a questi parametri distinguiamo:

1) MICROIMPRESE
Sono obbligate a redigere ed a dare pubblicità solo di SP e CE con alcune semplificazioni. Il
D.lgs. determina per questo tipo di imprese un processo di snellimento nell’ambito della
redazione.
Sono esonerate dalla redazione di: Nota Integrativa, Relazione sulla gestione e Rendiconto
finanziario.
Eventuali informazioni aggiuntive possono essere riportate in calce allo SP appunto perché
manca la nota integrativa (ad es. compensi di amministratori e sindaci, azioni proprie, ecc.).

2) PICCOLE IMPRESE
Possono redigere il bilancio in forma abbreviata, ovvero gli schemi di SP e CE, con alcune
semplificazioni, e la Nota Integrativa
Sono esonerate dalla redazione di: Relazione sulla gestione e Rendiconto finanziario
Possono non applicare il criterio del costo ammortizzato per la valutazione di: titoli, crediti
e debiti, è il criterio di valutazione delle poste. È molto complesso e per questo motivo le
piccole imprese sono esonerate.
3) GRANDI IMPRESE

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Il codice civile (artt. 2423-2435 bis) stabilisce che il bilancio d’esercizio delle grandi imprese
si compone di quattro documenti obbligatori e di altri a corredo dello stesso:
- Stato patrimoniale, rappresenta il capitale di funzionamento ed è il collegamento con
la gestione;
- Conto economico;
- Nota integrativa, si usa per esempio per indicare la presenza di un credito rilevante
nei confronti di un cliente specifico;
- Rendiconto finanziario, dà un’idea sulla modalità di formazione dei flussi finanziari;
- Relazione sulla gestione, ci rendiconta sulla gestione con l’analisi di bilancio, gli
obiettivi sono:
a) Chiarire perché l’azienda chiude in perdita;
b) Dare informazioni sugli andamenti della gestione passati e futuri;
c) È un’analisi ed un commento sulla gestione per gli stakeholder.

4) IMPRESE INDIVIDUALI E SOCIETA’ DI PERSONE


Le imprese individuali e le società di persone non sono obbligate al rispetto degli schemi
previsti dagli art. 2424 e 2425 c.c.
Solo ai fini del calcolo delle imposte, si rende necessario redigere la situazione economica
secondo quanto previsto dal codice civile. Il legislatore obbliga a redigere un prospetto per
il reddito ai fini fiscali. Sarà tassato in base alle normative vigenti. Per quanto riguarda le
società di persone, il reddito è separato tra i soci e sarà tassato in base al patrimonio di ognuno
di loro.

Schema dello stato patrimoniale


Lo schema dello Stato patrimoniale, previsto dall’art.2424 c.c., è a sezioni divise e contrapposte,
le attività sono a sinistra, le passività sulla destra.
Per ciascuna sezione vi sono tre livelli di articolazione della struttura:

- Il 1° livello è contrassegnato da lettere alfabetiche maiuscole;


- Il 2° livello è rappresentato da numeri romani;
- Il 3° livello è rappresentato da numeri arabi;
- Il 4° livello, contrassegnato da lettere minuscole, è presente solo per alcune voci.

Il criterio di classificazione dell’attivo è il criterio della destinazione, che presuppone una


suddivisione in due raggruppamenti:

- Attività immobilizzate, beni pluriennali a carattere di materialità e immaterialità;


- Attività correnti (o circolanti), crediti, attività finanziarie non pluriennali.

Il criterio di classificazione del passivo è il criterio della determinatezza delle poste, che
presuppone una suddivisione in due raggruppamenti:

- Fondi rischi ed oneri


- Debiti
A questi si accompagnano altre due voci, indicate separatamente:

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- Fondo di trattamento di fine rapporto, generalmente si accantona una mensilità, è un


accantonamento virtuale e serve per calcolare l’ammontare finale che dovrà essere
eventualmente corrisposto;
- Ratei e risconti passivi, costi e ricavi a cavallo tra due esercizi.

STATO PATRIMONIALE
Attivo
L’attivo rappresenta gli impieghi o gli investimenti che si fanno grazie alle fonti.

A) CREDITI V/ SOCI PER VERAMENTI ANCORA DOVUTI, CON SEPARATA


INDICAZIONE DELLA PARTE GIÀ RICHIESTA.
Sono crediti che la società vanta nei confronti dei soci che hanno sottoscritto le quote di
partecipazione al capitale sociale, ma non le hanno ancora versate.
Il legislatore ha voluto dare importanza al rapporto che intercorre tra i soci e l'impresa.
- Non sono mai a lungo termine;
- Rettificano il patrimonio netto, derivano dal capitale sociale sottoscritto (il capitale sociale è
deliberato, sottoscritto e versato). L'impresa rileva il capitale sociale quando questo oltre ad
essere stato deliberato è anche sottoscritto dai soci (quindi si avrà nel passivo un aumento del
capitale sociale e nell'attivo un sorgere di crediti per versamenti ancora dovuti)
Per quanto riguarda la separata indicazione della parte già richiamata essi sono quella parte dei crediti
verso i soci per la quale la società ha già chiesto il versamento ai soci e questi non li hanno ancora
versati.

B) IMMOBILIZZAZIONI
Impieghi, gli investimenti a medio e lungo termine dell’impresa.
Triplice ripartizione delle immobilizzazioni: immobilizzazioni immateriali, immobilizzazioni
materiali e immobilizzazioni finanziarie.
Vi è la separata indicazione degli importi esigibili entro l’esercizio, che non rientrano nell'attivo
circolante.
N.B. Le immobilizzazioni sono al netto del fondo di ammortamento.
I. Immobilizzazioni immateriali
1) Costi di impianto e di ampliamento
Dati dalle spese di costituzione questi costi possono anche riguardare gli impianti fissi; distinti per
dare al lettore la possibilità di capire se prevalgono i costi di impianto(staticità) o quelli di
ampliamento (l'impresa si sta sviluppando). Valori comuni a più esercizi e cioè sono costi pluriennali
suscettibili di un processo di ammortamento.
2) Costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità
I costi di ricerca qui iscritti sono tutti quei costi che hanno prodotto qualche risultato, quelli di
pubblicità non sono i costi promozionali (esempio paghi 2 prendi 3), non rientrano in questa categoria.
I costi di pubblicità che possiamo capitalizzare sono quelli che hanno utilità futura (costo per un
prodotto che verrà lanciato sul mercato l'anno successivo).
N.B. con la riforma del 2016 i costi di ricerca e sviluppo sono stati separati. Adesso i costi di ricerca
li troviamo al conto economico.
3) Diritti di brevetto industriale e di utilizzazione d’opere d’ingegno

