1. Scomposizione moltiplicativa
Il ROE è calcolato come UN/CN (utile netto/capitale netto). Se vogliamo spiegare il perché si
osservi un incremento e decremento del ROE o il perché un’azienda x ha un ROE maggiore o
inferiore ad un’altra è necessario andare alle origini di questi andamenti, utilizzando la
scomposizione del ROE nelle sue determinanti. Esistono due determinanti, due diverse
scomposizioni:
- Moltiplicativa: il ROE è uguale al prodotto di tre indici: ROI x Leva x (Utile Netto/RO).
TIGEX= misura gli effetti derivanti dalla gestione finanziaria, dalle imposte e il saldo di oneri e
proventi extra gestione. La divisione ci dà una quantificazione di quanto pesino queste
componenti. Se fossero tutte pari a 0, Utile Netto/RO sarebbe uguale ad 1. Quanto maggiore
è l’incidenza delle imposte (costo), quanto più la gestione finanziaria produce un risultato
negativo (oneri finanziari che paghiamo sui debiti di gran lunga superiore ai proventi che
possiamo ottenere dai nostri investimenti), tanto più sarà il peso dei costi straordinari rispetto
ai ricavi e tanto minore sarà questo indicatore perché maggiore sarà la differenza in negativo
tra utile netto e RO. Tanto maggiore è il ROI tanto maggiore sarà il ROE, tanto maggiore sarà il
ricorso al debito fisse le altre componenti, tanto maggiore sarà l’incidenza delle imposte e
oneri e dei costi finanziari tanto minore sarà viceversa il ROE. Far ricorso all’indebitamento è
negativo per il ROE, se minimizzo il CN (finanziandomi con i debiti) il ROE, a parità di tutto il
resto, ne dovrebbe beneficiare (come con LEVA) ma l’effetto dei debiti non riguarda solo la
componente leva ma anche l’indicatore utile netto su risultato operati. Se ricorro al debito
avrò anche maggiori oneri finanziari. Quindi il ricorso al debito incide positivamente
sull’indicatore LEVA ma negativamente sul terzo indicatore. Effetto finale (dei due movimenti
opposti) non è scontato.
- Additiva: ROE=ROIxT + (ROIxT – (OF-PF)xT/D) x D/CN +(SPOSxT/CN) - la sommatoria di alcuni
elementi. Alla sinistra della formula sempre il ROE (variabile che cerchiamo di spiegare) e a
destra troviamo la somma di due elementi compositi: il primo è ROI x T (dove t è 1 – il
rapporto tra le imposte e l’utile lordo →che troviamo nel nostro CE riclassificato) è redditività
degli investimenti al netto delle imposte. Moltiplicando per questa variabile T, noi
trasformiamo la variabile a lordo delle imposte al netto delle imposte (effetto fiscale). Il
secondo elemento è legato alla presenza di debiti. Se i debiti fossero 0 tutto questo secondo
elemento della formula sparirebbe. Il terzo elemento è il contributo delle poste straordinarie
(SPOS). Quando invece i debiti sono maggiori di 0 entra in gioco il secondo elemento.
Quest’ultimo ci misura l’effetto reddituale dei debiti (se contabilmente parlando i debiti
hanno un effetto positivo o negativo della redditività dei mezzi proprio). Viene misurato
calcolando la differenza tra la redditività netta degli investimenti (ROI x T) e l’onerosità dei
debiti sempre al netto dell’effetto fiscale. L’onerosità dei debiti a sua volta viene calcolata con
OF (oneri fiscali) – PF (proventi finanziari) x T/ D (entità dei debiti). Ricordiamo che un
investimento crea valore quando la sua redditività supera il costo dei finanziamenti (e qui
mettiamo proprio a confronto la redditività dell’investimento al netto delle imposte e il costo
degli investimenti al netto delle imposte). L’obiettivo è di capire se l’indebitamento influisce
in modo positivo o negativo alla redditività dei mezzi propri. Esso è positivo quando questa
differenza tra ROI netto e costo dei debiti è positivo.
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2. Ebitda e ebit (quozienti entr. value ratios)
Sono due valori che ritroviamo nel CE.
L’EBITDA corrisponde al margine operativo lordo e sono gli utili prima di interessi, tasse,
ammortamenti e accantonamenti; nel CE è calcolato come valore aggiunto-costo del
personale.
L’EBIT corrisponde al reddito operativo e sono gli utili prima di interessi e tasse; nel CE è
calcolato come EBITDA-ammortamenti e accantonamenti.
Negli enterprise value ratios (due quozienti di borsa), il numeratore è rappresentato dalla
quotazione per azione e i debiti per azione (debiti totali finanziari dell’impresa divisi per il
numero di azioni in circolazione), mentre al denominatore possiamo avere o l’EBITDA per
azione (misura di utile molto lorda che in certa misura rappresenta la capacità dell’impresa di
generare internamente flussi di capitale circolante) oppure l’EBIT (misura del risultato
operativo). Questo perché se mettiamo insieme il valore dei debiti e delle azioni per ottenere
il totale attivo, il dato reddituale che fa riferimento al totale attivo è rappresentato dalla
redditività operativa a monte o a valle degli accantonamenti o ammortamenti. L’EBIT è
maggiormente una misura di reddito, mentre l’EBITDA rappresenta una misura di flusso del
circolante.
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4. Quozienti che rendono confrontabili le azioni (PE, PCF, PBV, DY)
Price-earnings (rapporto prezzo/utile): al numeratore troviamo la quotazione dell’azione,
quindi la quotazione di borsa, e al denominatore l’utile per azione (EPS, earning per share).
L’utile per azione viene calcolato dividendo l’utile della società per il numero di azioni in
circolazione. Ci dice quante volte il prezzo dell’azione rappresenta l’utile per azione o, vista
diversamente, quanti anni di utile servono per recuperare quanto speso nell’acquisto di
quella azione <=> se il price earnings fosse uguale a 10 significherebbe che, ipotizzando un
utile costante nel tempo, servono 10 anni di utili per rientrare rispetto a quanto speso per
l’acquisto dell’azione.
Price-cash flow: rapporto prezzo dell’azione/flusso di circolante per azione. Il flusso di
circolante viene approssimato aggiungendo all’utile gli ammortamenti. Quindi al numeratore
abbiamo sempre la quotazione dell’azione, ma al denominatore non abbiamo più l’utile per
azione, bensì (utile+ammortamenti per azione). Ci da un’idea di quale possa essere la
capacità dell’impresa di generare risorse finanziarie, risorse che possono essere appunto
utilizzate o per aumentare il capitale circolante netto o per fare investimenti ad esempio in
capitale fisso. Quindi questo rapporto può essere interpretato come quanti anni di
generazione di questa risorsa finanziaria, chiamata capitale circolante, sono necessari per
coprire il prezzo dell’azione.
Price-book value: prezzo dell’azione/capitale netto per azione. In questo caso il CN per azione
è calcolato dividendo il CN per il numero di azioni in circolazione. Mentre nei quozienti
precedenti il dato contabile veniva ricavato dal CE, in questo indicatore il dato di bilancio
proviene dallo SP, perché utilizziamo il CN per azione. In questo indicatore noi mettiamo a
confronto direttamente quello che è il valore di mercato al numeratore, e il valore contabile
al denominatore. Naturalmente possiamo avere dei quozienti superiori a 1, che rilevano un
valore di mercato superiore al valore contabile, e dei quozienti inferiori a 1, che rilevano un
valore di mercato inferiore al valore contabile. Questo quoziente va interpretato come
distanza tra quello che è il valore di mercato e il valore contabile: più è elevato il valore del
quoziente, più il valore di mercato supera il valore contabile e quindi di nuovo fa apparire una
certa azione meno conveniente di un’altra. Questo quoziente esprimendo un valore relativo
ci permette di fare confronti tra diverse società e confronti anche nel tempo della stessa
società; quindi, noi possiamo vedere qual è il livello di oggi di questi quozienti, rispetto ad una
media storica rispetto agli anni passati, per capire se il valore di oggi è più o meno elevato
rispetto a quello del passato.
Dividend yield: rapporto tra dividendo e prezzo. Qui abbiamo al numeratore non più il prezzo,
ma il dividendo unitario (quindi il dividendo per azione) e al denominatore la quotazione
dell’azione. Questo quoziente ci esprime la redditività dell’azione, limitatamente al dividendo
corrisposto. Limitatamente perché il rendimento di un’azione è dato da due componenti: il
dividendo che si può incassare dal prezzo dell’azione stessa e l’incremento di valore
dell’azione. Quindi chi compra delle azioni ha due fonti di guadagno: il dividendo che
percepisce una, due o più volte all’anno e la plusvalenza (capital gain), cioè il guadagno in
conto capitale, cioè l’incremento di valore.
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5. Modello di Gordon
Il modello di Gordon è il modello più semplice per valutare un’azione. Esso si basa sul
principio del valore attuale dei flussi di cassa futuri generati dall’azione.
La formula è: P0= DPS1/Ke-Gn.
P0 è il prezzo dell’azione al tempo 0 ossia il prezzo che sarebbe giustificato in base ai flussi di
cassa futuri che sono al numeratore del rapporto.
DPS —> dividend per share (dividendo per azione) Perché i dividendi? Perché i dividendi sono i
flussi di cassa generati dall’azione. Il titolare dell’azione il titolare dell’azione incassa un certo
dividendo.
DPS1 —> dividendo unitario che andremo ad incassare al tempo 1, ossia il prossimo dividendo
che andremo ad incassare. Esso è comunque un dividendo futuro.
Ke —> costo dell’equity ossia il tasso di rendimento minimo richiesto dagli azionisti per investire
in queste azioni. Sarebbe in sintesi il nostro tasso soglia. Il rischio quindi nel modello di Gordon è
dentro Ke (maggiore è il rischio maggiore è Ke e viceversa).
Gn—> tasso di crescita annuale medio di lungo periodo dei dividendi
Abbiamo quindi il flusso di cassa al tempo 1, il rischio rappresentato dal Ke e le prospettive di
crescita rappresentate da g.
Inserendo g in questo modello è come se inserissi nel modello non solo il dividendo al tempo 1,
ma anche al tempo 2, al tempo 3, al tempo 4 fino al tempo n.
Nel modello di Gordon la crescita è infinita quindi stiamo parlando di una serie di flussi infiniti:
- n—> infinito
- g—> i dividendi crescono al tasso g costante da oggi fino all’eternità
Un’altra ipotesi è che K > g altrimenti avremo un denominatore negativo e inoltre l’ipotesi
implicita è che il Payout sia costante nel tempo
Il dividendo per azione al tempo 1 lo possiamo anche scrivere come prodotto tra EPS al tempo 0 ,
il payout e (1+gn) dove gn è il nostro tasso di crescita medio annuale dei dividendi. Se si fa il
prodotto tra utile per azione al tempo 0 e il payout si ottiene il dividendo unitario al tempo 0. Se
si moltiplica il dividendo unitario al tempo 0 per (1+gn) si ottiene il dividendo unitario al tempo 1
perché per ipotesi questi dividendi crescono al tasso g costante nel tempo. Posso immaginare ad
esempio un 2% di crescita costante annuale. Se si conosce il dividendo al tempo 0 si possono fare
previsioni sui dividendi al tempo 1, al tempo 2 ecc. è necessario solamente moltiplicare per
(1+gn).
