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DOMANDE FERRETTI (comunicazione finanziaria)

1. Scomposizione moltiplicativa
Il ROE è calcolato come UN/CN (utile netto/capitale netto). Se vogliamo spiegare il perché si
osservi un incremento e decremento del ROE o il perché un’azienda x ha un ROE maggiore o
inferiore ad un’altra è necessario andare alle origini di questi andamenti, utilizzando la
scomposizione del ROE nelle sue determinanti. Esistono due determinanti, due diverse
scomposizioni:
- Moltiplicativa: il ROE è uguale al prodotto di tre indici: ROI x Leva x (Utile Netto/RO).
TIGEX= misura gli effetti derivanti dalla gestione finanziaria, dalle imposte e il saldo di oneri e
proventi extra gestione. La divisione ci dà una quantificazione di quanto pesino queste
componenti. Se fossero tutte pari a 0, Utile Netto/RO sarebbe uguale ad 1. Quanto maggiore
è l’incidenza delle imposte (costo), quanto più la gestione finanziaria produce un risultato
negativo (oneri finanziari che paghiamo sui debiti di gran lunga superiore ai proventi che
possiamo ottenere dai nostri investimenti), tanto più sarà il peso dei costi straordinari rispetto
ai ricavi e tanto minore sarà questo indicatore perché maggiore sarà la differenza in negativo
tra utile netto e RO. Tanto maggiore è il ROI tanto maggiore sarà il ROE, tanto maggiore sarà il
ricorso al debito fisse le altre componenti, tanto maggiore sarà l’incidenza delle imposte e
oneri e dei costi finanziari tanto minore sarà viceversa il ROE. Far ricorso all’indebitamento è
negativo per il ROE, se minimizzo il CN (finanziandomi con i debiti) il ROE, a parità di tutto il
resto, ne dovrebbe beneficiare (come con LEVA) ma l’effetto dei debiti non riguarda solo la
componente leva ma anche l’indicatore utile netto su risultato operati. Se ricorro al debito
avrò anche maggiori oneri finanziari. Quindi il ricorso al debito incide positivamente
sull’indicatore LEVA ma negativamente sul terzo indicatore. Effetto finale (dei due movimenti
opposti) non è scontato.
- Additiva: ROE=ROIxT + (ROIxT – (OF-PF)xT/D) x D/CN +(SPOSxT/CN) - la sommatoria di alcuni
elementi. Alla sinistra della formula sempre il ROE (variabile che cerchiamo di spiegare) e a
destra troviamo la somma di due elementi compositi: il primo è ROI x T (dove t è 1 – il
rapporto tra le imposte e l’utile lordo →che troviamo nel nostro CE riclassificato) è redditività
degli investimenti al netto delle imposte. Moltiplicando per questa variabile T, noi
trasformiamo la variabile a lordo delle imposte al netto delle imposte (effetto fiscale). Il
secondo elemento è legato alla presenza di debiti. Se i debiti fossero 0 tutto questo secondo
elemento della formula sparirebbe. Il terzo elemento è il contributo delle poste straordinarie
(SPOS). Quando invece i debiti sono maggiori di 0 entra in gioco il secondo elemento.
Quest’ultimo ci misura l’effetto reddituale dei debiti (se contabilmente parlando i debiti
hanno un effetto positivo o negativo della redditività dei mezzi proprio). Viene misurato
calcolando la differenza tra la redditività netta degli investimenti (ROI x T) e l’onerosità dei
debiti sempre al netto dell’effetto fiscale. L’onerosità dei debiti a sua volta viene calcolata con
OF (oneri fiscali) – PF (proventi finanziari) x T/ D (entità dei debiti). Ricordiamo che un
investimento crea valore quando la sua redditività supera il costo dei finanziamenti (e qui
mettiamo proprio a confronto la redditività dell’investimento al netto delle imposte e il costo
degli investimenti al netto delle imposte). L’obiettivo è di capire se l’indebitamento influisce
in modo positivo o negativo alla redditività dei mezzi propri. Esso è positivo quando questa
differenza tra ROI netto e costo dei debiti è positivo.

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2. Ebitda e ebit (quozienti entr. value ratios)
Sono due valori che ritroviamo nel CE.
L’EBITDA corrisponde al margine operativo lordo e sono gli utili prima di interessi, tasse,
ammortamenti e accantonamenti; nel CE è calcolato come valore aggiunto-costo del
personale.
L’EBIT corrisponde al reddito operativo e sono gli utili prima di interessi e tasse; nel CE è
calcolato come EBITDA-ammortamenti e accantonamenti.
Negli enterprise value ratios (due quozienti di borsa), il numeratore è rappresentato dalla
quotazione per azione e i debiti per azione (debiti totali finanziari dell’impresa divisi per il
numero di azioni in circolazione), mentre al denominatore possiamo avere o l’EBITDA per
azione (misura di utile molto lorda che in certa misura rappresenta la capacità dell’impresa di
generare internamente flussi di capitale circolante) oppure l’EBIT (misura del risultato
operativo). Questo perché se mettiamo insieme il valore dei debiti e delle azioni per ottenere
il totale attivo, il dato reddituale che fa riferimento al totale attivo è rappresentato dalla
redditività operativa a monte o a valle degli accantonamenti o ammortamenti. L’EBIT è
maggiormente una misura di reddito, mentre l’EBITDA rappresenta una misura di flusso del
circolante.

3. Azioni/società value e growth


Dalle società growth il mercato si aspetta una forte crescita negli anni a venire quindi il prezzo
dell’azione già riflette le aspettative di questa crescita futura, ma i dati contabili ancora non
riflettono questa crescita perché sono dati odierni mentre la crescita ci sarà negli anni
successivi. Oggi, quindi, l’utile per azione è basso, ma in futuro ci si aspetta che sia molto più
alto. In buona sostanza le società growth vengono valutate non tanto per ciò che sono oggi,
ma per quello che potranno essere in futuro. Comprando azioni di queste società non si
compra il presente, ma il futuro, il quale potrà essere all’altezza delle aspettative giustificando
l’elevato prezzo pagato nel presente, oppure potrà verificarsi un futuro meno roseo rispetto a
quello atteso. Le società value sono esattamente l’opposto perché si compra il presente,
l’utile di oggi, il capitale netto di oggi perché si aspetta che questi valori in futuro non siano
molto diversi dal presente. Non ci si aspettano grandi crescite. Non si tratta di una
scommessa sul futuro, ma sul presente che si immagina riproporsi anche negli anni successivi.
Le azioni value sono caratterizzate da bassi Price earning, Price cash flow, Price to book-value
ed Enterprise value ratios e alto Dividend Yield. Le azioni growth al contrario hanno i primi
indicatori elevati tranne il Dividend Yield che risulta essere basso. Le azioni value sono
dunque azioni che appaiono in certa misura sottovalutate nel senso che hanno quotazione
dell’azione o valore dell’impresa contenuti rispetto alla capacità di generare utili, flussi di
circolanti, valore del capitale netto, EBITDA o EBIT, mentre le azioni growth appaiono azioni il
cui valore di borsa è elevato rispetto a questi dati contabili.
Ci sono investitori che preferiscono le società growth (quindi si investe in società per le
aspettative di crescita), mentre altri preferiscono le società value (quindi società più mature
capaci di generare già nel presente alti dividendi ad un prezzo comunque conveniente). Ci
sono periodi di tempo dove le azioni value sono più redditizie delle growth e viceversa quindi
l’ideale sarebbe investire giustamente nei diversi momenti temporali, ma questo richiede la
capacità di prevedere il futuro ed è inverosimile. Su orizzonti temporali molto lunghi (50 anni)
le azioni value hanno generato rendimenti superiori alle azioni growth tanto che si parla di
value premium.

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4. Quozienti che rendono confrontabili le azioni (PE, PCF, PBV, DY)
Price-earnings (rapporto prezzo/utile): al numeratore troviamo la quotazione dell’azione,
quindi la quotazione di borsa, e al denominatore l’utile per azione (EPS, earning per share).
L’utile per azione viene calcolato dividendo l’utile della società per il numero di azioni in
circolazione. Ci dice quante volte il prezzo dell’azione rappresenta l’utile per azione o, vista
diversamente, quanti anni di utile servono per recuperare quanto speso nell’acquisto di
quella azione <=> se il price earnings fosse uguale a 10 significherebbe che, ipotizzando un
utile costante nel tempo, servono 10 anni di utili per rientrare rispetto a quanto speso per
l’acquisto dell’azione.
Price-cash flow: rapporto prezzo dell’azione/flusso di circolante per azione. Il flusso di
circolante viene approssimato aggiungendo all’utile gli ammortamenti. Quindi al numeratore
abbiamo sempre la quotazione dell’azione, ma al denominatore non abbiamo più l’utile per
azione, bensì (utile+ammortamenti per azione). Ci da un’idea di quale possa essere la
capacità dell’impresa di generare risorse finanziarie, risorse che possono essere appunto
utilizzate o per aumentare il capitale circolante netto o per fare investimenti ad esempio in
capitale fisso. Quindi questo rapporto può essere interpretato come quanti anni di
generazione di questa risorsa finanziaria, chiamata capitale circolante, sono necessari per
coprire il prezzo dell’azione.
Price-book value: prezzo dell’azione/capitale netto per azione. In questo caso il CN per azione
è calcolato dividendo il CN per il numero di azioni in circolazione. Mentre nei quozienti
precedenti il dato contabile veniva ricavato dal CE, in questo indicatore il dato di bilancio
proviene dallo SP, perché utilizziamo il CN per azione. In questo indicatore noi mettiamo a
confronto direttamente quello che è il valore di mercato al numeratore, e il valore contabile
al denominatore. Naturalmente possiamo avere dei quozienti superiori a 1, che rilevano un
valore di mercato superiore al valore contabile, e dei quozienti inferiori a 1, che rilevano un
valore di mercato inferiore al valore contabile. Questo quoziente va interpretato come
distanza tra quello che è il valore di mercato e il valore contabile: più è elevato il valore del
quoziente, più il valore di mercato supera il valore contabile e quindi di nuovo fa apparire una
certa azione meno conveniente di un’altra. Questo quoziente esprimendo un valore relativo
ci permette di fare confronti tra diverse società e confronti anche nel tempo della stessa
società; quindi, noi possiamo vedere qual è il livello di oggi di questi quozienti, rispetto ad una
media storica rispetto agli anni passati, per capire se il valore di oggi è più o meno elevato
rispetto a quello del passato.
Dividend yield: rapporto tra dividendo e prezzo. Qui abbiamo al numeratore non più il prezzo,
ma il dividendo unitario (quindi il dividendo per azione) e al denominatore la quotazione
dell’azione. Questo quoziente ci esprime la redditività dell’azione, limitatamente al dividendo
corrisposto. Limitatamente perché il rendimento di un’azione è dato da due componenti: il
dividendo che si può incassare dal prezzo dell’azione stessa e l’incremento di valore
dell’azione. Quindi chi compra delle azioni ha due fonti di guadagno: il dividendo che
percepisce una, due o più volte all’anno e la plusvalenza (capital gain), cioè il guadagno in
conto capitale, cioè l’incremento di valore.

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5. Modello di Gordon
Il modello di Gordon è il modello più semplice per valutare un’azione. Esso si basa sul
principio del valore attuale dei flussi di cassa futuri generati dall’azione.
La formula è: P0= DPS1/Ke-Gn.
P0 è il prezzo dell’azione al tempo 0 ossia il prezzo che sarebbe giustificato in base ai flussi di
cassa futuri che sono al numeratore del rapporto.
DPS —> dividend per share (dividendo per azione) Perché i dividendi? Perché i dividendi sono i
flussi di cassa generati dall’azione. Il titolare dell’azione il titolare dell’azione incassa un certo
dividendo.
DPS1 —> dividendo unitario che andremo ad incassare al tempo 1, ossia il prossimo dividendo
che andremo ad incassare. Esso è comunque un dividendo futuro.
Ke —> costo dell’equity ossia il tasso di rendimento minimo richiesto dagli azionisti per investire
in queste azioni. Sarebbe in sintesi il nostro tasso soglia. Il rischio quindi nel modello di Gordon è
dentro Ke (maggiore è il rischio maggiore è Ke e viceversa).
Gn—> tasso di crescita annuale medio di lungo periodo dei dividendi
Abbiamo quindi il flusso di cassa al tempo 1, il rischio rappresentato dal Ke e le prospettive di
crescita rappresentate da g.
Inserendo g in questo modello è come se inserissi nel modello non solo il dividendo al tempo 1,
ma anche al tempo 2, al tempo 3, al tempo 4 fino al tempo n.
Nel modello di Gordon la crescita è infinita quindi stiamo parlando di una serie di flussi infiniti:
- n—> infinito
- g—> i dividendi crescono al tasso g costante da oggi fino all’eternità
Un’altra ipotesi è che K > g altrimenti avremo un denominatore negativo e inoltre l’ipotesi
implicita è che il Payout sia costante nel tempo
Il dividendo per azione al tempo 1 lo possiamo anche scrivere come prodotto tra EPS al tempo 0 ,
il payout e (1+gn) dove gn è il nostro tasso di crescita medio annuale dei dividendi. Se si fa il
prodotto tra utile per azione al tempo 0 e il payout si ottiene il dividendo unitario al tempo 0. Se
si moltiplica il dividendo unitario al tempo 0 per (1+gn) si ottiene il dividendo unitario al tempo 1
perché per ipotesi questi dividendi crescono al tasso g costante nel tempo. Posso immaginare ad
esempio un 2% di crescita costante annuale. Se si conosce il dividendo al tempo 0 si possono fare
previsioni sui dividendi al tempo 1, al tempo 2 ecc. è necessario solamente moltiplicare per
(1+gn).
Nel modello di Gordon un’altra ipotesi è che anche gli utili crescano al tasso gn. Utili e dividendi
crescono ad un tasso costante pari a gn per un tempo infinito. Poi c’è ipotesi costanza payout.
Il prezzo di un’azione dipende quindi:
- Dalla capacità di generare dividendi - Dalla capacità di far crescere questi dividendi - Dal rischio
contenuto in Ke.
A parità di alte circostante: più alto è il dividendo più alto è il prezzo; più alto è il tasso di crescita
più alto è il prezzo; più basso è il rischio, più basso è Ke, più alto è il prezzo.
C’è quindi una relazione positiva tra dividendi crescita e prezzo, mentre vi è una relazione
negativa tra rischio e prezzo. Se il rischio aumenta il prezzo cala, se il rischio cala il prezzo
aumenta. Se riesco a convincere gli investitori che la società è poco rischiosa e più alto sarà il
prezzo delle azioni della società.
Nel modello di Gordon quindi i fondamentali sono:
- La crescita - Gli utili (perché i dividendi sono una frazione di utile) - Il rischio

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6. DY
Quoziente di borsa dato dal rapporto tra dividendo e prezzo. Qui abbiamo al numeratore il
dividendo unitario (quindi il dividendo per azione) e al denominatore la quotazione
dell’azione. Questo quoziente ci esprime la redditività dell’azione, limitatamente al dividendo
corrisposto. Limitatamente perché il rendimento di un’azione è dato da due componenti: il
dividendo che si può incassare dal prezzo dell’azione stessa e l’incremento di valore
dell’azione. Quindi chi compra delle azioni ha due fonti di guadagno: il dividendo che
percepisce una, due o più volte all’anno e la cosiddetta plusvalenza (capital gain), cioè il
guadagno in conto capitale, cioè l’incremento di valore. In questo caso maggiore è il livello di
questo indicatore, maggiore appare la redditività di quell’azione, sempre limitatamente al
dividendo.

7. PBV e come ricavarlo dal Modello di Gordon


PBV è il rapporto tra prezzo dell’azione e capitale netto per azione e ci indica la distanza fra il
valore di mercato e il valore contabile.
Per ricavare il PBV dal modello di Gordon, partiamo dal modello di Gordon che vede al
numeratore il dividendo in termini di utile x azione, quindi utile al tempo 1 x payout =
dividendo al tempo 1 → P0=EPS1 x payout / Ke-Gn.
L’EPS1 altro non è che il prodotto tra il ROE e il capitale netto contabile di inizio periodo (BV0). Poi,
ulteriore sostituzione perché ROE x payout = ROE – g. Al numeratore abbiamo la redditività del
capitale proprio (ROE) Al denominatore abbiamo la redditività minima richiesta dagli investitori per il
rischio che assumono. Il PBV è maggiore di 1 (ovvero il valore di mercato sopra il valore contabile)
quando il ROE è maggiore di ke; quindi, quando la redditività prospettica dell’impresa supera il tasso
soglia (redditività minima richiesta dagli azionisti).
- Se PBV > 1 siamo nella condizione di creazione di valore, quell’azienda crea valore perché ha
una redditività, ROE, superiore al tasso soglia richiesto dagli azionisti. Il valore di mercato è
superiore al valore contabile. (gli investitori si aspettano che l’impresa sia in grado di creare
valore).
- Se PBV < 1, il ROE è atteso ad un livello inferiore di ke, quindi la redditività prospettica p
inferiore al costo dell’equity, che rileva un’aspettativa degli investitori di una distruzione di
valore. Il valore di mercato è inferiore al valore contabile.
- Se PBV = 1, il ROE prospettico è uguale a ke, non c’è né creazione né distruzione di valore, in
questo caso il valore di mercato coincide con il valore contabile. Quindi il PBV è un indicatore
di aspettativa di creazione di valore da parte degli investitori molto importante. Ovviamente,
possiamo ricavare: l’aspettativa sul ROE, l’aspettativa su g, l’aspettativa su ke (fissando i due
parametri per trovare il terzo, come negli altri casi).

8. EVA e MVA (indice creazione di valore nella com. fin.)


EVA è un indicatore di creazione di valore (economic value added, valore aggiunto
economico); rappresenta un compromesso fra la visione contabile e quella finanziaria.
Questo EVA è un extra profitto, è un profitto in più rispetto a quello che dovrebbe essere il
profitto normale e questo concetto si accosta molto bene al concetto creazione valore. La
formula è: NOPAT-CAPITALE INVESTITOxK; NOPAT è il reddito operativo dopo le tasse, il
capitale investito è l’entità degli investimenti in essere e K è il rendimento minimo, il costo
medio ponderato del capitale.
Questo EVA è un differenziale, un reddito differenziale, un extra profitto perché appunto da
una parte abbiamo il profitto effettivamente realizzato al netto delle imposte, il profitto
ottenuto dagli investimenti quindi il profitto operativo e dall’altra abbiamo l’utile, o meglio il
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profitto minimo che si dovrebbe ottenere da quegli investimenti. Questo EVA è qualcosa di
vicino al concetto di reddito a cui si è sempre stati abituati ma con una impostazione del
concetto di creazione di valore proposto dalla teoria finanziaria e introduce nella valutazione
anche l’elemento rischio che in questa formuletta è dentro k. L’EVA quindi è un reddito
corretto per il rischio che può riferirsi a dati consuntivi e previsionali.
Nelle banche e nelle società finanziarie il concetto di reddito da prendere in considerazione è
il reddito della gestione ordinaria e il solo capitale netto di bilancio, L’EVA è maggiore di 0 se e
solo se c’è questo differenziale positivo tra il rendimento effettivo di tutti gli investimenti fatto
dall’impresa e il rendimento minimo richiesto dagli azionisti. L’EVA ha 2 limiti:
1. è una misura uniperiodale, quindi fa adottare una visione di breve periodo-> la soluzione è
passare da una misura uniperiodale ad una multiperiodale e quindi l’indicazione da seguire è
quella di non considerare semplicemente l’EVA di un certo anno, ma l’EVA di una serie di anni
e in un’ottica multiperiodo l’EVA, per come è calcolato, risulta compatibile con la logica del
valore attuale dei flussi attualizzati; l’obiettivo è massimizzare il valore attuale deli EVA da
conseguire in un certo orizzonte temporale;
2. adeguatezza della creazione di valore: l’EVA che abbiamo generato pur positivo, è
adeguato alle attese degli azionisti? -> abbiamo bisogno di una misura di valore
multiperiodale confrontabile con i parametri di mercato; dobbiamo quindi misurare una
misura interna di creazione di valore con l’opinione del mercato circa la capacità dell’impresa
di creare valore.
MVA = Market Value Added = somma dei flussi di EVA attualizzati = valore attuale extra
redditi (= avviamento = goodwill), rappresenta la differenza tra il valore di mercato
dell’impresa e il suo capitale netto contabile. Può essere negativo o positivo, in base a sé il
valore di mercato è maggiore o minore del capitale netto contabile.
Quindi: valore di mercato = capitale netto contabile + MVA
Ci rappresenta le aspettative degli investitori sulla capacità di creare valore.
PBV = Valore di mercato/ Capitale Netto. Il PBV è una misura esterna, mentre l’MVA è una
misura interna. Se il price-book-value misurato in base alle quotazioni di borsa ci rappresenta
le aspettative degli investitori sulla capacità di creare valore è necessario raffrontare questo
quoziente di borsa con uno analogo calcolato però in base a quelle che sono le aspettative
dell’impresa stessa (market value added). Quindi per stabilire se l’EVA che un’impresa
immagina di realizzare sia in linea con le aspettative degli investitori è sufficiente calcolare
l’MVA, aggiungerlo al Capitale Netto contabile e rapportare tutto al Capitale Netto contabile.
(MVA + CN) / CN = otteniamo una sorta di PBV interno. Se non vi è corrispondenza tra il
valore interno e quello esterno è un problema, soprattutto quando quello esterno è inferiore
a quello interno, perché evidentemente la comunicazione finanziaria dell’impresa non è stata
adeguata, gli investitori sottostimano la capacità di generare valore dell’impresa. Ma anche se
il mercato sopravvaluta le capacità di un’impresa è un problema perché si corre il rischio che
il mercato reagisca abbassando più del dovuto il valore. È quindi possibile allineare la visione
interna della capacità dell’impresa di creare valore e quella esterna degli investitori, la
comunicazione finanziaria ho come funzione allineare questi due punti di vista.

9. Sistemi governance
I sistemi di governance previsti dal nostro ordinamento italiano sono 3:
Ordinario: è tipico in Italia, prevede:
- l'assemblea dei soci: organo che racchiude la compagine sociale e che ha il compito di
nominare (tramite le presentazioni di liste) i membri del consiglio di amministrazione, i membri
del consiglio sindacale e approvare il bilancio.
- il consiglio di amministrazione: è un organo di gestione, composto da un presidente (che ha il
compito di convocare il consiglio e di redigere l'odg, egli svolge una funzione di garanzia) e dagli
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amministratori della società, tra questi viene nominato l'amministratore delegato (il consigliere
delegato, considerato la figura apicale dell'impresa).
- il collegio sindacale: è un organo di controllo; i membri hanno il diritto di partecipare a tutte lee
riunioni del CdA proprio per controllare le decisioni assunte circa la gestione e l'organizzazione
dell'impresa.
Dualistico: è di tradizione germanica, prevede [oltre all'assemblea dei soci] 2 organi che si
spartiscono l'amministrazione(gestione) della società:
- consiglio di sorveglianza: ha una funzione di alta amministrazione; quindi, indirizzi strategici e
svolge anche dei compiti di controllo. In questo consiglio siedono membri eletti dai soci nominati
dall'Assemblea. Il consiglio di sorveglianza nomina i membri del consiglio di gestione (i manager).
- consiglio di gestione: cui viene affidata la gestione ordinaria; quindi, l'attuazione delle strategie
che sono state approvate dal consiglio di sorveglianza. In questo consiglio siedono i manager
della società. Il presidente è unico per entrambi i consigli
Monistico: è di tradizione anglosassone, è il più conosciuto fra gli investitori istituzionali. Questo
modello prevede la presenza [oltre all'assemblea dei soci] di un solo organo:
- il consiglio di amministrazione: ha sia i poteri legati alla gestione (ordinaria e straordinaria) sia
poteri legati alla funzione di controllo (che viene svolta da un comitato interno al CdA). Valido per
tutti e tre i modelli: dev'essere garantito il fatto che l'amministratore delegato sia differente dal
presidente; dev'essere garantita la "diversity" all'interno dei consigli; si affermano anche gli
amministratori indipendenti (= cioè si tratta di amministratori che non hanno dei rapporti in
corso con la società che potrebbero condizionare l'operato o il giudizio e che per tal ragione
riescono a garantire gli interessi di tutti gli stakeholders)

10. Sistema ORDINARIO governance


Il modello ordinario è il modello tipico del nostro paese, prevede l’assemblea dei soci, il consiglio
di amministrazione e il collegio sindacale.
Il collegio sindacale è un organo di controllo, il consiglio di amministrazione è l’organo di
gestione e l’assemblea dei soci racchiude la compagine sociale e ha tra i compiti principali
quello di nominare il consiglio di amministrazione, di nominare i membri del collegio sindacale,
di approvare il progetto di bilancio e approvare eventuali modifiche allo statuto.
Per quanto riguarda questo sistema di governance ordinario e tradizionale italiano previsto dal
nostro codice fino alla riforma del 2004, questi organi hanno delle funzioni molto precise:
-consiglio di amministrazione è organo di gestione, ha un presidente e diversi membri che sono
gli amministratori della società, i consiglieri amministratori; spesso e volentieri tra questi
consiglieri viene nominato il consigliere delegato o amministratore delegato a cui vengono
delegati una serie di poteri, è di fatto il capo azienda, la figura apicale del meccanismo
decisionale. Il presidente convoca il consiglio e radica l’ordine del giorno, ovvero le materie da
trattare; svolge una funzione di garanzia quindi rispetto all’amministratore delegato e agli altri
consiglieri è meno coinvolto nella gestione ordinaria della società, è un po’ una figura di arbitro,
superpartes tra i vari membri del consiglio di amministrazione, una figura di garanzia con il
compito di far rispettare nelle decisioni assunte le norme vigenti e anche lo statuto della società.
É bene, una buona prassi che il presidente e l’amministratore delegato siano due figure diverse
proprio per questa diversità di ruoli: AD più coinvolto sul piano operativo, nella definizione di
strategie aziendali e il presidente più orientato a una funzione di garanzia, in modo tale che tutti
gli interessi vengano salvaguardati. Spesso il presidente svolge un ruolo anche di rappresentanza,
soprattutto nei confronti con interlocutori istituzionali e ha la rappresentanza legale della società;
-collegio sindacale ha una funzione di controllo; i membri hanno il diritto di partecipare a tutte le
riunioni del consiglio di amministrazione per controllare le decisioni assunte e farlo non in
modalità successiva ma anche diretta mentre le decisioni vengono assunte per avere cognizione
di quello che è il processo che ha portato alla formulazione di tali decisioni; la funzione di
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controllo riguarda la gestione dell’impresa e la bontà dell’organizzazione data all’impresa stessa
che deve essere in grado di svolgere le proprie funzioni correttamente e produrre un’informativa
interna che permetta ai consiglieri di amministrazione di assumere decisioni consapevoli; così
come deve verificare la bontà del sistema di gestione dei rischi che viene stabilito e deciso dal
consiglio di amministrazione. Ha poi competenze di controllo sul bilancio, anche se gli aspetti di
carattere contabile vengono anche controllati dalla società di revisione.
-questi due organi vengono nominati dall’assemblea dei soci: questa nomina per le società
quotate in borsa prevede il meccanismo del voto di lista che ha lo scopo di garantire la presenza
di soggetti nominati dai soci di minoranza; quindi il sistema del voto di lista vuole in qualche
modo rappresentare una forma di garanzia per i soci di minoranza; questi membri nominati dai
soci di minoranza o meglio dai più importanti soci di minoranza sono una frazione minoritaria di
entrambi gli organi, i soci di maggioranza ovviamente hanno la maggioranza dei posti in consiglio
e nel collegio; tuttavia pur consentendo alla maggioranza di governare la società, le minoranze
hanno la possibilità comunque di concorrere alla gestione e al controllo della società grazie a
membri rappresentativi delle minoranza o di una parte di esse. Si chiama voto di lista perché nel
momento in cui i soci dovranno decidere quali siano i componenti del consiglio e del collegio,
avranno la possibilità di votare liste diverse: una lista che ovviamente è proposta dai soci di
controllo e una o più liste proposte dai soci di minoranza. La lista che ha la maggioranza dei voti
avrà la possibilità di votare la maggioranza dei posti del consiglio e del collegio e la lista numero 2
nomina i restanti membri. Spesso e volentieri nelle società quotate in borsa per le quali è
obbligatorio l’uso di questo metodo. Alcuni statuti prevedono anche la possibilità per il consiglio
uscente di presentare una propria lista che è la lista espressione dei soci di maggioranza e
controllo; questo tipo di possibilità è stata introdotta perché il consiglio ha una visione molto
chiara della composizione ottimale del consiglio in termini dei profili e competenze, quindi ha la
possibilità di costruire una lista di candidati più aderente a quello che dovrebbe essere la
composizione ottimale rispetto a quanto possa eventualmente fare un socio di controllo o una
coalizione di soci raccolti in un patto di voto.

