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PARTE 0 – Introduzione

Corporate governance  diverse teorie lungo il tempo.

 Milton Friedman: obiettivo dell’azienda è massimizzare il profitto, massimizzare il valore per gli azionisti! Massimizzare
quindi il prezzo delle azioni in maniera etica e sensata. Abbiamo Stockholders che devono veder massimizzato il loro
valore. Poi abbiamo Bondholders, il mercato finanziario e la società. Queste forze fanno pressione sul manager.

Milton Friedman sceglie gli stockholder per due motivi: il primo è che il prezzo delle azioni è facilmente misurabile; il secondo è che
sono gli attori meno tutelati nel quadro descritto sopra. In particolare, se facessimo una graduatoria avremmo:

- Dipendenti: tutelati da contratti di lavoro e clausole;


- Competitor: non ammesse pratiche di concorrenza sleale;
- Banche e obbligazionisti: covenant e clausole di restrizione del debito (contratti);
- Azionisti: capitale di RISCHIO, nessuna tutela legale come gli altri stakeholders descritti sopra (hanno però lo strumento
del potere decisionale e dell’influenza esercitata all’interno del consiglio di amministrazione).

PROBLEMA DI AGENZIA: Azionisti  CdA  Manager. Il problema viene risolto con maggiori strumenti di controllo dell’impresa da
parte degli azionisti (hanno potere sul CdA e ne nominano i membri, che licenziano e assumono i manager) + remunerazione dei
manager in base alla performance aziendale. La remunerazione serve per allineare gli interessi del manager a quelli dello
shareholder.

Nel dettaglio gli strumenti si compongono di: STOCK OPTION (opzione call per incentivare il manager a far salire il prezzo
dell’azione), ma questo crea dei problemi perché magari il manager è più incentivato ad una performance di brevissimo periodo per
massimizzare il proprio guadagno derivante da stock option; CATEGORIE DI AZIONI (classe A, B, C), la prima dà diritto di voto, la
seconda non può essere negoziata, la terza non dà diritto di voto ed è la più debole e comune tipologia di azione.

IMPORTANZA DEI MECCANISMI DI CORPORATE GOVERNANCE E ESG  vedi le slide


PARTE I.1 – Analisi e pianificazione finanziaria: bilancio, riclassificazioni, rendiconto finanziario e flussi di cassa

Base decisionale del CFO sono i flussi di cassa

- Futuri
- Passati (ci concentriamo su questi, vediamo se investimenti passati hanno generato cash flows)

La nostra azienda negli ultimi 3 anni ha generato o bruciato cassa (non necessariamente positivo e negativo possono anche essere
entrambi positivi o negativi). Dobbiamo ricavarci i flussi di cassa: rendiconto finanziario che noi troviamo in bilancio non è
necessariamente quello che ci dice la cassa generata o bruciata. Di che cosa abbiamo bisogno per arrivare a FREE CASH FLOW
OPERATIVO e FREE CASH FLOW EQUITY? Ci serve CE e SP + nota integrativa. NB: manager finanziario è intermezzo tra mercato
finanziario e azienda.

RICLASSIFICAZIONE: per il balance sheet ci serve riclassificazione per pertinenza gestionale (no liquidità) perché mette in evidenza
delle macro-voci che sono utili a capire i flussi: CAPITALE CIRCOLANTE NETTO (working capital), NFP (Net financial position) e
CAPITALE INVESTITO NETTO OPERATIVO. Per il conto economico invece ci servono FATTURATO e COSTO DEL VENDUTO (rivedi
Programmazione e Controllo) + PRODUZIONE e VALORE AGGIUNTO (EBITDA, financial accounting).

Stato patrimoniale, lo riclassifico per pertinenza gestionale. Nell’attivo


avrò attività caratteristiche correnti (no a breve termine ma RICORRENTI,
ovvero quelle cose di cui la mia azienda ha sempre bisogno ad esempio
crediti verso clienti, inventory e magazzino, ratei e risconti e altre attività
correnti) nella contropartita passiva abbiamo passività correnti (debiti
verso fornitori, ratei e risconti, altre attività correnti TFR per l’esame è
corrente ma nella realtà è una PASSIVITA’ FINANZIARIA non corrente. I
fondi TFR e dipendenti sono un esborso certo e crescono ad un tasso di
interesse basso che esiste, rivalutazione ISTAT. Le agenzie di rating
prendono debito TFR e lo mettono diretto nei debiti finanziari). Queste
due sommate danno capitale circolante commerciale. Poi attività non
correnti e passività non correnti (ovvero tutte le passività finanziarie). La
cassa invece nella riclassificazione per pertinenza sta a parte, ci servirà per la NFP.

1. Capitale circolante netto  Crediti commerciali + Scorte a magazzino (inventory) – Debiti verso fornitori. Se maggiore di
0 assorbo liquidità se minore di zero genero liquidità.
2. Capitale investito netto operativo (CINO)  grandezza stock che ottengo facendo CCC + ION (Immobilizzazioni Operative
Nette, immobilizzazioni al netto dei fondi ammortamento)

La mia riclassificazione sarà

CCC PFN
ION EQUITY

Posizione finanziaria netta  passività finanziarie – cassa = NFP (ma come definiamo la cassa?). Perché la PFN è
importante? Ci dice se l’azienda ha cassa per ripagare i debiti che ha, se PFN è negativa l’azienda ha più cassa che debito.
Indicatore veloce che assume: se io volessi ripagare tutti i debiti che ho con la cassa a mia disposizione quanto mi
rimarrebbe?

NB: PROBLEMI DEL CIRCOLANTE SE NON GESTITO BENE: arma a doppio taglio. Evergrande: real estate developer cinese, non
pagava i debiti e ha rischiato di far collassare economia cinese. Se non si pagano debiti allora si genera cassa, ma prima o poi i
fornitori non forniscono e tagliano forniture. Bisogna stare attenti. Evergrande aveva 300 bln di debiti. I borrowings (debiti
finanziari) non aumentano mentre debiti totali aumentano quindi vuol dire che i debiti con cui si stava finanziando erano tutti verso
i fornitori.

NB: Si possono cedere i crediti a sconto e generare liquidità, ho tolto rischi in bilancio e generato cassa (factoring e reverse
factoring, si invita il debitore a pagare dopo). Sono POLITICHE DI GESTIONE DEL CIRCOLANTE, in maniera coerente con la POLITICA
FINANZIARIA.
EBITDA: è importante perché sopra EBITDA (Gross Margin Operativo, margine operativo lordo) abbiamo solo voci con costi e
guadagni monetari, è una proxy dei flussi di cassa, quello che ho prodotto quest’anno.

INDICI (QUOZIENTI) DI BILANCIO:

 NFP/EBITDA* = il ratio che riassume la leva finanziaria (lascia stare DEBIT/EQUITY). Cosa riassume questo ratio?

Es. 100/50 = 2

100 milioni di PFN, 50 mln di cassa prodotta (approssimativamente, perché EBITDA non è esattamente flusso di cassa e soprattutto
ricordati: È OPERATIVO!!!) quest’anno. Vuol dire che con la cassa prodotta in un anno ci metto due anni a pagare il debito residuo.

 PRICE/EARNINGS* = quante volte è il prezzo rispetto agli utili netti che genera (attesi)? È informativo rispetto alle
aspettative di crescita dell’utile netto; È esplicativo della qualità dell’utile netto;
 EARNINGS/PRICE* = costo del capitale, ovvero quanti utili mi danno per ciò che pago? Il reciproco del P/E (dove earnings
è sempre una quantità attesa) è una prima indicazione del costo del capitale azionario atteso dal mercato. Infatti EA /P =
stima del costo del capitale azionario atteso. Dal confronto tra il costo del capitale azionario atteso e il rendimento
effettivo, dipende la creazione o la distruzione di valore delle azioni;
 PRICE/BOOK VALUE* = valore di mercato rispetto al valore contabile (capitale netto contabile). Si ottiene dividendo il
prezzo corrente delle azioni per il valore contabile delle azioni stesse: quando P/BV > 1, significa che il mercato ritiene che
il valore economico del patrimonio netto è stimato superiore al valore del patrimonio netto contabile (aspettative);
PARTE I.2 – Analisi e pianificazione finanziaria: il rendiconto finanziario

Il rendiconto finanziario (o cash flow statement) è il prospetto redatto allo scopo di analizzare e spiegare la crescita o la riduzione
della liquidità (cassa) di impresa. Il rendiconto finanziario:

 Utilizza i flussi monetari (uscite ed entrate di cassa) e non i costi e ricavi;


 Offre una descrizione completa della dinamica finanziaria aziendale, suddivisa nelle diverse aree gestionali.

Per costruire il rendiconto finanziario sono necessari alcuni dati di input:

 Stati Patrimoniali degli ultimi due esercizi, riclassificati per pertinenza gestionale
 Conto Economico dell’esercizio appena concluso, riclassificato indifferentemente a fatturato e costo del
 venduto o a produzione e valore aggiunto
 riori informazioni relative agli accadimenti aziendali infra-annuali

Tramite queste informazioni di input è possibile ottenere come output i flussi di cassa generati e/o assorbiti durante l’esercizio
analizzato. La metodologia di redazione del rendiconto finanziario prevede di determinare, secondo un preciso ordine gerarchico, i
flussi di cassa afferenti alle diverse aree gestionali, per pervenire in ultima battuta al flusso di cassa complessivo di gestione. Vanno
quantificati i flussi di:

a. Gestione corrente (processo di acquisto, trasformazione e vendita);


b. Gestione operativa (investimenti/disinvestimenti operativi);
c. Gestione finanziaria (debiti finanziari e interessi/proventi finanziari);
d. Gestione delle voci di capitale netto (aumenti/diminuzioni di capitale, dividendi…etc.).

RENDICONTO: Perché è importante? È strutturato in modo tale che riusciamo ad isolare le componenti dalle quali la nostra azienda
genera cassa. Si può generare grazie a vendite, ma anche incasso immediato o dei crediti o cessione credito, ma anche gestione
circolante, oppure mutuo, oppure aumento capitale, oppure vendita asset non strategico. Andiamo a vedere i flussi di gestione
corrente, gestione operativa (investimenti e disinvestimenti operativi, per vendere devo fare investimenti!) e gestione finanziaria
(debiti finanziari) e infine capitale netto. Input è SP a pertinenza gestionale + CE riclassificato (+ eventuali info). Quando
complessivo flusso di cassa si trova con i diversi FLUSSI sommati tra loro abbiamo certezza (vedi i quattro flussi da sommare nella
slide).
+ EBIT  Reddito operativo

- IMPOSTE AFFERENTI LA GESTIONE CORRENTE  calcola con tax rate 33% su EBIT (se non vengono già date in assoluto)

+ AMMORTAMENTI  D&A

= EBITDA  Flusso di circolante della gestione corrente (autofinanziamento potenziale)

+/- DELTA WORKING CAPITAL  variazione del capitale circolante netto

= OPERATING CASH FLOW  flusso di cassa della gestione corrente (autofinanziamento reale)

- INVESTIMENTI  lo trovo facendo immobilizzazioni anno 1 – immobilizzazioni anno 0 + ammortamenti! (CAPEX)

+ DISINVESTIMENTI  NB: sono flussi in entrata (o in uscita, se investimenti) per disinvestimenti (o investimenti) OPERATIVI!!!