Nel modello di Gordon un’altra ipotesi è che anche gli utili crescano al tasso gn. Utili e dividendi
crescono ad un tasso costante pari a gn per un tempo infinito. Poi c’è ipotesi costanza payout.
Il prezzo di un’azione dipende quindi:
- Dalla capacità di generare dividendi - Dalla capacità di far crescere questi dividendi - Dal rischio
contenuto in Ke.
A parità di alte circostante: più alto è il dividendo più alto è il prezzo; più alto è il tasso di crescita
più alto è il prezzo; più basso è il rischio, più basso è Ke, più alto è il prezzo.
C’è quindi una relazione positiva tra dividendi crescita e prezzo, mentre vi è una relazione
negativa tra rischio e prezzo. Se il rischio aumenta il prezzo cala, se il rischio cala il prezzo
aumenta. Se riesco a convincere gli investitori che la società è poco rischiosa e più alto sarà il
prezzo delle azioni della società.
Nel modello di Gordon quindi i fondamentali sono:
- La crescita - Gli utili (perché i dividendi sono una frazione di utile) - Il rischio
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6. DY
Quoziente di borsa dato dal rapporto tra dividendo e prezzo. Qui abbiamo al numeratore il
dividendo unitario (quindi il dividendo per azione) e al denominatore la quotazione
dell’azione. Questo quoziente ci esprime la redditività dell’azione, limitatamente al dividendo
corrisposto. Limitatamente perché il rendimento di un’azione è dato da due componenti: il
dividendo che si può incassare dal prezzo dell’azione stessa e l’incremento di valore
dell’azione. Quindi chi compra delle azioni ha due fonti di guadagno: il dividendo che
percepisce una, due o più volte all’anno e la cosiddetta plusvalenza (capital gain), cioè il
guadagno in conto capitale, cioè l’incremento di valore. In questo caso maggiore è il livello di
questo indicatore, maggiore appare la redditività di quell’azione, sempre limitatamente al
dividendo.
9. Sistemi governance
I sistemi di governance previsti dal nostro ordinamento italiano sono 3:
Ordinario: è tipico in Italia, prevede:
- l'assemblea dei soci: organo che racchiude la compagine sociale e che ha il compito di
nominare (tramite le presentazioni di liste) i membri del consiglio di amministrazione, i membri
del consiglio sindacale e approvare il bilancio.
- il consiglio di amministrazione: è un organo di gestione, composto da un presidente (che ha il
compito di convocare il consiglio e di redigere l'odg, egli svolge una funzione di garanzia) e dagli
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amministratori della società, tra questi viene nominato l'amministratore delegato (il consigliere
delegato, considerato la figura apicale dell'impresa).
- il collegio sindacale: è un organo di controllo; i membri hanno il diritto di partecipare a tutte lee
riunioni del CdA proprio per controllare le decisioni assunte circa la gestione e l'organizzazione
dell'impresa.
Dualistico: è di tradizione germanica, prevede [oltre all'assemblea dei soci] 2 organi che si
spartiscono l'amministrazione(gestione) della società:
- consiglio di sorveglianza: ha una funzione di alta amministrazione; quindi, indirizzi strategici e
svolge anche dei compiti di controllo. In questo consiglio siedono membri eletti dai soci nominati
dall'Assemblea. Il consiglio di sorveglianza nomina i membri del consiglio di gestione (i manager).
- consiglio di gestione: cui viene affidata la gestione ordinaria; quindi, l'attuazione delle strategie
che sono state approvate dal consiglio di sorveglianza. In questo consiglio siedono i manager
della società. Il presidente è unico per entrambi i consigli
Monistico: è di tradizione anglosassone, è il più conosciuto fra gli investitori istituzionali. Questo
modello prevede la presenza [oltre all'assemblea dei soci] di un solo organo:
- il consiglio di amministrazione: ha sia i poteri legati alla gestione (ordinaria e straordinaria) sia
poteri legati alla funzione di controllo (che viene svolta da un comitato interno al CdA). Valido per
tutti e tre i modelli: dev'essere garantito il fatto che l'amministratore delegato sia differente dal
presidente; dev'essere garantita la "diversity" all'interno dei consigli; si affermano anche gli
amministratori indipendenti (= cioè si tratta di amministratori che non hanno dei rapporti in
corso con la società che potrebbero condizionare l'operato o il giudizio e che per tal ragione
riescono a garantire gli interessi di tutti gli stakeholders)
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12. Comunicazione d’impresa (obiettivi e aree)
La comunicazione è uno strumento dell’impresa per gestire le relazioni dell’impresa con altri
soggetti. Questa comunicazione è finalizzata ad un certo obiettivo: si comunica per far sì che
dalla relazione l’impresa possa in termini generali trarre un vantaggio, attraverso la
comunicazione si cerca di influire sul comportamento del nostro interlocutore. Bisogna avere
chiari gli obiettivi e le azioni da attivare per conseguirli affinché la comunicazione possa
andare ad influenzare il comportamento dei nostri interlocutori, renderlo funzionale a quelli
obiettivi che ci siamo dati. In questo tipo di processo è indispensabile essere molto
trasparenti, la comunicazione deve accresce la trasparenza quindi non dobbiamo ingannare
l’interlocutore e far apparire l’impresa ciò che non è perché questo potrebbe dare frutti nel
breve termine ma non un successo sostenibile nel lungo termine; bisogna comunicare la vera
essenza dell’impresa e in questo è utile andare a definire in modo chiaro quella che è la
mission e la vision dell’impresa; per poter incidere noi dobbiamo acquisire credibilità con la
comunicazione e reputazione, fiducia, legittimazione: sono tutti termini che in vari contesti
disciplinari vengono utilizzati. L’obiettivo strategico della comunicazione è incidere
nell’immagine dell’impresa; attraverso la comunicazione creare un’immagine forte e
attrattiva. Questo dell’attrazione è una delle considerazioni più importanti che possiamo fare
attorno al tema della comunicazione: essere attrattivi vuol dire agevolare il reperimento delle
risorse necessarie per svolgere la propria attività d’impresa. La comunicazione è quindi uno
strumento di competizione.
Esistono 4 aree della comunicazione d’impresa:
1 commerciale: la più nota; questa comunicazione si rivolge in modo prioritario ai clienti finali
e intermedi ed è basata in termini di contenuti su quello che chiamiamo marca o brand;
attraverso questa comunicazione si cerca di rendere percepibile da parte dei clienti il valore
dell’offerta aziendale, quindi la capacità dei beni e dei servizi offerti di soddisfare quelli che
sono i bisogni dei consumatori, bisogna rendere evidente il valore dell’offerta fatta ai
consumatori; la marca è il contenuto di questo tipo di comunicazione;
2 istituzionale: questa comunicazione ha l’obiettivo di migliorare le relazioni con la totalità dei
pubblici di riferimento attraverso i valori dell’impresa, la mission, la vision, l’identità e la
cultura dell’impresa; questa comunicazione migliora le relazioni facendo leva su contenuti
che partono dall’identità dell’impresa, dalla cultura e dall’ambito valoriale; questa
comunicazione vuole migliorare l’atteggiamento generale della collettività nei confronti
dell’impresa che esprime una cultura e dei valori che sono condivisi dall’ambiente esterno e
dai propri dipendenti. All’interno della comunicazione istituzionale tradizionalmente trovava
collocazione anche la comunicazione sociale-ambientale, quindi quella che viene chiamata
corporate social responsibility e il capitale intellettuale dell’impresa inteso come capitale
umano; questi aspetti di sensibilità socio-ambientale sono entrati a pieno titolo nella
corporate purpose e sono diventati un pezzo importante della capacità di creare valore a
lungo termine, quindi trovano oggi collocazione anche all’interno della comunicazione
finanziaria-> nascono come tematiche dentro al comunicazione istituzionale ma l’evoluzione
dell’ambiente e della corporate purpose le ha fatte percolare anche all’interno delle altre
aree della comunicazione;
3 gestionale: qui l’obiettivo è migliorare le reazioni con i soggetti direttamente o
indirettamente coinvolti nella gestione dell’impresa e questo tipo di miglioramento è basato
sulle strategie dell’impresa e la ricerca del consenso su queste strategie, quindi si vuole
rendere percepibile attraverso la comunicazione e si vuole attuare la capacità di
coordinamento e controllo di tutte quelle risorse cognitive che sono indispensabili a tutti
coloro che concorrono alla gestione dell’impresa, si cerca di far remare tutti nella stessa
direzione e per raggiungere questo miglioramento è necessario ottenere la condivisione e il
consenso della strategie di fondo dell’impresa tramite la comunicazione;
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4 finanziaria: qui gli interlocutori privilegiati ma non esclusivi sono i finanziatori e la
comunicazione è rivolta a migliorare queste relazioni attraverso la costruzione di una
credibilità economico-finaziaria nei confronti di questi soggetti, quindi rendere percepibile la
capacità dell’impresa di creare valore e essere meritevole dei finanziamenti richiesti e di un
costo il più basso possibile di questi finanziamenti; vuole creare credibilità economico-
finanziaria, fiducia nei finanziatori senza la quale è impossibile ottenere i finanziamenti.
Tutte attività di comunicazione che presentano elementi di interrelazione che a loro volta
richiedono una capacità dell’impresa di gestire queste aree in modo coordinato, senza il
coordinamento è difficile ottenere da queste comunicazioni i risultati desiderati e accrescere
il valore economico dell’impresa. Questo coordinamento e integrazione sono resi più
necessari dal fatto che sul piano organizzativo queste diverse aree vengono affidate a
strutture differenti: la comunicazione commerciale è affidata all’area vendita e marketing,
quella istituzionale ai vertici aziendali, quella gestionale svolta dall’area delle risorse umane e
quella finanziaria affidata se non esiste un’area ad hoc a quelle aree funzionali dell’impresa
dedicate alla contabilità e al controllo di gestione e all’area finanza. Quindi presidi
organizzativi diversi che gestiscono aree con elementi di contatto che possono condurre in
mancanza di coordinamento a contraddizioni che possono rendere la comunicazione nel suo
complesso poco efficace, quindi abbiamo delle esigenze di coordinamento che devono
portare a una comunicazione coerente fra le diverse aree; c’è necessità di integrazione.
