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CAPITOLO 2 OBIETTIVI, VALORI E RISULTATI
Profitto: è l’eccedenza dei ricavi sui costi, disponibile per essere distribuita tra i proprietari
dell’impresa.
Il bilanced scorecard : è una metodologia che stabilisce un collegamento tra l’obiettivo generale di
impresa di massimizzazione del valore e gli obiettivi strategici e operativi. La metodologia score
card risponde a quattro interrogativi: Come ci vedono gli azionisti? come ci vedono i consumatori?
in cosa dobbiamo eccellere? Siamo in grado di continuare a migliorare e di creare valore?.
Mission: esplicitazione dello scopo dell’azienda, spesso definisce l’area di business in cui compete
Responsabilità sociale d’impresa ( corporate social responsabilità, Csr): Quali sono gli obblighi di
un azienda nei confronti della società nel suo insieme?
Friedman: Riteneva la Csr immorale perché richiedeva che il management investisse risorse dei
proprietari in progetti che quest’ultimi avrebbero disapprovato, e inopportuna perché implicava che
i dirigenti dell’impresa determinassero gli interessi della società.
Allen: distingue due diverse concezioni di azienda: Concezione di proprietà, secondo quale
l’impresa è un insieme di attività posseduto dagli azionisti, Concezione di entità sociale, che vede
l’impressa come una comunità di individui che è sostenuta e appoggiata dai rapporti che essa
stabilisce con il proprio ambiente sociale, politico, economico e naturale. Il punto di vista
dell’impresa come proprietà implica che la sola responsabilità del management sia quella di agire
nell’interesse degli azionisti. Dal punto di vista dell’impresa come entità sociale deriva la
responsabilità di mantenere l’impresa all’interno di un quadro generale di relazioni e rapporti con la
società.
Porter: Inserisce la Csr tra gli obiettivi di interesse di un azienda per tre motivi:
1. Sostenibilità: la Csr è rilevante per un’impresa data la presenza di un interesse comune a
sostenere l’ecosistema
2. Reputazione: la Csr rafforza la reputazione dell’azienda di fronte agli investitori ed altre terze
parti
3. Permesso di operare: per svolgere le proprie attività le imprese hanno bisogno del sostegno
delle istituzioni da cui dipendono
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CAPITOLO 3 L’ ANALISI DI SETTORE
L’ambiente più vicino all’impresa è il settore nel quale opera, il punto focale dell’analisi
dell’ambiente esterno sarà pertanto l’analisi di settore. Come già visto l’analisi settoriale è
rilevante sia a livello di corporate strategy ( in che settore operare) che a livello di business
strategy ( in che modo operare). Il nucleo centrale dell’ambiente di riferimento dell’impresa è
costitutito dalle sue relazioni con tre gruppi di attori: Clienti, Fornitori, Concorrenti. Questo è
l’ambiente settoriale dell’impresa.
I profitti realizzati dalle imprese di un determinato settore dipendono da tre fattori
- valore prodotto per i clienti
- intensità della concorrenza
- potere contrattuale relativo nei diversi livelli della catena produttiva.
Fornitori
Potenziali Prodotti
entranti sostitutivi
Rivalità tra imprese
esistenti
Acquirenti
Il modello delle cinque forze di Porter è uno schema che serve a misurare l’attrattività di un settore
in termini di redditività. Esso comprende tre fonti di competizione “orizzontale” : concorrenza delle
imprese già presenti nel settore, concorrenza dei prodotti sostitutivi, concorrenza dei nuovi entranti;
e due fonti di concorrenza “verticale” : il potere contrattuale dei fornitori e il potere contrattuale dei
clienti.
Concorrenza dei prodotti sostitutivi: Il prezzo che i consumatori sono disposti a pagare per un
prodotto dipende, in parte, dalla disponibilità dei prodotti sostitutivi. L’assenza di sostituti di un
prodotto, come nel caso della benzina, comporta una relativa insensibilità al prezzo da parte dei
consumatori ( domanda anelastica). L’esistenza di prodotti sostitutivi invece comporta uno
spostamento delle preferenze del consumatore in risposta a un incremento del prezzo del prodotto
( domanda elastica). Un prodotto è sostitutivo quando riesce a soddisfare lo stesso bisogno, tramite
l’elasticità incrociata si può notare quanto varia la domanda del bene X (principale) al variare della
domanda del bene Y (sostitutivo).
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Potenziali entranti: Quando un settore ottiene un rendimento del capitale superiore al costo del
capitale, esso esercita un effetto di attrazione su imprese esterne al settore. Un settore in cui non
esistono barriere di entrata o uscita è detto contendibile, la contendibilità dipende dall’assenza di
costi fissi non recuperabili ( barriere all’uscita) che rendono un settore vulnerabile a ingressi del
tipo “ toccata e fuga”.
Principali fonti di barriere all’entrata :
- Fabbisogni di capitale : Il fabbisogno di capitale all’entrata di un settore può essere così
elevato da scoraggiare tutti gli operatori escluse le maggiori imprese
- Economie di scala: nei settori ad alta intensità di capitale, o che comportano forti
investimenti in attività di ricerca o pubblicità, l’efficienza richiede operazioni su larga scala.
Il problema dei potenziali entranti è se accettare di entrare su piccola scala accettando alti
costi unitari, oppure entrare su larga scala e correre il rischio di una drastica
sottoutilizzazione della capacità produttiva in attesa dell’aumento dei volumi di vendita.
- Vantaggi assoluti di costo: le imprese consolidate possono avere un vantaggio di costo sui
nuovi entranti semplicemente perché sono entrate prima, e quindi per i potenziali entranti
non risulta conveniente l’ingresso nel settore.
- La differenziazione di prodotto: in un settore in cui i prodotti sono differenziati le imprese
affermate hanno i vantaggi della riconoscibilità del marchio, i nuovi entranti in questi
mercati dovrebbero investire molto di più in pubblicità e promozione per ottenere livelli di
conoscenza e di avviamento della marca paragonabili a quelli delle imprese consolidate.
- L’accesso ai canali di distribuzione: per molti nuovi fornitori di beni di consumo, la
principale barriera all’entrata è probabilmente quella rappresentata dall’accesso alla
distribuzione. La limitata capacità di assorbimento dei canali di distribuzione, l’avversione
al rischio dei dettaglianti e i costi fissi connessi alla vendita di un prodotto addizionale
rendono i dettaglianti poco propensi a trattare un prodotto con un nuovo fabbricante. Le
“commissioni di accesso” relative ai supermercati costituiscono un ulteriore svantaggio per i
nuovi entranti nel settore.
- Barriere istituzionali e legali: alcuni economisti ritengono le uniche barriere efficaci quelle
create dei governi. L’ingresso in un settore a volte richiede la concessione di una licenza da
parte dell’autorità pubblica ( Taxi)
- Ritorsione: la ritorsione nei confronti di un nuovo entrante che può assumere l forma di
riduzione dei prezzi, massiccia pubblicità, promozione delle vendite o conflitto legale,
costituiscono senza dubbio un ennesimo ostacolo per i nuovi entranti in un settore.