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Sono dei beni che ci permettono di produrre quanto è il suo oggetto per un periodo di 10 anni;
4) Concessioni, licenze, marchi e diritti simili
Sono date da un ente pubblico, sono pluriennali.
5) Avviamento
Non rappresenta l'avviamento della nostra impresa quello di un ramo d'impresa o di tutta un’impresa
che noi abbiamo acquistato.
6) Immobilizzazioni in corso e acconti
Le immobilizzazioni in corso di realizzazione sono valori ma non hanno ancora utilità futura. Gli
acconti sono valori che originano dagli acconti pagati ai fornitori di immobilizzazioni (acquisto
immobile da terzi e non costruzione in economia)
7) Altre
II. Immobilizzazioni materiali
1) Terreni e fabbricati
Non s'intendono i terreni sui quali sono stati costruiti i fabbricati, sono i terreni destinati ad esempio
all'agricoltura o in attesa di costruzioni. I fabbricati vanno distinti in fabbricati di civile destinazione
e fabbricati di industriale destinazione. Il legislatore ci impone di rappresentare questi valori al netto
dei fondi ammortamento accumulati nel tempo. Il legislatore ha privilegiato l'indicazione delle quote
future di ammortamento e quindi dal bilancio pubblico non si percepisce né il costo originario delle
immobilizzazioni né le passate quote di ammortamento
2) Impianti e macchinario
Gli impianti specifici di produzione, i terreni civili, i terreni industriali, i fabbricati civili, i fabbricati
industriali, le attrezzature varie e minute, i mobili e arredi, gli autoveicoli, i sistemi informatici.
3) Attrezzature industriali e commerciali
4) Altri beni
5) Immobilizzazioni in corso ed acconti
III. Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce
Dei crediti, degli importi esigibili entro l’esercizio successivo
1) Partecipazioni in:
L'impresa si costituisce autonomamente e poi può acquistare parte di altre imprese (rami di impresa)
le partecipazioni sono rappresentate da azioni ma queste non si rilevano in bilancio come azioni bensì
come partecipazioni.
Le quote possedute si classificano come azioni o come partecipazioni a seconda dell'intento, dello
scopo, di chi acquisisce le stesse.
Se lo scopo è quello di permanere nelle altre imprese per lungo periodo (scopo strategico) si
classificheranno come partecipazioni, mentre se lo scopo è solo speculativo, cioè di acquisire delle
azioni per poi rivenderle appena il prezzo sia salito, si classificheranno in bilancio come azioni.
La classificazioni dunque come partecipazioni o come azioni dipende dallo scopo di che le detiene.
a) Imprese controllate si ha il controllo quando un’impresa esercita il potere dominante su
un'altra, cioè possiede il 50% +1 azione dell'altra società
b) Imprese collegate si ha una partecipazione di questo tipo quando vi è una partecipazione
rilevante ma non più dominante. Si richiede comunque un minimo del 10% del patrimonio
(che è rappresentato da azioni).
c) Imprese controllanti
d) Altre imprese

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2) Crediti
Il legislatore vuole che si rappresentino tutti i crediti di finanziamento con separata indicazione di
quelli che scadono nei 12 mesi. Il contrario cioè con l'indicazione di quelli che scadranno oltre i 12
mesi sarà da rappresentare nei crediti nell'attivo circolante in quanto considera il sono capitale
impiegato con veloce ciclo di realizzo
a) Verso imprese controllate
b) Verso imprese collegate
c) Verso imprese controllanti
d) Altre imprese
3) Altri titoli
Altri titoli a medio e lungo termine che costituiscono degli investimenti
4) Azioni proprie con indicazione del valore nominale complessivo
Le imprese costituite sotto forma di società per azioni possono acquisire azioni proprie nella misura
massima del 10% del loro capitale sociale. La condizione per l'acquisizione di azioni proprie è di
acquistare le stesse con utili prodotti che andranno in una apposita riserva per l'acquisto di azioni
proprie. Si acquistano azioni proprie per mantenere stabile la quotazione di un titolo (per le società
quotate in borsa). Un altro motivo per l'acquisto di azioni proprie è quando un socio esce da una
società di persone e vende le proprie azioni all'impresa che lascia. Le azioni proprie si classificano
nelle partecipazioni se lo scopo è quello di mantenerle e non di speculare con esse, mentre come
azioni nel capitale netto se lo scopo è quello di rivenderle quando il prezzo sarà salito (cioè di
speculare).

C) ATTIVO CIRCOLANTE
I. Rimanenze
1) Materie prime, sussidiarie e di consumo necessarie per la produzione e trasformazione dei
prodotti, quelle che completano il processo di produzione, quelle che vengono distrutte nel processo
di produzione;
2) Prodotti in corso di lavorazione e semilavorati quei prodotti appena immessi nel ciclo produttivo
e quelli posti alla fine del ciclo produttivo;
3) Lavori in corso su ordinazione cosiddette commesse aperte produzione non finita che transita da
un esercizio ad un altro;
4) Prodotti finiti e merci la conclusione di un ciclo produttivo dopo i semilavorati prodotti delle
imprese di trasformazione che vengono da un’acquisizione (non sono materie prime) delle imprese
commerciali;
5) Acconti costituiscono degli anticipi, dei versamenti, pagati ai fornitori per gli acquisti delle quattro
categorie precedenti;
II. Crediti con separata indicazione per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio
successivo:
1) Verso clienti quelli relativi alla vendita di beni e servizi
2) Verso imprese controllate
3) Verso imprese collegate
4) Verso controllanti (bis: +crediti tributari, ter: imposte anticipate)
5) Verso altri
III. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni rappresentate da quelle attività per
le quali si presume di realizzare un corrispettivo magari nati come attività finanziarie, ma che non

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costituiscono immobilizzazioni, cioè che decidiamo di vendere. Lo scopo di questa partecipazione è


diversa rispetto a quella precedente in questo caso lo scopo è speculativo.
1) Partecipazioni in imprese controllate
2) Part. In imprese collegate
3) Part. In imprese controllanti
4) Altre partecipazioni
5) Azioni proprie, con indicazione del valore nominale complessivo
6) Altri titoli
IV. Disponibilità liquide
1) depositi bancari e postali
2) Assegni
3) Denaro e valori in cassa

D) RATEI E RISCONTI con separata indicazione del disaggio su prestiti


Quota di ricavo di competenza dell'esercizio ma che non ha ancora avuto manifestazione finanziaria
e quote di costi che hanno avuto manifestazione numeraria nell'esercizio in chiusura ma che sono di
competenza futura.

TOTALE ATTIVO
Conti d’ordine
Le partecipazioni nel caso delle immobilizzazioni finanziare hanno lo scopo strategico quindi
l’azienda tende a trattenere per più tempo possibile questo legame.

Le partecipazioni nel caso delle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni
hanno lo scopo speculativo l’azienda tende a rivendere il bene.

Questa differenza implica anche un differente criterio di valutazione, nel primo caso valuto anche
il risultato delle altre aziende, nel secondo caso valuto in base al valore di mercato.
Con il D. Lgs. Nella nota integrativa di devono esplicitare i tipi di rapporti e i valori tra le parti.

