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Nota integraDva: riporta tuNe le informazioni che consentono una più veriDera e
correNa rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della
società (esempio: l’illustrazione dei criteri contabili adoNaD, deNagli e moDvazioni
relaDve all’iscrizione di alcune voci dello SP e del CE e altre informazioni di varia natura)
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Rilevanza della con/nuità aziendale.
(In seguito l’acronimo TdF è uDlizzato per abbreviare Teoria della Finanza)
[ Introduzione. Per la Finanza Aziendale e la Teoria del Valore, la valorizzazione dei capitali è
l’anello di congiunzione tra mercaD finanziari e imprese, aNraverso cui gli operatori
economici auspicano ad un’aumento della ricchezza individuale mediante l’oculata
allocazione.
Le possibilità di invesDmento offerte dalle imprese non sono tuNe egualmente appeDbili per
il mercato finanziario. Gli invesDtori basano le proprie opinioni sul giudizio del mercato
finanziario che le quota aNraverso i prezzi fissaD con la negoziazione dei Dtoli di proprietà, di
credito, o derivanD da quesD.
Non si traNa del giudizio di un singolo soggeNo, ma della sintesi di opinioni della molDtudine
di invesDtori e professionisD dell’industria finanziaria.Ciò non vale solo per le imprese
quotate in mercaD regolamentaD, ogni impresa deve dar conto ai propri finanziatori.
Per la Finanza Aziendale l’azienda agisce come un ente gestore di risorse finanziarie.
Ogni imprese è avviata dopo la decisione di allocazione di capitale adoNata dai suoi
finanziatori. Dalla fecondità dei capitali deriva la capacità dell’azienda di perdurare e la
possibilità di recupero del capitale impiegato.
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La convenienza neGa per l’inves5tore emerge dal divario tra il valore aNribuito ad un
invesDmento e il capitale impiegato. In tale oPca il valore aNribuito ad un’impresa è la
soglia oltre il quale non conviene invesDre.]
Capitale, consumo e risparmio. Ogni azione economica origina dalla volontà di invesDre il
proprio capitale al fine di trarne rendimento.
Si deve porre aNenzione alla coordinazione economica. TuP i faP aziendali che si
manifestano sono registraD secondo competenza economica. Mentre per i faP futuri sono
necessarie previsioni, aPnenD alla finanza.
Esempio: Un’azienda può essere ben organizzata ma può avere clienD che non pagano.
Oppure se vi è un unico fornitore a disporre di una materia necessaria, e questo entra in
crisi, la problemaDca si ripercuote anche sulle aziende acquirenD. Entrambi i casi si
concreDzzano nella necessità di riorganizzazione.
Ampliando l’orizzonte temporale di riferimento emergono criDcità e rischi di altro Dpo, per
questo ha grande importanza la visione complessiva.
L’azienda deve orientare il proprio operato, decidere dove vuole andare, avere obie;vi
chiari, ragionaD e raggiungibili e determinare le azioni per poterli raggiungere. Deve
pianificare le risorse necessarie e monitorare l’operato in relazione agli obiePvi e correggere
eventuali scostamenD. Deve possedere prospePve strategiche.
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L’u5lità misura il livello di vantaggio per il beneficiario derivante dai consumi. Gli operatori
razionali associano a livelli più alD di consumo, livelli maggiori di soddisfazione, e dunque di
uDlità.
L’u5lità marginale del consumo è posiDva (𝞭 ’U/ 𝞭U > 0) ciò implica che il consumo di
un’unità addizionale del bene aumenta il livello complessivo di u/lità.
Le uDlità marginali del consumo sono decrescenD (𝞭 ’’U/ 𝞭U < 0), cioè il consumo di unità
addizionale di bene accresce il livello di benessere meno di quanto lo faccia la precedente.
Da questo emerge inoltre il grado di preferenza che varia in base alle dosi di consumo
marginale aNuale alle quali rinuncia.
Il MRS segna quanD consumi differiD assicurano la stessa u5lità pur rinunciando ai consumi
aNuali, mentendo lo stesso livello di benessere individuale.
In base alle proprie preferenze gli individui si trovano a poter scegliere tra consumo e
risparmio, funzionale a consumi differiD. L’eventuale capitale non consumato si configura
come risparmio.
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InvesDmento ed impresa. Si disDnguono le a;vità produ;ve, quali quelle opportunità di
impiego di capitale che consentono di trasformare un’unità di capitale corrente in capitale
maggiore, dando accesso a maggiori consumi.
DesDnare il capitale verso inves/men/ produDvi permeNe dunque maggiori consumi futuri
con maggiore uDlità complessiva, moDvo per cui incontrano l’interesse dell’invesDtore
razionale.
All’operatore conviene rinunciare al consumo aNuale fino a quando MRS < MRT.
All’invesDtore conviene risparmiare e invesDre parte del capitale disponibile fino a che non si
realizza la condizione MRT=MRS che eguaglia il punto di oPmo, in cui πs = ρ.
La decisione oPmale di invesDmento massimizza l’u/lità a0esa dal consumo della ricchezza
nell’orizzonte temporale di colui che prende la decisione.
NB: in assenza di mercaD dei capitali, individui con stesse opportunità di consumo e
produPve e con lo stesso capitale iniziale, ma con saggi marginali di sos5tuzione differen5,
possono adoNare soluzioni di consumo-risparmio-invesDmento differenD.
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Mercato dei capitali e valore.
Con il trasferimento di capitali, consente di migliorare l’u5lità colle;va connessa alle scelte
di consumo ed invesDmento ma sopraNuNo la valorizzazione del patrimonio.Un sistema
efficiente permeNe di migliorare l’uDlità di tuP gli operatori economici.
Un tasso di interesse è deNo di mercato quando deriva dall’incontro tra domanda ed offerta
di capitali in pres/to (da finanziamenD esterni all’azienda). Nell’ipotesi di mercato efficiente
e funzionale, questo consente di raggiungere una condizione di equilibrio generale che
esclude la possibilità che residuano fabbisogni non coperD o risparmi non invesDD.
Il mercato dei capitali, consentendo il trasferimento nel tempo delle risorse finanziarie, e
quindi della connessa capacità di spesa, permeNe agli individui di effeNuare scambi di
consumi intertemporali.
Rinunciando al consumo aNuale di una parte del capitale disponibile e offrendo in presDto
sul mercato finanziario la ricchezza complessiva W0 non cambia, ma ne deriva una
combinazione di consumi che fornisce un vantaggio in termini di uDlità. Per il sistema nel
complesso il beneficio è nullo, ma gli operatori trovano il modo di soddisfare le preferenze
personali.
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Principio della separazione di Fisher. Il modello, che presuppone efficienza ed equilibrio del
mercato dei capitali, prevede che il processo decisionale di un individuo razionale possa
essere separato in due fasi successive.
(Profi0abilità: per alcuni è la divisione dei dividendi, per altri è la possibilità di invesDmento
dell’azienda per crescere nel futuro. La scelta oPmale tra dividenD e invesDmento dipende
da diversi faNori, poiché la distribuzione di dividendi comporta uscite di liquidità.)
La teoria finanziaria afferma che con il mercato dei capitali efficiente le decisioni di
invesDmento in opportunità produPve possono essere delegate a terzi che agiscono le
regole e le dinamiche del mercato.
Il valore finanziario del capitale invesDto deriva esclusivamente dalle risorse monetarie
spendibili che l’impresa genera e distribuisce a chi la finanzia.
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L’incertezza è associata ad un ambiente stocasDco nel quale la decisione può generare
diversi possibili risultaD, ciascuno condizionato dal verificarsi di scenari e circostanze non
predeterminabili. L’incertezza non consente di prevedere ex ante le probabilità di
accadimento, né i potenziali risultaD connessi.
Assumendo gli staD del mondo come esclusivi e la possibilità di aNribuire a ciascuni di essi
una probabilità, il risultato/valore a0eso della loNeria è pari al valore della variabile causale
che si realizzerà in media. È poi dunque alla media dei possibili valori monetari associaD a
ciascun esito ponderato per la probabilità che si manifesD.
Una loNeria si dice equa o fair quando il risultato medio aNeso è 0, dunque non è
architeNata per far vincere o perdere sistemaDcamente i giocatori. Una loNeria non equa si
può comunque ricondurre ad un gioco fair considerando un costo c per giocatore.
Secondo la teoria della finanza il comportamento Dpico delle persone può essere ricondoNo
a tre classi, il cui comportamento differisce di fronte ad un gioco fair:
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Propensi al rischio (risk lovers): disposD a pagare più di c, confrontano la cifra da
scommeNere con il risultato migliore possibile. Le loro curve di uDlità sono concave, la
ricchezza incerta è considerata più appeDbile di quella certa, pari alla W media aNesa.
Indifferen9 al rischio (risk neutral): disposD a pagare una cifra pari a c. Le loro curve di
uDlità sono lineari, la ricchezza equivalente certa sarà sempre pari alla ricchezza media
aNesa (U’’(W) = 0).
Le relaDve funzioni di u/lità vengono modellate in base a due caraNerisDche principali degli
invesDtori:
1. Non sazietà: l'uDlità marginale della ricchezza è sempre posiDva poiché gli individui
preferiscono sempre avere una maggiore ricchezza rispeBo a una minore. In termini
matemaDci questo comporta che la funzione di uDlità abbia andamento crescente al
crescere della ricchezza posseduta, quindi la derivata prima sempre posiDva .
( U’(W) = 𝞭 U (W)/ 𝞭 W > 0 ).
2. Grado di avversione al rischio da cui dipende la forma delle loro funzioni di uDlità.
La risposta a tali due ipotesi rende gli operatori massimizzatori di ricchezza. Il premio per il
rischio è il massimo ammontare di ricchezza che l'individuo è disposto a cedere per evitare
una situazione rischiosa.
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Il tasso di rendimento è pari al rapporto tra capitale maturato e capitale invesDto soNraNo di
un’unità, e assume il significato di tasso finanziario medio del periodo, ossia tasso interno di
rendimento dell’inves/mento TIR.
Nei primi tre casi è noto che si traP di invesDmenD, daD gli impieghi di
capitale sempre anDcipaD rispeNo ai recuperi di capitale, mentre per le
operazioni CICO la distribuzione temprale dei flussi non consente sempre l’immediata
disDnzione.
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In sintesi. La teoria della finanza dipende principalmente da tre condizioni: (pag 38)
La componente di rischio incide sulla sDma del valore finanziario aNribuito al capitale, che è
determinato sulla base del processo di a0ualizzazione dei flussi di cassa aNesi che consente
di individuare il valore aGuale VA e il VA neGo (VAN) di una opportunità di invesDmento.
Per tener conto dell’incertezza, VA e VAN vengono determinaD scontando i flussi di cassa
aNesi ad un tasso che tenga conto del rischio che li caraNerizza, usualmente indicato come k
nelle formule valutaDve.
Tasso privo di rischio (risk free rate, rf) remunerazione richiesta dall’invesDtore per i
tempi d’aNesa dei ritorni speraD.
+ Premio per il rischio (risk premium, RP) richiesta per l’incertezza che grava sui ritorni
configuraD.
VA = ⅀ CIFt • (1 + k) -t
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Nel caso di PIPO e PICO, la formula del VAN si semplifica essendoci un solo invesDmento
iniziale I0 : VAN = ⅀ CIFt • (1 + k) -t - I0 (formula da usare nell’esercizio 1)
Dove CIF sono i flussi di cassa in entrata che potrebbero essere definiD da contraNo (dunque
non li devo sDmare) o indicizzaD (li devo sDmare). COF indica i flussi di cassa in uscita.
Al termine delle operazioni finanziare il capitale può risultare accresciuto o ridoNo. Il net
present value esprime una sDma della ricchezza neNa generata dall’invesDmento, dunque la
maggior ricchezza che residua una volta depuraD flussi di cassa aNesi della congrua
remunerazione del tempo e del rischio.
Il valore del tempo, ipoDzzando condizioni certezza, è pari alla differenza tra la sommatoria
dei flussi di cassa, e la sommatoria dei flussi di cassa aNualizzaD con un tasso privo di rischio.
Il valore del rischio è invece pari alla differenza tra la sommatoria dei flussi di cassa aNesi
aNualizzaD con un tasso privo di rischio, e la sommatoria dei flussi di ritorno aNesi
aNualizzaD con un tasso aggiustato per il rischio.
Domande iniziali:
La finanza procede la visone reale dell’impresa? Sì, e nel farlo Dene in considerazione un
arco temporale che si proieNa al futuro, nella considerazione delle sDme circa le aPvità ed
evenD futuri.
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Le dinamiche del capitale sono veloci? Le dinamiche del capitale dipendono dal Dpo di
aPvità di riferimento. Ad esempio l’aPvità di consumo implica una dinamica più veloce
rispeNo ad aPvità di invesDmento, che troveranno riscontro futuro.
In passato (esempio: periodo dei Fax) c’erano barriere alla circolazione delle informazioni,
e necessità eventuale di intermediazione, dunque questo si rifleNeva anche sulla
dinamiche dei capitali. Ad esempio non avendo accesso alle dinamiche del mercato
azionario era più difficile monitorare i propri invesDmenD in caso di acquisto di azioni, ecc.
Il periodo tra gli anni ’50 e ’60 funge da sparDacque tra la Old Finance e la Modern Finance
grazie a diversi contribuD teorici di matrice statunitense.
La finanza aziendale esisteva già da prima, (nata circa negli anni ’20 negli StaD UniD,
sviluppatasi dopo la crisi del ’29 e ripresa dopo il II ConfliNo Mondiale) come anche la
nozione di capitale.
Tali modelli statunitensi erano “di perfezione”. La perfezione dei merca5 si caraNerizza per:
perfeNa compeDDvità dove gli operatori sono price taker (non hanno possibilità di influire
sui prezzi),
Non c’è dunque rischio che le aziende falliscano e non prevede minimamente cosD di
transizione, informazione, oneri fiscali, restrizioni agli scambi previste normaDvamente ecc.
Secondo ciò vi è la piena possibilità di assumere la diffusione delle informazioni rilevanD.
Vi è dunque piena circolazione delle informazioni.
[Importanza degli oneri: L’impaNo degli oneri fiscali e dei finanziamenD è duplice. Da un lato vanno
ad appesanDre il conto economico. Se trovo un modo di pagare meno tasse, con la stessa struNura di
CE riuscirò ad avere un uDle maggiore. Dunque decidere dove produrre potrebbe portarmi, a parità
di produzione, degli uDli maggiori (moDvazione della delocalizzazione produPva).
Gli oneri finanziari sono detraibili. Fino ad un certo punto all’azienda conviene indebitarsi, pur
dovendo registrare i cosD, potendoli detrarre andrà poi a pagare un valore minore nelle imposte.]
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A ciò consegue: l’uniformità (o idenDtà) delle aspeNaDve e non complessità dei processi
decisionali, costante equilibrio di mercato, prezzi pari ai valori intrinseci dei Dtoli negoziaD e
senza segmenD privi di controparDta (cioè la domanda incontra sempre l’offerta).
I principali costruP teorici sono elaboraD da Debrew (’59), Arrow e Markowitz. Quest’ulDmo
elabora un modello per minimizzare il rischio e massimizzare il risultato mediante la teoria
del portafoglio.
A quesD seguono Modigliani e Miller (’58 e ’63). Le loro preposi/on I e II sulla struNura
aziendale consentono di affermare che, in assenza di imposizione fiscale e di rischio di
insolvenza, le poliDche finanziarie delle imprese non possono influenzare il valore dei Dtoli
(azionari o obbligazionari) da queste emesse.
Il capital asset pricing model, di Sharpe (’64) Litener (’95) e Mossin (’66), cosDtuisce un
modello teorico per il pricing del rischio volto alla determinazione dei prezzi e dei rendimenD
che le aPvità rischiose dovrebbero mostrare in un mercato perfeNo capace di operare in
condizioni di equilibrio.
Il valore intrinseco di un Dtolo è la sDma soggePva, esito del processo valutaDvo razionale
degli invesDtori, che considera correNamente tuNe le informazioni disponibili; è soggeGo a
variazioni a causa della diversa propensione al rischio degli invesDtori e la produzione e
diffusione di nuove informazioni relaDve al Dtolo.
b. Le info disponibili sono considerate in modo correNo, sono complete e disponibili, non
implicando dunque ulteriori cosD informaDvi.
Il prezzo di mercato quindi troverà il proprio equilibrio per un valore pari al valore intrinseco
sDmato dagli operatori. (Prezzo di equilibrio = valore intrinseco)
Considerata la finalità di impiego dei capitali e il presupposto dei mercaD finanziari, i principi
fondamentali di quesD modelli (di mercato perfeNo) sono:
2. Legge del prezzo unico (Law of One Price): due Dtoli pari per rischio e rendimento
devono avere lo stesso prezzo, si verificherebbero altrimenD possibilità di arbitraggi;
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3. Random Walk Theory: le quotazioni dei Dtoli non dipendono dalle quotazioni storiche
ma dalle variazioni causate da nuove informazioni rilevanD disponibili. Porta ad
escludere che le negoziazioni basate sull’andamento storico dei prezzi possano generare
sistema/camente profiP aNesi o rendimenD superiori a quelli di equilibrio.
CostruP teorici principali: Op/on Pricing Theory (’73), Arbitrage pricing theory (’76).
Il processo di formazione dei prezzi rifleNe il processo di formazione delle aspeNaDve degli
operatori, a sua volta influenzato dalle informazioni disponibili.
1. Debole: i prezzi incorporano tuNe informazioni storiche, derivano dagli evenD passanD,
ciò non consente agli invesDtori di maturare aspeNaDve di rendimento diverse da quelle
già scontate nei prezzi;
3. Forte: i prezzi hanno in sé l’informaDva pubblica, privata, storica e prospePca; ciò porta
a negare la possibilità di anDcipare il mercato e negoziare strumenD a condizioni
economiche vantaggiose.
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Gli operatori hanno dunque aspeNaDve soggeDve e razionali, non idenDche come
nell’ipotesi di mercaD perfeP.
Efficiente dal punto di vista informa5vo - i prezzi rifleNono tuNe le info disponibili;
Efficiente dal punto di vista valuta5vo - le sDme di valore delle imprese sono determinate
sulla base dei fondamenD aziendali (valore intrinseco) e i prezzi rifleNono le aspeNaDve
dei ritorni futuri;
Efficiente dal punto di vista della completezza - consente agli operatori si soNoscrivere
contraP compleD che danno la possibilità di realizzare gli scambi a tuNe le scadenze e in
qualunque circostanza ; (quando voglio effeNuare lo scambio, posso farlo)
Efficiente dal punto di vista opera5vo - consente il trasferimento di fondi al minor costo
possibile verso gli invesDmenD che offrono il miglior rendimento. Ciò è possibile quanto
più il mercato è organizzato e compeDDvo.
La concorrenza tra mol9 operatori perfeBamente razionali conduce alla situazione in cui i
prezzi di mercato dei 9toli cos9tuiscono la migliore approssimazione del loro valore
intrinseco. La divergenza di valutazioni tra gli operatori darà luogo a negoziazioni e
discrepanze tra prezzi effePvi e valori intrinseci soggePvi. L’efficienza del mercato implica
però che quesD determinino proposte di prezzo (per acquisto o vendita) casualmente
distribuite in un intorno ristreNo del prezzo di equilibrio. Dunque le offerte nel mercato
efficiente non generano variazioni significaDve nei prezzi di mercato.
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L’ipotesi neoclassica delle aspeNaDve razionali prevede che i prezzi siano basa5 sulle
aspeGa5ve dei payout futuri, incluso il prezzo di cessione del 5tolo.
Gli invesDtori tentano di effeNuare scambi sia sulla base delle sDme soggePve del valore
intrinseco dei Dtoli, che sulla base delle previsioni dei comportamenD degli altri operatori e,
quindi, sui futuri valori del mercato dei Dtoli.
L’efficienza informaDva e valutaDva del mercato efficiente favorisce i processi di sDma dei
prezzi aNesi dei Dtoli per cui le proposte di acquisto e vendita si incontrano a livelli di
prezzo coerenD col valore intrinseco del Dtolo scambiato.
In un mercato efficiente la legge del prezzo unico consente di pervenire all’equilibrio del
mercato stesso, condizione in cui i prezzi esprimono il punto di equilibrio tra rendimenD
aNesi e premi di rischio.
L’ipotesi di mercato efficiente può incontrare dei limiD nel processo di formazione del
prezzo:
Gli studi condoP portano sul finire degli anni ’70 a meNere in discussione l’ipotesi del
mercato efficiente e la razionalità degli operatori. Si considera ora l’imperfeNa razionalità
degli operatori sia dal punto di vista valutaDvo che decisionale.
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Viene dimostrato che i prezzi dei Dtoli rifleNono scelte influenzate dalla psicologia e
dall’emoDvità degli operatori, e questo non sempre conduce alla massimizzazione dell’uDlità
marginale.
SovrasDma/soNosDma di Dtoli
1. Avversione alle perdite, che influenza il processo decisionale conducendo a scelte che
non sempre massimizzano il livelli di ricchezza o non in linea con la teoria dell’uDlità
aNesa, dovuta a “mental frames”.
Inoltre a livello psicologico viene aNribuito maggior valore ad una perdita rispeNo che
ad un guadagno dello stesso ammontare. Per cui gli operatori non sono tanto avversi al
rischio complessivo del Dtolo, quanto alla perdita, alla dimensione negaDva del rischio.
EffeNo riflesso: porta ad essere avversi al rischio in una situazione in cui tuP i
possibili esiD sono posiDvi, e propensi nella situazione opposta
EffeNo isolamento: trascurare gli elemenD comuni tra più opzioni e focalizzare la
decisione sugli aspeP differenziali.
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ANeggiamento imitaDvo:di individui vincenD o del «gregge», evitando di andare in
controtendenza rispeNo alla maggioranza di invesDtori.
AffeNo: induce a credere nelle proprie capacità e ad agire secondo intuizione, isDnto
e emoDvità.
Errore di conferma. Viene aNribuita maggiore credibilità a quei daD che confermano
le proprie credenze e viceversa vengono ignoraD o sminuiD gli altri daD.
Finanza Condizionata.
Mentre nella teoria neoclassica, incentrata sugli assiomi della razionalità e dell’efficienza
informa/va, il dinamismo del mercato lo rende fisiologicamente tendente all’equilibrio,
nascondendo il ruolo dei singoli operatori, la più recente Finanza Condizionata riporta in
primo piano l’importanza dei comportamen5 dei singoli operatori e le opinioni individuali.
Il faNo che i prezzi di mercato possano esprimere il valore intrinseco delle imprese quotate
dipende dalla formulazione soggeDva delle aspeNaDve, dalla percezione soggeDva dei
rischi e dal grado di razionalità delle valutazioni soggePve.
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rappresentaDvi dell’intero mercato, dunque non possono razionalmente esprimere il valore
intrinseco di un Dtolo.
Dalla dinamica evoluDva dei prezzi ai meccanismi di formazione dei prezzi e quindi di
sDma dei valori intrinseci dei Dtoli (efficienza valutaDva);
Dall'oggePvità dei prezzi di mercato alla sogge;vità delle opinioni e delle aspeGa5ve
dei singoli;
Dai premi di rischio impliciD nei prezzi di mercato alle analisi di rischiosità svolte sulla
base di distribuzioni di probabilità soggePve assegnate a variabili aleatori quali i
rendimenD dei Dtoli.
La teoria ipoDzza diverse modalità con cui gli operatori formulano previsioni per il futuro.
Nel caso in cui queste siano ancorate all’analisi dei fenomeni e daD storici disDnguiamo:
Per superare i limiD delle aspeNaDve stazionarie ed adaPve è stato formulato l’approccio
deNo ipotesi delle aspeBa9ve razionali. Usata in campo economico e finanziario, gli
operatori, (presunD soggeP perfeNamente razionali) considerano al meglio tuBe le
informazioni disponibili al momento della previsione.
Il limite di tale ipotesi deriva dal faNo che l’effePva conoscenza di faP accaduD anche
recenD potrebbe però non possedere i presupposD logici di tuP gli evenD futuri. Inoltre la
conoscenza del passato e del presente non è sempre perfeNa.
Nel formulare le aspeNaDve, gli operatori oltre alla razionalità impiegano il proprio intuito,
l’esperienza e la responsabilità, al fine di elaborare aspeGa5ve ragionevoli. La
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ragionevolezza è però difficilmente separabile dalla soggePvità. Va dunque soNolineato il
caraNere della soggeDvità delle aspeNaDve.
Pertanto il rischio è considerato come condizione Dpica di un soggeNo che deve formulare,
nel presente, previsioni sul futuro per assumere decisioni ragionevoli. Il rischio è una
condizione Dpica di ciascun soggeNo che pone al centro dei suoi modelli decisionali i principi
della convenienza economica e della ragionevolezza.
Problemi simili hanno determinato una crescita di importanza dei problemi e dunque delle
relaDve decisioni finanziarie nell'ambito della gesDone di impresa, necessitando di una
maggiore aNenzione all’acquisizione, impiego e remunerazione delle risorse finanziarie
impiegate in azienda.
Il focus sulla creazione di valore è coerente con lo sviluppo dei sistemi imprenditoriali
poiché:
Pone costante aGenzione alla ricerca di maggiori capacità compe55ve e alla rischiosità
delle strategie adoNate
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È in linea con gli altri principi dello strategic management;
Consente l’impostazione e la risoluzione dei problemi relaDvi alla gesDone operaDva
aziendale.
Il circuito genera ricchezza solo se i ritorni degli impieghi sono effePvamente disponibili,
spendibili (i flussi di cassa, ma non i reddiD), e tali da incrementare le capacità di acquisto
dell’invesDtore. Deve consenDre altresì il rinnovo delle risorse consumate e dunque
mantenere le capacità produPve e compeDDve dell’impresa.
Valore soglia.
Il valore finanziario del capitale invesDto in un impresa, cd. Valore d’impresa, è economico,
funge da valore soglia di convenienza finanziaria, ed è pari al valore aNuale dei flussi di cassa
aNesi scontaD al costo del capitale, dunque coincide col valore aGuale.
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La formula in oPca reddituale del valore economico del capitale proprio W ec:
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Finanza strategica. È riconducibile all’ambito di analisi e pianificazione strategica.
È orientata all’individuazione degli elemen5 alla base della creazione di valore, che è il
fondamento dello sviluppo e la sopravvivenza aziendale e del suo apprezzamento presso i
mercaD finanziari.
Le prospePve di analisi e logiche sono ispirate alla TdF, il cui parametro decisionale poggia
sul trade-off rischio-rendimento e sui canoni del pensiero condizionato. Tale criterio è volto
ad individuare gli indirizzi strategici e le prassi ges5onali al fine della massimizzazione del
valore.
La possibilità di creare ricchezza per gli invesDtori dipende dalle capacità dell’azienda di
generare flussi di cassa da riservare alla proprietà e ai creditori che concedono
finanziamenD.
A tal fine il responsabile finanziario adoNa:
poli5che di inves5mento (per fissare la struNura oPmale dell’aPvo rispeNo alla
reddiDvità e rischiosità degli invesDmenD durevoli in capitale fisso)
poli5che finanziarie struGurali (per fissare la struNura finanziaria oPmale ai fabbisogni
durevoli).
Mira a definire, comunicando con i mercaD, le coordinate finanziarie entro cui può essere
condoNa l’azione aziendale.
Firm Value. Il Firm Value FV indica il valore finanziario complessivo dell’impresa tendendo
conto di:
FCCt corrente di flussi di cassa aNesi per i finanziatori, che
l’impresa saprà generare per ogi epoca t della sua vita uDle,
ko costo-opportunità del capitale, in funzione del grado di
rischiosità dei flussi di cassa operaDvi aNesi,
n vita uDle economica considerata
Tn capitale recuperato all’epoca n, o valore economico
residuale TVn.