Rivalità tra i concorrenti del settore: l’intensità della concorrenza tra le imprese affermate in un
settore deriva dall’interazione fra sei fattori:
- La concentrazione : si riferisce al numero e alla distribuzione per dimensione delle imprese
concorrenti all’interno di un mercato ed è comunemente misurata dall’indice di
concentrazione industriale. Nei mercati dominati da una sola impresa, l’impresa dominante
può esercitare una considerevole discrezionalità sui prezzi, stessa cosa nei mercati dominati
da due imprese ( Coca-cola, Pepsi) i prezzi tendono ad essere simile e la concorrenza si
concentra più sulla pubblicità e sullo sviluppo del prodotto
- Diversità tra i concorrenti: le imprese possono evitare concorrenza sui prezzi quando
hanno somiglianze in termini di origini e obiettivi. Discorso diverso nel caso via sia una
diversità tra i concorrenti ( mercato automobilistico Europa e America)
- Differenziazione del prodotto: Se si tratta di un settore in cui il prodotto è una commodity
(simile es: zucchero) il prezzo è l’unica base per la concorrenza, diversamente quando i
prodotti sono differenziati tra loro ( Profumi) la concorrenza sui prezzi tende ad essere
debole.
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- Capacità in eccesso: la capacità produttiva inutilizzata incoraggia l’impresa ad abbassare il
prezzo per poter ricevere più ordini e poter quindi distribuire i costi fissi su un più ampio
volume di vendite.
- Barriere all’uscita: sono quei costi connessi all’uscita di un settore.
- Rapporto costi fissi/ costi variabili: Quando i costi fissi sono alti rispetto ai costi variabili,
le imprese accetteranno ordinazioni marginali a qualsiasi prezzo che copra i costi variabili.
La propensione delle compagnie aeree a offrire biglietti molto scontati sui voli con poche
prenotazioni riflette i bassissimi costi variabili che si incontrano per riempire i posti vuoti.
Potere contrattuale degli acquirenti: Nel mercato degli output il potere d’acquisto dei clienti
dipende da due fattori:
- Sensibilità al prezzo degli acquirenti: Gli acquirenti come già detto sono disposti
facilmente a cambiare fornitore sulla base del prezzo quando si tratta di una commodity, gli
acquirenti sono sensibili al prezzo anche in base all’importanza del bene, se il bene è di
prima necessità un aumento di prezzo non influenzerà la scelta del cliente.
- Potere contrattuale relativo: diversi fattori influenzano il potere contrattuale degli
acquirenti: Quanto più basso è il numero di acquirenti, tanto maggiore sarà il costo connesso
alla perdita di uno di essi; quanto più gli acquirenti sono informati riguardo ai fornitori tanto
meglio saranno in grado di contrattare, tenere all’oscuro dei prezzi praticati è un efficace
limitazione al loro potere contrattuale ( Parcella Avvocato); se non si vuole trattare con una
controparte l’alternativa è quella di provvedere direttamente.
Potere contrattuale dei fornitori: Nel mercato degli input il potere contrattuale dei fornitori se si
tratta di commodity normalmente è nullo, per questo motivo i fornitori di commodity cercando di
aumentare il prezzo spesso con la creazioni di cartelli. Se si tratta invece di fornitori di componenti
sofisticati posso riuscire a esercitare un considerevole potere contrattuale.
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CAPITOLO 4 DALL’ ANALISI DI SETTORE ALL’ANALISI DEI
CONCORRENTI
Lo schema delle 5 forze di Porter è stato costantemente oggetto di critiche. Alcuni autori hanno
criticato i suoi punti deboli sulla base di alcune analisi empiriche, alcuni studi hanno segnalato che i
fattori settoriali spiegano solo una piccola parte ( meno del 20%) della variabilità fra imprese
diverse del rendimento del capitale investito. Altra critica dello schema di Porter è che il suddetto
modello “fotografa” la situazione del settore in un determinato momento, dando quindi una visione
statica del settore, ma come ben sappiamo all’interno di un settore la situazione è dinamica e in
continua evoluzione data l’ipercompetizione. Un approccio basato sul modello delle 5 forze di
Porter sarebbe di limitata utilità previsiva.
La forza mancante del modello Porter : Prodotti complementari
Altra critica al modello di Porter è la mancata considerazione dei prodotti complementari, prodotti
complementari che, a differenza dei sostitutivi, aumentano il valore del prodotto e di conseguenza i
profitti di un settore ( la disponibilità di cartuccie d’inchiostro per la mia stampante ne aumenta il
valore per me). Quando i prodotti complementari tendono a identificarsi
con il prodotto, essi hanno poco valore per i clienti come prodotti separati, in quanto i clienti
valutano il sistema nel suo insieme, inoltre se due prodotti sono complementari, i profitti
affluiscono al fornitore che riesce a costituire una posizione di mercato più forte.
Data l’importanza, per la maggior parte dei prodotti, dell’esistenza di prodotti complementari, la
nostra analisi dell’ambiente competitivo deve tenerli in considerazione. Il modo più semplice
consiste nell’aggiungere una sesta forza al quadro teorico di Porter.
Fornitori
Acquirenti
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Il contributo della teoria dei giochi
La principale critica al modello delle cinque forze competitive di Porter è la sua staticità e
l’incapacità di prendere pienamente in considerazione le interazioni competitive tra le imprese.
La teoria dei giochi ci consente di descrivere questa interazione competitiva, in particolare offre
due contributi al management strategico:
1. Consente di collocare le decisioni strategiche in una cornice di riferimento,definita da:
▪ giocatori;
▪ opzioni di gioco;
▪ esiti (payoffs) derivati dalle combinazioni delle opzioni;
▪ sequenze decisionali.
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Analisi dei concorrenti
La raccolta e l’analisi sistematica delle informazioni disponibili sulle aziende rivali per orientare il
processo decisionale si propone tre scopi principali:
1. Prevedere le strategie e le decisioni future dei concorrenti
2. prefigurare le probabili reazioni di un concorrente alle iniziative strategiche di un’altra
impresa
3. determinare come può essere influenzato il comportamento dei concorrenti per renderlo a
noi più favorevole.
Per tutti questi scopi l’obiettivo principale è comprendere i concorrenti per prevedere le loro
reazioni ai cambiamenti ambientali e alle nostre mosse competitive. Per comprendere i concorrenti
bisogna avere informazioni a loro riguardo. Il confine tra raccolta legittima di informazioni sulla
concorrenza e spionaggio industriale illegale è incerto ( multa da 100 milioni di dollari inflitta alla
Mclaren-Mercedes per essere in possesso di informazioni segrete riguardante la Ferrari).
Michael Porter propone una analisi in quattro parti per prevedere il comportamento dei concorrenti:
1. L’attuale strategia dei concorrenti: per prevedere come un concorrente si comporterà in
futuro, dobbiamo capire qual è la sua attuale strategia, in assenza di forze che spingano ad
un cambiamento è ragionevole ipotizzare che l’impresa continuerà a competere in futuro con
modalità analoghe a quelle presenti.
