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Finanza Aziendale (9 CFU)

Nozioni introduttive (Considerazioni della prof. Fazi nella prima lezione)

BILANCIO: l'insieme dei documen5 contabili che un’impresa deve redigere


periodicamente, ai sensi di legge, allo scopo di perseguire il principio di veridicità ed
accertare in modo chiaro, veri/ero e corre0o la propria situazione patrimoniale e
finanziaria, al termine del periodo amministraDvo di riferimento, nonché il risultato
economico dell'esercizio stesso. Si compone di:

Stato Patrimoniale: evidenza la situazione patrimoniale e finanziaria della società in


a;vo e passivo.

Conto Economico: informazioni sulla situazione economica della società, tramite


l’indicazione dei cosD sostenuD e dei ricavi conseguiD dall’azienda nel corso
dell’esercizio, dalla cui differenza deriva l’u5le o la perdita dell’esercizio.

L’elemento di raccordo tra il CE e SP è rappresentato dall’u5le dell’esercizio (o la


perdita) che se non distribuito ai soci entrerà a far parte del patrimonio dell’azienda
nell’ambito del capitale neNo.

Rendiconto finanziario (obbligatorio solo per le società che redigono il bilancio


ordinario): l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide, all’inizio e alla
fine dell’esercizio, ed i flussi finanziari dell’esercizio derivanD dall’aPvità operaDva, da
quella di invesDmento, da quella di finanziamento, ivi comprese, le operazioni con soci.

Nota integraDva: riporta tuNe le informazioni che consentono una più veriDera e
correNa rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della
società (esempio: l’illustrazione dei criteri contabili adoNaD, deNagli e moDvazioni
relaDve all’iscrizione di alcune voci dello SP e del CE e altre informazioni di varia natura)

ORGANIZZAZIONE AZIENDALE: è la struNura interna dell'impresa orientata al


perseguimento degli obiePvi aziendali. Comprende l’insieme delle componen5 aziendali
e le relazioni di funzionamento che permeNono il regolare lo svolgimento della sua
aPvità economica.

Si presenta soNo forma di struNure, regole e procedure. È l'aPvità di coordinamento delle


risorse, delle persone e del capitale, che permeNe il funzionamento di una impresa.

RUOLO DELLA PIANIFICAZIONE: sistema aNraverso il quale l'azienda definisce i suoi


obiePvi e le azioni necessarie per raggiungerli. Gli obiePvi, a loro volta, possono essere
definiD come risultaD futuri, misurabili, che si prevede di conseguire entro un determinato
tempo.

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Rilevanza della con/nuità aziendale.

La finanza aziendale riguarda temi trasversali della vita aziendale.

Elementi rilevanti per la finanza aziendale:


Comparabilità dei da5 Disponibilità di Mo5vazioni: i manager
approfondimen5 assumono decisioni per
moDvazioni che ritengono
prioritarie (es: per
conseguimento bonus), che
però potrebbero essere
secondarie per l’azienda.

Per5nenza delle informazioni Fon5 Disgregazione dei da5 (per


(necessaria per definire delle prevedere meglio il futuro)
correNe proiezioni future)
Valutazioni: dell’imprenditore
della capacità di conDnuare ad
operare come enDtà in
funzionamento.

(In seguito l’acronimo TdF è uDlizzato per abbreviare Teoria della Finanza)

Capitolo 1: Fondamenti di teoria finanziaria

[ Introduzione. Per la Finanza Aziendale e la Teoria del Valore, la valorizzazione dei capitali è
l’anello di congiunzione tra mercaD finanziari e imprese, aNraverso cui gli operatori
economici auspicano ad un’aumento della ricchezza individuale mediante l’oculata
allocazione.

Le possibilità di invesDmento offerte dalle imprese non sono tuNe egualmente appeDbili per
il mercato finanziario. Gli invesDtori basano le proprie opinioni sul giudizio del mercato
finanziario che le quota aNraverso i prezzi fissaD con la negoziazione dei Dtoli di proprietà, di
credito, o derivanD da quesD.

Non si traNa del giudizio di un singolo soggeNo, ma della sintesi di opinioni della molDtudine
di invesDtori e professionisD dell’industria finanziaria.Ciò non vale solo per le imprese
quotate in mercaD regolamentaD, ogni impresa deve dar conto ai propri finanziatori.

Per la Finanza Aziendale l’azienda agisce come un ente gestore di risorse finanziarie.
Ogni imprese è avviata dopo la decisione di allocazione di capitale adoNata dai suoi
finanziatori. Dalla fecondità dei capitali deriva la capacità dell’azienda di perdurare e la
possibilità di recupero del capitale impiegato.

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La convenienza neGa per l’inves5tore emerge dal divario tra il valore aNribuito ad un
invesDmento e il capitale impiegato. In tale oPca il valore aNribuito ad un’impresa è la
soglia oltre il quale non conviene invesDre.]

Capitale, consumo e risparmio. Ogni azione economica origina dalla volontà di invesDre il
proprio capitale al fine di trarne rendimento.

La Teoria della Finanza riguarda le decisioni intertemporali di allocazione del capitale,


effeNuate da individui ed imprese, al fine di trarne convenienza.

L’esito delle valutazioni e decisioni finanziarie, precedenD all’invesDmento, influisce sulla


possibilità concreta di soddisfare i consumi intertemporali dei singoli, e di massimizzare al
contempo i livelli di benessere di un sistema economico.

Le scelte di invesDmento, i cui effeP hanno caraNere intertemporale, vanno contestualizzate


in un con/nuum. Non analizzando correNamente il conDnuum non si ha piena cognizione
della realtà aziendale e si preclude così la possibilità di massimizzare il capitale. Le scelte
sbagliate distruggono l’opportunità di creare valore.

Si deve porre aNenzione alla coordinazione economica. TuP i faP aziendali che si
manifestano sono registraD secondo competenza economica. Mentre per i faP futuri sono
necessarie previsioni, aPnenD alla finanza.

Esempio: Un’azienda può essere ben organizzata ma può avere clienD che non pagano.
Oppure se vi è un unico fornitore a disporre di una materia necessaria, e questo entra in
crisi, la problemaDca si ripercuote anche sulle aziende acquirenD. Entrambi i casi si
concreDzzano nella necessità di riorganizzazione.

Ampliando l’orizzonte temporale di riferimento emergono criDcità e rischi di altro Dpo, per
questo ha grande importanza la visione complessiva.

L’azienda deve orientare il proprio operato, decidere dove vuole andare, avere obie;vi
chiari, ragionaD e raggiungibili e determinare le azioni per poterli raggiungere. Deve
pianificare le risorse necessarie e monitorare l’operato in relazione agli obiePvi e correggere
eventuali scostamenD. Deve possedere prospePve strategiche.

La TEORIA ECONOMICA sfruNa il conceNo di uDlità e funzioni di uDlità


per esprimere il beneficio che un un’individuo può trarre dal
consumo di una data quan9tà di un bene (o paniere di beni) o dalla
fruizione di un servizio e dunque per oPmizzare il vantaggio che ne
deriva.

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L’u5lità misura il livello di vantaggio per il beneficiario derivante dai consumi. Gli operatori
razionali associano a livelli più alD di consumo, livelli maggiori di soddisfazione, e dunque di
uDlità.

L’u5lità marginale del consumo è posiDva (𝞭 ’U/ 𝞭U > 0) ciò implica che il consumo di
un’unità addizionale del bene aumenta il livello complessivo di u/lità.
Le uDlità marginali del consumo sono decrescenD (𝞭 ’’U/ 𝞭U < 0), cioè il consumo di unità
addizionale di bene accresce il livello di benessere meno di quanto lo faccia la precedente.

Il confronto tra le uDlità aNribuite da un individuo a dosi di consumi appartenenD


alterna/vamente ad epoche diverse può far emergere la preferenza alla sos5tuzione del
consumo aGuale con consumi futuri.

Da questo emerge inoltre il grado di preferenza che varia in base alle dosi di consumo
marginale aNuale alle quali rinuncia.

Problema di scelta tra combinazioni differenD di consumi intertemporali.

Si pone in relazione il set di possibilità con il capitale R0 a disposizione per i consumi.


Il consumatore ha interesse a combinare nel migliore dei modi i consumi aNuali (al t0) con i
consumi differiD (al t1), ricercando la massima u5lità totale (rappresentata dalla curva più in
alto al destra).

La tangenza tra la reNa del vincolo di massima spesa


con la curva di massima uDlità, nel punto E, rappresenta
la combinazione ideale, di massima uDlità possibile.

DifaP la tangente ad ogni curva di iso-rendimento


segnala un tasso marginale di sos9tuzione (MRS), che
è la ragione di scambio tra consumo aNuale e futuro.

Tale scambio avviene ad un tasso πs di preferenza


temporale.

Il MRS è pari a πs maggiorato dell’unità e preso con segno negaDvo. MRS = - ( 1 + πs )

Il MRS segna quanD consumi differiD assicurano la stessa u5lità pur rinunciando ai consumi
aNuali, mentendo lo stesso livello di benessere individuale.

In base alle proprie preferenze gli individui si trovano a poter scegliere tra consumo e
risparmio, funzionale a consumi differiD. L’eventuale capitale non consumato si configura
come risparmio.

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InvesDmento ed impresa. Si disDnguono le a;vità produ;ve, quali quelle opportunità di
impiego di capitale che consentono di trasformare un’unità di capitale corrente in capitale
maggiore, dando accesso a maggiori consumi.

DesDnare il capitale verso inves/men/ produDvi permeNe dunque maggiori consumi futuri
con maggiore uDlità complessiva, moDvo per cui incontrano l’interesse dell’invesDtore
razionale.

Il tasso marginale di trasformazione MRT, [individuato dall’inclinazione delle tangenD alla


curva di trasformazione del capitale (quota di capitale disponibile oggi R0 e non consumato)
misura la ragione di scambio puntuale tra unità di capitale risparmiato e capitale
complessivamente trasformato dalle imprese.

Il MRT è pari al tasso di rendimento dell’invesDmento maggiorato dell’unità e preso con il


segno negaDvo. MRT= - ( 1 + ρ )

Introducendo opportunità di impieghi produPvi del risparmio, (se il rendimento degli


invesDmenD è posiDvo) le possibilità di consumo futuro aumentano.

Dall’ipoteDca situazione corrispondente al punto A,


cui è associato il livello di benessere complessivo U1,
all’operatore conviene muoversi lungo la reNa del
limite di spesa (fino a B) consumando meno oggi fino
a conseguire il livello di uDlità U2.

Risparmiando un po’ meno e impiegando invece il


capitale in aPvità produPve l’operatore consegue il
capitale spendibile individuato nel punto C.

Quest’ulDma è la combinazione intertemporale di


consumi che garanDsce all’operatore la massima uDlità possibile. È la scelta oPmale di
consumo-risparmio-invesDmento-consumo, guidata dal confronto tra i saggi MRS e MRT.

All’operatore conviene rinunciare al consumo aNuale fino a quando MRS < MRT.
All’invesDtore conviene risparmiare e invesDre parte del capitale disponibile fino a che non si
realizza la condizione MRT=MRS che eguaglia il punto di oPmo, in cui πs = ρ.

La decisione oPmale di invesDmento massimizza l’u/lità a0esa dal consumo della ricchezza
nell’orizzonte temporale di colui che prende la decisione.

NB: in assenza di mercaD dei capitali, individui con stesse opportunità di consumo e
produPve e con lo stesso capitale iniziale, ma con saggi marginali di sos5tuzione differen5,
possono adoNare soluzioni di consumo-risparmio-invesDmento differenD.

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Mercato dei capitali e valore.

Il mercato finanziario è la struNura fondamentale di ogni sistema economico. È l’ambiente


che consente di concludere operazioni finanziarie tra soggeP in surplus e soggeP in deficit.

Con il trasferimento di capitali, consente di migliorare l’u5lità colle;va connessa alle scelte
di consumo ed invesDmento ma sopraNuNo la valorizzazione del patrimonio.Un sistema
efficiente permeNe di migliorare l’uDlità di tuP gli operatori economici.

Il tasso d’interesse è il rendimento possibile per i soggeP in surplus; è il costo da sostenere


per l’acquisizione di capitale per i soggeP in deficit.

Un tasso di interesse è deNo di mercato quando deriva dall’incontro tra domanda ed offerta
di capitali in pres/to (da finanziamenD esterni all’azienda). Nell’ipotesi di mercato efficiente
e funzionale, questo consente di raggiungere una condizione di equilibrio generale che
esclude la possibilità che residuano fabbisogni non coperD o risparmi non invesDD.

Il mercato dei capitali, consentendo il trasferimento nel tempo delle risorse finanziarie, e
quindi della connessa capacità di spesa, permeNe agli individui di effeNuare scambi di
consumi intertemporali.

Rinunciando al consumo aNuale di una parte del capitale disponibile e offrendo in presDto
sul mercato finanziario la ricchezza complessiva W0 non cambia, ma ne deriva una
combinazione di consumi che fornisce un vantaggio in termini di uDlità. Per il sistema nel
complesso il beneficio è nullo, ma gli operatori trovano il modo di soddisfare le preferenze
personali.

Le decisioni di consumo intertemporale dipendono da preferenze soggePve. Il maggiore


benessere si origina quando il rendimento medio degli invesDmenD ρ è maggiore del
rendimento delle aPvità finanziarie.

La situazione di maggior benessere individuata nel


punto E è raggiungibile in virtù degli invesDmenD
compiuD nella condizione ρ > i (opportunità di
invesDmento con un rendimento ancora maggiore di
quanto cosD finanziarsi), e grazie alla presenza del
mercato dei capitali che ha reso possibile il
finanziamento di parte di tali invesDmenD
produPvi.

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Principio della separazione di Fisher. Il modello, che presuppone efficienza ed equilibrio del
mercato dei capitali, prevede che il processo decisionale di un individuo razionale possa
essere separato in due fasi successive.

1. Decisione dell’inves/mento oDmale, considerando anche eventuali operazioni di


presDto. Si investe fin quando il rendimento marginale degli invesDmenD eguaglia il
rendimento del mercato finanziario. MRT = - (1 + i )

2. Individuazione della decisione di consumo oDmale. Non si rinuncia ai consumi aNuali a


benefici dei futuri se il costo della rinuncia (soggePvo) supera il rendimento del
risparmio sul mercato finanziario. MRS = - ( 1 + i )

L’opDmum allocaDvo è quindi indipendente dalle preferenze intertemporali di consumo.

Il mercato dei capitali, finanziando l’impresa, la vede come invesDmento. È dunque


necessario che l’operaDvità aziendale sia compaDbile non solo con situazioni e ragioni di
natura reale, ma che sia funzionale alle aspeNaDve degli operatori del mercato dei capitali di
massimizzazione della loro ricchezza.

Se quest’ulDma non garanDsce profiNabilità le conseguenze variano, in base a cosa sta


accadendo nel mercato dei capitali e in base all’accezione di profiNabilità.

(Profi0abilità: per alcuni è la divisione dei dividendi, per altri è la possibilità di invesDmento
dell’azienda per crescere nel futuro. La scelta oPmale tra dividenD e invesDmento dipende
da diversi faNori, poiché la distribuzione di dividendi comporta uscite di liquidità.)

La teoria finanziaria afferma che con il mercato dei capitali efficiente le decisioni di
invesDmento in opportunità produPve possono essere delegate a terzi che agiscono le
regole e le dinamiche del mercato.

Il valore finanziario del capitale invesDto deriva esclusivamente dalle risorse monetarie
spendibili che l’impresa genera e distribuisce a chi la finanzia.

Rischio ed incertezza. (Pag. 25)

TuNe le scelte intertemporali vengono operate in condizioni di incertezza.

La TDF studia le decisioni economiche, /picamente in condizioni di incertezza, mirando ad


analizzare e modellizzare il comportamento degli operatori economici di fronte ad
opportunità di invesDmento alternaDve, i cui risultaD sono s5mabili ma non determinabili a
priori.

Ho incertezza su tuP gli evenD futuri, il maggiore grado di imponderabilità comporta la


difficoltà di considerare molD aspeP qualificanD.

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L’incertezza è associata ad un ambiente stocasDco nel quale la decisione può generare
diversi possibili risultaD, ciascuno condizionato dal verificarsi di scenari e circostanze non
predeterminabili. L’incertezza non consente di prevedere ex ante le probabilità di
accadimento, né i potenziali risultaD connessi.

Al conceNo di incertezza si ricollega quello di rischio. Nel linguaggio comune, esprime il


pericolo al quale un operatore espone la propria condizione che potrebbe scaturire dalla
propria decisione.

In finanza il rischio di un invesDmento può essere espresso tramite la distribuzione di


probabilità della variabile rendimento a0eso dall’inves/mento. In tal senso un invesDmento
è considerato rischioso quando è possibile formulare diverse ipotesi di risultaD alternaDvi,
così da ricavare la distribuzione del rendimento.

Il comportamento dell’operatore razionale difronte a situazioni rischiose può essere


descriNo tramite il conceNo di loNerie. La loGeria è una scommessa caraNerizzata da:

un certo numero di possibili risultaD alternaDvi cui è associato un premio monetario


(anche nullo)

EsiD possibili limitaD e determinaD

A ciascuno stato del mondo è associata una probabilità

Somma unitaria delle probabilità .

Assumendo gli staD del mondo come esclusivi e la possibilità di aNribuire a ciascuni di essi
una probabilità, il risultato/valore a0eso della loNeria è pari al valore della variabile causale
che si realizzerà in media. È poi dunque alla media dei possibili valori monetari associaD a
ciascun esito ponderato per la probabilità che si manifesD.

Una loNeria si dice equa o fair quando il risultato medio aNeso è 0, dunque non è
architeNata per far vincere o perdere sistemaDcamente i giocatori. Una loNeria non equa si
può comunque ricondurre ad un gioco fair considerando un costo c per giocatore.

Secondo la teoria della finanza il comportamento Dpico delle persone può essere ricondoNo
a tre classi, il cui comportamento differisce di fronte ad un gioco fair:

Avversi al rischio (risk averters): disposD a pagare meno di c, confrontano la cifra da


scommeNere con il risultato peggiore (inferiore di c). La loro curva di uDlità è concava, una
ricchezza equivalente certa è sempre preferita alla stessa ricchezza aNesa con incertezza
(derivata seconda negaDva U’’(W) < 0 ).

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Propensi al rischio (risk lovers): disposD a pagare più di c, confrontano la cifra da
scommeNere con il risultato migliore possibile. Le loro curve di uDlità sono concave, la
ricchezza incerta è considerata più appeDbile di quella certa, pari alla W media aNesa.

Indifferen9 al rischio (risk neutral): disposD a pagare una cifra pari a c. Le loro curve di
uDlità sono lineari, la ricchezza equivalente certa sarà sempre pari alla ricchezza media
aNesa (U’’(W) = 0).

In condizioni di incertezza le operazioni finanziarie possono essere paragonate a


combinazioni di loNerie, ossia come impieghi i cui payoff (valori aNesi dei premi) sono
variabili aleatorie e sono aNesi alla fine di un periodo di riferimento.

Le relaDve funzioni di u/lità vengono modellate in base a due caraNerisDche principali degli
invesDtori:

1. Non sazietà: l'uDlità marginale della ricchezza è sempre posiDva poiché gli individui
preferiscono sempre avere una maggiore ricchezza rispeBo a una minore. In termini
matemaDci questo comporta che la funzione di uDlità abbia andamento crescente al
crescere della ricchezza posseduta, quindi la derivata prima sempre posiDva .
( U’(W) = 𝞭 U (W)/ 𝞭 W > 0 ).

2. Grado di avversione al rischio da cui dipende la forma delle loro funzioni di uDlità.

La risposta a tali due ipotesi rende gli operatori massimizzatori di ricchezza. Il premio per il
rischio è il massimo ammontare di ricchezza che l'individuo è disposto a cedere per evitare
una situazione rischiosa.

Tempo, rischio e finanza.

La TDF si occupa della massimizzazione della ricchezza degli operatori economici,


suggerendo modelli conceNuali per l’o;mizzazione delle scelte di invesDmento.

Tale oPmizzazione presuppone l’impiego di capitale (risparmio) in opportunità di


invesDmenD reali (aPvità produPve) e finanziarie (presDD sul mercato dei capitali).

Le opportunità di invesDmento sono profiNevoli quando il valore corrente della ricchezza


dopo l’impiego dei risparmi è superiore al valore della ricchezza prima dell’impiego.

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Il tasso di rendimento è pari al rapporto tra capitale maturato e capitale invesDto soNraNo di
un’unità, e assume il significato di tasso finanziario medio del periodo, ossia tasso interno di
rendimento dell’inves/mento TIR.

La massimizzazione della ricchezza dell’invesDtore dipende dalla massimizzazione dello


spread tra tasso TIR e onerosità (costo) del capitale impiegato.

Gli inves5men5 sono combinazioni di operazioni finanziarie elementari che prevedono lo


scambio intertemporale di capitali, tra un soggeNo A che cede capitali aNualmente
disponibili ad un altro soggeNo B un cambio di un futuro importo, generalmente maggiore di
quello impiegato. Per colui che riceve il denaro cosDtuisce un’operazione di finanziamento.

Si possono considerare quaNro faPspecie Dpiche di invesDmento.

1. PIPO - Point Input Point Output. CaraNerizzata da un solo impiego


(uscita monetaria sostenuta dall’invesDtore), ad inizio periodo, ed un
solo ritorno (recupero del capitale invesDto eventualmente
incrementato del guadagno), a fine periodo, di risorse finanziarie.
Esempio: BOT.

2. PICO - Point Input Con9nous Output. Un solo impiego iniziale di


risorse finanziarie a cui corrispondo una serie di ritorni frazionaD in
periodi successivi. I ritorni possono rappresentare sia recupero di
capitale che maturazione di guadagni. Esempio: BOT poliennali e Dtoli
obbligazionari.

3. CIPO - Con9nous Input Point Output. Ad una pluralità di impieghi di


risorse finanziarie corrisponde un unico ritorno aNeso al termine
dell’operazione. Esempio: alcune polizze assicuraDve.

4. CICO - Con9nous Input Con9nous Output. Pluralità di uscite ed entrate


che si susseguono nel tempo.

Nei primi tre casi è noto che si traP di invesDmenD, daD gli impieghi di
capitale sempre anDcipaD rispeNo ai recuperi di capitale, mentre per le
operazioni CICO la distribuzione temprale dei flussi non consente sempre l’immediata
disDnzione.

Si considera quindi come un finanziamento se i flussi di cassa in entrata sono mediamente


anDcipaD rispeNo a quelli in uscita, e come un invesDmento se i flussi di cassa in uscita sono
mediamente in anDcipo rispeNo a quelli in entrata.

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In sintesi. La teoria della finanza dipende principalmente da tre condizioni: (pag 38)

1. Flussi monetari che l’impresa sarà in grado di generare (profilo dimensionale) a


beneficio delle diverse categorie di finanziatori (proprietà, obbligazionisD e creditori)
(Plus: Risulta finanziatore anche un fornitore che non richiede pagamento immediato ma
permeNe una lunga dilazione di pagamento);

2. Distribuzione temporale dei flussi (profilo temporale);

3. Rischiosità che caraNerizza il conseguimento dei risultaD dell’iniziaDva (profilo di rischio


o qualitaDvo). Un invesDmento riferito ad un orizzonte temporale maggiore si
caraNerizzerà per un maggior grado di rischio.

La componente di rischio incide sulla sDma del valore finanziario aNribuito al capitale, che è
determinato sulla base del processo di a0ualizzazione dei flussi di cassa aNesi che consente
di individuare il valore aGuale VA e il VA neGo (VAN) di una opportunità di invesDmento.

Per tener conto dell’incertezza, VA e VAN vengono determinaD scontando i flussi di cassa
aNesi ad un tasso che tenga conto del rischio che li caraNerizza, usualmente indicato come k
nelle formule valutaDve.

K viene determinato come somma di due rendimenD percentuali:

Tasso privo di rischio (risk free rate, rf) remunerazione richiesta dall’invesDtore per i
tempi d’aNesa dei ritorni speraD.

+ Premio per il rischio (risk premium, RP) richiesta per l’incertezza che grava sui ritorni
configuraD.

(Esempio: invesDmento in BOT di un paese stabile, richiedo solo la remunerazione per il


tempo di aNesa. Caso differente se investo in BOT di un paese instabile, per cui richiedo la
remunerazione dell’eventuale rischio.)

Il k rappresenta conceNualmente un costo opportunità, cioè un rendimento coerente


rispeNo alle alternaDve di invesDmento presenD sui mercaD, paragonabili per livello di
rischiosità.

Nel caso di invesDmenD di Dpo CIPO o CICO:

VA = ⅀ CIFt • (1 + k) -t

VAN = ⅀ CIFt • (1 + k) -t - ⅀ COFt • (1 + k) -t

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Nel caso di PIPO e PICO, la formula del VAN si semplifica essendoci un solo invesDmento
iniziale I0 : VAN = ⅀ CIFt • (1 + k) -t - I0 (formula da usare nell’esercizio 1)

Dove CIF sono i flussi di cassa in entrata che potrebbero essere definiD da contraNo (dunque
non li devo sDmare) o indicizzaD (li devo sDmare). COF indica i flussi di cassa in uscita.

Al termine delle operazioni finanziare il capitale può risultare accresciuto o ridoNo. Il net
present value esprime una sDma della ricchezza neNa generata dall’invesDmento, dunque la
maggior ricchezza che residua una volta depuraD flussi di cassa aNesi della congrua
remunerazione del tempo e del rischio.

Il valore del tempo, ipoDzzando condizioni certezza, è pari alla differenza tra la sommatoria
dei flussi di cassa, e la sommatoria dei flussi di cassa aNualizzaD con un tasso privo di rischio.

VA(tempo) = ⅀ ( CIFt - COFt ) - ⅀ ( CIFt - COFt ) • ( 1 + rf)-t

Il valore del rischio è invece pari alla differenza tra la sommatoria dei flussi di cassa aNesi
aNualizzaD con un tasso privo di rischio, e la sommatoria dei flussi di ritorno aNesi
aNualizzaD con un tasso aggiustato per il rischio.

Recap definizione TdF (da pag 6, 25, 34).

La Teoria della Finanza riguarda la decisioni intertemporali di allocazione di capitali


effeNuate da individui ed imprese al fine di trarne un vantaggio neNo.
Studia le decisioni economiche Dpicamente in condizioni di incertezza, mirando ad analizzare
e modellizzare il comportamento degli operatori economici davanD ad opportunità di
invesDmento alternaDve i cui risultaD sono solo sDmabili.
Si occupa della massimizzazione della ricchezza degli operatori economici, suggerendo
modelli per l’oPmizzazione delle scelte di invesDmento.

Capitolo 2: Teorie e modelli finanziari. (7/10/22)

Domande iniziali:

La finanza procede la visone reale dell’impresa? Sì, e nel farlo Dene in considerazione un
arco temporale che si proieNa al futuro, nella considerazione delle sDme circa le aPvità ed
evenD futuri.

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Le dinamiche del capitale sono veloci? Le dinamiche del capitale dipendono dal Dpo di
aPvità di riferimento. Ad esempio l’aPvità di consumo implica una dinamica più veloce
rispeNo ad aPvità di invesDmento, che troveranno riscontro futuro.

La dinamica del capitale è veloce proporzionalmente alla velocità di scambio delle


informazioni. Ad oggi le informazioni circolano velocemente, senza cosD di trasferimento
o barriere di altro Dpo. Subentrano però problemi informaDvi di altro Dpo, ad esempio
fake news.

In passato (esempio: periodo dei Fax) c’erano barriere alla circolazione delle informazioni,
e necessità eventuale di intermediazione, dunque questo si rifleNeva anche sulla
dinamiche dei capitali. Ad esempio non avendo accesso alle dinamiche del mercato
azionario era più difficile monitorare i propri invesDmenD in caso di acquisto di azioni, ecc.

Finanza Moderna. Anni 1950 - ’60. (Pag. 44)

Il periodo tra gli anni ’50 e ’60 funge da sparDacque tra la Old Finance e la Modern Finance
grazie a diversi contribuD teorici di matrice statunitense.

La finanza aziendale esisteva già da prima, (nata circa negli anni ’20 negli StaD UniD,
sviluppatasi dopo la crisi del ’29 e ripresa dopo il II ConfliNo Mondiale) come anche la
nozione di capitale.

Tali modelli statunitensi erano “di perfezione”. La perfezione dei merca5 si caraNerizza per:

perfeNa compeDDvità dove gli operatori sono price taker (non hanno possibilità di influire
sui prezzi),

operatori dotaD di perfeNa razionalità,

assenza di frizioni e assenza di rischio di insolvenza.

Non c’è dunque rischio che le aziende falliscano e non prevede minimamente cosD di
transizione, informazione, oneri fiscali, restrizioni agli scambi previste normaDvamente ecc.
Secondo ciò vi è la piena possibilità di assumere la diffusione delle informazioni rilevanD.
Vi è dunque piena circolazione delle informazioni.
[Importanza degli oneri: L’impaNo degli oneri fiscali e dei finanziamenD è duplice. Da un lato vanno
ad appesanDre il conto economico. Se trovo un modo di pagare meno tasse, con la stessa struNura di
CE riuscirò ad avere un uDle maggiore. Dunque decidere dove produrre potrebbe portarmi, a parità
di produzione, degli uDli maggiori (moDvazione della delocalizzazione produPva).

Gli oneri finanziari sono detraibili. Fino ad un certo punto all’azienda conviene indebitarsi, pur
dovendo registrare i cosD, potendoli detrarre andrà poi a pagare un valore minore nelle imposte.]

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A ciò consegue: l’uniformità (o idenDtà) delle aspeNaDve e non complessità dei processi
decisionali, costante equilibrio di mercato, prezzi pari ai valori intrinseci dei Dtoli negoziaD e
senza segmenD privi di controparDta (cioè la domanda incontra sempre l’offerta).

I principali costruP teorici sono elaboraD da Debrew (’59), Arrow e Markowitz. Quest’ulDmo
elabora un modello per minimizzare il rischio e massimizzare il risultato mediante la teoria
del portafoglio.

A quesD seguono Modigliani e Miller (’58 e ’63). Le loro preposi/on I e II sulla struNura
aziendale consentono di affermare che, in assenza di imposizione fiscale e di rischio di
insolvenza, le poliDche finanziarie delle imprese non possono influenzare il valore dei Dtoli
(azionari o obbligazionari) da queste emesse.

Il capital asset pricing model, di Sharpe (’64) Litener (’95) e Mossin (’66), cosDtuisce un
modello teorico per il pricing del rischio volto alla determinazione dei prezzi e dei rendimenD
che le aPvità rischiose dovrebbero mostrare in un mercato perfeNo capace di operare in
condizioni di equilibrio.

Il valore intrinseco di un Dtolo è la sDma soggePva, esito del processo valutaDvo razionale
degli invesDtori, che considera correNamente tuNe le informazioni disponibili; è soggeGo a
variazioni a causa della diversa propensione al rischio degli invesDtori e la produzione e
diffusione di nuove informazioni relaDve al Dtolo.

I prezzi convergono, in ipotesi di aspeNaDve omogenee, se:

a. Il processo valutaDvo è razionale;

b. Le info disponibili sono considerate in modo correNo, sono complete e disponibili, non
implicando dunque ulteriori cosD informaDvi.

Il prezzo di mercato quindi troverà il proprio equilibrio per un valore pari al valore intrinseco
sDmato dagli operatori. (Prezzo di equilibrio = valore intrinseco)

Considerata la finalità di impiego dei capitali e il presupposto dei mercaD finanziari, i principi
fondamentali di quesD modelli (di mercato perfeNo) sono:

1. Principio di separazione di Fisher: l’opDmum allocaDvo è indipendente dalle preferenze


intertemporali;

2. Legge del prezzo unico (Law of One Price): due Dtoli pari per rischio e rendimento
devono avere lo stesso prezzo, si verificherebbero altrimenD possibilità di arbitraggi;

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3. Random Walk Theory: le quotazioni dei Dtoli non dipendono dalle quotazioni storiche
ma dalle variazioni causate da nuove informazioni rilevanD disponibili. Porta ad
escludere che le negoziazioni basate sull’andamento storico dei prezzi possano generare
sistema/camente profiP aNesi o rendimenD superiori a quelli di equilibrio.

Finanza Neoclassica. Anni ’60 - ’70.

Grazie al contributo degli studiosi dell’università di Chicago si consolida un nuovo stadio


evoluDvo della teoria finanziaria moderna che prende il nome di Finanza Neoclassica.
Questa si basa sull’ipotesi di mercaD non più perfeP ma efficien5 (EMH efficient market
hypothesis) e sul principio di non arbitraggio (condizione necessaria). Nuovamente, gli
individui consideraD sono perfeNamente razionali.

CostruP teorici principali: Op/on Pricing Theory (’73), Arbitrage pricing theory (’76).

L’accezione di mercato efficiente è in questo caso da intendersi come efficienza informa5va,


la quale presuppone che le informazioni disponibili per gli operatori del mercato siano
complete e gratuite e omogeneamente distribuite. Ne deriva che i prezzi che si formano nel
mercato siano coerenD con tali informazioni e che tale efficenza si rifleNa nei prezzi stessi.

Arbitraggio: possibilità di effeNuare negoziazioni profiNevoli prive di rischio. Se vi fosse la


possibilità sistemaDca di fare arbitraggio su Dtoli non correNamente valutaD la domanda/
offerta di Dtoli sarebbe infinita (ipotesi non compaDbile con l’equilibrio). Dal rispeNo del
principio di non arbitraggio è preclusa la possibilità di realizzare profiP senza un’assunzione
del rischio.

Il processo di formazione dei prezzi rifleNe il processo di formazione delle aspeNaDve degli
operatori, a sua volta influenzato dalle informazioni disponibili.

Vi sono tre possibile gradi di efficienza informa/va del mercato finanziario:

1. Debole: i prezzi incorporano tuNe informazioni storiche, derivano dagli evenD passanD,
ciò non consente agli invesDtori di maturare aspeNaDve di rendimento diverse da quelle
già scontate nei prezzi;

2. Semi-forte: i prezzi rifleNono tuNa l’informaDva pubblica, storica e prospePca; non vi è


informazione pubblica che consenta agli invesDtori di maturare aspeNaDve di
rendimento diverse da quelle già scontate nei prezzi; (condizione più comune)

3. Forte: i prezzi hanno in sé l’informaDva pubblica, privata, storica e prospePca; ciò porta
a negare la possibilità di anDcipare il mercato e negoziare strumenD a condizioni
economiche vantaggiose.

15
Gli operatori hanno dunque aspeNaDve soggeDve e razionali, non idenDche come
nell’ipotesi di mercaD perfeP.

L’efficienza informaDva è presupposto dell’efficienza alloca5va, che è più ampia e si


concentra sulla qualità degli scambi e sull’allocazione oPmale delle risorse.

Per la realizzazione di tuNe le opportunità profiNevoli del sistema economico, e la


massimizzazione del livello complessivo del benessere, la produ;vità marginale del
capitale deve essere la medesima per tuNe le forme di impiego, in modo da non poter
procedere ad una riallocazione.

In condizioni di efficienza informaDva i prezzi cosDtuisco indicatori accuraD al fine di


indirizzare il risparmio verso i progeP di invesDmento più appeDbili, rendendo uguale il
saggio di rendimento marginale di tuP i produNori e risparmiatori.

L’allocazione oPmale è garanDta se il mercato è:

Efficiente dal punto di vista informa5vo - i prezzi rifleNono tuNe le info disponibili;

Efficiente dal punto di vista valuta5vo - le sDme di valore delle imprese sono determinate
sulla base dei fondamenD aziendali (valore intrinseco) e i prezzi rifleNono le aspeNaDve
dei ritorni futuri;

Efficiente dal punto di vista della completezza - consente agli operatori si soNoscrivere
contraP compleD che danno la possibilità di realizzare gli scambi a tuNe le scadenze e in
qualunque circostanza ; (quando voglio effeNuare lo scambio, posso farlo)

Efficiente dal punto di vista opera5vo - consente il trasferimento di fondi al minor costo
possibile verso gli invesDmenD che offrono il miglior rendimento. Ciò è possibile quanto
più il mercato è organizzato e compeDDvo.

Negoziazione, aspeNaDve e dinamica dei prezzi. Nella citata condizione di efficienza di


mercato gli operatori esprimono proposte di negoziazione basate su sDme razionali di valore
intrinseco. La soggeDvità della sDma entra in contrasto con l’assunto dell’omogeneità delle
aspeNaDve che saranno tendenzialmente allineate.

La concorrenza tra mol9 operatori perfeBamente razionali conduce alla situazione in cui i
prezzi di mercato dei 9toli cos9tuiscono la migliore approssimazione del loro valore
intrinseco. La divergenza di valutazioni tra gli operatori darà luogo a negoziazioni e
discrepanze tra prezzi effePvi e valori intrinseci soggePvi. L’efficienza del mercato implica
però che quesD determinino proposte di prezzo (per acquisto o vendita) casualmente
distribuite in un intorno ristreNo del prezzo di equilibrio. Dunque le offerte nel mercato
efficiente non generano variazioni significaDve nei prezzi di mercato.

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L’ipotesi neoclassica delle aspeNaDve razionali prevede che i prezzi siano basa5 sulle
aspeGa5ve dei payout futuri, incluso il prezzo di cessione del 5tolo.

Gli invesDtori tentano di effeNuare scambi sia sulla base delle sDme soggePve del valore
intrinseco dei Dtoli, che sulla base delle previsioni dei comportamenD degli altri operatori e,
quindi, sui futuri valori del mercato dei Dtoli.

Nell’ipotesi di mercato efficiente, il valore di mercato aBeso, condizionato dalle


informazioni disponibili, coinciderà sempre, in media, con quello effeJvo. Analogamente
per il rendimento. Ne consegue che, nelle strategie di negoziazione o invesDmento, il
guadagno aNeso è generato solo da nuove informazioni, poiché a parità di informazioni i
differenziali tra rendimenD effePvi e redimenD impliciD di mercato sono in media nulli.

L’efficienza informaDva e valutaDva del mercato efficiente favorisce i processi di sDma dei
prezzi aNesi dei Dtoli per cui le proposte di acquisto e vendita si incontrano a livelli di
prezzo coerenD col valore intrinseco del Dtolo scambiato.

Legge del prezzo unico. (Pag 55)

In un mercato efficiente la legge del prezzo unico consente di pervenire all’equilibrio del
mercato stesso, condizione in cui i prezzi esprimono il punto di equilibrio tra rendimenD
aNesi e premi di rischio.

L’ipotesi di mercato efficiente può incontrare dei limiD nel processo di formazione del
prezzo:

Perché si crea un gap tra i potenziali scambisD;

QuesD, dotaD di razionalità limitata, non riescono a formare correNamente un’aspeNaDva


di rendimento:

Le frizionalità presenD sul mercato generano diverse opportunità di arbitraggio.

Finanza Comportamentale (Fine anni ’70)

Analisi dell’aspeNo psicologico/sociologico: es. comportamento di gregge o di imitazione.

Gli studi condoP portano sul finire degli anni ’70 a meNere in discussione l’ipotesi del
mercato efficiente e la razionalità degli operatori. Si considera ora l’imperfeNa razionalità
degli operatori sia dal punto di vista valutaDvo che decisionale.

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Viene dimostrato che i prezzi dei Dtoli rifleNono scelte influenzate dalla psicologia e
dall’emoDvità degli operatori, e questo non sempre conduce alla massimizzazione dell’uDlità
marginale.

Assumono dunque importanza l’emoDvità, il contesto storico e sociologico, la cultura e


caraNerisDche degli invesDtori che nel tempo accedono al mercato, tuP quegli aspeP di
influenza umani tralasciaD dalla teoria Neoclassica.

Le distorsioni nei processi decisionali comportano:

SovrasDma/soNosDma di Dtoli

Opportunità di arbitraggio e speculazione.

Gli invesDtori, non completamente razionali, sono influenzaD da distorsioni cogniDve


derivanD da tre fenomeni psicologici:

1. Avversione alle perdite, che influenza il processo decisionale conducendo a scelte che
non sempre massimizzano il livelli di ricchezza o non in linea con la teoria dell’uDlità
aNesa, dovuta a “mental frames”.

Esempio: Se si è subita una perdita in passato si è più predisposD ad assumersi rischi


“pur di tornare in pareggio”, con aNeggiamento di propensione al rischio.

Inoltre a livello psicologico viene aNribuito maggior valore ad una perdita rispeNo che
ad un guadagno dello stesso ammontare. Per cui gli operatori non sono tanto avversi al
rischio complessivo del Dtolo, quanto alla perdita, alla dimensione negaDva del rischio.

Da tali frames conseguono comportamenD quali:

EffeNo certezza: preferire un risultato certo ad uno incerto, anche se inferiore

EffeNo riflesso: porta ad essere avversi al rischio in una situazione in cui tuP i
possibili esiD sono posiDvi, e propensi nella situazione opposta

EffeNo isolamento: trascurare gli elemenD comuni tra più opzioni e focalizzare la
decisione sugli aspeP differenziali.

2. Formazione delle aspeGa5ve, spesso non accurate a cause di semplificazioni, deNe


euris5che, che consentono di minimizzare le informazioni da raccogliere, i daD e le
variabili da considerare, snellendo temi e cosD del processo decisionale.
I principali comportamenD eurisDci, causa di errori decisionali, sono:

RappresentaDvità: scelte basate su stereoDpi

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ANeggiamento imitaDvo:di individui vincenD o del «gregge», evitando di andare in
controtendenza rispeNo alla maggioranza di invesDtori.

Disponibilità: l'evento più prontamente disponibile è ritenuto più probabile

Ancoraggio:si rimane ancoraD ad un valore di riferimento senza aggiustare la sDma in


base agli evenD.

AffeNo: induce a credere nelle proprie capacità e ad agire secondo intuizione, isDnto
e emoDvità.

3. Errori sistema5ci, Bias, causaD dall’eccesso di affidamento all’intuizione e il pregiudizio. I


più comuni sono:

Eccesso di oPmismo: porta ad una percezione distorta del rischio e ad aNendere


risultaD posiDvi con maggior probabilità rispeNo a quanto è razionale aNendersi;

Eccesso di sicurezza: sopravvalutazione delle proprie reali capacità di raccolta, analisi


ed elaborazione delle info necessarie al processo di invesDmento.

Giudizio retrospePvo: induce gli invesDtori a credere erroneamente che sarebbero


staD in grado di prevedere correNamente un evento, del quale in realtà vengono a
conoscenza solo dopo che si è verificato;

Eccesso di reazione a noDzie di basso peso ma forza elevata.

Errore di conferma. Viene aNribuita maggiore credibilità a quei daD che confermano
le proprie credenze e viceversa vengono ignoraD o sminuiD gli altri daD.

Finanza Condizionata.

Mentre nella teoria neoclassica, incentrata sugli assiomi della razionalità e dell’efficienza
informa/va, il dinamismo del mercato lo rende fisiologicamente tendente all’equilibrio,
nascondendo il ruolo dei singoli operatori, la più recente Finanza Condizionata riporta in
primo piano l’importanza dei comportamen5 dei singoli operatori e le opinioni individuali.

Il faNo che i prezzi di mercato possano esprimere il valore intrinseco delle imprese quotate
dipende dalla formulazione soggeDva delle aspeNaDve, dalla percezione soggeDva dei
rischi e dal grado di razionalità delle valutazioni soggePve.

La teoria criDca l'eccesso di affidamento sull'efficienza informaDva, sull'omogeneità delle


aspeNaDve, sull'equilibrio del mercato. Rimuovendo tali ipotesi, i prezzi di mercato
diventano espressione delle idee di valore di una parte soltanto degli operatori, non

19
rappresentaDvi dell’intero mercato, dunque non possono razionalmente esprimere il valore
intrinseco di un Dtolo.

Quanto deNo dovrebbe far spostare l'aNenzione:

Dalla dinamica evoluDva dei prezzi ai meccanismi di formazione dei prezzi e quindi di
sDma dei valori intrinseci dei Dtoli (efficienza valutaDva);

Dall'oggePvità dei prezzi di mercato alla sogge;vità delle opinioni e delle aspeGa5ve
dei singoli;

Dai premi di rischio impliciD nei prezzi di mercato alle analisi di rischiosità svolte sulla
base di distribuzioni di probabilità soggePve assegnate a variabili aleatori quali i
rendimenD dei Dtoli.

La Finanza Condizionata si basa sull’omonimo pensiero Condizionato, il quale è una modalità


conosciDva del presente che lo interpone tra l’analisi oggePva del passato e la riflessione
soggePva del futuro. «Condizionato» appunto perché è influenzato sia da elemenD
oggePvi che soggePvi.

La teoria ipoDzza diverse modalità con cui gli operatori formulano previsioni per il futuro.
Nel caso in cui queste siano ancorate all’analisi dei fenomeni e daD storici disDnguiamo:

1. AspeNaDve di Dpo stazionario: si immagina il futuro sulla base dell'esperienza passata,


assumendo la ricorrenza ciclica dei faP. (UDlizzate da economisD Classici)

2. AspeNaDve di Dpo adaJvo: tendenza degli individui ad adaNare i propri convincimenD


agli evenD più recenD e a modificarli al maturare della loro esperienza. (MonetarisD*)
[Monetarismo: teoria macroeconomica che si occupa principalmente dello studio degli effeP
dell'offerta di denaro governata dalle banche centrali nel sistema economico. Le teorie monetarie,
aNraverso le relaDve poliDche monetarie, hanno come obiePvo il controllo dell'offerta di denaro e
considerano l'inflazione come conseguenza di un'offerta di denaro superiore alla domanda.]

Per superare i limiD delle aspeNaDve stazionarie ed adaPve è stato formulato l’approccio
deNo ipotesi delle aspeBa9ve razionali. Usata in campo economico e finanziario, gli
operatori, (presunD soggeP perfeNamente razionali) considerano al meglio tuBe le
informazioni disponibili al momento della previsione.

Il limite di tale ipotesi deriva dal faNo che l’effePva conoscenza di faP accaduD anche
recenD potrebbe però non possedere i presupposD logici di tuP gli evenD futuri. Inoltre la
conoscenza del passato e del presente non è sempre perfeNa.

Nel formulare le aspeNaDve, gli operatori oltre alla razionalità impiegano il proprio intuito,
l’esperienza e la responsabilità, al fine di elaborare aspeGa5ve ragionevoli. La

20
ragionevolezza è però difficilmente separabile dalla soggePvità. Va dunque soNolineato il
caraNere della soggeDvità delle aspeNaDve.

Il pensiero condizionato richiede la disDnzione tra probabilità ogge;ve (hanno una


concezione frequen/sta, basata sulle sDme a posteriori) e sogge;ve (concezione
soggeDvista che misura a priori l'aspeNaDva sulla realizzabilità di un avvenimento).

L'unica concezione possibile della probabilità è quella soggePvisDca, corrispondente alla


valutazione che il singolo individuo può correNamente formulare in base alle proprie
conoscenze e credenze.

Secondo il pensiero condizionato la formulazione di aspeBa9ve è dunque un processo


razionale, ma necessariamente soggeJvo: la previsione degli evenD futuri e la sDma dei
loro possibili effeP richiede la configurazione di una curva di probabilità soggeDvis/ca, in
cui ogni valore di tale distribuzione è necessariamente condizionato dalle informazioni e
dalle opinioni disponibili.

Pertanto il rischio è considerato come condizione Dpica di un soggeNo che deve formulare,
nel presente, previsioni sul futuro per assumere decisioni ragionevoli. Il rischio è una
condizione Dpica di ciascun soggeNo che pone al centro dei suoi modelli decisionali i principi
della convenienza economica e della ragionevolezza.

Capitolo 3: Finanza aziendale


Dagli anni ’80 faNori quali l’internazionalizzazione dei mercaD reali e l’aumento della
dimensione compeDDva, la limitazione delle potenzialità di autofinanziamento e l’instabilità
dei mercaD finanziari, portano ad un crescente interesse per la Finanza Aziendale.

Problemi simili hanno determinato una crescita di importanza dei problemi e dunque delle
relaDve decisioni finanziarie nell'ambito della gesDone di impresa, necessitando di una
maggiore aNenzione all’acquisizione, impiego e remunerazione delle risorse finanziarie
impiegate in azienda.

La Finanza Aziendale fornisce a tal fine al management principi e logiche di valutazione


coerenD con l’obiePvo della creazione di valore.
La creazione di valore è lo sDmolo che porta alla nascita di una nuova azienda e ciò che ne
garanDsce l’esistenza, ed è sempre l’eventuale incapacità di creare valore a causarne la
morte.

Il focus sulla creazione di valore è coerente con lo sviluppo dei sistemi imprenditoriali
poiché:
Pone costante aGenzione alla ricerca di maggiori capacità compe55ve e alla rischiosità
delle strategie adoNate

21
È in linea con gli altri principi dello strategic management;
Consente l’impostazione e la risoluzione dei problemi relaDvi alla gesDone operaDva
aziendale.

Il conceNo di impresa-valore va declinato secondo l’accezione più idonea rispeNo alla


prospePva che definisce la natura dell’impresa.

Secondo la prospePva economica il valore d’impresa si qualifica come economico, legato al


conceNo di economicità, ossia la possibilità che la gesDone possa svolgersi in condizioni di
equilibrio economico, assicurando congrua remunerazione economica ai faNori della
produzione residuale (il capitale proprio).

Al valore del capitale economico si associa inoltre il conceNo di avviamento quale il


plusvalore generato dalla combinazione e coordinazione delle risorse produPve aziendali
soNo forma di reddiD neP superiori alla media del seNore di appartenenza.

Secondo la prospePva finanziaria l’impresa è considerabile come un invesDmento


finanziario complesso che nasce da un impiego di capitale e realizza conDnuamente la
trasformazione di risorse finanziarie (capitale) in risorse tecniche (tangibili o inagibili) e
umane, e nuovamente in risorse finanziarie (capitale e dividendi).

Il fine di tale impieghi è la massimizzazione della ricchezza, disporre dunque di disponibilità


finali tali da poter acquistare una quanDtà di beni e servizi superiori rispeNo alle disponibilità
iniziali. In tale prospePva il funzionamento dell’impresa è sinteDzzabile in un circuito
finanziario di:
Acquisizione di risorse finanziarie ⇨ impiego in aPvità produPve ⇨ vendita degli output
della aPvità produPve ⇨ remunerazione e resDtuzione delle risorse impiegate.