Passivo
Il passivo rappresenta le fonti di finanziamento.

A) PATRIMONIO NETTO
I. capitale sociale
Il capitale sociale è dettagliato nella nota integrativa ma più importante è che lo stesso capitale sociale
è rettificato dalla voce A dell'attivo cioè dai crediti verso soci azionisti che hanno sottoscritto parte
del capitale ma che non lo hanno ancora versato.
II. Riserva sovrapprezzo azioni
E' una riserva di capitali.
Essa è stata costituita in sede di un aumento di capitale sociale.

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III. Riserva di rivalutazione


Quando un’impresa svolge la propria attività in un ambiente si ha un'alta inflazione (la moneta perde
valore e in contropartita i beni si apprezzano). Da qui la necessità di rivalutare i beni e bisogna anche
precisare che le rivalutazioni sono fatte tramite una legge di rivalutazione: vige il principio della
rivalutazione del costo originario. Sono riferite ai beni iscritti nell'attivo e gli stessi beni si iscrivono
al costo storico se non vi è una legge di rivalutazione, mentre se vi è una legge di rivalutazione si
iscriverà nell'attivo il maggior valore del bene, cioè il bene rivalutato. La riserva di rivalutazione non
è un valore prodotto dall’impresa, bensì dall'inflazione cha fa sì che i beni si apprezzino.
IV. Riserva legale
Voluta dalla legge che impone di destinare a riserva legale il 5% annuo degli utili prodotti fino ad
ammontare pari a 1/4 o 1/5 del capitale sociale
V. Riserva statuarie
Volute dallo statuto che è il contratto sociale che lega gli azionisti/ soci all'impresa.
VI. Riserva per azioni proprie in portafoglio
Prevista come necessarie per l'acquisto di azioni proprie (che come abbiamo visto possono essere
acquistate sono con utili prodotti nel limite del 10% del capitale sociale e tramite la previa costituzione
di un'apposita riserva che è la medesima.
VII. Altre riserve, distintamente indicate
Sono sempre riserve di utili e non di capitali
VIII. Utili (perdite) portati a nuovo
Utili o perdite sono appunto utili o perdite prodotti nell'esercizio precedente a quello considerato
IX. Utili (perdite) d’esercizio
Variazione che ha subito il patrimonio netto per effetto della gestione. Risultato di sintesi del reddito
prodotto nel conto economico. Parte ideale del patrimonio netto in quanto rappresenta la variazione
che lo stesso patrimonio netto ha subito per effetto della gestione, sono utili che si presume di produrre
e che non sono stati ancora destinati o distribuiti.

B) FONDI RISCHI E ONERI rischi incerti e certi


1) Per trattamento di quiescenza e obblighi simili
Rappresentati da dei trattamenti integrativi (per es. pensioni)
2) Per imposte, anche differite
Imposte differite e non di competenza dell’esercizio; i valori che si rappresentano nell'attivo dello
stato patrimoniale sono al netto dei fondi rettificativi
3) Altri

C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO


Debito che l'impresa ha nei confronti dei dipendenti.
D) DEBITI, con separata indicazione per ciascuna voce, degli importi esigibili
Oltre l’esercizio successivo
1) obbligazioni;
2) obbligazioni convertibili;
3) debiti verso banche;
4) debiti verso altri finanziatori;
5) acconti;
6) debiti verso fornitori;

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7) debiti rappresentati da titoli di credito;


8) debiti verso imprese controllate;
9) debiti verso imprese collegate;
10) debiti verso controllanti;
11) debiti tributari rappresenta il debito per le imposte di competenza dell'esercizio
12) debiti verso istituti di previdenza riferiti o all'INPS o all'INAIL.
13) altri debiti.

E) RATEI E RISCONTI con separata indicazione dell’aggio sui prestiti


Un ricavo che ha manifestazione numeraria nell'esercizio ma che è di competenza futura e un costo
che non ha manifestazione numeraria nell'esercizio ma che è di competenza.
Aggio si ha quando il prezzo di emissione è maggiore del valore nominale del debito
(Obbligazione) emesso.

TOTALE PASSIVO

CONTO ECONOMICO
Il conto economico non è diviso in sezioni contrapposte. L’art. 2425 c.c. prevede una struttura a
scalare, si parte dai ricavi e distolgono tutte le componenti negative. È suddiviso così al fine di
operare una distinzione tra i risultati parziali delle differenti gestioni:

- Gestione operativa;
- Gestione finanziaria;
- Gestione fiscale.
Il D. Lgs. Ha eliminato la gestione straordinaria che si trova ora tra gli oneri di gestione.
La struttura del Conto economico è scalare a due livelli:

- Il 1° livello, contrassegnato da una lettera maiuscola, identifica quattro classi;


- Nel 2° livello, all’interno di ogni classe è presente una classificazione di voci individuate da
numeri arabi.

Anche il conto economico deve essere redatto in ossequio a uno schema rigido predisposto dal
legislatore.

I ricavi, i proventi, i costi e gli oneri devono essere indicati al netto dei resi, degli sconti abbuoni e
premi, nonché delle imposte connesse con la vendita dei prodotti e la prestazione dei servizi. Come
abbiamo già detto, lo schema previsto dal legislatore prevede una struttura scalare, con
l’evidenziazione di risultati intermedi, parziali. Ad esempio, vi è la differenza tra A e B che
rappresenta la differenza tra il valore e i costi della produzione. Il conto economico mette inoltre in
evidenza il risultato prima del calcolo delle imposte, nonché una serie di risultati parziali tesi a porre
in luce il peso di varie aree di gestione.
Esso è articolato in 4 lettere:
Le macro classi A) e B) rappresentano l’area della gestione operativa:

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A) VALORE DELLA PRODUZIONE


Comprende i ricavi, la variazione delle rimanenze di semilavorati, prodotti in corso di
lavorazione, prodotti in corso di ordinazione e prodotti finito, gli incrementi per la vori interni
nonché altri ricavi e proventi con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Il conto italiano si riferisce alla produzione ottenuta (ricavi e non solo). In questa sezione
troviamo infatti altro che differisce dai ricavi di vendita.
La variazione delle rimanenze può essere positivo o negativo in base alla produzione di
valore, quindi se ho 100 in magazzino e l’anno dopo 120 ho incrementato il valore
dell’azienda (non si parla di ricavi ma di INCREMENTO DI VALORE) e quindi in questo
caso sarà positiva. Se invece c’è un decremento del magazzino prodotti finiti ho una
DISTRUZIONE DEL VALORE (anche se legato alla vendita eppure quella sarà già
contabilizzata nei ricavi quindi non posso farlo due volte ecco perché per le rimanenze
funziona così e si trovano lì).
Nel valore stanno anche gli incrementi di immobilizzazioni per lavori interni perché
trattandosi di costruzioni in economia è necessario dire che l’azienda sta incrementando
valore anche in quel senso. Negli “altri” ricavi e proventi sono considerate tutte le cose non
catalogabili nelle altre voci (plusvalenze, sopravvenienze attive, insussistenze, tutti i ricavi
STRAORDINARI). I valori di questa ultima voce non devono essere elevati, hanno infatti
carattere residuale.