= FLUSSO DI CASSA DELLA GESTIONE OPERATIVA  risorse disponibili per il pagamento dei creditori finanziari terzi e degli azionisti

+/- DEBITI FINANZIARI  variazione delle passività finanziarie

- ONERI FINANZIARI

+ PROVENTI FINANZIARI  ho delle tasse da pagare sui proventi oppure dei crediti sugli oneri (crediti o debiti verso lo stato)**

+/- DELTA TASSE**  credito o debito di imposta su rispettivamente su oneri (interessi) o proventi finanziari

+/- INVESTIMENTI o DISINVESTIMENTI NON OPERATIVI  (vedi esempio Enel ricorda!) + ricordati anche le TASSE da pagare!

= FREE CASH FLOW to EQUITY  flusso di cassa disponibile per gli azionisti (residual claimant)

- DIVINDENDI DISTRIBUITI

+ DELTA CAPITALE SOCIALE  aumento o diminuzione del capitale sociale a pagamento

= DELTA LIQUIDITA’

GLOSSARIO

FLUSSO DI CASSA DELLA GESTIONE CORRENTE: Ammontare di risorse monetarie generate o assorbite dalla gestione corrente nel
corso dell’ultimo esercizio. Il punto di partenza per il calcolo del FCGC è il reddito operativo (EBIT), in quanto esso rappresenta il
margine economico (contabile) della gestione corrente. L’EBIT va poi “corretto”: vanno sottratte le imposte di esercizio che
afferiscono alla gestione corrente; va sommato il valore degli ammortamenti, in quanto essi non costituiscono un costo monetario.
Dalla correzione dell’EBIT si ottiene il flusso di autofinanziamento potenziale, cioè il flusso che l’impresa potenzialmente
originerebbe dalla gestione corrente se tutti i ricavi fossero stati riscossi e tutti i costi fossero stati pagati (EBITDA). A tale flusso
deve essere poi sottratta/sommata la variazione positiva/negativa del capitale commerciale circolante (CCC), sintesi dei ricavi non
ancora riscossi e delle scorte non ancora trasformatesi in entrata, al netto dei costi per acquisti non ancora.

FLUSSO DI CASSA DELLA GESTIONE OPERATIVA: Rappresenta l’ammontare di risorse disponibile per il pagamento di creditori
finanziari terzi e degli azionisti. Si ottiene sommando al flusso di cassa della gestione corrente i flussi afferenti alle operazioni di
investimento e disinvestimento operativi. In particolare, gli investimenti in immobilizzazioni materiali, operative e finanziarie
costituiscono impieghi, ed originano flussi di cassa in uscita. Viceversa, i disinvestimenti rappresentano fonti, e determinano flussi
di liquidità in entrata per l’impresa.

FLUSSO DI CASSA DISPONIBILE PER GLI AZIONISTI: è il flusso di cassa di gestione operativa “depurato” delle voci che concernono le
variazioni di passività finanziarie ed oneri/proventi finanziari, posto che i creditori hanno priorità nel pagamento mentre gli azionisti
sono residual claimant. NON è dividendo, un FCFE negativo e distribuire dividendi; ma non è sostenibile nel lungo periodo!

FLUSSO DI CASSA COMPLESSIVO DELLA GESTIONE: Rappresenta il saldo monetario di periodo e si ottiene sommando
algebricamente tutti i flussi di cassa.

NB: esistono purtroppo le imposte anticipate e differite (cash tax), noi quando andiamo a pagare imposte dovremo distinguere
tra imposte afferenti alla gestione corrente e pagamento imposte relative a imposte di altri anni. Avremo voce che si chiama
DELTA FONDO IMPOSTE, che va a correggere le imposte anticipate e differite nel calcolo del cash flow.

CAPEX = Immobilizzazioni finali (t) – Immobilizzazioni iniziali (t-1) + ammortamenti (t).


PARTE I.3 – Analisi e pianificazione finanziaria: il rendiconto finanziario

CURIOSITA’: esercitazione e approfondimento sul bilancio: rating agency  paper e packaging. La riclassifica di un bilancio non è
mai uguale. L’agenzia di rating ha obiettivo di capire tra quanti anni fallirà la nostra azienda. Per ogni settore e per ogni azienda
guarda margini, flussi e grandezze diverse. Bisogna capire la meccanica dietro l’analisi dei flussi, sono diversi per ogni azienda. Es.
indicatore RETAINED CASH FLOW, flussi di cassa operativi al netto di investimenti e disinvestimenti. Grandezze diverse e invenzioni.
Es. FFO (net income + amortization)…giocano sugli indici in base ai settori.

PUNTO DI VISTA DELL’ANALISTA ESTERNO (come trovo i dati?): il processo integrato di pianificazione finanziaria prevede la
redazione di tre documenti di supporto:

1. Cash Budget <per la struttura del Cash Budget fare riferimento ai Fogli Excel SS 01>

2. Rendiconto finanziario preventivo (cash flow statement)

3. Bilancio prof forma previsionale (Stato Patrimoniale e Conto Economico)

Analista interno cash budget me lo costruisco, ma se sono analista esterno all’azienda non ho cash budget, come faccio? Lo
vedremo dopo. Oggi dovremo arrivare a tre output: BUDGET DI CASSA, CASH FLOW STATEMENT (rendiconto finanziario
preventivo), CE e SP. Nell’Excel abbiamo i nostri dati di partenza  abbiamo chiuso il nostro bilancio al 31/12/x e abbiamo questi
dati (NB: tasso di crescita ritorna anche nelle assumption nel modello di Gordon per valutazione azioni + ricordati che nel breve hai
tante cose che influenzano e puoi andare alto, mentre nel lungo periodo devi essere più conservativo nelle assumption).

EBITDA: non è una misura di bilancio! Se apriamo principi contabili internazionali non troviamo EBITDA. È una non-GAAP measure
(General accepted accounting principles), disclosed outside of financial statements. Per arrivare all’ebitda:

 ricavi * 1.2 (stima di crescita del 20%) = 600


 (delta) variazione delle scorte: 100*1.1 (stima crescita del 10%) – 100 = 10
 Acquisti: -300 * 1.2 (stima di crescita del 20%) = (36)
 Lavoro: -100 * 1.05 (tasso di crescita 5%) = (105)

EBITDA = 600 + 10 – 360 – 105 = 145

- Ammortamenti (55)

EBIT = 90

DELTA CCC (Variazione del circolante  no stock in sé e per sé di debito e credito, ma modellizzare i giorni. Dipartimento nelle varie
aziende che conosce lo status del pagamento dei vari crediti e debiti. Modellizzarli come stock non ha senso ci sono momenti
favorevoli e sfavorevoli. Meglio ragionare sui giorni medi di pagamento crediti e debiti, quando prendiamo un periodo e
modellizziamo come flow.

Ricorda che CCC = Crediti + Inventory – debiti vs fornitori. Nota bene che i crediti non vengono incassati tutti all’interno dell’anno
ma gli ultimi 4 mesi non ci sono. Anche i debiti stessa cosa praticamente (si pagano i fornitori a novanta giorni, quindi 3 mesi quindi
gli ultimi 3 mesi non li pago). L’azienda FINANZIA il CCC (dato da monitorare soprattutto se non è volontario)  perché
praticamente i tempi di incasso dei crediti sono più lunghi dei tempi di pagamento dei debiti. Viene 20! Ora possiamo sottrarlo al
EBITDA (ergo -20).

EBITDA + (-DELTAccc) = 145 – 20 = 125

- Investimenti (CAPEX) (50)

FCFO = 75

- Oneri finanziari (6)


- Dividendi (35)
- Tasse (65)

DELTA PFN = -31

Non abbiamo ottenuto la stessa grandezza perché non abbiamo messo la variazione dei finanziamenti, ho riclassificato il mio
rendiconto non per arrivare al delta liquidità ma per arrivare al delta PFN (Net financial position). In questo caso è -31. La mia PFN è
variata di 31 mln in più (perché ho bisogno di cassa).
Nella tabella sotto il CFO vuole capire dove abbiamo messo i soldi. Fonti sono 145 mln e 31 mln di cui ho avuto bisogno perché la
mia NFP era negativa di 31 mln. I flussi di liquidità in uscita sono stati DELTAccc, investimenti e imposte.

Ora possiamo fare CE e SP

1. CE alla fine abbiamo fatto tutto il lavoro fino a EBIT a cui dobbiamo sottrarre oneri finanziari (interest) quindi trovo EBT
(utile ante imposte) poi tolgo le tasse e trovo net income (utile netto). Occhio alle assumptions (no troppo conservative
ma neanche pompate, rischio di perdere soldi e credibilità);
2. SP

Crediti 200 Debiti v/fornitori 90


Magazzino 110 Fondo ammortamento 250 + 55 = 305
Investimenti lordi 550 Imposte di esercizio (no anticipate e differite, quelle maturate
le pago anno successivo) 42
Banche passive (a essere precisi è PFN) 85 + 31 = 116
Patrimonio netto (equity iniziale, tolgo dividendi e aggiungo
utile netto anno precedente) 300 – 35 + 42 = 307
Attivo totale 860 Totale passivo e netto 860
PUNTO DI VISTA DELL’ANALISTA ESTERNO (come trovo i dati?)

LBO = compro attivo ad entreprise value (grazie a leva) e rifaccio completamente il passivo e netto. Leverage Buyout. Rivedi questa
parte. (discorso su assumption di enel tutte da rifare dopo shock esogeno guerra).

Nella prospettiva di un analista finanziario esterno un calcolo meno banale riguarda gli oneri finanziari e le banche passive finali
previsionali. In tal caso, l’analista non ha a disposizione gli stessi dati (informazioni riservate e assunzioni che permettono di
costruire il cash budget), quindi si utilizza un metodo semplificato:
PARTE II.1 – Valutazione degli investimenti: il metodo dei flussi di cassa attualizzati

Useremo il VAN. Intanto introduciamo il valore attuale e i flussi di cassa: non tutti i flussi di cassa sono uguali nel tempo e il tempo
ha un rischio. La formula che ci permette di prezzare il valore del tempo è il valore attuale.