Per la creazione di valore è necessario che il TIR superi il rendimento richiesto per
invesDmenD paragonabili (in termini di rischio).
Finanza operaDva.
È orientata alla tutela dell’equilibrio e della sostenibilità finanziaria della gesDone.
In quest’oPca i criteri di analisi e valutazione dei programmi operaDvi si basano sui
rendimen5 e l’equilibrio finanziario. Il fine è quello di generare flussi finanziari aziendali in
entrata tendenzialmente superiori a quelli in uscita.
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AspeP correlaD sono:
CompaDbilità tra ricavi e cosD - Copertura dei fabbisogni con fonD pari
economicità della gesDone durata - dipende dal grado di elasDcità
del passivo e dell’aPvo.
Correlazione tra margini economici e
flussi di cassa - correntezza finanziaria Capacità della struNura finanziaria di
adaNarsi alle varie necessità gesDonali -
riserva di capacità di indebitamento.
Le Dpiche aPvità della finanza operaDva sono appunto quelle volte al sostegno della
reddiDvità e della correntezza finanziaria della gesDone nel medio-breve termine:
Programmazione finanziaria: analisi prevenDva dei fabbisogni, predisposizione dei budget
finanziari e aPvamente delle fonD di finanziamento di medio-breve termine;
Cash management: oPmizzazione degli incassi e dei pagamenD per assicurare la
solvibilità;
Analisi e ges5one dei rischi finanziari dovuD alla variabilità di variabili finanziarie come i
prezzi delle commodiDes (es: petrolio), tassi di interesse, tassi di cambio, inflazione;
Monitoraggio della dinamica finanziaria e repor5ng.
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Il Tesoriere ha ruolo di rilievo nella gesDone dei flussi di tesoreria e cassa, di cui deve
armonizzare le durate tecniche con i ritmi finanziari che scandiscono accertamenD ed
impegni finanziari.
Nel quadro descriNo il mercato aNende i risultaD finanziari, che confermano o deludono le
aspeNaDve, aNraverso una concomitante revisione delle opinio ni e aggiornamento dei
prezzi.
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La parte della “clessidra”centrale, al tempo t, che è riportata nella parte superiore della
finanza strategica, meNe in relazione il valore dell’azienda e il capitale invesDto nell’azienda
stessa. Questo vuole porre il focus sull’impaNo che le poliDche (sia della parte aPva che di
quella passiva dell’azienda) possono avere sul valore, e quindi sulla capacità dell’azienda di
produrre flussi di cassa.
E anche sul capitale invesDto nell’azienda, poiché a seconda delle modifiche aNuate in
termini di dividendi/finanziamenD/invesDmenD è possibile aumentare/diminuire il capitale
invesDto in azienda.
Se il valore dell’azienda è maggiore del capitale invesDto, W > T l’azienda viene ricercata dal
mercato. Se W = T viene considerata nel mercato, se W < T è fuori dal mercato.
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I requisiD minimi del piano aziendale sono:
Coerenza
Devono esservi nessi causali tra le varie componenD. Le azioni pianificate devono
essere compa9bili con la tempis5ca proposta e le risorse aGuali e prospePche di cui
l’azienda già dispone/si doterà (umane, organizzaDve, tecnologiche e finanziarie).
Un piano aNendibile è formulato sulla base di ipotesi realisDche e porta ai risultai aNesi
ragionevolmente conseguibili. Per verificarne la compaDbilità con le dinamiche del
contesto compeDDvo si considerano:
• la visibilità dei daD previsionali (la probabilità delle proiezioni relaDve a determinate
voci, di manifestarsi realmente).
Rischio d’impresa.
In entrambi i casi, i rendimenD aNesi dalle operazioni di impiego dei capitali sono legaD alle
sorD dell’impresa, che per loro natura sono rischiose.
28
In relazione allo strumento di finanziamento uDlizzato il rischio d’impresa si trasforma in
rischi per i finanziatori. I faNori di rischio manifesteranno effeP parDcolarmente negaDvi in
caso l’impresa manchi di visone strategica, competenze tecnico-manageriale e capacità
criDco-riflessive.
Gli invesDtori pongono dunque aNenzione alle: capacità aNuali degli organi decisionali di
definire strategie e poliDche a fronte delle imprevedibili condizioni di contesto, alle
competenze disDnDve disponibili e le caraNerisDche di flessibilità.
Il loro scopo è apprezzare autonomamente i risultaD aNesi dal management rappresenD nei
piani finanziari. I procedimenD per la sDma del valore finanziario associato a tali piani
tengono conto dei rischi che concorrono a definire il Valore ANuale (Present Value, PV) e
Valore ANuale NeNo (NPV).
Equivalenza finanziaria.
Con il presso di a0ualizzazione dei risulta/ a0esi rischiosi si effeNua la riduzione del valore
nominale dei flussi aNesi:
- in ragione dell’an/cipazione temporale rispeNo all’aNesa futura manifestazione;
- Per tener conto del rischio di manifestazione in quella determinata misura.
Deve esistere un nesso di interdipendenza logica tra rischiosità, tassi richiesD di rendimento
e valore finanziario dell’invesDmento.
Equivalente Certo.
Comporta la svalutazione per il rischio del valore nominale dei flussi di cassa aNesi prima
dell’aNualizzazione calcolata su un tasso che Dene conto solo del tempo.
1. Il coefficiente di decurtazione (1 - 𝞭 ) cresce in rapporto al rischio (vt), ai flussi di cassa
medi aNesi SM(CFt), in modo da individuare la parte certa.
29
2. Impiega poi un tasso di a0ualizzazione privo di rischio, risk free rate rf, che indica la
remunerazione richiesta per il tempo.
RADR. Il Risk Adjusted Discount Rate, che consente il calcolo dei VA rePficaD in funzione
dell’incertezza, è il metodo principalmente adoperato a livello professionale, a differenza
dell’equivalente certo.
Il procedimento richiede l’individuazione di premi per il rischio da sommare al tasso base
che compensa l’invesDtore per il tempo aNeso.
Il tasso re;ficato per il rischio (k) misura la remunerazione che un invesDtore razionale
richiederebbe per assumersi i rischi che caraNerizzano un’invesDmento; dunque quel
rendimento minimale che rende appeDbile l’opportunità di invesDmento, poiché ne assicura
la remunerazione dei rischi. La sDma del VA diventa:
VA = ⅀ SM(CFt) • (1 + k )-t
k = rf + rp
Costo del capitale. Il tasso necessario al fine di definire il valore aNuale neNo di
un’opportunità reale di invesDmento, che Dene conto del tempo e del rischio che grava sui
ritorni futuri aNesi, prende il nome di costo del capitale.
30
Tasso di sconto
Rendimento minimale
RecenD studi soNolineano l’importanza del costo del capitale per la sopravvivenza e lo
sviluppo dell’impresa. K andrebbe fissato tenendo conto delle condizioni alle quali l’impresa
può procurarsi fondi nel mercato dei capitali in relazione allo scopo che persegue e del
momento in cui provvede alla raccolta dei fondi.
L’invesDtore sia marginale (non influenza i prezzi dei Dtoli con le sue negoziazioni),
diversificato (possiede un portafoglio di invesDmenD diversificato), e avverso al rischio.
CAPM. Tenuto conto di tali presupposD, tra i modelli più usaD vi è il Capital Asset Pricing
Model: il rendimento aNeso di un’aPvità rischiosa (rh), affinché sia coerente con la
condizione di equilibrio di mercato, deve essere pari al al tasso privo di rischio (rf)
incrementato di un premio per il rischio che tenga conto del solo rischio sistema9co del
9tolo (𝛽h) (equity risk premium, ERP).
rh = rf + ( rm - rf) • 𝛽h
31
rm indica il rendimento aNeso dal portafoglio di mercato, che conDene tuP i Dtoli negoziaD
sul mercato azionario di riferimento.
𝛽h è determinato come rapporto tra la covarianza dei rendimenD aNesi del Dtolo con i
rendimento aNeso di mercato, e la varianza dei rendimenD aNesi di mercato:
Tale modello è applicato ai rendimen5 storici dei Dtoli, presumendo di poter enucleare dai
prezzi i premi per il rischio correnD nel mercato.
SDma individuale composta nel mercato. Un secondo modello, più prudente rispeNo al
precedente che deriva il premio per il rischio dai rendimenD storici, segue l’approccio
soggeDvis/co.
Secondo questo, il tasso di aNualizzazione dovrà esprimere la rischiosità dei risultaD aNesi,
dunque il costo-opportunità per la determinazione del VA o VAN, dovrà contenere un rp che
sia funzione della variabilità (deviazione standard) dei risulta/ a0esi. Sia k = rf + rp.
FRP = 1 + v ( 1 + rf )
il FRP funge da molDplicatore del rendimento delle aPvità prive di rischio trasformandolo in
tasso rischioso: k = rf • RFP = rfr • [1 + v ( 1 + rf )
poiché la variabilità dei risultaD aNesi dipende dall’erraDcità dei ricavi, il grado di leva
opera/va propria e di leva finanziaria , sono variabili esplicaDve del premio di rischio per
la proprietà;
Le imprese che si rivolgono ad uno stesso mercato di sbocco, che presentano medesima
stru0ura economica e finanziaria, dovranno caraNerizzarsi per la stessa rischiosità
dunque lo stesso costo-opportunità del capitale.
32
compaDbili con livelli di rendimento adeguato al rischio fissa/ e aggiornaD nei mercaD
finanziari.
Le valutazioni condoNe all’interno dell’impresa con quelle degli operatori dei mercaD
finanziari che le confrontano con piani e valutazioni di tuNe le imprese, per poterle
apprezzare.
Lo schema successivo mostra le relazioni tra imprese (solo unlevered, non indebitate) e
invesDtori. [Vengono considerate solo le imprese quotate in un mercato in cui l’interesse per
il diriNo di proprietà si esercita aNraverso il possesso di azioni, formalizzato con l’acquisto o
vendita di un book che gesDsce la conclusione delle proposte.]
33
C. Prima della comunicazione al mercato esterno è opportuna la valutazione (ed eventuale
riconsiderazione ) di quesD da parte del responsabile finanziario, in merito ai tassi che
suggeriscano rendimenD e rischi acceNabili;
D. Il piano comunicato è per il mercato una delle tante opportunità di invesDmento
rischiose;
E. Gli invesDtori esprimono le proprie aspeNaDve confrontando le prospePve di tuNe le
imprese finanziabili, segue la fase di selezione e finanziamento della migliore impresa (o
portafoglio di imprese);
F. Ogni invesDtore può soNoscrivere nuove emissioni o negoziare sul mercato secondario
l’acquisto/vendita di un Dtolo di proprietà. In entrambi i casi assume una posizione
negoziale rispeNo ad un’offerta corrente che riDene conveniente.
G. Sono rilevanD anche le modalità con cui avviene la negoziazione. Ponendo un’azione in
vendita ad un determinato prezzo si esprime implicitamente un’opinione personale circa
la possibilità di valorizzazione ulteriore del capitale invesDto in relazione al prezzo di
acquisto/soNoscrizione;
H. Quando una proposta incontra l’interesse della controparte si conclude la
compravendita e si forma il prezzo di mercato. Questo determina l’accordo tra le parD ai
fini della negoziazione in equilibrio (ma non conDene sDme individuali sull’ulteriore
valorizzazione del capitale). Gli aggiornamenD delle opinioni individuali si concreDzzano
nei prezzi che si susseguono;
I. Prima della comunicazione del piano, aNraverso il CFO l’impresa deve elaborare una
propria valutazione an/cipata al fine di avere un punto di riferimento del il grado di
corrispondenza tra i prezzi di mercato e la propria sDma di valore. Non aggiornando
questa sDma non può controllare il fenomeno. Operando una propria sDma in merito al
piano il management saprà su quale determinate del valore intervenire (risultabilità,
rischiosità …)
J. Il rendimento del singolo negoziatore che ha acquistato/venduto azioni sulla base delle
proprie aspeNaDve differisce dal rendimento staDsDco misurato confrontando i prezzi
successivi;
K. SpeNa nuovamente al responsabile finanziario il controllo di soluzioni concrete (decidere
struNure dell’aPvo e del passivo, gesDone del capitale circolante …) al fine di rispeNare i
livelli corrispondenD alle preferenze dei mercaD;
L. Seguono segnali di apprezzamento, disinteresse o incompaDbilità da parte dei mercaD
finanziari (che devono portare ad eventuali cambiamenD nelle decisioni adoNate, in caso
di non apprezzamento).
Mediante il modello del CAPM, si considera come nella valutazione dei diversi risultaD
alternaDvi prendono forma le aspeNaDve del valutatore, e si perviene al risultato aNeso, o
speranza matemaDca SM.
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Per ciascun invesDmento, la dispersione dei risultaD alternaDvi misuraD tramite la deviazione
standard SD esprime il rischio nutrito dal valutatore rispeNo al risultato.
Ponendo in rapporto SD e SM si determina una misura relaDva del rischio
(variabilità v = SD/SM).
Le valutazioni degli operatori precedono i prezzi espressi dal mercato. Se le aspeNaDve degli
operatori fossero omogenee, e il metro adoNato fosse idenDco, le valutazioni di mercato
coinciderebbero con le comune valutazioni individuali.
La dinamica finanziaria che ne scaturisce può essere ricondoNa in parte ai cicli delle
operazioni ricorrenD, in parte ai più lunghi cicli di invesDmento e finanziamento struNurali.
35
- Acquisizione di risorse finanziarie ulteriori in linea di pres/to (finanziamenD concessi
all’impresa) o di rischio (successivi aumenD di capitale).
È di faNo un fondo di valori astra0o, derivato e incerto, poiché le voci che lo compongono
sono diversa natura e perlopiù risultanD da s5me. [esempio: la voce immobilizzazioni è
sDmata. Il costo storico del bene è un dato certo, ma la perdita di valore nel tempo valutata
per l’ammortamento è fruNo di una sDma.]
Valori economici a;vi (cosD pluriennali, cosD sospesi, cosD anDcipaD) e passivi (ricavi
sospesi, ricavi anDcipaD) secondo il principio della competenza economica.
Stato Patrimoniale
36
Le risorse finanziarie immesse nei cicli produPvi vengono trasformate in faNori specifici
della produzione e impiegate in aPvità/processi caraNerisDci della gesDone aziendale; il loro
ritorno/remunerazione è quindi vincolato all’efficacia ed efficienza della ges5one aziendale.
Per tale ragione il capitale apportato dai proprietari è definito capitale di rischio, poiché è la
dotazione di risorse necessarie per avviare ed alimentare il sistema impresa, fronteggiando i
rischi connessi (In caso gli output prodoP non siano sufficienD a coprire i cosD di gesDone).
Negli studi finanziari si fonda invece sulla funzionalità finanziaria intesa come la capacità di
generare ricchezza spendibile per la proprietà (dividendi). In tal caso il valore finanziario del
capitale coincide con il valore aNuale dei flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare
nella sua vita uDle.
Dinamica finanziaria.
La dinamica finanziaria aziendale coglie l’aspeNo finanziario della gesDone, ed indica
l’insieme dei movimen/ finanziari in entrata ed in uscita, determinaD dalle scelte aziendali in
un dato periodo. Tali movimenD possono essere:
Impieghi di capitale: comportano l’uDlizzo di risorse finanziarie.
- PagamenD per acquisD (uscite monetarie correnD),
- IncremenD di crediD commerciali (mancate entrate monetarie correnD) o finanziari
(erogazione di risorse monetarie a terzi),
- Riduzione di debiD commerciali o finanziari (uscite monetarie correnD per rimborsi).
È possibile operare una disDnzione tra flussi monetari (movimenD per cassa, risorse liquide)
e flussi finanziari in senso stre0o (non prevedono trasferimenD immediaD di moneta, ma
cosDtuisco diriP o obblighi a futuri incassi o pagamenD).
Il sistema finanziario di analisi contabile del valore consente di qualificare i clicli finanziari
aPvaD da ciascuna operazione di gesDone caraNerisDca.
37
Cicli finanziari aJvi: flussi finanziari in entrata.
38
Il risultato ges/onale derivante dall’applicazione del criterio di cassa si colloca nell’aPvo
dello SP e cosDtuisce le disponibilità liquide e la ragione della loro variazione nel periodo
considerato.
Concorrono inoltre alla definizione delle relazioni tra flussi monetari e reddituali di periodo:
- EffeP finanziari delle operazioni di inves/mento e disinves/mento ΔINVt;
- EffeP finanziari delle operazioni di finanziamento quali pagamen/ per interessi passivi IPt
e nuovi finanziamen/ al ne0o dei rimborsi ΔFINt;
- EffeP finanziari dell’imposizione fiscale IMPt al ne0o delle variazioni dei debiD tributari
+ ΔDTt.
Dalla formulazione di tale risultato finanziario neNo di periodo, si può dunque definire il Net
Cash Flow:
39
Dalla differenza tra ricavi e cosD operaDvi si determina il risultato economico di periodo,
tenuto conto delle scriNure di assestamento di competenza economica ( ΔRIMt variazione
rimanenze economiche, AMMt ammortamenD, ACCt accantonamenD):
RNt = Rt - Ct + ΔRIMt - AMMt - ACCt - IPt - IMPt
NCFt = RNt - (ΔRIMt - AMMt - ACCt) - (ΔCCt - ΔDCc - ΔDT) - ΔINV + ΔFINt
Tanto più la gesDone economica e finanziaria sono correlate per dinamiche e risultaD, più si
può parlare di correntezza finanziaria [precedere senza indugi e tentennamen/ in
conseguenza della regolare conclusione dei cicli monetari aDvi e passivi programma/],
presupposto fondamentale del valore aziendale insieme all’economicità.
Cicli aziendali.
I movimenD finanziari in entrata/uscita sono imputabili a sei categorie di operazioni:
40
Queste cosDtuiscono al contempo le cause finanziarie elementari delle modifiche delle
risorse finanziarie impiegate, sia le cause economiche elementari delle modifiche del capitale
conferito dal singolo imprenditore o soci.
Entrambi gli aspeP moDvano l'effeNo che le operazioni di gesDone hanno sulla ricchezza
creata dall'impresa, e sul valore finanziario della stessa.
Considerare l’arco temporale permeNe di rappresentare le operazioni gesDonali non più per
aree ma per cicli. La visione per cicli permeNe di considerare tempi di svolgimento,
frequenza, conclusione delle operazioni, evidenziando la trasformazione del capitale
finanziario impiegato in impresa.
41
Lasso di tempo intercorrete tra il sostenimento del costo per l’acquisto di beni/servizio a
fecondità semplice per la produzione, e il conseguimento del ricavo di cessione di
prodoP.
monetaria: evidenzia il ciclo monetario ricorrente
L’input economico (acquisto beni) genera un output finanziario (uscita), l’output
economico origina un input finanziario.
I risulta5 da esso prodoP possono essere misuraD in termini economici, margine opera/vo
lordo, e in termini monetari, CF da ges/one opera/va ricorrente.
Il ciclo opera9vo aziendale ricorrente indica il lasso di tempo che intercorre dall’inizio del
primo rapporto con il fornitore, e termina con l’ulDmo rapporto del cliente.
Nel caso del ciclo degli invesDmenD il recupero dei mezzi monetari, impiegaD per
l'acquisizione dei faNori produPvi a fecondità ripetuta, deve essere ricollegato ai rientri che
deriveranno dalle vendite dei prodoP servizi/oNenuD dai cicli operaDvi quali contribuiscono
tali faNori.
Il periodo temporale di riferimento è maggiore poiché gli impieghi in risorse durevoli (es:
macchinario) rientrano in modo graduale durante l'intero periodo di uDlizzo delle risorse
stesse.
Per stabilire la vita uDle di un bene esistono diversi criteri:
Obsolescenza fisica: funzionale fin quando un logorio lo rende inuDlizzabile;
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Obsolescenza tecnica: faNore non più uDlizzabile perché esistono risorse equivalen/ ma
tecnologicamente più avanzate, che consentono di oNenere risultaD produPvi migliori;
Obsolescenza economica: faNore non più funzionale perché i prodoP realizzaD con esso
non incontrano più i gus/ dei consumatori.
Tali cicli si possono disDnguere in ragione della /pologia di capitale acquisito, proprio o di
presDto, o in ragione della durata temporale.
Le operazioni di gesDone viste come cause elementari della dinamica finanziaria generano
entrate ed uscite determinando flussi di cassa di diverso Dpo;
viste come cause economiche elementari generano effeP reddituali, i quali determinano
margini e reddiD di diverso Dpo.
2. Il free cash flow si basa sulla disDnzione delle operazioni in discrezionali e non
discrezionali (necessarie per la sopravvivenza dell’impresa e non rinviabili).
43
Sono consideraD non discrezionali: i cicli operaDvi ricorrenD, gli invesDmenD di
mantenimento o sosDtuzione, i rimborsi di finanziamenD secondo piani di ammortamento o
di rientro già concordaD, il pagamento degli oneri finanziari.
La gesDone operaDva è la fonte primaria delle risorse da desDnare alla copertura dei
fabbisogni aziendali; soNraendo il flusso di cassa generato da operazioni non discrezionali si
oPene il flusso di cassa des9nabile.
Questo indica il saldo della gesDone non discrezionale che, se nega/vo, indica la misura delle
risorse da reperire per coprire il fabbisogno di sopravvivenza dell'impresa,
se posiDvo indica le risorse disponibili alla copertura dei fabbisogni di sviluppo.
RendimenD finanziari.
Gli indici di rendimento finanziario sono indicatori del rendimento finanziario prodoNo
dall'impresa in un dato periodo, che però rappresentano solo parzialmente la profiNabilità
degli invesDmenD aziendali. (poiché i flussi di cassa sono consideraD già al neNo delle risorse
non desDnabili in quanto necessarie per sostenere la crescita)
Una misura esaus/va della profiNabilità finanziaria dell'impresa, che tenga conto della sua
vita economica e del capitale invesDto e recuperabile al termine della durata, è il tasso
interno di rendimento TIR.
44
Si possono disDnguere:
Gli sfasamen/ temporali sono all’origine del fabbisogno monetario, che si verifica
sopraNuto in fase di avvio o espansione dell’impresa.
Si forma e si modifica dai cicli delle operazioni ricorrenD e degli invesDmenD, dai quali
originano impieghi in capitale circolante e capitale fisso.
Il fabbisogno originato dai cicli ricorren5 è misurato dal capitale circolante ne0o CCN
(aPvità - passività derivanD dalle operazioni di gesDone caraNerisDca).
CCN > 0 indica un fabbisogno finanziario neNo e la necessita di aPvare fonD esterne di
finanziamento. (Dpico delle fasi di forte espansione)
CCN < 0 indica un surplus di risorse finanziarie, che generano ricavi caraNerisDci/provenD
finanziari.
45
L’aumento delle poste aPve non compensate da quelle passive è causa di fabbisogno; tale
situazione comporta un grande assorbimento di risorse monetarie.
Viceversa, in un ciclo operaDvo corrente caraNerizzato da entrate anDcipate alle uscite può
generarsi surplus, da cui sorge il problema della convenienza di uDlizzo di tali eccedenze.
Il fabbisogno originato dai cicli di inves5mento è misurato dal capitale fisso ne0o (valore
neNo contabile delle immobilizzazioni tecniche e finanziarie funzionali all’aPvità
caraNerisDca.) La dinamica del capitale fisso è spiegata da invesDmenD/disinvesDmenD
tecnici, la cui rappresentazione può avvenire:
A. Con una reNa nel caso di completa Dinamica degli invesDmenD tecnici
divisibilità degli impianD e perfeNo 60
dimensionamento della capacità produPva
Investimenti tecnici
Il fabbisogno finanziario si compone di una componente più stabile nel tempo ed una più
variabile; durata e variabilità sono appunto le caraNerisDche che permeNono di disDnguere:
46
Impieghi che esulano dalla normale gesDone aziendale. Si traNa di impieghi non
strategici, ma legaD a circostanze che ne rendono parDcolarmente favorevoli ritorni
aNesi.
Q1. fabbisogno minimo di stazionarietà, ossia il limite inferiore di invesDmenD al di soNo dei
quali l’azienda perderebbe la sua funzionalità.
La copertura dovrebbe avvenire in prima fase con capitale di presDto a LT, successivamente,
col consolidarsi della crescita, dovrebbe essere sosDtuito dal capitale proprio con
autofinanziamento.
Q3. Fabbisogno variabile, assume dinamiche diverse a seconda delle poliDche finanziare
funzionali aNuate dall’impresa: (grafico pag. 130)
a. curva a indica il fabbisogno massimo nell'ipotesi che le aDvità del circolante giungano
alla loro naturale scadenza;
b. la curva b esprime un fabbisogno ridoNo rispeNo al precedente per la liquidazione (con
anDcipazioni bancarie o factoring) dei credi/ commerciali;
c. la curva c indica un fabbisogno ridoNo rispeNo alla curva a, stavolta perché le scorte
vengono tenute al livello minimo opera/vo;
d. la curva d esprime il fabbisogno minimo che non considera né scorte ecceden/ il minimo
necessario né aDvità del circolante non liquidate an/cipatamente;
e. la curva z spazia nell'intera area di variabilità del fabbisogno; considera la copertura del
fabbisogno con aperture di credito in conto corrente per elas/cità di cassa.
L'area tra le curve a e d indica il range di variabilità del fabbisogno temporaneo generato
dai cicli delle operazioni ricorrenD.
Sempre guardando alla dinamica del Capitale InvesDto neNo, le necessità finanziarie
vengono disDnte in:
- fabbisogno di finanziamento minimo, che indica il limite inferiore degli impieghi al di
soNo del quale l'impresa sarebbe impossibilitata a operare secondo economicità e
correntezza finanziaria;
- fabbisogno di finanziamento eccedente, legato ad impieghi temporanei di
funzionamento, indica valore degli invesDmenD superiore a quello minimo e che è
desDnato a fluNuare nel tempo in rapporto alle condizioni interne di gesDone e a quelle
esterne di contesto.
47
Autofinanziamento. Fenomeno streNamente collegato al conceNo di fabbisogno finanziario,
definibile come le capacità di un’azienda di generare internamente, con i propri cicli
operaDvi, risorse uDli per la copertura dei fabbisogni finanziari.
Le capacità di autofinanziamento possono essere misurate:
È un conceNo che si lega all'idea di salute finanziaria e viene assimilato alla capacità di
autofinanziamento.
L'equilibrio finanziario in senso lato si ha quando le operazioni aziendali che generano
risorse finanziarie sono sufficienD a bilanciare gli impieghi di capitali richiesD dalla
gesDone.
Questa seconda definizione lega l'equilibrio alle problema5che del controllo di tesoreria,
evidenzia la necessità di gesDre il divario tra entrate ed uscite monetarie in modo da
garanDre la solvibilità dell’impresa.
48
A tal fine la correntezza finanziaria deve essere accompagnata da idonee riserve di liquidità
e adeguata elas5cità della struGura finanziaria (possibilità di modificare le forme tecniche di
finanziamento senza indebitarsi eccessivamente).
L'equilibrio finanziario dinamico, incentrato sulla liquidità, dato dalla prevalenza flussi in
entrata su flussi in uscita.
L'equilibrio finanziario sta5co, incentrato sulla solvibilità, dato dalla sincronia temporale
tra durata impieghi e disponibilità risorse.
Tale prospePva evidenzia la rilevanza della verifica ex ante delle condizioni di equilibrio
relaDvi all'aNuazione dei piani aziendali. SDmare flussi di cassa prospePci per scenari
alternaDvi, aNribuendo gradi di probabilità della loro manifestazione, consente di valutare la
correNezza finanziaria ma sopraNuNo l'adeguatezza dei rendimenD aNesi rispeNo ai rischi
aziendali.