Il circuito genera ricchezza solo se i ritorni degli impieghi sono effePvamente disponibili,
spendibili (i flussi di cassa, ma non i reddiD), e tali da incrementare le capacità di acquisto
dell’invesDtore. Deve consenDre altresì il rinnovo delle risorse consumate e dunque
mantenere le capacità produPve e compeDDve dell’impresa.

Valore soglia.
Il valore finanziario del capitale invesDto in un impresa, cd. Valore d’impresa, è economico,
funge da valore soglia di convenienza finanziaria, ed è pari al valore aNuale dei flussi di cassa
aNesi scontaD al costo del capitale, dunque coincide col valore aGuale.

L’avviamento corrisponde invece al VAN, indica dunque l’incremento di ricchezza spendibile


di cui beneficiano gli invesDtori.

Valore d’impresa per la proprietà nell’oPca reddituale.


In Economia Aziendale, il reddito è contestualmente la remunerazione del capitale di rischio
e il flusso di nuova ricchezza generato dalla gesDone a favore della proprietà.

22
La formula in oPca reddituale del valore economico del capitale proprio W ec:

RNt: reddiD neP aNesi per ogni epoca t, fino all’anno n.


cr: tasso congrua remunerazione del capitale di rischio
n: durata della vita aziendale
PNn: PN al termine della vita uDle aziendale

Valore d’impresa per la proprietà nell’oPca finanziaria.


Nell’oPca degli invesDtori che soNoscrivono Dtoli di proprietà, la sDma del valore del
capitale proprio secondo l’approccio finanziario W fin è determinabile aNraverso
l’a0ualizzazione dei dividendi.

DIVt: dividendi aNesi, per ciascuna epoca t, fino all’anno n.


Ke: tasso di aNualizzazione dei dividendi aNesi futuri
sDmaD in base alla rischiosità.
n: holding period periodo di pianificazione finanziaria,
periodo in cui gli invesDtori detengono i Dtoli di proprietà
dell’impresa.
Pn: capitale recuperabile alla cessione dei Dtoli di proprietà
(fine dell’holding period)

Al fine della creazione di valore è opportuno che:


Le poli5che di inves5mento siano ispirate dal principio della convenienza finanziaria
(impiegare risorse solo per progeP di invesDmento con rendimento > costo-opportunità);
Le poli5che di finanziamento mirino alla minimizzazione del costo-opportunità dei
capitali acquisiD;
Le poli5che di dividendo considerino che la ritenzione di flussi di cassa in periodi
differenD da quelli preferiD dalla proprietà comportano una tendenziale svalutazione
dell’equity (capitale proprio).

Contributo della Finanza Aziendale: fornire agli organi decisionali


- una visione dell’impresa come fenomeno - Logiche e modelli decisionali finalizzaD a
finanziario dinamico. scelte coerenD con la massimizzazione
del valore di impresa e di ricchezza della
proprietà.
- Principi di orientamento al futuro basaD - Metodi di monitoraggio dell’effeJvo
sul binomio rischio-rendimento. contributo della ges9one alla creazione
del valore finanziario.

Si disDnguono la finanza strategica e la finanza operaDva, che agiscono congiuntamente


nella dinamica evoluDva dell’impresa.

23
Finanza strategica. È riconducibile all’ambito di analisi e pianificazione strategica.
È orientata all’individuazione degli elemen5 alla base della creazione di valore, che è il
fondamento dello sviluppo e la sopravvivenza aziendale e del suo apprezzamento presso i
mercaD finanziari.
Le prospePve di analisi e logiche sono ispirate alla TdF, il cui parametro decisionale poggia
sul trade-off rischio-rendimento e sui canoni del pensiero condizionato. Tale criterio è volto
ad individuare gli indirizzi strategici e le prassi ges5onali al fine della massimizzazione del
valore.

La possibilità di creare ricchezza per gli invesDtori dipende dalle capacità dell’azienda di
generare flussi di cassa da riservare alla proprietà e ai creditori che concedono
finanziamenD.
A tal fine il responsabile finanziario adoNa:
poli5che di inves5mento (per fissare la struNura oPmale dell’aPvo rispeNo alla
reddiDvità e rischiosità degli invesDmenD durevoli in capitale fisso)
poli5che finanziarie struGurali (per fissare la struNura finanziaria oPmale ai fabbisogni
durevoli).
Mira a definire, comunicando con i mercaD, le coordinate finanziarie entro cui può essere
condoNa l’azione aziendale.

Firm Value. Il Firm Value FV indica il valore finanziario complessivo dell’impresa tendendo
conto di:
FCCt corrente di flussi di cassa aNesi per i finanziatori, che
l’impresa saprà generare per ogi epoca t della sua vita uDle,
ko costo-opportunità del capitale, in funzione del grado di
rischiosità dei flussi di cassa operaDvi aNesi,
n vita uDle economica considerata
Tn capitale recuperato all’epoca n, o valore economico
residuale TVn.

Tassi e flussi misurano la coerenza delle prospePve strategiche rispeNo all’obiePvo di


creazione di valore.

Eccedenza di copertura finanziaria. L’ECOF è un fondamentale strumento di analisi di


convenienza economica delle opportunità di invesDmento, basato sulla differenza tra tasso
interno di rendimento e costo opportunità dei capitali: ECOF = TIR - k

Per la creazione di valore è necessario che il TIR superi il rendimento richiesto per
invesDmenD paragonabili (in termini di rischio).

Finanza operaDva.
È orientata alla tutela dell’equilibrio e della sostenibilità finanziaria della gesDone.
In quest’oPca i criteri di analisi e valutazione dei programmi operaDvi si basano sui
rendimen5 e l’equilibrio finanziario. Il fine è quello di generare flussi finanziari aziendali in
entrata tendenzialmente superiori a quelli in uscita.

24
AspeP correlaD sono:
CompaDbilità tra ricavi e cosD - Copertura dei fabbisogni con fonD pari
economicità della gesDone durata - dipende dal grado di elasDcità
del passivo e dell’aPvo.
Correlazione tra margini economici e
flussi di cassa - correntezza finanziaria Capacità della struNura finanziaria di
adaNarsi alle varie necessità gesDonali -
riserva di capacità di indebitamento.

Le Dpiche aPvità della finanza operaDva sono appunto quelle volte al sostegno della
reddiDvità e della correntezza finanziaria della gesDone nel medio-breve termine:
Programmazione finanziaria: analisi prevenDva dei fabbisogni, predisposizione dei budget
finanziari e aPvamente delle fonD di finanziamento di medio-breve termine;
Cash management: oPmizzazione degli incassi e dei pagamenD per assicurare la
solvibilità;
Analisi e ges5one dei rischi finanziari dovuD alla variabilità di variabili finanziarie come i
prezzi delle commodiDes (es: petrolio), tassi di interesse, tassi di cambio, inflazione;
Monitoraggio della dinamica finanziaria e repor5ng.

Lo schema seguente mostra la relazione tra le due sfere, strategica e operaDva, e


l’incessante comunicazione con il mercato di riferimento, le cui aspeNaDve vengono
influenzate proprio dalle scelte operate dalle suddeNe sfere.

Nell’ambito della finanza strategica, il responsabile finanziario interviene nell’individuare una


strategia compaDbile con i livelli di rischio-rendimento acceNabile dal mercato finanziario.
Mediante i piani finanziari* presentabili al mercato, in cui le aspeNaDve dei responsabili del
governo d’impresa e del mercato devono convergere, si fissano le coordinate finanziarie
entro cui l’azienda è finanziabile e dovrà conDnuare ad operare per essere appeDbile.

Al CFO aNengono i rischi finanziari quali la responsabilità della pianificazione finanziaria e


controlli finanziari, il reporDng al più alto livello interno. È altresì responsabile delle analisi
interne e riferisce al CEO (Chief ExecuDve Officer, amministratore delegato) o al consiglio di
amministrazione.

La finanza operaDva è focalizzata sulla gesDone finanziaria, esercitata tutelando


costantemente (t) la valorizzazione (Wt) del capitale invesDto (Tt). Nell’ambito delle struNure
dell’aPvo e passivo definite nel piano finanziario concordato con il mercato si svolgono le
aPvità di pianificazione e controllo degli invesDmenD in capitale fisso, e nella gesDone
finanziaria del circolante, che devono essere correlate alle possibilità di scelta delle forme
tecniche di finanziamento e al regolamento dei rapporD con i finanziatori.

25
Il Tesoriere ha ruolo di rilievo nella gesDone dei flussi di tesoreria e cassa, di cui deve
armonizzare le durate tecniche con i ritmi finanziari che scandiscono accertamenD ed
impegni finanziari.

Nel quadro descriNo il mercato aNende i risultaD finanziari, che confermano o deludono le
aspeNaDve, aNraverso una concomitante revisione delle opinio ni e aggiornamento dei
prezzi.

26
La parte della “clessidra”centrale, al tempo t, che è riportata nella parte superiore della
finanza strategica, meNe in relazione il valore dell’azienda e il capitale invesDto nell’azienda
stessa. Questo vuole porre il focus sull’impaNo che le poliDche (sia della parte aPva che di
quella passiva dell’azienda) possono avere sul valore, e quindi sulla capacità dell’azienda di
produrre flussi di cassa.
E anche sul capitale invesDto nell’azienda, poiché a seconda delle modifiche aNuate in
termini di dividendi/finanziamenD/invesDmenD è possibile aumentare/diminuire il capitale
invesDto in azienda.
Se il valore dell’azienda è maggiore del capitale invesDto, W > T l’azienda viene ricercata dal
mercato. Se W = T viene considerata nel mercato, se W < T è fuori dal mercato.

Il *PIANO AZIENDALE è il documento che illustra le intenzioni strategiche del management


relaDvamente a:
• le strategie compe//ve dell’azienda,
• le azioni che saranno realizzate per il raggiungimento degli obiePvi strategici,
• l’evoluzione dei driver
• i risultaD aNesi.

È uno strumento di controllo di gesDone e di valutazione della conDnuità aziendale.


Definisce in che modo l’azienda intende accrescere il valore creato per gli azionis5.

SinteDzza la visione imprenditoriale del management e ne permeNe la comunicazione al


Consiglio di Amministrazione, all’impresa per aPrare le risorse necessarie (umane e
finanziarie).
Gli elemenD ricorrenD definiD al suo interno sono: “mission” e “vision”, il profilo
dell’azienda, i prodoP, l’analisi dell’ambiente esterno, il mercato di riferimento, la
concorrenza. Comprende il piano organizzaDvo, economico-patrimoniale-finanziario, il
piano markeDng e l’analisi SWOT sui punD di debolezza e di forza, con annesse
considerazioni.

La definizione del piano necessita di compiere scelte in termini di completezza di questo,


di definire l’orizzonte temporale e relazioni con gli altri documenD prodoP, di definire e
valutare le variabili esterne ed interne. Può assumersi la decisone di farlo diventare uno
strumento di comunicazione verso l’esterno o verso interno dell’impresa (come nello
schema) e in tal caso devono essere scelD i desDnatari di riferimento.

Formalizza: intenzioni e strategie del management, le azioni poste in essere per il


raggiungimento degli obiePvi di medio periodo, la dinamica dei driver e i risultaD aNesi
dalle azioni che saranno intraprese.

27
I requisiD minimi del piano aziendale sono:

Sostenibilità finanziaria, assenza di gravi squilibri finanziari.

Deve essere considerata in relazione alla qualità/quanDtà delle fonD di finanziamento


che si intendono uDlizzare per fronteggiare i fabbisogni e la possibilità di reperire le
fonD di finanziamento.

Coerenza

Le componenD - strategia e realtà aziendale di partenza, interazioni strategiche, piano


di azione, ipotesi e previsioni economico-finanziarie - devono essere coerenD tra loro.

Devono esservi nessi causali tra le varie componenD. Le azioni pianificate devono
essere compa9bili con la tempis5ca proposta e le risorse aGuali e prospePche di cui
l’azienda già dispone/si doterà (umane, organizzaDve, tecnologiche e finanziarie).

AGendibilità, fondatezza delle ipotesi.

Un piano aNendibile è formulato sulla base di ipotesi realisDche e porta ai risultai aNesi
ragionevolmente conseguibili. Per verificarne la compaDbilità con le dinamiche del
contesto compeDDvo si considerano:

• la confrontabilità con i risultaD storici (più i risultaD prospePci differiscono dalle


performance storiche, più sono ambiziosi gli obiePvi del piano),

• la visibilità dei daD previsionali (la probabilità delle proiezioni relaDve a determinate
voci, di manifestarsi realmente).

È un documento passibile di revisioni e modifiche. Nella PMI coinvolge generalmente


l’imprenditore, il management, i consulenD (markeDng, avvocaD, consulenD del lavoro, ecc),
il commercialista per il coordinamento, valutazione, selezione ed elaborazione dei daD.

Rischio d’impresa.

Secondo la teoria finanziaria, il binomio rischio-rendimento cosDtuisce il paradigma


valuta5vo fondamentale che consente ad un operatore economico e razionale di apprezzare
la convenienza dei possibili impieghi di capitale.

Prima di soNoscrivere Dtoli gli invesDtori valutano la possibilità di ricevere remunerazione


congrue e soddisfacenD rispeNo ai rischi corsi. In modo analogo le banche verificato il merito
crediDzio prima di concedere finanziamenD.

In entrambi i casi, i rendimenD aNesi dalle operazioni di impiego dei capitali sono legaD alle
sorD dell’impresa, che per loro natura sono rischiose.

28
In relazione allo strumento di finanziamento uDlizzato il rischio d’impresa si trasforma in
rischi per i finanziatori. I faNori di rischio manifesteranno effeP parDcolarmente negaDvi in
caso l’impresa manchi di visone strategica, competenze tecnico-manageriale e capacità
criDco-riflessive.

Il processo di ponderazione dei rischi dipende da:

Profilo dimensionale: flussi monetari che l’impresa sarà in grado di generare;

Profilo temporale: distribuzione temporale dei flussi;

Profilo di rischio (o qualita5vo): rischiosità che caraNerizza il conseguimento del risultato.

Gli invesDtori pongono dunque aNenzione alle: capacità aNuali degli organi decisionali di
definire strategie e poliDche a fronte delle imprevedibili condizioni di contesto, alle
competenze disDnDve disponibili e le caraNerisDche di flessibilità.

Il loro scopo è apprezzare autonomamente i risultaD aNesi dal management rappresenD nei
piani finanziari. I procedimenD per la sDma del valore finanziario associato a tali piani
tengono conto dei rischi che concorrono a definire il Valore ANuale (Present Value, PV) e
Valore ANuale NeNo (NPV).

Equivalenza finanziaria.
Con il presso di a0ualizzazione dei risulta/ a0esi rischiosi si effeNua la riduzione del valore
nominale dei flussi aNesi:
- in ragione dell’an/cipazione temporale rispeNo all’aNesa futura manifestazione;
- Per tener conto del rischio di manifestazione in quella determinata misura.

La TDF giudica conveniente un’opportunità di invesDmento solo quando promeNe una


remunerazione congrua anche rispeNo ai rischi che la caraNerizzano, cioè quando:
prezzo dell’invesDmento ≤ valore aNuale neNo.

Deve esistere un nesso di interdipendenza logica tra rischiosità, tassi richiesD di rendimento
e valore finanziario dell’invesDmento.

Esistono due procedimenD alternaDvi di calcolo del VA che considerano rispePvamente la


componente rischio e la componente tempo, equivalente certo e il RADR.

Equivalente Certo.
Comporta la svalutazione per il rischio del valore nominale dei flussi di cassa aNesi prima
dell’aNualizzazione calcolata su un tasso che Dene conto solo del tempo.
1. Il coefficiente di decurtazione (1 - 𝞭 ) cresce in rapporto al rischio (vt), ai flussi di cassa
medi aNesi SM(CFt), in modo da individuare la parte certa.

29
2. Impiega poi un tasso di a0ualizzazione privo di rischio, risk free rate rf, che indica la
remunerazione richiesta per il tempo.

Dunque la sDma del VA di un’opportunità di invesDmento diventa funzione degli equivalenD


cerD dei flussi di cassa aNesi (CFt):

EC(CFt) = SM(CFt) • ( 1 - 𝞭 ) dove 𝞭 = f(vt) e (0% < 𝞭 < 100%)

Quindi VA = ⅀ EC(CFt) • ( 1 + rf )-t

(SM, Speranza MatemaDca o risultato aNeso)

RADR. Il Risk Adjusted Discount Rate, che consente il calcolo dei VA rePficaD in funzione
dell’incertezza, è il metodo principalmente adoperato a livello professionale, a differenza
dell’equivalente certo.
Il procedimento richiede l’individuazione di premi per il rischio da sommare al tasso base
che compensa l’invesDtore per il tempo aNeso.
Il tasso re;ficato per il rischio (k) misura la remunerazione che un invesDtore razionale
richiederebbe per assumersi i rischi che caraNerizzano un’invesDmento; dunque quel
rendimento minimale che rende appeDbile l’opportunità di invesDmento, poiché ne assicura
la remunerazione dei rischi. La sDma del VA diventa:

VA = ⅀ SM(CFt) • (1 + k )-t

k viene a determinarsi come la somma di un tasso privo di rischio (remunerazione per il


tempo) e di un premio per il rischio (remunerazione per l’incertezza sui ritorni aNesi):

k = rf + rp

Esiste una relazione lineare tra rischio e


rendimento minimale aNeso.

Costo del capitale. Il tasso necessario al fine di definire il valore aNuale neNo di
un’opportunità reale di invesDmento, che Dene conto del tempo e del rischio che grava sui
ritorni futuri aNesi, prende il nome di costo del capitale.

Ogni operazione di invesDmento comporta difaP per l’impresa un fabbisogno finanziario da


ricoprire e un costo da sostenere per remunerare il capitale impiegato. Può essere osservato
da una duplice prospePva:

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Tasso di sconto

necessario nel processo di aNualizzazione per considerare la collocazione temporale e la


rischiosità dei risultaD finanziari aNesi.

Rendimento minimale

che l’impresa deve conseguire per soddisfare le aspeNaDve dei finanziatori


remunerandoli congruamente per il tempo e il rischio che si assumono investendo i
propri capitali.

QuanDfica, per gli invesDtori, il rendimento preteso sui capitali forniD.

RecenD studi soNolineano l’importanza del costo del capitale per la sopravvivenza e lo
sviluppo dell’impresa. K andrebbe fissato tenendo conto delle condizioni alle quali l’impresa
può procurarsi fondi nel mercato dei capitali in relazione allo scopo che persegue e del
momento in cui provvede alla raccolta dei fondi.

SDma del costo del capitale.


Data la centralità del costo del capitale, si pone il problema della sua misurazione, dunque
della sDma del premio per il rischio da sommare al tasso base che Dene conto del tempo.
La difficoltà risiede nel faNo che per il calcolo di un premio per il rischio coerente è
necessario individuare i faGori di incertezza e s5marne l’impaGo sulla ricchezza futura.

Un primo approccio di sDma, elaborato dalla doNrina finanziaria, individua il costo-


opportunità del capitale dai rendimenD aNesi dagli operatori del mercato, adoNando il punto
di vista dell’invesDtore con le ipotesi che:

L’invesDtore sia marginale (non influenza i prezzi dei Dtoli con le sue negoziazioni),
diversificato (possiede un portafoglio di invesDmenD diversificato), e avverso al rischio.

Assuma il parametro di media-varianza come base per la selezione degli invesDmenD


alternaDvi. (Curve di indifferenza basate sui parametri di media e varianza dei rendimenD
aleatori delle aPvità negoziate).

CAPM. Tenuto conto di tali presupposD, tra i modelli più usaD vi è il Capital Asset Pricing
Model: il rendimento aNeso di un’aPvità rischiosa (rh), affinché sia coerente con la
condizione di equilibrio di mercato, deve essere pari al al tasso privo di rischio (rf)
incrementato di un premio per il rischio che tenga conto del solo rischio sistema9co del
9tolo (𝛽h) (equity risk premium, ERP).

rh = rf + ( rm - rf) • 𝛽h

31
rm indica il rendimento aNeso dal portafoglio di mercato, che conDene tuP i Dtoli negoziaD
sul mercato azionario di riferimento.
𝛽h è determinato come rapporto tra la covarianza dei rendimenD aNesi del Dtolo con i
rendimento aNeso di mercato, e la varianza dei rendimenD aNesi di mercato:

𝛽h = (COV h,M ) / VARM

Tale modello è applicato ai rendimen5 storici dei Dtoli, presumendo di poter enucleare dai
prezzi i premi per il rischio correnD nel mercato.

SDma individuale composta nel mercato. Un secondo modello, più prudente rispeNo al
precedente che deriva il premio per il rischio dai rendimenD storici, segue l’approccio
soggeDvis/co.

Secondo questo, il tasso di aNualizzazione dovrà esprimere la rischiosità dei risultaD aNesi,
dunque il costo-opportunità per la determinazione del VA o VAN, dovrà contenere un rp che
sia funzione della variabilità (deviazione standard) dei risulta/ a0esi. Sia k = rf + rp.

Il faGore premio di rischio (per Colombi) si parametra alla variabilità v, ed è:

FRP = 1 + v ( 1 + rf )

il FRP funge da molDplicatore del rendimento delle aPvità prive di rischio trasformandolo in
tasso rischioso: k = rf • RFP = rfr • [1 + v ( 1 + rf )

L’approccio soggePvisDco consente di chiarire che:

ai diversi risultaD aNesi caraNerizzaD da diversi livelli di rischiosità, è possibile associare


uno specifico costo-opportunità del capitale, per ciascuno di essi;

poiché la variabilità dei risultaD aNesi dipende dall’erraDcità dei ricavi, il grado di leva
opera/va propria e di leva finanziaria , sono variabili esplicaDve del premio di rischio per
la proprietà;

Le imprese che si rivolgono ad uno stesso mercato di sbocco, che presentano medesima
stru0ura economica e finanziaria, dovranno caraNerizzarsi per la stessa rischiosità
dunque lo stesso costo-opportunità del capitale.

AspeNaDve, valutazioni, prezzi.

Un governo finanziario dell’impresa (unico obiePvo: max. valore per azionisD) è


consapevole che le scelte relaDve ai mercaD di vendita (o impiego), di approvvigionamento
(o raccolta), all’organizzazione la produzione, per essere finanziabili devono essere

32
compaDbili con livelli di rendimento adeguato al rischio fissa/ e aggiornaD nei mercaD
finanziari.

Nella realtà, si correlano:

le aPvità di pianificazione e valutazione di ogni impresa ad aPvità corrispondenD


compiute da altre imprese;

Le valutazioni condoNe all’interno dell’impresa con quelle degli operatori dei mercaD
finanziari che le confrontano con piani e valutazioni di tuNe le imprese, per poterle
apprezzare.

Lo schema successivo mostra le relazioni tra imprese (solo unlevered, non indebitate) e
invesDtori. [Vengono considerate solo le imprese quotate in un mercato in cui l’interesse per
il diriNo di proprietà si esercita aNraverso il possesso di azioni, formalizzato con l’acquisto o
vendita di un book che gesDsce la conclusione delle proposte.]

A. Il management formalizza nei piani le proprie aspeNaDve di sviluppo;


B. I piani aziendali saranno finanziaD se valutaD convenienD in termini di VAN da parte degli
invesDtori;

33
C. Prima della comunicazione al mercato esterno è opportuna la valutazione (ed eventuale
riconsiderazione ) di quesD da parte del responsabile finanziario, in merito ai tassi che
suggeriscano rendimenD e rischi acceNabili;
D. Il piano comunicato è per il mercato una delle tante opportunità di invesDmento
rischiose;
E. Gli invesDtori esprimono le proprie aspeNaDve confrontando le prospePve di tuNe le
imprese finanziabili, segue la fase di selezione e finanziamento della migliore impresa (o
portafoglio di imprese);
F. Ogni invesDtore può soNoscrivere nuove emissioni o negoziare sul mercato secondario
l’acquisto/vendita di un Dtolo di proprietà. In entrambi i casi assume una posizione
negoziale rispeNo ad un’offerta corrente che riDene conveniente.
G. Sono rilevanD anche le modalità con cui avviene la negoziazione. Ponendo un’azione in
vendita ad un determinato prezzo si esprime implicitamente un’opinione personale circa
la possibilità di valorizzazione ulteriore del capitale invesDto in relazione al prezzo di
acquisto/soNoscrizione;
H. Quando una proposta incontra l’interesse della controparte si conclude la
compravendita e si forma il prezzo di mercato. Questo determina l’accordo tra le parD ai
fini della negoziazione in equilibrio (ma non conDene sDme individuali sull’ulteriore
valorizzazione del capitale). Gli aggiornamenD delle opinioni individuali si concreDzzano
nei prezzi che si susseguono;
I. Prima della comunicazione del piano, aNraverso il CFO l’impresa deve elaborare una
propria valutazione an/cipata al fine di avere un punto di riferimento del il grado di
corrispondenza tra i prezzi di mercato e la propria sDma di valore. Non aggiornando
questa sDma non può controllare il fenomeno. Operando una propria sDma in merito al
piano il management saprà su quale determinate del valore intervenire (risultabilità,
rischiosità …)
J. Il rendimento del singolo negoziatore che ha acquistato/venduto azioni sulla base delle
proprie aspeNaDve differisce dal rendimento staDsDco misurato confrontando i prezzi
successivi;
K. SpeNa nuovamente al responsabile finanziario il controllo di soluzioni concrete (decidere
struNure dell’aPvo e del passivo, gesDone del capitale circolante …) al fine di rispeNare i
livelli corrispondenD alle preferenze dei mercaD;
L. Seguono segnali di apprezzamento, disinteresse o incompaDbilità da parte dei mercaD
finanziari (che devono portare ad eventuali cambiamenD nelle decisioni adoNate, in caso
di non apprezzamento).

Il management finanziario presiede la sintonia tra imprese e mercaD, che si misura in


termini di segno e distanza tra valore e prezzi dell’equity.

Mediante il modello del CAPM, si considera come nella valutazione dei diversi risultaD
alternaDvi prendono forma le aspeNaDve del valutatore, e si perviene al risultato aNeso, o
speranza matemaDca SM.

34
Per ciascun invesDmento, la dispersione dei risultaD alternaDvi misuraD tramite la deviazione
standard SD esprime il rischio nutrito dal valutatore rispeNo al risultato.
Ponendo in rapporto SD e SM si determina una misura relaDva del rischio
(variabilità v = SD/SM).

Il valutatore avverso al rischio richiederà un rendimento proporzionale alla specifica


rischiosità.
Se v = 0 il valutatore riDene possa scaturire un unico risultato, lo considera certo e lo
valuterà sulla base del rendimento corrente delle aPvità finanziarie prive di rischio
remunerate in ragione del tempo.
Se v > 0 la valutazione deve tenere conto della remunerazione del rischio.

Nel modello soggePvisDco di elaborazione delle aspeNaDve personali si adoNa la logica di


portafogli e il CAPM. Si configura un 𝛽 (e 𝜶) soggePvisDco per ogni invesDmento.

Le valutazioni degli operatori precedono i prezzi espressi dal mercato. Se le aspeNaDve degli
operatori fossero omogenee, e il metro adoNato fosse idenDco, le valutazioni di mercato
coinciderebbero con le comune valutazioni individuali.

Capitolo 4: Concezione finanziaria dell’impresa.


La proprietà sosDene nascita e sviluppo dell’impresa con il capitale di rischio, e aNende di
incassare nel tempo i dividendi e recuperare il capitale versato al termine della vita
aziendale.
I creditori forniscono capitale di debito mediante forme tecniche correlate alla durata/enDtà
dei fabbisogni aziendali.
Altre forme di finanziamento si legano ai rapporD commerciali passivi e aPvi intraNenuD
con i clienD.
Gli inves5tori aNendono rendimenD allineaD alle prospePve indicate dal management e
coerenD con il profilo rischio-rendimento di altre opportunità sul mercato.

La dinamica finanziaria che ne scaturisce può essere ricondoNa in parte ai cicli delle
operazioni ricorrenD, in parte ai più lunghi cicli di invesDmento e finanziamento struNurali.

Capitale aziendale. Reale: capitale proprio


Prospettiva
Finanziaria: capitale di rischio

Prospe;va reale. Il capitale proprio è la dotazione di risorse necessarie all’aPvazione e lo


svolgimento delle aPvità produPve. Dal punto di vista qualita/vo è considerabile come
fa0ore produDvo generico che consente:
- l’acquisto dei fa0ori produDvi specifici (macchinari, impianD, materie …) per la
realizzazione dei cicli operaDvi aziendali;

35
- Acquisizione di risorse finanziarie ulteriori in linea di pres/to (finanziamenD concessi
all’impresa) o di rischio (successivi aumenD di capitale).

Tale prospePva permeNe la valorizzazione contabile del capitale aziendale, quanDficato


mediante le rilevazioni contabili effeNuate secondo il principio della prudenza e competenza
economica, trovando rappresentazione nel modello di bilancio.

Il capitale aziendale contabilmente prende il nome di patrimonio neNo, o capitale neNo di


funzionamento, e risulta dalla differenza: tot. aPvità - tot. passività aziendali.

È di faNo un fondo di valori astra0o, derivato e incerto, poiché le voci che lo compongono
sono diversa natura e perlopiù risultanD da s5me. [esempio: la voce immobilizzazioni è
sDmata. Il costo storico del bene è un dato certo, ma la perdita di valore nel tempo valutata
per l’ammortamento è fruNo di una sDma.]

Le aPvità/passività che compongono il capitale sono configurabili in tre grandi classi:


valori monetari a;vi (mezzi liquidi) e passivi (scoperD, o affidamenD di conto corrente)
appuraD secondo il principio di cassa;

Valori finanziari a;vi (crediD di funzionamento e finanziamento) e passivi (deb. di


funzionamento e finanziamento) appuraD secondo il principio di competenza finanziaria;

Valori economici a;vi (cosD pluriennali, cosD sospesi, cosD anDcipaD) e passivi (ricavi
sospesi, ricavi anDcipaD) secondo il principio della competenza economica.

Stato Patrimoniale

Disponibilità iniziali Capitale + riserve


Criterio di cassa Net Cash Flow Risultato neNo d’es

Criterio della CrediD di regolamento DebiD di finanziamento


Competenza finanziaria CrediD di finanziamento DebiD di regolamento

Rimanenze, Immobilizzazioni Fondi rischi e oneri


Ratei e RisconD Fondi ammortamento, Ratei Criterio della
e RisconD Competenza economica

TOT. ATTIVO TOT PASSIVO

Prospe;va finanziaria. Pone il focus sul trade off rischio-rendimento, coglie la


convenienza dell’impiego di capitale, valutando se i ritorni aNesi sono congrui rispeNo al
rischio dell’iniziaDva e allineaD ai rendimenD offerD da alternaDve di invesDmento simili.

36
Le risorse finanziarie immesse nei cicli produPvi vengono trasformate in faNori specifici
della produzione e impiegate in aPvità/processi caraNerisDci della gesDone aziendale; il loro
ritorno/remunerazione è quindi vincolato all’efficacia ed efficienza della ges5one aziendale.

Per tale ragione il capitale apportato dai proprietari è definito capitale di rischio, poiché è la
dotazione di risorse necessarie per avviare ed alimentare il sistema impresa, fronteggiando i
rischi connessi (In caso gli output prodoP non siano sufficienD a coprire i cosD di gesDone).

La proprietà non è garan5ta da remunerazione o resDtuzione ed è esposta al duplice rischio


che l’impresa consegua risultaD: posi/vi, ma inferiori alle aspeNaDve; nega/vi, con
conseguente assorbimento del capitale per integrare i ricavi insufficienD alla coprire i cosD di
gesDone.

La prospePva finanziaria richiede la valorizzazione economica del capitale di rischio. Il valore


del capitale economico corrisponde al valore a0uale dei flussi di reddito che l’impresa è in
grado di produrre nella sua vita uDle.

Negli studi finanziari si fonda invece sulla funzionalità finanziaria intesa come la capacità di
generare ricchezza spendibile per la proprietà (dividendi). In tal caso il valore finanziario del
capitale coincide con il valore aNuale dei flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare
nella sua vita uDle.

Dinamica finanziaria.
La dinamica finanziaria aziendale coglie l’aspeNo finanziario della gesDone, ed indica
l’insieme dei movimen/ finanziari in entrata ed in uscita, determinaD dalle scelte aziendali in
un dato periodo. Tali movimenD possono essere:
Impieghi di capitale: comportano l’uDlizzo di risorse finanziarie.
- PagamenD per acquisD (uscite monetarie correnD),
- IncremenD di crediD commerciali (mancate entrate monetarie correnD) o finanziari
(erogazione di risorse monetarie a terzi),
- Riduzione di debiD commerciali o finanziari (uscite monetarie correnD per rimborsi).

Fon5 di capitale: comportano l’acquisizione di risorse finanziarie.


- Incassi da vendite
- Riduzione crediD commerciali e finanziari
- IncremenD di debiD commerciali e finanziari.

È possibile operare una disDnzione tra flussi monetari (movimenD per cassa, risorse liquide)
e flussi finanziari in senso stre0o (non prevedono trasferimenD immediaD di moneta, ma
cosDtuisco diriP o obblighi a futuri incassi o pagamenD).

Il sistema finanziario di analisi contabile del valore consente di qualificare i clicli finanziari
aPvaD da ciascuna operazione di gesDone caraNerisDca.

37
Cicli finanziari aJvi: flussi finanziari in entrata.

- APvaD dalle operazioni di vendita e accensione di presDD.


- Fasi: previsione, accertamento, incasso e rendicontazione.
- Danno luogo ad entrate finanziarie (incassi aNesi) nella fase di accertamento, e si
traducono in entrate monetarie (incassi effePvi) nel momento in cui i cicli si
concludono.
Se nell’arco del periodo di osservazione i cicli aPvi non concludono con l’incasso delle
somme accertate, origineranno residui aDvi (crediD accertaD e non ancora incassaD vantaD
nei confronD di terzi)
Cicli finanziari passivi: flussi finanziari in uscita.

- APvaD dalle operazioni di acquisto ed esDnzione di presDD di presDD.


- Fasi: previsione, impegno, pagamento e rendicontazione.
- Danno luogo ad uscite finanziarie (pagamenD aNesi) nella fase di impegno, e si
traducono in uscite monetarie (pagamenD effePvi) nel momento in cui i cicli si
concludono.
Specularmente, i cicli conclusi con il mancato pagamento delle somme dovute generano
residui passivi.

Analizzando le performance aziendali si disDnguono le variazioni quanDtaDve (per effeNo dei


risultaD economici) e qualitaDve (per effeNo di quelli finanziari) subite dal patrimonio neNo.

Il RISULTATO ECONOMICO relaDvo ad un periodo amministraDvo è rappresentato dal reddito


neGo di periodo (risultante dalla contrapposizione di cosD e ricavi aPnenD al periodo
considerato rilevaD secondo il principio di competenza economica).

Il risultato ges/onale derivante dall’applicazione del criterio di competenza economica


quanDfica gli effeP della gesDone aziendale sul patrimonio neNo aziendale.

I RISULTATI FINANZIARI sono invece di due Dpi:


1. Flusso di cassa neGo (Net Cash Flow): considera solo le movimentazioni monetarie, faP
che nell’esercizio hanno generato manifestazioni monetarie.
Determinato dalla sommatoria di entrate ed uscite di un dato periodo amministraDvo
(principio di cassa).

2. Avanzo finanziario di competenza: (rilevazione secondo il principio di competenza


finanziaria) considera i diriP ad incassare (accertamenD) e gli obblighi a pagare
(impegni) sorD nell’esercizio di riferimento, indipendentemente dal faNo che abbiano
trovato o meno manifestazione monetaria nel periodo osservato.

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Il risultato ges/onale derivante dall’applicazione del criterio di cassa si colloca nell’aPvo
dello SP e cosDtuisce le disponibilità liquide e la ragione della loro variazione nel periodo
considerato.

Le variazioni di liquidità derivanD da ricavi di esercizio o pagamenD di cosD di esercizio


generano variazioni del patrimoni neNo, non quando derivano dalla chiusura di posizioni
debitorie/creditorie pregresse.

Relazioni tra risultaD economici e finanziari.


Nel patrimonio neNo aziendale si combinano gli effeP della gesDone finanziaria e quella
economica; cosDtuisce il punto di raccordo tra aspeP monetari e reddituali della gesDone.

Ricavi di esercizio Rt.


Definibili solo ne no/ gli accertamen/ del medesimo periodo, che si trasformano in incassi
IRt o nuovi crediD commerciali o di regolamento a fine periodo nCCt.
Vi possono essere anche incassi derivanD dalla chiusura di posizioni creditorie
dell’esercizio precedente CCt-1 (crediD commerciali o di reg. di inizio periodo).
Rt = IRt + CCt - CCt-1
Cos5 di esercizio Ct.
Solo se noD gli impegni del medesimo periodo, che si trasformano in pagamenD di
periodo PCt o nuovi debiD commerciali o di reg. a fine periodo nDCt, vi sono ulteriori
pagamenD per i debiD commerciali o di reg. di inizio periodo.
Ct = PCt + DCt - DCt-1

Concorrono inoltre alla definizione delle relazioni tra flussi monetari e reddituali di periodo:
- EffeP finanziari delle operazioni di inves/mento e disinves/mento ΔINVt;
- EffeP finanziari delle operazioni di finanziamento quali pagamen/ per interessi passivi IPt
e nuovi finanziamen/ al ne0o dei rimborsi ΔFINt;

- EffeP finanziari dell’imposizione fiscale IMPt al ne0o delle variazioni dei debiD tributari
+ ΔDTt.

Dalla formulazione di tale risultato finanziario neNo di periodo, si può dunque definire il Net
Cash Flow:

NCFt = It - Pt (incassi - pagamenD )

NCFt = IRt - PCt - ΔINVt - IPt + ΔFINt - IMPt + ΔDTt

39
Dalla differenza tra ricavi e cosD operaDvi si determina il risultato economico di periodo,
tenuto conto delle scriNure di assestamento di competenza economica ( ΔRIMt variazione
rimanenze economiche, AMMt ammortamenD, ACCt accantonamenD):
RNt = Rt - Ct + ΔRIMt - AMMt - ACCt - IPt - IMPt

Si può ora esplicitare la relazione tra risultato finanziario ed economico:

NCFt = RNt - (ΔRIMt - AMMt - ACCt) - (ΔCCt - ΔDCc - ΔDT) - ΔINV + ΔFINt

Tanto più la gesDone economica e finanziaria sono correlate per dinamiche e risultaD, più si
può parlare di correntezza finanziaria [precedere senza indugi e tentennamen/ in
conseguenza della regolare conclusione dei cicli monetari aDvi e passivi programma/],
presupposto fondamentale del valore aziendale insieme all’economicità.

Livelli adeguaD di correNezza finanziaria della gesDone consentono un'equilibrata evoluzione


del capitale aziendale sia soNo l'aspeNo economico che finanziario.
Il coordinamento dei cicli finanziari aPvi e passivi permeNe che la dinamica finanziaria
assicuri sempre la solvibilità di impresa e sia il fruNo di impieghi produPvi profiNevoli.

Cicli aziendali.
I movimenD finanziari in entrata/uscita sono imputabili a sei categorie di operazioni:

1. Operazioni ricorren5 di ges5one: acquisto faNori a fecondità semplice, trasformazione,


vendita prodoP finiD;

2. Operazioni di inves5mento: impiego di capitale in faNori durevoli della produzione,


materiali, immateriali e finanziari;

3. Operazioni di finanziamento: acquisto di mezzi finanziari per coprire fabbisogno e


resDtuzione;

4. Operazioni di remunerazione del capitale finanziario: pagamento di interessi passivi e


distribuzione di dividendi;

5. Operazioni di impiego temporaneo:invesDmento della liquidità eccedente in aPvità fin.


prontamente liquidabili per la copertura di eventuali necessità finanziarie;

6. Operazioni di inves5mento non funzionali: impieghi in aPvità non funzionali al core


business, solitamente aPvità immobiliari ( terreni, fabbricaD, immobili civili per affiP).

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Queste cosDtuiscono al contempo le cause finanziarie elementari delle modifiche delle
risorse finanziarie impiegate, sia le cause economiche elementari delle modifiche del capitale
conferito dal singolo imprenditore o soci.

Entrambi gli aspeP moDvano l'effeNo che le operazioni di gesDone hanno sulla ricchezza
creata dall'impresa, e sul valore finanziario della stessa.

Le operazioni gesDonali possono essere raggruppate nelle macro aree:

Area della gesDone Categoria di operazioni PoliDca aNuata

GESTIONE OPERATIVA Op. ricorrenD di gesDone PoliDche finanziarie funzionali


Op. di invesDmento/disinvesDmento
GESTIONE DEI FINANZIAMENTI Op. finanziamento/definanziamento PoliDche finanziarie struNurali
Op. remunerazione del capitale fin.
GESTIONI ACCESSORIE Op. impiego temporaneo della
liquidità eccedente
Op. invesDmento/disinvest. non
funzionali

Considerare l’arco temporale permeNe di rappresentare le operazioni gesDonali non più per
aree ma per cicli. La visione per cicli permeNe di considerare tempi di svolgimento,
frequenza, conclusione delle operazioni, evidenziando la trasformazione del capitale
finanziario impiegato in impresa.

I quaNro cicli che permeNono lo svolgimento della gesDone aziendale:

1. Ciclo opera5vo aziendale: operazioni ricorrenD di gesDone caraNerisDca;

2. Ciclo degli inves5men5: operazioni non ricorrenD di gesDone caraNerisDca;

3. Ciclo dei finanziamen5: operazioni di gesDone del capitale finanziario;

4. Ciclo delle operazioni accessorie.

Ciclo operaDvo aziendale. COA


È il ciclo principale della dinamica finanziaria aziendale, rappresenta la fonte maggiore di
generazione di ricchezza dell’impresa.
La sua estensione temporale analizzata nella prospePva

economica: evidenzia il ciclo economico ricorrente

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Lasso di tempo intercorrete tra il sostenimento del costo per l’acquisto di beni/servizio a
fecondità semplice per la produzione, e il conseguimento del ricavo di cessione di
prodoP.
monetaria: evidenzia il ciclo monetario ricorrente
L’input economico (acquisto beni) genera un output finanziario (uscita), l’output
economico origina un input finanziario.
I risulta5 da esso prodoP possono essere misuraD in termini economici, margine opera/vo
lordo, e in termini monetari, CF da ges/one opera/va ricorrente.

Il ciclo opera9vo aziendale ricorrente indica il lasso di tempo che intercorre dall’inizio del
primo rapporto con il fornitore, e termina con l’ulDmo rapporto del cliente.

La configurazione del COA sarà differente in caso i pagamenD/incassi siano posDcipaD o


anDcipaD rispeNo all’acquisto dei materiali/vendita dei prodoP finiD.

Coa con manifestazioni economiche anDcipate rispeNo al ciclo monetario:

Ciclo operaDvo aziendale ricorrente

ACQUISIZIONE STOCCAGGIO LAVORAZIONE STOCCAGGIO VENDITA


FATTORI FATTORI FATTORI PRODOTTI PRODOTTI
dilaz. da dilaz. a
fornitori ciclo economico ricorrente clienD

ciclo monetario ricorrente

Input economico Output economico


Costo Ricavo

Output finanziario Input finanziario


Uscita Entrata

Ciclo degli invesDmenD .


RispeNo al COA, è meno intuibile l’effeNo dei cicli degli invesDmenD sulla creazione di valore.

Nel caso del ciclo degli invesDmenD il recupero dei mezzi monetari, impiegaD per
l'acquisizione dei faNori produPvi a fecondità ripetuta, deve essere ricollegato ai rientri che
deriveranno dalle vendite dei prodoP servizi/oNenuD dai cicli operaDvi quali contribuiscono
tali faNori.
Il periodo temporale di riferimento è maggiore poiché gli impieghi in risorse durevoli (es:
macchinario) rientrano in modo graduale durante l'intero periodo di uDlizzo delle risorse
stesse.
Per stabilire la vita uDle di un bene esistono diversi criteri:
Obsolescenza fisica: funzionale fin quando un logorio lo rende inuDlizzabile;

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Obsolescenza tecnica: faNore non più uDlizzabile perché esistono risorse equivalen/ ma
tecnologicamente più avanzate, che consentono di oNenere risultaD produPvi migliori;

Obsolescenza economica: faNore non più funzionale perché i prodoP realizzaD con esso
non incontrano più i gus/ dei consumatori.

Ciclo dei finanziamenD.


Per far si che il susseguirsi di incassi e pagamenD derivanD dai cicli precedenD sia tale da
garanDre la liquidità necessaria all’operaDvità e alla solvibilità, è necessario aPvare adeguaD
cicli di finanziamento.

QuesD consistono nelle operazioni di acquisizione, remunerazione e rimborso delle risorse


finanziarie necessarie a realizzare gli invesDmenD e i processi produPvi aziendali .

Tali cicli si possono disDnguere in ragione della /pologia di capitale acquisito, proprio o di
presDto, o in ragione della durata temporale.

Flussi di cassa e rendimenD finanziari.


La differenza tra flussi in entrata e flussi in uscita per una specifica categoria di operazioni, in
un preciso orizzonte temporale, misura il risultato monetario neGo di tale categoria per quel
periodo.
Se è posi/vo quell’area di gesDone ha prodoNo un surplus finanziario, se è nega/vo ha
prodoNo un fabbisogno finanziario.
Ciascuna area di gesDone produce un risultato monetario, e l’insieme dei risultaD delle
diverse aree definisce il NCF.

Le operazioni di gesDone viste come cause elementari della dinamica finanziaria generano
entrate ed uscite determinando flussi di cassa di diverso Dpo;

viste come cause economiche elementari generano effeP reddituali, i quali determinano
margini e reddiD di diverso Dpo.

I flussi di cassa generaD sono rappresentaD in apposiD prospeP, i rendicon5 finanziari o


cash flow statement , che possono essere costruiD secondo diverse logiche a seconda delle
necessità conosciDve.

1. La rappresentazione per aree ges9onali consente di verificare il contributo di ciascuna


area gesDonale alla generazione di fabbisogni o surplus finanziari, nonché alla rischiosità
complessiva della gesDone aziendale .

2. Il free cash flow si basa sulla disDnzione delle operazioni in discrezionali e non
discrezionali (necessarie per la sopravvivenza dell’impresa e non rinviabili).

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Sono consideraD non discrezionali: i cicli operaDvi ricorrenD, gli invesDmenD di
mantenimento o sosDtuzione, i rimborsi di finanziamenD secondo piani di ammortamento o
di rientro già concordaD, il pagamento degli oneri finanziari.

La gesDone operaDva è la fonte primaria delle risorse da desDnare alla copertura dei
fabbisogni aziendali; soNraendo il flusso di cassa generato da operazioni non discrezionali si
oPene il flusso di cassa des9nabile.
Questo indica il saldo della gesDone non discrezionale che, se nega/vo, indica la misura delle
risorse da reperire per coprire il fabbisogno di sopravvivenza dell'impresa,
se posiDvo indica le risorse disponibili alla copertura dei fabbisogni di sviluppo.

RendimenD finanziari.

Gli indici di rendimento finanziario sono indicatori del rendimento finanziario prodoNo
dall'impresa in un dato periodo, che però rappresentano solo parzialmente la profiNabilità
degli invesDmenD aziendali. (poiché i flussi di cassa sono consideraD già al neNo delle risorse
non desDnabili in quanto necessarie per sostenere la crescita)

INDICE CALCOLO SIGNIFICATO

Financial return on investment FROIU = FCFO / CIN Rendimento finanziario periodale di


unlevered un'azienda non indebitata
Financial return on investment FROIL = FCFF / CIN Rendimento finanziario periodale di
levered un'azienda indebitata con beneficio
fiscale
Financial return on equity FROE = FCFE / PN Rendimento (potenziale) finanziario
periodale degli azionis/
Dividend on equity ROEDiv = DOE = Div /PN Rendimento monetario (effeDvo)
periodale degli azionis/

Una misura esaus/va della profiNabilità finanziaria dell'impresa, che tenga conto della sua
vita economica e del capitale invesDto e recuperabile al termine della durata, è il tasso
interno di rendimento TIR.

Fabbisogno di capitale e autofinanziamento.

Il fabbisogno di capitale è definibile come quanDtà di risorse finanziarie che è necessario


invesDre in azienda affinché questa sia in grado di avviare e realizzare, con profiNo, la sua
aPvità caraNerisDca.

Nasce dall’asincronia di manifestazione tra determinate classi di entrate e di uscite.

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Si possono disDnguere:

FABBISOGNO MONETARIO, misurato secondo un approccio dinamico.


È quanDficato da una parte corrente (CF della gesDone caraNerisDca ricorrente)
e una parte non corrente (CF della gesDone degli invesDmenD).
Entrate < Uscite = fabbisogno monetario (viceversa surplus).

Gli sfasamen/ temporali sono all’origine del fabbisogno monetario, che si verifica
sopraNuto in fase di avvio o espansione dell’impresa.

Le differenze dimensionali si manifestano quando l'impresa non è più caraNerizzata da


economicità, dunque i cosD generaD da cicli ricorrenD e degli invesDmenD superano i
ricavi di gesDone.

In entrambi casi è necessario far ricorso all'a;vazione di cicli di finanziamento al fine di


mantenere le condizioni di correNezza finanziaria, quando l’asincronia temporale rientra
nelle condizioni fisiologiche di svolgimento della gesDone aziendale. Nel caso di condizioni
patologiche la loro efficacia è limitata.

Il fabbisogno monetario opera9vo considera entrate ed uscite della gesDone caraNerisDca


sia corrente che non corrente;

Il fabbisogno monetario neBo oltre i precedenD considera i movimenD monetari Dpici


delle altre aree di gesDone.

FABBISOGNO FINANZIARIO, approccio sta/co.


Coincide con il volume di operazioni in corso in un dato istante (stock), nell’aPvo
patrimoniale rappresentato dagli impieghi in aNesa di realizzo.

Si forma e si modifica dai cicli delle operazioni ricorrenD e degli invesDmenD, dai quali
originano impieghi in capitale circolante e capitale fisso.