C1/(1+r) = VA del capitale  il valore del capitale all’anno 1 oggi (anno 0) è il suo valore attuale

Devo considerare tutti i flussi di cassa e inoltre devo recepire e prezzare il valore del mio tempo (il rischio dei flussi di cassa). NB:
Valore attuale NETTO di un investimento: VAN = - Costi + VA  VAN è il valore attuale dei flussi di cassa futuri promessi
dall’investimento, al netto del valore attuale dei costi sostenuti per l’investimento. Ho 5 metodi per valutare gli investimenti (come
detto useremo il VAN, ma li vediamo tutti e 5):

1. Rendimento medio contabile 

Reddito contabile sono i ricavi al netto di costo ammortamento e tasse. Riferendoci ad un investimento specifico ovviamente.
Invece il capitale investito è i valore Vt-1 al netto degli ammortamenti in t. Se supponiamo il nostro investimento si sviluppa in 5
anni avremo i redditi contabili dei cinque anni diviso 5 e trovo il mio reddito medio contabile. Il valore del capitale al tempo 0 meno
il valore del capitale al tempo 5 e divido per due (perché è una grandezza stock non flow quindi divido per due) e trovo il capitale
investito medio. Faccio rapporto tra reddito medio contabile e capitale investito medio e trovo il rendimento medio contabile.
Questa grandezza ha il problema che tiene in conto gli ammortamenti: ammortamento in sé che non è liquidità + le tasse vengono
alterate se prendo in considerazione gli ammortamenti (reddito ante imposte più basso e imposte quindi più basse). Infine, altro
problema è che non usiamo né flussi di cassa né criterio finanziario del tempo.

2. Tempo di recupero (Payback)  in quanto tempo ho recuperato il mio investimento iniziale?

Due problemi: non considero nell’esempio della slide il flusso di cassa nell’anno 5 e si crea un paradosso (se nell’anno 5 avessi un -
10 di flusso di cassa? Un outflow invece di un inflow? I due investimenti con questo criterio sarebbero uguali ma non lo sono
ovviamente in realtà). Inoltre, il secondo problema è che non
si recepisce il valore finanziario del tempo. C’è anche un
problema di matching dei flussi, non è detto che abbia
l’ammontare esatto per pareggiare l’investimento.

Proviamo a fare tempo di recupero ma scontando i flussi al tasso i (supponiamo 10%), sto risolvendo il problema del valore
finanziario del tempo ma il primo problema non lo risolvo (REGOLA DEL TEMPO DI RECUPERO ATTUALIZZATO, discounted paybcak,
but I still have many problems!).

3. NET PRESENT VALUE = NPV o VAN (in italiano, valore attuale netto) 

VAN toglie investimento iniziale in tempo 0 e somma i cash flow sommati e attualizzati per il tempo. Il VAN è più agevole!

4. TIR = Tasso interno di rendimento

Poniamo sommatoria dei flussi di cassa attualizzati = 0 (VAN = 0) e in questo modo troviamo il TIR. È quel tasso che esattamente
annulla il mio VAN (vedi diagramma cartesiano con VAN in asse y e i/ tempo in asse x. TIR è in corrispondenza con l’intersezione
della retta inclinata negativamente con asse x).

PROGETTI INDIPENDENTI: problemi TIR esempio

t0 t1
A -100 +130
B +100 -130

 NPV: se è maggiore di zero allora il mio investimento genera valore. La mia regola è che VAN > 0 accetto investimento.
 TIR: è un tasso e se TIR > costo del capitale allora sto generando del valore. Sto investendo i miei soldi ad un tasso
maggiore a quanto mi costa prenderli. Il mio VAN va a BEP ad un tasso più alto rispetto a quello che mi costa il prestito da
una banca. Se TIR > Costo capitale allora accetto, ma… c’è un problema.

Nell’esempio fatto il TIR è 30% se i = 10% allora per il criterio del TIR dovrei prenderli tutti e due. Invece con il VAN riesco a capire
che A è un investimento (voglio un tasso alto) ma B è un finanziamento (voglio un tasso basso). Per il TIR sarebbero uguali ma per il
VAN no, per questo usiamo il VAN che è il miglior metodo. Quando investo il mio TIR > k (i) mentre quando mi finanzio TIR < k.
Altro problema del tasso interno di rendimento: i flussi di cassa potrebbero essere negativi (ad eccezione del flusso iniziale si
intende). Matematicamente succede che per ognuno dei cash flow negativi che abbiamo si crea un’equazione con il grado
superiore da risolvere che darà due soluzioni (una positiva e una negativa) e quindi non sappiamo quale sarà il risultato preciso. Il
TIR non funziona con investimenti che prevedono cash flow negativi alternati a cash flow positivi.

PROGETTI ALTERNATIVI: esempio per capire i problemi del TIR

TIR ha problema di ordine di grandezza 1  1.50 è +50% ma è meno del +10% di 10 (ovvero 11). Infatti, 1<0.5.

Ma allora perché studiamo il TIR (o IRR, internal rate of return)? Perché soprattutto nei fondi PE vogliono massimizzare il IRR. A
livello comunicativo è quello che un investitore vuole sentirsi dire e quindi conviene usarlo (soprattutto PE e VC).

Ulteriore problema che spieghiamo con un esempio: anche in questo caso vediamo due progetti con questi flussi di cassa…

t0 T1 T2 T3
A -10k +10k +1k +1k
B -10k +1k +1k +12k

Calcoliamo ora il VAN a diversi tassi di sconto


0% 10% 15%
A 2000 669 109
B 4000 751 -484

TIR A = 16%

TIR B = 12%

Sono progetti alternativi quindi prendo il progetto con il tasso più elevato (senza guardare i flussi di cassa). Poi vado a vedere NPV
calcolato su tassi diversi e vedo che c’è problema. Ma se fosse un investimento risk free a tasso zero? Il mio NPV allora mi avrebbe
fatto propendere per investimento B (4000>2000). Ma questo anche con tasso al 10% (751>669). Solo con investimento a 15% avrei
dovuto preferire investimento A. È dovuto al timing dei miei flussi di cassa, non viene valorizzato allo stesso modo dal tasso interno
di rendimento e dal net present value (e mi porta quindi a criteri decisionali diversi).

In conclusione, per riassumere i problemi del TIR (o IRR) sono:

1. Stesso tasso interno di rendimento ma devo distinguere tra finanziamento e investimento;


2. Tassi interni di rendimento multipli, se ho flussi negativi e positivi alternati (equazione di secondo grado con due
soluzioni);
3. Poi specificatamente di progetti alternativi ho problema legato all’ordine di grandezza, non investo la stessa quantità e
quindi tassi interni di rendimento diversi che possono essere measleading;
4. Ultimo problema è quello del timing dei flussi di cassa, se sono sbilanciati verso il futuro o il presente condizionano
valutaz.

NB: MA QUAL È LA QUINTA GRANDEZZA? È IL PROFITABILITY INDEX  DERIVATA DEL VAN (usando VA e Investimento
Iniziale) !!!

È il valore attuale dei flussi di cassa diviso l’investimento! Vediamo sempre il VAN ma sotto il
punto di vista di un rapporto e non una differenza (utile quando parleremo di razionamento
di capitale). Vediamo anche nel caso del profitability index che accade:

Regola decisionale: PI > 1 Se fosse uguale a 1 non avrebbe senso investire perché il tasso di sconto non è detto sia corretto e se le
assunzioni non sono corrette rischio solo di perdere soldi. Il tempo è rischioso.

 Progetti individuali: profitability index > 1 allora investo;


 Progetti alternativi: devo fare analisi incrementale

Sommatoria CF att. I0 VAN PI


A 70.5 20 50.5 3.53
B 45.8 10 35.9 4.53
DELTA 25.2 10 2.52
2.52 = 25.2/10 ovvero il profitability index del DELTA tra i due investimenti.

NB: razionamento del capitale ci serve il PI

CAPITAL RATIONING: Dobbiamo capire come massimizzare il rendimento dei nostri progetti. Sono diversi tra di loro, ho un vincolo
di bilancio e quindi uso il PI. Faccio i calcoli dei singoli PI dei vari progetti e poi cerco di capire quale viene massimizzato sotto al mio
vincolo di bilancio. Nell’esempio del libro con il vincolo di bilancio che ci viene dato scelgo investimento C e B non prendo A. Il
progetto A ha il profitability index di 1,15 però ha solo 200 milioni quindi sfrutto meno il capitale che ho a disposizione, faccio
media ponderata e trovo la migliore combinazione. Posso anche sommare linearmente i VAN dei progetti e vedere qual è
maggiore.

PARTE II.2 – Valutazione degli investimenti: temi speciali

a. Separare decisioni di investimento e di finanziamento: investimento è rappresentato da FCFO mentre finanziamento è


rappresentato al denominatore come WACC ovvero il costo medio ponderato del capitale (debt + equity). I flussi rilevanti hanno 4
caratteristiche utili per identificarli: monetari attesi (futuri); differenziali (tra progetto nuovo e quello vecchio, dobbiamo chiederci il
progetto nuovo cosa mi porta in più?), flussi netti di imposta e flussi lordi di oneri finanziari (flussi monetari gestione operativa
FMGO).

I flussi devono essere lordi di oneri finanziari: se li contassi due volte avrei al numeratore minori flussi di cassa e al denominatore un
tasso di sconto più alto. Allora li dovrei considerare in solamente uno dei due (no double counting). Ma i flussi di cassa devono
rappresentare ciò che il progetto ha realizzato indipendentemente alla struttura di finanziamento che gli applico + ci deve essere
coerenza tra numeratore e denominatore (no 100% equity, ad esempio,
sennò me ne fregherei del costo del debito, ma non ha senso, molto
realistico). Quindi innanzitutto considero gli oneri finanziari al denominatore
incorporandoli nel costo del debito. Ma siccome il valore di una azienda è
rappresentato da debt + equity (enterprise value), e visto che i flussi di cassa
di una azienda sono come gli asset dell’azienda allora quando sconto i flussi
di cassa uso il WACC (Weighted Average Cost of Capital) ovvero una media
ponderata tra il costo del debito e il costo del capitale (ponderati
ovviamente). Esempio slide dove considero solo risparmio di costi rispetto
all’impianto precedente e tasse ulteriori da pagare sugli utili che ne
deriveranno, NON considero delta ammortamenti nuovo e vecchio impianto e nemmeno utile
(PERCHE’?).

b. Inflazione: ci deve essere sempre coerenza tra numeratore e denominatore. Dobbiamo fare la
differenza tra flussi reali e flussi nominali al numeratore e tassi di interesse reali e nominali al
denominatore. In alcuni casi voglio i flussi nominali e in altri voglio flussi reali, in alcuni casi inflazione è
bassa quindi gli errori non sono problematici se sbagliamo le assunzioni. Ma oggi inflazione è molto alta,
quindi dobbiamo stare attenti. In ogni caso se facciamo un piano a flussi reali (HP 2) lo attualizzeremo a
tassi reali e ovviamente il tasso di crescita dei flussi sarà inflation adjusted; se invece facciamo un piano a
flussi nominali (HP 1) lo attualizzeremo a tassi nominali e non terremo conto dell’inflazione quando
parleremo di tasso di crescita dei flussi di cassa.