B) I COSTI DELLA PRODUZIOE


Ci si riferisce a costi di produzione avvenuta cioè quella per merce venduta o per merce
rimasta in magazzino.
Sono classificati per natura e sono correlabili al valore della produzione. Sono infatti, tutti
costi sostenuti per realizzare la produzione ottenuta.
All’interno si trovano:
- Materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci
- Per servizi
- Per godimento di beni di terzi
- Per il personale…
- …

- Variazione delle rimanenze di materie prime, si tratta di rettificare indirettamente i


costi riportati in B) 6), costi cioè, di materie prime acquistate ma non utilizzare. Costi
da rinviare. Si possono rilevare: -costi e avremo un aumento del magazzino, ho
aggiunto materiale che non si è concretizzato in valore creato, oppure +costi e avremo
un decremento del magazzino perché uso parte delle materie in magazzino per creare
valore.

Seguono nella voce B gli accantonamenti per rischi ma anche altri accantonamenti e oneri
diversi di gestione in cui avremo costi straordinari (non fitti passivi perché quelli sono per
godimento). L’articolazione per i ricavi è meno dettagliata perché il valore può venire o da
attività principali o collaterali ma nel caso dei costi non mi interessa solo da quale tipo di
attività si originano ma anche a che punto e in che momento dell’attività ciò avviene.

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Il risultato più importante del conto economico è la differenza tra ricavi e costi perché
l’azienda vale se crea valore dall’attività principale, dal CORE BUSINESS, l’utile e la
perdita sono troppo banali. La sintesi tra VALORE della produzione e COSTI della
produzione rappresentano il vero risultato anche se dopo il decreto del 2015 queste due lettere
sono stata “inquinate” da valori straordinari.

Le macro classi C) e D) rappresentano l’area della gestione finanziaria, Il legislatore divide i


C) e D) in base a come influenzano il risultato di periodo, se spontaneamente o non
spontaneamente.

C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI


Qui troviamo i costi o i ricavi legati alla gestione dei finanziamenti. Quindi quelli
SPONTANEI, (interessi passivi, oneri accensione mutuo ecc. tutti i modi in cui l’azienda si
finanzia o con cui finanzia, quindi finanziamenti).

D) RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITÀ E PASSIVITÀ FINANZIARIE


È una rettifica di costi o ricavi che provengono dall’applicazione di norme di legge e quindi
dall’esterno.

Il legislatore li distingue perché mettendoli insieme non si poteva comprendere la bravura


dell’azienda nel approvvigionarsi finanziariamente e a gestire in modo ottimale i
finanziamenti a terzi. La rivalutazione non può farci capire a medio lungo termine se l’azienda
sta facendo bene perché si tratta di qualcosa di straordinario.

Alla fine si ha il risultato prima delle imposte (A-B + C-D), le imposte sul reddito dell’esercizio,
correnti, differite e anticipate e l’utile. Il risultato prima delle imposte ci permette di calcolare
l’imposizione fiscale. Le imposte infatti, si calcolano in modo extracontabile secondo una normativa
fiscale TUIR che ci consente di capire il reddito imponibile sul quale calcolare il reddito d’imposta.
Il risultato sarà, il REDDITO ANTE IMPOSTE ± CONTENUTI DELLA NORMATIVA
FISCALE.
Il risultato civilistico e l’imposizione fiscale vengono separati. L’ “influenza fiscale”, è un limite del
bilancio. Una delle prime cose che si deve controllare e verificare è vedere se il bilancio si trova
“inquinato” della normativa fiscale. Le imposte dovrebbero entrare in gioco SOLO alla fine del
bilancio perché si può danneggiare l’azienda non presentando un’immagine veritiera guardando solo
all’imposizione fiscale.

RENDICONTO FINANZIARIO
Il D.lgs. 139/2015 ha reso il rendiconto finanziario un documento obbligatorio del bilancio
precedentemente formato solo da CE e SP. Il bilancio di esercizio è quindi composto da quattro
documenti,
Prima della riforma attraverso il bilancio si metteva in evidenza il capitale netto di funzionamento
allo stato patrimoniale ma non si dava idea ai terzi della risorsa finanziaria (liquidità, cassa, conti
Correnti bancari). Essa è importante perché ci fa capire come l’azienda può far fronte a finanziamenti
in generale. Le risorse finanziarie in bilancio le troviamo nell’attivo circolante dello

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SP, questo però alle banche non bastava per capire l’affidabilità dell’azienda. Lo stato patrimoniale
non è, infatti, affidabile perché risulta essere una fotografia dell’azienda in un certo istante di tempo.
Le grandezze sono momentanee e istantanee ma a chi deve concedere un finanziamento interessa
l’affidabilità nel tempo e cioè che la liquidità nel tempo sia duratura e permanente a medio/lungo
termine. Il rendiconto finanziario mi costruisce i livelli di mantenimento delle risorse durante l’anno
e se ci sono stati dei picchi cioè ricostruisce LE CAUSE delle variazioni delle risorse finanziarie.
Oggi esso è uno dei documenti più importanti perché non è frutto di stime, cosa che invece È
L’UTILE (frutto di opinioni di chi ha redatto il bilancio). La cassa invece no, non è stima, non è
alterata perché la risorsa finanziaria viene rappresentata in modo oggettivo.
Gli analisti finanziari fanno le loro analisi attraverso i flussi di derivazione finanziaria e oggettivi.
I flussi vengono rappresentati SEMPRE per aree: operativa, di investimento e finanziamento.

NOTA INTEGRATIVA
Il quarto documento obbligatorio, costitutivo del Bilancio d’esercizio e previsto dall’art. 2427, è la
Nota integrativa. Essa costituisce parte integrante del bilancio e ne consente una più attenta lettura,
poiché descrittiva dei prospetti precedenti.
Al suo interno essa contiene:

- La descrizione dei criteri di valutazione delle poste di bilancio;


- Il commento delle variazioni intervenute nei valori di bilancio;
- La quantificazione dei dettagli di bilancio;
La nota integrativa assolve alle seguenti funzioni:

1) Descrittiva, illustra i valori inclusi nello stato patrimoniale e nel conto economico chiarendoli
e contribuendo alla loro interpretazione;
2) Integrativa, integra le informazioni che non potrebbero essere fornite ricorrendo unicamente
al linguaggio quantitativo monetario e al modello del bilancio;
3) Esplicativa, chiarisce, spiega il contenuto delle poste dei due prospetti nonché i criteri
utilizzati per la redazione del bilancio, quindi le ipotesi di gestione futura a cui si è fatto
riferimento nelle valutazioni.