Il fabbisogno originato dai cicli ricorren5 è misurato dal capitale circolante ne0o CCN
(aPvità - passività derivanD dalle operazioni di gesDone caraNerisDca).

CCN > 0 indica un fabbisogno finanziario neNo e la necessita di aPvare fonD esterne di
finanziamento. (Dpico delle fasi di forte espansione)

CCN < 0 indica un surplus di risorse finanziarie, che generano ricavi caraNerisDci/provenD
finanziari.

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L’aumento delle poste aPve non compensate da quelle passive è causa di fabbisogno; tale
situazione comporta un grande assorbimento di risorse monetarie.

Viceversa, in un ciclo operaDvo corrente caraNerizzato da entrate anDcipate alle uscite può
generarsi surplus, da cui sorge il problema della convenienza di uDlizzo di tali eccedenze.

Per minimizzare il fabbisogno di capitale circolante le imprese devono mantenere il ciclo


operaDvo contenuto, intervenendo tanto sul ciclo economico quanto quello monetario.

Il fabbisogno originato dai cicli di inves5mento è misurato dal capitale fisso ne0o (valore
neNo contabile delle immobilizzazioni tecniche e finanziarie funzionali all’aPvità
caraNerisDca.) La dinamica del capitale fisso è spiegata da invesDmenD/disinvesDmenD
tecnici, la cui rappresentazione può avvenire:

A. Con una reNa nel caso di completa Dinamica degli invesDmenD tecnici
divisibilità degli impianD e perfeNo 60
dimensionamento della capacità produPva
Investimenti tecnici

rispeNo al volume di produzione; 45

B. Con una spezzata a gradini, ipotesi più 30


realisDca, in caso di non perfeNa
15
divisibilità degli invesDmenD, e
dimensionamento della capacità produPva
per range di volumi di produzione. Volume della produzione

Il fabbisogno finanziario si compone di una componente più stabile nel tempo ed una più
variabile; durata e variabilità sono appunto le caraNerisDche che permeNono di disDnguere:

Fabbisogno finanziario permanente: legato ad invesDmenD in capitale fisso e circolante di


natura struNurale. È considerato in fase di pianificazione strategica e finanziaria è può
essere generato dal:
Capitale fisso che richiede inves/men/ di manutenzione e sosDtuzione per fronteggiare
l'obsolescenza tecnica e inves/men/ in sviluppo per sostenere la crescita aziendale;
Capitale circolante, le cui componenD determinano un fabbisogno legato alle esigenze
della gesDone operaDva corrente.
Fabbisogno finanziario temporaneo: legato ad impieghi in capitale circolante relaDvi a
fenomeni di stagionalità o evenD gesDonali conDngenD. Emerge in fase di
programmazione finanziaria ed è genato da:
Variazione delle poste del capitale circolante per fenomeni di stagionalità/ciclicità;

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Impieghi che esulano dalla normale gesDone aziendale. Si traNa di impieghi non
strategici, ma legaD a circostanze che ne rendono parDcolarmente favorevoli ritorni
aNesi.

Il fabbisogno finanziario può essere diviso in tre aree:

Q1. fabbisogno minimo di stazionarietà, ossia il limite inferiore di invesDmenD al di soNo dei
quali l’azienda perderebbe la sua funzionalità.

È tendenzialmente stabile nel tempo e coperto con fonD di finanziamento durevoli; il


capitale propio è la forma di finanziamento più idonea, quello di presDto può esserlo solo se
è a LT.

Q2. Fabbisogno di espansione, sorge nella fase di crescita operaDva e dimensionale.

La copertura dovrebbe avvenire in prima fase con capitale di presDto a LT, successivamente,
col consolidarsi della crescita, dovrebbe essere sosDtuito dal capitale proprio con
autofinanziamento.

Q3. Fabbisogno variabile, assume dinamiche diverse a seconda delle poliDche finanziare
funzionali aNuate dall’impresa: (grafico pag. 130)
a. curva a indica il fabbisogno massimo nell'ipotesi che le aDvità del circolante giungano
alla loro naturale scadenza;
b. la curva b esprime un fabbisogno ridoNo rispeNo al precedente per la liquidazione (con
anDcipazioni bancarie o factoring) dei credi/ commerciali;
c. la curva c indica un fabbisogno ridoNo rispeNo alla curva a, stavolta perché le scorte
vengono tenute al livello minimo opera/vo;
d. la curva d esprime il fabbisogno minimo che non considera né scorte ecceden/ il minimo
necessario né aDvità del circolante non liquidate an/cipatamente;
e. la curva z spazia nell'intera area di variabilità del fabbisogno; considera la copertura del
fabbisogno con aperture di credito in conto corrente per elas/cità di cassa.

L'area tra le curve a e d indica il range di variabilità del fabbisogno temporaneo generato
dai cicli delle operazioni ricorrenD.
Sempre guardando alla dinamica del Capitale InvesDto neNo, le necessità finanziarie
vengono disDnte in:
- fabbisogno di finanziamento minimo, che indica il limite inferiore degli impieghi al di
soNo del quale l'impresa sarebbe impossibilitata a operare secondo economicità e
correntezza finanziaria;
- fabbisogno di finanziamento eccedente, legato ad impieghi temporanei di
funzionamento, indica valore degli invesDmenD superiore a quello minimo e che è
desDnato a fluNuare nel tempo in rapporto alle condizioni interne di gesDone e a quelle
esterne di contesto.

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Autofinanziamento. Fenomeno streNamente collegato al conceNo di fabbisogno finanziario,
definibile come le capacità di un’azienda di generare internamente, con i propri cicli
operaDvi, risorse uDli per la copertura dei fabbisogni finanziari.
Le capacità di autofinanziamento possono essere misurate:

Nella prospeDva economica, visto come fenomeno reddituale, misurabile


nell'accrescimento del PN per effeNo di un processo di ritenzione e accantonamento
degli u5li conseguiD in un dato periodo.

Nella prospeDva finanziaria è misurato considerando le risorse monetarie generate dalla


ges5one caraGeris5ca corrente (che è la principale fonte di finanziamento interno); tale
prospePva richiede l'analisi dei flussi finanziari generaD o assorbiD dalle diverse aree
gesDonali.

Equilibrio finanziario. L'equilibrio finanziario è un conceNo complesso e mulDforme il cui


raggiungimento è influenzato da un insieme di condizioni tra cui:
coerenza della struNura finanziaria con la strategia seguita;
compaDbilità tra evoluzione del faNurato e dinamica del capitale circolante;
adeguatezza del rendimento operaDvo rispeNo al costo delle risorse finanziarie.

È un conceNo che si lega all'idea di salute finanziaria e viene assimilato alla capacità di
autofinanziamento.
L'equilibrio finanziario in senso lato si ha quando le operazioni aziendali che generano
risorse finanziarie sono sufficienD a bilanciare gli impieghi di capitali richiesD dalla
gesDone.

L'equilibrio finanziario in senso streBo, deNo monetario, si verifica quando le operazioni


che comportano pagamenD COF sono bilanciate da operazioni che comportano incassi CIF.

Questa seconda definizione lega l'equilibrio alle problema5che del controllo di tesoreria,
evidenzia la necessità di gesDre il divario tra entrate ed uscite monetarie in modo da
garanDre la solvibilità dell’impresa.

Tale condizione di equilibrio è realizzabile mediante la correntezza finanziaria (permeNendo


di fronteggiare uscite operaDve con entrate operaDve) e flessibilità finanziaria (possibilità di
aPvare nuove fonD di capitali per la copertura dei deficit).

La correntezza finanziaria dipende dalle capacità dell’impresa di tradurre le operazioni


economiche di scambio (acquisto o vendita) in movimenD finanziari (entrate e uscite), con
una dinamica tale da mantenere le condizioni di solvibilità.

48
A tal fine la correntezza finanziaria deve essere accompagnata da idonee riserve di liquidità
e adeguata elas5cità della struGura finanziaria (possibilità di modificare le forme tecniche di
finanziamento senza indebitarsi eccessivamente).

Tipologie di equilibrio finanziario.

Considerando sia l’aspeNo monetario che finanziario è possibile disDnguere:

L'equilibrio finanziario dinamico, incentrato sulla liquidità, dato dalla prevalenza flussi in
entrata su flussi in uscita.

L'equilibrio finanziario sta5co, incentrato sulla solvibilità, dato dalla sincronia temporale
tra durata impieghi e disponibilità risorse.

Affinché la proprietà possa beneficiare di risultaD e rendimenD finanziari posiDvi è


altreNanto rilevante la performance finanziaria aziendale. Occorre che la gesDone operaDva
aziendale generi stabilmente surplus monetari che eccedono i fabbisogni di rimborso e
remunerazione dei capitali di presDto.

Il conceNo di equilibrio finanziario deve considerare anche le aspeNaDve della proprietà


condensate nel costo opportunità del capitale di rischio.

Tale prospePva evidenzia la rilevanza della verifica ex ante delle condizioni di equilibrio
relaDvi all'aNuazione dei piani aziendali. SDmare flussi di cassa prospePci per scenari
alternaDvi, aNribuendo gradi di probabilità della loro manifestazione, consente di valutare la
correNezza finanziaria ma sopraNuNo l'adeguatezza dei rendimenD aNesi rispeNo ai rischi
aziendali.

La quanDficazione degli effe; della ges5one sull'equilibrio può avvenire mediante tre
aspeP:
A. AspeBo finanziario. Evidenzia gli effeP della gesDone finanziaria in termini di movimen/
finanziari.

Valuta solvibilità e liquidità analizzando le relazioni tra fabbisogni di capitale e le relaDve


modalità di copertura, e la correlazione tra flussi di entrate e flussi di uscite monetarie.

B. AspeBo patrimoniale. Indaga la solidità stru0urale dell’azienda.

Esamina le relazioni intercorrenD tra capitale proprio, capitale di credito e il complesso


di impieghi in capitale fisso o circolante/corrente

C. AspeBo reale. Evidenzia gli effeP della gesDone economica in termini di risulta/
reddituali. Osserva le relazioni tra cosD e ricavi.

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L’analisi dell’equilibrio finanziario è spesso accompagnata dall’analisi di altri equilibri quali
l’equilibrio economico (ricavi > cosD) e l’equilibrio patrimoniale (coerenza della
composizione dell’aPvo con la struNura finanziaria, cd. solidità). I vari equilibri sono
streNamente correlaD, e l’equilibrio complessivo rappresenta la composizione oPmale degli
aspeP che li compongo.

Il discorso rimane valido anche in accezione negaDva, eventuali difficoltà finanziarie possono
rifleNersi sulla sfera economica e penalizzare la solidità patrimoniale e la liquidità
dell’impresa. Gli squilibri possono originarsi e rifleNersi in sfere differenD.

EQUILIBRIO
DINAMICO INFLUENZA
ECONOMICO

EQUILIBRIO
FINANZIARIO

STATICO DETERMINA EQUILIBRIO


PATRIMONIALE

Approfondimento: equilibrio finanziario ed economico.

Risultato economico Considerando la gesDone reddituale (uDle/perdita di


periodo) e la gesDone finanziaria (flusso di cassa) e
POSITIVO NEGATIVO
ricordando che i risultaD delle due gesDoni procedono a
velocità differenD, si può delineare una matrice di 4
POSITIVO A B quadranD rappresentaD le possibili situazioni in cui può
Risultato
finanziario trovarsi un’impresa.
NEGATIVO C D

Situazione A: l’impresa produce sia flussi di reddito che di cassa posiDvo.


Le imprese in questo stato sono caraNerizzare da marginalità posiDve e buon grado di
correntezza finanziaria.

50
Situazione B: l’impresa produce flussi di reddito negaDvi a fronte di risultaD finanziari
posiDvi. Può accadere quando l’impresa perde di compeDDvità, la marginalità si abbassa e
comporta perdite economiche.

La gesDone riesce comunque a generare flussi di cassa posiDvi a poliDche finanziarie


funzionali (minimizzazione del circolante) e struNurali (patrimonializzazione). Questa è
però una soluzione solo temporanea.

Situazione C: l’impresa produce flussi di reddito posiDvi, accompagnaD da risultaD


finanziari negaDvi.

Questa situazione si manifesta quando l’impresa sta investendo molto per sviluppare il
business o quando adoNa poliDche finanziarie inadeguate.

Situazione D: l’impresa versa in condizioni criDche sia dal punto di vista economico che
finanziario, è una situazione pre-fallimentare, nonché il probabile punto di arrivo di un
deterioramento delle situazioni B e C.

Le tensioni economico-finanziarie sono il risultato di un percorso involuDvo che origina da


problemi non previsD o non avverDD. L’impresa che in tal caso non riesce ad impostare
ripensamenD strategici e modificare le proprie poliDche gesDonali inizierà a registrare
risultaD economici negaDvi, traducendosi poi in performance finanziarie negaDve fino a
giungere all’insolvenza.

Oltre che che derivate, le difficoltà finanziarie possono però essere l’origine del disequilibrio,
come nella situazione C, in cui l’impresa produce reddito ma richiede nuove risorse
finanziarie. Tali squilibri finanziari possono essere dovuD a inadeguatezze endogene alla
direzione finanziaria o vincoli finanziari esogeni all’impresa.

La situazione C risulta parDcolarmente pericolosa poiché fintanto che l’impresa gode di


buona salute finanziaria le dinamiche finanziarie non vengono analizzate. Le manifestazioni
del disequilibrio finanziario diventano però evidenD solo quando lo stato di crisi è già
avanzato.

“Psicologia della crisi” (grafico proposto dalla prof.)


“Stiamo affrontando
una fase di mercato
“Non c’è nessun
negativa
problema”
PERFORMANCE E OPZIONI

Ma andiamo meglio “Abbiamo qualche problema ma è


dei concorrenti” tutto sotto controllo.
L’anno prossimo faremo il +15%

“Stiamo attraversando una crisi ma


l’azienda è solida:
Non siamo disposti ad accettare
condizioni da nuovi creditori o partner”

“Siamo stati vittime di una


congiura da parte delle banche”

51 Tempo
Capitolo 5: Equilibrio finanziario (statico)
Domande:
1. Ricavi/cos9 nel CE potrebbero non rappresentare flussi di cassa del periodo?
Sì, perché i pagamenD possono essere dilazionaD rispeNo all’acquisto/vendita. Oppure in caso di
accantonamento a fondo rischi, non so quando si manifesterà l’effePvo flusso di cassa né il
quantum.

2. Qual è l’importanza delle imposte in Finanza Aziendale?


Le imposte provocano flussi di cassa in uscita (o in entrata in caso di rimborso per pagamento
eccedente al dovuto). Se ho imposte da pagare è perché prodoNo uDle, dunque potrebbe
significare che mi trovo in equilibrio economico.
Tramite la composizione finanziaria posso oPmizzare parte delle imposte.

3. Il flusso di cassa della ges9one opera9va può essere nega9vo nel breve termine senza che
questo sia un male?
Ciò può essere vero se l’impresa sta ad esempio compiendo degli invesDmenD per il proprio
business.

4. I bilanci (SP) si riclassificano per oBenere info rela9ve a cosa?


Info relaDve a cosa considerare come liquidità, per valutare se vi è necessità di finanziamenD
ulteriori per il futuro, o se conviene invesDre o distribuire dividendi. Si può capire quanta
ricchezza viene prodoNa dal ciclo operaDvo aziendale.

5. Il capitale circolante neBo non garan9sce alcuna remunerazione ma richiede fon9 per essere
finanziato?
Se “gonfio” il magazzino, uso del valore per creare dei prodoP che però non ho ancora venduto,
e non avrò remunerazione fin quando non li venderò e il cliente mi pagherà.
Non ci sono però garanzie di vendere tuNo, e che i clienD paghino.
In alcuni seNori la produzione in eccesso è desDnata ad essere distruNa (es: seNore alimentare e
farmaceuDco). Considerando un lasso di tempo maggiore aumenta proporzionalmente il rischio.
Il discorso complica se si considerano i resi, per cui si potrebbe credere che il ciclo operaDvo sia
finito, e invece il prodoNo torna indietro.

Si giudica in equilibrio l’azienda che oltre a presentare una situazione economica in cui i tassi
di reddi5vità sono posi9vi, quesD siano anche congrui rispeBo ai rischi di impresa e,
possibilmente, allinea9 con le medie di seNore.

Deduzioni sull’equilibrio:
La reddiDvità deve essere proporzionata al rischio;

L’analisi del CE permeNe di dire se l’azienda è in grado di produrre un reddito sufficiente a


coprire i cosD e a generare profiP, di modo da raggiungere e mantenere un equilibrio che
sia coerente con gli invesDmenD effeNuaD.

È importante che le analisi condoNe tengano conto del contesto di riferimento e


dell’andamento economico generale o di seNore.

52
Il ciclo finanziario sta/co deriva dalla comparazione di aPvità e passività correlabili mentre
l’equilibrio finanziario dinamico compara i flussi di cassa o di tesoreria in entrate o uscita.

Analisi finanziaria.

L’analisi sulle condizioni di equilibrio finanziario di un’impresa può prevedere:


• Analisi sta9ca: esamina equilibrio risultante dalla comparazione di usi e fon/ in un dato
istante;
• Analisi dinamica: analisi dell’equilibrio con cui si sviluppano entrate e uscite finanziarie
generate dalla gesDone aziendale.

Un’analisi esausDva dovrebbe considerarle entrambe in modo da poter generare giudizi


compleD e correP sul grado di liquidità, correntezza finanziaria, l’efficacia delle poliDche
finanziarie e il merito crediDzio dell’azienda.

L’indagine sull’equilibrio finanziario sta9co si compone di due aspeP complementari:

Analisi della situazione finanziaria, che richiede il calcolo di posizioni finanziarie assolute,
relaDve e comparaDve.

Considera le “relazioni temporali” che si instaurano tra la composizione (o struNura) degli


invesDmenD e dei finanziamenD.

Analisi della struBura finanziaria, aNraverso il calcolo di indici di bilancio che esprimono il
grado e la sostenibilità dell’indebitamento aziendale.

Considera la composizione delle fonD di copertura usate per fronteggiare i fabbisogni


finanziari originaD dalla gesDone, esaminandone il grado di sincronia temporale.

Le posizioni sono indicatori di equilibrio derivanD dalla riclassificazione finanziaria degli SP


consunDvi o prospePci.

Gli indici di composizione (analisi della stru0ura fin.) sono rapporD tra le grandezze
dell’aPvo e passivo patrimoniale, derivanD dalla riclassificazione finanziaria o tecnico-
economica.

Mentre il criterio di riclassificazione finanziaria dà rilievo al “faNore tempo”, quello tecnico-


economico da rilievo alla “perDnente gesDonale”.

53
CRITERIO FINANZIARIO di riclassificazione.

Gli elemenD del PN sono riordinaD in una configurazione idonea ad esprimere la loro
aJtudine a procurare o richiedere mezzi finanziari.

L’ATTIVO AZIENDALE è deNo capitale inves9to .


[scorte liquide in aNesa di impiego + invesDmenD in aNesa di realizzo]
Analizzato in base al criterio della realizzabilità che considera l’aPtudine degli impieghi a
tornare in forma liquida.

Il PASSIVO AZIENDALE è deNo capitale acquisito


[somma dei finanziamenD endogeni (fondi, uDli ritenuD) ed esogeni (capitale proprio,
indebitamento]. Analizzato in base al criterio della esigibilità che si basa sulla durata del
vincolo che lega tali capitali all’azienda, cioè sul prevedibile periodo di rimborso.

Per il criterio finanziario è necessario disDnguere il tempo breve (pari ai 12 mesi successivi
alla situazione patrimoniale in analisi) dal tempo non breve. Tale disDnzione permeNe di
disDnguere le a;vità e passività corren5, realizzabili ed esigibili nel tempo breve, dalle
rispePve non corren5.

Termini di scadenza massima


Termine immediato Cicili monetari già conclusisi in incassi ed esborsi.
(Liquidità e esigibilità immediate)
Breve termine Cicli monetari aperD, prossimi alla scadenza o con scadenze
non oltre i 12 mesi.
Breve termine convenzionale Tempo di recupero o uDlizzo delle uscite e entrate
anDcipate in conto della competenza futura.
Lungo termine MoneDzzazione degli invesDmenD struNurali e delle
relaDve passività consolidate.

Le componenD dello Stato Patrimoniale Finanziario (SPF):

LIM: att.
immediatamente
liquidabili
EIM: pass.
LID: att. liquidabili immediatamente
nel BT esigibili

Ua: att. ESD: pass. esigibili


presumibilmente nel BT
liquidabili nel BT
Ea: pass.
AIN: att. liquidabili presumibilmente
nel LT esigibili nel BT
(Diviso in immob.
Materiali. MCO: pass.
Immateriali e esigibili nel LT e dal
finanziarie. PN
54
Dal PN si può definire l’aspe0o stru0urale, la composizione per termini di scadenza max. di
aPvità e passività che lo determinano.
PN = AC + AIN - PC - PCO

NB: di prassi, invece che considerare separatamente le voci Uscite anDcipate Ua ed Entrate
anDcipate Ea, se ne considera direNamente la differenza, deNa Divario sistemico, DIS.

Il divario sistemico DIS è cosDtuito dalla differenza di entrate ed uscite anDcipate secondo il
principio competenza economica. Comprende rimanenze fisiche e contabili quali:
rimanenze Dtoli desDnaD al trading, di materie, semilavoraD, prodoP finiD.

La concessione di anDcipazioni a fornitori, per l’acquisto di beni a fecondità semplice, è un


costo anDcipato assimilabile ad un incremento di magazzino; mentre gli eventuali anDcipi da
clienD rappresentano ricavi anDcipaD che influiranno negaDvamente sulla misura del DIS.

Si collocano nel DIS anche i risconD aPvi al neNo di quelli passivi.

Composizione dello stato patrimoniale finanziario.


Capitale invesDto (USI) Capitale Acquisito (FONTI)

LIM Disponibilità di denaro, Cassa EIM cc bancari passivi esigibili a vista


CrediD v/banche (cc aPvi e Dtoli esigibili a vista
LID CrediD commerciali, Cambiali aPve, CrediD fin. a breve, ESD DebiD commerciali v/fornitori, effeP passivi, debiD
Credit verso enD previdenziali, verso l’erario, finanziari scadenD nel breve periodo, debiD v/dipendenD
ratei aPvi. per le retribuzioni correnD e per la parte in scadenza del
TFR.
DIS Differenza tra entrate ed uscite rispeNo alla
competenza economica ventura.

A;vo Corrente Ac Passivo Corrente Pc

IIn Spese di impianto ed ampliamento, spese R&S, PCO DebiD finanziari verso il sistema bancario (mutui
avviamenD, concessioni, marchi di fabbrica, breveP passivi), debiD finanziari verso la società del gruppo,
industriali e diriP di uDlizzazione delle opere di ingegno. presDD obbligazionari, parte non i scadenza del TFR
IMn Terreni, fabbricaD, impianD, macchinari, aNrezzature, PN Capitale sociale soNoscriNo e versato, riserva legale,
arredi, rePficate dei relaDvi fondi ammortamento, anDcipi riserva statutaria, fondi di rivalutazione monetaria, fondo
corrisposD ai fornitori per l’acquisto di immobili. sovrapprezzo azioni, fondo acquisto azioni proprie,
IFn Titoli a reddito fisso per impieghi duraturi, Altre riserve disDntamente indicate, uDli (o perdite)
partecipazioni strategiche, crediD a ML termine verso riportaD a nuovo, risultato economico di esercizio.
imprese controllate e collegate, crediD commerciali a LT.
Ain A;vo Immobilizzato MCO Mezzi Consolida5

T Capitale Totale Inves5to T Capitale Totale Acquisito

55
CRITERIO TECNICO-ECONOMICO di riclassificazione.

Gli elemenD del PN sono riordinaD secondo una configurazione idonea ad esprimere la
per5nenza ges5onale alle diverse aree di ges5one. Adoperando il COA come riferimento
per la rappresentazione, lo SP suddivide in 4 macro-quadranD:

• i due superiori (aPvità e passività) accolgono le poste che nascono, si modificano ed


esDnguono per effeNo del ciclo operaDvo ricorrente;

• I due inferiori (aPvità e passività) accolgono le risorse coinvolte nei cicli intermiNenD di
invesDmento, e le risorse acquisite con l’aPvazione dei cilci di finanziamento.

CAPITALE INVESTITO (USI) CAPITALE ACQUISITO (FONTI)


RaggruppamenD Simboli RaggruppamenD Simboli

Capitale Circolante Lordo CCL Passività correlate al CCL Pccl


CICLO OPERATIVO AZ. RICORRENTE
Capitale Fisso CAF FinanziamenD NeP FIN

CICLO DEGLI INVESTIM. CICLO DEI FINANZIAM.


Capitale Tot InvesDto T Capitale Tot Acquisito T

Q1. CrediD di regolamento, crediD ai dipendenD per eventuali anDcipi sulle retribuzioni,
crediD verso gli isDtuD previdenziali, rimanenze di magazzino, ratei e risconD aPvi relaDvi al
CO ricorrente.

Q2. DebiD di regolamento, debiD verso i dipendenD per le retribuzioni correnD, Fondo TFR,
debiD tributari, ratei e risconD passivi relaDvi al CO ricorrente.

Q3. InvesDmenD in capitale fisso di natura tecnica (materiali e immateriali) e finanziaria.

Q4. FonD di finanziamento interne ed esterne e tuNe le componenD del PN decurtate delle
disponibilità liquide.

Il criterio tecnico-economico evidenzia le capacità dell’impresa ad autofinanziarsi con le


risorse provenienD dal ciclo delle operazioni ricorrenD, prima di aPngere ai debiD finanziari
e il capitale di rischio.

Il limite di questo criterio è dovuto alla diversa durata dei cicli operaDvi delle diverse realtà
aziendali.

I due quadranD superiori sono definiD correnD, poiché contengono usi e fonD relaDvi alla
gesDone del capitale circolante tecnico; i due inferiori sono “non correnD” poiché usi e fonD
si riferiscono al ciclo degli invesDmenD e finanziamenD.

56
CCL - Pccl = CCN Capitale circolante neNo, che evidenza il fabbisogno (<0) o copertura (>0)
generaD dalle operazioni ricorrenD.

CCN + CAF = CIN Capitale InvesDto NeNo, bilanciato dai FinanziamenD neP che possono
essere disDnD in Indebitamento Finanziario neNo PFN, e PN.

Lo SPET può essere dunque riformulato come:


CAPITALE INVESTITO (USI) CAPITALE ACQUISITO (FONTI)

CCN PFN

CICLO OPERATIVO AZIENDALE CICLO DEI FINANZIAMENTI DI PRESTITO

CAF PN

CICLO DEGLI INVESTIMENTI CICLO DEI FINANZIAMENTI DI RISCHIO

Capitale InvesDto NeNo CIN Capitale Acquisito NeNo FIN

Mente il vincolo di copertura tra aPvo e passivo nello SPF si fonda sul conceNo di capitale
corrente, nello SPET si fonda sul capitale circolante.

Consente inoltre di indagare la composizione del capitale aziendale dal punto di vista
quanDtaDvo, e qualitaDvo.

PN = CCN + CFN - PFN

Analisi della situazione finanziaria: indici di posizione.


A B
L’analisi della situazione finanziaria richiede la riclassificazione dello SP
secondo criterio finanziario. Lo SPF può essere poi rappresentato rispeNo ai C D
riferimenD temporali in analisi in un prospeNo a 4 quadranD.

• a e b accolgono le poste con scadenza inferiore all’orizzonte stabilito;


• b e c con valori patrimoniali a scadenza superiore al limite temporale definito.
Il contenuto dei 4 quadranD varia a seconda della scadenza finanziaria prescelta.
Valgono le seguenD relazioni:

a+c=b+d a-b=d-c

Gli indicatori di equilibrio finanziario staDco, deP posizioni finanziarie, che in base alle
modalità di determinazione si disDnguono in:

posizioni finanziarie assolute PFA = a - b = d - c

posizioni finanziarie rela9ve PFR1 = a/b PFR2 = c/d

57
posizioni finanziarie compara9ve PFC, che corrispondono ai baricentri finanziari BF
dell’impresa, e si calcolano come differenze standardizzate (rapportate al maggiore dei
rapporD o dei prodoP consideraD.

baricentri di rapporD verDcali BF = (a/c - b/d) / il maggiore tra i due rapporD.

baricentri di rapporD orizzontali BF = (a/b - c/d) / il maggiore tra i due rapporD.

baricentri di rapporD diagonali BF = (a • d - b • c) / il maggiore tra i due prodoP.

L’azienda si considera in equilibrio finanziario quando PFA ➞ 0, e PFR ➞ 1. Si parla invece di

iper-equilibrio quando PFA e PFC ≥ 0, mentre PFR ≥ 1;

ipo-equilibrio quando PFA e PFC < 0, e PFR ≤ 1.

PFA e PFR considerando solo due dei quaNro quadranD alla volta non consentono la visione
globale della situazione aziendale, mentre il baricentro si configura come l’indicatore più
adaNo a rilevare l’equilibrio aziendale. Essendo calcolato come differenza standardizzata:

ha campo di variazione compreso tra -1 e +1, che indica equilibrio teorico quando assume
valori intorno allo zero (se il baricentro è nullo i quadranD sono uguali per coppie di
scadenze omogenee);

è caraNerizzato da simmetria. Considerando situazioni patrimoniali perfeNamente


speculari l’indicatore assume gli stessi valori con segno opposto.

I baricentri economici, patrimoniali e finanziari sono importanD in fase di pianificazione


aziendale poiché possono sinteDzzare il dosaggio degli equilibri dinamici necessari.

58
Considerando come orizzonte temporale il termine immediato (aPvità/
passività già liquidi o prontamente esigibili), i quadranD dello SPF sono: LIM EIM

LID ESD
+DIS +Pco
+AIN +MP

e le relaDve posizioni per verificare l’esistenza di equilibrio finanziario sono:

Posizione finanziaria Nome Modalità di calcolo

PFA Posizione di liquidità immediata: PLI LIM - EIM

PFR1 Quoziente di liquidità immediata: QLI LIM/EIM

PFR2 Quoziente di copertura delle a;vità (LID + DIS + AIN) / (ESD + Pco + PN)
non liquidate: QCANL
PFC Baricentro finanziario di termine (a • d - b • c) / il maggiore tra i due
immediato: BF9 prodoP

Considerando come orizzonte temporale il termine breve (aPvità/


passività che genereranno o assorbiranno liquidità nei successivi 12 LIM EIM
+ LID + ESD
mesi), i quadranD dello SPF sono:
DIS Pco
+AIN +MP

e le relaDve posizioni per verificare l’esistenza di equilibrio finanziario sono:

Posizione finanziaria Nome Modalità di calcolo

PFA Margine di tesoreria: MdT (LIM + LID) - (EIM - ESD) =


PLI - PLD*
PFR1 Quoziente di tesoreria: QTes (LIM + LID) / ( EIM + ESD)

PFR2 Quoziente di copertura delle a;vità (DIS + AIN) / (Pco + PN)


non liquidate: QCANL
PFC Baricentro finanziario di breve (a • d - b • c) / il maggiore tra i due
termine: BFtb prodoP

*Posizione di liquidità differita = LID- ESD

59
Considerando come orizzonte temporale il termine breve LIM EIM
+ LID + ESD
convenzionale, i quadranD dello SPF sono:
+ DIS

Pco
+AIN +MP

e le relaDve posizioni per verificare l’esistenza di equilibrio finanziario sono:

Posizione finanziaria Nome Modalità di calcolo

PFA A;vo corrente neGo: ACN (LIM + LID * DIS) - (EIM - ESD) =
MdT + DIS
PFR1 Quoziente di disponibilità: QD (LIM + LID + DIS) / ( EIM + ESD)

PFR2 Quoziente di copertura delle a;vità (AIN) / (Pco + PN)


immobilizzate: QCAI
PFC Baricentro finanziario di breve (a • d - b • c) / il maggiore tra i due
termine convenzionale: BFtbc prodoP

Considerando come orizzonte temporale il termine lungo ( aPvità/


LIM EIM
passività che genereranno o assorbiranno liquidità oltre i 12 mesi) i + LID + ESD
+ DIS + Pco
quadranD dello SPF sono:

+AIN +MP

e le relaDve posizioni per verificare l’esistenza di equilibrio finanziario sono:

Posizione finanziaria Nome Modalità di calcolo

PFA Margine di StruGura: MdS PN - Ain

PFR1 Quoziente di tranquillità: QTran (LIM + LID + DIS) / ( EIM + ESD + Pco)

PFR2 Quoziente di struGura: QdS AIN / PN

PFC Baricentro finanziario di termine ML: (a • d - b • c) / il maggiore tra i due


BFtml prodoP

60
Analisi della struNura finanziaria: gli indici di composizione.

Gli indici di composizione mirano a chiarire il ruolo del capitale proprio e del capitale di
terzi nel finanziamento dell’aPvità di impresa.

Per calcolarli si usano le grandezze risultaD da SP riclassificaD con criterio finanziario o


tecnico-economico a seconda delle esigenze conosciDve.

L’impiego di tali indici permeNe di formulare opportuni giudizi sull’equilibrio patrimoniale,


che indica che il mix di fondi di finanziamento impiegaD ha un livello di patrimonializzazione
idoneo alla copertura dei fabbisogni durevoli, e il livello di indebitamento è coerente con le
capacità di rimborso.

Dalle grandezze derivanD dalla riclassificazione secondo il criterio tecnico-economico:

INDICE CALCOLO INFO

Leva finanziaria neNa (Net Financial LFn = PFN / PN QuanDtà di debiD finanziari, al neNo
Leverage) delle disponibilità liquide, assunD
dall'azienda per ogni euro di capitale
proprio invesDto.
Leva finanziaria (Financial Leverage) LF = DF / PN QuanDtà di debiD finanziari assunD
dall'azienda per ogni euro di capitale
proprio invesDto.
Grado di indebitamento GI = DF / PN + DF % di copertura del fabbisogno
finanziario esterno mediante ricorso al
debito finanziario.
Grado di indipendenza finanziaria GIF = PN / ATTIVO % di copertura del fabbisogno
complessivo con mezzi propri.
Incidenza del debito finanziario a IDbt = DFbt / DF
breve
Incidenza del debito finanziario a IDmlt = DFmlt / DF = 1 - IDbt
medio-lungo termine

Ulteriori indicatori calcolabili con i raggruppamenD che compongono lo SPF sono i baricentri
patrimoniali i quali permeNono di rilevare il grado di elasDcità degli impieghi ed esigibilità
delle fonD di risorse aziendali:

Baricentro patrimoniale delle aPvità BPA = ( a - c ) / max (a, c)

Baricentro patrimoniale delle passività BPP = ( b - d ) / max (b, d)

È possibile calcolare un baricentro aPvo e passivo per ciascun orizzonte di analisi. Un


risultato posiDvo indica un surplus di risorse correnD rispeNo a quelle non correnD, quindi
una condizione di elas/cità, viceversa in caso di risultato negaDvo.

61
Analisi accessorie: capitale circolante neNo.

I Key performance indicators sono uDli a monitorare e guidare le azioni di intervento per
liberare il capitale circolante, ovvero il capitale assorbito dai cicli operaDvi aziendali.

Tra quesD è possibile citare il Cash Conversion Period CCP il quale esprime il numero medio
di giorni che intercorre tra il momento in cui vengono pagaD i fornitori e quello in cui si
incassano i crediD dai clienD. È un indicatore di grande importanza poiché in grado di
sinteDzzare l’analisi di equilibrio di breve termine uDle a determinare il fabbisogno generato
dalla gesDone caraNerisDca.

PermeNe di comprendere dove vi sia eccesso e dove vi sia necessità di liquidità.

Capitolo 6: Dinamica Finanziaria

Le logiche di analisi della dinamica dell’equilibrio finanziario si basano sui conceP chiave di
fabbisogno finanziario e autofinanziamento. Gli strumenD necessari per tale analisi sono i
rendicon5 finanziari (per analisi retrospePve) e budget finanziari (per analisi previsionali), i
quali permeNono di rappresentare una dinamica finanziaria aziendale tale da evidenziare le
cause che ne sono all’origine.

Tali prospeNo possono essere redaP:

nella logica finanziaria per evidenziare come la gesDone generi movimenD monetari/
finanziari tali da modificare le grandezze fondamentali per il controllo di tesoreria
(posizione di liquidità, margine di tesoreria, aPvo corrente neNo)

nella logica economico-tecnica per verificare come le singole aree della gesDone
contribuiscono alla generazione/assorbimento di risorse, comportando modifiche nelle
disponibilità liquide o nella posizione finanziaria neNa.

L’analisi dell’equilibrio finanziario in chiave dinamica consente di esaminare le condizioni con


cui entrate e d uscite di un dato periodo modificano la composizione del capitale aziendale.

L’analisi per flussi richiede la comparazione di due staD patrimoniali consecuDvi, che
illustrano la composizione del capitale invesDto e acquisito (usi e fonD) all’inizio e alla fine di
un dato periodo di gesDone.

In quest’oPca la dinamica finanziaria viene intesa come flusso di fondi, ossia l’insieme della
variazioni subite dalle risorse finanziarie invesDte in azienda in un determinato periodo per
effeNo della gesDone.

Tali operazioni generano modifiche di caraNere quanDtaDvo (dimensione) e qualitaDvo


(composizione) del capitale aziendale.

62
Rendiconto finanziario.

Il rendiconto finanziario è uno dei documenD contabili (obbligatorio dal 2015) che compone
bilancio d’esercizio (insieme a SP, CE e nota integraDva). Grazie a tale documento è possibile
evidenziare, in oPca consun/va o previsionale, le cause della dinamica finanziaria
d’impresa in un dato periodo.

PermeNe dunque al responsabile finanziario dell’impresa e all’analista finanziario esterno di


monitorare i risulta5 finanziari tendendo soNo controllo:

1. il flusso di fondi complessivo;

2. le singole componenD del flusso;

3. le operazioni che lo hanno determinato.

Il rendiconto consunDvo è uno strumento di controllo che mostra l’aderenza della gesDone
finanziaria svolta con i piani/programmi formulaD dall’impresa; il rendiconto previsionale è il
modo in cui piani e programmi trovano applicazione.

La struNura del rendiconto cambia in funzione del fondo da analizzare. Le configurazioni di


fondo possibili sono le seguenD:

- disponibilità liquide (cassa + cc aPvi - cc passivi)


- disponibilità liquide ed equivalenD (cassa + cc aPvi + Dtoli di pronto realizzo - cc passivi)
- margine di tesoreria (aPvità liquidabili entro 12 mesi - passività esigibili entro 12 mesi)
- aPvo corrente neNo (aPvità liquidabili entro 12 mesi - passività esigibili entro 12 mesi
+ DIS)

- capitale circolante neNo (aPvità correlate al ciclo operaDvo aziendale - passività della
stessa natura)

- posizione finanziaria neNa (definiD finanziari a ml termine - disponibilità liquide)


- risorse finanziarie totali (Tot aPvità e passività dello SP).

A seconda del fondo considerato si possono avere le seguenD Dpologie di RF:

RF. delle variazioni delle risorse finanziarie totali ( funds flow statement) il quale illustra
le operazioni da cui scaturiscono le variazioni di aPvità e passività patrimoniali, ed
evidenzia la correlazione tra usi e fonD di capitale;

63
R. delle variazioni di capitale circolante ( working capital statement) che descrive le cause
delle variazioni del margine di tesoreria, dell’aPvo corrente neNo e del capitale circolante
neNo;

R. delle variazioni di liquidità ( cash flow statement) rappresenta le operazioni che


generano variazioni nelle disponibilità liquide aziendali.

La costruzione del RF può essere effeNuata mediante:

il metodo direBo: richiede una contabilità finanziaria in modo da rilevare gli accertamenD
di entrate, gli impegni di uscite, incassi e pagamenD;

il medito indireBo: partendo dalla contabilità economico-patrimoniale perviene alla


rilevazione dei flussi finanziari analizzando risultaD economici e variazioni patrimoniali
realizzate nell’esercizio. Questo metodo è il più diffuso nella prassi professionale.
Si possono seguire due procedimenD:

• SINTETICO parte dal risultato economico per rePficarlo trasformandolo in risultato


finanziario;

• ANALITICO considera i singoli componenD posiDvi e negaDvi di reddito e ne determina


la correlata manifestazione finanziaria.

Indipendentemente dal procedimento applicato, il metodo indireNo prevede la


riclassificazione di due situazioni patrimoniali consecuDve.

Il rendiconto è costruito in modo tale da esplicitare le cause che spiegano le variazioni subite
dalle grandezze finanziarie significaDve per il controllo della tesoreria. Tra le più significaDve
vi sono la posizione di liquidità immediata PLI e l'aPvo corrente neNo ACN.

Di seguito i rendiconD del flusso di ACN e PLI.

64
Rendiconto Finanziario del ΔACN Rendiconto Finanziario del ΔPLI

Reddito neGo Reddito neGo


+ ammortamenD + ammortamenD
+ accantonamenD + accantonamenD
= Flusso di ACN da Ges5one Reddituale Totale = Flusso di ACN da Ges5one Reddituale Totale
- Plusvalenze - Plusvalenze
+ Minusvalenze + Minusvalenze
= Flusso di ACN da Ges5one Reddituale Pura = Flusso di ACN da Ges5one Reddituale Pura
Giri alle parte corren/ Fon/ corren/
- F. do TFR + incremento F. do svalutazione crediD
- Mutui Passivi + incremento debiD vs/fornitori
- Obbligazioni + incremento F.do imposte
- Dividendi da liquidare + incremento debiD vs/dipendenD
+ CrediD finanziari aPvi + incremento debiD vs/isDtuD previdenziali
Usi corren/
- Incremento crediD vs/clienD
- Decremento F.do TFR parte corrente
- Decremento mutui parte corrente
- Incremento magazzino
- Dividendo liquidaD
= Flusso di ACN da Ges5one Finanziaria Corrente = Flusso di PLI da Ges5one Finanziaria Corrente
Fon/ non corren/ Fon/ non corren/
+ DisinvesDmenD operaDvi + DisinvesDmenD operaDvi
+ Accensione finanziamenD + Accensione finanziamenD
Usi non corren/ Usi non corren/
- InvesDmenD operaDvi - InvesDmenD operaDvi
- Rimborso finanziamenD - Rimborso finanziamenD
= Flusso di ACN Residuale (Δ ACN) = Flusso di cassa neGo (Δ PLI)

Tali schemi rispeNano il procedimento sinteDco di redazione che prevede:

1. rePfica del risultato economico per i movimenD privi di rilievo finanziario per
determinare, in entrambi i casi, il flusso di ACN generato dalla gesDone reddituale totale;

2. Depurazione di tale risultato parziale da plusvalenze e minusvalenze;

3. Considerare effeP finanziari relaDvi alla gesDone finanziaria corrente (che nel flusso ACN
prendono il nome di “giri alle par/ corren/”)

4. Addizione di fonD non contenD e soNrazione degli usi non correnD per oNenere il flusso
residuale.

Le cause non correnD sono comuni ad entrambi gli schemi, mentre differiscono per le cause
correnD.

NeL caso del RF del flusso di cassa neNo si considerano usi/fonD correnD che non
cosDtuiscono movimenD di cassa. Nel RF del ACN si considerano invece i giri alle par/
corren/, ossia variazioni di aPvità/passività non correnD che comportano comunque
un’equivalente crescita delle aPvità/passività correnD, poiché sono parD di accertamenD/
impegni non correnD che verrano liquidaD entro 12 mesi dell’esercizio successivo.

65
I flussi di cassa sono rappresentaD nel rendiconto delle variazioni di liquidità (o cash flow
statement) allo scopo di illustrate i processi volD a mantenere in equilibrio la tesoreria. Il
cash flow statement espone le variazioni delle disponibilità liquide (cassa e banca) verificate
in un certo periodo di tempo e le operazioni che hanno determinato tali variazioni.

CosDtuisce il presupposto per la redazione del budget di tesoreria.

[Lezione 4/11]

Come effeNuare la comparazione di due bilanci.

Sono al 31/03 e per effeNuare una comparazione del mio aNuale bilancio (1° trimestre),
confronterò il mio CE con il 1° trimestre dell’anno precedente, mentre per lo SP posso
confrontarlo con quello del 31/12.

Questo perché lo SP riapre i valori, e al 31/12 ho la correNa movimentazione del trimestre


dell’anno precedente. Con il CE invece ogni anno ricomincio da capo, quindi per avere un
confronto non posso guardare al CE del 31/12.

1. Cosa accade al CCN se i clien9 ritardano i pagamen9? Si riduce la liquidità. L’accezione


di ciò è posiDva o negaDva in base alle capacità di fronteggiare gli impegni presi e i cicli
operaDvi. Se la gesDone del CCN è oPmale e se riesco a minimizzarlo garantendo
l’operaDvità del ciclo operaDvo, in tal caso non è una circostanza negaDva.

2. Flusso di cassa della ges9one opera9va nega9vo per più periodi consecu9vi, è
sostenibile? Questa situazione implica un problema di fondo, dipende anche
dall’ampiezza del periodo che sDamo considerando. In un periodo breve può verificarsi
senza simboleggiare un effePvo problema. Il disequilibrio finanziario non può essere
sostenuto per più periodi lunghi.

3. Valori in aumento di CCN rispeBo all’es. precedente, secondo la logica finanziaria è un


dato confortante? La componente posiDva sono crediD e magazzino, dunque significa
che sono aumentaD quesD valori, o diminuiD i debiD. In linea di massima non è posiDvo
perché significa che sto traNenendo liquidità in magazzino e non sto registrando incassi
con la stessa intensità rispeNo l’anno precedente, e ciò potrebbe comportare una
situazione di sofferenza finanziaria. Vanno indagata le cause, ad esempio se i clienD mi
stanno pagando ecc.

4. Il calcolo degli indici, tra le altre cose, permeBe di esprimere giudizi sullo stato di
salute di un’azienda. E’ importante confrontare indici del tempo t0 (presente) con
quelli storici? E con i da9 del seBore di riferimento? Entrambi i daD, storici e del seNore
di riferimento, possono cosDtuire un buon elemento di confronto. Ad eccezione di
alcune situazioni in cui ad esempio l’azienda si trova in una fase di lancio, o era in fase di

66
lancio nell’anno precedente, allora in tal caso valori storici non saranno molto indicaDvi
nel confronto. I valori storici possono essere uDli anche nel guardare al futuro.

Grazie alla correlazione delle analisi (tra equilibrio finanziario staDco e dinamico, grafico p.50
del file) si possono formulare giudizi compiuD e correP su:

Il grado di liquidità, solvibilità e solidità dell’azienda;

Il grado di correntezza finanziaria dei cicli operaDvi aziendali;

L’efficacia delle poliDche finanziarie, e dunque l’efficiente gesDone del ciclo dei
finanziamenD;

il merito crediDzio dell’azienda necessario per assicurare una relazione stabile e


conveniente con il sovra-sistema finanziario.

OIC 10, confronto tra metodo indireNo e direNo.

Il principio contabile n.10 elaborato dall’Organismo Italiano di contabilità definisce criteri e


schemi per la redazione del rendiconto finanziario. La risorsa finanziaria presa a riferimento
è rappresentata dalle disponibilità liquide.

Secondo l’OIC 10 il rendiconto dovrebbe spiegare l’origine dei movimenD finanziari che
hanno determinato la variazione di disponibilità liquide nell’esercizio o periodo considerato.
I flussi sono classificaD a seconda della natura delle operazioni che li hanno generaD.

Secondo quanto precisato dall’art. 2427 del Codice Civile, le variazioni riassunte, che vanno
incluse nella Nota IntegraDva, sono:

(punto 4) le variazioni intervenute nella consistenza delle voci dell'aPvo e del passivo; in
parDcolare, per le voci del PN, per i fondi e per il TFR, la formazione e le u5lizzazioni;

(punto 2) le movimentazioni delle immobilizzazioni.

La somma algebrica dei flussi finanziari di ciascuna categoria rappresenta la variazione neNa
delle disponibilità liquide avvenute nel corso del periodo considerato.

67
IAS 7 - RF secondo la prassi internazionale.

Per la redazione del rendiconto, le società quotate europee devono rispeNare il principio
contabile internazionale n.7 (IAS 7).

Lo IASB ha scelto come grandezza finanziaria di cui si devono analizzare le variazioni le


entrate e le uscite di disponibilità liquide ed equivalen5 precisando che:

le disponibilità liquide comprendono sia cassa che deposiD a vista; le liquide equivalenD
rappresentano invesDmenD a bt e ad alta liquidità che sono prontamente converDbili in
valori di cassa noD, e non sono soggeP a rilevante rischio di variazione di valore.

Gli uDlizzatori del bilancio sono interessaD a conoscere come l’impresa genera ed uDlizza
le disponibilità liquide ed equivalenD, indipendentemente dal Dpo di aPvità dell’impresa e
che le disponibilità liquide possano essere considerate come il prodoNo dell’impresa
(come per gli enD finanziari).

Sul piano internazionale le analisi si rivolgono prevalentemente ai flussi di cassa e si


sostanziano nella redazione del cash flow statement, supporto informaDvo uDle tanto per le
figure che operano all’interno che all’esterno dell’impresa.

Il rendiconto finanziario in quesDone fornisce ai CFO, ai direNori amministraDvi,


informazioni analoghe a quelle oNenibili mediante una contabilità di cassa. Questo
permeNe di perseguire gli obiePvi Dpici del management finanziario quale il controllo di
tesoreria e la predisposizione delle informazioni per la redazione del budget di cassa.

Ai soggeP esterni all’impresa, invesDtori ed analisD finanziari, fornisce informazioni


sull’ammontare, i tempi e la stabilità dei flussi finanziari aziendali, da cui è possibile
desumere gli elemenD fondamentali del valore dell’impresa.

Secondo lo IAS 7 i flussi finanziari avvenuD nell’esercizio devono essere classificaD in base
alla natura/Dpologia delle operazioni che li hanno generaD (aPvità operaDva, invesDmento o
finanziaria). Tale suddivisione permeNe di comprendere la capacità delle singole aPvità di
generare (o consumare) disponibilità liquide o mezzi equivalenD.