NB: nel VAN reale i miei flussi non crescono, rimangono sempre
uguali perché a livello nominale crescono del 3% ma il tasso di
inflazione è 3% quindi il tasso di crescita reale è 0. Inoltre, per
tenere conto dell’inflazione quando calcoliamo il tasso di sconto
dobbiamo calcolare il tasso reale utilizzando l’equazione di FISHER
non ridotta, in questo modo nell’esempio troviamo un tasso reale
del 6,8% al posto di un tasso nominale del 10% (inflazione 3%).

c. Costo annuo equivalente: lo uso per capire quale progetto genera meno costi quando ho progetti con DURATE TEMPORALI
DIVERSE. Potrei usare il VAN però sono difficilmente comparabili i due investimenti/progetti! Per equipararli uso costo annuo
equivalente. Mi serve il VAN dei progetti e il loro FATTORE DI RENDITA: nel momento in cui io faccio il VAN/fattore di vendita è
come se mi andasse a standardizzare il mio VAN e li rendessi equiparabili inglobando il fatto che i due progetti hanno due maturity
diverse. Otterrò così il COSTO ANNUO EQUIVALENTE. Quello più basso lo scelgo e lo preferisco rispetto a quello più alto.

d. Le ipotesi: come si generano, come possiamo gestire l’incertezza all’interno delle nostre proiezioni e del nostro modello? Le
decisioni di investimento in condizioni di incertezza fanno sì che io rilevi diverse possibili successioni di flussi e quindi una
distribuzione di probabilità del VAN. In particolare, posso ottenere diversi VAN in relazione al tipo di analisi che intendo effettuare.
Vediamo tre:

- Sensibility analysis  analisi di sensitività del VAN rispetto ad una ben specifica fonte di rischio o anche rispetto ad
assumptions utilizzate nel calcolo dei flussi rilevanti. Poniamo tutto fermo, ma facciamo variare una delle nostre
ipotesi/assunzioni e valutiamo cosa potrebbe succedere. Teniamo fisse tutte le ipotesi a parte una che modifichiamo;
- Analisi di scenario  che considera tanti scenari ciascuno con assumptions coerenti. Abbiamo un base scenario e poi
creiamo un nuovo (nuovi) scenario (scenari), cambiando tutte le ipotesi o comunque > 1. Tendenzialmente sfocia nello
stress test (worst case scenario). Quando ad esempio mi arriva il business plan da una azienda che vuole essere finanziata
e noi facciamo analisi di scenario per valutare il piano;
- Analisi Montecarlo  che è costruita con tutti i possibili scenari individuati casualmente dal computer. Con l’analisi di
scenario (che è molto time consuming) posso fare massimo 10 modelli se mi impegno; invece, Montecarlo (prende il
nome dal casinò) dice: modelliamo ogni variabile con una distribuzione probabilistica e per ogni variabile genero degli
scenari casuali con opzione random, standardizzo e metto il valore che uscirebbe con questo scenario generata dal
computer.

In tutti e tre i casi, il passo successivo alla determinazione delle distribuzioni di probabilità del VAN consiste nell’effettuare un’analisi
di break-even in cui viene posto VAN = 0. L’analisi si realizza nei seguenti steps:

a) Verifico quali scenari sono insostenibili poiché il loro VAN è minore di zero

b) Calcolo la probabilità che il VAN sia minore o uguale a zero

e. Tema del VAN che non cattura tutte le info necessarie per valutare un progetto di investimento . Albero decisionale 
distribuzione binomiale  teoria delle opzioni (non in programma).

- Opzione abbandono: media ponderata della probabilità di continuare e della probabilità di non continuare (opzione
abbandono). Poi abbiamo opzione di espansione e differimento.
- Opzione di espansione: albero decisionale
- Opzione differimento

ESERCIZI (vedi file excel)


PARTE III.1 – Rischio, rendimento, costo capitale e valutazione azioni: introduzione rischio-rendimento

COME SI CALCOLA IL TASSO? Teoria di portafoglio, per introdurre il discorso sui tassi (tassi a cui sconto i flussi di cassa dell’azienda
che ha emesso un titolo e che io devo valutare). Non dipende solo dal rischio di quei flussi ma anche dal rischio dei flussi di tutte le
aziende che hanno titoli quotati e che sono comprese all’interno del portafoglio dell’investitore. Anche da questo dipende il tasso.

Dobbiamo trovare il premio al rischio da aggiungere al tasso free risk per


trovare il tasso di sconto. Come ci arriviamo? Con diversi passaggi, partendo
dalle basi e dalle teorie di portafoglio. Più avanti arriveremo al CAPM, ma ora
contesto!

RENDIMENTO DI UN TITOLO (contesto uniperiodale) 

RENDIMENTO DI UN TITOLO (contesto multi-periodale)  dobbiamo fare media ma quale? Aritmetica, geometrica…etc.?
Normalmente media aritmetica. Media dei rendimenti di quel titolo nei singoli periodi. O essere intesi come rendimenti storici
(vado nello storico con un software finanziario e vedo i prezzi storici e trovo i rendimenti di periodo sui vari periodi e li moltiplico
per la loro frequenza di manifestazione, solitamente una percentuale su un totale 100) o attesi (rendita futura possibile, lo
moltiplico per la probabilità di manifestazione, non più per la manifestazione storica ma PROBABILITA’).

RISCHIO DI UN TITOLO: dispersione dei rendimenti intorno al valore medio,


distribuzione dei rendimenti attorno al valore medio misurata con scarto
quadratico medio o deviazione standard (sigma = radice quadrata della
varianza, che calcolo come sommatoria del quadrato della differenza tra
rendimenti conseguiti meno il rendimento medio). Ottengo una misura del
rischio del singolo titolo. La finanza ragiona in termini di binomio rischio-
rendimento (non solo rendimento in astratto, ogni rendimento è associato
ad un suo rischio, questa è la grande differenza anche con la contabilità).

RENDIMENTO DI UN PORTAFOGLIO CON 2 TITOLI: quanto è il rendimento del portafoglio fatto di due titoli? È la media ponderata
per il peso che ciascun titolo ha in portafoglio (quanto ho investito in percentuale sul totale del portafoglio) dei rendimenti dei
titoli.

RISCHIO DI UN PORTAFOGLIO CON 2 TITOLI: non posso dire che il rischio è la media ponderata degli scarti quadratici medi…NO!
NON VALE! Il rischio di un portafoglio è più basso della media degli scarti quadratici medi ponderati. Dipende dalla CORRELAZIONE,
ovvero da coefficiente di correlazione: se molto prossimo ad uno allora avrò movimenti simili o uguali quasi, non riesco a
diversificare (viceversa quando ho -1). Quando ho 1 allora ho rischio portafoglio = media ponderata degli scarti quadratici medi
invece quando non ho correlazione ho rischio portafoglio < media ponderata degli scarti quadratici medi. VEDI ESEMPIO

Se ho varianza portafoglio < media ponderata varianze allora ho goduto di un effetto (più o meno grande) della diversificazione!
Formula per calcolare sigma del portafoglio:

Xj sono i pesi con cui il titolo


j-esimo è ricompreso nel
portafoglio; considero tutte
le possibili coppie di valori
Sigma jk = covarianza tra il titolo J e titolo K  prodotto tra scarto
rendimenti j e scarto rendimenti k per coefficiente di correlazione tra J e K
(scarto rendimenti = deviazione standard dei rendimenti o scarto quadratico
medio).

NB (semplifichiamo): la covarianza di un titolo con sé stesso è uguale alla sua varianza (perché sarebbe covarianza * covarianza * 1
= covarianza al quadrato = varianza). Si arriva così ad una semplificazione e si trova un polinomio molto simile ad (a+b)^2. SOLO SE
PEARSON(1,2) = 1 ALLORA POSSO SEMPLIFICARLO PERFETTAMENTE IN UN QUADRATO DI (A+B).

Grafico con linea gialla e rossa: evidenza che i mio beneficio


da diversificazione dipende fondamentalmente da due leve su
cui posso giocare che sono il COEFFICIENTE DI
CORRELAZIONE (ma non posso giocarci molto, è un valore
determinato e su cui difficilmente posso agire) + il PESO DEI
TITOLI (dipende dalla mia propensione al rischio e dalle mie
preferenze). Il beneficio di diversificazione dipende dal
coefficiente di correlazione.

Il tasso free risk lo ottengo gestendo un titolo A e uno B con


coefficiente di correlazione pari a -1. Retta con tutte le
combinazioni rischio rendimento combinando A e B 
segmento AB in caso in cui coefficiente di correlazione sia pari
a 1. Invece con coefficiente di correlazione fosse minore di 1
ma sempre maggiore a 0 avrei una curva. Se coefficiente di correlazione fosse ancora più basso o negativo avrei una curva ancora
più panciuta e spostata verso l’alto se fosse superiore a 1 andrebbe sotto la retta/segmento AB ma il coefficiente di correlazione
non andrà mai sopra a 1 perché è compreso tra -1 e 1. Vedi variazione delle curve al variare di p.

PORTAFOGLIO A MINIMA VARIANZA: set delle opportunità è la curva che


abbiamo descritto, il portafoglio a minima varianza è il punto che separa la
parte discendente della curva e la parte ascendente della curva. Tutti i
portafogli sotto PMV sono inefficienti, riesco a trovare un portafoglio che ha
una stessa varianza (parità di rischio) ha rendimento più alto. Tutti i
portafogli compresi tra PMV e B sono portafogli che rientrano nella
cosiddetta FRONTIERA EFFICIENTE (parte della curva che sta sopra al PMV).
Nel caso di p = 1 allora A sarebbe il portafoglio a minima varianza
(essenzialmente non avremmo la curva gialla panciuta, ma solo il
segmento).