Documenti a corredo del bilancio


Il bilancio deve inoltre essere corredato dai seguenti documenti:

 Art.2428 C.c.: Relazione sulla gestione, redatta dagli amministratori che commentano i
risultati presentati in bilancio. È un commento da parte dei soggetti che hanno partecipato alla
redazione stessa del bilancio; in questo modo, agganciano i risultati a motivazioni e
giustificazioni. È un documento fortemente soggettivo e solitamente positivo perché proprio
redatto dagli amministratori stessi. È l’unico documento in cui gli amministratori devono fare
delle previsioni sulle prospettive future dell’attività.

 Art.2429 C.c.: Relazione del collegio sindacale (se previsto)


 Art.2409-bis e seguenti, D.Lgs.58/98 (Legge Draghi): Relazione dei revisori (non sempre
obbligatoria)

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Sono anch’esse composte da commenti sui risultati d’esercizio però fatti da organi
esterni/interni ma con l’obiettivo di capire se chi ha redatto i bilancio si è fatto, ad esempio,
influenzare dalla normativa fiscale o se nelle logiche oggettive ha seguito logiche diverse da
quelle oggettive. Quindi si dà un giudizio sull’affidabilità del bilancio. Queste relazioni sono
presenti nelle società più esposte ai terzi, cioè, quelle di grandi dimensioni.

I principi di redazione del bilancio


In Italia, la maggior parte delle imprese i cui titoli non sono quotati alla Borsa Valori di Milano
devono redigere il bilancio in base alle norme del Codice Civile, integrate ed interpretate dai principi
contabili di emanazione professionale (OIC).
Il sistema normativo civilistico sul bilancio si fonda sui seguenti tre livelli di disposizioni:

- Clausola generale (art. 2423 c.c.);


- Principi redazionali (art. 2423-bis c.c.);
- Criteri specifici di valutazione (art. 2426 c.c.).

Essi sono gerarchicamente ordinati, cioè, il primo livello prevale sul secondo che a sua volta prevale
sul terzo. Questa relazione gerarchica significa che: i criteri specifici di valutazione sono stabiliti
allo scopo di applicare correttamente i principi di redazione e questi ultimi servono a raggiungere gli
obiettivi sanciti nella clausola generale.

LA CLAUSOLA GENERALE
L’art. 2423 c.c. sancisce che “il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in
modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato
economico dell’esercizio”.
La clausola generale consiste in tre attributi che il bilancio deve possedere:

- Chiarezza,
- Veridicità;
- Correttezza.
La chiarezza fa riferimento al requisito della trasparenza, della intelligibilità: un bilancio è chiaro se
è comprensibile, se le modalità di esposizione dei dati e delle informazioni in esso contenute sono tali
da permettere un’agevole informazione non solo a coloro i quali lo hanno compilato, ma alla
generalità dei destinatari che si trovano al di fuori dell’impresa. Il principio della chiarezza, implica:

- Il rispetto dei rigidi schemi di bilancio presenti nel codice civile;


- Divieto di raggruppamento delle voci;
- Divieto di compensi di partite, ad esempio, i crediti e i debiti separati che non sono stati compensati
in contabilità (voci riferite agli stessi soggetti), esse non possono essere compensate in bilancio (si
pensi al caso della permuta, in cui credito e debito in contabilità vanno compensati al pagamento,
quindi in bilancio non si possono compensare).

La chiarezza è un attributo formale del bilancio, attinente alla forma del messaggio, gli altri due
rappresentano attributi sostanziali, poiché attinenti al contenuto del messaggio.

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La veridicità fa riferimento alla necessaria corrispondenza tra la realtà dei fatti aziendali e la
rappresentazione degli stessi in bilancio, si parla di veridicità oggettiva. Però, molti valori sintetizzati
in bilancio sono stimati, l’attributo della veridicità va allargato al concetto di veridicità relativa, fa
riferimento alla credibilità dei valori soggettivi e quindi alla razionalità e alla coerenza del processo
estimato da cui derivano tali valori. L’utilizzo dell’attributo “veritiero” non implica una verità
oggettiva del bilancio.

La correttezza è l’attributo che fa riferimento da un lato, all’aspetto tecnico, cioè riguarda il rispetto
delle regole strettamente contabili e dall’altro, va inteso come imprescindibile attributo morale di
coloro che redigono il bilancio che devono rispettare il loro dovere di informazione con un
atteggiamento onesto e imparziale.

L’obbligo di rappresentazione chiara, veritiera e corretta riguarda sia la situazione finanziaria e


patrimoniale, sia il risultato economico.

Il principio di rilevanza
Con il D. lgs. 139/2015 si è introdotto il principio di rilevanza. Esso è sito al di sopra dei principi
redazionali ma, in termini di valenza però esso è subordinato alle clausole generali quindi esso è sito
nel mezzo. Esso dice che nel non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione,
presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una
rappresentazione veritiera e corretta. Quindi se l’amministratore ritiene alcune informazioni non
siano importanti per i terzi, queste possono essere omesse dal bilancio. Questo principio risulta essere
pericoloso perché non specifica COSA sia realmente rilevante o meno, è una decisione lasciata agli
amministratori senza la condizione oggettiva che fa capire QUANDO qualcosa è considerato
rilevante o meno. Altro aspetto negativo è che nel bilancio bisogna rendere TUTTO ciò che accade
quindi con questo principio in futuro il bilancio potrebbe non rappresentare tutti i fatti accaduti perché
ritenuti poco rilevanti per gli amministratori.

PRINCIPI REDAZIONALI
Al secondo livello dell’impianto normativo del bilancio troviamo i principi di redazione i quali,
rappresentano le linee guida da osservare nel processo di redazione del bilancio, allo scopo di
raggiungere gli attributi cardine che costituiscono la clausola generale del bilancio cioè, la
rappresentazione chiara, veritiera e corretta.
Il codice civile ne individua diversi:

1) Il principio della prudenza


Nelle stime di fine esercizio occorre essere prudenti, ciò significa, non iscrivere in bilancio
gli utili non ancora realizzati (sperati), se non nei casi previsti in modo esplicito ed iscrivere
in bilancio le perdite e i rischi anche se solo presunti, purché la presunzione sia fondata.
Questo principio mira ad evitare il fenomeno dell’annacquamento di capitale, che si produce
quando le attività sono sovrastimate e le passività sottostimane.
2) Principio della continuità della gestione
La valutazione di un bene aziendale deve avvenire ipotizzando la continuazione dell’attività
(e non la liquidazione) dell’azienda stessa.