2. Gli obiettivi dei concorrenti: per prevedere in che modo un concorrente possa cambiare la
sua strategia, dobbiamo individuare i suoi obiettivi. Importante capire se l’impresa
concorrente miri a obiettivi di mercato ( strategia aggressiva) o redditività.
3. Le ipotesi del concorrente sul settore e su sé stesso: le decisioni strategiche di un
concorrente sono condizionate da come esso vede se stesso e il settore. Ciò è importante per
comprendere come il concorrente possa agire a cambiamenti esterni.
4. Le risorse e competenze dei concorrenti: valutare la pericolosità di un competitor richiede
una stima dell’entità delle sue risorse e competenze. Se il nostro concorrente ha una grande
risorsa finanziaria sarebbe imprudente scatenare un’eventuale guerra di prezzi iniziando per
primi a ridurre i prezzi, viceversa se rivolgiamo le nostre iniziative contro i punti di
debolezza dei nostri concorrenti, potrebbe essere difficile per essi rispondere.
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segmento. Nel segmento dei prodotti economici, i fattori critici di successo sono :
produzione a basso costo ( Cina) e accordo di fornitura con una delle principali catene di
vendita.
5. Selezionare il segmento obiettivo: La fase finale dell’analisi di segmento consiste nella
decisione dell’azienda di specializzarsi in un segmento i competere in più segmenti.
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CAPITOLO 5 LE RISORSE E LE COMPETENZE COME BASE DELLA
STRATEGIA
Risorse tangibili: sono le risorse più semplici da identificare e da valutare: le risorse finanziarie e i
beni materiali sono individuati e valutati nei bilanci. L’analisi delle risorse prevede la comprensione
dello sfruttamento del loro potenziale per creare vantaggio competitivo, a tal fine dobbiamo
rispondere a due quesiti fondamentali:
1. quali opportunità sussistono per realizzare economie nel loro impiego? Potrebbe essere
possibile impiegare meno risorse per realizzare lo stesso volume di vendita, o le medesime
risorse per realizzare un volume d’affari più elevato.
2. quali sono le possibilità per un migliore impiego delle risorse esistenti?
Risorse intangibili: per la maggior parte delle aziende le risorse intangibili rappresentano una
quota molto più elevata del valore totale dei beni patrimoniali rispetto alle risorse tangibili. Tuttavia
le risorse intangibili risultano poco visibili nei bilanci. I marchi sono tra le più importanti risorse
intangibili in quanto costituiscono il patrimonio di reputazione dell’azienda, il cui valore è fondato
sulla fiducia che ispirano ai clienti. Il valore del marchio si riflette nella differenza di prezzo che il
consumatore è disposto a pagare rispetto a un prodotto non di marca. Come la reputazione anche la
tecnologia è un bene intangibile ( brevetti, copyright, segreti industriali).
Risorse umane: Comprendono l’esperienza e lo sforzo fornito dai dipendenti. Come quelle
intangibili, le risorse umane non appaiono nei bilanci aziendali, per la semplice ragione che
l’impresa non è proprietaria dei propri dipendenti. La maggior parte dell’impresa dedica grande
importanza alla valutazione delle proprie risorse umane, questa valutazione avviene sia al momento
dell’assunzione, sia come parte di un continuo processo di valutazione al cui centro si trova l’esame
annuale dell’operato del dipendente. Gli obiettivi di tale valutazione sono di quantificare la
performance, allo scopo di stabilire retribuzioni e eventuali promozioni. Utile alla valutazione delle
risorse umane è il modello di competenze che individua un profilo ideale in termini di competenze,
conoscenze, attitudini e valori per una specifica categoria professionale e valuta poi ogni singolo
dipendente rispetto a quel profilo. Importante il recente interesse all’intelligenza emotiva del
dipendente, che riflette il crescente riconoscimento all’importanza delle qualità e dei valori
psicologici e sociali.
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Le competenze organizzative
Una competenza organizzativa è la capacità di un’impresa di destinare risorse per raggiungere un
obiettivo finale desiderato. Ai fini del nostro studio a noi interessano soprattutto le competenze che
possono costituire la base di un vantaggio competitivo. Selznick ha usato l’espressione competenze
distintive per descrivere le attività che un organizzazione svolge con particolare abilità, rispetto ai
suoi concorrenti. Hamel e Prahalad hanno invece coniato il termine competenze di base per
indicare le capacità essenziali per la strategia e la performance di un’impresa. Secondo Hamel e
Prahalad sono competenze di base quelle che:
- contribuiscono in modo preponderante alla creazione del valore per il cliente
- rappresentano le basi per entrare in nuovo mercato.
Per individuare le competenze di un ‘impresa generalmente vengono impiegati due approcci:
1. analisi funzionale: che identifica le competenze organizzative in relazione alle principali
aree funzionali dell’impresa.
2. analisi della catena del valore: “ La catena del valore definisce il contributo delle singole
attività aziendali alla definizione e allo sviluppo di un sistema di offerta in grado di creare
valore per il mercato ed è supportata dalla tecnologia impiegata in azienda.”Tramite la
rappresentazione della catena del valore di M. Porter si classificano le attività dell’impresa
seguendo un percorso sequenziale. Porter distingue fra :
▪ attività primarie ( quelle che riguardano i processi di trasformazione degli input e
l’interfaccia con il cliente)
▪ attività di supporto (quelli che non contribuiscono direttamente alla creazione
dell'output ma che sono necessari perché quest'ultimo sia prodotto)
Attività primarie
▪ Logistica in entrata: comprende tutte quelle attività di gestione dei flussi di beni materiali
all'interno dell'organizzazione.
▪ Attività operative: attività di produzione di beni e/o servizi.
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▪ Logistica in uscita: comprende quelle attività di gestione dei flussi di beni materiali
all'esterno dell'organizzazione ( Distribuzione)
▪ Marketing e vendite: attività di promozione del prodotto o servizio nei mercati e gestione
del processo di vendita.
▪ Assistenza al cliente e servizi: tutte quelle attività post-vendita che sono di supporto al
cliente (ad es. l'assistenza tecnica)
Attività di supporto
Limiti del modello: Il modello originale di Porter si adatta prevalentemente a grandi organizzazioni
che trattano la produzione di beni. Per le Organizzazioni diverse da quella di produzione di beni
(servizi) è tuttavia possibile utilizzare il modello come un valido spunto per l'analisi dei processi. In
tal caso occorre provvedere ad un adattamento del modello stesso all'organizzazione oggetto di
studio.
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Mantenimento del vantaggio competitivo
I profitti derivanti dalle risorse e dalle competenze non dipendono soltanto dalla capacità di creare
un vantaggio competitivo, ma anche dalla capacità di mantenerlo nel tempo. Affinché ciò sia
possibile le risorse devono essere durature, non imitabili dai rivali ( sono imitabili se sono
trasferibili o replicabili)
▪ Durata:Le risorse più durevoli costituiscono una base più solida del vantaggio competitivo,
visto i continui mutamenti tecnologici che accorciano la vita utile delle risorse.