L’a;vità opera5va comprende aPvità che generano i ricavi di un’impresa e altre aPvità
di gesDone diverse da quelle di invesDmento o finanziarie.

• I flussi generaD derivano dalle operazioni di gesDone e partecipano alla determinazione


dell’uDle/perdita di esercizio.

• L’ammontare del flusso finanziario sinteDzza in che modo l’aPvità ha generato flussi
finanziari sufficienD a rimborsare presDD, mantenere la capacità operaDva, pagare
dividendi ed effeNuare nuovi invesDmenD senza ricorrere a fonD di finanziamento
esterne.

68
• Possono derivare da: incassi da vendita di prodoP/servizi, incassi da royalDes, compensi
commissioni e altri ricavi; PagamenD a fornitori di merci/servizi, pagamenD a, e per
conto di, lavoratori dipendenD.

L’a;vità di inves5mento comprende l’acquisto e cessione di aPvità immobilizzate e altri


invesDmenD finanziari non rientranD nelle disponibilità liquide equivalenD.

• i flussi finanziari che ne derivano riguardano acquisD/vendite di immobilizzazioni


materiali, immateriali, finanziarie.

• L’informazione del flusso finanziario indica in quale misura sono staD sostenuD cosD per
acquisire risorse desDnate a produrre futuri provenD e flussi finanziari.

• esempio: pagamenD per acquistare immobili, impianD, macchinari e beni immateriali;


entrata da vendite di immobili, impianD… ; pagamenD per acquisizione di strumenD
rappresentaDvi di capitale o di debito di altre imprese e partecipazioni in joint venture.

L’a;vità finanziaria rappresenta l’aPvità che comporta la modificazione della


dimensione/composizione del capitale proprio versato e dei finanziamenD oNenuD
dall’impresa.

• I flussi derivanD comprendono l’oNenimento/resDtuzione di risorse finanziarie soNo


forma di capitale proprio o di rischio.

• L’indicazione del flusso è uDle nella previsione di richieste su futuri flussi finanziari da
parte dei finanziatori dell’impresa;

• esempio: interessi derivanD dall’emissione di azioni o altri strumenD rappresentaDvi di


capitale; pagamenD agli azionisD per acquistare o liberare le azioni delle società.

I flussi finanziari derivanD dall’aPvità operaDva possono essere presentaD secondo due
modalità alternaDve:

1. metodo direBo: si indicano le principali categorie di incassi e pagamenD lordi;

2. metodo indireBo: uDle/perdita di esercizio sono rePficaD dalle operazioni di natura non
monetaria, da differimenD/accantonamenD di precedenD o futuri incassi o pagamenD
operaDvi, da elemenD di ricavo/cosD connessi con flussi finanziari derivanD dall’aPvità di
invesDmento o finanziaria.

L’aumento dei crediD rispeNo l’esercizio precedente va soNraNo dal risultato


dell’esercizio in quanto rappresenta il minore ammontare incassato dai clienD
rispeNo ai ricavi di competenza dell’esercizio ed imputaD al CE.

69
Lo IAS7 raccomanda l’uDlizzo del metodo direNo in quanto possa fornire più informazioni,
ma nella prassi è più uDlizzato il metodo indireNo.

Metodo di redazione del rendiconto finanziario.

Indipendentemente dal procedimento aNuato (sinteDco o analiDco) il metodo indireNo si


redazione del RF si arDcola in una serie di fasi:

1. riclassificazione di due SP consecuDvi;

2. rilevazione delle variazioni delle poste aPve/passive e predisposizione del prospeGo usi
e fon5;

3. selezione di un orizzonte temporale di analisi (nella logica finanziaria) o di un’area della


gesDone (logica tecnico-economica) e individuazione delle cause del flusso considerato;

4. analisi delle variazioni e inserimento di eventuali rePfiche al fine di considerare solo le


variazioni effePvamente rappresentaDve di movimenD finanziari;

5. stesura del rendiconto finanziario.

Il prospeNo usi e fonD fornisce anche una suddivisone tra cause correnD e non correnD. Il
risultato economico è inserito tra le fonD non correnD (uDle) o tra gli usi non correnD
(perdita) perché è un aggregato del PN.

ComponenD economiche dei risultaD finanziari.

L’analisi delle componenD economiche dei flussi finanziari determinaD con metodo indireNo
è uDle a valutare l’efficienza della ges/one opera/va, in termini di risultaD reddituali
generaD.

Con struGura economica si intende il modo in cui si combinano i componenD posiDvo (ricavi
e provenD) e negaDvi (cosD e oneri) nella formazione del reddito di periodo. L’analisi della
struNura economica richiede la riclassificazione del CE. Questa può avvenire mediante tre
criteri: del valore aggiunto, del costo del venduto, variable cosDng.

TuP e tre rispondo al principio di separazione dei risultaD imputabili alla gesDone
caraNerisDca da quelli imputabili alle altre aree di gesDone.

Il risultato reddituale della gesDone operaDva è deNo margine opera9vo lordo (EBITDA) se
fa riferimento alle sole operazioni correnD, risultato opera9vo (EBIT) se riferito anche alle
operazioni non ricorrenD

70
Il CRITERIO DEL VALORE AGGIUNTO fa emergere:

- il valore della produzione che esprime la reale dimensione dell’aPvità svolta


dall’impresa.

- il valore aggiunto che segnala il maggior valore di mercato che l’impresa aggiunge a
materiali/servizi acquistaD da terzi.

I cosD sono riclassificaD per natura economica e disDnD in esterni ed interni per evidenziare
la ricchezza complessiva creata al neNo dei faNori esterni che hanno concorso alla sua
realizzazione.

VA = valore della produzione - cosD operaDvi esterni

Il CRITERIO DEL COSTO DEL VENDUTO fa emergere:

- il costo di realizzazione della produzione venduta


- il margine lordo industriale.
Tale criterio consente di analizzare l’economicità della gesDone caraNerisDca per soNosistemi
(industriale, commerciale e amministraDvo); richiede dunque la riparDzione dei cosD per
area funzionale.

Il CRITERIO DEL VARIABLE COSTING prevede la disDnzione dei cosD fissi e variabili in ragione
che l’uDlizzo dei faNori della produzione a cui si riferiscono i cosD, è correlato o meno al
volume/valore delle vendite.

- Per la correNa applicazione del criterio servono le informazioni derivanD dalla contabilità
analiDca e industriale, nel caso di analisi interne.

- Nel caso di analisi esterne, che trovano supporto informaDvo nel bilancio d’esercizio si
ricorre a convenzioni e semplificazioni.

Una volta riclassificato il CE, l’analisi della struNura economica avviene mediante tassi di
marginalità, ovvero rapporD tra margini economici risultaD dagli schemi riclassificaD e i
ricavi maturaD.

La riclassificazione del CE a variable cos/ng consente l’analisi delle leve aziendali.

71
Considerando la gesDone caraNerisDca, indicando con 𝜶 l’incidenza dei cos/ opera/vi
variabili (Cov) sui ricavi di vendita (Ric), e con Cof i cos/ fissi, si può esprimere il risultato
opera5vo EBIT come:

EBIT = Ric - Cov - Cof = Ric - 𝜶 Ric - Cof = Ric (1 - 𝜶) - Cof

Dove (1 - 𝜶) è il margine di contribuzione variabile unitario (tc).

La precedente equazione permeNe determinare l’enDtà dei ricavi di pareggio ∏ imponendo


una condizione di equilibrio operaDvo (EBIT = 0, dunque EBIT = ∏ (1 - 𝜶) - Cof) = 0 ) .

Il faNurato di pareggio (BEP) sarà: ∏ = Cof / (1 - 𝜶)

SosDtuendo ai Cof il loro valore


in termini di vendite di
pareggio, il risultato operaDvo
può essere scriNo come:

EBIT = Ric (1 - 𝜶) - ∏ ( 1 - 𝜶)

semplificando:

EBIT = (Ric - ∏) • (1 - 𝜶)

Tale equazione mostra come l’equilibrio economico aziendale, in termini di gesDone


operaDva, dipenda da due variabili fondamentali:

il margine di sicurezza opera5va MdSop = (Ric - ∏) (differenza tra ricavi aNesi e di


pareggio) da cui si evince:

in base al segno, se l’azienda sia in condizioni di uDle o perdita operaDva

in base alla dimensione, la solidità della posizione economica aziendale.

il tasso di contribuzione variabile tc pari al margine di contribuzione unitario (1- 𝜶):

tc = MVC / Ric = Ric ( 1 - 𝜶) / Ric = 1 - 𝜶

72
mediante cui, semplificando si può arrivare a esprimere la leva operaDva come
Lo = MCV/EBIT.

[In fase di pianificazione l’azienda definisce la struNura dei cosD. In condizioni di incertezza
sul mercato futuro conviene preferire una struNura con meno cosD fissi.

Avendo la certezza di riuscire a produrre di più si può considerare una maggiore quota di
cosD fissi, che su una maggior produzione avranno incidenza minore.]

LEVA ECONOMICA OPERATIVA. Lo = MCV / EBIT oppure Lo = Ric / (Ric - ∏)


Consente di conoscere l’incremento che subirà il reddito al variare delle vendite.

- Concorrono alla sua determinazione il margine di sicurezza operaDvo e il margine di


contribuzione variabile unitario.

- Può agire sia come molDplicatore che come riduNore, perché il reddito della gesDone
caraNerisDca si incrementa/riduce di un importo pari alla percentuale di variazione del
faNurato per la Lo. (esempio: all’aumentare dei volumi operaDvi il risultato è più
consistente.)

Dal grado di leva operaDva è possibile desumere un indicatore di equilibrio economico, ossia
il baricentro economico opera9vo BE.

In caso di vendite superiore a quelle di pareggio Ric > ∏, e il BE+ è pari al reciproco della leva
operaDva BE+ = 1 / Lo

In caso di vendite infiori a quelli di pareggio Ric < ∏, e il BE- : 1 / (Lo - 2)

Considerando il risultato ante imposte, EBT, si può estendere l’analisi per cogliere gli effeP
prodoP dalla gesDone dei finanziamenD in termini di variabilità, e rischiosità complessiva.
Considerando gli oneri di natura finanziaria Of come cosD fissi, si può esprimere il risultato
ante imposte come: EBT = Ric - Cov - Cof - Of = Ric (1 - 𝜶) - Cof - Of

La condizione di equilibrio (EBT = ∏*(1 - 𝜶) - Cof - Of = 0) permeNe di individuare un nuovo


BEP (∏*) che misuri il livello minimo di ricavi per la copertura dei cos5 complessivi
(operaDvi e finanziari):

∏* = (Cof - Of) / (1 - 𝜶)

73
E poiché i cosD complessivi comprendono anche gli Of, sono superiori ai soli cosD operaDvi,
dunque deve verificarsi la condizione ∏* > ∏.

SosDtuendo ai cosD fissi complessivi il rapporto tra le nuove vendite di pareggio e il tasso di
contribuzione, si oPene:

EBT = (Ric - ∏*) • (1 - 𝜶)

Tale equazione mostra come l’equilibrio economico aziendale, in termini di gesDone


operaDva, dipenda dalle due variabili:

il margine di sicurezza complessivo MdSCOMP = Ric - ∏* , che

- in base al segno indica se l’azienda si trova in condizione di uDle/perdita ante imposte


- in base alla dimensione indica la vulnerabilità della posizione economica aziendale.
il tasso di contribuzione tc.

Nuovamente, queste due grandezze sono uDli per esprimere un giudizio sull’equilibrio
economico e la rischiosità complessiva dell’impresa. Queste due variabili permeNono di
definire la leva economica finanziaria.

LEVA ECONOMICA FINANZIARIA. Esprime il rapporto tra la variazione % del risultato ante
imposte e la variazione % del risultato operaDvo. In forma semplificata può essere scriNa
come Lf= EBIT / EBT oppure Lf = (Ric - ∏) / (Ric - ∏*)

Lo e Lf consentono di determinare la leva economica complessiva, che sinteDcamente


rappresenta una misura della vulnerabilità aziendale.

Lc = Lo • Lf = MCV / EBT oppure Ric / (Ric - ∏*)

La Lc consente di conoscere l’incremento che subirà il reddito ante imposte al variare delle
vendite.

74
Autofinanziamento aziendale.

La misurazione della capacità di autofinanziamento aziendale è possibile secondo due


possibili prospePve, quella reddituale e quella finanziaria.

La nozione di autofinanziamento non è univoca, varia in funzione del punto di osservazione


e delle finalità di analisi che si assumono.

È importante nelle valutazioni non prescindere dalle modalità di copertura di un eventuale


deficit di capitali richiesD dai piani di sviluppo ( e dalle possibilità di impiego di eventuali
risorse disponibili).

Generalmente si tenta solo di dare una misura oggePva della dipendenza dell’azienda dai
mercaD finanziari in caso di sviluppo.

Nella PROSPETTIVA REDDITUALE, la quanDficazione avviene in oPca contabile. Si vede


l’autofinanziamento come fenomeno patrimoniale misurabile nell’accrescimento del PN
per effeNo della ritenzione/accrescimento degli uDli conseguiD in un dato periodo.

Si assimila dunque all’idea di ricchezza economica prodoGa.

In base al procedimento di determinazione adoNato gli aziendalisD disDnguono


l’autofinanziamento in:

- proprio ( o in senso streNo), corrispondente alla parte di u5li di periodo non distribui5;
è misurato quindi dai “reddiD ritenuD” e coincide con la desDnazione di uDli ad apposite
riserve di patrimonio (per il rafforzamento patrimoniale e della struNura finanziaria).

- improprio (in senso ampio), corrisponde agli ammortamenD rilevaD, alle quote TFR
maturate e gli accantonamenD a fondi rischi e oneri; è in misurato in tal senso da cosD
“non monetari”, ai cui nel medesimo periodo non corrispondono quindi uscite di cassa.

TuNa via tale metodologie si rivelano poco correlate alla dinamica dei reali flussi monetari
che l’impresa riesce a generare.

DifaP sommando all’uDle neNo i cosD non monetari si perviene ad una misura poco
significaDva, che non Dene conto del faNo che parte delle risorse sono state impiegate nel
corso della gesDone e non possono essere riuDlizzate in processi di crescita;
le disponibilità relaDve ai cosD non monetari sono da considerarsi solo temporanee a causa
dei possibili uDlizzi dei fondi accantonaD.

Per questo si aggiunge una terza categoria deNa spuria, che porta a rePfica dei cosD non
monetari le variazioni nei fondi di ammortamento e accantonamento rilevate.

75
PROSPETTIVA REDDITUALE

METODO PROPRIO IMPROPRIO SPURIO

DETERMINAZIONE + risultato neNo d’esercizio + risultato neNo d’esercizio + risultato neNo d’esercizio
- dividendi deliberaD + +ammortamenD - dividendo deliberaD
immobilizzazioni + +ammortamenD
+ acc.to a fondi rischi /TFR immobilizzazioni
+ acc.to a fondi rischi /TFR
- invesDmenD di rinnovo
- uDlizzo fondi rischi/TFR
-
RISULTATO REDDITI RITENUTI CASH EARNING CASH EARNING RETTIFICATO

Nella PROSPETTIVA FINANZIARIA, l’AF è misurato in base al principio di competenza


finanziaria. L’analisi dei flussi finanziari che le diverse aree di gesDone possono assorbire/
generare consente una visione unitaria della dinamica dei fabbisogni con la capacità di
reperire internamente le risorse per coprili.

Ciò consente la quanDficazione dell’AF relaDvamente alle risorse finanziarie che la gesDone
aziendale riesce a liberare, e l’analisi della possibilità di sostenere, totalmente o in parte,
programmi di espansione con risorse interne.

Tale prospePva fa riferimento in modo specifico alla produzione di risorse imputabile alla
parte corrente legata ai cicli operaDvi.

In tal senso, l’AF si presenta quando l’impresa è in grado di espandere i suoi invesDmenD
senza ricorrere, o in modo proporzionale, alla dilatazione dell’indebitamento o del capitale
proprio (o entrambi).

Anche nella prospePva reddituale in base al procedimento di determinazione si può


disDnguere l’AF in:

- potenziale, corrispondente al flusso ne0o circolante della ges/one corrente. Rappresenta


le risorse monetarie che sarebbero state messe a disposizione (o assorbite) della gesDone
caraNerisDca corrente, se non vi fossero staD assorbimenD (o liberazioni) di risorse, dovuD
a dilatazioni (o contrazioni)del capitale circolante.

Può essere misurato secondo il metodo top down o boNom up.

Rappresenta la capacità reale dell’impresa di generare risorse finanziarie con la


gesDone caraNerisDca solo quando tuP i ricavi/cosD di un dato periodo danno origine
alle corrispondenD entrate/uscite monetarie. Non dovrebbe però avvenire nessuna
variazione nella dimensione del capitale circolante. (improbabile)

76
- reale, si differenzia dal potenziale poiché Dene in considerazione le variazioni del capitale
circolante neNo. È misurato dal flusso di cassa della gesDone corrente ed è misurato
secondo il metodo direNo e indireNo.

- effe;vo, si basa su una parDcolare configurazione dei free cash flow.

PROSPETTIVA FINANZIARIA

METODO POTENZIALE REALE EFFETTIVO

DETERMINAZIONE top down indireBo + risultato operaDvo


+ ricavi operaDvi + risultato operaDvo + ammortamenD
- cosD operaDvi monetari + ammortamenD immobilizzazioni
- imposte d’esercizio immobilizzazioni + acc.to a fondi rischi/TFR
+ acc.to a fondi rischi/TFR - imposte d’esercizio
- imposte d’esercizio - variazioni del CCCn
- variazioni del CCCn - invesDmenD di rinnovo
- rimborso presDD
pianificaD
boBom up direBo - oneri finanziari
+uDle neNo + entrate operaDve correnD
- provenD/cosD - uscite operaDve correnD
straordinari, accessori e - imposte d’esercizio
finanziari
+ ammortamenD
immobilizzazioni
+ acc.to a fondi rischi/TFR

RISULTATO FLUSSO CIRCOLANTE DELLA FLUSSO DI CASSA DELLA FREE CASH FLOW
GESTIONE CORRENTE GESTIONE CORRENTE

Modello dello sviluppo sostenibile.

La capacità di AF espressa dall’azienda riesce a garan9re il fabbisogno di capitale generato


dall’espansione aziendale ad un tasso ipo9zzato? Lo schema di simulazione e analisi si basa
su due presupposD:

1. L’espansione è considerata in un’o;ca opera5va, come incremento di ricavi, e in o;ca


dimensionale, come incremento degli invesDmenD incupitale fisso e circolante

2. Il fabbisogno finanziario generato dalla crescita è misurato, coniugando l’approccio


staDco e dinamico, come variazione nel capitale neNo invesDto tra la fine e l’inizio del
periodo considerato. FFs = Δ CIN

77
Considerando che il tasso di intensità del capitale IC è il rapporto tra CIN e ricavi operaD,
ipoDzzando che il tasso non cambi per effeNo della crescita, il fabbisogno di sviluppo si può
scrivere come: FFS = IC • (R1 - R0)

Indicando con g1R l’incremento % delle vendite previsto per il periodo considerato, si oPene:
FFS = g1R • IC • R0

Confrontando il FFS con la capacità di autofinanziamento Af, si definisce il fabbisogno


finanziario esterno FFE, che è quella parte di fabbisogno che deve trovare copertura
necessariamente con il ricorso al mercato dei capitali.

FFE = FFS - Af da cui scaturiscono tre possibili soluzioni:

1. quando FFS > Af allora FFE > 0. I mezzi generaD internamente non sono sufficienD a
finanziare lo sviluppo, l’impresa deve decidere se rallentare la crescita, intervenire sulla
produPvità del capitale invesDto o rivedere le proprie poliDche finanziarie;

2. quando FFS = Af allora FFE = 0. Il tasso di sviluppo è compaDbile con le capacità di Af

3. quando FFS < Af allora FFE < 0. Ci sono risorse finanziarie in eccedenza da poter uDlizzare
nel processo di crescita o per distribuire dividendi.

Il Tasso di autofinanziamento TAf può essere determinato dal rapporto tra l’AF che potrà
generarsi nel periodo considerato e il volume di vendite di inizio periodo (Af / R0). Dividendo
ancora per IC si può trovare il tasso di sviluppo autonomamente sostenibile TSV = TAf /IC.

Paragonando tale tasso all'incremento aNeso dalle vendite g1R si può capire se l'impresa è in
grado di sostenere autonomamente lo sviluppo ipoDzzato.

LIMITI del modello di sviluppo sostenibile:

1. IC costante (poco realisDca);

2. Non è possibile una definizione univoca di AF;

3. Si prescinde dalle modalità di copertura di un eventuale deficit di capitali richiesD dai


piani di sviluppo.

78
Domande

1. Il rendiconto fin rappresenta il percorso della liquidità all’interno dell’azienda? Sì,


tenuto conto dell’orizzonte temporale, dice dove è stato assorbito e generato.

2. La dinamica finanziaria indica da quale area ges9onale proviene la liquidità ed


esprime la quanta liq è generata o assorbita nel periodo considerato? Sì.

3. I flussi monetari sono la variabile correBa per esprimerla? No, lo sono i flussi di cassa.

[ Tasso di crescita g e casi per il futuro


1. g = 0 invarianza Il manifestarsi di tale condizione può caraNerizzare un’azienda matura che mira
a consolidare i propri mercaD di sbocco. È tuNavia rara, anche se in misura minima si dovrebbe
sempre prevedere una crescita.

2. g > 0 crescita Risultato a cui maggiormente si tende.

3. g < 0 decrescita Può essere il fruNo di una serie di disequilibri. Esempio: si cede un ramo
d’azienda per sopravvivere nell’immediato futuro, ma ciò va a discapito del controllo direNo su
tale ramo. ]

Capitolo 7: Aspettative e piani finanziari

La finanza affronta il problema delle scelte intertemporali relaDvamente all’impiego di


capitale in condizioni rischiose o di incertezza, al fine della migliore allocazione di questo.
La selezione delle migliori opportunità di invesDmento comporta la necessità di:

“guardarsi intorno”: saper conoscere ed analizzare gli sta5 aGuali relaDvi ai seNori
industriali e le aziende che vi competono, delle economie nazionali in cui sono localizzaD
gli approvvigionamenD, le produzioni, i mercaD di sbocco …;

“guardare avan9”: considerare che ogni stato può non rimanere stabile, ma mutare.
Avere consapevolezza della provvisorietà dei quadri micro e macro economici. Vi è
pertanto la necessità di ragionare su probabili situazioni alternaDve correlate ad un
orizzonte temporale limitato.

La Finanza Strategica risponde appunto alla necessità di considerare an/cipatamente le


possibili evoluzioni delle tendenze economiche, tecnologiche e sociali in aNo, e opera
tendendo conto dell’impaNo derivante dai rischi a cui i capitali invesDD e i conseguenD
rendimenD sono esposD.

79
Pur avvenendo in tempi diversi, la formazione delle aspeNaDve del management tecnico-
economico (esplicitate nei piani aziendali) e la formazione delle aspeNaDve degli invesDtori,
sono fasi interconnesse e cruciali per la valutazione delle imprese, la loro quotazione e
conDnuità.

Il piano finanziario assume importanza per gli invesDtori in quanto soNoscriNo dal top-
management che si impegna nel loro interesse a conseguire aspeNaDve di risultato di
specifiche prospePve e coordinate finanziarie.

Un piano aziendale indica la possibile evoluzione del capitale tenendo conto di congeNure
ed ipotesi che mirano a contenere il range di alternaDve considerate dal management.

Gli scenari consideraD sono contes/ probabili, non è possibile pensare a determinazioni
certe, e la varietà di scenari possibili indica la rischiosità dell’iniziaDva. In chiave
probabilisDca, la configurazione di scenari alternaDvi consente di configurare un risultato
aGeso.

Il gradimento delle prospePve aziendali da parte dei mercaD finanziari comporta, nel caso di
start-up, il finanziamento dell’iniziaDva in misura non maggiore del valore finanziario
dell’invesDmento richiesto; o l’aggiornamento del capitale invesDto e una seguente
rivalutazione/svalutazione.

È in ogni caso opportuno soNoporre i piani da una verifica an5cipata del grado di congruità
e coerenza rispeNo alle preferenze del mercato finanziario, in termini di appe/bilità delle
offerte di invesDmento.

Al fine di sopravvivere alla mutevolezza della domanda proveniente dai segmenD di mercato
di riferimento, l’impresa delle cercare soluzioni strategiche idonee.

Convinzioni ed aspeNaDve dei responsabili aziendali sono composte in piani aziendali per
l’esame, la comunicazione interna e l’approvazione. Le aspeNaDve sono formalizzate in
prospeP patrimoniali, economici e finanziari che considerano gli scenari contemplaD.

DeP piani riguardano un’orizzonte temporale corrente con la profondità delle aspeNaDve.
Ogni piano conDene una prospe;va come ad esempio di stabilità, o di espansione o
crescita.

La valutazione finanziaria dei piani richiede che siano esplicitate le poliDche finanziarie di
quesD, in quanto ne condizionano la finanziabilità.

Gli approcci seguiD per la produzione sono diversi, ma accomunaD dalla fase di studio delle
alternaDve possibili, la selezione delle più probabili e la sintesi in risultai aNesi.

80
1. approccio: SCENARIO STABILE. Quando il soggeNo che effeNua la pianificazione riDene
che l’ambiente compe//vo nel quale l’impresa opererà, e il modello di business (risorse
chiave, organizzazione aziendale e struNura economica) rimarranno stabili, configura
scenari in con/nuità col passato.

Tale stabilità genera scenari alternaDvi molto simili tra loro.

Le analisi di sensi/vità dei risultaD aziendali alle variazioni registrate nel passato dovute a
variabili esogene (es: variazione del tasso di cambio) suggeriscono di considerare ulteriori
possibili varianD, che conducono a risultaD economici e finanziari prospeNataD differenD.

La sintesi delle varianD considerate portano al risultato aGeso.

I risultaD aNesi, pur equiprobabili, derivanD dal piano saranno caraNerizzaD da una certa
deviazione standard, che misura staDsDcamente la dispersione dei risultaD possibili rispeNo
al risultato aNeso.

2. approccio: SCENARI ALTERNATIVI NON EQUIPROBABILI. (instabilità)

Quando il quadro prospePco considerato dal pianificatore risulta meno stabile, egli
prenderà in considerazione scenari e strategie alteraDve anche molto differenD tra loro.

Al management speNa, oltre che la selezione delle prospePve con probabilità di


realizzazione, l’aNribuzione di probabilità, ora difficilmente risolvibile tramite analisi del
passato (data l’instabilità dello scenario aNuale).

In questo caso i flussi aGesi saranno le medie dei flussi configuraD negli scenari alternaDvi,
ponderaD per la probabilità di scenario.

3. approccio: RAMIFICAZIONE DI PERCORSI ESPLICATIVI (rappresentazione)

Il pianificatore può configurare scenari pessimisDci o oPmisDci come successione di


prospePve aziendali alternaDve. La rappresentazione, che avviene tramite percorsi
ramificaD (albero degli evenD), non altera il risultato di scenario.

La mera rappresentazione non ha alcuna influenza sulla valutazione dei finanziatori, purché
la sostanza non cambi (cambia ad esempio quando nella rappresentazione si consideri anche
quale parte di scenari il management intenda seguire).

La possibilità, riservata al management, di scegliere quali scenari perseguire effePvamente,


produce alternaDve di percorso indipendenD e diversante rischiose che quindi non sono
sinteDzzabili aNraverso un valore ponderato per le probabilità di scenario.

Il pianificatore sceglie quindi un approccio trasparente, ma l’applicazione di tale


metodologia è condizionata dalla possibilità di trovare nei mercaD regolamentaD un Dtolo
quotato di rischiosità pari a quella del progeNo aziendale pianificato.

81
Le valutazioni che il mercato effeNuerà terranno conto delle poliDche di finanziamento che
l’impresa intende adoNare, in relazione all’uso struNurale dell risorse. Tali quesDoni
condizionano la solvibilità prospePca, e di conseguenza anche le pretese di rischio e
rendimento.

Le valutazioni prevenDve che il management deve effeNuare possono anche comportare la


revisione degli orientamenD strategici e del modello di business.

Il piano finanziario cui si perviene assume valore al fine di s5mare il valore del capitale.
CosDtuirà il documento idoneo a fornire un quadro prospePco uDle agli invesDtori per
effeNuare le valutazioni in merito alla partecipazione o il coinvolgimento nell’iniziaDva.

È tuNavia possibile che analisD finanziari, consulenD, revisori, commercialisD e periD,


producano piani autonomi contenD opinioni ed aspeNaDve proprie, anche molto
disallineate da quelle aziendali. Costoro rispondo professionalmente delle valutazioni
elaborate. Anche in questo caso il piano deve basarsi sulla situazione aziendale, il contesto
compeDDvo e le prospePve.

[esempio: I revisori di bilanci redigono dei piani autonomi per verificare la conDnuità
aziendale, per valutare se gli assunD sul bilancio che devono firmare siano correP. Se non si
ritrovano, redigono il proprio piano autonomo.]

PIANI ANALITICI. Compongono assunzioni, ipotesi, scenari specifici che il pianificatore


riferisce a business e parD dei capitali diverse, rendendo trasparenD le diverse eventualità
prese in considerazione.

Le sDme pulri-periodali, non condoNe tramite algoritmi, producono come risultato serie di
valori irregolari. È quasi sempre possibile far emerge una regola per la pianificazione, per
cogliere la tendenza intertemporale implicita all’aspeNaDva. (crescita, decrescita,
espansione)

PIANI SINTETICI. Dai piani analiDci si può pervenire a piani sinteDci finanziariamente
equivalenD. Sono finanziariamente equivalen5 quando la sintesi effeNuata non incide
sull’apprezzamento da parte dei finanziatori.

La variabilità dei risultaD aNesi deriva dagli scenari (e varianD) consideraD dal pianificatore, e
dalla unicità ( o meno) della regola adoNata per configurare le diverse componenD posiDve
e negaDve indicate negli scenari.

82
Valutazioni con il DCF.

La sDma del valore finanziario di un’invesDmento richiede l’aGualizzazione dei flussi di


cassa. Il Discount Cash Flow è un metodo che prevede l’aNualizzazione dei flussi di cassa CFt
puntuali aNesi, in uscita e in entrata.

Il tasso di aNualizzazione k (costo-opportunità) esprime la remunerazione del rischio


richiesta dai finanziatori per il temo d’aNesa e per il rischio che grava sul capitale invesDto.

Con valore aGuale VA si indica la sommatoria del flussi di cassa CFt


aNesi, incluso il flusso di cassa associato al recupero del capitale
invesDto CRn o il valore ad esso aNribuito TVn (terminal value).

Il valore aGuale neGo VAN indica invece il vantaggio neNo


dell’invesDmento, perché considera anche l’esborso iniziale ed
eventuali successivi. (inizia sommatoria da t=0)

Il DCF è il metodo di valutazione principale. L’impresa può applicarlo per aNribuire un valore
complessivo all’intero capitale invesDto, o alle singole opportunità di invesDmento
industriali.

Se la serie di flussi di cassa si protrae


per un periodo infinito, e i CF sono
tuP di pari importo, costanD:

Se invece di essere costanD i flussi di


cassa crescono regolarmente al saggio g:

In assenza di crescita dei flussi (g=0) le due


equazioni coincidono.

Il flusso di cassa in ogni periodo è pari al precedente per il faNore di crescita, pari al saggio di
crescita aumentato di un’unità. CFt = CFt-1 • ( 1 + g )

Se la serie di flussi di cassa in crescita regolare è limitata , il loro valore temporaneo è


determinabile come prodoNo tra il primo flusso e il coefficiente di aBualizzazione an/ k, g.

VA temporaneo = CF1 • an/ k, g

con

83
L’espressione VA temporaneo ha validità per l’aNuazione dei flussi di cassa derivanD dal
capitale invesDto, che quesD siano costanD, in crescita o decrescenD per una durata (n),
limitata o illimitata.

Il faNore di aNualizzazione per la determinazione del valore temporaneo è valido per ogni
finestra valutaDva (n). Considerando il caso limite in cui questa sia n = ∞, a si riduce a:

a∞/ k, g = 1 / ( k - g ) e con crescita nulla, g = 0, dunque a∞/ k, g = 1 / k

Capitale di recupero a fine periodo.

La prospePva limitata richiede di integrare il valore temporaneo relaDvo ai risultaD aziendali


con il valore aNuale del capitale di recupero TV. Il piano indicherà se il capitale invesDto
inizialmente conserverà o meno la sua integrità, o sia suscePbile di valorizzazione oltre i
periodo di pianificazione. VA temporaneo e del capitale di recupero.

VA = F1 / ( 1 + k )1 ± F2 / ( 1 + k )2 ± … ± Fn / (1 + k)n ± TVn / (1 + k)n

L’adozione del DCF nel procedimento sinteDco (regolarità dei flussi) conduce al calcolo del
VA dell’invesDmento seguendo l’unica regola: VA = CF1 • an/ k, g + VA(TV)

che permeNe di aNualizzare flussi di cassa costanD ( g = 0) o in sviluppo ( g ≠ 0 ), consideraD


in una prospePva temporale n limitata o illimitata.

Il passaggio da un piano analiDco irregolare a sinteDco regolare consente di sviluppare


un’analisi del valore che sarebbe altrimenD difficile.
Il DCF può essere applicato:

sia a flussi con distribuzione irregolare, derivanD da una pianificazione analiDca, non regolata;

che ai flussi derivaD da una pianificazione condoNa mediante una regola, da cui può originare una
serie di flussi irregolari (esempio: i piani dei molteplici scenari sono configuraD secondo regole
diverse) o regolari.

Il procedimento valuta9vo sinte9co può essere applicato con immediatezza solo ai flussi con
distribuzione regolare: la regola uDlizzata per la pianificazione conDene in sé già le determinaD del
valore.

Poiché i risultaD prospePci interessano ad azionisD e (nel caso di imprese indebitate,


levered) anche creditori, la determinazione dei valori aNuali deve considerare diversi cos5-
opportunità k coerenD con la remunerazione del tempo di aNesa del rischio che grava sui
capitali invesDD.

84
Il COSTO OPPORTUNITÀ è diverso a seconda dei soggeP a cui si riferisce.
SP (unlevered) SP (impresa levered)
ATTIVO PASSIVO ATTIVO PASSIVO

Bond
Share (PN) (capitale di terzi,
finanziamenD che
l’azienda riceve )
Share
(Il capitale sociale, PN)

Nel caso di un’impresa non indebitata, unlevered, l’unica pretesa di rendimento coincide
con il costo del capitale di rischio. Gli unici che potranno avanzare le pretese di rischio
saranno gli azionisD. Il costo del capitale per gli azionisD è ke (da equity).

Se invece l’impresa è indebitata, i finanziatori (che hanno generalmente delle garanzie)


richiederanno un rischio ki (interest), diverso da quello degli azionisD.

Con ko o Wacc si indica il costo medio ponderato del capitale, che Dene conto delle pretese
di rendimento complessive di creditori e azionisD. Wacc = B / (B + S) • Ki + S / (B + S) •Ke
Esempio: Nessun azionista sarebbe disposto ad invesDre in un’azienda che non distribuisce dividendi
( ke = 0) , e che magari è anche in fase di crescita, quindi la sDma di un’ipoteDca azione non
cambierebbe nel tempo. Poiché comunque dovrebbe sostenere un rischio senza oNenere un
rendimento, che per l’azionista deriva dai dividendi e dal capital gain.

Discorso analogo per le banche, nessuna sarebbe disposta a finanziare senza ricevere il
riconoscimento di interessi (Ki = 0).

La società deve andare a considerare, mediante il Wacc, le valutazioni che possono compiere
terzi, poiché ogni soggeNo interessato compierà l’aNualizzazione dei flussi di cassa in base al
proprio tasso di rendimento k.

Finestre temporali e Terminal Value.

Al fine di valutare un’azienda bisogna immaginare i flussi di cassa che è in grado di produrre
dal momento corrente al futuro, compiendo dunque l’aNualizzazione dei flussi di cassa
futuri. È però difficile prevedere il valore potenziale di un’azienda, ipoDzzarne la potenzialità
esplosiva. E questa è la difficoltà che incontra il mercato nell’aNribuire il giusto valore di
quotazione.

È concretamente complesso immaginare prospePve aziendali per orizzonD temporali molto


lunghi. È altreNanto difficile congeNurare i reinvesDmenD necessari per rinnovare il
potenziale iniziale del capitale invesDto.

85
La finestra temporale di pianificazione è dunque necessariamente limitata (epoca l) e il
piano finanziario deve indicare il valore di recupero del capitale inves/to CR in quell’epoca in
cui avrà esaurito la sua convenienza di sfruNamento.

Considerando un periodo inferiore (epoca n < l), dalla pianificazione non emerge il vantaggio
legato al periodo intermedio tra n e l. Occorre in tal caso tener conto, non del CR, ma del
Terminal Value che corrisponde al valore residuo che non sarà apprezzato, data la
limitazione del piano all’epoca n.

La limitazione della finestra temporale adoNata per la pianificazione condiziona l’uso dei
procedimenD valutaDvi (analiDco o sinteDci).

Numero di flussi

IllimitaD LimitaD

Variabili irregolarmente 1. In tale condizione non posso 2. Posso aNualizzare i flussi di


(distribuzione naturale) stabilire una regola per la cassa sDmaD, poi calcolo il
sDma dei flussi. QuesD sono valore dell’aNualizzazione il
sDmabili in modo analiDco giorno successivo al piano
solo per un arco di tempo oNenendo (in caso smeNa di
limitato. operare) il valore di
liquidazione (somma dei beni)
o l’avviamento (maggior
valore).
VA =∑ Fn /(1 + k)n ± TVn /(1 + k)n

Costan9 3. Avendo flussi di cassa costanD 4. Flussi limitaD e costanD


(distribuzione standard, s) per un periodo infinito, si usa an, k = [ 1 - 1/ (1 + k)n ] / k
la formula della rendita
perpetua.

VA = CF1 • 1/k
a∞, k = 1/k

Variabili regolarmente 5. Considerando che in tal caso la 6. Flussi di cassa in crescita


(distribuzione standard, g) serie è cosDtuita da flussi di regolare per un periodo di
cassa che crescono tempo limitato.
regolarmente al saggio g (g > Il VAtemporaneo ( prodoNo nel corso
0), siamo sempre nel caso di della finestra temporale di
rendita perpetua, ma valutazione relaDva a n periodi,
crescente. che non include il capitale di
VA = CF1 • 1/(k - g) recupero.)
a∞, k = 1/(k - g)
VAtemporaneo = CF1 • an/ k, g
NB: al fine del funzionamento
della formula deve essere k > g, e an/ k, g = [1 - (1+ g)n/(1 + k)n] /(k - g)
si assise che i flussi di cassa si
verifichino a scadenze periodiche
e separate.

86
Riclassifica di CE per imprese in stato stazionario (Approfondimento 7.1)

Nella prospePva economica si analizza l’economicità dell’impresa, ossia la sua aPtudine ad


aNrarre e traNenere i faNori produPvi di cui necessita offrendo congrue remunerazioni alle
risorse finanziarie impiegate.

L’impresa in equilibrio è in grado di offrire remunerazioni posiDve e soddisfacen/ rispeNo


alla rischiosità aziendale e alla media di seNore.

Dal punto di vista finanziario, la reddiDvità assume importanza solo nel caso di imprese in
stato stazionario, ossia quando i risultaD reddituali corrispondo a quelli finanziari, e
assumono così rilevanza nelle analisi di convenienza economica degli impieghi di capitale.

Per compiere tali analisi, il CE viene riclassificato e si effeNuano dei calcoli. Perché?
Ricordando che gli interessi passivi sono deducibili, nel momento in cui devo andare a
confrontare due aziende, per evitare che una delle due risulD più remuneraDva per il
semplice moDvo che ha detraNo gli interessi passivi, e dunque a parità ha pagato meno
imposte, mi vado a calcolare il beneficio fiscale che viene derivante dalla deduzione degli
interessi.

Bisogna dunque calcolare:

- NOPAT = EBIT • (1 - t ) - IRAP Net Opera/ng Profit Aler Taxes: reddito operaDvo al neNo
delle imposte che l’impresa pagherebbe se non fosse indebitata. (t = aliquota fiscale)
L’IRAP viene presa così e non calcolata, questa ha base imponibile diversa dall’Ires che
può essere calcolata a parDre dall’EBIT.

- NOLPAT = NOPAT + bf Net Opera/ng Profit Levered Aler Taxes: reddito operaDvo al
neNo delle imposte effePve che l’impresa indebitata paga sfruNando la deducibilità degli
interessi passivi.

Dove bf = t (IPn + OF) è il risparmio in imposte di cui gode l’impresa in ragione della
deducibilità degli interessi passivi IPn e gli oneri finanziari, legaD all’indebitamento.

L’Ires figuraDva sul risultato operaDvo è calcolata prima della deduzione degli interessi.

Dopo viene calcolato il beneficio fiscale dunque il risparmio fiscale per interessi passivi sui
finanziamenD, factoring/leasing, commissioni e oneri bancari (che normalmente ho se
accendo dei finanziamenD.

Dopo, calcolando il NOPLAT, tuNo ciò vado a raggiungerlo.

ONengo alla fine il Net Income, che è il reddito neNo proveniente dalla riclassificazione.

87
Combinando i risultaD dei CE riclassificaD e le grandezze patrimoniali dello SPET (lo SP
normalmente riclassificato), si possono oNenere i tassi periodali di reddiDvità.

esempio: ROI = EBIT / CIN ReddiDvità lorda dei capitali nella gesDone operaDva

ROIu = NOPAT / CIN ReddiDvità al neNo delle imposte figuraDve, dei capitali
impiegaD nella gesDone operaDva (unlevered)

ROIl =NOPLAT / CIN ReddiDvità al neNo delle imposte effePve, dei capitali
impiegaD nella gesDone operaDva.

ROD = (IP + OF) / DF Return on Debt, reddiDvità per i finanziatori

ROE = NI / PN

88
Crescita per espansione.

Il tasso di crescita g indica un aumento tendenziale di un fenomeno, non momentaneo.


Un grafico che rappresenta una crescita non è posiDvo in ogni caso (es: se segna un aumento
di cosD o altre componenD finanziarie negaDve), bisogna vedere a cosa fa riferimento.

Questa crescita tendenziale può avvenire per due faNori: sviluppo (mi sto ingrandendo) o
espansione (mi sto espandendo, cioè non aumento in dimensioni, ma cresco occupando lo
spazio lasciato dalle quote di mercato altrui).

Nello stato stazionario g = 0, considerando un’impresa unlevered, il capitale T invesDto


all’inizio del periodo di pianificazione t0 , produce un primo flusso di cassa pari al risultato
operaDvo neNo di imposte integrato dagli ammortamenD, dunque:
NOPATtl + AmmortamenDtl

Essendo l’impresa non indebitata posso prendere il NOPAT (non essendo indebitata non ho
interessi passivi e oneri fiscali). Per trovare il flusso di devo aggiungere gli ammortamenD
perché quesD sono aggiustamenD che vengono faP per la competenza economica, è quanto
si presume si sia consumato di una determinata immobilizzazione (ma non producono flussi
di cassa, che si sono invece verificaD all’inizio quando ho acquistato il macchinario).

Una volta contabilizzato l’ammortamento occorre che il capitale fisso sia reintegrato in
misura pari alla svalutazione sDmata: ciò comporta la pianificazione di invesDmenD pari agli
ammortamenD. (Devo tener conto che il macchinario nel tempo ha delle perdite, deve
essere manutenzionato e ciò mi comporta dei cosD che devo considerare all’interno del
piano).

Dunque, per mantenere lo stazionario (in cui tuNo funziona), il flusso di cassa operaDvo che
dovrà residuare per mantenere una conDnuità di risultato sarà il FCFOSStl che coincide con la
misura del NOPATtl . (perché quello che deprezzo pr la perdita di valore lo riconsidero come
uscite per la manutenzione)

Il capitale invesDto a fine periodo rimarrà costante se tuNo il flusso di cassa (che in questo
caso coincide con il reddito neNo, o NI) sarà distribuito agli azionisD, cioè il payout sarà pari
al 100%. Perché ciò significa che di tuNo che ho generato non sto reinvestendo nulla (esclusa
la parte che mi serve per mantenere costante il capitale invesDto), tuNo il restante viene
distribuito agli azionisD). In questa maniera possono oNenere un g = 0.

In caso diverso Se non distribuisco tuNo agli azionisD, e quello che mi rimane lo reinvesto
in azienda (oltre la perdita di valore precedente che è stata già ricoperta), all’inizio del
periodo successivo mi troverò con un capitale inves5to maggiore. Dunque a parità di
indici finali, risulterà anche un uDle maggiore. Vi saranno dunque più dividendi da
distribuire, e quindi più possibilità di reinvesDre. Aumenterà quindi di nuovo il capitale
invesDto.

89
[Il ROI, ritorno sugli invesDmenD, indica la reddiDvità lorda (poiché considerata prima degli
interessi e delle tasse) dei capitali impiegaD nell’aPvità]

Esempio numerico: consideraD il return on investments ROI = EBIT / CIN,


return on sales ROS = EBIT / SALES e sales on investments SOI = SALES / CIN

(dove G = reddiDvità (1 - d) in cui d = saggio di dividendo)

Capitale ROI g distrib. reinvesDto CIN


T0
100 10% 8% 20% 80%

CF 1 10 2 8 108b

CF2 10,8 2,16 8,64 116,64a 1,08 a/b

Nella situazione in T0 in cui il capitale ha valore 100, ROI = 10% e g= 8%,

la società decide di distribuire il 20% e reinvesDre l’80% di quello che ha a fine anno.

Ciò comporta che il flusso di cassa nel periodo 1, CF1, sarà pari al capitale per il 10% (10).
E di questo 10, il 20% lo distribuisco agli azionisD (2), e l’80% lo reinvesto (8).

Il capitale invesDto di T1 è uguale al capitale invesDto in T0 + gli 8 che ho reinvesDto, dunque


108.

Mantenendo costante il ROI al 10% il mio CF al termine del del periodo 1, e dunque il primo
CF2 sarà pari a 10,8. Anche il capitale distribuito e reinvesDto sarà di più. Sarà maggiore
anche il capitale invesDto a fine periodo, pari a 116,6.

TuNo ciò vale in costanza del ROI.

[riassumendo: Il capitale invesDto T0 mi produce un ROI che viene definito un flusso di cassa
del primo periodo, pari a D, ma parte di questo la distribuisco (i dividendi del primo periodo)

L’altra parte viene reinvesDta in azienda, e ciò comporta un’aumento del capitale invesDto
pari al capitale prodoNo - dividendi.]

90
Nel modello per espansione adoperato, i flussi di cassa aziendali cresceranno fino
all’orizzonte temporale considerato per la pianificazione (indicato con n o l), al saggio di
espansione ga tl che è pari al flusso di cassa FCFFtl non distribuito sul capitale iniziale:

gq, t1 = ( FCFFt1 - Dt1 ) / Tt0

Il modello di espansione prevede congiuntamente che:

1. fondi e flussi crescano tuP ad un unico saggio ga

2. ROI costante.

Dopo l’invesDmento T0, inizio ad


avere flussi di cassa, crescenD
secondo il modello illustrato di
crescita standard (con un g %
costante da un periodo
all’altro).

(Il valore cresce sia per gli


azionisD che per la parte
reinvesDta)

Domande:

1. RispeBo al modello di crescita standard dei dividendi, è vero che il tasso di crescita dei
dividendi e il tasso di crescita del valore azionario sono iden9ci?

Ricordiamo che sostanzialmente il valore dell’azione “anDcipa” quello che accadrà nel
futuro perché riporta, in hp di mercaD perfeP, al valore aNuale tuNo quello che verrà
dato in futuro, incluso il capital gain. Il capital gain viene scontato al momento aNuale al
valore che si presuppone avrà in futuro.

I flussi di cassa che danno le azioni, escluso il capital gain che già viene scontato, sono
proprio i dividendi. Se posseggo un’azione, percepisco i dividendi che l’azienda eroga.
Dunque la risposta, in mercato perfeNo, è sì.

Di faP il valore di un’azione oggi (in un mercato perfeNo) sconta tuP i flussi di cassa che si
manifesteranno in futuro. Dovrebbe dunque corrispondere all’aNualizzazione dei dividendi
futuri e del valore finale, ossia il capital gain (prezzo di vendita - prezzo di acquisto).

91
2. Quali faBori determinano il rapporto prezzo/u9li d’impresa? Crescita e livello di rischio
associato all’impresa, o altro?

Sicuramente la crescita e il livello di rischio. In realtà individuare il terminal value


comporta una sDma complessa da formulare, i cui valori possono differire anche di
molto da quello che sarà l’effePvo valore. Quindi, oltre i driver di riferimento
aNualizzare il valore, ci sono in realtà molte complicazioni.

3. Possiamo affermare che il VA di un’azione corrisponda al VA dei suoi dividendi futuri?


Cosa accade con crescita nulla? E con crescita costante?

Con crescita nulla avrò sempre gli stessi dividendi, con crescita costante i dividendi si
implementeranno dello stesso saggio di crescita con cui si implementeranno i flussi i
cassa dell’azienda (esempio numerico).

Richiamo: Formule dell’aNualizzazione.

Il Wfin è la somma dell’aNualizzazione dei dividendi più


l’aNualizzazione del Pn, ossia il capitale di recuperabile
alla fine, l’ulDmo flusso che avrò.

Devo considerare il valore del capitale recuperabile sia nel caso dell’azienda, come Terminal
Value dell’azienda, sia nel caso delle azioni, come valore finale delle azioni.

Dato che si parla di dividendi, sarà l’aNualizzazione dei flussi di cassa della proprietà (ke è
infaP il tasso associato all’equity).

Abbiamo inoltre deNo che il binomio impresa-valore evidenzia le scelte che vengono
compiute in generale, quali le poliDche di invesDmento, l’aPvo patrimoniale, le poliDche di
finanziamento e le poliDche di dividendo.

Quando parliamo di Finanza Aziendale parliamo appunto delle poliDche di oPmizzazione


dell’aPvo, quindi degli invesDmenD migliori, dell’oPmizzazione delle poliDche di
finanziamento e di dividendo.