La quanDficazione degli effe; della ges5one sull'equilibrio può avvenire mediante tre
aspeP:
A. AspeBo finanziario. Evidenzia gli effeP della gesDone finanziaria in termini di movimen/
finanziari.
C. AspeBo reale. Evidenzia gli effeP della gesDone economica in termini di risulta/
reddituali. Osserva le relazioni tra cosD e ricavi.
49
L’analisi dell’equilibrio finanziario è spesso accompagnata dall’analisi di altri equilibri quali
l’equilibrio economico (ricavi > cosD) e l’equilibrio patrimoniale (coerenza della
composizione dell’aPvo con la struNura finanziaria, cd. solidità). I vari equilibri sono
streNamente correlaD, e l’equilibrio complessivo rappresenta la composizione oPmale degli
aspeP che li compongo.
Il discorso rimane valido anche in accezione negaDva, eventuali difficoltà finanziarie possono
rifleNersi sulla sfera economica e penalizzare la solidità patrimoniale e la liquidità
dell’impresa. Gli squilibri possono originarsi e rifleNersi in sfere differenD.
EQUILIBRIO
DINAMICO INFLUENZA
ECONOMICO
EQUILIBRIO
FINANZIARIO
50
Situazione B: l’impresa produce flussi di reddito negaDvi a fronte di risultaD finanziari
posiDvi. Può accadere quando l’impresa perde di compeDDvità, la marginalità si abbassa e
comporta perdite economiche.
Questa situazione si manifesta quando l’impresa sta investendo molto per sviluppare il
business o quando adoNa poliDche finanziarie inadeguate.
Situazione D: l’impresa versa in condizioni criDche sia dal punto di vista economico che
finanziario, è una situazione pre-fallimentare, nonché il probabile punto di arrivo di un
deterioramento delle situazioni B e C.
Oltre che che derivate, le difficoltà finanziarie possono però essere l’origine del disequilibrio,
come nella situazione C, in cui l’impresa produce reddito ma richiede nuove risorse
finanziarie. Tali squilibri finanziari possono essere dovuD a inadeguatezze endogene alla
direzione finanziaria o vincoli finanziari esogeni all’impresa.
51 Tempo
Capitolo 5: Equilibrio finanziario (statico)
Domande:
1. Ricavi/cos9 nel CE potrebbero non rappresentare flussi di cassa del periodo?
Sì, perché i pagamenD possono essere dilazionaD rispeNo all’acquisto/vendita. Oppure in caso di
accantonamento a fondo rischi, non so quando si manifesterà l’effePvo flusso di cassa né il
quantum.
3. Il flusso di cassa della ges9one opera9va può essere nega9vo nel breve termine senza che
questo sia un male?
Ciò può essere vero se l’impresa sta ad esempio compiendo degli invesDmenD per il proprio
business.
5. Il capitale circolante neBo non garan9sce alcuna remunerazione ma richiede fon9 per essere
finanziato?
Se “gonfio” il magazzino, uso del valore per creare dei prodoP che però non ho ancora venduto,
e non avrò remunerazione fin quando non li venderò e il cliente mi pagherà.
Non ci sono però garanzie di vendere tuNo, e che i clienD paghino.
In alcuni seNori la produzione in eccesso è desDnata ad essere distruNa (es: seNore alimentare e
farmaceuDco). Considerando un lasso di tempo maggiore aumenta proporzionalmente il rischio.
Il discorso complica se si considerano i resi, per cui si potrebbe credere che il ciclo operaDvo sia
finito, e invece il prodoNo torna indietro.
Si giudica in equilibrio l’azienda che oltre a presentare una situazione economica in cui i tassi
di reddi5vità sono posi9vi, quesD siano anche congrui rispeBo ai rischi di impresa e,
possibilmente, allinea9 con le medie di seNore.
Deduzioni sull’equilibrio:
La reddiDvità deve essere proporzionata al rischio;
52
Il ciclo finanziario sta/co deriva dalla comparazione di aPvità e passività correlabili mentre
l’equilibrio finanziario dinamico compara i flussi di cassa o di tesoreria in entrate o uscita.
Analisi finanziaria.
Analisi della situazione finanziaria, che richiede il calcolo di posizioni finanziarie assolute,
relaDve e comparaDve.
Analisi della struBura finanziaria, aNraverso il calcolo di indici di bilancio che esprimono il
grado e la sostenibilità dell’indebitamento aziendale.
Gli indici di composizione (analisi della stru0ura fin.) sono rapporD tra le grandezze
dell’aPvo e passivo patrimoniale, derivanD dalla riclassificazione finanziaria o tecnico-
economica.
53
CRITERIO FINANZIARIO di riclassificazione.
Gli elemenD del PN sono riordinaD in una configurazione idonea ad esprimere la loro
aJtudine a procurare o richiedere mezzi finanziari.
Per il criterio finanziario è necessario disDnguere il tempo breve (pari ai 12 mesi successivi
alla situazione patrimoniale in analisi) dal tempo non breve. Tale disDnzione permeNe di
disDnguere le a;vità e passività corren5, realizzabili ed esigibili nel tempo breve, dalle
rispePve non corren5.
LIM: att.
immediatamente
liquidabili
EIM: pass.
LID: att. liquidabili immediatamente
nel BT esigibili
NB: di prassi, invece che considerare separatamente le voci Uscite anDcipate Ua ed Entrate
anDcipate Ea, se ne considera direNamente la differenza, deNa Divario sistemico, DIS.
Il divario sistemico DIS è cosDtuito dalla differenza di entrate ed uscite anDcipate secondo il
principio competenza economica. Comprende rimanenze fisiche e contabili quali:
rimanenze Dtoli desDnaD al trading, di materie, semilavoraD, prodoP finiD.
IIn Spese di impianto ed ampliamento, spese R&S, PCO DebiD finanziari verso il sistema bancario (mutui
avviamenD, concessioni, marchi di fabbrica, breveP passivi), debiD finanziari verso la società del gruppo,
industriali e diriP di uDlizzazione delle opere di ingegno. presDD obbligazionari, parte non i scadenza del TFR
IMn Terreni, fabbricaD, impianD, macchinari, aNrezzature, PN Capitale sociale soNoscriNo e versato, riserva legale,
arredi, rePficate dei relaDvi fondi ammortamento, anDcipi riserva statutaria, fondi di rivalutazione monetaria, fondo
corrisposD ai fornitori per l’acquisto di immobili. sovrapprezzo azioni, fondo acquisto azioni proprie,
IFn Titoli a reddito fisso per impieghi duraturi, Altre riserve disDntamente indicate, uDli (o perdite)
partecipazioni strategiche, crediD a ML termine verso riportaD a nuovo, risultato economico di esercizio.
imprese controllate e collegate, crediD commerciali a LT.
Ain A;vo Immobilizzato MCO Mezzi Consolida5
55
CRITERIO TECNICO-ECONOMICO di riclassificazione.
Gli elemenD del PN sono riordinaD secondo una configurazione idonea ad esprimere la
per5nenza ges5onale alle diverse aree di ges5one. Adoperando il COA come riferimento
per la rappresentazione, lo SP suddivide in 4 macro-quadranD:
• I due inferiori (aPvità e passività) accolgono le risorse coinvolte nei cicli intermiNenD di
invesDmento, e le risorse acquisite con l’aPvazione dei cilci di finanziamento.
Q1. CrediD di regolamento, crediD ai dipendenD per eventuali anDcipi sulle retribuzioni,
crediD verso gli isDtuD previdenziali, rimanenze di magazzino, ratei e risconD aPvi relaDvi al
CO ricorrente.
Q2. DebiD di regolamento, debiD verso i dipendenD per le retribuzioni correnD, Fondo TFR,
debiD tributari, ratei e risconD passivi relaDvi al CO ricorrente.
Q4. FonD di finanziamento interne ed esterne e tuNe le componenD del PN decurtate delle
disponibilità liquide.
Il limite di questo criterio è dovuto alla diversa durata dei cicli operaDvi delle diverse realtà
aziendali.
I due quadranD superiori sono definiD correnD, poiché contengono usi e fonD relaDvi alla
gesDone del capitale circolante tecnico; i due inferiori sono “non correnD” poiché usi e fonD
si riferiscono al ciclo degli invesDmenD e finanziamenD.
56
CCL - Pccl = CCN Capitale circolante neNo, che evidenza il fabbisogno (<0) o copertura (>0)
generaD dalle operazioni ricorrenD.
CCN + CAF = CIN Capitale InvesDto NeNo, bilanciato dai FinanziamenD neP che possono
essere disDnD in Indebitamento Finanziario neNo PFN, e PN.
CCN PFN
CAF PN
Mente il vincolo di copertura tra aPvo e passivo nello SPF si fonda sul conceNo di capitale
corrente, nello SPET si fonda sul capitale circolante.
Consente inoltre di indagare la composizione del capitale aziendale dal punto di vista
quanDtaDvo, e qualitaDvo.
a+c=b+d a-b=d-c
Gli indicatori di equilibrio finanziario staDco, deP posizioni finanziarie, che in base alle
modalità di determinazione si disDnguono in:
57
posizioni finanziarie compara9ve PFC, che corrispondono ai baricentri finanziari BF
dell’impresa, e si calcolano come differenze standardizzate (rapportate al maggiore dei
rapporD o dei prodoP consideraD.
PFA e PFR considerando solo due dei quaNro quadranD alla volta non consentono la visione
globale della situazione aziendale, mentre il baricentro si configura come l’indicatore più
adaNo a rilevare l’equilibrio aziendale. Essendo calcolato come differenza standardizzata:
ha campo di variazione compreso tra -1 e +1, che indica equilibrio teorico quando assume
valori intorno allo zero (se il baricentro è nullo i quadranD sono uguali per coppie di
scadenze omogenee);
58
Considerando come orizzonte temporale il termine immediato (aPvità/
passività già liquidi o prontamente esigibili), i quadranD dello SPF sono: LIM EIM
LID ESD
+DIS +Pco
+AIN +MP
PFR2 Quoziente di copertura delle a;vità (LID + DIS + AIN) / (ESD + Pco + PN)
non liquidate: QCANL
PFC Baricentro finanziario di termine (a • d - b • c) / il maggiore tra i due
immediato: BF9 prodoP
59
Considerando come orizzonte temporale il termine breve LIM EIM
+ LID + ESD
convenzionale, i quadranD dello SPF sono:
+ DIS
Pco
+AIN +MP
PFA A;vo corrente neGo: ACN (LIM + LID * DIS) - (EIM - ESD) =
MdT + DIS
PFR1 Quoziente di disponibilità: QD (LIM + LID + DIS) / ( EIM + ESD)
+AIN +MP
PFR1 Quoziente di tranquillità: QTran (LIM + LID + DIS) / ( EIM + ESD + Pco)
60
Analisi della struNura finanziaria: gli indici di composizione.
Gli indici di composizione mirano a chiarire il ruolo del capitale proprio e del capitale di
terzi nel finanziamento dell’aPvità di impresa.
Leva finanziaria neNa (Net Financial LFn = PFN / PN QuanDtà di debiD finanziari, al neNo
Leverage) delle disponibilità liquide, assunD
dall'azienda per ogni euro di capitale
proprio invesDto.
Leva finanziaria (Financial Leverage) LF = DF / PN QuanDtà di debiD finanziari assunD
dall'azienda per ogni euro di capitale
proprio invesDto.
Grado di indebitamento GI = DF / PN + DF % di copertura del fabbisogno
finanziario esterno mediante ricorso al
debito finanziario.
Grado di indipendenza finanziaria GIF = PN / ATTIVO % di copertura del fabbisogno
complessivo con mezzi propri.
Incidenza del debito finanziario a IDbt = DFbt / DF
breve
Incidenza del debito finanziario a IDmlt = DFmlt / DF = 1 - IDbt
medio-lungo termine
Ulteriori indicatori calcolabili con i raggruppamenD che compongono lo SPF sono i baricentri
patrimoniali i quali permeNono di rilevare il grado di elasDcità degli impieghi ed esigibilità
delle fonD di risorse aziendali:
61
Analisi accessorie: capitale circolante neNo.
I Key performance indicators sono uDli a monitorare e guidare le azioni di intervento per
liberare il capitale circolante, ovvero il capitale assorbito dai cicli operaDvi aziendali.
Tra quesD è possibile citare il Cash Conversion Period CCP il quale esprime il numero medio
di giorni che intercorre tra il momento in cui vengono pagaD i fornitori e quello in cui si
incassano i crediD dai clienD. È un indicatore di grande importanza poiché in grado di
sinteDzzare l’analisi di equilibrio di breve termine uDle a determinare il fabbisogno generato
dalla gesDone caraNerisDca.
Le logiche di analisi della dinamica dell’equilibrio finanziario si basano sui conceP chiave di
fabbisogno finanziario e autofinanziamento. Gli strumenD necessari per tale analisi sono i
rendicon5 finanziari (per analisi retrospePve) e budget finanziari (per analisi previsionali), i
quali permeNono di rappresentare una dinamica finanziaria aziendale tale da evidenziare le
cause che ne sono all’origine.
nella logica finanziaria per evidenziare come la gesDone generi movimenD monetari/
finanziari tali da modificare le grandezze fondamentali per il controllo di tesoreria
(posizione di liquidità, margine di tesoreria, aPvo corrente neNo)
nella logica economico-tecnica per verificare come le singole aree della gesDone
contribuiscono alla generazione/assorbimento di risorse, comportando modifiche nelle
disponibilità liquide o nella posizione finanziaria neNa.
L’analisi per flussi richiede la comparazione di due staD patrimoniali consecuDvi, che
illustrano la composizione del capitale invesDto e acquisito (usi e fonD) all’inizio e alla fine di
un dato periodo di gesDone.
In quest’oPca la dinamica finanziaria viene intesa come flusso di fondi, ossia l’insieme della
variazioni subite dalle risorse finanziarie invesDte in azienda in un determinato periodo per
effeNo della gesDone.
62
Rendiconto finanziario.
Il rendiconto finanziario è uno dei documenD contabili (obbligatorio dal 2015) che compone
bilancio d’esercizio (insieme a SP, CE e nota integraDva). Grazie a tale documento è possibile
evidenziare, in oPca consun/va o previsionale, le cause della dinamica finanziaria
d’impresa in un dato periodo.
Il rendiconto consunDvo è uno strumento di controllo che mostra l’aderenza della gesDone
finanziaria svolta con i piani/programmi formulaD dall’impresa; il rendiconto previsionale è il
modo in cui piani e programmi trovano applicazione.
- capitale circolante neNo (aPvità correlate al ciclo operaDvo aziendale - passività della
stessa natura)
RF. delle variazioni delle risorse finanziarie totali ( funds flow statement) il quale illustra
le operazioni da cui scaturiscono le variazioni di aPvità e passività patrimoniali, ed
evidenzia la correlazione tra usi e fonD di capitale;
63
R. delle variazioni di capitale circolante ( working capital statement) che descrive le cause
delle variazioni del margine di tesoreria, dell’aPvo corrente neNo e del capitale circolante
neNo;
il metodo direBo: richiede una contabilità finanziaria in modo da rilevare gli accertamenD
di entrate, gli impegni di uscite, incassi e pagamenD;
Il rendiconto è costruito in modo tale da esplicitare le cause che spiegano le variazioni subite
dalle grandezze finanziarie significaDve per il controllo della tesoreria. Tra le più significaDve
vi sono la posizione di liquidità immediata PLI e l'aPvo corrente neNo ACN.
64
Rendiconto Finanziario del ΔACN Rendiconto Finanziario del ΔPLI
1. rePfica del risultato economico per i movimenD privi di rilievo finanziario per
determinare, in entrambi i casi, il flusso di ACN generato dalla gesDone reddituale totale;
3. Considerare effeP finanziari relaDvi alla gesDone finanziaria corrente (che nel flusso ACN
prendono il nome di “giri alle par/ corren/”)
4. Addizione di fonD non contenD e soNrazione degli usi non correnD per oNenere il flusso
residuale.
Le cause non correnD sono comuni ad entrambi gli schemi, mentre differiscono per le cause
correnD.
NeL caso del RF del flusso di cassa neNo si considerano usi/fonD correnD che non
cosDtuiscono movimenD di cassa. Nel RF del ACN si considerano invece i giri alle par/
corren/, ossia variazioni di aPvità/passività non correnD che comportano comunque
un’equivalente crescita delle aPvità/passività correnD, poiché sono parD di accertamenD/
impegni non correnD che verrano liquidaD entro 12 mesi dell’esercizio successivo.
65
I flussi di cassa sono rappresentaD nel rendiconto delle variazioni di liquidità (o cash flow
statement) allo scopo di illustrate i processi volD a mantenere in equilibrio la tesoreria. Il
cash flow statement espone le variazioni delle disponibilità liquide (cassa e banca) verificate
in un certo periodo di tempo e le operazioni che hanno determinato tali variazioni.
[Lezione 4/11]
Sono al 31/03 e per effeNuare una comparazione del mio aNuale bilancio (1° trimestre),
confronterò il mio CE con il 1° trimestre dell’anno precedente, mentre per lo SP posso
confrontarlo con quello del 31/12.
2. Flusso di cassa della ges9one opera9va nega9vo per più periodi consecu9vi, è
sostenibile? Questa situazione implica un problema di fondo, dipende anche
dall’ampiezza del periodo che sDamo considerando. In un periodo breve può verificarsi
senza simboleggiare un effePvo problema. Il disequilibrio finanziario non può essere
sostenuto per più periodi lunghi.
4. Il calcolo degli indici, tra le altre cose, permeBe di esprimere giudizi sullo stato di
salute di un’azienda. E’ importante confrontare indici del tempo t0 (presente) con
quelli storici? E con i da9 del seBore di riferimento? Entrambi i daD, storici e del seNore
di riferimento, possono cosDtuire un buon elemento di confronto. Ad eccezione di
alcune situazioni in cui ad esempio l’azienda si trova in una fase di lancio, o era in fase di
66
lancio nell’anno precedente, allora in tal caso valori storici non saranno molto indicaDvi
nel confronto. I valori storici possono essere uDli anche nel guardare al futuro.
Grazie alla correlazione delle analisi (tra equilibrio finanziario staDco e dinamico, grafico p.50
del file) si possono formulare giudizi compiuD e correP su:
L’efficacia delle poliDche finanziarie, e dunque l’efficiente gesDone del ciclo dei
finanziamenD;
Secondo l’OIC 10 il rendiconto dovrebbe spiegare l’origine dei movimenD finanziari che
hanno determinato la variazione di disponibilità liquide nell’esercizio o periodo considerato.
I flussi sono classificaD a seconda della natura delle operazioni che li hanno generaD.
Secondo quanto precisato dall’art. 2427 del Codice Civile, le variazioni riassunte, che vanno
incluse nella Nota IntegraDva, sono:
(punto 4) le variazioni intervenute nella consistenza delle voci dell'aPvo e del passivo; in
parDcolare, per le voci del PN, per i fondi e per il TFR, la formazione e le u5lizzazioni;
La somma algebrica dei flussi finanziari di ciascuna categoria rappresenta la variazione neNa
delle disponibilità liquide avvenute nel corso del periodo considerato.
67
IAS 7 - RF secondo la prassi internazionale.
Per la redazione del rendiconto, le società quotate europee devono rispeNare il principio
contabile internazionale n.7 (IAS 7).
le disponibilità liquide comprendono sia cassa che deposiD a vista; le liquide equivalenD
rappresentano invesDmenD a bt e ad alta liquidità che sono prontamente converDbili in
valori di cassa noD, e non sono soggeP a rilevante rischio di variazione di valore.
Gli uDlizzatori del bilancio sono interessaD a conoscere come l’impresa genera ed uDlizza
le disponibilità liquide ed equivalenD, indipendentemente dal Dpo di aPvità dell’impresa e
che le disponibilità liquide possano essere considerate come il prodoNo dell’impresa
(come per gli enD finanziari).
Secondo lo IAS 7 i flussi finanziari avvenuD nell’esercizio devono essere classificaD in base
alla natura/Dpologia delle operazioni che li hanno generaD (aPvità operaDva, invesDmento o
finanziaria). Tale suddivisione permeNe di comprendere la capacità delle singole aPvità di
generare (o consumare) disponibilità liquide o mezzi equivalenD.
L’a;vità opera5va comprende aPvità che generano i ricavi di un’impresa e altre aPvità
di gesDone diverse da quelle di invesDmento o finanziarie.
• L’ammontare del flusso finanziario sinteDzza in che modo l’aPvità ha generato flussi
finanziari sufficienD a rimborsare presDD, mantenere la capacità operaDva, pagare
dividendi ed effeNuare nuovi invesDmenD senza ricorrere a fonD di finanziamento
esterne.
68
• Possono derivare da: incassi da vendita di prodoP/servizi, incassi da royalDes, compensi
commissioni e altri ricavi; PagamenD a fornitori di merci/servizi, pagamenD a, e per
conto di, lavoratori dipendenD.
• L’informazione del flusso finanziario indica in quale misura sono staD sostenuD cosD per
acquisire risorse desDnate a produrre futuri provenD e flussi finanziari.
• L’indicazione del flusso è uDle nella previsione di richieste su futuri flussi finanziari da
parte dei finanziatori dell’impresa;
I flussi finanziari derivanD dall’aPvità operaDva possono essere presentaD secondo due
modalità alternaDve:
2. metodo indireBo: uDle/perdita di esercizio sono rePficaD dalle operazioni di natura non
monetaria, da differimenD/accantonamenD di precedenD o futuri incassi o pagamenD
operaDvi, da elemenD di ricavo/cosD connessi con flussi finanziari derivanD dall’aPvità di
invesDmento o finanziaria.
69
Lo IAS7 raccomanda l’uDlizzo del metodo direNo in quanto possa fornire più informazioni,
ma nella prassi è più uDlizzato il metodo indireNo.
2. rilevazione delle variazioni delle poste aPve/passive e predisposizione del prospeGo usi
e fon5;
Il prospeNo usi e fonD fornisce anche una suddivisone tra cause correnD e non correnD. Il
risultato economico è inserito tra le fonD non correnD (uDle) o tra gli usi non correnD
(perdita) perché è un aggregato del PN.
L’analisi delle componenD economiche dei flussi finanziari determinaD con metodo indireNo
è uDle a valutare l’efficienza della ges/one opera/va, in termini di risultaD reddituali
generaD.
Con struGura economica si intende il modo in cui si combinano i componenD posiDvo (ricavi
e provenD) e negaDvi (cosD e oneri) nella formazione del reddito di periodo. L’analisi della
struNura economica richiede la riclassificazione del CE. Questa può avvenire mediante tre
criteri: del valore aggiunto, del costo del venduto, variable cosDng.
TuP e tre rispondo al principio di separazione dei risultaD imputabili alla gesDone
caraNerisDca da quelli imputabili alle altre aree di gesDone.
Il risultato reddituale della gesDone operaDva è deNo margine opera9vo lordo (EBITDA) se
fa riferimento alle sole operazioni correnD, risultato opera9vo (EBIT) se riferito anche alle
operazioni non ricorrenD
70
Il CRITERIO DEL VALORE AGGIUNTO fa emergere:
- il valore aggiunto che segnala il maggior valore di mercato che l’impresa aggiunge a
materiali/servizi acquistaD da terzi.
I cosD sono riclassificaD per natura economica e disDnD in esterni ed interni per evidenziare
la ricchezza complessiva creata al neNo dei faNori esterni che hanno concorso alla sua
realizzazione.
Il CRITERIO DEL VARIABLE COSTING prevede la disDnzione dei cosD fissi e variabili in ragione
che l’uDlizzo dei faNori della produzione a cui si riferiscono i cosD, è correlato o meno al
volume/valore delle vendite.
- Per la correNa applicazione del criterio servono le informazioni derivanD dalla contabilità
analiDca e industriale, nel caso di analisi interne.
- Nel caso di analisi esterne, che trovano supporto informaDvo nel bilancio d’esercizio si
ricorre a convenzioni e semplificazioni.
Una volta riclassificato il CE, l’analisi della struNura economica avviene mediante tassi di
marginalità, ovvero rapporD tra margini economici risultaD dagli schemi riclassificaD e i
ricavi maturaD.
71
Considerando la gesDone caraNerisDca, indicando con 𝜶 l’incidenza dei cos/ opera/vi
variabili (Cov) sui ricavi di vendita (Ric), e con Cof i cos/ fissi, si può esprimere il risultato
opera5vo EBIT come:
EBIT = Ric (1 - 𝜶) - ∏ ( 1 - 𝜶)
semplificando:
EBIT = (Ric - ∏) • (1 - 𝜶)
72
mediante cui, semplificando si può arrivare a esprimere la leva operaDva come
Lo = MCV/EBIT.
[In fase di pianificazione l’azienda definisce la struNura dei cosD. In condizioni di incertezza
sul mercato futuro conviene preferire una struNura con meno cosD fissi.
Avendo la certezza di riuscire a produrre di più si può considerare una maggiore quota di
cosD fissi, che su una maggior produzione avranno incidenza minore.]
- Può agire sia come molDplicatore che come riduNore, perché il reddito della gesDone
caraNerisDca si incrementa/riduce di un importo pari alla percentuale di variazione del
faNurato per la Lo. (esempio: all’aumentare dei volumi operaDvi il risultato è più
consistente.)
Dal grado di leva operaDva è possibile desumere un indicatore di equilibrio economico, ossia
il baricentro economico opera9vo BE.
In caso di vendite superiore a quelle di pareggio Ric > ∏, e il BE+ è pari al reciproco della leva
operaDva BE+ = 1 / Lo
Considerando il risultato ante imposte, EBT, si può estendere l’analisi per cogliere gli effeP
prodoP dalla gesDone dei finanziamenD in termini di variabilità, e rischiosità complessiva.
Considerando gli oneri di natura finanziaria Of come cosD fissi, si può esprimere il risultato
ante imposte come: EBT = Ric - Cov - Cof - Of = Ric (1 - 𝜶) - Cof - Of
∏* = (Cof - Of) / (1 - 𝜶)
73
E poiché i cosD complessivi comprendono anche gli Of, sono superiori ai soli cosD operaDvi,
dunque deve verificarsi la condizione ∏* > ∏.
SosDtuendo ai cosD fissi complessivi il rapporto tra le nuove vendite di pareggio e il tasso di
contribuzione, si oPene:
Nuovamente, queste due grandezze sono uDli per esprimere un giudizio sull’equilibrio
economico e la rischiosità complessiva dell’impresa. Queste due variabili permeNono di
definire la leva economica finanziaria.
LEVA ECONOMICA FINANZIARIA. Esprime il rapporto tra la variazione % del risultato ante
imposte e la variazione % del risultato operaDvo. In forma semplificata può essere scriNa
come Lf= EBIT / EBT oppure Lf = (Ric - ∏) / (Ric - ∏*)
La Lc consente di conoscere l’incremento che subirà il reddito ante imposte al variare delle
vendite.
74
Autofinanziamento aziendale.
Generalmente si tenta solo di dare una misura oggePva della dipendenza dell’azienda dai
mercaD finanziari in caso di sviluppo.
- proprio ( o in senso streNo), corrispondente alla parte di u5li di periodo non distribui5;
è misurato quindi dai “reddiD ritenuD” e coincide con la desDnazione di uDli ad apposite
riserve di patrimonio (per il rafforzamento patrimoniale e della struNura finanziaria).
- improprio (in senso ampio), corrisponde agli ammortamenD rilevaD, alle quote TFR
maturate e gli accantonamenD a fondi rischi e oneri; è in misurato in tal senso da cosD
“non monetari”, ai cui nel medesimo periodo non corrispondono quindi uscite di cassa.