▪ Trasferibilità: le risorse che creano base per il vantaggio competitivo sono quelle non
trasferibili ( non acquisibili dai concorrenti). La non trasferibilità può dipendere da: non
mobilità geografica, incompletezza di informazioni, complementarità fra più risorse,
capacità organizzative.
▪ Replicabilita: Sono soprattutto risorse non replicabili quelle basate su routine
organizzative, comunque sia anche quando la replicabilità è possibile le imprese con una
consolidata presenza nel settore beneficiano dal fatto che risorse e competenze accumulate
nell’arco di un lungo periodo di tempo sono spesso meno costose e più produttive rispetto a
quelle accumulate rapidamente dagli imitatori. In questo caso si generano : efficienze di
massa ( quando una posizione iniziale forte facilità l’accumulazione di risorse future) e
diseconomie di compressione del tempo ( sono quei costi addizionali sostenuti dagli
imitatori per accumulare rapidamente una risorsa).
Fase 1 : individuazione delle risorse e delle competenze cruciali: Il primo passo consiste
nell’individuare quali sono le risorse e competenze che rendono migliore la performance di
un’impresa rispetto alle altre dello stesso settore.
Fase 2: valutazione delle risorse e competenze: In secondo luogo bisogna effettuare una
valutazione delle risorse e competenze sulla base di due criteri fondamentali. Il primo è la loro
importanza: quali sono le risorse e competenze più importanti per assicurare un vantaggio
competitivo duraturo? Il secondo attiene all’analisi dei punti di forza e debolezza nel confronto
dei concorrenti. Uno strumento utile a ciò è lo Benchmarking, che permette la valutazione
quantitativa della perfomance in rapporto a quella dei propri concorrenti. Molte imprese non hanno
successo perché sono prive di competenze distintive, ma per l’incapacità di individuarle e
impiegarle nel modo più efficiente.
Fase 3: sviluppo delle implicazioni strategiche: questa fase consiste nello sviluppo della strategia,
e bisognerà tener conto di :
▪ Sfruttare i principali punti di forza: assicurarsi che le risorse e competenze che
costituiscono i punti di forza dell’azienda vengano impiegati nel modo più efficiente,
▪ Gestione dei punti deboli: Cercare nel lungo periodo di trasformare i punti deboli in punti di
forza, spesso una soluzione può essere ad esempio l’esternalizzazione di delle funzioni che
rappresentano punti deboli per l’azienda. Una strategia brillane può consentire ad
un’impresa l’azzeramento dei suoi punti di forza.
▪ Gestione dei punti di forza superflui: Un modo per affrontare il problema può essere quello
di diminuire i relativi investimenti, visto che nonostante siano punti di forza non incidono
alla base del vantaggio competitivo.
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CAPITOLO 6 LO SVILUPPO DELLE RISORSE E DELLE
COMPETENZE
Relazione tra risorse e competenze
Vi è comunemente poca conoscenza del legame che intercorre tra risorse e competenze. Numerose
ricerche dimostrano come le imprese che possiedono le migliori competenze non sono quelle che
necessariamente posseggono la maggiore dotazione di risorse. Nel calcio europeo, squadre
costituite con risorse modeste e senza acquistare calciatori di vertice ( Arsenal, Valencia) ottengono
risultati migliori rispetto a club ricchi di star e costruite grazie a massicci investimenti economici
( Chelsea, Real Madrid).
In effetti la risorsa cruciale per lo sviluppo delle competenze è la presenza di dirigenti con
conoscenze appropriate rispetto tale scopo. Importante inoltre è quindi l’utilizzo efficiente delle
proprie risorse, più che la dimensione delle stesse. In molti casi possiamo far risalire le origini di
una particolare competenza alle circostanze che hanno caratterizzato l’avvio o lo sviluppo iniziale
dell’azienda, quindi la competenza organizzativa dipende dal percorso (Path dependent) : le
competenze attuali di un’impresa sono il risultato della sua storia.
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La gestione della conoscenza e “la Knowledge based view ”
L’idea che l’impresa sia costituita dall’assemblaggio di patrimoni di conoscenze il cui valore deriva
dalla loro utilizzazione è nota come Knowledge based view of the firm.
Il contributo più utile della gestione della conoscenza alla gestione strategica di risorse e
competenze è il riconoscimento del fatto che differenti tipi di conoscenza hanno caratteristiche
molto diverse. Una distinzione fondamentale è:
Know-how: è per sua natura una conoscenza essenzialmente tacita: implica abilità che vengono
espresse attraverso il loro utilizzo. La conoscenza tacita non può essere codificata in maniera
immediata, diventa osservabile solo una volta applicata e può essere acquisita con la pratica, il suo
trasferimento da un individuo all’altro, di conseguenza, è lento, costoso e incerto.
Knowing about: è una conoscenza essenzialmente esplicita: comprende fatti, teorie, e insieme di
istruzioni. Chiaramente a differenza della conoscenza tacita può essere comunicata fra individui, nel
tempo e nello spazio, ad un costo marginale irrisorio. Questa caratteristica rende la conoscenza
esplicita un bene pubblico.
Questa distinzione ha conseguenze importanti ai fini strategici. E’ chiaro che la conoscenza esplicita
a differenza della tacita non può essere considerata una base per un vantaggio competitivo duraturo
vista la sua facile trasferibilità.
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CAP 8 LA NATURA E LE FONTI DEL VANTAGGIO COMPETITIVO
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La tabella mostra i vari stadi e le forme di isolamento relative a ogni stadio:
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CAP 9 LA LEADERSHIP DI COSTO – VANTAGGIO DI COSTO
La leadership di costo è una strategia competitiva che indica nel vantaggio di costo la principale
fonte del vantaggio competitivo in un settore. L’obiettivo della strategia è appunto quello di
ottenere una maggiore efficienza di costo rispetto alle imprese concorrenti al fine di poter
posizionare la propria impresa come Price leader in un determinato settore, ovvero essere l’azienda
che vende un determinato prodotto al prezzo più basso. Affinché si possa adottare una strategia di
leadership di costo è chiaro che l’impresa debba agire in un settore-mercato, in cui il prodotto sia
standardizzato, cioè una commodity ( es: posate di plastica), infatti è solo nel caso in cui il
consumatore effettua la propria scelta solo sulla base del prezzo e non della qualità del prodotto che
la strategia di leadership di costo possa risultare vincente. Durante gli anni ’70 e ’80 , l’analisi del
vantaggio di costo si concentrò sulla curva di esperienza, che relaziona i costi unitari con il volume
complessivo della produzione, nello specifico il Boston Consulting Group( BCG) osservò una
regolarità nella riduzione dei costi unitari associata all’incremento della produzione cumulata: il
costo unitario del valore aggiunto ( dato dal costo totale per unità di produzione meno il costo dei
componenti e dei materiali di approvvigionamento per unità di produzione) di un prodotto si riduce,
secondo una percentuale normalmente compresa tra il 20 e 30%, ogni volta che la produzione
cumulata raddoppia. I fattori principali dei costi unitari di un’impresa sono i seguenti, che prendono
l’espressione di determinanti di costo:
1. Le economie di scala: si manifestano quando un aumento degli input impiegati nel
processo produttivo provoca una riduzione del costo unitario. Esse derivano da tre fonti
principali:
- relazioni tecniche tra input- output: in molte attività, aumenti di output non richiedono
aumenti proporzionali di input;
- Indivisibilità: Molte risorse e attività sono indivisibili, pertanto generano economie di
scala le imprese che sono in grado di distribuire i costi di queste risorse su volumi di
output più elevati;
- Specializzazione: una maggiore scala di produzione permette di realizzare una
specializzazione delle mansioni più articolata,che si manifesta in una divisione del
lavoro più spinta, la specializzazione promuove l’apprendimento, evita le perdite di
tempo favorendo l’automazione.