I tassi di aNualizzazione k, nelle scelte di invesDmento, nelle poliDche di finanziamento e di


dividendo, differiscono tra loro.
Chi dà capitale rischia di perderlo se l’azienda fallisce e corre un rischio maggiore di chi
finanzia, che ha comunque delle garanzie sui finanziamenD concessi.

Questo va considerato in relazione con il discorso sul rischio-rendimento.


Assumendo che rischio e rendimento sono direNamente correlabili, dunque all’aumentare
dell’uno aumenta l’altro, il rendimento è considerabile come il prezzo da pagare per far
assumere ad un terzo quel rischio.

92
Questa formula permeNe l’aNualizzazione del Terminal
Value. Il ko è il costo-opportunità del capitale, visto dalla
parte aDva, quindi come costo medio ponderato del
capitale.

Un ulteriore conceNo da richiamare è l’eccedenza di copertura finanziaria, data dalla


differenza tra il tasso interno di rendimento dell’azienda meno il costo opportunità dei
capitali ECOF = TIR - k.

Ciò significa sostanzialmente che avrò eccedenza di copertura finanziaria fin quando il


rendimento che mi da l’azienda supera il costo opportunità dei capitali, TIR > K, quindi indica
il tasso di remunerazione che posso o0enere da quei capitali.

L’azienda produce dei flussi finanziari, ma si può decidere cosa farne, se darli tuP agli
azionisD, se darne parte agli azionisD e parte reinvesDrli in azienda, o non darne alcuni agli
azionisD e reinvesDre tuNo in azienda.

Il capitale che rimane in azienda e viene reinvesDto aumenta la quota di ges5one degli
amministratori. In tal caso gli azionisD non vedono remuneraD i propri invesDmenD
nell’immediato. Questo discorso si collega alla poliDca dei dividendi.

Nel passato, delle teorie in America sostenevano che l’azienda, che si rivolge al mercato, per
aNrarre capitali deve fare in modo di distribuire più dividendi possibili nel corso del tempo,
in modo di assecondare i finanziatori perché vedranno remunerato con costanza il capitale
che hanno invesDto.

Mentre nel modello per espansione, con ROI costante, il ritorno sugli invesDmenD costante,
e dunque alche il TIR; nel modello di crescita per sviluppo cambiano i faNori. Riguarda
normalmente i seNori o le singole imprese.

Come già visto, nel modello per espansione la crescita è prodoNa da un trend congiunturale,
c’è un’espansione del sistema, ma non cambiano le posizioni compeDDve e la reddiDvità dei
capitali invesDD (e di faP hanno tuP ROI e TIR costanD).

Mentre la crescita per espansione dipende dalla dimensione del capitale invesDto, la crescita
per sviluppo riguarda la crescita dei rendimen9 periodali aziendali.

93
Modello di crescita per sviluppo. (cap 9)

Il modello di crescita per sviluppo riguarda normalmente seNori o singole imprese, solo per
periodi temporanei.

Comporta un’aumento di reddiDvità rispeNo agli altri operatori, e l’aumento del vantaggio
compeDDvo. Per alcuni il ROI aumenta, per altri diminuisce.

Considerando un mercato perfe0o in condizioni di equilibrio, in cui i margini di profi0o


puro sono nulli*, per le imprese in sviluppo l’eccedenza di copertura finanziaria ECOF
corrisponde al tasso di crescita regolare g. ECOF = g
* (perché appena si registra la possibilità di un profiNo il mercato si rimeNe in equilibrio)

Nella realtà ciò non avviene, e a causa dei vantaggi compeDDvi realizzabili nei mercaD
reali, le aziende possono conseguire un ROIC (return on invested capital) maggiore del
costo del capitale.

Ciò presuppone però che a parità di capitale invesDto, cresca la reddiDvità del capitale stesso
(sennò si verificherebbe una situazione di ROI costante).

Per incidere sull’incremento della reddiDvità, ed aumentare quindi il ROI, è necessario


aumentare l’EBIT. Ma per aumentare l’EBIT è necessario aumentare la parte delle vendite.
(vedi SOI)

Come fa ad aumentare la reddi9vità del capitale inves9to ROIC? Parlando di ROI (EBIT/CIN)
e ROIC (NOPAT/CIN) ciò è possibile aumentando la parte del numeratore. Questo significa
andare ad incidere sulle vendite.

Capitolo 8: Analisi del rischio (+ riferimenti cap. 18, e cap. 15.5)


I flussi di cassa rappresentaD nei piani finanziari scontano sempre l’incertezza della dinamica
evoluDva aziendale, a cui si lega la rischiosità aziendale. Ne deriva l’esigenza di considerare
aNentamente il profilo qualita/vo dei flussi a0esi, ossia il loro grado di variabilità.

Analisi del rischio

Gli organi decisionali, che devo confrontarsi con condizioni di incertezza e rischiosità
aziendale, devono tener conto della natura dei risulta/ a0esi, quali variabili aleatorie
rappresentate nei piani tramite valori medi.

94
CHI: InteressaD ad
- invesDtori Nei processi decisionali individuare:
(proprietari e ANenzionano il rischio di finanziamento e - fon5 e faGori di
creditori), - da prospe;ve gesDone aziendale rischio
- imprenditori e diverse considerano l’impaGo - modalità di
manager - per mo5vi diversi che gli evenD futuri manifestazione
generano sulla - evoluzione nel
performance tempo
economico-aziendale - quan5ficazione
dell’impresa. degli effeP

Quando possibile, la quanDficazione degli effeP è valutata in termini di:

incidenza sul valore dell’impresa, dai proprietari (ricordando sempre che il rischio può
avere accezione sia negaDva che posiDva);

modifiche nel merito credi9zio e nella solvibilità di impresa, dai creditori (per verificare
se riusciranno a tornare in possesso almeno della quota di capitale che avevano prestato);

realizzazione dei piani strategici e dei programmi opera9vi, da imprenditori e manager


(perché accrescere il valore d’impresa è la loro finalità, e perché spesso nelle grandi
aziende al raggiungimento degli obiePvi sono associaD di bonus).

Definizione: Il rischio è inteso come la possibilità di accadimento di evenD che possano


impaNare il perseguimento della strategia compeDDva e il conseguimento degli obiePvi
aziendali.

Al fine di una gesDone efficace sul piano strategico ed operaDvo è necessaria


l’individuazione e la comprensione dei faNori che generano il rischio.

L’azienda è soggeNa a rischi sia endogeni, la cui individuazione è più facile, originando
dall’interno, che esogeni, i quali possono presentarsi in modo improvviso (esempio: Covid,
inflazione, guerre, aumento dei cosD delle materie prime) o potrebbero non esserci in
azienda figure professionali in grado di idenDficarli prevenDvamente.

L’insieme delle aPvità volte alla gesDone dei rischi d’impresa prende il nome di risk
management, i cui approcci mirano a processi di ges5one del rischio trasversali alla
struGura aziendali, dunque una gesDone del rischio che coinvolge diverse aree aziendali.

Il governo dei rischi richiede coerenD asseP di governance dell’impresa; quanto più la
struNura aziendale è grande e complessa, e presente in diversi mercaD, e più è esposta a
rischi.

Una volta individuaD i rischi, il risk manager può scegliere diversi percorsi per gesDrli.
Se i rischi generaD da un’aPvità/progeNo superano la soglia massima fissata dal
management, si può scegliere di non realizzare l’aPvità in quesDone, cd. risk avoidance.

95
In tal caso il costo della copertura del rischio sarebbe maggiore di quello generato
dall’aPvità. Quando i rischi sono al di soNo della soglia massima di sopportazione, i percorsi
per il traNamento del rischio sono:

1. diversificazione, affinché il rischio complessivo diminuisca;

2. assunzione, cercando di minimizzarne l’impaNo;

3. trasferimento, tramite contraP quali le assicurazioni o i derivaD.

Risk governance. Un governo del rischio efficace richiede:

che nell’azienda si diffonda la cultura del rischio, cosicché le informazioni relaDve al


rischio circolino, di modo che qualora si presenD in una determinata area venga
tempesDvamente riconosciuto e comunicato.

ruolo aPvo dell’OdG nel definire un sistema di obieJvi rela9vi ai rischi, (risk appe/te
framework).

una struNura di controlli arDcolata su più livelli (es: Swiss Cheese model)

un’approccio integrato alla ges9one dei rischi, che non si limita all’individuazione e
trasferimento, ma anche ad azioni di mi/gazione e diminuzione delle probabilità di
accadimento.

che siano idenDficaD dei processi: assessment, valutaDon, treatment, monitoring e


reporDng.

Esempio:modello di individuazione e
ges/one dei rischi “Swiss Cheese
Model”(James Reason)

Qualsiasi sistema ha insisDto in se dei rischi.


Ogni sistema pone prima l’aNenzione
all’individuazione dei rischi, che nel modello
sono assimilaD a dei maNoncini.

Una volta idenDficaD e quanDficaD sarà il sistema stesso a porre in essere delle griglie di
controllo di modo da interceNarli immediatamente al loro manifestarsi.

Frappone tra la realizzazione del rischio e la manifestazione di questo una griglia di controllo
(nel modello, una feNa di formaggio con i buchi).

96
Se tale rischio, nel corso della sua manifestazione incontra la parte di formaggio non bucata,
ossia l’aPvità di controllo dell’azienda, questa pone subito in essere delle azioni di
miDgazione.

Se invece aNraversa il buco nella feNa, prosegue la manifestazione. A questa griglia si


aggiunge una seconda feNa, cosicchè tuP i rischi che abbiano oltrepassato la prima trovino
un altro controllo voto a fermarli.

Classificazione dei rischi.

I rischi aziendali sono classificaD sulla base di quaNro criteri:

1. Modalità di manifestazione

• rischi puri: generaD da evenD naturali (incendi, terremoD ..) capaci di produrre sono effeP
negaDvi per l’impresa e l’imprenditore.

• rischi specula/vi: legaD a faNori di incertezza che possono influenzare la variabilità dei
risultaD aNesi, con la possibilità di produrre sia effeP negaD che posiDvi.

2. soggeJ che ne sopportano le conseguenze

• proprietari: equity risk, considera tuP i faNori che possano incidere posiDvamente o
negaDvamente sulla remunerazione del capitale proprio.

• finanziatori: debt risk, legato al merito crediDzio dell’azienda, considera tuP i faNori che
possano pregiudicare la solvibilità dell’azienda, e quindi la remunerazione e i rimborsi del
capitale di presDto.

3. legame con le aree della ges5one aziendale

• rischio opera/vo: effeP che la condizione di incertezza genera sui risultaD operaDvi
prodoP dall’aPvità caraNerisDca dell’impresa. Grava su tuP i finanziatori (creditori e
azionisD). Questo rischio è influenzato dai mercaD di sbocco, ma anche dai mercaD di
approvvigionamento.

• rischio di stru0ura finanziaria: relaDvo alle modalità di finanziamento, in parDcolare al


rapporto di indebitamento, ossia la proporzione tra capitale proprio e capitale di presDto.
Il rapporto d’indebitamento si considera infaP come mol/plicatore del rischio operaDvo,
poiché la presenza di debito e i relaDvi oneri finanziari genera aleatorietà dei risultaD neP,
e quindi un rischio per la proprietà.

Per questo moDvo la leva complessiva è calcolata come lo • lf e non come somma.

97
4. faGori scatenan5

• rischio opera/vo di controllo: errori, omissioni, valutazioni errate, sistemi informaDvi


inadeguaD.

• rischio di business: legaD invesDmenD aziendali.

• rischi finanziari di prezzo: legaD alla variabilità dei prezzi, tassi di interesse, tassi di cambio
o commodiDes (un bene per cui c'è domanda ma che è offerto senza differenze qualitaDve
sul mercato ed è fungibile, cioè il prodoNo è lo stesso indipendentemente da chi lo
produce, come per esempio il petrolio o i metalli)

• rischi di credito: legato alla solvibilità delle controparD commerciali dell’impresa.

Il rischio di business dipende da specifiche dinamiche che interessano seNori e mercaD


mercaD in cui l’impresa investe. Gli effeP della rischiosità del business possono variare in
base a come vengono combinaD i faNori della produzione, e in parDcolare in relazione alla
struNura dei cosD dell’impresa (mix di cosD fissi e variabili).

In quest’oPca il rischio di business andrebbe a rappresentare una sintesi delle altre Dpologie
di rischio, e tenderebbe a coincidere con l’operaDng risk.

(cap 18) Alle sopra elencate dinamiche di rischio strategico vanno ad aggiungersi delle
dinamiche che riguardano l’azienda e il suo bilancio:

Rischi finanziari

Rischio di liquidità Impossibilità di chiudere una posizione


debitoria secondo le scadenze programmate,
dovuta all’impossibilità di liquidare posizioni
aPve in Dtoli finanziari.

Rischio di credito Probabilità di insolvenza delle controparte, da


cui può derivare la riduzione del valore corrente
di una posizione creditoria (asset aziendale)

Rischio di mercato o di prezzo Causato da variazioni dei prezzi inaGese, può


causare effeJ dannosi sull’integrità del
capitale aziendale e sull’economicità della
gesDone.

Si suddivide in soNocategorie il base allo


specifico mercato inca cui si origina il rischio.

98
Rischio di mercato (sottocategorie)

Rischio di prezzo dei Dtoli Generato dalla vola9lità dei prezzi dei 9toli
azionari/obbligazionari detenuD dall’impresa e
negoziaD nei mercaD regolamentaD

Rischio di interesse Variazione dei tassi di interesse negoziaD in


operazioni Dpiche del mercato monetario

Rischio di cambio Legato alle variazioni dei tassi di cambio


negoziaD nelle operazioni concluse nel mercato
valutario.

Rischio di prezzo delle commodiDes Determinato dall’oscillazione dei prezzi delle


materie prime, ecc

Per definire il Financial Risk Management occorre considerare i momenD principali quali:

Analisi e individuazione dei rischi finanziari a cui l’impresa è esposta;

Misurazione dei rischi (valutando l’impaNo su aPvità e passività) e determinazione delle


soglie di acceBabilità (che serve a decidere se assumere, miDgare o trasferire il rischio;

Impostazione di strategie di copertura per contenere l’esposizione entro i limiD di tolleranza;

Monitoraggio e reports (affinché possano essere condivisi nell’azienda);

Contabilizzazione e rappresentazione in bilancio degli effeJ, e degli strumen9 uDlizzaD per


la copertura (per capire come traNare i derivaD in caso vi siano).

Leve di Risk Management.

La leva principale del risk management è il capitale allocato che rappresenta il presidio con
cui l’impresa fronteggia le massime perdite potenziali che si verificano nel corso della
gesDone.

Altre leve sono gli intervenD che il management può effeNuare sulla gesDone aziendale:

revisione delle poliDche di approvvigionamento (diversi mercaD, fornitori, valute)

ridefinizone delle poliDche commerciali e dei connessi aspeP contraNuali

revisione delle poliDche di markeDng (posizionamento compeDDvo, differenziazione


prodoP…)

99
revisione delle poliDche di produzione (make or buy, economie di scala, localizzazione
impianD).

Ad esempio, considerando la valutazione che il rischio si possa manifestare si può


decidere di esternalizzare delle fasi della produzione, oppure internalizzarne altre. Questo
però a paNo che il rischio sia già stato individuato, di modo da intervenire prima che
questo si concreDzzi.

Tra gli intervenD di gesDone finanziaria si citano le tecniche di natural hedging:

- ritardare o accelerare gli incassi o i pagamenD per sincronizzarli;


- compensazione di poste aPve e passive omogenee per importo, scadenza, valuta di
riferimento, che però devono essere autorizzate dalla controparte;

- compensazione delle esposizioni, basata sulla correlazione posiDva o negaDva degli


andamenD di diverse valute.

Le strategie di trasferimento mirano alla riduzione dell’esposizione ai rischi tramite


strumenD di copertura che possono essere assicuraDvi o finanziari. QuesD richiedono il
ricorso ad operatori specializzaD (assicurazioni, banche, società finanziarie), e ai mercaD
finanziari in cui sono negoziaD.

DerivaD. Nello specifico, i deriva5 sono contraP finanziari il cui valore dipende dalle
dinamiche del prezzo di un aPvo rischioso denominato so0ostante. Il contraNo prevede lo
scambio tra le parD di un ammontare di risorse/Dtoli finanziari a scadenze paNuite, sulla
base del prezzo segnato dal so0ostante. [L’impresa va a creare delle posizioni simmetriche
rispePvamente al rischio che ha idenDficato.?]

Le imprese li uDlizzano per:

neutralizzare gli effeJ delle variazioni dei cambi, dei tassi di interesse o dei prezzi
(sopraNuNo le imprese non finanziarie);

arbitraggio, traendo profiNo dalla differenza che uno stesso asset soNostante ha in
mercaD differenD;

speculazione, sfruNando le differenD aspeNaDve del mercato rispeNo alla possibile


evoluzione dei prezzi del soNostante.

Le principali categorie sono: futures, forward, call e put opDon, swap.

Quanto deNo va posto in correlazione alle analisi di scenario. Questo argomento collega
l’analisi del rischio con la pianificazione.

100
Tra i più comuni metodi di analisi del profilo di rischio di un’impresa vi sono l’analisi di
scenario, sensivity analysis e break even analysis. Le prime due seguono la logica del what if
(cosa accadrebbe se), permeNendo di valutare il comportamento dei risultaD aNesi al variare
di determinate assumpDons a base delle previsioni.

Mentre nell’analisi di scenario si definiscono più contesD alternaDvi aNribuendo a ciascuno


una probabilità di accadimento, nella sensivity analisi si sDmano diversi risultaD aNesi
rispeNo a quelli associaD ad un base case che si avrebbero variando uno specifico parametro
previsionale.

Analisi di scenario.

Si è già deNo che il rischio è legato alla aleatoria nell’accadimento di un evento. Quando si
presenta dunque almeno una doppia opzione, “potrebbe accadere questo o quest’altro”.
In termini di pianificazione, quando sono presenD più opzioni conviene fare delle analisi di
scenario.

L’analisi di scenario è una delle tecniche esistenD per descrivere la possibile evoluzione di un
fenomeno tecnico finanziario in funzione delle condizioni di contesto che potrebbero
verificarsi.

L’insieme delle condizioni in cui il fenomeno si può svolgere è deNo scenario, che
corrisponde alla combinazione di variabili-guida in grado di influenzare, direNamente o
indireNamente, il fenomeno stesso.

La costruzione di scenari consente di verificare come le manifestazioni aNese del fenomeno


possono variare al variare dello scenario di riferimento.

Talvolta tali analisi sono talmente complesse da dover procedere con la modalità ad albero.
Da un’opzione se ne aprono altre, conducendo dunque ad una struNura ramificata.

L’uDlizzo di questa tecnica prevede che gli scenari:

corrispondano ad evoluzioni possibili del contesto che possono interessare


effe;vamente il fenomeno indagato;

siano definiD da un numero di variabili congruo (dunque minimo, poiché ogni variabile
aggiunta aggiunge di faNo rischio) rispeNo al numero degli output (aspeP del fenomeno
indagato) prodoNo dalla simulazione;

siano costruiD considerando variabili indipenden5, che rappresenDno in modo


sufficientemente deNagliato le situazioni che potranno verificarsi;

siano associaD a probabilità di accadimento.

101
In campo imprenditoriale, tale analisi aiuta a determinare il grado di variabilità (sia spaziale
che temporale) dei risultaD e dei rendimenD aNesi da specifiche strategie e poliDche
aziendali.

PermeNe di definire il grado di rischio (dispersione dei risultaD aziendali), valutando


l’impaNo di:

even9 esterni non governabili o modificabili dall’impresa. In tal caso occorre analizzare il
possibile effeNo sui risultaD aziendali in termini di ampiezza, velocità e reversibilità
dell’impaNo.

faBori interni all’impresa, relaDva alla sua struNura e funzionamento, che determinano la
capacità di risposta ai cambiamenD (flessibilità strategica, organizzaDva, operaDva e
finanziaria). In tal caso l’azienda deve perseguire delle ipotesi di azione alternaDve.

Di faP, imprenditori e manager devono considerare l’analisi di scenario come un momento


di riflessione per valutare gli evenD in grado di interferire con il piano di sviluppo
dell’impresa, e considerare delle strategie poliDche e aziendali “ di riserva”.

Il procedimento di analisi per scenari, e simulazione dei comportamenD aziendali in diversi


contesD prevede i seguenD passaggi logici:

1. Definizioni di diversi scenari nei contesD di riferimento, in cui l’azienda potrà svolgere la
propria aPvità, e costruiD sulla base di ipotesi relaDve a possibili condizioni dei mercaD
reali (di sbocco o approvvigionamento), dei mercaD finanziari e dei seNori di aPvità.

2. ABribuzione di una specifica probabilità a ciascun scenario/contesto, tendendo conto la


somma delle probabilità associate a un scenario sia 100%.

3. Individuazione delle strategie e delle poli5che aziendali idonee per ciascun contesto

4. S9ma dei risulta9 economico - finanziari per ciascun contesto;

5. Misura della rischiosità tramite l’uDlizzo di indici staDsDci di dispersione* dei risultaD
aNesi.

*intesa come lo scostamento dal rendimento che si manifesta rispeNo al rendimento medio. Dà la misura
dell’ampiezza della “campana” della gaussiana, in cui il punto massimo indica il valore medio.
Se la distribuzione è dispersa i rendimenD saranno estremamente incerD, poiché non vi è nemmeno un’analisi
storica su cui basarsi. Caso contrario, se la dispersione si concentra in un range contenuto di punD percentuali i
rendimenD saranno meno incerD. VAR e DS sono le misure più comuni di dispersione.

L’analisi di scenario consente così di determinare i risultaD medi aNesi (Speranza matemaDca
SM), ma anche il grado di rischiosità che li caraNerizza (varianza VAR, deviazione standard
SD, variabilità v).

102
Indicando con:
- Fs il flusso di risultato che imprenditore/ - TIRs tasso interno di rendimento che
manager sDmano che l’impresa/singolo caraNerizza l’impresa/singolo progeNo;
progeNo possa produrre in ciascun
- VAs aNribuibile all’impresa/singolo
scenario;
progeNo in ciascuno scenario,
- ROICs rendimento che imprenditore/ considerando l’intera vita uDle
manager sDmano che l’impresa/singolo economica;
progeNo possa produrre in ciascun
- ps probabilità di accadimento di ciascun
scenario, in una frazione del periodo di
scenario.
pianificazione;

Si possono misurare i ritorni medi aNesi e il loro grado di variabilità, il VA medio aNeso e il
suo livello di variabilità.

Responsabilità del manager finanziario. (livello strategico)

Il manager finanziario dovrà verificare il grado di congruità/coerenza dei piani rispeNo alle
preferenze che il mercato finanziario nutre in termini di appeDbilità delle offerte di
invesDmento (in termini di rischio-rendimento).

Il mercato valuterà le poliDche di finanziamento che l’impresa intende adoNare, in relazione


all’uso struNurale dell risorse. Tali quesDoni condizionano la solvibilità prospePca, e di
conseguenza anche le pretese di rischio e rendimento.

103
Dalle valutazioni prevenDve che il management deve effeNuare può risultare necessaria la
revisione degli orientamenD strategici e del modello di business.

Il piano finanziario cui si perviene assume importanza al fine di sDmare il valore del capitale.
CosDtuirà il documento idoneo a fornire un quadro prospePco uDle agli invesDtori per
effeNuare le valutazioni in merito alla partecipazione o il coinvolgimento nell’iniziaDva.
Poiché il valore dell’azienda si calcola andando ad aNualizzare i flussi di cassa prospePci
futuri, e da qui l’importanza di un’aNento piano strategico.

Essendo i rischi analizzaD sia dal punto di vista strategico che operaDvo, nelle aziende più
struNurate è importante che a livello operaDvo sia prevista la figura del risk manager, una
persona che analizza ed individua i rischi e il loro impaNo.
[Collegamento pag. 443 (organigrammi cap. 15) - Collegamento col capitolo 15 sulla Finanza
operaDva, poiché i rischi vengono valutaD sia a livello strategico (per definire il piano) che a livello
operaDvo (per definire la programmazione).

Capitolo 15: Finanza operativa e funzione finanziaria.

Le poliDche aziendali sono poliDche di invesDmento, di finanziamento e di dividendo. Per


sapere esaNamente se è possibile invesDre, elargire dividendi, o è necessario finanziarsi
occorre una funzione tesoreria ben struNurata. È difaP la tesoreria a monitorare la liquidità
presente in cassa aNuale o futura.

Occorre porre aNenzione ai seguenD aspeP:

merca9 sempre più globalizza9: la funzione di tesoreria dovrà analizzare i rischi in un


contesto che si sviluppa su scala più ampia; nel mercato globalizzato gli scambi a livello
globale possono impaNare, anche se non direNamente, sulle accezioni del rischio della
nostra azienda.

accesso del credito ristreBo: i finanziatori fanno analisi di merito crediDzio sulle aziende e
concedono finanziamenD solo al verificarsi di determinaD parametri.

crisi: se l’azienda inizia ad affrontare una fase di disequilibrio economico-finanziario inizia


ad avere difficoltà operaDve e conseguentemente avrà anche un accesso al credito meno
immediato o a cosD maggiori. Il monitoraggio di quei paramenD che garanDscono
l’accesso al credito è importante anche in relazione allo scongiuramento di eventuali
situazioni di crisi, conclamate o solo sDmate. Quando le banche noteranno i primi sintomi
di crisi contrarranno la possibilità di accesso al credito.

eventuale cash pooling: È la cd. tesoreria centralizzata. La possiedono i grossi gruppi


aziendali. Ogni azienda ha le proprie banche e i propri rapporD crediDzi ma, a fine
giornata, tuNo quello che sta sui conD corrente delle singole aziende viene riDrato dalla

104
holding, che il giorno dopo resDtuisce le somme che servono all’azienda per l’operaDvità
di quel giorno. In questo modo, se un’azienda ha difficoltà di pagamento per il giorno
successivo riesce ad oNenere la liquidità necessaria senza doversi rivolgere al sistema
crediDzio. In questo modo riescono così a ridurre il tasso di interesse. Riescono ad avere
una gesDone di tesoreria con minori cosD per il gruppo di società. Ovviamente per fare
tuNo ciò la programmazione deve essere impeccabile, devono essere sDmate con
precisione tuNe le movimentazioni del giorno seguente (a livello di incassi e pagamenD).

vola9lità dei merca9 finanziari: circolazione delle informazioni; ogni singola informazione
sui mercaD finanziari, in condizioni di mercaD globalizzaD e situazioni di crisi che vengono
costantemente monitorate, può portare a variazioni nel valore velocissime e del tuNo
incontrollate delle mie azioni.

Finanza Strategico e OperaDva.

Mentre la Finanza Strategica supporta il processo decisionale configurando possibili contesD


contesD alternaDvi ad un dato indirizzo strategico, e nuovi possibili ambiD di collocazione del
capitale che risulDno convenienD;

la Finanza OperaDva si preoccupa di organizzare e indirizzare la ges5one finanziaria in


modo tale da realizzare, coerentemente con quanto indicato nei piani, le condizioni di
correntezza finanziaria e solvibilità su cui si basa il processo di creazione del valore.

In tale oPca, alla Finanza Aziendale aPene anche il compito di formulare previsioni
finanziarie aNendibili, analizzare e coprire i rischi finanziari, presidiare le dinamiche
monetarie di brevissimo termine, e gesDre la comunicazione finanziaria sia verso l’interno
che l’esterno.

Responsabilità del manager finanziario. (livello operaDvo) Il management finanziario può


essere considerato l’insieme delle scelte inerenD il reperimento, l’allocazione, la
remunerazione e la resDtuzione del capitale aziendale.

105
Tali scelte si concreDzzano in:

A;vità di programmazione e A;vità di ges5one direGa A;vità condivise (approccio


comunicazione finanziaria dialePco con altri responsabili)

Analisi e valutazione degli Ges9one della tesoreria; Ges9one del circolante


inves9men9 opera9vi; crediD v/clienD,
Scelta delle forme tecniche debiD v/fornitori
Definizione dei budget di finanziamento (cap. 19); e magazzino;
finanziari; - il magazzino è gesDto anche
Selezione degli inves9men9 dal responsabile della
*Definizione delle strategie finanziari (in caso l’azienda produzione (quante materie
di comunicazione finanziaria abbia liquidità, riguarda la prime acquistare, stoccare
(come comunicare selezione dei Dtoli su cui ecc)
all’esterno le proprie invesDre; - la parte debiD v/fornitori
condizioni future); riguarda gli acquisD.
Analisi, ges9one e
Redazione del financial monitoraggio dei rischi Ges9one dei fondi
repor9ng (solo per le finanziari futuri. quiescenza (TFR): si dovrà
aziende più grandi, le più interfacciare col responsabile
piccole si fermano al del personale
budget).

Mentre il piano viaggia su un orizzonte temporale di 3-5 anni, la programmazione si rivolge


ad un orizzonte massimo annuale fino ad arrivare (per le aziende più struNurate che
eventualmente operano il cash pooling) alla determinazione giornaliera dei flussi di cassa. Si
parte dal budget con una mensilizzazione.

*La definizione delle strategie di comunicazione


finanziaria avviene fino nelle aziende di medio/
grandi dimensioni, poiché in quelle di maggiori
dimensioni, quotate nei mercaD regolamentaD
la comunicazione esterna è affidata ad una
figura professionale dedicata, l’investor relator.
(la moDvazione dimensionale è legata al costo
molto elevato)

Questo cura la parte informaDva dall’azienda


verso i mercaD e viceversa. Informa il mercato
circa le scelte, le strategie e i movimenD.
Mostra le potenzialità di creazione di valore.

Agevola lo scambio di informazioni con gli


analisD.

106
Grazie alla fiducia creata facilita le emissioni azionarie e obbligazionarie, e le liquidità dei
Dtoli emessi.

Può essere un dipendente aziendale o un consulente esterno.

Per potersi occupare delle aPvità sopra elencate, il manager finanziario dovrà porre
aNenzione ad una serie di aspeP quali:

Monitorare l’equilibrio finanziario Individuare e analizzare faBori/fon9 Produrre l’informa9va per gli organi
aziendale e gli scostamen9: di rischio, per valutare e ges9re gli di governance (CdA e collegio
redigerà un budget, e nei mesi impaJ sugli equilibri ges9onali: sindacale) per l’andamento della
analizzerà l’aNendibilità di quanto se non li individuasse non li potrebbe ges9one e l’obieJvo di creazione di
sDmato e le eventuali cause di gesDre. valore: i due driver principali tasso di
scostamento. aNualizzaz. e ammontare dei flussi

Selezionare e aJvare fon9 di Comunicazione esterna in relazione


finanziamento per la solidità alle potenzialità di creazione del
patrimoniale: facendo aNenzione responsabilità finanziarie valore di impresa:
che aPvità a breve siano finanziate proprie:
con passività a breve, e aPvità fisse ruolo dominante della FA
finanziate con passività a LT.
responsabilità finanziarie
Ges9re i rappor9 col sistema allargate: Previsione dei fabb. finanziari e dei
finanziario e bancario: la FA non è prevalente, ma da un ritorni genera9 dalle strategie
per capire dove, in che cosD, e in importante contributo aziendali :
quale misura reperire liquidità nel
momento in cui sia necessario.

*Ricercare e analizzare le Partecipare e supervisore l’aJvità Analisi, valutazione e selezione dei


opportunità d’impiego temporaneo di pianificazione e programmazione: progeJ di inves9mento:
delle risorse liquide ecceden9 la la partecipazione vi è sempre, la invesDmenD a LT, valutandone la
ges9one possibilità di supervisione dipende sostenibilità finanziaria e la
dall’importanza aNribuita alla convenienza economica
funzione finanza (vedi i diversi
organigramma)

*Grande problema specialmente per le aziende che operano su commessa. Queste vivono
Dpicamente un primo periodo di costante tensione finanziaria, poiché iniziano a costruire l’opera
commissionata dopo aver ricevuto l’acconto dal cliente, oNenendo il saldo solo dopo un certo
periodo dal completamento dell’opera, dopo il collaudo. Nel caso tale pagamento debba arrivare
dalla PA i tempi potrebbero essere ancora più dilataD.

Al contempo devono però pagare i loro fornitori. Dunque devono comprendere prima come
finanziarsi durante il lavoro, e in caso non abbiano poi un’altra commessa, dopo come impiegare la
liquidità disponibile. Tale ricerche aNengono normalmente alla tesoreria.

107
OltretuNo avere liquidità ferma sul conto rappresenta un costo; considerando l’aNuale inflazione è
come se nel tempo perdesse in termini di potere di acquisto Quindi dovranno trovare impieghi a
breve di quella liquidità per riaverla disponibili quando dovranno coprire i cosD del prossimo lavoro,
senza perdere potere di acquisto.

APvità operaDve della Finanza. Il responsabile finanziario indirizza, organizza e coordina le


aPvità che danno contributo alla gesDone finanziaria quali:

Analisi e selezione delle opportunità di inves9mento, sia di lungo termine che di breve
termine, sia in termini di sostenibilità finanziaria che di convenienza economica. Di breve
sia per minimizzare il costo della disponibilità liquida sul cc e per fare in modo che vi sia
liquidità quando serve.

Mantenimento della copertura oJmale dei fabbisogni finanziari.

Individuazione ed analisi dei faBori di rischio per valutarne e ges9rne gli impaJ sugli
equilibri ges9onali. Senza individuazione ed analisi, l’azienda potrebbe venirne travolta.
(es: in caso di inflazione)

Comunicazione interna ed esterna delle performance ges9onali dell’impresa.

Macro-aree di gesDone della finanza. Le aPvità operaDve della FA possono essere


inquadrate in 5 macro-aree di aPvità (+ altre 2 rilevanD nelle imprese internazionali):

1. area di controllo dei progeJ aziendali: verificando la convenienza delle opportunità di


invesDmento, al fine dell’oPmizzazione di allocazione di capitale coerentemente al
piano aziendale;

2. area di controllo delle performance finanziarie e di repor9ng: analizzando efficacia ed


efficienza della gesDone finanziaria;

3. area della programmazione finanziaria: definire il budget (i risultaD finanziari aNesi nel
BT), e il rendiconto finanziario prospePco, laddove previsto dall’azienda;

4. area della ges9one della tesoreria: razionalizzazione dei flussi di cassa in entrata e
uscita, sopraNuNo se c’è il cash pooling;

5. area ges9one della struBura finanziaria oJmale: struNurare al meglio la parte del
passivo patrimoniale;

6. area della ges9one dei rischi finanziari;

7. area della comunicazione finanziaria esterna: investor relator

108
Se tuNo ciò viene svolto nel modo giusto, alcuni dei BENEFICI che ne derivano:

Sinergia tra ges9one della liquidità e Poli9ca degli affidamen9 correlata Monitoraggio periodico del merito
le altre funzioni aziendali: es. un con la necessità finanziaria effeJva: credi9zio aziendale: importante
fornitore ci dice che pagando subito non chiedo alla banca affidamenD poiché se si manifesta un imprevisto,
riesce a farci uno sconto, e noi maggiori di quelli che mi servono, così avendo un merito alto posso accedere
abbiamo la liquidità necessaria per non sopporto oneri bancari maggiori. al credito che occorre. (es: si rompe un
farlo. macchinario essenziale alla
produzione dal costo di milioni di
euro)
Riduzione dei cos9: riduzione di gli Migliore impiego delle eventuali *Subordinazione degli inves9men9
interessi passivi, oneri finanziari e disponibilità finanziarie alla loro sostenibilità finanziaria:
cosD-opportunità in termini di perdita importanza della programmazione
di potere di acquisto finanziaria. VAN e TIR driver principali.
Miglioramento del rapporto con il Migliore ges9one del ciclo acquis9, Creazione di specifiche
sistema bancario, rispondendo a sue vendite, pagamen9, magazzino: In professionalità, mo9vazione dei
richieste di informazione modo da riuscire a meNere a sistema dipenden9, miglioramento
tempes9vamente: sopraNuNo nelle le informazioni che arrivano in società. comunicazione in azienda: se si riesce
medio-piccole imprese il rischio è che a struNurare il bene il tuNo vi sarà
vengono daD alle banche dei daD non un’equa riparDzione delle aPvità,
affinaD e non realis5ci. Se invece il svolte sulla base di driver di
CFO svolge bene il suo lavoro riferimento comuni.
consegnerà daD più accuraD e
tempesDvamente.

*Come già visto un modo per valutare gli invesDmenD è tramite il VAN. È importante che vengano
valutaD ogge;vamente. Per considerare il VAN sono staD aNualizzaD i flussi di cassa futuri. Ma se
l’azienda medio-piccola non ha una struNura di programmazione finanziaria non può immaginare
correNamente né l’importo ne né il momento di manifestazione dei flussi finanziari futuri, rischiando
così di sbagliare il calcolo del VAN.

VAN e TIR sono le due principali modalità di valutazione di un invesDmento; sbagliando la sDma di
uno dei due driver l’invesDmento può essere valutato nel modo sbagliato. L’azienda potrebbe così
invesDre in aPvità non profiNevoli e andare in perdita. Da qui l’importanza della programmazione.

Altro aspeNo da considerare è che spesso le possibilità di invesDmento sono tra loro escludenD.
L’azienda ha a disposizione un ammontare limitato di risorse da poter invesDre. SDmare
l’invesDmento migliore comporta un beneficio, viceversa per le sDme errate.

109
Previsione e gesDone finanziaria. La previsione finanziaria si arDcola su tre livelli temporali,
in ragione dei quali si individuano le decisioni da considerare e e i risultaD finanziari da
sDmare.

LIVELLO 1. PIANIFICAZIONE 2. PROGRAMMAZIONE 3. PREVENTIVAZIONE


FINAZIARIA FINAZIARIA FINANIARIA
previsione di m/l termine previsione di breve termine previsione di brevissimo
PERIODO 3 - 5 - 7 anni (7 anni è una 12 mesi 1-4 sePmane
distanza raramente considerata)

FUNZIONE Valutazione della sostenibilità Valutazione della sostenibilità Valutazione della solvibilità
finanziaria e della finanziaria dei programmi aziendale.
convenienza economica dei opera5vi
piani strategici Verifica dell’equilibrio
Verifica dell’equilibrio finanziario di brevissimo
finanziario di breve termine termine.

OBIETTIVI
Determinazione dei Determinazione dei Valutazione dei fabbisogni o
fabbisogni finanziari derivanD fabbisogni finanziari derivanD delle disponibilità liquide
dalle scelte strategiche e dalle dall’aNuazione dei programmi derivanD dall’esecuzione degli
relaDve poliDche di aNuazione annuali di aPvità. incassi e pagamenD.

Valutazione della Individuazione delle forme di Controllo dei movimenD e dei


compa5bilità del fabbisogno copertura, specialmente per il saldi dei conD bancari.
con le capacità di finanziamento del circolante,
finanziamento aziendale e gli ovvero alle modalità di + Analisi scostamen5 dei saldi
equilibri della struNura impiego delle disponibilità bancari previsD da quelli effePvi
finanziaria. liquide.

+ Analisi scostamen5 + Analisi scostamen5

REPORT Piano aziendale Budget fonD-impieghi PrevenDvo di cassa


FINANZIARI RF prospePco
Budget di cassa
DOCUMENTO Piano industriale (che non è Budget Finanziari Report di tesoreria
solo finanziario, ma conDene
anche quello economico e
patrimoniale)

BUDGET FINANZIARI.

I budget finanziari sono prospe; contabili che offrono una rappresentazione ordinata e
sistemaDca dei movimenD finanziari prospeP prodoP dalla gesDone aziendale nell’arco di
12 mesi. Rientrano, insieme ai budget operaDvi e degli invesDmenD, nel sistema aziendale
dei budget.

Il sistema budget si arDcola in tre Dpologie di report: Budget di tesoreria (fonD/impieghi), RF


prospePco mensilizzato e il budget di cassa.

110
Nel BUDGET DI TESORERIA sono rappresentate in sezioni divide e contrapposte fonD e
impieghi:

a sinistra: gli impieghi di risorse previsD per il periodo considerato. Si disDnguono in


impieghi in capitale fisso, incremenD di capitale circolante neNo, rimborso di
finanziamenD e disponibilità liquide finali;

a destra: le fon5 di finanziamento usate per fronteggiare gli impieghi previsD nel periodo
considerato. Si disDnguono in autofinanziamento potenziale, disinvesDmenD in capitale
fisso, riduzioni di capitale circolante neNo, accensione di nuovi finanziamenD e
disponibilità liquide iniziali.

Esso consente di verificare il bilanciamento tra fonD e impieghi, e il modo in cui le risorse
acquisite trovano uDlizzo nella gesDone aziendale. È considerabile come la trasposizione del
CE prospePco e dello SP prospePco in flussi finanziari.

I movimenD rappresentaD esprimono gli effeP dell’intero periodo (semestre o anno),


dunque tale prospeNo ha il limite di non offrire una rappresentazione infra-periodale
(mensilizzata). Tale limite è superato mediante il RF prospePco mensilizzato.

Il RENDICONTO FINANZIARIO PROSPETTICO MENSILIZZATO consente la transizione dalla


dimensione reddituale, sviluppata nel budget economico dalla determinazione delle
componenD posiDve/negaDve di reddito, alla dimensione finanziaria, aNraverso la
determinazione dei movimenD finanziari in entrate/uscita.

Come anche il budget di tesoreria, richiede l’applicazione del metodo indireBo.

Si segue per entrambi il procedimento sinteDco che richiede la redazione dello SP e CE, da
cui è possibile s5mare le capacità di autofinanziamento potenziale, i fabbisogni finanziari
mensili e le variazioni patrimoniali significaDve.

La redazione del RF prospePco mensilizzato, in aggiunta, richiede la definizione di un


budget economico con deGaglio mensile che tenga conto degli effeP di stagionalità, la
conoscenza dei tempi medi di incasso/pagamento delle voci di ricavo/costo per definire la
dinamica intra-annuale del capitale circolante.

Non è affidabile se le previsioni non sono sufficientemente analiDche. Per questo moDvo
le piccole-medio imprese spesso non lo adoperano, fermandosi al budget mensilizzato.

Può fornire indicazioni su eventuali periodi di tensione finanziaria:

frazionando la dinamica finanziaria in mesi può evidenziare se i fabbisogni e le capacità di


autofinanziamento mensili sono compaDbili con gli affidamenD in essere e l’elasDcità
finanziaria dell’azione.

111
Il RF prospePco deve essere rivisto ad ogni variazione del budget economico.

Le aziende comparano i daD consulDvi infra-annuali con le previsioni economico-finanziarie


indicate nei budget. Qualora vi fossero differenze significaDve, si operano accorgimenD
operaDvi e correzioni strategiche, che a loro volta possono comportare una revisione delle
previsioni, e dunque dei budget economici e finanziari, al fine di rendere più affidabili le
previsioni aziendali.

Il BUDGET DI CASSA è un report contabile, il cui grado di analiDcità dipende delle esigenze
informaDve del management. È uno strumento di programmazione di breve termine indicato
per:
prevenire eccedenze di cassa bilanciare nel breve termine deficit e
temporanee surplus di cassa.

predisporre coperture di deficit di cassa


temporanei, in tempo e a condizioni
convenienD.

È costruito con il metodo direNo. Ciascuna componente di ricavo e costo è considerata


relaDvamente al momento in cui produrrà l’effePva entrata/uscita monetaria.

Si compone di due documenD elementari disDnD:

il prospeBo delle entrate monetarie: sono esplicitaD l’ammontare e la cadenza temporale


analiDca dei flussi in entrata in riferimento a tuNo il periodo di budget.

il prospeBo delle uscite monetarie: sono esplicitaD l’enDtà e la cadenza temporale


analiDca dei flussi monterai in uscita durante tuNo il periodo di budget.

Funge da base per impostare azioni correPve volte a ricercare il coreNo equilibro
finanziari nel breve termine.

I flussi sono suddivisi in relazione alla provenienza e al grado di gesDbilità e discrezionalità.

Il CASH FLOW FORECAST deriva dal budget di cassa o il RF, la sua struNura è simile a quesD.
Periodicamente, i daD previsionali contenD dei budget finanziari riferiD ai periodi passaD
vengono sosDtuiD con daD consunDvi. Le eventuali variazioni rispeNo alle previsioni
originarie di chiusura possono indurre il management a rivedere la programmazione dunque
i budget.

112
Esempi sul rischio di tasso e cambio.

I rischi su cui normalmente si focalizza il tesoriere sono il rischio di mercato, di credito, di


liquidità, di tasso e di cambio, ovviamente dando parDcolare aNenzione al rischio di business

Rischio di tasso: rischio che una variazione dei tassi di interesse produca effeP patrimoniali
ed economici. In parDcolare una modifica del valore delle aPvità/passività finanziarie
detenute (effeP patrimoniali) e degli oneri e provenD finanziari (effeP economici)

Cash flow: l’incremento dei tassi d’interesse produce un effeNo direNo incrementando gli
oneri finanziari da corrispondere alla controparte bancaria (es: sui mutui).

Fair value: la fluNuazione dei tassi di interesse provoca un effeNo su aPvità/passività


finanziarie a tasso fisso valutate al fair value; le variazioni sono registrate a CE.

Rischio di cambio: rischio che le parità valutarie si modifichino nel periodo intercorrente due
diverse valutazioni di aPvità o passività aziendali, generando un effeNo in termini di
variazione dei cambi di riferimento.

Economic risk: influenza che le oscillazioni valutarie possono produrre sulle decisioni
strategiche di m/l periodo, e sulla posizione compeDDva dell’azienda sui mercaD di
riferimento.

Pre-transacDon /transacDon risk: variazione del flusso di cassa del regolamento di una
transazione estera dovuta a una variazione sfavorevole del tasso di cambio. Generalmente
aumenta con l'aumentare della durata del contraNo.

TranslaDon risk: rischio di cambio associato alle società che traNano valute estere e
quotano aPvità estere nei loro bilanci. Le società che possiedono beni in paesi esteri,
come impianD e macchinari, devono converDre il valore di tali beni dalla valuta estera alla
valuta del paese di origine a fini contabili.

Soluzioni organizzaDve per la funzione finanza.

Alla svolgimento della funzione finanza, si lega la quesDone di definire gli asseP
organizzaDvi più efficienD per lo svolgimento dei processi decisori aPnenD le problemaDche
di gesDone.

L’area responsabile delle decisioni e le scelte gesDonali di caraNere finanziario si configurerà


diversamente a seconda delle scelte del soggeNo economico in merito a: quanta autonomia
decisionale delegare e decentrare; quanto specializzare le a;vità di ges5one finanziaria,
definendo parDcolari ruoli organizzaDvi.

La configurazione della funzione finanza dipende da specifici faNori:

113
1. la dimensione aziendale: nelle aziende di piccole dimensioni è possibile che la funzione
finanza sia svolta dall’imprenditore stesso, o che le responsabilità finanziarie siano
incluse in altre funzioni. Nelle grandi aziende invece esiste una specifica unit organizzava
con a capo un propri o responsabile (CFO).

2. la complessità aziendale: il livello di struNurazione organizzaDva, per la finanza come


per le altre aree, è streNamente connesso al grado di specializzazione richiesto dalla
complessità della gesDone aziendale.

3. il rilievo aNribuito alle problemaDche aziendali, è influenzato dunque dal livello di


cultura finanziaria dell’imprenditore o del management.

StruBura senza formalizzazione della


funzione finanza.
Nelle imprese minori, con un basso
livello di complessità/criDca, le soluzioni
adoNate sono l’accentramento delle
decisioni finanziarie nei proprietari-
imprenditori,
o la creazione dell’ambito della Direzione
Amministrazione di un responsabile a cui
sono delegaD compiD di finanza
operaDva per il controllo di tesoreria, la
gesDone die rapporD con il sistema
bancario, e talvolta la programmazione
finanziaria.

StruBura con funzione finanza in posizione di staff.


La complessità gesDonale e la criDcità delle risorse
finanziarie porta a progeNare un’organo dedicato, la
funzione finanza. La rilevanza delle problemaDche
finanziaria incide sulla collocazione della suddeNa
unità. Se assume il ruolo di staff, le funzioni di cui è
responsabile la finanza sono di supporto alle
decisioni di maggior impaNo la sopravvivenza/
sviluppo dell’impresa. (modello migliore per la
stesura dei piani)

114
StruBura con funzione finanza in
posizione di line.
Nelle aziende più struNurate e con maggiori
prospePve di crescita, spesso l’area finanza
si configura come organo di line, inserito
nei livelli operaDvi della struNura
gerarchica.
Nell’organigramma in quesDone la funzione
finanza gode di un’autonoma direzione
finanziaria, rispondendo direNamente alla
direzione generale. Il responsabile
finanziario è così considerato ai livelli più
alD della gerarchia manageriale, vista la sua
vicinanza al DireNore generale o al CEO.
(anche se è in itale è un modello inusuale, generalmente la direzione finanziaria e la
contabilità generale non vengono separate)

StruBura organizza9va con funzione finanziaria complessa. (Tipica delle aziende non
ancora di grandi dimensioni, che aspirano a crescere)Le decisioni finanziarie sono
aNribuite all’area amministrazione-finanza-controllo, la quale risponde ad un accezione
più ampia delle problemaDche finanziarie. Sebbene l’area amministrazioni non qualifichi a
pieno il ruolo del financial management, tale governo integrato delle operazioni consente
al CEO di esercitare a pieno i compiD e raggiungere gli obiePvi della finanza operaDva.

Il complesso di aPvità
dell’area
“amministrazione” viene
ricondoNo alla funzione
finanza anche perché in
tal modo consente al
corporate governance di
operare in modo
efficace.

L’area controllo si occupa


del controllo di gesDone,
della contabilità analiDca.
A questa, specialmente
nelle aziende americane,
si aggiunge l’area
dell’internal audi/ng*.

115
*L’Internal Audit è un’aPvità che rientra nell’ambito della corporate governance, che si occupa del
monitoraggio del sistema di controllo interno. È un’aPvità finalizzata al miglioramento dell’efficacia e
dell’efficienza dell’organizzazione, e di verifica della correNa esecuzione delle procedure .

Assiste l’organizzazione nel perseguimento dei propri obiePvi e genera valore aggiunto in quanto
finalizzato a valutare e migliorare i processi di controllo, di gesDone dei rischi e di corporate
governance.