TuNa via tale metodologie si rivelano poco correlate alla dinamica dei reali flussi monetari
che l’impresa riesce a generare.
DifaP sommando all’uDle neNo i cosD non monetari si perviene ad una misura poco
significaDva, che non Dene conto del faNo che parte delle risorse sono state impiegate nel
corso della gesDone e non possono essere riuDlizzate in processi di crescita;
le disponibilità relaDve ai cosD non monetari sono da considerarsi solo temporanee a causa
dei possibili uDlizzi dei fondi accantonaD.
Per questo si aggiunge una terza categoria deNa spuria, che porta a rePfica dei cosD non
monetari le variazioni nei fondi di ammortamento e accantonamento rilevate.
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PROSPETTIVA REDDITUALE
DETERMINAZIONE + risultato neNo d’esercizio + risultato neNo d’esercizio + risultato neNo d’esercizio
- dividendi deliberaD + +ammortamenD - dividendo deliberaD
immobilizzazioni + +ammortamenD
+ acc.to a fondi rischi /TFR immobilizzazioni
+ acc.to a fondi rischi /TFR
- invesDmenD di rinnovo
- uDlizzo fondi rischi/TFR
-
RISULTATO REDDITI RITENUTI CASH EARNING CASH EARNING RETTIFICATO
Ciò consente la quanDficazione dell’AF relaDvamente alle risorse finanziarie che la gesDone
aziendale riesce a liberare, e l’analisi della possibilità di sostenere, totalmente o in parte,
programmi di espansione con risorse interne.
Tale prospePva fa riferimento in modo specifico alla produzione di risorse imputabile alla
parte corrente legata ai cicli operaDvi.
In tal senso, l’AF si presenta quando l’impresa è in grado di espandere i suoi invesDmenD
senza ricorrere, o in modo proporzionale, alla dilatazione dell’indebitamento o del capitale
proprio (o entrambi).
76
- reale, si differenzia dal potenziale poiché Dene in considerazione le variazioni del capitale
circolante neNo. È misurato dal flusso di cassa della gesDone corrente ed è misurato
secondo il metodo direNo e indireNo.
PROSPETTIVA FINANZIARIA
RISULTATO FLUSSO CIRCOLANTE DELLA FLUSSO DI CASSA DELLA FREE CASH FLOW
GESTIONE CORRENTE GESTIONE CORRENTE
77
Considerando che il tasso di intensità del capitale IC è il rapporto tra CIN e ricavi operaD,
ipoDzzando che il tasso non cambi per effeNo della crescita, il fabbisogno di sviluppo si può
scrivere come: FFS = IC • (R1 - R0)
Indicando con g1R l’incremento % delle vendite previsto per il periodo considerato, si oPene:
FFS = g1R • IC • R0
1. quando FFS > Af allora FFE > 0. I mezzi generaD internamente non sono sufficienD a
finanziare lo sviluppo, l’impresa deve decidere se rallentare la crescita, intervenire sulla
produPvità del capitale invesDto o rivedere le proprie poliDche finanziarie;
3. quando FFS < Af allora FFE < 0. Ci sono risorse finanziarie in eccedenza da poter uDlizzare
nel processo di crescita o per distribuire dividendi.
Il Tasso di autofinanziamento TAf può essere determinato dal rapporto tra l’AF che potrà
generarsi nel periodo considerato e il volume di vendite di inizio periodo (Af / R0). Dividendo
ancora per IC si può trovare il tasso di sviluppo autonomamente sostenibile TSV = TAf /IC.
Paragonando tale tasso all'incremento aNeso dalle vendite g1R si può capire se l'impresa è in
grado di sostenere autonomamente lo sviluppo ipoDzzato.
78
Domande
3. I flussi monetari sono la variabile correBa per esprimerla? No, lo sono i flussi di cassa.
3. g < 0 decrescita Può essere il fruNo di una serie di disequilibri. Esempio: si cede un ramo
d’azienda per sopravvivere nell’immediato futuro, ma ciò va a discapito del controllo direNo su
tale ramo. ]
“guardarsi intorno”: saper conoscere ed analizzare gli sta5 aGuali relaDvi ai seNori
industriali e le aziende che vi competono, delle economie nazionali in cui sono localizzaD
gli approvvigionamenD, le produzioni, i mercaD di sbocco …;
“guardare avan9”: considerare che ogni stato può non rimanere stabile, ma mutare.
Avere consapevolezza della provvisorietà dei quadri micro e macro economici. Vi è
pertanto la necessità di ragionare su probabili situazioni alternaDve correlate ad un
orizzonte temporale limitato.
79
Pur avvenendo in tempi diversi, la formazione delle aspeNaDve del management tecnico-
economico (esplicitate nei piani aziendali) e la formazione delle aspeNaDve degli invesDtori,
sono fasi interconnesse e cruciali per la valutazione delle imprese, la loro quotazione e
conDnuità.
Il piano finanziario assume importanza per gli invesDtori in quanto soNoscriNo dal top-
management che si impegna nel loro interesse a conseguire aspeNaDve di risultato di
specifiche prospePve e coordinate finanziarie.
Un piano aziendale indica la possibile evoluzione del capitale tenendo conto di congeNure
ed ipotesi che mirano a contenere il range di alternaDve considerate dal management.
Gli scenari consideraD sono contes/ probabili, non è possibile pensare a determinazioni
certe, e la varietà di scenari possibili indica la rischiosità dell’iniziaDva. In chiave
probabilisDca, la configurazione di scenari alternaDvi consente di configurare un risultato
aGeso.
Il gradimento delle prospePve aziendali da parte dei mercaD finanziari comporta, nel caso di
start-up, il finanziamento dell’iniziaDva in misura non maggiore del valore finanziario
dell’invesDmento richiesto; o l’aggiornamento del capitale invesDto e una seguente
rivalutazione/svalutazione.
È in ogni caso opportuno soNoporre i piani da una verifica an5cipata del grado di congruità
e coerenza rispeNo alle preferenze del mercato finanziario, in termini di appe/bilità delle
offerte di invesDmento.
Al fine di sopravvivere alla mutevolezza della domanda proveniente dai segmenD di mercato
di riferimento, l’impresa delle cercare soluzioni strategiche idonee.
Convinzioni ed aspeNaDve dei responsabili aziendali sono composte in piani aziendali per
l’esame, la comunicazione interna e l’approvazione. Le aspeNaDve sono formalizzate in
prospeP patrimoniali, economici e finanziari che considerano gli scenari contemplaD.
DeP piani riguardano un’orizzonte temporale corrente con la profondità delle aspeNaDve.
Ogni piano conDene una prospe;va come ad esempio di stabilità, o di espansione o
crescita.
La valutazione finanziaria dei piani richiede che siano esplicitate le poliDche finanziarie di
quesD, in quanto ne condizionano la finanziabilità.
Gli approcci seguiD per la produzione sono diversi, ma accomunaD dalla fase di studio delle
alternaDve possibili, la selezione delle più probabili e la sintesi in risultai aNesi.
80
1. approccio: SCENARIO STABILE. Quando il soggeNo che effeNua la pianificazione riDene
che l’ambiente compe//vo nel quale l’impresa opererà, e il modello di business (risorse
chiave, organizzazione aziendale e struNura economica) rimarranno stabili, configura
scenari in con/nuità col passato.
Le analisi di sensi/vità dei risultaD aziendali alle variazioni registrate nel passato dovute a
variabili esogene (es: variazione del tasso di cambio) suggeriscono di considerare ulteriori
possibili varianD, che conducono a risultaD economici e finanziari prospeNataD differenD.
I risultaD aNesi, pur equiprobabili, derivanD dal piano saranno caraNerizzaD da una certa
deviazione standard, che misura staDsDcamente la dispersione dei risultaD possibili rispeNo
al risultato aNeso.
Quando il quadro prospePco considerato dal pianificatore risulta meno stabile, egli
prenderà in considerazione scenari e strategie alteraDve anche molto differenD tra loro.
In questo caso i flussi aGesi saranno le medie dei flussi configuraD negli scenari alternaDvi,
ponderaD per la probabilità di scenario.
La mera rappresentazione non ha alcuna influenza sulla valutazione dei finanziatori, purché
la sostanza non cambi (cambia ad esempio quando nella rappresentazione si consideri anche
quale parte di scenari il management intenda seguire).
81
Le valutazioni che il mercato effeNuerà terranno conto delle poliDche di finanziamento che
l’impresa intende adoNare, in relazione all’uso struNurale dell risorse. Tali quesDoni
condizionano la solvibilità prospePca, e di conseguenza anche le pretese di rischio e
rendimento.
Il piano finanziario cui si perviene assume valore al fine di s5mare il valore del capitale.
CosDtuirà il documento idoneo a fornire un quadro prospePco uDle agli invesDtori per
effeNuare le valutazioni in merito alla partecipazione o il coinvolgimento nell’iniziaDva.
[esempio: I revisori di bilanci redigono dei piani autonomi per verificare la conDnuità
aziendale, per valutare se gli assunD sul bilancio che devono firmare siano correP. Se non si
ritrovano, redigono il proprio piano autonomo.]
Le sDme pulri-periodali, non condoNe tramite algoritmi, producono come risultato serie di
valori irregolari. È quasi sempre possibile far emerge una regola per la pianificazione, per
cogliere la tendenza intertemporale implicita all’aspeNaDva. (crescita, decrescita,
espansione)
PIANI SINTETICI. Dai piani analiDci si può pervenire a piani sinteDci finanziariamente
equivalenD. Sono finanziariamente equivalen5 quando la sintesi effeNuata non incide
sull’apprezzamento da parte dei finanziatori.
La variabilità dei risultaD aNesi deriva dagli scenari (e varianD) consideraD dal pianificatore, e
dalla unicità ( o meno) della regola adoNata per configurare le diverse componenD posiDve
e negaDve indicate negli scenari.
82
Valutazioni con il DCF.
Il DCF è il metodo di valutazione principale. L’impresa può applicarlo per aNribuire un valore
complessivo all’intero capitale invesDto, o alle singole opportunità di invesDmento
industriali.
Il flusso di cassa in ogni periodo è pari al precedente per il faNore di crescita, pari al saggio di
crescita aumentato di un’unità. CFt = CFt-1 • ( 1 + g )
con
83
L’espressione VA temporaneo ha validità per l’aNuazione dei flussi di cassa derivanD dal
capitale invesDto, che quesD siano costanD, in crescita o decrescenD per una durata (n),
limitata o illimitata.
Il faNore di aNualizzazione per la determinazione del valore temporaneo è valido per ogni
finestra valutaDva (n). Considerando il caso limite in cui questa sia n = ∞, a si riduce a:
L’adozione del DCF nel procedimento sinteDco (regolarità dei flussi) conduce al calcolo del
VA dell’invesDmento seguendo l’unica regola: VA = CF1 • an/ k, g + VA(TV)
sia a flussi con distribuzione irregolare, derivanD da una pianificazione analiDca, non regolata;
che ai flussi derivaD da una pianificazione condoNa mediante una regola, da cui può originare una
serie di flussi irregolari (esempio: i piani dei molteplici scenari sono configuraD secondo regole
diverse) o regolari.
Il procedimento valuta9vo sinte9co può essere applicato con immediatezza solo ai flussi con
distribuzione regolare: la regola uDlizzata per la pianificazione conDene in sé già le determinaD del
valore.
84
Il COSTO OPPORTUNITÀ è diverso a seconda dei soggeP a cui si riferisce.
SP (unlevered) SP (impresa levered)
ATTIVO PASSIVO ATTIVO PASSIVO
Bond
Share (PN) (capitale di terzi,
finanziamenD che
l’azienda riceve )
Share
(Il capitale sociale, PN)
Nel caso di un’impresa non indebitata, unlevered, l’unica pretesa di rendimento coincide
con il costo del capitale di rischio. Gli unici che potranno avanzare le pretese di rischio
saranno gli azionisD. Il costo del capitale per gli azionisD è ke (da equity).
Con ko o Wacc si indica il costo medio ponderato del capitale, che Dene conto delle pretese
di rendimento complessive di creditori e azionisD. Wacc = B / (B + S) • Ki + S / (B + S) •Ke
Esempio: Nessun azionista sarebbe disposto ad invesDre in un’azienda che non distribuisce dividendi
( ke = 0) , e che magari è anche in fase di crescita, quindi la sDma di un’ipoteDca azione non
cambierebbe nel tempo. Poiché comunque dovrebbe sostenere un rischio senza oNenere un
rendimento, che per l’azionista deriva dai dividendi e dal capital gain.
Discorso analogo per le banche, nessuna sarebbe disposta a finanziare senza ricevere il
riconoscimento di interessi (Ki = 0).
La società deve andare a considerare, mediante il Wacc, le valutazioni che possono compiere
terzi, poiché ogni soggeNo interessato compierà l’aNualizzazione dei flussi di cassa in base al
proprio tasso di rendimento k.
Al fine di valutare un’azienda bisogna immaginare i flussi di cassa che è in grado di produrre
dal momento corrente al futuro, compiendo dunque l’aNualizzazione dei flussi di cassa
futuri. È però difficile prevedere il valore potenziale di un’azienda, ipoDzzarne la potenzialità
esplosiva. E questa è la difficoltà che incontra il mercato nell’aNribuire il giusto valore di
quotazione.
85
La finestra temporale di pianificazione è dunque necessariamente limitata (epoca l) e il
piano finanziario deve indicare il valore di recupero del capitale inves/to CR in quell’epoca in
cui avrà esaurito la sua convenienza di sfruNamento.
Considerando un periodo inferiore (epoca n < l), dalla pianificazione non emerge il vantaggio
legato al periodo intermedio tra n e l. Occorre in tal caso tener conto, non del CR, ma del
Terminal Value che corrisponde al valore residuo che non sarà apprezzato, data la
limitazione del piano all’epoca n.
La limitazione della finestra temporale adoNata per la pianificazione condiziona l’uso dei
procedimenD valutaDvi (analiDco o sinteDci).
Numero di flussi
IllimitaD LimitaD
VA = CF1 • 1/k
a∞, k = 1/k
86
Riclassifica di CE per imprese in stato stazionario (Approfondimento 7.1)
Dal punto di vista finanziario, la reddiDvità assume importanza solo nel caso di imprese in
stato stazionario, ossia quando i risultaD reddituali corrispondo a quelli finanziari, e
assumono così rilevanza nelle analisi di convenienza economica degli impieghi di capitale.
Per compiere tali analisi, il CE viene riclassificato e si effeNuano dei calcoli. Perché?
Ricordando che gli interessi passivi sono deducibili, nel momento in cui devo andare a
confrontare due aziende, per evitare che una delle due risulD più remuneraDva per il
semplice moDvo che ha detraNo gli interessi passivi, e dunque a parità ha pagato meno
imposte, mi vado a calcolare il beneficio fiscale che viene derivante dalla deduzione degli
interessi.
- NOPAT = EBIT • (1 - t ) - IRAP Net Opera/ng Profit Aler Taxes: reddito operaDvo al neNo
delle imposte che l’impresa pagherebbe se non fosse indebitata. (t = aliquota fiscale)
L’IRAP viene presa così e non calcolata, questa ha base imponibile diversa dall’Ires che
può essere calcolata a parDre dall’EBIT.
- NOLPAT = NOPAT + bf Net Opera/ng Profit Levered Aler Taxes: reddito operaDvo al
neNo delle imposte effePve che l’impresa indebitata paga sfruNando la deducibilità degli
interessi passivi.
Dove bf = t (IPn + OF) è il risparmio in imposte di cui gode l’impresa in ragione della
deducibilità degli interessi passivi IPn e gli oneri finanziari, legaD all’indebitamento.
L’Ires figuraDva sul risultato operaDvo è calcolata prima della deduzione degli interessi.
Dopo viene calcolato il beneficio fiscale dunque il risparmio fiscale per interessi passivi sui
finanziamenD, factoring/leasing, commissioni e oneri bancari (che normalmente ho se
accendo dei finanziamenD.
ONengo alla fine il Net Income, che è il reddito neNo proveniente dalla riclassificazione.
87
Combinando i risultaD dei CE riclassificaD e le grandezze patrimoniali dello SPET (lo SP
normalmente riclassificato), si possono oNenere i tassi periodali di reddiDvità.
esempio: ROI = EBIT / CIN ReddiDvità lorda dei capitali nella gesDone operaDva
ROIu = NOPAT / CIN ReddiDvità al neNo delle imposte figuraDve, dei capitali
impiegaD nella gesDone operaDva (unlevered)
ROIl =NOPLAT / CIN ReddiDvità al neNo delle imposte effePve, dei capitali
impiegaD nella gesDone operaDva.
ROE = NI / PN
88
Crescita per espansione.
Questa crescita tendenziale può avvenire per due faNori: sviluppo (mi sto ingrandendo) o
espansione (mi sto espandendo, cioè non aumento in dimensioni, ma cresco occupando lo
spazio lasciato dalle quote di mercato altrui).
Essendo l’impresa non indebitata posso prendere il NOPAT (non essendo indebitata non ho
interessi passivi e oneri fiscali). Per trovare il flusso di devo aggiungere gli ammortamenD
perché quesD sono aggiustamenD che vengono faP per la competenza economica, è quanto
si presume si sia consumato di una determinata immobilizzazione (ma non producono flussi
di cassa, che si sono invece verificaD all’inizio quando ho acquistato il macchinario).
Una volta contabilizzato l’ammortamento occorre che il capitale fisso sia reintegrato in
misura pari alla svalutazione sDmata: ciò comporta la pianificazione di invesDmenD pari agli
ammortamenD. (Devo tener conto che il macchinario nel tempo ha delle perdite, deve
essere manutenzionato e ciò mi comporta dei cosD che devo considerare all’interno del
piano).
Dunque, per mantenere lo stazionario (in cui tuNo funziona), il flusso di cassa operaDvo che
dovrà residuare per mantenere una conDnuità di risultato sarà il FCFOSStl che coincide con la
misura del NOPATtl . (perché quello che deprezzo pr la perdita di valore lo riconsidero come
uscite per la manutenzione)
Il capitale invesDto a fine periodo rimarrà costante se tuNo il flusso di cassa (che in questo
caso coincide con il reddito neNo, o NI) sarà distribuito agli azionisD, cioè il payout sarà pari
al 100%. Perché ciò significa che di tuNo che ho generato non sto reinvestendo nulla (esclusa
la parte che mi serve per mantenere costante il capitale invesDto), tuNo il restante viene
distribuito agli azionisD). In questa maniera possono oNenere un g = 0.
In caso diverso Se non distribuisco tuNo agli azionisD, e quello che mi rimane lo reinvesto
in azienda (oltre la perdita di valore precedente che è stata già ricoperta), all’inizio del
periodo successivo mi troverò con un capitale inves5to maggiore. Dunque a parità di
indici finali, risulterà anche un uDle maggiore. Vi saranno dunque più dividendi da
distribuire, e quindi più possibilità di reinvesDre. Aumenterà quindi di nuovo il capitale
invesDto.
89
[Il ROI, ritorno sugli invesDmenD, indica la reddiDvità lorda (poiché considerata prima degli
interessi e delle tasse) dei capitali impiegaD nell’aPvità]
CF 1 10 2 8 108b
la società decide di distribuire il 20% e reinvesDre l’80% di quello che ha a fine anno.
Ciò comporta che il flusso di cassa nel periodo 1, CF1, sarà pari al capitale per il 10% (10).
E di questo 10, il 20% lo distribuisco agli azionisD (2), e l’80% lo reinvesto (8).
Mantenendo costante il ROI al 10% il mio CF al termine del del periodo 1, e dunque il primo
CF2 sarà pari a 10,8. Anche il capitale distribuito e reinvesDto sarà di più. Sarà maggiore
anche il capitale invesDto a fine periodo, pari a 116,6.
[riassumendo: Il capitale invesDto T0 mi produce un ROI che viene definito un flusso di cassa
del primo periodo, pari a D, ma parte di questo la distribuisco (i dividendi del primo periodo)
L’altra parte viene reinvesDta in azienda, e ciò comporta un’aumento del capitale invesDto
pari al capitale prodoNo - dividendi.]
90
Nel modello per espansione adoperato, i flussi di cassa aziendali cresceranno fino
all’orizzonte temporale considerato per la pianificazione (indicato con n o l), al saggio di
espansione ga tl che è pari al flusso di cassa FCFFtl non distribuito sul capitale iniziale:
2. ROI costante.
Domande:
1. RispeBo al modello di crescita standard dei dividendi, è vero che il tasso di crescita dei
dividendi e il tasso di crescita del valore azionario sono iden9ci?
Ricordiamo che sostanzialmente il valore dell’azione “anDcipa” quello che accadrà nel
futuro perché riporta, in hp di mercaD perfeP, al valore aNuale tuNo quello che verrà
dato in futuro, incluso il capital gain. Il capital gain viene scontato al momento aNuale al
valore che si presuppone avrà in futuro.
I flussi di cassa che danno le azioni, escluso il capital gain che già viene scontato, sono
proprio i dividendi. Se posseggo un’azione, percepisco i dividendi che l’azienda eroga.
Dunque la risposta, in mercato perfeNo, è sì.
Di faP il valore di un’azione oggi (in un mercato perfeNo) sconta tuP i flussi di cassa che si
manifesteranno in futuro. Dovrebbe dunque corrispondere all’aNualizzazione dei dividendi
futuri e del valore finale, ossia il capital gain (prezzo di vendita - prezzo di acquisto).
91
2. Quali faBori determinano il rapporto prezzo/u9li d’impresa? Crescita e livello di rischio
associato all’impresa, o altro?
Con crescita nulla avrò sempre gli stessi dividendi, con crescita costante i dividendi si
implementeranno dello stesso saggio di crescita con cui si implementeranno i flussi i
cassa dell’azienda (esempio numerico).
Devo considerare il valore del capitale recuperabile sia nel caso dell’azienda, come Terminal
Value dell’azienda, sia nel caso delle azioni, come valore finale delle azioni.
Dato che si parla di dividendi, sarà l’aNualizzazione dei flussi di cassa della proprietà (ke è
infaP il tasso associato all’equity).
Abbiamo inoltre deNo che il binomio impresa-valore evidenzia le scelte che vengono
compiute in generale, quali le poliDche di invesDmento, l’aPvo patrimoniale, le poliDche di
finanziamento e le poliDche di dividendo.
92
Questa formula permeNe l’aNualizzazione del Terminal
Value. Il ko è il costo-opportunità del capitale, visto dalla
parte aDva, quindi come costo medio ponderato del
capitale.
L’azienda produce dei flussi finanziari, ma si può decidere cosa farne, se darli tuP agli
azionisD, se darne parte agli azionisD e parte reinvesDrli in azienda, o non darne alcuni agli
azionisD e reinvesDre tuNo in azienda.
Il capitale che rimane in azienda e viene reinvesDto aumenta la quota di ges5one degli
amministratori. In tal caso gli azionisD non vedono remuneraD i propri invesDmenD
nell’immediato. Questo discorso si collega alla poliDca dei dividendi.
Nel passato, delle teorie in America sostenevano che l’azienda, che si rivolge al mercato, per
aNrarre capitali deve fare in modo di distribuire più dividendi possibili nel corso del tempo,
in modo di assecondare i finanziatori perché vedranno remunerato con costanza il capitale
che hanno invesDto.
Mentre nel modello per espansione, con ROI costante, il ritorno sugli invesDmenD costante,
e dunque alche il TIR; nel modello di crescita per sviluppo cambiano i faNori. Riguarda
normalmente i seNori o le singole imprese.
Come già visto, nel modello per espansione la crescita è prodoNa da un trend congiunturale,
c’è un’espansione del sistema, ma non cambiano le posizioni compeDDve e la reddiDvità dei
capitali invesDD (e di faP hanno tuP ROI e TIR costanD).
Mentre la crescita per espansione dipende dalla dimensione del capitale invesDto, la crescita
per sviluppo riguarda la crescita dei rendimen9 periodali aziendali.
93
Modello di crescita per sviluppo. (cap 9)
Il modello di crescita per sviluppo riguarda normalmente seNori o singole imprese, solo per
periodi temporanei.
Comporta un’aumento di reddiDvità rispeNo agli altri operatori, e l’aumento del vantaggio
compeDDvo. Per alcuni il ROI aumenta, per altri diminuisce.
Nella realtà ciò non avviene, e a causa dei vantaggi compeDDvi realizzabili nei mercaD
reali, le aziende possono conseguire un ROIC (return on invested capital) maggiore del
costo del capitale.
Ciò presuppone però che a parità di capitale invesDto, cresca la reddiDvità del capitale stesso
(sennò si verificherebbe una situazione di ROI costante).
Come fa ad aumentare la reddi9vità del capitale inves9to ROIC? Parlando di ROI (EBIT/CIN)
e ROIC (NOPAT/CIN) ciò è possibile aumentando la parte del numeratore. Questo significa
andare ad incidere sulle vendite.
Gli organi decisionali, che devo confrontarsi con condizioni di incertezza e rischiosità
aziendale, devono tener conto della natura dei risulta/ a0esi, quali variabili aleatorie
rappresentate nei piani tramite valori medi.
94
CHI: InteressaD ad
- invesDtori Nei processi decisionali individuare:
(proprietari e ANenzionano il rischio di finanziamento e - fon5 e faGori di
creditori), - da prospe;ve gesDone aziendale rischio
- imprenditori e diverse considerano l’impaGo - modalità di
manager - per mo5vi diversi che gli evenD futuri manifestazione
generano sulla - evoluzione nel
performance tempo
economico-aziendale - quan5ficazione
dell’impresa. degli effeP
incidenza sul valore dell’impresa, dai proprietari (ricordando sempre che il rischio può
avere accezione sia negaDva che posiDva);
modifiche nel merito credi9zio e nella solvibilità di impresa, dai creditori (per verificare
se riusciranno a tornare in possesso almeno della quota di capitale che avevano prestato);
L’azienda è soggeNa a rischi sia endogeni, la cui individuazione è più facile, originando
dall’interno, che esogeni, i quali possono presentarsi in modo improvviso (esempio: Covid,
inflazione, guerre, aumento dei cosD delle materie prime) o potrebbero non esserci in
azienda figure professionali in grado di idenDficarli prevenDvamente.
L’insieme delle aPvità volte alla gesDone dei rischi d’impresa prende il nome di risk
management, i cui approcci mirano a processi di ges5one del rischio trasversali alla
struGura aziendali, dunque una gesDone del rischio che coinvolge diverse aree aziendali.
Il governo dei rischi richiede coerenD asseP di governance dell’impresa; quanto più la
struNura aziendale è grande e complessa, e presente in diversi mercaD, e più è esposta a
rischi.
Una volta individuaD i rischi, il risk manager può scegliere diversi percorsi per gesDrli.
Se i rischi generaD da un’aPvità/progeNo superano la soglia massima fissata dal
management, si può scegliere di non realizzare l’aPvità in quesDone, cd. risk avoidance.
95
In tal caso il costo della copertura del rischio sarebbe maggiore di quello generato
dall’aPvità. Quando i rischi sono al di soNo della soglia massima di sopportazione, i percorsi
per il traNamento del rischio sono:
ruolo aPvo dell’OdG nel definire un sistema di obieJvi rela9vi ai rischi, (risk appe/te
framework).
una struNura di controlli arDcolata su più livelli (es: Swiss Cheese model)
un’approccio integrato alla ges9one dei rischi, che non si limita all’individuazione e
trasferimento, ma anche ad azioni di mi/gazione e diminuzione delle probabilità di
accadimento.