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14. Comunicazione interna ed esterna
Questa distinzione fra interno ed esterno la ritroviamo nella classificazione della
comunicazione d’impresa, soprattutto in passato si faceva riferimento a questo
posizionamento dell’interlocutore rispetto si confini dell’impresa per definire le aree della
comunicazione d’impresa. Molti interlocutori possono essere considerati sia interni che
esterni. Clienti e fornitori sono una di queste tipologie, ma non solo, anche gli azionisti:
quelli più coinvolti nella gestione dell’impresa sono interni mentre quelli di minoranza sono
finanziatori esterni; i dipendenti potenziali possono essere visti sia come elementi interno che
esterni, uguale la forza di vendita. Abbiamo una serie di soggetti che possono trovare
collocazione sia nella sfera esterna all’impresa che in quella interna, quindi questo tipo di
ripartizione è sempre meno attuale e sempre più inadeguato a cogliere quelle che sono le
aree della comunicazione. La ripartizione fra interna ed esterna è inadeguata per una serie
di ragioni:
-alcuni pubblici possono essere collocati in più posizioni, pensiamo ai clienti e ai fornitori con
i quali possiamo instaurare relazioni più o meno profonde, più o meno basate su elementi
mercantili o collaborativi; ci sono fornitori verticalmente integrati con i quali la relazione è
molto stretta e non è basata sulla ricerca del miglior prezzo, sono relazioni durature nelle
quali il fornitore è coinvolto nella progettazione del bene e del servizio e anche il cliente che è
sempre più coinvolto nel processo produttivo e quindi tende a veder sfumare il suo
collocamento esterno ed aumentare la profanazione interna;
-i pubblici interni non sono solo destinatari finali della comunicazione interna ma anche
veicoli delle comunicazioni rivolte ai pubblici esterni: è sempre più presente la componente
servizi che porta ad un contatto più stretto fra impresa e i suoi clienti, una crescita delle
attività di front office, quindi di contatto con la clientela; questo contatto crea un canale di
comunicazione, quindi la comunicazione che noi diamo ai dipendenti può raggiungere anche i
nostri clienti attraverso i dipendenti stessi e a volte questa è una vera e propria richiesta. Si
può verificare anche la relazione opposta ovvero certe comunicazioni rivolte all’esterno poi
rientrano all’interno dell’impresa perché una parte di cliente può anche essere dipendente
dell’impresa;
-la necessità di una più alta condivisione di valori e obiettivi da parte del personale: le
imprese di oggi non sono più solo funzionali, c’è una componente intellettuale che dipende
molto dalla condivisione e questa condivisione richiede un coinvolgimento che non è solo
basato sulla comunicazione interna ma sulla comunicazione complessiva dell’impresa;
-un elemento innovativo è quello della diffusione dell’impresa a rete, un’impresa in cui i
confini sono sempre più difficili da tracciare perché ha delle relazioni sempre più strette con
altri soggetti che a livello superficiale appaiono esterni ma attraverso le collaborazioni
diventano parte dell’impresa (accordi verticali o orizzontali delle imprese: joint venture,
franchising, raggruppamenti temporanei).
I flussi di comunicazione quindi ci fanno vedere come l’impresa sia all’interno di una rete di
flussi che vede flussi comunicativi diretti, cioè si rivolgono a dei pubblici ben distinti e
separati che non hanno connessioni e che possono essere raggiunti attraverso strumenti
differenziat. Abbiamo un’altra tipologia di flussi che sono le comunicazioni verso l’esterno
attraverso il personale interno: il ricevente immediato è un soggetto interno che viene usato
come canale per raggiungere soggetti esterni. Un altro tipo di flusso è rappresentato dalle
comunicazioni implicite che il personale realizza con il contatto con la clientela: agendo
quindi sulla cultura dell’impresa quindi la comunicazione vuole creare senso di comunità e
cultura aziendale; attraverso queste modalità si cerca di governare, anche se non in modo
completo, questa comunicazione implica realizzata dai dipendenti con atteggiamenti e
comportamenti. L’ultima tipologia di flussi è rappresentata dalla ricezione attraverso
l’impresa di comunicazioni originariamente destinate all’esterno: tutto ciò che viene
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comunicato all’esterno ha una retroazione sui dipendenti che può rafforzare o indebolire il
senso di appartenenza nei confronti dell’impresa quindi è molto importante far sì che non ci
sia una asimmetria fra le comunicazioni interne e quelle esterne.
Questo insieme di elementi di complessità che rende la semplice suddivisione fra interna e
esterna obsoleta, spinge alla ricerca di nuove categorizzazioni; queste nuove
categorizzazioni non possono più essere basate sul collocamento esterno o interno del target
destinatario della comunicazione. Dobbiamo guardare ai contenuti: è proprio guardando i
contenuti che si identificano 4 aree della comunicazione d’impresa; questa classificazione
viene chiamata anche articolazione funzionale, che guarda ai contenuti della comunicazione
per identificarne gli elementi distintivi.
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19. Testi normativi (TUIF e codice civile):
I testi normativi sono il TUIF o TUF (=testo unico dell’intermediazione finanziaria) e il codice
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20. Sistema informativo di bilancio
Il sistema informativo di bilancio ha l’obiettivo di comunicare i risultati dell’impresa, la sua
situazione patrimoniale, il suo equilibrio finanziario, la generazione di reddito e la politica
dei dividendi. Il sistema di bilancio è composto dal bilancio (consuntivo), dato da stato
patrimoniale e conto economico, dalla relazione degli amministratori la quale propone
un’analisi ambientale economica e settoriale che contestualizza i risultati (= contesto
economico dentro il quale si è svolta l’attività d’impresa) e vengono trattate anche le diverse
aree strategiche d’affari, le strategie dell’impresa, il modello di business e le prospettive e
infine l’ultimo elemento del sistema di bilancio è la nota integrativa. Il sistema di bilancio
rappresenta uno dei mezzi attraverso i quali si realizza una parte della comunicazione
finanziaria obbligatoria.
Il bilancio oltre ad essere chiaro deve rappresentare il quadro fedele dell’impresa, quindi un
quadro che offra un’analisi dettagliata delle diverse componenti specificando i criteri contabili
adottati (di valutazione) e con l’inserimento di informazioni che consentano di interpretare le
tendenze evolutive dell’impresa (possibilità per l’impresa di proseguire la propria attività in
condizioni di economicità).
Il sistema di bilancio di cui stiamo parlando vede i prospetti dello SP e del CE, la relazione
degli amministratori e la nota integrativa dove vengono dettagliati tutti i numeri che
troviamo nei prospetti.
Il rendiconto finanziario è diventato obbligatorio a partire dai bilanci del 2016 e questa
obbligatorietà è stata limitata alle grandi imprese non quotate, mentre per le imprese
quotate questo è un obbligo già dal 2005.
Il bilancio deve essere occasione di comunicazione, anche di tipo istituzionale quindi
bisognerebbe mettere in evidenza tutti i punti di forza della società, fattori di successo e
fattori di crescita, descrivendo anche ciò che accadrà perché il valore di oggi dipende da
quello che succederà.
È importante contenere la dimensione dei documenti, essere il più brevi possibile, avere una
semplicità espositiva, usare un lessico comprensibile a tutti, usare grafici, tabelle, foto e
disegni aiuta a concentrare in modo sintetico i concetti e quindi di renderli più facilmente
interpretabili.
È bene notare il problema della tempestività di bilancio, il quale deve essere approvato entro
i 120 giorni successivi alla sua chiusura, perché gli investitori prendono le loro decisione
all’inizio dell’anno e non possono permettersi di aspettare fino a giugno perché il mercato
può aver subito delle modifiche.
21. Rischio sistematico (coefficiente beta) + def. Teoria finanziaria (relazione rischio-rend, t.
mercati fin.)
Il coefficiente beta quantifica il rischio in termini di rischio sistematico e non diversificabile.
Se un certo titolo avesse la stessa rischiosità del mercato, beta sarebbe uguale a 1 perché la
covarianza tra titolo j e portafoglio m sarebbe uguale alla varianza di M; se un titolo è
rischioso come il mercato e ha livello di rischio pari al rischio medio il beta è pari a 1, quindi
rischio nella media. I titoli più rischiosi hanno beta>1, quelli meno rischiosi hanno beta<1.
Attraverso la mia comunicazione finanziaria devo incidere sul livello di beta e fare in modo
che si percepisca bassa rischiosità. Beta misura la tendenza del rendimento di una attività a
variare a seguito di variazioni di mercato.
Secondo la teoria finanziaria il tasso di rendimento minimo deve riflettere ed è funzione del
rischio che è supportato da chi finanzia l’impresa (impresa raccoglie soldi e fa investimenti e il
rischio cade su chi ha finanziato l’impresa, quindi creditori e azionisti/soci proprietari):
entriamo nella relazione rischio-rendimento. Questo rischio che ricade sui finanziatori ha due
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componenti:
1. rischio operativo: dipende dalle caratteristiche dell’investimento (ci sono investimenti più
rischiosi e investimenti meno rischiosi);
2. rischio finanziario: dipende da come l’investimento è stato finanziato, ovvero dal mix di
debiti e capitale proprio (chiamato equity=capitale di rischio fornito dai soci), dal rapporto tra
debiti ed equity che viene chiamato anche leva finanziaria (perché il ricorso all’indebitamento
genera un effetto leva; questa leva finanziaria viene chiamata spesso leverage).
Questo tasso di rendimento minimo è quindi funzione del rischio: più alto è il rischio che il
finanziatore corre, maggiore sarà il rendimento che chiede da quell’investimento. Questo
rischio è sopportato dai soci (chi porta equity) e dai creditori (chi porta debito): il rischio che
ricade su creditori e azionisti va ad incidere sul rendimento che i creditori pretendono per
finanziare l’impresa e sul rendimento che gli azionisti pretendono per finanziare l’impresa.
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24. Convocazione assemblee (dove va pubblicato, cosa contiene)
La convocazione dell’assemblea dei soci prevede un obbligo di pubblicazione per tutte le
società: per le società quotate la pubblicazione di questo avviso di convocazione deve essere
sulla gazzetta ufficiale o su un quotidiano nazionale, per le altre società si può ricorrere anche
ad altri mezzi basta che i soci siano informati della convocazione dell’assemblea per
partecipare. La convocazione deve essere fatta mettendo un avviso sul sito della società e
pubblicando l’avviso almeno su un quotidiano nazionale (esempio Il Sole 24 Ore) ed è stato
stabilito con precisione cosa deve contenere l’avviso che è uno strumento di comunicazione
con un contenuto prestabilito: ora, luogo, data, ordine del giorno, materie da trattare, diritti
che si possono esercitare, come si può esercitare il voto per delega.
25. Assemblea degli azionisti:
Mezzo di comunicazione di grande rilievo ma spesso sottoutilizzato. È stata vissuta per molto
tempo come un obbligo e quindi convocata solo quando strettamente necessario. È
convocata dal CDA, ma le norme prevedono che anche i soci possano richiedere la
convocazione (almeno 10% dei soci, e 5% nelle quotate)
ASPETTI PROBLEMATICI
— Se gli azionisti sono molti ha un costo elevato
— Possibile conflitto fra manager e base societaria
— Limiti al diritto di intervento del socio (ampia discrezionalità del presidente dell’assemblea)
— Ostruzionismo assembleare (volontà di alcuni soci di ostacolare i lavori dell’assemblea)
Anche attraverso la raccolta deleghe (= proxy context) alcuni partecipanti possono avere più
peso delle assemblee senza avere una quota maggiore.
CATEGORIE DI PARTECIPANTI:
— Azionisti di maggioranza (direttamente coinvolti nella gestione/o rapporto continuativo
con amministratori). Non hanno grandi necessità informative, sono già informati, di solito
partecipano alle assemblee senza intervenire, solo per approvare.