11. Teoria dell’Agenzia (nesso asimmetrie Informative e costi d’agenzia)


Per affrontare in modo adeguato il tema dei conflitti di interesse bisogna fare riferimento
alla cosiddetta teoria dell’agenzia, un corpus teorico molto importante in ambito finanziario e
anche in ambito delle tematiche di corporate governance. É un corpus teorico che rileva tutte
le situazioni in cui ci può̀ essere un conflitto di interesse fra le parti. Questa teoria si occupa
del rapporto di delega tra un soggetto chiamato principale e uno chiamato agente, l’agente
è il delegato che deve svolgere una serie di attività e azioni a vantaggio del principale che è il
delegante. Questo rapporto di delega può determinare situazioni di inefficienza da cui si
originano i cosiddetti costi di agenzia, che sono costi legati a questo contratto che prevede la
delega e questo può succedere quando la convergenza di interessi è solo parziale e quindi
esiste un conflitto di interessi, almeno potenziale, e quando la distribuzione delle
informazioni non è uniforme tra il principale e l’agente, fra il delegante e il delegato; ovvero
le informazioni in possesso dell’agente sono diverse da quelle che ha a disposizione il
principale e sono anche superiori in termini qualitativi e quantitativi che danno origine a un
vantaggio informativo dell’agente.
L’oggetto del vantaggio informativo riguarda il modo in cui l’attività viene svolta: il livello di
impegno profuso dall’agente è conosciuto ovviamente dall’agente, ma è conosciuto solo in
parte dal delegante. Su questi aspetti il principale ha una visione parziale e imprecisa; quindi,
nel rapporto di agenzia ricorre frequentemente questa situazione di informazione
asimmetrica con vantaggio informativo dell’agente; queste informazioni di cui l’agente
dispone e che lo pongono in una situazione di vantaggio sono anche chiamate informazioni
privilegiate. Queste situazioni di asimmetria possono assumere diverse configurazioni
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all’interno della teoria dell’agenzia:
1. incertezza sulla qualità della controparte: l’agente conosce le proprie capacità ovviamente
mentre il principale ne ha una visione parziale e imprecisa;
2. holdup: la delega lascia all’agente un margine di discrezionalità nella sua azione che
potrebbe essere sfruttato a vantaggio dell’agente e a danno del principale e questo margine
di discrezionalità non è sanzionabile a posteriori;
3. moral hazard: anche a posteriori non si può stabilire se il risultato dell’agente derivi da
eventi e situazioni accidentali o dal suo comportamento; il moral hazard è frequente nel caso
di contratti assicurativi: se mi assicuro contro a un certo evento, il fatto di essere assicurato
mi porta a ridurre il livello di prudenza quindi aumenta la probabilità̀ di determinare un
sinistro che andrà a danno della compagnia assicurativa.
In queste situazioni di asimmetria il principale è cosciente e sa di essere in una condizione di
svantaggio e per questo attua strategie che comportano dei costi:
-una attività di monitoraggio svolta sia ex ante (prima del conseguimento del risultato, si
monitora passo passo l’attività dell’agente) sia a posteriori (dopo che il risultato è stato
conseguito, si cercano le cause di esso).
-bonding, ovvero l’inserimento di clausole contrattuali a protezione del principale; il bonding
può essere ex ante (limiti alla libertà di manovra dell’agente con clausole contrattuali) e ex
post (costi derivanti dal bonding che determinano o possono determinare delle scelte sub
ottimali)
-perdita residua: sono quei costi determinati dai conflitti ineliminabili attraverso il
monitoraggio e i vincoli contrattuali; nel gergo della teoria dell’agenzia i veri costi di agenzia
sono solo questi. In senso stretto, ci riferiamo alla perdita residua con la voce ‘costi di
agenzia’, ovvero i costi che non abbiamo eliminato con le leve del monitoraggio e del
bonding.
Ogni finanziamento fa nascere una relazione di agenzia fra il finanziatore e l’impresa che
riceve i fondi: in ogni contratto finanziario la parte che offre i fondi è il principale, mentre la
parte che riceve i fondi è l’agente; il rapporto di agenzia c’è perché l’agente usa questi fondi
attraverso i propri margini di manovra che possono essere più o meno ampi a vantaggio de
principale ma non sempre è così perché c’è una asimmetria informativa e c’è un potenziale
conflitto di interesse fra queste parti; i conflitti riguardano:
-azionisti e creditori: il creditore presta il denaro all’impresa sulla base di certi presupposti
confidando che l’impresa li rispetti e li usi per investimenti e attività il meno rischiose possibili
ma l’azionista essendo il titolare di diritti residuali può essere indotto a scegliere in certe
circostanze gli investimenti più rischiosi e questo determina conflitti con i creditori;
-azionisti e manager: certe decisioni manageriali non sono state fatte negli interessi degli
azionisti per accrescere il valore della società ma per perseguire gli interessi propri del
manager;
-soci outsider (non coinvolti nella gestione) e soci insider (coinvolti nella gestione): i soci di
maggioranza possono avere propri interessi in conflitto con quelli di minoranza.
I conflitti determinano dei costi di agenzia che incrementano il costo di ciascuna fonte di
finanziamento (debiti ed equity) perché i principali sanno di essere in una posizione di
svantaggio e quindi il loro comportamento è di scaricare questi costi sull’agente e scaricarli a
priori, ex ante tramite il costo del finanziamento. Può risultare efficace la comunicazione
finanziaria: fornisco maggiori informazioni, sono più trasparente, faccio vedere che la società
ha un sistema di governance che funziona ed è capace di minimizzare questi conflitti di
interesse e i costi di agenzia, faccio percepire la qualità della società in termini di creazione di
valore e di onorare debiti e remunerare finanziatori nella misura concordata e tutto questo
per abbassare il costo del finanziamento.

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12. Comunicazione d’impresa (obiettivi e aree)
La comunicazione è uno strumento dell’impresa per gestire le relazioni dell’impresa con altri
soggetti. Questa comunicazione è finalizzata ad un certo obiettivo: si comunica per far sì che
dalla relazione l’impresa possa in termini generali trarre un vantaggio, attraverso la
comunicazione si cerca di influire sul comportamento del nostro interlocutore. Bisogna avere
chiari gli obiettivi e le azioni da attivare per conseguirli affinché la comunicazione possa
andare ad influenzare il comportamento dei nostri interlocutori, renderlo funzionale a quelli
obiettivi che ci siamo dati. In questo tipo di processo è indispensabile essere molto
trasparenti, la comunicazione deve accresce la trasparenza quindi non dobbiamo ingannare
l’interlocutore e far apparire l’impresa ciò che non è perché questo potrebbe dare frutti nel
breve termine ma non un successo sostenibile nel lungo termine; bisogna comunicare la vera
essenza dell’impresa e in questo è utile andare a definire in modo chiaro quella che è la
mission e la vision dell’impresa; per poter incidere noi dobbiamo acquisire credibilità con la
comunicazione e reputazione, fiducia, legittimazione: sono tutti termini che in vari contesti
disciplinari vengono utilizzati. L’obiettivo strategico della comunicazione è incidere
nell’immagine dell’impresa; attraverso la comunicazione creare un’immagine forte e
attrattiva. Questo dell’attrazione è una delle considerazioni più importanti che possiamo fare
attorno al tema della comunicazione: essere attrattivi vuol dire agevolare il reperimento delle
risorse necessarie per svolgere la propria attività d’impresa. La comunicazione è quindi uno
strumento di competizione.
Esistono 4 aree della comunicazione d’impresa:
1 commerciale: la più nota; questa comunicazione si rivolge in modo prioritario ai clienti finali
e intermedi ed è basata in termini di contenuti su quello che chiamiamo marca o brand;
attraverso questa comunicazione si cerca di rendere percepibile da parte dei clienti il valore
dell’offerta aziendale, quindi la capacità dei beni e dei servizi offerti di soddisfare quelli che
sono i bisogni dei consumatori, bisogna rendere evidente il valore dell’offerta fatta ai
consumatori; la marca è il contenuto di questo tipo di comunicazione;
2 istituzionale: questa comunicazione ha l’obiettivo di migliorare le relazioni con la totalità dei
pubblici di riferimento attraverso i valori dell’impresa, la mission, la vision, l’identità e la
cultura dell’impresa; questa comunicazione migliora le relazioni facendo leva su contenuti
che partono dall’identità dell’impresa, dalla cultura e dall’ambito valoriale; questa
comunicazione vuole migliorare l’atteggiamento generale della collettività nei confronti
dell’impresa che esprime una cultura e dei valori che sono condivisi dall’ambiente esterno e
dai propri dipendenti. All’interno della comunicazione istituzionale tradizionalmente trovava
collocazione anche la comunicazione sociale-ambientale, quindi quella che viene chiamata
corporate social responsibility e il capitale intellettuale dell’impresa inteso come capitale
umano; questi aspetti di sensibilità socio-ambientale sono entrati a pieno titolo nella
corporate purpose e sono diventati un pezzo importante della capacità di creare valore a
lungo termine, quindi trovano oggi collocazione anche all’interno della comunicazione
finanziaria-> nascono come tematiche dentro al comunicazione istituzionale ma l’evoluzione
dell’ambiente e della corporate purpose le ha fatte percolare anche all’interno delle altre
aree della comunicazione;
3 gestionale: qui l’obiettivo è migliorare le reazioni con i soggetti direttamente o
indirettamente coinvolti nella gestione dell’impresa e questo tipo di miglioramento è basato
sulle strategie dell’impresa e la ricerca del consenso su queste strategie, quindi si vuole
rendere percepibile attraverso la comunicazione e si vuole attuare la capacità di
coordinamento e controllo di tutte quelle risorse cognitive che sono indispensabili a tutti
coloro che concorrono alla gestione dell’impresa, si cerca di far remare tutti nella stessa
direzione e per raggiungere questo miglioramento è necessario ottenere la condivisione e il
consenso della strategie di fondo dell’impresa tramite la comunicazione;
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4 finanziaria: qui gli interlocutori privilegiati ma non esclusivi sono i finanziatori e la
comunicazione è rivolta a migliorare queste relazioni attraverso la costruzione di una
credibilità economico-finaziaria nei confronti di questi soggetti, quindi rendere percepibile la
capacità dell’impresa di creare valore e essere meritevole dei finanziamenti richiesti e di un
costo il più basso possibile di questi finanziamenti; vuole creare credibilità economico-
finanziaria, fiducia nei finanziatori senza la quale è impossibile ottenere i finanziamenti.
Tutte attività di comunicazione che presentano elementi di interrelazione che a loro volta
richiedono una capacità dell’impresa di gestire queste aree in modo coordinato, senza il
coordinamento è difficile ottenere da queste comunicazioni i risultati desiderati e accrescere
il valore economico dell’impresa. Questo coordinamento e integrazione sono resi più
necessari dal fatto che sul piano organizzativo queste diverse aree vengono affidate a
strutture differenti: la comunicazione commerciale è affidata all’area vendita e marketing,
quella istituzionale ai vertici aziendali, quella gestionale svolta dall’area delle risorse umane e
quella finanziaria affidata se non esiste un’area ad hoc a quelle aree funzionali dell’impresa
dedicate alla contabilità e al controllo di gestione e all’area finanza. Quindi presidi
organizzativi diversi che gestiscono aree con elementi di contatto che possono condurre in
mancanza di coordinamento a contraddizioni che possono rendere la comunicazione nel suo
complesso poco efficace, quindi abbiamo delle esigenze di coordinamento che devono
portare a una comunicazione coerente fra le diverse aree; c’è necessità di integrazione.

13. Costi capitale di debito


Il ricorso al debito è uno dei modi per ridurre i costi di agenzia dell’equity perché il debito,
(prevedendo una corresponsione obbligatoria di interessi e prevedendo delle scadenze nelle
quali il debito deve essere rimborsato o rinegoziato) fa sì che vi sia un ridimensionamento di
quello che è il free cash flow generato dalla gestione aziendale e disponibile per gli azionisti e
quindi si riduce anche lo spazio per comportamenti opportunistici e per realizzare spese o
investimenti che siano di vantaggio non tanto per gli azionisti complessivamente considerati
ma solo per gli insider. A questo si aggiunge l’effetto disciplina: la scadenza dei prestiti, il
fatto che spesso e volentieri debbano essere rinnovati, impone alle società che fanno ricorso
al debito di sottoporsi al giudizio del mercato, un mercato che dunque potrebbe rifiutare il
rinnovo del debito qualora vi sia stato da parte della società un atteggiamento opportunistico
o meglio, qualora i soci insider o i manager abbiano assunto dei comportamenti
opportunistici; l’effetto disciplina è quindi il timore che sfruttando gli spazi per
comportamenti opportunistici si vada incontro a un giudizio negativo da parte del mercato
che potrebbe rifiutare il rinnovo dei prestiti in essere.
Quando il ricorso al debito diventa significativo e il peso dei debiti raggiunge livelli rilevanti
allora l’insorgere di un rischio di fallimento non trascurabile può determinare la ricorrenza di
costi di agenzia del debito; quindi, quel debito che era stato contratto per ridurre i costi di
agenzia dell’equity può diventare a sua volta fonte di costi di agenzia e in questo caso
specifico parliamo di costi di agenzia del debito. Qui si instaura un conflitto tra azionisti e
creditori e questo conflitto viene ad essere rilevante e apprezzabile quando parliamo di
aziende ormai prossime all’insolvenza, cioè aziende in un sensibile stato di crisi. Quando una
società è prossima all’insolvenza a causa di un debito eccessivo il controllo di quelle aziende è
ancora esercitato dagli insider perché il fallimento non è ancora divenuto conclamato ma in
caso di fallimento effettivo i creditori diventano proprietari dei beni aziendali sostituendo i
vecchi soci. Quindi in queste situazioni i creditori potrebbero diventare i nuovi proprietari
della società per poter trarre soddisfazione dalla liquidazione dei beni aziendali ma quei beni
sono ancora sotto il controllo degli insider attuali che dunque potrebbero mettere in atto
delle strategie e assumere decisioni che rendono ancora più rischiosa la posizione dei
creditori. Questi comportamenti in alcune circostanze creano veri e propri costi di agenzia,
11
mentre in altre circostanze invece un semplice trasferimento di ricchezza da creditori ad
azionisti. I veri costi di agenzia sono quelli che riducono il valore dell’attivo, ma ci sono dei
comportamenti che non incidono negativamente sul valore dell’attivo ma su come questo
valore si distribuisce fra azionisti e creditori; ci sono quindi dei comportamenti che realizzano
un trasferimento di ricchezza dai creditori agli azionisti.
Comportamenti da cui deriva un trasferimento di ricchezza da creditore a azionisti e non una
diminuzione del valore di mercato dell’attivo:
-spogliazione della società: società versano in cattive acque e notte-tempo trasferiscono
macchinari o beni che hanno in magazzino ad altre società;
-contrazione di nuovo debito con priorità di rimborso rispetto al debito vecchio: il vecchio
debito viene ad essere molto più rischioso di quanto già non fosse.
Sia il primo che il secondo rischio trovano dei limiti nei bond coventants, ovvero clausole
contrattuali inserite nei contratti di finanziamento a debito e di prestito che pongono limiti a
queste possibilità.
Vediamo i veri costi di agenzia, ovvero quelli che hanno a che fare con le scelte di
investimento dato che l’attivo rappresenta il complesso degli investimenti aziendali:
1. sotto investimento/underinvestment: questo rischio di sotto investimento si verifica
quando il valore di mercato dell’attivo è inferiore al valore di mercato dei debiti (situazione di
insolvenza per la società che non è in grado di far fronte ai propri obblighi nei confronti dei
creditori), quindi il valore di mercato del capitale di rischio è negativo. Questi debiti non sono
ancora scaduti però, quindi tecnicamente i creditori non possono ancora chiedere il
fallimento della società per liquidare i beni e recuperare il possibile. In questa situazione gli
insider possono rinunciare a investimenti buoni, ovvero quelli che creano ricchezza e hanno
un valore attuale netto positivo e un tasso di rendimento che supera il costo dei fondi se di
questa ricchezza creata dai nuovi investimenti si avvantaggiano soprattutto i creditori. Il
problema del sotto investimento può essere evitato se si finanziasse il nuovo progetto di
investimento con debito perché sarebbero gli stessi creditori a finanziare di fatto
quell’investimento da cui trarrebbero vantaggio ma questo richiede simmetria informativa;
2. incentivo al rischio: in imprese prossime all’insolvenza, quando il valore delle azioni si è
azzerato, l’asimmetria dei rendimenti per gli azionisti può portare gli insider a preferire
progetti a maggior rischio pur a parità di rendimento e a volte progetti con van negativo.
Mettiamoci nei panni di chi ha già perso tutto e immaginiamo di avere la scelta fra due
investimenti: uno sicuro ma con basso rendimento e qualora questo rendimento atteso si
materializzasse la ricchezza creata sarebbe fuori dalla portata degli azionisti perché destinata
a soddisfare le ricchezze dei creditori perché non si è ancora raggiunto la loro piena
soddisfazione e un altro investimento con un rendimento atteso negativo ma che in rare
circostanze, con bassa probabilità di accadimento, è in grado di generare un plusvalore così
consistente che risulterebbe possibile per la società rimborsare completamente i creditori e
lasciare qualcosa per gli azionisti. Si inserisce nell’attivo un nuovo investimento con un van
negativo e quindi si genera un costo di agenzia vero, una riduzione dell’attivo attraverso
questo inventivo al rischio;
3. manovre dilatorie: siamo ancora proprietari della nostra azienda, ma è prossimo il rischio
di fallimento e allora nel tentativo di recuperare e riportare l’azienda in bonis vengono
attuate manovre per rimandare la perdita del controllo ma questo rimandare nel tempo la
dichiarazione di fallimento e la perdita di controllo della società porta spesso ad investimenti
sbagliati o quantomeno va ad accrescere i costi in una situazione in cui i ricavi non sono più
sufficienti per coprire quei costi e di conseguenza il valore dell’attivo di mercato viene ad
essere intaccato negativamente.

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14. Comunicazione interna ed esterna
Questa distinzione fra interno ed esterno la ritroviamo nella classificazione della
comunicazione d’impresa, soprattutto in passato si faceva riferimento a questo
posizionamento dell’interlocutore rispetto si confini dell’impresa per definire le aree della
comunicazione d’impresa. Molti interlocutori possono essere considerati sia interni che
esterni. Clienti e fornitori sono una di queste tipologie, ma non solo, anche gli azionisti:
quelli più coinvolti nella gestione dell’impresa sono interni mentre quelli di minoranza sono
finanziatori esterni; i dipendenti potenziali possono essere visti sia come elementi interno che
esterni, uguale la forza di vendita. Abbiamo una serie di soggetti che possono trovare
collocazione sia nella sfera esterna all’impresa che in quella interna, quindi questo tipo di
ripartizione è sempre meno attuale e sempre più inadeguato a cogliere quelle che sono le
aree della comunicazione. La ripartizione fra interna ed esterna è inadeguata per una serie
di ragioni:
-alcuni pubblici possono essere collocati in più posizioni, pensiamo ai clienti e ai fornitori con
i quali possiamo instaurare relazioni più o meno profonde, più o meno basate su elementi
mercantili o collaborativi; ci sono fornitori verticalmente integrati con i quali la relazione è
molto stretta e non è basata sulla ricerca del miglior prezzo, sono relazioni durature nelle
quali il fornitore è coinvolto nella progettazione del bene e del servizio e anche il cliente che è
sempre più coinvolto nel processo produttivo e quindi tende a veder sfumare il suo
collocamento esterno ed aumentare la profanazione interna;
-i pubblici interni non sono solo destinatari finali della comunicazione interna ma anche
veicoli delle comunicazioni rivolte ai pubblici esterni: è sempre più presente la componente
servizi che porta ad un contatto più stretto fra impresa e i suoi clienti, una crescita delle
attività di front office, quindi di contatto con la clientela; questo contatto crea un canale di
comunicazione, quindi la comunicazione che noi diamo ai dipendenti può raggiungere anche i
nostri clienti attraverso i dipendenti stessi e a volte questa è una vera e propria richiesta. Si
può verificare anche la relazione opposta ovvero certe comunicazioni rivolte all’esterno poi
rientrano all’interno dell’impresa perché una parte di cliente può anche essere dipendente
dell’impresa;
-la necessità di una più alta condivisione di valori e obiettivi da parte del personale: le
imprese di oggi non sono più solo funzionali, c’è una componente intellettuale che dipende
molto dalla condivisione e questa condivisione richiede un coinvolgimento che non è solo
basato sulla comunicazione interna ma sulla comunicazione complessiva dell’impresa;
-un elemento innovativo è quello della diffusione dell’impresa a rete, un’impresa in cui i
confini sono sempre più difficili da tracciare perché ha delle relazioni sempre più strette con
altri soggetti che a livello superficiale appaiono esterni ma attraverso le collaborazioni
diventano parte dell’impresa (accordi verticali o orizzontali delle imprese: joint venture,
franchising, raggruppamenti temporanei).
I flussi di comunicazione quindi ci fanno vedere come l’impresa sia all’interno di una rete di
flussi che vede flussi comunicativi diretti, cioè si rivolgono a dei pubblici ben distinti e
separati che non hanno connessioni e che possono essere raggiunti attraverso strumenti
differenziat. Abbiamo un’altra tipologia di flussi che sono le comunicazioni verso l’esterno
attraverso il personale interno: il ricevente immediato è un soggetto interno che viene usato
come canale per raggiungere soggetti esterni. Un altro tipo di flusso è rappresentato dalle
comunicazioni implicite che il personale realizza con il contatto con la clientela: agendo
quindi sulla cultura dell’impresa quindi la comunicazione vuole creare senso di comunità e
cultura aziendale; attraverso queste modalità si cerca di governare, anche se non in modo
completo, questa comunicazione implica realizzata dai dipendenti con atteggiamenti e
comportamenti. L’ultima tipologia di flussi è rappresentata dalla ricezione attraverso
l’impresa di comunicazioni originariamente destinate all’esterno: tutto ciò che viene
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comunicato all’esterno ha una retroazione sui dipendenti che può rafforzare o indebolire il
senso di appartenenza nei confronti dell’impresa quindi è molto importante far sì che non ci
sia una asimmetria fra le comunicazioni interne e quelle esterne.
Questo insieme di elementi di complessità che rende la semplice suddivisione fra interna e
esterna obsoleta, spinge alla ricerca di nuove categorizzazioni; queste nuove
categorizzazioni non possono più essere basate sul collocamento esterno o interno del target
destinatario della comunicazione. Dobbiamo guardare ai contenuti: è proprio guardando i
contenuti che si identificano 4 aree della comunicazione d’impresa; questa classificazione
viene chiamata anche articolazione funzionale, che guarda ai contenuti della comunicazione
per identificarne gli elementi distintivi.

15. Fasi della comunicazione finanziaria


La prima fase è quella di elaborazione dei dati grezzi di tipi quantitativo e qualitativo; è una
elaborazione interna all’impresa che parte dalle informazioni contabili; tutto non si esaurisce
però con questo tipo di informazione che tra l’altro deve, attraverso questo processo,
trasformarsi da informazione a comunicazione, quindi qualcosa con un significato per il
ricevente per poter svolgere una attività informativa e comunicativa. Si passa quindi per la
seconda fase del processo, ovvero la codifica: elaborazione ulteriore delle informazioni per
renderle comprensibili al destinatario finale tenendo conto delle differenze tra i diversi
destinatari quindi ciascuno dovrà essere raggiunto attraverso un messaggio la cui codifica
riflette la capacità di quel destinatario di interpretare correttamente il messaggio e
naturalmente andrà scelto quale tipo di strumento di comunicazione debba essere attivato.
Nella fase successiva, ovvero di erogazione del messaggio, bisogna anche scegliere gli
strumenti e i mezzi di comunicazione. La quarta fase è quella della utilizzazione della
comunicazione finanziaria, una utilizzazione duplice: da una parte abbiamo il destinatario che
utilizza questa comunicazione per assumere delle decisioni di finanziamento dell’impresa che
dipende dalle caratteristiche del destinatario ma anche una utilizzazione da parte della fonte
che attraverso i feedback prodotto dai destinatari riesce ad ottenere preziose informazioni su
ciò che è derivato dalla propria attività di comunicazione e su quella che è l’opinione e la
valutazione dell’attività dell’impresa da parte dei destinatari; in questo feedback svolgono un
ruolo fondamentale i prezzi degli strumenti finanziari emessi dall’impresa, i tassi che devono
essere corrisposti: questi sono elementi dai quali l’impresa può trarre preziosissime
informazioni; dietro i prezzi e i tassi l’impresa riesce ad ottenere una valutazione di quelle che
sono le aspettative degli interlocutori circa i fondamentali dell’impresa stessa, quindi le
aspettative sui flussi che possono essere generati, sulla crescita dei flussi e sulla rischiosità
dell’impresa.

16. Informativa derivata e finalità com. derivata


La comunicazione derivata che è quella prodotta e offerta dagli infomediari, che sono una
serie di soggetti (analisti, intermediari finanziari, società di rating, data provider, mass media)
che ricevono la comunicazione finanziaria delle imprese e hanno una loro domanda di
comunicazione finanziaria rivolta alle imprese e una volta ottenute queste informazioni
procedono a una loro rielaborazione secondo i loro peculiari modelli di business perché
ognuno interviene con una propria logica di business e una volta rielaborate le informazioni le
mettono a disposizione degli interlocutori finali; quindi l’impresa non dialoga sempre in modo
diretto con gli investitori, ma spesso e volentieri il dialogo fra impresa e investitori è mediato
da soggetti terzi che hanno identificato una occasione di business nell’interporsi fra imprese
emittenti e investitori. L’informativa derivata è la sola a consentire comparazioni, non ci sarà
mai una società emittente che fa una comparazione con i competitor; questa comparazione è
essenziale per poter scegliere e confrontare. Gli infomediari quindi raccolgono informazioni
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dalle società emittenti, sono fruitori della comunicazione finanziaria primaria, a queste
informazioni ne aggiungono altre raccolte da fonti diverse; uniscono alle informazioni
specifiche delle singole imprese tutte le altre informazioni che riguardano la sfera
macroeconomica, i contesti settoriali ecc. per poter rielaborare le informazioni della
comunicazione primaria e renderle più facilmente fruibili agli investitori finali che sono i
clienti di questi infomediari. La comunicazione finanziaria derivata nella gara parte dei casi è
l’informazione che più incide sulle scelte di investimento degli investitori istituzionali e dei
risparmiatori perché è un’informazione terza rispetto alle società emittenti, che è stata
rielaborata e resa più leggibile e utilizzabile senza grande fatica da parte degli investitori.
Gli obiettivi che si possono riscontrare nella categoria degli infomediari:
-autoconsumo: l’infomediario raccoglie comunicazione primaria, la rielabora, aggiunge altre
informazioni di contesto per guidare le proprie scelte di investimento;
-prodotto autonomo da offrire sul mercato dell’informazione: c’è produzione e vendita di cf
derivata, la vendita avviene al singolo cliente o al pubblico;
-servizio accessorio nell’ambito di una politica di prodotto differenziata : in questo caso la
comunicazione finanziaria derivata che viene messa a disposizione non è un prodotto
autonomo che prevedere una fatturazione puntuale ma è uno strumento di marketing, un
qualcosa offerto accanto al vero oggetto dello scambio; questo uso della cf derivata come
strumento di marketing riguarda tutti i soggetti che si interfacciano con il risparmiatori ovvero
gli analisti finanziari sell side.

17. Analisti buy-side/ sell-side – info derivata


Gli analisti appartengono a due grandi famiglie: buy side e sell side; la differenza sta nel loro
svolgere il compito di redigere le relazioni. Possono redigerle per conto direttamente degli
investitori finali quindi è un analista che lavora per i possibili acquirenti di titoli e quindi
essere analisti buy-side oppure questi analisti potrebbero essere dipendenti di intermediari
finanziari che collocano, cioè vendono titoli ai risparmiatori; in questo caso l’analista non
lavora direttamente per l’investitore ma per quell’intermediario che offre i proprio servizi agli
intermediari finali e parliamo qui di analisti sell side perché stanno dalla parte dei venditori
che sfruttano e usano i report degli analisti per dare consigli e suggerimenti ai loro clienti.

18. Strumenti e mezzi della comunicazione finanziaria (differenze + esempi)


La tassonomia di strumenti e mezzi di comunicazione si compone di 5 elementi della
comunicazione:
1. fonte: soggetto emittente, nel nostro caso è l’impresa che comunica attraverso determinati
soggetti che svolgono ruoli apicali all’interno dell’organizzazione come il presidente del
consiglio di amministrazione, l’amministratore delegato, l’investor relator ed alcuni dirigenti
di alto livello come il direttore finanziario.
2. codici: sono tre: parola scritta, parola parlata e immagini (esempio logo) o combinazioni di
questi tre.
3. messaggio: è il contenuto della comunicazione, ciò che trasmettiamo per influire sulle
decisioni e i comportamenti dei nostri interlocutori, le caratteristiche cambiano in base alla
relazione con l’interlocutore.
4. pubblico: soggetto a cui il messaggio è rivolto; la comunicazione obbligatoria ha una
validità trasversale, quindi, non viene differenziata sulla base del soggetto a cui ci rivolgiamo,
mentre la comunicazione volontaria sfrutta la segmentazione per confezionare messaggi
devono essere perfettamente in sintonia con i destinatari a cui sono rivolti.
5. canali: sono i mezzi o i veicoli attraverso i quali si fa giungere il messaggio ai destinatari.
Bisogna dire che questi 5 elementi sono spesso influenzati dalla legge, è la normativa che
indica i mezzi da usare, i contenuti che il messaggio deve avere e chi sono i destinatari.
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Un altro elemento da considerare sempre parlando dei mezzi di comunicazione è la lunghezza
della catena di trasmissione che porta il messaggio dall’impresa, la fonte al pubblico,
destinatari individuati.
Parlando dei mezzi di comunicazione bisogna anche considerare la lunghezza della catena di
trasmissione e si riconoscono 3 situazioni:
1. canale diretto: canale in cui il rapporto tra società e destinatario è di tipo diretto, non ci
sono intermediazioni; esempio assemblea dei soci dove i vertici parlano ai soci, la lettera agli
azionisti che viene scritta dalla fonte e letta dal destinatario senza interventi esterni, ecc.
2. canale breve: qui abbiamo una intermediazione, la catena è composta da tre anelli che
sono società, intermediario e destinatario del messaggio; esempio: intervento dei mass
media: noi inviamo un comunicato stampa ad un certo quotidiano e questo quotidiano usa il
comunicato stampa per predisporre un articolo che poi verrà letto dai lettori del quotidiano
quindi li raggiungiamo in modo intermediato perchè si è inserito un giornalista che ha
rielaborato il nostro messaggio, quindi questa intermediazione ci fa perdere il controllo del
processo di comunicazione.
3. canale lungo: vede la presenza di due o più intermediari; quindi, abbiamo una catena
composta da 4 o più anelli; ad esempio, impresa - analista finanziario - giornalista -
risparmiatori: impresa dialoga con l’analista finanziario, questo dialoga con il giornalista che
produce un articolo a disposizione su web, carta, radio o tv di risparmiatori interessati; la
catena è più lunga e questo aumenta i rischi di distorsione.
Con il termine ‘mezzo’ si intende il supporto fisico che svolge questo ruolo di trasferimento
del messaggio dalla fonte al pubblico/destinatari; i mezzi sono il veicolo, il canale attraverso
cui il messaggio passa da fonte a ricevente. I mezzi si distinguono tra:
1. Mezzi di comunicazione di massa: sono tutti impersonali e troviamo: stampa, tv, radio,
cinema e affissioni.
2. Mezzi di comunicazione non di massa: che possono essere sia impersonali che personali
(livelli di efficacia e significato elevato ma di difficile gestione e controllo perché viene ad
essere dipendente dalla relazione stessa e dal soggetto dell’impresa svolge questo ruolo di
contatto e connessione).
A. Mezzi non di massa a carattere personale:
- per parola scritta → lettere e internet permette inserimento di documenti
- per parola parlata → internet perché permette l’inserimento di filmati e meeting,
conferenze, briefing, riunioni, incontri, radio-fante (radio aziendale) e telefono
- per immagini → internet perché permette l’inserimento img
B. Mezzi non di massa a carattere impersonale: hanno l’informativa societaria che è
obbligatoria, standardizzata, impersonale e destinata a tutti e non vede la presenza della
fonte, il pubblico è indefinito e la platea è indistinta di soggetti. Sono mezzi di comunicazione
in generale:
- per parola scritta → le pubblicazioni aziendali, le guide, i manuali, le circolari, i bollettini, le
brochure e i comunicati stampa (= mezzo di elezione per le informazioni privilegiate)
- per parola parlata → visite in azienda e manifestazioni
- per immagini → film, diapositive, tv a circuito chiuso, mostre, fiere e rassegne + visite in
azienda e manifestazioni.
Gli strumenti sono le leve della comunicazione d’impresa; ogni strumento si appoggia su
diversi mezzi. Gli strumenti coinvolgono una pluralità di mezzi. Gli strumenti sono:
- pubblicità: i mezzi di comunicazione di massa → stampa, tv, cinema e radio.
i mezzi di comunicazione non di massa personali → la stampa
specializzata
- direct marketing: i mezzi non di massa personali → lettere, telefono e mail.
i mezzi non di massa impersonali → internet e stampa.
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- pubbliche relazioni: i mezzi di massa impersonali → fiere;
i mezzi non di massa personali → visite in azienda, meeting e road
show;
i mezzi non di massa impersonali → convegni, sponsor, mostre e fiere
- relazioni con i media: mezzi non di massa personali → conferenze stampa e comunicati
stampa.
- rapporti one-to-one: mezzi non di massa personali → incontri, telefono e mail.
Uno strumento specifico solo nella comunicazione finanziaria sono le investor relations
provenienti dalla figura dell’investor relator. Inoltre anche l’informativa obbligatoria è uno
strumento specifico della comunicazione finanziaria.

