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ANALISI DI BILANCIO
L’ANALISI DELLA
REDDITIVITÀ PER GLI
AZIONISTI,
OPERATIVA ED EXTRA-
OPERATIVA.
Riccardo Tiscini
Riccardo Tiscini “L’analisi di bilancio – L’analisi della redditività per gli
azionisti, operativa ed extra-operativa”

Indice

1. ANALISI DELLA REDDITIVITÀ -------------------------------------------------------------- 3


2. ANALISI DELLA REDDITIVITÀ PER GLI AZIONISTI --------------------------------- 4
3. ANALISI DELLA REDDITIVITÀ OPERATIVA------------------------------------------- 11
4. LA REDDITIVITÀ DELLA GESTIONE EXTRA-OPERATIVA ----------------------- 13

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è


coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche
parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n.
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Riccardo Tiscini “L’analisi di bilancio – L’analisi della redditività per gli
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1. ANALISI DELLA REDDITIVITÀ

L’analisi della redditività, espressione principale dell’equilibrio


economico dell’azienda e indicatore della sua capacità di generare
ricchezza e remunerare il capitale investito, si sviluppa “ad
albero”: dalla sintesi all’analisi.
Dapprima si verifica il risultato finale in termini di redditività
residuale per gli azionisti, per poi analizzarne le cause determinanti,
che possono essere ascrivibili (fatti salvi i componenti di reddito
straordinari) alla gestione operativa, extra-caratteristica o alla
gestione finanziaria. Solo l’analisi completa delle diverse componenti
della redditività aziendale permette una completa e significativa
possibilità di valutazione dell’equilibrio economico dell’impresa,
altrimenti non propriamente comprensibile.

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2. ANALISI DELLA REDDITIVITÀ PER GLI


AZIONISTI

La redditività per gli azionisti è data dal rapporto tra il


risultato netto per gli azionisti (che costituisce la remunerazione loro
spettante) ed il capitale investito in azienda dagli azionisti stessi, cioè
il patrimonio netto. L’indice è denominato ROE (return on equity) ed
è così calcolato:

ROE=UN/PN

dove:
Un è il risultato netto dell’esercizio;
PN è il patrimonio netto.
Posto che qualsiasi indice di bilancio (o ratio, nella terminologia
internazionale) confronta un risultato (output) con il fattore che lo ha
generato, o ha contribuito a generarlo (input), nel caso del ROE
l’output è il risultato netto dell’esercizio e l’input il capitale investito
dai soci (o shareholders). Una configurazione più corretta dell’indice,
dunque, è quella che considera al denominatore il patrimonio netto
risultante al termine del periodo considerato meno l’utile d’esercizio.
In formula:

ROE=UN/(PN-UN)
dove:
Un è il risultato netto dell’esercizio
PN è il patrimonio netto.

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Supponiamo che, dal bilancio di esercizio di una determinata


azienda, risultino un valore del patrimonio netto pari a € 10.000 e un
utile netto di esercizio di € 1500.
Pertanto il ROE sarà:

ROE = Un/PN = 1.500/10.000 = 15%

Ciò significa che: per ogni € 100 che vengono immesse nella
gestione dai finanziatori a titolo di capitale di rischio, la gestione ne
rende, sotto forma di reddito di esercizio, 15.
In altre parole: il tasso di redditività del capitale di rischio
investito nella gestione è pari al 15%.
Per essere soddisfacente, il ROE dovrebbe essere almeno pari
alla redditività che gli azionisti potrebbero ottenere da investimenti
azionari alternativi aventi pari grado di rischio.
Il “ROE equo” (o fair ROE) può essere pertanto stimato come
costo opportunità del capitale di rischio (o costo dei mezzi propri),
sommando algebricamente:
 la redditività degli investimenti privi di rischio (risk free
rate);
 il premio al rischio medio che gli investimenti azionari danno
rispetto agli investimenti privi di rischio (market risk
premium, o premio al rischio di mercato);
 un premio al rischio d’impresa che tenga conto del rischio
dell’investimento relativo al settore ed alla specifica impresa.
Le prime due componenti sono stimabili oggettivamente, la
terza è generalmente frutto di molte componenti la cui stima non può
che essere soggettiva.