— Investitori istituzionali (deleghe a banche e raccolta deleghe, fondi di private equity),
categoria sempre più presente nelle assemblee, spesso intervengono per criticare le decisioni
degli amministratori e influenzarli e fare pressioni.
— Attivisti: criticano le decisioni degli amministratori, vogliono influenzare le decisioni, coloro
che fanno raccolta deleghe. Prendono di mira determinate società e acquistano azioni per
partecipare alle assemblee. (spesso agiscono nelle operazioni di fusione e acquisizione).
L’obiettivo è far nominare come amministratori dei loro rappresentanti
— Frequentatori abituali: adulatori (intervengono con lo scopo di incensare gli
amministratori, dire quanto sono stati bravi, sono soggetti con competenze economico-
giuridiche e buoni oratori. I motivi per cui intervengono a sostegno degli amministratori
possono essere vari es. per farsi dare incarichi), professionisti (soggetti con competenze
professionali che intervengono per rendere più chiari alcuni passaggi della gestione,
intervento nobile), disturbatori (soggetti che intervengono per disturbare, ad esempio per
fare ostruzionismo, il loro scopo è attirare l’attenzione su loro stessi e andare sui media)
— Piccoli azionisti, spesso partecipano per ragioni di tipo affettivo e il loro interesse è
soprattutto legato alla politica dei dividendi.
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l’approvazione ex-ante del prospetto di sollecitazione da parte della Consob È più facile
raccogliere i dati dei soci per poterli avvertire.
— L’assemblea va convocata mettendo un avviso sul sito della società e con la pubblicazione
su un quotidiano e deve contenere: luogo, data e ora; elenco materie da trattare; diritti che si
possono esercitare; come si può esercitare il voto per delega, anche tramite un soggetto
eventualmente designato dalla società.
— Dal 2010 può partecipare all’assemblea chi risulta azionista “record date”= il settimo
giorno di borsa aperta presedente all’assemblea.
— L’azionista ha diritto di richiedere conferma del voto esercitato (verificare che risulti
giusto agli atti)
— Diritti esercitabili dagli azionisti: - Porre domande prima dell’assemblea (entro il termine
indicato dalla società) - Integrare l’ordine del giorno (se la richiesta arriva da un certo numero
di azionisti) - Presentare proposte su materie già iscritte all’OdG
— Gli azionisti devono essere informati su dove possono trovare i testi integrali delle
proposte di deliberazione, con le relazioni illustrative e i documenti che saranno sottoposti
all’assemblea. - Nella relazione sulla gestione si possono controllare le scelte in materia di
rischio. - Nella relazione sulla remunerazione si possono controllare le politiche di
remunerazione di amministratori e manager.
— Le risposte scritte dei manager alle domande poste dai soci non devono più essere lette
durante l’assemblea se distribuite in forma scritta all’inizio della riunione o se c’è stata
risposta sul sito in forma di FAQ.
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conflitto di interesse, allineando gli interessi dei manager a quelli dei soci comportando quindi
una riduzione dei costi di agenzia.
31.OPA e OPAS:
Sia le OPA che le OPAS rientrano nell’appello al pubblico risparmio; in questo caso
l’offerente dichiara la propria disponibilità ad acquistare o scambiare determinati titoli
azionari o obbligazionari; l’offerente si pone alla ricerca di azioni e obbligazioni ad un certo
prezzo indicato nell’offerta. Chi intende fare appello al pubblico risparmio con queste
offerte pubbliche ha un obbligo informativo verso la consob, quindi senza indugio lo si deve
comunicazione e lo si fa attraverso l’allegato 1A dove si descrive in modo sintetico
l’operazione e i soggetti proponenti; oltre a questo documento troviamo anche il prospetto
informativo per le offerte di sottoscrizione o vendita e il documento di offerta nel caso delle
offerte di acquisto o acquisto e scambio, il tutto corredato dalla scheda di adesione
sottoscritta dall’investitore che aderisce a queste offerte. Infine, la comunicazione va firmata
da offerente ed emittente che intendono effettuare l’offerta al pubblico. Quindi primo step
informare la consob il secondo informare il mercato, facendo scattare la regola della
passività. Nel documenti di offerte delle OPA e OAS è importante la sezione ‘motivazioni
dell’offerta e programmi futuri dell’acquirente’ perché si capisce meglio cosa succede nel
caso di non adesione all’offerta
OPA: offerta pubblica di acquisto, dove la modalità di pagamento avviene in contanti.
OPAS: offerta pubblica di acquisto e scambio dove la modalità di pagamento avviene tramite
scambio titoli.
Le OPA sono momenti particolari nella vita delle società emittenti che vedono un incremento
dell’attività di comunicazione per entrambe le parti; nelle OPA si fa spesso ricorso alla
pubblicità, alle interviste e si fanno esposti alla consob per segnalare comportamenti non
corretti in capo alla controparte.
Il lancio di un’OPA comporta la predisposizione di un documento, un prospetto informativo
con linguaggio tecnico, contenente l’offerta lanciata dall’impresa, i titoli e i prezzi, i rischi e le
motivazioni dell’offerta. L’intenzione di lanciare un OPA ad un certo prezzo è un’informazione
privilegiata che rientra nell’informativa continua e deve essere comunicata tempestivamente.
Le operazioni di OPA e OPAS rientrano nella sollecitazione al pubblico risparmio; queste
operazioni sono disciplinate dal testo unico e dal regolamento emittenti e le regole
riguardano la trasparenza e la correttezza dei comportamenti da parte delle due parti. Un
principio fondamentale di tutte le OPA è la parità di trattamento per gli acquirenti: quando ci
rivolgiamo ai soci dobbiamo assicurare parità di trattamento, tutti i soci saranno trattati in
modo uguale e senza differenze.
Le OPA possono essere di diverso tipo:
- OPA obbligatorie: riguadagno le società quotate e scatta quando una società acquista il
controllo di un’altra società e le sue azioni sono quotate e garantiscono il diritto di voto per la
nomina o la revoca degli amministratori (controllo della società>30%). La norma stabilisce
anche il prezzo da offrire che è il più elevato tra quelli pagati precedentemente per acquistare
azioni di quella categoria nei 12 mesi antecedenti. Questa OPA obbligatoria è una
disposizione che tutela gli azionisti di minoranza perché l‘attivista di minoranza ha la
possibilità di godere dello stesso prezzo pagato dall’azionista di maggioranza, non ci deve
essere discriminazione.
- OPA volontarie: si riferiscono alle società non quotate e l’oggetto di riferimento sono le
azioni di risparmio.
- OPA amichevoli: sono concordate prima
- OPA ostili: il bidder lancia all’insaputa del target che non è d’accordo quindi contro la sua
volontà
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- OPA a metà strada, ovvero l’iniziativa del bidder non è concordata ma non è detto che il
target sia contrario all’OPA lanciata.
Ci sono degli obblighi di comunicazione relativi al target nella comunicazione delle OPA da
rispettare, il consiglio di amministrazione della società target deve diffondere un comunicato
di valutazione dell’offerta, dando anche dettagli sull’approvazione dell’offerta dal CdA del
target a maggioranza o all’unanimità.
Nelle OPA e OPAS relativamente al periodo che intercorre tra comunicazione alla consob e
pagamento dell’offerta, si mettono dei vincoli su ciò che viene detto dagli insider della società
proponente che diffondono dichiarazioni sull’offerta solo tramite comunicati al mercato;
questi insider in quel periodo di tempo possono diffondere informazioni circa l’offerta solo
attraverso lo strumento del comunicato stampa.
34. SDIR:
SDIR è l’acronimo di sistema di diffusione informazioni regolamentate. Per la diffusione delle
informazioni regolamentate si può ricorrere allo SDIR, gli obblighi di trasmissione alla consob
vengono svolti dallo SDIR stesso che diffonde al pubblico l’informazione regolamentata e la
invia alla consob e alla società di gestione del mercato. In Italia ci sono due attività private
autorizzate dalla consob a fare servizio di diffusione e stoccaggio, una di queste società è la
eMarket SDIR, società che offre servizio di stoccaggio e diffusione delle info regolamentate,
gestito dalla società ISPS, controllata da Spafid del gruppo Mediobanca. Dal maggio 2014 è
operativa un’altra società che offre stoccaggio e diffusione denominata 1Info e questo
concorrente è gestito dalla società ComputerShare. Per avere maggiore visibilità e copertura
una società può usare entrambi i sistemi, non c’è una esclusiva, ma c’è la possibilità di usarli
anche entrambi; è un elemento di comodità.
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39. Registro (art.115bis e MAR art.18):
Viene istituito un registro delle persone che hanno accesso a informazioni privilegiate (art.
115-bis e MAR art. 18). Il registro è stato introdotto dalla direttiva europea, è istituito e
mantenuto aggiornato dagli emittenti quotati e i soggetti da questi controllati, o le persone
che agiscono in loro nome o conto; in questo registro vanno elencate le persone che in
ragione dell’attività lavorativa, professionale, o per le funzioni svolte hanno accesso alle
informazioni privilegiate. Questi registri facilitano le indagini per la consob e la magistratura.
40. Info periodica (doc. rendicontazione Fin. Non obbligatori per tutti, relazione
amministratori):
La comunicazione finanziaria periodica riguarda l’evento societario dei conti della società,
dei dati contabili: la periodicità è dettata da obblighi, quindi avremo una periodicità su conti
annuali, semestrali e trimestrali, quindi quando parliamo di flussi informativi obbligatori di
carattere periodico parliamo della informativa societaria.
L’informativa periodica ha come oggetto i risultati contabili della società emittente, è
periodica perché questi risultati devono essere comunicati periodicamente al mercato e alla
consob. In questo contesto si può parlare di relazioni finanziarie che possono essere relative
all’esercizio nel suo complesso (bilancio annuale), relative alle relazioni semestrali e relative
alle situazioni trimestrali. In merito alle relazioni finanziarie è bene ricordare che gli emittenti
quotati italiani devono disporre:
– Il bilancio d’esercizio, bilancio consolidato (se redatto), relazione amministratori e collegio
sindacale, relazione di revisione, attestazione organi amministrativi delegati e dirigente
preposto ai documenti contabili + copia verbale di approvazione dell’assemblea dei soci (RE
art. 77): il tutto entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio, presso sede sociale + SDIR e
stoccaggio e sito.
– La relazione finanziaria semestrale e l'attestazione documenti contabili (RE art. 81) il tutto
entro 3 mesi dalla chiusura del semestre presso sede sociale + SDIR e stoccaggio (erano 60
gg).
Oltre a questi documenti possono decidere se pubblicare o meno le info finanziarie
periodiche aggiuntive.
Invece per quanto riguarda gli emittenti di valori mobiliari (RE art. 78-bis) informano il
pubblico, con le modalità previste nel Capo I, delle deliberazioni con le quali l'organo
competente approva il progetto di bilancio, la proposta di distribuzione del dividendo, il
bilancio consolidato, il bilancio semestrale abbreviato e, se del caso, le informazioni
finanziarie periodiche aggiuntive.