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19. Testi normativi (TUIF e codice civile):
I testi normativi sono il TUIF o TUF (=testo unico dell’intermediazione finanziaria) e il codice

civile, nei quali troviamo gli obblighi di trasparenza e comunicazione.


Si parla di modello istituzionale previsto dal testo unico della finanza che riguarda in
particolare le società quotate in borsa e le società non quotate ma con azioni e/o
obbligazioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante. In misura rilevante significa che è una
misura stabilita dalla consob che definisce le misure di discriminazione che fanno riferimento
al numero di azionisti o obbligazionisti, al patrimonio aziendale e a tutti gli elementi che
richiamano anche la dimensione dell’impresa. Il modello istituzionale quindi una platea di
soggetti molto ampia che hanno deciso di condividere il rischio d’impresa con una platea di
soggetti oltre ai soci fondatori e agli intermediari finanziari come le banche. Sono tutte
situazioni in cui si è fatto o si intende fare ricorso al pubblico risparmio, quindi nascono degli
obblighi di comunicazione relativi all’informativa societaria particolarmente stringente; sono
obblighi informativi societari che servono per tutelare il pubblico risparmio.
Le norme del TUIF - il TUIF è il decreto legislativo n. 58 entrato in vigore nel 1998, noto anche
come Legge Draghi; è un testo unico perchè raccoglie una serie di interventi normativi
realizzati negli anni precedenti; Il TUIF persegue l’obiettivo dell'efficienza degli intermediari
e dei mercati da cui discende anche l’efficienza delle gestioni imprenditoriali. In questo
contesto il TUIF tutela anche gli azionisti di minoranza delle società quotate (soci e membri
del mercato) perché i loro interessi coincidono con quelli del mercato in generale come le
norme sulla trasparenza (disclosure), le norme sui diritti di exit (OPA e OPAS) e le norme sui
diritti di voce (strumenti di autotutela). Non è quindi una tutela fine a se stessa ma attraverso
essa si favorisce il perseguimento dell’efficienza dei mercati finanziari. Il testo unico della
finanza rimanda alla consob per le indicazioni di dettaglio, per norme a maggiore contenuto
tecnico quindi per l’applicazione del testo unico della finanza è stato necessario per la consob
emanare regolamenti di attuazione dove vengono date specifiche.
Le norme del codice civile in materia di trasparenza sono norme applicate ad una platea di
società molto più ampia, cioè a tutte le società con qualche piccola eccezione.
Siamo di fronte a due diversi modelli di obblighi ovvero quello del codice civile che vale per
tutte le società e che impone obblighi di trasparenza ridotti e il modello istituzionale che
riguarda una platea più circoscritta di società per le quali sono previsti obblighi di
trasparenza molto più consistenti e significativi.In questa tabella sono riportati gli articoli del
codice civile che comportano degli obblighi di comunicazione e trasparenza:

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20. Sistema informativo di bilancio
Il sistema informativo di bilancio ha l’obiettivo di comunicare i risultati dell’impresa, la sua
situazione patrimoniale, il suo equilibrio finanziario, la generazione di reddito e la politica
dei dividendi. Il sistema di bilancio è composto dal bilancio (consuntivo), dato da stato
patrimoniale e conto economico, dalla relazione degli amministratori la quale propone
un’analisi ambientale economica e settoriale che contestualizza i risultati (= contesto
economico dentro il quale si è svolta l’attività d’impresa) e vengono trattate anche le diverse
aree strategiche d’affari, le strategie dell’impresa, il modello di business e le prospettive e
infine l’ultimo elemento del sistema di bilancio è la nota integrativa. Il sistema di bilancio
rappresenta uno dei mezzi attraverso i quali si realizza una parte della comunicazione
finanziaria obbligatoria.
Il bilancio oltre ad essere chiaro deve rappresentare il quadro fedele dell’impresa, quindi un
quadro che offra un’analisi dettagliata delle diverse componenti specificando i criteri contabili
adottati (di valutazione) e con l’inserimento di informazioni che consentano di interpretare le
tendenze evolutive dell’impresa (possibilità per l’impresa di proseguire la propria attività in
condizioni di economicità).
Il sistema di bilancio di cui stiamo parlando vede i prospetti dello SP e del CE, la relazione
degli amministratori e la nota integrativa dove vengono dettagliati tutti i numeri che
troviamo nei prospetti.
Il rendiconto finanziario è diventato obbligatorio a partire dai bilanci del 2016 e questa
obbligatorietà è stata limitata alle grandi imprese non quotate, mentre per le imprese
quotate questo è un obbligo già dal 2005.
Il bilancio deve essere occasione di comunicazione, anche di tipo istituzionale quindi
bisognerebbe mettere in evidenza tutti i punti di forza della società, fattori di successo e
fattori di crescita, descrivendo anche ciò che accadrà perché il valore di oggi dipende da
quello che succederà.
È importante contenere la dimensione dei documenti, essere il più brevi possibile, avere una
semplicità espositiva, usare un lessico comprensibile a tutti, usare grafici, tabelle, foto e
disegni aiuta a concentrare in modo sintetico i concetti e quindi di renderli più facilmente
interpretabili.
È bene notare il problema della tempestività di bilancio, il quale deve essere approvato entro
i 120 giorni successivi alla sua chiusura, perché gli investitori prendono le loro decisione
all’inizio dell’anno e non possono permettersi di aspettare fino a giugno perché il mercato
può aver subito delle modifiche.

21. Rischio sistematico (coefficiente beta) + def. Teoria finanziaria (relazione rischio-rend, t.
mercati fin.)
Il coefficiente beta quantifica il rischio in termini di rischio sistematico e non diversificabile.
Se un certo titolo avesse la stessa rischiosità del mercato, beta sarebbe uguale a 1 perché la
covarianza tra titolo j e portafoglio m sarebbe uguale alla varianza di M; se un titolo è
rischioso come il mercato e ha livello di rischio pari al rischio medio il beta è pari a 1, quindi
rischio nella media. I titoli più rischiosi hanno beta>1, quelli meno rischiosi hanno beta<1.
Attraverso la mia comunicazione finanziaria devo incidere sul livello di beta e fare in modo
che si percepisca bassa rischiosità. Beta misura la tendenza del rendimento di una attività a
variare a seguito di variazioni di mercato.
Secondo la teoria finanziaria il tasso di rendimento minimo deve riflettere ed è funzione del
rischio che è supportato da chi finanzia l’impresa (impresa raccoglie soldi e fa investimenti e il
rischio cade su chi ha finanziato l’impresa, quindi creditori e azionisti/soci proprietari):
entriamo nella relazione rischio-rendimento. Questo rischio che ricade sui finanziatori ha due
19
componenti:
1. rischio operativo: dipende dalle caratteristiche dell’investimento (ci sono investimenti più
rischiosi e investimenti meno rischiosi);
2. rischio finanziario: dipende da come l’investimento è stato finanziato, ovvero dal mix di
debiti e capitale proprio (chiamato equity=capitale di rischio fornito dai soci), dal rapporto tra
debiti ed equity che viene chiamato anche leva finanziaria (perché il ricorso all’indebitamento
genera un effetto leva; questa leva finanziaria viene chiamata spesso leverage).
Questo tasso di rendimento minimo è quindi funzione del rischio: più alto è il rischio che il
finanziatore corre, maggiore sarà il rendimento che chiede da quell’investimento. Questo
rischio è sopportato dai soci (chi porta equity) e dai creditori (chi porta debito): il rischio che
ricade su creditori e azionisti va ad incidere sul rendimento che i creditori pretendono per
finanziare l’impresa e sul rendimento che gli azionisti pretendono per finanziare l’impresa.

22. Teoria dei mercati finanziari - CAMP:


Nel CAMP l’unico elemento che cambia da titolo a titolo è Beta perché è l’unico termine con
pedice j, tutti gli altri elementi sono uguali per tutti i titoli/azioni/obbligazioni.
E(Rj)= Rf + Bj *(E(Rm)-Rf) - formula
Il CAPM è un modello di equilibrio generale che descrive la relazione fra rischio e
rendimento sia di portafogli efficienti, sia di portafogli poco diversificati, sia dei singoli
titoli, “assorbendo” la CML e la SML. I principali meriti del CAPM sono i seguenti:
- Indica la misura del rischio rilevante per il mercato (rischio sistematico, Beta)
- Indica che questa misura di rischio vale sia per i singoli titoli, sia per i portafogli
- Indica qual è il giusto rendimento (di equilibrio) per un dato livello di rischio (secondo una
relazione lineare = al crescere del rischio sistematico cresce il rendimento atteso, secondo
una relazione lineare). Ed è attraverso questa relazione lineare che rappresentiamo il valore
finanziario del tempo, che è funzione del rischio.
È il modello più utilizzato nella pratica. Si compone di:
1.Beta = misura il rischio. Essendo il rapporto tra covarianza e varianza, quantifica il rischio in
termini di rischio sistematico (non diversificabile) e relativo, perché la covarianza viene divisa
per la varianza del portafoglio di mercato. Se un certo portafoglio/titolo avesse la stessa
rischiosità del mercato Beta sarebbe uguale a 1. Perché la covarianza tra j e m sarebbe uguale
alla varianza di m. Quindi visto che il portafoglio di mercato esprime il rischio medio, quindi
Beta = 1 = rischio nella media.
Beta = 1 à titolo rischioso come la media di mercato
Beta > 1 à titoli più rischiosi della media
Beta < 1 à titoli meno rischiosi della media
2. prezzo unitario del rischio (E(Rm) - Rf ) è invece la differenza fra quanto rende il
portafoglio di mercato e quanto rende il titolo privo di rischio
Quindi Beta ci permette di classificare i titoli in termini di rischiosità (importante per la
comunicazione finanziaria) Quindi il CAPM può essere utilizzato per calcolare il giusto livello
di rendimento sia delle azioni sia dei debiti della società.

23. Lettera azionisti


La lettera agli azionisti è una sintesi del bilancio contenente gli elementi essenziali e strategici
di lungo periodo per favorire gli investitori nel collocare i risultati ottenuti all’interno di una
strategia più ampia e articolata, soprattutto far capire la relazione tra strategia e risultati. La
lettera agli azionisti rientra nel canale diretto ed è un mezzo di comunicazione che ha come
target appunto gli azionisti e gli strumenti di riferimento sono le pubbliche relazioni,
l’informativa societaria e la pubblicità finanziaria.

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24. Convocazione assemblee (dove va pubblicato, cosa contiene)
La convocazione dell’assemblea dei soci prevede un obbligo di pubblicazione per tutte le
società: per le società quotate la pubblicazione di questo avviso di convocazione deve essere
sulla gazzetta ufficiale o su un quotidiano nazionale, per le altre società si può ricorrere anche
ad altri mezzi basta che i soci siano informati della convocazione dell’assemblea per
partecipare. La convocazione deve essere fatta mettendo un avviso sul sito della società e
pubblicando l’avviso almeno su un quotidiano nazionale (esempio Il Sole 24 Ore) ed è stato
stabilito con precisione cosa deve contenere l’avviso che è uno strumento di comunicazione
con un contenuto prestabilito: ora, luogo, data, ordine del giorno, materie da trattare, diritti
che si possono esercitare, come si può esercitare il voto per delega.
25. Assemblea degli azionisti:
Mezzo di comunicazione di grande rilievo ma spesso sottoutilizzato. È stata vissuta per molto
tempo come un obbligo e quindi convocata solo quando strettamente necessario. È
convocata dal CDA, ma le norme prevedono che anche i soci possano richiedere la
convocazione (almeno 10% dei soci, e 5% nelle quotate)
ASPETTI PROBLEMATICI
— Se gli azionisti sono molti ha un costo elevato
— Possibile conflitto fra manager e base societaria
— Limiti al diritto di intervento del socio (ampia discrezionalità del presidente dell’assemblea)
— Ostruzionismo assembleare (volontà di alcuni soci di ostacolare i lavori dell’assemblea)
Anche attraverso la raccolta deleghe (= proxy context) alcuni partecipanti possono avere più
peso delle assemblee senza avere una quota maggiore.
CATEGORIE DI PARTECIPANTI:
— Azionisti di maggioranza (direttamente coinvolti nella gestione/o rapporto continuativo
con amministratori). Non hanno grandi necessità informative, sono già informati, di solito
partecipano alle assemblee senza intervenire, solo per approvare.
— Investitori istituzionali (deleghe a banche e raccolta deleghe, fondi di private equity),
categoria sempre più presente nelle assemblee, spesso intervengono per criticare le decisioni
degli amministratori e influenzarli e fare pressioni.
— Attivisti: criticano le decisioni degli amministratori, vogliono influenzare le decisioni, coloro
che fanno raccolta deleghe. Prendono di mira determinate società e acquistano azioni per
partecipare alle assemblee. (spesso agiscono nelle operazioni di fusione e acquisizione).
L’obiettivo è far nominare come amministratori dei loro rappresentanti
— Frequentatori abituali: adulatori (intervengono con lo scopo di incensare gli
amministratori, dire quanto sono stati bravi, sono soggetti con competenze economico-
giuridiche e buoni oratori. I motivi per cui intervengono a sostegno degli amministratori
possono essere vari es. per farsi dare incarichi), professionisti (soggetti con competenze
professionali che intervengono per rendere più chiari alcuni passaggi della gestione,
intervento nobile), disturbatori (soggetti che intervengono per disturbare, ad esempio per
fare ostruzionismo, il loro scopo è attirare l’attenzione su loro stessi e andare sui media)
— Piccoli azionisti, spesso partecipano per ragioni di tipo affettivo e il loro interesse è
soprattutto legato alla politica dei dividendi.

26. Direttive shareholder rights:


— Abbandono doppia convocazione (salvo che non sia previsto dallo statuto): nell’avviso si
mettevano due date, ma di fatto la data vera era la seconda, ora non è più obbligatorio
mettere due date.
— Semplificazione raccolta deleghe (sollecitazione), perchè quest’attività ha un’importanza
collettiva. Non è più necessario ricorrere a un intermediario finanziario Non è più richiesta

21
l’approvazione ex-ante del prospetto di sollecitazione da parte della Consob È più facile
raccogliere i dati dei soci per poterli avvertire.
— L’assemblea va convocata mettendo un avviso sul sito della società e con la pubblicazione
su un quotidiano e deve contenere: luogo, data e ora; elenco materie da trattare; diritti che si
possono esercitare; come si può esercitare il voto per delega, anche tramite un soggetto
eventualmente designato dalla società.
— Dal 2010 può partecipare all’assemblea chi risulta azionista “record date”= il settimo
giorno di borsa aperta presedente all’assemblea.
— L’azionista ha diritto di richiedere conferma del voto esercitato (verificare che risulti
giusto agli atti)
— Diritti esercitabili dagli azionisti: - Porre domande prima dell’assemblea (entro il termine
indicato dalla società) - Integrare l’ordine del giorno (se la richiesta arriva da un certo numero
di azionisti) - Presentare proposte su materie già iscritte all’OdG
— Gli azionisti devono essere informati su dove possono trovare i testi integrali delle
proposte di deliberazione, con le relazioni illustrative e i documenti che saranno sottoposti
all’assemblea. - Nella relazione sulla gestione si possono controllare le scelte in materia di
rischio. - Nella relazione sulla remunerazione si possono controllare le politiche di
remunerazione di amministratori e manager.
— Le risposte scritte dei manager alle domande poste dai soci non devono più essere lette
durante l’assemblea se distribuite in forma scritta all’inizio della riunione o se c’è stata
risposta sul sito in forma di FAQ.

27. RECORD DATE


La record date risulta in vigore in Italia dal 2010; è la data in riferimento alla quale viene
accertato lo status di azionista; quindi, può partecipare all’assemblea e di conseguenza votare
chi è azionista in quella data chiamata record date; questa data è il settimo giorno di borsa
aperta anteriore alla data di convocazione dell’assemblea; quindi, per poter partecipare
all’assemblea bisogna risultare azionista in quella data particolare. Si possono verificare casi
in cui chi partecipa all’assemblea non è più azionista perché magari ha venduto le azioni ma
ha comunque diritto a partecipare. Questo status viene certificato dall’intermediario
finanziario presso i quali sono depositati i titoli, è la banca che certifica lo status di azionista in
quella data per consentire l’accesso all’assemblea ed esprimere il voto.
28. Engagement degli azionisti:
Direttiva SHR (= shareholders rights) II e engagement investitori istituzionali. Non contiene
solo i diritti degli azionisti ma anche altri aspetti molto importanti ai fini della comunicazione
finanziaria, ovvero l’engagement = coinvolgimento degli azionisti a lungo termine. Questo
riguarda soprattutto gli investitori istituzionali (hanno portafoglio proprio e di terzi) e i gestori
di attivi (= soggetti che gestiscono i risparmi di investitori).
Tutto è partito dalla crisi del 2008, causata da scelte azzardate compiute dagli amministratori,
a causa della poca attenzione da parte dei soci, che non hanno svolto un ruolo attivo.
Creazione di valore sostenibile nel lungo termine --> è necessario l’engagement dei soci:
-Dialogo privato continuativo (private dialogue) tra amministratori e azionisti, soprattutto
con investitori istituzionali e gestori di attivi. Però ci sono delle regole di trasparenza per
evitare l’insider traiding. Perciò questo dialogo privato deve rispettare dei principi.
-Ruolo dei codici di stewardship (disciplina i rapporti tra le società emittenti e gli investitori
istituzionali e gestori di attivi. Questi codici obbligano questi soggetti a rendere pubblica la
loro politica di engagment e come hanno votato delle varie assemblee) e di corporate
governance.
ENGAGEMENT E INVESTOR RELATOR: Direttiva SHR II e engagement investitori istituzionali.
Dal punto di vista comunicativo l’obiettivo di engagement prevede un’attività di
22
comunicazione differente da quella classica, perché l’obiettivo principale è ascoltare e
comprendere il punto di vista degli investitori.

29. La comunicazione nella convocazione di assemblee (conflitti)


La scarsa propensione a convocare l’assemblea dei soci è dovuta a tre fattori:
-possibile conflitto tra manager e base societaria: non sempre questi rapporti sono lineari,
spesso si verificano contrasti con alcune componenti della base sociale che possono essere
particolarmente critiche nei confronti dell’amministrazione corrente quindi l’assemblea dei
soci farebbe emergere in modo eclatante questa situazione conflittuale con ripercussioni
sull’immagine della società e anche sulla legittimazione stessa degli investitori; le assemblee
possono quindi diventare occasioni di scontro anche molto acceso e questo spinge alcune
società a limitare questo tipo di occasione. Non è un caso che le norme prevedano la
possibilità per i soci di essere loro stessi a convocare l’assemblea;
-diritto di intervento del socio: dal momento in cui l’assemblea è convocata i soci hanno il
diritto di prendere la parola, non sono lì solo per ascoltare ma possono chiedere di prendere
la parola e naturalmente questo loro diritto può portare a interventi di carattere molto
critico; d’altra parte per la funzionalità stessa dell’assemblea non si può immaginare che
questo diritto di parola sia senza limiti perché altrimenti uno potrebbe non smettere mai di
parlare; quindi il presidente della società che ha anche la gestione dell’assemblea ha il diritto
di intervenire per limitare l’intervento dei soci quindi si può stabilire a priori che il socio non
possa parlare più di 5 minuti, così come qualora offendesse qualcuno può essere interrotto
dal presidente; il presidente gode di una certa discrezionalità nel gestire l’assemblea;
-ostruzionismo: si possono verificare situazioni con volontà di alcuni gruppi di ostacolare i
lavori dell’assemblea, magari presentando mozioni d’ordine.

30. Codici di autoregolamentazione:


Nei codici di autoregolamentazione si trovano le prassi di buona governance. In italia il
codice di autoregolamentazione dedicato alla corporate governance è stato aggiornato e
rivisitato in modo profondo lo scorso anno, all’inizio del 2020 e nei mesi successivi sono state
pubblicate anche delle Q&A per chiarire alcuni passaggi del codice stesso e per favorire le
società nell’applicazione di quanto previsto dal codice. Questo codice di
autoregolamentazione relativo alla corporate governance si rivolge in modo particolare alle
società quotate, le quali possono volontariamente decidere se assoggettarsi a questo codice
oppure no. Vale però il principio del comply or explain: se decidi di non seguire il codice o
disapplicare alcune parti devi spiegare le ragioni per cui hai assunto quel tipo di decisione
quindi nella relazione di corporate governance che ogni azienda quotata deve pubblicare
obbligatoriamente vanno spiegate le motivazioni per cui l’azienda non aderisce o aderisce
parzialmente al codice. Il codice ha una struttura molto snella perché si compone di 6 soli
articoli:
- il primo parla del ruolo dell’organo di amministrazione (si parla di organo di
amministrazione).
- il secondo riguarda la composizione degli organi sociali.
- il terzo fa riferimento al funzionamento dell’organo di amministrazione e ruolo del
presidente.
- il quarto è la nomina degli amministratori e l’autovalutazione dell’organo.
- il quinto fa riferimento alla remunerazione.
- l’ultimo, il sesto si riferisce al sistema di controllo interno e di gestione dei rischi.
Nel codice di autoregolazione si fa anche riferimento alle politiche di remunerazione dei
manager perché sono uno degli elementi della corporate governance che può ridurre il

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conflitto di interesse, allineando gli interessi dei manager a quelli dei soci comportando quindi
una riduzione dei costi di agenzia.

31.OPA e OPAS:
Sia le OPA che le OPAS rientrano nell’appello al pubblico risparmio; in questo caso
l’offerente dichiara la propria disponibilità ad acquistare o scambiare determinati titoli
azionari o obbligazionari; l’offerente si pone alla ricerca di azioni e obbligazioni ad un certo
prezzo indicato nell’offerta. Chi intende fare appello al pubblico risparmio con queste
offerte pubbliche ha un obbligo informativo verso la consob, quindi senza indugio lo si deve
comunicazione e lo si fa attraverso l’allegato 1A dove si descrive in modo sintetico
l’operazione e i soggetti proponenti; oltre a questo documento troviamo anche il prospetto
informativo per le offerte di sottoscrizione o vendita e il documento di offerta nel caso delle
offerte di acquisto o acquisto e scambio, il tutto corredato dalla scheda di adesione
sottoscritta dall’investitore che aderisce a queste offerte. Infine, la comunicazione va firmata
da offerente ed emittente che intendono effettuare l’offerta al pubblico. Quindi primo step
informare la consob il secondo informare il mercato, facendo scattare la regola della
passività. Nel documenti di offerte delle OPA e OAS è importante la sezione ‘motivazioni
dell’offerta e programmi futuri dell’acquirente’ perché si capisce meglio cosa succede nel
caso di non adesione all’offerta
OPA: offerta pubblica di acquisto, dove la modalità di pagamento avviene in contanti.
OPAS: offerta pubblica di acquisto e scambio dove la modalità di pagamento avviene tramite
scambio titoli.
Le OPA sono momenti particolari nella vita delle società emittenti che vedono un incremento
dell’attività di comunicazione per entrambe le parti; nelle OPA si fa spesso ricorso alla
pubblicità, alle interviste e si fanno esposti alla consob per segnalare comportamenti non
corretti in capo alla controparte.
Il lancio di un’OPA comporta la predisposizione di un documento, un prospetto informativo
con linguaggio tecnico, contenente l’offerta lanciata dall’impresa, i titoli e i prezzi, i rischi e le
motivazioni dell’offerta. L’intenzione di lanciare un OPA ad un certo prezzo è un’informazione
privilegiata che rientra nell’informativa continua e deve essere comunicata tempestivamente.
Le operazioni di OPA e OPAS rientrano nella sollecitazione al pubblico risparmio; queste
operazioni sono disciplinate dal testo unico e dal regolamento emittenti e le regole
riguardano la trasparenza e la correttezza dei comportamenti da parte delle due parti. Un
principio fondamentale di tutte le OPA è la parità di trattamento per gli acquirenti: quando ci
rivolgiamo ai soci dobbiamo assicurare parità di trattamento, tutti i soci saranno trattati in
modo uguale e senza differenze.
Le OPA possono essere di diverso tipo:
- OPA obbligatorie: riguadagno le società quotate e scatta quando una società acquista il
controllo di un’altra società e le sue azioni sono quotate e garantiscono il diritto di voto per la
nomina o la revoca degli amministratori (controllo della società>30%). La norma stabilisce
anche il prezzo da offrire che è il più elevato tra quelli pagati precedentemente per acquistare
azioni di quella categoria nei 12 mesi antecedenti. Questa OPA obbligatoria è una
disposizione che tutela gli azionisti di minoranza perché l‘attivista di minoranza ha la
possibilità di godere dello stesso prezzo pagato dall’azionista di maggioranza, non ci deve
essere discriminazione.
- OPA volontarie: si riferiscono alle società non quotate e l’oggetto di riferimento sono le
azioni di risparmio.
- OPA amichevoli: sono concordate prima
- OPA ostili: il bidder lancia all’insaputa del target che non è d’accordo quindi contro la sua
volontà
24
- OPA a metà strada, ovvero l’iniziativa del bidder non è concordata ma non è detto che il
target sia contrario all’OPA lanciata.
Ci sono degli obblighi di comunicazione relativi al target nella comunicazione delle OPA da
rispettare, il consiglio di amministrazione della società target deve diffondere un comunicato
di valutazione dell’offerta, dando anche dettagli sull’approvazione dell’offerta dal CdA del
target a maggioranza o all’unanimità.
Nelle OPA e OPAS relativamente al periodo che intercorre tra comunicazione alla consob e
pagamento dell’offerta, si mettono dei vincoli su ciò che viene detto dagli insider della società
proponente che diffondono dichiarazioni sull’offerta solo tramite comunicati al mercato;
questi insider in quel periodo di tempo possono diffondere informazioni circa l’offerta solo
attraverso lo strumento del comunicato stampa.

32. Norme di trasparenza nelle OPA:


Le norme di trasparenza nelle OPA valgono sempre se si superano certi limiti,
indipendentemente dal fatto che il soggetto di OPA sia quotato o meno. Un principio
fondamentale di svolgimento e correttezza di tutte le OPA è la parità di trattamento per gli
acquirenti: quando ci si rivolge ai soci bisogna assicurare parità di trattamento, tutti i soci
saranno trattati in modo uguale e senza differenze.
Le norme di trasparenza sono relative all’informazione che deve essere messa a disposizione
degli investitori e sono previste norme che dettano i comportamenti corretti da tenere,
esempio norme che riguardano i comportamenti del target per evitare che gli amministratori
introducano ostacoli ingiustificati al successo dell’OPA.

33. Informazioni regolamentate:


Le informazioni regolamentate sono un concetto posto dalla direttiva nel 2004 relativa agli
obblighi di trasparenza delle società quotate; sono destinate alla consob, alla società di
gestione del mercato e anche al mercato nel suo complesso; i destinatari sono autorità di
vigilanza e società di gestione del mercato. La consob decide le modalità e i termini di
diffusione al pubblico delle informazioni regolamentate (113-ter). Le informazioni
regolamentate vanno pubblicate tramite mezzi di informazione come giornali quotidiani
nazionali, al fine di assicurarne un accesso rapido, non discriminatorio e ragionevolmente
idoneo a garantirne l'effettiva diffusione in tutta la Comunità europea. All’interno del
regolamento emittenti vengono date informazioni più precise su come debbano essere rese
pubbliche le informazioni regolamentate per garantire attività di accesso, orizzonte europeo e
accesso non discriminatorio, quindi diffusione simultanea in tutti gli stati europei, diffusione
ai media di testi integrali, messa a disposizione sul sito delle società emittenti di una sezione
dedicata alle informazioni regolamentate, codifica con l’allegato sezione B del regolamento
delegato del’UE del 2016, disposizioni sul regime linguistico e diffusione che può essere fatta
attraverso società terze e questo servizio di diffusione si chiama SDIR. La Consob autorizza:
- soggetti terzi rispetto all'emittente all'esercizio dei servizi di diffusione delle informazioni
regolamentate;
- il servizio di stoccaggio centralizzato delle informazioni regolamentate;
- organizza e gestisce il servizio di stoccaggio centralizzato delle informazioni in assenza di
soggetti autorizzati ai sensi lettera.
Per quanto riguarda lo stoccaggio delle informazioni regolamentate il regolamento emittenti
impone un obbligo alle società emittenti di valori immobiliari, ovvero bisogna individuare un
meccanismo di stoccaggio autorizzato fra quelli esistenti e una volta individuato bisogna
darne comunicazione alla consob e indicarlo sul sito web. Se l’informazione in questione è
privilegiata (= oggetto di un comunicato stampa) e viene resa pubblica a borsa aperta, questa
informazione deve essere comunicata alla consob e alla società di gestione del mercato 15
25
minuti prima della comunicazione al pubblico. Le informazioni regolamentate devono essere
rese disponibili sul sito della società emittente entro l’apertura del mercato del giorno
successivo alla loro diffusione al pubblico (entro le ore 9 del giorno dopo) e devono restare a
disposizione sul sito almeno 5 anni.