IMMAGINIAMO UN NUMERO N > 2 TITOLI (4 TITOLI


esempio): non troviamo più un segmento o una curva
ma, bensì, un’area. Le varianza aumentano
linearmente mentre le covarianze aumentano
esponenzialmente e quindi il contributo di rischio
apportato da un titolo in più è espressione delle
covarianze non tanto della varianza. Il peso delle
covarianze aumenta sempre di più esponenzialmente.
Il rischio del portafoglio se i titoli sono numerosi non
dipende tanto dal rischio del singolo titolo ma dalle
covarianze e correlazioni tra quel titolo e gli altri
presenti nel portafoglio. Questo significa che il
concetto di rischio apportato da un titolo al rischio
totale del portafoglio dipende dalla composizione preesistente del portafoglio e dai titoli già presenti che influenzano in modo
determinante il contributo di rischio marginale di un nuovo titolo inserito in più.

DOMANDA: Fino ad ora abbiamo considerato solo titoli rischiosi e identificato portafogli efficienti composti da titoli rischiosi, e tali
portafogli si posizionano sulla frontiera efficiente. Ma cosa accade alla frontiera efficiente se considero nel mio portafoglio anche il
titolo privo di rischio (risk free)?

TITOLI FREE-RISK: di solito sono bond emessi da stati sovrani particolarmente solidi (Germania e USA e pochi altri). Con il titolo
free-risk cambia tutto. La nuova frontiera efficiente è una semiretta che è tangente al punto M che si trova sulla frontiera efficiente
e si chiama CML (Capital Market Line). Il punto M è il Market Portfolio  un portafoglio di mercato. I punti ricompresi nella CML
ricomprendo tutti i portafogli composti in parte dal titolo free-risk e in parte dal portafoglio di mercato. Ora non possiamo
posizionarci dove vogliamo sulla curva di frontiera efficiente, dobbiamo per forza prendere il portafoglio M tangente alla CML. Tutti
gli altri portafogli diventano inefficienti. È come se sul mercato esistessero solo due asset: il portafoglio di mercato (M) e il titolo
free-risk. Non c’è alternativa…tutte le altre scelte sono più inefficienti rispetto a queste due asset allocation. Investitore si
posizionerà sulla CML (ovvero scegliere il mix tra titolo free risk e portafoglio di mercato che mi consente di avere un binomio
rischio-rendimento allineato con la mia propensione al rischio). Tutti gli investitori comporranno un unico portafoglio! La nostra
propensione al rischio non incide sulla scelta del portafoglio di mercato M! Prima troviamo il segmento Rf-M e poi trovato questo
segmento ci muoviamo lungo esso (questo segmento è la mia nuova frontiera efficiente, chiamata CAPITAL MARKET LINE). Posso
muovermi anche oltre M…

INDEBITAMENTO E LEVA (QUANDO MI MUOVO OLTRE M): ma che succede oltre M (100% portafoglio di mercato e 0% risk free
titolo). Oltre quello usiamo la leva finanziaria: ci indebitiamo al tasso free-risk e investiamo tutto nel portafoglio di mercato,
abbiamo un rischio ancora più alto. EFFETTO LEVA FINANZIARIA: dobbiamo restituire i sodi di debito sicuramente, ma il
rendimento del portafoglio di mercato non è detto che sia superiore al costo del debito e quindi il rischio aumenta.

ASSUMPTION DEL MODELLO: Ovviamente stiamo supponendo che non ci siano asimmetrie informative, tutti gli investitori siano
razionali e sappiano tutto. Si posizionano sulla CML e miscelano la loro combinazione di titoli in base alla propensione al rischio.
TUTTI GLI INVESTITORI HANNO LO STESSO PORTAFOGLIO DI MERCATO (M). NB: stock-picking testimonia invece che questi
presupposti non sono proprio veri, nella realtà c’è asimmetria informativa e chi conosce di più investe in singole stock che
sembrano promettenti secondo analisi di valutazione del valore, piuttosto che investire in portafogli e indici diversificati.

TEOREMA DELLA SEPARAZIONE:

- Identificare il M (Market portfolio)  NON DIPENDE DALLA PROPENSIONE AL RISCHIO (uguale per tutti);
- Posizionamento sulla CML  DIPENDE DALLA PROPENSIONE AL RISCHIO (scelta personale).

RISCHIO-RENDIMENTO CML: come calcolo il rendimento del portafoglio? Media ponderata del rendimento del titolo Rf e Rm (già
visto questo modo di calcolare).

VARIANZA PORTAFOGLIO: uso il formulone già spiegato ma la varianza di Rf = 0 quindi posso semplificare la formula. E trovo che

NB: il sigma di M (varianza del portafoglio M) di fatto è la varianza di un


portafoglio; quindi, o mi viene data oppure me la devo calcolare con il
formulone e i dati che ho. M è portafoglio di titoli azionari, che sono
presenti con ciascun peso che dipende dalla tangenza con la frontiera
efficiente. Alla fine, la formula sopradescritta è:

VARIANZA PORTAFOGLIO = peso del portafoglio M * varianza del portafoglio M


NB: tutto ciò che abbiamo fatto ora è la base del CAPM (Capital Asset Pricing Model)  ci consente di prezzare i titoli e di farlo
attraverso i tassi di attualizzazione (tasso di interesse che possiamo utilizzare per attualizzare valore azienda oppure per dare un
valore ad un progetto di investimento).

PARTE III.2 – Rischio, rendimento, costo capitale e valutazione azioni: il CAPM

FINALITA’: sono 3

1. per misurare il rischio di un singolo titolo (quantità di rischio che caratterizza un titolo)  la quantità di rischio che il
titolo apporta al portafoglio di mercato (rivedi discorso su varianze e covarianze che aumentano linearmente ed
esponenzialmente). È un rischio aggiuntivo che il titolo apporta al portafoglio, nell’ipotesi che ciascun individuo abbia il
portafoglio di mercato (M) nel suo portafoglio titoli (variamente miscelato con il titolo Free-Risk  CML).
2. misurare il rendimento di quel titolo (comprensivo del premio al rischio che remunera l’investitore per il rischio che corre
investendo il proprio capitale in quel titolo anziché nel titolo privo di rischio)  il mercato mi remunera per questo titolo
ed è questo quindi il premio al rischio che mi remunera per il rischio aggiunto, una volta che quantifico il rischio riesco a
quantificare anche premio al rischio.
3. misurare il prezzo del titolo attualizzando i flussi di cassa al rendimento del titolo (che incorpora il premio al rischio del
titolo stesso)  al risk free aggiungo il premio al rischio e quindi riesco a trovare il tasso di attualizzazione per prezzare e
scontare gli asset (capital asset pricing).

IPOTESI FORTI (EROICHE):

- presenza di simmetria informativa (tutti gli operatori del mercato hanno le stesse informazioni, le info sono pubbliche e
accessibili a tutti, conquista abbastanza recente anche nei contesti finanziariamente più evoluti, non c’è più fenomeno
dell’insider trading, anche se non accade in tutti i mercati e ovviamente ci sono sempre delle eccezioni);
- aspettative omogenee, tutti gli operatori usano le info disponibili a tutti e arrivano ad aspettative omogenee (si aspettano
tutti che la crescita dell’economia sia tot, la crescita delle aziende sia tot…etc.);
- assenza di imposte, perché in qualche modo alterano le conclusioni del CAPM;
- assenza di costi di transazione, sul mercato posso sostenere transazioni senza sostenere costi (ma questa ipotesi è molto
forte e non veritiera, se fosse vero allora comporre il portafoglio di mercato sarebbe facilissimo e non costerebbe nulla,
ma banche e broker mi fanno pagare dei costi di transazione, non solo per acquistare i titoli del portafoglio ma anche per
aggiustare e adattare il portafoglio durante il tempo). Di fatto nella realtà si cerca di comporre un portafoglio che sia
quanto più possibile vicino all’indice (portafoglio di mercato) ma con un tracking-error quanto più possibile limitato, la
replicazione dell’indice non sarà mai perfetta (vedi esempio ETF e prospetto informativo con confronto indice ed ETF).
- NO AGGIOTAGGIO, un unico operatore non può condizionare il mercato (spesso attraverso informazioni non corrette).

TOBIN (quello della Q): le assunzioni corrispondono ad un mercato senza granelli di sabbia, come un ingranaggio, senza frizioni.

GRAFICO: asse x (extra-rendimento portafoglio di mercato rispetto al free-


risk), asse y (extra-rendimento del titolo j che è un titolo quotato che è
presente nel portafoglio di mercato M, lo prendiamo, calcoliamo i rendimenti
e poniamo sull’asse y l’extra-rendimento rispetto al free-risk). Troviamo
quindi diversi punti nei quali a fronte di un certo periodo abbiamo calcolato i
due extra-rendimenti. Interpoliamo tutti i punti, trovando una linea di
correlazione (regressione lineare) LINEA CARATTERISTICA. Il BETA è
importante, è il coefficiente angolare della retta ma soprattutto INDICA la
quantità di rischio del titolo j rispetto a M

BETA j = rischio sistematico non diversificabile (diverso da sigma, sono concetti diversi). Il beta tiene già conto dell’effetto
diversificazione e non riesco a ridurlo ulteriormente. Incorpora già il beneficio della diversificazione. Contenuto di rischio apportato
da j al portafoglio M di mercato. Può portare o sottrarre rischio o niente.

Il grafico ci dice anche qual è la dispersione dei punti intorno alla linea caratteristica. La dispersione dei punti è diversificabile
aumentando il numero di titoli (j?) del portafoglio! Riesco, a differenza del Beta complessivo, a compensare e bilanciare questo
rischio di dispersione rispetto alla linea caratteristica, lo faccio AUMENTANDO il numero di titoli (j?) nel portafoglio. RIVEDI

BETA: se è maggiore di 1 allor titolo è aggressivo; se uguale a 1 allora ha lo stesso rischio del portafoglio M di Mercato; se è minore
di uno allora è difensivo, meno rischioso del portafoglio di mercato M. Nel nostro caso BETAj > 1 ed è quindi un titolo CICLICO
(quando va bene il portafoglio di mercato va bene anche il titolo j) ma va meglio; con un effetto maggiore (e quindi più rischioso)
rispetto al portafoglio M. Il titolo j SOVRAPERFORMA IL MERCATO (quando va bene M) ma lo SOTTOPERFORMA (quando va male M
e il ciclo economico non è positivo).
NB: BETA PORTAFOGLIO DI MERCATO è 1!!!! Infatti, se mettessi sull’asse x e y il rendimento extra del portafoglio rispetto al risk
free verrebbe una retta inclinata 45° gradi con BETA = 1. PROPRIETA’ ADDITIVA  vedi formula sotto

BETA DEL PORTAFOGLIO DI MERCATO = MEDIA PONDERATA DEI BETA DEI TITOLI CHE COMPONGONO IL PORTAFOGLIO

NB: titoli con componente assicurativa con BETA = -1 che hanno effetto di compensazione del rendimento del portafoglio di
mercato e abbassano il rischio del mio portafoglio, come delle vere e proprie polizze assicurative (hedgind – copertura del rischio).