I dati contabili della società sono documenti molto corposi, redatti con un linguaggio
tecnico e poco comunicativi, quindi sono occasione di comunicazione volontaria per
renderli più leggibili ad esempio attraverso delle presentazioni, si fanno earnings call ovvero
incontri dove vengono mostrati i risultati vari. Altre forme di comunicazione primaria
volontaria sono misure alternative di performance, prospetti esplicativi di dati economici e
finanziari (bilanci riclassificati), commenti ai risultati (attraverso interviste, conference call),
presentazioni dei risultati a analisti e investitori e sito internet.
Riferito al tema dell’informativa periodica e delle relazioni finanziarie possiamo dire che per
queste relazioni finanziarie annuali e semestrali deve essere usato il linguaggio estensivo
business reporting, un linguaggio particolare per redigere i bilanci. Questo linguaggio
permette di rintracciare in modo univoco una certa informazione, è un linguaggio che
dovrebbe favorire l’identificazione di determinate informazioni all’interno di un documento
complesso come quello del bilancio. Nell’informativa periodica stanno acquisendo sempre
più rilevanza le dichiarazioni non finanziaria (DNF), queste sono un prodotto della
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ridefinizione della corporate purpose e della crescente sensibilità verso la sostenibilità
ambientale, sociale e di governo societario.
46. IAP:
Gli IAP sono gli indicatori alternativi di performance; sono stati oggetto di interventi da
parte dell’ESMA con un intervento del 2016. Come abbiamo detto, sono indicatori diversi da
quelli previsti dai principi contabili, quindi, sono indicatori di performance finanziari, di
posizione finanziaria o che hanno ad oggetto flussi di cassa diversi da quelli specificati dalla
disciplina che si applica all’informativa societaria. Generalmente questi indicatori alternativi
sono ricavati voci di bilancio attraverso aggiunta o sottrazione di determinati importi sempre
tratti dal bilancio stesso: si parte da voci di bilancio che vengono manipolate e si ottiene un
indicatore alternativo, naturalmente esistono indicatori alternativi formulati anche
prescindendo dalle informazioni che ritroviamo nel bilancio. Questi indicatori trovano
sempre più spazio sia nei comunicati stampa sia all’interno della relazione sulla gestione o
del report integrato quindi l’ESMA è intervenuta per dare regole di comportamento relative
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a questi indicatori non codificati dai principi contabili e davano la possibilità alle società
emittenti di strumentalizzare questo tipo di informazione; quindi, l’ESMA per evitarlo ha dato
indicazioni precise su come presentare questi indicatori. Ha previsto che questi indicatori
debbano essere definiti, chiariti i componenti e le modalità di calcolo; la definizione deve
essere chiara e facilmente interpretabile, non si deve usare una terminologia eccessivamente
ottimistica e nel dare un nome a questi indicatori bisogna evitare che questo nome possa
trarre in inganno l’interlocutore o vi sia eccessiva assonanza con indicatori definiti all’interno
dell’informativa finanziaria; bisogna poi spiegare perché si usa un indicatore alternativo,
bisogna assicurare omogeneità temporale, ci deve essere coerenza nel tempo relativamente
alle modalità di calcolo, le variazioni vanno spiegate e se si interrompe la comunicazione di
uno di questi indicatori bisogna spiegare perché non è più considerato importante.
47. ESMA:
L'ESMA(ex CESR) ha dato delle linee guida su questo punto, quindi ha aggiunto delle
precisazioni per aiutare le società a riconoscere le informazioni privilegiate: la storia passata
può essere presa in considerazione, questa storia può anche essere riferita ad analisi
effettuate anche a livello accademico (e questi studi si basano tutti sulla tecnica dell’event
study); così come si può prendere a riferimento anche il lavoro degli analisti finanziari. Se in
passato quel tipo di informazione è stata considerata privilegiata, allora bisogna continuare a
considerarla come tale. È necessario avere continuità nel tempo. [La CONSOB dice che nel
dubbio che un’informazione possa o meno influire sui prezzi, suggerisce di considerarla come
tale se dovessero sussistere le altre tre caratteristiche].
LINEE GUIDA DELL'ESMA: oggetto dell’informazione, si possono identificare due situazioni:
Connessione diretta tra l’informazione e questi oggetti (emittente o strumento) = ha a che
fare con quelle che vengono chiamate corporate information che hanno la caratteristica di
essere generate internamente alla società Connessione indiretta invece riguarda le market
information= le informazioni di mercato, ciò che sta all’esterno della società emittente.
Quindi, in questo caso l’informazione nasce fuori dalla società emittente, sul mercato. Questa
distinzione è importante perché entrambe possono contribuire all’abuso di mercato. INVECE
gli obblighi di trasparenza e riservatezza riguardano solo le corporate information, ovvero
solo quelle informazioni che nascono all’interno.
55. CEO:
Il CEO (chief executive officer), chiamato anche amministratore delegato stabilisce le linee
guida della comunicazione, controlla e approva i contenuti dei documenti più sensibili per il
mercato e partecipa direttamente ad alcuni incontri con la comunità finanziaria, sia in
occasione di presentazioni e conference call tenute periodicamente e nel corso di roadshow,
sia in incontri privati con analisti e investitori istituzionali. l chief executive officer è la figura
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apicale della comunicazione finanziaria e dovrebbe stabilire le linee guida e controllarla, in
particolare i documenti più sensibili, è la figura di riferimento per gli incontri con la comunità
finanziaria (road show, conferenze stampa), chi partecipa a questi incontri desidera avere
rapporti con la figura apicale e ascoltare le sue parole perché sono più pesanti e
rappresentative rispetto alla parole di altre figure aziendali, ciò non toglie che il chief
executive officer nell’attività di cf debbano essere supportate dall’investor relator.
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58. Infomediari:
Gli infomediari sono quei soggetti che si “intromettono” nella relazione tra impresa e
destinatario, così da trasformare il canale diretto in canale breve o lungo se si trovano 2 o +
intermediari.
I protagonisti della comunicazione finanziaria sono le imprese e tutti gli infomediari offerenti
e richiedenti di comunicazione finanziaria. Gli infomediari raccolgono informazioni primarie
al fine di produrre informazioni secondarie (derivate) e sono molto rilevanti nel processo di
trasmissione delle informazioni da società emittenti ad altri stakeholder. Gli infomediari: sono
analisti, mass media, associazioni di categoria: tutti soggetti che selezionano, rielaborano,
raccolgono informazioni e le restituiscono ai destinatari finali della comunicazione
finanziaria; in questa attività di intermediazione delle informazioni esiste sempre il rischio che
il messaggio della fonte arriva al termine della catena in modo più o meno distorto e questo
rischio va gestito attraverso un’opportuna relazione con gli infomediari, una relazione
informativa di carattere continuativo basata sui comportamenti corretti e con dei flussi
bidirezionali tra società emittente e infomediario e viceversa. Gli infomediari sono ad
esempio analisti finanziari, professionisti che redigono le cosiddette equity resource (=
rapporti che hanno ad oggetto le imprese emittenti) valutano le prospettive di quell’impresa
dal punto di vista dei potenziali investitori, esprimono una raccomandazione e indirizzano le
scelte degli investitori finali.
Anche gli intermediari finanziari sono infomediari perché condizionano e indirizzano le scelte
degli investitori e sono essi stessi acquirenti di titoli per il loro portafoglio e per i portafogli dei
clienti ai quali offrono servizi di gestione. Le società di rating sono infomediari perché raccolto
informazioni per esprimere giudizi sulla redditività creditizia, sulla rischiosità delle diverse
obbligazioni emesse. Abbiamo i data provider, ovvero soggetti che elaborano le informazioni
e le vendono ad altri. I mass media sono infomediari, attori importanti della comunicazione
finanziaria (esempio Sole24Ore).
Gli infomediari sono mediatori di informazioni, generano valore per i loro clienti e questo
passa attraverso la produzione di informazioni che vengono messe a disposizione degli
investitori finali. Gli infomediari uniscono alle informazioni specifiche delle singole imprese
tutte le altre informazioni che riguardano la sfera macroeconomica, i contesti settoriali ecc. La
gamma di infomediari è molto variegata alcuni hanno un business circoscritto (=produzione di
nuove informazioni), altri sono contemporaneamente attori del sistema finanziario e quindi il
loro contributo ai flussi informativi deriva dalla produzione di ulteriori informazioni derivanti
dalla rielaborazione della comunicazione primaria e da un loro intervento sui mercati
finanziari attraverso operazioni di acquisto e vendita.
59. Intermediari:
Esistono diverse tipologie di intermediari che si differenziano in funzione di forma organizzativa. La
scelta dipende dalla notorietà dell’impresa. Il sistema di finanziamenti vede come protagonisti gli
intermediari finanziari, i quali possono essere sia bancari (banca - assicurazioni) che non (società di
factoring).
Nei sistemi orientati agli intermediari i protagonisti dei finanziamenti delle imprese sono gli
intermediari finanziari: banche o assicurazioni e in questo tipo di impostazione istituzionale banche e
assicurazioni esercitano anche il controllo delle società non finanziarie e si realizzano in queste
situazioni degli intrecci tra banche e imprese, società finanziate da intermediari finanziari che a loro
volta controllano le società stesse. In questo tipo di sistema gli stimoli all’efficienza sono realizzati
attraverso delle forme di controllo interno alle imprese stesse e dall’imposizione di norme di tutela
degli azionisti di minoranza. Questi sistemi presentano rischi di collisione tra intermediari e
manager quindi tutto si gioca sul rapporto tra intermediari e imprese finanziate a titolo di debiti
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(prestiti) o di capitali di rischio; in questo sistema il dialogo è diretto tra società finanziate e
intermediari che finanziano.
Gli intermediari finanziari che accompagnano le società nel processo di quotazione fanno una
valutazione della società e stabiliscono un intervallo di valori (prezzo minimo e massimo); quando si
decide la quotazione in borsa e quante azioni collocare, generalmente gli intermediari finanziari che
offrono assistenza spesso si caricano anche dell’invenduto coprendo la parte di azioni non vendute.
Gli intermediari mobiliari (es:SIM) sono un pubblico filtro e trasmettono info rielaborate ai loro
clienti; nella fase di trasmissione le informazioni possono avere due ruoli:
- essere oggetto della transazione tra intermediario e cliente
- essere un ingrediente delle politiche di marketing quando l’oggetto della vendita è altro.
Gli intermediari mobiliari chiedono informazioni al mercato e alle imprese emittenti per prendere
decisioni razionali, producono informazioni primarie per la loro attività e derivate per soggetti terzi.
Le imprese quotate devono monitorare queste relazioni tra intermediari e clienti e identificare
eventuali distorsioni tra quanto volevano comunicare e quanto percepito sulla base delle info
trasmesse.
68. Montante
Se prendiamo una somma di denaro disponibile oggi e la portiamo avanti nel tempo per
calcolare il valore futuro stiamo effettuando un’operazione di capitalizzazione.
Si dice quindi montante il valore futuro e finale di una somma disponibile oggi: il montante
include il denaro di oggi e il rendimento che possiamo ottenere investendolo per il periodo di
tempo considerato. Il montante, quindi, è il valore capitalizzato del denaro di oggi portato ad
una data futura; il valore attuale viceversa è il valore attualizzato del denaro di domani.