34. SDIR:
SDIR è l’acronimo di sistema di diffusione informazioni regolamentate. Per la diffusione delle
informazioni regolamentate si può ricorrere allo SDIR, gli obblighi di trasmissione alla consob
vengono svolti dallo SDIR stesso che diffonde al pubblico l’informazione regolamentata e la
invia alla consob e alla società di gestione del mercato. In Italia ci sono due attività private
autorizzate dalla consob a fare servizio di diffusione e stoccaggio, una di queste società è la
eMarket SDIR, società che offre servizio di stoccaggio e diffusione delle info regolamentate,
gestito dalla società ISPS, controllata da Spafid del gruppo Mediobanca. Dal maggio 2014 è
operativa un’altra società che offre stoccaggio e diffusione denominata 1Info e questo
concorrente è gestito dalla società ComputerShare. Per avere maggiore visibilità e copertura
una società può usare entrambi i sistemi, non c’è una esclusiva, ma c’è la possibilità di usarli
anche entrambi; è un elemento di comodità.

35. L’informativa continua – soggetti obbligati, cosa c’è dentro:


I flussi informativi classificabili in informativa continua hanno come oggetto informazioni
privilegiate chiamate anche price sensitive. I soggetti obbligati nell’informativa continua alla
comunicazione sono la società emittente, gli azionisti di controllo, gli intermediari
autorizzati, l’emittente titoli diffusi o negoziate in sistemi multilaterali di negoziazione. La
capogruppo quotata è obbligata anche per fatti delle società controllate non quotate (che
sono tenute a informare la capogruppo), mentre le controllate quotate hanno obblighi propri.
Le info privilegiate vanno diffuse tramite comunicato; le comunicazioni al pubblico Art. 114:
devono essere senza indugio e vanno comunicati anche gli studi e le analisi realizzate dagli
emittenti relativi a strumenti finanziari quotati e l’internal dealing.
Bisogna anche ricordare che nell’informativa continua le raccomandazioni riguardano gli studi
e analisi relativi a emittenti quotati e la trasmissione alla Consob e pubblicazione delle
raccomandazioni.
A proposito dei comunicati con ad oggetto informazioni price sensitive, la normativa
stabilisce che la società di gestione del mercato possa stabilire il contenuto minimo di questi
comunicati e le modalità di rappresentazione delle informazioni in essi contenute con
riferimento a singole tipologie di fatti; quindi, questa è una possibilità che viene riconosciuta
dalla legge e in particolare dal regolamento emittenti alla società di gestione del mercato.
Non è la consob che stabilisce questi contenuti minimi e queste modalità di
rappresentazione, è la società di gestione del mercato che può farlo in relazione a singole
tipologie di fatti, quindi di eventi che rappresentano una informazione privilegiata. Borsa
italiana spa ha sfruttato questa possibilità: nelle istruzioni al regolamento troviamo articoli
che definiscono questi contenuti minimi e le modalità di rappresentazione con riferimento a
singole tipologie di fatti, ad esempio le dimissioni di un amministratore sono una di queste
notizie per le quali la società di gestione del mercato ha stabilito le informazioni minime del
comunicato stampa; ci sono tante altre tipologie che non hanno un contenuto minimo di
riferimento e valgono le indicazioni di carattere generale indicate nel regolamento ma non
presentano un contenuto minimo riferito in modo specifico a quel tipo di fatto o evento.

36. Info privilegiate (collegamento con domanda informativa continua)


Sono informazioni che costituiscono un focus dell’informativa continua e più di altre
26
possono avere una incidenza sui prezzi, sulle quotazioni di borsa quindi possiamo definire
queste informazioni privilegiate come le vere informazioni che influiscono sulla formazione
dei prezzi nei mercati finanziari. La nozione di informazione privilegiata, quindi cosa sia una
informazione privilegiata la troviamo nell’articolo 181 del testo unico della finanza. Le linee
guida della consob sono il documento più utile per le società emittenti nella gestione delle
info privilegiate.
Le informazioni privilegiate sono informazioni che alcuni soggetti detengono in virtù delle
loro posizioni all’interno delle imprese o rapporti di lavoro professionali con le imprese ma
che non sono ancora conosciute dal pubblico dei risparmiatori. Queste informazioni
privilegiate sono conosciute solo da alcuni insider, hanno la caratteristica di essere
informazioni price sensitive ovvero che una volta conosciute determinano conseguenze sui
prezzi al rialzo o al ribasso, sono le vere informazioni rilevanti per gli investitori per il mercato
finanziario. La normativa prevede che le informazioni privilegiate debbano essere
comunicate senza indugio, quindi tempestivamente; appena un’informazione dentro
un’impresa assume le caratteristiche di una informazione privilegiata scatta l’obbligo di
comunicazione, va comunicata subito; la normativa dà la possibilità di ritardare la
comunicazione in certe circostanze ma la regola generale è la comunicazione senza indugio
fatta rispettando certe modalità e la modalità attraverso la quale un’informazione privilegiata
viene resa pubblica è quella del comunicato stampa. L’info privilegiata si può pubblicare in
ritardo in tutte situazioni nelle quali la comunicazione di quella informazione potrebbe
recare un danno alla società emittente e di fronte al rischio di subire un danno si ammette
un ritardo della comunicazione stessa. Quando si dice che va comunicata senza indugio, si
deve emanare il comunato stampa mediato da due agenzie di stampa alla consob e alla
società di ricerca di mercato. Il metodo più usato è quello dello SDIR: faccio comunicato, lo
metto nella piattaforma dello SDIR che lo diffonde a tutti
Chi abusa delle info privilegiate commette un reato punito con la detenzione e in aggiunta
c’è una sanzione amministrativa.
Primo ambito all’interno del quale si rilevano le info privilegiate sono gli abusi di mercato e il
divieto di commetterli: c’è abuso quando un insider è a conoscenza di informazioni
privilegiate e le abusa, le usa per fare trading, approfittando del fatto che questa info non è
ancora nota al mercato.
Un altro ambito di applicazione riguarda la trasparenza: un’info privilegiata deve essere
comunicata al pubblico senza indugio e riguarda emittente e società controllate anche non
quotate.
Il terzo ambito di applicazione è quello dei doveri di riservatezza: se un’info privilegiata
viene comunicata a un soggetto che è obbligato alla riservatezza non dobbiamo
comunicarla, quindi ci si deve organizzare per garantire la riservatezza qualora si faccia abuso
della opzione del ritardo e per questo motivo è necessario alimentare il registro delle persone
che hanno accesso alle info privilegiate.
Le caratteristiche definite dall’articolo 181 comma di una info privilegiata 1 sono 4:
1 carattere preciso: evento già accaduto o che potrebbe ragionevolmente verificarsi;
2 non è ancora stata resa pubblica, è ancora riservata e la conoscono in pochi (solo gli
insider);
3 è relativa in modo diretto o indiretti o ad uno o più soggetti emittenti o ad uno o più
strumenti finanziari; l’oggetto sono società emittenti o strumenti finanziari;
4 price sensitivity, cioè questa info è privilegiata se può influire sui prezzi in modo sensibile
qualora sia resa pubblica.
Questa valutazione dell’info che porta a conclusioni su effetti deve poter essere effettuata da
chiunque, se ad una conclusione può arrivarci solo un addetto ai lavori non siamo in presenza
di una informazione privilegiata. L’altra cosa che si mette in luce è che si parla di effetto sui
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prezzi, non di direzione dei prezzi: non deve riguardare rialzi o ribassi, deve semplicemente
riguardare il movimento del prezzo; traggo conclusione sul fatto che quella info può
muovere i prezzi. Parlando di effetto sui prezzi, ci avvisiamo al tema della price sensitivity,
della probabilità che questa info abbia conseguenze in termini di prezzo degli strumenti
finanziari. Questa qualità dell’informazione è presente qualora quel tipo di informazione sia
tra quelle informazioni che a priori, ex ante vengono prese in considerazione da un
investitore ragionevole prima di effettuare un investimento. Hanno caratteristica di price
sensitivity tutte le info che rientrano nel processo decisionale di un investitore ragionevole.
Parliamo ex ante, prima della decisione di investire. Le informazioni ex post possono essere
usate per confermare la previsione di idoneità ex ante ad alterare i prezzi: nel giudizio sulla
qualità dell’info privilegiata, del giudizio di un investitore razionale posso anche andare a
vedere se a posteriori quel tipo di informazione è stata rilevante e preso in considerazione
dagli investitori e questo lo vedo dagli effetti avuti sui prezzi.

37. Carattere preciso dell’IP


La MAR da indicazioni generali e individua le caratteristiche di un’informazione privilegiata:
-situazioni contabili destinate a confluire nel bilancio o nei resoconti intermedi di gestione
qualora siano già sufficientemente certe, quindi un’anticipazione sui risultati di bilancio è
un’info privilegiata, o se già comunicata a soggetti esterni a meno che questi soggetti esterni
non siano vincolati alla riservatezza e la comunicazione sia effettuata per obblighi normativi;
-delibere con cui si approva la proposta di bilancio, la proposta di dividendo, il bilancio
consolidato, il bilancio semestrale abbreviato e i resoconti intermedi: le delibere che
approvano queste situazioni contabili devono essere rese pubbliche senza indugio;
-rumors, voci di mercato però si diceva solo se queste riguardano la situazione patrimoniale,
economica o finanziaria dell’impresa o operazioni di finanza straordinaria.
Se queste voci avessero avuto questo tipo di oggetto e a seguito di esse si sarebbe stata
osservata una variazione significativa dei prezzi di quotazione, allora la normativa italiana
prevedeva un obbligo a carico delle società emittenti di commentare queste voci, dire se
erano vere o false; non era quindi consentito nascondersi dietro i classici ‘no comment’; ora
c’è solo l’opportunità di intervenire per smentire o confermare certe voci di mercato.
Un’altra cosa da comunicare senza indugio sono i dubbi dei revisori: i revisori si devono
esprimere anche sulla continuità aziendale e se i revisori esprimono dubbi a riguardo, questa
è un’informazione privilegiata da rendere nota al mercato subito e senza indugio, così come
la dichiarazione di impossibilità di esprimersi o di giudizi negativi. Sempre nell’ambito
dell’informativa continua e delle informazioni price sensitive ritroviamo i dati previsionali
(le previsioni sono dei dati sensibili che possono avere un impatto sui prezzi).

38. Internal dealing:


L’internal dealing è disciplinato dall’articolo 114 al comma 7, quindi acquisti e vendite di
titoli della società emittente da parte di insider e altri soggetti collegati; gli insider sono
dirigenti, soggetti che controllano, azionisti rilevanti che devono comunicare entro 3 giorni,
alla consob e al mercato le operazioni su azioni di emittente anche compiuti per interposta
persona. L’internal dealing è una forma di trasparenza per prevenire rischi di insider trading;
questi acquisti e vendite sono operazioni dichiarate, del tutto legali e legittime, è importante
che il mercato le conosca perché hanno un contenuto informativo importante. Nella
compilazione dell’internal dealing sono obbligati anche coniuge non legalmente separato,
figli a carico, genitori, parenti e affini conviventi, euro nell’arco di un anno queste
informazioni non devono essere comunicate.

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39. Registro (art.115bis e MAR art.18):
Viene istituito un registro delle persone che hanno accesso a informazioni privilegiate (art.
115-bis e MAR art. 18). Il registro è stato introdotto dalla direttiva europea, è istituito e
mantenuto aggiornato dagli emittenti quotati e i soggetti da questi controllati, o le persone
che agiscono in loro nome o conto; in questo registro vanno elencate le persone che in
ragione dell’attività lavorativa, professionale, o per le funzioni svolte hanno accesso alle
informazioni privilegiate. Questi registri facilitano le indagini per la consob e la magistratura.

40. Info periodica (doc. rendicontazione Fin. Non obbligatori per tutti, relazione
amministratori):
La comunicazione finanziaria periodica riguarda l’evento societario dei conti della società,
dei dati contabili: la periodicità è dettata da obblighi, quindi avremo una periodicità su conti
annuali, semestrali e trimestrali, quindi quando parliamo di flussi informativi obbligatori di
carattere periodico parliamo della informativa societaria.
L’informativa periodica ha come oggetto i risultati contabili della società emittente, è
periodica perché questi risultati devono essere comunicati periodicamente al mercato e alla
consob. In questo contesto si può parlare di relazioni finanziarie che possono essere relative
all’esercizio nel suo complesso (bilancio annuale), relative alle relazioni semestrali e relative
alle situazioni trimestrali. In merito alle relazioni finanziarie è bene ricordare che gli emittenti
quotati italiani devono disporre:
– Il bilancio d’esercizio, bilancio consolidato (se redatto), relazione amministratori e collegio
sindacale, relazione di revisione, attestazione organi amministrativi delegati e dirigente
preposto ai documenti contabili + copia verbale di approvazione dell’assemblea dei soci (RE
art. 77): il tutto entro 4 mesi dalla chiusura dell’esercizio, presso sede sociale + SDIR e
stoccaggio e sito.
– La relazione finanziaria semestrale e l'attestazione documenti contabili (RE art. 81) il tutto
entro 3 mesi dalla chiusura del semestre presso sede sociale + SDIR e stoccaggio (erano 60
gg).
Oltre a questi documenti possono decidere se pubblicare o meno le info finanziarie
periodiche aggiuntive.
Invece per quanto riguarda gli emittenti di valori mobiliari (RE art. 78-bis) informano il
pubblico, con le modalità previste nel Capo I, delle deliberazioni con le quali l'organo
competente approva il progetto di bilancio, la proposta di distribuzione del dividendo, il
bilancio consolidato, il bilancio semestrale abbreviato e, se del caso, le informazioni
finanziarie periodiche aggiuntive.
I dati contabili della società sono documenti molto corposi, redatti con un linguaggio
tecnico e poco comunicativi, quindi sono occasione di comunicazione volontaria per
renderli più leggibili ad esempio attraverso delle presentazioni, si fanno earnings call ovvero
incontri dove vengono mostrati i risultati vari. Altre forme di comunicazione primaria
volontaria sono misure alternative di performance, prospetti esplicativi di dati economici e
finanziari (bilanci riclassificati), commenti ai risultati (attraverso interviste, conference call),
presentazioni dei risultati a analisti e investitori e sito internet.
Riferito al tema dell’informativa periodica e delle relazioni finanziarie possiamo dire che per
queste relazioni finanziarie annuali e semestrali deve essere usato il linguaggio estensivo
business reporting, un linguaggio particolare per redigere i bilanci. Questo linguaggio
permette di rintracciare in modo univoco una certa informazione, è un linguaggio che
dovrebbe favorire l’identificazione di determinate informazioni all’interno di un documento
complesso come quello del bilancio. Nell’informativa periodica stanno acquisendo sempre
più rilevanza le dichiarazioni non finanziaria (DNF), queste sono un prodotto della

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ridefinizione della corporate purpose e della crescente sensibilità verso la sostenibilità
ambientale, sociale e di governo societario.

41. OPS e annunci pubblicitari


Offerta pubblica di sottoscrizione: quando le azioni sono di nuova emissione da parte della
società quotanda e i quattrini finiscono nelle casse della società rafforzando il suo
patrimonio. Sia nelle OPV che nelle OPS ci troviamo di fronte ad un caso IPO all’atto della
quotazione in borsa e la consob deve autorizzare sia l’offerta al pubblico di azioni (obbligo di
trasparenza) sia la quotazione in borsa dell’impresa nel rispetto dei requisiti imposti da borsa
italiana.
Nelle OPS si offre agli investitori la possibilità di sottoscrivere titoli azionari o obbligazionari
di nuova emissione; nelle OPS è una società emittente che raccoglie denaro. Chi intende fare
appello al pubblico risparmio con queste offerte pubbliche ha un obbligo informativo verso la
consob, quindi senza indugio lo si deve comunicazione e lo si fa attraverso l’allegato 1A dove
si descrive in modo sintetico l’operazione e i soggetti proponenti; oltre a questo documento
troviamo anche il prospetto informativo per le offerte di sottoscrizione o vendita e il
documento di offerta nel caso delle offerte di acquisto o acquisto e scambio, il tutto
corredato dalla scheda di adesione sottoscritta dall’investitore che aderisce a queste offerte.
Infine, la comunicazione va firmata da offerente ed emittente che intendono effettuare
l’offerta al pubblico. Quindi primo step informare la consob il secondo informare il mercato.
Sia per OPV che OPS è molto importante la sezione iniziale 'avvertenze' dove ci sono tutti i
rischi e le criticità e i conflitti di interesse che quell’offerta comporta. La pubblicità
sollecitatoria viene utilizzata molto spesso nelle offerte pubbliche di sottoscrizione o vendita,
la quale fa esplicito riferimento all’offerta con lo scopo di convincere gli investitori ad aderire
all’offerta. La pubblicità sollecitatoria è vietata prima della pubblicazione del prospetto
informativo o del documento di offerta, fino a quando gli investitori non sono stati informati
con il documento a loro dedicato sulla cui base decidono se aderire o meno non possiamo
fare pubblicità sollecitatoria. Le pubblicità sollecitatorie devono essere trasmesse alla consob
contestualmente alla diffusione al pubblico. Anche la pubblicità istituzionale è ammessa
sempre e comunque, soprattutto nelle offerte di sottoscrizione o vendita prima della
pubblicazione del prospetto informativo; è una pubblicità che cerca di rendere noto il nome
della società di cui poi verranno offerte azioni e obbligazioni ma senza riferimenti
all’operazione di appello al pubblico risparmio. L’annuncio pubblicitario deve rispettare
criteri espositivi, ci devono essere i rendimenti passati dell’investimento proposto, le
informazioni non devono indurre in errore, il messaggio deve essere coerente con le
informazioni del prospetto e ogni annuncio deve indicare l’avvertenza (‘prima dell’adesione
leggere il prospetto’).

42. OPV e pubblicità


Offerta pubblica di vendita: vengono offerte al pubblico azioni vendute dai vecchi soci e i
quattrini raccolti dal collocamento finiscono nelle tasche dei vecchi soci. Sia nelle OPV che
nelle OPS ci troviamo di fronte ad un caso IPO all’atto della quotazione in borsa e la consob
deve autorizzare sia l’offerta al pubblico di azioni (obbligo di trasparenza) sia la quotazione in
borsa dell’impresa nel rispetto dei requisiti imposti da borsa italiana.
Nelle OPV si offre agli investitori la possibilità di sottoscrivere titoli azionari o obbligazionari
già esistenti e messi a disposizione da parte dei precedenti possessori; nelle OPV si raccoglie
denaro cedendo ad altri investitori le azioni o le obbligazioni oggetto di offerta. Chi intende
fare appello al pubblico risparmio con queste offerte pubbliche ha un obbligo informativo
verso la consob, quindi senza indugio lo si deve comunicazione e lo si fa attraverso l’allegato
1A dove si descrive in modo sintetico l’operazione e i soggetti proponenti; oltre a questo
30
documento troviamo anche il prospetto informativo per le offerte di sottoscrizione o
vendita e il documento di offerta nel caso delle offerte di acquisto o acquisto e scambio, il
tutto corredato dalla scheda di adesione sottoscritta dall’investitore che aderisce a queste
offerte. Infine, la comunicazione va firmata da offerente ed emittente che intendono
effettuare l’offerta al pubblico. Quindi primo step informare la consob il secondo informare il
mercato. Sia per OPV che OPS è molto importante la sezione iniziale 'avvertenze' dove ci
sono tutti i rischi e le criticità e i conflitti di interesse che quell’offerta comporta. La
pubblicità sollecitatoria viene utilizzata molto spesso nelle offerte pubbliche di
sottoscrizione o vendita, la quale fa esplicito riferimento all’offerta con lo scopo di
convincere gli investitori ad aderire all’offerta. La pubblicità sollecitatoria è vietata prima
della pubblicazione del prospetto informativo o del documento di offerta, fino a quando gli
investitori non sono stati informati con il documento a loro dedicato sulla cui base decidono
se aderire o meno non possiamo fare pubblicità sollecitatoria. Le pubblicità sollecitatorie
devono essere trasmette alla consob contestualmente alla diffusione al pubblico. Anche la
pubblicità istituzionale è ammessa sempre e comunque, soprattutto nelle offerte di
sottoscrizione o vendita prima della pubblicazione del prospetto informativo; è una pubblicità
che cerca di rendere noto il nome della società di cui poi verranno offerte azioni e
obbligazioni ma senza riferimenti all’operazione di appello al pubblico risparmio. L’annuncio
pubblicitario deve rispettare criteri espositivi, ci devono essere i rendimenti passati
dell’investimento proposto, le informazioni non devono indurre in errore, il messaggio deve
essere coerente con le informazioni del prospetto e ogni annuncio deve indicare l’avvertenza
(‘prima dell’adesione leggere il prospetto’).

43. Informazione previsionale:


Il principio 6 di borsa italiana riguarda l’informazione previsionale; con info previsionale si
intende quella contenente dati previsionali relativi alla situazione patrimoniale, economica
e finanziaria degli emittenti o gli obiettivi quantitativi della loro gestione. Essa deve
contenere l’indicazione delle principali ipotesi sottostanti.
Qualora l’informazione previsionale sia espressa mediante indicatori specifici, schemi
contabili o altri documenti di sintesi, gli emittenti assicurano, oltre alla continuità delle info,
anche la costanza dei contenuti informativi.
Quando l’informazione previsionale è contenuta in documenti informativi destinati al
pubblico per disposizioni di legge e regolamentari, gli emittenti comunicano al mercato tale
info al più tardi contestualmente alla pubblicazione dei medesimi documenti.
Gli emittenti verificano la coerenza fra l’info previsionale precedentemente comunicata al
mercato e la successiva info consuntiva o previsionale in loro possesso e non ancora
comunicata al mercato. Inoltre, si deve comunica al mercato senza indugio eventuali
scostamenti significativi, illustrandone le ragioni.
Gli emittenti comunicano al mercato le proprie valutazioni riguardo a scostamenti significativi
esistenti fra i risultati attesi dal mercato e i risultati attesi già comunicati al mercato dagli
emittenti stessi. Per “risultati attesi dal mercato” si intende la valutazione di consenso sui
risultati dell’emittente espressa dai soggetti che svolgono professionalmente attività di
analisi sugli strumenti finanziari dell’emittente, in conformità alla migliore prassi
internazionale.

44. Benefici/costi com. volontaria (determinanti):


Le determinanti della comunicazione volontaria, ovvero tutti i fattori che incidono sulla
qualità e quantità della comunicazione volontaria sono 8:
1. la dimensione aziendale (+ dimensione + comunicazione) e il settore e raggruppamento
strategico di appartenenza (incidenza sulla comunicazione volontaria può essere positiva o
31
negativa e dipende dal comportamento dei competitor e dalle prassi del settore.
2. disponibilità di risorse autonome (+ risorse - necessità di comunicare)
3. assetto proprietario: A. capitale aperto + comunicazione volontaria
B capitale chiuso - comunicazione volontaria
C + complessa è la compagine sociale, > com volontaria
4. presenza nell’azionariato di investitori istituzionali: + comunicazione volontaria;
5. diffusione delle azioni fra piccoli risparmiatori: + risparmio istituzionalizzato + com
volontaria;
6. dipende dalla cultura dei paesi (inghilterra tanta comunicazione)
7. norme e consuetudini: + l’obbligo di comunicazione, + comunicazione finanziaria;
8. sviluppo dei mercati finanziari e la loro efficienza: rapporto biunivoco, la comunicazione
finanziaria influenza l’efficienza e viceversa.
I benefici della comunicazione finanziaria sono:
1. maggiore credibilità di management e strategie: con la com volontaria si cerca di spostare
il focus dai risultati di breve a quelli di medio-lungo periodo con una maggiore comprensione
e condivisione delle strategie aziendali; la credibilità si cerca di ottenne attraverso l’efficacia
della comunicazione volontaria.
2. riduzione dei rischi di cause legali per scarsa trasparenza o sottovalutazioni: + com e
trasparenza per evitare problemi.
3. accesso facilitato a mercati finanziari: maggior facilità nella raccolta di denaro e nel
contenimento dei costi di investimento.
4. attrarre attenzione da parte di investitori di lungo periodo: con comunicazione volontaria
e engagement possiamo aumentare la fidelizzazione dei nostri investitori e convincerli a
condividere le sorti dell’impresa per più tempo.
5. maggiore forza attrattiva nei confronti delle risorse umane interessate: con la
comunicazione volontaria si cerca una maggiore attrazione di capitale umano e talenti.
6. maggiore forza attrattiva nei confronti degli analisti finanziari: rapporto a doppio senso
perché più informazioni offro al mercato e maggiore sarà il numero di analisti che coprono
quella data impresa (deriva tutto da una maggiore comunicazione volontaria).
7. segnale dell’importanza attribuita al sistema di accountability & reporting
8. migliore capitalizzazione di borsa rispetto all’andamento generale dei mercati
I costi che limitano la disclosure della comunicazione finanziaria delle società emittenti sono:
1. competitive cost: informazioni di cui possono avvantaggiarsi le imprese concorrenti
2. costi di negoziazione: più siamo trasparenti più i nostri interlocutori sono in gradi di
valutare la loro posizione di forza e debolezza nei nostri confronti
3. litigation cost: se la maggiore trasparenza ci può ridurre i costi legati alla mancanza di
comunicazione, vale anche il contrario ovvero se comunico di più posso commettere errori di
comunicazione e subire conseguenze legali
4. costi diretti: connessi all’implementazione di un sistema informativo aziendale che sia in
grado di produrre quel tipo di reportistica.

45. DNf (c. volontaria)


Nell’informativa periodica stanno acquisendo sempre più rilevanza le dichiarazioni non
finanziaria (DNF); queste dichiarazioni non finanziarie sono un prodotto da un lato di una
ridefinizione della corporate purpose e dall’altro della crescente sensibilità verso la
sostenibilità ambientale, sociale e di governo societario. I grandi movimenti introdotti
stanno guidando in modo profondo tutta l'informativa societaria e le DNF rappresentano in
modo tangibile un obbligo che deriva da questo tipo di evoluzione. Queste DNF non sono un
obbligo per tutte le società: sono obbligati a redigere le DNF gli enti di interesse pubblico di
grandi dimensioni, a questi è richiesta la redazione annuale di quello che una volta
32
avremmo chiamato bilancio sociale, che ora si chiama dichiarazione individuale di carattere
non finanziario. Questo obbligo deriva dal recepimento della direttiva europea numero 254;
gli enti di interesse pubblico sono tutte le società quotate, tutte le banche e tutte le
assicurazioni anche se non quotate. Per tutti gli altri soggetti la predisposizione di questa
dichiarazione è volontaria; questa dichiarazione può essere un documento a sé che
accompagna gli altri documenti del bilancio annuale o può essere inserita all’interno della
relazione sulla gestione, quindi può essere una sezione di questa relazione. Questa
dichiarazione deve essere redatta seguendo standard internazionali di uso comune, si parla al
plurale perché gli standard sono tanti; si stabilisce che questa dichiarazione debba essere
asseverata dalla società di revisione già incaricata di certificare il bilancio.
Questa dichiarazione è obbligatoria dall’esercizio 2017, quindi le prime dichiarazioni sono
state pubblicate nella primavera 2018 e sulla base di quanto stabilito dalla normativa devono
riguardare questi temi: salvaguardia dell’ambiente, gestione del personale, rispetto dei diritti
umano e lotta contro la corruzione attiva e passiva. A proposito dei contenuti di questi temi,
non si danno indicazioni estremamente precise ma si dice semplicemente che in questa
dichiarazione bisogna descrivere modello di gestione e organizzazione, politiche applicate,
risultati conseguiti, rischi derivanti da attività svolta, prodotti e servizi; indicare l’uso di risorse
energetiche e idriche, emissioni gas serra, impatto su ambiente, salute e sicurezza, azioni per
garantire parità di genere e dialogo, misure anti violazione dei diritti umani, corruzione e
discriminazione. Recentemente è stata posta la questione della comparabilità: visto che
sostanzialmente le disposizioni sono così generali i contenuti effettivi di queste dichiarazioni
presentano un alto grado di disomogeneità tra i diversi soggetti emittenti quindi è molto
difficile comparare le diverse società guardando alle info contenute in queste dichiarazioni.
Sull’altro piatto della bilancia c’è il tema del costo di questo documento: costo inteso come
capacità dell’impresa di avere un sistema informativo interno in grado di produrre certe
informazioni; produrre queste informazioni vuol dire modificare software e assetto
organizzativo e questa è una delle ragioni per cui solo le società di grandi dimensioni sono
obbligate a produrre questo documenti perché si ritiene siano strutturate in modo tale da
produrle o che comunque il costo addizionale possa essere supportato dalle grandi
dimensioni.
Va redatta secondo standard internazionali e ci sono tanti soggetti che hanno redatto
principi e danno indicazioni, come la borsa di Londra che ha redatto una guida su ESG
reporting che può essere usata anche per redarre la DNF; un documento di consultazione
redatto dall’UE dove si prospettava e si sottoponevano al mercato ipotesi di modifiche della
direttiva del 2014 e un documento dell’EFRAG del 2020 che riguarda nello specifico gli aspetti
ambientali, quindi come presentare le informazioni che riguardano la sezione ambientale
della DNF.