La cosa importante è che il contributo di rischio che conta e che viene


remunerato dal mercato è il BETA del singolo titolo inteso come il contributo di
rischio che il titolo apporta al portafoglio di mercato. (rj-rf)/(rm-rf) = BETA. Ma
usiamo la seguente formula 

DEDUZIONI FINALI:

1) Alla fine, vediamo che ho un rapporto di scarti quadratici medi. Ma il livello


assoluto di scarti sigma dipende dal valore dell’altro sigma e soprattutto dalla correlazione p. Ad esempio sigma-j può essere
alto ma se sigma-m è alto e/o se p-jm è basso allora anche il BETA sarà basso. È tutto relativo. Dalla formula desumo che
inserendo il titolo j nel portafoglio M troverò un determinato BETA, ma se lo inserisco in un altro portafoglio troverò un altro
beta. Dipende quindi dal portafoglio, è un concetto e indicatore relativo, dipende con cosa metto in relazione il mio titolo j, la
correlazione con il portafoglio. Indicatore di rischio quindi relativo, diversamente da SIGMA che ha valore assoluto e dipende
da come sono distribuiti i rendimenti di j attorno ad un valore medio;
2) È relativo anche perché ho un rapporto tra scarti quadratici medi, se il sigma j è molto elevato ma è rapportato ad un sigma M
molto alto allora relativamente a ciò non è più così elevato
3) BETA può essere negativo, se negativo apporta un contributo di copertura e toglie rischio al portafoglio (può essere negativo il
BETA perché la correlazione P può essere positiva o negativa (considera che Pearson è un indice compreso tra 1 e -1).

Come calcolo su excel ad esempio?

a) RENDIMENTI J STORICI;
b) RENDIMENTI M STORICI;
c) SCARTO QUADRATICO MEDIO J
d) SCARTO QUADRATICO MEDIO M
e) COEFFICIENTE DI CORRELAZIONE TRA J ED M

 Metto assieme i dati con la formula e trovo tutto!

PRIMA APPLICAZIONE  ESISTE UNA RELAZIONE TRA SIGMA E BETA: scarto quadratico
medio diversificabile SIGMA J – DIV. Se io ho portafoglio di mercato non corro tutto il
rischio di J ma solo una parte, quella NON Diversificabile. Ma la parte diversificabile la trovo con la formula ed è funzione della
varianza di J, del BETA e della varianza del portafoglio. Beta mi consente di calcolare la parte di SIGMA J che è diversificabile,
evidenzia la relazione che intercorre tra il BETA di un titolo J, la sigma del titolo J, la sigma del portafoglio M e quindi la quota
diversificabile di SIGMA J. Quanto del rischio mi tolgo del titolo j? Lo posso sapere solo dopo aver calcolato il SIGMA J – DIV tramite
questa formula. spesso pari anche al 70% di 𝜎J.

SECONDA APPLICAZIONE  SINTESI DEL CAPM: posso calcolare il BETA come se fosse il coefficiente angolare della retta
caratteristica del grafico, quindi uso la formula (rj-rf)/(rm-rf) = BETA. La rivolgo in un altro modo
esplicitando Rj  mi consente di calcolare il premio al rischio, perché mi dà una formula dove ho
RENDIMENTO RISK FREE + un premio al rischio = RJ. Trovo quindi un tasso RJ che posso usare
come il nostro tasso di attualizzazione, ovvero un tasso RISK FREE corretto per un PREMIUM. Devo
sommare al tasso free-risk un premio e trovo RJ, che sarà il mio tasso usato per attualizzare i
flussi di un progetto di investimento futuro che dobbiamo valutare.

RJ è anche il rendimento atteso dal mercato-investitore come ritorno dal titolo J. DIVIDEND YIELD + CAPITAL GAIN =
RENDIMENTO. È un saggio soglia datomi dal mercato, ogni azienda dovrebbe essere spaventata da questo saggio perché è il tasso
che un investitore si aspetta di ricevere dall’azienda. Non è deciso dal management, bensì dal mercato. CREARE VALORE 
OBIETTIVO DEL CFO creare valore per gli azionisti, teoria della finanza classica dice creare valore per stockholder (zio Milton). Poi
c’è stata evoluzione anche su stakeholder che abbiamo analizzato nella prima parte del corso. Quando il rendimento effettivo > del
rendimento atteso allora CREO VALORE. Ho dato di più di ciò che gli investitori si aspettavano. Ma allo stesso tempo se non riesco a
restituire ALMENO RJ allora DISTRUGGO VALORE  azionisti vanno via  prezzo scende  takeover  management cambia 
ristrutturazione aziendale.

ARTICOLIAMO LE COMPONENTI DEL PREMIO AL RISCHIO E ANALIZZIAMOLE:

- BETA J  quantità di rischio del titolo J, contributo di rischio che il titolo J apporta al portafoglio di mercato M; rischio che
tiene già conto dell’effetto diversificazione portafoglio e non può essere abbassato (dipende da SETTORE, rischiosità del
business in cui sto investendo, rischio di business; poi dipende anche da come finanzio la mia azienda, più uso debito e
quindi leva finanziaria più è rischioso)  queste cose le decide il manager! Rischio è come se fosse il FATTORE
PRODUTTIVO, in quanto fattore produttivo deve essere remunerato (come capitale e lavoro) e ha un prezzo quindi (RM-
RF);
- DELTA RM – RF  questa componente è EQUITY/ MARKET RISK PREMIUM è il prezzo del rischio. Quindi BETA determina
il livello (quantità) di rischio, mentre il delta (RM-RF) è il premio, il prezzo per unità di rischio che deve pagare l’azienda
che vuole investire. Questo differenziale è un PREZZO DI MERCATO  il manager non può fare niente. Non può
modificare il prezzo del rischio, variabile esogena. Come CFO al massimo posso sfruttare determinati momenti e andare a
raccogliere risorse finanziarie ed emettere equity quando il prezzo è BASSO. Ci sono dei momenti in cui il DELTA è
conveniente, altri no. Ora, ad esempio, il RISK PREMIUM è alto perché è incerta la situazione.

NB: beta j negativo, quindi mi dà una copertura rispetto alla dinamica del portafoglio, contributo negativo al rischio del portafoglio
di mercato e quindi io che compro quel titolo pago per coprirmi, pago il premio, non chiedo un premio. Perché mi sto assicurando,
se il portafoglio M va male, il mio J andrà bene. Il premio non lo ricevo, bensì lo pago.

RAPPRESENTAZIONE GRAFICA: Posso interpretare l’equazione di RJ come una retta con intercetta
RF, BETAJ come coefficiente il DELTA degli R e come X metto il BETA. Più aumenta il BETA più
aumenta il rendimento; più il titolo è rischioso e più è giusto che il mercato abbia un premio maggiore. Non esistono pasti gratis,
BINOMIO RISCHIO-RENDIMENTO.

SECURITY MARKET LINE: l’insieme dei punti su cui si posizionano tutti i rendimenti dei titoli
compresi nel portafoglio di mercato, tutti i titoli che sono dentro al portafoglio di mercato
stanno ovviamente SOPRA o SOTTO al BETA = 1. Diverso dal CAPITAL MARKET LINE. Se non sta
sulla security market line (esempio titolo A) ha un binomio rischio rendimento tale che non si
possa collocare sulla security market line. Quel titolo rende troppo, quindi il suo prezzo è troppo
basso, il titolo è sottovalutato, mercato lo comprerà, comprandolo ci sarà flusso di domanda
tale per cui il prezzo salirà fino a quando salendo il prezzo scende il rendimento e scende fino a
quando il titolo non si va a riposizionare verso la SML. Mercato sistema tutto con il meccanismo
della domanda e dell’offerta.

QUINDI LA DEFINIZIONE DI SECURITY MARKET LINE E’…La Security Market Line è una retta che descrive la relazione che esiste tra il
rendimento di un titolo e il suo beta con il mercato, in condizioni di equilibrio.

 Nel grafico che rappresenta la CLM troviamo il beta sull’asse orizzontale e il tasso di rendimento sull’asse verticale.
 L’oggetto centrale del modello è sicuramente il beta di un titolo che identifica il rischio sistematico (legato al mercato) del
titolo stesso.

Lo scopo finale è quello di prevedere il tasso di rendimento di un titolo sulla base dell’andamento del mercato, ed il beta assume in
ciò un ruolo chiave. La Security Market Line (SML) passa certamente per due punti.

 Il primo è il punto dove beta è pari a zero e il tasso di rendimento è pari a quello del titolo privo di rischio (risk-free o risk-
less).
 Mentre nel secondo punto il beta è pari a 1 e il tasso di rendimento è quello del mercato.

Quando il mercato è in equilibrio tutti i titoli si distribuiscono lungo la SML. In altre parole, è possibile prevedere il loro tasso di
rendimento dato il loro beta.

RICORDA E NOTA BENE: Da un punto di vista un po’ più pratico il beta di un titolo identifica la variazione media % del titolo
quando il mercato aumenta di un punto percentuale. Ad esempio, se consideriamo un titolo con un beta pari a 1,5 significa che
quando il mercato registra un aumento dell’1% il titolo mediamente reagisce con un aumento dell’1,5%.
PARTE III.3 – Rischio, rendimento, costo capitale e valutazione azioni: approfondimento sulle componenti del CAPM

Abbiamo la formula, ma non è sufficiente. Dobbiamo scegliere:

1. TASSO FREE RISK: Titoli emessi dallo stato, governativi  stato ha tanto patrimonio da garantire restituzione
patrimoniale, rimborso capitale + interesse; normalmente non tutti gli stati sono ugualmente rischiosi, nel contesto
europeo ad esempio il BUND decennale tedesco è più sicuro del BTP decennale italiano. Un'altra area valutaria (esempio
dollaro) ovviamente prendiamo Treasury US, in questo contesto sono super sicuri (ottobre 2022). DIPENDE QUINDI DALLE
AREE VALUTARIE e dal RISCHIO DEI SINGOLI PAESI (Spread è il differenziale tra i BUND e i BTP, spread è il rischio che
aggiungo al tasso base che è determinato da aspettative di crescita + aspettative di inflazione).