69. Destinatari cf
I destinatari della comunicazione finanziaria sono coloro a cui si rivolge la comunicazione
finanziaria; è necessario conoscere le loro caratteristiche per poter impostare una
comunicazione finanziaria efficace e che tenga conto dei diversi elementi di differenziazione
che distinguono le varie categorie di destinatari. I destinatari nel loro complesso vengono
definiti stakeholder.
Gli azionisti svolgono un ruolo particolarmente importante come destinatari di
comunicazione finanziaria, una parte significativa degli obblighi di comunicazione ha loro
come destinatari prioritari; gli azionisti condividono il rischio aziendale e di conseguenza
attraverso la comunicazione finanziaria il bisogno che cercano di soddisfare è quello di essere
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informati sulle vicende aziendali per conoscere l’andamento della società e le prospettive di
creazione di valore, di dividendo ecc. e attraverso questo flusso informativo vogliono trovare
rassicurazione relativamente alle scelte di investimento che sono state fatte. Distinzione fra
azionisti di controllo e di minoranza: per quanto riguarda quelli di controllo, le loro esigenze
informative sono particolarmente significative ma essendo loro stessi in modo diretto o
indiretto produttori di quelle informazioni non hanno bisogno di essere informati da altri o
dalla società, perché sono informati in quanto produttori di quell’informazione sia perché
coinvolti direttamente nella gestione attraverso la copertura di ruoli importanti sia per legami
molto stretti con i manager. Una distinzione utile menzionare sugli azionisti di controllo è
quella fra azionisti di controllo di matrice finanziaria o industriale: di matrice finanziaria sono
interessati sostanzialmente alla massimizzazione del valore dell’impresa nel lungo periodo;
quindi, il loro interesse coincide con quello della società stessa. Quelli di matrice industriale
invece operano in una logica di gruppo e sono interessati attraverso il controllo sulla società
controllata a perseguire obiettivi strategici del gruppo e quindi hanno un tipo di logica che a
volte potrebbe entrare in conflitto con gli obiettivi che rappresentano gli interessi diretti
dell’impresa controllata. Tra gli azionisti di minoranza si distinguono fra attivi e dormienti: i
primi sono interessati alle vicende aziendali per poter influire sulle scelte operate dai
vertici; visto che si tratta di soggetti che vogliono avere voce in capitolo nella gestione
dell’impresa la relazione con questi soggetti deve essere improntata alla massima correttezza
e trasparenza; i dormienti vengono chiamati così perché non mostrano interesse ad un
coinvolgimento nelle scelte di gestione, il loro obiettivo e interesse principale è
rappresentato dal rendimento che possono ottenere attraverso l’acquisto delle azioni della
società. I cassettisti sono interessati alla società che distribuisce in modo regolare i dividendi
e che questi siano crescenti nel tempo. Altri soggetti guardano invece il rendimento in termini
di capital gain, cioè di rivalutazione del prezzo, di plusvalenze da generare nel breve periodo,
quindi sono soggetti definiti speculatori.
I lavoratori: distinguiamo tra manager e dipendenti; sono una categoria che viene coinvolta
in tutte le aree della comunicazione aziendale. Le ragioni per le quali i manager e i lavoratori
sono interessati alla comunicazione finanziaria sono diverse: i dirigenti come i soci di
controllo fanno parte degli insider quindi sono dal lato della domanda e dell’offerta di
comunicazione finanziaria, sono consumatori e produttori di informazioni; il loro interesse ha
sia una valenza interna che una valenza esterna: quella interna è che una parte della loro
remunerazione è legata ai risultati aziendali, quindi quelle informazioni, la produzione di
esse è necessaria per poter attuare questa parte del pacchetto retributivo. La ragione esterna
è che sempre più si è sviluppato un mercato delle capacità manageriali, sempre più spesso si
definiscono politiche di reclutamento dei manager basate sul ricorso a questi consulenti che
si mettono alla ricerca della figura manageriale più idonea a ricoprire un certo ruolo. Per
quanto riguarda i dipendenti l’interesse verso i risultati perseguiti dall’azienda in termini di
creazione di valore è legata agli interessi di questa categoria verso la sicurezza del proprio
posto di lavoro e le prospettive di carriera. L’altra cosa da ricordare è che i lavoratori spesso
e volentieri svolgono anche altri ruoli: a volte sono azionisti della società, acquirenti dei beni
e servizi prodotti dalla società e creditori attraverso il TFR, quindi l’interesse verso i risultati
aziendali può anche essere stimolato per questa molteplicità di ruoli e da qui è evidente
l’esigenza di grande integrazione e coordinamento della comunicazione delle diverse aree
della società.
Clienti e fornitori: queste relazioni di lungo periodo che si instaurano sempre più aumentano
la domanda di comunicazione finanziaria perché dietro queste relazioni che coinvolgono una
compartecipazione e una condivisione di progetti di lungo termine vi sono investimenti da
parte di clienti e fornitori che appartengono alla categoria di investimenti irrecuperabili e il
fatto che la relazione si protragga nel tempo dipende dallo stato di salute dell’azienda. Si
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vuole valutare l’affidabilità della società in questa ottica di partnership di medio-lungo
periodo; possiamo parlare anche qui di bisogno di sicurezza, di costruzione di un rapporto
fiduciario reciproco fra le parti, senza questi elementi non c’è la possibilità di costruire una
relazione di medio-lungo termine. I fornitori hanno come elemento discriminante la
rilevanza del rapporto di fornitura, quanto è importante la società come cliente e la durata
della dilazione di pagamento che viene concessa in ambito di questa relazione, i fornitori
sono in molti casi parte integrante del processo produttivo della società. Per i clienti la loro
domanda di comunicazione finanziaria dipende dal tipo di prodotto o servizio acquistato e
oggi sono i clienti stessi parte di un processo produttivo, la distinzione tra produttore e
consumatore diventa sempre più sfumata; se pensiamo a tipologie di beni e servizi, se
parliamo di beni durevoli la domanda di cf dei clienti è maggiore; questo vale anche per i
servizi.
Gli investitori sono i potenziali azionisti, sono i soggetti che vengono avvicinati per ottenere
risorse finanziarie. Questo rapporto può essere diretto o intermediari da altri soggetti;
queste due modalità di contatto non sono equivalenti e portano a problematiche e gestioni
diverse quindi il canale diretto è il canale buy side, relazione diretta con gli investitori (incontri
one-to-one) mentre intermediata è sell side, ovvero intermediari che dialogheranno con
investitori finali. Vediamo le sottocategorie: i creditori finanziari sono quelli che prestano
danaro a fronte di un impegno della società di restituirlo; è una condivisione del rischio
generale d’impresa perché la possibilità di pagare gli interessi è legata al successo della
società e alla sua capacità di produrre reddito. Le società di rating sono uno degli infomediari,
specializzate nella valutazione del merito creditizio, producono informazione derivata perché
producono valutazioni e danno dei voti alle società emittenti debito; danno indicazione sulla
capacità creditizia della società, capacità di far fronte ai debiti e pagare gli interessi. Abbiamo
gli azionisti individuali: guardando i conti nazionali scopriamo che gran parte delle imprese
italiane è posseduta da individui o famiglie; il loro ruolo diminuisce al crescere delle
dimensioni dell’impresa ma anche guardando al segmento delle sole società quotate
troviamo una parte importante del capitale di queste detenuto da singoli individui o famiglie.
Un’altra tipologia sono i fondi comuni di investimento: questi soggetti poi c’è la figura
dell’analista finanziario con cui si dialoga direttamente; hanno un ruolo sempre più
importante e dal loro punto di vista è importante sapere quali siano le informazioni che il
mercato già sconta nei prezzi perché dal loro punto di vista ciò che è più rilevante sono le
informazioni non ancora scontate nei prezzi.
Le pubbliche autorità: lo stato necessita di informazioni finanziarie per la politica fiscale e
quella legislativa e regolamentare; per le società quotate in borsa ci sono altri soggetti
pubblici importanti che intervengono sulla regolamentazione della comunicazione finanziaria
come la consob (Istituita con L. 216/1974 ha la vigilanza sui mercati finanziari (trasparenza e
regolarità dei comportamenti) e regolamenta l’informativa societaria ai mercati), la banca
d’Italia (pone più attenzione al tema della solidità degli intermediari mobiliari) e la società di
gestione del mercato (borsa italiana nel nostro caso che ha una natura privata anche se
svolge alcune attività di interesse pubblico).
La collettività, quindi l’opinione pubblica che esprime una domanda di comunicazione
finanziaria indiretta nel senso che non si rivolge direttamente alle società emittenti ma si
informa attraverso intermediari della comunicazione quindi mass media in primis ma anche
intermediari finanziari con consulenti e gestori o associazioni di categoria; pretendono che
siano ben informati i consulenti, i gestori, i giornalisti perché da loro apprendono queste
informazioni e poi conseguentemente assumono le decisioni di investimento. L’opinione
pubblica è costituita anche dalle comunità territoriali di riferimento; per avere un buon
rapporto con la comunità bisogna avere innanzitutto buone relazioni con i propri dipendenti, i
primi testimonial della società emittente all’interno della comunità locale; è indispensabile
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identificare gli opinion leader, gli influencer ma oltre a identificare questi soggetti nodali a cui
fanno riferimenti gli altri componenti della comunità bisogna avere un’idea precisa
sull’opinione di questi soggetti nodali, le informazioni a loro disposizione e le tematiche che
maggiormente interessano.
Infomediari: tutti i soggetti che si alimentano di comunicazione finanziaria primaria e sono
quindi destinatari della cf primaria al fine di produrre informazione secondaria e derivata; in
questa veste sono loro stessi produttori di informazioni e quindi fanno parte degli attori della
comunicazione finanziaria. Sono analisti, mass media, associazioni di categoria. Naturalmente
in questa loro attività di intermediazione delle informazioni esiste sempre il rischio che il
messaggio della fonte, cioè il messaggio della società emittente arriva al termine della catena
in modo più o meno distorto e questo rischio deve essere tenuto ben presente nell’attività di
comunicazione finanziaria.
70. Mercati esteri vs domestico (Tipi aziende che si ritengono utili quotarsi all’estero piuttosto
che in Italia (quelle che vogliono aprirsi un mercato globale..) pdf finanziario e operativo
commerciale (gas energie rinnovabili )
Per quanto riguarda il mercato può essere domestico o estero; meglio quotarsi nella borsa
domestica o all’estero? Naturalmente questo dipende da una serie di circostanze: quanto è
strategico il mercato estero rispetto a quello interno. Nella scelta va considerato il livello di
sofisticazione, efficienza e trasparenza dei vari mercati (meglio quotarsi nel mercato efficiente
che abbia spessore adeguato con ampia dimensione e con norme a tutela delle minoranze); ci
sono sforzi di comunicazione diversi per i vari mercati; effetti sull’immagine e tempi e costi di
quotazione, specializzazione settoriale o dimensionale del mercato che può favorire
l’apprezzamento della società che si va a quotare da parte degli investitori. Sono pochissime
le imprese italiane che hanno scelto l’estero per la prima quotazione.