46. IAP:
Gli IAP sono gli indicatori alternativi di performance; sono stati oggetto di interventi da
parte dell’ESMA con un intervento del 2016. Come abbiamo detto, sono indicatori diversi da
quelli previsti dai principi contabili, quindi, sono indicatori di performance finanziari, di
posizione finanziaria o che hanno ad oggetto flussi di cassa diversi da quelli specificati dalla
disciplina che si applica all’informativa societaria. Generalmente questi indicatori alternativi
sono ricavati voci di bilancio attraverso aggiunta o sottrazione di determinati importi sempre
tratti dal bilancio stesso: si parte da voci di bilancio che vengono manipolate e si ottiene un
indicatore alternativo, naturalmente esistono indicatori alternativi formulati anche
prescindendo dalle informazioni che ritroviamo nel bilancio. Questi indicatori trovano
sempre più spazio sia nei comunicati stampa sia all’interno della relazione sulla gestione o
del report integrato quindi l’ESMA è intervenuta per dare regole di comportamento relative
33
a questi indicatori non codificati dai principi contabili e davano la possibilità alle società
emittenti di strumentalizzare questo tipo di informazione; quindi, l’ESMA per evitarlo ha dato
indicazioni precise su come presentare questi indicatori. Ha previsto che questi indicatori
debbano essere definiti, chiariti i componenti e le modalità di calcolo; la definizione deve
essere chiara e facilmente interpretabile, non si deve usare una terminologia eccessivamente
ottimistica e nel dare un nome a questi indicatori bisogna evitare che questo nome possa
trarre in inganno l’interlocutore o vi sia eccessiva assonanza con indicatori definiti all’interno
dell’informativa finanziaria; bisogna poi spiegare perché si usa un indicatore alternativo,
bisogna assicurare omogeneità temporale, ci deve essere coerenza nel tempo relativamente
alle modalità di calcolo, le variazioni vanno spiegate e se si interrompe la comunicazione di
uno di questi indicatori bisogna spiegare perché non è più considerato importante.

47. ESMA:
L'ESMA(ex CESR) ha dato delle linee guida su questo punto, quindi ha aggiunto delle
precisazioni per aiutare le società a riconoscere le informazioni privilegiate: la storia passata
può essere presa in considerazione, questa storia può anche essere riferita ad analisi
effettuate anche a livello accademico (e questi studi si basano tutti sulla tecnica dell’event
study); così come si può prendere a riferimento anche il lavoro degli analisti finanziari. Se in
passato quel tipo di informazione è stata considerata privilegiata, allora bisogna continuare a
considerarla come tale. È necessario avere continuità nel tempo. [La CONSOB dice che nel
dubbio che un’informazione possa o meno influire sui prezzi, suggerisce di considerarla come
tale se dovessero sussistere le altre tre caratteristiche].
LINEE GUIDA DELL'ESMA: oggetto dell’informazione, si possono identificare due situazioni:
Connessione diretta tra l’informazione e questi oggetti (emittente o strumento) = ha a che
fare con quelle che vengono chiamate corporate information che hanno la caratteristica di
essere generate internamente alla società Connessione indiretta invece riguarda le market
information= le informazioni di mercato, ciò che sta all’esterno della società emittente.
Quindi, in questo caso l’informazione nasce fuori dalla società emittente, sul mercato. Questa
distinzione è importante perché entrambe possono contribuire all’abuso di mercato. INVECE
gli obblighi di trasparenza e riservatezza riguardano solo le corporate information, ovvero
solo quelle informazioni che nascono all’interno.

48. Value drivers:


I value drivers sono i componenti del valore, fattori di successo di un’impresa, fattori che
rappresentano il vantaggio competitivo di un’azienda. I value drivers sono variabili di tipo
finanziario e di carattere qualitativo che il management ritiene alla base della creazione di
valore; infatti, sono tutte quelle leve che vengono attivate nell’ambito della strategia per
conseguire rendimenti superiori al costo dei fondi. Ad esempio, innovazione (questa capacità
è una leva fondamentale nella creazione, generazione e difesa del vantaggio competitivo),
forza del brand, valore della rete dei clienti, supply chain, persone (capitale umano),
reputazione sociale e ambientale (è il mattone su cui poggiare l’altro elemento della fiducia
che è ingrediente fondamentale nelle relazioni finanziarie). Dietro i value driver ci sono le
decisioni gestionali di tipo operativo, le quali incidono sulla crescita delle vendite e sul
margine operativo, sulle aliquote fiscali, quindi il mix di prodotti, il livello dei prezzi, le attività
di promozione, la pubblicità, la distribuzione e il servizio clienti; poi ci sono le decisioni
gestionali di investimento e si fa riferimento al capitale fisso e a quello circolante. Come già
anticipato i value drivers sono strumenti per la creazione di valore e i 3 ingredienti principali
sono:
1. La durata della creazione di valore: il valore creato dipende molto dal tempo
dell’investimento, anche perché l’obiettivo dell’azienda deve essere quello di perpetuare nel
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tempo questo vantaggio competitivo
2. Gli elementi che stanno dietro i flussi di cassa operativi sono la crescita delle vendite, dal
margine operativo sulle vendite, e dall’aliquota fiscale. Questi sono tutti driver sul quale
l'impresa può andare ad incidere se vuole orientare in una certa direzione i propri flussi di
cassa.
3. Ultimo elemento è il costo del capitale che incide sul tasso di sconto. Si può agire sul costo
del capitale facendo percepire l’azienda meno rischiosa o si può agire sulla leva finanziaria sul
rapporto equity e debiti e sulle configurazioni del debito e dell’equity.
Relativamente alla comunicazione finanziaria, la quale dovrebbe riguardare i key value drivers
per fornire un collegamento tra azioni, risultati e prospettive future, vengono analizzati sotto
diversi profili al fine di sviluppare adeguate metodologie di misurazione; i profili sono:
1. Finanziario (effetti sui flussi di cassa): riguarda i normali rendiconti finanziari che
distinguono i flussi di cassa operativi, di investimenti, di finanziamenti, ma non forniscono
info sui legami fra flussi di cassa e strategie di VBM. Inoltre, i flussi di cassa storici dovrebbero
essere ripartiti in operatività corrente, in value drivers (costi R&D) e in rivisitazione strategie
preesistenti (es. costi di dismissione)
2. Rischio e Prospettive future: Lo studio dei flussi di cassa va integrato con indicazioni
quantitative o qualitative circa le prospettive future e i rischi.

49. Valutare la disclosure, understanding GAP:


Per far emergere l’understanding gap è necessario identificare delle misure di performance;
queste misure rappresentano strategia, clienti, capitale umano e reputazionale, gestione dei
rischi, posizione finanziaria e performance finanziaria (elementi visti all’interno del modello di
comunicazione orientato alla creazione di valore). Le misure con sfondo più scuro e nella
parte alta rivestono la maggiore importanza. Il primo passo è capire quali sono le misure di
performance prese in considerazione da manager e azionisti e chiediamo ad entrambi qual è
la rilevanza attribuita per capire le misure ritenute più rilevanti. Questo tipo di analisi serve
per valutare l’understanding gap che si crea quando mercato e manager attribuiscono diversa
importanza ad una certa misura di performance, quando non si è nella stessa lunghezza
d’onda per l’importanza attribuita alle misure e da questa importanza attribuita derivano
conseguenze negative sul piano della comunicazione.

50. Information GAP:


L’information gap o gap di informazione si verifica quando il mercato riceve informazioni
inadeguate su misure che ritiene importanti. L’intervistato qui il mercato che si esprime su
quelle diverse misure relative ad una certa area. Facendo un confronto tra le info della
comunicazione obbligatoria e quelle che servono al mercato finanziario per esprimere un
valore corretto sui diversi titoli esiste una distanza, un gap che viene colmato con la
comunicazione volontaria.

51. Perception GAP:


Il perception gap si verifica quando manager e mercato hanno percezioni diverse sul modo
in cui l’impresa riesce a soddisfare le esigenze conoscitive del mercato, quindi sull’efficacia
della comunicazione dell’impresa. Nel positive gap c’è un eccesso di ottimismo da parte dei
manager nel valutare l’efficacia della comunicazione e il contrario nel negative gap; sono più
numerose le segnalazioni del positive gap rispetto a quelle del negative gap.

52. Reporting GAP:


Il reporting gap riguarda l’interno della società; quindi, gli intervistati sono i manager e gli si
35
chiede di valutare l’efficacia del sistema. Si verifica quando i manager dedicano poco
impegno nel riportare misure che essi stessi ritengono importanti nella gestione dell’impresa.
Ci sono misure in cui questo gap è più accentuato (fondo scuro) e molte di queste riguardano
l’area clienti e mercato, l’area reclutazione e l’area delle performance. Sono misure che i
manager ritengono importanti ma tuttavia si impegnano poco nel riportarle verso l’esterno;
è una autovalutazione da parte dei manager.

53. Quality gap:


Il quality gap intervista solo i manager si verifica quando i manager ritengono rilevante una
certa misura ma il sistema informativo aziendale non è in grado di produrre un’informativa
affidabile.

54. Suddivisione dei mercati in base agli intermediari


La presenza di intermediari specializzati nel mercato può originare diverse situazioni
(mercati dei broker, mercati dei dealer, mercati dei market maker e mercati ad asta) oppure
la loro assenza crea la cosiddetta ricerca autonoma.
Come detto, un aspetto importante è la presenza eventuale di intermediari specializzati: i
mercati dei broker vedono operare una figura di intermediario specializzato che mette in
contatto acquirenti e venditori, quindi non partecipa agli scambi, e viene remunerato con una
commissione fissa basata sul controvalore della transazione; egli non dà garanzie sulle
esecuzioni di ordini ed essendo in contatto continuo con le parti ha vantaggi di tipo
informativo, pur non partecipando alla negoziazione e non avendo posizioni in titoli.
I dealer sono intermediari che hanno anche una propria posizione di titoli quindi
partecipano agli scambi e potrebbero mettersi dall’altra parte del mercato; quindi,
potrebbero porsi come acquirenti per i clienti che vogliono vendere e come venditori per i
clienti che vogliono comprare; il dealer viene remunerato attraverso un margine sugli scambi;
quando si pone come controparte da garanzie di esecuzione dell’ordine perché permette al
cliente di eseguire l’ordine.
Il market maker assume l’obbligo di quotare in modo sistematico certi titoli comunicando
quindi le sue quote, ovvero i prezzi a cui è disposto a comprare e prezzi a cui è disposto a
vendere: fa il mercato attraverso le sue quote.
In certi mercati sono chiamati specialist e sono specializzati nel negoziare un particolare
titolo; spesso hanno un contratto che li lega alla società emittente per favorire la liquidità di
quel titolo.
Nei mercati ad asta (quello italiano ad esempio) su alcuni titoli operano degli specialist; nei
mercati ad asta i soggetti interessati ad acquistare o vendere titoli partecipano all’asta;
esistono diversi tipo di aste come a chiamata o continua, nel nostro mercato abbiamo delle
aste a chiamata in apertura ma anche l’asta continua; la differenza sostanziale è che in quella
a chiamata tutti quelli che hanno la possibilità di concludere un contratto escono dall’asta con
lo stesso prezzo, quindi tutti pagano e incassano lo stesso prezzo; invece nell’asta continua
ogni contratto viene concluso ad un particolare prezzo quindi il prezzo del contratto
successivo può essere diverso dal prezzo del contatto precedente.

55. CEO:
Il CEO (chief executive officer), chiamato anche amministratore delegato stabilisce le linee
guida della comunicazione, controlla e approva i contenuti dei documenti più sensibili per il
mercato e partecipa direttamente ad alcuni incontri con la comunità finanziaria, sia in
occasione di presentazioni e conference call tenute periodicamente e nel corso di roadshow,
sia in incontri privati con analisti e investitori istituzionali. l chief executive officer è la figura
36
apicale della comunicazione finanziaria e dovrebbe stabilire le linee guida e controllarla, in
particolare i documenti più sensibili, è la figura di riferimento per gli incontri con la comunità
finanziaria (road show, conferenze stampa), chi partecipa a questi incontri desidera avere
rapporti con la figura apicale e ascoltare le sue parole perché sono più pesanti e
rappresentative rispetto alla parole di altre figure aziendali, ciò non toglie che il chief
executive officer nell’attività di cf debbano essere supportate dall’investor relator.

56. Investor relations:


Le investor relations sono uno strumento specifico della comunicazione finanziaria.
Sono le relazioni con gli investitori e tutte quelle figure che sono in contatto con gli
investitori, quindi relazioni di carattere diretto e mediato passando attraverso un broker
della comunicazione per migliorare il rapporto tra società emittente e mercato finanziario
nell’interesse della società emittente stessa. Questa attività viene condotta per apportare
vantaggi alla società emittente; la sua codificazione e la tipizzazione delle funzioni svolte dalla
figura dell’investor relator nascono negli USA.
Le investor relations sono l’insieme organico delle attività di comunicazione poste in essere
per costruire, mantenere e migliorare un efficace sistema di rapporti con i protagonisti del
mercato finanziario, nell’interesse della organizzazione stessa. Le investor relations sono
anche viste come una responsabilità strategica del management che utilizza le discipline della
finanza, della comunicazione e del marketing per gestire il contenuto ed il fluire delle
informazioni aziendali verso i pubblici. Le relazioni con i pubblici interessati all’andamento
finanziario delle organizzazioni (attività aziendale dalla quale ci si “aspettano risultati)” hanno
avuto origine nei primi anni del ‘900. L’evoluzione del concetto di riservatezza nello scorso
secolo favorì lo sviluppo della comunicazione aziendale e contribuì a farne riconoscere e
accettare il ruolo insostituibile per il successo aziendale. Le fasi:
– 1901-50: dal segreto aziendale alla comunicazione finanziaria
– 1951-80: riconoscimento delle professionalità necessarie per svolgere la funzione
– 1980-99: diffusione generalizzata di sistemi di controllo delle attività finanziarie
– 2000-10: rafforzamento di tutte le funzioni aziendali dedicate all’info finanziaria

57. Investor relator + fasi IR:


L’investor relator è un attore fondamentale della comunicazione finanziaria, è un soggetto,
professionalmente idoneo, che favorisce il dialogo continuativo tra l’azienda e gli
stakeholders, in particolare con gli investitori; deve avere le competenze professionali
necessarie per svolgere il ruolo e dimostrare credibilità (soggetto credibile e che dica cose
vere). Questo soggetto è il rappresentante della società emittente nella comunità finanziaria
quindi è il soggetto deputato a gestire in via diretta o in supporto all’amministratore delegato
le relazioni con investitori e intermediari finanziari. È la persona che si fa anche garante nei
confronti della comunità finanziaria sulla veridicità dei contenuti della comunicazione quindi
sull’affidabilità di quanto detto e scritto e sulla continuità di questo rapporto che deve essere
continuativo; è anche il soggetto che dovrebbe svolgere un ruolo importante nella gestione
delle informazioni privilegiate, è il nodo dei flussi informativi interni quindi deve conoscere
tutte le info prodotte in impresa per poi, in linea con strategie, piani e vertici, stabilire cosa
trasmettere all’esterno ma visto che la comunicazione finanziaria è bidirezionale svolge un
ruolo anche nell’intercettare i flussi informativi che dall’esterno vengono veicolati all’interno
dell’impresa. Non tutte le società quotate hanno un investor relator: nelle società di più
grandi dimensioni esiste un dipartimento che svolge questa attività di investor relation
affidata all’investor relation officer che gestisce uno staff e ha la gestione di un budget
dedicato alla comunicazione finanziaria; nelle società più piccole viene affidata a soggetti che
svolgono anche altre funzioni. È necessario perché bisogna mantenere un rapporto
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continuativo con investitori e intermediari finanziari per spiegare a questi soggetti le strategie
aziendali e il valore derivato da queste strategie e spiegarlo attraverso uno strumento, quello
dell’investor relation, capace di creare la credibilità finanziaria, reddituale e patrimoniale alla
base della relazione con mercati finanziari. Nella procedura per il trattamento delle
informazioni privilegiate è il punto di snodo dei flussi informativi, in entrata e in uscita
dall’azienda, che possono influire sul prezzo del titolo. L’investor relator è capace di creare la
credibilità finanziaria, reddituale e patrimoniale alla base della relazione con mercati
finanziari; in più senza questa figura l’azienda si espone ad un rischio più alto di sfruttamento
delle informazioni privilegiate e quindi di abuso di mercato. Questa figura ha un ruolo molto
importante soprattutto nei momenti di finanza straordinaria come fusioni e acquisizioni. Le
competenze dell’investor relator devono riguardare:
- conoscenza approfondita dell’azienda e del settore in cui opera (conoscenza di dinamiche
settoriali e delle performance operative e finanziarie delle società, cioè le strategie adottate).
- L’investor relator ha competenze di contabilità (budget), ha competenze di marketing e
comunicazione e di pubbliche relazioni.
- la capacità di analisi e contrattazione: l’investor relator ha un budget da gestire (risorse
monetarie da organizzare), deve negoziare con soggetti esterni i contratti, le condizioni e
deve valutare la loro qualità.
- competenze tecniche sulla comunicazione e sui media
-competenze finanziarie e amministrative
- deve anche avere competenze di carattere giuridico.
L’investor relator quindi deve creare il valore della società da trasmettere agli investitori,
deve fare capire le potenzialità di creazione di valore da parte della società; Questo
soggetto deve comunicare efficacemente la strategia e la sua declinazione operativa (business
plan), deve comunicare i risultati contabili dell’azienda per costruire un’immagine solida della
società agli occhi degli investitori.
L’attività dell’investor relator è molto importante anche quando si realizza un’offerta pubblica
(collocamento in borsa).
Il mercato deve valutare in modo corretto il valore dell’impresa per cui le info devono
includere:
• La performance attuale
• Gli obiettivi strategici futuri
• Il potenziale effettivo, nonché tutti i dati richiesti dalle norme che regolano l’informativa
societaria
L’investor relator si trova nei piani alti dell’organigramma organizzativo, perchè deve
dialogare al fine di mantenere coerenza nella strategia con il ceo e i manager dell’azienda.
Questa figura deve avere un comportamento specchiato (non agire mai allo scuro) facendo
prevalere trasparenza e veridicità delle info; è importante che gestisca anche il flusso di
comunicazione tra l’interno e l’esterno della società perchè hanno due orizzonti temporali
differenti (esterno veloce, interno lento).
Nelle società di grande dimensione esiste un dipartimento IR composto da più soggetti e dal
loro responsabile (Investor Relations Manager). Le fasi sono:
1. fase conoscitiva e ascolto: l’investor relator deve conoscere i propri interlocutori e mettere
in campo azioni necessarie per stabilire i più importanti e analizzare i loro bisogni informativi
2. fase operativa: una volta definiti i messaggi vanno scelti i canali giusti per i diversi target
3. fase di valutazione a posteriori per capire i risultati ottenuti rispetto alle attese, le ragioni
di eventuali scostamenti e quali rimedi adottare per migliorare l’efficacia della comunicazione
stessa.

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58. Infomediari:
Gli infomediari sono quei soggetti che si “intromettono” nella relazione tra impresa e
destinatario, così da trasformare il canale diretto in canale breve o lungo se si trovano 2 o +
intermediari.
I protagonisti della comunicazione finanziaria sono le imprese e tutti gli infomediari offerenti
e richiedenti di comunicazione finanziaria. Gli infomediari raccolgono informazioni primarie
al fine di produrre informazioni secondarie (derivate) e sono molto rilevanti nel processo di
trasmissione delle informazioni da società emittenti ad altri stakeholder. Gli infomediari: sono
analisti, mass media, associazioni di categoria: tutti soggetti che selezionano, rielaborano,
raccolgono informazioni e le restituiscono ai destinatari finali della comunicazione
finanziaria; in questa attività di intermediazione delle informazioni esiste sempre il rischio che
il messaggio della fonte arriva al termine della catena in modo più o meno distorto e questo
rischio va gestito attraverso un’opportuna relazione con gli infomediari, una relazione
informativa di carattere continuativo basata sui comportamenti corretti e con dei flussi
bidirezionali tra società emittente e infomediario e viceversa. Gli infomediari sono ad
esempio analisti finanziari, professionisti che redigono le cosiddette equity resource (=
rapporti che hanno ad oggetto le imprese emittenti) valutano le prospettive di quell’impresa
dal punto di vista dei potenziali investitori, esprimono una raccomandazione e indirizzano le
scelte degli investitori finali.
Anche gli intermediari finanziari sono infomediari perché condizionano e indirizzano le scelte
degli investitori e sono essi stessi acquirenti di titoli per il loro portafoglio e per i portafogli dei
clienti ai quali offrono servizi di gestione. Le società di rating sono infomediari perché raccolto
informazioni per esprimere giudizi sulla redditività creditizia, sulla rischiosità delle diverse
obbligazioni emesse. Abbiamo i data provider, ovvero soggetti che elaborano le informazioni
e le vendono ad altri. I mass media sono infomediari, attori importanti della comunicazione
finanziaria (esempio Sole24Ore).
Gli infomediari sono mediatori di informazioni, generano valore per i loro clienti e questo
passa attraverso la produzione di informazioni che vengono messe a disposizione degli
investitori finali. Gli infomediari uniscono alle informazioni specifiche delle singole imprese
tutte le altre informazioni che riguardano la sfera macroeconomica, i contesti settoriali ecc. La
gamma di infomediari è molto variegata alcuni hanno un business circoscritto (=produzione di
nuove informazioni), altri sono contemporaneamente attori del sistema finanziario e quindi il
loro contributo ai flussi informativi deriva dalla produzione di ulteriori informazioni derivanti
dalla rielaborazione della comunicazione primaria e da un loro intervento sui mercati
finanziari attraverso operazioni di acquisto e vendita.

59. Intermediari:
Esistono diverse tipologie di intermediari che si differenziano in funzione di forma organizzativa. La
scelta dipende dalla notorietà dell’impresa. Il sistema di finanziamenti vede come protagonisti gli
intermediari finanziari, i quali possono essere sia bancari (banca - assicurazioni) che non (società di
factoring).
Nei sistemi orientati agli intermediari i protagonisti dei finanziamenti delle imprese sono gli
intermediari finanziari: banche o assicurazioni e in questo tipo di impostazione istituzionale banche e
assicurazioni esercitano anche il controllo delle società non finanziarie e si realizzano in queste
situazioni degli intrecci tra banche e imprese, società finanziate da intermediari finanziari che a loro
volta controllano le società stesse. In questo tipo di sistema gli stimoli all’efficienza sono realizzati
attraverso delle forme di controllo interno alle imprese stesse e dall’imposizione di norme di tutela
degli azionisti di minoranza. Questi sistemi presentano rischi di collisione tra intermediari e
manager quindi tutto si gioca sul rapporto tra intermediari e imprese finanziate a titolo di debiti

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(prestiti) o di capitali di rischio; in questo sistema il dialogo è diretto tra società finanziate e
intermediari che finanziano.
Gli intermediari finanziari che accompagnano le società nel processo di quotazione fanno una
valutazione della società e stabiliscono un intervallo di valori (prezzo minimo e massimo); quando si
decide la quotazione in borsa e quante azioni collocare, generalmente gli intermediari finanziari che
offrono assistenza spesso si caricano anche dell’invenduto coprendo la parte di azioni non vendute.
Gli intermediari mobiliari (es:SIM) sono un pubblico filtro e trasmettono info rielaborate ai loro
clienti; nella fase di trasmissione le informazioni possono avere due ruoli:
- essere oggetto della transazione tra intermediario e cliente
- essere un ingrediente delle politiche di marketing quando l’oggetto della vendita è altro.
Gli intermediari mobiliari chiedono informazioni al mercato e alle imprese emittenti per prendere
decisioni razionali, producono informazioni primarie per la loro attività e derivate per soggetti terzi.
Le imprese quotate devono monitorare queste relazioni tra intermediari e clienti e identificare
eventuali distorsioni tra quanto volevano comunicare e quanto percepito sulla base delle info
trasmesse.

60. Mass media


Un ruolo importante svolto nell’ambito degli infomediari è quello dei mass media che hanno
un’influenza importante sulle scelte degli investitori retail e contribuiscono anche a influenzare
l’immagine che delle singole società emittenti hanno; quindi, i mass media sono fondamentali
nell’analizzare i flussi informativi tra fonti primarie e pubblici risparmiatore. Ci sono tre momenti
significativi del processo di produzione delle info da parte dei mass media perché in ciascuna fase
possono originarsi delle tensioni e delle criticità tra società emittente e infomediario da cui
possono derivare delle distorsioni o dei risultati non graditi alla società emittente:
1. reperimento delle informazioni primarie: in questa fase si materializza il rapporto tra società
emittente e mass media rappresentato dalla figura del giornalista. Questo è un rapporto da
sempre un po’ critico perché ciascuna delle due parti ha la sensazione di essere strumentalizzato
dall’altra parte quindi è un rapporto che nasce sempre in un clima un po’ di sospetto perché il
giornalista teme di essere sfruttato come veicolo promozionale della società emittente e la
società emittente teme di essere sfruttata come fonte di uno scoop che non andrebbe a
migliorare l’immagine della società. I mass media vogliono vendere le copie e vogliono avere una
audience ampia, interesse ben diverso dalla società emittente. Questo tipo di conflitto si risolve
attraverso la costruzione di una relazione personale tra investor relator e giornalista.
2. fase di lavorazione vera e propria: l’informazione raccolta viene sottoposta a una
rielaborazione e diventa cruciale l’aspetto della competenza economico-finanziaria del
giornalista; un rischio percepito dalle società emittenti è avere a che fare con giornalisti non
abbastanza preparati per comprendere il messaggio legato a una terminologia specialistica
inserendo distorsioni. La rielaborazione vede tre fasi: il fatto, il commento e l’interpretazione/
inquadramento del fatto in un contesto generale, questi tre aspetti devono essere distinti e
riconoscibili fra loro, ad esempio mescolare fatti e opinione mette in difficoltà il lettore che non
riesce più a distinguere tra fatto e commento personale quindi è ideale fare in modo che il
giornalista tenda a redigere un articolo con queste parti ben distinte e riconoscibili.
3. erogazione, collocamento di notizie sul mercato: il mercato delle informazioni relative alle
società emittenti, il mercato della comunicazione finanziaria pur essendo molto cresciuto e
quindi la audience sensibile è cresciuta, ciò nonostante si tratta di una comunicazione elitaria
anche per il suo carattere specialistico e quindi la audience che is può raggiungere è circoscritta e
anche la fase di erogazione pone delle criticità perché naturalmente questa fase di erogazione
risponde a degli obiettivi da parte del canale di comunicazione non necessariamente uguali agli
obiettivi della società emittente che rientrano nella politica del mass media.
Qual è normalmente il modo in cui si veicolano informazioni verso il mondo dei mass media?
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Attraverso il comunicato stampa o si organizza una conference e si invitano i giornalisti però
bisogna capire quali sono i meccanismi all’interno delle singole relazioni che poi vaglieranno quel
comunicato stampa o quell’invito perché spesso questi comunicati stampa restano lettera morta
e non vengono presi in considerazione anche perché lo spazio su un giornale o in una radio è
limitata quindi la redazione stabilisce le notizie più importanti che trovano spazio quindi anche
qui c’è il rischio che questa attività di contatto non dia frutto mentre invece c’è interesse da parte
della società emittente affinché si parli di quell’evento societario: entra di nuovo in gioco la
relazione personale e la bravura nel redigere il comunicato stampa per catturare l’attenzione del
giornalista, la conoscenza degli interessi dei singoli giornalisti; entra in gioco anche un altro
elemento: non è detto che sia sempre la società a interpellare il giornalista, a volte accade anche
il contrario quindi bisogna essere pronti a rispondere perché quando il giornalista chiede un’info
bisogna dargliela subito e non dopo un’ora.

61. PR - press release


Il comunicato stampa è un testo breve che riguarda un certo evento societario diffuso
dall’impresa per informare i propri interlocutori; la responsabilità di produrre comunicati stampa
ricade tra quelle dell’ufficio di investor relations. Deve poi essere vagliato dall’ufficio legale e
dall’ufficio contabilità e controllo se contiene dati contabili, verificato dai vertici aziendali ma la
responsabilità ricade sull’investor relator. In un comunicato stampa, l’oggetto della
comunicazione deve essere manifesto fin da subito, deve essere chiaro fin dal titolo e dalle
prime righe l’oggetto del comunicato; a seguire si inserisce una dichiarazione del presidente o
dell’amministratore delegato e il tutto viene chiuso da qualche informazione generale circa la
società. Il testo è breve e va dritto al punto; quando possibile nel comunicato devono essere date
anche informazioni di carattere quantitativo perché questo aiuta a rivedere le loro stime agli
analisti finanziari; un modo efficace per diffondere il comunicato stampa è usare gli SDIR. C’è un
trade off tra esigenze informative della società e le necessità divulgative della stampa dato che il
comunicato si rivolge ai media e noi lo usiamo per comunicare con quotidiani, riviste e testate
giornalistiche. L’efficacia del comunicato stesso deriva dalla sua immediatezza, è un veicolo per
comunicare eventi in modo immediato e conciso e diretto ed è necessario farlo attraverso un
testo sintetico che però nella sua sinteticità risulti chiaro che non è generico. Al centro del
comunicato stampa ci deve essere una notizia, se non c’è una notizia non c’è l’interesse dei
media a rilanciare quel comunicato; la notizia deve significare qualcosa per l’azienda ma anche
per i lettori di quel quotidiano, settimanale o mensile. Ci stiamo rivolgendo a giornalisti quindi lo
stile di scrittura deve essere quello giornalistico, la notizia deve essere riportata già dal titolo, le
prime righe danno già indicazione del messaggio principale che si vuole veicolare e poi vengono
le altre cose. La maggior parte dei comunicati finisce del cestino e non viene preso in
considerazione perché non hanno una notizia, sono scritti male oppure vengono indirizzati male,
cioè si inviano in modo generico alla redazione di un giornale e non a un particolare giornalista.
Bisogna seguire nella scrittura la regola delle 5W, domanda a cui il comunicato deve sempre
dare una risposta; non bisogna scrivere per se stessi ma bisogna scrivere per chi legge; bisogna
cercare sempre la punta che punge ovvero mettere in risalto ciò che cattura l’attenzione (dati di
una ricerca, risultati di un’indagine, conclusione). Struttura del comunicato stampa:
-titolo: fondamentale per catturare attenzione; consigli come maiuscolo, grassetto, centrato,
breve, forte, incisivo, sommario esplicativo;
-formato iniziale e finale: nome e logo dell’associazione, ente, azienda, indirizzo, sito web, email,
telefono, luogo data e ora, nome e recapiti dell’adesso all’ufficio stampa;
-obiettivo è facilitare la lettura anche con espedisti grafici: doppia interlinea, margini laterali
ampi, forma lineare, non più di una pagina, carattere in ricercato, corpo 11, max 5 righe per
paragrafo, frasi di massimo 3 righe, grasse virgolettata del presidente o dell’amministratore
delegato;
41
-stile: no prima persona, commenti attribuiti a terzi, info più impor all’inizio o alla fine di una
frase, linguaggio semplice, chiaro e preci, no linguaggio promozionale, no aggettivi eccessivi,
poche parentesi, evitare incisi lunghi e gerundi;
-diverse finalità: anticipare delle curiosità, stimolare la curiosità del pubblico, trasmettere info
privilegiate, rettificare qualcosa, smentire illazioni o dicerie;
-non esagerare: non abusare dell’uso di comunicati stampa perché se no perdono di efficacia.