2. Le economie di apprendimento: Un’impresa che sfrutta la ripetizione di mansioni e le
routine organizzative è in grado di ottenere vantaggi di costo in termini di tempo e
affidabilità del prodotto ( evitare costi per difettosità dei prodotti)
3. Progettazione del processo e riconfigurazione dei processi aziendali: Un processo è
superiore a un altro quando, per ciascuna unità di prodotto, impiega una minor quantità di
uno specifico input senza utilizzare maggiori quantità di altri fattori. Una nuova tecnologia
di processo, o spesso anche la sola riorganizzazione del processo può ridurre radicalmente i
costi, permettendo lo sfruttamento del vantaggio competitivo di costo.
4. Progettazione del prodotto: La progettazione di prodotto tesa a facilitare il processo
produttivo può offrire un sostanziale risparmio di costo.
5. Utilizzazione della capacità produttiva: Una migliore utilizzazione della capacità
produttiva è determinante per ottenere una efficienza di costo, infatti per esempio la
sottoutilizzazione causa un aumento del costo unitario, perche i costi fissi devono essere
ripartiti su un minor numero di unità di prodotto. Allo stesso tempo anche operare al di
sopra della propria capacità produttiva crea delle inefficienze, in quanto aumenta i costi
unitari a causa della remunerazione del lavoro straordinario, aumento costi manutenzione
ecc.
6. Costi di approvvigionamento: La determinazione di un prezzo più basso deriva senza
dubbio dai costi di approvvigionamento, cioè i costi per disporre degli input. Spesso le
imprese di uno stesso settore non pagano lo stesso prezzo per disporre di input identici. Ciò
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deriva da differenze nei prezzi dovute alla localizzazione geografica, lavoro non
sindacalizzato, differenza del potere contrattuale tra imprese dello stesso settore.
7. Efficienza residuale: dipende dalla capacità dell’impresa di eliminare le risorse in eccesso,
ovvero tutti quei costi superflui che impediscono all’impresa di operare in condizioni di
massima efficienza. Eliminare questi costi è difficile, le aziende che ci riescono sono quelle
che hanno incorporato nella loro cultura aziendale la ricerca dell’efficienza di costo ( Ikea,
Ryanair)
8. Economie di scopo: si ottiene un’efficienza di costo dalla produzione congiunta di due
prodotti, in questo modo l’impresa ripartisce i costi fissi su maggiori output.
9. Economie re plicative: L’impresa tramite la replicazione del proprio prodotto ottiene
economie di scala, ciò avviene nel caso delle case editrici, discografiche.
Oltre al controllo delle determinanti di costo, al fine di poter adottare una strategia di leadership di
costo è importante anche la configurazione della catena del valore di Porter dell’impresa. Lo stesso
Porter afferma che un'impresa ha un vantaggio di costo se i suoi costi cumulati per realizzare tutte le
attività generatrici di valore sono più bassi di quelli dei suoi concorrenti. E’ necessaria quindi ai fini
di ottenere un vantaggio di costo l’analisi dei costi di ogni attività dell’impresa. Per effettuare ciò è
necessario la disaggregazione della catena del valore al fine di poter individuare:
• L’importanza relativa di ciascuna attività in rapporto al costo totale;
• Le determinanti di costo di ciascuna attività;
• L’influenza dei costi di un’attività sui costi di un’altra attività;
• Le attività da svolgere all’interno dell’impresa e le attività che dovrebbero essere
svolte all’esterno ( esternalizzazione: l’azienda deve valutare se è più conveniente
affidare a terzi lo svolgimento di un’attività, ad esempio distribuzione, controllo).
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CAP 10 IL VANTAGGIO DELLA DIFFERENZIAZIONE
Un’impresa si differenzia dai propri concorrenti “quando offre qualcosa di unico e apprezzato dagli
acquirenti, che va ben oltre la semplice offerta a basso prezzo”. Il vantaggio della differenziazione
si realizza quando un’impresa riesce a conseguire, grazie alla differenziazione, un premio sul prezzo
che eccede il costo sostenuto per realizzarla. Tutte le imprese hanno l’opportunità di differenziare la
propria offerta al cliente, anche se in misura differente a seconda delle caratteristiche del prodotto, è
chiaro che un’automobile offre più possibilità di differenziazione rispetto ad un prodotto
standardizzato come lo zucchero o il grano, quest’ultimi prodotti prendono il nome di commodity.
La differenziazione si divide in : differenziazione dal lato dell’offerta (l’impresa) che indica ciò
che l’impresa può fare per creare un prodotto unico nel suo genere; e differenziazione dal lato
della domanda ( clienti) che indica ciò che i consumatori-clienti vogliono, la differenziazione per
essere profittevole: deve essere riconosciuta dal cliente e creare valore per il cliente.
Nell’analisi delle opportunità di differenziazione, una distinzione fondamentale è quella tra aspetti
Tangibili e intangibili. La differenziazione tangibile riguarda le caratteristiche visibili del prodotto
o del servizio che assumono rilievo nelle preferenze dei consumatori: la forma, il peso, il colore o
anche performance in termini di affidabilità, sapore, velocità, sicurezza. Le opportunità di
differenziazione intangibile nascono perché il valore che percepisce il cliente non dipende
esclusivamente dai suoi aspetti tangibili, considerazioni sociali, emotive psicologiche, il desiderio di
status esclusività ( possedere Iphone Apple) sono determinanti ai fini della scelta del consumatore.
La differenziazione d’immagine è molto importante per quei prodotti che qualità e performance
sono difficili da individuare al momento dell’acquisto come per esempio : profumi, cosmetici,
questi prodotti vengono chiamati “experience goods”.
La differenziazione rappresenta una base del vantaggio competitivo più sicura rispetto al
vantaggio di costo. La crescita della concorrenza internazionale ha rivelato quanto fossero fragili le
posizioni apparentemente solide di leadership di costo. Il vantaggio di costo è molto vulnerabili
anche rispetto a fattori imprevedibili o alla introduzione di nuove tecnologie. Ne risulta pertanto che
una redditività sostenibile nel lungo periodo deriva dalla leadership basata sulla differenziazione.