Esempio:modello di individuazione e
ges/one dei rischi “Swiss Cheese
Model”(James Reason)
Una volta idenDficaD e quanDficaD sarà il sistema stesso a porre in essere delle griglie di
controllo di modo da interceNarli immediatamente al loro manifestarsi.
Frappone tra la realizzazione del rischio e la manifestazione di questo una griglia di controllo
(nel modello, una feNa di formaggio con i buchi).
96
Se tale rischio, nel corso della sua manifestazione incontra la parte di formaggio non bucata,
ossia l’aPvità di controllo dell’azienda, questa pone subito in essere delle azioni di
miDgazione.
1. Modalità di manifestazione
• rischi puri: generaD da evenD naturali (incendi, terremoD ..) capaci di produrre sono effeP
negaDvi per l’impresa e l’imprenditore.
• rischi specula/vi: legaD a faNori di incertezza che possono influenzare la variabilità dei
risultaD aNesi, con la possibilità di produrre sia effeP negaD che posiDvi.
• proprietari: equity risk, considera tuP i faNori che possano incidere posiDvamente o
negaDvamente sulla remunerazione del capitale proprio.
• finanziatori: debt risk, legato al merito crediDzio dell’azienda, considera tuP i faNori che
possano pregiudicare la solvibilità dell’azienda, e quindi la remunerazione e i rimborsi del
capitale di presDto.
• rischio opera/vo: effeP che la condizione di incertezza genera sui risultaD operaDvi
prodoP dall’aPvità caraNerisDca dell’impresa. Grava su tuP i finanziatori (creditori e
azionisD). Questo rischio è influenzato dai mercaD di sbocco, ma anche dai mercaD di
approvvigionamento.
Per questo moDvo la leva complessiva è calcolata come lo • lf e non come somma.
97
4. faGori scatenan5
• rischi finanziari di prezzo: legaD alla variabilità dei prezzi, tassi di interesse, tassi di cambio
o commodiDes (un bene per cui c'è domanda ma che è offerto senza differenze qualitaDve
sul mercato ed è fungibile, cioè il prodoNo è lo stesso indipendentemente da chi lo
produce, come per esempio il petrolio o i metalli)
In quest’oPca il rischio di business andrebbe a rappresentare una sintesi delle altre Dpologie
di rischio, e tenderebbe a coincidere con l’operaDng risk.
(cap 18) Alle sopra elencate dinamiche di rischio strategico vanno ad aggiungersi delle
dinamiche che riguardano l’azienda e il suo bilancio:
Rischi finanziari
98
Rischio di mercato (sottocategorie)
Rischio di prezzo dei Dtoli Generato dalla vola9lità dei prezzi dei 9toli
azionari/obbligazionari detenuD dall’impresa e
negoziaD nei mercaD regolamentaD
Per definire il Financial Risk Management occorre considerare i momenD principali quali:
La leva principale del risk management è il capitale allocato che rappresenta il presidio con
cui l’impresa fronteggia le massime perdite potenziali che si verificano nel corso della
gesDone.
Altre leve sono gli intervenD che il management può effeNuare sulla gesDone aziendale:
99
revisione delle poliDche di produzione (make or buy, economie di scala, localizzazione
impianD).
DerivaD. Nello specifico, i deriva5 sono contraP finanziari il cui valore dipende dalle
dinamiche del prezzo di un aPvo rischioso denominato so0ostante. Il contraNo prevede lo
scambio tra le parD di un ammontare di risorse/Dtoli finanziari a scadenze paNuite, sulla
base del prezzo segnato dal so0ostante. [L’impresa va a creare delle posizioni simmetriche
rispePvamente al rischio che ha idenDficato.?]
neutralizzare gli effeJ delle variazioni dei cambi, dei tassi di interesse o dei prezzi
(sopraNuNo le imprese non finanziarie);
arbitraggio, traendo profiNo dalla differenza che uno stesso asset soNostante ha in
mercaD differenD;
Quanto deNo va posto in correlazione alle analisi di scenario. Questo argomento collega
l’analisi del rischio con la pianificazione.
100
Tra i più comuni metodi di analisi del profilo di rischio di un’impresa vi sono l’analisi di
scenario, sensivity analysis e break even analysis. Le prime due seguono la logica del what if
(cosa accadrebbe se), permeNendo di valutare il comportamento dei risultaD aNesi al variare
di determinate assumpDons a base delle previsioni.
Analisi di scenario.
Si è già deNo che il rischio è legato alla aleatoria nell’accadimento di un evento. Quando si
presenta dunque almeno una doppia opzione, “potrebbe accadere questo o quest’altro”.
In termini di pianificazione, quando sono presenD più opzioni conviene fare delle analisi di
scenario.
L’analisi di scenario è una delle tecniche esistenD per descrivere la possibile evoluzione di un
fenomeno tecnico finanziario in funzione delle condizioni di contesto che potrebbero
verificarsi.
L’insieme delle condizioni in cui il fenomeno si può svolgere è deNo scenario, che
corrisponde alla combinazione di variabili-guida in grado di influenzare, direNamente o
indireNamente, il fenomeno stesso.
Talvolta tali analisi sono talmente complesse da dover procedere con la modalità ad albero.
Da un’opzione se ne aprono altre, conducendo dunque ad una struNura ramificata.
siano definiD da un numero di variabili congruo (dunque minimo, poiché ogni variabile
aggiunta aggiunge di faNo rischio) rispeNo al numero degli output (aspeP del fenomeno
indagato) prodoNo dalla simulazione;
101
In campo imprenditoriale, tale analisi aiuta a determinare il grado di variabilità (sia spaziale
che temporale) dei risultaD e dei rendimenD aNesi da specifiche strategie e poliDche
aziendali.
even9 esterni non governabili o modificabili dall’impresa. In tal caso occorre analizzare il
possibile effeNo sui risultaD aziendali in termini di ampiezza, velocità e reversibilità
dell’impaNo.
faBori interni all’impresa, relaDva alla sua struNura e funzionamento, che determinano la
capacità di risposta ai cambiamenD (flessibilità strategica, organizzaDva, operaDva e
finanziaria). In tal caso l’azienda deve perseguire delle ipotesi di azione alternaDve.
1. Definizioni di diversi scenari nei contesD di riferimento, in cui l’azienda potrà svolgere la
propria aPvità, e costruiD sulla base di ipotesi relaDve a possibili condizioni dei mercaD
reali (di sbocco o approvvigionamento), dei mercaD finanziari e dei seNori di aPvità.
3. Individuazione delle strategie e delle poli5che aziendali idonee per ciascun contesto
5. Misura della rischiosità tramite l’uDlizzo di indici staDsDci di dispersione* dei risultaD
aNesi.
*intesa come lo scostamento dal rendimento che si manifesta rispeNo al rendimento medio. Dà la misura
dell’ampiezza della “campana” della gaussiana, in cui il punto massimo indica il valore medio.
Se la distribuzione è dispersa i rendimenD saranno estremamente incerD, poiché non vi è nemmeno un’analisi
storica su cui basarsi. Caso contrario, se la dispersione si concentra in un range contenuto di punD percentuali i
rendimenD saranno meno incerD. VAR e DS sono le misure più comuni di dispersione.
L’analisi di scenario consente così di determinare i risultaD medi aNesi (Speranza matemaDca
SM), ma anche il grado di rischiosità che li caraNerizza (varianza VAR, deviazione standard
SD, variabilità v).
102
Indicando con:
- Fs il flusso di risultato che imprenditore/ - TIRs tasso interno di rendimento che
manager sDmano che l’impresa/singolo caraNerizza l’impresa/singolo progeNo;
progeNo possa produrre in ciascun
- VAs aNribuibile all’impresa/singolo
scenario;
progeNo in ciascuno scenario,
- ROICs rendimento che imprenditore/ considerando l’intera vita uDle
manager sDmano che l’impresa/singolo economica;
progeNo possa produrre in ciascun
- ps probabilità di accadimento di ciascun
scenario, in una frazione del periodo di
scenario.
pianificazione;
Si possono misurare i ritorni medi aNesi e il loro grado di variabilità, il VA medio aNeso e il
suo livello di variabilità.
Il manager finanziario dovrà verificare il grado di congruità/coerenza dei piani rispeNo alle
preferenze che il mercato finanziario nutre in termini di appeDbilità delle offerte di
invesDmento (in termini di rischio-rendimento).
103
Dalle valutazioni prevenDve che il management deve effeNuare può risultare necessaria la
revisione degli orientamenD strategici e del modello di business.
Il piano finanziario cui si perviene assume importanza al fine di sDmare il valore del capitale.
CosDtuirà il documento idoneo a fornire un quadro prospePco uDle agli invesDtori per
effeNuare le valutazioni in merito alla partecipazione o il coinvolgimento nell’iniziaDva.
Poiché il valore dell’azienda si calcola andando ad aNualizzare i flussi di cassa prospePci
futuri, e da qui l’importanza di un’aNento piano strategico.
Essendo i rischi analizzaD sia dal punto di vista strategico che operaDvo, nelle aziende più
struNurate è importante che a livello operaDvo sia prevista la figura del risk manager, una
persona che analizza ed individua i rischi e il loro impaNo.
[Collegamento pag. 443 (organigrammi cap. 15) - Collegamento col capitolo 15 sulla Finanza
operaDva, poiché i rischi vengono valutaD sia a livello strategico (per definire il piano) che a livello
operaDvo (per definire la programmazione).
accesso del credito ristreBo: i finanziatori fanno analisi di merito crediDzio sulle aziende e
concedono finanziamenD solo al verificarsi di determinaD parametri.
104
holding, che il giorno dopo resDtuisce le somme che servono all’azienda per l’operaDvità
di quel giorno. In questo modo, se un’azienda ha difficoltà di pagamento per il giorno
successivo riesce ad oNenere la liquidità necessaria senza doversi rivolgere al sistema
crediDzio. In questo modo riescono così a ridurre il tasso di interesse. Riescono ad avere
una gesDone di tesoreria con minori cosD per il gruppo di società. Ovviamente per fare
tuNo ciò la programmazione deve essere impeccabile, devono essere sDmate con
precisione tuNe le movimentazioni del giorno seguente (a livello di incassi e pagamenD).
vola9lità dei merca9 finanziari: circolazione delle informazioni; ogni singola informazione
sui mercaD finanziari, in condizioni di mercaD globalizzaD e situazioni di crisi che vengono
costantemente monitorate, può portare a variazioni nel valore velocissime e del tuNo
incontrollate delle mie azioni.
In tale oPca, alla Finanza Aziendale aPene anche il compito di formulare previsioni
finanziarie aNendibili, analizzare e coprire i rischi finanziari, presidiare le dinamiche
monetarie di brevissimo termine, e gesDre la comunicazione finanziaria sia verso l’interno
che l’esterno.
105
Tali scelte si concreDzzano in:
106
Grazie alla fiducia creata facilita le emissioni azionarie e obbligazionarie, e le liquidità dei
Dtoli emessi.
Per potersi occupare delle aPvità sopra elencate, il manager finanziario dovrà porre
aNenzione ad una serie di aspeP quali:
Monitorare l’equilibrio finanziario Individuare e analizzare faBori/fon9 Produrre l’informa9va per gli organi
aziendale e gli scostamen9: di rischio, per valutare e ges9re gli di governance (CdA e collegio
redigerà un budget, e nei mesi impaJ sugli equilibri ges9onali: sindacale) per l’andamento della
analizzerà l’aNendibilità di quanto se non li individuasse non li potrebbe ges9one e l’obieJvo di creazione di
sDmato e le eventuali cause di gesDre. valore: i due driver principali tasso di
scostamento. aNualizzaz. e ammontare dei flussi
*Grande problema specialmente per le aziende che operano su commessa. Queste vivono
Dpicamente un primo periodo di costante tensione finanziaria, poiché iniziano a costruire l’opera
commissionata dopo aver ricevuto l’acconto dal cliente, oNenendo il saldo solo dopo un certo
periodo dal completamento dell’opera, dopo il collaudo. Nel caso tale pagamento debba arrivare
dalla PA i tempi potrebbero essere ancora più dilataD.
Al contempo devono però pagare i loro fornitori. Dunque devono comprendere prima come
finanziarsi durante il lavoro, e in caso non abbiano poi un’altra commessa, dopo come impiegare la
liquidità disponibile. Tale ricerche aNengono normalmente alla tesoreria.
107
OltretuNo avere liquidità ferma sul conto rappresenta un costo; considerando l’aNuale inflazione è
come se nel tempo perdesse in termini di potere di acquisto Quindi dovranno trovare impieghi a
breve di quella liquidità per riaverla disponibili quando dovranno coprire i cosD del prossimo lavoro,
senza perdere potere di acquisto.
Analisi e selezione delle opportunità di inves9mento, sia di lungo termine che di breve
termine, sia in termini di sostenibilità finanziaria che di convenienza economica. Di breve
sia per minimizzare il costo della disponibilità liquida sul cc e per fare in modo che vi sia
liquidità quando serve.
Individuazione ed analisi dei faBori di rischio per valutarne e ges9rne gli impaJ sugli
equilibri ges9onali. Senza individuazione ed analisi, l’azienda potrebbe venirne travolta.
(es: in caso di inflazione)
3. area della programmazione finanziaria: definire il budget (i risultaD finanziari aNesi nel
BT), e il rendiconto finanziario prospePco, laddove previsto dall’azienda;
4. area della ges9one della tesoreria: razionalizzazione dei flussi di cassa in entrata e
uscita, sopraNuNo se c’è il cash pooling;
5. area ges9one della struBura finanziaria oJmale: struNurare al meglio la parte del
passivo patrimoniale;
108
Se tuNo ciò viene svolto nel modo giusto, alcuni dei BENEFICI che ne derivano:
Sinergia tra ges9one della liquidità e Poli9ca degli affidamen9 correlata Monitoraggio periodico del merito
le altre funzioni aziendali: es. un con la necessità finanziaria effeJva: credi9zio aziendale: importante
fornitore ci dice che pagando subito non chiedo alla banca affidamenD poiché se si manifesta un imprevisto,
riesce a farci uno sconto, e noi maggiori di quelli che mi servono, così avendo un merito alto posso accedere
abbiamo la liquidità necessaria per non sopporto oneri bancari maggiori. al credito che occorre. (es: si rompe un
farlo. macchinario essenziale alla
produzione dal costo di milioni di
euro)
Riduzione dei cos9: riduzione di gli Migliore impiego delle eventuali *Subordinazione degli inves9men9
interessi passivi, oneri finanziari e disponibilità finanziarie alla loro sostenibilità finanziaria:
cosD-opportunità in termini di perdita importanza della programmazione
di potere di acquisto finanziaria. VAN e TIR driver principali.
Miglioramento del rapporto con il Migliore ges9one del ciclo acquis9, Creazione di specifiche
sistema bancario, rispondendo a sue vendite, pagamen9, magazzino: In professionalità, mo9vazione dei
richieste di informazione modo da riuscire a meNere a sistema dipenden9, miglioramento
tempes9vamente: sopraNuNo nelle le informazioni che arrivano in società. comunicazione in azienda: se si riesce
medio-piccole imprese il rischio è che a struNurare il bene il tuNo vi sarà
vengono daD alle banche dei daD non un’equa riparDzione delle aPvità,
affinaD e non realis5ci. Se invece il svolte sulla base di driver di
CFO svolge bene il suo lavoro riferimento comuni.
consegnerà daD più accuraD e
tempesDvamente.
*Come già visto un modo per valutare gli invesDmenD è tramite il VAN. È importante che vengano
valutaD ogge;vamente. Per considerare il VAN sono staD aNualizzaD i flussi di cassa futuri. Ma se
l’azienda medio-piccola non ha una struNura di programmazione finanziaria non può immaginare
correNamente né l’importo ne né il momento di manifestazione dei flussi finanziari futuri, rischiando
così di sbagliare il calcolo del VAN.
VAN e TIR sono le due principali modalità di valutazione di un invesDmento; sbagliando la sDma di
uno dei due driver l’invesDmento può essere valutato nel modo sbagliato. L’azienda potrebbe così
invesDre in aPvità non profiNevoli e andare in perdita. Da qui l’importanza della programmazione.
Altro aspeNo da considerare è che spesso le possibilità di invesDmento sono tra loro escludenD.
L’azienda ha a disposizione un ammontare limitato di risorse da poter invesDre. SDmare
l’invesDmento migliore comporta un beneficio, viceversa per le sDme errate.
109
Previsione e gesDone finanziaria. La previsione finanziaria si arDcola su tre livelli temporali,
in ragione dei quali si individuano le decisioni da considerare e e i risultaD finanziari da
sDmare.
FUNZIONE Valutazione della sostenibilità Valutazione della sostenibilità Valutazione della solvibilità
finanziaria e della finanziaria dei programmi aziendale.
convenienza economica dei opera5vi
piani strategici Verifica dell’equilibrio
Verifica dell’equilibrio finanziario di brevissimo
finanziario di breve termine termine.
OBIETTIVI
Determinazione dei Determinazione dei Valutazione dei fabbisogni o
fabbisogni finanziari derivanD fabbisogni finanziari derivanD delle disponibilità liquide
dalle scelte strategiche e dalle dall’aNuazione dei programmi derivanD dall’esecuzione degli
relaDve poliDche di aNuazione annuali di aPvità. incassi e pagamenD.
BUDGET FINANZIARI.
I budget finanziari sono prospe; contabili che offrono una rappresentazione ordinata e
sistemaDca dei movimenD finanziari prospeP prodoP dalla gesDone aziendale nell’arco di
12 mesi. Rientrano, insieme ai budget operaDvi e degli invesDmenD, nel sistema aziendale
dei budget.
110
Nel BUDGET DI TESORERIA sono rappresentate in sezioni divide e contrapposte fonD e
impieghi:
a destra: le fon5 di finanziamento usate per fronteggiare gli impieghi previsD nel periodo
considerato. Si disDnguono in autofinanziamento potenziale, disinvesDmenD in capitale
fisso, riduzioni di capitale circolante neNo, accensione di nuovi finanziamenD e
disponibilità liquide iniziali.
Esso consente di verificare il bilanciamento tra fonD e impieghi, e il modo in cui le risorse
acquisite trovano uDlizzo nella gesDone aziendale. È considerabile come la trasposizione del
CE prospePco e dello SP prospePco in flussi finanziari.
Si segue per entrambi il procedimento sinteDco che richiede la redazione dello SP e CE, da
cui è possibile s5mare le capacità di autofinanziamento potenziale, i fabbisogni finanziari
mensili e le variazioni patrimoniali significaDve.
Non è affidabile se le previsioni non sono sufficientemente analiDche. Per questo moDvo
le piccole-medio imprese spesso non lo adoperano, fermandosi al budget mensilizzato.
111
Il RF prospePco deve essere rivisto ad ogni variazione del budget economico.
Il BUDGET DI CASSA è un report contabile, il cui grado di analiDcità dipende delle esigenze
informaDve del management. È uno strumento di programmazione di breve termine indicato
per:
prevenire eccedenze di cassa bilanciare nel breve termine deficit e
temporanee surplus di cassa.
Funge da base per impostare azioni correPve volte a ricercare il coreNo equilibro
finanziari nel breve termine.
Il CASH FLOW FORECAST deriva dal budget di cassa o il RF, la sua struNura è simile a quesD.
Periodicamente, i daD previsionali contenD dei budget finanziari riferiD ai periodi passaD
vengono sosDtuiD con daD consunDvi. Le eventuali variazioni rispeNo alle previsioni
originarie di chiusura possono indurre il management a rivedere la programmazione dunque
i budget.
112
Esempi sul rischio di tasso e cambio.
Rischio di tasso: rischio che una variazione dei tassi di interesse produca effeP patrimoniali
ed economici. In parDcolare una modifica del valore delle aPvità/passività finanziarie
detenute (effeP patrimoniali) e degli oneri e provenD finanziari (effeP economici)
Cash flow: l’incremento dei tassi d’interesse produce un effeNo direNo incrementando gli
oneri finanziari da corrispondere alla controparte bancaria (es: sui mutui).
Rischio di cambio: rischio che le parità valutarie si modifichino nel periodo intercorrente due
diverse valutazioni di aPvità o passività aziendali, generando un effeNo in termini di
variazione dei cambi di riferimento.
Economic risk: influenza che le oscillazioni valutarie possono produrre sulle decisioni
strategiche di m/l periodo, e sulla posizione compeDDva dell’azienda sui mercaD di
riferimento.
Pre-transacDon /transacDon risk: variazione del flusso di cassa del regolamento di una
transazione estera dovuta a una variazione sfavorevole del tasso di cambio. Generalmente
aumenta con l'aumentare della durata del contraNo.
TranslaDon risk: rischio di cambio associato alle società che traNano valute estere e
quotano aPvità estere nei loro bilanci. Le società che possiedono beni in paesi esteri,
come impianD e macchinari, devono converDre il valore di tali beni dalla valuta estera alla
valuta del paese di origine a fini contabili.
Alla svolgimento della funzione finanza, si lega la quesDone di definire gli asseP
organizzaDvi più efficienD per lo svolgimento dei processi decisori aPnenD le problemaDche
di gesDone.
113
1. la dimensione aziendale: nelle aziende di piccole dimensioni è possibile che la funzione
finanza sia svolta dall’imprenditore stesso, o che le responsabilità finanziarie siano
incluse in altre funzioni. Nelle grandi aziende invece esiste una specifica unit organizzava
con a capo un propri o responsabile (CFO).
114
StruBura con funzione finanza in
posizione di line.
Nelle aziende più struNurate e con maggiori
prospePve di crescita, spesso l’area finanza
si configura come organo di line, inserito
nei livelli operaDvi della struNura
gerarchica.
Nell’organigramma in quesDone la funzione
finanza gode di un’autonoma direzione
finanziaria, rispondendo direNamente alla
direzione generale. Il responsabile
finanziario è così considerato ai livelli più
alD della gerarchia manageriale, vista la sua
vicinanza al DireNore generale o al CEO.
(anche se è in itale è un modello inusuale, generalmente la direzione finanziaria e la
contabilità generale non vengono separate)
StruBura organizza9va con funzione finanziaria complessa. (Tipica delle aziende non
ancora di grandi dimensioni, che aspirano a crescere)Le decisioni finanziarie sono
aNribuite all’area amministrazione-finanza-controllo, la quale risponde ad un accezione
più ampia delle problemaDche finanziarie. Sebbene l’area amministrazioni non qualifichi a
pieno il ruolo del financial management, tale governo integrato delle operazioni consente
al CEO di esercitare a pieno i compiD e raggiungere gli obiePvi della finanza operaDva.
Il complesso di aPvità
dell’area
“amministrazione” viene
ricondoNo alla funzione
finanza anche perché in
tal modo consente al
corporate governance di
operare in modo
efficace.
115
*L’Internal Audit è un’aPvità che rientra nell’ambito della corporate governance, che si occupa del
monitoraggio del sistema di controllo interno. È un’aPvità finalizzata al miglioramento dell’efficacia e
dell’efficienza dell’organizzazione, e di verifica della correNa esecuzione delle procedure .
Assiste l’organizzazione nel perseguimento dei propri obiePvi e genera valore aggiunto in quanto
finalizzato a valutare e migliorare i processi di controllo, di gesDone dei rischi e di corporate
governance.
Alla tesoreria speNa la gesDone delle fonD e degli impieghi di risorse finanziarie in un arco
temporale tra il breve (12 mesi) e il brevissimo (poche sePmane). Nella Direzione
Finanziaria, il responsabile deNa tesoreria presidia il regolare svolgimento dei cicli monetari
aPvi e passivi fino alla formazione dei flussi di cassa.
La ges9one dei rischi correla9 alla tesoreria (principalmente il rischio di tasso e cambio
che hanno un impaNo importante) e il monitoraggio.
Il controllo sui flussi di cassa: già analizzato relaDvamente al piano e ai report giornalieri
(cash pooling). il monitoraggio avviene anche a livello centrale (es: cash pooling)
116
numero di clienD, non è un’operazione così immediata), ad oggi il processo è agevolato
dalla faNurazione eleNronica;
Portafoglio ordini aggiornato, per valutare faNure da ricevere e ordini aperD, e in caso ci
si trovi a fine anno per vedere se ci sono faNure da emeNere, e note di credito da ricevere
o emeNere;
Analisi anzianità credi9, ponendo il flag per stabilire crediD scaduD/in scadenza. È
importante per evitare la perdita di crediD (che dopo 5 anni svaniscono).
Conoscenza dei cos9 dei diversi strumen9 e limi9 di fido sempre aggiorna9, se non
incasso userò più fido, e questo provoca dei cosD. Per non scoprirlo a fine mese, quando
ho maturato dei cosD, avendo una tesoreria aggiornata si possono iniziare a fare i calcoli
già quando sforo il limite.
GesDone della liquidità. La gesDone della liquidità e e della tesoreria si rilevano uDli per:
117
Finalità della gesDone della tesoreria.
- Se l’equilibrio finanziario a causa di fabbisogni non previs9 non può essere mantenuto il
tesoriere deve rivedere il budget e se necessario sollecitare la revisione dei piani.
118
4. Ridurre gli impieghi circolante e stabilizzare la vola9lità dei flussi, se ci sono tante
possibilità e non riesce a giungere ad una programmazione definiDva deve cercare di
stabilizzare quello che ha e capire come muoversi.
5. Nel caso di gruppi che operano con l’estero, centralizzare la gesDone finanziaria, (es:
cash pooling, o poliDche centralizzate per minimizzare qualche rischio).
Per liquidità, oltre cassa e banca, si considerano i Dtoli immediatamente negoziabili, vendibili
immediatamente sul mercato, che magari sono staD un impiego di liquidità di breve termine.
Domande da porsi. Come già visto la tesoreria può essere organizzata in più modi, può
dipendere direNamente dal CFO, stare soNo al direNore amministraDvo, ecc. Alcuni aziende
non hanno proprio il tesorerie, ma una figura che si occupa di monitorare casse e banche e i
correlaD andamenD.
Chi è il tesoriere? Persona che monitora giornalmente tuNa la liquidità dell’azienda, che va a
stabilire qual è il livello oPmale di liquidità, che intraPene i rapporD con le banche.
Come si fa a rivedere la struBura organizza9va della società nel caso in cui fosse
opportuno introdurre la figura del tesoriere? Tale valutazione rientra negli obiePvi di piano,
nell’ambito dell’organizzazione aziendale. Si traNa di coinvolgere l’imprenditore e
amministratori nel pianificare ed elaborare strategie che possano permeNe effePvamente
l’adozione di una struNura diversa.
119
Modelli di gesDone della tesoreria.
Il tesoriere, se c’è, ha potere decisionale quale nullo; uDlizza un un approccio (ex-post) per
la semplice misurazione, in chiave consunDva, dei livelli di equilibrio finanziario e liquidità
aziendale.
elaborare situazioni previsionali (dei cicli già in essere, mira a concludere il ciclo operaDvo
che è già iniziato) da 1-4 sePmane;
aNuare una conveniente distribuzione tra i vari conD bancari per ridurre gli oneri
finanziari; anDcipare possibili situazioni di tensione finanziaria;
adeguare la liquidità a situazioni conDngenD.
4. TESORERIA INTEGRATA: Modello più evoluto, proprio della grande azienda. Il tesoriere
supporta il CFO nel minimizzare gli assorbimenD di capitali derivanD dalla dinamiche del
circolante.
Le previsioni formulate arrivano almeno ad 1 anno; può intervenire nelle scelte sul flusso
di cassa ricorrente, sulle poliDche commerciali, la gesDone dei fornitori e dei clienD. Si
concentra sull’aPvo corrente previsionale.