62. PR - public relations


La figura dell’investor relator deve possedere competenze relative alle dinamiche finanziarie
sia aziendali che di mercato dei capitali, ma deve anche avere competenze tecniche nel
campo della comunicazione e del marketing, con una particolare attenzione alle public
relations.
L’attività di PR può essere gestita internamente dall’azienda tramite l’investor relator o un
ufficio dedicato, oppure esternalizzata attraverso società di pubbliche relazioni.
Le differenze fra investor relator e società di pubbliche relazioni sono le seguenti:
-audience: Per l’investor relator è circoscritta alla comunità degli investitori
-messaggio: L’investor relator racconta l’impresa come opportunità di investimento,
mentre nelle pubbliche relazioni l’obiettivo del contenuto del messaggio è di creare nei nostri
interlocutori una certa immagine della società.
-durata: Per l’IR il messaggio è uno: ‘creiamo valore’ e va reiterato nel tempo e rinforzato
attraverso i risultati che man mano si ottengono quindi la durata del messaggio è di lungo
termine perché il messaggio viene ripetuto.
Nelle PR dipende dalle intenzioni che si avevano, quindi abbiamo messaggi di durata breve e
altri di durata più lunga.
-implicazioni legali: nelle IR sono tante, nelle pubbliche relazioni non sono così ed è difficile
che ce ne siano.
-spin: nelle IR informazioni accurate e tempestive; nelle PR questo aspetto della tempestività
e accuratezza non è così rilevante perché è importante creare un’immagine positiva attorno
alla società.
-strumenti e mezzi: nelle PR abbiamo i rapporti con i media e con il mondo della rete, mentre
l’IR spesso rilascia anche interviste alla stampa e ai media.

63. Comunicati stampa price sensitive


La normativa di trasparenza assegna ai comunicati stampa un ruolo centrale nella
divulgazione delle informazioni privilegiate: nell’informativa continua il mezzo che
chiamiamo comunicato stampa è la forma obbligatoria da usare. La norma assegna alla
società di gestione del mercato la possibilità di definire degli schemi di comunicato price
sensitive, quindi dei comunicati per rendere pubbliche informazioni privilegiate; questa
opportunità è stata colta da borsa italiana spa che dopo un confronto con l’associazione delle
società per azioni e la consob e altre autorità ha inserito nelle istruzioni al proprio
regolamento di borsa dal 1 febbraio 2005 una disciplina con i contenuti minimi dei comunicati
stampa price sensitive relativamente a alcune tipologie di evento, quindi ci sono alcuni articoli
che riguardano i comunicati price sensitive in generale e ci sono degli articoli specifici che
descrivono i contenuti minimi relativi ai comunicati aventi ad oggetto un particolare tipo di
evento. L’obiettivo è sempre accrescere la confrontabilità della comunicazione finanziaria e
fare in modo di avere un punto di riferimento che conferisce standardizzazione alla struttura
della comunicazione per mettere gli interlocutori in grado di effettuare compassioni più
semplici nel tempo e nello spazio. Questi schemi non sono stati stabiliti dalla consob ma
dalla società di gestione del mercato; dettano i contenuti minimi dei comunicati stampa
price sensitive relativamente ad alcune tipologie di evento (1 Approvazione dei dati
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economico-finanziari di periodo, 2 Approvazione dei dati economico-finanziari dei FIA, 3
Rilascio di giudizi della società di revisione, 4 Diffusione di dati previsionali o obiettivi
quantitativi, 5 Dimissione e nomina dei componenti gli organi di amm.ne e controllo e di altri
responsabili chiave, 6 Operazioni con parti correlate. 7 Operazioni di acquisizione o cessione,
8 Aumenti di capitale e/o emissione di obbl. convertibili, 9 Emissione di obbligazioni, 10
Operazioni su azioni proprie, 11 Operazioni di fusione/scissione) e sono contenuti nelle
istruzioni al regolamento di borsa italiana.
Per quanto riguarda gli aspetti generali che valgono per tutti i comunicati stampa price
sensitive, l’articolo rilevante è il 2.6.2 comma 1 prevede una codifica della notizia, poi il
titolo, il sommario, il testo e i contatti societari -> obbligatori in qualsiasi comunicato stampa
price sensitive. Per il titolo si prevede che dia una descrizione oggettiva e sintetica della
circostanza o dell’evento a cui si riferisce l’info privilegiata; se le circostanze sono molteplici il
titolo deve menzionarli tutti. Sotto il titolo troviamo il sommario che è un riassunto degli
elementi che caratterizzano la circostanza collegata all’info privilegiata; può essere esposto in
forma di tabella o un elenco puntato; può essere omesso qualora il titolo sia già
autoesplicativo. Il testo riporta in forma articolata il contenuto dell’info privilegiata secondo
una successione scelta dalla società tale che assicuri una sequenza logica all’esposizione; il
testo può essere organizzato in sezioni. Alla fine, vanno indicati i contatti societari e laddove
ritenuto opportuno si può chiudere il tutto con una frase di disclaimer purché questa non
fornisca info fuorvianti per il pubblico.

64. Pubblicità finanziaria


Nella definizione più ampia all’interno della pubblicità finanziaria troviamo anche gli avvisi,
cioè indicazioni attraverso le quali le società emittenti consentono agli obbligazionisti di
esercitare i loro diritti, ad esempio l’avviso di convocazione dell’assemblea, l’avviso di un
aumento di capitale ecc. Insieme a questi avvisi costituiscono pubblicità finanziarie anche le
pubblicità attraverso le quali le società emittenti stimolano ad esempio la sottoscrizione di
nuovi titoli azionari e obbligazionari quando si impegnano in un’offerta pubblica di
sottoscrizione oppure stimolano l’adesione ad un’offerta pubblicai di acquisto da parte degli
azionisti di una certa società; quindi queste pubblicità possono riguardare questi due aspetti e
il messaggio pubblicitario può essere più o meno accattivante ma certamente ha lo scopo di
indurre certi comportamenti negli azionisti e negli investitori a cui quella pubblicità è diretta.
Naturalmente parlando di pubblicità nell’ambito della comunicazione finanziaria questa
pubblicità non dovrebbe limitarsi a dare delle informazioni strettamente obbligatorie ma è
un’occasione per dare un messaggio più completo che rappresenti anche una comunicazione
volontaria. La pubblicità finanziaria deve quindi essere distinta dalla pubblicità commerciale
che è uno stimolo alle vendite di beni e servizi di una società e dalla pubblicità istituzionale
nella quale si promuove l’immagine dell’impresa; essendo queste pubblicità normalmente
collegate a delle offerte pubbliche è indispensabile che i contenuti di questa pubblicità e le
sue tempistiche siano coordinati e in linea con i contenuti e le tempistiche di pubblicazione
del prospetto informativo o del documento di offerta nel caso delle OPA. Le autorità di
vigilanza devono assicurare che il contenuto della pubblicità sia assolutamente trasparente,
corretto e in perfetta sintonia con tanto dichiarato nel prospetto informativo perché si vuole
evitare che questo messaggio pubblicitario possa indurre in errore i risparmiatori, confonderli
o promettere risultati che non sono stati dichiarati nei documenti obbligatori. Le disposizioni
in materia stabiliscono che l’annuncio pubblicitario debba essere riconoscibile come tale
quindi deve essere chiaro all’investitore che si tratta di un messaggio pubblicitario; in alcuni
casi per evitare possibili confusioni viene scritto in un angolo ‘messaggio pubblicitario’; deve
essere tale da non indurre in errore l’investitore quindi le info che contiene devono essere
corrette, chiare e riprodurre quelle già contenute nel prospetto informativo, deve consentire
43
l’immediata individuazione delle tipologia di investimento proposta e recare l’avvertenza
‘prima dell’adesione consultare il prospetto informativo o il documento di offerta’. Quindi
nelle operazioni di finanza straordinaria come le offerte pubbliche ci deve essere sinergia tra
le comunicazioni obbligatorie e la pubblicità. La pubblicità viene fatta attraverso diversi
mezzi di comunicazione: carta, tv, radio, internet, ciascuno destinato ad un particolare
pubblico di interlocutori e viene pianificato in modo molto attento per essere in armonia con i
passaggi obbligatori di queste operazioni. Naturalmente il primo obiettivo è catturare
l’attenzione e l’interesse verso l’offerta che viene fatta per poi portare all’assunzione da parte
degli investitori dei comportamenti desiderati, nel caso dell’offerta di titoli la loro
sottoscrizione e nel caso delle OPA la consegna delle azioni possedute in cambio del prezzo
promesso. La pubblicità ha come destinatari principali gli investitori retail perché i
professionali non si fanno influenzare più di tanto dai messaggi pubblicitari nelle loro
decisioni di investimento; ci si rivolge quindi a un pubblico con una razionalità limitata e
quindi i messaggi vengono elaborati anche per catturare dal punto di vista emotivo
l’investitore che hanno anche il bisogno di essere rassicurati, quindi il messaggio deve essere
rassicurante e con una grande carica di coinvolgimento emotivo. Non si deve limitare a
veicolare delle informazioni obbligatorie che sono meglio veicolate attraverso altri canali ma
è un’occasione per ribadire la capacità di creare valore della società, la forza del marchio e i
valori della stessa. Gli attori della pubblicità finanziaria sono gli stessi della pubblicità in
generale, quindi riceventi, utenti, agenzie pubblicitarie, concessionarie e i diversi canali. La
pubblicità in senso stretto ha una componente creativa importante che però si deve sposare
con la peculiarità del prodotto che viene offerto agli investitori e il pieno rispetto delle regole
della comunicazione finanziaria quindi ci vuole una stretta collaborazione fra i creativi e le
figure aziendali che sovraintendono l’area della comunicazione finanziaria.

65. Differenza pubblicità istituzionale e sollecitatoria


La pubblicità sollecitatoria fa esplicito riferimento all’offerta con lo scopo di convincere gli
investitori ad aderire all’offerta; è vietata prima della pubblicazione del prospetto
informativo o dei documenti di offerta, fino a quando gli investitori non sono stati informati
con il documento a loro dedicato sulla cui base decidono se aderire o meno non possiamo
fare pubblicità sollecitatoria. La pubblicità istituzionale invece cerca di rendere noto il nome
della società di cui poi verranno offerte azioni e obbligazioni ma senza riferimenti
all’operazione di appello al pubblico risparmio.

66. Rapporto tra comunicazione volontaria e codici autotutela


Nei codici di autoregolamentazione si trovano le prassi di buona governance.
In italia il codice di autoregolamentazione dedicato alla corporate governance è stato
aggiornato e rivisitato in modo profondo lo scorso anno, all’inizio del 2020 e nei mesi
successivi sono state pubblicate anche delle Q&A per chiarire alcuni passaggi del codice
stesso e per favorire le società nell’applicazione di quanto previsto dal codice. Questo codice
di autoregolamentazione relativo alla corporate governance si rivolge in modo particolare
alle società quotate, le quali possono volontariamente decidere se assoggettarsi a questo
codice oppure no. Vale però il principio del comply or explain: se decidi di non seguire il
codice o disapplicare alcune parti devi spiegare le ragioni per cui hai assunto quel tipo di
decisione quindi nella relazione di corporate governance che ogni azienda quotata deve
pubblicare obbligatoriamente vanno spiegate le motivazioni per cui l’azienda non aderisce o
aderisce parzialmente al codice. Il codice ha una struttura molto snella perché si compone di
6 soli articoli:
- il primo parla del ruolo dell’organo di amministrazione (si parla di organo di
amministrazione).
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- il secondo riguarda la composizione degli organi sociali.
- il terzo fa riferimento al funzionamento dell’organo di amministrazione e ruolo del
presidente.
- il quarto è la nomina degli amministratori e l’autovalutazione dell’organo.
- il quinto fa riferimento alla remunerazione.
- l’ultimo, il sesto si riferisce al sistema di controllo interno e di gestione dei rischi.
Nel codice di autoregolazione si fa anche riferimento alle politiche di remunerazione dei
manager perché sono uno degli elementi della corporate governance che può ridurre il
conflitto di interesse, allineando gli interessi dei manager a quelli dei soci comportando quindi
una riduzione dei costi di agenzia.

67. Approvazione comunicato stampa dei dati eco finanziari


Relativamente ai comunicati per l’approvazione dei dati economico finanziati di periodo il
sommario riassume i principali dati contabili ed extra contabili, si segnala che devono essere
sempre rapportati ai dati del periodo precedente indicando anche eventualmente la
variazione percentuale intervenuta; se parliamo del bilancio annuale tra le info ci deve
essere quella della proposta relativa al dividendo; se sono intervenute variazioni importanti
nel perimetro di consolidamento è necessario menzionarlo e dare indicazioni sul suo impatto.
Bisogna scrivere chi ha approvato i dati, i dati principali, se si forniscono dati preconsuntivi o
previsionali bisogna comunicare lo scostamento tra dati pensati e conseguiti, info di dettaglio
per la ripartizione del fatturato ecc., componenti di reddito derivanti da eventi o operazioni
con accadimento non ricorrente, se di entità significativa; evidenza di eventuali scostamenti
da preconsuntivi, modifiche intervenute nella PFN consolidata, proposta di destinazione utile,
data di legittimazione al dividendo, data pagamento e informazioni collegate, eventuale
commento ai principali dati civilistici della società quotata, principali fatti di rilievo intervenuti
dopo la chiusura dell’esercizio, se dati infrannuali eventuali fenomeni ciclici e stagionali, in
presenza di non rispetto di clausole per finanziamenti l’indicazione di tale mancato rispetto,
debiti significativi scaduti da oltre 60 giorni, per emittenti bancari-finanziari-assicuratori
principali indicatori di vigilanza prudenziale, uniformare IAP a Orientamenti ESMA, schemi di
SP, CE e rendiconto finanziario e elenco dei prestiti obbligazionari rilevanti (scadenti nei
successivi 18 mesi o emessi nel periodo di riferimento).

68. Montante
Se prendiamo una somma di denaro disponibile oggi e la portiamo avanti nel tempo per
calcolare il valore futuro stiamo effettuando un’operazione di capitalizzazione.
Si dice quindi montante il valore futuro e finale di una somma disponibile oggi: il montante
include il denaro di oggi e il rendimento che possiamo ottenere investendolo per il periodo di
tempo considerato. Il montante, quindi, è il valore capitalizzato del denaro di oggi portato ad
una data futura; il valore attuale viceversa è il valore attualizzato del denaro di domani.

69. Destinatari cf
I destinatari della comunicazione finanziaria sono coloro a cui si rivolge la comunicazione
finanziaria; è necessario conoscere le loro caratteristiche per poter impostare una
comunicazione finanziaria efficace e che tenga conto dei diversi elementi di differenziazione
che distinguono le varie categorie di destinatari. I destinatari nel loro complesso vengono
definiti stakeholder.
Gli azionisti svolgono un ruolo particolarmente importante come destinatari di
comunicazione finanziaria, una parte significativa degli obblighi di comunicazione ha loro
come destinatari prioritari; gli azionisti condividono il rischio aziendale e di conseguenza
attraverso la comunicazione finanziaria il bisogno che cercano di soddisfare è quello di essere
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informati sulle vicende aziendali per conoscere l’andamento della società e le prospettive di
creazione di valore, di dividendo ecc. e attraverso questo flusso informativo vogliono trovare
rassicurazione relativamente alle scelte di investimento che sono state fatte. Distinzione fra
azionisti di controllo e di minoranza: per quanto riguarda quelli di controllo, le loro esigenze
informative sono particolarmente significative ma essendo loro stessi in modo diretto o
indiretto produttori di quelle informazioni non hanno bisogno di essere informati da altri o
dalla società, perché sono informati in quanto produttori di quell’informazione sia perché
coinvolti direttamente nella gestione attraverso la copertura di ruoli importanti sia per legami
molto stretti con i manager. Una distinzione utile menzionare sugli azionisti di controllo è
quella fra azionisti di controllo di matrice finanziaria o industriale: di matrice finanziaria sono
interessati sostanzialmente alla massimizzazione del valore dell’impresa nel lungo periodo;
quindi, il loro interesse coincide con quello della società stessa. Quelli di matrice industriale
invece operano in una logica di gruppo e sono interessati attraverso il controllo sulla società
controllata a perseguire obiettivi strategici del gruppo e quindi hanno un tipo di logica che a
volte potrebbe entrare in conflitto con gli obiettivi che rappresentano gli interessi diretti
dell’impresa controllata. Tra gli azionisti di minoranza si distinguono fra attivi e dormienti: i
primi sono interessati alle vicende aziendali per poter influire sulle scelte operate dai
vertici; visto che si tratta di soggetti che vogliono avere voce in capitolo nella gestione
dell’impresa la relazione con questi soggetti deve essere improntata alla massima correttezza
e trasparenza; i dormienti vengono chiamati così perché non mostrano interesse ad un
coinvolgimento nelle scelte di gestione, il loro obiettivo e interesse principale è
rappresentato dal rendimento che possono ottenere attraverso l’acquisto delle azioni della
società. I cassettisti sono interessati alla società che distribuisce in modo regolare i dividendi
e che questi siano crescenti nel tempo. Altri soggetti guardano invece il rendimento in termini
di capital gain, cioè di rivalutazione del prezzo, di plusvalenze da generare nel breve periodo,
quindi sono soggetti definiti speculatori.
I lavoratori: distinguiamo tra manager e dipendenti; sono una categoria che viene coinvolta
in tutte le aree della comunicazione aziendale. Le ragioni per le quali i manager e i lavoratori
sono interessati alla comunicazione finanziaria sono diverse: i dirigenti come i soci di
controllo fanno parte degli insider quindi sono dal lato della domanda e dell’offerta di
comunicazione finanziaria, sono consumatori e produttori di informazioni; il loro interesse ha
sia una valenza interna che una valenza esterna: quella interna è che una parte della loro
remunerazione è legata ai risultati aziendali, quindi quelle informazioni, la produzione di
esse è necessaria per poter attuare questa parte del pacchetto retributivo. La ragione esterna
è che sempre più si è sviluppato un mercato delle capacità manageriali, sempre più spesso si
definiscono politiche di reclutamento dei manager basate sul ricorso a questi consulenti che
si mettono alla ricerca della figura manageriale più idonea a ricoprire un certo ruolo. Per
quanto riguarda i dipendenti l’interesse verso i risultati perseguiti dall’azienda in termini di
creazione di valore è legata agli interessi di questa categoria verso la sicurezza del proprio
posto di lavoro e le prospettive di carriera. L’altra cosa da ricordare è che i lavoratori spesso
e volentieri svolgono anche altri ruoli: a volte sono azionisti della società, acquirenti dei beni
e servizi prodotti dalla società e creditori attraverso il TFR, quindi l’interesse verso i risultati
aziendali può anche essere stimolato per questa molteplicità di ruoli e da qui è evidente
l’esigenza di grande integrazione e coordinamento della comunicazione delle diverse aree
della società.
Clienti e fornitori: queste relazioni di lungo periodo che si instaurano sempre più aumentano
la domanda di comunicazione finanziaria perché dietro queste relazioni che coinvolgono una
compartecipazione e una condivisione di progetti di lungo termine vi sono investimenti da
parte di clienti e fornitori che appartengono alla categoria di investimenti irrecuperabili e il
fatto che la relazione si protragga nel tempo dipende dallo stato di salute dell’azienda. Si
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vuole valutare l’affidabilità della società in questa ottica di partnership di medio-lungo
periodo; possiamo parlare anche qui di bisogno di sicurezza, di costruzione di un rapporto
fiduciario reciproco fra le parti, senza questi elementi non c’è la possibilità di costruire una
relazione di medio-lungo termine. I fornitori hanno come elemento discriminante la
rilevanza del rapporto di fornitura, quanto è importante la società come cliente e la durata
della dilazione di pagamento che viene concessa in ambito di questa relazione, i fornitori
sono in molti casi parte integrante del processo produttivo della società. Per i clienti la loro
domanda di comunicazione finanziaria dipende dal tipo di prodotto o servizio acquistato e
oggi sono i clienti stessi parte di un processo produttivo, la distinzione tra produttore e
consumatore diventa sempre più sfumata; se pensiamo a tipologie di beni e servizi, se
parliamo di beni durevoli la domanda di cf dei clienti è maggiore; questo vale anche per i
servizi.
Gli investitori sono i potenziali azionisti, sono i soggetti che vengono avvicinati per ottenere
risorse finanziarie. Questo rapporto può essere diretto o intermediari da altri soggetti;
queste due modalità di contatto non sono equivalenti e portano a problematiche e gestioni
diverse quindi il canale diretto è il canale buy side, relazione diretta con gli investitori (incontri
one-to-one) mentre intermediata è sell side, ovvero intermediari che dialogheranno con
investitori finali. Vediamo le sottocategorie: i creditori finanziari sono quelli che prestano
danaro a fronte di un impegno della società di restituirlo; è una condivisione del rischio
generale d’impresa perché la possibilità di pagare gli interessi è legata al successo della
società e alla sua capacità di produrre reddito. Le società di rating sono uno degli infomediari,
specializzate nella valutazione del merito creditizio, producono informazione derivata perché
producono valutazioni e danno dei voti alle società emittenti debito; danno indicazione sulla
capacità creditizia della società, capacità di far fronte ai debiti e pagare gli interessi. Abbiamo
gli azionisti individuali: guardando i conti nazionali scopriamo che gran parte delle imprese
italiane è posseduta da individui o famiglie; il loro ruolo diminuisce al crescere delle
dimensioni dell’impresa ma anche guardando al segmento delle sole società quotate
troviamo una parte importante del capitale di queste detenuto da singoli individui o famiglie.
Un’altra tipologia sono i fondi comuni di investimento: questi soggetti poi c’è la figura
dell’analista finanziario con cui si dialoga direttamente; hanno un ruolo sempre più
importante e dal loro punto di vista è importante sapere quali siano le informazioni che il
mercato già sconta nei prezzi perché dal loro punto di vista ciò che è più rilevante sono le
informazioni non ancora scontate nei prezzi.
Le pubbliche autorità: lo stato necessita di informazioni finanziarie per la politica fiscale e
quella legislativa e regolamentare; per le società quotate in borsa ci sono altri soggetti
pubblici importanti che intervengono sulla regolamentazione della comunicazione finanziaria
come la consob (Istituita con L. 216/1974 ha la vigilanza sui mercati finanziari (trasparenza e
regolarità dei comportamenti) e regolamenta l’informativa societaria ai mercati), la banca
d’Italia (pone più attenzione al tema della solidità degli intermediari mobiliari) e la società di
gestione del mercato (borsa italiana nel nostro caso che ha una natura privata anche se
svolge alcune attività di interesse pubblico).
La collettività, quindi l’opinione pubblica che esprime una domanda di comunicazione
finanziaria indiretta nel senso che non si rivolge direttamente alle società emittenti ma si
informa attraverso intermediari della comunicazione quindi mass media in primis ma anche
intermediari finanziari con consulenti e gestori o associazioni di categoria; pretendono che
siano ben informati i consulenti, i gestori, i giornalisti perché da loro apprendono queste
informazioni e poi conseguentemente assumono le decisioni di investimento. L’opinione
pubblica è costituita anche dalle comunità territoriali di riferimento; per avere un buon
rapporto con la comunità bisogna avere innanzitutto buone relazioni con i propri dipendenti, i
primi testimonial della società emittente all’interno della comunità locale; è indispensabile
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identificare gli opinion leader, gli influencer ma oltre a identificare questi soggetti nodali a cui
fanno riferimenti gli altri componenti della comunità bisogna avere un’idea precisa
sull’opinione di questi soggetti nodali, le informazioni a loro disposizione e le tematiche che
maggiormente interessano.
Infomediari: tutti i soggetti che si alimentano di comunicazione finanziaria primaria e sono
quindi destinatari della cf primaria al fine di produrre informazione secondaria e derivata; in
questa veste sono loro stessi produttori di informazioni e quindi fanno parte degli attori della
comunicazione finanziaria. Sono analisti, mass media, associazioni di categoria. Naturalmente
in questa loro attività di intermediazione delle informazioni esiste sempre il rischio che il
messaggio della fonte, cioè il messaggio della società emittente arriva al termine della catena
in modo più o meno distorto e questo rischio deve essere tenuto ben presente nell’attività di
comunicazione finanziaria.

70. Mercati esteri vs domestico (Tipi aziende che si ritengono utili quotarsi all’estero piuttosto
che in Italia (quelle che vogliono aprirsi un mercato globale..) pdf finanziario e operativo
commerciale (gas energie rinnovabili )
Per quanto riguarda il mercato può essere domestico o estero; meglio quotarsi nella borsa
domestica o all’estero? Naturalmente questo dipende da una serie di circostanze: quanto è
strategico il mercato estero rispetto a quello interno. Nella scelta va considerato il livello di
sofisticazione, efficienza e trasparenza dei vari mercati (meglio quotarsi nel mercato efficiente
che abbia spessore adeguato con ampia dimensione e con norme a tutela delle minoranze); ci
sono sforzi di comunicazione diversi per i vari mercati; effetti sull’immagine e tempi e costi di
quotazione, specializzazione settoriale o dimensionale del mercato che può favorire
l’apprezzamento della società che si va a quotare da parte degli investitori. Sono pochissime
le imprese italiane che hanno scelto l’estero per la prima quotazione.

71. Contributo comunicazione istituzionale sul valore


La comunicazione istituzionale interagisce con tutte le altre aree della comunicazione
(commerciale, finanziaria e gestionale) perché con essa miglioriamo le relazioni sia nei
confronti di chi è impegnato nel processo produttivo e nella gestione dell’impresa, nei
confronti dei clienti e nei confronti del finanziatori, ma dobbiamo aggiungere anche, essendo
la comunicazione rivolta alla collettività, un miglioramento nei confronti della comunità locale
e delle pubbliche istituzioni locali e nazionali. Questo crea un ambiente più favorevole
all’attività di impresa che ha effetti positivi su tutte le componenti del valore: sul reddito, sul
costo dei fondi, sulla durata della creazione di valore, cioè sul tempo. Quindi la
comunicazione istituzionale è un po’ come un ombrello che copre tutte le altre aree della
comunicazione e dà effetti positivi su tutti gli elementi che hanno un’incidenza sul valore
del capitale economico.

72. Creazione di valore nella comunicazione


Il tema della creazione di valore è centrale nella comunicazione finanziaria, la creazione di
valore è il cuore della corporate purpose seppur declinata nell’ottica della sostenibilità e la
creazione di valore è l’asse portante dell’attività di gestione manageriale, In questa gestione
un ruolo molto rilevante lo gioca proprio la comunicazione finanziaria e in particolare la
comunicazione finanziaria volontaria perché la comunicazione finanziaria è un elemento che
di per sé crea valore ed è anche l’elemento attraverso il quale si diffonde il valore creato.
Possiamo dire che la comunicazione generale e nello specifico quella finanziaria è una parte
integrante del processo di value based management, quindi l’impresa attua politiche di
investimento e finanziamento volte alla creazione di valore e sappiamo che questa creazione
è il differenziale positivo tra rendimento degli investimenti e il costo dei capitale per
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finanziarli. Questo valore creato e conservato nel tempo ad un certo punto si realizza, viene
realizzato dagli investitori: esistono due forme di realizzazione: il tasso dei dividendi e
l’apprezzamento del titolo azionario, quindi la generazione di capital gain e plusvalenze.
Mentre i dividendi sono decisi dalla società, i capital gain sono decisi dal mercato perché è il
mercato attraverso operazioni di compravendita che determina il prezzo dell’azione e ne
determina anche l’andamento al rialzo o al ribasso: è proprio qui che si inserisce la
comunicazione finanziaria, attraverso la quale si comunica la creazione di valore e attraverso
questa via si influisce sulla entità dei capital gain, sull’apprezzamento del titolo che non è
automatico dipendendo dalla visibilità da parte degli investitori del valore creato
dall’impresa. Per accrescere questo valore l’attività di comunicazione finanziaria risulta
essenziale. Nell’ambito della cf è in particolare quella volontaria a giocare un ruolo
determinante di questa visibilità del valore creato perché come più volte osservato le
comunicazioni di tipo obbligatorio sono insufficienti a questo fine, non sono in grado di
soddisfare completamente le esigenze conoscitive degli investitori e presentano vari elementi
di debolezza nell’ottica degli investitori perché le info in questa comunicazione obbligatoria
riguardano il passato, hanno natura contabile e un orizzonte di breve periodo. Per valutare
un’azione invece e trasferire nel prezzo il valore creato le informazioni che servono sono di
tutt’altro genere: riguardano il futuro, i flussi di cassa e coinvolgono un orizzonte di lungo
periodo, dobbiamo avere un tasso di attualizzazione e un tasso di sconto che è il costo del
capitale, quindi ci servono info per stimare il costo del capitale; dietro ai flussi ci sono gli
investimenti fatti quindi serve sapere i progetti di investimento; dobbiamo saper apprezzare,
valutare e quantificare il rischio dei flussi, bisogna stabilire la loro volatilità e rischiosità in
un’ottica di portafoglio; dietro quei flussi ci sono sempre più le risorse immateriali (capitale
intellettuale, marchio, quota di mercato) che costituiscono i punti di forza della società su cui
si basa il vantaggio competitivo.