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▪ Analisi della curva del valore: La scelta della combinazione ottima di caratteristiche di
prodotto dipende: da ciò che il cliente apprezza; da ciò che la concorrenza già fornisce. La
curva del valore identifica le combinazioni innovative di caratteristiche del prodotto che
possono creare un nuovo spazio di mercato per l’impresa.
▪ Ruolo dei fattori sociali e psicologici: Una ricerca di mercato che vada oltre le
caratteristiche del prodotto deve considerare fattori sociali e psicologici che influiscono
nella scelta del consumatore. Per la maggior parte dei beni, il valore del marchio dipende più
dallo status e dell’identità che dalla performance tangibile del prodotto. Harley-Davidson
riconosce esplicitamente che la sua attività consiste nel vendere uno stile di vita, non un
mezzo di trasporto.
Integrità del prodotto: Si riferisce alla coerenza della differenziazione di un’impresa; indica la
misura in cui un prodotto riesce a realizzare un equilibrio complessivo tra le diverse caratteristiche.
Dalla coerenza interna ed esterna dipende credibilità del presenza .
Marchi:Per molte imprese produttrici di beni di consumo, il marchio è l’attività patrimoniale più
importante. Funzioni dei marchi: garanzia di responsabilità, incentivo a mantenere la qualità del
prodotto, grande rilevanza nel commercio elettronico .
Costi della differenziazione: la differenziazione comporta maggiori costi. I costi diretti della
differenziazione comprendono gli input per garantire la maggiore qualità, la migliore formazione
dei dipendenti, costi di promozione più elevati, migliore assistenza post-vendita. I costi indiretti
della differenziazione derivano dall’interazione delle variabili di differenzazione con le variabili di
costo. Se la differenziazione circoscrive l’ambito di mercato e di prodotto dell’impresa , po’ limitare
anche lo sfruttamento delle economie di scala o di apprendimento. Un modo per conciliare
differenziazione con efficienza di costo è posticipare la differenziazione negli stadi finali della
catena del valore dell’impresa.
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CAP 14 L’ANALISI DELL’INTEGRAZIONE VERTICALE
L’integrazione verticale
Con l’espressione integrazione verticale ci si riferisce all’internalizzazione di una serie di attività
verticalmente correlate. Quanto maggiori sono la proprietà e il controllo esercitato da un’impresa su
fasi successive della catena del valore, tanto maggiore è il grado di integrazione verticale
dell’impresa stessa, misurato dal rapporto tra il valore aggiunto creato dall’impresa e i suoi ricavi di
vendita. L’integrazione verticale può essere a monte, quando l’azienda assume il controllo e la
proprietà della produzione delle proprie componenti o di input, o a valle, quando l’azienda assume
il controllo e la proprietà di attività precedentemente svolte dai propri clienti. L’integrazione può
essere distinta anche in integrazione completa o parziale.
▪ Differenze nella scala efficiente minima: supponiamo che Federal Express abbia bisogno
di autocarri specificamente progettati e prodotti per venire incontro alle sue esigeneze. Nella
misura in cui il produttore di autocarri deve compiere investimenti specifici, Federal Express
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potrebbe avere un incentivo a produrre internamente i propri veicoli per evitare l’insorgere
di costi di transazione. Sarebbe una soluzione efficiente? Quasi certamente no: i costi di
transazione evitati da Federal Express sarebbero ben poca cosa rispetto alle inefficienze
generate dalla produzione interna, Federal Express infatti acquista oltre 40.000 camion ogni
anno, ben al di sotto dei 200.000 che rappresentano la scala minima efficiente di un
impianto produttivo.
▪ Sviluppo competenze distintive: Un vantaggio fondamentale di un’impresa specializzata in
poche attività è la sua capacità di sviluppare competenze distintive in queste ultime. Se
esiste una relazione fra tali competenze, l’integrazione verticale può favorire lo sviluppo di
competenze distintive.
▪ Gestione strategica di attività differenti: I problemi legati ai due punti affrontati
precedentemente possono essere considerati parte di un più ampio insieme di problemi che
derivano dal gestire imprese verticalmente integrate dalle caratteristiche strategiche
differenti. Uno dei fattori perché Federal Express non possiede un impianto di produzione di
veicoli è che le competenze organizzative e i sistemi gestionali necessari sono sensibilmente
differenti da quelli richiesti dal settore delle consegne espresso. Tali considerazioni spiegano
perché l’integrazione tra aziende di produzione e distribuzione non sia frequente ( coca-cola
company e Coca cola enterprises. Le imprese che integrano design, produzione e
distribuzione, come Zara e Gucci sono rare.
▪ Il problema degli incentivi: L’integrazione verticale altera gli incentivi tra attività
verticalmente collegate. Con l’integrazione verticale, le relazioni interne tra fornitori e
cliente sono soggette a incentivi deboli, mentre si è reso conto che gli appaltatori di servizi
esterni sono spesso molto più sensibili alle nostre richieste di quanto lo siano i fornitori di
servizi interni: incentivi forti.
▪ Gli effetti competitivi dell’integrazione verticale: L’integrazione verticale può essere
utilizzata per estendere una posizione di monopolio da uno stadio della catena del valore di
un settore a uno stadio contiguo. Tuttavia questi sono casi rari, infatti situazione più comune
è quella di un’azienda che danneggia la propria posizione di forza in uno stadio verticale
ricorrendo all’integrazione verticale. I fornitori e i clienti dell’azienda sono meno disposta
collaborare con l’impresa se quest’ultima, effettuando un’integrazione verticale, diventa
concorrente. L’acquisizione di Disney del network televisivo ABC ha danneggiato i rapporti
con gli altri network televisivi.
▪ Flessibilità: L’integrazione verticale e le transazioni di mercato presentano vantaggi in
relazione a diversi tipi di flessibilità. Quando la flessibilità richiede rapidità di reazioni alle
incertezze di domanda, le transazioni di mercato si mostrano più efficienti rispetto
l’integrazione verticale che in questo caso mostra rigidità. L’integrazione verticale inoltre
può rivelarsi svantaggiosa in termini di rapidità di reazione alle opportunità di sviluppo di
nuovi prodotti che richiedano nuove combinazioni di competenze tecniche. ( Ipod Apple
prodotto tramite contratto di fornitura). Per contro quando è richiesta una flessibilità diffusa
a livello di sistema, l’integrazione verticale può garantire velocità e coordinamento
dell’effettuare adattamenti simultanei a tutti i livelli. Zara come già detto è un’azienda di
abbigliamento, integrata verticalmente, che ha ridotto la durata del ciclo produttivo-
distributivo e massimizzato la velocità di risposta al mercato, facendo dell’integrazione
verticale il tema centrale dell’identità del marchio.
▪ Gestione dei rischi dell’integrazione: Dato che l’integrazione verticale lega saldamente
un’impresa ai suoi fornitori, genera anche una commistione di rischi, dal momento che un
qualsiasi problema a monte si ripercuote su tutti gli stadi successivi della produzione. Questi
problemi diventano gravi quando la tecnologia o le preferenze dei consumatori cambiano
rapidamente.