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Ad esempio, un macchinario utilizzato in un’azienda in funzionamento ha un valore che non


avrebbe nel caso di liquidazione. In questo caso, potrebbe addirittura non valere nulla perché
potrei non riuscire a venderlo in quanto ad un’altra azienda non serve.
Tale principio ha portata applicativa, in quanto influenza notevolmente il risultato del
processo di valutazione.
3) Principio della prevalenza della sostanza sulla forma
Questo principio stabilisce che il trattamento contabile delle operazioni deve tener conto
principalmente della sostanza economica dei fatti di gestione da rappresentare e non della loro
forma giuridica. Un esempio è rappresentato macchinario in leasing con cui il macchinario
entra a far parte dell’azienda solo se riscattato. In altre nazioni il leasing viene rilevato in altra
forma in base al CONTRATTO stipulato, all’ingresso del macchinario viene rilevato
l’acquisto e il sorgere del debito e alla fine del contratto se il macchinario NON viene riscattato
si estingue il debito e il pagamento. In Italia invece sappiamo che non è in base al contratto
ma in base al solo avvenuto riscatto che sorgerà il debito e l’acquisto. Vengono infatti
utilizzati i conti d’ordine.
4) Principio di competenza economica
Per determinare il risultato economico d’esercizio, i costi e i ricavi devono essere attribuiti
all’esercizio al quale competono economicamente, indipendentemente dal momento in cui
avvengono incassi e pagamenti ad essi relativi. Avremo infatti che i ricavi sono considerati di
competenza se legati a cicli economici conclusi, i costi invece se correlati a ricavi di
competenza.
5) Principio della valutazione separata delle voci
È correlato al principio di chiarezza e a quello di prudenza, stabilisce che è fatto divieto di
compensare utili e perdite relativi a poste pertinenti voci diverse degli schemi di bilancio.
La valutazione va fatta distintamente per tutte le voci. Ad esempio la valutazione delle
rimanenze che devono prevedere il confronto tra due valori (confronto non applicabile a tutti
i tipi diversi di rimanenze nel magazzino); quando infatti vado a fare il bilancio non posso
considerare tutte insieme le rimanenze di prodotti finiti, di merci, di materie prime, devo
indicare distintamente nel bilancio tutte le voci anche se il criterio di valutazione è uguale.
6) Il principio della continuità di applicazione dei criteri di valutazione
Tale principio afferma che: “i criteri di valutazione non possono essere modificati da un
esercizio ad un altro”. Quando un’azienda sceglie per una certa voce di applicare un
determinato criterio di valutazione esso deve essere applicato tendenzialmente anche negli
anni successivi (ovviamente deve essere motivata e giustificata la scelta di un criterio
specifico). Se il criterio di valutazione viene modificato, i bilanci non saranno più
confrontabili. Quando ciò avviene, il legislatore chiede di indicare in nota integrativa quale
sarebbe stato il valore se non avessi cambiato criterio.
È correlato al principio della rappresentazione veritiera e corretta e al postulato della neutralità
(il bilancio, poiché si rivolge ad una moltitudine di destinatari, si deve fondare su principi
contabili indipendenti e imparziali verso tutti gli interessati, senza servire o favorir gli interessi
o le diligenze di particolari gruppi), consente di poter comparare i bilanci di più esercizi e
consente di pervenire ad un corretto calcolo del risultato economico dell’esercizio stesso.

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I CRITERI DI VALUTAZIONE
Il terzo livello dell’impianto normativo relativo al bilancio è formato dai criteri di valutazione, che
rappresentano regole da seguire per iscrivere e poi valutare periodicamente gli elementi del bilancio.
I criteri di valutazione sono dettati dall’art. 2426 c.c. e si fa particolare riferimento a:

1) Immobilizzazioni in generale
Le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione. Nel costo di acquisto,
si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi
direttamente imputabili al prodotto.
Ma, Quando si applica uno o l’altro? La scelta è vincolata? L’immobilizzazione entra a far
parte dei beni strumentali dell’azienda attraverso due modalità:
- Con l’acquisto del bene che sarà correlato di fattura;
- Mediante costruzione interna (costruzione in economia).
Nel primo caso riporto il costo di acquisto e nel secondo caso il costo di produzione per la
realizzazione interna. Quindi la scelta del criterio da adoperare dipende da COME è entrata
l’immobilizzazione.
Come già detto, nel costo di acquisto si considerano i costi accessori, bisogna quindi guardare
i principi contabili che indicano tutto l’elenco di costi considerati accessori e computati nel
costo di acquisto.
Nel costo di produzione invece bisogna considerare tutti i costi direttamente imputabili al
prodotto, tutti i costi che sono collegati DIRETTAMENTE (e non lontanamente)
all’immobilizzazione. Ciò per evitare di sovrastimare ciò che ho costruito internamente, e
portare quindi nel capitale netto di funzionamento valori che in realtà considerano costi non
legati l’attrezzatura prodotta.
La relazione diretta deve essere giustificata in nota integrativa.
Il costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali la cui utilizzazione è limitata nel tempo
deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio.
L’immobilizzazione che in data di chiusura risulta a valore nettamente inferiore rispetto al
costo di acquisto o di produzione deve essere iscritta a tale minor valore. Ciò non può essere
mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi di rettifica effettuata. Il costo
infatti riportato in bilancio va confrontato col valore durevole del bene che se è inferiore deve
essere scelto rispetto a quello più alto del costo, ciò sempre per PRUDENZA di non voler
sovrastimare e presentare i bene a terzi per un valore che è più alto di quello reale.
Il calcolo del valore durevole è dato dai principi contabili: viene confrontato il prezzo di
vendita del bene attuale sul mercato con il valore recuperabile dall’utilizzo futuro del bene
(stime dei ricavi futuri dall’utilizzo del bene). Il valore durevole va confrontato quindi con il
costo. Ma è difficile dire quali sono i flussi/ risultati che potrei avere in futuro dall’utilizzo
dell’immobilizzazione. Allora spesso nella prassi viene utilizzato solo il prezzo del mercato
come valore durevole anche se i valore durevole non è semplicemente il prezzo di mercato.
2) Criterio di valutazione delle partecipazioni

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Le partecipazioni sono quote di capitale in altre aziende. La partecipazione può avere un