Capitolo 17: Cash Management

Alla tesoreria speNa la gesDone delle fonD e degli impieghi di risorse finanziarie in un arco
temporale tra il breve (12 mesi) e il brevissimo (poche sePmane). Nella Direzione
Finanziaria, il responsabile deNa tesoreria presidia il regolare svolgimento dei cicli monetari
aPvi e passivi fino alla formazione dei flussi di cassa.

Egli è tenuto ad armonizzare fabbisogni e coperture nell’arco temporale del periodo


amministraDvo, giungendo a piani che contemplino le esigenze dei responsabili delle
funzioni tecnico-economiche, e del responsabile dei rapporD con i finanziatori, con equilibri
sostenibili per il mercato.

Il ciclo di vita aziendale crea debiD, crediD e magazzino, che contraddisDnguono il


movimento del circolante. È importante tenere a mente che si compone di diversi momenD.

GesDone della tesoreria. Tra le finalità vi sono:

La ges9one dei rischi correla9 alla tesoreria (principalmente il rischio di tasso e cambio
che hanno un impaNo importante) e il monitoraggio.

La minimizzazione dei cos9 delle disponibilità e massimizzazione dei rendimen9. La


liquidità ferma (nei conD correnD o in cassa) e non impiegata comporta un costo per
l’azienda. È denaro da cui l’azienda non sta oNenendo un rendimento, questo comporta
un costo-opportunità.

Il controllo sui flussi di cassa: già analizzato relaDvamente al piano e ai report giornalieri
(cash pooling). il monitoraggio avviene anche a livello centrale (es: cash pooling)

TuNo ciò serve a:

aggiornamento tempes9vo della contabilità (grazie al monitoraggio giornaliero dei conD


corrente aziendali, posso sapere in tempo reale chi mi ha pagato, e posso andare
immediatamente a chiudere i credi5. SopraNuNo nelle aziende maggiori, con un gran

116
numero di clienD, non è un’operazione così immediata), ad oggi il processo è agevolato
dalla faNurazione eleNronica;

Portafoglio ordini aggiornato, per valutare faNure da ricevere e ordini aperD, e in caso ci
si trovi a fine anno per vedere se ci sono faNure da emeNere, e note di credito da ricevere
o emeNere;

Scadenzario pagamen9 e incassi, con un sistema so’ware che viene aggiornato e


manutenuto, se quando si registra la faNura di acquisto/vendita si pone anche il flag sullo
scadenzario del debito/credito concordato con il fornitore/cliente, in automaDco andando
sul so’ware sarà possibile sapere immediatamente quali faNure sono scadute e quali
sono in scadenza. È parDcolarmente importante lo scadenzario dei clienD poiché conDene
tuP i solleciD di pagamento e le eventuali messe in mora. (la messa in mora senza il
precedente sollecito di pagamento, trascorsi 5 anni rischia di far perdere il credito in
quesDone)

Analisi anzianità credi9, ponendo il flag per stabilire crediD scaduD/in scadenza. È
importante per evitare la perdita di crediD (che dopo 5 anni svaniscono).

Conoscenza dei cos9 dei diversi strumen9 e limi9 di fido sempre aggiorna9, se non
incasso userò più fido, e questo provoca dei cosD. Per non scoprirlo a fine mese, quando
ho maturato dei cosD, avendo una tesoreria aggiornata si possono iniziare a fare i calcoli
già quando sforo il limite.

GesDone della liquidità. La gesDone della liquidità e e della tesoreria si rilevano uDli per:

Pianificazione OJmizzazione opera9vità e dei Monitoraggio salute Verifica dei cos9


finanziaria cicli per migliorare il CCN finanziaria ed (tassi, ecc,)
Sulla base di Immaginando un’oPmizzazione informa9va sopraNuNo dei tassi,
quello che avviene nella gesDone futura è possibile periodica per monitorare
nel momento oPmizzare il CCN (che si comporta Tramite ciò è l’avverarsi o meno
presente è come una spugna, quando si possibile monitorare delle previsioni che
possibile sDmare la ingrossa assorbe liquidità, quando l’equilibrio sia in erano state previste,
possibile diminuisce rilascia liquidità). visione prospePca, e ricercarne le
condizione futura A seconda di quello che succederà sia in un’analisi eventuali cause della
nel futuro si può pensare di andare prevenDvo- non manifestazione/
a reperire liquidità proprio nel consunDva che manifestazione..
CCN. eventualmente si
compia.

Nella logica dell’analisi degli equilibri è parDcolarmente importante andare a verificare se


quanto era stato previsto si è verificato, e in caso contrario andare ad indagare le
moDvazioni.

117
Finalità della gesDone della tesoreria.

Mantenere condizioni di correntezza per assicurare condizioni di solvibilità aziendale nel


breve e lungo periodo.

Il tesoriere mira a tenere soNo controllo l’evoluzione delle componenD dell’a;vo


corrente neGo, valuta dunque la posizione di liquidità immediata, differita e DIS.

Vincoli del tesoriere.

- Le aJvità e scelte di tesoreria sono vincolate da quanto stabilito in sede di


pianificazione, il tesoriere ha il compito di oPmizzare le traieNorie segnate. Deve ambire
al raggiungimento degli obiePvi e rimanere in linea con quanto pianificato. Se è previsto
un bonus è ancorato al raggiungimento di quegli obiePvi. Ha sempre l’obbligo di
oPmizzare la sua gesDone in termini di massimizzazione di eventuali introiD che può
avere e minimizzazione dei cosD (che qui principalmente si applicano in tassi e cambi).

- Non può modificare significa9vamente le variabili che determinano il fabbisogno


finanziario, che si generano dal piano, né modificare la struBura finanziaria. L’orizzonte
temporale di riferimento è breve, brevissimo.

- Se l’equilibrio finanziario a causa di fabbisogni non previs9 non può essere mantenuto il
tesoriere deve rivedere il budget e se necessario sollecitare la revisione dei piani.

Normalmente il tesoriere cerca di minimizzare le disponibilità liquide per massimizzare il


valore, mantenendo un cuscineNo per fronteggiare fabbisogni inaNesi; e di non sopportare
l’onerosità di fondi di finanziamento accessorie (che sono parDcolarmente onerose).

Per far tuNo ciò:

1. OJmizzare flussi in entrata e in uscita al fine di minimizzare le riserve di cassa, cerca di


far sì che i pagamenD debbano essere disposD il giorno dopo aver ricevuto gli incassi.

2. Ridurre commissioni e cos9 dei prodoJ/servizi u9lizza9 individuando sul mercato le


migliori soluzioni, il tesoriere ricerca le migliori condizioni di mercato disponibili per far
fronte alle sue necessità.

3. Migliorare visibilità e monitoraggio della dinamica monetaria per tenere soNo


controllo la liquidità sui conD corrente (crediD e debiD), la volaDlità e l’impaNo sul
capitale circolante di qualsiasi aPvità.

118
4. Ridurre gli impieghi circolante e stabilizzare la vola9lità dei flussi, se ci sono tante
possibilità e non riesce a giungere ad una programmazione definiDva deve cercare di
stabilizzare quello che ha e capire come muoversi.

5. Nel caso di gruppi che operano con l’estero, centralizzare la gesDone finanziaria, (es:
cash pooling, o poliDche centralizzate per minimizzare qualche rischio).

Liquidity management. Il liquidity management si occupa dell’individuazione


mantenimento della quan9tà oJmale di aJvità liquide di cui l’impresa necessita per lo
svolgimento dei suoi cicli operaDvo e di invesDmento. È streNamente complementare
rispeNo al cash management.

Per liquidità, oltre cassa e banca, si considerano i Dtoli immediatamente negoziabili, vendibili
immediatamente sul mercato, che magari sono staD un impiego di liquidità di breve termine.

La quesDone dell’individuazione della quanDtà oPmale di liquidità è tra le più difficili a


livello aziendale. Implica che tuP gli aNori dell’azienda debbano programmare con grande
precisione, e non dovrebbero altresì manifestarsi imprevisD (es: il cliente non paga), per
questo è estremamente difficile compiere precisamente tale sDma.

Domande da porsi. Come già visto la tesoreria può essere organizzata in più modi, può
dipendere direNamente dal CFO, stare soNo al direNore amministraDvo, ecc. Alcuni aziende
non hanno proprio il tesorerie, ma una figura che si occupa di monitorare casse e banche e i
correlaD andamenD.

Chi è il tesoriere? Persona che monitora giornalmente tuNa la liquidità dell’azienda, che va a
stabilire qual è il livello oPmale di liquidità, che intraPene i rapporD con le banche.

È necessario? Dipende dalle dimensioni aziendali, da quanto e come è struNurata l’azienda


e dalla quanDtà sue movimentazione.

Come si fa a rivedere la struBura organizza9va della società nel caso in cui fosse
opportuno introdurre la figura del tesoriere? Tale valutazione rientra negli obiePvi di piano,
nell’ambito dell’organizzazione aziendale. Si traNa di coinvolgere l’imprenditore e
amministratori nel pianificare ed elaborare strategie che possano permeNe effePvamente
l’adozione di una struNura diversa.

Per vedere questo occorre valutare l’approccio operaDvo della società.

119
Modelli di gesDone della tesoreria.

In base alla precedente valutazione vi sono diverse modelli operaDvi di tesoreria da


uDlizzare.

1. TESORERIA CONSUNTIVA: modello meno evoluto, adoNato dalle imprese di dimensioni


minori.

Il tesoriere, se c’è, ha potere decisionale quale nullo; uDlizza un un approccio (ex-post) per
la semplice misurazione, in chiave consunDva, dei livelli di equilibrio finanziario e liquidità
aziendale.

Si occupa di disporre i pagamenD e supervisionare le tempisDche d’incasso;


registrare i movimenD contabili e predisporre la riconciliazione degli estraP conto (per
monitorare possibili disallineamenD che potrebbero verificarsi tra i pagamenD disposD
(es: con assegno o bonifico) e gli incassi ricevuD; verifica della corrispondenza tra i conD
bancari e quanto riportato in contabilità);
monitorare l’applicazione delle condizioni contraNuali e misurare l’onerosità delle linee di
credito.

2. TESORERIA ANTICIPATA: comprende i compiD del punto precedente e in aggiunta:

elaborare situazioni previsionali (dei cicli già in essere, mira a concludere il ciclo operaDvo
che è già iniziato) da 1-4 sePmane;
aNuare una conveniente distribuzione tra i vari conD bancari per ridurre gli oneri
finanziari; anDcipare possibili situazioni di tensione finanziaria;
adeguare la liquidità a situazioni conDngenD.

3. TESORERIA PREVENTIVA: modello più diffuso all’interno delle aziende, comprende i


compiD del punto precedente e in aggiunta:

elaborare struNure prospePche da 1-4 mesi (tenendo a riferimento lo svolgimento della


gesDone programmato); aNenzione il margine di tesoreria previsionale; comporre
situazioni previsionali che rappresenDno i movimenD monetari aNesi e le future posizioni
finanziarie di breve e brevissimo termine (calcolo degli indici).

4. TESORERIA INTEGRATA: Modello più evoluto, proprio della grande azienda. Il tesoriere
supporta il CFO nel minimizzare gli assorbimenD di capitali derivanD dalla dinamiche del
circolante.

Le previsioni formulate arrivano almeno ad 1 anno; può intervenire nelle scelte sul flusso
di cassa ricorrente, sulle poliDche commerciali, la gesDone dei fornitori e dei clienD. Si
concentra sull’aPvo corrente previsionale.

120
FINALITÀ: Prevenire, evitare situazioni di tensione finanziaria.
e STRUMENTI DELLA TESORERIA:
Preven5vo di tesoreria (aggiornato quoDdianamente nelle aziende più struNurato) volto
al controllo dei saldi bancari, monitoraD per singoli isDtuto di credito per singola valuta (le
aziende maggiori possono avere più conD corrente e anche in diversa valuta per cercare di
minimizzare il rischio di cambio). ArDcolato per periodi inframensili.

Cash Flow previsionale. Tiene conto dello scadenzario clienD e fornitori, a cui vengono
poi sommaD altri flussi (per arrivare ad una posizione finanziaria neNa). Solitamente
trimestrale.

Capitolo 16: Decisioni di investimento e capital budgeting. 28/11

Per la correNa formalizzazione dei piani, aNraverso le strategie per programmare nel breve
periodo, sono necessarie delle decisioni. Tali decisioni avverano nell’ambito degli
invesDmenD (come struNurare l’aPvo), e nell’ambito delle poliDche di finanziamento (parte
del passivo), e relaDvamente alla distribuzione (o no) di dividendi.

L’analisi per la selezione degli invesDmenD aziendali è una fase cruciale, una valutazione
errata può dimostrarsi fatale per l’azienda; le risorse impiegate in un progeNo che fallisce
sono difficilmente recuperabili.

La selezione degli invesDmenD deve sempre avvenire coerentemente con le coordinate


finanziarie che il management ha comunicato al mercato con i piani.

Il capital budgeDng conduce a decisioni opera/ve (non più strategiche) e mira all’uso
razionale del capitale.

InvesDmenD aziendali. Tre grandi categorie

1. A rapido rigiro: credi/ e scorte, funzionali allo svolgimento dei cicli operaDvi ricorrenD,
ossia il capitale circolante. (Se decido di dare più dilazioni di pagamento ai clienD, o far
crescere il magazzino acquistando molte materie prime, o producendo semilavoraD, di
faNo sto compiendo invesDmenD a rapido rigiro)

2. A lento rigiro: aPvità streNamente necessarie alla realizzazione della capacità


produPva aziendale, ossia il capitale fisso opera5vo.

3. Temporanei o durevoli: asset non funzionali, ossia il capitale accessorio ed invesDmenD


finanziari ad elevata liquidità. (RelaDvo all’acquisto di Dtoli che vengono ceduD
immediatamente, non appena vi sia necessità di liquidità; oppure all’acquisto di Dtoli a

121
fine di invesDmento da immobilizzare nell’aPvo patrimoniale. Non sono aPvità
finalizzate all’espletamento del ciclo produPvo, ecco perché non funzionali)

Nella prospePva finanziaria le tre Dpologie rappresentano impieghi di risorse finanziare con
durate e rischi differenD. Come già deNo, la durata ci interessa in fase di pianificazione per
l’armonizzazione dei flussi, e la rischiosità per richiedere una proporzionale remunerazione.

Nella prospePva gesDonale le prime due hanno rilevanza strategica (poiché nel medio-lungo
periodo contribuiscono allo sviluppo e la profiNabilità dell’impresa), la qualità di capitale
circolante viene difeNo aNentamente valutata, come anche quegli invesDmenD che vanno a
movimentare/implementare il ciclo operaDvo aziendale, e la terza ha valenza speculaDva
(gesDone taPca di tesoreria).

Gli invesDmenD temporanei/durevoli in asset non funzionali non vengono certamente


compiuD da aziende che si trovano in condizioni di difficoltà, poiché tenderanno ad
indirizzare tuNa la liquidità alla risoluzione di eventuali squilibri. CaraNerizzano dunque solo
società che godono di buone condizioni e con liquidità da impiegare nel breve/medio/lungo
periodo.

Le poliDche aziendali di invesDmento si focalizzano sugli inves5men5 opera5vi in capitale


fisso, poiché è questo che permeNe dei ritorni economici e finanziari importanD; quesD
cosDtuiscono l’oggeNo prevalente delle analisi e valutazioni di capital budge/ng (invesDmenD
accessori con finalità speculaDve, di interesse per le decisioni taPche di gesDone della tesoreria).
Scaturiscono da:

Decisioni strategiche di Decisioni strategiche di Decisioni strategiche di Decisioni operaDve di


espansione (ingresso in integrazione penetrazione (avvio di miglioramento interno
nuovi seNori o mercaD) (acquisizione di nuove nuove iniziaDve all’interno (avvio di nuovi servizi per
imprese, joint di aree di business in cui la produzione,
venture…) l’impresa è già presente) riorganizzazione interna
delle filiere produPve …)

Per comprendere quanto e dove l’azienda può invesDre è dunque necessario capire l’oPca
futura dell’azienda, poiché gli invesDmenD sono streNamente correlaD alle poliDche
strategiche (di espansione, integrazione, penetrazione).

122
Tipologie di progeP di invesDmenD. Sono analizzabili soNo il profilo tecnico-economico.
Dal punto di vista tecnico:

progeP alterna9vi o vincola9, a seconda che la loro realizzazione escluda o imponga la


realizzazione di altri;

progeP preliminari o complementari, se la loro realizzazione si lega alla necessità di


portare a termine altri progeP, in tempi diversi;

progeP indipenden9 o correla9, se i loro effeP prescindano o meno dai risultaD di altri
già realizzaD o da realizzare.

Dal punto di vista economico:

invesDmenD generatori di ricavi, occorre verificare se i flussi di cassa aNesi sono tali da
giusDficare l’invesDmento;

invesDmenD riduBori di cos9, verificare se la riduzione di uscite è tale da giusDficarne


l’aNuazione (es: la riorganizzazione aziendale, che comporta dei cosD, può magari far
diminuire i cosi fissi).

Quando si vanno a valutare gli invesDmenD si parla di flussi in entrata incrementali, ossia qui
flussi in più che l’invesDmento procura.

Teoria della Finanza e Ruolo della Finanza Aziendale.

Gli organi aziendali considerano le opportunità di invesDmento sulla base dei loro effeP sul
valore aziendale (profiNabilità, correntezza finanziaria e rischiosità dell’impresa).

La selezione degli invesDmenD si configura come un processo di allocazione del capitale e


dovrebbe contemplare tre fasi principali:

1. Analisi finanziaria (esplicita i profili temporali e di rischi dei flussi di cassa aNesi; il
rischio ha impaNo sul valore del flusso di cassa aNualizzato)

2. Valutazione economica (convenienza in ragione del contributo alla creazione di valore


aziendale)

3. Scelta compara9va (opportunità finanziariamente sostenibili e più vantaggiose dal


punto di vista economico)

123
L’ANALISI FINANZIARIA richiede la correNa configurazione dei risultaD aNesi da ciascun
progeNo. Questa presuppone la sDma dei flussi di cassa assorbiD (uscite per l’impresa) e
liberaD (entrate) da ciascun progeNo considerato. È inoltre necessario sDmare il momento
della manifestazione temporale.

Ai fini delle analisi di capital budgeDng, i flussi di cassa da considerare si configurano come
Free Cash Flow (FCFO). Tale configurazione considera:

entrate/uscite finanziarie scaturenD dall’implementazione e la gesDone operaDva del


progeNo di invesDmenD, incluse le spese in conto capitale per la manutenzione e la
sosDtuzione degli asset richiesD per la realizzazione del progeNo;

non deve risenDre delle modalità di finanziamento degli invesDmento, dunque si


considera al lordo degli oneri finanziari correlaD;

va considerata l’imposizione fiscale, dunque va al neNo degli oneri tributari che gravano
sui risultaD operaDvi generabili dall’invesDmento.

Metodo diretto Metodo indiretto

+ Entrate monetarie della gesDone operaDva corrente = EBITDA


- Uscite monetarie della gesDone operaDva corrente - IMPOSTE SUL RISULTATO OPERATIVO ( Irap e Ires
- Imposte sul risultato operaDvo figuraDva sul risultato operaDvo)

= FLUSSO DI CASSA DELLA GESTIONE CORRENTE (FCGC) - VARIAZIONI di CCN


= FLUSSO DI CASSA DELLA GESTIONE CORRENTE (FCGC)
- InvesDmenD di mantenimento/sosDtuzione
+ disinvesDmenD programmaD - VARIAZIONE DI CFN (Capitale fisso neNo)
(invesDmenD e disinvesDmenD)
= FREE CASH from OPERATION (FCFO)
= FREE CASH from OPERATION (FCFO)

Il metodo indireNo parte invece dall’EBIDTA di Conto Economico. Può essere dunque più
comodo per le aziende che compiono la programmazione/pianificazione a parDre dal Conto
Economico.

NB: I flussi di cassa aNesi (nominali*) devono essere di naturale incrementale, poiché va
considerato il contributo che il progeNo apporta alla gesDone aziendale. Si considerano i
flussi differenziali (altrimenD non sarebbe possibile sDmare il contributo rispeNo al valore
precedente alla realizzazione del progeNo).

Si considera dunque questo valore “in più” e si aNualizza per valutarne la convenienza.

Per rispeNare tale criterio, la previsione dovrebbe in tal caso:

non considerare i cosD connessi al progeNo ma sostenuD prima che venga effeNuata
l’analisi del progeNo (i primi non sono recuperabili se il progeNo non viene più intrapreso);

non tener conto dei cosD generali non imputabili al singolo progeNo (i cosD generali si
sostengono comunque, a prescindere dalla realizzazione del progeNo);

124
tener conto del fenomeno per cui un nuovo prodoNo comete con i prodoP della stessa
impresa riducendone le vendite. I possibili minor ricavi vanno in tal caso consideraD come
costo differenziale.

Considerare i rischi del proge0o (poche aumentano il valore di k, necessario per il calcolo
dell’aNualizzazione).

*Se considerassi i cosD reali, dunque i flussi di cassa reali potrei fare a meno di tener conto
dell’inflazione (di cui invece si Dene conto nella sDma dei cosD, e anche dei flussi di cassa che
per questo sono nominali).

Rischio di progetto
RISCHI SPECIFICI Errori di impostazione, previsione o realizzazione.
L’impresa li può ridurre migliorando i processi di
pianificazione e controllo.

RISCHIO SPECIFICO COMPETITIVO Correlato all’agire degli aNori operanD nei seNori in
cui il progeNo andrà a collocarsi (clienD, fornitori,
concorrenD, barriere ecc) (rischi di
approvvigionamento, rischi di mercato ecc)
RISCHIO SPECIFICO DI TECNOLOGIA, LEGALE O DI PREZZO Correlato ai mutamenD tecnologici, normaDvi o alle
dinamiche di prezzo specifiche
RISCHIO INTERNAZIONALE Dinamiche dei tassi di cambio, instabilità del contesto
poliDco
RISCHIO SISTEMATICO Imprevedibilità di variabili macroeconomiche quali:
perdita potere d’acquisto, oscillazione tassi di
interesse, propensione al rischio dei mercaD
finanziari.

I primi tre sono legaD a variabili aziendali, dunque generalmente più “gesDbili”, gli ulDmi due
sono legaD a variabili di contesto.

Tra i vari metodi di misurazione del rischio di progeNo i più comuni sono:
Scenario analysis: si definiscono più contesD alternaDvi con relaDvi pesi e probabilità;

Sensivity analysis: si verifica come cambia l’esito del progeNo in variazione di un


parametro previsionale;

Decision tree analysis:consente di descrivere le concatenazioni tra i risultaD aNesi ad


epoche differenD e decisioni che il management potrebbe assumere in ciascuna epoca. È
un’analisi reDcolare. Si considera che gli organi aziendali possono adoNare diverse
decisioni in ragione alla variabilità dei principali parametri previsionali;

Break even analysis: non consente la misura della variabilità dei risultaD finanziari aNesi
ma permeNe di esplicitare le variabili aziendali che la determinano (leva finanziaria).

125
I primi due ricorrono ad indici staDsDci di dispersione (Var, SD, indice d variabilità). Seguono
la logica del what if.

Criteri decisionali per la selezione delle opportunità di invesDmento.


Valore aNuale neNo VAN / Net present Criterio del tasso di rendimento medio
value NPV contabile TRC

Indice di intensità del valore Criterio del tasso di rendimento medio


finanziario
Criterio del tempo di recupero PBP
payback period

VALUTAZIONE FINANZIARIA DEI PROGETTI: LOGICA LINEARE E OPZIONI.

Nell’ambito dei processi di capital budgeDng, in VAN esprime la convenienza degli


invesDmenD aziendali. Gli organi aziendali dovrebbero acceNare solo progeP con VAN
posiDvo, e in caso di progeP alternaDvi o di razionamento di capitale, preferire quelli con
VAN maggiore.

Questo criterio di scelta segue una logica valutaDve che si dice lineare e presuppone:

1. la configurazione di una distribuzione probabilisDca di flussi alternaDvi aNesi per


ciascuno scenario, considerando il tempo della vita uDle dell’invesDmento;

2. determinazione di un flusso di cassa medio aNeso per ogni scenario;

3. l’aNualizzazione del flusso di cassa medio aNeso per ogni scenario;

4. aNualizzazione dei flussi di cassa medi aNesi ad un tasso di sconto che contenga un
adeguato premio per il rischio, in relazione alla variabilità dei flussi di cassa futuri.

La linearità del procedimento valutaDvo consiste nel faNo che è considerata un’unica
distribuzione temporale di flussi di cassa aNesi, sebbene ognuno di quesD sia a sua volta il
valore medio aNeso di una distribuzione spaziale di risultaD alternaDvi, al contempo.

Il criterio del VAN risulta coerente solo quando l’invesDmento aziendale è analogo ad un
puro invesDmento finanziario, poiché in tal caso il VAN di progeNo coincide con l’aumento di
ricchezza degli invesDtori che finanziano il progeNo.

Con tale criterio management disDnguere a dividere i progeP che creano, da quelli che
distruggono valore.

126
PunD di forza del VAN
Tiene conto del valore temporale del denaro

Include l’elemento dimensionale nella sDma

Considera tuP i flussi di cassa

Fornisce una sDma puntuale del valore di un invesDmento (anziché un intervallo di confidenza)

Nella prospePva gesDonale non si considerano le fonD di finanziamento aPvate (ku), nella prospePva finanziaria
sì (wacc)

Alla base della creazione del valore vi è anche la capacità dell’impresa di rispondere
tempesDvamente alle avversità del contesto tramite la propria flessibilità strategica,
operaDva e finanziaria. In tal modo l’aleatorietà legata agli scenari futuri può trasformarsi da
minaccia a opportunità.

LimiD del modello tradizionale. Il metodo del VAN presuppone una correlazione inversa tra
incertezza e valore dell’invesDmento, le iniziaDve imprenditoriali con maggior rischio
avranno valore neNo più basso, e saranno giudicate meno convenienD.

Questa logica però non considera il “valore del management” inteso come capacità degli
organi decisionali di fronteggiare la complessità ambientale e i faNori di certezza, e la
capacità di adeguamento struNurale/organizzaDvo dell’impresa ai mutamenD di contesto.
Non considerando ciò il VAN potrebbe condurre a risultaD che generano una soNosDma
delle reali opportunità conseguenD all’invesDmento.

Si esprime a proposito la “Logica delle Opzioni”, introdoNa negli anni ’70, che integra tra le
fonD di valore di un invesDmento gli effe; che derivano dallo sfruGamento delle
opportunità emergen5 dal contesto dalla mutevolezza grazie alla flessibilità aziendale.

In tale oPca la flessibilità aziendale traduce la volaDlità dei risultaD aNesi in un’elevato
valore legato all’iniziaDva.

Dal punto di vista finanziario però,


l’aumento dell’incertezza
corrisponde ad un VAN minore
dovuto all’aumento del tasso di
aNualizzazione. L’effeNo sul valore
dell’invesDmento dipenderà dal
prevalere o meno della flessibilità
manageriale.

In un progeNo con assenza di opzioni (in cui il management è considerato solo l’esecutore
operaDvo del piano) la distribuzione è simmetrica e il VAN, che rappresenta la media della
distribuzione coincide con il valore modale.

127
In un progeNo considerate le opzioni e la flessibilità aziendale la distribuzione risulta
asimmetrica. Il valore aNeso della distribuzione asimmetrica eccede il valore modale (VAN di
base) per una misura pari ad un premio che rifleNe di valore della flessibilità manageriale.

Il VAN di un invesDmento calcola aNualizzando tuP flussi di cassa da esso generaD ad un


tasso di sconto che tenga conto dei rischi chela lo caraNerizzano. Nel caso di invesDmento
CICO:

Per gli invesDmenD aziendali occorre tener conto che i cash in sono ritorni del progeNo e i
cash out le uscite da esso richieste. Per il procedimento di costruzione dei flussi di cassa, il
calcolo del VAN può essere ricondoNo al caso di invesDmento PICO.

Però sommando al VAN il capitale inizialmente il capitale inizialmente invesDto non si oPene
il valore aNuale dell’invesDmento. Questo perché all’uscita per l’invesDmento iniziale ne
posso seguire altre, dunque la somma dei valori aNuali dei FCFO aNesi è già una sorta di
VAN, al neNo degli invesDmenD successivi a quello iniziale. Per ovviare il problema il calcolo
può essere espresso come (formula modificata CICO):

In tal modo il valore aNuali dei flussi di cassa della gesDone corrente esprime il valore
aNribuibile al progeNo sulla base dei soli ritorni derivanD dalla sua gesDone; si esplicita
inoltre il valore aNuale degli invesDmenD necessari per la realizzazione del progeNo.

Il costo opportunità si compone come rfr + risk premium. Al fine di calcolare un premio per il
rischio proporzionato ai rischi dell’invesDmento, e che sia crescente al crescere dei rischi
occorre considerare due aspeP del processo valutaDvo: la prospePva valutaDva adoNata e il
principio valutaDvo considerato.

128
PROSPETTIVA VALUTATIVA:

Nella prospe;va ges5onale (dal punto di vista del management) si segue un percorso
unlevered, volto a determinare il VAN del progeNo della base dei flussi aNesi e dei rischi
operaDvi, non considerando gli effeP correlaD alle scelte di finanziamento (leva
finanziaria, benefici fiscali).

Il costo del capitale da uDlizzare sarà il ku.

Nella prospe;va finanziaria (dal punto di vista della proprietà) si segue il percorso
levered, e si Dene conto delle fonD di finanziamento aPvate per finanziare il progeNo.

Il costo del capitale usato sarà quello medio ponderato wacc.

PRINCIPIO VALUTATIVO:

AdoNando il principio di addi9ate del valore (Modigliani-Miller), il k dovrebbe scontare i


costo pieno del progeNo. Tale principio vede l’impresa
come un portafoglio di proge; di inves5mento con
rendimenD indipendenD, il cui valore complessivo è la
sommatoria dei valori singolarmente aNribuibili agli n
progeP aNuaD:

I singoli progeP sono consideraD e valutaD come “piccole imprese separate” il cui valore è
deNo stand alone. Le singole iniziaDve si valutano aNualizzando i flussi di cassa operaDvi
generaD da ciascuna con un tasso (ku o wacc) che ne rifleNa il pieno rischio.

Se il rischio e la struNura finanziaria del progeNo sono simili a quelli dell’impresa nel suo
complesso sarebbe acceNabili l’uDlizzo del costo medio ponderato aziendale al posto di
quello specifico del progeNo, per velocizzare il processo decisionale.

Non è invece consigliabile in caso di progeP con maggiore o minore rischiosità, poiché si
potrebbe pervenire a valutazioni errate.

AdoNando il principio di diversificazione (dalla Teoria del Portafoglio, Markowitz), il k


dovrebbe rifleNere, non il pieno rischio, ma solo quella parte che incide effePvamente
sulla rischiosità complessiva dell’azienda che realizza l’invesDmento. Tale principio vede
l’impresa come un portafoglio di progeP di invesDmento i cui rendimenD sono correlaD.

129
I singoli progeP e gli invesDmenD che implicano sono valutaD come se componenD di un
portafoglio complessivo, aNraverso i quali i finanziatori oNengono una riduzione dei rischi
specifici.

La sDma del del VAN è analoga al caso precedente con la differenza che nel caso unlevered
si deve tener conto dei possibili effeP posiDvi derivanD dalle strategie di diversificazione
reale operate dall’impresa, soNraendo al kup i rischi specifici neutralizzaD dalla logica di
portafoglio.

INFLAZIONE. I tassi adoperaD per k si configurano come nominali, incorporando così le


aspeNaDve di inflazione. I tassi nominali, reali e di inflazione sono legaD dalla relazione di
Fisher: k’ = ( 1 + k ) • ( 1 + i ) - 1 in cui k’ è espresso in termini nominali, k in termini reali e
i è il tasso aNeso di inflazione.

In presenza di inflazione il costo del capitale k viene adeguato per esprimere un'aspeNaDva
di rendimento minimale che tenga conto anche delle variazioni del potere d'acquisto della
moneta. I flussi di cassa del VAN sono decurtaD in tal caso non solo per il valore del tempo e
del rischio, ma anche per le perdite di valore della moneta.

Per coerenza, se k è indicato in termini nominali, anche i flussi di cassa andranno espressi in
termini nominali, e ciò è possibile:

1. considerando le dinamiche dei prezzi specifici che si formano nei mercaD in cui
l’impresa opera (di vendita, approvvigionamento, del lavoro)

2. considerando la dinamica generalizzata dei prezzi, per adeguare indisDntamente tuNe le


componenD dei flussi di cassa in base ad un unico tasso di inflazione.

Nonostante l’esistenza di criteri di valutazione alternaDvi, il criterio del VAN rimane il


principale nel capital budgeDng, in quanto l’unico che assicura decisioni sempre coerenD con
il principio di massimizzazione del valore aziendale e della ricchezza della proprietà.

130
L’INDICE DI INTENSITÀ DI VALORE IdV di un invesDmento si calcola rapportando valore
aNuale dei flussi di cassa generaD dal progeNo con il valore aNuale di quelli assorbiD dallo
stesso, ad un costo-opportunità che tenga conto dei rischi dell’invesDmento.

Secondo tale criterio il manager dovrebbe acceNare tuP i progeP con IdV > 0 (considerando
progeP indipendenD), e preferire quelli con IdV (maggiore nel caso di progeP che si
escludono).

Caso di invesDmenD di Dpo PICO:

Caso di invesDmenD di Dpo CICO:

Il CRITERIO DEL PAYBACK PERIOD PBP (tempo di recupero) indica l’arco di tempo
necessario per recuperare l’esborso finanziario correlato alla realizzazione di un progeNo.

Il tempo di recupero è il punto di pareggio contabile di


una serie di flussi di cassa. Il recupero è il periodo finale
in cui sono totalmente recuperaD gli esborsi iniziali.

IpoDzzando una specifica data di rientro, la regola decisionale è acceNare i progeP che
hanno tempi di recupero entro tale data e rifiutare quelli che comportano tempi di recupero
maggiori.

Ha il vantaggio di essere un criterio semplice, e lo svantaggio di non considerare i flussi di


cassa che si generano dopo lo scadenza prefissata, favorendo i progeP di breve termine, e di
ignorare il valore finanziario del tempo e del rischio.

Una variante rePficata spesso impiegata dai manager è il PBP aNualizzato, in cui I flussi di
cassa sono aNualizzaD prima della loro sommatoria per poter individuare l'epoca in cui
avviene il recupero di capitale. (Compromesso poco efficace, la scelta migliore rimane
comunque il VAN)

131
Il CRITERIO DEL TASSO DI RENDIMENTO MEDIO CONTABILE TRC considera il rapporto tra
il flusso di cassa prodoNo al termine di un determinato periodo, e il capitale invesDto
all’inizio dello stesso periodo:

A seconda della dinamica del fabbisogno finanziario e dei flussi aNesi,


tale rapporto può rimanere costante o variare.

In caso questo vari di periodo in periodo si prende in


considerazione il tasso medio dell’invesDmento:

Il management dovrebbe prendere in considerazione solo quei progeP che superano uno
specifico livello soglia deNo cut off rate (es: costo del capitale aziendale). Nel caso di più
progeP alternaDvi dovrebbe selezionare quello che presenta il miglior TRCm.

Anche questo criterio potrebbe condurre a scelte non coerenD con il principio della
massimizzazione del valore a causa dei suoi limiD. DifaP in caso di elevata erraDcità dei flussi
aNesi, il valore medio dei flussi perde di significaDvità; non coglie le dinamiche di crescita dei
flussi aNesi e prescinde dal valore finanziario del tempo e del rischio.

Il CRITERIO DEL TASSO INTERNO DI RENDIMENTO TIR considera quel parDcolare tasso di
interesse che eguaglia il valore aNuale delle entrate di un progeNo con quello delle uscite.

AdoNando tale criterio i manager dovrebbero riordinare i progeP in ragione del loro TIR e
considerare quelli che presentano TIR maggiore.

LimiD del criterio:

Gli analisD devono chiedersi se i progeP consideraD sono alternaDvi e/o indipendenD.
Non si possono confrontare progeP se l’enDtà degli invesDmenD è differente, poiché un
progeNo di dimensioni limitate potrebbe avere TIR elevato ma accrescere di poco la
ricchezza in termini assoluD.

sensibilità all’erra/cità dei flussi di cassa: se i flussi di cassa generaD dal progeNo
cambiano segno più di una volta ciò può generare più valori in termini di TIR.

Occorre inoltre considerare che il TIR di per sé non fornisce indicazioni in merito alla capacità
di un progeNo di contribuire alla massimizzazione della ricchezza per gli azionisD.

132
Può essere quindi preferibile adoperare l’ECOF (= TIR - k), in modo da consenDre al
management di acceNare solo i progeP con ECOF posiDvo. TuNavia la selezione dei progeP
con ECOF maggiore non corrisponde necessariamente ad un VAN maggiore.

Vantaggio del TIR: il rendimento è espresso come tasso di interesse, nozione familiare al
management.

Situazioni concrete di capital budgeDng.

In situazioni decisionali complesse può verificarsi che i manager, dopo la valutazione


finanziaria dei progeP di invesDmento, si trovino a considerare due Dpi di criDcità:

1. In caso di progeP alternaDvi, la non omogeneità di quesD;

• Occorre in tal caso verificare la possibilità di omogeneizzare gli invesDmenD soNo il


profilo dimensionale (enDtà di risorse finanziarie impiegate) e temporale (vita uDle).

2. Nel caso di progeP complementari, la presenza di vincoli finanziari.

• Il rischio è quello di selezionare progeP vantaggiosi ma non aNuabili poiché privi di


copertura finanziaria. Occorre prima verificare la faPbilità finanziaria e poi applicare i
criteri di capital budgeDng.

VINCOLO FINANZIARIO
SI NO
MUTUA SI 1. Analisi sostenibilità finanziaria 1. Applicazione tecniche c.b.
ESCLUSIVITÀ 2. Applicazione tecniche c.b.

NO 1. Possibili combinazioni di 1. Applicazione tecniche c.b.


progeP
2. Analisi sostenibilità finanziaria
3. Applicazione tecniche c.b.

Capitolo 19: Struttura del passivo e forme di finanziamento.


La selezione delle forme tecniche di finanziamento è un tema di parDcolare complessità per le
imprese di maggiori dimensioni. ANraverso la comunicazione tra imprese e invesDtori si giunge al
rapporto di indebitamento oDmale che segna la proporzione di equilibrio in cui la proprietà e terzi
finanziatori possono partecipare al finanziamento dell’impresa senza assumersi più rischi di quanto le
proprie pretese di rendimento consentano.

La struGura finanziaria è una combinazione di diverse forme tecniche finanziamento, che


tende a mutare adeguandosi, in maniera più o meno efficace e tempesDva, all’evoluzione e
al dinamismo dell’impresa.

133
Il responsabile finanziario affronta il problema della copertura oPmale dei fabbisogni
definendo poliDche di finanziamento che considerino adeguatamente: gli indirizzi strategici e
i conseguenD piani finaziari; la complessità aziendale e la mutevolezza ambientale; le
numerose forme di finanziamento a cui l’impresa può ricorrere.

La pianificazione finanziaria stabilisce strategie finanziarie orientate alla massimizzazione del


valore d’impresa; le scelte concrete di gesDone finanziarie sono mosse dal principio di
equilibrio finanziario.

In sede di pianificazione si mira a definire il mix o;male tra capitale proprio e capitale di
presDto, andando a rappresentare una struBura obieJvo (o target) che si tenta di realizzare
selezionando le forme di finanziamento più opportune, coerenD con il mantenimento
dell’equilibrio finanziario.

Dal punto di vista del management finanziario, la struGura finanziaria effe;va deriva dalla
necessità di coniugare le esigenze di massimizzazione del valore, con la compaDbilità delle
forme tecniche di finanziamento con l’equilibrio finanziario.

La struNura oPmale comporta l’armonizzazione della programmazione finanziaria con la


pianificazione strategica e finanziaria. L’impresa deve disporre dei capitali necessari, avendo
un piano di rimborso in linea con il fabbisogno.

Il responsabile finanziario deve operare una conDnua leva finanziaria, aNuando cioè
intervenD miraD a verificare il grado di indebitamento al fine di realizzare la struNura che
massimizzi il valore dell’impresa mentendo l’equilibri finanziario.

Tale criterio dell’equilibrio indirizza le scelte di struNura finanziaria in modo tale che vi sia
coerenza temporale:

tra composizione e reddiDvità delle aPvità aziendali;

tra composizione e onerosità delle passività aziendali.

Le imprese con reddiDvità operaDva stabile e ridoP rischi di business dovrebbero orientarsi
verso finanziamenD con tassi fissi;

quelle con reddiDvità operaDva fortemente variabile e elevaD rischi di business dovrebbero
prediligere fonD di finanziamento a tassi variabili e facilmente negoziabili.

134
FonD e forme tecniche di finanziamento. Le fonD di finanziamento sono disDnte in base alla
durata, l’origine e le forme tecniche che assumono.

Le fonD di finanziamento durevoli consento di aPngere a capitali che sostengano la


gesDone aziendale nel medio lungo termine. Mirano alla soddisfazione del fabbisogno
mediante forme tecniche di durata pluriennale.

Si disDnguono le fonD esterne: finanziamenD bancari, aumenD di capitale, emissioni


obbligazionarie.

ed interne: autofinanziamento. La disponibilità di autofinanziamento dipende, oltre


che dalla reddiDvità aziendale, dalle scelte di distribuzione dei dividendi.

Le poliDche di dividendo sono già definite in sede di pianificazione finanziaria. La


preoccupazione della finanza operaDva diviene la copertura oPmale del fabbisogno
finanziario, cioè di quella parte che non trovando copertura con l’autofinanziamento
richiede il ricorso al capitale esterno.

Le fonD di finanziamento ibride (sempre per la copertura di fabbisogni non temporanei)


presentano sia caraNeri del capitale di presDto che del capitale proprio. Tra queste vi sono
il mezzanine financing, le obbligazioni converDbili, il cum warrants e il finanziamento dei
soci.

Le fonD di finanziamento temporanee sostengono la gesDone aziendale per periodi brevi,


sono tuNe esterne, e consentono di soddisfare il fabbisogno temporaneo. Sono un
esempio il credito bancario e le emissioni di Dtoli di debito.

La realizzazione della struNura oPmale richiede un processo di analisi delle forme tecniche
di finanziamento che verifichi la compaDbilità delle loro caraNerisDche tecniche con il
fabbisogno aziendale e la logica di massimizzazione del valore. Il responsabile finanziario
dovrà selezionare le forme di finanziamento osservandone gli aspeP:

- economici: verificare compaDbilità tra onerosità dello strumento considerato e la


marginalità dell’impresa.

- finanziari: compaDbilità tra tempisDche di remunerazione/rimborso e la dinamica


finanziaria aziendale.

- giuridici: compaDbilità tra vincoli/clausole contraNuali dello strumento e la complessità/


rischiosità gesDonale.

Un ulteriore aspeNo da considerare è che spesso l’aPvazione delle diverse fonD di capitale è
vincolata al rilascio di una garanzia a tutela del soggeNo erogante. La capacità dell’impresa
di rilasciare tali garanzie influisce sulla sua possibilità di accesso al capitale.

135
Sostenibilità della struNura finanziaria.

Il ricorso alle diverse forme di finanziamento richiede un costante monitoraggio della


solvibilità (capacità di fronteggiare gli impegni di breve termine) e della solidità aziendale
(fronteggiare impegni di medio/lungo termine con capitale proprio).

Tale monitoraggio avviene mediante la verifica periodica di specifici indici di sostenibilità del
debito (sulla base di situazioni sia consulDve che previsionali).

La verifica della sostenibilità della struNura finanziaria richiede il calcolo degli indici
riconducibili a:

indici di leva finanziaria: esplorano la composizione delle fonD di finanziamento;

indici di onorabilità dell’indebitamento: esplorando la compaDbilità tra la struNura


finanziaria e risultaD aziendali economici e finanziaria.

In questo ambito si disDnguono gli indici di copertura, di intensità, di remunerabilità e


gli indici misD.

Gli indici di copertura dell’indebitamento misurano le capacità di rimborso del debito


mediante i risultaD aziendali. Esempi:

ICDF1= Ricavi/PFN % di debiD finanziari neP rimborsabili nell'anno mediante l'integrale


desDnazione dei ricavi operaDvi.

ICDF2= EBITDA/PFN % di debiD finanziari neP rimborsabili nell'anno mediante l'integrale


desDnazione del margine operaDvo lordo.

Gli indici di intensità dell’indebitamento, pari al reciproco degli indici di copertura, misurano
la quanDtà di debiD finanziari, al neNo delle disponibilità liquide, che l’impresa deve reperire
per generare 1€ di ricavi o di risultaD economici o finanziari. Esempi:

IIF1= PFN/ Ricavi Numero di anni necessari per rimborso dei debiD finanziari neP
aNraverso l'integrale desDnazione dei ricavi operaDvi.

IIF1= PFN/ EBITDA Numero di anni necessari per rimborso dei debiD finanziari neP
aNraverso l'integrale desDnazione del margine operaDvo lordo.

136
Gli indici di remunerabilità dell’indebitamento esprimono il grado di copertura che, in un
dato periodo, i risultaD operaDvi aziendali sono in grado di fornire agli interessi passivi.
Esprimono dunque la capacità dell’impresa di remunerare, tempo per tempo, i creditori
aziendali con le risorse prodoNe dalla gesDone caraNerisDca.

Quando tali indici assumono valore < 100 % segnalano una struNura finanziaria non
oPmale, poiché significa che gli oneri derivanD dagli strumenD di finanziamento scelD non
sono compaDbili con l’equilibrio aziendale. Esempio

IRDF1= Min (Ricavi/IP; 100%) percentuale di interessi passivi pagabili dell'anno mediante
l'integrale desDnazione dei ricavi operaDvi.

Linee guida EBA e impaP sul rapporto banca impresa.

Le Linee Guida EBA si inseriscono nel corpus normaDvo regolamentare relaDvo alla gesDone
e al monitoraggio del rischio di credito in portafoglio. Le Guidelines impongono:

RIVISITAZIONE DEI PROCESSI DI CONCESSIONE DEL CREDITO.

Le autorità del comparto bancario devono assicurarsi che gli isDtuD concedano il credito
sulla base di criteri solidi e ben definiD, e che il processo di approvazione, modifica,
rinnovo e rifinanziamento sia chiaramente stabilito.

RIMODULAZIONE DEI MECCANISMI E DEI CONTENUTI DEI PROCESSI DI VALUTAZIONE DEL


MERITO CREDITIZIO.

La valutazione del merito crediDzio del richiedete dovrà essere forward looking,
calibrata anche su situazioni stressed idiosincraDche e di mercato, con la giusta
aNenzione ai faNori ESG del modello di business del prenditore di fondi.

L’adozione di tale oPca forward looking richiede la nuova generazione di sistemi di


raDng; disponibilità dei business plan aziendali e/o le proiezione svolte dalla Banca a
parDre dai bilanci consunDvi.

INNOVAZIONE DEI MODELLI DI MONITORAGGIO DEL CREDITO (secondo una logica


prediPva).

Il monitoraggio del credito nella logica forward looking è finalizzato ad idenDficare le


capacità del prenditore di generare adeguaD flussi di cassa al servizio del debito,
fornendosi di strumenD come budget, business plan e piani industriali.

Il business plan esponendo in modo chiaro e trasparente gli obiePvi e prospePve della
gesDone è in grado di produrre informazioni qualitaDve/quanDtaDve che consentono
alla banca di valutare la capacità storica e futura di generare liquidità da parte

137
dell’impresa. TuNavia non tuNe le imprese sono in grado di produrlo con i contenuD
adeguaD, ed è necessario che le proiezioni in esso contenute siano realisDche,
ragionevoli, e in linea con le previsioni economiche e di mercato dell’ente.

Ulteriore punto di valutazione del merito crediDzio riguarda i clien5 connessi. Le


Guidelines richiedono la raccolta delle informazioni necessarie alla valutazione del
rischio di credito del potenziale prenditore qualora le sue capacità di rimborso dipenda
dai cash flow provenienD appunto da clienD connessi. Gli isDtuD dovrebbero archiviare
e storicizzare le informazioni raccolte per visionare la posizione finanziaria delle
controparD connesse al cliente.

Gli isDtuD dovrebbero valutare la sostenibilità e la faPbilità delle posizioni di rimborso


futuro a potenziali condizioni avverse che possono verificarsi durante il contraNo di
presDto.

Dovrebbero condurre un’analisi di sensibilità a più faNori considerando gli evenD di


mercato e idiosincraDci o una combinazione di entrambi.

INCLUSIONE DEI FATTORI DELLA SOSTENIBILITÀ/ESG (Environmental, Social, Governance).

Sia in sede di valutazione dei finanziamenD e dei debitori, sia in sede di erogazione che
nelle successive aPvità di monitoraggio, integrando le strategie e le poliDche si credito
sulla base di obiePvi e indicatori ESG.

Tali faNori ESG sono uDli nella misura in cui vanno a diminuire dei rischi. Le banche
apprezzano il faNo che le imprese aNenzionino tali faNori poche implicano il monitoraggio
più aNento di alcuni rischi e il tentaDvo di minimizzarli.

MePamo ora in relazione la riduzione di tali rischi con l’aNualizzazione. Se diminuisce il


rischio collegato all’impresa, diminuisce il Wacc, e aumenta il valore dell’azienda.

La scelta di includere faNori ESG:

si dimostra vincente per gli imprenditori, poiché molD consumatori sono aNenD alla
quesDone della sostenibilità ambientale, sociale e governance. Può dunque rappresentare
un modo di ampliare il volume delle vendite ➯ quindi sDmola il reddito operaDvo.

sono faNori aNenzionaD dal mercato credi5zio perché riducono la rischiosità aziendale
➯ aumenta la profiNabilità e il valore dell’azienda stessa.

138
Capitolo 10: Politiche di finanziamento. (+ parti del 14: modelli di valutazione fin.)

Le decisioni relaDve alla composizione del passivo (tra debiD e mezzi propri) e alla
composizione del debito (scelta tra strumenD di finanziamento di diverso Dpo e durata)
influenzano sia l’equilibrio finanziario che la creazione si valore (se c’è maggio rischio
aumenta il rendimento richiesto e diminuisce il valore, e viceversa).