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La natura e la forma delle relazioni verticali
Acquirenti e venditori possono interagire e coordinare i propri interessi attraverso una varietà di
relazioni. Queste relazioni possono essere classificate sulla base di due caratteristiche. I primo
luogo, la misura in cui acquirente e venditore impegnano risorse nella relazione: Livello di
coinvolgimento. In secondo luogo le caratteristiche formali della relazione: contratti a lungo
termine o franchising comportano generalmente accordi scritti di notevole complessità, i contratti
occasionali pressoché alcuna documentazione, sono regolati dal diritto commerciale.
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CAP 16 LA STRATEGIA DI DIVERSIFICAZIONE
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2. Test costo di entrata( analisi delle barriere): riconosce che per gli outsiders il costo
di’ingresso può controbilanciare l’attrattività del settore. I potenziali entranti devono
scegliere tra due alternative: acquistare un attore consolidato, pagando un prezzo che quasi
certamente rifletterà completamente le prospettive di redditività dell’impresa obiettivo. O
l’impresa può direttamente entrare nel settore tramite la creazione di una nuova impresa,
confrontandosi però con le barriere all’entrata del settore.
3. Better-off test: si basa sul principio stesso del vantaggio competitivo: infatti si valuta se la
diversificazione abbia capacità di accrescere il vantaggio competitivo dell’imprese
acquirente, di quella acquisita o di entrambe. N ella maggior parte dei casi il “better-off” è il
test più importante, perché quasi sempre il test di attrattività e quello del costo di entrata si
bilanciano l’un con l’altro. ( Se i costi di entrata sono alti, di conseguenza l’attrattività del
settore diminuisce).
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facilmente, come nel caso di competenze gestionali, allora per generare la redditività addizionale
sarà necessario entrare nel nuovo mercato, e la teoria del vantaggio della capogruppo ( la quale
afferma che se le competenze della società madre aggiungono valore a nuove attività, la scelta
esatta è la diversificazione) spiega quasi tutte le diversificazioni di successo.
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decisioni di diversificazione avvengono sulla base di correlazione percepita dai manager e non
effettiva ( logica dominante).
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informazioni permette all’alta dirigenza di sostituire i manager di divisione in modo più
semplice.
Tuttavia l’evidenza empirica evidenzia come nonostante ciò tutt’oggi nelle imprese diversificate
esistano problemi di agenzia.
Mintzeberg evidenzia due problemi relativi all’impresa multidivisionale:
▪ Limiti al decentramento: Anche se le divisioni di un’impresa M-form godono di
autonomia operativa, la singola divisione è spesso caratterizzata da un potere fortemente
accentrato, in parte dovuto alla responsabilità del dirigente di divisione nei confronti
dell’alta direzione. Inoltre la libertà operativa del management di divisione è garantita solo
nella misura in cui il top management è soddisfatto della sua performance.
▪ Standardizzazione della gestione a livello divisionale: Spesso nella realtà accade che vi è
una spinta alla standardizzazione nella gestione, a discapito dell’autonomia delle singole
divisioni.
Le decisioni di portafoglio
Le domande fondamentali della strategia di gruppo sono : “ quale dovrebbe essere il nostro ambito
di attività?” e “come dovremmo gestire le aree d’affari in cui ci impegniamo per generare da esse
più valore possibile?”. I modelli di pianificazione di portafoglio possono aiutare i dirigenti ad
affrontare entrambi quesiti.
L’idea fondamentale di un modello di pianificazione di portafoglio è quella di rappresentare
graficamente le singole aree d’affari dell’impresa diversificata in termini delle principali variabili
strategiche che determinano il loro potenziale di generazione di profitto. Quest’ultime sono di
solito: grado di attrazione del mercato, e vantaggio competitivo dell’impresa all’interno del
mercato. Quest’analisi può fornire indicazioni per quanto riguarda:
▪ Allocazione delle risorse: fra le diverse aree operative sulla base dell’attrattività del loro
mercato e la loro posizione competitiva all’interno di quest’ultimo;
▪ Formulazione di strategia di business: confrontando il posizionamento strategico delle
diverse aree possono emergere eventuali opportunità di posizionamento ( compreso il
disinvestimento):
▪ Analisi di bilanciamento del portafoglio: un quadro complessivo di tutte le attività
permette di valutare il bilanciamento complessivo del portafoglio in termini di generazioni
dei flussi di liquidità e di prospettive di crescita;
▪ Determinazione degli obiettivi di performance: sulla base del grado di attrazione e della
posizione competitiva di ciascun business ( area o attività stesso significato).
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elemento è misurato in termini di fatturato ed è rappresentato dall’area dei cerchi indicanti i singoli
business dell’azienda. Il portafoglio di business rappresentato nella matrice Bcg è suddiviso in
quattro quadranti, che prevedono l’evoluzione futura dei profitti e dei flussi di cassa e forniscono
suggerimenti sulle strategie da adottare.
STAR
▪ Alto grado di attrattività e forte posizione competitiva
▪ Generazione di una forte quantità di cassa, ma necessità di ingenti investimenti per
mantenere la propria forza competitiva
▪ Cash-flow: alquanto limitato (o positivi o negativi)
▪ Utili : elevati
▪ Strategia : investire nella crescita
QUESTION MARKS
▪ Costituiscono opportunità non ancora sfruttate (in quanto il tasso di crescita del mercato è
elevato) ,ma l’impresa non ha ancora raggiunto una presenza rilevante nel mercato (= bassa
quota di mercato relativa).
▪ Necessità di operare una selezione per individuare i business che possono diventare davvero
trainanti.
▪ Cash flow: fortemente negativo, a causa degli investimenti da effettuare.
▪ Utili : bassi
▪ Strategia: analizzare il sistema per capire se l’attività si tramuterà in star (investire) o dog
(disinvestire)
CASH COW
▪ Si caratterizzano per un’enorme forza competitiva all’interno di un mercato in declino, per
cui generano un flusso di cassa maggiore rispetto ad ogni possibile reinvestimento al loro
interno.
▪ Cash flow: costituiscono una sicura fonte di cassa da investire nello sviluppo degli altri
business dell’azienda.
▪ Utili: alti
▪ Strategia: mungere
DOG
▪ Business in grave perdita, con scarsa attrattività e profonda debolezza.
▪ Cash flow: negativi o al massimo molto limitati, che risultano appena sufficienti per
mantenere l’attività.
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▪ Utili: bassi
▪ Strategia: Se non ci sono possibilità di crescita, la strategia più opportuna pare essere quella
della mietitura o del disinvestimento
A Bassa
T Mietere
T
R
.