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Il risk free rate è pari al rendimento medio dei titoli di stato a


medio-lungo termine. Al momento in cui scriviamo, la stima potrebbe
essere pari a circa il 4%.
Il market risk premium emerge da studi statistici su periodi
molto lunghi (30/40 anni) che confrontano i rendimenti degli indici
azionari e dei titoli di stato. Con riferimento all’Italia, il valore è
intorno al 5-6%.
Il premio al rischio di settore e d’impresa deve naturalmente
essere stimato caso per caso. Vi sono alcuni settori meno rischiosi
della media, per cui il premio al rischio d’impresa è negativo (public
utilities, immobiliare, assicurazioni, banche, etc.), ed altri molto più
rischiosi della media (biotecnologie, alta tecnologia, attività
commerciale, etc.). Inoltre, occorre considerare che le piccole e medie
imprese e le società non quotate costituiscono investimenti di difficile
liquidabilità, e quindi più rischiosi.
A titolo di largo orientamento, si può considerare che devono
essere tolti 2-3 punti % per le imprese meno rischiose e devono essere
aggiunti 4-5% o anche di più per le imprese più rischiose e non
quotate.
Quale mera indicazione di sintesi, il “ROE equo” può stimarsi,
in media e al momento in cui scriviamo, intorno al 8-10% per le
società quotate e al 10-12% per le società non quotate1.
Il ROE equo è, dunque, il costo opportunità del capitale per gli
azionisti:

1Un’impresa che crea una redditività per gli azionisti maggiore del valore di
benchmark del ROE equo, è un’impresa in cui c’è avviamento (goodwill). Nel caso
contrario, invece, la gestione aziendale sta ottenendo risultati al di sotto del livello
minimo accettabile e dunque si è in presenza di avviamento negativo (o badwill).

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 al di sotto del ROE equo, l’azienda ha una performance


insoddisfacente: non crea valore per gli azionisti e non attrae
altri finanziamenti;
 al di sopra del ROE equo, l’azienda sta creando valore per gli
azionisti, dando a loro un rendimento superiore rispetto ad
altre opportunità a parità di rischio.
La determinazione del costo dei mezzi propri, oltre a
rappresentare un benchmark utile ad esprimere un giudizio sulla
redditività prodotta per gli azionisti, è funzionale, come si vedrà nei
paragrafi successivi, a determinare il costo medio ponderato del
capitale (sia capitale di rischio che capitale di credito) e, dunque, a
permettere l’apprezzamento della redditività aziendale nel suo
complesso.
Nello specifico, il costo del capitale proprio può essere stimato
secondo molteplici approcci.
Tra questi, uno dei più diffusi nella prassi valutativa è il c.d.
metodo del “build up approach” per il quale il costo dei mezzi propri è
così determinato:

Ke=rf+s
dove:
 Ke è il costo dei mezzi propri;
 rf è il risk free rate o tasso di rendimento di investimenti
sostanzialmente privi di rischio. Tale saggio viene, di norma,
calcolato sul fondamento del rendimento medio (storico o
prospettico) dei titoli di Stato a medio/lungo termine, in
quanto si ritiene che tali titoli costituiscano un’attendibile
proxy del rendimento di un asset privo di rischio;

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 s è il premio per il rischio calcolato con la tecnica del CAPM


(Capital Asset Pricing Model). Secondo tale metodica
valutativa, il premio per il rischio viene determinato
moltiplicando il beta-factor - β (che rappresenta la misura
del rischio operativo e finanziario del complesso aziendale)
per il premio medio di mercato (dato dalla differenza tra il
rendimento medio atteso del mercato azionario - Rm - e il
rendimento medio atteso degli investimenti privi di rischio:

Mentre la stima del tasso risk free non comporta particolari


problemi di definizione, la stima del tasso s potrebbe presentare
alcune difficoltà, principalmente connesse al fatto che il tasso di
rischio dell’attività è influenzato da diversi aspetti, tanto interni
quanto esterni all’impresa stessa.
Oltre a quanto fino ad ora illustrato, il ROE può essere anche
calcolato al lordo delle imposte sul reddito, ponendo al numeratore il
risultato ante-imposte:

L’utilità di questo indice di redditività lorda si manifesta ogni


qualvolta si voglia prescindere dall’influenza degli oneri tributari
gravanti sull’esercizio. Ciò accade, ad esempio, nelle analisi relative a
due o più bilanci successivi di una medesima azienda, quando si
vogliano isolare gli effetti dovuti al variare delle aliquote fiscali nel

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decorso del tempo considerato oppure nelle analisi relative ad aziende


diverse, quando si vogliano isolare gli effetti dovuti ai diversi regimi
fiscali nei quali le aziende stesse operano.
Il complemento ad uno del rapporto tra ROE e ROEl da il c.d.

tax rate effettivo (t), ossia l’incidenza media delle imposte sul
reddito.