In sede di pianificazione le poliDche di finanziamento devono essere impostate seguendo i


due driver di massimizzazione del profiNo e massimizzazione del valore aziendale.

Le due dinamiche vanno avanD di pari passo. Il valore aziendale, come noto, può essere o
misura dei reddiD futuri aNualizzaD, sia in misura dei flussi di cassa neP aNualizzaD. Dunque
massimizzando il profiNo e il valore si cerca di seguire entrambi i percorsi.

Parlando di equilibrio si è disDnto quello staDco e quello dinamico, citando le posizioni


finanziarie assolute, relaDve e gli indici di composizione.

C’è legame tra indebitamento e valore d’impresa? Cosa accade al valore d’impresa
all’aumentare dell’indebitamento?

La connessione tra grado di indebitamento e valore dell’impresa viene studiata nel ’50 con la
teoria tradizionale, successivamente nel ’60 con Modigliani e Miller, poi nel '70 con studi
seguenD.
Come già visto, l’azienda riesce a raggiungere un’equilibrio duraturo quando c’è equilibrio
nell’area della gesDone caraNerisDca. Un disequilibrio momentaneo può anche essere
compensato dalle altre aree di gesDone, ma se l’area della gesDone caraNerisDca distrugge
liquidità anziché crearla diventa difficile parlare di autofinanziamento, di poliDche di
espansione e altro.
Nella stesse sede sono state introdoNe le poliDche di finanziamento funzionali (di cui si
occupa la gesDone operaDva, hanno impaNo direNo du questa) e struNurali (hanno impaNo
sulla gesDone dei finanziamenD, impaNando sui risultaD monetari e le voci del CE correlate).

PoliDche di finanziamento. Possono essere disDnte in:

poli9che finanziarie struBurali: mirano ad individuare la struGura del capitale inteso


come proporzione tra debiD finanziari e capitale proprio, che garanDsce la copertura del
fabbisogno durevole.

Tali poliDche incidono sulla pianificazione finanziaria, considerando la dinamica del capitale
invesDto neNo CIN ( capitale circolante + capitale aPvo fisso). Porta a capire come
finanziarie l’aPvo patrimoniale.

139
Sono decisioni stru0urali, di pianificazione, perché il management potrà decidere quanto
finanziarsi con capitale proprio e quanto con capitale di debito solo in un’o;ca di lungo
periodo.

Quando l’azienda fallisce i proprietari rischiano di vedere perso tuNo il proprio capitale, a
differenza di chi presta capitali, che avrà oNenuto delle garanzie, e prima del fallimento
probabilmente anche parte della remunerazione. Ciò comporta che quando gli
amministratori decidono la proporzione tra capitale di terzi e capitali proprio decidono
quanto rischio di impresa assumersi, in senso direNo.

poli9che finanziarie funzionali: mirano a minimizzare il fabbisogno finanziario


temporaneo, correlato alla dinamica del capitale circolante, oPmizzando la gesDone dei
debiD e dei crediD commerciali (armonizzando la dinamica di breve periodo,
armonizzando l’incasso di crediD dai clienD con la contraNualisDca verso i fornitori) e
individuando le forme di finanziamento più opportune.
Tali poliDche incidono sulla fase di programmazione finanziaria.

Le poliDche finanziarie struNurali e funzionali indirizzano le scelte di finanziamento che


dovrebbero condurre alla stru0ura finanziaria oDmale e consenDrne la realizzazione.

La decisione di quanto finanziare con capitale proprio e di terzi è strategica.

Le poliDche di finanziamento fissano i criteri con cui il management finanziario in sede di


pianificazione definisce le strategia finanziarie per la copertura oPmale dei fabbisogni. Tali
criteri devono tener i conto:

la massimizzazione dello spread tra profiNabilità degli invesDmenD e onerosità degli


invesDmenD;

la compaDbilità della riparDzione del rischio operaDvo tra creditori e proprietari, con le
rispePve propensioni al rischio.

In tuNo ciò i proprietari beneficiano di una remunerazione solo residuale rispeNo ai


creditori, e la struNura finanziaria agisce come molDplicatore del rischi operaDvo,
cosDtuendo un’ulteriore fonte di variabilità.

I criteri usaD dal management per definire la struGura finanziaria o;male sono il criterio
dell’equilibrio oPmale (per il mantenimento della solvibilità aziendale) e la massimizzazione
del valore d’impresa (criterio seguito per impostare poliDche finanziarie struNurali coerenD
con le aspeNaDve e l’avversione al rischio degli invesDtori e dei finanziatori aziendali).

140
La massimizzazione del valore consente di tener conto dei benefici delle scelte di
indebitamento (misuraD in termini di massimizzazione della reddiDvità* e dei benefici
fiscali**) e dei rischi correlaD.

[*Perché comporta avere più soldi da invesDre. Basandosi esclusivamente


sull’autofinanziamento si compierebbero scelte di sviluppo e di espansione estremamente
limitate o assenD. Più opportunità di invesDmento.

** legaD alla deducibilità degli interessi passivi. Un’azienda indebitata paga meno tasse.]

I rischi correlaD si legano al binomio rischio-rendimento, tenendoli soNo controllo e


monitorando il Wacc è possibile massimizzare il valore. Tali rischi correlaD da minimizzare
sono:

la variabilità dei risulta5 ne; (perché quesD creano il patrimonio e la capacità di


autofinanziamento); peggioramento del metodo credi5zio (sennò le banche non
concederanno presDD, o lo faranno cosD maggiori) ; cos5 dire; e indire; di default ( i cosD
direP legaD al fallimento aNengono al pagamento di aNestatori, avvocaD, tribunali; tra
quelli indireP i dipendenD non avranno lavoro, i fornitori non verrano ripagaD e i clienD
potrebbero aver dato degli anDcipi per cui non oNerranno forniture).

Una volta individuata la struNura finanziaria oPmale è compito della Finanza operaDva,
dunque del management finanziario, aNuare le strategie necessarie a conseguirla. È altresì
importante monitorare periodicamente se il percorso aNuato sta portando alla struNura
target nelle modalità e le tempisDche previste.

La sua realizzazione potrebbe però essere complicata da faGori condizionan5 come


parDcolari situazioni aziendali o di contesto, da cui possono scaturire altre condizioni
conDngenD che in fase di pianificazione erano state considerate solo in termini di possibilità,
e che ora sono effePve.

Esempi:

credibilità e affidabilità del management/imprenditore che possono condizionare i


rapporD col sistema crediDzio e la predisposizione alla concessione di presDD.

Nella normaDva di riferimento (principi di revisione, linee guida per le banche per il
metodo crediDzio, ecc) si esplicita che la prima cosa da valutare è il contesto in cui opera
l’azienda, valutazione in cui rientra il dover informarsi su chi sono l’imprenditore e il
manager, se sono credibili e affidabili oppure no.

ciclo di vita dell’impresa, o ciclo di vita macroeconomico, che possono agevolare o


ridurre la disponibilità di alcune forme di finanziamento.

141
Poiché potrebbero esserci delle contrazioni del mercato del credito in totale, o
relaDvamente ad alcune forme di credito.

rischiosità del seGore/mercato in cui l’impresa opera, o le poli5che monetarie che


possono condizionare l’onerosità dei presDD.

È necessario aNenzionare le dinamiche del mercato, alle dinamiche dei prezzi del mercato
in quel momento e alle previsioni future degli analisD di mercato.

Se l’azienda si trova in condizione di crisi (di liquidità), chi teme l’idea che l’azienda
fallisca? La proprietà, dunque i finanziatori, i fornitori e clienD. I clienD che hanno dato
anDcipi di denaro rischiano di perderlo senza ricevere la propria fornitura.

Nell’oPca dei piccoli esercizi commerciali generalmente questo non accade (pago quando
ho già a disposizione l’oggeNo, es: alimentari). Nelle aziende che muovono grande somme,
sopraNuNo se lavorano su commessa, i clienD versano grandi anDcipi.

Modello contabile della leva finanziaria.

Rappresenta la relazione tra reddiDvità e indebitamento. IdenDfica quel livello di


indebitamento che consente il massimo beneficio per la proprietà.

Si fonda sulla relazione esistente tra reddiDvità neNa ROE (return on equity RN/CN,
reddiDvità per gli azionisD) e onerosità dei capitali di presDto ROD (oneri collegaD ai
finanziamenD, quanto vengono remuneraD i finanziatori).

Il ROE può essere scomposto in: reddiDvità operaDva ROI = EBIT/CIN, onerosità del debito
ROD = OF/DF e struNura finanziaria DF/PN (che funziona da leva).

Dove t sono le tasse, dunque (1 - t) soNrae l’effeNo della leva fiscale.

In tal modo in fase di pianificazione si può idenDficare il livello di debito oltre il quale gli
invesDmenD operaDvi non generano profiNo sufficiente a coprire gli oneri finanziari.

La formula può essere ulteriormente scomposta (la u indica il caso di un’impresa unlevered,
non indebitata)

142
dove il primo addendo è la reddiDvità operaDva di un’azienda non indebitata, il secondo
addendo rappresenta il beneficio puro della leva finanziaria derivante dall’indebitamento, il
terzo addendo misura il benefico della leva correlato all’onerosità dell’indebitamento (in
ragione del faNo che gli interessi passivi sono deducibili).

Espansione dell’indebitamento. Una poliDca finanziaria che mira all’espansione del


quoziente di indebitamento può portare all’aumento della reddiDvità neNa, a beneficio della
proprietà solo se si verificano le condizioni fondamentali:

non si verificano decremen9 del ROI. Se diminuisce la reddiDvità si perde il beneficio


dell’invesDmento delle somme prese in presDto. Può diminuire se mutano le condizioni di
approvvigionamento (perché vi sono più cosD da sostenere), o per minori voluto di
vendita sul mercato di sbocco (se non si riesce a vendere il ROI diminuisce), o se aumenta
il rischio di insolvenza (i fornitori non concederanno più sconD, perdita di clienD …).

il differenziale di risultato tra la ges9one opera9va e dei finanziamen9 deve rimanere


posi9va. Devo avere la possibilità di pagare oneri finanziari ed interessi, cosa non possibile
se la gesDone caraNerisDca non genera liquidità sufficiente rispeNo a quanto assorbe la
gesDone dei finanziamenD.

L’aumento del rapporto di indebitamento


Modello contabile della leva finanziaria
modifica la pendenza della reNa del ROE
(passaggio da A a B).

Se però si iniziano a diffondere informazioni


relaDve ad un possibile dissesto corro il
rischio, cui segue un possibile inasprimento
delle condizioni di finanziamento (passaggio
da A a C).

E quando si diffondo le noDzie di dissesto è


probabile posizionarsi in livelli ancora più
bassi (passaggio in D).

È giusto cercare il mix ideale di composizione del passivo tentando di spingere la leva
finanziaria fin dove possibile, ma ciò va monitorato, perché il passaggio da B a C è causato da
una quesDone di informazioni.

Il modello leva finanziaria, imponendo comunque poliDche di finanziamento che rispeP la


condizione ROI>ROD, sembra suggerire l’esistenza di un livello limite di indebitamento oltre
il quale si verificherebbero svantaggi di ritorni per la proprietà.

143
Occorre considerare più indicatori di sostenibilità finanziaria del debito. Il più usato è il
tasso di remunerabilità finanziaria del debito, pari al rapporto tra risultato operaDvo e oneri
finaziari EBIT / OF.

Questo indice consente di esplicitare la compaDbilità tra struNura finanziaria ed equilibrio


finanziario:

se EBIT / OF < 1 l’azienda è in condizioni di perdita, non è in grado di sostenere l’onerosità


del debito

se EBIT / OF è di poco > 1 indica uno stato di possibile tensione finanziaria. Un calo dei
margini, l’aumento del tasso di interesse o del debito potrebbero compromeNere la
solvibilità.

se EBIT / OF > 1 ,assumendo valori molto superiori di 1, l’impresa è in grado di sostenere il


proprio indebitamento, disponendo inoltre di margini di indebitamento non ancora
sfruNaD.

LimiD del modello: anche se il ROI supera l’onerosità del debito ciò non assicura che
l’impresa crei valore per gli azionisD; non sono assicurate le condizioni di equilibrio
finanziario (potrebbero comunque esserci forD assorbimenD di capitale circolante o fisso, e il
Dming dei flussi di cassa potrebbe non essere soddisfacente rispeNo alle esigenze della
gesDone.

Sussiste la situazione strategica di trovare la miglior composizione del passivo tra capitale
proprio e capitale di debito (per massimizzare il valore aziendale).

Se l’azienda non è indebitata, unlevered, ha l’aPvo, il capitale invesDto neNo e il capitale


propri (la parte Share). Nell’azienda indebitata, nel passivo c’è anche la parte Bond.

Ma le due situazioni in qualche modo sono collegate ( andando a parlare di flussi di cassa
futuri aNualizzaD).

Modigliani e Miller nella loro I proposizione sostenevano nella teoria dell’irrilevanza che il
valore di un’impresa levered e di una unlevered è sostanzialmente lo stesso. Questo perché
in tale oPca l’indebitamento è semplicemente una suddivisione del passivo, mentre il
passivo dell’impresa unlevered è tuNo di perDnenza della proprietà.
(Teoria sviluppata in condizione di mercaD perfeP, informazioni perfeNe …)

Se dunque ci sono cosD di dissesto sono insiD già nei flussi di cassa futuri aNesi aNualizzaD
(data la perfezione delle informazioni, già scontano quanto accadrà poiché l’informazione è
già arrivata). “Non importa come mi finanzio, perché il valore dell’azienda non cambia”.

144
MASSIMIZZAZIONE DEL VALORE E STRUTTURA FINANZIARIA OTTIMALE.

Data un’impresa con una certa struBura di aJvità che fornisce u9li neJ opera9vi di
qualità e quan9tà note, e data una certa struBura di tassi nel mercato dei capitali, esiste
un par9colare grado di indebitamento finanziario in corrispondenza del quale il valore di
mercato dell’impresa sarà maggiore che ad altri livelli di indebitamento? (1972)

Può esserci un livello oPmale di indebitamento che però comporta un livello di mercato
dell’impresa maggiore rispeNo a quello che si avrebbe avuto se il livello di indebitamento
oPmale non fosse stato raggiunto.

Teoria tradizionale. (siamo già all’interno della teoria dell’irrilevanza di MM)


Afferma l’esistenza di un range di variazione* della struNura finanziaria all’interno del quale
il costo medio ponderato del capitale Wacc risulta minimo e quindi, a parità di altre
condizioni, il valore dell’impresa risulta massimo.

Al di fuori di tale range il ricorso all’indebitamento finanziario comporta oneri che


incrementano il Wacc e dunque riducono il valore d’impresa.

La teoria tradizionale calcola il valore complessivo dell’impresa (indebita) FVl come il


rapporto tra l’EBIT e la possibilità di produrre reddiD operaDvi futuri, aNualizzata con il costo
medio del capitale Wacc. FVl = EBIT / Wacc (= B + S, il tot passivo o il tot aPvo)

Il Wacc è la media ponderata dei rendimenD minimali aNesi da invesDtori/proprietari e


finanziatori:

Wacc = B / (B + S) • Ki + S / (B + S) •Ke (Il libro chiama S come EqV equity value).

Costi del capitale secondo la teoria tradizionale Spostandosi dall’origine aumenta


il rapporto dell’indebitamento.
Quindi aumenta B e diminuisce S.

Il rfr rimane costante perché non


prende in considerazione il
premio per il rischio, dunque
nemmeno l’indebitamento.

145
Il ki (rendimento aNeso dai finanziatori) aumenta ovviamente all’aumentare del rendimento,
come anche il ke, il rendimento richiesto dalla proprietà/invesDtori.

Il Wacc ha più o meno lo stesso andamento ma è la media ponderata dei due rendimenD
(come da formula). Il punto di minimo della curva è il punto migliore per la valorizzazione
dell’azienda.

Nella realtà non è semplice, ma potendo sDmare in modo abbastanza preciso le dinamiche
del ke e ki, e potendo dunque calcolare il Wacc, studiando la funzione si può idenDficare il
punto di minimo, dunque il range che massimizza il valore dell’azienda.

Si riesce a contenere il Wacc fin quando l’impresa non aumenta il rischio oltre la soglia di
sicurezza di indebitamento aziendale.

Teoria dell’irrilevanza (Modigliani e Miller, ’58 e seguenD).

Presuppos5 del CaraGeris5che Considerano:


modello
Piena efficienza informaDva
MERCATI REALI
PERFETTAMENTE Assenza di frizioni (cosD di Imprese quotate in stato
CONCORRENZIALI transizione, fallimento e fiscali) stazionario (nessuna crescita,
risultaD economici = risultaD
MERCATI Operatori (imprese e finanziari)
FINANZIARI invesDtori) perfeNamente
PERFETTI razionali e omogeneamente Le imprese emeNono soltanto:
informaD Titoli di debito (onerosità pari
al rfr)
Pari possibilità di concedere o Azioni ordinarie
contrarre presDD al tasso privo
di rischio.

Affermano che l’impresa non può modificare il suo valore finanziario complessivo, che è pari
al valore dei flussi di cassa operaDvi aNesi, modificando il mix delle fonD di finanziamento
usate per finanziarie gli asset.

Sostengono che il valore dell’impresa, se levered o unlevered, non cambia, hanno solo una
diversa struNura del passivo.

Individuano dei raggruppamen5 nel mercato di imprese omogenee soNo il profilo del
rischio opera5vo. Queste avranno la stessa variabilità dei risultaD operaDvi aNesi e stesso
Wacc. Nelle classi omogenee, secondo tali ipotesi il ki = RFR.

146
Introducono il ku costo del capitale unlevered, delle imprese che non hanno debito, legato
esclusivamente alla loro rischiosità operaDva (che è lo stesso per le imprese appartenenD
alla stessa classe).
SP (unlevered)-1 SP (levered)
ATTIVO PASSIVO ATTIVO PASSIVO

Bond
Share (PN) (capitale di terzi,
finanziamenD che
l’azienda riceve )
Share
(Il capitale sociale, PN)

PRIMA PROPOSIZIONE: il valore di mercato di qualsiasi società è indipendente dalla sua


struNura di capitali. Il valore di un’impresa FVL non è quindi influenzato dalle sue poliDche
finanziarie struNurali.

Il valore di mercato FVL dell’impresa che produce risultaD operaDvi EBI (earning before
taxes) costanD e perpetui, e si finanzia con un mix di capitale di debito B e capitale proprio S,
in un mercato perfeNo:

FVL = ( S + B ) = EBI / kuc

kuc indica il costo del capitale unlevered coerente cona la classe di rischio a cui apparDene
l’impresa.

Il rapporto tra il risultato operaDvo aNeso e il valore dell’impresa, esprime il costo del
capitale opera5vo ko, ovvero la media ponderata dei cosD del capitale proprio e di presDto.

EBI / FVL = ko = ke • S / FVL + ki • B / FVL

➯ Nelle condizioni del modello (mercaD perfeP e in equilibrio) il Wacc = ko = kuc.


In altre condizioni non è vero. È vera solo non considerando la parte fiscale (infaP ci si ferma
all’EBI) e ci si trova in un mercato perfeNamente concorrenziale divisibile in classi di rischio
omogenee.

Il valore dell’azienda si va a
suddividere tra la parte aNualizzata
dei flussi di cassa della parte dei
finanziamenD, e la parte dei flussa
di cassa relaDvi all’equity.

147
SECONDA PROPOSIZIONE. MM si rendono conto che la I prop. è poco applicabile alla realtà.
Si rendono conto che aumentando la leva finanziaria potrebbe mutare il valore dell’azienda,
perché muta la percezione del rischio da parte della proprietà.

Considerando un’impresa appartenente ad una determinata classe di rischio, finanziata con


un mix di mezzi di debito e propri, il costo del capitale proprio ke è pari al costo del capitale
unlevered ku più il primo per il rischio finanziario:

ke = kuc + ( kuc - ki ) • B/S

La percezione del rischio per la proprietà aumenta all’aumentare dell’indebitamento, quindi


aumenterà anche il ke.

[Se invece considero l’impresa non indebitata rimane ke = ku, perché ki non c’è e dunque
essendo 0 il secondo addendo scompare].

ke cresce all’aumentare
dell’indebitamento, perché è
maggiore il rischio di non riuscire a
resDtuite quanto ricevuto in
presDto (rischio finanziario).

Ki come da ipotesi è indifferente al


grado di indebitamento ed è uguale
al RFR.

MM compiono un ulteriore passo avanD, considerando l’aumento del ke all’aumentare


dell’indebitamento dovuto alla maggiore percezione del rischio da parte della proprietà,
considerando ora l’imposizione fiscale e l’esistenza del rischio di credito. Rimuovono
dall’analisi le due condizioni Dpiche dei mercaD perfeP.

MM ammeNono che nei mercaD reali non può esistere un unico tasso di interesse per tuNe
le operazioni di finanziamento, dato che esistono diverse forme tecniche di finanziamento,
con durate diverse, e che il merito crediDzio varia a seconda del prenditore.

Dunque riconoscono che all’aumentare del rapporto di indebitamento aumenta anche la


rischiosità percepita dai prestatori, che quindi esigeranno un premio per il rischiosi elevato.
(rischio di credito)

Ciascuna impresa in base alle poliDche di finanziamento che intende adoNare negozia sul
mercato a tassi di interesse più o meno elevaD.

148
Il RFR rimane costate. Il ku = ko
è ugualmente costante.

Il ke, nell’hp precedente


crescente, ora arriva ad un
punto di massimo poi scende.

Il ki invece cresce fino a poter


arrivare all’ inversione del
rischio*.

ConDnuando la curva si può


arrivare al punto in cui i
finanziatori percepiscano più rischio della proprietà, dunque il ki supererebbe il ke (i
creditori considerano il capitale proprio insufficiente perché considerano anche gli eventuali
cosD di default e del dissesto, e si sentono assoggeNaD al rischio economico d'impresa).

[*Paradosso della teoria della rilevanza. L’individuazione della struNura finanziaria oPmale
(nel range di minimo del wacc) dipende dalla percezione del rischio aziendale dei finanziatori
in linea di presDto. Se questa aumenta con il livello di indebitamento, il costo del debito deve
scontare un premio per il rischio ki tanto più elevato quanto il financial leverage cresce. ]

TERZA PROPOSIZIONE. Hanno già analizzato la parte del passivo con i rischi associaD, ora
aNenzionano cosa accade alla parte dell’aPvo (che incide sulla formazione del ko). Spiegano
dunque le implicazioni delle loro analisi sulle poliDche aziendali invesDmento, illustrando le
connessioni tra struNura finanziaria e scelte di capital budgeDng.

Prendendo a presDto del denaro probabilmente, a meno che non distribuisca dividendi, sarà
invesDto in azienda. Si può così migliorare la situazione aziendale se si riesce ad invesDrlo ad
un tasso maggiore di quello di mercato che ha pagato per prendere a presDto il capitale.

TuNo ciò è vero se l’azienda riesce a considerare quegli invesDmenD che consentono un
tasso di rendimento superiore o almeno uguale al costo di finanziamento. (altrimenD si ha
una perdita)

Riprendono le classi di rendimento considerate prima effeNuando delle variazioni, poiché


considerano che i finanziamenD presi dall’impresa producono anche un effeGo fiscale, che
comporta un beneficio sui flussi di cassa dell’azienda, quindi può creare del valore.

Prendono dunque in considerazione il NOPAT (invece che l’EBIT), considerando


raggruppamenD di imprese omogenei per i risultaD operaDvi neP di imposte.
NOPAT = EBIT (1 - t)

kuc è il tasso di sconto idoneo per aNualizzare i flussi per ciascuna classe e definire il
valore delle imprese unlevered. FVU = NOPAT /kuc

149
Il valore di un impresa indebitata deve considerare le remunerazioni che riesce a genare
per i proprietari (NI) e per i finanziatori (IP). Considerano quindi il NOPLAT per valutare
come il beneficio fiscale incide sul valore dell’azienda (i risultaD d’imposta bf derivanD
dalla deducibilità degli IP si traducono in maggiori uDli neP per la proprietà) (bf = t • IP).

IP + NI = NOPLAT = NOPAT + bf

Tenendo conto della tassazione, la I preposizione si modifica, e il valore dell’impresa


indebitata non è più uguale al valore unlevered, ma è pari a questo + il cd. scudo fiscale TS
(tax shield, parte risultante dal beneficio fiscale).

FVL = FVU + TS

Secondo MM, il TS è pari al valore aNuale dei futuri benefici fiscali, scontato ad un tasso pari
al costo del capitale di presDto.

TS = bf / ki = ( t • IP )/ ki = t•B

L’impresa quindi può modificare il proprio valore modificando il mix delle fonD di
finanziamento (poliDche finanziarie struNurali, con valenza strategica).

Dunque comparando due imprese


idenDche, ecceNo che per la struNura
finanziaria, quella più indebitata avrà
valore superiore rispeNo a quella meno
indebitata. Poiché mentre il capitale
proprio non da benefici fiscali, il capitale
preso in pres9to dà benefici fiscali.

Dato che le poliDche finanziarie struNurali


possono incidere sul valore dell’azienda
vengono elaborate nel piano (per la
massimizzazione del valore aziendale).

Il costo medio ponderato del capitale ko (nell’ipotesi di risultaD costanD e perpetui, come da
condizioni del modello) che è pari al rapporto tra risultato operaDvo dell’impresa e valore
d’impresa, NOPLAT / FVL, non sarà più uguale al ku, ma inferiore, e decrescente al crescere
del leverage.

ko < kuC dunque il ko è sensibile alla struNura finanziaria.

150
Altre teorie.

Ulteriori modelli teorici, la trade-off theory e la pecking order theory, tengono conto delle
variabili esogene e le asimmetrie informaDve che possono alterare il legame tra le scelte di
finanziamento e il valore aziendale indicato dal modello di MM.

La trade-off theory spiega teoricamente come la struNura oPmale può essere confermata
dai cosD di default. Nella dinamica del valore di impresa, i cosD del dissesto CD, man mano
che aumenta l’indebitamento, fanno crollare il valore dell’azienda.

Il valore d’impresa levered: FVL = FLU + TS - VA(CD)

La pecking order theory nega che le scelte manageriali perseguano la struNura target.
L’asimmetria informaDva indurrebbe a perseguire una gerarchia prestabilita delle fonD di
finanziamento. Notano che i manager normalmente seguono un ordine delle fonD di
finanziamento che uDlizzano che va dalle aperture in conto corrente, ai mutui e solo alla
fine (se l’azienda è grande) valutano l’emissioni di obbligazioni o di nuove azioni.

Connessioni logiche tra i costi del capitale (cap. 14)

L’azienda ha delle strategie di inves5mento e deve decidere su quale invesDmento invesDre (A, B, C).
Prenderà tale decisone sulla base di avere un ritorno, al fine di creare valore.

Questo procedimento va e definire il profilo del rischio opera5vo dell’azienda (a cui è associato il
costo ku, che in alcune condizioni può coincidere con il ko), dal lato dell’aPvo. Dal lato del passivo si
trovano il rischio di credito (a cui è associato il costo ki)(sopportato dalla proprietà, se l’azienda non
riesce a produrre uDli a sufficienza) e il rischio finanziario (a cui è associato il costo ke) (percepito dai
finanziatori, di non vedere remuneraD i finanziamenD concessi).

Considera inoltre il rischio associato ai singoli progeP, e dunque il relaDvo costo kp.

151
Capitolo 11: Politiche di dividendo

Gli azionisD vengono remuneraD aNraverso i dividendi o con la vendita delle partecipazioni,
tramite il differenziale posiDvo di valore tra vendita e acquisto della partecipazione.

OggeNo della poliDca dei dividendi: la decisione di distribuzione degli uDli soNo forma di
dividendi, determinando conseguentemente il reinvesDmento nell’impresa della parte non
distribuita.

Domande:

1. La poli9ca di dividendi influenza o meno il valore impresa?

Le poliDche dei dividendi vengono pensate dai manager in fase di pianificazione, in


coerenza con il driver di massimizzazione del valore d’impresa. Se si stabilisce che
tramite la poliDca dei dividendi è possibile massimizzare il valore dell’azienda, questa
assume caraNere di decisione strategica, è per questa affrontata nella sede di
pianificazione.

2. In caso afferma9vo, esiste una poli9ca dei dividendi oJmale, in grado cioè di
massimizzare il valore dell’impresa? (è l'argomento valutato nel capitolo stesso)

3. Come funziona la distribuzione dei dividendi?

Dal momento in cui viene deliberata la distribuzione dei dividendi, e il momento in cui
quesD vengono elargiD può trascorrere un periodo anche di diversi mesi. I dividendi
vengono tassaD; la tassazione sta i capo a colui che percepisce il dividendo, dunque al
momento della distribuzione una parte viene traNenuta a fronte di tali imposte.
La tassazione varia di paese in paese. La tassazione va tenuta in considerazione perché
può influenzare le scelte compiute dagli invesDtori.

La modalità più conosciuta prevede:

assegnazione: Il responsabile finanziario e gli amministratori stabiliscono la misura


da distribuire ai soci. La fase di assegnazione si perfeziona con l’approvazione del
bilancio, ossia quando la proprietà delibera sulla distribuzione degli uDli.

erogazione: si individuano le modalità di pagamento che possono essere o in


contanD, o tramite l’emissione di nuovi Dtoli di proprietà assegnaD ai soci.

tassazione: determinazione del carico di imposte che grava sui dividendi da


distribuire.

pagamento: avviene il pagamento all’intestatario del Dtolo di proprietà nel giorni


antecedente alla data di stacco del dividendo.

152
Remunerazione del capitale.

Il responsabile finanziario, in relazione ai dividendi, deve:

in primis considerare le aspeBa9ve di remunerazione della proprietà. In un’azienda


quotata, disaNendendo le aspeNaDve della proprietà si corre il rischio che nessuno compri
le azioni dell’azienda.

uDlizzare i rendimen9 espressi dal mercato finanziario per avere indicazioni sulle
poliDche di remunerazione del capitale aziendale. In tal modo potrà assumere
comportamenD analoghi alle sue principali concorrenD.

NB: La remunerazione del capitale di rischio richiede l’uDlizzo di risorse finanziarie. Genera
quindi un fabbisogno che deve essere coperto. Per questo le poliDche di finanziamento sono
streNamente connesse con le aspeNaDve della proprietà. Nella selezione delle più
opportune fonD di finanziamento si deve tenere conto anche la remunerazione della
proprietà.
Esempio: se delibero di distribuire dividendi per l’anno successivo in due tranche, ad esempio Maggio
e Novembre (mesi a caso), in fase di programmazione bisogna essere cerD di prevedere la
disponibilità finanziarie di quei flussi in quei due mesi. AltrimenD il rischio è, oltre quello di perdere
disponibilità liquide, di dover anche chiedere ulteriori finanziamenD per avere le risorse per la
distribuzione dei dividendi (che se sono staD deliberaD, devono essere distribuiD comunque). Si
incappa così in un costo che poteva essere evitato.

Quindi oltre alle esigenze della proprietà occorre oNemperare anche le esigenze di
programmazione.

Teoria tradizionale (primi anni ’50)

Gli invesDtori sembravano prediligere le imprese con poliDche di dividendo più generose.

Il modello di Gordon (’59) definisce che il valore d’impresa con dividendi illimitaD in crescerà
costante come:

VM0 = n • P0 = (n • div1 ) /( ke - g)

Dove VM0 è il valore di mercato dell’impresa all’epoca 0, al tempo in cui viene valutata;
P0 è il valore corrente del Dtolo azionario; div1 è il dividendo aNeso per l’azione al tempo 1;
g è il tasso periodale di crescita perpetua dei dividendi; n è il numero di azioni in circolazione
all’epoca 0.

La teoria ipoDzza che g e ke siano funzione decrescete del tasso di distribuzione degli u/li.
Questo per formalizzare l’avversione al rischio degli invesDtori, che considerano più incerto il
pagamento di un dividendo più lontano nel tempo.

153
Consegue che sul valore aziendale scaricano due tensioni contrastan5:

Da un lato, a seguito dei futuri invesDmenD, i futuri dividendi dovrebbero incrementarsi


quando gli uDli traNenuD sono reinvesDD in progeP con tassi di reddiDvità maggiori di
quelli del costo di capitale iniziale. (effeNo sul numeratore)

Dall’altro, il maggior costo del capitale richiesto dagli invesDtori a seguito del più elevato
rischio percepito determinerete una riduzione dei valore aGuale dell’azienda (e quindi
dei dividendi distribuibili).

La teoria tradizionale conclude che l’effeNo posiDvo del primo fenomeno (quello degli
invesDmenD) verrebbe superato dall’effeNo negaDvo del secondo, facendo propende per
una maggiore distribuzione dei dividendi.

Teoria dell’irrilevanza MM.

Se la struNura finanziaria dell’impresa è irrilevante nel creare valore per la proprietà, e se la


distribuzione di dividendi può essere neutralizzata con l’emissione di Dtoli di pari importo,
allora le poli9che finanziarie (di finanziamento e dividendo) sono irrilevan9 per il valore
d’impresa.

Secondo la teoria per gli invesDtori è sostanzialmente indifferente quale forma di


distribuzione l’impresa intenda adoNare, poiché gli effeP posiDvi sulla ricchezza prodoP dal
pagamento dei dividendi sono esaNamente compensaD dall’emissione di nuovi azioni e dai
presDD richiesD (al fine di pagare i dividendi).

Dunque il valore dell’impresa è funzione unicamente degli inves9men9 e dei seguen9 cash
flow realizza9.

In tale oPca la scelta sugli invesDmenD si configura come unica determinante in grado di
influire sul valore, e dunque sul livello di dividendi futuri che può distribuire. Valore
d’impresa e dividendi vengono quindi massimizza5 dagli inves5men5 il cui tasso interno di
rendimento è maggiore del costo-opportunità del capitale.

NB: Tale condizione è verificata solo in condizioni di merca5 perfe;, comple5 ed efficien5:

in cui le imprese possono determinare qualsiasi livello di payout senza compromeNere il


livello oPmale di invesDmenD realizzabili.

in tal modo l’impresa può erogare qualsiasi livello di dividendi senza oneri aggiunDvi,
coprendo il fabbisogno aNraverso il ricorso al mercato dei capitali.

154
Copeland e Weston (1994)

Poiché lo sviluppo è fruNo dei nuovi dei nuovi invesDmenD e il valore di quesD dipende dalla
somma invesDta e dal relaDvo tasso di rendimento, il valore di un’impresa unlevered può
essere determinato come:

Valore delle aPvità in essere in ipotesi di stazionarietà + VAN dei nuovi invesDmenD di
sviluppo (che è posiDvo se il tasso di rendimento ROI > ku).

con ROIt > 0.

In altre parole ciò significa che se si riescono a meNere in azienda degli invesDmenD che
producono un reddito maggiore di quello pagato per contrarre finanziamenD, è possibile
oNenere un guadagno.

Dunque come anche sostenuto da MM, la creazione di valore si lega non al lato del passivo
(gesDone dei finanziamenD e dei dividendi), ma al lato dell’a;vo dello stato
patrimoniale(invesDmenD). Da qui l’esigenza di pianificare la poliDca oDmale degli
invesDmenD.

La scelta della poliDca dei dividendi è irrilevante. Essendoci in realtà frizioni nel mercaD dei
capitali le imprese dovrebbero limitare il ricorso ad operazioni quali l’emissione, e dedurre
l’ipoteDco livello oPmale dei dividendi dai flussi di cassa che residuano dai progeP
intrapresi con rendimento interno maggiore del costo-opportunità (invesDmenD strategici).

LimiD della teoria dell’irrilevanza.

Presenta il limite di non interpretare in modo esausDvo i comportamenD degli invesDtori e la


dinamica dei prezzi rilevabili sui mercaD finanziari. Ciò che maggiormente indebolisce la tesi
dell’irrilevanza è l’effeGo dell’imposizione fiscale (presente in tuP i sistemi economici).

La tesi infaP si basa sulla possibilità che l’invesDtore possa indifferentemente:

o incassare l’uDle neNo soNo forma di dividendi, e soNoscrivere per lo stesso importo una
nuova emissione azionaria (nei mercaD perfeP) ➯ in realtà sulla nuova emissione deve
pagare delle imposte.

o rinunciare ad incassare l’uDle o parte di questo, che rimane come autofinanziamento


all’interno dell’azienda. [ I dividendi sono scelD dall’assemblea in fase di approvazione del bilancio,
quindi sono gli stessi azionisD che decidono la propria quota di dividendo. Difficilmente dunque tornano
indietro sulla propria scelta. ]

155
Tale indifferenza si lega all’ipotesi di omogeneità di tassazione tra le diverse forme del
capitale di rischio. In realtà i sistemi fiscali dei paesi capitalisDci hanno caraNerisDche che
influiscono sulle preferenze degli invesDtori in vari modi.

L’imposizione fiscale può alterare la convenienza economica, sia per le imprese che per gli
invesDtori, delle poliDche aziendali di dividendo e finanziamento.

Asimmetrie informaDve. I modelli teorici portano a conclusioni non univoche. Si osservano


casi di imprese che pagano dividendi costanD ed elevaD nonostante gli svantaggi fiscali, e
sembrano poi essere premiate dal mercato.

Questo implica che i dividendi debbano avere qualche effeNo sul valore aziendale (criDca
alla teoria a dell’irrilevanza). Il dividendo è spesso visto come strumento informaDvo, in
grado di dare noDzie sulla salute dell’azienda.

La teoria dell’irrilevanza, poggiando su ipotesi di mercaD perfeP, prevede altresì efficienza


informaDva. In realtà però i mercaD finanziari sono caraNerizzaD da asimmetrie informaDve.

Essendo i manager in possesso di informazione privilegiate e riservate sul futuro potrebbero


assumere comportamenD opportunisDci erogando dividendi elevaD per segnalare buone
prospePve sul futuro dell’impresa.

In realtà tali poliDche di dividendo stabili elevaD non sono sostenibili nel medio-lungo
periodo, sopraNuNo dalle imprese meno profiNevoli.

DifaP, poliDche di dividendo compaDbili con l’equilibro devono considerare: la possibilità di


creare valore e la sostenibilità finanziaria di piani aziendali.

Autofinanziamento e crescita. La tutela dell’equilibrio dovrebbe portare a livelli di


remunerazione del capitale che siano coerenD sia con le aspeNaDve della proprietà che con
le esigenze di autofinanziamento dei fabbisogni aziendali. Dunque la pianificazione
finanziaria dovrebbe definire una poliDca dei dividendi in grado di bilanciare il trade-off tra
remunerazione della proprietà ed esigenze di autofinanziamento.

Tale bilanciamento diviene parDcolarmente criDco quando l’impresa affronta processi di


crescita, specialmente se per periodi prolungaD, poiché caraNerizzaD da fabbisogni finanziari
elevaD. Per fronteggiare ciò, può esser necessario prediligere il reinvesDmento delle risorse
in azienda (anziché la distribuzione di dividendi) da calibrare con il ricorso al mercato dei
capitali.

QuesD si dimostrano disposD a finanziare un’impresa solo se oltre ad offrire opportunità


profiNevoli di invesDmenD presenta una condizione di equilibrio sostenibile nel tempo.

156
L’impresa è quindi vincolata a non peggiorare la sua struNura finanziaria, e la solvibilità, per
accedere al mercato dei capitali.

Implicazioni per il management. Sulle decisioni relaDve alla remunerazione dei mezzi propri
influiscono l’asseGo proprietario e le dimensioni dell’impresa. L’autofinanziamento infaP
assume un ruolo a diverso a seconda che l’impresa abbia una proprietà aperta o chiusa, e sia
di dimensioni grandi o medio-piccole.

Nelle imprese minori con capitale chiuso la ritenzione degli uDli diviene la fonte principale
per accrescere il capitale proprio e finanziare il business.

Le aziende maggiori con capitale aperto possono più facilmente ricorrer ad emissioni
obbligazionarie o azionarie, dunque a forme complesse di finanziamento.

Le poliDche di dividendo, come quelle di finanziamento, si muovono su esigenze di:


equilibrio finanziario e opportunità di creazione del valore.

L’ampiezza di tale spazio di manovra per il management è determinata dalle capacità di


autofinanziamento. Questo potrebbe essere necessario per:

aumentare i mezzi propri a disposizione dell’impresa per dare alla struNura finanziaria
una combinazione adeguata rispeNo ai fabbisogni e la reddiDvità della gesDone;

coprire parte dei fabbisogni legaD alla crescita dimensionale/operaDva che caraNerizza le
imprese in fase di sviluppo, senza modificarne la struNura finanziaria.

La teoria dell’ordine della scelta afferma che le aziende preferiscono nell’ordine:


finanziamento interno, debito, equity.

[ Dove prende i soldi l’imprenditore se gli u/li vengono ritenu/ per essere reinves// in
azienda? Dai compensi per gli amministratori che vengono deliberaD. Spesso quesD
compensi sono molD elevaD, poiché l’amministratore è illimitatamente.]

Capitolo 12: Funzionamento dei mercati finanziari.


( La prof si ricollega a: il processo semplificato “AspeNaDve, valutazioni, prezzi” cap.3)

Il sistema finanziario è definibile come l’insieme organizzato di strumenD, mercaD e


intermediari finanziari, aNraverso i quali gli operatori economici possono oPmizzare e
realizzare le loro scelte di impiego e allocazione dei capitali disponibili. È la struNura
fondamentale di ogni sistema economico capitalisDco.

157
È importante capire come l’impresa interagisce con i mercaD perché tramite tale interazioni
si determinano i prezzi e si concreDzzano le valutazioni dei dirigenD d’azienda e degli
operatori in surplus che intendono invesDre.

Il trasferimento si realizza se la rischiosità dei possibili impieghi è compaDbile con le


preferenze degli invesDtori in termini di percezione e propensione al rischio.

Per agevolare l’incontro, il sistema finanziario realizza una trasformazione del rischio
aBraverso la rimodulazione delle scadenze degli impieghi e la loro combinazione in
portafogli diversificaD. Con la rimodulazione delle scadenze si crea l’opportunità di negoziare
i Dtoli nel mercato secondario, in un momento successivo rispeNo alla prima emissione.

Il trasferimento di capitali dai soggeP in surplus ai soggeP in deficit può avvenire mediante:

CIRCUITI FINANZIARI DIRETTI, i soggeP in surplus soNoscrivono gli strumenD finanziari


emessi dai soggeP in deficit (merca9 aper9 o mobiliari).
Sulla base della scadenza delle aPvità finanziarie che vengono scambiate e sulla funzione
dei circuiD finanziari che vengono alimentaD si disDnguono:

MERCATO MONETARIO: scambio di aPvità finanziarie a breve scadenza, a basso


rischio e alta liquidità. Risponde ad esigenze di liquidità.

MERCATO FINANZIARIO: scambio di Dtoli a medio e lungo termine, incluse azioni e


obbligazioni emesse dalle imprese. Consente la copertura dei fabbisogni legaD ad
impieghi di medio-lunga durata (invesDmenD aziendali in capitale fisso)

CIRCUITI FINANZIARI INDIRETTI, in cui il trasferimento è mediato da operatori


specializzaD, gli intermediari finanziari.

Come funziona il mercato?


Il prezzo scaturisce dall’incontro della domanda e dell’offerta e le successive negoziazioni.
Nel mercato finanziario si negoziano sia azioni che obbligazioni. Le obbligazioni sono
normalmente di perDnenza della grande azienda, considerando i maggiori cosD e la
necessità di un’efficiente struNura per la gesDone che la piccola azienda non può permeNersi
né dal profilo dei cosD che organizzaDvo. Le azioni scambiate nel mercato regolamentato
sono quelle delle grandi aziende quotate.

Il prezzo include le aspeBa9ve degli inves9tori. Il prezzo sconta da un lato i valori futuri che
gli invesDtori pensano che l’azione possa vare; allo stesso modo, dall’altro lato sconta le
aspeNaDve dell’azienda.

Si traNa di un gioco che si concreDzza in un mercato reale di scambio, ma dove in ballo ci


sono delle aspeNaDve (da entrambi i laD).

158
Esempio: Caso di un’azienda che non sta andando bene ma è stata aNenta a rispeNare a rispeNare la
normaDva. Non è stata ancora messa in liquidazione ma nutre forD dubbi. Adegua i valori di bilancio,
e nel fraNempo conDnua ad essere sul mercato.

Gli inves9tori saranno pron9 o no ad inves9re in questa azienda? A che prezzo e perché?

Il prezzo sarà in funzione del rischio e della possibilità di oNenere risultaD posiDvi futuri.
In caso non vi siano aspeNaDve per quesD risultaD pagheranno solo per il rischio. A meno
che non posseggano informazioni privilegiate su un possibile andamento posiDvo per cui
saranno disposD a pagare di più.

Il prezzo include le aspeNaDve sui flussi di cassa prospePci, che sono i flussi di cassa
esposD al rischio (perché futuri).

Se i grossi flussi di cassa che si prevedono, si prevedono nell’immediato futuro (che è


meno incerto), il prezzo dell’azione che l’invesDtore sarà disposte a pagare è migliore.

“non operazione”: Qualsiasi informazione sul mercato è rilevante nella definizione del
prezzo, anche l’assenza di negoziazioni.

Fornisce un’informazione dal lato azienda sostenendo che il mix di valutazioni che ha
comunicato non viene percepito come di valore di mercato, poiché nessuno sta
comprando le sue azioni. Dall’altro lato fornisce l’informazione che gli invesDtori sono tuP
allineaD nel non voler invesDre in questa azienda (in base al prezzo o alla propensione al
rischio).

TuNe le negoziazioni avvengono dunque forza ragione (dunque nelle negoziazioni che
avvengono da entrambi i laD), e forza del “disinteresse”( anche il disinteresse di un Dtolo
viene inglobato in esso).

Diffusione del valore.

Wfin: il management, sulla base delle aspeNaDve esplicitate nei piani comunicaD al mercato
e di cosD di capitale coerenD con la rischiosità dell’impresa, perviene alla s5ma del valore,
(punto di partenza del processo di diffusione del valore).

Wm: Gli operatori di mercato, sulla base dei piani aziendali e le informazioni effePvamente
disponibili, applicando modelli e metodi valutaDvi coerenD con le loro strategie di
invesDmento (propensione al rischio e disponibilità di quel momento), pervengono a s5me
di valore intrinseco dei Dtoli emessi dall’impresa.

159
Pm: Le proposte di acquisto/vendita dei Dtoli, basate su sDme soggePve di valore intrinseco
operate dagli inves5tori e sulle loro aspeNaDve sulle dinamiche di mercato, determinano le
negoziazioni da cui scaturiscono i prezzi di mercato.

Nell’ipotesi di correBa diffusione del valore vi è un’allineamento tra le valutazioni del


management e degli invesDtori. Gli invesDtori assumono un rischio pari alle proprie
aspeNaDve e ad un prezzo che rispecchia il rischio dell’operazione.

L’ipotesi della correNa


Corretta diffusione del valore
diffusione è la migliore, ma
anche la più complicata da
raggiungere. In un mercato
ben funzionante è possibile
raggiungere questa
situazione.

Altre ipotesi:

iper diffusione del valore.

La valutazione del mercato è maggiore rispeNo a quella del management. Questo può
accadere o quando il mercato è inefficiente soGovaluta i rischi dell’azienda, che invece
vengono percepiD come più alD da parte del management;
o quando il mercato è efficiente ma gli inves5tori sono più o;mis5 del management;
o quando il mercato è efficiente ma gli inves5tori sono irrazionali e compiono una sDma
errata.

Nei mercaD funzionali quesD


divari tendono a riassorbirsi e
le valutazioni si riallineano.
Se ciò non accade potrebbero
prodursi delle bolle
specula/ve le quali generano
forD rischi nel mercato.

160
Ipo-diffusione del valore. Quando le valutazioni del mercato sono inferiori rispeNo a
quello del management. Può essere dovuta, oltre che a inefficienze del mercato e
irrazionalità degli invesDtori, al faNo che gli operatori possano avere aspeNaDve più
pessimisDche sulle prospePve aziendali.

Potrebbe inoltre essere che


l’impresa non riesce a
comunicare il proprio valore, o
non viene percepito come tale
(Dpico dei casi di delis/ng). È
una situazione non posiDva per
l’azienda, ma non così rara.

Esiste un modello di equilibrio che aiuta a stabilire il prezzo di un par9colare bene che si
chiama rischio? (Qual è il prezzo per il rischio in un mercato in equilibrio)

Andiamo ad includere il rischio quando consideriamo l’avverarsi di più scenari possibili


(ricordando che il rischio non ha connotazione esclusivamente negaDva).
Il prezzo in equilibrio del rischio è determinabile aNraverso due modelli: CAPM e ATP. (cap 13)

Quando gli invesDtori investono sul mercato selezionano un paniere di inves5men5, che
tenga conto del rischio (in base alla loro propensione/avversione, e alle proprie aspeNaDve
di invesDmento/guadagno) cercando di minimizzarlo. Cercheranno Dtoli con diverso grado di
rischio, facendo aNenzione che non reagiscano alla stessa maniera alle variazioni di mercato.

➯ Se si muovono differentemente, e hanno diverso grado di rischio, c’è maggior probabilità


di miDgare il rischio e mantenere il capitale invesDto.

Strategie di portafoglio.

Costruire un paniere di diversi asset su cui invesDre

Il rendimento aNeso del paniere è pari alla media ponderata dei rendimenD aNesi degli
asset che conDene.

Teoria di portafoglio (Markowitz ’52 e ’59): diversificando gli invesDmenD è possibile


diminuire l’impaNo che un singolo Dtolo può avere sul rendimento complessivamente
oNenibile dall’invesDtore.

161
Come può il rischio (misurato tramite la VAR) essere frazionato in un portafoglio?
La diversificazione permeNe di ridurre il rischio specifico (che scaturisce da faNori specifici
riguardanD le singole aPvità). Mentre il rischio sistema5co (derivante faNori comuni che
agiscono su tuNo il sistema economico-finanziario) non può essere diversificato.