120
FINALITÀ: Prevenire, evitare situazioni di tensione finanziaria.
e STRUMENTI DELLA TESORERIA:
Preven5vo di tesoreria (aggiornato quoDdianamente nelle aziende più struNurato) volto
al controllo dei saldi bancari, monitoraD per singoli isDtuto di credito per singola valuta (le
aziende maggiori possono avere più conD corrente e anche in diversa valuta per cercare di
minimizzare il rischio di cambio). ArDcolato per periodi inframensili.
Cash Flow previsionale. Tiene conto dello scadenzario clienD e fornitori, a cui vengono
poi sommaD altri flussi (per arrivare ad una posizione finanziaria neNa). Solitamente
trimestrale.
Per la correNa formalizzazione dei piani, aNraverso le strategie per programmare nel breve
periodo, sono necessarie delle decisioni. Tali decisioni avverano nell’ambito degli
invesDmenD (come struNurare l’aPvo), e nell’ambito delle poliDche di finanziamento (parte
del passivo), e relaDvamente alla distribuzione (o no) di dividendi.
L’analisi per la selezione degli invesDmenD aziendali è una fase cruciale, una valutazione
errata può dimostrarsi fatale per l’azienda; le risorse impiegate in un progeNo che fallisce
sono difficilmente recuperabili.
Il capital budgeDng conduce a decisioni opera/ve (non più strategiche) e mira all’uso
razionale del capitale.
1. A rapido rigiro: credi/ e scorte, funzionali allo svolgimento dei cicli operaDvi ricorrenD,
ossia il capitale circolante. (Se decido di dare più dilazioni di pagamento ai clienD, o far
crescere il magazzino acquistando molte materie prime, o producendo semilavoraD, di
faNo sto compiendo invesDmenD a rapido rigiro)
121
fine di invesDmento da immobilizzare nell’aPvo patrimoniale. Non sono aPvità
finalizzate all’espletamento del ciclo produPvo, ecco perché non funzionali)
Nella prospePva finanziaria le tre Dpologie rappresentano impieghi di risorse finanziare con
durate e rischi differenD. Come già deNo, la durata ci interessa in fase di pianificazione per
l’armonizzazione dei flussi, e la rischiosità per richiedere una proporzionale remunerazione.
Nella prospePva gesDonale le prime due hanno rilevanza strategica (poiché nel medio-lungo
periodo contribuiscono allo sviluppo e la profiNabilità dell’impresa), la qualità di capitale
circolante viene difeNo aNentamente valutata, come anche quegli invesDmenD che vanno a
movimentare/implementare il ciclo operaDvo aziendale, e la terza ha valenza speculaDva
(gesDone taPca di tesoreria).
Per comprendere quanto e dove l’azienda può invesDre è dunque necessario capire l’oPca
futura dell’azienda, poiché gli invesDmenD sono streNamente correlaD alle poliDche
strategiche (di espansione, integrazione, penetrazione).
122
Tipologie di progeP di invesDmenD. Sono analizzabili soNo il profilo tecnico-economico.
Dal punto di vista tecnico:
progeP indipenden9 o correla9, se i loro effeP prescindano o meno dai risultaD di altri
già realizzaD o da realizzare.
invesDmenD generatori di ricavi, occorre verificare se i flussi di cassa aNesi sono tali da
giusDficare l’invesDmento;
Quando si vanno a valutare gli invesDmenD si parla di flussi in entrata incrementali, ossia qui
flussi in più che l’invesDmento procura.
Gli organi aziendali considerano le opportunità di invesDmento sulla base dei loro effeP sul
valore aziendale (profiNabilità, correntezza finanziaria e rischiosità dell’impresa).
1. Analisi finanziaria (esplicita i profili temporali e di rischi dei flussi di cassa aNesi; il
rischio ha impaNo sul valore del flusso di cassa aNualizzato)
123
L’ANALISI FINANZIARIA richiede la correNa configurazione dei risultaD aNesi da ciascun
progeNo. Questa presuppone la sDma dei flussi di cassa assorbiD (uscite per l’impresa) e
liberaD (entrate) da ciascun progeNo considerato. È inoltre necessario sDmare il momento
della manifestazione temporale.
Ai fini delle analisi di capital budgeDng, i flussi di cassa da considerare si configurano come
Free Cash Flow (FCFO). Tale configurazione considera:
va considerata l’imposizione fiscale, dunque va al neNo degli oneri tributari che gravano
sui risultaD operaDvi generabili dall’invesDmento.
Il metodo indireNo parte invece dall’EBIDTA di Conto Economico. Può essere dunque più
comodo per le aziende che compiono la programmazione/pianificazione a parDre dal Conto
Economico.
NB: I flussi di cassa aNesi (nominali*) devono essere di naturale incrementale, poiché va
considerato il contributo che il progeNo apporta alla gesDone aziendale. Si considerano i
flussi differenziali (altrimenD non sarebbe possibile sDmare il contributo rispeNo al valore
precedente alla realizzazione del progeNo).
Si considera dunque questo valore “in più” e si aNualizza per valutarne la convenienza.
non considerare i cosD connessi al progeNo ma sostenuD prima che venga effeNuata
l’analisi del progeNo (i primi non sono recuperabili se il progeNo non viene più intrapreso);
non tener conto dei cosD generali non imputabili al singolo progeNo (i cosD generali si
sostengono comunque, a prescindere dalla realizzazione del progeNo);
124
tener conto del fenomeno per cui un nuovo prodoNo comete con i prodoP della stessa
impresa riducendone le vendite. I possibili minor ricavi vanno in tal caso consideraD come
costo differenziale.
Considerare i rischi del proge0o (poche aumentano il valore di k, necessario per il calcolo
dell’aNualizzazione).
*Se considerassi i cosD reali, dunque i flussi di cassa reali potrei fare a meno di tener conto
dell’inflazione (di cui invece si Dene conto nella sDma dei cosD, e anche dei flussi di cassa che
per questo sono nominali).
Rischio di progetto
RISCHI SPECIFICI Errori di impostazione, previsione o realizzazione.
L’impresa li può ridurre migliorando i processi di
pianificazione e controllo.
RISCHIO SPECIFICO COMPETITIVO Correlato all’agire degli aNori operanD nei seNori in
cui il progeNo andrà a collocarsi (clienD, fornitori,
concorrenD, barriere ecc) (rischi di
approvvigionamento, rischi di mercato ecc)
RISCHIO SPECIFICO DI TECNOLOGIA, LEGALE O DI PREZZO Correlato ai mutamenD tecnologici, normaDvi o alle
dinamiche di prezzo specifiche
RISCHIO INTERNAZIONALE Dinamiche dei tassi di cambio, instabilità del contesto
poliDco
RISCHIO SISTEMATICO Imprevedibilità di variabili macroeconomiche quali:
perdita potere d’acquisto, oscillazione tassi di
interesse, propensione al rischio dei mercaD
finanziari.
I primi tre sono legaD a variabili aziendali, dunque generalmente più “gesDbili”, gli ulDmi due
sono legaD a variabili di contesto.
Tra i vari metodi di misurazione del rischio di progeNo i più comuni sono:
Scenario analysis: si definiscono più contesD alternaDvi con relaDvi pesi e probabilità;
Break even analysis: non consente la misura della variabilità dei risultaD finanziari aNesi
ma permeNe di esplicitare le variabili aziendali che la determinano (leva finanziaria).
125
I primi due ricorrono ad indici staDsDci di dispersione (Var, SD, indice d variabilità). Seguono
la logica del what if.
Questo criterio di scelta segue una logica valutaDve che si dice lineare e presuppone:
4. aNualizzazione dei flussi di cassa medi aNesi ad un tasso di sconto che contenga un
adeguato premio per il rischio, in relazione alla variabilità dei flussi di cassa futuri.
La linearità del procedimento valutaDvo consiste nel faNo che è considerata un’unica
distribuzione temporale di flussi di cassa aNesi, sebbene ognuno di quesD sia a sua volta il
valore medio aNeso di una distribuzione spaziale di risultaD alternaDvi, al contempo.
Il criterio del VAN risulta coerente solo quando l’invesDmento aziendale è analogo ad un
puro invesDmento finanziario, poiché in tal caso il VAN di progeNo coincide con l’aumento di
ricchezza degli invesDtori che finanziano il progeNo.
Con tale criterio management disDnguere a dividere i progeP che creano, da quelli che
distruggono valore.
126
PunD di forza del VAN
Tiene conto del valore temporale del denaro
Fornisce una sDma puntuale del valore di un invesDmento (anziché un intervallo di confidenza)
Nella prospePva gesDonale non si considerano le fonD di finanziamento aPvate (ku), nella prospePva finanziaria
sì (wacc)
Alla base della creazione del valore vi è anche la capacità dell’impresa di rispondere
tempesDvamente alle avversità del contesto tramite la propria flessibilità strategica,
operaDva e finanziaria. In tal modo l’aleatorietà legata agli scenari futuri può trasformarsi da
minaccia a opportunità.
LimiD del modello tradizionale. Il metodo del VAN presuppone una correlazione inversa tra
incertezza e valore dell’invesDmento, le iniziaDve imprenditoriali con maggior rischio
avranno valore neNo più basso, e saranno giudicate meno convenienD.
Questa logica però non considera il “valore del management” inteso come capacità degli
organi decisionali di fronteggiare la complessità ambientale e i faNori di certezza, e la
capacità di adeguamento struNurale/organizzaDvo dell’impresa ai mutamenD di contesto.
Non considerando ciò il VAN potrebbe condurre a risultaD che generano una soNosDma
delle reali opportunità conseguenD all’invesDmento.
Si esprime a proposito la “Logica delle Opzioni”, introdoNa negli anni ’70, che integra tra le
fonD di valore di un invesDmento gli effe; che derivano dallo sfruGamento delle
opportunità emergen5 dal contesto dalla mutevolezza grazie alla flessibilità aziendale.
In tale oPca la flessibilità aziendale traduce la volaDlità dei risultaD aNesi in un’elevato
valore legato all’iniziaDva.
In un progeNo con assenza di opzioni (in cui il management è considerato solo l’esecutore
operaDvo del piano) la distribuzione è simmetrica e il VAN, che rappresenta la media della
distribuzione coincide con il valore modale.
127
In un progeNo considerate le opzioni e la flessibilità aziendale la distribuzione risulta
asimmetrica. Il valore aNeso della distribuzione asimmetrica eccede il valore modale (VAN di
base) per una misura pari ad un premio che rifleNe di valore della flessibilità manageriale.
Per gli invesDmenD aziendali occorre tener conto che i cash in sono ritorni del progeNo e i
cash out le uscite da esso richieste. Per il procedimento di costruzione dei flussi di cassa, il
calcolo del VAN può essere ricondoNo al caso di invesDmento PICO.
Però sommando al VAN il capitale inizialmente il capitale inizialmente invesDto non si oPene
il valore aNuale dell’invesDmento. Questo perché all’uscita per l’invesDmento iniziale ne
posso seguire altre, dunque la somma dei valori aNuali dei FCFO aNesi è già una sorta di
VAN, al neNo degli invesDmenD successivi a quello iniziale. Per ovviare il problema il calcolo
può essere espresso come (formula modificata CICO):
In tal modo il valore aNuali dei flussi di cassa della gesDone corrente esprime il valore
aNribuibile al progeNo sulla base dei soli ritorni derivanD dalla sua gesDone; si esplicita
inoltre il valore aNuale degli invesDmenD necessari per la realizzazione del progeNo.
Il costo opportunità si compone come rfr + risk premium. Al fine di calcolare un premio per il
rischio proporzionato ai rischi dell’invesDmento, e che sia crescente al crescere dei rischi
occorre considerare due aspeP del processo valutaDvo: la prospePva valutaDva adoNata e il
principio valutaDvo considerato.
128
PROSPETTIVA VALUTATIVA:
Nella prospe;va ges5onale (dal punto di vista del management) si segue un percorso
unlevered, volto a determinare il VAN del progeNo della base dei flussi aNesi e dei rischi
operaDvi, non considerando gli effeP correlaD alle scelte di finanziamento (leva
finanziaria, benefici fiscali).
Nella prospe;va finanziaria (dal punto di vista della proprietà) si segue il percorso
levered, e si Dene conto delle fonD di finanziamento aPvate per finanziare il progeNo.
PRINCIPIO VALUTATIVO:
I singoli progeP sono consideraD e valutaD come “piccole imprese separate” il cui valore è
deNo stand alone. Le singole iniziaDve si valutano aNualizzando i flussi di cassa operaDvi
generaD da ciascuna con un tasso (ku o wacc) che ne rifleNa il pieno rischio.
Se il rischio e la struNura finanziaria del progeNo sono simili a quelli dell’impresa nel suo
complesso sarebbe acceNabili l’uDlizzo del costo medio ponderato aziendale al posto di
quello specifico del progeNo, per velocizzare il processo decisionale.
Non è invece consigliabile in caso di progeP con maggiore o minore rischiosità, poiché si
potrebbe pervenire a valutazioni errate.
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I singoli progeP e gli invesDmenD che implicano sono valutaD come se componenD di un
portafoglio complessivo, aNraverso i quali i finanziatori oNengono una riduzione dei rischi
specifici.
La sDma del del VAN è analoga al caso precedente con la differenza che nel caso unlevered
si deve tener conto dei possibili effeP posiDvi derivanD dalle strategie di diversificazione
reale operate dall’impresa, soNraendo al kup i rischi specifici neutralizzaD dalla logica di
portafoglio.
In presenza di inflazione il costo del capitale k viene adeguato per esprimere un'aspeNaDva
di rendimento minimale che tenga conto anche delle variazioni del potere d'acquisto della
moneta. I flussi di cassa del VAN sono decurtaD in tal caso non solo per il valore del tempo e
del rischio, ma anche per le perdite di valore della moneta.
Per coerenza, se k è indicato in termini nominali, anche i flussi di cassa andranno espressi in
termini nominali, e ciò è possibile:
1. considerando le dinamiche dei prezzi specifici che si formano nei mercaD in cui
l’impresa opera (di vendita, approvvigionamento, del lavoro)
130
L’INDICE DI INTENSITÀ DI VALORE IdV di un invesDmento si calcola rapportando valore
aNuale dei flussi di cassa generaD dal progeNo con il valore aNuale di quelli assorbiD dallo
stesso, ad un costo-opportunità che tenga conto dei rischi dell’invesDmento.
Secondo tale criterio il manager dovrebbe acceNare tuP i progeP con IdV > 0 (considerando
progeP indipendenD), e preferire quelli con IdV (maggiore nel caso di progeP che si
escludono).
Il CRITERIO DEL PAYBACK PERIOD PBP (tempo di recupero) indica l’arco di tempo
necessario per recuperare l’esborso finanziario correlato alla realizzazione di un progeNo.
IpoDzzando una specifica data di rientro, la regola decisionale è acceNare i progeP che
hanno tempi di recupero entro tale data e rifiutare quelli che comportano tempi di recupero
maggiori.
Una variante rePficata spesso impiegata dai manager è il PBP aNualizzato, in cui I flussi di
cassa sono aNualizzaD prima della loro sommatoria per poter individuare l'epoca in cui
avviene il recupero di capitale. (Compromesso poco efficace, la scelta migliore rimane
comunque il VAN)
131
Il CRITERIO DEL TASSO DI RENDIMENTO MEDIO CONTABILE TRC considera il rapporto tra
il flusso di cassa prodoNo al termine di un determinato periodo, e il capitale invesDto
all’inizio dello stesso periodo:
Il management dovrebbe prendere in considerazione solo quei progeP che superano uno
specifico livello soglia deNo cut off rate (es: costo del capitale aziendale). Nel caso di più
progeP alternaDvi dovrebbe selezionare quello che presenta il miglior TRCm.
Anche questo criterio potrebbe condurre a scelte non coerenD con il principio della
massimizzazione del valore a causa dei suoi limiD. DifaP in caso di elevata erraDcità dei flussi
aNesi, il valore medio dei flussi perde di significaDvità; non coglie le dinamiche di crescita dei
flussi aNesi e prescinde dal valore finanziario del tempo e del rischio.
Il CRITERIO DEL TASSO INTERNO DI RENDIMENTO TIR considera quel parDcolare tasso di
interesse che eguaglia il valore aNuale delle entrate di un progeNo con quello delle uscite.
AdoNando tale criterio i manager dovrebbero riordinare i progeP in ragione del loro TIR e
considerare quelli che presentano TIR maggiore.
Gli analisD devono chiedersi se i progeP consideraD sono alternaDvi e/o indipendenD.
Non si possono confrontare progeP se l’enDtà degli invesDmenD è differente, poiché un
progeNo di dimensioni limitate potrebbe avere TIR elevato ma accrescere di poco la
ricchezza in termini assoluD.
sensibilità all’erra/cità dei flussi di cassa: se i flussi di cassa generaD dal progeNo
cambiano segno più di una volta ciò può generare più valori in termini di TIR.
Occorre inoltre considerare che il TIR di per sé non fornisce indicazioni in merito alla capacità
di un progeNo di contribuire alla massimizzazione della ricchezza per gli azionisD.
132
Può essere quindi preferibile adoperare l’ECOF (= TIR - k), in modo da consenDre al
management di acceNare solo i progeP con ECOF posiDvo. TuNavia la selezione dei progeP
con ECOF maggiore non corrisponde necessariamente ad un VAN maggiore.
Vantaggio del TIR: il rendimento è espresso come tasso di interesse, nozione familiare al
management.
VINCOLO FINANZIARIO
SI NO
MUTUA SI 1. Analisi sostenibilità finanziaria 1. Applicazione tecniche c.b.
ESCLUSIVITÀ 2. Applicazione tecniche c.b.
133
Il responsabile finanziario affronta il problema della copertura oPmale dei fabbisogni
definendo poliDche di finanziamento che considerino adeguatamente: gli indirizzi strategici e
i conseguenD piani finaziari; la complessità aziendale e la mutevolezza ambientale; le
numerose forme di finanziamento a cui l’impresa può ricorrere.
In sede di pianificazione si mira a definire il mix o;male tra capitale proprio e capitale di
presDto, andando a rappresentare una struBura obieJvo (o target) che si tenta di realizzare
selezionando le forme di finanziamento più opportune, coerenD con il mantenimento
dell’equilibrio finanziario.
Dal punto di vista del management finanziario, la struGura finanziaria effe;va deriva dalla
necessità di coniugare le esigenze di massimizzazione del valore, con la compaDbilità delle
forme tecniche di finanziamento con l’equilibrio finanziario.
Il responsabile finanziario deve operare una conDnua leva finanziaria, aNuando cioè
intervenD miraD a verificare il grado di indebitamento al fine di realizzare la struNura che
massimizzi il valore dell’impresa mentendo l’equilibri finanziario.
Tale criterio dell’equilibrio indirizza le scelte di struNura finanziaria in modo tale che vi sia
coerenza temporale:
Le imprese con reddiDvità operaDva stabile e ridoP rischi di business dovrebbero orientarsi
verso finanziamenD con tassi fissi;
quelle con reddiDvità operaDva fortemente variabile e elevaD rischi di business dovrebbero
prediligere fonD di finanziamento a tassi variabili e facilmente negoziabili.
134
FonD e forme tecniche di finanziamento. Le fonD di finanziamento sono disDnte in base alla
durata, l’origine e le forme tecniche che assumono.
La realizzazione della struNura oPmale richiede un processo di analisi delle forme tecniche
di finanziamento che verifichi la compaDbilità delle loro caraNerisDche tecniche con il
fabbisogno aziendale e la logica di massimizzazione del valore. Il responsabile finanziario
dovrà selezionare le forme di finanziamento osservandone gli aspeP:
Un ulteriore aspeNo da considerare è che spesso l’aPvazione delle diverse fonD di capitale è
vincolata al rilascio di una garanzia a tutela del soggeNo erogante. La capacità dell’impresa
di rilasciare tali garanzie influisce sulla sua possibilità di accesso al capitale.
135
Sostenibilità della struNura finanziaria.
Tale monitoraggio avviene mediante la verifica periodica di specifici indici di sostenibilità del
debito (sulla base di situazioni sia consulDve che previsionali).
La verifica della sostenibilità della struNura finanziaria richiede il calcolo degli indici
riconducibili a:
Gli indici di intensità dell’indebitamento, pari al reciproco degli indici di copertura, misurano
la quanDtà di debiD finanziari, al neNo delle disponibilità liquide, che l’impresa deve reperire
per generare 1€ di ricavi o di risultaD economici o finanziari. Esempi:
IIF1= PFN/ Ricavi Numero di anni necessari per rimborso dei debiD finanziari neP
aNraverso l'integrale desDnazione dei ricavi operaDvi.
IIF1= PFN/ EBITDA Numero di anni necessari per rimborso dei debiD finanziari neP
aNraverso l'integrale desDnazione del margine operaDvo lordo.
136
Gli indici di remunerabilità dell’indebitamento esprimono il grado di copertura che, in un
dato periodo, i risultaD operaDvi aziendali sono in grado di fornire agli interessi passivi.
Esprimono dunque la capacità dell’impresa di remunerare, tempo per tempo, i creditori
aziendali con le risorse prodoNe dalla gesDone caraNerisDca.
Quando tali indici assumono valore < 100 % segnalano una struNura finanziaria non
oPmale, poiché significa che gli oneri derivanD dagli strumenD di finanziamento scelD non
sono compaDbili con l’equilibrio aziendale. Esempio
IRDF1= Min (Ricavi/IP; 100%) percentuale di interessi passivi pagabili dell'anno mediante
l'integrale desDnazione dei ricavi operaDvi.
Le Linee Guida EBA si inseriscono nel corpus normaDvo regolamentare relaDvo alla gesDone
e al monitoraggio del rischio di credito in portafoglio. Le Guidelines impongono:
Le autorità del comparto bancario devono assicurarsi che gli isDtuD concedano il credito
sulla base di criteri solidi e ben definiD, e che il processo di approvazione, modifica,
rinnovo e rifinanziamento sia chiaramente stabilito.
La valutazione del merito crediDzio del richiedete dovrà essere forward looking,
calibrata anche su situazioni stressed idiosincraDche e di mercato, con la giusta
aNenzione ai faNori ESG del modello di business del prenditore di fondi.
Il business plan esponendo in modo chiaro e trasparente gli obiePvi e prospePve della
gesDone è in grado di produrre informazioni qualitaDve/quanDtaDve che consentono
alla banca di valutare la capacità storica e futura di generare liquidità da parte
137
dell’impresa. TuNavia non tuNe le imprese sono in grado di produrlo con i contenuD
adeguaD, ed è necessario che le proiezioni in esso contenute siano realisDche,
ragionevoli, e in linea con le previsioni economiche e di mercato dell’ente.
Sia in sede di valutazione dei finanziamenD e dei debitori, sia in sede di erogazione che
nelle successive aPvità di monitoraggio, integrando le strategie e le poliDche si credito
sulla base di obiePvi e indicatori ESG.
Tali faNori ESG sono uDli nella misura in cui vanno a diminuire dei rischi. Le banche
apprezzano il faNo che le imprese aNenzionino tali faNori poche implicano il monitoraggio
più aNento di alcuni rischi e il tentaDvo di minimizzarli.
si dimostra vincente per gli imprenditori, poiché molD consumatori sono aNenD alla
quesDone della sostenibilità ambientale, sociale e governance. Può dunque rappresentare
un modo di ampliare il volume delle vendite ➯ quindi sDmola il reddito operaDvo.
sono faNori aNenzionaD dal mercato credi5zio perché riducono la rischiosità aziendale
➯ aumenta la profiNabilità e il valore dell’azienda stessa.
138
Capitolo 10: Politiche di finanziamento. (+ parti del 14: modelli di valutazione fin.)
Le decisioni relaDve alla composizione del passivo (tra debiD e mezzi propri) e alla
composizione del debito (scelta tra strumenD di finanziamento di diverso Dpo e durata)
influenzano sia l’equilibrio finanziario che la creazione si valore (se c’è maggio rischio
aumenta il rendimento richiesto e diminuisce il valore, e viceversa).
Le due dinamiche vanno avanD di pari passo. Il valore aziendale, come noto, può essere o
misura dei reddiD futuri aNualizzaD, sia in misura dei flussi di cassa neP aNualizzaD. Dunque
massimizzando il profiNo e il valore si cerca di seguire entrambi i percorsi.
C’è legame tra indebitamento e valore d’impresa? Cosa accade al valore d’impresa
all’aumentare dell’indebitamento?
La connessione tra grado di indebitamento e valore dell’impresa viene studiata nel ’50 con la
teoria tradizionale, successivamente nel ’60 con Modigliani e Miller, poi nel '70 con studi
seguenD.
Come già visto, l’azienda riesce a raggiungere un’equilibrio duraturo quando c’è equilibrio
nell’area della gesDone caraNerisDca. Un disequilibrio momentaneo può anche essere
compensato dalle altre aree di gesDone, ma se l’area della gesDone caraNerisDca distrugge
liquidità anziché crearla diventa difficile parlare di autofinanziamento, di poliDche di
espansione e altro.
Nella stesse sede sono state introdoNe le poliDche di finanziamento funzionali (di cui si
occupa la gesDone operaDva, hanno impaNo direNo du questa) e struNurali (hanno impaNo
sulla gesDone dei finanziamenD, impaNando sui risultaD monetari e le voci del CE correlate).
Tali poliDche incidono sulla pianificazione finanziaria, considerando la dinamica del capitale
invesDto neNo CIN ( capitale circolante + capitale aPvo fisso). Porta a capire come
finanziarie l’aPvo patrimoniale.
139
Sono decisioni stru0urali, di pianificazione, perché il management potrà decidere quanto
finanziarsi con capitale proprio e quanto con capitale di debito solo in un’o;ca di lungo
periodo.
Quando l’azienda fallisce i proprietari rischiano di vedere perso tuNo il proprio capitale, a
differenza di chi presta capitali, che avrà oNenuto delle garanzie, e prima del fallimento
probabilmente anche parte della remunerazione. Ciò comporta che quando gli
amministratori decidono la proporzione tra capitale di terzi e capitali proprio decidono
quanto rischio di impresa assumersi, in senso direNo.
la compaDbilità della riparDzione del rischio operaDvo tra creditori e proprietari, con le
rispePve propensioni al rischio.
I criteri usaD dal management per definire la struGura finanziaria o;male sono il criterio
dell’equilibrio oPmale (per il mantenimento della solvibilità aziendale) e la massimizzazione
del valore d’impresa (criterio seguito per impostare poliDche finanziarie struNurali coerenD
con le aspeNaDve e l’avversione al rischio degli invesDtori e dei finanziatori aziendali).
140
La massimizzazione del valore consente di tener conto dei benefici delle scelte di
indebitamento (misuraD in termini di massimizzazione della reddiDvità* e dei benefici
fiscali**) e dei rischi correlaD.
** legaD alla deducibilità degli interessi passivi. Un’azienda indebitata paga meno tasse.]
Una volta individuata la struNura finanziaria oPmale è compito della Finanza operaDva,
dunque del management finanziario, aNuare le strategie necessarie a conseguirla. È altresì
importante monitorare periodicamente se il percorso aNuato sta portando alla struNura
target nelle modalità e le tempisDche previste.
Esempi:
Nella normaDva di riferimento (principi di revisione, linee guida per le banche per il
metodo crediDzio, ecc) si esplicita che la prima cosa da valutare è il contesto in cui opera
l’azienda, valutazione in cui rientra il dover informarsi su chi sono l’imprenditore e il
manager, se sono credibili e affidabili oppure no.
141
Poiché potrebbero esserci delle contrazioni del mercato del credito in totale, o
relaDvamente ad alcune forme di credito.
È necessario aNenzionare le dinamiche del mercato, alle dinamiche dei prezzi del mercato
in quel momento e alle previsioni future degli analisD di mercato.