Infine, il ROE può essere calcolato al lordo dei componenti di


reddito straordinari e non ricorrenti, che poiché non si ripeteranno
devono essere neutralizzati al fine di stimare una capacità reddituale
normale dell’impresa.
In tal caso, si definisce reddito normalizzato (Unorm) il reddito al
lordo, ovvero quello determinato senza considerare i ricavi e i costi
straordinari e non ricorrenti. Di conseguenza, il ROE normalizzato
sarà dato dal seguente rapporto:

Il confronto tra ROE normalizzato e ROE lordo evidenzia


l’effetto dell’area straordinaria.
Come detto, ai fini dell’analisi della redditività, il primo
elemento da considerare è la capacità dell’impresa di remunerare il
capitale investito dai soci. Partendo da questo elemento poi, l’analisi
si sviluppa “ad albero”: dalla sintesi all’analisi.

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Nell’ipotesi di un ROE non soddisfacente, l’analisi delle cause


di un tale risultato sono principalmente da ricercarsi nella:
a) gestione operativa, al fine di comprendere quanto rende il
business tipico dell’impresa (core business);
b) struttura finanziaria.

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3. ANALISI DELLA REDDITIVITÀ OPERATIVA

La redditività operativa esprime la redditività del capitale


investito nella gestione operativa, ed è data dal rapporto tra il reddito
operativo (o EBIT) e il capitale investito operativo netto (CION).
L’indice è denominato generalmente ROI (Return on
investment).

ROI=EBIT/CION
Il ROI è soddisfacente se, assumendo l’assenza di effetti della
gestione finanziaria e straordinaria, è in grado, detratte le imposte, di
condurre ad un “ROE equo”. Pertanto, il ROI soddisfacente si può
ottenere “lordizzando” il “ROE equo” nel seguente modo:

dove t è il tax rate effettivo.


La gestione operativa è quella di maggiore rilevanza, perché
l’azienda è sana soltanto nel momento in cui la sua redditività deriva
principalmente dagli investimenti operativi. Sono quindi necessari
approfondimenti sulle determinanti della redditività della gestione
operativa.
Scomponendo numeratore e denominatore del ROI, si ottiene
che:

𝑅𝑂𝐼 = (𝑅𝑂𝑃 − 𝐶𝑂𝑃)/(𝐼𝑀𝑀𝑂𝑃 + 𝐶𝐶𝑁𝑂𝑃)

dove ROP sono i ricavi operativi, COP i costi operativi, IMMOP


le immobilizzazioni operative e CCNOP il capitale circolante netto

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operativo (rimanenze + crediti commerciali - debiti commerciali -


ricavi anticipati).
Quindi, in definitiva, il ROI dipende:
 dalla relazione tra ricavi di vendita e reddito operativo
(effetto di leva operativa);
 dai costi operativi (efficienza);
 dagli investimenti fissi (rotazione delle immobilizzazioni);
 dal capitale circolante netto operativo (ciclo del circolante).

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4. LA REDDITIVITÀ DELLA GESTIONE EXTRA-


OPERATIVA

Se consideriamo gli effetti sulla redditività del capitale dovuti


all’influenza delle gestioni extra-operativa, dobbiamo ricorrere ad un
indicatore di redditività allargato che denominiamo ROA (Return On
Asset). Al numeratore di tale indice, quindi, comprendiamo non solo il
risultato della gestione operativa, ma anche il saldo della gestione
extra-operativa, mentre al denominatore oltre al capitale investito
operativo, si considera anche il capitale extra-operativo, al servizio
cioè della gestione extra-operativa e straordinaria.
Il ROA, dunque, è dato dal seguente rapporto:

ROA = (Reddito operativo+Reddito extra-


operativo)/(CION+Capitale investito extra-operativo)

Il ROA, quindi, è una media tra il ROI e il ROI extra-operativo,


ponderata con il peso che ciascuna tipologia di investimento ha sul
totale.

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