- Parte breve della curva dei rendimenti (Yield Curve)  Banca Centrale con OMA e tassi di interesse a breve;
- Crescita economia (aspettativa di crescita) + inflazione (aspettativa di inflazione) + rischio di controparte (spread)  parte
lunga della yield curve; modificata dal mercato e aspettative + anche BC potrebbe modificare aspettative, se convince il
mercato.

E cosa metto nel Rf? Breve, lungo, medio termine? Due approcci:

- Teorico  dovremmo andare a prendere un tasso a breve termine (modello uniperiodale del CAPM);
- Pratico  ma per che cosa mi serve Rj? Attualizzare progetto di investimento? Bene, allora prendo Rf che ha un orizzonte
temporale simile a quello del mio investimento. Nel caso di business e corporate valuation, usiamo tasso di interesse con
maturità di 10 anni. Benchmark è il bond a dieci anni.

2. DELTA Rm – Rf: ho due alternative, o STORICO o PREVISIONALE

 prendo storico? Sì, se considero orizzonti temporali molto lunghi, su un orizzonte temporale lungo l’equity risk premium è
abbastanza stabile. Ma dipende anche dallo scenario in cui mi trovo in cui devo applicare l’equity risk premium. Il contesto
macroeconomico conta e deve essere considerato. In questo caso può avere senso usare un equity risk premium atteso e NON
storico. Ma comunque anche lo storico ha bisogno di una valutazione dell’arco temporale e dell’orizzonte temporale. È importante
anche il timing delle rilevazioni, ogni quanto io ricalcolo i rendimenti su tot anni (giornalieri, settimanali, mensili, annuali…etc.).
DIPENDE QUINDI DA ARCO TEMPORALE E TIMING DEL RICALCOLO. NB: Equity risk premium delle valutazioni fatte in Italia è più o
meno 5.5-6.5% di equity risk premium. Survey professori.

 Modello previsionale invece? Vedremo solo un modello previsionale (ce ne sono diversi) …
Premessa: prezzo dei titoli si basa sull’attualizzazione dei dividendi, il prezzo è i valore attuale di tutti i flussi di cassa dell’azienda
(dividendi). È un DIVIDEND DISCOUNT MODEL (modelli che scontano i dividendi  diverse famiglie con diverse ipotesi) e non un
DISCOUNTED CASH FLOW. Il problema è il calcolo previsionale dei dividendi nel medio-lungo periodo, non possiamo saperlo con
certezza. Usiamo questo modello dividend discount alla GORDON:

Per calcolare il prezzo al tempo zero ho bisogno del primo


dividendo atteso (D1), tasso di attualizzazione Rj (tratto dal CAPM)
ovvero il costo del capitale azionario per il titolo j-esimo, poi il
tasso di crescita atteso dei dividendi dell’azienda (g). L’assumption
fondamentale è che ci si aspetta tasso di crescita g, costante e
crescita infinita nel tempo; g è la stima che l’analista dà ed è la
parte più difficile. Da questa equazione potrei anche formularla
per g, perché P0 ce l’avrei essendo che è un prezzo sul mercato.
Quindi ponendo come incognita g posso ricavarmelo. Titolo
sopra/sottovalutato  analisi dei fondamentali e della strategia
 il tasso di crescita è troppo alto/basso  non credo a questo g implicito (cit Analista).

Se io riaggiusto il modello posso anche esplicitare Rj, ponendo Rj = DIVIDEND YIELD (dividendi su prezzo) + TASSO DI CRESCITA (g).
Previsioni di consensus forecast degli analisti e faccio una media pesata di tutti i g che trovo nelle analisi degli analisti. A questo
punto metto Rf nella formula e trovo una formula alternativa per il EQUITY RISK PREMIUM.

La stessa cosa potrei farla con il portafoglio di mercato (M e Rm). Dividendi non saranno più i dividendi dell’azienda J ma i dividendi
e i prezzi di tutte le aziende presenti in portafoglio. Valore cumulato dei dividendi e prezzi cumulati, anche in termini di dividendi
attesi (guardo sempre previsioni di consenso)  il prezzo l’indice di borsa. Si basa su dividendi attesi, tasso di crescita atteso dei
dividendi, prezzo attuale e Rf (risk free title attuale). QUESTO SIGNIFICA MODELLO ATTESO. Limiti e cautele: le previsioni e le
assunzioni alla base del modello (tasso crescita di g e dividendo atteso) potrebbero non essere corrette.
3. BETA: le stesse considerazioni fatte per l’equity risk premium possono essere fatte per il beta.

Storico: uso la formula classica e mi pongo le stesse domande poste al punto 2 parlando di ERP storico; quanto devo andare
indietro nella storia, che rilevazioni? Giornaliere, settimanali, mensili, annuali? Trovo dei beta diversi. Dipende anche molto dal
portafoglio di mercato che va a relativizzare la varianza di j e ovviamente il coefficiente di
correlazione lineare.

Il Beta atteso invece usiamo la formula del coefficiente angolare e sostituiamo i differenziali dei rendimenti con le formule
trovate al punto 3 sugli Equity Risk Premium. E troviamo il Beta atteso usando dividendi, prezzi e tassi di crescita dei dividendi.

NB: sembra esserci una contraddizione tra gj e Bj ma essenzialmente se gj è basso giustamente vuol
dire che Beta è più basso quindi il rischio è più basso quindi l’ERP è più basso. Paradossalmente se
volessi vendere la mia azienda j ad un compratore dovrei dire che ho g atteso basso, indice di minor
rischio e quindi minor premio da pagare al compratore (sembra una contraddizione ma nel nostro
modello ha senso).

STORICO Come possiamo calcolare con lo storico il 𝛽 di un titolo nella pratica? E dove possiamo trovarlo?

OPZIONE 1 (BLOOMBERG): beta rettificato con il metodo


di Bloom. Nel lungo termine tutti i beta tendono a 1. Nel
breve termine posso essere sopra o sotto 1 (aggressivo o
difensivo), nel breve potrebbe creare o distruggere valore
(causa di un vantaggio/svantaggio competitivo
dell’azienda) ma nel lungo termine tende a 1. Quindi
aggiustiamo il beta con una rettifica con il metodo Bloom
 moltiplico il RAW BETA (0.65) * 1 (0.35)  trovo un
beta adjusted (Raw beta ha peso 65% mentre 1 ha peso
35%).

OPZIONE 2 (FORMULA CONVENZIONALE + DATI):


COVARIANZA JM / SIGMA QUADRO M = BETA-J. In
verticale a parità di periodo cambia se cambio il timing,
ma anche a parità di timing se cambio il periodo cambia.

C’E’ UN SOLO BETA? No alla fine no,


abbiamo detto che posso considerare
tanti beta quanti sono i fattori di rischio.
Tanti fattori di rischio diversi, ARBITRAGE
PRICING THEORY. Formula dove calcolo
Extra-rendimento di Rj rispetto a Rf come
media di tanti premi con diversi beta in
base ai fattori di rischio. Approfondiremo
meglio questo modello più avanti.

PEER ANALYSIS e COMPARABLES  Ma


cosa faccio se non conosco i prezzi di
mercato e i rendimenti (ad esempio
perché il titolo J non è quotato sul
mercato)?

1) Se non è quotata posso prendere aziende comparabili e calcolo il beta di tali titoli per poi utilizzarlo anche per il titolo non
quotato. Il problema è che sto prendendo business simili ma le aziende comparables sono quotate, la mia no; quindi, devo
considerare un parametro fondamentale che è la MODALITA’ DI FINANZIAMENTO  cambia tantissimo. Problematica non da poco.

2)Altra alternativa è il beta contabile, anziché considerare i beta di mercato, prendo quello effettivo/contabile invece che quello
atteso dal mercato (il beta contabile è una proxy del beta di mercato). Il beta contabile può essere ottenuto considerando indici di
redditività contabile (ROE, …) e andamento del ciclo economico (PIL,…), come si posiziona la mia azienda in termini di sensitività del
Roe rispetto all’andamento del PIL. Il BETA è un indicatore di sensitività rispetto al portafoglio! Quindi una sensitività di j relativa,
questo è un modo di concepire il rischio e sto considerando la sensitività dei rendimenti rispetto al portafoglio di mercato; MA NON
È L’UNICA ACCEZIONE DI RISCHIO  IO POTREI CALCOLARE UN BETA RISPETTO ALLE VARIAZIONI DEI TASSI DI INTERESSE,
DELL’INFLAZIONE, DEL TASSO DI CAMBIO…posso costruire tanti beta in base a diverse regressioni lineari. Beta-j non considera tutto
in assoluto, tutti gli elementi di sensitività dei rendimenti rispetto a tutte le variabili…NO. Solo rispetto al portafoglio di mercato. Al
posto del portafoglio di mercato, ad esempio, potrei usare PIL: come si posiziona il ROE della mia azienda rispetto all’andamento
del PIL? Quindi rispetto all’andamento dell’economia nel suo insieme? INFLAZIONE, TASSI DI INTERESSE, TASSI DI CAMBIO…etc.

Vedi elenco fattori di rischio classici

- DELTA T BOND 10Y e 3M  STIPERING DELLA CURVA (Inclinazione della curva), capisco se è inclinata e alta con delta > 0
(quindi il ciclo economico positivo), se invece è bassa con delta < 0 (quindi economia e ciclo economico negativo). Se mio titolo
è ciclico allora ho il Beta-j del mio titolo sarà positivo anche maggiore di 1, viceversa se è anticiclico.
- Tasso di interesse  capital intensive companies sono più esposte al rischio di interesse, ha bisogno di tanti finanziamenti e
quindi se i tassi di interesse salgono allora ci perdono molto. Es. Immobiliare e Real Estate che hanno bisogno di finanziamenti
anche per lunghi periodi di tempo; idem Infrastructure.
- Tasso di cambio  esportatori che producono in area valutaria diversa da dollaro ed esportano/importano molto negli/dagli
Stati Uniti e il loro business dipende dal dollaro. Per un esportatore è più facile avere dollaro svalutato rispetto al forte
(DIMENTICA MACROECONOMIA). Dollaro forte per europeo è sempre negativo (che sia importatore o esportatore).
- Pil (reale di solito)  vedi discorso sopra.
- Inflazione  aziende in grado di scaricare i costi sui clienti (trasferisco prezzi-costo sui prezzi-ricavo), altre non riescono…

Tra i diversi modelli quello più famoso è quello di FAMA e FRENCH, con tre importanti fattori di rischio (ricerche empiriche):

a. Rm – Rf
b. La dimensione aziendale
c. Il tasso di crescita misurato con P/BV e P/E

Da quali aziende mi aspetto un beta alto e da quali un beta basso? Quali sono le tipologie di rischio che influiscono sul BETA?