In un mercato perfeNo ci si deve aspeNare che la variabilità dei risultato di un portafoglio


ben diversificato sia più bassa della media ponderata delle singole aPvità che lo
compongono.

Perciò le aspeNaDve di rendimento degli invesDtori dovrebbero considerare solo la


rischiosità di un Dtolo non riducibile con diversificazione (considerando che una parte del
rischio è eliminato dal portafoglio).

Il rischio può aumentare in portafoglio? Sì, se non riesco a diversificare adeguatamente ad


esempio prestando aNenzione solo ai rendimenD e non al rischio

ImpaNo della rischiosità di ciascun Dtolo sulla rischiosità del portafoglio.

Esempio numerico

RENDIMENTI

1° 1/3 2° 1/3 3° 1/3 SM SD


Titolo A (xA) 8% 10% 12% 10% 2%
Titolo B (xB) 7% 10% 13% 10% 3%

Portafoglio 50% A
50% B

Portafoglio 7,5% 10% 12,5% 10% 2,5%


Correlazione 1

Consideriamo un portafoglio di due Dtoli (aPvità rischiose), A e B.


Questo portafoglio è cosDtuito nel tempo con il 50% del Dtolo A e il 50% del Dtolo B.
Avendo correlazione pari ad 1, entrambi partono da un valore minore che aumenta nel tempo
(avrebbero direzioni opposte con correlazione pari a -1). I due Dtoli al variare degli scenari si
muovono allo stesso modo, il rischio in questo caso aumenta.

xA e xB sono la percentuale di capitale totale impiegato nell’una e nell’altra. Il rendimento


aNeso e la varianza della loro combinazione saranno:
SMP = xA • SMA + xB • SMB

Ricordando che la misura del rendimento è la speranza matemaDca SM.

162
VARP = xA2 • VARA + xB2 • VARB + 2• xA • xB • COVA,B

dove COVA,B = SDA• SDB • corrA,B (corr è il grado di correzione)

Comprendere la correlazione tra i due Dtoli è importante al fine di capire come poter
abbassare la rischiosità del portafogli, poiché potrebbero muoversi allo stesso modo verso
l’alto, alzando il rischio. Non basta valutare come il singolo Dtolo si muove al variare degli
scenari.

InfaP, contrariamente all’esempio, se la correlazione è pari a -1 il rischio del portafoglio è


minore, poiché i due Dtoli si muovono in direzioni opposte.

Considerazioni:

I rendimen9 aBesi sono soggeJvi: ciò dipende dalle informazioni disponibili e le capacità
del soggeNo di interfacciarsi con le situazioni, dalla propensione al rischio e dalle
aspeNaDve.

Generalmente le aspeBa9ve hanno alla base gli andamen9 storici: Fino a qualche anno
fa questa affermazione poteva considerarsi vera. Le aspeNaDve non si basano
esclusivamente sui daD storici, quesD hanno certamente un valore. Possono infaP
indicare la capacità di reazione dell’azienda. Nel tempo però le variabili stanno cambiando
al punto da non poter prendere i daD storici come principale riferimento; i daD storici di
bilancio potrebbero non essere più indicaDvi.

I daD storici (più recenD, max 3-5 anni) permeNono di analizzare la resilienza e la
rea;vità dell’azienda. Se nei momenD di grande beneficio come quelli di perdita l’azienda
mostra grande reaPvità, e la capacità di anDcipare il mercato, si può sDmare che anche in
futuro sarà così.

Per questo moDvo spesso il valore azionario delle aziende è collegato ai manager che vi
sono in quel momento, e cambiamenD del management possono provocare crolli di borsa
(esempio: FIAT con la morte Marchionne. In tal caso il mercato non era più sicuro della
resilienza dell’azienda).

L’azienda quando decide di inves9re in più aJvità crea un portafoglio.

Nei portafogli dei fondi normalmente ci sono mol9ssimi 9toli.

163
Criterio media-varianza. Gli invesDtori per selezionare i Dtoli considerano media e varianza
dei loro rendimenD periodali, calcolaD come somma di:

divided yield, il rapporto tra i dividendi percepiD nel periodo considerato, e il prezzo del
Dtolo ad inizio periodo; DY = DIVt+1 / Pt (qui considera il “caso illimitato”, in cui non vi è
l’intenzione di vendere il Dtolo

capita gain, il guadagno/perdita per l’invesDtore nel periodo considerato, rapportato al


prezzo iniziale; CG = (Pt+1 - Pt) / Pt

(Nel caso gli invesDtori decidessero di non essere più azionisD, al flussi di dividendi sommano
il valore dell’azione al momento in cui intendono venderla, che in qualche modo è il terminal
value.)

Il rendimento totale è dato dalla somma dei due. Rt+1 = DY + CG

Dunque i paramenD valutaD per l’invesDtore sono la speranza matemaDca dei rendimenD
alternaDvi aNesi dal Dtolo (SM) e la varianza (VAR).

Raffigurazione grafica di
un portafogli con due
Dtoli rischiosi A e B,
considerandone il profilo
rischio-rendimento.

A presenta un rischio,
dunque anche un
rendimento, maggiore.

Volendo cosDtuire un portafoglio si può decidere se acquistare Dtoli A, B o una


combinazione con i due. Ovviamente man mano che si toglie B e si aggiunge A sale il rischio
-rendimento.

Se i due Dtoli sono perfeNamente correlaD CORRA,B = 1 (come nell’esempio numerico)


al variare di qualsiasi condizione di mercato, il rischio rendimento di portafoglio sarà pari a
quello dei Dtoli che conDene, che non vengono compensaD poche si muovono allo stesso
modo.

Nel caso dei Dtolo con CORRA,B = - 1 sarà possibile minimizzare il rischio trovando la giusta
composizione in portafoglio tra A e B, arrivando a mantenere totalmente il capitale invesDto
(quindi il rischio è azzerato). Questo nella realtà non accade quasi mai.

164
Un’ipotesi più realisDca mira alla composizione di portafogli in cui -1 < CORRA,B < 1 in cui è
possibile con un uguale rendimento della prima sopportare un rischio molto minore.
Scendendo lungo la curva si perde meno rendimento in maniera più che proporzionale
rispeNo al rischio.

Nella fase discendente della curva si perde rendimento all’aumentare del rischio,
rappresenta la combinazione che nessun invesDtore razionale sceglierebbe che giace soNo al
punto di portafoglio a varianza minima MVP. (poiché oNerrebbero un rendimento migliore
spostandosi nella parte inclinata posiDvamente)

È possibile dunque delineare la fron5era efficiente (curva AC) che corrisponde all’insieme di
combinazioni di Dtoli per cui ad una data varianza non corrispondo altri portafogli che
offrono un rendimento medio più alto.

FronDera efficiente e MVP con più Dtoli rischiosi. Generalizzando queste considerazioni a più
Dtoli rischiosi si giunge alle stesse conclusioni.

I rendimenD aNesi possono essere calcolaD:

come media probabilisDca dei rendimenD alternaDvi aNesi del portafoglio:


SMP =⅀ps • rps

come media ponderata dei rendimenD medi dei Dtoli in portafoglio: SMP = ⅀xi • SMi

La variabilità dei rendimento del portafogli può essere determinata:

(Sono le stesse formule viste precedentemente ma generalizzate per n Dtoli, e non più solo due)

Nel capito 1 si è visto come in condizioni di incertezza esista un trade-off per il consumatore
tra consumo e risparmio. Le stesse funzioni di u/lità possono essere riproposte in termini di
trade-off rischio-rendimento.

Le curve di iso-uDlità rappresentano funzioni


posiDve del rischio. L’inclinazione crescente
simboleggia difaP l’avversione al rischio degli
invesDtori.

Tali curve devono essere posiDve, di modo che


all’aumentare del rischio aumenD anche il
rendimento.

165
È possibile individuare il
portafoglio o;male di ciascun
invesDtore, ossia la combinazione
di rischio-rendimento che
massimizza la funzione di uDlità.

Tra le varie curve di uDlità


crescente, ovviamente il
consumatore preferita quella più
alta, posizionandosi sul punto D.

D è il punto in cui il tasso marginale soggePvo di sosDtuzione tra rischio e rendimento (MRS)
uguaglia il saggio marginale di trasformazione tra rischio e rendimento (MRT).
Dunque in D ➯ MRS = MRT.

L’uguaglianza del punto D determina anche il prezzo soggeDvo per il rischio, che è il
rendimento minimale che ciascun operatore esigerà per assumere una dose aggiun9va di
rischio, mantenendo inalterato il livello di uDlità aNesa dall’invesDmento.

FronDera efficiente con Dtoli rischiosi e Dtoli risk free.

Nei mercaD esistono aPvità prive di rischio, che cioè sono soggeNe solo a rischio
sistemaDco, come ad esempio i BOT che vengono considerate a rischio zero (ma lo è solo il
rischio specifico).

È possibile costruire portafogli che contengano una combinazione di aPvità risk free e
aPvità rischiose.

Le reNe che fuoriescono dal rfr indicano il rendimento conseguibile con portafogli di sole
aPvità non rischiose.

La reNa che origina dal rfr che risulta


tangente al portafoglio di mercato
(fronDera BMA) rappresenta tuNe le
possibili combinazioni di Dtoli
rischiosi e non rischiosi che gli
invesDtori razionali realizzeranno in
base alle rispePve funzioni di uDlità.
Rappresenta dunque la nuova
fron9era efficiente in un mercato dei
capitali con aPvità prive di rischio.
(Sempre in ipotesi di mercaD perfeP, operatori razionali)

166
Tale reNa prende anche il nome di Capital Market Line, CML.

Nel modello possono in realtà essere idenDficate due reNe, una è appunto la CML e l’altra è
la security market line SML. Le due riferiscono per il rischio.

La CML include il rischio generico, nel modello va ad inserire il rischio di portafoglio (asse x).
La SML invece nell’asse delle ascisse pone il faBore Beta.

La CML fornisce una semplice


relazione lineare tra rischio e
rendimento per portafogli
efficienD di aPvità rischiose e
prive di rischio.

In condizioni di equilibrio (in cui


il MRS è lo stesso per tuP) la
pendenza della CML è il prezzo
di equilibrio di rischio epr.

Domande:

1. Quali sono le caraBeris9che principali del rendimento di un 9tolo? Il rendimento


(quanto ci aspePamo di oNenere da un invesDmento), la varianza (quanto è precisa la
sDma), e la covarianza (come l’invesDmento interagisce con gli altri invesDmenD in
portafoglio. RifleNe l’effeNo del Dtolo sulla varianza del portafoglio).

2. Cos’è la correlazione? È la covarianza standardizzata tra i rendimenD di due Dtoli.

3. Cos’è un portafoglio oJmale? È il portafoglio ammissibile che, in congiunzione con


l’aPvità priva di rischio, può dare il massimo aNeso a fronte del livello minimo di rischio.
È il portafoglio con il maggiore rapporto tra remunerazione e rischio rispeNo a tuNe le
possibili forme di allocazione del capitale.

Le condizioni sono: finanziamento aPvo e passivo privo di rischio, assenza di cosD di


transazione, esistenza di un Dtolo privo di rischio.

167
Capitolo 13: Modelli di pricing del rischio
Sia il CAPM che l'APT si basano sull'assunzione che ogni invesDtore:
è marginale, nel senso che non ha la capacità di guidare i prezzi di mercato;

è avverso al rischio, cioè preferisce, a parità di rendimento aNeso, invesDmenD meno


rischiosi e razionale, ovvero va alla ricerca della massimizzazione del proprio livello di
benessere (uDlità);

assume il parametro media-varianza come base per la selezione di opportunità


alternaDve di invesDmento (le curve di indifferenza sono definite in termini di media e
varianza dei rendimenD rischiosi delle aPvità negoziate);

adoBa poli9che di diversificazione per la costruzione di portafogli di invesDmento,


composD da Dtoli emessi da diversi e numerosi emiNenD.

I merca5 sono perfe; ed efficien5 dal punto di vista informa5vo, quindi l’invesDtore è
perfeNamente informato.

CAPM.

Il Capital Asset Pricing Model È un modello finalizzato a determinare i rendimenD che i Dtoli
rischiosi dovrebbero avere in ipotesi di equilibrio del mercato.

Orienta il pricing del rischio in funzione del contributo alla varianza di portafoglio che ogni
asset produce, partecipando alla formazione del rendimento medio incerto (rendimento
aNeso di mercato se il paniere include tuP gli asset di mercato).

[Dunque se aggiungo un Dtolo che aumenta la varianza di portafoglio, e dunque il rischio, in base a
questo modello dovrò avere un rendimento maggiore.]

IL CAPM è messo in relazione con la teoria soggePvisDca del costo del capitale la quale
suggerisce una via aNraverso la quale ciascun operatore può configurare pretese di
rendimento rispeNo al set di opportunità presenD sul mercato, preparandosi al confronto
con altri operatori, possibile aNraverso i meccanismi Dpici dei mercaD finanziari nei quali si
formano i prezzi.

La già citata Capital Market Line CML definisce i rendimenD di equilibrio di ogni aPvità
rischiosa presente sul mercato in funzione: della rischiosità misurata in termini di SD;
del prezzo di equilibrio del rischio epr, sDmato in base al trade-off rischio rendimento del
portafoglio di mercato.

168
Poiché gli invesDtori considerano che solo la parte di rischio sistemaDco deve trovare
remunerazione nei torni dell’invesDmento (poiché quello specifico) può essere minimizzato
la formulazione della CML deve essere rePficata tenendo conto della correlazione esistente
tra il singolo Dtolo e il portafoglio di mercato.

Formula CML rettificata

Indice beta. Il Beta misura la sensibilità del 9tolo alle variazioni dei rendimen9 del
portafoglio di mercato.

Misura la sensibilità di un Dtolo a faNori di rischio macroeconomici e quindi al rischio


sistemaDco;

Misura quindi il contributo marginale del Dtolo alla variabilità del portafoglio di mercato.

È dato dalla covarianza del Dtolo sul portafoglio di mercato, rispeNo alla varianza del
portafoglio di mercato: 𝛽h = COVh,M /VARM

Il rendimento aNeso di un Dtolo o di un portafoglio deve essere correlato posiDvamente al


beta dello stesso; maggiore è il rischio di un'aPvità finanziaria maggiore è il rendimento
aNeso correlato.

Il beta di un’impresa è determinato dal rendimento (quanto ci aspePamo di oNenere da un


invesDmento), la varianza (quanto è precisa la sDma), e la covarianza (come l’invesDmento
interagisce con gli altri invesDmenD in portafoglio. RifleNe l’effeNo del Dtolo sulla varianza
del portafoglio)

A questo punto è possibile introdurre la Security Market Line.

UDlizzando sulle ascisse il Beta


(variabile indipendente, poiché deriva
da elemenD non modificabili del
rischio) possiamo delineare la reNa che
descrive le combinazioni di rischio
rendimento che devono caraBerizzare
qualsiasi asset rischioso in condizioni
di equilibrio di mercato dei capitali.

La sua inclinazione è data dalla speranza matemaDca del portafoglio meno il risk free rate,
che cosDtuisce il premo per il rischio di mercato.

169
La SML cosDtuisce la rappresentazione grafica del CAPM.

Il rendimento aNeso di un Dtolo che ha 𝛽 = 0 è pari al rfr (poiché cercavamo il prezzo per il
rischio, ma se non c’è rischio il rendimento è pari al rfr)

Se 𝛽 =1 il rendimento aNeso del Dtolo é pari al rendimento aNeso del mercato (come nel
grafico).

In un portafoglio ampiamente diversificato il beta di un Dtolo é la misura appropriata del


rischio, quindi il rendimento aNeso del Dtolo sarà correlato con il beta.

rh = rfr + 𝛽 •(rm - rfr)

Il rendimento aNeso di un Dtolo è pari alla somma del tasso privo di rischio più beta per la
differenza tra il rendimento aNeso dal mercato e il tasso privo di rischio.

Il rendimento aNeso di un Dtolo è direNamente proporzionale suo Beta (perché il rischio è


sistemaDco quindi il rendimento è posiDvamente correlato al rischio).

Nel grafico il Beta del portafoglio di mercato è pari ad 1, quindi può essere preso il
rendimento aNeso del portafoglio di mercato. Potendo capire dove si colloca la reNa,
dunque il punto di partenza del rfr, con beta =1 è possibile capire qual è il rendimento
aNeso del portafoglio di mercato.

Il CAPM è il modello più usato nella prassi per misurare il rendimento minimale aNeso di
aPvità rischiose. Il premio per il rischio di mercato corrisponde alla pendenza della SML (=
SMm - rfr).

Ma spiega pienamente il rendimento dei 9toli azionari, degli inves9men9 e dei portafogli
finanziari? O fornisce solo indicazioni? Lo spiega pienamente in un modello semplificato.
Nella realtà si pone la necessità di valutare, in base al momento, se si verificano le assunzioni
del modello (che dipendono dall’orizzonte temporale preso a riferimento). Tendenzialmente
nel lungo periodo si verificano.

Approfondimento: Se un’azione giace al di soNo della SML è sopravvalutata, perché offre


un rendimento più basso rispeNo a quello richiesto dalla condizione di equilibrio di
mercato. Viceversa se si trova al di sopra.

170
LimiD del CAPM:

1. Assume un unico faNore di rischio (portafoglio di mercato) come variabile di riferimento


per determinare il rendimento aNeso di un Dtolo;

2. Vi sono difficoltà nell’individuare il portafoglio di mercato comprensivo di tuP i Dtoli


quotaD, ed efficiente in termini di media-varianza.

APT, Arbitrage Pricing Theory.

Può essere considerato un caso speciale del CAPM, che mira all’individuazione di del
portafoglio di equilibrio in cui il rendimento di mercato è il solo faBore rilevante. Partendo
da ciò individua tuP gli elemenD che possono avere un effeNo sul rischio.

Si basa quindi sui molD elemenD che generano il rischio.

L’equazione considera la speranza matemaDca del portafoglio R rePficato per il risk free
rate, andando ad evidenziare come ogni Dtolo sarà caraNerizzato da un delta 𝞭 meno rfr.

Delta 𝞭 è appunto il rendimento aNeso di quel Dtolo.

171
ESERCIZI

172
Esemplificazione 1.2 VALORE DEL TEMPO E VALORE DEL RISCHIO

L’obiePvo è andare a valutare la convenienza di un inves5mento, valutazione possibile


tramite il calcolo del VA e il VAN. Si considera in questo caso l’operazione di invesDmento di
Dpo PICO (invesDmento caraNerizzato da un solo impiego iniziale di risorse finanziarie, e una serie di ritorni
frazionaD nei periodi successivi che rappresentano il recupero di capitale/maturazione di guadagni) , con
durata di 5 anni e recupero finale del capitale iniziale (1.000).

Si ipoDzza che il tasso privo di rischio rfr = 6%, e il premio per il rischio adeguato alla
rischiosità dell’operazione corrisponde a rp= 4%.

SCHEMA DELL’INVESTIMENTO

Questa tabella rappresenta lo schema temporale dell’operazione pretendo in considerazione


dal tempo 0 in cui avviene l’impiego di capitale I di - 1.000€, che rappresenta l’unico cash
out flow COF dell’operazione (essendo questa di Dpologia PICO), i 5 anni successivi e la
relaDva sommatoria.

Vi sono poi flussi aBesi di ritorno CF (che vengono daD dalla prof) che saranno ricevuD
dall’anno 1 al 5. C’è poi il recupero di capitale CR (pari al capitale invesDto inizialmente che
viene recuperato a fine periodo) e va aggiunto al flusso di capitale preso in considerazione
(in questo caso nell’anno 5, in cui si ha 130 come flusso di ritorno + 1000 di recupero
capitale).

Si sommano verDcalmente i flussi aNesi di ritorno CF, con il recupero di capitale CR,
oNenendo i valore del cash in flow CIF, che vengono poi sommaD orizzontalmente (100 +
120 + 110 + 90 + 1130) nella colonna della sommatoria.

Si procede al calcolo del Net Cash Flow NCF, che è dato dalla differenza tra CIF - COF, pari a
1550 - 1000 = 550, 0 che rappresenta l’eccedenza nominale dell’invesDmento.

ONenuta la tabella con tuP i daD si calcola il costo-opportunità k = rfr + rp = 6% + 4 % = 10 %

Per valutare la convenienza economica di questo invesDmento, il VAN richiede


l’aNualizzazione dei flussi di cassa in entrata e uscita ad un tasso pari a k.

173
UDlizzando un tasso di aNualizzazione dunque pari al 10%, l’invesDmento risulta
conveniente, poiché il VAN risultante è maggiore di 0, e di conseguenza il VA è maggiore del
capitale inizialmente invesDto (considerazione da citare come commento finale nell’esame).

Ciò viene determinato calcolando il valore dell’inves5mento in condizioni di incertezza. In


questo caso il costo-opportunità Dene conto, oltre che il premio rfr, del premi per il rischio,
ossia il premio che il soggeNo richiede per assumersi il rischio di non poter recuperare il
capitale invesDto alla scadenza dell’operazione.

Le grandezze necessarie al calcolo del VA e il VAN sono:

1. il faGore di aGualizzazione calcolato con (1 + k)-t dove il costo opportunità k in questo


casi è 10% (quindi 0.1), e in -t si sosDtuirà con l’anno di riferimento.

Nell’anno t=0 è ovviamente pari a 1 (qualsiasi numero elevato alla 0 è 1).


In t1 è (1 + 0.1)-1, in t2 è (1 + 0.1)-2, in t3 (1 + 0.1)-3, in t4 (1 + 0.1)-4, in t5 (1 + 0.1)-5.
(i risultaD potrebbero risultare differenD rispeNo alla tab. del libro perché li sono staD eseguiD con excel)

2. si procede all’aGualizzazione delle uscite VA(COF), in questo caso vi è un unico COF di


-1000 in t 0. Per cui -1000 • 1.

3. allo stesso modo l’aGualizzazione delle entrate VA(CIF), che si oPene molDplicando i
CIF il faNore di aNualizzazione corrispondente allo stesso anno. Quindi CIFt • (1 + k)-t .
In t1 è 100 • 0,91, in t2 è 120•0,83, in t3 é 100•0,75 ecc.

4. ora è possibile calcolare il valore aGuale VA come sommatoria dei CIF aNualizzaD.
VA = ∑ VA (CIF) = 90,91 + 99,17 + 82,64 + 61,47 + 701,64 = 1.035,84

5. e il valore aGuale neGo VAN = ∑ VA (CIF) - ∑ VA (COF) = 1.035,84 - 1.000 = 35,84.

Per poter quanDficare il valore del tempo e il valore del rischio occorre determinare il valore
aNuale che l’invesDmento avrebbe avuto in condizioni di certezza. Si procede dunque a
compiere un procedimento analogo, adoperando ora un premio per il rischio nullo, per cui il
costo opportunità è dato ora solo dal rfr (premio per il tempo di aNesa dei ritorni speraD)
k = 6%. In questo caso si oNerranno un VA e un VAN superiori rispeNo al caso precedente.

174
6. Si calcola nuovamente il faNore di aNualizzazione come (1 + rfr)-t, dunque (1 + 0,06)-t, e
in modo idenDco si procede ad aNualizzare uscite COF ed entrate CIF. Si perviene così ad
un nuovo VA = 1.209,19 e VAN = 209,19.

7. È ora possibile calcolare il valore del rischio, che è il minor valore ne0o che cara0erizza
un inves/mento, dovuto al fa0o che parte dei suoi ritorni devo andare a remunerare il
rischio corso dall’inves/tore, dato dalla differenza tra il VAN in ipotesi di certezza e il VAN
in ipotesi di incertezza. 209,19 - 35,84 = 173,35

8. Il valore del tempo, che è il minor valore ne0o che cara0erizza un inves/mento per il
fa0o che i suoi ritorni non sono immediatamente disponibili per l’inves/tore, è invece
dato dalla differenza tra l’eccedenza nominale (che è la sommatoria dei flussi di cassa
prodo; o assorbi5 dall’inves5mento, in questo caso 550, ossia il risultato complessivo
dell’operazione NCF; in altre parole è quello che effe;vamente si guadagna
dall’invesDmento) il VAN in ipotesi di certezza. Dunque 550 - 209,10 = 340, 81.

9. Ora è possibile verificare come la differenza esistente tra l’eccedenza nominale (risultato
complessivo che non Dene conto della dimensione temporale e il rischio dei flussi aNesi) e il
VAN (risultato complessivo che ne Dene conto) è spiegata esaNamente dal valore del tempo
e il valore del rischio.

175
Esemplificazione 4.1 PRINCIPIO DI CASSA E PRINCIPIO DI COMPETENZA ECONOMICA

L’aPvità d’impresa produce risulta5 finanziari (flussi di cassa) ed economici (reddi5)


collegaD da un punto di vista conceNuale in quanto aspeP della stessa gesDone aziendale, e
dal punto di vista quanDtaDvo, in ragione delle variazioni patrimoniali prodoNe da questa.

ObiePvo dell’esercizio è valutare come le diverse competenze, prendendo a riferimento il


principio di cassa e di competenza economica, variano gli effePvi imporD all’interno
dell’impresa.

Le correlazioni quanDtaDve sono rappresentate nello schema:

In breve: I risulta5 economici (riportaD secondo il criterio della competenza economica)


riportano praDcamente le voci del conto economico (considerato nell’anno t1).

La colonna delle variazioni patrimoniali significa9ve viene oNenuta calcolando la differenza


tra le voci (tuNe tranne il patrimonio neNo) degli staD patrimoniali in t1 - quelle in t0.
Eseguendo le operazioni tra le voci dei risultaD economici e le variazioni patrimoniali
significaDve si oNengono i risulta5 finanziari (secondo il principio di cassa).

L’impresa in quesDone non è indebitata. I daD predispongo lo SP in t0, e lo SP in t1


(necessario per poter calcolare le variazione avvenute nell’esercizio), e il CE dell’anno t1.

176
La rilevanza finanziaria di tali daD sarà alta o bassa a seconda del livello di correntezza
finanziaria (presupposto fondamentale del valore aziendale, basato sulle differenze e le
relazioni tra il flusso di cassa e il reddito, che danno una visione di quanto la gesDone
economica e finanziaria son correlate in termini di dinamiche e risultaD) che ha
caraNerizzato la gesDone aziendale nel periodo considerato.

Per svolgere l’esercizio si parte dai RISULTATI ECONOMICI (competenza economica), che
cosDtuiscono esaNamente una copia del conto economico.

RISULTATI ECONOMICI t1 VARIAZIONI PATRIMONIALI RISULTATI FINANZIARI


(competenza economica) SIGNIFICATIVE Δ (principio di cassa)
+ RICAVI OPERATIVI + ENTRATE OPERATIVE
Ricavi per vendite 1200 CrediD vs clienD 400 - 200 = 200 Incassi delle vendite 1200 -200 = 1000
- USCITE OP. correnD
- COSTI OPERATIVI
Materie 200 Rimanenze 100 - 50 = 50 Pagamento acquisD 200 + 50 = 250
Servizi/Spese generali 150 DebiD vs fornitori 60 - 70 = -15 Pagam. spese/servizi 150 - (-15) = 165
Lavoro 150 DebiD vs dipendenD 0 Pagamento lavoro 150 - 0 = 150

MARGINE OPERATIVO LORDO 700 = FLUSSO DI CASSA RICORRENTE 435


- COSTI OP. NON MONTERAI - USCITE OP. non correnD
AmmortamenD 100 InvesDmenD neP 1800 - 1500 = 300 Uscite in conto capitale 100 +300= 400
AccantonamenD 50 Fondi 130 - 80 = 50 Pagam. per cosD presunD 50 - 50 = 0

= RISULTATO OPERATIVO 550 = FLUSSO DI CASSA OPERATIVO 35


Imposte (figuraDve) 30 DebiD tributari 30 - 12 = 18 Pagamento imposte 30 - 18 = 12

= RISULTATO OPERATIVO NETTO 520 Var. Patr. Sign. = F.C OPERATIVO NETTO 23

Si procede con le VARIAZIONI PATRIMONIALI SIGNIFICATIVE andando a vedere per alcune


voci dello SP (tuNe tranne il patrimonio neNo) quello che è avvenuto nei due esercizi,
Δ = t1 - t0, seguendo l’ordine del primo schema esemplificaDvo.

Tali variazioni patrimoniali vanno ad influenzare i risultaD dell’impresa, RISULTATI FINANZIARI


(principio di cassa):

1. I crediD vs/clienD variano gli incassi delle vendite. Agli incassi per vendite va soNraNa la
variazione dei crediD vs/clienD, poiché se aumentano i miei crediD vs/clienD significa che
quella parte di credito in aumento non l’ho incassata. 1200 - 200 = 1000.

2. Poi, al costo delle materie vanno aggiunte le rimanenze, 200 + 50 = 250 che cosDtuirà
l’effePvo pagamento per acquisD.

3. Servizi/spese generale: il libro disDngue in due voci ma la prof li considera congiuntamente (infaP li
ho calcolaD insieme). Ai servizi e spese generali (150) va soNraNa la variazione dei debiD vs/
fornitori ( -15) oNenendo risultaD finanziari pari a 165 (che il libero divide in 120 + 45).
Se tale variazione debiD vs fornitori è negaDva significa che i debiD sono diminuiD e
dunque li ho effePvamente pagaD.

177
4. Negli SP non sono riportaD debiD vs/dipendenD, dunque la voce pagamento lavoro nei
risultaD finanziari rimane 150.

5. Si oPene così il flusso di cassa ricorrente, come differenza tra le entrate operaDve
correnD - uscite operaDve correnD. 1000 - (250 + 165 + 150) = 435.

6. Agli ammortamenD va aggiunta la variazione degli invesDmenD neP, in modo da


rappresentare le effePve uscite in conto capitale 100 + 300 = 400.

7. Agli accantonamenD (50) va soNraNa la variazione dei fondi passivi (50) e ne risultano
pagamenD per cosD presunD pari a 0. Questo poiché è stato deciso di accantonare,
dunque soNrarre dalla cassa, un importo pari a 50, ma quell’importo non è
effePvamente uscito dall’azienda, è andato solo ad incrementare un fondo.

8. Si oPene il flusso di cassa opera5vo dal flusso di cassa ricorrente - le uscite operaDve
non correnD, pari a 35.

9. Il pagamento delle imposte corrisponde alle imposte figuraDve (30) - la variazione di


debiD tributari (12), pari a 18.

10. Si oPene il flusso di cassa operaDvo neNo, che indica la variazione di disponibilità
liquide, pari a 23 (35 -12). È possibile verificare se il F.C. OperaDvo NeNo è correNo
facendo la differenza tra le disponibilità liquide in t1 - quelle in t0.

Nonostante l’impresa abbia generato un reddito (risultato operaDvo neNo) pari a 520,
considerando il flusso di cassa operaDvo neNo pari a 23, non ha la possibilità di distribuire
dividendi senza ricorrere a fonD esterne di finanziamento, poche non dispone di liquidità
sufficiente. Ciò non deve essere necessariamente interpretato negaDvamente, poiché
potrebbe essere che le risorse finanziarie generate dalle arrivata ricorrenD (435) siano state
uDlizzate per incrementare gli invesDmenD dell’impresa, che significherebbe che l’impresa
sta perseguendo opportunità di crescita.

178
Esemplificazione 8.1 VARIABILITÀ DEI RISULTATI E GESTIONE: schemi per l’analisi del rischio

Per una conduzione della dinamica finanziaria dell’impresa corrente con l’approccio media-
varianza usato dagli invesDtori nelle loro valutazione, è necessario che il responsabile e il
management finanziario redigano dei prospeP aP a condurre l’analisi della rischiosità
aziendale.

L’obiePvo dell’esercizio è predisporre gli schemi di analisi per il rischio. Il punto di partenza
sono lo SP, il CE, la riclassificazione del CE e la riclassificazione del RF di un impresa “A”
indebitata. (Tali schemi nell’esame sono daD dalla prof, altrimenD gli imporD vanno inventaD, non ci sono
modalità per calcolarli)

Vengono riportaD gli scenari: pessimis5co (che descrive una situazione peggiore rispeNo a
quella in T0), normale (situazione migliore rispeNo a T0), o;mis5co (situazione ancora
migliore).

Per procedere all’anali del rischio si predispongono prima il CE riclassificato e il RF


riclassificato (che in realtà nell’esame dovrebbero essere daD dalla prof).

Per la riclassificazione del CE, il risultato operaDvo EBIT e il risultato neNo NI sono copiaD
dal CE precedente. Vanno inseriD NOPAT e NOPLAT (che vengono daD dalla prof, o al massimo
se dà altri daD possono essere calcolaD come NOPAT = EBIT (1 - t) - IRAP, e il NOPLAT = NOPAT + bf
dove bf può essere bf = t( IPn + OF) ).

Il RF riclassificato parte dal NOPAT (preso dal CE riclassificato), gli altri valori degli scenari
vengono inventaD FCFF, FCFFL , FCFE, Div.

179
1. Il primo schema dei RISULTATI REDDITUALI corrisponde al CE riclassificato, dunque si
ricopiano le voci e gli stessi imporD degli scenari. Le percentuali adoperate sono il 15%
per il pessimisDco, il 60% per il normale e il 25% per l’oPmisDco. L’obiePvo ora è
calcolare la speranza matemaDca SM e l’indice di variabilità v.

Le formule di riferimento sono SMF =∑ps • Fs (dove in F si inserisce la voce che si sta
calcolando, e la sommaria comprende quello che accade in tuP e tre gli scenari. Bisogna
trovare inoltre la deviazione standard per poter calcolare l’indice di variabilità, dunque
SDF = √[ ∑ps ( Fs - SMF)2]. E v = SD/SM.

Dunque SMEBIT = 303,52 • 0,15 + 353,60 • 0,60 + 374,00 • 0,25 = 351,19

SDEBIT = √[0.15( 303,52 - 351, 19)2 + 0,60( 353,60 -351,19)2 + 0,25(374 - 351,19)2 ]= 21,
78

vEBIT = 21,78 /351,19 = 6,20 %

Si procede analogamente per le altre voci NOPAT, NOPLAT, NI.

2. Procedendo vi è lo schema dei RENDIMENTI REDDITUALI. In questo caso prevedono


il ROI = EBIT/CIN, il ROIU = NOPAT/CIN, il ROIL=NOPLAT/CIN, ROE = NI/PN. Per il
calcolo degli indici si deve usare il valore del CIN in T0, anche per il ROE si usa il
valore del PN in t0. Per tali calcoli si usa il valore in T0 per due moDvi: in primis perché si traNa di
un’esemplificazione a fini didaPci; e secondo, perché se invece si va a cambiare il CIN da un periodo
all’altro questo produrrebbe un effeNo esponenziale anche sulle altre voci di bilancio, poiché
modificherebbe altri faNori. Dopo averli calcolaD si vanno a calcolare anche SM e v con le
stesse modalità del punto 1.

180
3. Successivamente vi è lo schema dei RISULTATI FINANZIARI. Le voci vengono copiate
dal R.F (FCFO, FCFFL, FCFE, dividendi) e vi sono gli stessi imporD degli scenari. Si
calcolano allo stesso modo SM e v.

4. L’ulDmo schema è dei RENDIMENTI FINANZIARI. Le voci contenute sono


FROIU= FCFO/CIN, FROIL= FCFF/CIN, FROE= FCFE/PN, ROED= div/PN. Si calcolano gli
indici relaDvi ai diversi scenari e poi con il solito procedimento si calcolano SM e v.

Tramite i risultaD oNenuD è possibile verificare che:

la variabilità dei risultaD e dei rendimenD finanziari e più elevata dei risultaD e rendimenD
reddituali. Ciò è spiegato dalle variazioni di capitale circolante e fisso generato
dall’incremento o riduzione dell’aPvità aziendale.

181
Il beneficio fiscale determina una riduzione ella variabilità dei risultaD e rendimenD
levered, rispeNo a quelli unlevered;

l’indebitamento finanziario genera un incremento della reddiDvità e della rischiosità neNa


rispeNo alla reddiDvità e alla rischiosità operaDva.

182
Esemplificazione 15.1 COSTRUZIONE DEI BUDGET FINANZIARI

L’obiePvo dell’esercizio è predisporre il bilancio previsionale per l’anno 20x1 (includendo le


modalità di determinazione dei valori contenuD) dell’azienda AGP Spa, azienda di medie
dimensione che opera nel seNore delle forniture medicali. L’obiePvo è supportare il CEO e IL
CdA nella valutazione dei fabbisogni e della sostenibilità finanziaria dei programmi di
invesDmento e operaDvi predisposD dalle altre funzioni aziendali.

I daD predispongono il bilancio con cui prevede di chiudere l’anno 20xx, e le decisioni
strategiche assunte dal management:

1. ampliare gamma prodoP/servizi offerD;

2. aPvare processi di assemblaggio interno di alcuni macchinari per offrire maggiore


customizzazione al cliente.

183
Per poter raggiungere tali obiePvi strategici, per il 20x1 deve intraprendere le seguenD
azioni (sempre date dalla prof).

Consiglio: dato che alcuni daD del bilancio previsionale sono presi dal budget di tesoreria si
può parDre da questo. Una volta faNo il bilancio previsionale si hanno anche le info
necessarie alla riclassificazione e al calcolo degli indici.

Budget di tesoreria risultante dal seguente svolgimento

184
INIZIAMO. I budget di tesoreria sono documenD che prevedono la divisone mensile delle
operazioni. All’esame verrà richiesto di redigere il budget solo per i primi 4 mesi (GEN - APR).

1. le vendite mensili: ogni mese sono imputaD 49,83€. Questo importo si trova prendendo
il totale delle vendite in 20x1 (calcolate considerando le vendite in 20xx di 412,40 e
incrementate come indicato del 45%), diviso 12. 597,98 /12 = 49,83.

2. Dalle vendite mensili si disDnguono gli effePvi incassi, che partono in questo caso da
aprile poiché nei daD è riportato che i clienD hanno 90 gg di dilazione di pagamento, e
hanno lo stesso importo. (49,83)

3. Va inclusa poi la voce incassi crediD al 31/12, poiché dallo SP si può vedere che sono staD
concessi anche nell’anno 20xx. Dunque il valore deriva dai crediD dell’anno 20xx (97,40)
diviso 3 (daD i 90gg di dilazione). 97,40 /3 = 32,47.

4. Il flusso delle entrate è dato solo dalla somma delle effePve entrate (dunque non
considera i valori delle vendite mensili).

5. Il flusso delle uscite inizia con gli acquisD mensili. Nuovamente si prendono gli acquisD
dai daD del 20xx, si incrementano del 50% come scriNo nei dato, e si fa 429/12 = 35,73.

6. I pagamenD per acquisD anziano da marzo, perché come indicato si ha una dilazione di
pagamento dai fornitori di 60gg.

7. Il pagamento dei debiD, nuovamente, riguarda il pagamento dei debiD v/fornitori indicaD
nello SP del 20xx. , che avviene nei primi due mesi (daD i 60gg di dilazione). Dunque
63,10/2= 31,55.

8. Il pagamento sDpendi e oneri accessori. Si prende il valore di salari e sDpendi dai daD del
20xx e come indicato si incrementato dell’11% oNenendo un valore di 109,34 che si
divide per 13 (perché si conta anche la 13ª mensilità che viene pagata a giugno, in caso il
budget dovesse arrivare a giugno, quindi li si meNe doppio importo, quindi 16,82).
109,24/13= 8,41.

9. C’è la voce pagamento imposte (che avviene a giugno quindi non la dovrei inserire). Una
parte riguarda il pagamento delle imposte del 20xx (poiché le scopro a fine anno, quindi
si pagano l’anno successivo) potente dalla differenza tra crediD e debiD tributari 10,98 -
12.20 = -1,22 presi nello SP del 20xx; l’altra parte riguarda un’acconto del pagamento
per le imposte del 20x1, il cui morto totale può essere oNenuto dalla somma di IRAP e
IRES che ci dà direNamente la prof, in questo caso 12,30. Di queste il 40% si paga a giugno
(4,88)e il 60% a novembre (7,32).

10. Nuovamente, per il calcolo del flusso delle uscite si considerano solo le uscite effePve,
quindi non gli acquisD mensili.

185
11. Il flusso di cassa della gesDone corrente si oPene per differenza da entrate e uscite.

12. Dopodiché, il saldo iniziale del c/c di gennaio è dato dai debiD v/banche dell’anno
precedente 93,70(preso dai daD dello SP 20XX). I mesi seguenD prendono come saldo
iniziale il saldo finale del mese precedente.

13. Per il saldo finale di c/c al valore iniziale si somma il flusso di cassa di gesDone corrente
Dunque GEN - 93,70 - 7,49 = -101,19.

14. La line dell’extra fido è data dalla differenza il valore di fido dato dalla banca che nei daD
è pari a 100, e il valore del saldo finale di c/c. Dunque a GEN 100 - 101,19 = -1,19.

15. Per gli interessi maturaD, sappiamo dai daD che maturano bimestralmente e il tasso
annuo é l’8% (8/12 = 0,666). Si calcolano come il saldo finale c/c per il tasso diviso 100. A
GEN [-101,19 • 0,66]/100= - 0,67 che va sommato a quello di febbraio, e scriNo
direNamente insieme a quello di febbraio (perché sono bimestrali). [- 108,69•0,66]/
100=-0,71. Quindi a FEB -0,67 -0,71= - 1,4.

16. secondo i daD del libro, gli interessi maturaD ci vengono addebitaD il mese successivo. Si
riporta dunque lo stesso valore dei maturaD nella voce interessi addebitaD del mese
successivo. Gli interessi addebitaD vanno inclusi nel calcolo del saldo finale perché sono
quelli effePvamente pagaD (e non quelli maturaD). InfaP a MAR il saldo finale è dato da
-108,69 -11,69 -1,40 = -121,78.

Una volta svolto il budget di tesoreria si dispone degli elemenD necessari a redigere il
bilancio previsionale.

Par5amo dallo SP al 31.12.20X1

1. I crediD vs/clienD considerano la parte di interessi non pagaD perché concessi in


dilazioni. Considerando i 90gg di dilazione corrispondo agli ulDmi tre mesi (nov, oN, dic).
Si prende il valore delle vendite 597,98•90 /360 = 149,50 (l’anno commerciale è di

2. Per il magazzino si usa un calcolo analogo, prendendo dai daD che il tempo di giacenza in
magazzino delle scorte è di 45 gg. Si prende il totale degli acquisD 429•45 /360 = 53,63

3. i crediD tributari corrispondono alle imposte dell’esercizio precedente. Quindi si ricopia


dal CE il valore di 12,20.

4. Le immobilizzazioni sono pari a quelle dell’esercizio precedente perché nei daD dice che
non ci sono staD nuovi invesDmenD. Dunque 300.

5. Per il F.do Ammortamento si prende il valore dallo SP del 20xx e si aumenta della quota
indicata nel CE del 20xx. Quindi -120,00 - 20,00 = 140,00

6. Si calcola il totale aPvo, pari a 375,32.

186
7. Per i debiD vs/fornitori si considerano gli acquisD non ancora pagaD. consideraD i 60 gg
di dilazione corrispondono agli uDlizzi due mesi (nov, dic). Dal valore acquisD
429•60/360 = 71,50

8. I debiD vs/banche dell’anno 20x1 corrispondo al saldo finale di c/c del 20xx pari a 98,61
a cui vanno aggiunD gli interessi maturaD dell’ulDmo mese (dicembre). 98,61 + 1,35
=99,97. Nell’esame non abbiamo i valori di dicembre perché fermiamo i budget ad
aprile, dunque si completano le altre voci dello stato patrimoniale e si trovano per
differenza tra l’aPvo e i passivo.

9. Il fondo TFR è pari a quello del 20xx (31,30) aumentato degli accantonamenD dell’anno
20x1. L’accantonamento del 20x1 è calcolato come SALARI E STIPENDI(costo del lavoro
del 20x1) : 13, 5. Quindi 109,34 (dal CE del 20xx incrementato dell’11%): 13,5 = 8,10. Da
cui facciamo 31,30 + 8,10 = 39,4

10. Fondo imposte ( somma IRES e IRAP che da la prof). 12,30

11. Capitale sociale pari a quello dell’esercizio precedente 55,00 poiché non ci sono staD
aumenD o diminuzioni.

12. Le riserve del 20x1 sono state dalla somma delle riserve del 20xx + l’uDle d’esercizio
20xx: 62,98 +25,80 = 88,78 Perché nei daD ci viene deNo che l’uDle non viene distribuito
ma viene desDnato internamente all’impresa.

13. L’uDle/perdita di periodo di calcola redigendo la situazione economica (lo inserisci dopo,
8,38).

Situazione economica del 31.12.20x1

1. Le vendite, come indicato nei daD, sono quelle dell’anno precedente incrementate del
45%, dunque ammontano a 597,98.

2. Rimanenze finali sono pari al magazzino, quindi 53,63 (dallo SP del 20x1)

3. Le rimanenze iniziali corrispondono alle rimanenze finali dell’esercizio precedente,


quindi - 55,70.

4. Gli acquisD di materia prime, come indicato nei daD, sono pari a quelle dell’anno 20xx
incrementate del 50%, quindi - 429,00.

5. Salari e sDpendi, indicato nei daD, corrisponde al costo del lavoro dell’anno precedente
aumentato dell’11%, quindi -109,34.

6. L’accantonamento TFR dell’anno 20x1 è stato calcolato già al punto 9 dello SP, quindi si
inserisce. (costo del lavoro 20x1 :13,5 = - 8,10).

7. Gli ammortamenD sono pari a quelli dell’anno 20xx, poiché non vi sono staD
invesDmenD/disinvesDmenD. Quindi -20.

187
8. Gli oneri finanziari corrispondono alla somma di tuP gli interessi maturaD nel budget di
tesoreria. - 8,80 (probabilmente ce li dà la prof)

9. Le imposte sono sempre 12,30.

10. Si calcola l’uDle e poi si inserisce nella situazione patrimoniale. 8,38

Bilancio risultante alle precedenti operazioni

Ora si procede alla riclassificazione della situazione patrimoniale (secondo criterio tecnico-
economico) e della situazione economica (secondo il criterio del valore aggiunto). Si
possiedono già tuP i daD necessari che vanno semplicemente inseriD nelle tabelle
nell’ordine giusto. (Facendo una colonna per l’anno 20xx e accanto quella del 20x1).

Poi si esprimono in termini percentuali la composizione delle aPvità, delle passività e della
marginalità aziendale.

188
SITUAZIONE PATRIMONIALE 31.12.20XX 31.12.20X1

CrediD vs/clienD 97,40 149,50


Magazzino 55,70 53,63
(- DebiD vs/ fornitori) -63,10 -71,50
CrediD tributari 10,98 12,20
(-DebiD tributari) -12,20 -12,30
(-Fondo TFR) -31,30 -39,40
CAPITALE CIRCOLANTE NETTO (24,2%) 57,48 (36,5%) 92,12
Immobilizzazioni 300,00 300
(-F.do Ammortamento) -120,00 -140,00
CAPITALE IMMOBILIZZATO NETTO (75,8%) 180,00 (63,5%) 160,00

CAPITALE INVESTITO NETTO (100,0%) 237,48 (100%) 252,12

DebiD vs/banche 93,70 99,97


INDEBITAMENTO FINANZIARIO (39,5%) 93,70 (39,6%) 99,97
Capitale Sociale 55,00 55,00
Riserve 62,98 88,78
UDle/(perdita)di periodo 25,80 8,38
PATRIMONIO NETTO (60,5%) 143,78 (60,4%) 152,16

CAPITALE INVESTITO NETTO (100,0%) 237,48 (100%) 252,12

Per il calcolo della percentuale di aPvità e passività si imposta una proporzione rispeNo al
CIN che corrisponde al 100%.La percentuale del capitale circolante neNo in 20xx ad esempio
si trova facendo (57,48•100)/237,48. Imposta proporzioni analoghe pr le altre voci.

SITUAZIONE ECONOMICA 31.12.20XX 31.12.20X1

Vendite (100,0%) 412,4 597,98


Rimanenze finali (13,5%) 55,70 53,63
-Rimanenze iniziali (-2,4%) -10,00 -55,70
-AcquisD materie 1° (-69,4%)-286,00 -429,00
VALUE ADD (VA) (41,7%) 172,10 166,91
-Costo del lavoro (salari sDpendi + acc —r) (-25,7%) -105,8 -117,43
EBITDA (16,1%)66,30 49,47
-AmmortamenD (-4,8%)-20,00 -20,00
EBIT (11,2%)46,30 29,47
-Oneri finanziari (-2,0%)-8,30 -8,80
EBT (9.2%) 38,00 20,67
- imposte (-3,0%)-12,20 -12,30
NI 6,3% 25,8 8,30

Per il calcolo delle percentuali si parte dalle vendite che corrispondo al 100% e per i resto si
imposte e per il resto di imposta nuovamente la proporzione.(da calcolare anche per 20x1).

189
Si procede poi con il calcolo degli indici di bilancio (scrivere anche a cosa esprimono perché
potrebbe esser richiesto)

INDICI DI BILANCIO 31.12.20XX 31.12.20X1

Return on sales. RISULTATO ROS = EBIT/Vendite 11,23% 4,93%


OPERATIVO generato dalla
gesDone caraNerisDca
corrente, per unità di ricavo.
Esprime la capacità del RC = Vendite/ CIN 163,66% 237,18%
capitale invesDto di
trasformarsi in ricavi di
vendita.
REDDITIVITÀ LORDA DEI ROI = EBIT/CIN o ROS•RC 19,50% 11,69%
CAPITALI IMPIEGATI nella
gesDone.
REDDITIVITÀ NETTA DEI ROE = NI/PN 17,95% 5,51%
CAPITALI PROPRI nella
gesDone aziendale. (Ritorno
per la proprietà). Si prevede
che la reddiDvità neNa dei
capitali propri subirà una
consistente riduzione
nell’anno 20x1.
Esprime L’ONEROSITÀ ROD = OF/DF 8,86% 8,80%
MEDIA DEL DEBITO
FINANZIARIO. (Ritorno per i
finanziatori)

In questo caso l’onerosità


del debito nel 20x1 si
prende inferiore di poco
rispeNo al 20xx.
QuanDtà di DEBITI LEVERAGE =DF/PN 65,17% 65,70%
FINANZIARI assunD
dall’azienda PER OGNI € DI
CAPITALE PROPRIO
INVESTITO.

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