duplice scopo:
- Strategico, a lungo termine, queste partecipazioni saranno immobilizzazioni
finanziarie;
- Speculativo, site nell’attivo circolante dello stato patrimoniale. L’interesse, in questo
caso, non è a lungo termine ma solo per speculare sulle differenze di prezzo vi è quindi
interesse di rivendere la partecipazione in breve termine.
La distinzione è importante perché i criteri di valutazione variano al variare dello scopo:
- Se le partecipazioni sono strategiche scelgo tra due criteri liberamente: il criterio del
costo di acquisto o il criterio del patrimonio netto (spiegando in nota integrativa
PERCHÈ). SE SCELGO IL COSTO DI ACQUISTO allora le immobilizzazioni vanno
valutate come tutte le altre. SESCELGO IL CRITERIO DEL PATRIMONIO NETTO
la mia partecipazione andrà NON in bilancio al costo ma in funzione della quota di
patrimonio netto che rappresenta. Non sarà uguale al costo di acquisto e potrebbe
variare ogni anno perché il patrimonio netto di una società non è sempre costante nel
tempo (per il risultato di periodo che vi influisce con aumenti o riduzioni di capitale
sociale). Quindi il valore della partecipazione dipende dal patrimonio netto della
partecipata.
- Se le partecipazioni sono speculative, si valutano al costo di acquisto. Se a fine
esercizio il valore di mercato è inferiore la partecipazione va iscritta al valore minore
operando una svalutazione. Negli esercizi successivi tale minor valore non può essere
mantenuto se non ci sono i motivi.
3) Criteri di valutazione dei costi di impianto e di ampliamento e costi di sviluppo
I costi d’impianto sono quelli che l’azienda sostiene alla costituzione, sono costi pluriennali
che non si possono lasciare all’inizio, quindi costituiscono immobilizzazioni perché
rilasceranno la loro utilità nei diversi anni.
I costi di sviluppo/ampliamento invece riguardano la crescita dell’azienda, costi per
sviluppare l’attività, vengono capitalizzati possono essere iscritti nell’attivo con il consenso
del collegio sindacale. Chi redige il bilancio potrebbe anche considerarli di competenza o
pluriennali, ciò permette di manipolare i risultati di periodo andando a influire o sul capitale
netto di funzionamento mostrando più ricchezza dell’azienda o sul reddito d’esercizio facendo
sì di avere uno sgravio fiscale.
I costi di impianto e ampliamento vanno ammortizzati entro e non oltre i 5 anni (così da avere
quasi la stessa incidenza in ogni azienda). Per gli altri beni il periodo e durata di
ammortamento va scelto andando a valutare il tempo d’utilità del bene. Per questi il legislatore
non ci lascia liberi. Nel caso in cui la vita utile nei casi eccezionali sia impossibile da
determinare sono ammortizzati entro un periodo superiore a 5 anni (se non si riesce a dare una
motivazione rispetto la scelta di periodo d’utilità fatta diversa tra i 5 anni).
L’organo di controllo quindi agisce ex-ante perché esprime il suo parere PRIMA
dell’inserimento di questi valori tra i costi pluriennali.
Altra cosa importante è proprio il limite temporale che si dà riguardo questi ammortamenti.
4) Criteri di valutazione dell’avviamento
L’avviamento rappresenta il maggior valore pagato in caso di acquisto di altra azienda
rispetto al valore contabile degli elementi patrimoniali acquisiti.

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L’avviamento è un plusvalore, cioè quello in più che ha l’azienda rispetto ai valori contabili.
Quindi non sempre i valori di bilancio rappresentano quanto un’azienda realmente vale sul
mercato. Sono componenti intangibili che danno all’azienda un plus valore (l’avviamento è
rappresentato dal marchio, fidelizzazione dei clienti, buona posizione sul mercato etc.).
Può essere iscritto nel bilancio, con il consenso del collegio sindacale, se acquisito a titolo
oneroso, nei limiti del costo sostenuto.
QUINDI L’AVVIAMENTO RAPPRESENTATO NEI BILANCIO NON È MAI IL
PROPRIO, MA È DERIVATO E ACQUISITO DA ALTRE AZIENDE (delle quali compro
partecipazioni, parti etc. per le quali è stato pagato un plusvalore, un avviamento). IL
NOSTRO NON ANDRÀ MAI IN BILANCIO.
L’avviamento se è gratuito non va in bilancio.
L’ammortamento dell’avviamento è effettuato secondo la sua vita utile; nei casi eccezionali
in cui sia impossibile determinarne la vita utile, è ammortizzato entro un periodo non superiore
a dieci anni.
Nella nota integrativa è fornita una spiegazione del periodo di ammortamento
dell’avviamento.
5) Criteri di valutazione delle rimanenze
Le rimanenze, titoli e attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti
al costo di acquisto o di produzione, ovvero, al valore di realizzazione desumibile
dall’andamento del mercato, se minore. Tale valore non può essere mantenuto nei successivi
bilanci se ne sono venuti meno i motivi.
Quando a fine periodo si fa l’inventario di magazzino con relativi elenchi si dà il valore di
produzione, si confronta con quello di mercato e si dà quello più basso. Se la valutazione
specifica non è possibile perché la natura del bene non me lo consente allora il legislatore mi
aiuta e mi dà dei metodi che mi aiutano a stimare il costo (per es. quando la natura del bene o
cimeli bene viene immagazzinato non mi permette di capire le quantità specifiche). Un
esempio è quello del latte nel silos che non posso sapere quale quantità all’interno è stata
acquistata da uno o l’altro fornitore a uno o l’altro prezzo.
6) Criteri di valutazione delle rimanenza di beni fungibili
Il criterio generale di valutazione delle rimanenze di magazzino presupporrebbe
l’individuazione e l’attribuzione alle singole unità fisiche dei costi specificamente sostenuti
per le unità medesime.
Qualora tale individuazione non è attuabile a causa dell’entità delle rimanenze e della loro
velocità di rotazione o si tratta di beni fungibili, vengono pertanto effettuate delle assunzioni
sul flusso delle rimanenze e dei costi cui corrispondono altrettanti metodi o criteri alternativi
di determinazione del costo:
- Costo medio ponderato - Secondo tale metodo viene calcolato un prezzo medio
ponderato per tutte le quantità acquistate assunto che le quantità acquistate o prodotte
in un certo periodo
- FIFO – First in, first out – Secondo tale metodo viene assunto che le quantità
acquistate o prodotte in epoca più remota siano le prime ad essere vendute od utilizzate
in produzione; per cui restano in magazzino le quantità relative agli acquisti o alle
produzioni più recenti. Potrebbe comportare un aumento di utili quando i prezzi
aumentano ed una diminuzione di utili quando i prezzi diminuiscono.