A.Rischio del business:

 ciclicità rispetto all’andamento dell’economia (esempio settore non ciclico: cemento);


 entità dei costi fissi rispetto ai costi variabili, tanto più il business è rischioso. Sopra al BEP guadagneremo molto (se
abbiamo costi fissi preponderanti rispetto ai costi variabili), a sotto al BEP perderemo molto (rispetto invece ad un
business che si basa su costi variabili più preponderanti dei CF). Inclinazione della retta del BEP è diversa nei due casi
(forse più inclinata con CF > CV, mentre meno inclinata con CV > CF).

B.Inoltre, abbiamo RAPPORTO DI INDEBITAMENTO: dipende dal rapporto di indebitamento 𝐷/𝐸 dove D è il valore di mercato del
debito ed E è il valore di mercato dell’equity (azioni). Azionista è un residual claimant  si remunerano prima tutti gli altri, alla fine
con quello che rimane pago azionista. Ma più ho obbligazionisti, prestatori (banche) avrò più oneri finanziari (=DEBITO * TASSO
INTERESSE) e quindi EBIT scende e potrebbe non essere sufficiente a remunerare questi oneri, inoltre sono volatili, dipendono non
solo dal nozionale del mio debito ma anche dal tasso di interesse corrente sul mercato, che può aumentare in base alle aspettative
del mercato e alle mosse della Banca Centrale; quindi, dipendono dal tasso di interesse variabile e sono soggetti al rischio di cambio
quindi al residual claimant azionista rimane poco ed è anche più volatile e rischioso.

Possiamo rappresentare il richio di business e il rischio finanziario incorporati nel Beta mediante assi cartesiani:

 Beta unlevered  beta di una azienda che ha solo equity e 0 debito;


 Beta leverade  più aumento debito allora aumenta rischio di debito (che si aggiunge al rischio finanziario)

Posso guardare lo stesso grafico ma ragionando con i rendimenti (che dipendono positivamente dal rischio, rappresentato dal beta,
infatti i grafici sono molto simili).
 Ru unlevered  > del rendimento free risk perché ha il rischio di business dentro, ma non ha rischio di indebitamento; Ru
viene calcolato con il CAPM ma il beta nella formula uso il BETA UNLEVERED! Rappresenta quindi il premio al rischio di
business
 Rl levered  il contrario del unlevered; tengo conto anche del rischio di indebitamento e userò beta levered per il calcolo

LEVERING E DELEVERING: se io guardo azienda comparable quotata (non è quotata la mia azienda che vorrei analizzare e quindi
non posso calcolare beta con lo storico dei dati) con determinate caratteristiche (beta e D/E) dovrei stare attento a non usarle
anche per la mia azienda, poiché se è vero che il rischio di business è uguale, il rischio di indebitamento è diverso e dipende dalla
struttura del debito della mia azienda; che evidentemente sarà diverso da quello della mia azienda.

La comparable avrà un suo rapporto di indebitamento e quindi un suo determinato beta levered (che tiene conto del rischio di
business condiviso con la mia azienda, ma anche dal rischio indebitamento che invece dipende dalla peculiare struttura di
indebitamento della comparable, che è diverso da quello della mia azienda). Quindi cosa faccio? Faccio delevering, mi sposto verso
il basso togliendo il rischio finanziario e trovo beta unlevered che ricavo deleverando (è una valore che mi ricavo, non mi viene
dato). A questo punto levero il beta U che ho trovato e aggiungo nuovamente il rischio finanziario (MA LO FACCIO CON IL RISCHIO
FINANZIARIO DELLA MIA AZIENDA, non della comparable) trovando il beta L della mia azienda. Operazione di delevering e levering:

1. Delevero Beta-Comparable;
2. Trovo Beta-Unlevered (rischio business);
3. Levero Beta-Unlevered fino a trovare un nuovo B-Levered della mia azienda

Questa operazione di levering e delevering il mercato la fa con la formula di HAMADA: consente di leverare e rilevereare il Beta.
Questa formula è molto importante e usata, ma quali sono le ipotesi sottostanti questa formula? I practitioners ricorrono ad un
processo di semplificazione per leverare e deleverare il 𝛽 e assumono diverse ipotesi semplificatrici. Tra i modelli più comuni vi è
quello di Modigliani e Miller (MM). Tale modello assume diverse ipotesi semplificatrici, tra cui:

a. PRIMA IPOTESI FORTE: il debito D dell’impresa è costante, così come sono costanti gli utili e i dividendi (tasso di crescita 0
e si mantiene così com’è nel tempo), in pratica i suoi ammortamenti annui sono uguali ai suoi investimenti annui.
Reinveste ogni anno esattamente quello che serve per mantenere inalterata la propria capacità produttiva. Rimane
sempre inalterata e uguale a se stessa. Non cresce, ma neanche decresce.
b. SECONDA IPOTESI FORTE: il costo del debito è uguale al tasso di attualizzazione dello scudo fiscale, ma che significa?

Spieghiamo il punto b e la formula: VL valore asset side di una azienda LEVERED (di mercato, enterprise value, ovvero la somma tra
debito ed equity, il valore dell’attivo a valore di mercato è uguale alla somma del valore del debito e dell’equity, valore viene
ripartito quindi tra gli obbligazionisti e gli azionisti). Formula di
HAMADA prende le stesse ipotesi di Modigliani-Miller  se
siamo in presenta di imposte che gravano sul reddito di
impresa ALLORA il valore levered dell’impresa = il valore
unlevered dell’azienda (valore delle azioni di una azienda che
lavora senza debito) + SCUDO FISCALE. Posto che una azienda
indebitata paga oneri finanziari e posto che questi OF sono
fiscalmente indeducibili, il reddito imponibile di una azienda
indebitata è più piccolo del reddito imponibile di una azienda
non indebitata per nulla. Gli interessi passivi (OF) mi sgonfiano
il EBIT (reddito imponibile) della mia azienda indebitata e
quindi questa paga meno imposte. Se il fisco non prende i soldi
questi soldi se li spartiranno gli azionisti e gli obbligazionisti. Grazie a indebitamento la mia azienda non dà tot anni all’anno
all’erario (fisco) e quindi incrementa la quota per obbligaizonisti/azionisti.

Numeratore mi indica il flusso annuale di risparmio fiscale che ho (costo del debito Rd * debito * Aliquota fiscale), è costante
questo flusso ed è scontato per un tasso Rsf  è la formula di una perpetuity (RENDITA PERPETUA) sconto il mio flusso al tasso rsf.

Ricordati formula da matematica finanziaria):perché l’azienda non cresce ed è tutto costante secondo l’assunzione a, allora il flusso
perpetuo e costante lo posso scontare per un tasso rSF, che rende conto del rischio dello scudo fiscale  quanto più è sicuro lo
scudo fiscale tanto più il tasso rsf tende al tasso free risck.

c. TERZA IPOTESI (MODIGLIANI-MILLER IPOTESI): TASSO INTERESSE PAGATO SUL DEBITO è FREE RISK, ovvero che il beta del
debito = 0; il beta del debito è calcolabile (ovvero calcolo rendimenti del mio debito e faccio COVARIANZA su VARIANZA e
trovo beta del debito). Se viene zero mi rimane solo Rf nel mio CAPM model quindi trovo R-debito = Rf = Rsf;
Semplificando trovo che scudo fiscale = D*Tc (perché si semplificano Rd e rsf se Rsf è sicuro ed è anche lui uguale al tasso
free risk  SONO IPOTESI MOLTO FORTI).

CONCLUSIONI: questa equazione ci dice che più debito uso, più la torta per obbligazionisti e azionisti è maggiore e più ampia. E’ più
ampia di un importo uguale al prodotto del debito * l’aliquota fiscale, CON IPOTESI DI DEBITO FREE RISK.

LIMITE: se fosse vera allora osserveremmo sul mercato solo aziende finanziate al 100% debito, ma ad un certo punto aumentando il
debito di un tot, un limiti oltre il quale è meglio non andare, l’azienda dinvetna così rischiosa che il debito NON è più rischioso e il
beta debito non è più 0.

ALTRE IPOTESI: Vi sono poi altre ipotesi che riguardano i valori del 𝛽d (il Beta del debito e cioè il Beta che può essere utilizzato nel
CAPM per trovare il rendimento del debito rD: RD = Rf + 𝛽D × (RM − Rf) e le imposte TC che gravano sul reddito di impresa.ma
queste teoricamente non dovrebbe chiederle. beta = zero oppure <> da zero; e beta del debito = zero oppure <> da zero. In base a
queste altre ipotesi troviamo diverse configurazioni. Uso HAMADA che sarebbe il primo set di ipotesi per LEVERARE e DELEVERARE.

L’ultimo caso mi permette di calcolare Beta-Asset. Ricorda: posso calcolare Beta-Equity (con anche debt quindi levered), Beta-
Equity (solo equity quindi unlevered); Beta-Debt; Beta-Asset. Beta asset poso calcolarlo come media ponderata del peso dell’equity
e del debt ma anche dal lato attivo; tanto sono uguali. Nell’ultimo caso succede che il beta asset = beta unlevered.

Se volessi calcolare beta attivo e beta apssivo allora posso desumere che il rischio (beta) dell’attivo sia uguale al rischio (beta) del
passivo. Calcolo beta asset cercando di calcolare il beta dei singoli investimenti che ho all’attivo (esempio holding con
partecipazioni, 10 azioni per dieci aziende diverse, dieci titoli diversi essenzialmente, ciascuna di loro avrà un beta e quindi il mio
beta asset è la MEDIA PONDERATA DEI SINGOLI BETA DEI TITOLI  GODE DELLA PROPRIETA’ ADDITIVA). Ma posso anche calcolare
la beta del passivo ovvero la media ponderata del beta del debito e dell’equity (ponderata per il peso che debt e equity hanno nel
totale passivo e patrimonio netto).

Se valgono le ipotesi al punto 3 allora SOLO IN QUESTO CASO il beta asset = beta unlevered. Quando valgono le ipotesi per cui costo
del debito = 0 e sto lavorando in assenza di imposte. BETA ASSET e BETA UNLEVERED sono COSE DIVERSE!!!!!! Ma in questo caso
specifico con le ipotesi del punto 3 allora ho Beta Asset = Beta Unlevered. Ma sono due cose diverse e sono uguali solo in questo
caso. VEDI ESEMPIO ULTIME DUE SLIDES.
FINE I PARZIALE

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