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Naturalmente la programmazione deve essere coerente con la mission aziendale e con la
corporate purpose dell’impresa e qui aiuta avere una mission e una vision esplicitate in una
dichiarazione scritta.
Si passa poi alle comunicazioni vere e proprie e alla identificazione degli strumenti di
comunicazione da attivare all’interno della programmazione che è stata fatta. Abbiamo detto
che nella comunicazione ciò che si vuole ottenere è determinati comportamenti da parte
degli interlocutori e per ottenerli dobbiamo, attraverso la comunicazione, influenzare le loro
opinioni; come vedremo la comunicazione può essere fatta in forme diverse e con strumenti
diversi (pubblicità, marketing diretto, orale, scritto) e naturalmente andranno scelte le
modalità di comunicazione e gli strumenti e i canali più indicati in base ai pubblici che
vogliamo raggiungere e alle fasi del processo decisionale in cui la comunicazione si va ad
inserire.
L’importanza dei diversi strumenti e i contenuti stessi dei messaggi variano in relazione alle
diverse fasi: sappiamo che lo strumento della pubblicità ha una sua valenza ed efficacia nella
fase di cattura dell’attenzione, mentre ha un’efficacia più contenuta nelle fasi successive dove
entrano in gioco maggiormente altri strumenti di comunicazione e altri contenuti.
La fase di interesse e valutazione richiedono informazioni più definite e tecniche che non si
prestano allo strumento della pubblicità ma fanno ricorso ad altri strumenti, così come
diventa importante il passaparola, il comportamento degli opinion leaders che aiutano a
trasformare un interesse in un’azione concreta.
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75. Bilancio annuale:
negli USA le info relative al bilancio annuale vengono rilasciate al mercato attraverso altri
strumenti come i comunicati stampa in modo più tempestivo e anche attraverso la
compilazione di quei moduli che devono essere inviati alla SEC. Per cui il bilancio ha perso un
po’ di importanza come mezzo di diffusione delle info contabili, perchè appunto quando
arriva la produzione del bilancio annuale e della sua diffusione queste info sono già note al
mercato e alla comunità degli investitori. Quindi negli USA molte società stanno usando il
bilancio o come strumento di marketing o come modalità per soddisfare un obbligo ma senza
investirci troppo. Sostanzialmente viene preso il modulo già compilato per la SEC (che nel
caso del bilancio annuale è il modulo 10k), questo modulo viene "completato" aggiungendo
una copertina, aggiungendo un breve commento ai dati e tutto finisce lì. Quindi una via
minimalista che contiene i costi nel rispetto degli obblighi, trasparenza o una trasformazione
di questo documento in una leva di marketing. Nel caso italiano la situazione è un po’ diversa
perché i nostri bilanci sono sempre più consistenti ma anche qui vale la problematica che ha
riguardato le società americane, comunque i dati essenziali vengono comunicati molti mesi
prima attraverso altri canali.
80. IR Website
Quali sono le strutture tipiche di questa sezione? Overview: una sezione introduttiva, dove
la società si presenta, quindi chi siamo, qual è la nostra storia, quali sono i nostri
prodotti/servizi, quali sono i mercati nei quali siamo presenti, alcuni dati importanti
relativamente alla nostra azienda, se tra i soci ci sono degli investitori particolarmente
conosciuti, magari li menzioniamo, una sezione di domande risposte, eventualmente una
sezione terminologica (se ci sono dei termini non di uso comune), fotografie, video e le
possibilità di contatto (come mail, numero di telefono e quant’altro). Governance: quindi la
composizione del consiglio di amministrazioni con i diversi curricula; quali sono i comitati
endoconsiliari e quali consiglieri partecipano, chi sono i manager più importanti e più in
generale se aderiamo o meno dei codici di comportamento volontari. Sezione dedicata alle
comunicazioni e agli eventi: quindi i comunicati stampa, i moduli obbligatori, se la società è
spesso oggetto di rumors ci potrebbe essere una sezione dedicata a questi, il calendario degli
eventi. Sezione dei risultati finanziari: cioè dove mettiamo i bilanci, dove si mettono i moduli
sui trimestrali e sui bilanci annuali, i risultati contabili più importanti. Sezione sulle
presentazioni: che abbiamo fatto agli analisti, ai giornalisti. Sezione dedicata al prezzo
dell’azione: quindi nell’assemblea annuale. dei grafici con l’andamento del prezzo, gli scambi,
si forniscono spesso degli strumenti per personalizzare il grafico per fare i confronti con
qualcos’altro, in alcuni casi c’è proprio un aggiornamento in tempo reale del prezzo stesso,
informazione sui dividendi, ecc. Sezione dedicata agli analisti: dove si indicano quali sono gli
analisti che coprono il titolo, e si mettono le informazioni per contattare questi analisti, quasi
mai vengono messe le equity research di questi analisti.
IR Website è il sostituto della Regolation Fair Disclosure, abbiamo detto prima, come nel
caso dei social media, date certe condizioni possono essere usati per soddisfare questo tipo di
regolamentazione, anche il sito può svolgere questa funzione di rendere il pubblico dominio
certe informazioni, quindi limitare il rischio di una comunicazione selettiva. Altre
problematiche del web site, quindi questa sezione dedicata agli investor relations, il
collegamento a informazioni generati da soggetti terzi, questo è un punto molto rilevante sul
piano della responsabilità. Quindi il consiglio è quello di rendere il più chiaro possibile quelle
informazioni prodotte da altri, non dalla società, quindi bisogna adottare tutte le strategie
lessicali e grafiche per fare capire questa distinzione tra ciò che è direttamente attribuibile
alla società e ciò che è invece è informazione prodotta da terzi, ad esempio anche inserire dei
ruoli quando si schiaccia sul link, attenzione, state uscendo dal sito della società, queste cose
sono molto importanti in termini di responsabilità quanto meno nel contesto statunitense. Si
raccomanda cautela nell’utilizzo dei blog e dei forum, se c’è qualcuno che li controlla
continuamente. Poi ci danno dei suggerimenti su come trattare delle informazioni vecchie,
anche qui è necessario che sia chiaro che quelle sono informazioni datate, di conseguenza è
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opportuno magari, pensiamo alla sezione dei comunicati stampa, mettere in evidenza quelli
recentissimi e poi fare una sezione archivio dove ci sono tutti gli altri, fare capire appunto la
differenza e un altro aspetto che viene richiamato è l’importanza che ha il web site
naturalmente nella fase di IPO, quindi visto che in quella fase la società ha il massimo
dell’attenzione, l’attenzione verso quella società dopo l’IPO cala sempre, quindi per fare in
modo che i nostri interlocutori si abituino a frequentare il nostro sito, è importante che già
nella fase di IPO il sito abbia una buona funzionalità e offra tutta una serie di informazioni utili
agli investitori.
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comunicate agli stockbrokers alla mattina prima che
aprano i mercati, morning call (queste riunioni in cui i
venditori, gli stockbrokers vengono indirizzati su
particolari azioni).
Ora è evidente che dal punto di vista della società di
brokeraggio è importante avere delle raccomandazioni
buy, così i clienti comprano i titoli e generano
commissioni. Le raccomandazioni hold ovviamente non
alimentano gli scambi, "la raccomandazione è tieni il
titolo che hai, se non lo hai non comprarlo", ecco perché
se noi andiamo a vedere qual è la percentuale di buy
rispetto le altre raccomandazioni è la fetta prevalente.
Vediamo anche come spesso e volentieri questo hold
viene trasformato in qualcosa di diverso, in un consiglio di
acquisto fumato, sempre per la stessa ragione,
ovviamente il mercato conosce questi trucchi.
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SHORT SELLER (ribassisti)= [vendita allo scoperto] in Italia non sono una realtà molto grande,
al contrario in USA invece si; l'obiettivo è tenerli lontani. Chi fa short selling ha un guadagno
massimo predefinito e una perdita massima (teoricamente illimitata); questo perché il
massimo guadagno è rappresentato dall'azzeramento del prezzo (se vendo a 5eur al mx
guadagno a 5 euro per azione); la perdita, che si verifica qualora il prezzo anziché ribassare
aumenti; invece, può essere più consistente (quell'azione da 5 euro potrebbe andare a
500eur); quindi rischio MOLTO elevato. Lo short seller vende azioni prese in prestito con
l'aspettativa di guadagnare un profitto più tardi quando riacquista le azioni ad un prezzo
inferiore - La vendita allo scoperto è un'attività molto rischiosa: potenziale di rialzo limitato e
potenziale di ribasso massiccio; questione timing molto importante). Quali sono le società
che rappresentano un target ideale per i ribassisti? Sono società che hanno un flottante
ridotto (poche azioni in circolazione) quindi il prezzo è più manipolabile, variabilità elevata
degli utili (che da volatilità al prezzo) e sono state date delle previsioni degli utili stessi molto
aggressive (obiettivi difficili da raggiungere); quindi se queste sono le caratteristiche gli short
seller saranno interessati [cosa negativa per le società emittenti!!!] Per sapere quanto una
società sia stata o sia oggetto d'interesse da parte dei ribassisti bisogna andare a misurare
lo"short interest"= cioè il numero di azioni che una certa società che sono state vendute
allo scoperto e che non sono ancora state ricomprate(/diviso) il numero di azioni che
vengono trattate giornalmente.
Quindi per es. se lo short interest fosse il 30% vorrebbe dire ch ein 0,3 giorni il nostro
ribassista può chiudere la sua posizione. (tanto maggiore è lo short interest tanto più è stato
shortato un certo titolo) Come affrontare i ribassisti? Bisogna cercare di NON attirare la loro
attenzione e quindi non emettere mai previsioni (guidance) aggressive, bisogna rilasciare
comunicati stampa, commenta i rumors, rilasciare tutte le cattive notizie in una volta sola,
ecc… NON è opportuno adottare un approccio passivo verso i ribassisti, quello che si
dovrebbe fare è tenere sotto controllo lo short interest e capire il motivo per cui
eventualmente i ribassisti hanno deciso di "scommettere" verso la nostra società.
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3)Oltre all'approvazione del prospetto informativo da parte della SEC, ci sarà anche una
richiesta di quotazione che dev'essere approvata anche dalla società di gestione della borsa.
4)Quando il prospetto informativo è stato approvato e quindi si può aprire la fase di
sottoscrizione effettiva; quindi, viene deciso il prezzo di emissione che va inserito nel
prospetto informativo.
Un modo più semplice per quotarsi: il REVERSE MERGER= si tratta di una fusione tra la
società che si vuole quotare ed una società che è già quotata in borsa ma che è
semplicemente una shall company (una scatola vuota).
Qual è il ruolo dell'investor relation in occasione di un IPO? Nella fase di IPO c'è un periodo
in cui non è possibile rilasciare informazioni (quiet period); in particolare: è accettabile
pubblicizzare prodotti o rilasciare risultati finanziari, purché si tratti del tipo di informazioni
che l'azienda ha pubblicato in passato. Al contrario, una vasta gamma di commenti favorevoli
sulle vendite della società, i guadagni o affari non possono essere fatti. In particolare,
l'azienda non dovrebbe rilasciare proiezioni sulla sua performance futura durante il periodo di
silenzio. Se c'è un rilascio di informazioni che va al di là di una dichiarazione strettamente
fattuale, l'informazione deve essere notato in un modulo 8-K divulgazione alla SEC, e incluso
nel prospetto che la società sta usando per la sua IPO. Durante questo periodo l'IRO dovrebbe
prepararsi a gestire l'ampio volume di informazioni che si verificherà al termine dell'IPO.