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- LIFO – Last in, first out – Tale metodo assume che le quantità acquistate o prodotte
più recentemente siano le prime ad essere vendute od utilizzate in produzione; per cui
restano in magazzino le quantità relative agli acquisti o alle produzioni più remote.
Tende a comportare una riduzione di utili quando i prezzi aumentano ed un aumento
di utili quando i prezzi diminuiscono.
Tali metodi in caso di stabilità dei prezzi producono risultati similari; al contrario, in periodi
di prezzi ascendenti o discendenti, producono risultati differenti.
7) Criteri di valutazione dei lavori in corso su ordinazione
Sono valori iniziati ma non completati, sono pluriennali, non si può stabilire il costo di
acquisto che sarebbe quello di produzione ma non essendo ancora completato non c’è allora
si considera il valore dei prezzi/corrispettivi maturati con certezza fino a quel periodo. Di
solito si fanno dei piani riguardo i corrispettivi di ogni periodo, questa scelta riguarda il
principio di prudenza (perché devono essere maturati con ragionevole certezza), e il principio
di competenza (perché io sto addossando costi maturati solo sulla parte completata).
8) Criteri di valutazione dei crediti e dei debiti
All’interno di essi vanno distinti i crediti e debiti commerciali e finanziari. Il credito/debito
è commerciale se originano dal circuito della produzione mentre quelli finanziari si originano
dal circuito di finanziamenti a terzi/da terzi.
- Crediti commerciali si valutano al presumibile valore di realizzo (vanno iscritti al
loro valore al netto di eventuali fondi svalutazione crediti, che di fatto non vanno in
bilancio perché influiscono direttamente sui crediti).
- Debiti commerciali vanno al valore nominale (cioè quello di rimborso, all’inizio
l’intero e poi pian piano quello da rimborsare).
- I crediti/debiti di natura finanziaria si valutano in base al criterio del costo
ammortizzato che tengono conto del fattore temporale e di presumibile realizzo. Nel
caso dei prestiti dati o ricevuti potrebbero avere variazioni in base al tempo per le
oscillazioni di mercato, ecco perché il valore si aggancia in qualche modo al tempo
oltre che al valore stesso, quindi essi son agganciati ad un certo tasso.
Criterio costo ammortizzato: è definito come la somma algebrica dei seguenti valori:
- Il valore iniziale (in genere rappresentato dal fair value) dell’attività o passività
finanziaria;
- Meno i rimborsi di capitale
- Più l’ammortamento della differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza, che
viene calcolato con il criterio dell’interesse effettivo, ossia il tasso che rende la
somma dei pagamenti o incassi annui attualizzati uguale all’importo iniziale.

L’applicazione di questo principio non riguarda i crediti e i debiti commerciali. In


queste operazioni, infatti, i tempi di incasso e di pagamento si presentano di norma
brevi e la componente finanziaria (interessi espliciti o impliciti) non assume rilievo.
Deve invece essere applicato ai crediti e debiti di natura finanziaria. Tale modalità di
valutazione tiene conto delle differenze tra tassi di interesse nominali e tassi effettivi,
in particolare impone di ripartire (ammortizzare) le componenti di reddito finanziarie
(interessi) lungo la durata dell’operazione.

Per i crediti, può accadere che l’importo concesso sia:

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- Inferiore a quello di rimborso, di conseguenza si generano ulteriori proventi che


generano un tasso di rendimento effettivo più alto di quello nominale;
- Superiore a quello di rimborso, di conseguenza si generano ulteriori costi che generano
un tasso di rendimento effettivo più basso di quello nominale;
Per i debiti, può accadere che l’importo ricevuto sia:
- Inferiore a quello di rimborso, di conseguenza si generano ulteriori costi che generano
un tasso effettivo più alto di quello nominale;
- Superiore a quello di rimborso, di conseguenza si generano ulteriori proventi che
generano un tasso effettivo più basso di quello nominale;
9) Criteri di valutazione degli strumenti finanziari derivati
Gli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri strumenti finanziari, sono
iscritti al fair value. Le variazioni del fair value sono imputate al conto economico oppure, se
lo strumento copre il rischio di variazione dei flussi finanziari attesi di un altro strumento
finanziario o di un’operazione programmata, direttamente ad una riserva positiva o negativa
di patrimonio netto.
Gli elementi oggetto di copertura contro il rischio di variazioni dei tassi di interesse o dei tassi
di cambio o dei prezzi di mercato o contro il rischio di credito sono valutati simmetricamente
allo strumento derivato di copertura.
Si considera sussistente la copertura in presenza, fin dall’inizio, di stretta e documentata
correlazione tra le caratteristiche dello strumento o dell’operazioni coperti e quelle dello
strumento di copertura.

Bilancio civilistico e bilancio IFRS


Il Regolamento dell’Unione Europea n. 1606 del 19 luglio 2002 ha stabilito che, a partire dal 1
gennaio 2005, tutte le società dell’UE quotate su un mercato regolamentato sono obbligate
all’adozione dei principi contabili internazionali (IFRS/IAS) nella redazione dei bilanci consolidati.
In Italia, tale regolamento è stato recepito con il decreto legislativo n. 38 del 28 febbraio 2005.
Questo prevede la possibilità di redigere il bilancio di esercizio utilizzando i principi contabili
internazionali (IAS).

N.B.
- IRFS (nuova denominazione) INTERNATIONAL FINANCIAL REPORTING
STANDARDS;
- IAS (vecchia denominazione) INTERNATIONAL ACCOUNTING STANDARDS.
Andiamo ad effettuare un confronto:

Criterio di valutazione
BILANCIO CIVILISTICO: il criterio di valutazione è il criterio del COSTO STORICO gli
elementi patrimoniali vengono inizialmente rilevati a valori storici, cioè, a valori espressivi delle
condizioni e del momento di acquisizione. Il medesimo bene, ad esempi, può essere rilevato a valori
differenti semplicemente perché acquistato in momenti differenti. Nel caso in cui, da un anno ad un
altro il valore del mio bene diminuisca, si considererà il valore minore, ovvero, il valore di mercato.

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Il limite di questo criterio è legato al fatto che, nel caso però di aumento di valore ci si mantiene
comunque sul valore più basso.
IFRS: il criterio di valutazione è il criterio del FAIR VALUE che può essere definito come prezzo a
cui un’attività potrebbe essere scambiata o una passività liquidata in una transazione tra parti
consenzienti e consapevoli. Alla data di acquisizione, costo storico e fair value coincidono. La
differenza sta nel fatto che i valori esposti in base al fai value sono valori correnti, che potremmo
corrispondere al corrispettivo in una vendita possibile in quella data.

Attendibilità delle informazioni


BILANCIO CIVILISTICO: le informazioni sono considerate attendibili perché vi è l’obbligo di
utilizzo del criterio del costo storico.
IFRS: a causa dell’utilizzo del criterio di valutazione FAIR VALUE, le informazioni sono ritenute
volatili. Questo parametro è considerato più incerto. La quantificazione del fair value non è
considerata attendibile per tutte le poste di bilancio, in quanto, questo parametro a volte è poco
documentabile, oppure, l’attendibilità del dato può essere poco garantita o discutibile.
I principi contabili internazionali concedono l’utilizzo del fair value solo per alcune poste dello stato
patrimoniale.

Principio di prevalenza della sostanza sulla forma


BILANCIO CIVILISTICO: prevalenza di forma su sostanza prima del 2016, dal 2016 questa
differenza è stata abolita e anche noi abbiano recepito il principio della sostanza sulla forma
IFRS: prevalenza della sostanza sulla forma

Formato di presentazione
BILANCIO CIVILISTICO: Il formato di presentazione è rigido e strutturato obbligatoriamente
secondo le richieste di legge ed è analitico.
IFRS: non è previsto un formato rigido per i prospetti di bilancio, ma sono richiesti solo contenuti
minimo, espressamente dettagliati nelle note di bilancio. È suscettibile di adattamenti; quindi facilita
il ritrovamento di un punto di incontro tra le normative di diversi paesi riguardo le norme di bilancio
però ciò oscura chiarezza, comparabilità nel tempo e nello spazio (che può esserci se i bilanci hanno
lo stesso schema).

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