73. Fasi della comunicazione


La prima fase del processo di comunicazione è la fase di ricerca o di ascolto: in questa fase
del processo di comunicazione dobbiamo ascoltare i nostri interlocutori, ad esempio qual è
l’immagine che loro hanno dell’impresa, qual è la credibilità dell’impresa ai loro occhi, il grado
di fiducia di cui l’impresa gode. Dobbiamo approfondire la conoscenza dei nostri target e
questo tipo di ascolto ci permetterà anche di elaborare delle strategie di prevenzione di
eventuali problemi e criticità che potrebbero nascere all’interno di queste relazioni riuscendo
a bloccare sul nascere i rumors.
Conoscendo in modo approfondito gli interlocutori siamo in grado di identificare queste
problematiche quando ancora sono in una fase embrionale, impedendo che si diffondano
oltre misura.
Alcuni strumenti usati in questa fase sono i contatti personali, le rassegne stampa, i sondaggi,
le inchieste a campione, le interviste in profondità in alcuni casi (soprattutto nei confronti
degli opinion leader), l’invio di questionari tramite la rete o per corrispondenza.
Le fasi successive sono fasi intermedie che riguardano la programmazione e poi gli strumenti
di comunicazione.
La fase di programmazione è quella in cui l’impresa decide cosa fare dal punto di vista
comunicativo, quindi bisogna elaborare obiettivi molto chiari, possibilmente anche
quantitativi per facilitare poi la verifica della performance ottenuta; a fianco di questi obiettivi
vanno elaborate strategie di lungo periodo e azioni di carattere più tattico di breve periodo,
strategie che possono avere una natura preventiva o di rimedio quindi per prevenire
l’insorgere di eventuali criticità.

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Naturalmente la programmazione deve essere coerente con la mission aziendale e con la
corporate purpose dell’impresa e qui aiuta avere una mission e una vision esplicitate in una
dichiarazione scritta.
Si passa poi alle comunicazioni vere e proprie e alla identificazione degli strumenti di
comunicazione da attivare all’interno della programmazione che è stata fatta. Abbiamo detto
che nella comunicazione ciò che si vuole ottenere è determinati comportamenti da parte
degli interlocutori e per ottenerli dobbiamo, attraverso la comunicazione, influenzare le loro
opinioni; come vedremo la comunicazione può essere fatta in forme diverse e con strumenti
diversi (pubblicità, marketing diretto, orale, scritto) e naturalmente andranno scelte le
modalità di comunicazione e gli strumenti e i canali più indicati in base ai pubblici che
vogliamo raggiungere e alle fasi del processo decisionale in cui la comunicazione si va ad
inserire.
L’importanza dei diversi strumenti e i contenuti stessi dei messaggi variano in relazione alle
diverse fasi: sappiamo che lo strumento della pubblicità ha una sua valenza ed efficacia nella
fase di cattura dell’attenzione, mentre ha un’efficacia più contenuta nelle fasi successive dove
entrano in gioco maggiormente altri strumenti di comunicazione e altri contenuti.
La fase di interesse e valutazione richiedono informazioni più definite e tecniche che non si
prestano allo strumento della pubblicità ma fanno ricorso ad altri strumenti, così come
diventa importante il passaparola, il comportamento degli opinion leaders che aiutano a
trasformare un interesse in un’azione concreta.

74. Value proposition:


è la concezione del valore che viene generato dalla società emittente. Esistono diversi modi per
esprimere questo concetto, sostanzialmente attraverso questa Value proposition ciò che si
intende ottenere è una rappresentazione del modo attraverso cui la società emittente crea
valore, realizza profitti. Questa value proposition rappresenta al contempo anche il riferimento
per gli investitori nel loro processo di valutazione delle azioni. Attraverso la value proposition
stiamo dunque cercando di comunicare quello che abbiamo chiamato il valore del capitale
economico dell’azienda (il valore intrinseco dei beni societari sia di carattere tangibile, sia di
carattere intangibile al netto dell'indebitamento se guardiamo al valore del solo capitale di
rischio).
Quello che si cerca di fare è appunto guidare la valutazione di mercato all’interno di questa gamma
di valori che possono rappresentare e quantificare il valore intrinseco. Nella value proposition non si
esplicitano i valori, non troveremo mai indicazioni del tipo:”la nostra società vale 10 euro per azione”
MA attraverso l’espressione della modalità di creazione di valore richiamiamo l’attenzione su alcuni
elementi.
Prima di formulare questa frase (che è la nostra proposizione di valore) è necessario compiere una
serie di atti che ci permettono di arrivare all’elaborazione di una frase che sia efficace:
-La prima cosa da fare è quella di andare a vedere quali sono le Value proposition dei nostri
competitors e come queste siano cambiate nel tempo.
-Poi dobbiamo fare una comparazione, mettere a confronto queste diverse Value proposition
per capire in cosa si differenziano, sulla base di queste differenziazioni bisogna andare a
verificare qual è stata la reazione degli investitori: se a fronte di queste differenze nella Value
proposition riscontriamo delle differenze di valutazione (ad esempio dei multipli diversi).
-Avendo a disposizione il materiale relativo delle presentazioni fatte dalle diverse società
(presentazione di piano strategico industriale, assemblee annuali…), bisogna andare a vedere
come in queste rappresentazioni di dialettica tra gli investitori e i vertici aziendali è stata
commentata o valutata questa proposizione di valore.
-Ultimo passaggio: valutare anche le Value proposition di società che non sono in diretta
competizione con noi ma che si collocano in settori economici vicini al nostro.
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Questo è certamente uno sforzo di gruppo; il gruppo di lavoro dopo aver fatto quell’analisi
preliminare discute dei punti di forze e di debolezza della società e su questa base si decide su quali
aspetti del processo di creazione di valore si vuole indirizzare maggiormente l’attenzione degli
investitori. Sono delle frasi molto sintetiche, è un’elaborazione molto anglosassone non è molto
frequente in Italia. Frasi esempio: “The company provides a Tuscan-style dining experience for
families”. La parola families dà l’idea di un mercato con alti volumi. Quindi la creazione di valore
arriva dagli alti volumi. Questa frase non necessariamente deve rappresentare una fotografia di ciò
che la società è ma anche di ciò che potrebbe diventare o che intende diventare; è necessario che
questo intendimento sia credibile.
Strategie che possono essere introdotte per accrescere la valorizzazione della società attraverso il
messaggio che viene veicolato dalla Value proposition:
1) Strategia di ridefinizione della nicchia in cui andiamo ad operare: quindi focalizzare la
Value proposition su una nicchia del nostro mercato per evitare di operare invece in quei
segmenti del mercato che sono oggetto di una forte concorrenza di prezzo dove a prevalere è
un produttore o costi più bassi (in questo caso di tratta di nicchie dove la competizione è
talmente accentuata da lasciare poco spazio alla capacità di creare valore)
2) Strategia volta a rifocalizzare la società: quindi questo vale quando la società opera su
segmenti di mercato, in più settori, quando ha una molteplicità di linee di business. Magari
non tutte queste linee sono valorizzate allo stesso modo dagli investitori e quindi se vogliamo
incrementare il valore della società dobbiamo focalizzarci sulle nicchie di maggior valore
attraverso la vendita delle linee di business meno profittevoli.
3) Strategia volta a riposizionare la società in un settore adiacente o in una diversa nicchia
di mercato perchè più gradita dagli investitori: questo, ad esempio, accade spesso anche
all’atto della quotazione in borsa di quelle società che possono raccontare storie diverse e le
posizionano in diversi contesti di mercato. [Magari il produttore di motori con dei carburanti
alternativi può proporsi come operatore del settore automotive oppure può proporsi come
operatore della Green energy. Quale delle due soluzioni vede maggior apprezzamento da
parte del mercato? E ci si colloca lì di conseguenza]. Quando una società si colloca in diversi
settori è difficile creare una Value proposition molto focalizzata; il problema è che una società
non riesce a trovare una frase sintetica che la rappresenti si mette in una condizione di
difficolta.
In sintesi, abbiamo detto sulla value proposition: identificano alcune frasi, vengono testate da analisti
e investitori per trovare la frase che funziona meglio e una volta fatto questo bisogna collegare a
quella frase una serie di metriche, una serie di indicatori rappresentativi dei Value driver che
abbiamo comunicato attraverso la Value proprosition.
Quindi dietro quella proposizione di valore ci sono dei Value drivers e noi dobbiamo identificare quali
sono gli indicatori che meglio rappresentano quei Value drivers agli occhi degli investitori. Quindi
discutendo appunto con gli investitori e analisti dobbiamo identificare un elenco di indicatori,
ordinati per importanza (importanza attribuita dagli investitori). Una volta definita questa lista
ordinata poi i vertici aziendali identificheranno quelle metriche da utilizzare nella comunicazione
(saranno quegli indicatori che sono maggiormente sotto il controllo della società). Consiglio
conclusivo è “la vostra Value proposition deve essere la più breve e la più facilmente comprensibile
tra quelle che avete immaginato”. Questa frase dovrà essere utilizzata nella comunicazione
finanziaria (quindi dovrebbe esserci un riferimento a questa frase all’inizio o alla fine di ogni
presentazione che viene fatta dalla società). Come abbiamo più volte detto, gli investitori per
valutare le società usano modelli che possono essere differenti tra loro; l’investor relator deve
conoscere quelli che sono i modelli di valutazione dei diversi analisti finanziari. Una volta che
un'azienda ha concepito un VP ragionevole ed è stata comunicata, ci deve essere un impegno a
mantenere quella proposta per molto tempo.

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75. Bilancio annuale:
negli USA le info relative al bilancio annuale vengono rilasciate al mercato attraverso altri
strumenti come i comunicati stampa in modo più tempestivo e anche attraverso la
compilazione di quei moduli che devono essere inviati alla SEC. Per cui il bilancio ha perso un
po’ di importanza come mezzo di diffusione delle info contabili, perchè appunto quando
arriva la produzione del bilancio annuale e della sua diffusione queste info sono già note al
mercato e alla comunità degli investitori. Quindi negli USA molte società stanno usando il
bilancio o come strumento di marketing o come modalità per soddisfare un obbligo ma senza
investirci troppo. Sostanzialmente viene preso il modulo già compilato per la SEC (che nel
caso del bilancio annuale è il modulo 10k), questo modulo viene "completato" aggiungendo
una copertina, aggiungendo un breve commento ai dati e tutto finisce lì. Quindi una via
minimalista che contiene i costi nel rispetto degli obblighi, trasparenza o una trasformazione
di questo documento in una leva di marketing. Nel caso italiano la situazione è un po’ diversa
perché i nostri bilanci sono sempre più consistenti ma anche qui vale la problematica che ha
riguardato le società americane, comunque i dati essenziali vengono comunicati molti mesi
prima attraverso altri canali.

76. Rapporti fra IRO e quotidiani/media:


in realtà la carta stampata è in crisi, si è ridotta la produzione dei quotidiani e degli altri
strumenti della carta stampata, c’è stata anche una riduzione delle redazioni e quindi è
sempre più ristretto lo spazio che la carta stampata può mettere a disposizione della
comunicazione aziendale. Questo vale soprattutto per quotidiani o riviste generaliste però la
riduzione dello spazio a disposizione vale anche per la stampa specializzata in campo
finanziario. Quindi questo elemento fa nascere la domanda “ma ne vale la pena impegnarsi in
una relazione con i mezzi di comunicazione che fanno riferimento alla stampa?” L’indicazione
che viene dal nostro libro di testo è che ne vale la pena, comunque, perchè seppur ci sia un
un giudizio non particolarmente importante ai fini della valorizzazione delle azioni, i rapporti
con la carta stampata e quindi il fatto di comparire sulla carta stampata contribuiscono
all’immagine aziendale e quindi, seppur costosi, questi rapporti vanno mantenuti. Quindi si
dice: "tratta il giornalista finanziario come si tratterebbe un analista finanziario perchè
nell’orientare le scelte degli investitori anche i giornalisti finanziari hanno una grandissima
rilevanza".

77. Gestione notizie negative


Quando naturalmente ci sono notizie favorevoli diventa più facile comunicarle, qualche
difficoltà in più c’ è quando invece le notizie sono negative. Ecco in questi casi, i nostri
interlocutori, quindi nel caso finanziario gli investitori, sono attenti non soltanto al contenuto
delle notizie in sé ma anche al modo in cui la società reagisce a questa notizia, e da questo
punto di vista ci sono due percorsi che possono essere seguiti. Il primo percorso è quello di
predisporre sostanzialmente delle risposte, che poi verranno personalizzate di volta in volta,
che fanno riferimento a certe tipologie di eventi negativi, queste risposte” preconfezionate“
ci consentono di reagire più rapidamente. Il secondo percorso invece dev'essere adottato
quando gli eventi non sono prevedibili; quindi, non è possibile comportarsi come nel modo
che abbiamo descritto ma comunque anche in questa situazione non ci saranno dei
comunicati stampa già predefiniti ma verrà a priori stabilita qual è la procedura da seguire
qualora appunto si dovessero verificare degli eventi negativi che non erano stati previsti in
precedenza. Naturalmente la bontà della nostra reazione sarà tanto maggiore quanto più in
fretta la società verrà a conoscenza di questi eventi negativi è quindi opportuno predisporre
un sistema di allerta, questo sistema di allerta è basato sostanzialmente su una rete di
contatti che il nostro Investor relations officiers (IRO) intrattiene con due gruppi di
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interlocutori che sono: da una parte i giornalisti, e dall’altra parte gli analisti finanziari. [Un
altro fenomeno è l’effetto contagio= cioè quando un evento negativo colpisce una società di
un certo settore vengono a risentirne in borsa anche le altre società dello stesso settore
perché si presuppone che appunto quell’evento negativo poi si trasmetta anche alle società
concorrenti. Quindi in questo caso l'azione da intraprendere è naturalmente quella di
emanare immediatamente un comunicato stampa nel quale si spiega il perché quell’ evento
negativo è solo di quella società e non dell’intero settore o in particolare che non toccherà
anche la società che rappresentiamo]. Ciò che si vuole ottenere attraverso una pronta
risposta all’ evento negativo è farlo dimenticare il più in fretta possibile; e la strategia per
ottenere questo risultato non è quella di diluire nel tempo le cattive notizie MA di rivelarle
tutte nello stesso momento in modo che non ci sia una “coda”; quindi, meglio essere molto
trasparenti e rivelare l’intera storia di questo evento negativo nell’immediatezza piuttosto
che dare a puntate i vari aspetti di questo evento negativo. Naturalmente produrremo in
questo modo un crollo del titolo ma poi ci sarà un recupero nei momenti successivi non
appena questo evento negativo passerà dall’attualità alla storia. Investor relation officiers
(IRO) naturalmente dovrebbe prevenire queste situazioni, tuttavia non ha la possibilità di
farlo in via diretta e quindi deve esercitare una pressione continua sui vertici aziendali
affinché si premurino di coprirsi le spalle attraverso appunto ad esempio la predisposizione
dei piani di successioni per quanto riguarda i vertici aziendali che possono venire a mancare,
oppure altre vicende di questo genere e quindi dire la società è pronta già a gestire la
situazione, attraverso delle polizze assicurative ad esempio contro il terremoto, alluvioni
piuttosto che contro altri eventi catastrofici che potrebbero impedire la produzione per un
certo periodo di tempo quindi poter comunicare agli investitori che la società si è appunto
coperta le spalle o attraverso le procedure di copertura di Hedging quindi contro il rischio di
variazioni di tasso di interesse, il rischio di cambio, il rischio di oscillazioni eccessive dei prezzi
delle materie prime e così via.

78. Fair disclosure


è una regolamentazione molto importante negli stati uniti a cui le società quotate si devono
attenere; è analoga alla nostra regolamentazione per quanto riguarda l’eventuale
divulgazione selettiva di notizie riservate cioè informazioni privilegiate, quindi qualora vi
fosse volontariamente o involontariamente questa diffusione di informazioni privilegiate in
modo selettivo si deve intervenire subito per ristabilire la parità di trattamento (con le stesse
modalità che abbiamo già visto per il caso italiano). In USA dev’essere compilato questo
modulo 8K in aggiunta al comunicato stampa (in Italia basta il comunicato stampa) va
riempito questo modulo e spedito alla SEC ( Security Exchange Commision). Ecco una cosa
che può valere la pena citare riguarda l’utilizzo dei social media: se un’informazione
privilegiata viene diffusa attraverso questo canale, si rispetta comunque la regulation FD. La
SEC ha dato una risposta a questo proposito e ha detto che si può utilizzare questo canale, io
posso effettivamente diffondere informazioni privilegiate; tuttavia, deve essere stato
specificato in modo molto chiaro nel sito della società emittente, che la società stessa fa
anche uso di questo canale per diffondere informazioni privilegiate. Citiamo qualche
indicazioni di carattere molto operativo su come evitare che possa esservi una diffusione
selettiva di informazioni privilegiate: -il quiet period: cioè si stabilisce che in certi momenti,
come ad esempio i giorni che precedono la pubblicazione dei dati trimestrali contabili, la
società si astenga dal dare comunicazioni a chiunque; -un'altra tecnica è quella di pubblicare
tutto quello che c’è quindi seguire sostanzialmente l’imposizione della normativa europea
che dice “ in presenza dell’ informazione privilegiata questa va diffusa e resa pubblica senza
indugio “ quindi più diciamo meno abbiamo probabilità avremo di dire qualcosa solo a
qualcuno che non è stato detto agli altri. -Una predisponine di una lista di domande e risposte
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frequenti -una lista di cose assolutamente proibite, che non si possono mai dire se non da
parte dei vertici o degli Investor relator -un codice di condotta che gli impiegati devono
firmare nei quali si impegnano a non avere rapporti con la stampa, analisti…

79. Earning calls – Guidance:


sono le conferenze stampa che hanno ad oggetto la rappresentazione dei risultati
trimestrali o annuale o semestrale. Quali sono gli aspetti che devono essere considerati da
parte dell’Investor Relations Officiers (IRO) per far sì che queste conferenze raggiungano il
loro risultato e siano condotte nel modo più opportuno? Si definire chi deve rappresentare la
società in queste occasioni (qui parliamo assolutamente dei vertici aziendali o
l’amministratore delegato o il direttore finanziario); qui il ruolo dell’Investor relator Officier è
un ruolo marginale nel momento della conferenza stampa, piuttosto c’è da parte sua un
lavoro di backoffice molto rilevante: presenta l’amministratore delegato e altri soggetti
eventualmente presenti e poi ha il compito di gestire la fase successiva che è quella di
domande e risposte. La struttura di questa conferenza stampa è quella di: brevissima
introduzione, la presentazione da parte dell’amministratore delegato o del direttore
finanziario e poi una sessione di domande e risposte. Poi ci sono degli aspetti logistici molto
importanti e quindi quale giorno tenere queste conferenze, a che ora, chi invitare, dove e
quale materiale distribuire. Normalmente queste Earnings Call vengono calendarizzate
subito dopo che sono stati comunicati i risultati trimestrali o annuali. Relativamente alle
earnings call, si suggerisce di farle la mattina, perché è più probabile la partecipazione dei
giornalisti o gli analisti finanziari. Ci sono tutta una serie di comportamenti, sostanzialmente la
cosa da evitare è entrare in una disputa con chi fa le domande, quindi bisogna essere sempre
molto professionali, rispondere a tono, risposte secche il più oggettive possibili anche se la
domanda è impertinente dare una risposta molto secca e rapida e passare oltre. Se la società
è costretta a comunicare delle cattive notizie si suggerisce di calendarizzare questa Earnings.
Nelle Earnings Call, spesso e volentieri, oltre a presentare i dati storici che la società ha
ottenuto guardando al passato, si danno anche indicazioni sul futuro, su risultati contabili
futuri, quello viene chiamato in gergo Guidance, EARNINGS GUIDANCE. QUINDI in situazioni
normali sostanzialmente il suggerimento e quello di fornire queste Guidance proprio per
contenere la volatilità del prezzo. Perché è opportuno contenere la volatilità del prezzo? C’è
una relazione positiva tra la volatilità dell’azione e il valore delle opzioni su quell’azione (più
un’azione è volatile più valgono le opzioni su quell’azione). Quindi se noi remuneriamo i
nostri vertici consegnando loro delle stock options (delle opzioni sulle azioni della società)
questa forma di remunerazione alla società costa di più se c’è un’alta volatilità del titolo.
Quindi il suggerimento di default è quello di fornire la Guidance; bisogna fornirla in modo
continuativo e ad intervalli di tempo non superiori ai tre mesi (perché se lasciamo passare
tanto tempo tra una comunicazione e l’altra le previsioni fatte dai singoli analisti tenderanno
a divergere). Quali informazioni dare? Anche questa è una scelta, come minimo bisogna dare
almeno le previsioni sull’utile per azione (earnings per share) però è frequente anche
trovare indicazione sui ricavi, sul fatturato, sull’utile netto, sui margini, ROS, ecc… L’ altro
suggerimento è quello di non dare una previsione puntuale ma un range, questo range deve
essere abbastanza stretto relativamente alle previsioni più vicine, e allargarsi per le previsioni
più lontane (questo evita anche di dover modificare troppo frequentemente la Guidance).
Come dare queste informazioni? Numeri o percentuale? Molti ovviamente fanno l’una e
l’altra cosa, diciamo la percentuale può essere forse più gradita agli analisti finanziari quando
la applicano a delle loro previsioni. Come comunicare la guidance? Di norma è inserita nelle
earnings call come ultima informazione che viene data. In alcuni casi c’è addirittura un
"preannuncio" di quello che potrà essere la guidance prima della earnings call. Guidance
aggressive o conservative? Sostanzialmente come potete bene immaginare, nè l’una nè
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l’altra; quelle troppo aggressive sono pericolose perché poi è facile deludere il mercato con
conseguenze negative sui prezzi e questo attira i short sellers; quelle troppo conservative
neanche perché comunque se poi regolarmente ciò che otteniamo supera ciò che abbiamo
preannunciato, questo fenomeno verrà metabolizzato dai nostri interlocutori, quindi dagli
analisti o dagli investitori, che non crederanno più tanto alle nostre Guidance ma
aggiungeranno sempre qualcosa a queste guidance, perché se noi appunto facciamo
sistematicamente meglio proprio questo viene per dire ad essere previsto in anticipo. Il tipo
di informazioni che decidiamo di fornire, deve essere appunto fornito con continuità,
calcolato sempre nello stesso modo; quindi, se c’è qualche informazione che non riusciamo a
fornire su base trimestrale o per qualche ragione a volte non riusciamo a fornire allora è
meglio evitare di fornirla del tutto. Altro consiglio: pieno rispetto delle calendarizzazioni,
quindi è opportuno dire in anticipo quando comunicheremo la Guidance.

80. IR Website
Quali sono le strutture tipiche di questa sezione? Overview: una sezione introduttiva, dove
la società si presenta, quindi chi siamo, qual è la nostra storia, quali sono i nostri
prodotti/servizi, quali sono i mercati nei quali siamo presenti, alcuni dati importanti
relativamente alla nostra azienda, se tra i soci ci sono degli investitori particolarmente
conosciuti, magari li menzioniamo, una sezione di domande risposte, eventualmente una
sezione terminologica (se ci sono dei termini non di uso comune), fotografie, video e le
possibilità di contatto (come mail, numero di telefono e quant’altro). Governance: quindi la
composizione del consiglio di amministrazioni con i diversi curricula; quali sono i comitati
endoconsiliari e quali consiglieri partecipano, chi sono i manager più importanti e più in
generale se aderiamo o meno dei codici di comportamento volontari. Sezione dedicata alle
comunicazioni e agli eventi: quindi i comunicati stampa, i moduli obbligatori, se la società è
spesso oggetto di rumors ci potrebbe essere una sezione dedicata a questi, il calendario degli
eventi. Sezione dei risultati finanziari: cioè dove mettiamo i bilanci, dove si mettono i moduli
sui trimestrali e sui bilanci annuali, i risultati contabili più importanti. Sezione sulle
presentazioni: che abbiamo fatto agli analisti, ai giornalisti. Sezione dedicata al prezzo
dell’azione: quindi nell’assemblea annuale. dei grafici con l’andamento del prezzo, gli scambi,
si forniscono spesso degli strumenti per personalizzare il grafico per fare i confronti con
qualcos’altro, in alcuni casi c’è proprio un aggiornamento in tempo reale del prezzo stesso,
informazione sui dividendi, ecc. Sezione dedicata agli analisti: dove si indicano quali sono gli
analisti che coprono il titolo, e si mettono le informazioni per contattare questi analisti, quasi
mai vengono messe le equity research di questi analisti.
IR Website è il sostituto della Regolation Fair Disclosure, abbiamo detto prima, come nel
caso dei social media, date certe condizioni possono essere usati per soddisfare questo tipo di
regolamentazione, anche il sito può svolgere questa funzione di rendere il pubblico dominio
certe informazioni, quindi limitare il rischio di una comunicazione selettiva. Altre
problematiche del web site, quindi questa sezione dedicata agli investor relations, il
collegamento a informazioni generati da soggetti terzi, questo è un punto molto rilevante sul
piano della responsabilità. Quindi il consiglio è quello di rendere il più chiaro possibile quelle
informazioni prodotte da altri, non dalla società, quindi bisogna adottare tutte le strategie
lessicali e grafiche per fare capire questa distinzione tra ciò che è direttamente attribuibile
alla società e ciò che è invece è informazione prodotta da terzi, ad esempio anche inserire dei
ruoli quando si schiaccia sul link, attenzione, state uscendo dal sito della società, queste cose
sono molto importanti in termini di responsabilità quanto meno nel contesto statunitense. Si
raccomanda cautela nell’utilizzo dei blog e dei forum, se c’è qualcuno che li controlla
continuamente. Poi ci danno dei suggerimenti su come trattare delle informazioni vecchie,
anche qui è necessario che sia chiaro che quelle sono informazioni datate, di conseguenza è
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opportuno magari, pensiamo alla sezione dei comunicati stampa, mettere in evidenza quelli
recentissimi e poi fare una sezione archivio dove ci sono tutti gli altri, fare capire appunto la
differenza e un altro aspetto che viene richiamato è l’importanza che ha il web site
naturalmente nella fase di IPO, quindi visto che in quella fase la società ha il massimo
dell’attenzione, l’attenzione verso quella società dopo l’IPO cala sempre, quindi per fare in
modo che i nostri interlocutori si abituino a frequentare il nostro sito, è importante che già
nella fase di IPO il sito abbia una buona funzionalità e offra tutta una serie di informazioni utili
agli investitori.

81. Investment community sell-side /buy-side

Sell- side Buy - side


raggruppa tutti quei soggetti della comunità finanziaria include gli investitori che investono in via diretta: una
che sostanzialmente assistono gli investitori nelle loro parte di questi sono investitori istituzionali (fondi
scelte di investimento. Sell side perché questi soggetti pensione, fondi comuni d'investimento, compagnie
vendono agli investitori servizi di investimento, cioè assicurative…) e un'altra parte sono gli investitori
consulenza finanziaria, gestione di portafoglio, individuali. Il piano di comunicazione della società
collocamento titoli, raccolta ordini. E quali sono questi dovrà innanzitutto stabilire quali azioni intraprendere
soggetti nel contesto statunitense che vendono servizi nei confronti di queste 2 diverse categorie.
finanziari agli investitori? Sono gli analisti, gli stockbrokers Solitamente gli investitori individuali sono ben accolti
e gli investment bankers. Il nostro Investor relation officer al contrario di quelli istituzionali.
tratta soprattutto con gli analisti. Gli investitori istituzionali solitamente non prendono
Gli stockbrokers sono molto importanti, sono quelli che in considerazione società di piccole dimensioni
stanno tutti in una sala a convincere al telefono le perché avrebbero delle difficoltà sia nell'acquistare le
persone a comprare le azioni; sono decine di migliaia, azioni sia nel rivenderle.
ecco perché il rapporto tra l’investor relator officer e gli • Aspetti negativi: questi investitori pongono dei
stockbrokers è un rapporto più occasionale perché sono problemi soprattutto quando decidono di vendere
un numero che non può essere gestito, si organizzano delle azioni acquistate in precedenza, perché
anche degli eventi anche per questi soggetti, ma sono l'impatto di queste vendite potrebbe generare una
eventi collettivi, mentre con gli analisti finanziari c’è un pressione al ribasso sul prezzo delle azioni. Inoltre,
rapporto diretto perché sono in un numero limitato ed ha altro problema riguarda il voto nelle assemblee,
la possibilità di avere un dialogo continuativo infatti gli investitori istituzionali hanno la possibilità di
interpersonale; di tanto in tanto vengono organizzate imporsi sulle assemblee (questo è rischioso per i
delle presentazioni con questi soggetti. vertici aziendali).
Gli investment bankers invece sono soprattutto i vertici Aspetti positivi: spesso questi investitori sono
aziendali a tenere i rapporti, gli investor bankers fondamentali per il successo di un collocamento;
sostanzialmente assiste le imprese nella finanza mobiliare infatti, molto spesso la quota di azioni destinata agli
(quindi quando le imprese devono collocare dei titoli, si investitori istit rappresenta gran parte dell'offerta;
rivolgono agli investor bankers, quando devono fare delle altro aspetto positivo è il block trading= la possibilità
operazioni di finanza straordinaria, fusioni, acquisizioni, si di scambiare dei blocchi di azioni consistenti fuori
rivolgono agli investor bankers); quindi la loro clientela è mercato (senza passare dalla borsa) attraverso il
una clientela aziendale. coinvolgimento diretto degli investitori istituzionali.
• Gli analisti finanziari sono quelli che redigono le equity Il Fund Manager è una figura, all'interno degli
report con suggerimenti (compra, vendi, tieni); sono investitori istituzionali, che decide se comprare o
report che vengono aggiornati durante l’anno, meno una certa azione; quindi, l'attività dell'IR è
generalmente in occasione delle uscite dei risultati quella di avere contatti con i Fund manager.
trimestrali, ed hanno una struttura abbastanza tipica.
Questi analisti molto spesso lavorano per società di
brokeraggio, quindi le loro raccomandazioni buy vengono

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comunicate agli stockbrokers alla mattina prima che
aprano i mercati, morning call (queste riunioni in cui i
venditori, gli stockbrokers vengono indirizzati su
particolari azioni).
Ora è evidente che dal punto di vista della società di
brokeraggio è importante avere delle raccomandazioni
buy, così i clienti comprano i titoli e generano
commissioni. Le raccomandazioni hold ovviamente non
alimentano gli scambi, "la raccomandazione è tieni il
titolo che hai, se non lo hai non comprarlo", ecco perché
se noi andiamo a vedere qual è la percentuale di buy
rispetto le altre raccomandazioni è la fetta prevalente.
Vediamo anche come spesso e volentieri questo hold
viene trasformato in qualcosa di diverso, in un consiglio di
acquisto fumato, sempre per la stessa ragione,
ovviamente il mercato conosce questi trucchi.