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pubblicità è di breve termine e autonomo rispetto a quello esercitato dalla performance
passata.
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del web nel periodo di bolla, mentre hanno amplificato le notizie negative nell'ambito post
bolla. I media influiscono sui prezzi di borsa nell'ambito della comunicazione finanziaria.
88. Come attrate i finanziatori:
Approccio orientato al marketing Il marketing aiuta a identificare i migliori fornitori di fondi a
cui rivolgersi. L’azienda si deve proporre come investimento interessante in termini di rischio-
rendimento; le argomentazioni a sostegno della richiesta fondi devono rispettare i criteri di
quel particolare finanziatore; la richiesta fondi deve essere presentata efficacemente a livello
razionale e a livello emotivo ; ottenuti i fondi l’azienda deve informare costantemente i
finanziatori sulla propria performance se vuole conservarne la fiducia.
• Modello di riferimento: Sustainable Marketing Enterprise Model di Kotler e Kartajaya.
Questo modello si compone di:
A. Sviluppare una strategia per proporsi ai finanziatori= Leve: segmentazione, targeting,
posizionamento.
B. Sviluppare tattiche per entrare con successo in contatto con i finanziatori = Leve:
differenziazione, marketing mix, vendita.
C. Ottenere il valore desiderato= Leve: brand, servizio, processo.
A. Sviluppare una strategia per proporsi ai finanziatori (DIMENSIONE STRATEGICA) Obiettivo
della dimensione strategica: conquistare la mind share dei finanziatori (investitori).
In primis azienda deve chiedersi: “In che business opero”? Es. Disney ≠ da Volvo •
Segmentare il mercato o chiedere finanziamenti a tutto il mercato (mass marketing)? Andare
da chi ha a che fare con soggetti simili. Segmentazione: arte di identificare e cogliere le
opportunità che emergono dal mercato dei capitali in un certo momento.
I. SEGMENTAZIONE
Approccio basato sulle caratteristiche statiche
• Si ricercano caratteristiche simili che non riflettono necessariamente il comportamento del
finanziatore e non influenzano direttamente la sua decisione – Es: segmentazione geografica,
segmentazione demografica integrata con quella socioeconomica (es. BA) 2. Approccio
basato sulle caratteristiche dinamiche
• Si ricercano gli attributi collegati al profilo umano del finanziatore che influenzano
direttamente la sua decisione – Segmentazione psicografica per stili di vita o personalità –
Segmentazione comportamentale in base agli atteggiamenti, alle risposte e ai benefici dei
finanziatori (amnesia istantanea, ossessioni arbitrarie, ottimismo fatale, monitoraggio
compulsivo). Caratteri di una segmentazione efficace: il mercato va visto da una angolazione
unica che differisce da quella dei concorrenti. Il metodo di segmentazione deve identificare il
comportamento di investimento e le ragioni che inducono all’investimento, per questo è
meglio l’approccio dinamico; la segmentazione geografica e demografica è la più semplice
perché sono immediatamente disponibili dati precisi e accurati, ma non spiega perché si
investe in azioni Microsoft piuttosto che Apple. I segmenti obiettivo devono essere di
dimensioni significative e presentare prospettive positive per il finanziamento futuro a lungo
termine. Bisogna descrivere le caratteristiche dei potenziali investitori in modo che il
posizionamento, la differenziazione, il marketing mix, la vendita e la strategia di marca si
possano fondare su queste caratteristiche.
II. TARGETING
I segmenti obiettivo devono essere sufficientemente grandi. La strategia di targeting deve
poggiare sul vantaggio competitivo dell’impresa, cioè quel parametro che permette di capire
se l’azienda ha forza/esperienza sufficiente a dominare il segmento prescelto e a competervi.
I segmenti obiettivo devono fondarsi sulla situazione competitiva in essere.
III. POSIZIONAMENTO
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L’impresa deve definire la propria identità e la propria personalità nella mente dei
finanziatori. Non solo persuasione ma anche conquistare la fiducia e la confidenza dei
finanziatori. Come ottenere fiducia?
• Apparire competenti nell’esecuzione del business
• Avere una reputazione di onestà nell’utilizzo e nella condivisione delle informazioni
• Avere un atteggiamento positivo verso l’ottenimento del finanziamento. Criteri di
posizionamento: Aspettative del finanziatore: giusto rapporto rischio-rendimento
• Capacità interne: concentrarsi su quelle che attirano i finanziatori target
• Valutazione dei concorrenti: posizionamento unico e differenziato
• Cambiamento: posizione coerente con le condizioni dell’ambiente economico in cui
si opera. Il massimo del posizionamento è instillare parole o frasi nella mente dei
consumatori.
B. Sviluppare tattiche per entrare con successo in contatto con i finanziatori (DIMENSIONE
TATTICA) Obiettivo della dimensione tattica: conquistare quote di mercato presso i
finanziatori (investitori).
I. Tattica di base (differenziazione) Distinguersi dalla concorrenza e costruirsi una mind share e una
heart share superiori presso gli investitori. Il posizionamento è la base della strategia e la
differenziazione la base della tattica. integrare contenuto, contesto e infrastruttura dell’offerta agli
investitori.
1.Contenuto (cosa offrire) • Il valore di ciò che si offre; è la parte tangibile della differenziazione.
2. Contesto (come offrirlo) • Il modo in cui viene offerto il valore; è la parte intangibile della
differenziazione che aiuta gli investitori a percepire la nostra offerta diversa dalle altre.
3. Infrastruttura (veicolo di facilitazione) • Leadership, persone e mezzi concreti usati per
differenziare il contenuto e il contesto.
II. Tattica di creazione (marketing mix) Integra l’offerta (prodotto e prezzo) e l’accesso (canali e
promozioni) di un’impresa. integrare l’offerta (prodotti e prezzi) e l’accesso degli investitori (canali e
promozioni)
1. Prodotto: titoli (azioni/bond/ibridi) e prestiti • Gli emittenti hanno customizzato i prodotti per
soddisfare le esigenze degli investitori (innovazione finanziaria).
2. Prezzo dei titoli • L’emittente ha un certo margine di manovra nel fissare il prezzo dell’IPO, ma
dopo il prezzo è determinato dal mercato (ruolo della comunicazione finanziaria).
3. Canali (place) • Ambito in cui gli investitori cercano le aziende giuste.
4. Promozione • Strumenti per creare consapevolezza e attivare il ricordo negli investitori target:
personal selling, PR, investor relation.
III.Tattica di conquista (vendita relazionale) Integra i finanziatori e l’azienda in una relazione di lungo
termine reciprocamente soddisfacente. creare relazioni durature con gli investitori tramite il
possesso prolungato dei prodotti finanziari dell’azienda.
1. Vendere agli investitori è ben diverso dal vendere ai clienti; L’azienda deve illustrare i
fondamentali incorporati nei suoi prodotti finanziari e l’obiettivo degli acquirenti è l’investimento e
non il consumo. - Gli investitori sono più affamati di info e più scettici dei consumatori. Gli investitori
possono rivendere i titoli acquistati; per tenere i titoli devono essere costantemente aggiornati e
rassicurati.
2. Gli investitori giusti dipendono dalla fase di sviluppo dell’azienda; Nella primissima parte del ciclo
di vita: Venture Capitalist. In seguito: banche e mercato dei capitali. Le presentazioni devono
riguardare la visione, le prospettive di business, la solidità finanziaria e la profittabilità dell’azienda,
ma anche i bisogni dell’investitore.
3. I bisogni dell’investitore • Obiettivi di rendimento e rischio – Una rendita, un ritorno a breve, un
ritorno di lungo termine? – Conosce il settore o il modello di business? – Quali sono stati i suoi
investimenti precedenti?
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4. Differenze fra banche e VC • Le banche sono molto meno inclini al rischio dei VC, ma non puntano
a ritorni eccezionali – Presentazione incentrata sulle prospettive di lungo termine e sulla solidità
finanziaria dell’azienda • Le banche chiedono spesso garanzie • I rapporti con le banche sono
prevalentemente formali.
C. Ottenere il valore desiderato (DIMENSIONE VALORE) Obiettivo della dimensione valore:
conquistare il cuore (heart share) degli investitori.
I. Il brand (indicatore del valore)
• Consente di evitare la trappola della massificazione. Nel contesto del marketing al mercato dei
capitali il brand è l’immagine che rappresenta l’azienda nella sua totalità, ne riflette la reputazione
ossia il valore apportato e/o promesso agli investitori. Effetto: un brand forte riduce il rischio
percepito dagli investitori. Valore: Rapporto fra “avere totale” (beneficio funzionale + beneficio
emozionale) e “dare totale” (costo + altre spese). La forza del brand dipende da questo rapporto.
[Nei prodotti finanziari il beneficio funzionale è dato dal diritto di voto (solo nelle azioni ordinarie),
dal reddito staccato, dai capital gains; il beneficio emozionale dà senso di sicurezza, eccitazione… Il
costo è il prezzo pagato e gli altri costi sono gli oneri di finanziamento della posizione e i costi di
monitoraggio]. Evitare la trappola della massificazione. Il brand è una peculiarità della marca:
aggiunge valore ai prodotti e anche ai titoli offerti ai finanziatori. Libera l’azienda dalla trappola della
massificazione. Per generare valore, il brand necessita di un investimento finalizzato a creare: a)
Consapevolezza di marca: forza della presenza di una marca nella mente degli investitori. Il suo livello
va dal semplice riconoscimento al ricordo fino al predominio. b) Associazione di marca: qualunque
cosa che colleghi l’’investitore al brand; viene promossa tramite un programma di brand identity. Sul
piano dei benefici emozionali si deve fare leva sui diversi concetti dell’identità di marca: brand come
organizzazione; brand come persona; brand come simbolo. c) Qualità percepita: tipo di associazione
a cui gli investitori sono più sensibili. Misura indicativa dell’impatto dell’identità di marca. d) Lealtà di
marca: è meno costoso conservare gli investitori acquisiti che attrarne di nuovi.
III. Il processo (facilitatore del valore) Consente di fornire valore agli investitori tramite vari processi
interni ed esterni. evitare la trappola dell’orientamento alla funzione. Efficacia con cui si gestisce il
processo di raccolta dei capitali per conseguire tre obiettivi:
1. Acquisire investitori di qualità (buona reputazione, capacità di investimento, visione a lungo
termine.
2.Minimizzare il costo della raccolta.
3.Ottenere i fondi necessari nel minor tempo possibile. I processi sono diversi per i vari tipi di
finanziamento; es azioni:
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– Fase pre-Ipo: consolidamento strategia, promozione immagine, selezione sponsor/collocatore,
documentazione obbligatoria.
– Fase Ipo: road show, fissazione prezzo collocamento, marketing offerta.
– Fase post Ipo: relazioni investitori e analisti, comunicazione obbligatoria e volontari.
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