S Media Mantenere
E
T
T
O Alta
Crescere
31
R
E
32
-indipendenza dei manager di divisione
-alto senso di appartenenza dei manager e ambiente stimolante
-tipico di aziende diversificate, con bassa intensità tecnologica, che operano in mercati con bassa
competitività internazionale
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▪ Trasferimento di competenze: è possibile trasferire competenze organizzative tra le
diverse unità di business. Lvmh trasferisce competenze nella gestione dei marchi e nel
campo della distribuzione fra le proprie numerose attività nel settore dei marchi di lusso
▪ Condivisione delle attività: Porter sostiene che la più importante fonte di valore è lo
sfruttamento delle economie di scopo generate dalla condivisione delle risorse e
competenze. Il presupposto per la realizzazione di queste economie è che la direzione di
gruppo ricopra un ruolo chiave di coordinamento. Porter sostiene che il valore aumenta nel
passaggio progressivo da una strategia di “libera gestione di portafoglio” a una strategia di
“interrelazione tra le attività”, ma per ottenere il successo è necessario che le attività siano
sufficientemente simili tra loro a livello strategico per permettere al management di
utilizzare una logica dominante comune.
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Valore potenziale con
Miglioramenti interni Valore potenziale con
Miglioramenti esterni
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1 – Il valore di mercato corrente dell’impresa: il punto di partenza dell’analisi è il valore di
mercato corrente dell’impresa, che comprende il valore del capitale proprio e del debito
2 – Il valore dell’impresa così com’è: esiste la possibilità di incrementare il valore di mercato
semplicemente modificando le percezioni sulle prospettive future dell’impresa, senza alcun
cambiamento strategico o operativo
3 – Il valore potenziale dell’impresa in seguito a miglioramenti interni: come già visto la
direzione di un’impresa può aumentare il valore complessivo dell’impresa attraverso miglioramenti
strategici e operativi delle singole attività allo scopo di massimizzare i flussi di cassa. Questi
miglioramenti possono includere occasioni di crescita su scala globale, esternalizzazione di alcune
attività e opportunità di riduzione di costi
4 - Il valore potenziale dell’impresa in seguito a miglioramenti esterni: dopo aver quantificato il
valore dei singoli business, la direzione deve determinare se le variazioni del portafoglio di attività
portino ad un incremento del valore complessivo dell’impresa. Quindi valutare opportunità di
cessioni o acquisizioni.
5 – Il valore ideale dell’impresa dopo la ristrutturazione: i quattro passaggi precedenti
definiscono il possibile massimo valore raggiungibile dell’impresa. Se questi interventi possono
essere effettuati anche da un altro proprietario dell’azienda, la differenza fra il massimo valore
potenziale dell’impresa ristrutturata e il valore di mercato corrente rappresenta il potenziale di
profitto a disposizione di un raider esterno.
L’attività d'impresa è l'espressione di una volontà imprenditoriale, difatti l'impresa in quanto tale
non ha proprie finalità, i fini sono il frutto delle decisioni di coloro che la gestiscono.
Ciò implica che tutte le imprese non hanno un unica e uguale finalità, che varia a seconda della
volontà dell'imprenditore o manager. A tal proposito vi sono diversi contributi teorici.
Teoria della massimizzazione del profitto: il comportamento dell'imprenditore è orientato al
conseguimento del più ampio divario tra ricavi e costi di gestione. Il profitto è inteso come un entità
composta dal : compenso spettante all'imprenditore per l'organizzazione dei fattori produttivi, la
quota destinata a ripagare il rischio corso nell'attività aziendale e il premio spettante per la sua
attività di innovazione ;
Teoria della sopravvivenza aziendale: il fine dell' imprenditore è quello di assicurare la continuità
dell'organismo aziendale, il profitto è visto come un mezzo per la sopravvivenza e per rafforzare la
struttura patrimoniale dell'impresa. Indicatori di sopravvivenza sono : ruolo dell'impresa nel
mercato, innovazioni, risorse umane e finanziare e redditività dell'impresa ;
Teoria creazione e diffusione valore : la finalità è quella di accrescere il valore economico
dell'impresa nel tempo, e quindi di produrre risultati sempre migliori nel tempo;
Teoria manageriale dello sviluppo dimensionale: le finalità di tale teoria sono quelle di espandere
l'impresa, il profitto anche qui ha un ruolo strumentale, svolge infatti una funzione di
autofinanziamento che permette all'impresa di ingrandirsi, e chiaramente un maggiore fatturato
permette retribuzioni più alte alla componente management;
Teoria dei limiti sociali alla massimizzazione del profitto: Tale teoria afferma che il massimo
profitto non può ottenersi a causa di vincoli sociali e non, il reddito quindi, è un risultato che deriva
da accordi di cooperazione o dalla composizione di conflitti interni ed esterni. La sua misura non è
mai liberamente determinabile dall'imprenditore e il fine del massimo profitto diviene, così, il fine
del massimo profitto condizionato.
Teoria del successo sociale e i rapporti con l'etica d'impresa: tale teoria allarga il concetto
della teoria di creazione del massimo valore economico ,infatti evidenzia come talvolta il fine
economico diviene un mezzo per il raggiungimento di obiettivi morali e sociali. In ordine crescente
quindi l'imprenditore si pone innanzitutto l'obiettivo di assicurare la sopravvivenza della propria
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azienda ( Teoria della sopravvivenza aziendale ) e inoltre punta all'affermarsi nella comunità e di
assumere con la sua impresa un ruolo di preminenza nel mercato.
La finalità imprenditoriale di questa teoria può sintetizzarsi semplicemente in 3P : che
rappresentano in scala crescente,anche in base al tempo, profitto, potere, prestigio, infatti valori
economici e morali nel lungo periodo tendono a convergere. Riflettendo su questa teoria si nota
come essa si rispecchia nella realtà attuale, infatti forse oggi più che mai nella società del terzo
millennio l'essere umano tende sempre più al successo sociale che gli si può facilmente essere
riconosciuto tramite i mezzi di informazione: televisione, radio, internet. Al giorno d'oggi forse
proprio la voglia di successo ha invertito in alcuni casi i valori della scala , a volte si accettano
incarichi per prestigio, non guardando inizialmente al profitto.
Un successo aziendale per poter essere solido e per poter ricadere sullo status sociale
dell’imprenditore deve poggiare senza dubbio sul rispetto di equilibri economici e di valori morali,
infatti è proprio in questi casi che l' immagine dell'imprenditore si rivela determinante ai fini
aziendali.
Toccando con mano la realtà a mio parere un esempio lampante è il caso di Steve Jobs, fondatore
dell'azienda Apple, scomparso recentemente il 5 Ottobre 2011. La sua scomparsa ha provocato un
terremoto emotivo in tutto il mondo provocando uno stravolgente boom di vendite dei prodotti
Apple già poche ore dopo la sua morte , è stata quasi una sorta di riconoscimento alla grande
persona che ha cambiato il mondo tecnologico, e le persone non hanno potuto fare a meno di avere
l'onore di possedere un prodotto che portasse il suo marchio. Da ciò si può notare come il successo
sociale di un imprenditore fondato sul rispetto di valori morali possa avere una funzione aziendale e
risultare una componente determinante ai fini aziendali. C'è da aggiungere che al giorno d'oggi le
persone si ritrovano nel mercato moltissimi prodotti simili con stesse caratteristiche e la scelta
spesso non è semplice, ed è proprio in questi casi che il consumatore è portato a scegliere quel
prodotto marchiato dall'azienda che rispetta l'etica d'impresa sentendosi più sicuro della propria
scelta fatta.
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