82. Hedge Fund:


sono fondi destinati a investitori facoltosi, fondi che hanno delle strategie di gestione molto
aggressive, ricorrono spesso all'indebitamento per moltiplicare le loro potenzialità
d'investimento e quindi rendimenti che ne conseguono; hanno delle impostazioni molto
differenziate. Un HF è un accettabile investitore se ha una storia di investimenti a lungo
termine. Fondi creati dagli stati (The Sovereign Wealth Fund) = le ritroviamo sorpatutto in
quelle nazioni che hanno dei giacimmenti petroflirferi importanti e quindi traggono dalla
vendita del pretrlio ingenti risorse, infatti li ritroviamo dfiffusi nei paesi arabici, norvegesi ecc..
Quindi questi fondi gestiscono le risorse nazionali generate da este attività per rendere il
paese in questione finanziariamente solido ottendendo dei rendimenti dagli investimenti di
questi surplus. Gli investitori individuali, in questa categoria ritroviamo due comportamenti
che sono all'opposto l'uno dell'altro: Investitori individuali che fanno un'attività di trading
molto spinta e dunque entrano ed escono dall'investimento in una certa azione
frequentemente. Investitori istituzionali che hanno un atteggiamento da "compra e tieni"
quindi comprano i titoli e se li tengono in portafoglio per molto tempo
• Investitori esteri: in questo caso si dovrebbe rendere il website multilingue, organizzare
degli investor day nelle filiali sparse nei vari paesi, organizzare dei road show internazionali
Investment Clubs: gruppi d'investitori che mettono insieme le loro ricchezza per poter essere
degli interlocutori importanti dal punto di vista quantitativo. Spesso fanno investimenti di
lungo periodo.

83. Strategie di investimento – short seller


STRATEGIE D'INVESTIMENTO= bisogna conoscere le diverse logiche d'investimento se si vuole
"personalizzare" la comunicazione; quindi, pur evitando una disclosure selettiva si può
comunque intervenire sulla comunicazione per risultare più efficace nell'attrarre l'attenzione
di certe categorie d'investitori che seguono certe strategie d'investimento. Strategie orientate
all'acquisto di titoli growth, value, acquisto di titoli che generano flussi di dividendi
importanti, strategie di attività di trading ad alta frequenza. Ogni strategia si concentra su
informazioni diverse. L'IRO deve essere consapevole di queste differenze di orientamento
quando tratta con i vari tipi di investitori.

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SHORT SELLER (ribassisti)= [vendita allo scoperto] in Italia non sono una realtà molto grande,
al contrario in USA invece si; l'obiettivo è tenerli lontani. Chi fa short selling ha un guadagno
massimo predefinito e una perdita massima (teoricamente illimitata); questo perché il
massimo guadagno è rappresentato dall'azzeramento del prezzo (se vendo a 5eur al mx
guadagno a 5 euro per azione); la perdita, che si verifica qualora il prezzo anziché ribassare
aumenti; invece, può essere più consistente (quell'azione da 5 euro potrebbe andare a
500eur); quindi rischio MOLTO elevato. Lo short seller vende azioni prese in prestito con
l'aspettativa di guadagnare un profitto più tardi quando riacquista le azioni ad un prezzo
inferiore - La vendita allo scoperto è un'attività molto rischiosa: potenziale di rialzo limitato e
potenziale di ribasso massiccio; questione timing molto importante). Quali sono le società
che rappresentano un target ideale per i ribassisti? Sono società che hanno un flottante
ridotto (poche azioni in circolazione) quindi il prezzo è più manipolabile, variabilità elevata
degli utili (che da volatilità al prezzo) e sono state date delle previsioni degli utili stessi molto
aggressive (obiettivi difficili da raggiungere); quindi se queste sono le caratteristiche gli short
seller saranno interessati [cosa negativa per le società emittenti!!!] Per sapere quanto una
società sia stata o sia oggetto d'interesse da parte dei ribassisti bisogna andare a misurare
lo"short interest"= cioè il numero di azioni che una certa società che sono state vendute
allo scoperto e che non sono ancora state ricomprate(/diviso) il numero di azioni che
vengono trattate giornalmente.
Quindi per es. se lo short interest fosse il 30% vorrebbe dire ch ein 0,3 giorni il nostro
ribassista può chiudere la sua posizione. (tanto maggiore è lo short interest tanto più è stato
shortato un certo titolo) Come affrontare i ribassisti? Bisogna cercare di NON attirare la loro
attenzione e quindi non emettere mai previsioni (guidance) aggressive, bisogna rilasciare
comunicati stampa, commenta i rumors, rilasciare tutte le cattive notizie in una volta sola,
ecc… NON è opportuno adottare un approccio passivo verso i ribassisti, quello che si
dovrebbe fare è tenere sotto controllo lo short interest e capire il motivo per cui
eventualmente i ribassisti hanno deciso di "scommettere" verso la nostra società.

84. IPO- offerta pubblica iniziale


L'OFFERTA PUBBLICA INIZIALE (IPO) Vantaggi: quotandosi in borsa si rende più facile la
compravendita delle proprie azioni, diventa più facile raccogliere nuovo capitale, diventa più
facile effettuare delle operazioni di fusione/acquisizione, attraverso la facilità di accesso al
mercato si può ridurre la leva finanziaria, si acquista prestigio e visibilità. Svantaggi: costi
diretti di ammissione alla quotazione e di mantenimento, costi di riorganizzazione della
società, costi di probabili incrementi della remunerazione dei manager, visione a breve
termine dei mercati finanziari, maggiore trasparenza che può favorire i nostri competitori.
Processo che porta alla quotazione (IPO process) in USA:
1)Per la predisposizione del prospetto informativo (documento di centinaia di pagine) è
necessario affidarsi ad un legale specializzato e questo comporta dei costi. Il prospetto
informativo viene perfezionato in un dialogo costante con la SEC che di volta in volta darà
indicazioni su come rendere quel documento idoneo alla sua approvazione.
2)In parallelo al dialogo con la SEC e con il mercato su cui ci si vuole quotare, si contatta poi
una "investment bank" che dovrà assistere quest'operazione. Il rapporto tra la società
emittente e la propria investment bank di riferimento è contenuto in una 'lettera d'intenti'
dove si vanno a definire i diritti e doveri delle due parti e solitamente si inserisce anche una
clausola di 'overallotment (=si dà alla banca d'investimento la possibilità di sottoscrivere titoli
in aggiunta rispetto a quelli dell'offerta). La banca d'investimento organizzerà un road show
per presentare la società e si farà cura di raccogliere eventuali manifestazioni d'interesse
verso la società.

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3)Oltre all'approvazione del prospetto informativo da parte della SEC, ci sarà anche una
richiesta di quotazione che dev'essere approvata anche dalla società di gestione della borsa.
4)Quando il prospetto informativo è stato approvato e quindi si può aprire la fase di
sottoscrizione effettiva; quindi, viene deciso il prezzo di emissione che va inserito nel
prospetto informativo.
Un modo più semplice per quotarsi: il REVERSE MERGER= si tratta di una fusione tra la
società che si vuole quotare ed una società che è già quotata in borsa ma che è
semplicemente una shall company (una scatola vuota).
Qual è il ruolo dell'investor relation in occasione di un IPO? Nella fase di IPO c'è un periodo
in cui non è possibile rilasciare informazioni (quiet period); in particolare: è accettabile
pubblicizzare prodotti o rilasciare risultati finanziari, purché si tratti del tipo di informazioni
che l'azienda ha pubblicato in passato. Al contrario, una vasta gamma di commenti favorevoli
sulle vendite della società, i guadagni o affari non possono essere fatti. In particolare,
l'azienda non dovrebbe rilasciare proiezioni sulla sua performance futura durante il periodo di
silenzio. Se c'è un rilascio di informazioni che va al di là di una dichiarazione strettamente
fattuale, l'informazione deve essere notato in un modulo 8-K divulgazione alla SEC, e incluso
nel prospetto che la società sta usando per la sua IPO. Durante questo periodo l'IRO dovrebbe
prepararsi a gestire l'ampio volume di informazioni che si verificherà al termine dell'IPO.

85. Road show – the investor relation consultant


ROAD SHOW= sono degli incontri in cui l'IR o il CEO incontrano gli investitori; sono
solitamente degli incontri individuali (diverso dalle conference che sono collettive) anche se
alcuni road show prevedono un incontro con piccoli gruppi d'investitori. Due tipi di road
show: Quelli finalizzati alla raccolta di fondi, quindi vengono organizzati perché è in corso un
collocamento di titoli. Quelli che sono finalizzati ad ampliare la platea di investitori che
possono trovare nella nostra società un0'ccoasione d invetimento. (magari vedi qualche altra
cosa su internet per informarti sui road show)
THE INVESTOR RELATION CONSULTANT= società di comunicazione, consulenza, ecc. Che
offrono supporto alle IR (ne abbiamo già parlato nelle lezioni precedenti). Sinteticamente:
un'opzione per le aziende micro-capitale e nano capitale per guadagnare attenzione nella
comunità di investimento è quella di assumere un consulente IR. Di solito è meglio assumere
un consulente IR quando l'azienda ha migliorato la sua performance finanziaria. Altre
situazioni in cui un consulente può essere utile: - Consulente della direzione. Contatto con gli
analisti. Intervento in caso di crisi. Gestione di eventi. Regolamentazione conoscenza.
Politiche e procedure. Capacità di presentazione. Capacità di scrittura. Formazione interna.
Sito web costruzione e contenuto. Sondaggi. Analisi degli azionisti.
Per ottenere il miglior servizio, considerare l'assunzione di un piccolo gruppo di esperti, a
ciascuno dei quali viene assegnata un'area di specializzazione. Vediamo dei soggetti che
offrono supporto: -Il cacciatore di deleghe (the proxy solicitor) = contatta azionisti per
ottenere la loro delega a votare in una certa direzione su una votazione in assemblea. I proxy
solicitor giustificano il loro valore in base alla loro capacità di influenzare gli azionisti a votare
a favore della società su questioni di voto. -Analisti finanziari che redigono una equity
research su "commessa"= quindi una società si rivolge a questi soggetti. -Società di public
relation= chiamate in causa sopratrutto per gestire i rapporti coi media. -Società SDIR=
offrono appunto servizi di diffusione delle info (in particolare comunicati stampa). Cos'è un
beneficiario effettivo non obiettore (NOBO)? Un beneficiario effettivo non obiettore (NOBO)
è un beneficiario effettivo di una società che dà il permesso a un intermediario finanziario di
rilasciare il suo nome e indirizzo alle società o emittenti in cui ha acquistato titoli. Questo
permette alle aziende di contattare direttamente il beneficiario effettivo con varie
comunicazioni relative al business.
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86. Pubblicità finanziaria:
Nella pubblicità finanziaria troviamo gli "avvisi" cioè indicazioni attraverso le quali le società
emittenti consentono agli investitori di esercitare i loro diritti; ad esempio: l'avviso di
Convocazione di assemblea, aumento di capitale, Sintesi di bilancio, Prospetti per la
quotazione dei titoli ecc. Insieme a questi avvisi costituiscono pubblicità finanziaria anche le
pubblicità attraverso le quali le società emittenti stimolano la sottoscrizione di nuovi titoli.
Questa pubblicità non dovrebbe limitarsi a dare delle info strettamente obbligatorie ma è
invece l'occasione per dare un messaggio più completo. Pubblicità finanziaria ≠ pubblicità
commerciale ≠ pubblicità istituzionale. La pubblicità finanziaria deve coordinarsi coi tempi di
pubblicazione del prospetto. Le autorità devono assicurare: trasparenza e correttezza,
conformità della stessa pubblicità al contenuto del prospetto informativo affinché i
risparmiatori non siano indotti in errore. L’annuncio pubblicitario deve:
• Essere riconoscibile come tale e distinguibile da altre forme di comunicazione al pubblico
• Contenere informazioni chiare, corrette e coerenti con quelle riportate nel prospetto
informativo
• Consentire l’immediata individuazione della tipologia di investimento proposto
• Recare l’avvertenza “prima dell’adesione, leggere il prospetto informativo“(è uno stimolo
alle vendite di beni e servizi di una certa società) (nella quale si promuove l'immagine
dell'impresa).
Pubblicità finanziaria viene fatta attraverso diversi mezzi di comunicazione: campagne
articolate su vari media per diversi segmenti di mercato e pianificate per seguire la
tempistica dell’operazione.
Primo obiettivo della pubblicità→ catturare l'attenzione e l'interesse verso l'offerta che viene
fatta.
Secondo obiettivo→ portare l'investitore a compiere l'azione desiderata.
Destinatari principali di questa pubblicità: investitori retail: si tratta di un pubblico che ha una
razionalità limitata, si punta sul coinvolgimento emotivo e messaggio rassicurante.
Attori di pubblicità finanziaria sono gli stessi della pubblicità in generale: Utenti, agenzie,
concessionarie, mezzi.
Quando i contenuti della pubblicità finanziaria non sono disciplinati da norme e regolamenti,
le imprese devono fare molta attenzione non solo alla grafica, ma anche ai contenuti:
Evitare messaggi monotoni che scoraggiano la lettura, ma anche pubblicità graficamente
molto attraenti ma deludenti come contenuti che impresa intende comunicare. Gestione
integrata, design adottato adatto ai destinatari e distinguibile dai concorrenti.
Evitare cambiamenti radicali in ogni comunicazione pubblicitaria in modo avere facile
identificazione. Stretta collaborazione fra designer e diverse funzioni aziendali coinvolte per
avere una precisa identità visiva. Sono ormai molte le evidenze a sostegno dell’ipotesi che la
pubblicità sia in grado di influenzare le scelte di investimento. La spesa in pubblicità di
prodotto e/o di marca ha effetti positivi sui prezzi delle azioni quotate, anche se non
permanenti, sui prezzi di emissione delle azioni collocate in occasione di aumenti di capitale o
di IPOs, sul numero di azionisti, tanto individuali quanto istituzionali, e sul grado di liquidità
delle azioni. Le ripercussioni su prezzi derivano soprattutto dagli acquisti degli investitori
retail.
Nell’analizzare il rapporto fra pubblicità di prodotti e servizi finanziari e decisioni di
investimento, la ricerca accademica si focalizza sui flussi di sottoscrizione dei fondi comuni. La
conclusione principale di questa letteratura è che la pubblicità accresca le sottoscrizioni,
soprattutto quando l’attività pubblicitaria è particolarmente intensa. La gran parte degli
studi misura la pubblicità in termini di ammontare speso dagli inserzionisti. L’effetto della

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pubblicità è di breve termine e autonomo rispetto a quello esercitato dalla performance
passata.

87. Media e scelta degli investimenti:


Info nuove(news) vs info di seconda mano (stale information): le nuove notizie influenzano i
prezzi; quelle di seconda mano sono già integrate nei prezzi. I media possono rendere
rilevanti anche notizie già diffuse (di seconda mano): attraverso approfondimenti, commenti
o maggiori enfasi che inducono gli investitori a rivedere la valutazione di notizie già rese
pubbliche. Esistono investitori che hanno nella carta stampata il mezzo prominente. I media
diffondono info, queste info possono essere nuove (e quindi attraverso i media raggiungono
una platea più ampia quindi c'è diffusione, si verificano effetti sui prezzi, gli effetti sono
simmetrici e permanenti o vecchie) se invece le info sono vecchie/ di seconda mano l'effetto
che si genera è quello della cattura dell'attenzione. L'effetto sui prezzi è asimmetrico (se la
notizia è positiva il prezzo sale, se la notizia è negativa i prezzi NON scendono) e temporanei
(nei giorni successivi gli effetti scompaiono e si riassorbono). Le info sono dipendenti dal
contenuto e dall'enfasi messa nel riportare queste info.
Attention grabbing: Barber e Odean hanno proposto questa teoria. Gli investitori al dettaglio
sono acquirenti netti di azioni che catturano la loro attenzione. Cattura l'attenzione: l'ampia
variazione di prezzo o di quantità il giorno precedente; la citazione sulla stampa. Il
meccanismo della cattura dell'attenzione influenza gli acquisti ma non le vendite → reazione
dei prezzi è asimmetrica. L'investitore sa che cosa vuole vendere, vende ciò che ha già in
portafoglio, ragiona su un numero limitato di titoli.
Spin nell'annuncio degli utili: il mercato reagisce facendosi influenzare più dagli utili contabili
o dagli utili pro-forma a seconda che l'articolo riporti per primi gli uni o gli altri. L'influenza è
più forte quando gli investitori dispongono di minori fonti di info alternative alla carta
stampata e quando la reputazione del quotidiano è alta. I comunicati stampa delle società
quotate vengono riportati con spin positivo per ottenere più facilmente info di prima mano.
Disattenzione: gli investitori soffrono di disattenzione; la reazione dei prezzi di borsa è
influenzata da questo. Ci sono momenti in cui gli investitori sono più/meno attenti. Gli
investitori sarebbero meno attenti il venerdì e la reazione di mercato è più ritardata quando
gli annunci vengono dati il venerdì. Le notizie cattive da parte delle società vengono date
durante il week end o il venerdì, presupponendo una maggiore disattenzione da parte degli
investitori.
Dissonanza cognitiva: due cognizioni sono dissonanti quando una è in contrasto con l'altra. È
fastidiosa e può spingere a ignorare o manipolare qualsiasi info che la possa determinare.
Non si guarda ciò che non si vuole vedere. Quando i prezzi delle azioni sono in crescita
controllo spesso la situazione del mio portafoglio titoli; viceversa, quando il prezzo delle
azioni sono in calo controllo di rado la situazione del mio portafoglio. La relazione causale fra
andamento della borsa e vendita di quotidiani fininanziari è un ulteriore prova che gli
investitori soffrono di dissonanza cognitiva. Le vendite de il sole240re si muovono insieme.
L'andamento della borsa incide anche sul numero di annunci pubblicitari riguardanti prodotti
di investimento rischiosi.
Media e internet IPOs: bolla scoppiata dopo il 2000. Che ruolo hanno avuto i media nel
determinare questa bolla? Si è misurato l'impatto informativo mediatico. Si è osservato che la
copertura mediatica è stata superiore per tutte le IPOs, sia per le buone, le cattive e le nette.
La copertura mediatica è stata superiore per le internet IPOs sia nel periodo di bolla che dopo
e per tutte le categorie delle notizie. Le notizie nette sono aumentate dopo un rendimento
azionario positivo e diminuite dopo uno negativo per le internet IPos ma in modo
asimmetrico. I media hanno amplificato le notizie positive circa le società operanti nell'ambito

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del web nel periodo di bolla, mentre hanno amplificato le notizie negative nell'ambito post
bolla. I media influiscono sui prezzi di borsa nell'ambito della comunicazione finanziaria.
88. Come attrate i finanziatori:
Approccio orientato al marketing Il marketing aiuta a identificare i migliori fornitori di fondi a
cui rivolgersi. L’azienda si deve proporre come investimento interessante in termini di rischio-
rendimento; le argomentazioni a sostegno della richiesta fondi devono rispettare i criteri di
quel particolare finanziatore; la richiesta fondi deve essere presentata efficacemente a livello
razionale e a livello emotivo ; ottenuti i fondi l’azienda deve informare costantemente i
finanziatori sulla propria performance se vuole conservarne la fiducia.
• Modello di riferimento: Sustainable Marketing Enterprise Model di Kotler e Kartajaya.
Questo modello si compone di:
A. Sviluppare una strategia per proporsi ai finanziatori= Leve: segmentazione, targeting,
posizionamento.
B. Sviluppare tattiche per entrare con successo in contatto con i finanziatori = Leve:
differenziazione, marketing mix, vendita.
C. Ottenere il valore desiderato= Leve: brand, servizio, processo.
A. Sviluppare una strategia per proporsi ai finanziatori (DIMENSIONE STRATEGICA) Obiettivo
della dimensione strategica: conquistare la mind share dei finanziatori (investitori).
In primis azienda deve chiedersi: “In che business opero”? Es. Disney ≠ da Volvo •
Segmentare il mercato o chiedere finanziamenti a tutto il mercato (mass marketing)? Andare
da chi ha a che fare con soggetti simili. Segmentazione: arte di identificare e cogliere le
opportunità che emergono dal mercato dei capitali in un certo momento.
I. SEGMENTAZIONE
Approccio basato sulle caratteristiche statiche
• Si ricercano caratteristiche simili che non riflettono necessariamente il comportamento del
finanziatore e non influenzano direttamente la sua decisione – Es: segmentazione geografica,
segmentazione demografica integrata con quella socioeconomica (es. BA) 2. Approccio
basato sulle caratteristiche dinamiche
• Si ricercano gli attributi collegati al profilo umano del finanziatore che influenzano
direttamente la sua decisione – Segmentazione psicografica per stili di vita o personalità –
Segmentazione comportamentale in base agli atteggiamenti, alle risposte e ai benefici dei
finanziatori (amnesia istantanea, ossessioni arbitrarie, ottimismo fatale, monitoraggio
compulsivo). Caratteri di una segmentazione efficace: il mercato va visto da una angolazione
unica che differisce da quella dei concorrenti. Il metodo di segmentazione deve identificare il
comportamento di investimento e le ragioni che inducono all’investimento, per questo è
meglio l’approccio dinamico; la segmentazione geografica e demografica è la più semplice
perché sono immediatamente disponibili dati precisi e accurati, ma non spiega perché si
investe in azioni Microsoft piuttosto che Apple. I segmenti obiettivo devono essere di
dimensioni significative e presentare prospettive positive per il finanziamento futuro a lungo
termine. Bisogna descrivere le caratteristiche dei potenziali investitori in modo che il
posizionamento, la differenziazione, il marketing mix, la vendita e la strategia di marca si
possano fondare su queste caratteristiche.
II. TARGETING
I segmenti obiettivo devono essere sufficientemente grandi. La strategia di targeting deve
poggiare sul vantaggio competitivo dell’impresa, cioè quel parametro che permette di capire
se l’azienda ha forza/esperienza sufficiente a dominare il segmento prescelto e a competervi.
I segmenti obiettivo devono fondarsi sulla situazione competitiva in essere.

III. POSIZIONAMENTO

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L’impresa deve definire la propria identità e la propria personalità nella mente dei
finanziatori. Non solo persuasione ma anche conquistare la fiducia e la confidenza dei
finanziatori. Come ottenere fiducia?
• Apparire competenti nell’esecuzione del business
• Avere una reputazione di onestà nell’utilizzo e nella condivisione delle informazioni
• Avere un atteggiamento positivo verso l’ottenimento del finanziamento. Criteri di
posizionamento: Aspettative del finanziatore: giusto rapporto rischio-rendimento
• Capacità interne: concentrarsi su quelle che attirano i finanziatori target
• Valutazione dei concorrenti: posizionamento unico e differenziato
• Cambiamento: posizione coerente con le condizioni dell’ambiente economico in cui
si opera. Il massimo del posizionamento è instillare parole o frasi nella mente dei
consumatori.
B. Sviluppare tattiche per entrare con successo in contatto con i finanziatori (DIMENSIONE
TATTICA) Obiettivo della dimensione tattica: conquistare quote di mercato presso i
finanziatori (investitori).
I. Tattica di base (differenziazione) Distinguersi dalla concorrenza e costruirsi una mind share e una
heart share superiori presso gli investitori. Il posizionamento è la base della strategia e la
differenziazione la base della tattica. integrare contenuto, contesto e infrastruttura dell’offerta agli
investitori.
1.Contenuto (cosa offrire) • Il valore di ciò che si offre; è la parte tangibile della differenziazione.
2. Contesto (come offrirlo) • Il modo in cui viene offerto il valore; è la parte intangibile della
differenziazione che aiuta gli investitori a percepire la nostra offerta diversa dalle altre.
3. Infrastruttura (veicolo di facilitazione) • Leadership, persone e mezzi concreti usati per
differenziare il contenuto e il contesto.
II. Tattica di creazione (marketing mix) Integra l’offerta (prodotto e prezzo) e l’accesso (canali e
promozioni) di un’impresa. integrare l’offerta (prodotti e prezzi) e l’accesso degli investitori (canali e
promozioni)
1. Prodotto: titoli (azioni/bond/ibridi) e prestiti • Gli emittenti hanno customizzato i prodotti per
soddisfare le esigenze degli investitori (innovazione finanziaria).
2. Prezzo dei titoli • L’emittente ha un certo margine di manovra nel fissare il prezzo dell’IPO, ma
dopo il prezzo è determinato dal mercato (ruolo della comunicazione finanziaria).
3. Canali (place) • Ambito in cui gli investitori cercano le aziende giuste.
4. Promozione • Strumenti per creare consapevolezza e attivare il ricordo negli investitori target:
personal selling, PR, investor relation.
III.Tattica di conquista (vendita relazionale) Integra i finanziatori e l’azienda in una relazione di lungo
termine reciprocamente soddisfacente. creare relazioni durature con gli investitori tramite il
possesso prolungato dei prodotti finanziari dell’azienda.
1. Vendere agli investitori è ben diverso dal vendere ai clienti; L’azienda deve illustrare i
fondamentali incorporati nei suoi prodotti finanziari e l’obiettivo degli acquirenti è l’investimento e
non il consumo. - Gli investitori sono più affamati di info e più scettici dei consumatori. Gli investitori
possono rivendere i titoli acquistati; per tenere i titoli devono essere costantemente aggiornati e
rassicurati.
2. Gli investitori giusti dipendono dalla fase di sviluppo dell’azienda; Nella primissima parte del ciclo
di vita: Venture Capitalist. In seguito: banche e mercato dei capitali. Le presentazioni devono
riguardare la visione, le prospettive di business, la solidità finanziaria e la profittabilità dell’azienda,
ma anche i bisogni dell’investitore.
3. I bisogni dell’investitore • Obiettivi di rendimento e rischio – Una rendita, un ritorno a breve, un
ritorno di lungo termine? – Conosce il settore o il modello di business? – Quali sono stati i suoi
investimenti precedenti?

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4. Differenze fra banche e VC • Le banche sono molto meno inclini al rischio dei VC, ma non puntano
a ritorni eccezionali – Presentazione incentrata sulle prospettive di lungo termine e sulla solidità
finanziaria dell’azienda • Le banche chiedono spesso garanzie • I rapporti con le banche sono
prevalentemente formali.
C. Ottenere il valore desiderato (DIMENSIONE VALORE) Obiettivo della dimensione valore:
conquistare il cuore (heart share) degli investitori.
I. Il brand (indicatore del valore)
• Consente di evitare la trappola della massificazione. Nel contesto del marketing al mercato dei
capitali il brand è l’immagine che rappresenta l’azienda nella sua totalità, ne riflette la reputazione
ossia il valore apportato e/o promesso agli investitori. Effetto: un brand forte riduce il rischio
percepito dagli investitori. Valore: Rapporto fra “avere totale” (beneficio funzionale + beneficio
emozionale) e “dare totale” (costo + altre spese). La forza del brand dipende da questo rapporto.
[Nei prodotti finanziari il beneficio funzionale è dato dal diritto di voto (solo nelle azioni ordinarie),
dal reddito staccato, dai capital gains; il beneficio emozionale dà senso di sicurezza, eccitazione… Il
costo è il prezzo pagato e gli altri costi sono gli oneri di finanziamento della posizione e i costi di
monitoraggio]. Evitare la trappola della massificazione. Il brand è una peculiarità della marca:
aggiunge valore ai prodotti e anche ai titoli offerti ai finanziatori. Libera l’azienda dalla trappola della
massificazione. Per generare valore, il brand necessita di un investimento finalizzato a creare: a)
Consapevolezza di marca: forza della presenza di una marca nella mente degli investitori. Il suo livello
va dal semplice riconoscimento al ricordo fino al predominio. b) Associazione di marca: qualunque
cosa che colleghi l’’investitore al brand; viene promossa tramite un programma di brand identity. Sul
piano dei benefici emozionali si deve fare leva sui diversi concetti dell’identità di marca: brand come
organizzazione; brand come persona; brand come simbolo. c) Qualità percepita: tipo di associazione
a cui gli investitori sono più sensibili. Misura indicativa dell’impatto dell’identità di marca. d) Lealtà di
marca: è meno costoso conservare gli investitori acquisiti che attrarne di nuovi.

II. Il servizio (intensificatore del valore)


• Per soddisfare o eccedere le aspettative degli investitori. Evitare la trappola dell’insoddisfazione.
Creare valore aggiunto per gli investitori rafforzando i benefici funzionali e emozionali e riducendo il
prezzo e le altre spese. Il servizio agli investitori si riflette nel rispondere a: Quando si crea un
problema nelle prospettive di utili, l’azienda lo risolve e poi ne informa subito gli investitori? Si
comunicano strategie e piani in modo tempestivo e affidabile? Si forniscono agli analisti i dati
necessari alla valutazione? L’azienda dà l’impressione di voler agire in partnership con i finanziatori?
Criteri di valutazione del servizio da parte degli investitori:
• Elementi tangibili: strutture, rapporti finanziari, personale, leader, materiale di comunicazione…
• Affidabilità: capacità di eseguire il servizio promesso in modo preciso e accurato (fornire i dati
necessari alle valutazioni degli investitori)
• Reattività: disponibilità dell’azienda ad aiutare gli investitori (incontri one-to-one o collettivi)
• Rassicurazione: trasparenza, affidabilità, sincerità e reputazione dell’azienda nei confronti dei
finanziatori
• Empatia: capire gli investitori e i loro bisogni

III. Il processo (facilitatore del valore) Consente di fornire valore agli investitori tramite vari processi
interni ed esterni. evitare la trappola dell’orientamento alla funzione. Efficacia con cui si gestisce il
processo di raccolta dei capitali per conseguire tre obiettivi:
1. Acquisire investitori di qualità (buona reputazione, capacità di investimento, visione a lungo
termine.
2.Minimizzare il costo della raccolta.
3.Ottenere i fondi necessari nel minor tempo possibile. I processi sono diversi per i vari tipi di
finanziamento; es azioni:
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– Fase pre-Ipo: consolidamento strategia, promozione immagine, selezione sponsor/collocatore,
documentazione obbligatoria.
– Fase Ipo: road show, fissazione prezzo collocamento, marketing offerta.
– Fase post Ipo: relazioni investitori e analisti, comunicazione obbligatoria e volontari.

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