Se l’azienda si trova in condizione di crisi (di liquidità), chi teme l’idea che l’azienda
fallisca? La proprietà, dunque i finanziatori, i fornitori e clienD. I clienD che hanno dato
anDcipi di denaro rischiano di perderlo senza ricevere la propria fornitura.
Nell’oPca dei piccoli esercizi commerciali generalmente questo non accade (pago quando
ho già a disposizione l’oggeNo, es: alimentari). Nelle aziende che muovono grande somme,
sopraNuNo se lavorano su commessa, i clienD versano grandi anDcipi.
Si fonda sulla relazione esistente tra reddiDvità neNa ROE (return on equity RN/CN,
reddiDvità per gli azionisD) e onerosità dei capitali di presDto ROD (oneri collegaD ai
finanziamenD, quanto vengono remuneraD i finanziatori).
Il ROE può essere scomposto in: reddiDvità operaDva ROI = EBIT/CIN, onerosità del debito
ROD = OF/DF e struNura finanziaria DF/PN (che funziona da leva).
In tal modo in fase di pianificazione si può idenDficare il livello di debito oltre il quale gli
invesDmenD operaDvi non generano profiNo sufficiente a coprire gli oneri finanziari.
La formula può essere ulteriormente scomposta (la u indica il caso di un’impresa unlevered,
non indebitata)
142
dove il primo addendo è la reddiDvità operaDva di un’azienda non indebitata, il secondo
addendo rappresenta il beneficio puro della leva finanziaria derivante dall’indebitamento, il
terzo addendo misura il benefico della leva correlato all’onerosità dell’indebitamento (in
ragione del faNo che gli interessi passivi sono deducibili).
È giusto cercare il mix ideale di composizione del passivo tentando di spingere la leva
finanziaria fin dove possibile, ma ciò va monitorato, perché il passaggio da B a C è causato da
una quesDone di informazioni.
143
Occorre considerare più indicatori di sostenibilità finanziaria del debito. Il più usato è il
tasso di remunerabilità finanziaria del debito, pari al rapporto tra risultato operaDvo e oneri
finaziari EBIT / OF.
se EBIT / OF è di poco > 1 indica uno stato di possibile tensione finanziaria. Un calo dei
margini, l’aumento del tasso di interesse o del debito potrebbero compromeNere la
solvibilità.
LimiD del modello: anche se il ROI supera l’onerosità del debito ciò non assicura che
l’impresa crei valore per gli azionisD; non sono assicurate le condizioni di equilibrio
finanziario (potrebbero comunque esserci forD assorbimenD di capitale circolante o fisso, e il
Dming dei flussi di cassa potrebbe non essere soddisfacente rispeNo alle esigenze della
gesDone.
Sussiste la situazione strategica di trovare la miglior composizione del passivo tra capitale
proprio e capitale di debito (per massimizzare il valore aziendale).
Ma le due situazioni in qualche modo sono collegate ( andando a parlare di flussi di cassa
futuri aNualizzaD).
Modigliani e Miller nella loro I proposizione sostenevano nella teoria dell’irrilevanza che il
valore di un’impresa levered e di una unlevered è sostanzialmente lo stesso. Questo perché
in tale oPca l’indebitamento è semplicemente una suddivisione del passivo, mentre il
passivo dell’impresa unlevered è tuNo di perDnenza della proprietà.
(Teoria sviluppata in condizione di mercaD perfeP, informazioni perfeNe …)
Se dunque ci sono cosD di dissesto sono insiD già nei flussi di cassa futuri aNesi aNualizzaD
(data la perfezione delle informazioni, già scontano quanto accadrà poiché l’informazione è
già arrivata). “Non importa come mi finanzio, perché il valore dell’azienda non cambia”.
144
MASSIMIZZAZIONE DEL VALORE E STRUTTURA FINANZIARIA OTTIMALE.
Data un’impresa con una certa struBura di aJvità che fornisce u9li neJ opera9vi di
qualità e quan9tà note, e data una certa struBura di tassi nel mercato dei capitali, esiste
un par9colare grado di indebitamento finanziario in corrispondenza del quale il valore di
mercato dell’impresa sarà maggiore che ad altri livelli di indebitamento? (1972)
Può esserci un livello oPmale di indebitamento che però comporta un livello di mercato
dell’impresa maggiore rispeNo a quello che si avrebbe avuto se il livello di indebitamento
oPmale non fosse stato raggiunto.
145
Il ki (rendimento aNeso dai finanziatori) aumenta ovviamente all’aumentare del rendimento,
come anche il ke, il rendimento richiesto dalla proprietà/invesDtori.
Il Wacc ha più o meno lo stesso andamento ma è la media ponderata dei due rendimenD
(come da formula). Il punto di minimo della curva è il punto migliore per la valorizzazione
dell’azienda.
Nella realtà non è semplice, ma potendo sDmare in modo abbastanza preciso le dinamiche
del ke e ki, e potendo dunque calcolare il Wacc, studiando la funzione si può idenDficare il
punto di minimo, dunque il range che massimizza il valore dell’azienda.
Si riesce a contenere il Wacc fin quando l’impresa non aumenta il rischio oltre la soglia di
sicurezza di indebitamento aziendale.
Affermano che l’impresa non può modificare il suo valore finanziario complessivo, che è pari
al valore dei flussi di cassa operaDvi aNesi, modificando il mix delle fonD di finanziamento
usate per finanziarie gli asset.
Sostengono che il valore dell’impresa, se levered o unlevered, non cambia, hanno solo una
diversa struNura del passivo.
Individuano dei raggruppamen5 nel mercato di imprese omogenee soNo il profilo del
rischio opera5vo. Queste avranno la stessa variabilità dei risultaD operaDvi aNesi e stesso
Wacc. Nelle classi omogenee, secondo tali ipotesi il ki = RFR.
146
Introducono il ku costo del capitale unlevered, delle imprese che non hanno debito, legato
esclusivamente alla loro rischiosità operaDva (che è lo stesso per le imprese appartenenD
alla stessa classe).
SP (unlevered)-1 SP (levered)
ATTIVO PASSIVO ATTIVO PASSIVO
Bond
Share (PN) (capitale di terzi,
finanziamenD che
l’azienda riceve )
Share
(Il capitale sociale, PN)
Il valore di mercato FVL dell’impresa che produce risultaD operaDvi EBI (earning before
taxes) costanD e perpetui, e si finanzia con un mix di capitale di debito B e capitale proprio S,
in un mercato perfeNo:
kuc indica il costo del capitale unlevered coerente cona la classe di rischio a cui apparDene
l’impresa.
Il rapporto tra il risultato operaDvo aNeso e il valore dell’impresa, esprime il costo del
capitale opera5vo ko, ovvero la media ponderata dei cosD del capitale proprio e di presDto.
Il valore dell’azienda si va a
suddividere tra la parte aNualizzata
dei flussi di cassa della parte dei
finanziamenD, e la parte dei flussa
di cassa relaDvi all’equity.
147
SECONDA PROPOSIZIONE. MM si rendono conto che la I prop. è poco applicabile alla realtà.
Si rendono conto che aumentando la leva finanziaria potrebbe mutare il valore dell’azienda,
perché muta la percezione del rischio da parte della proprietà.
[Se invece considero l’impresa non indebitata rimane ke = ku, perché ki non c’è e dunque
essendo 0 il secondo addendo scompare].
ke cresce all’aumentare
dell’indebitamento, perché è
maggiore il rischio di non riuscire a
resDtuite quanto ricevuto in
presDto (rischio finanziario).
MM ammeNono che nei mercaD reali non può esistere un unico tasso di interesse per tuNe
le operazioni di finanziamento, dato che esistono diverse forme tecniche di finanziamento,
con durate diverse, e che il merito crediDzio varia a seconda del prenditore.
Ciascuna impresa in base alle poliDche di finanziamento che intende adoNare negozia sul
mercato a tassi di interesse più o meno elevaD.
148
Il RFR rimane costate. Il ku = ko
è ugualmente costante.
[*Paradosso della teoria della rilevanza. L’individuazione della struNura finanziaria oPmale
(nel range di minimo del wacc) dipende dalla percezione del rischio aziendale dei finanziatori
in linea di presDto. Se questa aumenta con il livello di indebitamento, il costo del debito deve
scontare un premio per il rischio ki tanto più elevato quanto il financial leverage cresce. ]
TERZA PROPOSIZIONE. Hanno già analizzato la parte del passivo con i rischi associaD, ora
aNenzionano cosa accade alla parte dell’aPvo (che incide sulla formazione del ko). Spiegano
dunque le implicazioni delle loro analisi sulle poliDche aziendali invesDmento, illustrando le
connessioni tra struNura finanziaria e scelte di capital budgeDng.
Prendendo a presDto del denaro probabilmente, a meno che non distribuisca dividendi, sarà
invesDto in azienda. Si può così migliorare la situazione aziendale se si riesce ad invesDrlo ad
un tasso maggiore di quello di mercato che ha pagato per prendere a presDto il capitale.
TuNo ciò è vero se l’azienda riesce a considerare quegli invesDmenD che consentono un
tasso di rendimento superiore o almeno uguale al costo di finanziamento. (altrimenD si ha
una perdita)
kuc è il tasso di sconto idoneo per aNualizzare i flussi per ciascuna classe e definire il
valore delle imprese unlevered. FVU = NOPAT /kuc
149
Il valore di un impresa indebitata deve considerare le remunerazioni che riesce a genare
per i proprietari (NI) e per i finanziatori (IP). Considerano quindi il NOPLAT per valutare
come il beneficio fiscale incide sul valore dell’azienda (i risultaD d’imposta bf derivanD
dalla deducibilità degli IP si traducono in maggiori uDli neP per la proprietà) (bf = t • IP).
IP + NI = NOPLAT = NOPAT + bf
FVL = FVU + TS
Secondo MM, il TS è pari al valore aNuale dei futuri benefici fiscali, scontato ad un tasso pari
al costo del capitale di presDto.
TS = bf / ki = ( t • IP )/ ki = t•B
L’impresa quindi può modificare il proprio valore modificando il mix delle fonD di
finanziamento (poliDche finanziarie struNurali, con valenza strategica).
Il costo medio ponderato del capitale ko (nell’ipotesi di risultaD costanD e perpetui, come da
condizioni del modello) che è pari al rapporto tra risultato operaDvo dell’impresa e valore
d’impresa, NOPLAT / FVL, non sarà più uguale al ku, ma inferiore, e decrescente al crescere
del leverage.
150
Altre teorie.
Ulteriori modelli teorici, la trade-off theory e la pecking order theory, tengono conto delle
variabili esogene e le asimmetrie informaDve che possono alterare il legame tra le scelte di
finanziamento e il valore aziendale indicato dal modello di MM.
La trade-off theory spiega teoricamente come la struNura oPmale può essere confermata
dai cosD di default. Nella dinamica del valore di impresa, i cosD del dissesto CD, man mano
che aumenta l’indebitamento, fanno crollare il valore dell’azienda.
La pecking order theory nega che le scelte manageriali perseguano la struNura target.
L’asimmetria informaDva indurrebbe a perseguire una gerarchia prestabilita delle fonD di
finanziamento. Notano che i manager normalmente seguono un ordine delle fonD di
finanziamento che uDlizzano che va dalle aperture in conto corrente, ai mutui e solo alla
fine (se l’azienda è grande) valutano l’emissioni di obbligazioni o di nuove azioni.
L’azienda ha delle strategie di inves5mento e deve decidere su quale invesDmento invesDre (A, B, C).
Prenderà tale decisone sulla base di avere un ritorno, al fine di creare valore.
Questo procedimento va e definire il profilo del rischio opera5vo dell’azienda (a cui è associato il
costo ku, che in alcune condizioni può coincidere con il ko), dal lato dell’aPvo. Dal lato del passivo si
trovano il rischio di credito (a cui è associato il costo ki)(sopportato dalla proprietà, se l’azienda non
riesce a produrre uDli a sufficienza) e il rischio finanziario (a cui è associato il costo ke) (percepito dai
finanziatori, di non vedere remuneraD i finanziamenD concessi).
Considera inoltre il rischio associato ai singoli progeP, e dunque il relaDvo costo kp.
151
Capitolo 11: Politiche di dividendo
Gli azionisD vengono remuneraD aNraverso i dividendi o con la vendita delle partecipazioni,
tramite il differenziale posiDvo di valore tra vendita e acquisto della partecipazione.
OggeNo della poliDca dei dividendi: la decisione di distribuzione degli uDli soNo forma di
dividendi, determinando conseguentemente il reinvesDmento nell’impresa della parte non
distribuita.
Domande:
2. In caso afferma9vo, esiste una poli9ca dei dividendi oJmale, in grado cioè di
massimizzare il valore dell’impresa? (è l'argomento valutato nel capitolo stesso)
Dal momento in cui viene deliberata la distribuzione dei dividendi, e il momento in cui
quesD vengono elargiD può trascorrere un periodo anche di diversi mesi. I dividendi
vengono tassaD; la tassazione sta i capo a colui che percepisce il dividendo, dunque al
momento della distribuzione una parte viene traNenuta a fronte di tali imposte.
La tassazione varia di paese in paese. La tassazione va tenuta in considerazione perché
può influenzare le scelte compiute dagli invesDtori.
152
Remunerazione del capitale.
uDlizzare i rendimen9 espressi dal mercato finanziario per avere indicazioni sulle
poliDche di remunerazione del capitale aziendale. In tal modo potrà assumere
comportamenD analoghi alle sue principali concorrenD.
NB: La remunerazione del capitale di rischio richiede l’uDlizzo di risorse finanziarie. Genera
quindi un fabbisogno che deve essere coperto. Per questo le poliDche di finanziamento sono
streNamente connesse con le aspeNaDve della proprietà. Nella selezione delle più
opportune fonD di finanziamento si deve tenere conto anche la remunerazione della
proprietà.
Esempio: se delibero di distribuire dividendi per l’anno successivo in due tranche, ad esempio Maggio
e Novembre (mesi a caso), in fase di programmazione bisogna essere cerD di prevedere la
disponibilità finanziarie di quei flussi in quei due mesi. AltrimenD il rischio è, oltre quello di perdere
disponibilità liquide, di dover anche chiedere ulteriori finanziamenD per avere le risorse per la
distribuzione dei dividendi (che se sono staD deliberaD, devono essere distribuiD comunque). Si
incappa così in un costo che poteva essere evitato.
Quindi oltre alle esigenze della proprietà occorre oNemperare anche le esigenze di
programmazione.
Gli invesDtori sembravano prediligere le imprese con poliDche di dividendo più generose.
Il modello di Gordon (’59) definisce che il valore d’impresa con dividendi illimitaD in crescerà
costante come:
VM0 = n • P0 = (n • div1 ) /( ke - g)
Dove VM0 è il valore di mercato dell’impresa all’epoca 0, al tempo in cui viene valutata;
P0 è il valore corrente del Dtolo azionario; div1 è il dividendo aNeso per l’azione al tempo 1;
g è il tasso periodale di crescita perpetua dei dividendi; n è il numero di azioni in circolazione
all’epoca 0.
La teoria ipoDzza che g e ke siano funzione decrescete del tasso di distribuzione degli u/li.
Questo per formalizzare l’avversione al rischio degli invesDtori, che considerano più incerto il
pagamento di un dividendo più lontano nel tempo.
153
Consegue che sul valore aziendale scaricano due tensioni contrastan5:
Dall’altro, il maggior costo del capitale richiesto dagli invesDtori a seguito del più elevato
rischio percepito determinerete una riduzione dei valore aGuale dell’azienda (e quindi
dei dividendi distribuibili).
La teoria tradizionale conclude che l’effeNo posiDvo del primo fenomeno (quello degli
invesDmenD) verrebbe superato dall’effeNo negaDvo del secondo, facendo propende per
una maggiore distribuzione dei dividendi.
Dunque il valore dell’impresa è funzione unicamente degli inves9men9 e dei seguen9 cash
flow realizza9.
In tale oPca la scelta sugli invesDmenD si configura come unica determinante in grado di
influire sul valore, e dunque sul livello di dividendi futuri che può distribuire. Valore
d’impresa e dividendi vengono quindi massimizza5 dagli inves5men5 il cui tasso interno di
rendimento è maggiore del costo-opportunità del capitale.
NB: Tale condizione è verificata solo in condizioni di merca5 perfe;, comple5 ed efficien5:
in tal modo l’impresa può erogare qualsiasi livello di dividendi senza oneri aggiunDvi,
coprendo il fabbisogno aNraverso il ricorso al mercato dei capitali.
154
Copeland e Weston (1994)
Poiché lo sviluppo è fruNo dei nuovi dei nuovi invesDmenD e il valore di quesD dipende dalla
somma invesDta e dal relaDvo tasso di rendimento, il valore di un’impresa unlevered può
essere determinato come:
Valore delle aPvità in essere in ipotesi di stazionarietà + VAN dei nuovi invesDmenD di
sviluppo (che è posiDvo se il tasso di rendimento ROI > ku).
In altre parole ciò significa che se si riescono a meNere in azienda degli invesDmenD che
producono un reddito maggiore di quello pagato per contrarre finanziamenD, è possibile
oNenere un guadagno.
Dunque come anche sostenuto da MM, la creazione di valore si lega non al lato del passivo
(gesDone dei finanziamenD e dei dividendi), ma al lato dell’a;vo dello stato
patrimoniale(invesDmenD). Da qui l’esigenza di pianificare la poliDca oDmale degli
invesDmenD.
La scelta della poliDca dei dividendi è irrilevante. Essendoci in realtà frizioni nel mercaD dei
capitali le imprese dovrebbero limitare il ricorso ad operazioni quali l’emissione, e dedurre
l’ipoteDco livello oPmale dei dividendi dai flussi di cassa che residuano dai progeP
intrapresi con rendimento interno maggiore del costo-opportunità (invesDmenD strategici).
o incassare l’uDle neNo soNo forma di dividendi, e soNoscrivere per lo stesso importo una
nuova emissione azionaria (nei mercaD perfeP) ➯ in realtà sulla nuova emissione deve
pagare delle imposte.
155
Tale indifferenza si lega all’ipotesi di omogeneità di tassazione tra le diverse forme del
capitale di rischio. In realtà i sistemi fiscali dei paesi capitalisDci hanno caraNerisDche che
influiscono sulle preferenze degli invesDtori in vari modi.
L’imposizione fiscale può alterare la convenienza economica, sia per le imprese che per gli
invesDtori, delle poliDche aziendali di dividendo e finanziamento.
Questo implica che i dividendi debbano avere qualche effeNo sul valore aziendale (criDca
alla teoria a dell’irrilevanza). Il dividendo è spesso visto come strumento informaDvo, in
grado di dare noDzie sulla salute dell’azienda.
In realtà tali poliDche di dividendo stabili elevaD non sono sostenibili nel medio-lungo
periodo, sopraNuNo dalle imprese meno profiNevoli.
156
L’impresa è quindi vincolata a non peggiorare la sua struNura finanziaria, e la solvibilità, per
accedere al mercato dei capitali.
Implicazioni per il management. Sulle decisioni relaDve alla remunerazione dei mezzi propri
influiscono l’asseGo proprietario e le dimensioni dell’impresa. L’autofinanziamento infaP
assume un ruolo a diverso a seconda che l’impresa abbia una proprietà aperta o chiusa, e sia
di dimensioni grandi o medio-piccole.
Nelle imprese minori con capitale chiuso la ritenzione degli uDli diviene la fonte principale
per accrescere il capitale proprio e finanziare il business.
Le aziende maggiori con capitale aperto possono più facilmente ricorrer ad emissioni
obbligazionarie o azionarie, dunque a forme complesse di finanziamento.
aumentare i mezzi propri a disposizione dell’impresa per dare alla struNura finanziaria
una combinazione adeguata rispeNo ai fabbisogni e la reddiDvità della gesDone;
coprire parte dei fabbisogni legaD alla crescita dimensionale/operaDva che caraNerizza le
imprese in fase di sviluppo, senza modificarne la struNura finanziaria.
[ Dove prende i soldi l’imprenditore se gli u/li vengono ritenu/ per essere reinves// in
azienda? Dai compensi per gli amministratori che vengono deliberaD. Spesso quesD
compensi sono molD elevaD, poiché l’amministratore è illimitatamente.]
157
È importante capire come l’impresa interagisce con i mercaD perché tramite tale interazioni
si determinano i prezzi e si concreDzzano le valutazioni dei dirigenD d’azienda e degli
operatori in surplus che intendono invesDre.
Per agevolare l’incontro, il sistema finanziario realizza una trasformazione del rischio
aBraverso la rimodulazione delle scadenze degli impieghi e la loro combinazione in
portafogli diversificaD. Con la rimodulazione delle scadenze si crea l’opportunità di negoziare
i Dtoli nel mercato secondario, in un momento successivo rispeNo alla prima emissione.
Il trasferimento di capitali dai soggeP in surplus ai soggeP in deficit può avvenire mediante:
Il prezzo include le aspeBa9ve degli inves9tori. Il prezzo sconta da un lato i valori futuri che
gli invesDtori pensano che l’azione possa vare; allo stesso modo, dall’altro lato sconta le
aspeNaDve dell’azienda.
158
Esempio: Caso di un’azienda che non sta andando bene ma è stata aNenta a rispeNare a rispeNare la
normaDva. Non è stata ancora messa in liquidazione ma nutre forD dubbi. Adegua i valori di bilancio,
e nel fraNempo conDnua ad essere sul mercato.
Gli inves9tori saranno pron9 o no ad inves9re in questa azienda? A che prezzo e perché?
Il prezzo sarà in funzione del rischio e della possibilità di oNenere risultaD posiDvi futuri.
In caso non vi siano aspeNaDve per quesD risultaD pagheranno solo per il rischio. A meno
che non posseggano informazioni privilegiate su un possibile andamento posiDvo per cui
saranno disposD a pagare di più.
Il prezzo include le aspeNaDve sui flussi di cassa prospePci, che sono i flussi di cassa
esposD al rischio (perché futuri).
“non operazione”: Qualsiasi informazione sul mercato è rilevante nella definizione del
prezzo, anche l’assenza di negoziazioni.
Fornisce un’informazione dal lato azienda sostenendo che il mix di valutazioni che ha
comunicato non viene percepito come di valore di mercato, poiché nessuno sta
comprando le sue azioni. Dall’altro lato fornisce l’informazione che gli invesDtori sono tuP
allineaD nel non voler invesDre in questa azienda (in base al prezzo o alla propensione al
rischio).
TuNe le negoziazioni avvengono dunque forza ragione (dunque nelle negoziazioni che
avvengono da entrambi i laD), e forza del “disinteresse”( anche il disinteresse di un Dtolo
viene inglobato in esso).
Wfin: il management, sulla base delle aspeNaDve esplicitate nei piani comunicaD al mercato
e di cosD di capitale coerenD con la rischiosità dell’impresa, perviene alla s5ma del valore,
(punto di partenza del processo di diffusione del valore).
Wm: Gli operatori di mercato, sulla base dei piani aziendali e le informazioni effePvamente
disponibili, applicando modelli e metodi valutaDvi coerenD con le loro strategie di
invesDmento (propensione al rischio e disponibilità di quel momento), pervengono a s5me
di valore intrinseco dei Dtoli emessi dall’impresa.
159
Pm: Le proposte di acquisto/vendita dei Dtoli, basate su sDme soggePve di valore intrinseco
operate dagli inves5tori e sulle loro aspeNaDve sulle dinamiche di mercato, determinano le
negoziazioni da cui scaturiscono i prezzi di mercato.
Altre ipotesi:
La valutazione del mercato è maggiore rispeNo a quella del management. Questo può
accadere o quando il mercato è inefficiente soGovaluta i rischi dell’azienda, che invece
vengono percepiD come più alD da parte del management;
o quando il mercato è efficiente ma gli inves5tori sono più o;mis5 del management;
o quando il mercato è efficiente ma gli inves5tori sono irrazionali e compiono una sDma
errata.
160
Ipo-diffusione del valore. Quando le valutazioni del mercato sono inferiori rispeNo a
quello del management. Può essere dovuta, oltre che a inefficienze del mercato e
irrazionalità degli invesDtori, al faNo che gli operatori possano avere aspeNaDve più
pessimisDche sulle prospePve aziendali.
Esiste un modello di equilibrio che aiuta a stabilire il prezzo di un par9colare bene che si
chiama rischio? (Qual è il prezzo per il rischio in un mercato in equilibrio)
Quando gli invesDtori investono sul mercato selezionano un paniere di inves5men5, che
tenga conto del rischio (in base alla loro propensione/avversione, e alle proprie aspeNaDve
di invesDmento/guadagno) cercando di minimizzarlo. Cercheranno Dtoli con diverso grado di
rischio, facendo aNenzione che non reagiscano alla stessa maniera alle variazioni di mercato.
Strategie di portafoglio.
Il rendimento aNeso del paniere è pari alla media ponderata dei rendimenD aNesi degli
asset che conDene.
161
Come può il rischio (misurato tramite la VAR) essere frazionato in un portafoglio?
La diversificazione permeNe di ridurre il rischio specifico (che scaturisce da faNori specifici
riguardanD le singole aPvità). Mentre il rischio sistema5co (derivante faNori comuni che
agiscono su tuNo il sistema economico-finanziario) non può essere diversificato.
Esempio numerico
RENDIMENTI
Portafoglio 50% A
50% B
162
VARP = xA2 • VARA + xB2 • VARB + 2• xA • xB • COVA,B
Comprendere la correlazione tra i due Dtoli è importante al fine di capire come poter
abbassare la rischiosità del portafogli, poiché potrebbero muoversi allo stesso modo verso
l’alto, alzando il rischio. Non basta valutare come il singolo Dtolo si muove al variare degli
scenari.
Considerazioni:
I rendimen9 aBesi sono soggeJvi: ciò dipende dalle informazioni disponibili e le capacità
del soggeNo di interfacciarsi con le situazioni, dalla propensione al rischio e dalle
aspeNaDve.
Generalmente le aspeBa9ve hanno alla base gli andamen9 storici: Fino a qualche anno
fa questa affermazione poteva considerarsi vera. Le aspeNaDve non si basano
esclusivamente sui daD storici, quesD hanno certamente un valore. Possono infaP
indicare la capacità di reazione dell’azienda. Nel tempo però le variabili stanno cambiando
al punto da non poter prendere i daD storici come principale riferimento; i daD storici di
bilancio potrebbero non essere più indicaDvi.
I daD storici (più recenD, max 3-5 anni) permeNono di analizzare la resilienza e la
rea;vità dell’azienda. Se nei momenD di grande beneficio come quelli di perdita l’azienda
mostra grande reaPvità, e la capacità di anDcipare il mercato, si può sDmare che anche in
futuro sarà così.
Per questo moDvo spesso il valore azionario delle aziende è collegato ai manager che vi
sono in quel momento, e cambiamenD del management possono provocare crolli di borsa
(esempio: FIAT con la morte Marchionne. In tal caso il mercato non era più sicuro della
resilienza dell’azienda).
163
Criterio media-varianza. Gli invesDtori per selezionare i Dtoli considerano media e varianza
dei loro rendimenD periodali, calcolaD come somma di:
divided yield, il rapporto tra i dividendi percepiD nel periodo considerato, e il prezzo del
Dtolo ad inizio periodo; DY = DIVt+1 / Pt (qui considera il “caso illimitato”, in cui non vi è
l’intenzione di vendere il Dtolo
(Nel caso gli invesDtori decidessero di non essere più azionisD, al flussi di dividendi sommano
il valore dell’azione al momento in cui intendono venderla, che in qualche modo è il terminal
value.)
Dunque i paramenD valutaD per l’invesDtore sono la speranza matemaDca dei rendimenD
alternaDvi aNesi dal Dtolo (SM) e la varianza (VAR).
Raffigurazione grafica di
un portafogli con due
Dtoli rischiosi A e B,
considerandone il profilo
rischio-rendimento.
A presenta un rischio,
dunque anche un
rendimento, maggiore.
Nel caso dei Dtolo con CORRA,B = - 1 sarà possibile minimizzare il rischio trovando la giusta
composizione in portafoglio tra A e B, arrivando a mantenere totalmente il capitale invesDto
(quindi il rischio è azzerato). Questo nella realtà non accade quasi mai.
164
Un’ipotesi più realisDca mira alla composizione di portafogli in cui -1 < CORRA,B < 1 in cui è
possibile con un uguale rendimento della prima sopportare un rischio molto minore.
Scendendo lungo la curva si perde meno rendimento in maniera più che proporzionale
rispeNo al rischio.
Nella fase discendente della curva si perde rendimento all’aumentare del rischio,
rappresenta la combinazione che nessun invesDtore razionale sceglierebbe che giace soNo al
punto di portafoglio a varianza minima MVP. (poiché oNerrebbero un rendimento migliore
spostandosi nella parte inclinata posiDvamente)
È possibile dunque delineare la fron5era efficiente (curva AC) che corrisponde all’insieme di
combinazioni di Dtoli per cui ad una data varianza non corrispondo altri portafogli che
offrono un rendimento medio più alto.
FronDera efficiente e MVP con più Dtoli rischiosi. Generalizzando queste considerazioni a più
Dtoli rischiosi si giunge alle stesse conclusioni.
come media ponderata dei rendimenD medi dei Dtoli in portafoglio: SMP = ⅀xi • SMi
(Sono le stesse formule viste precedentemente ma generalizzate per n Dtoli, e non più solo due)
Nel capito 1 si è visto come in condizioni di incertezza esista un trade-off per il consumatore
tra consumo e risparmio. Le stesse funzioni di u/lità possono essere riproposte in termini di
trade-off rischio-rendimento.
165
È possibile individuare il
portafoglio o;male di ciascun
invesDtore, ossia la combinazione
di rischio-rendimento che
massimizza la funzione di uDlità.
D è il punto in cui il tasso marginale soggePvo di sosDtuzione tra rischio e rendimento (MRS)
uguaglia il saggio marginale di trasformazione tra rischio e rendimento (MRT).
Dunque in D ➯ MRS = MRT.
L’uguaglianza del punto D determina anche il prezzo soggeDvo per il rischio, che è il
rendimento minimale che ciascun operatore esigerà per assumere una dose aggiun9va di
rischio, mantenendo inalterato il livello di uDlità aNesa dall’invesDmento.
Nei mercaD esistono aPvità prive di rischio, che cioè sono soggeNe solo a rischio
sistemaDco, come ad esempio i BOT che vengono considerate a rischio zero (ma lo è solo il
rischio specifico).
È possibile costruire portafogli che contengano una combinazione di aPvità risk free e
aPvità rischiose.
Le reNe che fuoriescono dal rfr indicano il rendimento conseguibile con portafogli di sole
aPvità non rischiose.
166
Tale reNa prende anche il nome di Capital Market Line, CML.
Nel modello possono in realtà essere idenDficate due reNe, una è appunto la CML e l’altra è
la security market line SML. Le due riferiscono per il rischio.
La CML include il rischio generico, nel modello va ad inserire il rischio di portafoglio (asse x).
La SML invece nell’asse delle ascisse pone il faBore Beta.
Domande:
167
Capitolo 13: Modelli di pricing del rischio
Sia il CAPM che l'APT si basano sull'assunzione che ogni invesDtore:
è marginale, nel senso che non ha la capacità di guidare i prezzi di mercato;
I merca5 sono perfe; ed efficien5 dal punto di vista informa5vo, quindi l’invesDtore è
perfeNamente informato.
CAPM.
Il Capital Asset Pricing Model È un modello finalizzato a determinare i rendimenD che i Dtoli
rischiosi dovrebbero avere in ipotesi di equilibrio del mercato.
Orienta il pricing del rischio in funzione del contributo alla varianza di portafoglio che ogni
asset produce, partecipando alla formazione del rendimento medio incerto (rendimento
aNeso di mercato se il paniere include tuP gli asset di mercato).
[Dunque se aggiungo un Dtolo che aumenta la varianza di portafoglio, e dunque il rischio, in base a
questo modello dovrò avere un rendimento maggiore.]
IL CAPM è messo in relazione con la teoria soggePvisDca del costo del capitale la quale
suggerisce una via aNraverso la quale ciascun operatore può configurare pretese di
rendimento rispeNo al set di opportunità presenD sul mercato, preparandosi al confronto
con altri operatori, possibile aNraverso i meccanismi Dpici dei mercaD finanziari nei quali si
formano i prezzi.
La già citata Capital Market Line CML definisce i rendimenD di equilibrio di ogni aPvità
rischiosa presente sul mercato in funzione: della rischiosità misurata in termini di SD;
del prezzo di equilibrio del rischio epr, sDmato in base al trade-off rischio rendimento del
portafoglio di mercato.
168
Poiché gli invesDtori considerano che solo la parte di rischio sistemaDco deve trovare
remunerazione nei torni dell’invesDmento (poiché quello specifico) può essere minimizzato
la formulazione della CML deve essere rePficata tenendo conto della correlazione esistente
tra il singolo Dtolo e il portafoglio di mercato.
Indice beta. Il Beta misura la sensibilità del 9tolo alle variazioni dei rendimen9 del
portafoglio di mercato.
Misura quindi il contributo marginale del Dtolo alla variabilità del portafoglio di mercato.
È dato dalla covarianza del Dtolo sul portafoglio di mercato, rispeNo alla varianza del
portafoglio di mercato: 𝛽h = COVh,M /VARM
La sua inclinazione è data dalla speranza matemaDca del portafoglio meno il risk free rate,
che cosDtuisce il premo per il rischio di mercato.
169
La SML cosDtuisce la rappresentazione grafica del CAPM.
Il rendimento aNeso di un Dtolo che ha 𝛽 = 0 è pari al rfr (poiché cercavamo il prezzo per il
rischio, ma se non c’è rischio il rendimento è pari al rfr)
Se 𝛽 =1 il rendimento aNeso del Dtolo é pari al rendimento aNeso del mercato (come nel
grafico).
Il rendimento aNeso di un Dtolo è pari alla somma del tasso privo di rischio più beta per la
differenza tra il rendimento aNeso dal mercato e il tasso privo di rischio.
Nel grafico il Beta del portafoglio di mercato è pari ad 1, quindi può essere preso il
rendimento aNeso del portafoglio di mercato. Potendo capire dove si colloca la reNa,
dunque il punto di partenza del rfr, con beta =1 è possibile capire qual è il rendimento
aNeso del portafoglio di mercato.
Il CAPM è il modello più usato nella prassi per misurare il rendimento minimale aNeso di
aPvità rischiose. Il premio per il rischio di mercato corrisponde alla pendenza della SML (=
SMm - rfr).
Ma spiega pienamente il rendimento dei 9toli azionari, degli inves9men9 e dei portafogli
finanziari? O fornisce solo indicazioni? Lo spiega pienamente in un modello semplificato.
Nella realtà si pone la necessità di valutare, in base al momento, se si verificano le assunzioni
del modello (che dipendono dall’orizzonte temporale preso a riferimento). Tendenzialmente
nel lungo periodo si verificano.
170
LimiD del CAPM:
Può essere considerato un caso speciale del CAPM, che mira all’individuazione di del
portafoglio di equilibrio in cui il rendimento di mercato è il solo faBore rilevante. Partendo
da ciò individua tuP gli elemenD che possono avere un effeNo sul rischio.
L’equazione considera la speranza matemaDca del portafoglio R rePficato per il risk free
rate, andando ad evidenziare come ogni Dtolo sarà caraNerizzato da un delta 𝞭 meno rfr.
171
ESERCIZI
172
Esemplificazione 1.2 VALORE DEL TEMPO E VALORE DEL RISCHIO
Si ipoDzza che il tasso privo di rischio rfr = 6%, e il premio per il rischio adeguato alla
rischiosità dell’operazione corrisponde a rp= 4%.
SCHEMA DELL’INVESTIMENTO
Vi sono poi flussi aBesi di ritorno CF (che vengono daD dalla prof) che saranno ricevuD
dall’anno 1 al 5. C’è poi il recupero di capitale CR (pari al capitale invesDto inizialmente che
viene recuperato a fine periodo) e va aggiunto al flusso di capitale preso in considerazione
(in questo caso nell’anno 5, in cui si ha 130 come flusso di ritorno + 1000 di recupero
capitale).
Si sommano verDcalmente i flussi aNesi di ritorno CF, con il recupero di capitale CR,
oNenendo i valore del cash in flow CIF, che vengono poi sommaD orizzontalmente (100 +
120 + 110 + 90 + 1130) nella colonna della sommatoria.
Si procede al calcolo del Net Cash Flow NCF, che è dato dalla differenza tra CIF - COF, pari a
1550 - 1000 = 550, 0 che rappresenta l’eccedenza nominale dell’invesDmento.
173
UDlizzando un tasso di aNualizzazione dunque pari al 10%, l’invesDmento risulta
conveniente, poiché il VAN risultante è maggiore di 0, e di conseguenza il VA è maggiore del
capitale inizialmente invesDto (considerazione da citare come commento finale nell’esame).
3. allo stesso modo l’aGualizzazione delle entrate VA(CIF), che si oPene molDplicando i
CIF il faNore di aNualizzazione corrispondente allo stesso anno. Quindi CIFt • (1 + k)-t .
In t1 è 100 • 0,91, in t2 è 120•0,83, in t3 é 100•0,75 ecc.
4. ora è possibile calcolare il valore aGuale VA come sommatoria dei CIF aNualizzaD.
VA = ∑ VA (CIF) = 90,91 + 99,17 + 82,64 + 61,47 + 701,64 = 1.035,84
Per poter quanDficare il valore del tempo e il valore del rischio occorre determinare il valore
aNuale che l’invesDmento avrebbe avuto in condizioni di certezza. Si procede dunque a
compiere un procedimento analogo, adoperando ora un premio per il rischio nullo, per cui il
costo opportunità è dato ora solo dal rfr (premio per il tempo di aNesa dei ritorni speraD)
k = 6%. In questo caso si oNerranno un VA e un VAN superiori rispeNo al caso precedente.
174
6. Si calcola nuovamente il faNore di aNualizzazione come (1 + rfr)-t, dunque (1 + 0,06)-t, e
in modo idenDco si procede ad aNualizzare uscite COF ed entrate CIF. Si perviene così ad
un nuovo VA = 1.209,19 e VAN = 209,19.
7. È ora possibile calcolare il valore del rischio, che è il minor valore ne0o che cara0erizza
un inves/mento, dovuto al fa0o che parte dei suoi ritorni devo andare a remunerare il
rischio corso dall’inves/tore, dato dalla differenza tra il VAN in ipotesi di certezza e il VAN
in ipotesi di incertezza. 209,19 - 35,84 = 173,35
8. Il valore del tempo, che è il minor valore ne0o che cara0erizza un inves/mento per il
fa0o che i suoi ritorni non sono immediatamente disponibili per l’inves/tore, è invece
dato dalla differenza tra l’eccedenza nominale (che è la sommatoria dei flussi di cassa
prodo; o assorbi5 dall’inves5mento, in questo caso 550, ossia il risultato complessivo
dell’operazione NCF; in altre parole è quello che effe;vamente si guadagna
dall’invesDmento) il VAN in ipotesi di certezza. Dunque 550 - 209,10 = 340, 81.
9. Ora è possibile verificare come la differenza esistente tra l’eccedenza nominale (risultato
complessivo che non Dene conto della dimensione temporale e il rischio dei flussi aNesi) e il
VAN (risultato complessivo che ne Dene conto) è spiegata esaNamente dal valore del tempo
e il valore del rischio.
175
Esemplificazione 4.1 PRINCIPIO DI CASSA E PRINCIPIO DI COMPETENZA ECONOMICA
176
La rilevanza finanziaria di tali daD sarà alta o bassa a seconda del livello di correntezza
finanziaria (presupposto fondamentale del valore aziendale, basato sulle differenze e le
relazioni tra il flusso di cassa e il reddito, che danno una visione di quanto la gesDone
economica e finanziaria son correlate in termini di dinamiche e risultaD) che ha
caraNerizzato la gesDone aziendale nel periodo considerato.
Per svolgere l’esercizio si parte dai RISULTATI ECONOMICI (competenza economica), che
cosDtuiscono esaNamente una copia del conto economico.
= RISULTATO OPERATIVO NETTO 520 Var. Patr. Sign. = F.C OPERATIVO NETTO 23
1. I crediD vs/clienD variano gli incassi delle vendite. Agli incassi per vendite va soNraNa la
variazione dei crediD vs/clienD, poiché se aumentano i miei crediD vs/clienD significa che
quella parte di credito in aumento non l’ho incassata. 1200 - 200 = 1000.
2. Poi, al costo delle materie vanno aggiunte le rimanenze, 200 + 50 = 250 che cosDtuirà
l’effePvo pagamento per acquisD.
3. Servizi/spese generale: il libro disDngue in due voci ma la prof li considera congiuntamente (infaP li
ho calcolaD insieme). Ai servizi e spese generali (150) va soNraNa la variazione dei debiD vs/
fornitori ( -15) oNenendo risultaD finanziari pari a 165 (che il libero divide in 120 + 45).
Se tale variazione debiD vs fornitori è negaDva significa che i debiD sono diminuiD e
dunque li ho effePvamente pagaD.
177
4. Negli SP non sono riportaD debiD vs/dipendenD, dunque la voce pagamento lavoro nei
risultaD finanziari rimane 150.
5. Si oPene così il flusso di cassa ricorrente, come differenza tra le entrate operaDve
correnD - uscite operaDve correnD. 1000 - (250 + 165 + 150) = 435.
7. Agli accantonamenD (50) va soNraNa la variazione dei fondi passivi (50) e ne risultano
pagamenD per cosD presunD pari a 0. Questo poiché è stato deciso di accantonare,
dunque soNrarre dalla cassa, un importo pari a 50, ma quell’importo non è
effePvamente uscito dall’azienda, è andato solo ad incrementare un fondo.
8. Si oPene il flusso di cassa opera5vo dal flusso di cassa ricorrente - le uscite operaDve
non correnD, pari a 35.
10. Si oPene il flusso di cassa operaDvo neNo, che indica la variazione di disponibilità
liquide, pari a 23 (35 -12). È possibile verificare se il F.C. OperaDvo NeNo è correNo
facendo la differenza tra le disponibilità liquide in t1 - quelle in t0.
Nonostante l’impresa abbia generato un reddito (risultato operaDvo neNo) pari a 520,
considerando il flusso di cassa operaDvo neNo pari a 23, non ha la possibilità di distribuire
dividendi senza ricorrere a fonD esterne di finanziamento, poche non dispone di liquidità
sufficiente. Ciò non deve essere necessariamente interpretato negaDvamente, poiché
potrebbe essere che le risorse finanziarie generate dalle arrivata ricorrenD (435) siano state
uDlizzate per incrementare gli invesDmenD dell’impresa, che significherebbe che l’impresa
sta perseguendo opportunità di crescita.
178
Esemplificazione 8.1 VARIABILITÀ DEI RISULTATI E GESTIONE: schemi per l’analisi del rischio
Per una conduzione della dinamica finanziaria dell’impresa corrente con l’approccio media-
varianza usato dagli invesDtori nelle loro valutazione, è necessario che il responsabile e il
management finanziario redigano dei prospeP aP a condurre l’analisi della rischiosità
aziendale.
L’obiePvo dell’esercizio è predisporre gli schemi di analisi per il rischio. Il punto di partenza
sono lo SP, il CE, la riclassificazione del CE e la riclassificazione del RF di un impresa “A”
indebitata. (Tali schemi nell’esame sono daD dalla prof, altrimenD gli imporD vanno inventaD, non ci sono
modalità per calcolarli)
Vengono riportaD gli scenari: pessimis5co (che descrive una situazione peggiore rispeNo a
quella in T0), normale (situazione migliore rispeNo a T0), o;mis5co (situazione ancora
migliore).
Per la riclassificazione del CE, il risultato operaDvo EBIT e il risultato neNo NI sono copiaD
dal CE precedente. Vanno inseriD NOPAT e NOPLAT (che vengono daD dalla prof, o al massimo
se dà altri daD possono essere calcolaD come NOPAT = EBIT (1 - t) - IRAP, e il NOPLAT = NOPAT + bf
dove bf può essere bf = t( IPn + OF) ).
Il RF riclassificato parte dal NOPAT (preso dal CE riclassificato), gli altri valori degli scenari
vengono inventaD FCFF, FCFFL , FCFE, Div.
179
1. Il primo schema dei RISULTATI REDDITUALI corrisponde al CE riclassificato, dunque si
ricopiano le voci e gli stessi imporD degli scenari. Le percentuali adoperate sono il 15%
per il pessimisDco, il 60% per il normale e il 25% per l’oPmisDco. L’obiePvo ora è
calcolare la speranza matemaDca SM e l’indice di variabilità v.
Le formule di riferimento sono SMF =∑ps • Fs (dove in F si inserisce la voce che si sta
calcolando, e la sommaria comprende quello che accade in tuP e tre gli scenari. Bisogna
trovare inoltre la deviazione standard per poter calcolare l’indice di variabilità, dunque
SDF = √[ ∑ps ( Fs - SMF)2]. E v = SD/SM.
SDEBIT = √[0.15( 303,52 - 351, 19)2 + 0,60( 353,60 -351,19)2 + 0,25(374 - 351,19)2 ]= 21,
78
180
3. Successivamente vi è lo schema dei RISULTATI FINANZIARI. Le voci vengono copiate
dal R.F (FCFO, FCFFL, FCFE, dividendi) e vi sono gli stessi imporD degli scenari. Si
calcolano allo stesso modo SM e v.
la variabilità dei risultaD e dei rendimenD finanziari e più elevata dei risultaD e rendimenD
reddituali. Ciò è spiegato dalle variazioni di capitale circolante e fisso generato
dall’incremento o riduzione dell’aPvità aziendale.
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Il beneficio fiscale determina una riduzione ella variabilità dei risultaD e rendimenD
levered, rispeNo a quelli unlevered;
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Esemplificazione 15.1 COSTRUZIONE DEI BUDGET FINANZIARI
I daD predispongono il bilancio con cui prevede di chiudere l’anno 20xx, e le decisioni
strategiche assunte dal management:
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Per poter raggiungere tali obiePvi strategici, per il 20x1 deve intraprendere le seguenD
azioni (sempre date dalla prof).
Consiglio: dato che alcuni daD del bilancio previsionale sono presi dal budget di tesoreria si
può parDre da questo. Una volta faNo il bilancio previsionale si hanno anche le info
necessarie alla riclassificazione e al calcolo degli indici.
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INIZIAMO. I budget di tesoreria sono documenD che prevedono la divisone mensile delle
operazioni. All’esame verrà richiesto di redigere il budget solo per i primi 4 mesi (GEN - APR).
1. le vendite mensili: ogni mese sono imputaD 49,83€. Questo importo si trova prendendo
il totale delle vendite in 20x1 (calcolate considerando le vendite in 20xx di 412,40 e
incrementate come indicato del 45%), diviso 12. 597,98 /12 = 49,83.
2. Dalle vendite mensili si disDnguono gli effePvi incassi, che partono in questo caso da
aprile poiché nei daD è riportato che i clienD hanno 90 gg di dilazione di pagamento, e
hanno lo stesso importo. (49,83)
3. Va inclusa poi la voce incassi crediD al 31/12, poiché dallo SP si può vedere che sono staD
concessi anche nell’anno 20xx. Dunque il valore deriva dai crediD dell’anno 20xx (97,40)
diviso 3 (daD i 90gg di dilazione). 97,40 /3 = 32,47.
4. Il flusso delle entrate è dato solo dalla somma delle effePve entrate (dunque non
considera i valori delle vendite mensili).
5. Il flusso delle uscite inizia con gli acquisD mensili. Nuovamente si prendono gli acquisD
dai daD del 20xx, si incrementano del 50% come scriNo nei dato, e si fa 429/12 = 35,73.
6. I pagamenD per acquisD anziano da marzo, perché come indicato si ha una dilazione di
pagamento dai fornitori di 60gg.
7. Il pagamento dei debiD, nuovamente, riguarda il pagamento dei debiD v/fornitori indicaD
nello SP del 20xx. , che avviene nei primi due mesi (daD i 60gg di dilazione). Dunque
63,10/2= 31,55.
8. Il pagamento sDpendi e oneri accessori. Si prende il valore di salari e sDpendi dai daD del
20xx e come indicato si incrementato dell’11% oNenendo un valore di 109,34 che si
divide per 13 (perché si conta anche la 13ª mensilità che viene pagata a giugno, in caso il
budget dovesse arrivare a giugno, quindi li si meNe doppio importo, quindi 16,82).
109,24/13= 8,41.
9. C’è la voce pagamento imposte (che avviene a giugno quindi non la dovrei inserire). Una
parte riguarda il pagamento delle imposte del 20xx (poiché le scopro a fine anno, quindi
si pagano l’anno successivo) potente dalla differenza tra crediD e debiD tributari 10,98 -
12.20 = -1,22 presi nello SP del 20xx; l’altra parte riguarda un’acconto del pagamento
per le imposte del 20x1, il cui morto totale può essere oNenuto dalla somma di IRAP e
IRES che ci dà direNamente la prof, in questo caso 12,30. Di queste il 40% si paga a giugno
(4,88)e il 60% a novembre (7,32).
10. Nuovamente, per il calcolo del flusso delle uscite si considerano solo le uscite effePve,
quindi non gli acquisD mensili.
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11. Il flusso di cassa della gesDone corrente si oPene per differenza da entrate e uscite.
12. Dopodiché, il saldo iniziale del c/c di gennaio è dato dai debiD v/banche dell’anno
precedente 93,70(preso dai daD dello SP 20XX). I mesi seguenD prendono come saldo
iniziale il saldo finale del mese precedente.
13. Per il saldo finale di c/c al valore iniziale si somma il flusso di cassa di gesDone corrente
Dunque GEN - 93,70 - 7,49 = -101,19.
14. La line dell’extra fido è data dalla differenza il valore di fido dato dalla banca che nei daD
è pari a 100, e il valore del saldo finale di c/c. Dunque a GEN 100 - 101,19 = -1,19.
15. Per gli interessi maturaD, sappiamo dai daD che maturano bimestralmente e il tasso
annuo é l’8% (8/12 = 0,666). Si calcolano come il saldo finale c/c per il tasso diviso 100. A
GEN [-101,19 • 0,66]/100= - 0,67 che va sommato a quello di febbraio, e scriNo
direNamente insieme a quello di febbraio (perché sono bimestrali). [- 108,69•0,66]/
100=-0,71. Quindi a FEB -0,67 -0,71= - 1,4.
16. secondo i daD del libro, gli interessi maturaD ci vengono addebitaD il mese successivo. Si
riporta dunque lo stesso valore dei maturaD nella voce interessi addebitaD del mese
successivo. Gli interessi addebitaD vanno inclusi nel calcolo del saldo finale perché sono
quelli effePvamente pagaD (e non quelli maturaD). InfaP a MAR il saldo finale è dato da
-108,69 -11,69 -1,40 = -121,78.
Una volta svolto il budget di tesoreria si dispone degli elemenD necessari a redigere il
bilancio previsionale.
2. Per il magazzino si usa un calcolo analogo, prendendo dai daD che il tempo di giacenza in
magazzino delle scorte è di 45 gg. Si prende il totale degli acquisD 429•45 /360 = 53,63
4. Le immobilizzazioni sono pari a quelle dell’esercizio precedente perché nei daD dice che
non ci sono staD nuovi invesDmenD. Dunque 300.
5. Per il F.do Ammortamento si prende il valore dallo SP del 20xx e si aumenta della quota
indicata nel CE del 20xx. Quindi -120,00 - 20,00 = 140,00
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7. Per i debiD vs/fornitori si considerano gli acquisD non ancora pagaD. consideraD i 60 gg
di dilazione corrispondono agli uDlizzi due mesi (nov, dic). Dal valore acquisD
429•60/360 = 71,50
8. I debiD vs/banche dell’anno 20x1 corrispondo al saldo finale di c/c del 20xx pari a 98,61
a cui vanno aggiunD gli interessi maturaD dell’ulDmo mese (dicembre). 98,61 + 1,35
=99,97. Nell’esame non abbiamo i valori di dicembre perché fermiamo i budget ad
aprile, dunque si completano le altre voci dello stato patrimoniale e si trovano per
differenza tra l’aPvo e i passivo.
9. Il fondo TFR è pari a quello del 20xx (31,30) aumentato degli accantonamenD dell’anno
20x1. L’accantonamento del 20x1 è calcolato come SALARI E STIPENDI(costo del lavoro
del 20x1) : 13, 5. Quindi 109,34 (dal CE del 20xx incrementato dell’11%): 13,5 = 8,10. Da
cui facciamo 31,30 + 8,10 = 39,4
11. Capitale sociale pari a quello dell’esercizio precedente 55,00 poiché non ci sono staD
aumenD o diminuzioni.
12. Le riserve del 20x1 sono state dalla somma delle riserve del 20xx + l’uDle d’esercizio
20xx: 62,98 +25,80 = 88,78 Perché nei daD ci viene deNo che l’uDle non viene distribuito
ma viene desDnato internamente all’impresa.
13. L’uDle/perdita di periodo di calcola redigendo la situazione economica (lo inserisci dopo,
8,38).
1. Le vendite, come indicato nei daD, sono quelle dell’anno precedente incrementate del
45%, dunque ammontano a 597,98.
2. Rimanenze finali sono pari al magazzino, quindi 53,63 (dallo SP del 20x1)
4. Gli acquisD di materia prime, come indicato nei daD, sono pari a quelle dell’anno 20xx
incrementate del 50%, quindi - 429,00.
5. Salari e sDpendi, indicato nei daD, corrisponde al costo del lavoro dell’anno precedente
aumentato dell’11%, quindi -109,34.
6. L’accantonamento TFR dell’anno 20x1 è stato calcolato già al punto 9 dello SP, quindi si
inserisce. (costo del lavoro 20x1 :13,5 = - 8,10).
7. Gli ammortamenD sono pari a quelli dell’anno 20xx, poiché non vi sono staD
invesDmenD/disinvesDmenD. Quindi -20.
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8. Gli oneri finanziari corrispondono alla somma di tuP gli interessi maturaD nel budget di
tesoreria. - 8,80 (probabilmente ce li dà la prof)
Ora si procede alla riclassificazione della situazione patrimoniale (secondo criterio tecnico-
economico) e della situazione economica (secondo il criterio del valore aggiunto). Si
possiedono già tuP i daD necessari che vanno semplicemente inseriD nelle tabelle
nell’ordine giusto. (Facendo una colonna per l’anno 20xx e accanto quella del 20x1).
Poi si esprimono in termini percentuali la composizione delle aPvità, delle passività e della
marginalità aziendale.
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SITUAZIONE PATRIMONIALE 31.12.20XX 31.12.20X1
Per il calcolo della percentuale di aPvità e passività si imposta una proporzione rispeNo al
CIN che corrisponde al 100%.La percentuale del capitale circolante neNo in 20xx ad esempio
si trova facendo (57,48•100)/237,48. Imposta proporzioni analoghe pr le altre voci.
Per il calcolo delle percentuali si parte dalle vendite che corrispondo al 100% e per i resto si
imposte e per il resto di imposta nuovamente la proporzione.(da calcolare anche per 20x1).
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Si procede poi con il calcolo degli indici di bilancio (scrivere anche a cosa esprimono perché
potrebbe esser richiesto)
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